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IOANNIS ZIZIOULAS METROPOLITA DI PERGAMO LPESSERE ECCLESIALE EDIZIONI QIQAJON COMUNITA DI BOSE Nella stessa collana LITURGIA E VITA E. Bianchi, Dare senso al tempo. Le feste cristiane L. Bouyer, Architettura e liturgia O.Clément, Le feste cristiane J. Corbon, Liturgia alla sorgente C.Giraudo, Conosci davvero leucaristia? ‘A.Schmemann, L’eucaristia. Sacramento del Regno Segno di unita. Le pit antiche eucaristie delle chiese J.-M.R.Tillard, Carne della chiesa, carne di Cristo. Allle sorgenti dell’ ecclesiologia di comunione G.Zanchi, La forma della chiesa F, Debuyst, P. De Clerck e Aa.Vv., L’altare. Mistero di presenza, opera dell’arte A. Birmelé, F. Debuyst e Aa.Vv., L’ambone. Tavola della parola di Dio F, Debuyst, P. DeClerck, A. Gerhards ¢ Aa.Vv., Spazio Eiturgico e orientamento Invieremo gratuitamente il nostro Catalogo generale ei successivi aggiomamenti @ quanti ce ne faranno richiesta. www.cigajon it AUTORE: Toannis Zizioulas TITOLO: Lessere ecclesiale COLLANA: Liturgia e vita FORMATO: 20cm PAGINE: 280 PREFAZIONE: — Christos Yannaras TITOLO ORIG: L’éte ecelésial EDITORE ORIG: 198r Editions Labor et Fides, x, rue Beauregard 1204 Gentve TRADUZIONE: — dal francese a cura di Davide Varasi INCOPERTINA: W. G. Congdon, Pentecoste 4 (1962), olio su faesite, The Wil- liam G, Congdon Foundation, Milano © 2007 EDIZIONI QIQAJON COMUNITA DI BOSE 13887 MAGNANO (BI) Tel. 015.679.264 - Fax 015.679.290 ISBN 978-88-8227-235-7 DALLA MASCHERA ALLA PERSONA: LA NOZIONE DI “PERSONA” E LIPOSTASI ECCLESIALE Il rispetto della dimensione personale dell’essere umano é forse il pit importante tra i valori della no- stra epoca’. Il tentative compiuto dall’umanesimo mo- derno per soppiantare il cristianesimo nel campo del- la dignita dell’essere umano ha separato il concetto di “persona” dalla teologia ricollegandolo all’idea di una morale autonoma, anzi di una filosofia esistenziale pu- ramente umanista. Cosi, sebbene oggi una delle gran- di questioni, che tocca tutti ovunque, sia la persona o la dimensione personale come ideale supremo, non si riconosce perd da parte di nessuno che il concetto é indissolubilmente legato alla teologia sia dal punto di vista storico che da quello esistenziale. Nei limiti del presente studio, proveremo a mostrare quanto il lega- me del concetto di “persona” con la teologia patristica sia profondo e indistruttibile. La persona, sia come concetto, sia come realta vissuta, é puro frutto della teologia patristica: al di fuori di essa, il suo contenuto ptofondo é incomprensibile e ingiustificabile. 1 Il saggio stato pubblicato in Miscellanea in onore di monsignor Melitone, me- tropolita di Calcedonia (in greco), Salonicco 1976. 23 La persona come maschera dell’essere Secondo molti autori il pensiero degli antichi greci é essenzialmente “apersonale”. Nella sua variante plato- nica, ciascun concetto concreto e individuale é riassor- bito dall’idea astratta che ne costituisce alla fine il fon- damento e la giustificazione ultima. Seguendo Hegel, che proponeva la scultura come chiave di comprensio- ne della mentalita greca antica, uno studioso contem- poraneo a proposito del simbolismo plastico legato alla mentalita platonica scrive: Su un piedistallo reso oscuro da un gioco di ombra e di luce, si innalza un corpo di marmo cieco, incolore, freddo, divinamente bello, fiero e maestoso: una sta- tua. Il mondo é proprio una statua di questo tipo, gli dai sono delle statue; lo stato, gli eroi ¢ le leggende, le idee, tutto ha in sé questa visione plastica primitiva innata ... Non c’é personalita, non occhi, non indivi- dualita spirituale. C’e qualcosa, ma non é una perso- na viva con un nome particolare ... No, non c’é perso- na. Da una parte ci sono dei corpi, dall’altra delle idee. Il carattere spirituale dell’idea & ucciso dal cor- po e il calore del corpo é neutralizzato dall’idea astrat- ta. Davanti a noi ci sono delle statue, certo belle, ma fredde e indifferenti nella loro bellezza?. La filosofia aristotelica, insistendo invece sul con- creto e individuale, permette di definire un certo con- 2 A. Th. Lossev citato in G. Florovskij, “Eschatology in the Patristic Age: An Introduction”, in International Conference on Patristic Studies, Séudia Patristica Il, acura di K. Aland e F. L. Cross, Akademie, Berlin 1957, pp. 235-250. 24 cetto di “persona”. Tuttavia la sua incapacita di attri- buire all’entita psicosomatica globale dell’essere uma- no una permanenza’, una sorta di durata o di vita eter- na, rende impossibile il collegamento della persona al- la sostanza (ousia) dell’essere umano, cioé a una vera ontologia. Nel pensiero platonico il concetto di “persona” & ontologicamente impossibile, perché l’anima che assi- cura la durata, l’essere dell’uomo, non é legata in per- manenza all’uomo concreto, individuale: essa vive, si, eternamente ma pud unirsi a un altro corpo concteto, costituire un’altra individualita, ad esempio al mo- mento di una reincarnazione. Per Aristotele, invece, il concetto di “persona” di- viene ontologicamente impossibile proprio a causa del legame indissolubile dell’anima con il concreto, con Vindividuale: essere umano & certamente un’indivi- dualita concreta, che permane, perd, soltanto per la durata del suo “sinolo”, cioé il composto psicosoma- tico, e che viene abolita completamente e definitiva- mente dalla morte. Il pensiero greco antico si mostra cost incapace di coniugare permanenza e individualita al fine di creare una vera ontologia della persona in quanto concetto as- soluto. Per riuscirvi, dovra rivisitare completamente la propria ontologia: come vedremo, solo i padri greci ci riusciranno grazie non solo al cristianesimo ma anche al loro ellenismo. II pensiero greco antico rimane im- prigionato in questo principio fondamentale che si & imposto: malgrado la molteplicita degli esseri, l’essere > CE, ibid. 25 costituisce un’unita; gli esseri concreti sono riconduci- bili in ultima analisi nel loro essere alla relazione ne- cessaria, all’affinita con questo essere unico; di conse- guenza, noi dobbiamo qualificare come “non essere” ogni alterita o “non permanenza” poiché non sono le- gate in maniera obbligatoria all’essere unico. Come nota Hegel nell’ Estetica, senza dubbio il concetto di “individualita libera” appare per la prima volta in Gre- cia in relazione con la scultura. Ma nella sua termino- logia egli la qualifica come “individualita sostanziale”, nella quale “appare messo in rilievo solo l’universale e il permanente ... mentre l’accidentale e il mutevole ap- paiono cancellati” 4, Il monismo ontologico, che caratterizza la filosofia greca sin dalle sue origini®, conduce il pensiero greco al concetto di kdsmos, cio’ di relazione armoniosa de- gli esseri tra di loro. Nemmeno Dio pud sottrarsi a questa unita ontologica e stare liberamente davanti al mondo in un dialogo faccia a faccia. Per necessita on- tologica, egli & vincolato al mondo e il mondo a lui *G. W.F, Hegel, Estetica III,2,1,2c, Feltrinelli, Milano 1963, p. 946. * Gia all’epoca dei presocratici il pensiero greco si basava sull’identificazione fondamentale tra l’essere ¢ l’intelligenza (noiss): cf. Parmenide, Sulla natura 3 (“In- fatti lo stesso & pensare ed essere”); 8,34 (““Lo stesso é il pensare ¢ cid a causa del quale é il pensiero”), a cura di G. Reale, Rusconi, Milano 1998, pp. 45, 53; Pla- tone, Parmenide 128b, in Id., Tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2000, p. 379. Malgrado gli sviluppi del pensiero greco su questo punto rilevati dall’analisi di Martin Heidegger, secondo Ia quale assistiamo a una graduale sot- tomissione dell’essere al giudizio dell’intelligenza, I'affinita ontologica dei due timane il cantus firmus del pensiero greco (cf. Introduzione alla metafisica, Mur- sia, Milano 1968, pp. 107-125, 153-186). Questo vale sino all’epoca neoplatonica, che mantiene la piena unita tra il mondo intelligibile, 'intelligenza ¢ Pessere: cf. Plotino, Enneadi V,x,8, a cura di R. Radice, G. Reale e G. Girgenti, Mondadori, Milano 2002, pp. 1186-1189; K. Kremer, Die neuplatonische Seinsphilosopbie und ihre Wirkung auf Thomas von Aquin, Brill, Leiden 1966, pp. 79 ss. Si trata della sopravvivenza del monismo primitivo del pensiero greco: cf. C.J. De Vogel, Phi- losophia, I. Studies in Greek Philosophy, Van Gorcum, Assen 1970, pp. 397-416. 26 secondo vari modelli: quello di “creazione” nel Timeo di Platone, quello del /égos presso gli stoici, quello del- le “emanazioni” nelle Exneadi plotiniane’. In questo modo il pensiero greco genera un concetto meraviglio- so di kdsmos, dunque di unita e di armonia, un mon- do ricolmo di dinamismo interiore e giunto a pienezza estetica, un mondo veramente bello e divino. In que- sto mondo, perd, non c’é spazio per l’imprevisto e la libertad: tutto cid che costituisce una minaccia per !’ar- monia cosmica e che é inspiegabile alla ragione - il Jégos che riunisce il tutto e lo riporta al cuore di quel- Parmonia e di tale unitd - viene rigettato e rifiutato’. Questo vale anche per l’essere umano. II suo posto in questo mondo unificato, armonioso e razionale (/o- ghikés) costituisce l’argomento centrale della tragedia greca antica. Ed é qui che per caso compare il termine “persona” (prdsopon) nella sua accezione greca antica. Certo, questo termine non é assente dal vocabolario corrente dell’antichiti greca anche al di fuori della vita teatrale. Sembra designare all’inizio “la parte sotto la 6 Da cid deriva V'esistenza eterna del mondo sulla quale insiste Plotino (cf. Enneadi 1,2.6.9, pp. 98-115, 180-203, 252-2533 II,2.6, pp. 284-293, 392-401} II,1.4, pp. 490-511, 590-603; IV,7, pp. 1076-119). Secondo i neoplatonici ogni singolo passo al di 12 dell’Uno costituisce un deterioramento dell’essere ¢ percio si irritano davanti al rifiuto della teologia patristica di accettare l’idea della proces- sione del mondo dall’Uno, all’insistenza di questa sulla contingenza del mondo. CE. E. von Ivanka, Plato christianus. Ubernabme und Umgestaltung des Platonismeus durch die Vater, Johannes, Einsiedeln 1964, pp. 28 s., 152 85. . TTI significato iniziale ¢ la radice del termine /dgos secondo Martin Heidegger sono caratteristici (cf. Introduzione alla metafisica, pp. 133-145). L'elevazione del I6gos al rango di principio cosmologico, come si vede nello stoicismo, Ta conse- guenza naturale dell’identificazione iniziale di /égos con “essere” (ad esempio in Eraclito) e della mentalits comune del pensiero greco dell’antichit’. Per Ploti- no ogni “novits” nel mondo potr’ essere o migliore o peggiore dell’ opera iniziale di Dio. Se dunque questa “novith” proviene da un intervento divino, questo vuol dire che Dio migliora o degrada la sua creazione (cf. Enneadi 1V,x.7, pp. 812-823, 1076-1119; VI,9, pp. 1936-1971). 27 calotta cranica”’, il volto, nella sua accezione anatomi- ca®. Ma come e perché questo concetto si identifica cosi velocemente con la maschera teatrale!°? Qual é il rapporto tra la maschera dell’attore e il volto dell’uo- mo? Consiste semplicemente nel fatto che la maschera tichiama in un certo modo il vero volto"4? O questi due usi del termine prdsopon rivelano un legame pit profondo? Il teatro, e specialmente la tragedia, & lo spazio in cui hanno luogo i conflitti tra la libert’ umana e la ne- cessita logica del mondo unificato e armonioso secon- do la concezione greca. Proprio a teatro l’uomo tenta di divenire una persona, di affermarsi in tutta la sua statura di fronte a questa unitd armoniosa impostagli come necessita logica e morale. Qui lotta contro gli dei e il destino, qui pecca e trasgredisce la legge, ma impara anche, secondo uno stereotipo della tragedia gteca, che non potra alla fine né evitare il proprio de- stino né continuare impunemente l’oltraggio contro gli *Cf. Aristotele, Storia degli animali 1,8,491b,9; Omero, Iiade 8,212; 18,24, 4 cura di R, Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 1990, pp. 266-267, 640-641. ? Si potrebbe forse supporre alla luce di una certa etimologia della parola che il suo significato iniziale fosse quello di “tapporto”, “relazione”. Questo perd non & attestato nei testi greci antichi. Conseguentemente si & cercata un’altra etimologia in una luce strettamente anatomica: ad esempio la parte della facia intorno ai due occhi (18 pros tofs ops? méros), Cf. H. Estienne, Thesazrus Graecae Linguae VI, Firmin Didot, Parisiis 1842-1847, p. 1048, *® Questo uso di prisopon si incontra gid in Aristotele (cf, Problemi omerici XXXI,7,958a,17: Ta traghika présopa). Cf. anche Platone Comico, Frammenti 142. Si estende al di 1a dell’oggetto “maschera” per applicarsi alla patte teatrale dell’ attore: “Tke personaggi, come nelle commedie: quello del calunniatore, quello del calu iato € quello di colui a cui si riferisce la calunnia” (Luciano, La calunnia 4). Il termine prdsopon finisce cosi per identificarsi completamente con il termine maschera”, divenendone un sinonimo (cf, Giuseppe Flavio, La guerra giudaica 114,156, a cura di G. Vitucci, Fondazione Valla-Mondadori, Milano 1974, p. 45; Teofrasto, I caratteri 6,3, a cura di G. Pasquali, Sansoni, Firenze 1956, p. 11). " Per questa spiegazione, cf. S, Schlossmann, Persona und prosopon im Recht und im christlichen Dogma, Lipsius & Tischer, Kilia 1906, p. 37. 28 dei, né peccare senza subirne le conseguenze. Riceve cosi la conferma tragica del limite della sua liberti 0, piuttosto, dell’inesistenza di questa per lui: in effetti una liberta limitata non é che mera contraddizione. Di conseguenza il suo prdsopon era soltanto una ma- schera, qualcosa di irtelato con il suo essere vero, privo di contenuto ontologico. Questo rappresenta un primo aspetto, un primo si- gnificato della maschera. Contemporaneamente, perd, ne esiste un altro, cio attraverso questa maschera l’uo- mo ha acquisito — come attore ma soprattutto come spettatore — un certo gusto della liberta, una certa esi- stenza particolare, una certa identita che gli viene nega- ta dall’armonia logica e morale del mondo in cui vive. Certamente, lo stesso uomo ha anche sperimentato, at- traverso la maschera, il sapore amaro delle conseguen- ze della sua ribellione. Ma grazie a questa stessa ma- schera & divenuto una persona, anche se soltanto per un attimo, e ha imparato che cosa significhi vivere co- me ente libero, unico e irripetibile?. La maschera non & dunque senza relazione con la persona (prdsopon), ma questa relazione é tragica: nel mondo greco classi- co essere présopon designa nell’essere umano un ele- mento aggiunto al suo ente e non il suo essere vero, la 2 Si veda la formulazione di questo grande problema nelle patole del metro- polita Melitone di Calcedonia in una predica tenuta ’8 matzo 1970 nella cattedra- le di Atene e pubblicata in Stdchys 19-26 (1969-1973), Pp. 49 88.1 “La richiesta profonda e angosciante dell’anima umana di essere liberata dalla sua ipocrisia quotidiana attraverso una nuova e anonima ipocrisia dionisiaca & un fenomeno molto antico, Chi porta Ia maschera del carnevale & una figura tragica. Cerca di liberarsi dall'ipoctisia simulando e di negare tutte le maschere che porta quoti- dianamente per mezzo di una nuova, ancora pitt invetosimile, Cerca di espellere cid che & represso nel suo subconscio per liberarsene, Ma per lui non si da liberta, la sua tragedia resta senza scappatoie: il suo desiderio profondo é di essere trasfi- gurato 29 ZO sua ipostasi. Infatti a quell’epoca ipostasi significa an- cora natura (phfsis), sostanza (ouséa). Dovranno pas- sate ancora molti secoli prima che il pensiero greco giunga all’identificazione storica tra ipostasi e persona. Il pensiero romano resta nella scia di quello greco per quanto riguarda la nozione di “persona”. Il termi- ne “persona” indica il ruolo impersonato sia a teatro sia nella vita sociale. Gli specialisti si chiedono sino a che punto !’uso greco del termine prdsopon abbia in- fluenzato quello romano e se persona derivi o no dalla tadice greca™. Al di la perd del problema etimologico sembra che, almeno alle origini, !’uso romano del ter- mine non fosse molto diverso da quello greco. Pit tar- di il termine compare nel vocabolario giuridico in un senso non lontano da quello attuale e non molto diver- so dalla “maschera” greca: indica il ruolo che una per- sona é chiamata a tenere nelle sue relazioni sociali e giuridiche, la persona morale, che é estranea all’onto- logia della persona, sia sul piano individuale sia su quello collettivo. Questo significato della persona é fondamentalmen- te legato alla concezione dell’uomo dell’antichita ro- mana. II pensiero romano, fondamentalmente attento a dinamiche organizzative e sociali, non si interessa al- Lontologia in quanto tale, all’essere dell’uomo, ma alla sua relazione con gli altri, alla sua sociabilita, alla sua capacita di riunirsi in assemblea e di fondare dei colle- gia, di organizzare la vita umana come stato, Ancora ° CE. infra, p. 34, n. 16; p. 35, 0. 22. “CE, M. Nedoncelle, “Présopon et persona dans l'antiquité classique, Essai de bilan linguistique”, in Revue des Sciences Religieuses 22 (1948), pp. 277-299. ® Verisimilmente dopo il secolo d.C.; cf. $. Schlossmann, Penora ard pro- Sopon, pp. 119 ss. 30 una volta, la persona non ha un contenuto ontologico, @ “aggiunta” (epithema) all’ente concreto. Questa vi- sione della persona — senza provocare turbamento alla mentalita romana — permette all’uomo stesso di agire come un personaggio dalle molte facce, di impersonare pitt ruoli diversi. In questa situazione, libertad e impre- visto sono di nuovo estranei al concetto di “persona”. La liberta & manipolata dal gruppo o, in ultima analisi, dallo stato - l’insieme organizzato delle relazioni uma- ne ~ che le impone anche i suoi limiti. Come abbiamo gia notato con il concetto greco di présopon, anche la persona romana esprime la negazione e l’affermazione simultanee della libert’ umana: come persona, l’essere umano entra con la sua liberta all’interno di una col- lettivitd organizzata ma, nel contempo, si assicura un mezzo, una possibilita per gustare la liberta, per affer- mare la propria identita. Lidentita, elemento fondamentale del concetto di “persona”, che permette a un uomo di essere diverso dagli altri, di essere quello che é, @ garantita e concessa dallo stato o da un insieme organizzato. Anche quando Puomo mette in discussione l’autorita dello stato e si rivolta contro di esso, l’evitare il castigo per l’oltraggio a esso é dovuto di nuovo a un certo potere giuridico e politico cui egli fa ricorso, a una certa concezione del- lo stato da cui trarre la sua nuova identita, la conferma della propria persona. La politicizzazione dell’essere umano contemporaneo e la crescita di importanza del- la sociologia ai nostri giorni sono incomprensibili sen- za il riferimento alla persona romana. Si tratta della mentalita tipicamente occidentale della nostra civilta, di un incontro tra la persona e la maschera del mondo greco classico. 3r Il mondo greco-romano si ferma proprio a questo punto dell’evoluzione del concetto di “persona”. La sua grandezza consiste nell’aver mostrato all’essere umano una dimensione della sua esistenza che si pud chiama- re personale. II punto debole, invece, é il fatto che nel- Pambito della sua Weltanschauung questa dimensione non abbia una giustificazione ontologica. La maschera e la persona sono state dei punti di riferimento sulla via che conduce al moderno concetto di “persona”. Ma, a causa delle esigenze del contesto cosmologico dell’armonia cosmica e statale autofondata, questa ma- schera e questa persona erano a livello cosciente sol- tanto un richiamo: tale dimensione personale non si identifica né dovra mai identificarsi con l’essenza del- le cose, il vero essere dell’uomo. Il contenuto ontologi- co dell’esistenza umana non era rivendicato dalla qua- lita personale dell’uomo ma da altre potenze. Come si poteva arrivare allora all’identificazione della petso- na con la sostanza dell’uomo? In che modo Ia liber- ta avrebbe potuto identificarsi con l’essere, l’identitd dell’uomo concreto derivare dalla sua liberta e essere umano identificarsi con la persona? Erano necessarie due condizioni fondamentali: a) un cambiamento radicale della Weltanschanung, che liberasse sia il mondo che !’essere umano dall’assolu- tezza ontologica del dato cosmologico; b) una visione ontologica dell’essere umano che ricol- legasse la persona all’essere dell’uomo, alla sua iden- tita permanente e duratura, autentica e assoluta. Solo il cristianesimo con Ja sua mentalita biblica po- teva adempiere alla prima condizione. La seconda non 32 poteva essere soddisfatta che dall’ellenismo, che mani- festava degli interessi ontologici. Ma soltanto i padri greci sono riusciti a riunirle entrambe: dotati di una cteativita rara, degna dello spirito ellenistico, offriro- no alla storia il concetto di “persona” con un’assolu- tezza che commuove anche l’uomo della nostra epoca, che pure ne nega lo spirito. La persona come ipostasi dell’essere Il concetto di “persona”, nel suo contenuto assoluto e ontologico, nasce storicamente dal tentativo di espri- mere ontologicamente Ja fede della chiesa nella Tri- nita. Questa fede era antica - esisteva gid nei primi tempi della chiesa - e si trasmetteva da una generazio- ne all’altra mediante l’atto del battesimo. Ma il con- tatto sempre pit profondo tra il cristianesimo e la cul- tura ellenistica poneva in modo acuto il problema di un’interpretazione di questa fede che potesse risultare accettabile per la mentalitd dei greci. Che cosa signifi- ca che Dio @ Padre, Figlio e Spirito senza cessare di essere un solo Dio? La cronistoria della riflessione e del dibattito intorno a questo grande tema non ci inte- tessa ora nei dettagli. In essa l’importante é costituito da un punto di svol- ta, una rivoluzione nella filosofia greca. Questa rivo- luzione si esprime storicamente con una nuova iden- tificazione: quella dell’ipostasi con Ja persona. Com’é avvenuta questa silenziosa rivoluzione? Quali conse- guenze ha avuto per il concetto di “persona”? Ci sof- 33 fermeremo un po’ su tali questioni. Nella Filosofia gre- ca, il termine “ipostasi” non aveva alcuna relazione con il termine “persona” (prdsopon) che, come abbia- mo visto, non esprimeva affatto la sostanza dell’essere umano per i greci. Al contrario, il termine “ipostasi” (hypdstasis) ea strettamente legato al termine “sostan- za” (ousia) e fini con l’identificarsi con esso completa- mente’*. Proprio questa identificazione della sostanza con l’ipostasi, cosi diffusa nel pensiero gteco dei primi secoli cristiani, fu la causa delle difficolta insorte al tempo delle dispute trinitarie del 1 secolo. E signifi- cativo per il nostro discorso che il termine prdsopon, Pure gia utilizzato in occidente da Tertulliano nella sua riflessione teologica trinitaria (“Una substantia, tres personae’), non fu ammesso in oriente appunto perché questo termine mancava di contenuto ontologi- co e induceva al sabellianismo (manifestazione di Dio in tre “personaggi”)*®, Questo pud dare l’idea di come la parola “persona” si collocasse lontano dall’ontolo- gia! Al suo posto l’oriente, gia dall’epoca di Origene”?, usava per la Trinita il termine “ipostasi”. Ma anche questo termine comportava dei rischi. Poiché Plotino aveva gia parlato di ipostasi del divino, si sarebbe po- * Atanasio di Alessandria identifica chiaramente i due: “Liipostasi l’ousta € non significa niente altro se non cid che &.., Infatti Tipostasi e l’ouséa sono si- nonimi di esistenza (bjparcis)" (Lettera ai vescovi dell’ Egitto e della Libia 4, PG 26,1036B). Sulla base di tale identificazione, si potrebbe anche parlare di tre o- siai in Dio: cf., ad esempio, Basilio di Cesarea, Omelia ventitreesima per il martire Mamante 4, PG 31,597C. ” Tertulliano, Contro Prassea 12, a cura di A. Gerlo, CCSL I/2, Brepols, Tarnbolti 1954, coll. 1172-1173, "* Sabellio usd il termine présopon proprio nel significato di “maschera”, “par- te teatrale” del greco classico. Cf, A. von Harnack, Lehrbuch der Dogmengeschich- #e 1, Mohr, Leipzig 18942, p. 764. ° CE. Origene, Commento al Vangelo di Giovanni 11,6, a cura di E, Corsini, Urer, Torino 1968, pp. 215-216, 34 1 | ! | | tuto dare a questo termine un’interpretazione neopla- tonica, con tutti i pericoli che comportava per una teo- logia cristiana un legame tra Dio e il mondo di tipo neoplatonico”. Inoltre, tenendo conto dell’identifica- zione comune di ipostasi con sostanza si poteva appro- dare a un’interpretazione “triteista”*!, Bisognava tro- vare cosi una formula che permettesse alla teologia di evitare il sabellianismo - una formula cioé in grado di dare un contenuto ontologico a ciascuna delle persone trinitarie ~ senza mettere in pericolo i suoi due princi- pi biblici: il monoteismo ¢ l’assoluta alterita e indipen- denza ontologica di Dio di fronte al mondo. L’iden- tificazione di ipostasi con persona é nata da questo tentativo. Il versante storico di tale evoluzione é molto oscuro e non interessa direttamente qui. Personalmente cre- do che la chiave dovrebbe essere ricercata in Ippolito, questo scrittore occidentale di lingua greca, forse il primo a utilizzare la parola prdsopon nella sua teologia trinitaria (a imitazione di Tertulliano?). Da un punto di vista storico potrebbe essere interessante esaminare le sfumature del termine “ipostasi” che diedero luogo alla sua separazione dal termine ousia?2. Ma niente di ® Plotino presenta le tre “ipostast originarie”: I’Anima, I'Intelligenza ¢ !'Uno (cf. Enneadi Vx, pp. 1168-1195). Si trata anche qui di un caso caratteristico di monismo ontologico ~ cio un ricongiungimento di Dio al mondo in ununione in cui i due si fondono assieme - che mette in pericolo la concezione biblica della relazione di Dio con il mondo. Sul contributo plotiniano all’uso filosofico del ter- mine “ipostasi”, cf. K. Oehler, Antike Philosophie und byzantinisches Mittelalter, Beck, Miinchen 1969, pp. 23 ss. 2 CE. supna, p. 34, n. 16, in particolare l’espressione di Basilio di Cesarea, 2 La storia dei termini ousia e bypéstasis & molto complicata, Circa I'uso di questi termini nella teologia trinitaria dei padri greci si ritiene che la distinzione tra ousia © hypdstasis sia stata resa possibile sulla base della distinzione logica di Aristotele tra ousia préte e ousia deutéra (cf. Metafisica VII,11,1037a,5, a cura di G. Reale, Rusconi, Milano 1978, pp. 333-334; Categorie V,2a,11-16). Secondo 35 tutto questo pud spiegare il passo gigantesco compiu- to con l’identificazione delle parole “ipostasi” e “per- sona” senza un esame delle principali trasformazioni della Weltanschauung, avvenute durante il periodo pa- tristico nei confronti del pensiero greco. Il senso profondo dell’identificazione di ipostasi con persona, il cui carattere rivoluzionario nell’evoluzio- ne storica del pensiero greco non sembra aver attirato Lattenzione della storia della filosofia, consiste in una duplice affermazione. In primo luogo, la persona non é pit un elemento “sovrapposto”, una categoria che noi aggiungiamo a un essere concreto, dopo averne at- testato in precedenza l’ipostasi ontologica. E l’ipostasi questa opinione i padri cappadoci identificarono nella loro teologia trinitaria il termine Aypdstasis con ousia prdte (“la sostanza individuale”) e il termine ousia con il concetto aristotelico di ousia deutéra (“la sostanza universale, comune a una classe di esseri”): cf. G. Prestige, Dio nel pensiero dei padri, II Mulino, Bolo- gna 1969, pp. 194-229;J.N. D. Kelly, Isimboli di fede della chiesa antica. Nascita, evoluzione, uso del credo, Ep Napoli, Napoli 1987, pp. 240-252. Questa opinione perd appare molto discutibile se si studiano con attenzione i padri greci (cf. supra, P. 34, n. 16 su Atanasio di Alessandria). La distinzione aristotelica tra sostan- za prima e seconda sembra assente dal loro pensiero; non & neanche certo che questa distinzione interpreti correttamente la posizione di Aristotele, cost come tileva un eminente specialista (cf. D. M. Mackinnon, “Substance in Christology: A Cross-bench View”, in Christ, Faith and History, a cura di S, W. Sykes e J. P. Clayton, Cambridge University Press, Cambridge-London 1972, pp. 279-300). Una relazione tra l'evoluzione di questi termini ¢ la storia del significato filosofico del termine Aypokefmenon (“sosttato”) posteriormente ad Aristotele sembra pro- babile. Dato il duplice significato che Aristotele sembra attribuire a questo termi- ne (la “materia” e il “concreto ¢ indipendente essere sostanziale”: cf. Metafisica VIL,3, pp. 299-302), durante I’epoca post-aristotelica il termine Aypdstasis sop- pianta il termine Aypokeimenon a causa del significato materialistico di quest’ulti- mo, per esprimere al suo posto il concetto di “essere concreto e indipendente”. Cost, durante i primi secoli della nostra era il tetmine bypdstasis acquisisce gra- dualmente il significato di essere reale e concreto, in opposizione all’essere evane- scente ¢ apparente, un’evoluzione probabilmente dovuta allo stoicismo: cf. E. Zel- ler, Die Philosophie der Griechen III, Fues, Leipzig 18812, pp. 644 ss. Considerata la grande influenza dello stoicismo sulla filosofia dell’epoca dei padri, ¢ probabile che l’utilizzo del termine “ipostasi” per esprimere l’essere concreto (in opposizio- ne al generale) sia stato preparato in questo modo. Ma cid non toglie che la rifles- sione teologica dei cappadoci successivamente produca un cambiamento radicale nell’uso filosofico di queste parole. 36 stessa dell’essere. In secondo luogo, gli esseri non fan- no pitt derivare il loro essere dall’ “essere in sé” - l’esse- re non é dunque una categoria assoluta in sé - ma dalla persona, che costituisce appunto l’essere, che cioé fa si che gli esseri siano degli esseri. In altre parole, la per- sona non é pit l’elemento aggiunto all’ente (una specie di maschera), ma diviene l’ente in sé e simultaneamen- te - il che é capitale — l’elemento costitutivo degli es- seri (il loro principio o la loro causa). Prima che il pensiero greco giungesse a una revisio- ne cosi radicale della propria ontologia, due processi fondamentali ebbero luogo nello spazio della teologia patristica: il primo riguardava il ruolo del mondo nella teologia. Secondo la teologia biblica, che i padri non potevano ignorare, il mondo non é un principio onto- logico in sé. A differenza dei greci che supponevano nella loro ontologia il mondo come qualcosa di eterno, il dogma della creazione ex nibilo obbligava i padri a introdurre in teologia un’alterita radicale, a ricondurre il mondo a un’ontologia situata fuori dal mondo, cioé in Dio”. Essi spezzarono cos} il cerchio dell’ontologia chiusa dei greci e ottennero simultaneamente qualcosa di mol- to pit importante e che a noi interessa direttamente qui: fecero dell’essere, dell’esistenza del mondo, una conseguenza della liberta. Si compie cost il primo processo: il dogma della crea- zione ex nibilo sposta il principio dell’ontologia greca ~ il principio del &dsmos — nella sfera della liberta: ® CE, G. Florovskij, “The Concept of Creation in Saint Athanasius”, in Inter- national Conference on Patristic Studies, Studia Patristica VI, a cuta di F. L. Cross, Akademie Verlag, Berlin 1962, pp. 36-37. 37 Vessere si distacca da sé; l’essere del mondo da neces- sita diviene liberta. Ma esiste un secondo processo che fa andare ancora pit lontano nella revisione dell’ontologia greca. Non solo l’essere del mondo é ricondotto alla liberta perso- nale, ma l’essere stesso di Dio si identifica con la Per- sona. Questo processo si realizza durante il dibattito sulla Trinita, principalmente con la teologia dei padri cappadoci, specie di Basilio di Cesarea”*: teologia che qui ci interessa soltanto in quanto concerne un punto fondamentale, purtroppo trascurato d’abitudine. Sap- piamo che la formulazione finale del dogma della Trini- ta dichiara: “Una sostanza, tre persone”. Si potrebbe dedurne che l’unicita di Dio, essere di Dio, consista nella sostanza divina. Questo ci riporterebbe all’onto- logia greca: Dio & “prima” Dio (la sua sostanza o natu- ra, il suo Essere) e “poi” esiste (eternamente certo!) come Triniti, cio’ in tre Persone. Questa interpreta- zione prevalse di fatto nella teologia occidentale e pur- troppo penetrd nella dogmatica ortodossa contempo- tanea e nei suoi manuali, dove il capitolo sul Dio Uno precede quello sul Dio trinitario2, Il nocciolo di que- sta interpretazione consiste nel fatto che in Dio il prin- cipio ontologico non si trova nella persona, ma nella so- stanza, cioé nell’essere stesso di Dio. In effetti, secon- “ i . et ater artivare a questo stadio, la teologia patristica& stata preceduta da una lunga elaborazione teologica nella riflessione patristica greca, Questa elabora- ione era centrata sulla teologia eucaristica, come si vede soprattutto in Ignazio di ratiod iia, Ireneo di Lione e Atanasio di Alessandria. Parleremo nel prossimo ca- Pitolo di queste evoluzionie delle loro tipercussion filosofiche. ima” e “poi” esprimono qui una ale, ma logica, ontologica, Precedenza non temporale, gica, qt wedi la critica di questo approccio tipicamente occidentale del dogma tri- nitarjo in K. Rahner, La Trinitd, Quetiniana, Brescia 1998, pp. 25°30- 38 do l’idea cristallizzata nella teologia occidentale l’uni- ta di Dio si trova costituita dalla sostanza divina uni- ca, dall’unica divinita, che di fatto diviene il principio ontologico di Dio. Ma questa interpretazione é in realta soltanto una cattiva lettura della teologia trinitaria primitiva. Per i padri greci l’unicita di Dio, il Dio Uno, cosi come il principio o causa ontologica della vita personale-trini- taria di Dio, non consistono nella sostanza unica di Dio ma nell’ipostasi, cioé nella persona del Padre. Il Dio unico non é Ja sostanza unica ma il Padre, che é la causa (aitfa) della generazione del Figlio e della pro- cessione dello Spirito””. Di conseguenza il principio ontologico di Dio é ricondotto ancora alla persona. Co- si, quando diciamo che Dio “é”, non limitiamo 1a li- berta personale di Dio — l’essere di Dio non é un pre- supposto ontologico o una semplice realta per Dio -, ma riconduciamo I’essere di Dio alla sua liberta perso- nale, In maniera pit: analitica cid significa che Dio in quanto Padre e non in quanto sostanza, per il fatto che “&”, conferma eternamente la sua libera volonta di esi- stere. E la sua esistenza trinitaria costituisce appunto questa affermazione: il Padre per amore - cioé libera- mente - genera il Figlio ed effonde lo Spirito. Se Dio esiste, perché il Padre esiste, colui cioé che per amo- re e liberamente genera il Figlio ed effonde lo Spirito. Cosi Dio come persona - Vipostasi del Padre - fa si che la sostanza divina sia cid che essa é: il Dio Uno. 7'Il problema del Filiogue & direttamente legato a questo tema. Studiando la teologia trinitaria di Agostino di Ippona e di Tommaso d’Aquino, si constata che Poceidente non aveva difficolta a sostenere il Filiogue, proprio perché identificava Yessere, il principio ontologico di Dio, con la sua sostanza piuttosto che con la persona del Padre. 39 Questo punto é assolutamente capitale, infatti € a esso che si collega direttamente la nuova tesi filosofica dei padri cappadoci, soprattutto di Basilio di Cesarea: la sostanza non esiste mai nuda (ghymné), cio’ senza ipo- stasi, senza modalita di esistenza (trdpos bypdrxeos)*®, E di conseguenza l’unica sostanza divina é l’essere di Dio, unicamente perché essa possiede queste tre mo- dalita di esistenza, che non deve a se stessa ma a una persona: il Padre. Al di fuori della Trinita, Dio, cio’ la sostanza divina, non esiste; infatti il principio ontolo- gico di Dio é il Padre. L’esistenza personale di Dio (il Padre) costituisce, ipostatizza la sua sostanza. L’essere di Dio si identifica con la Persona”. Il fatto che Dio “esista” a causa di una persona - il Padre ~, e non a causa della sostanza unica, & capitale per la teologia trinitaria. Infatti il suo significato non & teorico, accademico, ma profondamente esistenziale. Cerchiamo di farne una breve analisi. La provocazione pitt radicale per la libert’ umana & il “dato” dell’esistenza. I senso morale della liberta al quale la filosofia occidentale ci ha abituati, si accon- tenta della semplice possibilita di scelta: & libero chi pud scegliere una delle possibilita che gli sono offerte. .3CE., ad esempio, Basilio di Cesarea, Lettere 38, PG 32,325A-340C; G. Pre- stige, Dio nel pensiero dei padri, pp. 253-254, 283. Pit tardi questa tesi sarh ripresa da Massimo il Confessore che distingue tra ldgos phseos e irdpos hypdnccos e sot- tolinea che i diversi /égoi non esistono mai “nudi” (ghymnot) ma in quanto “mo- dalita di esistenza” (cf. Problemi 42, in Id., Ambigua. Problemi metafisici e teolo- ici sui testi di Gregorio di Nazianzo e di Dionigi Avcopagita, a cura di C, Moreschi- ni, Bompiani, Milano 2003, pp. 465-496). Cf. anche Gregorio di Nissa, Contro Eunomio t, PG 45,337. » La tesi ontologica fondamentale dei padri greci potrebbe essere esposta bre- vemente cosi: senza persona o ipostasi o modo di esistenza, non c’é ousia o natura; senza ousia o natura non c’é persona; tuttavia il principio o Ia causa ontologica dell’essere - cid che fa si che qualcosa & - non & l'ousia ma la persona 0 ipostasi. Cosi lesistenza é ricondotta non alla sostanza ma alla persona. 40 x Ma questa libert & gia condizionata dal “dato” di queste possibilita e, tra questi “dati”, P’ultimo e il pit costrittivo per l’essere umano é la sua esistenza: in che modo si pud considerate I’uomo come libero in senso assoluto quando non pud che accettare la propria esi- stenza? Dostoevskij pone questo grande problema in modo sconvolgente nel suo romanzo I demoni. Nell’ul- timo dialogo Kirillov dice a Stepanovic: “Se non c’é Dio, io sono un dio”. “Ecco, io non ho mai potuto capire questo vostro punto: ma perché siete voi Dio?”. “Se Dio c’é, tutta la volonta é sua, e io non posso sot- trarmi alla sua volonta. Se non c’é, tutta la volonta é mia, e sono costretto a proclamare il mio libero arbi- trio”. “Tl libero arbitrio? Ma perché siete costretto?”. “Perché tutta la volonta é diventata mia. Possibile che non ci sia nessuno su tutto il pianeta, che dopo averla fatta finita con Dio e aver posto fede nel proprio arbi- trio, osi proclamare il libero arbitrio nel senso pit as- soluto? ... Io voglio proclamare il mio libero arbitrio. Che sia pure il solo, ma lo fard”. “E fatelo”. “Io sono obbligato a uccidermi, perché il culmine del mio libero arbitrio & uccidere me stesso”. Queste parole di Kirillov racchiudono la ricerca pit tragica della persona: il superamento del “dato” dell’e- sistenza, la possibiliti di affermare la propria esistenza non come riconoscimento di un dato, di una realta, ma come prodotto del proprio libero arbitrio e della pro- % F, Dostoevskij, Idemoni, Mondadori, Milano 1996, p. 632. 41 NN pria autoaffermazione. Questo, e niente meno di que- sto, ¢ cid che cerca l’uomo nel suo essere persona! (ma questa ricerca si scontra con la sua condizione di crea- tura: in quanto tale, non pud evitare il “dato” della sua esistenza). Di conseguenza la persona non potra realiz- zarsi come realta all’interno del cosmo, in una dimen- sione meramente umana. La filosofia potrd giungere sino alla constatazione della realta della persona, ma solo la teologia potra parlare della persona autentica, vera. Infatti la persona vera, in quanto liberti ontolo- gica assoluta, non pud che essere increata, cioé libera da ogni “dato”, compresa la sua stessa esistenza. Se di fatto una tale persona non esiste, allora il concetto di “persona” non é che una fantasticheria arbitraria. Se Dio non esiste, non c’é persona. Ma in cosa consiste questa libertad di autoafferma- zione dell’esistenza? Come si esprime? Come si realiz- za? Le parole sconvolgenti che Dostoevskij pone in bocca a Kirillov mettono in allarme: se é il suicidio a costituire per l’essere umano il solo modo di esercitare la propria libert& ontologica, allora questa libertad con- duce all’annichilimento e la persona diviene negatrice dell’ontologia. Questo allarme esistenziale, questo ti- more dell’annichilimento é talmente forte che bisogna *! Questo appare particolarmente nell’arte. L’arte come vera ¢ propria creazio- ne € come raffigurazione o rappresentazione della realti, non & che uno sforzo dell’essere umano per affermare la sua presenza indipendentemente dai “dati” del’esistenza, L’arte autentica non & semplicemente creazione basata sul preesi- stente, ma tendenza verso la creazione ex nibilo, Cost si spiega la tendenza dell’ar- te moderna (che, detto di passaggio, si ricollega storicamente all’importanza ac- cordata alla libert& e alla persona) a ignorare o ad abolire o a disintegrare la forma (0 la natura) degli esseri: gli schemi naturali, verbali... In tutto questo traspare la tendenza della persona a disfarsi, nella sua autoaffermazione, del “dato” dell’esi- stenza, dunque a divenire Dio, Si trata di una tendenza legata in maniera indis- solubile al concetto di “persona”. 42 in ultima analisi attribuirgli la responsabilita di ogni relativizzazione del concetto di “persona”. In effetti, ogni rivendicazione della liberta assoluta & sempre re- spinta con la motivazione che la sua realizzazione con- durrebbe al caos. Il concetto morale o giuridico di “leg- ge” presuppone sempre una certa limitazione della li- bert’ personale nel nome dell’ordine e dell’atmonia, della necessiti di vivere con gli altri. Cosi, |’altro di- viene la minaccia della persona, il “suo inferno” per citare le parole di Sartre. Ancora una volta il concet- to di “persona” conduce l’esistenza umana a un vicolo cieco: una prospettiva centrata unicamente sull’uomo si rivela incapace di affermare la persona. Su questo punto la parola ritorna di nuovo ¢ inevi- tabilmente alla teo-logia affinché il concetto di “per- sona” riceva un contenuto positivo, Ma, una volta di pit, solo una teologia sana (orthé) come quella che i padri greci formularono, pud rispondere a cid (e l’or- to-dossia non & certo qualcosa di accessorio per V’esi- stenza umana). In che modo Dio afferma la propria liberta ontologica? Si é detto in precedenza che !’essere umano, essen- do condizionato dal suo stato di creatura, dai “dati” della sua esistenza, non pud esercitare pienamente la propria libertad ontologica, mentre Dio, essendo in- cteato, non soffre di questa limitazione. Ora, se la cau- sa della liberta ontologica di Dio fosse semplicemente inerente alla sua natura (per il fatto che egli é per na- tura increato mentre noi siamo cteati), non esisterebbe allora per 'uomo alcuna speranza, alcuna possibilita di > “Nessun bisogno di graticola; inferno, sono gli altri” (J.-P. Sartre, Porta cbiusa, Bompiani, Milano 19482, p. 238). 43 divenire una persona nel senso in cui Dio lo &: una persona vera. Invece no! La causa della libert& ontolo- gica di Dio non risiede nella sua natura, ma nella sua esistenza personale, cioé nella modalita di esistenza della natura divina®, Ed @ appunto questo cid che la- scia anche all’essere umano, malgrado la sua natura dif- ferente, la speranza di divenire una persona autentica. Dio esercita la sua liberta ontologica, cid che pro- priamente lo rende ontologicamente libero, trascenden- do e abolendo la necessita ontologica della sostanza; infatti egli é Dio in quanto Padre, cio causa della ge- nerazione del Figlio e della processione dello Spirito. Questo tratto “estatico” di Dio, cioé il fatto che il suo essere si identifichi con un evento di comunione, per- mette sia il superamento della necessita ontologica che comporterebbe la sua sostanza (se quest’ultima fosse Lattributo ontologico primordiale di Dio), sia la sua so- stituzione con la libera autoaffermazione dell’esisten- za divina. Infatti questa comunione é un evento di li- bert&, prodotto non dalla sostanza divina, ma da una persona: il Padre - dettaglio dogmatico capitale - il quale é Trinita. E questo, non perché la natura divina € estatica, ma perché il Padre in quanto persona desi- dera liberamente questa comunione*. » Dialtronde, se si collega Ia liberta assoluta di Dio alla sua natura, la si nega, come si é visto. * Il concetto di “estasi” come categoria ontologica si incontra sia presso i pa- dri greci mistici (soprattutto negli scritti attribuiti a Dionigi Areopagita ¢ in Mas- simo il Confessore) sia, in modo del tutto indipendente, nella filosofia di Heideg- ger. Christos Yannaras, nella sua importante tesi di dottorato sul contenuto onto- logico del concetto teologico di “persona” (To ontologhikon periechémenon tés theologhikés ennoias tod prosdpou, Athinai 1970), cerca di utilizzare Heidegger in vista della giustificazione teologica e della comprensione della teologia patristica greca. Heidegger rappresenta una tappa importante nell’evoluzione del pensiero occidentale, In effetti ha voluto liberare l’ontologia dall’“entismo” assoluto ¢ dal 44 Diviene percid evidente che l’unico esercizio onto- logicamente possibile della liberta é l’amore. La frase “Dio & amore” (Gv 4,16) significa che Dio esiste co- me Trinita, cioé come Persona e non come sostanza. tradizionalismo, ma non dal concetto di “coscienza” e di “soggetto”. Si veda la critica a Heidegger fatta dal filosofo contemporaneo Emmanuel Lévinas nella sua importante opera Totalita e Infinito. Saggio sull’esteriorita, Jaca Book, Milano 19902, p. 43: “In Sein und Zeit si & sostenuta forse una sola tesi: l’essere & insepa- rabile dalla comprensione dell’essere (che si sviluppa come tempo), l’essere & gia appello alla soggettivith”. Tuttavia il suo uso nell’interpretazione della teologia patristica va incontro a difficolta insormontabili. A titolo di esempio, tra le altre ci si dovrebbe porte le seguenti domande. Un’ontologia atemporale concepibile in Heidegger? Allo stesso modo, nei padri un’ontologia temporale riguardo a Dio & concepibile? La morte pud costituire un concetto ontologico per i padri, quando essi la considerano l’ultimo nemico dell’essere? Si pud considerare il concetto di “veritt” (a-létheia) nel senso di manifestazione o emergenza fuori dall’oblio (/éthe) come attributo irrinunciabile dell’ontologia riguardo a Dio? Queste domande di- vengono cruciali quando ci si ricorda che tutti i teologi occidentali che hanno cer- cato di utilizzare Heidegger in teologia non hanno potuto evitare due ostacoli: 0 introdurre il concetto di “tempo” in Dio (Karl Barth), oppure considerare il con- cetto di “rivelazione” come la categoria ontologica essenziale dell’essere di Dio (Karl Rahner), cid che fa si che l'economia, il concetto di “rivelazione” di Dio all’'uoma, costituisca la base, il punto di partenza e la struttura ontologica della teologia trinitaria. Yannatas nella nuova edizione del suo libro (intitolato ora To présopo kai ho évos, Papazése, Athinai 1976°, pp. 60 ss.) cerca di superare Heideg- ger identificando Pestasi non “semplicemente con il modo secondo il quale tutto cid che 8 appare emergendo all’orizzonte del tempo”, ma anche “con l’esperienza della cattoliciti personale, cio’ dell’autotrascendimento estatico dell’amore”, Tat- tavia la difficolta nell'uso di Heidegger per interpretare la teologia patristica rima- ne insormontabile quando si tiene conto, oltre alle tre domande capitali poste in precedenza, del problema generale della relazione tra la filosofia ¢ la teologia cost come si pone nel caso di Heidegger. Insistendo qui sull’affermazione che Dio & estatico, che cio’ esiste a causa del Padre, noi neghiamo da una parte la preceden- za ontologica della sostanza sulla persona e dall’altra un'ontologia “panoramica” (il termine appattiene alla critica di Heidegger fatta da Emmanuel Lévinas in To- talita e infinito, pp. 43-45, 302-305). Questa ontologia panoramica considererebbe la Trinita come un’esistenza parallela di tre persone, una sorta di manifestazione multipla dell’essere di Dio. L’istanza del pensiero patristico greco sulla monarchia del Padre esclude completamente un’alterita delle persone che si giustifichi onto- logicamente mediante l’orizzonte della loro manifestazione. In Dio un tale oriz- zonte & inesistente e inconcepibile e di conseguenza, l’ontologia in quanto mani- festazione & forse possibile nel caso di una teologia economica, che si compie nel tempo, ma non in quello dell’ontologia dell’esistenza trinitaria del Dio atempora- le. Cid significa che Pontologia teologica fondata sul concetto della “monarchia del Padre”, eschudendo sia la precedenza della sostanza sulla persona sia la coesi- stenza parallela delle tre persone della Trinita su un orizzonte comune di manife- stazione, libera la teologia dalla gnoseologia. Questo non vale per Heidegger, né forse per alcuna ontologia filosofica, sempre legata alla gnoseologia. Cos} nasce un 45 L’amore non é una conseguenza o una proprieta della sostanza divina - il dettaglio é importante alla luce di quanto si é appena detto -, ma cid che costituisce la sua sostanza, cid che permette a Dio di essere cid che egli é: il Dio unico. Cos? !’amore smette di essere una proprieta che qualifica l’essere - dunque secondaria ~ e diventa la categoria ontologica per eccellenza. L’a- more, come modalita di esistenza di Dio, ipostatizza Dio, costituisce il suo essere. Cosi, grazie all’amote, Lontologia di Dio non & sottoposta alla necessita della sostanza. L’amore si identifica con la sua liberta onto- logica®. Tutto questo significa che la persona pone all’esi- stenza umana !’alternativa seguente: o la libert’ come amore o la liberta come nulla. La scelta del secondo ter- mine rappresenta certamente un’espressione della per- sona ~ solo la persona pud aspirare alla liberta - ma, nel contempo, una negazione del suo contenuto onto- logico. Infatti il nulla perde ogni contenuto ontologi- co, quando la persona é considerata alla luce della teo- logia trinitaria. La persona non desidera semplicemente essere, esi- stere eternamente, cioé avere un contenuto ontologi- problema pitt generale: la giustificazione filosofica della teologia patristica & pos- sibile? O meglio, la teologia patristica nella sua essenza non & proptio l’opposto, cio’ una giustificazione teologica della filosofia, anzi una proclamazione che la filosofia e il mondo potranno acquisire una vera ontologia soltanto ammettendo a priori Dio come l’unico ente il cui essere si identifica con la persona e con Ja liberta? » Bisogna aggiungere di nuovo che questo amore che épostatizza Dio non & qualcosa di comune alle tre Persone come Ia natura divina, ma si identifica con il Padre, cio con questa Persona che ipostatizza Dio, che gli permette di essere tre Persone. Uno studio attento della Prima lettera di Giovanni prova che in essa la frase “Dio & amore” si riferisce al Padre: “Dio” si identifica con colui che “ha inviato il suo unico Figlio” (cf. Gv 4,7-17). 46 co, Essa vuole ben di pili: esistere come ente concreto, unico e irripetibile. La persona non pud essere inter- pretata come una semplice “estasi” della sostanza; essa deve necessariamente venire considerata anche come ipostasi della sostanza, come identita concreta e uni- ca. L’unicita & per la persona qualcosa di assoluto: essa possiede una tale assolutezza nella sua unicita da non tollerare di essere considerata come una nozione arit- metica, addizionata ad altri esseri, combinata con altri oggetti, utilizzata come mezzo, foss’anche per il fine pit sacro. E la persona stessa a costituire il fine; é lei il compimento totale dell’essere, l’espressione cattolica della sua natura. Questa tendenza della persona é, co- me la liberta, l’arma a doppio taglio dell’esistenza. In- fatti, applicata all’essere umano, significa il rifiuto del- Valtro, l’egocentrismo, la distruzione completa della vi- ta sociale. Come nel caso della liberta, per evitare il caos una relativizzazione dell’unicita e dell’ipostaticita della persona diviene indispensabile. Nella vita sociale Vunicitd viene quindi relativizzata e l’essere umano di- viene (pit o meno secondo le circostanze, ma sempre in certo qual modo) un oggetto utile, una combinazio- ne, una persona. Ed @ proprio questo a creare la trage- dia della persona. La ricerca intensa dell’identita per- sonale & oggi diffusa in tutte le forme di vita sociale. Non é possibile relativizzare la persona senza provoca- re delle reazioni. L’impotenza dell’essere umano a ga- rantirsi un’identita assoluta nel mondo culmina nella morte, La morte diviene tragica e inammissibile sol- tanto se l’essere umano é considerato nella prospetti- va della persona e soprattutto come ipostasi e identita unica. Per la biologia, invece, é un fenomeno naturale e benefico, poiché cosi la vita continua. Nel mondo 47 naturale l'identita personale si realizza con la procrea- zione, la “sopravvivenza” dei genitori nei propti figli. Ma questa non é una sopravvivenza di persone, é una sopravvivenza della specie, qualcosa di osservabile an- che nell’intero regno animale, governato dalle dure leg- gi della selezione naturale. La sopravvivenza della per- sona come identitd unica non si ottiene grazie al ma- trimonio e alla procreazione, i quali, in definitiva, non fanno che procacciare materia alla morte. Perché in fondo, se grazie a tutto cid |’essere di un uomo soprav- vive, & soltanto come sostanza o specie e non come persona, identita concreta e unica. La sopravvivenza dell’unicita, dell’ipostasi di una persona non puod essere realizzata per mezzo di nessu- na proprieti della sostanza o della natura. Il tentativo della filosofia greca - e di alcune forme di cristiane- simo influenzate da essa - di fondare la sopravviven- za dell’essere umano su una concezione naturale o es- senziale, come l’immortalita dell’anima, non porta a una sopravvivenza personale. Se l’anima é immortale per natura, allora la sopravvivenza personale é neces- saria, e questo ci riconduce di nuovo all’ontologia gre- ca classica. Allora anche Dio é immortale per natura, cioé per necessita, e l’essere umano é essenzialmente ~ necessariamente - imparentato con Dio. Tutte que- ste considetazioni perfettamente naturali per |’uomo greco dell’antichita, incapace di concepire la dimen- sione personale, creano enormi problemi esistenziali se applicate alla persona. In effetti, un’immortalita ine- luttabile & inconcepibile per il Dio libero e costituisce una provocazione per la persona. Che cosa assicura allora I’assolutezza e l’unicita del- Videntita della persona, se la sostanza non pud farlo? 48 Lesistenzialismo cerca di rispondere a questa do- manda ontologizzando la morte, istituendo un legame indissolubile tra l’essere ¢ il non essere, l’esistenza e la morte. Non & questo il luogo in cui criticare tale on- tologia. Questa filosofia non manca di consequenzia- lita interna; infatti, come il pensiero greco antico, ri- fiuta ogni discussione su un’ontologia situata fuori da questo mondo. Se qualcuno non é conseguente, sono proprio i teologi che ammettono questa ontologia della motte, parlando nel contempo di Dio. Infatti Dio & laffermazione dell’essere come vita - “vita eterna” - e: “Non é il Dio dei morti, ma dei vivi” (Mt 22,32). E questo significa che la teologia, diversamente dal- la filosofia, propugna un’ontologia che supera l’aspet- to tragico della morte, senza accettarla ontologicamen- te in alcun modo. La morte é “ultimo nemico” del- Lesistenza (cf. 1Cor 15,26). La salvaguardia dell’identita personale di Dio & pos- sibile, non a causa della sua sostanza ma a causa della sua esistenza trinitaria. Se Dio Padre & immortale, é perché la sua identita paterna, unica e irripetibile, costantemente affermata dal Figlio e dallo Spirito che lo chiamano “Padre”. Se il Figlio é immortale, questo si deve principalmente non alla sua sostanza ma al fat- to che egli & il wzonoghenés, l’unigenito (sottolineiamo qui il concetto di “unicita”) e colui in cui il Padre si & compiaciuto®’, Similmente, lo Spirito é vivificante % Monoghenés nella letteratura giovannea non significa soltanto che il Padre genera il Figlio secondo una modalit unica, ma egualmente “colui che & amato in un modo unico” (S. Agourides, Hypdmnema eis tas A, B’ kai G’ Epistolas tort Apostélou Iodnnou, Panepistémio Athenén, Athinai 1973, p. 158). Proprio questa identificazione in Dio dell’ontologia con I’amore significa che l’eternitd ¢ !’im- mortalit3 non appartengono alla sua “natura” ma alla relazione personale creata dal Padre. 49 perché & comunione (cf. 2Cor 13,13). La vita di Dio é eterna perché é personale, perché si realizza come espressione di comunione libera, come amore. Nella persona vita e amore coincidono; se la persona non muore é solo perché ama ed é amata; al di fuori della comunione dell’amore la persona perde la sua unicita, diviene un essere simile agli altri’, una cosa senza no- me e senza identita assoluti, senza volto. Morte per la persona significa non amare e non essere amata, per- dere la sua unicita. Invece vita é la manifestazione del- Lunicita della sua ipostasi per mezzo dell’amore”®. La persona come ipostasi biologica La sopravvivenza eterna della persona come ipostasi libera, unica e irripetibile, in quanto amante e amata, costituisce la quintessenza della salvezza, la “buona notizia” per l’essere umano. Nel linguaggio dei padri questo si chiama deificazione, cioé partecipazione non alla natura o alla sostanza di Dio, ma alla sua esisten- za personale. Lo scopo della salvezza é che la vita per- ” Chi @ interessato a un’ontologia dell’amore pud leggere un libro profon- damente teologico nella sua semplicita: A. de Saint-Exupéry, Il piacolo principe, Bompiani, Milano 1981. * Il mistero della persona come principio e causa ontologica consiste nel fatto che I ‘amore pud rendere qualcosa unico, conferirgli un’identitd e un nome assol ti, Proprio per questo lespressione “vita eterna” significa che Ja persona pud it nalzare a dignitA e a vita personali anche degli oggetti inanimati, a condizione che €sst siano organicamente collocati all’interno di una relazione di amore, ad esem- pio la salvezza dell’intera creazione attraverso la sua ricapitolazione nella relazione di amore tra il Padre e il Figlio. La condanna alla morte eterna, invece, altro non & che il lasciare che la persona sia degradata a oggetto, nell’anonimato assoluto, € che ascolti su di sé il terribile: “Non vi conosco” (Mt 25,12), E esattamente a questo che Ia chiesa reagisce facendo memoria delle persone durante l’eucaristia. 50 sonale, realizzatasi in Dio nella Trinita, si realizzi an- che nell’esistenza umana. Di conseguenza, la salvezza si identifica con la realizzazione della persona nell’es- sere umano. Ma davvero non ci sarebbe persona sen- za la salvezza? Non basterebbe essere uomo per essere una persona? La teologia patristica considera la persona come “im- magine e somiglianza di Dio”. Essa non si accontenta di un’interpretazione della persona imperniata sull’uo- mo. Con questa presa di posizione essa considera l’es- sere umano in due modalita di esistenza: si potrebbe chiamare la prima “ipostasi dell’esistenza biologica” e la seconda “ipostasi dell’esistenza ecclesiale”. Una breve analisi e comparazione di queste due modalita di esistenza dell’essere umano spieghera il motivo per cui il concetto di “persona” é legato in maniera indis- solubile alla teologia e all’ecclesiologia. L’“ipostasi dell’esistenza biologica” & costituita al momento del concepimento e della nascita dell’uomo. Ogni uomo venendo al mondo porta la sua ipostasi che non é totalmente indipendente dall’amore: é il risulta- to della comunione di due esseri umani. L’amore, an- che solo come atto istintivo che non comporta lega- mi affettivi, é un mistero sconvolgente dell’esistenza; cela in sé una tendenza a un profondissimo evento di comunione, a un trascendimento estatico dell’indivi- dualita nella creazione. Ma la costituzione biologica dell’ipostasi dell’essere umano soffre radicalmente per due “passioni” che negano proprio cid verso cui ten- de V'ipostasi umana: la persona. La prima passione si potrebbe chiamare necessita ontologica. L’evento co- stitutivo dell’ipostasi & inevitabilmente collegato con Vistinto naturale, con un impulso predeterminato e in- 51 oo™~N controllabile da parte della liberta. Cosi la persona con- siderata come essere umano esiste non come liberta, ma come necessita. II risultato & che essa non pud af- fermare la sua ipostasi nell’assoluta liberta ontologica descritta sopra: se la persona tenta di innalzare la li- berta al livello della sua assolutezza ontologica, deve affrontare il dilemma dell’annichilimento”. La seconda passione & una conseguenza naturale del- la precedente. In una prima fase, si potrebbe chiamare passione dell’individualismo, della separazione (didsta- sis) dell’ ipostasi. Ma in ultima analisi essa si identifi- ca con ’ultima e pitt grande passione dell’essere uma- no, la disintegrazione (didspasis) dell’ipostasi, cioé con la morte. La struttura biologica dell’ipostasi umana, legata alla sua base con la necessita della sua natura, sfocia nel perpetuarsi di questa natura per mezzo della generazione di corpi, cioé di unita ipostatiche che af- fermano la propria identita come separazione dalle al- tre unita o ipostasi. Il corpo, che nasce come ipostasi biologica, agisce come la fortezza dell’“io”, come una nuova maschera che impedisce all’ipostasi di divenire una persona, cioé di affermarsi come amore e liberta. Il corpo tende alla persona, ma conduce in ultima ana- lisi all’individuo. Il risultato di questa situazione é il seguente: perché l’uomo affermi la sua ipostasi, non ha pit bisogno della relazione (ontologica, non sempli- cemente psicologica) con i suoi genitori; al contrario la rottura di questa relazione é la condizione preliminare della propria autoaffermazione. » CE. F. Dostoevskij, I demoni. L'adolescente che prendendo coscienza della propria libertd chiede ai suoi genitori: “Mi avete forse chiesto il permesso per far- mi nascere?”, pone inconsciamente il grande problema della necessiti ontologica inerente all’ipostasi biologica. 52 La morte é l’esito naturale dell’ipostasi biologica, la cessione di spazio e di tempo ad altre ipostasi indivi- duali, il coronamento dell’ipostasi come individualita. Simultaneamente essa é la pitt tragica autonegazione di questa ipostasi (dissoluzione e scomparsa del corpo e dell’individualita), infatti quest’ultima, cercando di affermarsi come tale, scopre che la sua natura I’ha con- dotta su una via illusoria che porta alla morte. Il fal- limento della natura, cos} come si esprime nell’identi- ta biologica dell’essere umano, svela simultaneamente due cose. 1) In senso contrario rispetto alla manifestazione del suo impulso biologico, per poter sopravvivere effetti- vamente l’ipostasi dovra esprimersi anche come “esta- si”, tuttavia simultaneamente e non a posteriori (dun- que non prima come essere e poi come persona). 2) Il fallimento dell’ipostasi biologica nel sopravvivere non & dovuto a una colpa acquisita di ordine morale (a una trasgressione), ma alla modalita stessa di costitu- zione dell’ipostasi, cioé all’atto del perpetuarsi della specie”, Tutto cid significa che l’essere umano come ipostasi biologica é per costituzione un ’identita tragi- ca: nasce grazie a un evento estatico, l’eros, ma tale “© Massimo il Confessore, seguendo Gregorio di Nissa, La creazione dell’vomo 16-18, PG 44,177-196, pone precisamente il problema dell’esistenza umana alla tadice quando considera la modalita biologica della procreazione come conseguen- za della caduta (cf. Problemi 42-42, pp. 454-496; Domanda a Talassio 6x, PG 90,636B). Coloto che attribuiscono questa tesi di Massimo a un pregiudizio mo- nastico e ascetico, ignorano che non si tratta di un pensatore ordinario. Massimo & senza dubbio una delle menti pit grandi e piti creative della storia e non elabore- rebbe un ragionamento, se questo non fosse integrato in modo organico nella glo- balit& del suo pensiero. La sua posizione qui si ispira a Matteo 22,30: I'“essere vero” dell’uomo risiede nella sua condizione escatologica. La vittoria sulla morte ¢ Ja sopravvivenza della persona sono inconcepibili senza un cambiamento della modalita costitutiva dell’ipostasi umana, senza un trascendimento dell’ipostasi biologica. Non si trata di manicheismo: le due ipostasi (biologica ed escatologica) non si escludono reciprocamente (cf. infra, p. 64, n. 55). 53 evento, per il suo mescolarsi a una necessita naturale, é privo di libert& ontologica. L’essere umano nasce co- me un evento ipostatico, come corpo, ma questo even- to é profondamente legato all’individualita e alla mor- te. Nello stesso atto erotico con cui tenta di divenire estatico, l’essere umano é riportato all’individualismo. Il suo corpo é lo strumento tragico che conduce alla comunione con gli altri facendo tendere loro Ia mano, creando il linguaggio, 1a parola, il discorso, l’arte, il bacio. Nel contempo, perd, & la maschera dell’ipocri- sia, la fortezza dell’individualismo, il veicolo della se- parazione finale: la motte. “Sono uno sventurato! Chi mi libererd da questo cor- po votato alla morte?” (Rm 7,24). Cid che rende tragi- ca l'ipostasi biologica non é tanto il fatto che a causa di questa !’essere umano non sia persona, quanto piutto- sto che tramite essa egli cerchi di divenirlo e non rag- giunga il suo scopo: il peccato & appunto questo scacco e solo la persona ne possiede il tragico privilegio. Di conseguenza, perché la salvezza sia possibile, per- ché ipostasi cessi di mancare il suo scopo, & necessa- tio che l’eros e il corpo come espressioni dell’estasi ¢ dell ipostasi della persona cessino di veicolare a mor- te. Percid due cose si rivelano indispensabili. 1) Evitare la distruzione dei due elementi costitutivi dell’ipostasi biologica, l’eros il corpo. Una fuga da essi priverebbe |’essere umano dei mezzi stessi con i quali si esprime sia come estasi che come ipostasi, cio® come persona*!, a Joloci fens , A fo oprieti oy aft Certe soteriologie che non si ispirano all’autentica teologia patristica creano il dilemma: o ipostasi senza estasi (una sorta di Pietismo individualistico) 0 estasi 54 2) Cambiare la modalita costitutiva dell’ipostasi, che vi sia cio8 non un cambiamento o un miglioramento morale, ma una nuova nascita dell’uomo. L’eros e il corpo, non vengono abbandonati, ma devono cambia- re la loro modaliti d’azione, adeguandosi al nuovo modo di esistenza dell’ipostasi. E con questo atto co- stitutivo dell’ipostasi umana rigettano cid che genera la sua tragica condizione nell’atto stesso in cui ali- mentano cid che plasma la persona come amore, li- bert& e vita. Appunto questo costituisce cid che chia- miamo “ipostasi dell’esistenza ecclesiale”. La persona come ipostasi ecclesiale L’“ipostasi dell’esistenza ecclesiale” si costituisce con la nuova nascita dell’uomo mediante il battesi- mo. II battesimo come rinascita é precisamente un at- to costitutivo dell’ipostasi. Come il concepimento ¢ la nascita dell’essere umano costituiscono la sua ipostasi biologica, cosi il battesimo conduce a una nuova mo- dalita di esistenza, a una rinascita (cf. 1Pt 1,3.23), edi conseguenza a una nuova ipostasi. Qual & il fondamen- to di questa nuova ipostasi? In che senso e in che mo- do l’essere umano & “ipostatizzato” dal battesimo? Abbiamo visto in cosa consista il problema fonda- mentale dell’ipostasi biologica dell’essere umano: |’e- nergia estatica che conduce alla nascita @ legata alla senza ipostasi (una forma di fuga dal corpo nel misticismo, come, ad ‘esempio, quello dei misteri greci). L'essenziale del problema soteriologico consiste nella sal- vaguardia della dimensione personale, sia estatica che ipostatica, liberata dalle “passioni” della necessit ontologica, dell’ individualismo ¢ della morte, 55 — “passione” della necessiti ontologica, alla precedenza ontologica della natura sulla persona. La natura detta le sue leggi, quelle dell’istinto, negando cost la liberta alla sua stessa base ontologica. Questa passione é stret- tamente legata alla condizione creaturale (ktis¢dtes), al fatto che l’essere umano come persona affronta, come si é gia visto, il “dato” dell’esistenza. Di conseguen- za & impossibile all’esistenza creata evitare la necessi- t4 ontologica al momento della costituzione di ipostasi biologiche: senza leggi naturali predeterminate, dun- que senza necessita ontologica, l’ipostasi biologica del- Vessere umano é impossibile. La persona come liber- ta ontologica assoluta necessita quindi, per evitare le conseguenze del personaggio tragico, una costituzione ipostatica senza necessita ontologica. Di conseguenza la sua ipostasi deve assolutamente radicarsi, costituirsi in una realta ontologica non toccata dalla condizione creaturale. Questo é il senso dell’espressione evangeli- ca “nascere dall’alto” (cf. Gv 3,3.7). E precisamente questa la possibilita che la cristologia patristica si inca- rica di proclamare, di annunciare all’essere umano. La cristologia, com’é stata alla fine elaborata dai pa- dri, ha di mira uno scopo semplicemente esistenziale: rassicurare l’essere umano sul fatto che la persona, in- tesa come persona vera, non come maschera o perso- naggio tragico, non é una ricerca mitica o nostalgica, ma una realtd storica. Gest Cristo rivendica il titolo di Salvatore non perché porti al mondo una bella rive- lazione o un insegnamento elevato sulla persona, ma perché porta alla storia la realta stessa della persona e ne costituisce il fondamento e l’ipostasi per ogni essere umano, Percid la teologia patristica considera i seguen- ti punti come indispensabili alla propria cristologia: 56 a) L'identificazione della persona di Cristo con l’ipo- stasi del Figlio nella Trinita. La lunga disputa con il nestorianesimo non era un esetcizio di teologia acca- demica, ma una lotta ardua intorno alla questione esi- stenziale: come pud essere Cristo il Salvatore dell’es- sere umano se la sua ipostasi é solo biologica? Se Cri- sto come persona esiste non liberamente ma secondo la necessita della natura, allora anch’egli alla fine, dun- que in maniera decisiva, non potra sfuggire alla condi- zione tragica della persona umana®. La nascita vergi- nale di Gest costituisce la risposta negativa a questa preoccupazione esistenziale della teologia patristica. La risposta positiva ¢ contenuta nel dogma di Calce- donia: la persona di Cristo @ una e si identifica con Vipostasi del Figlio nella Trinita. b) Lunione ipostatica in Cristo di due nature, divi- nae umana. E importante sottolineare su questo pun- to una differenza d’accento tra i padri greci e quelli occidentali. In occidente, come si pud constatare nel Tomus di papa Leone I*, il punto di partenza della cristologia si situa nel concetto di “nature” o “sostan- ze”, mentre per i padri greci, come ad esempio Cirillo di Alessandria, esso si trova nell’ipostasi, la persona. Questo pud sembrare di primo acchito un semplice ® Sottolineiamo l'espressione “alla fine”, poiché & di importanza capitale in cristologia, dove tutto viene giudicato a partire dalla resurrezione e non dall’incar- nazione, che non costituisce in se stessa una garanzia di salvezza. La vittoria sulla morte “alla fine” ci autotizza a credere che il vincitore della morte era Dio fin dagli inizi. Cost si 2 sviluppata la cristologia neotestamentaria: dalla resurrezione verso Pincarnazione e non il movimento inverso; Ia teologia patristica non ha mai perso di vista questo approccio escatologico della cristologia. Di conseguenza, di- cendo che Cristo & sfuggito alla necessit’ e alle “passioni” della natura, non pen- siamo che egli sia rimasto estraneo alle condizioni dell’esistenza biologica. Egli ha sofferto (épathe) la morte, “passione” (pdthos) dell’ipostasi biologica per eccellen- za, ma la sua resurrezione dai morti ha reso questa passione “senza ipostasi”; in- fatti lipostasi reale di Cristo appare non quella biologica ma quella escatologica 0 trinitaria, © CE. Leone I, Lettera a Flaviano, in Decisioni dei concili ecumenici, a cura di G. Alberigo, Urer, Torino 1978, pp. 151-161. 57 \ dettaglio. La sua importanza é perd enorme. Infatti mette in evidenza che sia per |’essere umano che per Dio il fondamento dell’ontologia & la persona. Cosi come Dio solo come persona é cid che é nella sua na- tura, “Dio perfetto”, anche !’essere umano in Cristo solo come persona, cioé come amore e liberti, é1’“uo- mo perfetto”. Di conseguenza l’uomo perfetto é solo colui che & veramente persona, cioé colui che esiste, che possiede una sua modalita di esistenza, che & co- stituito come essere proprio nella modalita secondo la quale anche Dio esiste come essere; questo é il signi- ficato di “unione ipostatica” nel linguaggio dell’esi- stenza umana. La cristologia & cosi la buona notizia annunciata al- Tessere umano: la natura umana pud essere assunta, ipostatizzata, indipendentemente dalla necessita on- tologica imposta dalla sua ipostasi biologica; quest’ul- tima, in fin dei conti, conduce solo all’individualita tragica e alla morte. Grazie a Cristo, anche l’essere umano pud ormai esistere, affermare la sua esistenza come persona, non fondandosi sulle leggi inviolabili della sua natura, ma su una relazione con Dio, che é identica a quella che Cristo come Figlio vive libera- mente e per amore con il Padre. L’adozione dell’esse- re umano da parte di Dio, l’identitd della sua ipostasi con quella del Figlio @ l’essenza del battesimo*. Abbiamo dunque qualificato come “ecclesiale” l’i- postasi conferita dal battesimo all’uomo. Infatti alla domanda: “In che modo questa nuova ipostasi umana, “La struttura del sactamento del battesimo era identica in origine a quella del battesimo di Gesti. Cid che il Padre dice del Figlio in presenza dello Spirito (“Questo @ if mio figlio amato [o unico] in cui mi sono compiaciuto”), al battesimo & detto anche del battezzato, il che spinge Paolo a riassumere il senso del battesi- mo nella frase: “Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abba, Padre” (Rm 8,15). 58 non biologica, si realizza nella storia?”, la risposta é: “Nella chiesa e per mezzo di essa”. Nell’antica lettera- tura patristica si & spesso paragonata la chiesa a una madre. Lo spirito di questo parallelismo va proprio in tale direzione: nella chiesa si prepara una nascita, poi- ché l’essere umano vi & generato come ipostasi, come persona. Questa nuova ipostasi dell’essere umano pos- siede tutte le caratteristiche fondamentali di cid che abbiamo chiamato “persona vera”, caratteristiche che oppongono !’ipostasi ecclesiale alla prima, quella bio- logica, In cosa consistono queste caratteristiche? La caratteristica fondamentale della chiesa é di met- tere l’essere umano in relazione con il mondo in una maniera non determinata dalle leggi biologiche. I cri- stiani dei primi secoli, che avevano una coscienza della realtd della chiesa chiara e limpida, hanno espresso il superamento delle relazioni create dall’ipostasi biolo- gica applicando alla chiesa il linguaggio usato in fami- glia (cf. Ef 5,32). Cosi, per la nuova ipostasi ecclesiale, “padre” non era il genitore naturale, ma “colui che & nei cieli” (cf. Mt 23,9 e passin); fratelli e sorelle erano i membri della chiesa e non quelli della famiglia. Que- sto non si traduceva in una coesistenza parallela dell’i- postasi ecclesiale e di quella biologica, ma in un supe- ramento della seconda attraverso la prima, come emer- ge dal rigore di alcune parole: ad esempio quelle che esigono l’abbandono, anzi l’odio dei parenti da parte dei cristiani*’, Questi passi non esprimono un sempli- ce rifiuto, ma sottintendono piuttosto una tesi: con il ® Cf, Le 14,26: “Se uno viene a me € non odia suo padre, sua madre, la mo- glie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita ...”, cioé tutta la rete di relazioni che costituisce lipostasi biologica. Cf. anche Mt 4,21-22; 10,35.375 19,295 23,8-9. 59 battesimo il cristiano @ posto di fronte al mondo ed esiste come relazione con esso, come persona, cioé li- bero da ogni relazione determinata dalla sua identita biologica. Questo vuol dire che pud ormai amare senza esservi obbligato dalle leggi biologiche - il che si verifi- ca inevitabilmente nell’amore dei familiari - e che egli é libero dalle leggi naturali. In questo modo I’essere umano come ipostasi ecclesiale dimostra che cid che va- le per Dio pud valere anche per sé: la natura non defini- sce la persona; é la persona a permettere alla natura di esistere; la liberta si identifica con l’essere dell’uomo. La liberta della persona di fronte alla natura, quella dell’ipostasi di fronte alla biologia, permettono all’es- sere umano di trascendere l’esclusivismo nella chiesa. In quanto ipostasi biologica, l’essere umano ama sem- pre escludendo qualcun altro: la famiglia viene prima degli estranei, lo sposo rivendica l’esclusivita dell’amo- re della sposa, cose perfettamente comprensibili e na- turali su questo piano. Invece amare qualcuno che non sia membro della propria famiglia pid dei propri geni- tori equivale per l’essere umano a trascendere l’esclusi- vismo proprio dell’ipostasi biologica. La possibilita di amare senza esclusivismo da parte della persona é tipi- ca dell’ipostasi ecclesiale, e non per conformita a un comandamento morale (“Amerai il prossimo tuo...”), ma in virtt della costituzione ipostatica, per il fatto che la sua nuova nascita nel seno della chiesa ha reso Ja persona membro di una rete di relazioni che trascen- de ogni esclusivismo*’. Questo significa che l’essere “6 La chiesa mostra in tal modo che la salvezza non corrisponde a un perfezio- namento morale, a un miglioramento della natura, ma a una nuova ipostasi della natura, a una nuova creazione, e che questa nuova ipostasi non & qualcosa di teo- rico, ma @ un’esperienza storica, ¢ tuttavia non permanente. 60 umano non pud esprimersi come persona “cattolica” che all’interno della chiesa. La cattolicita, in quanto caratteristica della chiesa, permette alla persona di di- venire ipostasi senza scadere in individuo; infatti nella chiesa si verificano simultaneamente due eventi: da un lato il mondo é offerto all’essere umano non come giu- stapposizione di parti che si escludono a vicenda e che devono essere composte a posteriori, ma al contrario, come un tutto, manifestato globalmente e indivisibil- mente in ciascun essere concreto; dall’altro lo stesso essere umano, grazie alla modalitA cattolica della sua esistenza e alla sua relazione con il mondo, vi esprime e realizza una presenza cattolica, un’ipostasi che non & un individuo ma una persona autentica. La chiesa di- viene cosi Cristo stesso nell’esistenza dell’essere uma- no. E d’altro canto, ciascuno dei suoi membri diviene Cristo* e chiesa“®, In questo modo l’ipostasi ecclesiale all’interno della storia attesta che l’essere umano pud sottrarsi alla tendenza a veicolare l’individualismo, la separazione e la morte. L’ipostasi ecclesiale & la fede dell’essere umano nella possibilita di divenire una per- sona e la sua speranza che lo diverra realmente: in al- tre parole, la fede e la speranza nell’immortalita del- Pessere umano come persona, come amore ¢ liberta. Quest’ultima affermazione ci conduce a un punto molto importante che dobbiamo affrontare immedia- tamente; secondo quanto é stato esposto sinora, sem- bra rimasta inevasa una domanda: che ne é dell’iposta- Per i padsi ciascun battezzato & “Cristo”. . *®CE, Massimo il Confessore, Mistagogia 4, in Id., La mistagogia e altri scritti, a cura di R. Cantarella, Testi cristiani, Firenze x931, pp. 142-145: egli applica la cattolicith della chiesa alla struttura esistenziale del credente. 61 \ si biologica quando si realizza l’ipostasi ecclesiale? In- fatti, ’esperienza ci insegna che malgrado I’esistenza del battesimo e dell’ipostasi ecclesiale l’essere umano nasce e muore secondo l’ipostasi biologica. Quale tipo di esperienza della persona autentica ci offre l’ipostasi ecclesiale? Per rispondere a questa domanda abbiamo davvero bisogno di una categoria ontologica nuova. E questo non per negate, certo, la distinzione tra iposta- si biologica e ipostasi ecclesiale, ma per esprimere la loro relazione. In effetti, l’incontro tra queste due ipo- stasi crea una relazione paradossale nell’esistenza uma- na: l’essere umano in quanto ipostasi ecclesiale appa- re non come egli 2, ma come sara; l’ipostasi ecclesiale & legata all’escatologia, dunque al compimento finale dell’esistenza umana. Una tale considerazione teleologica della persona umana non dovrebbe essere interpretata ricorrendo al- Pentelécheia aristotelica, cio’ a una capacit’ che ineri- sce alla natura umana e le permette di migliorarsi e per- fezionarsi rispetto al suo stato attuale”. Come emerge da questo studio, si esclude ogni possibiliti per la per- sona di essere considerata come espressione 0 conse- guenza della sostanza o della natura dell’essere umano (e anche di Dio in quanto Natura). Pertanto l’ipostasi ecclesiale, la persona autentica non deriva da un’evo- luzione biologica o storica®® del genere umano. La condizione alla quale approdano I’attesa ¢ la spe- ranza dell’identita ecclesiale, di questa ipostasi para- dossale le cui radici si situano nell’avvenire e i rami * Le opinioni di Pierre Teilhard de Chardin sull’essere umano non hanno nul- la a che vedere con la teologia patristica. % In questo risiede Ja distinzione fondamentale fra il cristianesimo e il mar- xismo. 62 nel presente*!, potrebbe essere espressa per mezzo di un’altra categoria ontologica che chiametei qui iposta- si sacramentale o eucaristica. Tutto quello che ho scritto in precedenza, descri- vendo l’ipostasi ecclesiale come qualcosa di differente dall’ipostasi biologica, si riferisce sia a livello storico che a livello empirico all’eucaristia. Essa infatti per- mette di sperimentare il superamento della necessita ontologica e dell’esclusivismo che ’ipostasi biologica comporta. Compresa nel suo senso corretto e primario — non com’é stata spesso considerata anche nell’orto- dossia sotto l’influenza della scolastica occidentale - Peucaristia & prima di tutto una riunione (synaxis)”?: una comunita, una rete relazionale al cui interno l’es- sere umano esiste non solo biologicamente, ma anche come membro di un corpo che trascende ogni esclusi- vismo biologico o sociale. L’eucaristia é il solo spazio storico dell’esistenza umana in cui i termini padre, fra- telli, e via dicendo perdono il loro esclusivismo biolo- gico e manifestano, come abbiamo visto, delle relazio- ni di amore libero e universale™. + Eb rz,x impiega il termine bypdstasis nel senso che stiamo cercando di espri- mere: un’ontologia le cui radici affondano nell’avvenire, nell'escatologia. > Tl termine ekklesia nell’uso del cristianesimo primitivo non @ estraneo | alla comuniti eucaristica. Per le fonti, cf, il mio libro Lleucharistie, 'évéque et léglise durant les trois premiers sidcles, Desclée de Brouwer, Paris 1994, PP. 49-72 33 significativo trovare nel Padre nostro, che sembra sia stato sin dalle origini una preghiera eucaristica, l’espressione “Padre nostro che sei nei cieli” in opposi- zione senza dubbio alla relazione con il padre terreno di ciascun fedele. Inoltre, anche la storia dell’uso del termine “padre” per i ministri & significativa: all’inizio indica soltanto il vescovo, poiché lui solo siede “al posto di Dio” (Ignazio di An- tiochia) e offre Peucaristia; in seguito designa anche il presbitero quando, con la creazione delle parrocchie, assume il ministero della presidenza della comunita eucaristica. Per quel che riguarda Ja cattolicita della comunit’ eucar' ioe il superamento delle divisioni naturali e sociali, sottolineiamo I’antica ¢ rigida di- sposizione canonica che ordina di celebrare soltanto un’eucaristia lo stesso giorno e sul medesimo altare (oggi vi si deroga “con intelligenza” aggiungendo un altro 63 foo™N Nell’eucaristia la teologia patristica ha visto la rea- lizzazione storica del principio filosofico che regge il concetto di “persona”, il fatto cioé che l’ipostasi espri- me la totalita della natura e non solo una parte. Qui Cristo & “spezzato ma non diviso”™; ciascun parteci- pante diviene il Cristo totale e la chiesa totale. Cosi Videntita ecclesiale nella sua realizzazione storica é eu- caristica. Questo spiega il motivo per cui la chiesa ha inserito nell’eucaristia ciascuno dei suoi atti con i qua- li l’essere umano trascende la sua ipostasi biologica e diventa realmente persona: parlo dei sacramenti. I sa- cramenti senza legame con |’eucaristia sono solo bene- dizione e conferma della natura come ipostasi biologi- ca. Uniti invece all’eucaristia divengono superamento, escatologizzazione di quell’ipostasi biologica™. Ed é proprio tale carattere escatologico dell’eucari- stia ad aiutarci a descrivere la relazione tra l’ipostasi ecclesiale e l’ipostasi biologica. L’eucaristia non é sol- tanto una riunione nello stesso luogo (epi t autd), cio& altare ¢ impiegando un altro celebrante nella stessa chiesa ¢ nello stesso giorno). Lo scopo di questa disposizione era di garantire la partecipazione di tutti i fedeli di uno stesso Juogo a una sola comunita eucaristica. Si tralascia qui l’altra abit dine recente di celebrare l’eucaristia solo per alcune categorie di fedeli (social studenti, intellettuali; naturali: bambini; religiose: membri di associazioni 0 mo- vimenti), Assistiamo cosi all’instaurarsi di una tendenza eretica in piena ortodos- sia e a una negazione della cattolicita della comunita eucaristica. * Divina liturgia di san Giovanni Crisostomo, in Liturgia eucaristica bizantina, a cura di M. B. Artioli, Gribaudi, Torino 1988, p. 110. % Tutti i sacramenti erano un tempo inseriti nell’eucaristia. Cf. P. Tremblas, “He thefa eucharistfa kata ttn synérthrosin autés pros t& Alla mystéria kal myste- rioeidets teletds”, in Eucharistérion. Témos pros timén H. Alivisatos, a cura di K. I. Merentitls, Apostolikt Diakonfa tés ekklesfas tes Hellddos, Athinai 1958, pp. 467-472. Il significato teologico di questo fatto liturgico @ capitale. Sarebbe un. errore considerate il matrimonio come una semplice conferma e benedizione di un evento biologico. Legato all’eucaristia, questo trascendimento escatologico del- V'ipostasi biologica nel matrimonio & suggerito anche dal rito dell’incoronazione degli sposi. Quando perd la celebrazione del matrimonio é separata dall’eucari- stia, questo significato del rito va perso, 64 la realizzazione e manifestazione storica dell’esistenza escatologica dell’essere umano; essa é simultaneamente movimento, cammino verso questa realizzazione. Riu- nione e movimento sono le due categorie eucaristiche fondamentali, anche se nell’insegnamento dogmatico moderno, anche ortodosso, purtroppo sono passate in secondo piano. Malgrado cid esse rimangono sempre le colonne della teologia eucaristica dei padri*’. Sono esse in realtd a farne una liturgia. Questo andamento liturgico e dinamico dell’eucaristia, questo orientamen- to escatologico, dimostra che nella sua qualita eucari- stica l'ipostasi ecclesiale non & di questo mondo; essa non appartiene semplicemente alla storia, ma molto di pid al suo superamento escatologico. L’ipostasi eccle- siale rivela l’essere umano in quanto persona radicata nell’avvenire, e ispirata dall’avvenire da cui essa trae la sua sostanza. La verita e l’ontologia della persona ap- partengono all’avvenire, sono delle immagini dell’av- venire?’, Che cosa significa esattamente per l’esisten- za umana questa hypdstasis, descritta da Ebrei 11,1 co- me “fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”? Questa situazione non ci riporta alla condizione tragica della persona? Certamente questo tratto escatologico dell’ipostasi ecclesiale implica una forma di dialettica, quella del % Nella Mistagogia di Massimo il Confessore l’eucaristia & conosciuta come movimento, come cammino verso il compimento (pémas). Questa dimensione del- Peucaristia, alla fine dell’epoca bizantina, & ancora presente in forma ridotta nelle interpretazioni della liturgia, mentre scompare completamente nei moderni ma- nuali di dogmatica. 3 Massimo il Confessore riassume filosoficamente l’autentica ontologia patri- stica (si potrebbe anche dire “biblica”) identificando la verita degli esseti con l’av- venire, con gli éschata: “Ombra sono le realt& dell’Antico Testamento; immagine quelle del Nuovo; verita la condizione delle realta future” (Scholia sulla gerarchia ecclesiastica NI1,3,2, PG 4,137D). 65 “gia e non ancora”, d’altronde abbondantemente pre- sente nell’eucaristia®®; essa conduce l’essere umano, in quanto persona, a percepire sempre che la sua patria vera non é questo mondo. Questo si manifesta con il suo rifiuto di situare la sicurezza, l’ipostasi della perso- na all’interno di questo mondo, nei beni o nei valori di questo mondo”, L’ipostasi ecclesiale, come trascendi- mento dell’ipostasi biologica, attinge il suo essere nel- Pessere di Dio e in quello che sara essa stessa alla fine (negli éschata). E proprio questo a rendere ascetica® Vipostasi ecclesiale. Il carattere ascetico dell’ipostasi ecclesiale non & do- vuto al rifiuto del mondo o della natura biologica*t dell’esistenza. E il rifiuto dell’ipostasi biologica. Esso % Questo, ad esempio, si trova gia nell’Apocalisse di Giovanni: non vi é nulla di pid certo della presenza del Signore nell’eucaristia, e tuttavia il grido: “Vieni Signore Gesix”, e l'affermazione: “Si, verrd presto” (Ap 22,17.20), proiettano nel- Vattesa colui che @ gid presente, o meglio lo rendono presente proprio in quanto atteso. Cf, Didaché 9-r0, in Padri apostolici, Agli inizi della chiesa, Qigajon, Bose 1999 (Testi dei padri della chiesa 40), pp. 21-23. » Si comprende allora meglio la ragione per cui “I’attaccamento al denaro @ la tadice di tutti i mali” (Tm 6,10) ¢ la ricchezza esclude dal regno dei cieli (cf. Le 6,24). Non si tratta di una colpa morale, ma del fatto che in questo modo si col- Joca l’ipostasi dell’essere, la sua sicurezza, in questo mondo, nella sostanza ¢ non nella persona. E forse una coincidenza che il termine ousia abbia finito per signi- ficare gia molto presto “proprieta, fortuna” (cf. Le 15,12)? © Il significato dell’ascesi consiste in questo: meno si fonda la propria ipostasi sulla natura, sulla sostanza, pid ci si ipostatizza come persona. Cosi l’ascesi non nega la natura, ma [a libera dalla necessita ontologica dovuta all’ipostasi biologica e le permette di essere veramente. E ovvio che questo non pud bastare al supera- mento dell’ipostasi biologica: Ia natura deve ancora ipostatizzarsi nella comunita eucaristica. Le soteriologie non cristiane possono anche fondarsi su un’ascesi che superi l'ipostasi biologica. Solo la chiesa, perd, pud procurare la componente po- sitiva di questo superamento, cos! come lo abbiamo descritto sopra, riferendolo all'eucaristia. Se ci si colloca dal punto di vista della fenomenologia storica delle religioni va detto questo: bisognerebbe finalmente capire che solo l’eucaristia in- tesa nel suo significato corretto costituisce la differenza specifica del cristianesi- mo. Senza la dimensione ascetica la persona inconcepibile, l’ambito della mani- festazione finale della persona non & perd il monastero, ma l’eucaristia. * Tl Jégos phfseos non ha bisogno di essere trasformato, il trépos physeos invece si (cf. Massimo il Confessore, Problemi 42, pp. 465-496). 66 ammette una natura biologica, ma vuole ipostatizzarla secondo una modaliti non-biologica, per permetterle di essere veramente, per darle una vera ontologia, cioé la vita eterna. Per questa ragione, come si é gia detto, leros e il corpo non devono essere abbandonati, ma ipostatizzati secondo la modalita di esistenza dell’ipo- stasi ecclesiale. Il carattere ascetico della persona deri- va dalla forma eucaristica dell’ipostasi ecclesiale. Esso, perd, esprime la persona vera proprio nel non negate né eros né il corpo, ma nell’ipostatizzarli ecclesial- mente. Il significato pratico di tutto cid é il seguente: eros & un movimento estatico della persona umana che attinge la sua ipostasi nell’avvenire, come accade nell’eucaristia (o in Dio attraverso !’eucaristia, come si manifesta nella Trinita). L’eros libera allora da ogni necessita ontologica e non conduce pit all’esclusivi- smo dettato dalla natura; diviene un movimento di li- bero amore di portata universale, che pud essere cen- trato su una sola persona, che ricapitola la totalita della natura. Pure, in essa egli discerne l’ipostasi grazie alla quale tutto e tutti (la creazione ¢ le creature) sono ama- ti attraverso questa persona e ipostatizzati in rapporto a essa®, Quanto al corpo, come espressione ipostati- ca della persona umana esso si libera dell’individuali- smo e dell’egocentrismo, ed esprime la comunione per eccellenza: corpo di Cristo, corpo della chiesa, corpo dell’eucaristia. E provato cosi dall’esperienza che di per sé il corpo non é un concetto negativo ed esclusi- ® Hl contenuto esistenziale pit importante della cristologia patristica consiste nella possibilita per I’essere umano di amare tutto ¢ tutti (la creazione ¢ Je creatu- te) in una medesima persona. Questo & proprio di Dio: in effetti Dio, in quanto Padre, ipostatizzando ¢ amando il Figlio unico (monoghenés), pud nella persona di questi amare e ipostatizzare tutta la creazione. 67 vo, ma al contrario inerente all’amore e alla comunio- ne. Attraverso la sua ipostasi, il corpo trascende non soltanto l’individualismo e la sua separazione dagli al- tri esseri, ma anche la propria disintegrazione, cioé la morte. In quanto corpo di comunione, é liberato dalle leggi della sua natura biologica, dunque dell’indivi- dualismo e dell’esclusivismo: perché dovrebbe esserlo, in fin dei conti, anche dalla morte che non é che I’altra faccia della medaglia? L’esistenza ecclesiale dell’ essere umano, il fatto che sia ipostatizzato secondo la moda- lita eucaristica, costituisce cosi una garanzia, una ca- parra della vittoria finale dell’essere umano sulla mor- te. E questa sara la vittoria non della natura, ma della persona; in altre parole, la vittoria dell’essere umano non nella sua autosufficienza, ma nell’unione ipostati- ca con Dio, e in definitiva la vittoria di Cristo, che & Uomo della cristologia patristica. Proprio su questo punto l’ipostasi eucaristica diffe- risce dalla persona tragica dell’umanesimo: pur viven- do intensamente e assolutamente la condizione tragica della sua ipostasi biologica — fonte della sua ascesi® ~ essa non attinge il proprio essere da cid che @ ora, ma affonda ontologicamente le sue radici nell’avvenire, che ha come garanzia e caparra la resurrezione di Cristo. Ogni volta che l’uomo gusta nell’eucaristia l’esperien- za di questa ipostasi, & confermato in tale certezza: al- la fine la persona ipostatizzata dall’amote liberato dal- la necessita e dall’esclusivismo biologici non morira. © A questo si devono le somiglianze di principio tra la concezione dell’essere umano dei padri neptici e quella dell’esistenzialismo contemporaneo. I padri nep- tici, perd, non attingono il concetto di “persona” dalla realt’ dell’esistenza biolo- gica, essi, infatti, ne conoscono anche il superamento escatologico. 68 Quando mantiene viva la memoria di coloro che ci so- no cari - morti e vivi -, la comunione eucaristica non coltiva un ricordo psicologico. Essa compie un atto ontologico affermando che alla fine la persona trascen- deri la natura com’é stato all’inizio per il Dio creato- re. La fede biblica nella creazione ex nibilo si incon- tra cos? con la fede ellenistica nell’ontologia per offri- re all’esistenza e al pensiero umani il bene pitt caro € pit prezioso: il concetto di “persona”. Questo ¢ niente meno di questo é cid che il mondo deve alla teologia patristica greca. 69

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