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La donna e lindustrializzazione

La rivoluzione industriale, alla fine del XX secolo, ebbe tra i pi significativi effetti sul piano
della struttura e della organizzazione sociale il consistente ingresso delle donne in molti
settori lavorativi.
La donna divenne soggetto sociale visibile allesterno della famiglia, quindi non pi
nascosta o protetta tra le mura domestiche, relegata secondo tradizione al ruolo di
angelo del focolare.
n concomitanza a ci si cominci a riflettere sul ruolo della donna in quanto il suo nuovo
status sociale evidenziava contraddizioni e difficolt legate a tale cambiamento
(rivoluzionario sia per lelaborazione di una nuova identit femminile che per le inevitabili
ripercussioni su tutto il tessuto sociale e sui rapporti familiari).
Soprattutto nella sensibilit della borghesia di fine secolo, la donna lavoratrice divenne un
problema di nuova creazione; si discuteva infatti:
-della moralit e legalit della sua attivit come salariata (il salario la poteva rendere
autonoma, cosa non contemplata dal suo tradizionale ruolo di dipendenza giuridica e
sociale dal padre o dal marito)
- della compatibilit tra salario e femminilit (fino ad allora lessere donne escludeva una
quantificazione dellattivit lavorativa svolta con un compenso monetario, il suo lavoro si
giustificava solo allinterno di precisi rapporti familiari)
- dellimpatto sul corpo della donna che quel tipo di lavoro poteva avere (vennero fatti degli
studi che sembravano avvallare il rischio di sterilit...)
-
delle ripercussioni sulla organizzazione della famiglia nella quotidianit e nella cura dei
figli.


Non tutti condividevano lentrata della donna nel mondo del lavoro e il problema si
focalizzava principalmente sul fatto che il luogo di lavoro non corrispondeva pi alla casa o
luoghi affini come nel periodo preindustriale in cui la donna aveva ben conciliato lattivit
produttiva e la cura dei figli, epoca in cui si era affermata limmagine di una forza lavoro
familiare che agiva in cooperazione.
l problema non verteva sulla donna lavoratrice, in quanto esisteva gi da molto tempo
prima dellavvento del capitalismo industriale, che si guadagnava da vivere come filatrice,
sarta, orefice, merlettaia, fiammiferaia sia in campagna che in citt. nfatti queste attivit si
svolgevano in un contesto in cui il lavoro veniva svolto prevalentemente nellambito
domestico o anche quando la donna si spostava da casa lo faceva per breve
tempo,spesso accompagnata dai figli pi piccoli a cui era tradizionalmente affidata la cura.
Tale attivit era facilmente compatibile con il ruolo tradizionale della donna.
A contrapporsi let della industrializzazione in cui, secondo una logica di mercato, era
necessario distinguere il luogo della famiglia da quello del lavoro. La questione si poneva
in questi termini: se il modello di sviluppo economico legato al capitalismo che richiedeva
un impegno a tempo pieno della lavoratrice lontano da casa, si poteva conciliare con la
cura della famiglia che era una attivit altrettanto continuativa e totalizzante.
Tali problematiche portarono, con la rivoluzione industriale, ad accettare linserimento
delle donne nelle fabbriche saltuariamente, con mansioni poco specializzate: alle donne
venne riconosciuto essenzialmente un ruolo di cura della famiglia, per cui il lavorare fuori
casa fu accettato solo se svolto da nubile o se coniugata, solo per brevi periodi e per
integrare lo stipendio del marito, considerato unica fonte di sostegno della famiglia
socialmente riconosciuta.



Con il passare del tempo questa questione fu ben vista dagli investitori, i quali sfruttavano
nel vero senso della parole le donne: gli orari di lavoro erano disumani e i salari erano il
giusto necessario che serviva alle famiglie per sopravvivere, in pi le donne erano
soggette a violenze sessuali da parte dei capi o dei sorveglianti, alle quali erano costrette
pur di non essere licenziate.
Pian piano si cre un circolo di idee che port alla nascita di un codice civile il quale
discriminava il lavoro femminile, infatti le donne secondo questultimo erano sottoposte alla
tutela delluomo con una sorta di cittadinanza asimmetrica e appunto si riconosceva al
salario delluomo un duplice valore: lo ripagava per il suo lavoro e gli conferiva lo status di
creatore di valori nella famiglia che dipendeva totalmente da lui. nvece n la paga della
madre n lattivit domestica erano visibili o rilevanti per acquisire un simile ruolo, quindi
anche il salario femminile andava ad indicare limpossibilit e lincapacit delle donne di
poter assumere un ruolo sociale simile a quello degli uomini.
Nell Ottocento invece, si iniziarono a guardare alcuni impieghi lavorativi come adatti alla
natura femminile, ad esempio il corpo esile di una fanciulla era ben disposto per
muoversi in miner o ancora le dita agili di una donna la predisponevano alla sartoria e al
settore tessile.
Quindi per come si pu ben capire, man mano che il tempo passava, il ruolo lavorativo
della donna veniva visto sempre meglio, tanto che durante i Conflitti Mondiali le donne si
ritrovavano nelle industrie belliche per rifornire gli armamenti, mentre i loro mariti erano sul
fronte di guerra; anche se rimanevano alcuni ostacoli nellinserimento della donna in
alcune attivit uni po alla volta vennero totalmente superati tanto che nel1902 e nel 1907
furono emanate le prime leggi che tutelavano il ruolo della donna e che sancirono
l'esclusione delle donne dai lavori notturni, faticosi, nocivi e crearono le prime Casse di
maternit per le operaie.

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