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Programma

 stagione  estiva  2010  


 
SANNITA  TEATRO  FESTIVAL  
PIETRABBONDANTE  
31  luglio  -­‐  16  agosto  2010  
 

sabato   Associazione  culturale     Cassandra  e  il  re  


31  luglio   “Le  donne  di  Itaca”   da  Omero,  Eschilo,  Euripide  e  Christa  Wolf  
2010   diretta  da  Adriana   con  
ore  19.00   Palmisano  
Jun  Ichikawa  
PRIMA  NAZIONALE   Leandro  Amato  
regia  di  Giuseppe  Argirò  
 

martedì   Dionysus   Serata  d’onore  (da  Dante  a  Pirandello)  


10  agosto   con  
2010    
ore  19.00   Michele  Placido  
e  con  la  partecipazione  di  Michele  Acunzo    
 

giovedì   Centro  mediterraneo   Edipo  re  


12  agosto   delle  arti   da  Sofocle  a  Pasolini  
2010     in  collaborazione  con   di  Ulderico  Pesce  
ore  19.00   Il  Teatro  dell’Archivolto   con  
di  Genova  
Maria  Letizia  Gorga  
Maximilian  Nisi  
Ulderico  Pesce  
consulenza  artistica  di  Anatolij  Vasil’ev  
 

lunedì   Associazione  culturale     Le  due  sorelle  


16  agosto   “Le  donne  di  Itaca”   liberamente  tratto  da  Stichus  di  T.M.  Plauto  
2010     diretta  da  Adriana   con  
ore  19.00   Palmisano  
Iaia  Forte  
Marina  Rocco  
regia  di  Giuseppe  Argirò  
 
 
l’associazione culturale

presenta

in

da Omero Eschilo Euripide Christa Wolf

drammaturgia e regia

giuseppe argirò

ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
tel 0686764203 / 3397719999 / 3771930551 • email ledonneditaca@email.it / adriana.palmisano@email.it
Cassandra la pazza, la visionaria, la santa, la profetessa inascoltata. È una straniera in un
mondo che non l’ha mai accolta. La sua diversità costituisce anche la sua forza ed è il segno con
cui si rivelerà agli uomini. La figlia di Priamo è da sempre affrancata dal consorzio umano, vive
ai margini, al limite della ragione, nelle zone oscure di una psiche ingovernabile. Cassandra è
una posseduta e al contempo una donna piena di grazia in un’oscillazione costante tra sacro e
profano. Di tutte le eroine greche è quella che maggiormente si avvicina alla condizione
dell’antieroe moderno: una donna condannata alla solitudine e all’impotenza dell’anima. La sua
condanna consiste nel prevedere senza poter agire. Cassandra non può fare a meno di vedere; è
traumatizzata costantemente dalla visione. Lei non può operare alcuna rimozione e costringe chi
gli sta intorno ad interrogarsi sul dolore ma nessuno può accettare consapevolmente la
sofferenza, così le sue profezie rimangono inascoltate: nessuno vuole crederle, perché tutti sanno
nel profondo che ciò che racconta del mondo, è vero.

Solo un uomo ne avrà compassione e pur non comprendendola, l’amerà. Un uomo avvezzo alla
guerra e non alle parole, in grado di far sua ogni cosa che desideri, un uomo che in nome della
gloria, ha sacrificato gli affetti più cari: Agamennone.

Cassandra ha aperto una breccia nel suo cuore spietato e gli ha regalato un volto più umano.
In questo universo dolente e contraddittorio, si muovono Cassandra e il Re, ognuno di loro salva
l’altro e ognuno lo condanna. La morte è una fedele compagna per entrambi e in quel breve
spazio che li separa dalla fine, consumano il loro amore fatto di memoria e di silenzi. La loro
agnizione li getta al di fuori della storia, immuni da qualsiasi giudizio morale.

Lo sfondo è la spiaggia di Troia da cui partire per un viaggio che li porterà di fronte ai leoni di
Micene dove conosceranno la loro fine, uniti in un abbraccio infinito, uccisi entrambi dalla
vendetta omicida di Clitennestra. I due protagonisti si fronteggiano nello spazio scenico
superando la diffidenza del conflitto e della diversa provenienza, confessandosi
vicendevolmente.

Agamennone supererà le asprezze e le crudeltà della guerra raccontando la propria interiorità e


liberandosi dalla responsabilità dell’essere re. Cassandra scoprirà i sui desideri di normalità e la
volontà di essere amata per quello che è al di là del suo potere profetico.

Due esseri umani lacerati dalla contraddizione, incapaci di esprimere compiutamente le loro
emozioni, si ritrovano in una scena senza tempo, molto più vicina ai nostri tempi che non a una
classicità perduta e mitologica.

ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
tel 0686764203 / 3397719999 / 3771930551 • email ledonneditaca@email.it / adriana.palmisano@email.it
MICHELE  PLACIDO  
in  
Serata  d’onore  (da  Dante  a  Pirandello)  
 
Con  la  partecipazione  di  Nicola  Acunzo  

 
1.  “Non  si  sa  come”  di  Pirandello,    
2. il  monologo  della  lucertola  
3. Inferno  -­‐  Canto  V    

 
CENTRO MEDITERRANEO DELLE ARTI
presenta

Edipo Re
da Sofocle a Pasolini

di Ulderico Pesce
con la collaborazione di
Maria Letizia Gorga

con
Maria Letizia Gorga Maximilian Nisi Ulderico Pesce
rielaborazioni e direzione musicale a cura di
Stefano de Meo e Pasquale Laino

tastiere Stefano de Meo


fiati Pasquale Laino

regia
Ulderico Pesce
con la consulenza artistica di
Anatolij Vasil’ev

Musiche tradizionali dei popoli Arberesh stanziatisi in Basilicata e Calabria,


canti Grecanici del salento e della tradizione pastorale lucana

Giocasta e Laio generano un bambino, nonostante l’oracolo di Delfi gli abbia detto: “Se
avrete un figlio, ucciderà il padre e farà l’amore con la madre”. Impauriti prendono il
nuovo nato e lo consegnano a un pastore fedele che dovrà ucciderlo. Il pastore non lo
uccide, e lo chiama Edipo. Edipo gioca con gli antichi campanacci delle vacche che il
pastore usa per la transumanza, cresce e diventa grande. Ad un incrocio, senza saperlo,
ammazzerà suo padre e si accoppierà con sua madre.
Nella messa in scena verrà data molta importanza alla ricostruzione dei segni della
memoria: la memoria del mondo pastorale e della transumanza, quello dei primi ricordi di
Edipo, che verrà ricreata portando in scena enormi ed antichi campanacci realizzati in
ottone e rame. Il ruolo epico del coro, che non partecipa all’azione, è trasformato
scenicamente valorizzandone la sua connotazione lirica attraverso il recupero di brani
cantati seguendo la tradizione arberesche, grecanica e del mondo pastorale lucano.

PigrecoDelta -distribuzione Teatrale


Via Mariano da Sarno 12 - O0176 Roma
Tel: 06 274599 – 06 95003818 - 338 3833791 – 347 1218353
www.pigrecodelta.it - info@pigrecodelta.it
l’associazione culturale

presenta

ne

Liberamente tratto da STICHUS di Plauto

drammaturgia e regia

giuseppe argirò

ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
tel 3397719999 / 3771930551 • email ledonneditaca@email.it / adriana.palmisano@email.it
da STICHUS di Plauto

Due sorelle in attesa dei rispettivi mariti dei quali si ignora la sorte. Un padre
avido e senza scrupoli morali vorrebbe indurle ad abbandonare il tetto coniugale e a
chiedere il divorzio. Ma le due donne resistono, tenendo fede alle promesse coniugali.
L’ostinazione nella fedeltà le porta a incontrare idealmente il personaggio di Penelope, la
sposa per eccellenza, paziente e risoluta nell’attesa.

Le due sorelle disserteranno amabilmente sulla necessità squisitamente femminile


di mantenere intatto il focolare domestico e casto il letto nuziale. Pur tuttavia qualche
piccola malizia, qualche dubbio impertinente, qualche desiderio soffocato, stuzzicheranno
la loro immaginazione rendendole briose ed impertinenti. La conflittualità del padre con le
due ragazze, è una schermaglia verbale in cui i principi parentali sono brillantemente
ribaltati: il vecchio difende il principio utilitaristico della disonestà mentre le figlie si
appellano a valori etici inalienabili.

Le vicende della famiglia saranno sagacemente commentate dal parassita, un


buffone sul viale del tramonto, un uomo di spettacolo che vende motti di spirito per poter
sopravvivere. Questo personaggio con il suo repertorio funambolico, sembra anticipare
Shakespeare e molta satira moderna in cui il comico, per poter sopravvivere, si offre al
miglior offerente. Un professionista della risata, ineccepibile e rigoroso, con una fame
atavica da soddisfare, quasi a ricordare l’eterna indigenza degli attori. Precursore delle
tirate di Arlecchino, traghetta la vis comica di Plauto nella commedia dell’arte e nel grande
teatro del 700. Goldoni e Molière sono già presenti e vivificano i caratteri dei personaggi;
le maschere sono realistiche e appartengono alla quotidianità.

La festa del teatro risolve l’attesa delle due “Penelopi” con il ritorno dei rispettivi
mariti, trionfatori e carichi di fortune. Il padre è stato sconfitto; la conservazione familiare,
trionfa preconizzando la futura stabilità del mondo borghese. Il banchetto finale assimila il
teatro all’esistenza, coinvolgendo gli spettatori in una rutilante festa senza fine, con la
grazia del gioco e le infinite possibilità dell’immaginazione che solo la fantasmagoria del
teatro può regalare. La festa della libertà, come viene definita da Plauto, si consuma tra
risate e sberleffi, esorcizzando la morte e brindando all’eternità della vita.

Giuseppe Argirò

ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
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