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CAPITOLO I

LE DANZE IMPOPOLARI

llora Kanbayashi-san esord Sae, al cambio


dell'ora, piazzando energicamente entrambe le

mani sul mio banco e sporgendosi verso di me, movimento questo che mi
fece istintivamente arretrare con la sedia fino a sbatterne lo schienale
contro il banco che era dietro al mio. Avere il suo viso a pochi centimetri
dal mio mi aveva fatto sobbalzare il cuore, all'incirca fino alla laringe, e
desideravo solamente nascondere da qualche parte la mia faccia, che
supponevo ormai colorata di una tinta tra il rosso carminio e l'aragosta.
Allora Kanbayashi-san, dimmi che neanche tu fai parte di un club!
Dunque... in effetti... beh... No, mi dispiace, Nishimura-san.... non
posso dirti questo, scusa. Sono in un club. arrabattai questa specie di frase
a capo chino, esprimendomi ad un volume appena percettibile,
raccogliendone i pezzi chiss dove, visto che avevo il cervello in tilt.
Non avevo mai parlato a Sae se non nella mia immaginazione: ma in

quel contesto tenevamo tutto un altro genere di discorsi, su altri argomenti


molto pi dolci e romantici... c' da dire per che nella mia fantasia io
avevo anche tutto un altro tipo di carattere e tutto un altro livello di
coraggio, oltre che tutto un altro aspetto.
Nella realt invece non ero che una ragazza insignificante, una ragazza
che da sempre era stata convinta che una persona popolare e bellissima
come Sae fosse inavvicinabile da una come me. Mi sembrava quasi di
appartenere a razze diverse: lei, un'esemplare esponente della trib delle
guance rosa e del riso sguaiato, una di quelle che pu dire cose strambe e
fare divertire tutti; io, il membro pi mediocre del clan delle occhiaie, delle
spalle curve e del sussurro impercettibile, una di quelle che se dice una
cosa stramba non fa ridere nessuno, anzi suscita una serie di occhiate di
traverso e viene catalogata come persona da evitare.
Kanbayashi-san, allora, sputa l'osso... cosa mi toccher fare? mi
interrog nuovamente con insistenza e con due occhi spalancati che mi
sembravano fari dai poteri ipnotici. Diverse compagne di classe si erano
radunate intorno al mio banco, e anche qualcuno dei maschi tendeva
l'orecchio nella mia direzione, interessato al destino di Sae, e questo
rendeva la situazione ancora pi imbarazzante.
Dunque, ecco... in effetti... il club a cui appartengo... quello delle
danze... popolari...
Le danze che???
Ecco: era palese. Anche lei pensava che io e l'aggettivo popolare non
andassimo bene nella stessa frase. Era evidente, del resto. Dovevo gi
saperlo da prima, ma faceva male lo stesso.
Nel frattempo, mentre io non trovavo le parole per replicare, alcune

compagne di classe stavano delucidando Sae sull'oggetto del mio club.


Si tratta di balli del mondo, diceva (correttamente) una.
Si tratta di un club sfigato, diceva (altrettanto correttamente) un'altra.
Per fortuna la ragazza aveva detto un club sfigato e non un club di
sfigati, per decenza verso di me, probabilmente. Noi giapponesi non
possiamo essere troppo maleducati, neanche quando vogliamo esserlo.
Peraltro usare l'espressione club di sfigati sarebbe stato ancora pi
corretto.
Sae si volt verso di me. Kanbayashi? mi disse, quasi a chiedere
ulteriori dettagli o semplicemente una conferma.
S dissi laconicamente, non trovando l per l ulteriori spiegazioni da
dare. Siamo in sei, aggiunsi in un secondo momento.
In sei? Sono un po' impopolari, allora, questi balli popolari... Risatina
diffusa da parte del piccolo pubblico attorno al mio banco.
Ok... e quando la prossima riunione del club?
Domani
Domani niente karaoke pomeridiano, ragazze strill Sae, rivolta a un
paio di ragazze, anche loro socie del go-home club, con le quali bazzicava
in giro di solito al pomeriggio e, avvistato il professore di matematica che
si avvicinava a passo sostenuto verso la classe, ognuno ritorn al proprio
posto.
Domani, avevo risposto e mentre ripetevo questa parola nella mia
mente, per la prima volta fu chiaro anche a me: avevo solo poco pi di
ventiquattro ore di tempo per prepararmi psicologicamente a questo nuovo
ordine di cose. Io e Sae. Nello stesso club. Ballando insieme le danze
popolari. E come una folgorazione, mi pass nel cervello un altro pensiero

e in quel momento mi fu chiaro che ballare le danze popolari insieme a Sae


significava con ogni probabilit... tenerla per mano... avere i suoi occhi nei
miei... almeno per qualche secondo, in qualche passaggio della danza.
E in quell'attimo seppi con certezza che quella notte non avrei dormito.

vevo trascorso tutto il pomeriggio cercando, tra un


compito e l'altro, di evitare il pensiero del ballo con

Sae che mi aspettava il giorno seguente, a dire il vero con poco successo,
visto che di tanto in tanto l'idea aveva fatto capolino nella mia testa, con
conseguente accelerazione del ritmo cardiaco e ipersudorazione.
Inoltre, pi si avvicinava la sera, pi le attivit che potevano in qualche
modo occupare la mia mente con pensieri diversi finivano inesorabilmente,
una dopo l'altra, e di conseguenza mi ritrovai all'ora del bagno sprovvista
di argomenti di riflessione che iniziassero in modo diverso da Sa e
finissero in modo diverso da ae.
E questa era a dir poco una tragedia visto che per potermi lavare mi
stavo spogliando e, mentre la manica della camicetta scivolando gi mi
accarezzava la pelle delicata dell'avambraccio, pensavo a come avrebbe
potuto sfiorarmi lo stesso punto Sae intrecciando le sue braccia alla mie,
mentre in cerchio ballavamo un estenuante Sirtaki...

E mentre allentavo la zip della gonna, sul fianco, pensavo con emozione
al momento in cui Sae avrebbe appoggiato l la sua mano per agganciarsi a
me nel momento in cui avremmo eseguito, durante un Circolo Circassiano,
uno swing da capogiro... vorticando come trottole, l'una persa negli occhi
dell'altra, rapite dall'estasi come dervishi rotanti.
E mentre, dopo un accurato lavaggio, mi immergevo nell'acqua
caldissima, sentivo il viso sempre pi in ebollizione e i battiti del cuore
martellarmi in testa come se fosse gi giunto il preciso momento di
prendere nella mia mano quella di Sae per uno qualsiasi dei balli del nostro
repertorio.
Distratta da tutte queste fantasie, rimasi troppo a lungo nella vasca e
questo fu un bene. Infatti, terminato il bagno, andai a gettarmi nel letto,
ma nonostante l'emozione e l'agitazione per quello che mi avrebbe atteso il
giorno successivo, ero talmente sfinita dal calore che, dopo pochi minuti di
batticuore frenetico, ero gi nel mondo dei sogni.

L'

indomani inizi in un turbinio continuo di stati


d'animo contrastanti. Un momento ero su di giri e

non vedevo l'ora che le lezioni finissero per poter raggiungere l'aula del
club; l'attimo successivo avrei voluto andare di corsa a casa fingendo un

malessere qualsiasi, anche il pi imbarazzante, pur di evitare le attivit


doposcuola. Le mie mani erano costantemente fredde e sudate, tremanti, e
pensando che Sae le avrebbe toccate di l a poco e

avrebbe trovato

sgradevole un simile viscido contatto, la situazione non poteva che


peggiorare. Nonostante continuassi ad asciugarle nel fazzoletto, con la
gonna, con il piccolo asciugamano che tenevo nella cartella, le mie mani
erano sempre pi fredde e umide, mio malgrado.
Il mio cuore aveva ormai cambiato collocazione e non stava pi nella
cassa toracica, no: ormai lo sentivo costantemente nella gola. Un simile
cambiamento

nella

mia

anatomia

aveva

rivoluzionato

tutto

il

funzionamento del resto del corpo: il cuore in gola ostacolava il passaggio


del cibo nell'esofago e quindi mi era passata la fame, e il bento preparato
con cura da mia madre rimase intatto; inoltre anche l'aria faticava ad
attraversare la trachea compressa dalle palpitazioni cardiache anomale e di
conseguenza spesso sentivo mancare il fiato. I battiti mi rimbombavano
nella testa come tamburi impazziti, ed ero sempre pi intontita e confusa.
Ma la fine delle lezioni stava arrivando comunque. Uno dei pensieri che
mi aveva perseguitato durante la mattina, cio dover decidere se aspettare
Sae o fuggire al termine della lezione, lasciando che lei trovasse da sola
l'aula del club, ora si faceva pi insistente.
Ma risult che avevo sprecato energie invano su questa questione, in
quanto, subito dopo la campanella, mentre cambiavo decisione per l'ultima
(o la penultima) volta, Sae mi lanci un urlo: Kanbayashi-san! Aspettami
per il club, e cos mi ritrovai a camminare al fianco della mia dea fino alla
sede delle nostre future danze.
Non potevo per spostare lo sguardo da terra, dall'imbarazzo, n

proferire parola. Ma percepivo chiaramente la sua presenza al mio fianco,


la vedevo con gli occhi di chi la conosceva a memoria, con il suo
portamento disinvolto di chi si sente sempre perfettamente a suo agio, i
lunghi capelli mossi illuminati dalla luce con i loro radiosi riflessi ramati,
la figura armoniosa della ragazza che indossava la mia stessa uniforme ma
che sembrava un essere squisitamente femminile, mentre io sembravo
solo, purtroppo, una creatura goffa.
Kanbayashi-san... disse ad un certo punto Sae, fermandosi appena
fuori l'aula del club.
S? le risposi, in punta di voce.
Kanbayashi-san, mi aiuterai? Io... non conosco questi balli. Ho paura di
fare una brutta figura. Sono agitata.
Tu sei agitata? Mi veniva da ridere, o da piangere, o entrambe le cose
contemporaneamente.
Ce... certo che ti aiuto. Ma vedrai che anche noi... non siamo tanto
bravi. dissi, pensando soprattutto alle specifiche persone che si trovavano
al di l della porta.
Grazie Kanbayashi-san!!! esclam, prendendo con entrambe le mani
le mie.
Ecco: il momento tanto atteso del contatto fisico era arrivato prima del
tempo, e io mi sentii congelare nel tempo, per un attimo infinito. Con la
mano nella mano varcammo la soglia dell'aula.
E le danze ora erano aperte.

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