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La sentenza n. 1 del 1956 — cioé la prima sentenza emessa dalla Corte Costituzionale italiana — fu una decisione storica, a cui questo aggettivo, talvolta abusato, si adatta benissimo, per lo meno nella storia d'Italia. Con tale sentenza venne stabilito, troncandosi come d’incanto ogni contrarieta o perplessita espressa al riguardo, che la Corte costituzionale poteva e doveva giudicare e decidere anche sulle questioni di legittimita costituzionale relative a leggi anteriori all’entrata in vigore della Costituzione (1° gennaio 1948): cioé anche sulle leggi del periodo fascista e del periodo prefascista, emanat dal 1861 in avanti. E cid nello stesso modo, con le stesse procedure e applicando gli stessi principi propri delle leggi posteriori alla Costituzione. Leggi anteriori e leggi posteriori venivano sottoposte al medesimo sindacato di costituzionalita, senza che sussistesse differenza alcuna. L’approdo a questo risultato non fu facile. Ci volle limpegno di giuristi d idee moderne, sia nel campo dei magistrati che in quello dei difensori. Rivisse e trionfo in quel momento lo spirito dei “Padri costituend* e della Costituzione da loro scritta negli anni 1946 e 1947. E dovettero tacere le voci di coloro che, anche in seno alla Corte di Cassazione, avevano sostenuto negli anni tra il 1948 e il 1956 - che la Corte costituzionale poteva e doveva decidere soltanto sulle leggi posteriori all’entrata in vigore della Costituzione (cioé al 1° gennaio 1948), mentre il giudizio sulle leggi anterioriy comprese dunque quelle del periodo di fascista) era materia riservata al Parlamento, il quale avrebbe deciso fa questione volta per volta secondo i normali criteri dell’abrogazione (totale o parziale) delle leggi stesse. Quest’ultimo era il criterio prevalente nelle decisioni della Corte di Cassazione (e di riflesso della massima parte dei giudici di merito) prima della entrata in funzione della Corte costituzionale e dunque della sua sentenza n. 1. Si ricordi che la Costituzione, nell'art. 134, dice: “La Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimita costituzionale delle leggi e degli atti aventi forma di legge dello Stato e delle Regioni’. Dunque nessuna distinzione tra primae poi, tra leggi dello Stato anteriori e posteriori alla Costituzione. Gia questa lettura era letteralmente dalla parte di chi sosteneva la maggiore estensione del giudizio di costituzionalita, e cioé la tesi che fu poi convalidata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 1/1956. La quale fu una vittoria non solo del diritto e della giustizia, ma anche del buonsenso e di una politica _intelligente ed avveduta. Come si svolse il giudizio che porto alla sentenza n. 1/1956? Nei modi ‘con le procedure previste nella legge 11 marzo 1953, n. 11 (“Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), nel cui capo Il (Articoli da 23 a 34) é disciplinato il funzionamento relativo alle “questioni di legittimita costituzionale” delle leggi e degli atti aventi forza di legge. | commi 3 e 4 dell’art. 30 dispongono che “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” e che “quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ne cessano l’esecuzione e tutti gli effetti penali”. Insomma la legge dichiarata incostituzionale é come annullata e perde comunque ogni efficacia. Quando la Corte entrd in funzione (otto anni dopo la Costituzione) pendevano un centinaio di ordinanze di rimessione provenienti da giudici di merito. Nessuna proveniente dalla Corte di Cassazione, che aveva in quegli anni” “guardato male“ la Corte costituzionale, come organo colpevole di toglierle alcune prerogative declassandola nel rango dei giudici ordinari, sia pure con funzioni piu importanti. In essa prevaleva l’idea contraria ad una interpretazione estensiva dei poteri della Corte costituzionale, e cid era largamente risaputo. Del resto alcune sentenze della Corte di Cassazione avevano, negli anni precedenti al 1956,ritenuto valide alcune leggi del periodo fascista fino a che non fossero eventualmente abrogate dal Parlamento: e tra queste proprio anche I’art. 113 della legge di P.s., che esigeva Pautorizzazione per la affissione o distribuzione di volantini. Il Presidente della Corte Costituzionale, Enrico De Nicola (ex Presidente della Repubblica) seleziond te ordinanze di rimessione pendenti le trenta che riguardavano l'art. 113, ritenuto dai rimettenti in contrasto con l'art. 21 della Costituzione, il quale stabilisce che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” e che “la stampa non bud essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Le ordinanze che denunciavano 'illegittimita costituzionale dell’at. 113 leggi di P.S. (e conseguentemente “irt, 663 del codice penale che elevava a reato — contrawvenzionale — le relative violazioni) provenivano in numero di 18 da pretori, in 8 da tribunali, di 3 da Corti d’Appello e una ‘Corte d’Assise). ra quelle dei pretori ve ne erano due provenienti dal Pretore di Prato, che era il giudice Caponétto.la prima di esse (n. 2 del tuolo della Corte costituzionale) concerneva il processo a carico del signor Catani Enzo, appunto di Prato. Al Catani furono assegnati come difensori (su proposta di Bruno Andreozzi, tappresentante del Comitato di solidarieté democratica) gli awocati prof. Vezio Crisafull; ordinario di diritto costituzionale, e prof. Giuliano Vassalli, ordinario di diritto penale. La memoria difensiva scritta e depositata alla Corte Costituzionale prima dell'udienza da Crisafulli e Vassalli é stata rintracciata negli archivi e fatta oggetto di recente pubblicazione a cura del prof. Sabino Cassese e vi dott. Lorenzo Casini della Rivista trimestrale di diritto pubblico, n. 1 del 2006, cinquantenario della sentenza n. 1/1956. La pubblica udienza di discussione si svolse nel palazzo detto della Consulta in Roma il 23 aprile 1956: nel pomeriggio perché la mattina , allapertura dell'udienza pubblica, if Presidente De Nicola aveva dovuto dare la dolorosa notizia della morte, avvenuta la notte precedente, del giudice costituzionale prof. Giuseppe Capogrgssi. La seduta si svolse dinanzi a 13 giudici anziché 15 (per la validita delle udienze e della Camera di consiglio ne bastano undici) perché nel pomeriggio non potette comparire il giudice costituzionale Giuseppe aaa gravemente malato e venuto poi a morte io maggio 1956. All'udienza del 23 aprile la discussione orale delle cause riunite tu sostenuta, da un lato, dal Vice avvocato generale dello Stato, avvocato Marcello Frattini, che rappresentava il Presidente del Consiglio dei Ministri costituitosi in giudizio per sostenere l'inammissibilita e l'infondatezza delle ragioni difensive e, dall'altro lato, da numerosi tra gli avvocati.delle parti private imputate della violazione dell’art. 663 codice penale. Questi avvocati furono: il prof. Costantino Mortati, il prof. Massimo Severo Giannini, l'avvocato Federico Comandini, lawvocato Achille Battaglia, il prof. Vezio Crisafulli, il prof. Giuliano Vassalli, l'avvocato ean Mazzel e il prof: Pietro Calamandrei, che era il nostro valorosissimo “capofila’, colui che nei set mesi precedenti aveva ingaggiato la battaglia e aveva sostenuto le ragioni della illegittimita. e soprattutto del sindacato della Corte anche sulle leggi anteriori alla Costituzione, parlando in tutta Italia e una volta anche in Roma, illustrando la propria tesi nell’aula Magna del Palazzo di Giustizia in Piazza Cavour, davanti ad un uditorio di giuristi, nelle cui prime file sedevano attenti giudici della Corte di Cassazione con il.loro primo presidente dott. Ernesto Eula. La causa si compendiava in due parti: prima di tutto se fosse ammissibile (e in tal caso doveroso) un sindacato sulle leggi anteriori alla Costituzione; secondo, una volta superata favorevolmente la prima questione, se, fosse incostituzionale lar. 118 della legge di p.s., che esigeva la previa autorizzazione dell’autorita per la distriouzione o l’affissione di stampati. L'Avvocato dello Stato, rifacendosi alle posizioni gia assunte dalla Corte di Cassazione e condivise dal Governo dell'epoca, chiese due decisioni negative, sia quella generale sulle leggi anteriori alla Costituzione, sia quella relativa all'asserita violazione dell’art. 21 della Costituzione, da léi considerata non gia norma precettiva, ma norma meramente programmatica che per diventare legge ha _ bisogno dell’intervento del legislatore. Entrambe le posizioni furono “smontate” efficacemente dalle difese e la Corte decise positivamente su entrambe le questioni, dichiarando la illegittimita costituzionale sia dell’art. 113,di p.s. che dell’art. 663 del codice penale. Come gia detto sopra, la sentenza della Corte Costituzionale ebbe un impatto di grande rilievo, agendo come nuovo orientamento del diritto italiano nel suo complesso, con funzione duplice, quella di eliminatore di norme incompatibili con i principi costituzionali e quello di promotor? di_riforme da vararsi dal Parlamento in linea con i principi costituzionali, Caddero, a poco a poco, altri divieti della legislazione fascista e di quella prefascista, come quello dello sciopero e della serrata, cambid il diritto di famiglia nei suoi profili penali nel rispetto della parita dei coniugi, fu ammessa I'obiezione di coscienza, cadde la conversione delle pene pecuniarie in detentive nei casi di insolvibilité del condannato, caddero forme di responsabilité penale per fatto altrui, fu interpretato in modo estensivo inmmedo estensive il divieto della pena di morte, caddero altre. norme incivili e illiberali e tutto l'ordinamento italiano cercd a poco a poco di conformarsi a criteri di umanita e di giustizia. bho Coot

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