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Fabbriche Del Soggetto
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Indice
PARTE I. FRA SUSSUNZIONE FORMALE E SUSSUNZIONE REALE.
PREFAZIONE p. 5
PARTE II. PROLEGOMENI DI UNONTOLOGIA DELLA SOVVERSIONE p. 19
Introduzione La rivoluzione come preambolo p. 19
Capitolo Primo.
No future, ossia sullessenza etica dellepistemologia p. 27
1. Lindifferenza delluniverso della comunicazione p. 27
2. Rompicapi dello spirito p. 31
3. Terrore e contingenza p. 36
4. Lantagonismo come << principium individuationis >> p. 40
5. Per unestetica trascendentale del corpo p. 44
6. Il concetto di costituzione pratica p. 48
Capitolo Secondo.
Metus-Seperstitio: ossia sulla produzione di soggettivit nel capitalismo maturo. p. 54
1. Il concetto di sussunzione reale ed il problema dellanalitica p. 54
2. Analitica: il diritto come legittimazione p. 58
3. Il modello formalistico: Hans Kelsen p. 63
4. Il modello contrattualistico: Rawls p. 67
5. Luhmann: il modello sistemico e la sua critica p. 70
6. Lantagonismo nella teoria della legittimazione p. 74
7. Per una nuova determinazione del problema p. 79
Capitolo Terzo.
Compact per una dialettica trascendentale del potere p. 84
1. Critica del concetto di potere p. 84
2. A proposito di movimento, oggi p. 89
3. Il lavoro del soggetto p. 94
4. Lavoro, territorio e libert p. 98
5. Compact: fra diritto e rivoluzione p. 104
6. Il concetto di pratica sociale p. 111
PARTE III. FRA CATASTROFE E RICOSTRUZIONE.
APPENDICE p. 118
1. Erkenntnistheorie. Elogio dellassenza di memoria p. 118
2. La potenza sociale del lavoro. Nota introduttivo alla ristampa di << Classe operaia >> p. 125
3. Per un nuovo schematismo della ragione. Risposta a Jean Petitot p. 135
4. Sullorlo dellessere. A proposito di un libro di Giorgio Agamben p. 141
5. Listituzione logica del collettivo e le fatiche dellestetica. A proposito del libro su Frege di Roberta De Monticelli p.
147
6. Dellaforisma << Pessimismo della ragione, ottimismo della volont >> e della ragionevole opportunit di
rovesciarlo p. 157
7. Lenin a New York. Progetto di lavoro p. 179
PARTE I
Fra sussunzione formale e sussunzione reale.
Prefazione
Karl Marx, Il Capitale: Libro I, Capitolo VI Inedito, trad. it. Firenze,
1969, pp. 53-54: << A questi cambiamenti, tuttavia, non si finora
accompagnata una trasformazione sostanziale del modo dessere vero e proprio
del processo lavorativo, del processo di produzione reale. Al contrario, nella
natura delle cose che la sottomissione (sussunzione) del processo lavorativo al
capitale si verifichi per ora sulla base di un processo lavorativo ad esso
preesistente, configuratosi sulla base di antichi e diversi processi produttivi e di
altre e diverse condizioni della produzione: il capitale si sottomette un processo
lavorativo dato, esistente - per esempio, il lavoro artigianale o il lavoro
agricolo corrispondente alla piccola economia contadina autonoma, - e le
modificazioni che possono tuttavia verificarsi allinterno del processo
lavorativo, non appena esso soggiaccia al comando del capitale, possono essere
soltanto conseguenze graduali della gi avvenuta sottomissione dei processi
lavorativi dati, tradizionali, al capitale. Il fatto che lintensit del lavoro
aumenti, che la durata del processo lavorativo si prolunghi, che il lavoro si
svolga pi ordinato e continuo sotto locchio interessato del capitalista ecc.,
questo fatto non cambia in s e per s il carattere del processo lavorativo reale,
del modo vero e proprio del lavoro.
Tutto ci contrasta decisamente con il modo di produzione specificamente
capitalistico (lavoro su grande scala ecc.) che, come abbiamo visto, si sviluppa
man mano che la produzione capitalistica progredisce; modo di produzione che,
insieme al rapporti fra i diversi agenti della produzione, rivoluziona anche il
modo dessere del lavoro e la forma a reale dellintero processo lavorativo.
Appunto in contrapposto al modo di produzione specificamente capitalistico
noi chiamiamo sussunzione formale del lavoro al capitale la sottomissione da
parte di questultimo del processo lavorativo come labbiamo esaminato finora,
cio come sottomissione di un modo di lavoro gi sviluppato prima che il
rapporto capitalistico sorga.
Le due forme hanno in comune il rapporto capitalistico come rapporto di
coercizione inteso a spremere il plusvalore dal lavoro salariato, dapprima solo
prolungando la durata del tempo di lavoro-rapporto che non poggia su alcun
legame di signoria e dipendenza personale, ma nasce unicamente dalla
diversificazione delle funzioni economiche. Mentre per il modo di produzione
specificamente capitalistico conosce anche altri modi di estorsione di
pluslavoro e plusvalore, invece, sulla base di un modo di produzione esistente,
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quindi di uno sviluppo dato della forza produttiva del lavoro e di un modo di
lavoro corrispondente a questa forza produttiva, il plusvalore pu essere
prodotto solo prolungando la durata del tempo di lavoro: sotto la forma del
plusvalore assoluto. E a questa forma di produzione del plusvalore che
corrisponde la sottomissione formale del lavoro al capitale >>.
Pp. 57-58: << Lincremento delle forze produttive sociali del lavoro, o delle
forze produttive del lavoro direttamente sociale, socializzato (reso collettivo)
mediante la cooperazione, la divisione del lavoro allinterno della fabbrica,
limpiego delle macchine, e in genere, la trasformazione del processo di
produzione in cosciente impiego delle scienze naturali, della meccanica, della
chimica ecc. e della tecnologia per dati scopi, come ogni lavoro su grande
scala a tutto ci corrispondente (solo questo lavoro socializzato infatti in
grado di applicare i prodotti generali dellevoluzione umana, per esempio le
matematiche, al processo di produzione immediato, allo stesso modo daltra
parte che lintero sviluppo di queste scienze presuppone un dato livello del
processo di produzione materiale), questo incremento, dicevamo, della forza
produttiva del lavoro socializzato in confronto al lavoro pi o meno isolato e
disperso dellindividuo singolo, e con esso lapplicazione della scienza questo prodotto generale dello sviluppo sociale - processo di produzione
immediato, si rappresentano ora come forza produttiva del capitale anzich
come forza produttiva del lavoro, o solo come forza produttiva del lavoro in
quanto identico al capitale; in ogni caso, non come forza produttiva del
lavoratore isolato e neppure del lavoratori cooperanti nel processo di
produzione.
Questa mistificazione, propria del rapporto capitalistico in quanto tale, si
sviluppa ora molto pi di quanto potesse avvenire nel caso della pura e
semplice sottomissione formale del lavoro al capitale. E daltra parte soltanto
quit, che il significato storico della produzione capitalistica appare nella sua
evidenza specifica, proprio attraverso la trasformazione dello stesso processo di
produzione immediato e lo sviluppo delle forze produttive sociali del lavoro.
Si gi dimostrato (capitolo III) che non solo nella << rappresentazione >>
ma nella << realt >>, laspetto sociale, << la socialit >> ecc., del lavoro si
erge di fronte alloperaio come elemento non soltanto estraneo ma ostile e
antagonistico, apparendo oggettivato e personificato nel capitale. Allo stesso
modo che la produzione del plusvalore assoluto pu essere considerata come
lespressione materiale della sottomissione formale del lavoro al capitale, la
produzione del plusvalore relativo pu considerarsi come lespressione della
sottomissione reale del lavoro al capitale. >>
Pp.68-69: << Sottomissione reale del lavoro al capitale. Permane qui la
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lavoro manuale in senso proprio. Ma, daltra parte, lattivit di questa forzalavoro collettiva il suo consumo produttivo immediato da parte del
capitale, autovalorizzazione del capitale, produzione immediata del
plusvalore; quindi, come vedremo meglio in seguito, trasformazione
immediata dello stesso in capitale. >>
Karl Marx, Lineamenti fondamentali di critica delleconomia politica,
trad. il. Torino, 1976, vol. I, p. 722: << Come, con lo sviluppo della grande
industria, la base su cui essa si fonda, ossia lappropriazione di tempo di lavoro
altrui - cessa di costituire o di creare la ricchezza, cos, con esso il lavoro
immediato cessa di essere, come tale, la base della produzione, poich per un
verso viene trasformato in unattivit prevalentemente di sorveglianza e
regolatrice; ma poi anche perch il prodotto cessa di essere il prodotto del
lavoro isolato immediato, ed piuttosto la combinazione dellattivit sociale a
presentarsi come produttore. Nello scambio immediato il lavoro isolato
immediato si presenta realizzato in un prodotto particolare o parte di questo
prodotto, e il suo carattere sociale comunitaria - ossia il suo carattere di
materializzazione del lavoro generale e di soddisfacimento del bisogno generale
- posto soltanto attraverso lo scambio. Per contro, nel processo di produzione
della grande industria, come da un lato lassoggettamento della forze della
natura allintelligenza sociale il presupposto della forza produttiva del mezzo
di lavoro sviluppato a processo automatico, cos dallaltro il lavoro del
singolo, nella sua esistenza immediata, posto come lavoro singolo
soppresso, ossia come lavoro sociale. Cos viene a cadere laltra base di
questo modo di produzione. >>
P. 716: << Ma nella misura in cui si sviluppa la grande industria, la creazione
della ricchezza reale viene a dipendere meno dal tempo di lavoro e dalla
quantit di lavoro impiegato che dalla potenza degli agenti messi in moto
durante il tempo di lavoro, la quale a sua volta - questa loro poderosa efficacia non sta in alcun rapporto con il tempo di lavoro immediato che costa la loro
produzione, ma dipende piuttosto dallo stato generale della scienza e dal
progresso della tecnologia, o dallapplicazione di questa scienza alla produzione
>>.
Pp. 717-718: << La ricchezza reale si manifesta piuttosto - e ci viene messo in
luce dalla grande industria - nella straordinaria sproporzione tra il tempo di
lavoro impiegato e il suo prodotto, come pure nella sproporzione qualitativa tra
il lavoro ridotto a pura astrazione e la potenza del processo produttivo che esso
sorveglia. Il lavoro non si presenta pi tanto come incluso nel processo
produttivo, in quanto piuttosto luomo a porsi come sorvegliante e regolatore
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nei confronti del processo produttivo stesso. (Ci che si detto per il
macchinario, vale ugualmente per la combinazione delle attivit umane e per lo
sviluppo del traffico umano). Non pi loperaio a inserire loggetto naturale
modificato come termine medio tra s e loggetto; egli inserisce invece il
processo naturale, che egli trasforma in un processo industriale, come mezzo tra
s e la natura inorganica di cui si impadronisce. Egli si sposta accanto al
processo produttivo invece di esserne lagente principale. In questa situazione
modificata non n il lavoro immediato, eseguito dalluomo stesso, n il tempo
che egli lavora, bens lappropriazione della sua forza produttiva generale, la
sua comprensione della natura e il dominio su di essa attraverso la sua esistenza
di corpo sociale - in breve lo sviluppo dellindividuo sociale, che si presenta
come il grande pilastro della produzione e della ricchezza. Il furto di tempo di
lavoro altrui, sul quale si basa la ricchezza odierna, si presenta come una
base miserabile in confronto a questa nuova base creata dalla grande industria
stessa. Non appena il lavoro in forma immediata ha cessato di essere la grande
fonte della ricchezza, il tempo di lavoro cessa e deve cessare di esserne la
misura, e quindi il valore di scambio cessa e deve cessare di essere la misura del
valore duso. Il lavoro eccedente della massa ha cessato di essere la
condizione dello sviluppo della ricchezza generale, cos come il non-lavoro dei
pochi ha cessato di essere condizione dello sviluppo delle potenze generali
della mente umana. Con ci la produzione basata sul valore di scambio crolla, e
il processo produttivo materiale immediato viene a perdere esso stesso la forma
della miseria e dellantagonismo. Il libero sviluppo delle individualit, e dunque
non la riduzione del tempo di lavoro necessario per creare lavoro eccedente, ma
in generale la riduzione a un minimo del lavoro necessario della societ, a cui
poi corrisponde la formazione artistica, scientifica ecc. degli individui grazie al
tempo divenuto libero e al mezzi creati per essi tutti. Il capitale esso stesso la
contraddizione in processo (per il fatto) che esso interviene come elemento
perturbatore nel processo di riduzione del tempo di lavoro a un minimo, mentre
daltro canto pone il tempo di lavoro come unica misura e fonte della ricchezza.
Esso diminuisce, quindi, il tempo di lavoro necessario, solo per aumentarlo
nella forma del tempo di lavoro superfluo; pone quindi in misura crescente il
lavoro superfluo come condizione - questione di vita e di morte - di quello
necessario. Per un verso chiama in vita tutte le potenze della scienza e della
natura, come della combinazione sociale e del traffico sociale, allo scopo di
rendere indipendente (relativamente) la creazione della ricchezza del tempo di
lavoro in essa impiegata. Per laltro verso vuole misurare con il tempo di lavoro
le gigantesche forze sociali cos create, e relegarle nei limiti che sono richiesti
per conservare come valore il valore gi creato. Le forze produttive e le
relazioni sociali - entrambi aspetti diversi dello sviluppo dellindividuo sociale 9
al capitale si presentano soltanto come mezzi, e per esso sono soltanto mezzi
per produrre a partire dalla sua base limitata. Ma in realt essi sono le
condizioni materiali per far saltare in aria questa base.>>
***
Ho qui riportato questi testi marxiani ad un solo scopo: introdurre il lettore in
medias res. Largomentazione che segue, presuppone infatti una constatazione:
viviamo nella sussunzione reale - meglio, stiamo sistemandoci in essa in
maniera definitiva, dopo aver vissuto il compiersi del processo di
assoggettamento formale della societ da parte del capitale lungo gli ultimi
secoli. E quindi utile aver presente la definizione marxiana di << sussunzione
formale >> e di << sussunzione reale >>. Al lettore la possibilit di confrontare
le categorie e la realt: se lutilizzo di quelle gli permette di meglio riconoscere
questa, egli allora pu forse seguitare la lettura. Va solo tenuto presente che
laccettazione di queste categorie marxiane non implica laccettazione di <<
tutto Marx >> n, in alcun modo, ladesione alle interpretazioni pi o meno
ortodosse del suo pensiero. Le definizioni di << sussunzione formale >> e di <<
sussunzione reale >> sono in effetti solo parzialmente dipendenti dallo sviluppo
complessivo della teoria marxiana: sono illuminazioni su un futuro prossimo,
piuttosto che lanalisi di un presente; sono tendenze che luomo politico e il
profeta identifica per il nostro presente, piuttosto che determinazioni
scientifiche di questo lo accetto e rilancio questa provocazione marxiana perch
in essa trovo, ora, una formidabile adesione allattualit, la verit dello stato
presente delle cose. Daltronde, termini come << postmoderno >>, come <<
Civilisation >>, come << Nihilismus >>, come << Krisis >>, quando siano
utilizzati per indicare la crisi del razionalismo occidentale nella maturit
capitalistica - sono, ognuno nella sua specificit, sinonimi di << sussunzione
reale >>. Ci detto, va tuttavia sottolineato che, nelle categorie marxiane,
contenuta, assieme alla descrizione della tendenza, la chiave pratica del suo
rovesciamento: in ci le categorie marxiane si distinguono da quelle
nietzscheane o freudiane, wittgensteiniane o adorniane, per non parlare, si parva
licet, di quelle splengeriane o baudrillardiane. Non il contenuto della
descrizione distingue Marx dalla filosofia contemporanea nella definizione del
presente, ma il punto di vista: quello della liberazione, quello della soggettivit
antagonista. Lo voglio procedere su questa direzione del discorso marxiano: qui
dunque non chiedo pi al lettore di seguirmi sulla base di una constatazione
comune - perch in questo caso non di constatazioni si tratta, bens di scelte. Se
vorr farlo, lo far a suo rischio. Della fondazione ontologica di una scelta di
liberazione tratta comunque, in buona parte, questo libro.
Precisiamo un concetto. Si detto: << fra >> sussunzione formale e
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Fra sussunzione formale e sussunzione reale, fra catastrofe e ricostruzione, e
un viaggio - un dislocamento eptstemologico ed anche un processo storico.
Poich, come Marx ci ha insegnato, il tempo della rivoluzione modifica lo
spazio, meglio, segna di determinazioni temporali lo spazio e sceglie un tempo
come luogo, pi o meno privilegiato, di sviluppo di crisi e di trasformazione.
Noi stiamo vivendo non solo il ciclo della modificazione del modo di produrre
ma soprattutto la sua radicale innovazione, la sua sussunzione al livello pi alto,
- intendo, la sintesi terminale dello sviluppo capitalistico. E l, dove lo sviluppo
capitalistico appiattisce e riconduce ogni differenza, che il processo
rivoluzionario deve riconoscersi come preambolo dellesistente e del suo
rovesciamento, come condizione dellimmaginazione. Diciamo, qua e l, in
questo libro: << Lenin a New York >>, - per scherzare con la storia, attraverso
limmaginazione rivoluzionaria. New York la sussunzione reale della societ
mondiale nel capitale, Lenin il genio dellantagonismo e della sovversione.
Lenin a New York: sembra a me la divisa del comunismo per i prossimi
decenni. Qui io presento solo unintroduzione - etica ed epistemologica - al
problema. Credo tuttavia che questa introduzione sia fondamentale. Negli scritti
contenunti in Appendice, ed in particolare nella << Lettera ai compagni di
Montreal >>, sono indicati del terreni sui quali approfondire la ricerca. Ma non
possibile farlo se letica dellimmaginazione sovversiva non sinstaura alla
base della ricerca. Se il preambolo rivoluzionario non si rivela, come tale, nella
prassi. Transiti diversi, varie strategie sono qui possibili allo scopo di afferrare
praticamente la maturit della trasformazione necessaria. Lurgenza del
paradosso ontologico cui la vicenda del razionalismo occidentale e del
capitalismo ci ha condotto, il quadro di morte che lestrema accelerazione e
maturazione dello sviluppo ci ha regalato - tutto ci labbiamo dinnanzi. Non
risultano tuttavia tali da imporsi un blocco della ricerca n una paralisi della
volont. Se il pensiero si impianta nella pratica e sceglie questultima come
luogo ontologico fondamentale, - il paradosso di morte e i rompicapi distruttivi
che ci si presentano, possono essere risolti. Questa dunque una propedeutica
metafisica alla prassi trasformatrice.
7 aprile 1986
Avvertenza
Alcuni dei testi qui pubblicati, sono gi apparsi in varie riviste o sono stati
letti in cenacoli diversi. Cos, ad esempio, lintroduzione alla Parte II (<< La
rivoluzione come preamboli >>) la traccia di una conversazione che ho avuto
lonore di introdurre, il 15 giugno l984, nel seminario parigino di Francois
Chtelet. Il paragrafo 6 della Parte III (<< a proposito dellaforisma:
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PARTE II
Prolegomeni di unontologia della sovversione
Introduzione
La rivoluzione come preambolo
Ho tra le mani un piccolo libro, recentemente pubblicato da Suhrkamp,
intitolato Mythologie der Vernunft. Hegels ltestes Systemprogramm des
deutschen Idealismus (1). Esso raccoglie, oltre al testo e ad unintroduzione
critica dei curatori, gli articoli che a questo piccolo e fondamentale scritto sono
stati dedicati da Franz Rosenzweig, Otto Pgler, Dieter Heinrich, Annemarie
Gethmann-Siefert. I curatori sono Christoph Jamme e Helmut Schneider. Non
voglio entrare nella polemica sulla paternit del testo e fare unennesima
congettura - se ne sia Hegel o Schelling o Hlderlin lautore - tanto pi che
anchio non sono in difetto in proposito, avendo studiato il problema nei miei
primissimi esercizi filosofici (1958: sul giovane Hegel (2) e 1959: sulla
storiografia (3) di Wilhelm Dilthey e della sua scuola) e poich non mi sembra
di poter rinunciare, sulla questione dellattribuzione, alle conclusioni di
Rosenzweig. Voglio solo riprendere questo << antichissimo >> testo come
origine e farci attorno qualche considerazione.
Leggo qualche passo (in una mia libera traduzione) (4): << Unetica. Poich
lintera metafisica si concluder nella morale - cosa della quale Kant con i suoi
due postulati pratici ha solo dato un esempio senza ci nulla esaurire - cos
questetica non sar altro che un sistema completo di tutte le idee, ovvero, che
la medesima cosa, di tutti i postulati pratici. La prima idea naturalmente la
rappresentazione dellio stesso, come di unassoluta libera essenza. Con la
libera, autocosciente essenza nel medesimo tempo vien [sic] fuori un mondo
intero, dal nulla - lunica vera e concepibile creazione dal nulla. - Io vorrei qui
entrare nel campo della fisica, il problema questo: come devessere costruito
un mondo per un essere morale? Potrei cos dar nuove ali alla nostra scienza
fisica che avanza tanto lentamente attraverso esperimenti. Dalla natura vengo
dunque allopera umana. Innanzitutto lidea di umanit - io voglio mostrare che
non si d alcuna idea di Stato, poich lo Stato qualcosa di meccanico, e non si
d idea di una macchina. Soltanto quello che oggetto della libert, questo si
chiama idea. Noi dobbiamo dunque andar oltre lo Stato! Poich ogni Stato deve
trattare luomo come un ingranaggio meccanico; appunto ci che non si deve;
quindi lo Stato devessere tolto. Consegue da ci che qui tutte le idee di pace
perpetua ecc. non sono altro che idee subordinate ad unidea superiore. Vorrei
nei medesimo tempo fondare principi di una storia dellumanit e nel medesimo
tempo mettere a nudo tutta la miserabile determinazione dello Stato, della
costituzione, del governo, della legislazione. Vengono infine le idee di un
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Cos, nei momento nel quale la tragedia della ragione dialettica diviene
storica e la ragione meccanica raggiunge lapice della sua espressione
determinata, realizzando completamente, fra Auschwitz e Hiroshima, il rovescio
dellantico programma di libert dellidealismo tedesco ed insieme mostrando
lefficacia distruttiva del decorso storico della dialettica, la filosofia si sente
sullorlo estremo dellessere. Un orlo di distruzione, ove soffia e risucchia il
vento del vuoto, - e lorrore moltiplicato.
La favola della filosofia non pu tuttavia aver fine. Questo nostro essere
sullorlo dellessere ci rivela non solo la disperata effettualit della crisi del
sistema del valore - ci pone anche di fronte alla genealogia di questa crisi e ci
colloca, attraverso questa scoperta, sul solo terreno sul quale lintelligenza
riflette su se stessa. Viviamo unet barocca: non la meraviglia o lammirazione
ma il terrore sono alla base del risveglio alla filosofia. Lorrore della distruzione
ci incolla al corpo, alla sensibilit, alla vita - alla necessit di una riflessione
intelligente. Lorlo dellessere ci obbliga al cuore dellessere, ci stringe su quel
punto sul quale una estetica della libert pu nuovamente coniugarsi con una
dialettica dellimmaginazione produttiva.
<< Unetica >>.
Con forza di anticipazione e capacit di raccogliere lanomalia di una
straordinaria condizione storica, Spinoza ci ha indicato questo cammino. Di
nuovo qui posso ripercorrere la mia esperienza filosofica e i miei scritti degli
anni settanta - una seconda fase del mio pensiero. Ora, fino a quando non ho
incontrato Spinoza (13), se mi era chiara la necessit di rompere la
subordinazione della volont di valorizzazione dei soggetti alla meccanica della
ragione analitica, non me stato mai chiaro che a questo scopo andava
interrotto il circolo vizioso delle omologie analitiche che continuamente si
determinavano quando dallesperienza soggettiva si passava alloggettiva - e
viceversa. Nel migliore dei casi, quando si scioglieva, lo spirito di sistema
liberava (in polemica con lanalitica) volont anarchica; viceversa, lo spirito
anarchico resolve, alla maniera di un surrealista progetto, alla volont di
sistema. Nello schema filosofico tradizionale che subivo, la critica indicava la
trascendenza del valore anzich assumere la possibilit radicale di sviluppare la
potenza ontologica del soggetto. In tutti i miei scritti degli anni settanta (14),
che apparivano come scritti politici ma erano essenzialmente scritti di metodo,
mi sono mosso in questo circolo vizioso. E il circolo vizioso di un
atteggiamento dialettico che rifiutavo ma non riuscivo ad evitare - anche nei
momenti di pi fervida rivendicazione del vero materialismo marxiano (15).
Dallautovalorizzazione dei soggetti allautorganizzazione del partito, si diceva,
dalla ricchezza cosciente della spontaneit allautodeterminazione dei soggetti,
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senso nullificante che in essa lanalitica mette in moto? Come proporre, nelle
maglie del capitalismo maturo e della sua analitica, la rivendicazione di una
nuova dialettica trascendentale dellillusione vera? Come sviluppare il
preambolo rivoluzionario di unestetica della libert verso la costituzione del
reale? Rispondere a questi interrogativi, operare in questo senso, oggi
ricostruire unetica.
La rivoluzione come preambolo, il senso della grande trasformazione in corso
e della tragedia incombente - come contenuto elementare dellestetica: che cosa
significa questo? Se, sullorlo dellessere, tutto pu essere distrutto, tutto pu
essere anche costruito: il contenuto dellestetica un paradosso metafisico
trasformato, attraverso le dimensioni delle possibilit, in paradosso pratico.
Lessere , il non-essere non : recita lantico adagio. Ma oggi lessere pu non
essere. La possibilit della non esistenza, come competenza del soggetto, una
nuova attribuzione dellanalitica. Ma questo essere, divenuto assoluta
contingenza, possibilit di nuovo essere. La costituzione soggettiva filtra la
possibilit di costituzione ontologica e radica [sic] questultima nellestetica
trascendentale. Lanalitica ci ha restituito il mondo come assoluta contingenza:
con ci si fonda la radicale possibilit dellinnovazione alternativa. Il contenuto
assoluto della verit, posto dallanalitica come trascendenza sullestetica,
risorge invece dal basso - non una richiesta di altro e dassoluto bens un altro
e un assoluto che vivono prima.
Unetica, dunque, una costituzione della libert. Il cammino che sale
dallimmediatezza estetica della rivoluzione gi data, posta come preambolo,
su, fino alla dialettica dellimmaginazione vera - questo il cammino che
dobbiamo percorrere attraverso etica e costituzione, costituendo unetica.
Imponendo allontologia unetica. Rovesciando cos il processo che ci ha
sempre portati fuori dalle dimensioni etiche dellessere trasformato e ha
sottoposto questo al dominio dellanalitica. Non pu pi essere concesso che la
logica sia la matrice dellontologia e che letica si trovi di conseguenza relegata
sullorizzonte della trascendenza, gioia delle anime belle e preda del cinismo.
Ancora dal Systemprogramm << Nel medesimo tempo noi sentiamo sovente
dire che le masse hanno bisogno di una religione sensibile. Non solamente le
grandi masse, anche il filosofo ne ha bisogno. Monoteismo della ragione e del
cuore, politeismo dell immaginazione e dellarte, questo ci di cui noi
abbiamo bisogno! Parler quindi dunidea che, per quanto ne so, mai venuta
alto spirito di nessuno, non ancora almeno - noi dobbiamo avere una nuova
mitologia, ma questa mitologia deve stare al servizio delle idee - essa deve
divenire una mitologia della ragione >>.
Commentiamo questo brano. Oggi, lunificazione logica dellumanit ci si
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Capitolo Primo.
<< No future >>, ossia sullessenza etica dellepistemologia.
1. Lindifferenza delluniverso della comunicazione.
Ci sono tre elementi che caratterizzano lorizzonte metafisico della nostra
epoca. Il primo dato che viviamo in un mondo nel quale solo limmagine
traduce lesperienza. Ogni autonomo momento di produzione, ogni rapporto dal
senso della proposizione al significato reale dellevento, ogni trascendimento
del contesto della comunicazione appaiono impossibili. La logica si muove su
questo terreno: perci non riesce mai a farsi epistemologia, senso e significato
del nostro linguaggio sono irrimediabilmente separati. A partire da questa prima
constatazione vengono molte conseguenze: in primo luogo sembra chiaro che di
questa situazione linguistica non possiamo neppure parlare - ci siamo dentro, e
qualsiasi tentativo di cogliere un riferimento reale non altro che un
trascendimento. Questa logica autoreferenziale - meglio, tautologica. Certo,
il complesso delle proposizioni che descrivono la vita non pu immediatamente
essere riportato alla tautologia, - per la semplice ragione che la tautologia non
pu ricoprire la complessit. Ma anche vero che la tautologia il minimo
comune denominatore di questo universo, che unimmaginaria riduzione ad
elementi semplici degli insiemi linguistici non potrebbe che mostrare la
tautologia come chiave di tutto luniverso logico. Ma allora come funziona
(perch malgrado tutto funziona) questo nostro universo logico, questa nostra
vita organizzata da giudizi e da inferenze logiche?
Vi un secondo elemento che assolutamente fondamentale ritenere, ed
che questo universo linguistico, logico, che non possiede verit ma
semplicemente movimento, - dunque, questo universo logico, anche un
universo produttivo. Esso comprende, nel momento stesso nel quale fissa delle
relazioni di comunicazione, parametri sociali, strutture e figure, socialmente
efficaci a rendere valido il linguaggio. Si tratta di veri e propri rapporti di
produzione: il linguaggio infatti traduce nella sua propria struttura quella
gerarchia che alla alla riproduzione della societ. Dentro questa circolazione
permanente di flussi linguistici, di immagini che precedono il reale, di un reale
che incarnato dalla forza della comunicazione, la produzione del mondo si
ripete in maniera continua. E qui chiaro lo sviluppo dellintuizione marxiana
del completarsi del capitalismo nella fase della sussunzione reale. Vale a dire
che ogni elemento dello sviluppo sociale qui compreso ormai nella totalit
della circolazione delle merci: questa comprensione rende evidentemente
produttiva tutta la societ, ma nello stesso momento in cui opera in questo
senso, toglie la specificit del produrre, la oblitera espandendola in ogni
direzione, la rende eguale a tutto ci che esiste. Il paradosso solo formale:
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vita - meglio, servita a mistificare il senso della vita. Qui ora ci ritroviamo
dinnanzi ad una spaventosa crisi di questo cammino. Lanalitica trascendentale
della vita ha fatto cilecca, entrata in crisi, talora s fatta prendere da eccessi
paranoici. Come porre, dentro le condizioni di questa crisi - non al di fuori, non
al di l di questa crisi ma, lo ripeto, dentro questa crisi - come porre le
condizioni di una riconquista dellesperienza? E inutile qui ricordare come
Kant abbia posto con forza questo medesimo problema, per la prima volta nel
corso dello sviluppo del pensiero occidentale: quali sono le condizioni di
pensabilit dellesistente, qual la forma nella quale il mondo della vita pu
essere percepito? E inutile anche ricordare che in Kant erano presenti, come
sempre nella grandezza degli inizi, le varie risposte che a questo interrogativo
potevano essere date ma certamente vero che la via fondamentale percorsa, in
Kant e nei suoi seguaci, fu quella dell<< analitica trascendentale >>.
Lanalitica si pose come schermo forte e determinante fra << estetica >> e <<
dialettica trascendentali >> - mentre la prima fu man mano ridotta a mostrarsi
non come esperienza irriducibile ma come contenuto dellanalitica, la dialettica
trascendentale venne essa stessa costretta a progettarsi sugli schemi
dellanalitica. Oggi abbiamo il risultato di questo processo. Un risultato che, in
una specie di parallelismo, registra lequivalenza del processo reale: una sfera
analitica della conoscenza che si fatta sfera astratta della comunicazione e, in
parallelo, un modo produttivo divenuto sempre pi comunicativo e informativo,
ma soprattutto autoreferenziale e tautologico. In ogni caso indifferente il
riferimento al reale: lestetica trascendentale negata.
Un terzo elemento caratteristico della nostra percezione del mondo, oltre a
quelli gi detti, della percezione comunicativa e della consapevolezza della
sussunzione produttiva. Questo terzo elemento proprio dellesperienza che
conduciamo dentro questi livelli critici. Vale a dire che se lindifferenza la
caratteristica della situazione, se la tautologia la chiave di volta del sistema
comunicativo, pure tutto questo non pu funzionare quando emergono su questi
terreni i problemi della scelta e della decisione etiche. Vale a dire che lo posso
ben muovermi nella pura circolarit delle esperienze che mi sono proposte fino
a quando non mi trovo dinnanzi alla necessit della scelta, vale a dire alla
necessit di mettere in atto le determinazioni del mio volere. Non , questa, la
ripresa di una nota e prometeica rivendicazione dellesistenza - stavo dicendo
rivendicazione << esistenziale >> dellesistenza! Non lo perch qui questa
contraddizione non una rottura, non un << atto puro >> e cio unincisione
che riqualifica e d senso allindifferenza del contesto analitico questa
percezione solo un arricchimento del quadro fin qui descritto. Vale a dire che
linsensatezza del rapporto fra logica tautologica, comunicazione circolare e
contesto produttivo rivela, con lindifferenza del rapporto, la precariet del
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rapporto stesso. Questo emergere della volont che chiede senso per lesistenza,
non concede, n forma il senso dellesistenza. La volont non creativa - si
trova messa in scacco a fronte dellindifferenza dei significati. Ma una cosa essa
rivela, ed che la componente etica, pratica, materialmente determinata, corre
attraverso lintero quadro dellanalisi e in nessun momento possibile da questa
sganciarla. La societ della comunicazione dunque percorsa da un insieme di
rapporti di volont che, se sono impliciti nella relazione che essa intrattiene con
la produzione, divengono espliciti quando lesperienza pratica individuale viene
assunta entro lanalisi. Se di nuovo rileggiamo, anche a questo proposito, il
vecchio Marx, di nuovo troviamo un inizio di risposta - ed , questo inizio,
legato alla definizione dellesperienza stessa. Vale a dire che, come
largamente chiarito dalle << Glosse su Feuerbach >>, il tessuto dellesperienza
non logico ma trasformativo. E questaffermazione quella che qualifica il
materialismo dellepoca moderna, su da Machiavelli, attraverso Spinoza, fino
appunto a Marx e ai grandi movimenti di trasformazione della societ. Vale a
dire che il disorientamento che luniverso della comunicazione, portato a questo
piano di indifferenza, determina in noi, non riguarda semplicemente i momenti
logici dellesperienza n quelli produttivi, ma coinvolge la complessit della
figura umana. Ed evidente che non possa che essere cos: poich quella
mancanza di misura, quella mancanza di criterio che creano il disorientamento,
sono in effetti nullaltro che indici della contingenza del rapporto nella sua
complessit, e cio dellesistenza intera. La tautologia logica mancanza di
senso della vita. La mancanza di senso della vita impossibilit di recuperare
un qualsiasi criterio di scelta, di direzione, di soddisfazione etica. Il tessuto
etico corre attraverso, e ricopre, lintero mondo della comunicazione. In Marx
questa percezione della sostanziale eticit dellesperienza del mondo
continuamente presente. La caduta delle funzioni della << teoria/misura del
valore >> nella fase della sussunzione reale non comporta la caduta delle
caratterizzazioni di valore che lintera esperienza umana, comunicativa come
produttiva, possiede.
Siamo cos al centro della definizione di questo mondo dellesperienza. In
esso si incrociano a globalit della produzione, linsensatezza della
comunicazione e lassoluta contingenza dellagire. E questo cammino una
specie di crescere delle condizioni dentro le quali il nostro problema, e cio il
problema del senso dellesperienza, viene ponendosi. La mia tesi che non sia
possibile ricostruire unepistemologia (nel senso proprio di teoria della verit)
se non fondandola sul carattere etico delluniverso dellesperienza. Le
condizioni di unestetica trascendentale dellesperienza, date le dimensioni del
mondo della vita che conosciamo, debbono dunque essere impiantate sul
tessuto etico. Non certo perch esse appaiono come elementi imprescindibili
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35
3. Terrore e contingenza.
Per contingenza intendo il fatto che lessere possa essere e/o possa non essere
- effettivamente. Ovvero lessere nella sua totalit. Il pensiero classico, nel
considerare la contingenza, non lha mai strappata al particolare. Le due coppie,
universale e particolare, necessario e contingente, stabilivano fra loro un
rapporto univoco. Il necessario con luniversale, il contingente con il
particolare. Qui noi viviamo in una situazione nella quale per a prima volta
lessere intero pu essere distrutto. Luniversalit dellessere pu praticamente
essere messa in dubbio. Lessere pu essere distrutto.
Se ora, a partire da questa prima immediata constatazione, ritorniamo a
quanto detto nei primi approcci di questo lavoro, possiamo cominciare a meglio
comprendere la specificit della condizione metafisica nella quale siamo
inseriti. Vale a dire che il massimo grado di astrazione dellessere che abbiamo
registrato, e la sua indeterminatezza, si colorano qui di una determinazione
pratica che ne sconvolge interamente la definizione. Dal quadro generale,
astratto, indeterminato, indifferente, non pu uscire una determinazione logica:
esce solo una determinazione etica. Perch quel quadro appunto contingente, e
la contingenza in questo caso vera e propria precariet dellessere, condizione
di negativit che in generale ed individualmente subiamo. Un tempo si diceva
che lessere che la sua compiutezza che la sua fatticit non potevano essere
disfatte. Lessere insomma era il fondo stabile della nostra esistenza e tutto
allessere poteva ritornare, cos come dallessere si era staccato. Ma ora lessere
pu essere disfatto. Questo disfacimento non una legge fisica ma una
possibilit storica, - pu essere la conseguenza di un atto. Lessere pu essere
distrutto da un soggetto: non questa o quella porzione dellessere, ma lessere
intero, il mondo, il mondo della vita. Viviamo lindifferenza e la massima
astrazione dellessere, ma improvvisamente, come nella luce di un lampo,
intendiamo che questenormit dellessere nel quale il nostro spirito si
confonde, pu essere volontariamente distrutto. Lessere rivela dunque una
natura etica: esso, per esistere, sottoposto alla volont, alla soggettivit,
alletica.
Con ci siamo davanti ad uninversione epocale del senso umano della vita.
E chiaro che, se ci poniamo il problema di una analitica del conoscere e della
sua crisi, non possiamo pi porcelo nei termini di una epistemologia
tradizionale. Poich infatti loggetto stesso del nostro rapporto conoscitivo pu
scomparire e comunque sottoposto ad una congiuntura radicale che ne
impedisce un apprezzamento statico. Ogni apprensione del reale non pu
dunque, in questo momento, che porsi su quel punto dove la volont e la
conoscenza pratica percepiscono la possibilit dellessere di essere e di non
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dellidealismo tedesco >> il senso della crisi era inteso nella sua radicalit e si
voleva, a fronte della crisi dellindividuo e dei lumi, identificare il passaggio
che dallestetica trascendentale potesse direttamente condurre ad una dialettica
dellillusione vera. Ebbene, quel passaggio per quanto sproporzionato nelle
dimensioni nelle quali oggi la radicale contingenza dellessere si presenta, pure
anche oggi metodologicamente adeguato. Ed invece eccoci di fronte alla
ormai secolare storia dellanalitica plasmata in dialettica, eccoci alla ripetizione
di analitici stereotipi neokantiani su questo frangente, alle chiacchiere fra Hegel
e Heidegger, eccoci insomma di nuovo davanti alla apologia impotente della
Krisis!
La determinazione esistenziale che segue la scoperta della radicale
contingenza dellessere ci si presenta ora con due caratteristiche. La prima
riguarda la posizione che lanalisi filosofica assume nellaffrontare il tema
dellessere, la seconda riguarda la natura dellessere. Ma sia la prima che la
seconda di queste caratteristiche sono legate, in maniera inscindibile,
nellestetica trascendentale che qui viene definendosi. Vale a dire che non
sarebbe possibile concepire il restringersi della ragione al campo dellestetica
trascendentale Se, contemporaneamente, la ragione non fosse enormemente
potenziata dallapprezzamento concreto della nuova potenza metafisica, che
appunto, insieme tragica ed etica. Lalternativa che lessere presenta, nella sua
assolutezza, nella sua esclusivit, implica la definizione pratica della ragione.
Questo senso della radicale contingenza dellessere ci pone in una situazione
Cartesian, - non astratta tuttavia bens eticamente motivata. Come difficile
esprimere tutto questo nel vecchio linguaggio della filosofia: com difficile
dire delleticit dellessere e di questa metafisica precariet che tocca il livello
dellestetica trascendentale in quanto tale! La metafisica si sempre organizzata
in un sistema di livelli per cui il superiore illuminava linferiore, o in un sistema
di incastri, quasi un grande gioco di bambole russe, dove loggetto pi grande
conteneva il pi piccolo e, per cos dire, lo spiegava. Qui il linguaggio antico e
specialistico della filosofia fa difetto, ed aveva ragione Foucault quando,
rinnovando il metodo nietzschiano della << Genealogia della morale >>,
rinnova anche le regole sintattiche del linguaggio della filosofia morale. Io
vorrei qui tentare una simile via per quanto riguarda il linguaggio della
metafisica.
Ora, siamo in una situazione Cartesian, ma non individuale, come si detto,
bens collettiva e astratta, eticamente rilevante, - con ogni probabilit qualificata
in termini antagonisti. Deve essere chiaro che qui noi dobbiamo risalire,
trattenendoli dentro il livello dellestetica trascendentale, a quei soggetti della
descrizione fenomenologica che abbiamo inizialmente colto. Lalternativa
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dellessere riguarda cos lintero campo sul quale lastrazione delle potenze
conoscitive e produttive diviene indifferenza, riguarda tutte le trafile che
percorrono e qualificano queste dimensioni. Nel prossimo paragrafo
cercheremo di vedere come il paradosso della contingenza dellessere possa
riproporre un cammino positivo per la ricerca: qui ci basti insistere sempre di
nuovo sulla forza di comprensione e sulla capacit di riassumere in s la
totalit, che ha lalternativa tragica dellessere. Questo nuovo territorio
ontologico ed etico riguarda perci lepistemologia nella sua totalit. E
evidente che tutti problemi andranno riportati alle dimensioni di questa
drammatica dualit delle potenze dellessere. La contingenza totalit anche e
soprattutto sul piano dellepistemologia.
4. Lantagonismo come << principium individuationis >>.
Se dunque la definizione dellessere come assoluta contingenza ci ha
permesso di cogliere le condizioni per cos dire negative di unestetica
trascendentale, ora probabilmente lapprofondimento del discorso potr
permetterci di toccare alcune condizioni positive di questo medesimo problema.
Abbiamo gi sottolineato come per contingenza assoluta sintenda la possibilit
della distruzione radicale dellessere, - e come lantico principio << Factum
infectum fieri nequit >> venga in tal modo messo in crisi. Ma nellapprofondire
la potenza negativa di questa percezione, non possiamo n dobbiamo
dimenticare laltro aspetto inerente a questa strutturale determinazione: vale a
dire che, se la contingenza assoluta mostra lestrema possibilit di distruzione,
di perci stesso essa indica una radicale possibilit di costruzione. E come se
fossimo messi dinnanzi ai materiali semplici che compongono lessere, in una
situazione limite di possibilit costruttiva. Nella filosofia, pi volte questi
principi di costruttivit sono stati proposti: e forse la forma eminente nella quale
il principio si espresso, quel << Verum ipsum Factum >> che dobbiamo a
Gianbattista Vico. Risparmio qui, a me e al lettore la farraginosa ermeneutica
delle fonti e delle interpretazioni: se il principio sia idealistico o materialistico,
se assoluto o relativo, se spiritualistico e creativo o semplicemente filologico e
costitutivo, ecc. ecc.. Certo, il principio riguarda il mondo delle immagini,
interpreta il reale e non lo fonda radicalmente. Qui invece, quando ci troviamo
di fronte al principio della contingenza assoluta, viviamo un paradosso che
investe interamente lo spazio, meglio la separazione, estesi fra negativit e
positivit assolute. Non so come meglio spiegare questo paradosso, questa
tensione estrema del concetto, questa condizione anche emotiva - che ci coglie
quando tentiamo di metterci in situazione! Perch infatti non semplicemente il
<< Verum ipsum factum >> quello che qui affermiamo - qui affermiamo
qualcosa di molto pi profondo: << Ens ipsum factum >>. La storia umana,
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dellessere - come rapporto tra positivo e negativo, tra essere e non essere - che
tutto ci permane, si prolunga, si ripresenta su ogni punto dello sviluppo della
tendenza. Questa determinazione antagonista qualcosa che partecipa di ogni
azione umana, nella misura in cui ogni azione umana contiene una particolare
densit, costruttiva o distruttiva dellessere. Ed proprio dentro il continuo
ridimensionamento del positivo e del negativo, dentro linfinita serie di rapporti
che in questo modo si determinano, dunque in questo modo che
lindividualit, la singolarit umane vengono definendosi. Nella filosofia
seicentesca, quando latomismo propone per la prima volta lalternativa tra
distruzione e creazione dentro la prospettiva del meccanicismo, questidea
dellindividuazione antagonista prende corpo. Oggi, quando il principio del
rapporto fra distruzione e costruzione strappato allintelligenza aurorale
dellatomismo e condotto alla sperimentazione etica, sembra dunque che quel
criterio di individualismo possa essere ripreso. Ma di ci pi avanti.
Qui, prima di ritornare sul criterio di individuazione, val la pena di
sottolineare come le forti intuizioni che il pensiero moderno alle sue origini
aveva sviluppato, sul terreno dellestetica trascendentale, in vista della
definizione della singolarit, siano state ampiamente negate nello sviluppo
successivo del pensiero filosofico. Lanalitica trascendentale la forma, come
abbiamo visto, nella quale questa negazione si costruisce e si sviluppa. Ma non
la sola forma: assistiamo infatti, con frequenza, ad una negazione che non ,
per cos dire, lassolutizzazione di un momento del processo conoscitivo - e con
ci la sua alienazione analitica della totalit, - bens una specie di storicistica o
teleologica forma di sottrazione del conoscere, delluso conoscitivo dellessere.
Vale a dire che il pensiero moderno, tutto teso alla ricerca e alla giustificazione
delle forme tecniche della riproduzione umana, ha rifiutato di cogliere
nellantagonismo - nellassolutizzarsi di questo - la chiave di volta dello
sviluppo, e contemporaneamente della determinazione dellidentit umana. Una
teodicea della scienza e della tecnica cos venuta sostituendosi allanalisi
dellessere. I problemi del valore sono stati di volta in volta sottratti alla
centralit che pretendevano sul terreno dellessere, e portati davanti a tribunali
di grado inferiore. Di fatto lessere viene in tal modo depotenziato, ed un
processo di depotenziamento, di subtribunalizzazione continua, quello cui
assistiamo. Anzich mantenere la tragedia dellessere come elemento che ne
qualifica la presenza - e ci era gi stato ampiamente mostrato alle origini del
pensiero moderno - invece dunque di mantenere questa potentissima presenza,
la si fugge. Il pensiero contemporaneo quando coglie la crisi, non la coglie
come elemento di costruzione ma come incentivo alla fuga. Trasforma la crisi
in nihilismo, trasforma la morale della crisi in irresponsabilit ontologica. La
dimensione globale, metafisica, profonda nella quale si presenta il rapporto fra
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essere e non essere deve essere sfumata, sfuggita. Ci si dedica alla scienza ed
alla tecnica - ma non sono appunto queste ultime che ci riconducono
ineluttabilmente su quellorlo della distruzione dellessere? Che significato ha
pi, a questo punto, parlare di laicizzazione, o riguardare con una punta di
scetticismo, o con elegante e colta ironia, la possibilit della distruzione? Il
tragico percorre la nostra vita, ma solo in quanto lo riconosciamo, lo
assumiamo, facciamo di esso la disutopia positiva della nostra conoscenza -
solo in questo modo che riusciamo a garantire la libert dalla distruzione e la
sopravvivenza dello spirito. E completamente idiota la rivendicazione della
laicit, contro la religione, se quella rivendicazione nasconde che la nostra
determinazione nasce sul ritmo della distruzione, insomma una condizione
tragica per eccellenza. Alla religione non si oppone il laicismo ma si pu solo
opporre unaltra religione - quella del materialismo, quella di chi sa che vivere
o morire problema suo.
Eccoci dunque in una situazione nella quale qualsiasi tipo di fuga dai
problemi dellessere ci diviene impossibile. La volont amaramente si confronta
con se stessa nellambito di questa contingenza - e anche la ragione guarda
allopposizione che la costituisce, con fredda ma non meno timorosa attenzione.
Ci detto, v di contro e contemporaneamente quellaspetto dellessere nel
quale risiede la possibilit di ricostruzione, di una ricostruzione radicale e
profonda, - v dunque questaspetto dellessere cui tentare di adeguare il
cammino metafisico. Questo tentativo di adeguamento deve essere operoso - lo
dico con qualche distacco, per distinguere le condizioni nelle quali oggi un
discorso sulla speranza possibile, dallemergenza che questo tema ebbe
nellambito della filosofia contemporanea fra le due guerre. Voglio dire che <<
Das Prinzip Hoffnung >>, il principio della speranza, non pu qui essere
concepito, come invece lo fu da Bloch e da Benjamin, come blitz irrazionale
che si sottraeva alla crisi, allesaurimento delle condizioni della rivoluzione qui la speranza nasce dopo Auschwitz e Hiroshima, qui nessuno fugge pi
nulla. Qui speranza, dunque, la stessa cosa delloperare, e un senso della
mancanza di fondamento talmente profondo (e che ci teniamo sulle spalle), la
sorpresa del vivere quotidiano - la nostra speranza non ci fa attendere nulla se
non il miracolo della nostra quotidiana riproduzione. Ma tutto questo una
forza enorme, tutto questo contiene il principio etico dellestetica
trascendentale. Dagli anni `30 a noi cambiato solo questo - ed enorme e cio
che lapprofondimento del concetto di crisi pervenuto allessere, ha strappato i
veli letterari e filosofici che lo mostravano come risultato intellettuale
dellanalitica, per diventare una cosa. Una cosa reale, che si tocca, un incubo
che si vive, un terrore che si subisce. E questa materialit della crisi e
dellessere nella crisi che la speranza interpreta. La chiamiamo speranza perch
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questa, sono garantiti dalla teoria del valore, - ed da lui solo lontanamente
prevista una fase (la sussunzione reale della societ nel capitale) nella quale i
rapporti di produzione e i valori reali non si distinguono n si duplicano in
funzione astratta. Dobbiamo attendere la pi vicina modernit, ed in particolare
gli autori della << svolta linguistica >>, per ritrovare la garanzia del criterio
dentro le relazioni che formano loggetto. Questoperazione pagata da talora
consistenti concession al formalismo - questo, almeno, in Frege e in Russell molto meno vero per gi nellultimo Wittgenstein dove lorizzonte
linguistico esalta una certa ombrosa ontologia. Non basta: dobbiamo liberarci di
ogni minimo residuo dialettico, formalistico o tautologico che esso sia. E
questo il programma positivo che presiede alla definizione dellanalitico a
posteriori. Ora, quando noi assumiamo loggetto, non possiamo perci che
verificarne fin da subito, con linsistenza della relazione che lo definisce, la
potenza e la direzione, il vettore insomma sul quale esso si orienta tra le
relazioni che lo costituiscono. Vale a dire che le condizioni conoscitive non
vengono logicamente poste - le condizioni conoscitive sono condizioni di
esistenza: solo l << a posteriori >> libera lanalitico dalla tautologia,
dallisolamento nella sfera del puro senso logico, dallincapacit di farsi corpo.
In effetti la relazione devessere per cos dire scissa, interrotta,
geometricamente trasformata in una serie di funzioni diversamente disegnate,
che sempre tuttavia si ricondensano sulloggetto. Tutto questo non logico nel
senso che esaurisce la proposizione in un mondo autosufficiente capace di una
propria circolare riproduzione. No, qui il termine logico va, alla maniera
classica, riportato alla capacit di piegarsi, di modularsi, dentro il concreto.
Lanalitico sorge dunque qui, da questo non poter essere diverso dal reale che
descritto dalle relazioni, da questa immanenza assoluta dellapproccio
filosofico. Lanalitico dunque pu e deve trovare il suo rapporto con la
contingenza. Il problema logico di unestetica trascendentale di tipo nuovo
muove, come abbiamo visto, dalla rideterminazione dellessere come
contingenza. La contingenza lessere cos come ci presentato, nella sua
mobilit, nella sua versatilit, ed insieme laffermazione che lessere non pu
essere diverso. Vi una verifica analitica della contingenza ed la necessit che
lessere sia contingente. Con ci noi parliamo dellassoluta necessit che la
dimostrazione scenda sempre a scontrarsi con il reale e a nutrirsi di esso e ad
esasperare il rapporto in esso. Le condizioni di unestetica trascendentale sono
in questo processo. Se ci chiediamo di nuovo se esse siano sufficienti, in quanto
condizioni logiche, a garantire la costituzione delloggetto, possiamo ora
dichiarare linsufficienza dellaffermazione. Meglio tanto la sua necessit
quanto la sua insufficienza. Della necessit abbiamo detto, e qui, in
conclusione, possiamo sottolineare ancora limportanza di questo procedere <<
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per ogni dove >>, ma non senza una precisa direzione. Che questo processo non
arrivi ad una conclusione definitiva daltra parte necessario: perch la
contingenza che caratterizza lanalitico nella figura che questo assume
sullorizzonte comunicativo, in nessun caso permette una chiusura logica del
discorso La contingenza, come abbiamo visto, a chiave che apre la logica
allontologia - ma soprattutto apre lontologia alletico. E su questo terreno,
nella prospettiva del fare, del costruire, del costituire a nuova realt del mondo e
della comunicazione - e dunque in questo processo etico che lestetica
trascendentale del materialismo viene definendosi. Potenza, tendenza,
antagonismo si disegnano dentro questo sviluppo etico, ed il rapporto tra
processo conoscitivo e verit, fra contingenza e necessita deve essere a questo
contesto riportato. Ma, insisto, questa conversione etica del processo
conoscitivo non indebolisce, n toglie n elimina la specificit della ricerca
logica: ne indica semplicemente linsufficienza, esattamente quella che nella
filosofia di Frege, di Russell e di Wittgenstein stata definita. Ne qui, sul a
definizione di questa insufficienza, ci si pu ancora fermare. Basti aggiungere
che non v specialismo che possa trattenere e imprigionare la ricerca filosofica,
se gli stessi termini della logica rivelano un limite e richiedono un
dislocamento. Questo dislocamento va compiuto - su di esso ogni strumento del
pensiero filosofico va riapplicato. Cos torniamo al rapporto fondamentale quello definito dalla contingenza - ai suoi diversi aspetti, ai suoi diversi gradi ,
al dualismo radicale che la domina. La logica il corpo. Letica il corpo.
6. Il concetto di costituzione pratica.
Lo sviluppo della ricerca continua a spingerci verso lontologia etica. E solo
sul terreno dellontologia etica infatti che le antonomie e i rompicapi della
conoscenza potranno essere risolti.
Nella nostra introduzione abbiamo letto e commentato il <<
Systemprogramm >> - qui, ora, siamo collocati laddove esso intuisce il
passaggio fra estetica e dialettica trascendentale. Questo passaggio , qui come
l completamente inserito nella trama dellessere. Era il momento pi alto di
una concezione idealistica a natura si faceva storia, idea. Qui quellassoluto si
rovescia, come sempre avviene quando lo spingiamo - meglio le forze materiali
della storia lo hanno spinto - fino al suo opposto. Qui la storia che s fa natura,
o meglio, la natura che assume un ventaglio di protesi organiche e strutturali.
La natura si modifica attraverso una sorta di assimilazione cibernetica di tutte le
protesi intellettuali che ad essa si sono applicate. E uno straordinario
arricchimento, quello cui assistiamo: non solamente a forza produttiva del
lavoro umano che raggiunge altissimi punti di qualit, assimilando a s tutto il
sapere, e lintelligenza, e limmaginazione che una civilt superiore sanno
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produrre - non solo questo, anche se il processo avviene sui ritmi dello
sviluppo della produzione e dellarricchimento della forza lavoro: in realt
lintero mondo umano a conquistare questa strana e nuova figura. Si potrebbe
parlare di una << seconda natura >>, ma forse anche di una terza, o di una
quarta, o di unennesima potenza della natura tanto linsieme delle facolt
umane venuto modificandosi, poi trasformandosi ed arricchendosi. Nessuno
pu dire quale sia il senso, in meglio o in peggio, di questa trasformazione - non
ci sono teleologie storiche o antropologiche che possano fissare un termine alla
querelle degli antichi e dei moderni. Detto ci, e messe le mani avanti in ogni
senso, v ununica cosa che si pu dire con certezza: ed che aumentata la
capacit di fare, quella specifica capacit umana di fare che legata alluso
degli strumenti. Ma questo incrementarsi della ragione strumentale ha condotto
al di l dellorizzonte degli strumenti: il fare divenuto natura, ha di questa
colto la forza immediata, lessenza irreversibile, a corporeit irriducibile.
Con ci il discorso sulla costituzione pratica dellessere e sulla fondazione
etica della logica divengono sempre pi evidenti. Innanzi tutto quella
soggettivit naturale, che fino a questo punto abbiamo seguito nella sua
trasformazione, si presenta come essenza collettiva. Questa essenza collettiva
tale in senso proprio, vale a dire che ogni soggetto attraversato da un insieme
di relazioni che lo definiscono in quanto tale. Ma collettivo in senso proprio
significa anche che la capacit produttiva individuale e lessenza umana
singolare cos costituitesi, sono una determinazione universale. Il divenire
sempre pi astratto dellintelletto umano, il divenire sempre pi astratto della
forza-lavoro - questo processo di astrazione, questo straordinario incremento
della ragione strumentale producono il paradosso di una nuova singolarit (e la
reale soluzione di questo paradosso). Lastrazione astrae sulla vecchia natura,
costruisce indecenti protesi su un vecchio corpo mutilato - ma a partire da ci
lastratto assorbiti nella nuova corporeit e le protesi si perdono nel prodursi
del nuovo corpo. Tutto questo tanto collettivo quanto sempre il concetto di
natura stato universale: collettivo qui dato in termini di ontologia logica. Vi
di pi: ed che questa corporeit nuova rivela due caratteristiche
fondamentali. Tanto fondamentali quanto lo sono, in genere, le caratteristiche
strutturali dellessere. I due caratteri sono quelli della virtualit e della
irreversibilit, il primo come funzione elastica e il secondo come funzione
rigida nello sviluppo di unetica costitutiva. Per virtualit intendo quella
estrema determinazione del pratico che rappresenta lessenza della sempre
nuova determinazione singolare dei soggetti. Parlo di possibilit pratica, reale,
come rapporto fra una serie di determinazioni e la semplificazione di queste
nella scelta. Rifiuto qui ogni determinazione della possibilit che ne annulli la
capacit costruttiva, immergendola in una serie indefinita di predisposizioni e di
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53
Capitolo Secondo
<< Metus-superstitio >>: ossia sulla produzione di soggettivit nel
capitalismo maturo.
1. Il concetto di sussunzione reale e il problema dellanalitica.
Il processo di sussunzione reale della societ nel capitale ci restituisce a
societ come un enorme involucro di atti circolari ed uniformi. Noi viviamo
dentro questordine, dentro questa << Umwelt >> ordinata. La ricerca storica si
combina qui con la ricerca teorica nel dare, di questa forma della societ, il
quadro compiuto. E mentre la ricerca storica ci permette di seguire lintreccio
delle varie funzioni sociali ed il loro costituirsi in un tutto unico il confondersi
del lavoro produttivo e del lavoro improdutivo dentro un circuito del valore che
ne toglie la differenza, - la ricerca teorica ci propone il problema della
sovrastruttura e ci mostra come il rapporto, altre volte evidente, con
linfrastruttura, sia ormai definitivamente concluso. Concluso dentro
unindifferenza materiale che, se permette di cogliere la genesi delle due
formazioni materialmente ce le d completamente unificate, indistinguibili,
inseparabili << Da Marx ad Althusser >> la teoria marxista ha descritto la crisi
del rapporto struttura-sovrastruttura mostrando lo sviluppo del processo gi
indacato. Da ultimo Althusser, descrivendo il funzionamento delle
apparecchiature ideologiche dello Stato, ha ampiamente mostrato come questi
momenti cosiddetti sovrastrutturali fossero essenziali alla riproduzione della
societ capitalistica in quanto tale. Ma le indicazioni di Althusser, per quanto
corrette, non sono sufficienti a descrivere la situazione determinata nella
sussunzione reale. Qui il reciproco compenetrarsi del vari livelli di produzione,
delle merci cos come delle norme, diviene totale. Quella che gi si chiamava
sovrastruttura, ovvero gli elementi ideologici, teorici, dottrinali, ecc. ecc. che
descrivevano la realt registrandone in maniera mistificata il riflesso e
riproponendolo efficacemente verso e contro lempiria - ora vive una vita
completamente interiore allo sviluppo delle strutture produttive.
Questorizzonte che abbiamo dinnanzi, questa << Umwelt >> nella quale
siamo immersi, non permettono di operare fini distinzioni: certo gli apici delle
determinazioni, pi empiriche o ideologiche, possono essere sempre indicati ma
la determinazione fondamentale quella della compenetrazione e dellinterna
articolazione. Tutto questo ha un risvolto pratico, immediatamente pratico. La
nostra societ organizzata per questa confusione di livelli per mistificare la
sua totalit produttiva e gli antagonismi che questa totalit reggono. Gli
strumenti di potere e i momenti normativi, da questo punto di vista, sono
completamente interni al sociale. Si potrebbe dire che il sociale non potrebbe
esistere - nella forma, ovvio, adeguata al grado di produttivit attuale - se
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mostra i contenuti specifici dei meccanismi di produzione del valore, sta dal
punto di vista degli strumenti tecnologici, sia dal punto di vista della pertinenza
dei contenuti, - dallaltro si mostra come tendenza, come apertura potenziale di
nessi produttivi generali, come articolazione di composizioni diverse della
soggettivit. Si tratta allora di approfondire il nesso tra ricerca di valore ed
analisi materiale laddove invece, spesso, lincapacit di procedere in questo
senso, dovuta a permanenze ideologiche o a resistenze nei confronti della nuova
prospettiva, implica una ricerca che fra valore e sostanza ripropone indifferenza
o unit indifferenziate o confuse a connessioni analogiche, - sicch questo
rapporto, in s scoordinato non pu che essere sempre di nuovo riportato
allanalisi e alla pratica del dominio. Le teorie dellautonomia del politico, da
questo punto di vista, sono teorie attardate su una imperfetta comprensione
degli effetti della sussunzione reale. Di contro, la nostra ricerca assume
linerenza di strutture e di sovrastrutture, di forma e di sostanza, come
assolutamente data. Ed a partire da ci che i meccanismi di produzione della
soggettivit nel capitalismo maturo potranno essere finalmente definiti.
Ma proprio nella misura in cui procediamo in questo senso tanto pi il
problema definitivo sar quello etico. Vale a dire che non lanalisi dei rapporti
di potere che pu permetterci la comprensione di questo mondo compatto che
abbiamo dinnanzi, bens, a permetterci questo, linerenza della nostra volont,
della nostra lotta. alla composizione della societ. Offe dice chiaramente << Il
problema di una teoria dello Stato che si proponga di dimostrare il carattere
classista del dominio politico consiste dunque nel fatto che, in quanto teoria, in
quanto rappresentazione oggettivante di funzioni statali e del loro riferimento
ad interessi, essa non assolutamente attuabile. Soltanto la pratica della lotta di
classe ne soddisfa la pretesa conoscitiva... Questa limitatezza della conoscenza
teorica non tuttavia determinata dallinsufficienza dei suoi metodi, bens dalla
struttura del suo oggetto. Questo si sottrae alla chiarificazione in termini di una
teoria di classe. Semplificando si pu dire che nella societ industriale
capitalistica il dominio politico il metodo del dominio di classe che non si fa
riconoscere come tale >>. Questa dichiarazione di Offe ci sembra
fondamentale. Vale a dire che lindifferenza del quadro sociale che si presenta
nella sussunzione reale semplicemente una mistificazione oggettiva: anche
un momento di falsificazione, meglio di conoscenza falsificata, nella
prospettiva di dominio del soggetto. Ci scontriamo qui con unoperazione di
mistificazione che investe il sociale intero, con unoperazione di mistificazione
che tenta di sottrarre alla coscienza la possibilit di identificare le condizioni
dellantagonismo.
Questa sottrazione sostanziale, reale, - la mistificazione non solo
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globale sul sociale, diviene una specie di abito senza il quale a societ non pu
mostrarsi. Il diritto ostensione del sociale, il linguaggio della sua realt
profonda, larticolazione delle volont che percorrono e costituiscono il
sociale. Il diritto una vera e propria kantiana analitica del sociale. Non ho pi
parole per esprimere questa inerenza se non quelle adeguate ad esprimere il
rapporto tra il corpo e lanima: figurazione certo non post-moderna ma
fortemente intrisa di suggestione reale.
Detto ci occorre aggiungere che questa analitica la figura morta della
societ.
2. Analitica: il diritto come legittimazione.
E stato Hegel a mostrarsi il funzionamento del diritto come analitica della
societ civile. Quello che non ci si sarebbe aspettato - e che certo Hegel non si
attendeva - che il diritto man mano divenisse, da analitica, anatomia della
societ civile, usurpando cos il luogo fin l ricoperto dalleconomia politica.
Dico usurpazione perch il fatto di pervenire ad una tale interiorit nei confronti
della societ, non toglie al diritto le sue caratteristiche specificatamente e
fondamentalmente analitiche: la societ si fatta astratta, i suoi movimenti si
sono proiettati verso unorizzontalit lineare, - il diritto qui dentro ci sta bene,
adeguato, usurpa una funzione alla quale leconomia politica, per il fatto di
produrre questa societ astratta, ha abdicato.
Il diritto segue levoluzione dei rapporti sociali di produzione. Ne la forma.
Ma, procedendo lo sviluppo sociale e proiettandosi questo verso quellordine
particolare che proprio della sussunzione reale, il diritto non pi solamente
forma sociale, meglio, dellordine sociale, ma interviene strutturalmente in
quanto funzione generale di legittimazione nella riproduzione sociale. La
legittimazione assume sempre pi figure processuali, procedurali, esecutive: la
grande modificazione del diritto nel capitalismo maturo, la sua trasformazione
funzionale, consistono appunto in ci, nel fatto che il diritto non trascende pi i
rapporti sociali ma ad essi immanente, esso stesso un evento - quanto
generale si voglia - del processo sociale. Oggi la forma della legittimazione
assolutamente specifica: vale a dire che essa si pone fra sussunzione reale e
produzione di soggettivit. Ci significa che il diritto costituisce, in forma reale,
i soggetti, dentro una rete di qualificazione delle loro azioni, - rete che non
costituisce semplicemente realt giuridiche, costituisce bens il soggetto in
quanto tale. Non v soggettivit sociale senza che una serie di condizioni
giuridico-istituzionali la configurino. Il diritto interviene dentro la societ
delimitando continuamente in maniera amministrativa o giurisdizionale
possibili conflitti - ma non solo: costituendo gli stessi soggetti di un possibile
conflitto, introducendo un sistema di valutazione che cerca di rendersi sempre
58
pi efficace.
E chiaro come questo processo, del diritto in quanto potenza sociale,
rappresenti un morto paesaggio nella vita dello spirito. Si diceva << analitica
>>: vi pu essere qualcosa di pi analiticamente deprimente di questo continuo
tentativo di bloccare la dinamica detto spirito oggettivo? Il diritto questo
blocco - un blocco intelligente, una continua selezione dei materiali indistinti
presentati sulla scena della sussunzione reale ed una loro formazione,
unidentificazione - linvenzione del soggetto. Ma una invenzione che gioca
semplicemente i residui, i margini, le esclusioni. E chiaro allora che il processo
di legittimazione in quanto insieme di delimitazioni, selezioni, esclusioni, del
sistema di valutazione e della conseguente esecuzione amministrativa, tender
sempre pi a ripiegarsi e a chiudersi su se stesso. Ogni difficolt di soluzione
del processo non potr che spingere verso la drammatizzazione del momento
esecutivo - stato demergenza, situazione di necessit ecc. ecc. Ogni
eliminazione di possibilit corrisponder ad una tensione verso
unautolimitazione, unindipendenza, unautosufficienza del potere. La
necessit di imporre un meccanismo di regolazione che sia un meccanismo
regolare, costante, continuo - questa necessit spinger continuamente verso
quellessenza del comando costituzionale che, con esagerazione linguistica ma
con profonda adesione al reale, Carl Schmitt ha chiamato << dittatura >>. Il
diritto dunque latenza di dittatura, o meglio dittatura mistificata. Questa
essenza gli deriva dal fatto di essere completamente interiorizzato nella societ
ma, in queste condizioni, di selezionare unilateralmente linsieme delle potenze
sociali. Il diritto, nella sussunzione reale, di questa coestensivo - ma non
identico ad essa. Non identico ad essa perch un sistema di selezione, una
griglia di valutazione, un meccanismo di esecuzione. Non identico perch
coglie coestensivamente il tessuto sociale della sussunzione reale ma solo nella
figura negativa che questa permette. Vale a dire che il diritto organizza la
continuit lineare dei processi, i compromessi e le articolazioni di valore che nel
sociale si possono trovare - ma non riesce ad afferrare, n lo desidera, i nuovi
contenuti collettivi che questo sociale attraversano, ed in generale non riesce a
cogliere il passaggio dallastrattezza del rapporto ad una soggettivit superiore.
Il diritto produce soggettivit solo in quanto essa si presenti come limitazione.
Limitazione anche dellastratto. Il diritto teme a potenza della soggettivit della soggettivit ha bisogno solo in quanto materiale su cui costruire la
complessit dellordinamento. Insomma il diritto pura e semplice analitica,
tanto pi povera e morta, quanto pi lo sviluppo astratto del lavoro si
affermato come potenza.
Abbiamo detto che il diritto coestensivo della sussunzione reale ma non
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identico ad essa, anzi, che esso predisposto alla rottura degli equilibri
dinamici che si sono formati nel processo di maturazione della sussunzione
reale. E noto come sono andate le cose. Nel capitalismo maturo lo schema di
regolazione dello Stato e della societ insegue ladeguamento continuo del
rapporto fra forze produttive, consumi produttivi e stabilit politica. La
regolazione possibile quando essa avvenga su uno schema di valori unificato
(o in ogni caso non immediatamente contraddittorio) a partire
dallidentificazione di soggetti abilitati alla gestione del rapporto, alla
contrattazione, insomma alla partecipazione al processo di legittimazione. Il
fatto che, in questo schema, il pi alto ideale sia quello di unalla produttivit e
che la ripartizione del profitto fra soggetti produttivi si svolga secondo una
regola che introduce nella riproduzione sociale, e dentro questa amplifica, i
benefici della riproduzione secondo moltiplicatori adeguati allo sviluppo - il
fatto insomma che la legittimazione marci a pari passo con la continua riforma
dei rapporti di produzione, esalta in maniera importante la funzione del diritto
nella sussunzione reale e la mostra come articolazione necessaria di questa.
Ma non appena elementi di crisi si rivelano, non appena il diritto richiamato
in maniera stringente ad esercitare la funzione analitica, ci troviamo dinnanzi ad
una serie di eventi - meglio, di operazioni - che ampiamente caratterizzano il
funzionamento parziale del diritto nella nostra societ. Voglio dire che la
legittimazione analitica post-moderna trova una sua specificit quando,
scoprendosi coestensiva della sussunzione reale, rivendica la propria identit,
quindi la separatezza dalla propria funzione. Su tre punti si sviluppa questa
ricostruzione della specificit analitica del diritto: in generale, sulla ripresa,
reinvenzione, ristabilimento, dellegemonia della forma sopra, contro la
sostanza sociale. In secondo luogo la legittimazione analitica portata, nel
sistemismo, contro lunit progressiva del sistema dei valori, e, terzo, nel neocontrattualismo, contro il sistema dei soggetti che promuovevano lo sviluppo
giuridico verso lidentit di produzione e riforme.
Accenniamo alle tre forme nelle quali vengono sviluppandosi questi
fenomeni, dal punto di vista storico: procedendo nella ricerca le vedremo con
molta maggiore attenzione, basti qui descrivere la condizione generale del loro
presentarsi. Ora, particolarmente interessante la forma nella quale si mette
oggi in movimento quel processo che abbiamo detto di scissione fra forma e
sostanza della regolazione sociale. E una specie di nuovo trascendentalismo
quello che qui appare. Nella filosofia tedesca contemporanea, in particolare,
nella crisi e negli esiti della scuola di Francoforte, noi soprattutto possiamo
vedere come si sia sviluppata questa rinascita trascendentalistica. La ricerca di
una fondazione critica ha cominciato ad impiantarsi come un bisturi dentro
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del sapere trascendentale, tenta di configurare un quadro del reale fatto a sua
immagine e somiglianza.
3. Il modello formalistico: Hans Kelsen.
Riconsiderare il pensiero di Hans Kelsen, dopo aver proposto il problema del
formalismo nei termini in cui abbiamo fatto nel paragrafo precedente, pu
sembrare inutile preoccupazione archeologica. Non vero, perch il genio di
Kelsen consistette appunto nel percorrere un cammino che, dal vecchio
formalismo kantiano, portava ben oltre i limiti o le estreme estensioni di questo:
anticipava quella formalizzazione del reale che oggi consideriamo propria della
sussunzione e del postmoderno. In Kelsen il formalismo si presenta come
sovrastruttura della realt - e per, fin da subito, esso si arma di unautonoma
produttivit, sicch lavventura intellettuale di Kelsen descrive non solo una
vicenda soggettiva ma piuttosto la tendenza storica del formalismo.
Formalismo come sovrastruttura, dunque. Sovrastruttura di un contesto socioeconomico, forma logica, nella quale questo contesto analizzato ed ordinato.
Ma, se questa impostazione bastava a Stammler e ai suoi seguaci, se poteva
essere condizione egemone nel revisionismo social-democratico ottocentesco,
non bastava certo a Kelsen. La sovrastruttura in Kelsen trascendentale. Come
nella scuola di Marburg il trascendentale produttivo, - produttivo di schemi
della ragione, di tendenze regolatrici, di tipologie formali del linguaggio e della
scienza. Eccoci dunque a scoprire non tanto una base quanto una sorgente del
formalismo, ad identificare cio il punto sul quale la regolazione del sociale si
manifesta esplicitamente come gestazione di una rete di comando. A partire da
ci il neokantismo kelseniano si diluisce in un << Opus perpetuum >> che
assume varie figure, tutte agganciate al presupposto neokantiano ma tutte anche
capaci di sganciarsi da questo e di svolgersi, per successive stratificazioni, verso
risultati imprevisti. In una prima fase, il pensiero kelseniano forma lo schema di
lettura (e di organizzazione) del diritto sulla duplice funzione della purezza
logica della teoria e della sua fondazione trascendentale (Grundnorm). Ma
questo non basta: lanalitica deve svolgersi nello schematismo, la teoria pura
del diritto deve accostare ad una statica una nomodinamica: insomma, il diritto
deve produrre la sua realt. Eccoci dunque, su un primo punto essenziale, al
discoprimento dei meccanismi del formalismo. Lungi dallessere semplice
registrazione (sovrastrutturale o meno), la forma un motore, un orizzonte, uno
schema di comprensione. In realt, la forma un meccanismo di produzione
sistematica. La Grundnorm produce il sistema. Il sistema si forma attraverso un
meccanismo di gradi - Stufenbau - ed ogni grado capacit di produzione del
successivo. Gerarchia o meno, qui egemone lidea di produzione. Le critiche
rivolte al primo Kelsen, ed appuntate contro la vuotezza del suo formalismo,
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pretende di scegliere il secondo dei due principi. Sicch esso ritiene di potere
costruire uno schema di equilibrio sociale orientato dal principio di eguaglianza,
sorretto da un principio di reciprocit formale, sviluppato in termini
sostanzialmente riformistici. E chiaro che mai come in questa posizione risulta
evidente la paternit filosofica del kantismo e di una certa neokantiana
fenomenologia: le figure di orientamento e di tendenza che sono definite nel
neocontrattualismo stanno infatti a mezzo fra il formalismo dellintelletto e lo
schematismo della ragione.
Con ci un certo tipo di dinamicit formale impressa al circuito: laddove
tuttavia deve essere chiaro che non v soggetto se non come imputazione
formale del circuito stesso. Caratteristica del neocontrattualismo il fatto di
distruggere ogni soggettivit indipendente, di considerarne la possibilit solo in
termini di aggregazione formale. E difficile riassumere brevemente la
complessit di mezzi che viene in proposito messa in atto per raggiungere la
descrizione di uno schema di << reflective equilibrium >> sociale-giuridico. Da
un lato giocano, nel senso di questa costruzione, gli elementi gi ricordati della
filosofia kantiana e fenomenologica - dallaltro giocano soprattutto le
sollecitazioni che derivano dalle correnti anti-utilitaristiche degli anni 30
(Lionel Robbins, Hayek ecc.), e soprattutto che pervengono agli autori del
contrattualismo da parte delle scuole scettiche e realistiche di Pareto, di Arrow
ecc. Insomma i contrattualisti cercano di identificare un terreno sul quale dei
soggetti fittizzi, eguali, equivalenti si confrontano luno con laltro,
determinando allinterno di questo confronto, e come riflessione su questo
confronto, la loro costruzione come soggetti giuridici. Vale a dire che
lindividualismo contrattualista vuole distruggere ogni referenza ontologica del
soggetto. Ma non avevamo noi stessi sostenuto che lunico livello interessante
per lanalisi era appunto quello sul quale lastrazione trionfava e il complesso
delle relazioni socio-politiche e giuridiche si offriva solamente come contesto di
equivalenze! Certo - ma questo non significa non cercare di reidentificare, una
volta riconosciuto e fissato questo livello come terreno adeguato della ricerca,
gli antagonismi soggettivi. Il problema non quello di negare la trasformazione
del reale che abbiamo dinnanzi - bens quello di cogliere in questo reale
modificato, il riproporsi dellantagonismo, il funzionamento dei meccanismi
della soggettivit. Sembra chiaro allora che la teoria neocontrattualistica, a
fronte della crisi del Welfarestate e della prassi di regolazione giuridica del
medesimo, pur riconoscendo che questa crisi definitiva, tenta semplicemente
il ricorso ad un nuovo formalismo - nello sforzo di comprendere analiticamente
il nuovo. Ma appunto questo il momento critico: quando il contrattualismo
nega la possibilit di considerare i soggetti della contrattazione riformistica se
non dal punto di vista di unidentificazione riflessiva e formale. Occorre andare
68
in questo che pure cos sofisticato, vi sempre un momento fondamentalista vale a dire un momento nel quale il valore si sottrae alla circolazione - ma
questo contro lipotesi del passaggio alla << sussunzione >> sia formale che
reale. Lintuizionismo la filosofia delle anime belle - purtroppo, a questo
livello di sviluppo, c poco spazio per queste filosofie. Logicamente
lintuizione propone, sia pure in forma introduttiva, una teoria della
legittimazione come incontro di volont, di soggetti e di valori, opposti ma
convergenti. Da questo punto di vista ogni intuizionismo si sviluppa verso il
contrattualismo - e viceversa. Ma come abbiamo visto criticando il
contrattualismo, possiamo ora, sul piano dellepistemologia, ripetere quelle
critiche - cio insistere sul fatto che in tal modo si finisce solo per alludere ad
una specie di ventre molle della scienza, ad una confusa materialit che tutto
dovrebbe mediare, ad una in fondo equivoca mediet scientifica. Che tutto
questo sia un aspetto, un carattere, fissato ormai, del mondo della <<
sussunzione >>, evidente. Ma proprio per questo ogni intuizionismo
insufficiente a determinare un atteggiamento critico complessivo.
Lautoreferenzialit del modello un terzo momento da sottoporre a critica.
Di nuovo ci troviamo di fronte ad una caratteristica che fondamentale nel
sistemismo, ma che lo anche nellintuizionismo. Si potrebbe dire che, mentre
nel sistemismo lautoreferenzialit costruita dallalto, in maniera estensiva, e
quindi raccoglie orizzontalmente valori e soggetti in un circuito appunto di
referenze esaustive - nellintuizionismo lautoreferenzialit costruita dal
basso, a partire dal fondamento intuito, e raccoglie cos, in un disegno continuo,
su assi verticali, le referenze di valore. Ora, in entrambi casi noi ci troviamo di
fronte ad uno schema che corrisponde al prodotto del movimento verso la <<
sussunzione >> - ma nellautoreferenzialit questo movimento perduto,
limmagine autoreferenziale del prodotto non contiene n il ricordo n la
nostalgia del movimento. Lautoreferenzialit per qualche verso sempre
ipostatica. Essa daltra parte contraddittoria con lo statuto ontologico degli
elementi che ne costituiscono la definitiva figura, perch questi elementi di
contingenza comportano, nel loro dinamismo, alternative radicali - che nella
conclusione del processo sono invece bloccate e fissate. In pi: vi , in questo
concetto di autoreferenzialit, qualche cosa che colpisce negativamente perch
il processo sembra obbligato a svilupparsi in maniera lineare, a possedere un
meccanismo costrittivo - insomma, lautoreferenzialit esprime un risultato che
era gi tutto implicito nella sua origine, non ha quindi movimento. Come gi si
detto, lautoreferenzialit parmenidea. Di contro la critica della scienza e la
comprensione delle sue interne dinamiche - la critica della scienza dunque ci
mostra quanto sia reale un processo opposto a quello fissato nel modello di
autoreferenzialit. Lo sviluppo scientifico uno sviluppo per salti, attraverso
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83
Capitolo Terzo
<< Compact >>, per una dialettica trascendentale del potere.
1. Critica del concetto di potere.
Siamo dunque in grado di affrontare il problema dialettico, ovvero di
procedere sul terreno dellillusione vera. In questa parte, dopo che nella prima
abbiamo cercato di identificare quella rete etica e quel punto di vista pratico che
soli possono permettere lo sviluppo della teoria e, ad essa, di non perdere il
rapporto con limmediatezza reale, - dopo che nella seconda parte abbiamo
visto come la soggettivit, i suoi nomi, sensi, orizzonti, possono essere prodotti
dal potere, direttamente, ma in forma non meno antagonista - in questa parte,
dunque cercheremo di articolare limmediatezza del fondamento sia riguardo
alla fenomenologia dei soggetti che con riferimento alle finalit del movimento.
Procedere su questo terreno, significa produrre un concetto di potere. Questo
non ci aiuta certo a chiarire le cose - anche se ritenessimo infatti il concetto di
potere subordinato ad una gerarchia di valori, che in qualche modo lo
predeterminano o lo collocano in assetti complessi, saremo preda di vecchie
ambiguit concettuali. Recentemente, del concetto di potere si molto discusso.
Proprio queste immediate connessioni assiologiche sono state al centro della
critica. Per approfondire la critica, sar quindi necessario non solo rompere
quelle connessioni ma affrontarle dal punto di vista della genealogia storica e
teorica. Ora, su questo terreno, si avverte che le ambiguit del concetto di
potere erano il frutto di una non conclusa sua secolarizzazione. Cos, fissare la
centralit del concetto di potere, significa inseguirne le determinazioni storiche,
vedere come esse siano venute svolgendosi, e contemporaneamente sviluppare
la critica. Ora, la mia ipotesi che il concetto di potere sia mistificato ogni
qualvolta esso sganciato dalla concezione del soggetto. Ogni qualvolta ci
avviene, ed in particolare ogni qualvolta esso ci viene presentato o come
immediatezza oggettiva o come pura rete di rapporti strutturali, bene, questi tipi
ideali estremi di concettualizzazione del potere rappresentano pure e semplici
mistificazioni. A questo proposito non troviamo nulla di diverso da quanto
abbiamo gi visto analizzando il concetto di legittimit - quando cio abbiamo
visto scontrarsi una concezione realistica ed una concezione
formalistica/funzionalistica. Mutatis mutandis, ci troviamo nella medesima
situazione ed abbiamo a che fare con le medesime mistificazioni. Per uscirne
necessario allora procedere nel senso gi precedentemente identificato - cercare
cio un momento di sintesi per eliminare lisolamento degli elementi
conoscitivi, lastratto che e resta astratto - un momento analitico a posteriori,
una volont conoscitiva, soggettivamente determinata, dotata di potenza
creativa. Questo fondamento a posteriori del potere, nella sua immediatezza,
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complessit del reale che si prova. Siamo nella << sussunzione reale >>. Siamo
in una situazione nella quale ogni determinazione, tanto pi se teorica, pu
essere completamente riassunta nellinsensatezza circolare di una
fenomenologia del dominio. Solo il fare, il punto di vista pratico - solo quella
determinazione che si colloca sullorlo dellessere e del non essere, a cavallo fra
la catastrofe e la speranza - ecco dunque la collocazione aggressiva
dellimmaginazione trascendentale, oggi. Essa non annulla ma evidenzia
drammaticamente la complessit del processo storico. Unenorme contingenza
ha invaso lesistente. A partire da questa contingenza che tocca tanto a natura
del fare quanto le sue dimensioni e i suoi orizzonti, noi comprendiamo la
complessit. Le collocazioni antagoniste, e cio un loro certo porsi nello spazio,
nel tempo, nel contesto dei valori, dunque, non tolgono complessit n
allessere n allantagonismo. N lantagonismo cancella la complessit, n
viceversa a complessit cancella lantagonismo. Se uno dei due termini
eliminato, questa determinazione non dipende dal principio complementare ma
da altre ragioni. Condizione comunque difficilissima da verificare.
La critica del concetto di potere, riassumendo le determinazioni che siamo
venuti fin qui fissando, esprime, dunque, una situazione metafisica in cui
soggettivit, antagonismo, pluralit, complessit, convivono, si susseguono nel
caratterizzare la potenza sociale. E una specie di universo leibniziano quello
che abbiamo davanti, luniverso nel quale la libert etica vive della
contingenza, quindi dellindeterminatezza di traiettoria della soggettivit.
Leibniziana anche lidea che, quanto pi si scontra con lesterno, tanto pi la
soggettivit scava in se stessa ed organizza la propria costituzione. Noi potremo
dunque parlare di costituzione, se ne parleremo, a partire da un contesto di
contro-poteri, e cio da un contesto di determinazioni soggettive che abbiano
scoperto in se stesse il massimo di articolazioni di potenza.
Per fare un esempio. E fuori dubbio che, ad un certo punto. nella storia del
pensiero politico occidentale, intervenuta unefficace operazione di
mistificazione, una vera e propria perversa modificazione di paradigma, in
riferimento al concetto di potere. Vale a dire che il tessuto sociale, nel primo
contrattualismo dellevo moderno, era definito su un orizzonte, per cos dire,
piatto, orizzontale, appunto << contractum unionis >>. Ad un certo punto,
tuttavia, un enorme potenziale antagonistico, un enorme potenziale soggettivo
che pretende allegemonia, vengono rovesciati su questo rapporto, al fine di
determinare una sua verticalizzazione: << contractum subjectionis >>. Il
pluralismo, cos, non vien [sic] pi dato come tessuto di eguaglianza, come
terreno delle possibilit, come contingenza, - ci viene invece dato gi
organizzato dentro una struttura gerarchica. La societ sussunta formalmente
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nel capitale. In questo modo il potere viene tolto alla potenza dei soggetti.
Questo peccato originale un implicito nella storia del pensiero politico
occidentale. Per continuare nellesempio accennato si pu allora notare in che
modo il valore << pace >> venga giocato su questo passaggio: la pretesa di
garantire la pace che sta alla base della verticalizzazione del potere, cio della
sua perversa semplificazione, cio della repressione del pluralismo e
dellantagonismo. Qui la pace concepita come lelemento di scarico di ogni
tensione vitale, come tranquillit di fronte al movimento, come vuoto di fronte
al pieno delle passioni, dei desideri, dei movimenti delle singolarit. La
semplificazione del complesso: questo la pace. Ma questo pu essere anche
puro e semplice terrore...
Ecco perch, dunque, insistiamo e reinsistiamo sul fatto che il concetto di
potere, cos come pu essere definito attraverso la critica, non altro che il
concetto di movimento delle potenze sociali che noi sperimentiamo nel loro
pluralismo e nellantagonismo, che verifichiamo dunque come processo e rete
di contro-poteri. E evidente che, per riprendere il nostro esempio, noi non
semplificheremo i formidabili problemi sollevati dallintreccio fra movimento
dei contro-poteri ed esigenza della pace. Esiste qui una contrapposizione
insolubile? Noi non lo crediamo. Anzi. Solo percorrendo questo cammino
accidentato, che quello che la storia e le nostre coscienze ci presentano,
riusciremo a costruire a figura positiva della critica del potere. Materialmente.
2. A proposito di movimento, oggi.
Quando diciamo movimento indichiamo quella dimensione sociale che
costitutiva del potere. Come si rivela? Qual il rapporto che stringe, al livello
attuale dei rapporti di produzione e di cultura, soggetto ed ambiente?
E chiaro, sulla base dei presupposti generali della nostra analisi, e cio sulla
base di quel singolare intreccio tra Krisis e Umwelt, fra risultanze critiche dello
sviluppo e dislocamento generale delle condizioni di riproduzione, che abbiamo
verificato - chiaro, dunque, che linerenza di soggetto e ambiente qui totale.
Quando parliamo di dimensione ecologica come base costante dellanalisi, a
tutti i livelli, oggi, noi non facciamo che evidenziare questa inerenza che
costituisce la faccia, per cos dire, superiore di quellintegrazione dei circuiti
sociali che << sussunzione >> e post-moderno ci presentano. Ogni parametro
del vivere sociale oggi dato in termini ecologici - non che questo costituisce
una grande novit rispetto alla condizione metafisica del rapporto uomoambiente, che sempre ha mostrato questa fondamentale relazione: oggi la
modificazione consiste nel fatto che il conflitto che caratterizza, come ha
sempre caratterizzato, la dimensione ecologica, non si svolge semplicemente
attorno al confronto tra uomo e natura, bens sul ritmo del confronto fra vari
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cosa significa che potere libert, che nella particolarit dei contropoteri si
annidano prodotti collettivi di libert, meglio, che la libert, nascendo dal
rinnovato contesto uomo-natura si vuole come comunismo? Tutto ci siamo
venuti fino a questo momento analizzando da un punto di vista, per dire, di
superficie. Ora, qui di seguito, dovremo approfondire lanalisi per vedere come
questo contesto, questo ambiente, questo rapporto fra poteri, e fra natura e
storia, e fra uomini, - come, dunque, questo rapporto di superficie sia
organizzato da una macchina pi profonda e potente.
3. Il lavoro del soggetto.
Il tema della crisi e la critica del potere che lo attraversa, a partire da quelle
caratteristiche di sviluppo e di movimento che sono specifiche della
sussunzione, non possono che concludere allariproposizione del tema del
soggetto. Non esiste processo senza soggetto: neppure la pi alla analisi formale
riuscita a darci uno schema plausibile di un siffatto meccanismo, a meno di
non proiettarlo sul pi screditato degli schermi, quello della ragion pura e
dellanalitica. N il materialismo ha mai escluso il soggetto, anzi la scoperta
specifica del materialismo marxiano appunto quella del carattere ontologico
del soggetto. Tutte le determinazioni devono infatti rovesciarsi sul soggetto,
perch solo il soggetto che sa esprimere lavoro. Il lavoro non solo
sfruttamento, ma anche paradossalmente e soprattutto questo: perch
attraverso lo sfruttamento passa un attivit di rifiuto, di lotta e,
conseguentemente, di innovazione: questa attivit che mette in movimento
lintero processo storico. Il lavoro del soggetto dunque la chiave di volta di
ogni determinazione positiva dellessere. Filando questo tessuto, seguendo la
molteplicit dei suoi disegni, noi possiamo allora determinare il rapporto
complesso che si stende fra sfondo ontologico e figura specifica del soggetto.
La mia ricerca, e quella di molti miei compagni, si sviluppata lungo gli anni
attorno a questo problema del rapporto fra sfondo ontologico e determinazione
dellattivit soggettiva. Il logo << composizione di classe >> ha sempre infatti
alluso a questo tema. E subito da aggiungere che troppo spesso, ma non
sempre, la sua trattazione stata rigida: il rapporto fra i vari elementi, storici,
politici, tecnici, ma anche morali e pi largamente etici, che caratterizzano il
rapporto compositivo, stato studiato e descritto secondo trafile lineari. Troppo
spesso la dialettica, meglio, una specie di tradizionale e cieca fiducia nel
realizzarsi di processi di negazione e superamento: da essi, appunto, formata
la cosidetta dialettica - bene, troppo spesso questa simulazione ideale si
sovrapposta alla concretezza del progetto. Inoltre, di nuovo troppo spesso, gli
elementi di volont politica e lo stesso formarsi della coscienza, sono stati visti
sgorgare dalla composizione quasi si trattasse di una conseguenza logica e non
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suoi intoppi. Ma dal quadro Cartesian uscir, appunto, un meccanismo spaziotemporale completamente modificato rispetto alla tradizione. Questa
dimensione, che chiamiamo trans o multinazionale e che comprende anche (non
certo in termini secondari) quella figura temporale infranta della giornata
lavorativa - questo quadro, dunque, si accompagna strettamente alle
determinazioni tecnologiche gi considerate. Nella dislocazione del soggetto
noi non verifichiamo, dunque, soltanto la socialit della figura produttiva, ma
anche questa dimensione multinazionale. Automazione, rottura della giornata
lavorativa, mercato mondiale, misurano unitamente, simbioticamente, la figura
delloperaio sociale. Ecco dunque un esempio di dislocazione, un momento
paradigmatico del lavoro del soggetto.
II mondo s chiuso. Quando tocchiamo questa verit dellestetica
trascendentale, noi non affermiamo una vecchia verit. Noi non ripetiamo quel
sentimento di impotenza che spesso ha toccato luomo, pascalianamente,
davanti allincombere delle sue miserie. Qui la chiusura del mondo corrisponde
allenorme espandersi di tutte le componenti interne di questo medesimo
mondo. Quello che scopriamo non nuovamente il vecchio mondo medioevale
- mondo finito per antonomasia - scopriamo invece come il mondo infinito della
rivoluzione rinascimentale si sia esaurito, rovesciandosi riflessivamente su se
stesso, e come linfinita del rapporti che quellimmagine del mondo conteneva,
si sia ora riqualificata dentro sequenze puramente intensive. Vale a dire che oggi
il mondo infinito solamente nella misura della divisibilit, non in quella
dellestensione. Il mondo infinito verso il suo interno: indefinitivamente
plasmabile ma non superabile. I suoi limiti sono rigidi.
Ecco dunque, il lavoro del soggetto pervenire, in maniera definitiva, alla
riscoperta, ridefinizione e verifica di quei paradossi dellestetica trascendentale
che inizialmente avevamo colto e definito in termini di immediatezza. Il lavoro
del soggetto ci si mostra qui come causa di quella situazione ontologica che
lestetica trascendentale ci attestava in prima battuta. Ora, evidente qui che il
soggetto non semplicemente un prodotto del movimento storico: esso il
motore di quella serie di rapporti che si stabiliscono in un tutto unico che
coinvolge lambiente e lontologia produttiva. Ci un primo risultato: lunit e
lindifferenza del sostrato ontologico, produttivo, collettivo, sono qui verificate.
In secondo luogo, poi, questa matrice pratica che costituisce la soggettivit ci
pone davanti allestrema tensione dellessere: ad un processo che, dislocazione
dopo dislocazione, ha chiuso questo mondo su se stesso. E al soggetto
muoversi, al suo lavoro scegliere di essere o non essere.
4. Lavoro, territorio, libert.
Stiamo riagganciando ontologia e soggettivit. Non solo, stiamo anche
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di queste espressioni. Vale a dire che nello scontro che le oppone alla rete
astratta ed uniforme del comando, le espressioni di libert, di lavoro, di
corporeit, raggiungono una sorta di equilibrio che le riterritorializza, cio
sistema gli elementi della diversit dentro una comunit, un territorio
umanamente contrassegnato, uno spazio umano.
E importante sottolineare questa serie di passaggi. Probabilmente non vi
una legge che determini priorit, sequenze, rigidit - non pu esservi. Abbiamo
in ogni caso casistiche di percorsi differenziati. Ma ci che importante
sottolineare che questa serie di elementi, questa precipitata consistenza di
materialistiche determinazioni, ha uno spessore ontologico fortissimo. Nei miei
lavori precedenti, troppo spesso ho considerato il rapporto tra i processi di
autovalorizzazione e processi di autorganizzazione come termini conseguenti,
come tappe di un medesimo progetto - lautovalorizzazione, la spontaneit del
processo visto dalla prospettiva proletaria erano comunque prima, fondanti,
ontologicamente superficiali ed evanescenti. Non a caso, di conseguenza, la
determinazione aperta dei fili di autovalorizzazione - immagine che qui
confermo - mi sembrava scaricare il quadro di caratteristiche ontologiche
pesanti. Ci si muoveva nel soft piuttosto che sullhard. Invece qui vogliamo
proprio insistere sullaltro aspetto - vedere cio come i processi di
autorganizzazione procedano, o comunque siano contemporanei, a quelli di
autovalorizzazione. Spieghiamoci. Innanzitutto i due processi sono
complementari e la definizione delluno solo difficilmente (o del tutto
erroneamente) pu essere fatta senza la definizione dellaltro. Certo, vi saranno
crasi, deviazioni, sentieri interrotti: ma essenziale ricordare che
autorganizzazione e autovalorizzazione si iscrivono su un medesimo contesto
ontologico. In un secondo luogo, tuttavia, occorre affermare che
lautorganizzazione viene prima di tutto: essa la via che va in profondit,
quasi uno scivolamento tettonico, un radicarsi che non pu subire strappi e
comunque capace di una sublime resistenza. Tutti i termini della rete di
espressioni che costituisce (nel senso pesante di costituzione) lessere del
soggetto, troviamo qui una sistemazione, un ordinamento interno, una tendenza
vitale, per cos dire, diretta dalla ragione di queste connessioni. Immanente,
autoriflessiva, potente. Di tutte queste caratteristiche che si pu parlare senza
attribuire loro qualificazioni organicistiche: la dinamica descrivibile su un
terreno meccanico - quando a questa meccanica sia garantita lintera
dimensione di potenza dellessere. A me Spinoza servito per leggere in tal
modo, fuori da ogni tentazione organica, fuori da ogni scivolamento idealistico,
questa potenza dellessere. Lautorganizzazione, dunque, precede
ontologicamente lautovalorizzazione. Ma questa precedenza , come abbiamo
accennato, logica piuttosto che storica. Vale a dire che le vicende storiche, nel
100
comunit condannato al ghetto. Finch non si dia rivolta. Quale rivolta? Quale
insistenza antagonistica? Dal 1982 chiaro come questa resistenza possa
formarsi: appunto sul livello e contro il terrore monetario, contro il ricatto e la
repressione che si esercita attraverso lequivalenza generale. Dentro questo
passaggio si spiegano, in termini assolutamente espliciti, le dimensioni del
rapporto di forza che al lavoro del soggetto sono in questo periodo imposte, fra il 1971 e il 1982, fra la liberazione nixoniana del dollaro e la rivolta dei
paesi indebitati contro la ferocia delle banche e degli Stati centrali.
Lasciamo per ora ulteriori esemplificazioni: su di esse potremo
eventualmente pi tardi tornare. Quello che invece qui non possiamo trascurare,
di osservare come, a partire dalla situazione esemplificata, il livello di
resistenza ontologica si sia, per cos dire, talmente fissato da rendere pressoch
nulla lelasticit del sistema. Dallanalisi di questa situazione possiamo indurre
unulteriore modificazione del paradigma. Se non fosse paradossale dirlo in
questo momento, e cio proprio quando la funzione repressiva della moneta si
sviluppa appieno, si potrebbe prevedere che, a fronte del grado di resistenza
oggi verificata, gli strumenti monetari hanno concluso il ciclo storico nel quale
era a loro affidata la funzione centrale nel controllo. Si pu oggi, di fronte alle
resistenze che contro il comando monetario si sono levate, parlare di
capitalismo senza moneta? Non Sarebbe la prima volta che il comando si
esercitato, nella storia dellumanit, fuori del rapporto monetario. N
leventuale conclusione del ciclo del comando monetario del capitale pu
garantirci [garantirsi ?] che altre adeguate forme di comando non subentrino
alla moneta. Ma ci che qui estremamente interessante notare, che, nel
momento nel quale la funzione del comando monetario viene meno, gli aspetti,
certo non esclusivi e comunque non secondari, progressivi della funzione
monetaria, - sono ora fatti propri dal soggetto del lavoro. Voglio dire che
quelluniversalit di comunicazione e di movimento, quella mobilit e quella
leggerezza che il danaro impone agli uomini e alle merci, - ed in tutto ci
consistita unenorme spinta progressiva per lumanit - bene, tutto ci
conquistato direttamente ed immediatamente dai soggetti produttivi. Nella
stessa misura in cui il capitale distoglie dal denaro la funzione immediata,
diretta del comando - il capitale oggi propone comando in termini militari e
terroristici. Sicch uno dopo laltro una serie di elementi di libert si
accumulano sul soggetto del lavoro: ma su di esso si condensano nella misura
in cui, dallaltra parte, il controllo, il comando, il capitale, estremizzano
lesercizio del potere e ne portano la disponibilit direttamente sullalternativa
fra lessere e il non essere. C una nascente metafisica che si mostra in maniera
opposta, antagonista, per il lavoro e il capitale: ora, quanto pi si determinano
sviluppo e modernit, tanto pi questo antagonismo perviene all alternativa
103
dellessere e del non essere, perch a questo punto al lavoro del soggetto dato
il rapporto con lessere in maniera esclusiva, mentre al capitale dato, in
maniera sempre pi stringente, il non essere. Dunque, ogni qualvolta il processo
complessivo avanza, noi ci troviamo di fronte ad un allargamento di questa
alternativa. Ogni qualvolta matura la grande capacit produttiva del soggetto del
lavoro, tanto pi la biforcazione si scandisce e si approfondisce. Siamo
nellepoca nella quale questa scissione, prodotto della crisi, del suo
superamento, delle lotte e del loro futuro, tesa al massimo dei livelli.
Nellosservare tutto questo, abbiamo nuovamente affrontato il tema della
simulazione astratta, per quanto concerne il controllo dei meccanismi di valore.
Altrove abbiamo chiarito come i meccanismi di valore si configurino oggi sul
terreno della circolazione sociale, meglio, in forma collettiva; e come, mentre
impossibile riferire allindividuo la determinazione del valore, questa si pu
costituire attraverso il lavoro di soggettivit collettive. E interessante allora,
sulla base del ragionamento che abbiamo fin qui condotto, aggiungere qualche
considerazione su come il rapporto fra astrazione e comando venga
disgiungendosi. Vale a dire che nella misura in cui lastrazione diviene sostanza
del soggetto ed il comando tende ad essere unico elemento caratterizzante del
potere contrapposto - bene, in questo caso noi ci troviamo di fronte ad
unoperazione con una immediata valenza etica. Vale, ancora, a dire che il
valore direttamente implicate in questo processo e che il processo stesso
mostra una immediata divaricazione. Cos da un lato, a questo livello dello
sviluppo, il valore strappato alla forza-lavoro individuabile e riproposto come
figura dellinsieme collettivo delle attivit sociali. Daltro lato, invece, ecco che
il simulacro diviene pura e semplice falsit, ipocrisia, ideologia. Esso puro
comando, non contiene pi lallusione al valore, non pi neppure
mistificazione. E violenza diretta, tanto folle, vuota ed assurda quanto lo il
comando di un despota. La simulazione non essere, paranoia,
autoproduzione fantastica, espressione esasperata di un comando esasperato... Il
lavoro del soggetto il contrario di tutto questo. Questa simulazione potrebbe
definirsi come il lavoro delloggetto: morto e cieco. Se dal lavoro del soggetto
siamo risaliti al soggetto del lavoro e questo abbiamo collocato su un territorio
di libert, - simulazione , assieme alla negazione del valore, negazione del
lavoro, della sua territorializzazione e della sua libert.
5. Compact: fra diritto e rivoluzione.
Ci siamo fin qui mossi dentro la materialit dei rapporti sociali e la loro
immediatezza - che pur abbiamo trovato piena di senso. Ma questi rapporti
vanno portati al pieno del loro significato, vanno dipanati e riguardati come
elementi di coscienza. Questo compito urgente: gi sul terreno dellestetica
104
della dignit dellessere e della liberazione. Che poi una specie di catastrofe si
scatena, e su questa catastrofe di tutti i sensi finalmente si inquadrano
nuovamente le figure dellessere. Nuove composizioni si danno. Nuovi
orizzonti si definiscono. La genealogia ritornata ad essere cosmogonia meglio, cosmologia, ma dentro, per un mondo che completamente e
definitivamente astratto: tra questa astrazione, non come mediet bens come
tendenza materiale e sempre di nuovo costruita, e sempre di nuovo verificata, il
movimento del mondo va compiendosi. La sua ontologia a posteriori, non
esiste per essa necessit metafisica - ma ben vero che una volta formatasi essa
assume la verit dellanalitico. Senza esserlo, negandolo. Analitico a posteriori.
Eccoci dunque al termine di queste pagine e dello sviluppo di questa
tematica. Abbiamo visto quanto il concetto di << compact >> ci possa
concedere in termini di ricchezza e di utilit sistematica. Fra diritto e
rivoluzione noi veniamo cos raccogliendo gli elementi fondamentali della
nostra ipotesi. Essa riconquista la metafisica per porla in prime piano sul terreno
materialistico e ateo dellanalisi - sul terreno soggettivo della costruzione. Il
senso della costituzione si traduce nel reale. Nelloperativit grandissima delle
mute e mille energie che allinterno di esso si formano e si sviluppano. E un
fiume quello che ci corre davanti: ma noi sappiamo che potremmo essere dentro
ogni singola corrente che questo fiume, infinitamente, compone. Lo abbiamo
visto nella nostra esperienza rivoluzionaria, ogniqualvolta labbiamo vissuta
onestamente. Labbiamo visto nella storia dei processi rivoluzionari e
soprattutto nella formidabile avventura leninista e maoista. Ora, e forse in
maniera pi importante (dellorgoglio della ragione occore [occorre?] andar
fieri, se vero che per esso lEden fu perduto) - ora dunque, queste gigantesche
esperienze noi possiamo raccoglierle in uno schema ideale. Erasmo viene prima
di Lutero. Melantone viene dopo: mi trovo ad essere lun laltro, al servizio di
un Lutero eterno.
6. Il concetto di pratica sociale.
Siamo cos giunti al termine della nostra ricerca. Essa s mossa da una
fenomenologia del presente che ci ha mostrato come noi fossimo costretti a
vivere un reale, completamente trasfigurato dallo sviluppo del capitalismo. E
stato difficile riconoscersi li dentro - siamo stati risucchiati in una circolazione
dalla quale non riuscivamo a liberarci ed i paradossi che immediatamente
apparivano, ecco, essi pure erano per noi elementi di prigione e non momenti di
liberazione. La prigionia dellesperienza era nello stesso tempo prigione
linguistica - la filosofia contemporanea si sviluppa in questo senso, raggiunge
questi formidabili limiti - sono i limiti di unillusione che non sa rompersi e non
possibile andare oltre a riconquistare il reale. Ho vissuto questo sviluppo nel
111
mio pensiero, - assieme alla mia generazione, alla mia epoca. Marx ci ha
mostrato, nello sviluppo del capitalismo, quello che Wittgenstein ci ha mostrato
per lo sviluppo della filosofia borghese: la sussunzione reale, dove il linguaggio
diviene la gabbia sociale che tutto comprende, e non c possibilit di romperla
n di cogliere di l da essa un reale vero, un terreno su cui posare i piedi, una
base che ci strappi allirruenza del fiume della circolazione.
Eppure, sul limite estremo di questorizzonte, al quale pure eravamo
obbligati, ma non solo, schiacciati piuttosto, legati su questo limite, ecco la
crisi mostrarsi in termini estremi, - non la nostra intelligenza che ci porta di l
del reale, n il nostro desiderio - vorrebbero: ma solo la violenza del reale, in
questo caso, della contraddizione, dellestremo antagonismo, vi riesce. Questo
mondo chiuso e disperato nel quale ci siamo trovati a vivere, nella figura del
quale lintera storia del razionalismo occidentale si chiude - mostra un limite
nel suo proprio cuore. Questo limite, lo sviluppo ci mette dinnanzi: la scelta
fra lessere e il non essere, fra il continuare ed il finire - la scelta della vita o
della morte. Insomma, v un punto, dentro la circolazione totale
dellirrazionale, che sfugge alla circolazione, alla mistificazione che in essa si
rivela - il punto sul quale una scelta diviene possibile. Quel mondo che si
sempre nuovamente composto davanti a noi, fino al punto nel quale la
composizione sociale e la stessa composizione di classe, si sono mostrate come
prigione, quel mondo dunque ora viene rovesciato: deve essere scelto, quel
mondo, perch la sua conclusione la morte. Ma laddove vi morte, l c
anche la possibilit per la vita di riapparire. Essa deve riapparire, come
alternativa. La vita non la troviamo pi - laddove la troviamo. Essa gettata
allirrazionalit ed alla possibilit di morte - la vita non la ritroviamo, bens la
ricostruiamo. Questo paradosso il termine della nostra vita passiva, del nostro
subire. E linizio del nostro desiderio, della vita attiva. Il principio della pratica
sociale si determina solo a questo punto. La pratica sociale, nasce, si mostra, in
primo luogo, come scoperta della tessitura ontologica della costituzione sociale.
Nella crisi che lo sviluppo della razionalit occidentale ci ha proposto, noi
scopriamo che la costituzione, che il principio costitutivo dunque, precede la
composizione dellessere, la sua datit. Lessere quello che noi vogliamo, che
noi accettiamo essere. E ci, almeno nel momento pi mostruoso
dellesperienza collettiva, e cio laddove la scelta diviene esplicita fra la vita e
la morte, fra lessere e il non essere. Il concetto di composizione porta con s la
pregnanza di una relazione dialettica, di un fare soggettivo - ma non ha la
potenza formativa del costituire, e la complessit della composizione deve
perci dissolversi nella felicit della costituzione, nella serie di rapporti
innovativi, nella radicalit che questa ci mostra. Eccoci allora nel mezzo di
questo cammino costitutivo - il principio della pratica sociale, che qui
112
stesso, noi la ritroviamo ora come un dato - un dato che qualifica le tipologie, le
distingue luna dallaltra, determina - insomma - ogniqualvolta una singolarit
nata - un rinnovamento del senso dellindefinitivit del cammino della pratica.
Il momento di determinazione ontologica anche quello sul quale
lindefinitivit del cammino etico si propone. La fissazione epistemologica
delloggetto definizione dellinconclusivit etica del soggetto.
La pratica della pratica sociale: cos anche questo continuo ritorno che la
pratica costretta ad operare su se stessa. Nelloscillare fra certezza
epistemologica e inconclusivit etica, la pratica costretta a piegarsi
continuamente su se stessa, a riflettere. Riflessione della pratica su se stessa:
non dunque un principio idealistico, n un principio di autocoscienza o
solamente di critica o autocritica - riflessione della pratica su se stessa pratica
della pratica, un fondare essere e un prenderne le distanze, ma solamente in
maniera pratica, e cio attraverso la continua costruzione di essere, di nuovi
scenari teorici e di nuove prospettive etiche dellagire ontologico.
Perch allora non chiamare semplicemente rivoluzione questo movimento
della pratica che costituisce essere, nello stesso momento in cui riflette su se
stesso e propone uninstancabile e obbligata continuit del processo? Fra limiti
e superamenti, che non hanno senso unitario ma solo determinazione e senso
singolare? Perch allora non chiamare semplicemente rivoluzione la pratica
della pratica, il concetto della pratica sociale?
Per rispondere a questultimo quesito - ultimo nellordine della nostra ricerca
- occorre rispondere che il concetto di rivoluzione stato spesso confuso con
operazioni politiche di dubbio senso e che spesso si sono intrattenute sulla pi
screditata superficie della storia. Noi siamo disposti a riprendere il termine
rivoluzione solo se riusciamo a ricondurlo al significato ontologico della
locuzione. Rivoluzione: accettiamo il termine solo se esso ci indica una
modificazione della sostanza profonda del tempo storico, una trasformazione
delle anime, una mutazione dei soggetti. C un punto di equilibrio, nella
definizione del concetto di rivoluzione, - un punto di equilibrio ontologico che
troviamo piazzato fra il senso del tempo lungo di Tocqueville e il principio di
salto qualitativo, di catastrofe storica, che di Lenin. Entrambe queste tendenze
toccano la dimensione profonda dellessere, - e non nostra labitudine di
distinguere specie, raffinate o meno, dellessere. Lessere lessere. Non
feticizziamo il tempo lungo o la catastrofe: entrambi possono intervenire in
maniera rivoluzionaria sullessere, - questeffetto che ci interessa,
questirriducibile qualit che ci piace. Ora, dunque, il problema solo quello di
strappare al concetto di rivoluzione le connotazioni estremistiche, utopiche,
politicistiche, che contiene. Di rendergli le caratteristiche storiche, profonde,
116
117
PARTE III
Fra catastrofe e ricostruzione.
Appendice.
1. Erkenntnistheorie. Elogio dellassenza di memoria.
Lascia stupiti literazione della dichiarazione che il 68 morto. Per non dire
del 77. Linformazione di regime recluta suoi funzionari sulla base di
unesplicita vocazione: far il becchino, quindi il giornalista politico, ecc. Il
paradosso si ingigantisce quando si avverte che la memoria esistente del 68 e
del decennio successivo ormai solo quella del becchino. Il rinvio a giudizio
del 7 aprile memoria del becchino: la cerimonia (ma ci si deve allo scarso
gusto degli autori) ha poi il grossolano fasto del funerale meridionale. Avrebbe
potuto essere pi elegante. Peccato!
Forse per questo il proletariato metropolitano, da Berlino a Brixton, da
Napoli a Zurigo, da Amsterdam a Varsavia, conosce la realt ed rivoluzionario
secondo dispositivi che la memoria non gli ha consegnato.
Quello che mi interessa dunque la mancanza di memoria. Come possano
esistere un sapere rivoluzionario - ed esiste - ed una teoria della conoscenza su
questo terreno - teoria che effettuale - fuori dalla memoria storica del
movimento, indipendentemente dalla sua continuit e dalle sue cesure e dai suoi
problemi? La mancanza di memoria: la pongo a problema.
***
Si potrebbe cominciare col dire: quello che era volontario si fatto
fisiologico, senza che la trasformazione sia stata mediata dalla memoria, da una
qualsiasi continuit pi o meno cosciente.
La storia si fatta natura, seconda natura, - cos come avviene sempre sulla
trasformazione della composizione di classe. E una ipotesi: ma non spiega lo
specifico del nostro problema, che quello della mancanza di memoria, non
quello della pura e semplice trasformazione. Lepistemologia borghese e quella
socialista conoscono questo passaggio dalla storia alla natura, alla seconda
natura della composizione di classe trasformata, e lo tematizzano attorno al
concetto di organizzazione del lavoro e di trasformazione dei rapporti di
produzione. La sequenza << lotta di classe / ristrutturazione capitalistica /
nuova composizione proletaria / nuovo dominio >> rappresenta la pi astuta
descrizione del processo.
Ma in questo caso, nel caso di mancanza di memoria, non serve. Infatti, nel
quadro dellepistemologia borghese e socialista, la dialettica di spinte e
controspinte, di lavoro e conoscenza, indistricabile: una termodinamica di
118
come base della propria esistenza, lo ha come sostanza della sua pratica
materiale. E iscritto nella sua esistenza. Non hanno bisogno di memoria i
giovani di Zurigo, i proletari napoletani e gli operai di Danzica: hanno solo
bisogno di quella speranza che costruiscono. Giustamente in Kant, su quello
snodo di transizione della filosofia della rivoluzione borghese, non c una
compiuta teoria della memoria. In Lenin e in tutta la fase socialista della
rivoluzione proletaria la memoria portata solo sulla sofferenza o sugli errori
proletari, arma - un po piagnona e sordida ma sempre un arma - e come tale
la memoria legittimata. Ma ora, nel mezzo della transizione comunista, a che
diavolo serve la memoria? Non c spazio per essa. Come, e a rovescio che in
Kant, la memoria nella forma stessa a priori del conoscere proletario, nel
meccanismo della sua espansione materiale. La memoria si legge solo nel
futuro.
Di conseguenza: il processo 7 aprile non va impostato come rivendicazione di
un passato, ma va concepito come presagio e dimostrazione di una nuova
istituzionalit proletaria, nella sua realt. Al processo 7 aprile si va a
considerare la chiusura di unepoca e il dislocamento in avanti della lotta di
liberazione. La memoria sar solo forma della nostra - indipendente separata
creativa - esistenza di comunit comunista. Nelle grandi dimensioni sociali
della sussunzione reale e dellantagonismo nuovo che lattualit della storia di
classe mostra.
***
E evidente che ci sono anche tanti altri orizzonti della memoria. E che alcuni
vanno percorsi proprio per costruire listituzionalit proletaria. Qui il mio
problema (qui e nel processo 7 aprile) ; solo quello di rovesciare in positivo
quella spaventosa violenza che la memoria del potere produce per quello che
riguarda il decennio che comincia con il 68, ovvero il decennio pi bello della
nostra vita. Se memoria diviene memoria del potere, memoria del
funzionamento della legge del valore, memoria della sussunzione reale, di per
ci stesso la violenza annulla la nostra memoria. Questa violenza va comunque
presa in positivo: rovesciata, assunta sul terreno dellantagonismo, scarnificata,
- se la memoria la violenza, la nostra vita la negazione della memoria: ma
non basta! Poi ricominceremo a ricostruire gli orizzonti alternativi del ricordo.
Per noi non c la possibilit di accostare senza violenza il passato: il nemico ce
lo ha reso tale. Ma esiste, probabilmente, una memoria dellaltro soggetto. Di
noi come soggetto.
E c da dire che la coincidenza della distruzione capitalistica della memoria
con il risoluto ingresso del capitale nella fase della sussunzione reale, mette in
sintonia - dal punto di vista proletario - e senza alcuno scandalo, la riscoperta
124
discorso << operaista >>, in senso stretto, della rivista non corrisponde neppure
lontanamente a quelle che oggi sono le concezioni della lotta di classe che il
militante medio, autonomo, loperaio sociale degli anni 70 e 80 posseggono:
allorizzonte che si sono costruiti con tante lotte e con una riflessione critica
cos profonda. Gi negli anni scorsi, quando feci vedere a militanti tedeschi e
americani, la mia collezione di << Classe operaia >> (oggi questa collezione,
rubatami da qualche poliziotto, giace nella polvere di un archivio giudiziario),
le reazioni erano gi affascinate ma distaccate. Per i nuovi strati di militanti, <<
Classe operaia >> in realt una reliquia. Come tutte le reliquie pu avere
effetti di rassicurazione sulle anime belle, certo - e perch negare lutilit della
rassicurazione teorica, in tempi cos atroci? Ma, dal punto di vista della lotta
politica, questa rassicurazione rischia persino di essere mistificante. Dove sono
pi infatti le categoire stesse sulle quali il lavoro di << Classe operaia >> si
fondava? Dove i rapporti, ambigui e sotterranei, con il movimento operaio
ufficiale che << Classe operaia >> comunque supponeva? Qual pi oggi il
modo di leggere le ambiguit delle quali << Classe operaia >> ridondava? Quel
belloperaio massa, che a tutto tondo veniva fuori dalle pagine della rivista, era
indubbiamente allora, nel panorama della pubblicistica della sinistra
rivoluzionaria, una figura nuova: ma oggi dov pi. Oggi lattenzione critica e
trasformatrice si basa su ben altri, corposi e nuovi soggetti: anche noi, uomini e
proletari di oggi, abbiamo il nostro carico di ambiguit nei confronti del nuovo
soggetto, ma sono ambiguit esse stesse non riferibili a quella realt degli anni
Sessanta. Non c omologia possibile fra << quella >> figura delloperaio
massa e lattuale vivacit del soggetto sociale proletario.
A guardar bene, poi, quella figura a tutto tondo delloperaio massa che
emergeva dalle pagine di << Classe operaia >> era gi una figura vecchia. Noi,
di << Classe operaia >>, eravamo un po delle nottole di Minerva che
apparivano allimbrunire: scoprivamo la novit della figura delloperaio massa
quando questa figura si era gi storicamente consolidata (da almeno trentanni),
era gi del tutto matura, era - e questo quello che pi conta - gi in corso di
superamento. In realt non scoprivamo una categoria della lotta di classe ma
solo denunciavamo il ritardo storico del movimento operaio ufficiale
nellidentificare una strategia fondata sulla centralit delloperaio massa. Di qui
una serie ulteriore di ambiguit: questoperaio massa che venivamo tirando
fuori dai dimenticatoi del movimento operaio ufficiale, questoperaio massa che
intagliavamo come figura distinta dalloperaio professionale, in realt poi lo
dipingevamo con vecchi colori. Il nostro operaio massa puzzava di officina
Putilov in maniera indecente. Non che nel discorso di << Classe operaia >> non
esistessero momenti di superamento di questa ambiguit, non sto dicendo
questo.
126
come iniziativa continuata, come progetto sul quale non si scarica solo
lintelligenza strategica ma soprattutto la tattica, la partecipazione, la
microiniziativa quotidiana. Come le pagine di << Classe operaia >>
documentano (cfr. in particolare le pagine di documentazione del n.3 del 1965)
lintervento molto ampio: ma non residua un solo livello organizzativo (salvo
alcune eccezioni). Loperaismo si collega ad un atteggiamento illuministico che
non ha in realt alcuna speranza di mordere il reale. Dentro queste difficolt la
polemica della rivista, e quella condotta nel corso dellintervento, si limitano
sempre di pi alle sole tematiche sindacali. Con comportamento classico della
vecchia sinistra terzinternazionalista, lattacco al sindacato accompagnato
dalla mano tesa nei confronti del partito. E questo proprio quando il
fondamentale punto di partenza, sia nei << Quaderni Rossi >> che nella nuova
rivista, era stato il riconoscimento dellidentit del contenuto dellazione
sindacale e dellazione politica nella societ fabbrica della pianificazione
capitalistica. Le contraddizioni presto si ritrovano tra i compagni stessi
promotori delliniziativa non era infatti possibile diluire la radicalit del
progetto senza determinare delle conseguenze pratiche che sarebbero
immediatamente ricomparse sul livello teorico. Limpotenza pratica diviene
ragione sufficiente di scissioni teoriche.
Alla fine del 64, un anno appena dal suo inizio, la rivista in crisi. Le
ambiguit si accumulano soprattutto sul passaggio << intervento - sviluppo
generale del discorso politico - sue varianti tattiche >> per la mancanza di una
teoria dellorganizzazione qualsiasi. Nel 1965, anno secondo della rivista, la
polemica si apre ferocemente nel la redazione. Non sono tanto gli insuccessi
pratici dellintervento a determinarla quanto la riflessione sempre pi pesante,
che solo una teoria dellorganizzazione poteva permettere di andare avanti. Ma
non solo una teoria dellorganizzazione non c: non la si vuole. Una parte
consistente della redazione comincia infatti a considerare lintervento operaio e
politico come un puro e semplice strumento di pressione sui livello politico: sul
PCI.
Si teorizza l << entrismo di tipo nuovo >>. Non pi quellentrismo
miserabile che tradizione dei gruppi minoritari della III Internazionale, non
pi la critica e la pressione politica che si sviluppano sugli snodi
dellorganizzazione formale del partito: una pressione ed una critica che si
vogliono di massa, invece, nella convinzione che il partito, il partito comunista
italiano nella fattispecie, sar costretto a recepire questa critica e a modificare la
sua politica di conseguenza. Il giudizio portato sul sindacato drastico: nulla
pu venire dal sindacato, esso , rimane, ed bene che rimanga, una pura
cinghia di trasmissione del partito. Lintero sforzo del nuovo entrismo va
129
dunque rovesciato sulla lotta politica di partito. Questo dunque quello che
sostiene una parte della redazione della rivista. Sulla base di questo progetto
essa si espone sempre pi coerentemente in un lavoro di trattativa e di
infiltrazione nel sindacato e soprattutto nel partito. Un giudizio molto
ottimistico sulla base operaia del PCI tende ad elidere ogni considerazione circa
il funzionamento del centralismo democratico rozzamente si considera il
rapporto di forza allinterno del partito come omologabile al rapporto di lotta di
classe! Lo spessore dellideologia di partito, la forza materiale della
centralizzazione burocratica, la violenza distruttiva dellideologia del lavoro
vengono permanentemente sottovalutate. Lentrismo di massa, dentro questo
gioco che tende a divenire sempre pi e solamente intellettuale, si trasforma
presto in entrismo individuale di vecchio tipo. Alla fine del 1965, dopo che la
crisi interna alla rivista aveva gi durante lanno bloccato il suo lavoro, la
scissione della redazione praticamente data. I numeri del 66 sono gi interni
alloperazione entrista ed impegnano solo una parte di compagni.
Di contro allentrismo ed alla sua storia, dentro al gruppo redazionale di <<
Classe operaia >> se ne apre tuttavia unaltra. E la storia delloperaismo
militante, della lotta contro il revisionismo della lunga marcia per
lorganizzazione dellautonomia operaia e proletaria. Questa storia ormai
molto nota e non val forse la pena di sottolinearla, di tornarci ancora sopra, qui.
Chi sostiene questo indirizzo sono i compagni direttamente impegnati nel
lavoro politico e di agitazione attorno alle grandi fabbriche del Nord. La
geografia operaia degli anni 68/69 si stabilisce a questo punto. Fiat, Pirelli,
Alfa, Porto Marghera: questo adagio di milioni di volantini comincia a
costituire lipostruttura della coscienza del militante. Ora, gi durante lultimo
anno di redazione di << Classe operaia >>, la vicenda di questi compagni si
autonomizza. Formidabili quadri operai prendono la direzione del movimento
di contestazione gi a partire dal 6 5/66.
Ogni compromesso diviene quindi impossibile. Ma non appunto questa
storia che va qui rinarrata. Si deve piuttosto insistere su un fatto, negativo e
residuo, che anche lesperienza ed il discorso di questi compagni contengono.
Ed lincapacit di proporre, per un lungo tempo, di nuovo trovandosi
prigionieri delle ambiguit essenziali del discorso teorico di << Classe operaia
>>, una tematica dellorganizzazione. Le caratteristiche del gruppo di compagni
redattori di << Classe operaia >> che rifiutarono lopzione entrista (entrismo di
vecchio e di nuovo tipo), sono tali che, mentre da un lato lenfasi sulla forza
teorica della prassi massima, dallaltro la riflessione specifica in proposito
minima. Certo, si punta tutto sullorganizzazione di base ma senza intendere la
complessit dei rapporti dialettici che a questa si presentavano.
130
lettera del saggio di Jean Petitot << propos de Logos et thorie des
catastrophes >> (apparso nel numero 2/3 di Babylone) tonificante. E lo
soprattutto nella sua impostazione, laddove, a fronte del senso della Krisis che
percorre la filosofia contemporanea (ed istericamente totalizza quella italiana),
viene immediatamente rivendicata la funzione costitutiva del nesso
epistemologia-ontologia. Il senso forte del paradigma teorico innovativo << alla
Kuhn >> qui richiamato: la riflessione sul pensiero di Thom, infatti, lungi
dallesaltare funzioni unilaterali e tecniche di unepistemologia strumentale,
apre spazi e pu permettere di muoversi sul terreno della costituzione,
ontologicamente determinante, di << regioni del senso >> - obiettivi,
semiotiche, comunicative. Questo quello che inizialmente ci dice Petitot. E il
processo razionale dellobiettivazione che qui possibile riconquistare alla
filosofia, dopo la lunga fase di predominio del pensiero della Krisis ed di l
dellangosciosa fatica della sua verificazione. E una nuova << estetica
trascendentale della ragione >> ad essere qui possibile, - sostiene Petitot, - una
estetica trascendentale modificata e completata, sulla quale direttamente si
fondino le determinazioni oggettive e costitutive dello schematismo, giovandosi
dello sviluppo delle matematiche e dellepistemologia, ben oltre il livello della
loro elaborazione in periodo kantiano. Il razionalismo classico, di cui Kant
lultima espressione e del quale le filosofie della Krisis sperimentano
lestinzione, basato comera sulla disgiunzione fra lessere fisico e razionale e,
daltro canto e di contro, lapparire fenomenico, - viene dunque superato
dallimpostazione di Thom, il cui fondamentale merito consiste
nellintegrazione del fenomeni critici nella descrizione razionale, nella
riconciliazione dellessere fisico e dellapparire morfologico.
Petitot cerca di dimostrare il suo assunto attraverso un discorso che con molta
efficacia intercala considerazioni di metodologia scientifica e suggestioni
storico-filosofiche.
Per quanto riguarda le seconde, egli traccia un cammino denso di referenze.
Rivedendo inizialmente la problematica kantiana dello schematismo
trascendentale della ragione, cos come essa stata sviluppata e condotta a crisi
nellelaborazione husserliana, egli nota come Husserl abbia correttamente
inteso lirresolubilit del problema posto in quelle forme da Kant. Il passaggio
kantiano dallestetica allanalitica allo schematismo disgiunge in maniera
definitiva i giudizi determinanti (a portata ontologica) da quelli riflettenti (a
portata ipotetico-metafisica). Su questo passaggio il criticismo non riesce a
concludere il suo progetto, anzi esso ci lascia un mondo scisso,
ontologicamente irraggiungibile Ma la correttezza della comprensione del
fallimento kantiano nella soluzione del problema della conoscenza, non porta
136
dalla sintesi pur innovativa che Husserl opera nelle Logische Untersuchungen,
si formano indirizzi di pensiero tipologici, gestaltistici, simbolici e formalisti.
Ora, che cosa ha a che fare questo comportamento di descrizione eidetica con lo
schematismo costitutivo precedentemente descritto? In tal modo non si ritorna
piuttosto a santificare il formalismo, scarnificato quanto si vuole, eppure
presente, in qualcuna delle sue molteplici figure? Non ritorna lanalitica
trascendentale a schiacciare la capacit dellestetica del senso di esprimere
autonomamente la propria tensione schematica? Sorge qui il dubbio che la
stessa prescrizione, precedentemente offerta allo sviluppo della metodologia
della ricerca, di identificare concetti strutturali a contenuto categoriale,
costruendoli attraverso un << processo di mediazione >> fra i dati
dellesperienza, possa risultare ambigua. Che cosa infatti significa pi <<
mediazione >> a questo punto? E di nuovo forse << mediazione >> di essenze
analitiche e contenuti concreti? E addirittura ripetizione di un processo di <<
deduzione >> trascendentale? Non sembrava, inizialmente, che le cose stessero
in questi termini; sembrava invece che << mediazione >> fosse sinonimo di <<
costruzione >> - e che lestetica della sensibilit producesse essa stessa il
proprio schema di sviluppo. In questo caso lanalisi si sviluppa (e lanalitico si
forma) non deduttivamente, bens dentro laposteriori stesso.
A proposito di questo primo ostacolo che sorge sulla via che Petitot percorre,
mi sembra dunque che si debba scrupolosamente tener distinta la nuova lettura
dello schematismo costruttivo che dobbiamo a Thom (e la sua rielaborazione
nello stesso Petitot) dalla tentazione di ricondurla dentro la tradizione dello
strutturalismo. Il ritorno allo strutturalismo rappresenterebbe infatti non la
riscoperta della funzione costitutiva del nesso epistemologia-ontologia, bens
una riconferma del formalismo e dei trucchi deduttivistici di unanalitica
disincarnata.
Ma v anche un secondo ostacolo che si presenta nel corso della lettura che
Petitot fa del pensiero di Thom. Intendo parlare di un certo << riduzionismo >>
nella definizione del << problema del senso >>. Ora, in questo saggio di Petitot,
siamo dinanzi alla compresenza di unimpostazione di carattere generale (che
ha come compito la rilettura dello schematismo trascendentale della ragione) e
di unapplicazione di carattere particolare (la rilettura della teoria delle
catastrofi in Thom e limpatto dellimpostazione geometrico-matematica
sullinsieme teorico dellepistemologia). Si tratta ora di chiedersi Se, non
episodicamente n casualmente, il senso generale dellimpostazione non sia
tradito dallesemplificazione, dalla dimostrazione particolare. Meglio, se nel
corso dellapplicazione, Petitot non sia indotto a ridurre in maniera sostanziale
il campo di intervento, piegando e stringendo il discorso sullo schematismo
139
se questa << via brevis >> non data, resta comunque il problema di chiarire
che cosa possa essere un ontologia che si ponga a livello della grande
trasformazione del senso dellesperienza - quale quella che stiamo vivendo.
Che interpreti, ad esempio, la pregnanza dellindistinzione del Sachverhalten
(quali il descriveva lultimo Wittgenstein); che rompa la circolarit delle
fenomenologie funzionalistiche, ecc. ecc..
La risposta a questi interrogativi, credo debba costituire il compito del lavoro
filosofico nei prossimi anni. Per ora lunica preoccupazione dovrebbe essere
quella di non racchiudere nuovi modelli di costituzione critica del reale sotto
vecchi paradigmi di razionalit. Da questo punto di vista il richiamo di Petitot
(richiamo fuggevole) alla rilettura che Deleuze ha fatto dellestetica
trascendentale, sembra particolarmente opportuno.
4. Sullorlo dellessere.
A proposito di Giorgio Agamben, Il linguaggio e la morte. Un seminario sul
luogo del negativo, Torino, Einaudi, 1982; di << Vingt ans de pense allemande
>>, numero speciale di Critique 413, ottobre 1981, Paris, t. XXXVII, con
articoli di H. Gadamer, K.O. Apel, R. Bubner, J. Habermas, D. Henrich, N.
Luhmann, O. Marquard, E. Tugendhat, R. Wiehl, W. Iser, H.R. Jauss, G.
Kortian; di Vincent Descombes La mme et lautre, Quarante-cinq ans de
philosophie franaise (1933-1978), Paris, Les d. de Minuit, 1979.
Il pensiero della Krisis ha rappresentato, per una non pi breve stagione, il
punto di riferimento della crisi del marxismo in Italia. Lo sfaldamento della
teoria marxiana del valore e limpossibilit di riportarla ad uno schema
razionale di pianificazione e delle formule politiche che ad essa si erano
richiamate - determinano la necessit, tipicamente italiana (e cio imposta
dallalto livello di lotte e di politicizzazione comunque esistente lungo gli anni
settanta), di salvare la politica comunista oltre la crisi della teoria comunista. Il
pensiero della Krisis sembra svolgersi in questo quadro.
Sulla crisi della teoria del valore, e cio del fondamento della razionalit
complessiva del sapere rivoluzionario, si pone lo sforzo di rifondazione del
progetto. Un prometeismo della politica in assenza di una scienza, anzi, in
presenza della crisi radicale del suo fondamento. La scienza perci del
progetto, nella misura stessa nella quale non pu pi essere scienza del
fondamento. Una sorta di acuta schizofrenia coglie cos la teoria di una parte
consistente del comunismo italiano: quanto pi la scepsi si approfondisce e va
indietro alle origini stesse del pensiero filosofico e politico delloccidente
moderno, tanto pi viene svolgendosi una specie di scienza pura della politica.
Il fondamento sprofonda nella mistica ad indicare lassenza di ogni
141
validazione per quella razionalit tecnica cui si accede tuttavia nel disincantato
della politica - nel cinismo si rappresenta il fantasma della weberiana Beruf
politica (talora non si evitano moralistiche inflessioni tratte da quellantica
socratica scuola - come quelle, absit iniuria, rilevabili nel famoso discorso
dellEliseo). Il pessimismo della ragione e lottimismo della volont
raggiungevano un paradossale apogeo. C da aggiungere che queste traiettorie
filosofiche-politiche negarono con insistenza, o riconobbero con estrema
difficolt, la matrice tecnica che autenticamente le sosteneva. Non se ne intende
la ragione: non per la prima volta infatti la teoria socialista dellautonomia
relativa del politico, dello Stato e del diritto avrebbe esplicitamente assunto una
dimensione tecnicistica -come ad esempio avvenne a pensatori della statura di
Lundstedt, in fecondo contatto con lirrazionalismo etico della scuola di
Uppsala negli anni trenta. In mancanza di questo riconoscimento a funzione del
<< pensiero negativo >> rischia chez nous di risultare mistificatoria - e la
mistificazione pu godere di disprezzo e oblio.
Il libro di Agamben ha un primo merito storico-critico: ed quello di
afferrare il pensiero della Krisis per i capelli e di sganciarlo dalla mistificazione
politica che lo animava. Da questo punto di vista reintroduce il pensiero
negativo nella discussione filosofica del nostro tempo, riconsegnandogli la
dignit di passaggio critico.
Rispetto a che cosa? Rispetto appunto al problema della definizione del
fondamento. Ed qui anche il secondo merito del libro di Agamben: il fatto di
attaccare con grande determinazione a posizione stessa del problema del
fondamento, e di consegnare la soluzione non allipostasi della Krisis ma alla
riscoperta di un nesso dellessere e della pratica.
Agamben muove dalla convinzione che il luogo di nascita della filosofia
occidentale, la sua ricerca del fondamento ontologico, articolandosi
necessariamente alla definizione del linguaggio che lo esprime, sia luogo
essenzialmente mistico - la ricerca del fondamento ontologico si aggira infatti
fatalmente attorno alla definizione di un dicibile che nullaltro pu essere se
non la ripetizione dellessere detto.
La fondazione si riduce al mezzo di espressione: la fondazione pu esserci
solo in quanto detta, ma lesser [lessere ?] detto non ha cos fondazione,
pura voce. Lescamotage del pensiero della Krisis e quello di ammettere la crisi
del fondamento e di accertare il suo affondare nel pensiero mistico, ma di
assumere nel contempo, simultaneamente, la voce e la logica di espressione
come intenzioni autonome ed indipendenti dal misticismo del fondamento:
sicch la logica del progetto non solo si vuole senza un fondamento ma - astuzia
degli dei - lo davvero. Il pensiero del progetto risulta, su queste basi,
142
costitutiva della voce umana va posta a soluzione del contesto etico. Etica
significa comunicazione e lessere della comunicazione sensato.
In realt, alle origini dellidealismo trascendentale, il Sistema delleticit di
Hegel aveva sviluppato questa consapevolezza in un quadro avvertito della
complessit etica - ma questa complessit lo spinge verso la rassicurazione, e il
mondo etico va quindi risotto nella forza della mediazione e della logica. Di
contro, la filosofia contemporanea moltiplica il terrore trascendentale della
complessit etica ma nel contempo pone limpossibilit che la logica
rappresenti la chiusura del reale. Heidegger svolge il problema fino a ridurre
allinsignificanza il compito eroico che lascetismo logico di Husserl gli aveva
affidato. Wittgenstein vanifica ed esalta in godimento mistico la completa
circolarit di questo compito metafisico: la disillusione si fa gioco, il dcir
liberty. Oltre ascetica e mistica, oltre la tragedia di due guerre e la crisi del
socialismo reale, la filosofia deve ritrovare un terreno di fondazione: ed quello
sul quale rist la vita delluomo, un orlo di un essere che non ancora. Unetica
assoluta senza valore e senza futuro. Eppure il fondamento nel futuro. Ma
fondamento e parola vana.
Riusciamo dunque a sbrogliare la matassa delle speranze, razionalmente,
senza affidarci [affidarsi?] ad alcun ottimismo della volont? Riusciamo a
cogliere la voce che rappresenta la nostra umana essenza non come sostitutivo
dellessere ma come costituente il essere? Ho limpressione che la filosofia
contemporanea ci abbia portato su questo limite. Ho limpressione che la
disperazione dellesistente ci spinga oltre.
Staccata dalle funzioni politiche che le sono state impropriamente affidate e
dalla mistificazione che con ci le giungeva ad esprimere, la filosofia della
Krisis pu cos rappresentare una possibile introduzione al pensiero positivo,
alla filosofia del futuro. Un terreno etico costituito. Il problema ora di
scavarlo e di coltivarlo, questo terreno. Senza farsi cogliere da ulteriori moti di
resipiscenza e tentare nuovi e surrettizi recuperi del negativo. Il concetto di
possibilit non introduce il negativo, la speranza razionale non implica il
negativo - il fisico non chiama negativo il fatto che la natura conosca dei limiti,
che la vita conosca la morte. E cos - il non essere non . Questo vuoto pu
solo essere riempito di umana operosit.
5. Listituzione logica del collettivo e le fatiche
(A proposito del libro su Frege di Roberta De Monticelli).
dellestetica.
capitoli che costituiscono la prima parte del suo volume. Le critiche che si
possono opporre a questa prima operazione di geometrica proiezione di Frege
su Wittgenstein (operazione che potrebbe essere ritenuta di appiattimento) sono
parecchie. Meglio di tutti, e con molta attenzione filologica, le eleva Michael
Dummet [sic one or two ts? ] nella sua prefazione al volume. Il peso indubbio
di queste critiche non toglie il fatto che loperazione della De Monticelli, nel
suo libro, sia molto robusta e stimolante.
Ma vediamo lo obiezioni di Dummet. a) Lautrice esagera il carattere
aprioristico del pensiero di Frege - il resoconto a priori del linguaggio che
Wittgenstein elabora nel Tractatus, non invece nel programma di Frege. b) La
negazione dellepistemologia non in Frege presupposizione di una metafisica
realistica - come invece avviene in Wittgenstein. In Frege v al massimo un
orientamento in tal senso. c) Il rapporto fra realismo ed oggettivit dei pensieri
e del loro valori di verit non esclude, come invece avviene nel Tractatus, i
problemi dellapprensione, della nostra capacit di riconoscere le condizioni di
vera. d) Troppo facile la riduzione della Bedeutung al Sinn - in realt, in
questi termini, il linguaggio viene ridotto a concetto astratto. Ma storicamente
non avvenuto cos. La svolta linguistica della filosofia non ha tralasciato la
considerazione del rapporto reale e il Sinn, come in genere il rapporto logico,
stato inizialmente interpretato come veicolo del reale. e) E davvero il pensiero
di Frege tanto coerente quanto la De Monticelli (poggiando sul tardo scritto Der
Gedanke - 1918) ritiene? Come distinguere e come ridurre ad unit e continuit
tesi diverse, se non contraddittorie [contradditorie ?], sostenute in opere
diverse? f) E infine: lautrice non tiene presente altri elementi che caratterizzano
- fuori ed indipendentemente dal Sinn - gli enunciati: in particolare la << forza
>> della Bedeutung, ovvero una relazione di verit immediatamente evidente,
in funzione comunicativa. La comunicazione dunque, nello stesso Frege,
elemento dellintelligenza.
Come ho gi detto, credo che queste obiezioni, pi che inficiare lo schema
della ricerca della De Monticelli, ne mostrino a robustezza dellimpianto.
Poich, a mio avviso, quanto filologicamente avventuroso - il sospetto
appiattimento di Frege su Wittgenstein - filosoficamente legittimo e vale a
porre un problema per noi fondamentale. Poco importa se sia un problema
nuovo. A me sembra infatti che, attraverso la sua interpretazione nella svolta
linguistica della filosofia, la De Monticelli esplichi un paradosso teorico - che
pu essere cos formulato: lontologia formale dellorizzonte linguistico del
Tractatus interpreta correttamente le istanze realistiche e lapertura alle esigenze
della comunicazione che sono proprie della filosofia fregeana. Fra Frege e
Wittgenstein non cambia il desiderio di realt - cambiata, effettualmente, la
149
degli oggetti alla definizione dei concetti. Questo kantiano passaggio contiene
la refutazione dellidealismo soggettivo; c) terzo punto lelaborazione della
teoria del concetto come sintesi di esperienza ed intelligenza nel linguaggio. Su
questo terreno la De Monticelli sviluppa con coerenza la teoria del concetto
verso larticolazione di funzioni logiche (ad esempio, con riferimento al
problema dellindividuazione) e la rifonda nella prospettiva costitutiva dello
schematismo trascendentale. La relazione Sinn Bedeutung oggi
completamente risolta dentro questo rapporto. Ci ritroviamo qui su uno snodo
fondamentale. A me sembra che questo uso del kantismo rappresenti
unscamotage che annulla la determinazione globale dellorizzonte linguistico.
Il problema dellarticolazione raggiunta, viene disarticolato nel linguaggio
kantiano. Lo schematismo chiave della teoria del giudizio e dellestetica.
Evita la produzione. Insomma, una recessione nella questa che la De
Monticelli propone.
Nei capitoli successivi XII-XV, lavvicinamento a Kant viene ulteriormente
spinto e specificato - nel senso che, sulla base della dottrina fregeana dell<<
afferrare >> (posta a contrasto, a differenza del << giudicare >> kantiano), tutto
il processo viene per cos dire centralizzato, appesantito, << empiriocriticizzato
>>. Si badi bene: non che lorizzonte kantiano sia superato, la verit non viene
tolta alla sua realt trascendentale-critica (e si rifiuta radicalmente la teoria della
verit-verificabilit) - lorizzonte kantiano viene << pi >> empiricamente
connotato. Cos ad esempio, si insiste sul ruolo delle << espressioni indicali >>,
degli << stati modali >>, sul << colore >> delle proposizioni. Per concludere:
<< la valenza epistemologica del concetto di senso (ritenuto il vecchio concetto
di epistemologia come rapporto fra verit e verificabilit) fa della posizione di
Frege un realismo forte, ma non un realismo puro >>. Un realismo << poetico
>>, soggiunge la De Monticelli. Annotazioni analoghe si possono fare quando
lautrice passa, dalla dottrina del Sinn, alla considerazione della teoria della
Bedeutung. La funzione riferimento, con le sue due caratteristiche di
immediatezza percettiva e persistenza concettuale, viene riportata allorizzonte
del realismo << impuro >> dellintenzionalit, la Brentano. Il processo
dellindividuazione ha solo degli aspetti delle componenti epistemologiche - di
verificabilit. << Vie daccesso alle cose >> - che non si concludono, sentieri
interrotti. I processi dindividuazione hanno componenti epistemologiche ma
solo la teoria del Sinn determina la completezza del progetto. La sensibilit
infatti coinvolta nelle procedure di individuazione ma non nella procedura di
giustificazione delloggetto. La comunicazione, le funzioni-riferimento sono
intenzionali. Il processo di verifica non altro che un processo, un ondeggiare
fra apparenza e realt, fra soggettivo ed oggettivo, una descrizione
fenomenologica del processo stesso. Lidea di distinguibilit fra essere ed
151
fra diverse etiche e politiche, fra differenti orizzonti valutativi, fra parti separate
e soggetti diversi.
2. La riforma del modello.
Nel sistemismo tedesco (Luhmann) lottimismo della volont si fa tecnica di
riduzione della complessit sociale. Questoperazione consiste nellastrarre le
antinomie a base ontologica, nel collocarle in un progetto di simulazione,
insomma, nel riqualificarle in uno scenario sostitutivo della realt. Il processo di
simulazione (nel postmoderno) come processo di sostituzione del reale.
Nella crisi del pensiero etico, giuridico e politico del nostro tempo si
introduce dunque, in primo luogo e prepotentemente, la necessit, se non di
risolvere questi problemi, almeno di dar conto di questi fenomeni. E stato
notato che lesistenza dellordine sociale ormai inverosimile, - vale a dire che
non spiegabile la sua normalit. Man mano che la complessit sociale
aumenta, la contingenza di tutti gli eventi tende a divenire assoluta. Il
pessimismo della ragione aumenta cos a dismisura, fino a produrre risultanze
scettiche. Occorre per salvarsi dallinvadenza distruttiva della contingenza,
dalla sua onnilaterale possibilit mai riducibile alla necessit razionale. Se, per
dirlo nei termini della filosofia classica, lessere equivoco, dentro
questequivocit occorre comunque orientarsi [orientarci ?] - tanto pi poich
lessere sociale condizione di esistenza. Se queste contingenze, ad esempio,
fossero armate - ed il raffinamento degli arsenali continuo - chi si salver?
Qual il limite nella relazione fra contingenza e ragione di sopravvivenza? Qui,
lottimismo della volont assume allora una veste finalistica, strumentale e
tecnica. Ci si chiede di accettare soluzioni tecniche che sono anche risposte alle
questioni di una sorta di morale provvisoria, - un sistema di convenzioni atte a
ridurre la complessit delle contingenze, a permetterne la selezione,
lordinamento, in vista della sopravvivenza.
Quella cui qui voglio riferirmi con qualche accenno la costruzione
dellimmagine del mondo sociale propostaci dal sistemismo tedesco, ed in
particolare da Niklas Luhmann. Questautore probabilmente il miglior
riformulatore di unipotesi di ottimismo della volont nel nostro mondo (8).
Ora, limmagine del mondo sociale qui presentata , a prima vista, del tutto
paradossale. Essa si vuole infatti completamente oggettiva - ed infatti lo , in
quanto la comprensione dellessere sociale affatto strumentale, tecnica - ma
nel contempo un immagine pan-etica. Il sistema infatti autoreferenziale:
quindi la sua oggettivit implica la soggettivit dellautoreferenza. Ogni segno
dellesistenza viene compreso e ridotto dentro la complessit sociale e
loperazione di riduzione proposta interna ai segni dellesperienza, e della
161
dai mille canali. Si sa tuttavia quanto gli equilibri ecologici siano corrotti. Vuol
forse dire questo che nellimpluvio sistemico, talora divenuto latrina di
periferia, specchi il suo faccione anche la continua tentazione fascista e
autoritaria? E comunque certo che nellattuale crisi della democrazia
lottimismo della volont nutre unautonomia del politico che tensione di
progetto totalitario. Il Politico ha come obiettivo la riproduzione di se stesso in
fondo completamente indipendente - esso assorbe tutta la realt, per sostituirla a
sua immagine e somiglianza. Per tenerla nellinverosimiglianza e nellassurdit
della sua normalit.
3. Astrazione, tautologia, costituzione.
La realt esiste. E anzi possibile considerare il processo di astrazione del
reale come un processo (reale) di nuova costituzione del mondo. Contro le
teorie sistemiche, le teorie linguistiche rappresentano un tramite per afferrare la
sostanza ontologica del mondo astratto nel quale siamo costituiti.
Lautoastrazione del reale un processo reale. Proprio perch esso reale
non conclude alla tautologia - in nessun caso. Noi possiamo trasformare in
tensione reale la tensione teorica propria dellanalisi sistemica a confronto con
lambiente e con la storia. Quella tensione che nel sistemismo continuamente
frustrata nel fittizio dualismo di teoria e realt, di sistema autoreferenziale e
pratica di sostituzione - noi possiamo coglierla in termini reali. Di qui leffettivo
progresso conoscitivo che una mistificazione epistemologica (quale la
sistemica) pu comportare. Ora, possiamo dunque registrare alcune novit
conoscitive che non lottimismo della volont ma la forza della ragione
dovranno verificare.
Il primo punto consiste nella definizione dello stesso processo di
autoastrazione del reale, e cio della realt sociale. Poco ci interessa qui
strappare la maschera idealistica imposta al processo: utile e sufficiente
sottolineare alcuni caratteri formali del processo stesso (per intenderci che
ritroviamo fondati nellanalisi del processo di sussunzione capitalistica della
societ produttiva e nella trasformazione della qualit del lavoro produttivo)
(12). Ora, nel processo di autoastrazione del reale la distinzione fra soggetto ed
oggetto viene meno. Conseguentemente, il rapporto fra logica ed ontologia si
appiattisce, si ristruttura su un orizzonte di reciproche funzioni. Larticolazione
interna della realt astratta posta nella circolazione di ipotesi logiche e di
costituzioni ontologiche - formalmente funzionali. In secondo luogo, date
queste fondamentali qualificazioni dellastrazione sociale, ne viene che ogni
problema epistemologico riguardante lo statuto di corrispondenza fra il pensiero
ed il reale, fra il dover essere e lessere, tolto. La distinzione fra giudizi
descrittivi e giudizi valutativi, capo delle tempeste di ogni epistemologia etica e
164
7) Cfr. Peter Sloterdijk, Kritik der zynischen Vernunft, 2 voll., Suhrkamp, Frankfurt am Mein,
1983.
8) N. Luhmann, Gesellschaftsstruktur und Semantik. Studien zur Wissensoziologie der moderner
Gesellschaft, 2 voll., Suhrkamp, Frankfurt 1980-1981: cito questo volume come punto di
riferimento della critica. Per quanto riguarda la bibliografia di Luhmann, basti ricordare che in Italia
tredici suo volumi (o raccolte di articoli) sono stati editi.
9) Con ovvio riferimento allo sviluppo della filosofia linguistica fra Frege e Wittgenstein. Su
questo sviluppo confronta Michael Dummett, Frege, Oxford, 1973 e Roberta De Monticelli.
Dottrine dellintelligenza. Saggio su Frege e Wittgenstein, Bari, De Donato, 1981.
10) Mi riferisco qui essenzialmente alla critica sviluppata dal prof. Gustavo Gozzi, che ha
seguito lungamente ed attentamente lo sviluppo del pensiero di Luhmann nella rivista italiana Aut
aut. Ma si veda ancora: R. De Giorgi, Scienza del diritto e legittimazione, De Donato, Bari, 1979 e
soprattutto Jrgen Habermas, Legitimationsprobleme im Sptkapitalismus, Suhrkamp. Frankfurt,
1973.
11) Paradossale , ad esempio, lutilizzo che del pensiero di Luhmann si fatto e si f
nellambito del dibattito interno al Partito comunista italiano. Cfr. in particolare gli scritti di
Massimo Cacciari, e fra questi soprattutto Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero negativo,
Feltrinelli, Milano, 1975. In proposito cfr. comunque il mio Macchina tempo, Rompicapi
costituzione liberazione, Milano, Feltrinelli, 1982.
12) Per lo sviluppo del concetto di << sussunzione capitalistica della societ >> cfr, Antonio
Negri, Marx oltre Marx, Quaderno di lavoro sui Grundrisse, Milano, Feltrinelli, 1980.
13) Tutto ci completamente sviluppato ne La condition postmoderne di Lyotard.
14) Cfr, Antonio Negri. Listituzione logica del collettivo e le fatiche dellestetica, in Aut aut,
197-198, settembre dicembre 1983. Firenze. la Nuova Italia ed., pp. 133-142.
15) Tale il senso dellapologia del postmoderno, dello scambio simbolico e dellindifferenza in
Baudrillard.
16) Di Jrgen Habermas, oltre al gi citato Legitimationsprobleme, cfr, il recente Theorie des
kommunikativen Handelns.
17) Vedi in proposito i contributi della scuola habermassiana che sono stati pubblicati nel numero
speciale di Critique, << Vingt ans de pense allemande >>, 413, octobre 1981, Paris. In particolare
sono interessantissimi gli interventi di K.O. Apel (di cui vanno inoltre visti i due volumi
Transformation der Philosophie) e di E. Tugendhat (di cui da vedere anche Selbstbewusstsein und
Selbstbestimmung).
18) Da questo punto di vista linsegnamento di Theodor Wiesegrund Adorno e di Max
Horkheimer resta fondamentale, soprattutto nellopera comune Dialektik der Aufklrung.
Philosophische Fragmente.
19) George Lukacs, Die Zerstrung der Vernunft, Aufbau Verlag, Berlin, 1953.
20) Il cosiddetto << trilemma di Mnchausen >> stato formulato da K. O. Apel.
21) Com noto, al rovesciamento di questaffermazione completamente dedicato lo sviluppo
del pensiero di Gilles Deleuze.
22) I Mille Plateaux di Deleuze-Guattari vanno a questo proposito tenuti n massima
considerazione. Il processo di pensiero che nellopera citata sviluppato va nel senso della mia
considerazione della crisis e del suo possibile superamento.
177
23) Un simile atteggiamento soprattutto presente in quello che si chiama << contrattualismo >>
o << neo-contrattualismo >> nelle teorie etiche e del diritto. Il testo fondamentale naturalmente
John Rawls, A Theory of Justice, Oxford, 1972. Ma sulle recenti fortune di questo rinnovo tematico
cfr, Philip Pettit, Judging Justice. An Introduction to Contemporary Political Philosophy, Routledge
& Kegan. London, 1980. In Italia questa linea ha avuto particolare fortuna nel lavoro di alcuni
filosofi legati al PCI, come Veca, ecc. In generale si tratta, nel dibattito Italiano, di definire una
prospettiva di risposta liberate allimpatto del sistemismo tedesco.
24) In parallelo alle teorie neocontrattualistiche si sviluppa in Italia quella che dal titolo della
recente fortunata collezione di saggi a cura di Rovatti e Vattimo si chiama corrente del Pensiero
debole (Feltrinelli, Milano, 1984).
25) Ho sostenuto questa definizione della soggettivit nei saggi politici degli anni 70: cfr, in
particolare Crisi dello Stato-piano (1974), Proletari e Stato (1976), Il dominio e il sabotaggio
(1978), tutti pubblicati nella collezione << Opuscoli marxisti >> delled Feltrinelli, Milano.
26) Ho sviluppato questa posizione nel saggio Il comunismo e la guerra, Milano, Feltrinelli,
1980, oltre che nel gi citato La macchina tempo.
27) E evidente che su questo snodo il mio lavoro teorico si incrocia con quello di storico della
filosofia: cfr Antonio Negri. Lanomalia selvaggia. Potenza e potere nella filosofia politica di
Spinoza, Milano, Feltrinelli, 1981.
28) In questo capitolo seguo lordine del ragionamenti e dei problemi sviluppati ne La Macchina
tempo, cit., e soprattutto nel saggio di apertura di questo volume (<< Prassi e paradigma >>) e in
quello di chiusura (<< La costituzione del tempo Prolegomeni >>).
29) La questione posta essenzialmente da Luhmann. Ma il problema di una teoria della
legittimazione che attraversi e si provi nellesperienza ormai assolutamente generale: si potrebbe
dire che nel conflitto tradizionale fra teorie normative e teorie processuali del diritto, solo queste
ultime hanno ormai diritto di cittadinanza. Daltro lato proprio a questa paradossale conclusione
che giunge il pi coerente del normativisti, Hans Kelsen, nel suo ultimo, postumo, formidabile
lavoro Allgemeine Theorie der Normen, Wien, 1979.
30) Che la libert mantenga un riferimento materiale, che sia impossibile definirla sul terreno
dello stretto diritto, che essa competa alla vita intera delluomo, ed alla sua fisicit, - bon, questo mi
sembra il presupposto di questapproccio e quindi di una polemica continua ed irriducibile contro
qualsiasi filosofia idealistica.
31) Altrove ho cercato di sviluppare una concezione del diritto anticontrattuale ed istituzionale.
In ci sono stato molto influenzato dalle teorie del federalismo, ed in particolare dal pensiero di
Calhoun. Con quanta antipatia io concepisca la tradizione rousseauiana (con il suo antecedente
hobbesiano e il suo conseguente hegeliano) non star qui a ripeterlo. Di molto mi ero comunque
avvicinato ad una concezione antagonista del processo costituzionale, oltre che nel mio la Forma
stato, che in parte raccoglie saggi degli anni 60, - in La fabbrica della strategia. 33 lezioni su Lenin,
Area, Milano, 1976 (ma si tratta di scritti degli anni `60).
32) In Habermas tutto ci chiarissimo. Spesso in lui il trascendentale si diluisce in questa forza
de << fare inchiesta >>, del fare << scoperta di verit >>: la << scuola critica >> in proposito
fondamentale. Il mio riferimento ad essa, ad Adorno, ad Horkheimer, e soprattutto ai pi giovani
autori, da Hans Jrgen Krahl, a Offe, stato continuo.
33) Intendo dire che il cogito Cartesian deve accompagnarsi alla pietas spinoziana. Cfr. In
proposito A. Negri, Descartes politico, o della ragionevole ideologia, Feltrinelli, Milano, 1970; e <<
Reliqua desiderantur >> Congettura per la definizione del concetto di democrazia nellultimo
Spinoza, in: << Studia spinozana >>, paraitre.
178
forma del rapporto fra lavoro e comando unicamente per il periodo di egemonia
del lavoro industriale di fabbrica. Storicamente, la validit della legge del valore
si afferma, con difficolt crescente, nella serie dei cicli dello sfruttamento che
conduce dai primordi della produzione capitalistica al modo di produzione <<
grande industria >>. I meccanismi della << sussunzione formale >> della
societ nel capitale permettono, nel medesimo periodo, il funzionamento della
legge per lintera societ. Oggi, invece, come gi - nota bene - nel periodo
dellaccumulazione primitiva, la legge del valore non funziona come legge
generale. Pu, come abbiamo accennato, costituire una scienza settoriale dello
sfruttamento ma, come gi nel periodo dellaccumulazione primitiva, essa non
spiega il modo di produzione n la forma egemonica dello sfruttamento. La
dimensione sociale dello sfruttamento nellepoca della << sussunzione reale >>
della societ al capitale (cos come la qualificazione sociale delle condizioni
della accumulazione primitiva) sfuggono infatti alla legge del valore. Ora, se il
fatto che la legge del valore non funziona nel periodo dellaccumulazione
primitiva non ci ha in alcun modo impedito di andare a vedere come e con
quale quantit di terrore e di sangue, loriginario soggetto capitalistico abbia
costruito un nuovo modo di produzione, abbia cio stabilito un rapporto fra
lavoro e comando che stravolgeva lantico nesso, esaltando una straordinaria
nuova capacit di estrarre valore, - cos oggi, il fatto che la legge del valore non
funzioni a fronte della << sussunzione reale >> non significa dimenticare che al
centro dellanalisi deve restare il rapporto fra valore e comando, cio il modo in
cui, attraverso sfruttamento, si estrae valore, quail che siano le sue attuali
dimensioni.
E chiaro che le questioni da porre sono oggi molto diverse da quelle di un
tempo. Eccone alcune: qual la dimensione << americana > o << postmoderna
>> dello sfruttamento? Qual la dimensione << americana >> o <<
antimperialista >> della liberazione? Che senso ha parlare di << rifiuto del
lavoro >> nella << sussunzione reale >>? Ecc, ecc. Ma queste domande, pur
spostando completamente lanalisi al di fuori dellimproduttivo formalismo del
valore, implicano tuttavia che il rapporto fra lavoro e comando sia mantenuto
come tema centrale. Siamo probabilmente maturi per sostituire al vecchio
disegno di << Lenin in Inghilterra >> (disegno rivelatosi utile per seguire
dallinterno lepocale trasformazione che ci ha qui condotti) un nuovo progetto
di ricerca e di pratica sociali << Lenin a New York >>.
Nellaffrontare queste tematiche noi partiamo dal possesso di un ricchissimo
materiale grezzo che riguarda entrambi i poli del rapporto di sfruttamento, sia
cio il lavoro che il comando. Questi materiali sono grezzi, - ed bene che
restino grezzi, almeno fino a quando non avremo costruito unidea direttiva
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forte per la loro ricomposizione. Ma il fatto che siano grezzi, non toglie la
possibilit, meglio lopportunit di un iniziale lavoro di riordino. Cos, ad
esempio, i temi (a) spaziali della mobilit della forza lavoro, (b) temporali della
flessibilit della giornata lavorativa, (c) qualitativi, e cio della natura del lavoro
(per esempio, problemi, di definizione della forza invenzione, << general
intellect >>, qualit dellastrazione, del bisogno, del piacere, ecc.) - tutti questi
temi possono divenire centrali nella definizione strutturale del << rifiuto del
lavoro >> a livello di << sussunzione reale >>. Sia sul piano interno che sul
piano internazionale, sia ad alto che a basso livello dello sviluppo capitalistico,
e nellintegrazione e nella trasversalit di questi piani e livelli. Dicevamo:
definizione << strutturale >> e non soluzione << soggettiva >>, perch non
siamo in grado di proporre questultima, - se fossimo capaci di questo, di
riproporre cio la tematica del soggetto sulle dimensioni oggi richieste dai
processi di << sussunzione reale >>, significherebbe che il problema della
rivoluzione ridiventato attuale - il che non vero. Eppure, il dirompersi
spaziale e temporale del lavoro e del rifiuto del lavoro, lesaltazione astratta
della loro natura, aprono enormi possibilit e vie di improvvisa maturazione.
Seguiamole, queste possibilit. E nel seguirle, ad esempio, affrontiamo il
problema anche da altri punti di vista. Nella fattispecie, cominciando a guardare
con attenzione pienamente dispiegata, non pi intimidita dal feticismo della
fabbrica, la forma capitalistica della costituzione sociale della produzione, oggi.
Temi come (d) la natura del capitale fisso sociale, oggi, ovvero la composizione
organica sociale di capitale; come (e) il nuovo rapporto (e le sue nuove
tecnologie) fra produzione, riproduzione, circolazione, ecc. ecc. - bene, temi del
genere non sono per nulla scontati. Anzi: ed con tutta probabilit proprio a
partire dalle risposte a questi problemi che si tratta infine di percorrere (f) la
fenomenologia di quel vuoto di conoscenza e di valore che, nel mondo
produttivo, si accompagna oggi ad un pieno di controllo, di repressione e di
minaccia di distruzione - sicch il cervello capitalistico rappresenta oggi
emblematicamente (nel diritto, nella gestione dellorizzonte monetario, nella
continua riaffermazione dellautonomia del comando, nel caos dei processi
amministrativi, bancari, ecc.) la crisi di tutte le relazioni fra lavoro e comando,
insomma, di nuovo la crisi della legge del valore, il realizzarsi critico della
tendenza negativa della produzione capitalistica...
Con ci torniamo alla premessa, e cio a definire il rapporto fra capitale e
lavoro, fra comando e forza lavoro, in quanto stabilito al di l di ogni relazione
possibile. E si comprende ora perch abbiamo chiesto di non concedere nulla
immediatamente alla teoria della crisi: non vogliamo infatti dimenticare la
figura strutturale della crisi, le dimensioni materiali dei soggetti e delle funzioni
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