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DELITTI CONTRO PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Sono delitti contro la pubblica Amministrazione tutti quelli che


colpiscono l’attività funzionale dello Stato, siano essi provocati da soggetti che svolgono mansioni
pubbliche o da privati cittadini.

L. 86/1990 ha modificato art.357 c.p. (“Agli effetti della legge penale, sono pubblici
ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o
amministrativa”) e art.358 c.p. («Agli effetti della legge penale, sono incaricati di
pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio»). Oggi,
dalla norma in oggetto possiamo evincere che il servizio pubblico è disciplinato da norme
di diritto pubblico e da atti autoritativi, manca dei tre poteri tipici della pubblica funzione
(deliberativo, autoritativo, certificativo) e non può reggersi sullo svolgimento o la
prestazione di mansioni meramente materiali. Problematiche se l’incaricato di pubblico
servizio se soggetto legato (incaricato di pubblico impiego) o estraneo alla pubblica
Amministrazione. L’art. 359 c.p. distingue due diverse categorie di persone esercenti un
servizio di pubblica necessità, la norma statuisce: 1) i privati che esercitano professioni
legali o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una
speciale abilitazione dello Stato 2) i privati che adempiono un servizio dichiarato di
pubblica necessità mediante un atto della pubblica Amministrazione.

ARTICOLI (hanno influito la l.86/1990 e la l.190/2012 In particolare, sul versante della


prevenzione il provvedimento:

detta norme sull'Autorità e sul piano nazionale anticorruzione; conferisce deleghe al


Governo in materia di trasparenza amministrativa, incompatibilità degli incarichi
dirigenziali, incandidabilità conseguente a sentenze definitive di condanna; interviene sul
collocamento fuori ruolo dei magistrati. Sul versante repressivo il ddl prevede alcune
modifiche al codice penale: aumenta il minimo sanzionatorio della reclusione per il reato
di peculato; ridefinisce il reato di concussione, introducendo la fattispecie di concussione
per induzione e limitando la concussione per costrizione al solo pubblico ufficiale; distingue
la corruzione propria, relativa al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, dalla
corruzione impropria; punisce la corruzione tra privati con la reclusione da uno a tre anni;
introduce la nuova fattispecie delittuosa del traffico di influenze illecite, prevedendo una
pena da uno a tre anni di reclusione.
314 (Peculato)
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o
servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne
appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
(Peculato d’uso) Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha
agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata
immediatamente restituita.

Il dolo del reato di peculato è generico, consistendo nella coscienza e volontà dell’appropriazione.
Nel peculato d’uso è, invece, specifico in quanto si richiede che il soggetto si appropri della cosa
allo scopo di farne un uso momentaneo.

316 (Peculato mediante profitto dell’errore altrui)


Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del
servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro
od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

È dovere del pubblico funzionario non accettare cose che gli siano consegnate per errore e
restituirle subito dopo essersi accorto dell’errore stesso, se le ha ricevute in buona fede.
La violazione di questo obbligo costituisce l’essenza del reato.

316 – bis (Malversazione a danno dello Stato)


Chiunque, estraneo alla pubblica Amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico
o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette
alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle
predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Con questo reato si è inteso tutelare l’interesse dello Stato e degli enti pubblici minori a far sì che
gli interventi economici di sostegno ad opere o attività di pubblico interesse non siano messi nel
nulla o indeboliti dall’inerzia dei beneficiari (buon andamento dell’ente erogatore. Con la formula
contributi, sovvenzioni o finanziamenti si è voluta intendere ogni forma di intervento economico,
così che devono ritenersi compresi nella sfera di azione della norma anche i mutui agevolati cui
accenna l’articolo 640 bis. La condotta si sostanzia nella mancata destinazione dei benefici
economici ottenuti. Trattandosi di comportamenti omissivi. L’art. 640 bis guarda al momento
dell’acquisto delle erogazioni e il delitto in esame al mancato
adempimento del vincolo di destinazione.

316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato)


Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la
presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante
l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti,
mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo
Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la
sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale
sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

È una figura sussidiaria di reato, in quanto sussiste solo se il fatto non costituisca il diverso reato di
cui all’art. 640 bis c.p. È indebito il beneficio che senza l’utilizzazione o la presentazione del falso
documento o dichiarazione non si sarebbe ottenuto.
640 (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche)
La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640
riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque
denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

317 (Concussione)
Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualita' o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a
promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilita' e' punito con la reclusione da sei a
dodici anni.

Lo scopo dell’incriminazione è duplice: da un lato tutelare l’interesse dell’Amministrazione alla


imparzialità, correttezza e buona reputazione dei pubblici funzionari; dall’altro, impedire che gli
estranei subiscano delle sopraffazioni e, in generale, danni per gli abusi di potere dei funzionari
medesimi.

Anzitutto si esige che l’agente abusi della sua qualità o dei suoi poteri. Si ha abuso dei poteri tutte
le volte che questi sono esercitati fuori dei casi stabiliti dalla legge, dai regolamenti e dalle
istruzioni di servizio o senza le forme prescritte. L’abuso delle qualità ricorre quando gli atti
compiuti dal soggetto non rientrano nella sfera della sua competenza funzionale o territoriale.
Concussione esplicita (costringimento) e concussione implicita (induzione).

La concussione può essere realizzata anche mediante omissione (inerzia) e persino col silenzio. Il
costringimento o l’induzione deve avere per effetto una dazione o una promessa indebita. Nel
concetto di dazione, per ovvie ragioni, rientra anche la ritenzione, come nel caso del pubblico
ufficiale che, abusando della sua qualità si faccia regalare da un privato un oggetto che gli era
stato consegnato semplicemente in visione o in prova.
La promessa è l’impegno di eseguire una prestazione futura. Oggetto della dazione o promessa
può essere tanto il denaro quanto altra utilità.

318 (Corruzione per l’esercizio della funzione)


Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri (corruzione impropria),
indebitamente riceve, per se' o per un terzo, denaro o altra utilita' o ne accetta la promessa
(corruzione antecedente) e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio)


Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio,
ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio (corruzione propria),
riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa (corruzione antecedente),
è punito con la reclusione da quattro a otto anni.

319-bis (Circostanze aggravanti)


La pena è aumentata se il fatto di cui all'articolo 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi
o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il
pubblico ufficiale appartiene nonche' il pagamento o il rimborso di tributi.

319 –ter (Corruzione in atti giudiziari)


Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un
processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da quattro a dieci. (2)
Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è
della reclusione da cinque a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a
cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.

319-quater (Induzione indebita a dare o promettere utilita')


Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che,
abusando della sua qualita' o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o
a un terzo, denaro o altra utilita' e' punito con la reclusione da tre a otto anni.
Nei casi previsti dal primo comma, chi da' o promette denaro o altra utilita' e' punito con la reclusione
fino a tre anni.

320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)


Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo

321 (Pene per il corruttore)


Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319-bis, nell'articolo
319-ter e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a
chi dà o promette al pubblico ufficiale (357) o all'incaricato di un pubblico servizio (358) il denaro od
altra utilità.

La corruzione consiste in un accordo tra un pubblico funzionario e un privato, in forza del


quale il
primo accetta dal secondo, per un atto relativo all’esercizio delle sue attribuzioni, un
compenso che
non gli è dovuto. Lo Stato lo vieta, assoggettando a pena ambedue le parti del reato. La
dottrina prevalente ravvisa nel fatto due reati distinti: l’uno commesso dal funzionario e
l’altro commesso dal privato. Il primo viene denominato corruzione passiva e il secondo
corruzione attiva.

La corruzione in ambito penale è solita distinguersi in propria (ha per oggetto un atto
contrario ai
doveri d’ufficio e dunque del tutto illegale) e impropria (ha per oggetto un regolare atto
d’ufficio), antecedente (il mercimonio si riferisce ad un atto futuro del funzionario) e
susseguente (il
mercimonio riguarda un atto già compiuto).

Il privato (corruttore) non è punibile nella corruzione impropria susseguente, e cioè


allorché dà o promette al funzionario denaro o altra utilità per un atto d’ufficio che è già
stato compiuto. E’ sempre punito invece nella corruzione propria.

DIFFERENZA CON LA CONCUSSIONE -> La dottrina e la giurisprudenza hanno


individuato l’essenza della corruzione nel libero accordo tra il pubblico funzionario e il
privato, i quali pongono in essere un vero e proprio pactum sceleris. Quindi la corruzione è
caratterizzata da una posizione di parità tra le parti, mentre la concussione è
contraddistinta dalla superiorità del funzionario, alla quale corrisponde di regola nel privato
una situazione di metus (paura).

322 (Istigazione alla corruzione)


Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale (357) o ad un
incaricato di un pubblico servizio (358), per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri,
soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma
dell'articolo 318, ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico
ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio (358) ad omettere o a ritardare un atto del suo
ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la
promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo. La pena di cui
al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita
una promessa o dazione di denaro o altra utilita' per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale (357) o all'incaricato di un pubblico
servizio (358) che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato
per le finalità indicate dall'articolo 319.
-Istigazione/sollecitazione alla corruzione impropria: stessa pena art.318, ridotta di un terzo
-Istigazione/sollecitazione alla corruzione propria: stessa pena art.319, ridotta di un terzo

323 (Abuso d’ufficio)


Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale (357) o l'incaricato di pubblico
servizio (358) che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di
regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto o negli altri casi prescritti (145, 223), intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto
vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a
quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante
gravità.

L'attuale formulazione sancisce la responsabilità penale per "il pubblico ufficiale che
intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri
un danno ingiusto”. Si limita la condotta di abuso alla sola violazione di norme o alla omessa
astensione nei casi prescritti. Il reato è ora costruito come un reato di evento (non di mera
condotta) che si consuma soltanto in presenza della realizzazione del risultato perseguito
(se il funzionario non ha violato una espressa e specifica previsione normativa, incluso
l'obbligo di astensione, non può configurarsi il reato).

328 (Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione)


Il pubblico ufficiale (357) o l'incaricato di un pubblico servizio (358), che indebitamente rifiuta un atto del
suo ufficio (336, 388) che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di
igiene e sanità (atti qualificati), deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei
mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico
servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio
(atti non qualificati) e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad
un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il
termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

Il rifiuto di atti d’ufficio è un reato di pericolo. Ne consegue che per la sua configurabilità si
prescinde dalle conseguenza del rifiuto, essendo sufficiente il diniego di un atto non
ritardabile in base ad esigenze rilevanti per l’ordinamento e da questo tutelate.

Si precisa poi espressamente che tale richiesta deve essere redatta in forma scritta e il
termine di trenta giorni (per gli atti non qualificati) decorre dalla ricezione della richiesta
stessa. L’omissione sarà punita se: 1)Richiesta in forma scritta dall’interessato 2)Decorsi
30 giorni dalla ricezione della richiesta 3)Totale inerzia dell’amministrazione, incluse
ragioni del ritardo. Si è inoltre posto il problema se nella nozione del rifiuto possa rientrare
anche il c.d. silenzio rifiuto. Alla luce dei principi di legalità e determinatezza della
fattispecie penale, dottrina e giurisprudenza ritengono che ai fini della punibilità è richiesto
un vero e proprio rifiuto, da parte del funzionario, magari anche tacito ma, comunque,
configurabile come vero e proprio rifiuto.

REATI SOGGETTI PRIVATI VS. PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

L’elemento che differenzia tali delitti da quelli previsti nel capo precedente è dato dal fatto che in
essi l’offesa agli interessi della pubblica amministrazione non proviene dall’interno
dell’amministrazione stessa, bensì dall’esterno. Dall’art. 4 del Dlgs Lgt n. 288 del 1944 “non si
applicano le disposizioni degli artt. 336, 337, 338, 339, 342 e 343 del codice penale quando il
pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato
causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue
attribuzioni”. La dottrina prevalente ritiene che la norma in esame abbia natura giuridica di una vera
e propria causa di giustificazione, la quale esclude l’antigiuridicità del fatto commesso, sempre che
la reazione sia proporzionata. Secondo la giurisprudenza della Cassazione, invece, la figura in
esame avrebbe la natura giuridica di una esimente, cioè di una causa che esime dall’applicazione
della pena in un caso concreto, senza peraltro intaccare gli estremi dell’antigiuridicità del fatto.

337 (Resistenza a un pubblico ufficiale)


Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale (357), o ad un incaricato di un
pubblico servizio (358), mentre compie un atto d'ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli
prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni

Non integra né violenza né minaccia la c.d. resistenza meramente passiva (buttarsi a terra, rifiutarsi
di obbedire) e, quindi, essa non integra il delitto in esame, neppure nel caso in cui il funzionario sia
costretto ad usare la forza per vincerla.

341 bis (Oltraggio a pubblico ufficiale)


Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il
prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue
funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni. La pena è aumentata se l’offesa consiste
nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il
fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile.
Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso
sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato
è estinto.

E’ stato reintrodotto dalla L. 15 luglio 2009 n. 94, facendo seguito all’abrogazione


dell’art. 341 c.p. La nuova formulazione riprende la disposizione dell'abrogato art.
341 c.p., ma contiene notevoli elementi di differenziazione. Gli elementi costitutivi
del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale sono: l'offesa recata all'onore ed al
prestigio del pubblico ufficiale; il compimento della condotta nel momento in cui il
pubblico ufficiale sta ponendo in essere un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio
delle sue funzioni; la presenza di più persone; il fatto che l’azione criminosa si
svolga in un luogo pubblico o aperto al pubblico. La nuova norma richiede che i due
elementi dell’onore e del prestigio siano lesi congiuntamente e non più
alternativamente. Nel nuovo 341-bis si prescinde dalla presenza dell’offeso,
richiedendo comunque la presenza di più persone. L’unica aggravante speciale è
quella in cui al soggetto passivo venga attribuito un fatto determinato. Impunità
dell’agente se si prova la verità del fatto o se l’ufficiale risulta già condannato. Il
reato si estingue se l’imputato prima del giudizio ripara il danno tramite
risarcimento.

346 (Millantato credito)


Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale (357), o presso un pubblico impiegato che
presti un pubblico servizio (358), riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità,
come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la reclusione
da uno a cinque anni e con la multa da euro 309 a euro 2.065. La pena è della reclusione da due a sei
anni e della multa da euro 516 a euro 3.098, se il colpevole riceve o fa dare o promettere a sé o ad altri,
denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato o di
doverlo remunerare (382).

Millantare un credito significa vantare una particolare influenza presso un pubblico ufficiale o
presso un pubblico impiegato il quale presti un pubblico servizio. Il fatto materiale consiste
nell’ottener, per effetto della millanteria, la dazione o la promessa, per sé o per altri, di danaro o
altra utilità come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale.

360 (Cessazione della qualità di pubblico ufficiale)


Quando la legge considera la qualità di pubblico ufficiale (357) o di incaricato di un pubblico servizio
(358), o di esercente un servizio di pubblica necessità (359), come elemento costitutivo o come
circostanza aggravante di un reato, la cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è
commesso, non esclude l'esistenza di questo né la circostanza aggravante, se il fatto si riferisce
all'ufficio o al servizio esercitato.

DELITTI CONTRO AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

Nel Titolo in esame il legislatore ha riunito tutta una serie di figure criminose, caratterizzate dal
dato comune di offendere un complesso di interessi facenti capo all’amministrazione della
giustizia. Il concetto di Amministrazione della giustizia è qui utilizzato in un significato ampio,
comprensivo non solo della giurisdizione in senso stretto (intesa come potere dello Stato che ha
per oggetto l’accertamento e l’attuazione del diritto), ma anche di tutte quelle attività strumentali
alla giurisdizione propriamente intesa.

367 (Simulazione di reato)


Chiunque, con denuncia (cpp 331), querela (cpp 120), richiesta (cpp 342) o istanza (cpp 341), anche se
anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia
obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in
modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione da uno a
tre anni.

La norma delinea due modalità esecutive del medesimo reato di pericolo: la simulazione formale o
diretta realizzata mediante falsa affermazione e quella reale o indiretta realizzata mediante la
creazione di false tracce di reato. Entrambe richiedono che il reato non sia avvenuto (-reato
istantaneo). Il reato è attenuato se la simulazione concerne un fatto preveduto dalla legge come
contravvenzione.ù

368 (Calunnia)
Chiunque, con denunzia (cpp 331), querela (cpp 120), richiesta (cpp 342) o istanza (cpp 341), anche se
anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia
obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente,
ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni. (2)
La pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della
reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.
La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a
cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo.

L’art. 368 c.p. punisce chiunque incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a
carico di lui le tracce di un reato. Reato plurioffensivo (buon funzionamento amministrazione
giustizia e libertà/onore dell’incolpato innocente) e istantaneo. La calunnia differisce dalla
simulazione di reato perché implica l’indicazione della persona incolpata. L’indicazione deve
riguardare una persona innocente.

369 (Autocalunnia)
Chiunque, mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorità indicate nell'articolo precedente, anche se
fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero mediante confessione innanzi all'Autorità
giudiziaria, incolpa se stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da altri, è
punito con la reclusione da uno a tre anni.
L’art. 369 punisce chiunque incolpa se stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato
commesso da altri.

371 (Falso giuramento della parte)


Chiunque, come parte in giudizio civile, giura il falso è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Nel caso di giuramento deferito d'ufficio, il colpevole non è punibile, se ritratta il falso prima che sulla
domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile. (1)
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici (28).

Risponde di tale delitto chiunque, come parte in un giudizio, giura il falso. Il dolo richiesto è
generico e consiste nella coscienza e volontà di prestare il giuramento con la consapevolezza della
sua falsità.

371 – bis (False informazioni al pubblico ministero)


Chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero o dal procuratore della
Corte penale internazionale (cpp 50) di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni
false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, è punito con la
reclusione fino a quattro anni, (2) (5).
Ferma l'immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi,
resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni
sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito
con archiviazione (cpp 409, 411) o con sentenza di non luogo a procedere (cpp 425). (3)
Le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano, nell'ipotesi prevista dall'articolo 391-bis,
comma 10, del codice di procedura penale, anche quando le informazioni ai fini delle indagini sono
richieste dal difensore. (4)

371 – ter (False dichiarazioni al difensore)


Nelle ipotesi previste dall'articolo 391-bis, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, chiunque, non
essendosi avvalso della facoltà di cui alla lettera d) del comma 3 del medesimo articolo, rende
dichiarazioni false è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Il procedimento penale resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state
assunte le dichiarazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado (cpp 529) ovvero il procedimento
sia stato anteriormente definito con archiviazione (cpp 409) o con sentenza di non luogo a procedere
(cpp 425).

372 (Falsa testimonianza)


Chiunque, deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale,
afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è
interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni.

A norma dell’art. 372 è punito chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità
Giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti
sui quali è interrogato. Trattandosi di reato di pericolo (essendo sufficiente che il fatto sia pertinente
alla causa esuscettibile di portare un contributo alla decisione) ed istantaneo non è concepibile il
tentativo. Il dolo richiesto è generico. Il dolo è escluso dall’errore e dalla dimenticanza.

374 (Frode processuale)


Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in
un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta
artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto non sia
preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un procedimento penale, anche
davanti alla Corte penale internazionale, o anteriormente ad esso ma in tal caso la punibilità è esclusa,
se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela (120), richiesta (342) o istanza
(341), e questa non è stata presentata. (1)

La norma ha carattere sussidiario rispetto ad altre specifiche figure delittuose. Il delitto si consuma
con l’immutazione (variazione, mutamento). Non è richiesto che effettivamente il giudice o il perito
siano stati tratti in
inganno, bastando che si sia verificato il pericolo di inganno: il reato è infatti di pericolo.

376 (Ritrattazione)
Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, nonché dall'articolo 378 il colpevole non è
punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il
falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento (cpp 524). (1) (2)
Qualora la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è punibile se ritratta il falso e
manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non
irrevocabile (cpc 279, 324).

A norma dell’art. 376 il colpevole non è punibile se, nel procedimento penale in cui ha reso le sue
dichiarazioni ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento. qualora la
falsità sia commessa in una causa civile, il colpevole non è punibile se ritratta il falso o manifesta il
vero prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non
irrevocabile.

377 (Intralcio alla giustizia)


Chiunque offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazione davanti
all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare
dichiarazioni dal difensore nel corso dell'attività investigativa, o alla persona chiamata (2) a svolgere
attività di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli
371-bis, 371-ter, (2) 372 e 373, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alle pene
stabilite negli articoli medesimi, ridotte dalla metà ai due terzi. (3) (5)
La stessa disposizione si applica qualora l'offerta o la promessa sia accettata, ma la falsità non sia
commessa. Chiunque usa violenza o minaccia ai fini indicati al primo comma, soggiace, qualora il fine
non sia conseguito, alle pene stabilite in ordine ai reati di cui al medesimo primo comma, diminuite in
misura non eccedente un terzo. (4) Le pene previste ai commi primo e terzo sono aumentate se
concorrono le condizioni di cui all'articolo 339. (4)
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici (28).

Il reato implica che la dazione o la promessa non sia accettata o, se accettata, non porti chi l’ha
accettata a commettere la falsità. trattandosi di un reato a consumazione anticipata, il tentativo non è
ammissibile. Il dolo è specifico, in quanto l’agente deve dare o promettere al fine di indurre alla
falsità.

378 (Favoreggiamento personale)


Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce [la pena di morte o]
l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le
investigazioni dell'Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a
sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, è punito con la reclusione fino a quattro anni. (3)
Quando il delitto commesso è quello previsto dall'articolo 416bis, si applica, in ogni caso, la pena della
reclusione non inferiore a due anni. (1)
Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena è
della multa fino a euro 516. (2)
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o
risulta che non ha commesso il delitto (379, 384).

L’art. 378 c.p. punisce chiunque, dopo che fu commesso un reato, e fuori dei casi di concorso nel
medesimo, aiuta taluno ad eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di
questa. Costituiscono presupposti della fattispecie in esame la preesistenza di un reato ed il mancato
concorso nel reato presupposto. Il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui viene prestato
l’aiuto. Non è necessario che il risultato avuto di mira sia stato effettivamente conseguito.

379 (Favoreggiamento reale)


Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648, 648-bis e 648-ter ,
aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a
cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da euro 51 a euro 1.032 se si tratta di contravvenzione.
(1) (2)
Si applicano le disposizioni del primo e dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente. (3)

A norma dell’articolo 379 è punito chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato e dei casi previsti
dagli articoli 648, 648 bis e 648 ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto il profitto o il prezzo di un
reato. La condotta consiste nell’aiutare taluno ad assicurare il prodotto, il profitto o il prezzo del
reato. Trattasi di fattispecie sussidiaria, con conseguente esclusione del reato quando la condotta
favoritrice assume i connotati dei diversi reati di ricettazione, riciclaggio e di impiego di denaro,
beni o utilità di provenienza illecita. Per la consumazione basta l’aiuto.

384 (Casi di non punibilità)


Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378,
non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé
medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore. (2)
Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, la punibilità è esclusa se il fatto è commesso
da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o
assunto come testimonio (cpp 194, 197), perito (cpp 220, 222), consulente tecnico (cpp 222, 225) o
interprete (cpp 144) ovvero non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere o
avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza,
perizia, consulenza o interpretazione. (3) (4)

DELITTI CONTRO ORDINE PUBBLICO


Il buon assetto e il regolare andamento della vita sociale, cioè l’armonica e pacifica coesistenza dei
cittadini sotto la sovranità dello Stato e del diritto.

414 (Istigazione a delinquere)


Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione
(deroga art.115 c.p.):
1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;
2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a euro 206 (1) , se trattasi di istigazione a
commettere contravvenzioni.
Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena
stabilita nel numero 1.
Alla pena stabilita nel numero 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia (3) di uno o più delitti.
La pena prevista dal presente comma nonche' dal primo e dal secondo comma e' aumentata se il fatto
e' commesso attraverso strumenti informatici o telematici. (4)
Fuori dei casi di cui all'articolo 302, se l'istigazione o l'apologia di cui ai commi precedenti riguarda
delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità la pena è aumentata della metà La pena e' aumentata fino
a due terzi se il fatto e' commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
415 (Istigazione a pratiche di pedofilia e pedopornografia)
Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque, con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di
espressione, pubblicamente istiga a commettere, in danno di minorenni, uno o piu' delitti previsti dagli
articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-
quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater e 609-quinquies e' punito con la reclusione da un anno e
sei mesi a cinque anni. Alla stessa pena soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o piu'
delitti previsti dal primo comma. Non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalita' di
carattere artistico, letterario, storico o di costume.

416 (Associazione per delinquere)


Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o
costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette
anni. Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a
quindici anni. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, nonché
all'articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica la
reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi
previsti dal secondo comma. (1) Se l'associazione e' diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli
articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, quando il fatto e' commesso
in danno di un minore di anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, quando il fatto e'
commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609-undecies, si applica la reclusione da quattro a
otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal
secondo comma. (2)

Il reato in esame si realizza quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più
delitti; il reato sussiste per il solo fatto di partecipare all’associazione. Trattasi di reato permanente e
di pericolo. Circostanze aggravanti: 1) brigantaggio (gli associati scorrono in armi le campagne o le
pubbliche vie) 2)10 o più associati 3)Associazione diretta a commettere delitti 600, 601,603

416- bis (Associazioni di tipo mafioso anche straniere)

Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o
costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette
anni. Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a
quindici anni. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, nonché
all'articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica la
reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi
previsti dal secondo comma. (1) Se l'associazione e' diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli
articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, quando il fatto e' commesso
in danno di un minore di anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, quando il fatto e'
commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609-undecies, si applica la reclusione da quattro a
otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal
secondo comma. (2)

416 – ter (Scambio elettorale politico-mafioso)


Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalita' di cui al terzo comma dell'articolo
416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilita' e' punito
con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con
le modalita' di cui al primo comma.

DELITTI CONTRO MORALITA’ PUBBLICA E BUON COSTUME


Per moralità pubblica si intende la coscienza etica di un popolo in un dato momento storico, e più
precisamente il suo modo di sentire e distinguere il bene dal male, l’onesto dal disonesto.
Per buon costume si intende l’abitudine di vita conforme ai precetti di morale, di decenza, di
etichetta, di cortesia.

La legge n. 66 del 1996 ha disposto la abrogazione degli artt. 519 –526 c.p. (capo I del titolo IX), ed
ha introdotto gli artt. 609 bis – decise nell’ambito dei delitti contro la persona, riproducendo, con le
opportune modifiche, alcune vecchie fattispecie criminose.

527 (Atti osceni)


Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni (529) è punito con la
reclusione da tre mesi a tre anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso
all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il
pericolo che essi vi assistano. Se il fatto avviene per colpa (43), si applica la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 51 a euro 309. (1)

Soggetto attivo del diritto in esame può essere chiunque. Soggetto passivo è, secondo la dottrina e la
giurisprudenza dominante, non già la singola o le singole persone alla presenza delle quali l’atto
osceno è commesso, bensì la società. Per atto osceno si intende qualsiasi manifestazione di
concupiscenza, di sensualità, non importa se compiuta dalla gente su altri o su se stesso, che offenda
così intensamente il sentimento della morale sessuale ed il pudore da destare, in chi possa assistervi,
disgusto e repulsione.

528 (Pubblicazione e spettacoli osceni)


Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica,
introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti,
disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, è punito con la reclusione da tre mesi a tre
anni e con la multa non inferiore a euro 103. (1)
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella
disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente.
Tale pena si applica inoltre a chi:
1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti
indicati nella prima parte di questo articolo;
2) dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano
carattere di oscenità.
Nel caso preveduto dal numero 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto
dell'Autorità.

L’oggetto materiale del delitto è costituito da scritti, immagini, disegni ed altri oggetti osceni
nonché da spettacoli teatrali o cinematografici ovvero audizioni e recitazioni pubbliche che abbiano
il carattere della oscenità.

529 (Atti e oggetti osceni: nozione)


Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune
sentimento, offendono il pudore. Non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo che,
per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona
minore degli anni diciotto.

Art. 3 Legge Merlin (sostituisce 531-536 c.p.)

Le disposizioni contenute negli artt. 531 a 536 del Codice Penale sono sostituite dalle seguenti: "E'
punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da Euro 260,00 a Euro 10.400,00, salvo
in ogni caso l'applicazione dell'art. 240 del Codice penale:
1) chiunque, trascorso il termine indicato nell'art. 2, abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi
denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero
partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;
2) chiunque avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in
locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;
3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione,
spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o
qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di
una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione;
4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la
prostituzione;
5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia
personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi
altro mezzo di pubblicità;
6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque luogo diverso
da quello della sua abituale residenza, la fine di esercitarvi la prostituzione ovvero si intrometta per
agevolarne la partenza;
7) chiunque esplichi un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali ed estere dedite al
reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione,
ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle
predette associazioni od organizzazioni;
8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui.
In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente articolo alle pene in essi comminate, sarà aggiunta la
perdita della licenza d'esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio.
I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in
quanto le convenzioni internazionali lo prevedano.

537 (Tratta di donne e di minori commessa all’estero)


I delitti preveduti [dai due articoli precedenti] sono punibili anche se commessi da un cittadino in
territorio estero.
538 (Misura di sicurezza)
Alla condanna per il delitto preveduto dall'articolo 531 può essere aggiunta una misura di sicurezza
detentiva. La misura di sicurezza detentiva è sempre aggiunta nei casi preveduti dagli articoli 532, 533,
534, 535 e 536.

725 (Commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica decenza)
Chiunque espone alla pubblica vista o, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offre in vendita o
distribuisce scritti, disegni o qualsiasi altro oggetto figurato, che offenda la pubblica decenza, è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 103 a euro 619 (1).

726 (Atti contrari alla pubblica decenza. Torpiloquio)


Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica
decenza è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da euro 10 a euro 206.

DELITTI CONTRO LA PERSONA

L’omicidio in generale
L’omicidio in generale è l’uccisione di un uomo cagionata da un altro uomo con un comportamento
doloso o colposo e senza il concorso di cause di giustificazione. Scopo dell’incriminazione è la
tutela della vita umana. Questa viene protetta dallo Stato non solo nell’interesse dell’individuo, ma
anche nell’interesse della collettività. La punizione dell’omicidio del consenziente dimostra che
l’ordinamento giuridico attribuisce alla vita del singolo anche un valore sociale, e ciò in
considerazione dei doveri che all’individuo incombono verso la famiglia e verso lo Stato. La qualità
di uomo, ai fini del diritto penale, non inizia con la nascita vera e propria, vale a dire con
la completa fuoriuscita del prodotto del concepimento dall’alveo materno, ma in un momento
immediatamente anteriore, e precisamente nel momento in cui ha inizio il distacco del feto
dall’utero della donna. Ciò si desume dal fatto che il nostro codice equipara all’uccisione del
neonato l’uccisione del feto durante il parto. Il fatto materiale dell’omicidio implica tre elementi:
condotta umana, evento e nesso di causalità tra l’uno e l’altro. L’omicidio è esempio tipico della
categoria dei reati a forma libera. Dal punto di vista soggettivo si distinguono tre figure di omicidio:
l’omicidio doloso; l’omicidio colposo; l’omicidio preterintenzionale

575 (Omicidio)
Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.

576 (Circostanze aggravanti. Pena dell’ergastolo)


Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo precedente è commesso (cpp 380):
1) col concorso di taluna delle circostanze indicate nel numero 2 dell'articolo 61;
2) contro l'ascendente o il discendente (parricidio), quando concorre taluna delle circostanze indicate
nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso
ovvero quando vi è premeditazione;
3) dal latitante (cpp 296), per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i
mezzi di sussistenza durante la latitanza;
4) dall'associato per delinquere (416 s.), per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;
5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-
bis, 609-quater e 609-octies; (2)
5.1) dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis; (3)
5-bis) contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica
sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio. (1)
È latitante, agli effetti della legge penale chi si trova nelle condizioni indicate nel numero 6 dell'articolo
61.

577 (Altre circostanze aggravanti. Ergastolo)


Si applica la pena dell'ergastolo (22) se il fatto preveduto dall'articolo 575 è commesso:
1) contro l'ascendente o il discendente;
2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso;
3) con premeditazione;
4) col concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61.
La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge (cc
143), il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo (cc 291 ss.), o contro un affine
in linea retta.

578 (Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale)


La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il
parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è
punita con la reclusione da quattro a dodici anni (cpp 381).
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni
ventuno (cpp 380). Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere
diminuita da un terzo a due terzi. Non si applicano le aggravanti stabilite dall'articolo 61 del codice
penale.

Questo è descritto come il comportamento della madre che cagiona la morte del proprio neonato
immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto. Soggetto attivo del reato è la madre
soltanto. Dandosi poi carico dei compartecipi si chiarisce ora che, mentre a coloro che concorrono
nel reato è di consueto applicabile la pena stessa dell’omicidio volontario, qualora gli stessi abbiano
agito col solo fine di aiutare la madre tale pena può essere notevolmente diminuita. La formula in
condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto richiede che per il fatto del futuro
parto siano venuti a mancare alla donna quegli aiuti e quella solidarietà ambientale che sono
consueti nella nostra società in tale evenienza: quindi sia i mezzi, sia i soccorsi psichici. Del reato
proprio in esame risponde la madre. Tutte le altre persone che pongano in essere il fatto,
incorreranno nelle pene dell’omicidio comune anche se compartecipi. È ammessa però l’ipotesi di
un trattamento penale più favorevole per quei concorrenti che abbiano agito al solo scopo di
favorire la madre. In ogni altro caso la sanzione resterà quella consueta dell’omicidio volontario.

579 (Omicidio del consenziente)


Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso (50) di lui, è punito con la reclusione da sei a
quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all'omicidio (575 ss.) se il fatto è commesso:
1) contro una persona minore degli anni diciotto (cc 2);
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra
infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o
suggestione, ovvero carpito con inganno.

Il nostro ordinamento considera indisponibile il bene della vita. In base al principio generale
sancito all’art. 50 del codice, perciò, il consenso del soggetto passivo non scrimina l’omicidio.
Tuttavia il codice nell’art. 579 considera forma attenuata di omicidio il fatto di chi “cagiona la
morte di un uomo, con il consenso di lui”. All’omicidio del consenziente non si applicano le
aggravanti comuni previste dall’art. 61. In ordine alla figura di cui stiamo trattando, la questione più
importante che si presenta è quella dell’eutanasia.

580 (Istigazione o aiuto al suicidio)


Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in
qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni.
Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di
suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima (cpp 381).
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni
indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli
anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni
relative all'omicidio (575 ss.).

Il fatto materiale consiste in un atto di partecipazione al suicidio altrui, partecipazione che può
essere fisica o psichica. È psichica quando l’agente fa sorgere nel soggetto il proposito che prima
non esisteva, oppure rende più solido il proposito esistente.
La partecipazione è fisica allorché l’agente concorre nell’esecuzione del suicidio rendendolo
possibile fornendo, ad esempio, i mezzi necessari, o in qualsiasi altro modo agevolando
l’esecuzione medesima.

581 (Percosse)
Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito a
querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 309. (1)
Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o
come circostanza aggravante di un altro reato (84, 276, 294, 336 ss., 341 ss., 353, 385 s., 393, 405,
507, 588, 610, 614, 628 s., 634 s.).

Poiché percuotere significa urtare violentemente, nella previsione


della norma rientrano quelle che una volta si dicevano “vie di fatto”, e cioè lo schiaffo, il calcio, il
pugno e altre simili manifestazioni di violenza non produttive di malattia.

582 (Lesione personale)


Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella
mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni (cpp 381).
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze
aggravanti prevedute dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima
parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela (120 ss.) della persona offesa.

583 (Circostanze aggravanti)


La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni (cpp 381):
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia
o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo.
3) (1).
La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2) la perdita di un senso;
3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un
organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.
5) omissis (1).

1. Sulla base dell’elemento psicologico si distinguono:


a. lesione personale volontaria o dolosa;
b. lesione personale colposa.
2. Sulla base della durata della malattia si è soliti distinguere:
a. lesione personale lievissima: se la durata della malattia non è superiore ai 20 giorni (in
questo caso il delitto è perseguibile a querela della persona offesa);
b. lesione personale lieve: quando la malattia a una durata maggiore di 20 giorni ma non
superiore ai 40 (ove si tratti di lesione personale volontaria si procede d’ufficio e perciò
sussiste per il medico l’obbligo di referto);
c. lesione personale grave: se la durata della malattia o dell’incapacità di attendere alle
ordinarie occupazioni supera i 40 giorni o se si configura alcuna delle circostanze
aggravanti previste dalla legge;
d. lesione personale gravissima: se la malattia è certamente o probabilmente insanabile o
se si configura alcuna altra delle circostanze aggravanti.
---------------------
L’art. 583 c.p. elenca in dettaglio le ipotesi aggravanti, tutte di grande interesse
medico legale:
1. la lesione personale è grave
a. se dal fatto derivano malattia che mette in pericolo la vita della persona
offesa, ovvero una malattia per un tempo superiore ai 40 giorni;
b. se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo;
2. la lesione personale è gravissima se dal fatto deriva:
a. una malattia certamente o probabilmente insanabile;
b. la perdita di un senso;
c. la perdita di un arto;
d. una mutilazione che renda l’arto inservibile;
e. la perdita dell’uso di un organo;
f. la perdita della capacità di procreare;
g. una permanente e grave difficoltà della favella;
h. la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.

583-bis (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili)


Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili
è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come
pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e
qualsiasi altra pratica che cagiona effetti dello stesso tipo.
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali,
lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una
malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino
a due terzi se la lesione è di lieve entità.
La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono
commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro.
La condanna ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del
codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta, qualora il fatto sia
commesso dal genitore o dal tutore, rispettivamente: 1) la decadenza dall'esercizio della responsabilita'
genitoriale;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di
sostegno. (2) (3)
Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all'estero da
cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero
residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.

583-ter (Pena accessoria)


La condanna contro l'esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall'articolo 583-
bis importa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione da tre a dieci anni. Della sentenza di
condanna è data comunicazione all'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

588 (Rissa)
Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a euro 309. (1)
Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della
partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se la
uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa (cpp
381).
L’art. 588 punisce “chiunque partecipa ad una rissa”. Il solo fatto di prendere parte ad una rissa
basta per dar vita al reato, mentre il codice precedente esigeva per la punibilità la condizione che
nella zuffa alcuno fosse rimasto ucciso o avesse riportato una lesione personale. Questa è la ratio
dell’incriminazione. Per l’esistenza della rissa occorre che vi sia una mischia violenta con vie di
fatto. Si discute sul numero minimo di persone indispensabile per l’esistenza di questo delitto, il
quale senza alcun dubbio appartiene alla larga categoria dei reati plurisoggettivi.
593 (Omissione di soccorso)
Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona
incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa,
omette di darne immediatamente avviso all'Autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la
multa fino a 2.500 euro. Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri
inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente
o di darne immediato avviso all'Autorità. Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione
personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

Il soggetto potrà sottrarsi alla responsabilità solo quando ricorrano gli estremi dello stato di
necessità (art. 54), e cioè quando sia costretto all’omissione dalla necessità di salvare sé od altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona, non altrimenti evitabile. Il delitto si consuma nel
momento dell’omissione ed ha carattere istantaneo. Il dolo consiste nella volontarietà
dell’omissione, accompagnata dalla conoscenza di tutti gli elementi compresi nella fattispecie
legale. Il delitto è aggravato se dalla condotta del colpevole deriva una lesione personale o la morte.

DELITTI CONTRO L’ONORE


Onore è il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona: più
precisamente è l’insieme delle doti morali (onestà, lealtà), intellettuali (intelligenza, educazione,
istruzione) fisiche (sanità, prestanza) e delle altre qualità che concorrono a determinare il pregio
dell’individuo nell’ambiente in cui vive. L’ordinamento penale, più che l’onore così concepito, ne
considera i riflessi, i quali sono di due specie: soggettivo e oggettivo. Il riflesso soggettivo è
costituito dall’apprezzamento che l’individuo fa delle sue doti e, in sostanza, del sentimento del
proprio valore sociale. Il riflesso oggettivo è rappresentato dal giudizio degli altri, e precisamente
dalla considerazione in cui l’individuo è tenuto dal pubblico: dalla reputazione di cui egli gode nella
comunità. Il codice vigente configura due delitti contro l’onore: l’ingiuria e la diffamazione.

594 (Ingiuria)
Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi
o con la multa fino a euro 516. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione
telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. La pena è della reclusione fino
a un anno o della multa fino a euro 1.032, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.

L’ingiuria, sia che riguardi l’onore nel senso indicato, sia che concerna il decoro, è sempre atto di
disprezzo. Ma l’offesa all’onore o al decoro della persona non è sufficiente a costituire l’elemento
oggettivo dell’ingiuria: occorre anche la presenza dell’offeso. Il delitto si consuma con la
percezione, da parte del soggetto passivo, dell’espressione oltraggiosa: in altri termini, nel momento
in cui la parola è udita, l’atto è visto, lo scritto o il disegno è ricevuto dal soggetto stesso. La prima
consiste nell’attribuzione di un fatto offensivo determinato. Ma quando è che un fatto può dirsi
determinato? Per aversi questo risultato, non è necessario che siano precisate tutte le particolarità
del fatto addebitato; basta che la sua enunciazione presenti una certa concretezza, sia, cioè,
accompagnata da qualche nota che la faccia apparire vera, rendendola credibile. La seconda
aggravante ricorre allorché viene commessa in presenza di più persone. In proposito va rilevato che
tra le persona presenti, le quali debbono essere naturalmente almeno due, non va compreso né
l’offeso né gli eventuali compartecipi dell’agente.

595 (Diffamazione)
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone offende l'altrui
reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032. Se l'offesa
consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della
multa fino a euro 2.065. Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di
pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non
inferiore a euro 516. Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua
rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.
L’elemento oggettivo di questo reato implica tre requisiti: assenza dell’offeso, offesa della sua
reputazione, comunicazione dell’offesa a due o più persone.

596 (Esclusione della prova liberatoria)


Il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti non è ammesso a provare, a sua discolpa, la
verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.
Tuttavia, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e
l'offensore possono, d'accordo, prima che sia pronunciata sentenza irrevocabile (cpp 348), deferire ad
un giurì d'onore il giudizio sulla verità del fatto medesimo.
Quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità del fatto
medesimo è però sempre ammessa nel procedimento penale:
1) se la persona offesa è un pubblico ufficiale (357) ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all'esercizio
delle sue funzioni;
2) se per il fatto attribuito alla persona offesa è tuttora aperto o si inizia contro di essa un procedimento
penale;
3) se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verità o la falsità del
fatto ad esso attribuito. (1)
Se la verità del fatto è provata o se per esso la persona, a cui il fatto è attribuito, è condannata dopo
l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'imputazione non è punibile, salvo che i modi usati non
rendano per se stessi applicabili le disposizioni dell'articolo 594, comma primo , ovvero dell'articolo 595,
comma primo. (1)

596-bis (Diffamazione col mezzo della stampa)


Se il delitto di diffamazione è commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell'articolo precedente
si applicano anche al direttore o vice-direttore responsabile, all'editore e allo stampatore, per i reati
preveduti negli articoli 57, 57bis e 58.

598 (Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative)
Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai
loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'Autorità
amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo.
Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o
la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una
somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la
soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazioni della sentenza.

*Causa speciale di non punibilità

599 (Ritorsione e provocazione)


Nei casi preveduti dall'articolo 594, se le offese sono reciproche, il giudice può dichiarare non punibili
uno o entrambi gli offensori (ritorsione)
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d'ira
determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso (provocazione).
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche all'offensore che non abbia
proposto querela per le offese ricevute.

*Cause speciali di non punibilità


DELITTI CONTRO LA PERSONALITA’ INDIVIDUALE

600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù)


Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque
riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni
lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attivita' illecite che ne
comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a
venti anni. La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è
attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di
vulnerabilita', di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la
dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.
---------------
All’origine della legge contro la prostituzione e la pornografia minorile (legge n. 269 del 1998) vi è
l’impegno assunto con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. Con tale trattato gli
Stati si sono impegnati a proteggere i fanciulli da ogni forma di sfruttamento.

600-bis (Prostituzione minorile)


E' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque:
1) recluta o induce alla prostituzione una persona di eta' inferiore agli anni diciotto;
2) favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di eta' inferiore agli
anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque
compie atti sessuali con un minore di eta' compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un
corrispettivo in denaro o altra utilita', anche solo promessi, e' punito con la reclusione da uno a sei anni
e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.

L’art. 600 bis c.p. si divide in due commi: mentre nel primo viene punita la condotta di chi sfrutta,
induce o favorisce la prostituzione minorile, nel secondo comma viene punito colui il quale
consuma con il minore l’atto sessuale oggetto della prostituzione. Il comma 1° dell’art. 600 bis
punisce l’attività di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile. In
particolare va precisato:
- per sfruttamento deve intendersi il comportamento di chi percepisce danaro o altra utilità
derivanti dall’attività di prostituzione, con la consapevolezza che i proventi derivano
dall’illecito commercio;
- per favoreggiamento si intende una qualsiasi attività idonea a rendere più agevole l’esercizio
dell’altrui prostituzione;
- per induzione alla prostituzione deve intendersi ogni attività idonea a determinare,
persuadere, convincere il soggetto passivo a concedere le proprie prestazioni sessuali,
ovvero a rafforzare la risoluzione di prostituirsi non ancora consolidata, o a far persistere chi
vorrebbe allontanarsene.

600-ter (Pornografia minorile)


E' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce
materiale pornografico;
2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai
suddetti spettacoli trae altrimenti profitto. (2)
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per
via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo
comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo
sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e
con la multa da euro 2.582 a euro 51.645. (3)
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a
titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni
e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164. (2)
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi
ove il materiale sia di ingente quantità. (4)
Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in
cui siano coinvolti minori di anni diciotto e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro
1.500 a euro 6.000. (5)
Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con
qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attivita' sessuali esplicite, reali o
simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi
sessuali. (5)

Occorre precisare che per pornografia si intende tutto ciò che attiene alla sfera sessuale umana e,
pur essendo un concetto meno ampio di quello di oscenità, vi rientrano sia la rappresentazione di
immagini e scene che richiamano il rapporto sessuale, nonché gli atti di libidine ed altri
atteggiamenti chiaramente erotizzanti. Il comma 1° dell’art. 600 ter punisce chi sfrutta i minori
degli anni 18 al fine della realizzazione di esibizioni pornografiche o di produzione di materiale di
tale tipo. Il secondo comma punisce il commercio di materiale pornografico. Il terzo comma
incrimina, invece, la diffusione di materiale pornografico. Il quarto ed ultimo comma punisce
invece la cessione del materiale pornografico.

600-quater (Detenzione di materiale pornografico)


Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 600-ter, consapevolmente si procura o detiene
materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a
tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549. La pena è aumentata in misura non eccedente i due
terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità.

600-quinquies (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile)


Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di
minori o comunque comprendenti tale attività è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la
multa da euro 15.493 a euro 154.937.

600-septies (Circostanza attenuante)


La pena per i delitti di cui alla presente sezione e' diminuita da un terzo fino alla meta' nei confronti del
concorrente che si adopera per evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori,
ovvero aiuta concretamente l'autorita' di polizia o l'autorita' giudiziaria nella raccolta di prove decisive
per l'individuazione o la cattura dei concorrenti.

601 (Tratta di persone)


E' punito con la reclusione da otto a venti anni chiunque recluta, introduce nel territorio dello Stato,
trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l'autorita' sulla persona, ospita una o piu' persone
che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 600, ovvero, realizza le stesse condotte su una o piu'
persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorita' o approfittamento di una situazione di
vulnerabilita', di inferiorita' fisica, psichica o di necessita', o mediante promessa o dazione di denaro o di
altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorita', al fine di indurle o costringerle a prestazioni
lavorative, sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attivita' illecite che ne
comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi.
Alla stessa pena soggiace chiunque, anche al di fuori delle modalita' di cui al primo comma, realizza le
condotte ivi previste nei confronti di persona minore di eta.

Nella nuova configurazione dell’art. 601 è possibile individuare due distinte condotte:
- la tratta di chi già si trovi nelle condizioni delineate dall’art. 600. Alla luce della
convenzione di Ginevra per tratta deve intendersi ogni atto di cattura, acquisto o cessione di
individuo finalizzato alla riduzione in schiavitù, nonché in generale, ogni atto di commercio
o di trasporto di schiavi;
- il fatto di chi al fine di commettere uno dei delitti di cui al primo comma dell’art. 600 pone
in essere una delle condotte delineate dalla norma. Tali condotte si traducono nell’indurre
taluno mediante inganno o nel costringerlo mediante violenza, minaccia, abuso di autorità o
mediante promessa o dazione di somme di danaro o di altri vantaggi alla persona che su questi ha
autorità, a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a trasferirsi al suo
interno.

602 (Acquisto e alienazione di schiavi)


Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 601, acquista o aliena o cede una persona che si trova in
una delle condizioni di cui all'articolo 600 è punito con la reclusione da otto a venti anni.

604 (Fatto commesso all'estero)


Le disposizioni di questa sezione, nonché quelle previste dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609- quater,
609-quinquies, 609-octies e 609-undecies, si applicano altresi quando il fatto è commesso all'estero da
cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con cittadino
italiano. In quest'ultima ipotesi lo straniero è punibile quando si tratta di delitto per il quale è prevista la
pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e quando vi è stata richiesta del Ministro
di grazia e giustizia.

614 (Violazione di domicilio)


Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di
essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce
clandestinamente o con l'inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a a tre anni. (1)
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di
escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
Il delitto è punibile a querela (120 ss.) della persona offesa.
La pena è da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o
alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

615-bis (Interferenze illecite nella vita privata)


Chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o
immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la
reclusione da sei mesi a quattro anni.
Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante
qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella
prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della
reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un
pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da
chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

REATI CONTRO IL PATRIMONIO


È patrimonio il complesso delle attività e delle passività che si riferiscono ad una persona. Per
patrimonio si intende il complesso dei rapporti giuridici ed economicamente valutabili che possono essere
riferiti a una persona (fisica e/o giuridica). Vi rientrano anche cose dal semplice valore affettivo.
Dal punto di vista strettamente giuridico il patrimonio viene generalmente definito come il
complesso dei rapporti giuridicamente rilevanti che fanno capo ad una persona. Fanno parte del
patrimonio non solo tutti i diritti reali ma anche i diritti di obbligazione. Si dice generalmente che ai
fini della tutela penale il patrimonio, di fronte all’attività del reo che lo aggredisce, si discioglie,
risolvendosi nei singoli rapporti dai quali risulta, ed in sostanza nelle singole cose e diritti che lo
compongono. Altruità. Una cosa può dirsi altrui quando essa è legittimamente nella disponibilità di un
soggetto diverso dal soggetto attivo del reato. In tutte le disposizioni che delineano delitti aventi per
oggetto materiale non l’intero patrimonio, ma una cosa determinata, figura l’aggettivo altrui; il che
significa che la cosa rubata, usurpata, danneggiata deve appartenere a persona diversa dall’autore
dell’azione criminosa. Su di un punto non vi sono dubbi: non è altrui la res nullius e cioè la cosa
che non è di proprietà di alcuno. Le cose che erano già di proprietà di alcuno divengono nullius
quando siano abbandonate. Il problema principale in ordine all’altruità della cosa e se sia altrui la
cosa che è di proprietà di altri oppure la cosa su cui altri vantano un diritto di godimento o di
garanzia. Bisogna ritenere che l’espressione cosa altrui vada intesa in senso stretto, e cioè nel senso
di cosa di proprietà di altri, e che, in conseguenza, il proprietario non può essere soggetto attivo di
reati che esigono l’altruità della cosa. Per Profitto s’intende qualunque utilità, materiale, economica o
soltanto morale che il soggetto persegue con la sua azione. Il diritto italiano è da tempo orientato nel
senso della più estesa concezione del profitto. Non è profitto soltanto il vantaggio economico e, più
in generale, l’incremento del patrimonio, ma qualunque soddisfazione o piacere che l’agente si
riprometta dalla sua azione criminosa. Il possesso. Il possesso consiste nella autonoma disponibilità
della cosa. La disponibilità è autonoma quando si svolge al di fuor della diretta vigilanza della persona che
abbia sulla cosa un potere giuridico maggiore. In relazione alla nozione di possesso si sono fronteggiate
due correnti di pensiero: corrente privatistica e corrente autonomista. I seguaci del primo indirizzo
affermano che il possesso ai fini del diritto penale coincide del tutto col possesso che è delineato e
regolato dal codice civile; i fautori del secondo, sostengono che nel campo del diritto penale il
concetto di possesso ha un significato e una portata particolare, che varia di caso in caso. Il codice
attuale divide i delitti contro il patrimonio in due classi, secondo che siano commessi mediante
violenza alle cose o alle persone, oppure mediante frode. Nella prima classe sono comprese le
varie figure di furto, la rapina, l’estorsione, il ricatto, l’usurpazione e le altre violazioni dei diritti sui
beni immobili nonché i delitti di danneggiamento; nella seconda la truffa con le frodi similari, le
appropriazioni indebite, l’usura e la ricettazione.

624 (Furto)
Chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto
per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro
516. Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra
energia che abbia un valore economico (cpp 381).
Il delitto è punibile a querela (120 ss.) della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle
circostanze di cui agli articoli 61, numero 7), e 625.

L’azione esecutiva del furto consiste nell’impossessamento della cosa ora descritta. Tale
impossessamento deve presentare una nota negativa, e cioè non deve verificarsi mediante violenza
o minaccia, perché altrimenti il fatto trapassa nel reato maggiore di rapina (art. 628). Non sono
possessori, ma semplici detentori coloro che dispongono della cosa entro la sfera
di sorveglianza del possessore (guarda indietro la definizione di possesso). Il furto si perfeziona
con l’impossessamento, e cioè quando l’agente acquista la disponibilità autonoma della cosa. Solo
allorché la cosa esce dalla sfera di vigilanza del precedente possessore e si crea un nuovo
possessore, il furto può dirsi consumato. La nozione di possesso, applicata coerentemente, porta a
ritenere che solo quando il ladro riesce a sfuggire dalla cerchia di vigilanza del possessore, nel suo
fatto è consentito ravvisare un furto consumato. Prima di tale momento, la semplice sottrazione
della cosa non può essere punita che a titolo di tentativo. Esige inoltre una particolare intenzione, e
precisamente il fine di trarre profitto dalla cosa per sé o per altri. Tale elemento dà all’elemento
soggettivo del furto il carattere di vero e proprio dolo specifico.

624-bis (Furto in abitazione e furto con strappo)


Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto
per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a
privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da
euro 309 a euro 1.032. Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa
mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di
mano o di dosso alla persona. La pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a
euro 1.549 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo
625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.

628 (Rapina)
Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia,
s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a
dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065 (rapina propria). Alla stessa pena soggiace chi
adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il
possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità (rapina impropria).
La pena è della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro
3.098 (cpp 380): (2)
1) se la violenza o minaccia è commessa con armi (585) o da persona travisata, o da più persone
riunite;
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui
all'articolo 416-bis. (3) (4)
3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica
o privata difesa; (5) (7)
3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia
appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di
denaro. (5)
3-quinquies) se il fatto e' commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne; (8)
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui
al terzo comma, numeri 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti
rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento
conseguente alle predette aggravanti.

L’articolo 628 comprende due figure criminose che hanno in comune l’impossessamento di cose
mobili altrui e l’uso della violenza alle persone o della minaccia. Nell’una (rapina propria) la
violenza costituisce il mezzo con cui si ottiene l’impossessamento; nell’altra (violenza impropria)
la violenza è usata per conservare il possesso della cosa sottratta o per conseguire l’impunità.
L’azione costitutiva è identica a quella del furto, con in più l’elemento della violenza alla persona o
alla minaccia. La rapina si consuma, come il furto, con l’effettivo impossessamento. Il dolo consiste
nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola al detentore,
accompagnate dalla coscienza e volontà di adoperare a tale scopo violenza o minaccia.

629 (Estorsione)
Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa,
procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci
anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. La pena è della reclusione da sei a venti anni e della
multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso
dell'articolo precedente.

La violenza o la minaccia usata dall’agente deve avere per effetto il costringimento del soggetto
passivo, a fare o ad omettere qualche cosa. Il costringimento che qui viene considerato è quello che
lascia una certa libertà di scelta in chi lo subisce. L’estorsione presenta grande affinità con la truffa.
La differenza consiste in questo che, mentre nell’estorsione la vittima è costretta a compiere un atto
di disposizione patrimoniale dannoso per taluno e vantaggioso per altri, nella truffa vi è indotta con
inganno

630 (Sequestro di persona a scopo di estorsione)


Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come
prezzo della liberazione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni (cpp 380).
Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona
sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta (575).
Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Al concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la
libertà, senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione, si applicano le pene
previste dall'articolo 605. Se tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro dopo la
liberazione, la pena è della reclusione da sei a quindici anni.
Nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera, al di fuori del caso previsto dal
comma precedente, per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta
concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per
l'individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione
da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi.
Quando ricorre una circostanza attenuante (62 s.), alla pena prevista dal secondo comma è sostituita la
reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista dal terzo comma è sostituita la reclusione da
ventiquattro a trenta anni. Se concorrono più circostanze attenuanti (37), la pena da applicare per
effetto delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni, nell'ipotesi prevista dal secondo comma,
ed a quindici anni, nell'ipotesi prevista dal terzo comma.
I limiti di pena preveduti nel comma precedente possono essere superati allorché ricorrono le
circostanze attenuanti di cui al quinto comma del presente articolo.

Questo grave delitto (che nel codice precedente era denominato ricatto) è costituito dal fatto di colui
che “sequestra allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della
liberazione”. Il delitto si consuma con il semplice fatto del sequestro, non essendo necessario che
l’agente abbia conseguito anche l’ingiusto profitto del prezzo del riscatto. Il secondo ed il terzo
comma dell’art. 630 prevedono due circostanze aggravanti consistenti la prima nell’evento morte
non voluto, ma conseguente il sequestro, della persona sequestrata, la seconda consistente nella
morte del sequestrato cagionata dal reo.

640 (Truffa)
Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto
con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro
1.032. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 (1) :
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare
taluno dal servizio militare;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o
l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità.
2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5).
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal
capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante.

Nucleo essenziale del delitto in esame è l’inganno. Il consenso della vittima, carpito
fraudolentemente, caratterizza il delitto e lo distingue sia dal furto che dall’appropriazione indebita.
Artifizio è ogni studiata trasfigurazione del vero, ogni camuffamento della realtà effettuato sia
simulando ciò che non esiste, sia dissimulando, vale a dire, nascondendo ciò che esiste.
Raggiro è un avvolgimento ingegnoso di parole destinate a convincere: più precisamente una
menzogna corredata da ragionamenti idonei a farla sembrare verità
Differenza TRUFFA vs ESTORSIONE -> nel primo la vittima è indotta fraudolentemente all’atto di
disposizione patrimoniale, mentre nel secondo vi è coartata; nell’uno la volontà è viziata da errore,
nell’altro è viziata da violenza o minaccia.
640-bis (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche)
La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640
riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque
denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

L’elemento distintivo rispetto alla truffa è offerto dalla specificazione dell’oggetto


materiale e non ha riguardo alla mancata osservanza del vincolo di destinazione delle utilità
ricevute, cui invece provvede l’art. 316 bis.

644 (Usura)
Chiunque, fuori dai casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o
per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari è
punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000. (2)
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma procura a
taluno una somma di denaro od altra utlità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la
mediazione, un compenso usurario.
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli
interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete
modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati
rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati
o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usuarario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni
a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del
credito.
Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:
1) se il colpevle ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione
finanziaria mobiliare;
2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà
immobiliri;
3) se il reato é commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4) se il reato é commesso in danno di chi svolge attivià imprenditoriale, professionale o artigianale;
5) se il reato é commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal
momento in cui é cessata l'esecuzione.
Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura
penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, é sempre ordinata la confisca dei beni che
costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utlità di cui il reo ha la
disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri
vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al
risarcimento dei danni.

Disciplinata all’articolo 644 del codice (che prevede due ipotesi criminose: la prima è la prestazione
usuraria –comma 1; la seconda è la mediazione usuraria – comma 2), si ha quando taluno si fa dare
o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o
altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari (comma 1). La legge stabilisce il limite oltre il quale gli
interessi sono sempre usurari. Ai fini della configurabilità del reato di usura, si intendono
usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge al momento in cui sono promessi o
comunque convenuti a qualsiasi titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento. Basta
il fare, dare o promettere sotto qualsiasi forma a vantaggio proprio o altrui, un interesse che
superi il tasso legale e in quella del terzo comma, un interesse inferiore, ma sproporzionato rispetto
alla controprestazione in presenza di difficoltà economiche o finanziarie del soggetto passivo.
La consumazione si verifica nel momento in cui gli interessi o vantaggi usurari sono dati o
semplicemente promessi. COMMA2 Tale ipotesi ricorre nei confronti di chiunque fuori del caso di
concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità
facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
La norma incriminatrice tende a colpire l’avida condotta di quei loschi individui che,
intromettendosi tra chi presta e chi riceve denaro o altra utilità, riescono ad assicurarsi guadagni
esorbitanti.

646 (Appropriazione indebita)


Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui
di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione
fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032 (1).
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.
Si procede d'ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle
circostanze indicate nel numero 11 dell'articolo 61.

Viene punito il possessore di cosa mobile non propria, il quale si comporti da padrone, e cioè
compia sulla stessa atti di disposizione che sono riservati al proprietario. La vera essenza del reato
consiste nell’abuso del possessore, il quale dispone della cosa come se ne fosse proprietario. Il vero
ed unico soggetto passivo del reato, in conseguenza, è il proprietario della cosa. Il delitto di
appropriazione indebita presuppone che l’agente abbia il possesso della cosa mobile. Deve, però,
trattarsi di mero possesso, e cioè di possesso disgiunto della proprietà, poiché oggetto
dell’azione criminosa è un bene mobile altrui. Per quanto concerne la consumazione del reato, deve
escludersi che sia necessario che l’agente abbia conseguito un profitto, perché dalla formula
dell’art. 646 si desume in modo inequivocabile che il profitto è soltanto una nota dell’elemento
psicologico.

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