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Così, dunque, deve essere il mio storico, impavido, incorruttibile, libero, amico della

franchezza e della verità, pronto a chiamare, come dice il poeta comico, fico il fico e barca
la barca, deciso a non dare per amicizia né a togliere per odio alcunché, a non avere
compassione, vergogna o rispetto, giudice imparziale, benevolo con tutti, ma non fino al
punto da concedere ad una delle due parti più di quanto le sia dovuto, straniero nei suoi
libri e senza patria, indipendente, a nessun potere soggetto e, senza la preoccupazione di
ciò che ne pensi questo o quello, espositore dei fatti accaduti. Tucidide fissò molto bene
queste norme e distinse la buona dalla cattiva storiografia, vedendo Erodoto ammirato al
punto che ai suoi libri fu dato il nome delle Muse. Egli dice infatti di scrivere con la sua
storia un acquisto per l'eternità piuttosto che un saggio di bravura per il presente e di non
far buon viso all'elemento fantastico, ma di lasciare ai posteri la verità degli avvenimenti. E
introduce il concetto dell'utile e quello che ogni persona assennata potrebbe stabilire come
fine della storia, che cioè gli uomini, se mai altra volta occorressero le medesime
situazioni, siano in grado di risolvere i problemi attuali guardando a ciò che è stato scritto
prima di loro.

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