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presenta
in
drammaturgia e regia
giuseppe argirò
ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
tel 0686764203 / 3397719999 / 3771930551 • email ledonneditaca@email.it / adriana.palmisano@email.it
Cassandra la pazza, la visionaria, la santa, la profetessa inascoltata. È una straniera in un
mondo che non l’ha mai accolta. La sua diversità costituisce anche la sua forza ed è il segno con
cui si rivelerà agli uomini. La figlia di Priamo è da sempre affrancata dal consorzio umano, vive
ai margini, al limite della ragione, nelle zone oscure di una psiche ingovernabile. Cassandra è
una posseduta e al contempo una donna piena di grazia in un’oscillazione costante tra sacro e
profano. Di tutte le eroine greche è quella che maggiormente si avvicina alla condizione
dell’antieroe moderno: una donna condannata alla solitudine e all’impotenza dell’anima. La sua
condanna consiste nel prevedere senza poter agire. Cassandra non può fare a meno di vedere; è
traumatizzata costantemente dalla visione. Lei non può operare alcuna rimozione e costringe chi
gli sta intorno ad interrogarsi sul dolore ma nessuno può accettare consapevolmente la
sofferenza, così le sue profezie rimangono inascoltate: nessuno vuole crederle, perché tutti sanno
nel profondo che ciò che racconta del mondo, è vero.
Solo un uomo ne avrà compassione e pur non comprendendola, l’amerà. Un uomo avvezzo alla
guerra e non alle parole, in grado di far sua ogni cosa che desideri, un uomo che in nome della
gloria, ha sacrificato gli affetti più cari: Agamennone.
Cassandra ha aperto una breccia nel suo cuore spietato e gli ha regalato un volto più umano.
In questo universo dolente e contraddittorio, si muovono Cassandra e il Re, ognuno di loro salva
l’altro e ognuno lo condanna. La morte è una fedele compagna per entrambi e in quel breve
spazio che li separa dalla fine, consumano il loro amore fatto di memoria e di silenzi. La loro
agnizione li getta al di fuori della storia, immuni da qualsiasi giudizio morale.
Lo sfondo è la spiaggia di Troia da cui partire per un viaggio che li porterà di fronte ai leoni di
Micene dove conosceranno la loro fine, uniti in un abbraccio infinito, uccisi entrambi dalla
vendetta omicida di Clitennestra. I due protagonisti si fronteggiano nello spazio scenico
superando la diffidenza del conflitto e della diversa provenienza, confessandosi
vicendevolmente.
Due esseri umani lacerati dalla contraddizione, incapaci di esprimere compiutamente le loro
emozioni, si ritrovano in una scena senza tempo, molto più vicina ai nostri tempi che non a una
classicità perduta e mitologica.
ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
tel 0686764203 / 3397719999 / 3771930551 • email ledonneditaca@email.it / adriana.palmisano@email.it
MICHELE
PLACIDO
in
Serata
d’onore
(da
Dante
a
Pirandello)
Con
la
partecipazione
di
Nicola
Acunzo
1.
“Non
si
sa
come”
di
Pirandello,
2. il
monologo
della
lucertola
3. Inferno
-‐
Canto
V
CENTRO MEDITERRANEO DELLE ARTI
presenta
Edipo Re
da Sofocle a Pasolini
di Ulderico Pesce
con la collaborazione di
Maria Letizia Gorga
con
Maria Letizia Gorga Maximilian Nisi Ulderico Pesce
rielaborazioni e direzione musicale a cura di
Stefano de Meo e Pasquale Laino
regia
Ulderico Pesce
con la consulenza artistica di
Anatolij Vasil’ev
Giocasta e Laio generano un bambino, nonostante l’oracolo di Delfi gli abbia detto: “Se
avrete un figlio, ucciderà il padre e farà l’amore con la madre”. Impauriti prendono il
nuovo nato e lo consegnano a un pastore fedele che dovrà ucciderlo. Il pastore non lo
uccide, e lo chiama Edipo. Edipo gioca con gli antichi campanacci delle vacche che il
pastore usa per la transumanza, cresce e diventa grande. Ad un incrocio, senza saperlo,
ammazzerà suo padre e si accoppierà con sua madre.
Nella messa in scena verrà data molta importanza alla ricostruzione dei segni della
memoria: la memoria del mondo pastorale e della transumanza, quello dei primi ricordi di
Edipo, che verrà ricreata portando in scena enormi ed antichi campanacci realizzati in
ottone e rame. Il ruolo epico del coro, che non partecipa all’azione, è trasformato
scenicamente valorizzandone la sua connotazione lirica attraverso il recupero di brani
cantati seguendo la tradizione arberesche, grecanica e del mondo pastorale lucano.
presenta
ne
drammaturgia e regia
giuseppe argirò
ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
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da STICHUS di Plauto
Due sorelle in attesa dei rispettivi mariti dei quali si ignora la sorte. Un padre
avido e senza scrupoli morali vorrebbe indurle ad abbandonare il tetto coniugale e a
chiedere il divorzio. Ma le due donne resistono, tenendo fede alle promesse coniugali.
L’ostinazione nella fedeltà le porta a incontrare idealmente il personaggio di Penelope, la
sposa per eccellenza, paziente e risoluta nell’attesa.
La festa del teatro risolve l’attesa delle due “Penelopi” con il ritorno dei rispettivi
mariti, trionfatori e carichi di fortune. Il padre è stato sconfitto; la conservazione familiare,
trionfa preconizzando la futura stabilità del mondo borghese. Il banchetto finale assimila il
teatro all’esistenza, coinvolgendo gli spettatori in una rutilante festa senza fine, con la
grazia del gioco e le infinite possibilità dell’immaginazione che solo la fantasmagoria del
teatro può regalare. La festa della libertà, come viene definita da Plauto, si consuma tra
risate e sberleffi, esorcizzando la morte e brindando all’eternità della vita.
Giuseppe Argirò
ass.ne culturale diretta da adriana palmisano • via amilcare cucchini, 2 • 00149 roma • p.i.10105361009
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