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Primo piano

Incontri
C' PERCH PRESENTE
In quest a r eal t umana pur ent r at o Dio.
Non sol o con la sua mi st eri osa conduzi one pat er na,
ma ent r at o come uomo, nat o da una donna.
Giulio Andreot t i i nt ervi st a monsi gnor Luigi Giussani
MiLano, 15 ottobre 1994
GIULIO ANDREOTTI: Vedo
che ha portato un libro con s...
LUIGI GIUSSANI: Il libro che
ho portato con me una ricerca...
Ma, come scrive san Tommaso, se
tutto lo scibile fosse contenuto in
un l i bro, io non l egger ei pi
nient'altro che quel libro, e leggen-
do il libro saprei tutto. Liber autem
est Christus. Questo libro Cri-
sto.
ANDREOTTI: Monsignor Gius-
sani, oggi il giorno del suo com-
pleanno, e vorrei innanzitutto rin-
novarle gli auguri pi sentiti e l'as-
sicurazione della mia, e penso an-
che della nostra, preghiera.
Vorrei porle una domanda. Noi
sentiamo spesso ripetere in tutti i
campi che siamo in un periodo di
transizione. Sembra che posizioni
e certezze abbiano ceduto il passo
ad un cammino o ad una naviga-
zione che non si sa bene in che di-
rezione vada, n tanto meno si rie-
scono ad individuare gli approdi.
Anche nel vivere la vita della Chie-
sa, siamo in una fase nella quale si
cerca di puntare alla comprensibi-
lit, alla dimensione di aderenza
della fede a forme diverse di cultura
per portare il messaggio cristiano.
Ma dopo il peri odo immediata-
mente successivo al Concilio, av-
venimento del quale si discusso
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tanto con una prevalenza di inter-
pretazioni soggettive sulle valuta-
zioni oggettive, adesso c' una fase
nella quale sembra necessario un
nuovo ancoraggio ad alcune cer-
tezze. Si avverte l'esigenza, direi,
di costruire un binario, una strada
su cui essere meno empirici, essere
anche pi compatti come cattolici
- qui non parlo affatto del lato poli-
tico, non questo che ora mi inte-
ressa. Parlo proprio dei cattolici
come realt e come forza. Da un
lato sembra che vi sia questa ansia
di costruzione, dall'altro perman-
gono molti moti centrifughi. Come
vede lei questa transizione, su che
cosa si pu ancorare questo perio-
do di passaggio, per indirizzarlo
verso un lido giusto?
GIUSSANI: Mi pare che io deb-
ba utilizzare, sottolineare la parola
usata da lei: ancorare. Su che co-
sa si deve ancorare un recupero di
chiarezza, di coerenza, e quindi di
energia per una utilit comune? In-
nanzitutto credo che un cristiano
debba vivere la sua vita personale,
e operare, con tutti gli strumenti
sociali di cui pu disporre, una lot-
ta decisiva, una lotta accanita a
quello che mi sembra il carattere
mortale della cultura moderna, co-
s come specialmente adesso su-
bita da tutti in quanto mentalit co-
mune: una lotta decisa al nichili-
smo. L'affievolirsi della chiarez-
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za della risposta al senso religioso
contemporanea in un certo senso,
e significativamente, alla nostalgia
del senso religioso. Questa nostal-
gia pi sentimentale che impe-
gnata in un lavoro a qualsiasi livel-
lo, anzi, attenua le resistenze che
solo da un lavoro provengono, co-
me anche il cedimento ben visibile
nell'ambiente del popolo cattolico
documenta. Una lotta, dicevo, non
allo scetticismo ma al nichilismo,
che la risposta ultima in cui tutti
cedono, che ci abbraccia tutti, in
mancanza di un appoggio solido e
chiaro. Il nichilismo la conse-
guenza inevitabile innanzitutto di
una presunzione antropocentrica
per la quale l'uomo capace di sal-
varsi da se stesso. tanto non vero
questo, che tutti coloro che vivono
difendendo tale posizione, alla fi-
ne, anche apertamente, si sentono
dissolti in un manicheismo del qua-
le cercano di fugare l'amarezza in
immaginazioni mutuate dalle reli-
gioni orientali o da movimenti an-
che d'altro genere, comunque an-
che spiritualistici, del mondo occi-
dentale. Mutuando immagini dal
mondo orientale o da certi ambiti
del mondo occidentale, che realiz-
zano sempre in fondo un ideale
panteista. Per esempio Thomas
Mann nel suo I Buddenbrook de-
scrive l'ultimo uomo capace di di-
fendere l' enorme colta ricchezza
dei Buddenbrook: drammatica sto-
ria, anzi tragica storia; in lui diven-
ta tragica. Nella giornata zeppa di
lavoro, affaticatissimo per poter
tenere in piedi tutta l'eredit avuta
dal padre, dal nonno, egli pu con-
cedersi solo dieci minuti, un quarto
d' ora di riposo. Abbandonato sulla
pol t r ona pr ende sollievo, dice
Thomas Mann, sempre pensando
a quell'ultimo moment o in cui la
sua goccia verr riassorbita nel
gr ande mar e - non so se di ca
dell'essere, come diciamo noi, op-
pure no - , nel grande mare dell'es-
sere, scomparendo cos come goc-
cia, come individualit, e immer-
gendosi nella pacificante omologa-
zione universale. Mi pare che que-
sta pagina di Thomas Mann sia si-
gnificativa, paradossalmente direi,
dell'aspetto positivo - se di aspetto
positivo si pu parlare - di questo
nichilismo ultimo che sempre pi
domina il mondo partito dalla ribel-
lione del ' 600 e '700, anzi, prima,
per certi aspetti, con lo stesso pro-
testantesimo, fino ai giorni nostri.
Come simbolo di questo, oltre
all'accenno a Thomas Mann, spie-
go sempre ai ragazzi la poesia di
Montale:
Forse un mattino andando in
un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedr com-
pirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto
dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'ac-
camperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno
consueto.
Ma sar troppo tardi; ed io me ne
andr zitto
tra gli uomini che non si voltano
con il mio
segreto.
L'impostura, loro dicono incon-
sapevole, l'impostura implicita nel-
la posizione nichilista sta nel rinne-
gamento evidente, sta nel fatto che
non si pu dire che tutto nulla,
che alle mie spalle c' il niente: l'ul-
tima parola il niente quando, in-
vece, le cose ci sono.
Ho abbozzat o un accenno a
quello che secondo me rappresen-
ta il peccato mortale, il peccato ori-
ginale del mondo moderno: l'uo-
mo pretende di prendere in mano
lui la misura di tutte le cose, le redi-
ni della realt, relegando Dio - co-
me dice Cornelio Fabro: Dio, se
c', non c'entra - , relegando Dio
oltre le nubi, fissandolo come una
certa espressione di religiosit, co-
me espressione astratta, totalmen-
te separata dal campo degli inte-
ressi e quindi della passione e del
gusto e della responsabilit della vi-
ta. Essendo partito cos, l'uomo ha
tratto subito - gi prima di Nietz-
sche, gi in certi accenni del ' 500,
nel Poliziano stesso - come con-
clusione che tutto niente.
Da una parte dunque occorre la
ripresa della evidenza che la realt
pone, che la realt : non pu es-
sere condotta e spiegata con un
niente. Dall'altra parte, in questa
realt umana, in questa vita umana
pur entrato Dio. Non solo con la
sua misericordia, col suo miseri-
cordioso condurre, con la sua mi-
steriosa conduzione paterna, ma
entrato come uomo, nato da una
donna. Dio, nato come uomo dalle
viscere di una giovane donna co-
munque un avvenimento che acca-
de, che nello scenario della vita
dell'uomo introdotto. Data que-
sta notizia, c' un fattore nuovo
che non si pu impunemente azze-
Sembra che posizioni
e certezze abbiano
ceduto il passo
ad un cammino
o ad una navigazione
che non si sa bene in
che direzione vada
Il nichilismo
la conseguenza
inevitabile
di una presunzione
antropocentrica
per la quale l'uomo
capace di salvarsi
da se stesso
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za della risposta al senso religioso
contemporanea in un certo senso,
e significativamente, alla nostalgia
del senso religioso. Questa nostal-
gia pi sentimentale che impe-
gnata in un lavoro a qualsiasi livel-
lo, anzi, attenua le resistenze che
solo da un lavoro provengono, co-
me anche il cedimento ben visibile
nell'ambiente del popolo cattolico
documenta. Una lotta, dicevo, non
allo scetticismo ma al nichilismo,
che la risposta ultima in cui tutti
cedono, che ci abbraccia tutti, in
mancanza di un appoggio solido e
chiaro. Il nichilismo la conse-
guenza inevitabile innanzitutto di
una presunzione antropocentrica
per la quale l'uomo capace di sal-
varsi da se stesso. tanto non vero
questo, che tutti coloro che vivono
difendendo tale posizione, alla fi-
ne, anche apertamente, si sentono
dissolti in un manicheismo del qua-
le cercano di fugare l'amarezza in
immaginazioni mutuate dalle reli-
gioni orientali o da movimenti an-
che d'altro genere, comunque an-
che spiritualistici, del mondo occi-
dentale. Mutuando immagini dal
mondo orientale o da certi ambiti
del mondo occidentale, che realiz-
zano sempre in fondo un ideale
panteista. Per esempio Thomas
Mann nel suo I Buddenbrook de-
scrive l'ultimo uomo capace di di-
fendere l' enorme colta ricchezza
dei Buddenbrook: drammatica sto-
ria, anzi tragica storia; in lui diven-
ta tragica. Nella giornata zeppa di
lavoro, affaticatissimo per poter
tenere in piedi tutta l'eredit avuta
dal padre, dal nonno, egli pu con-
cedersi solo dieci minuti, un quarto
d' ora di riposo. Abbandonato sulla
pol t r ona pr ende sollievo, dice
Thomas Mann, sempre pensando
a quell'ultimo moment o in cui la
sua goccia verr riassorbita nel
gr ande mar e - non so se di ca
dell'essere, come diciamo noi, op-
pure no - , nel grande mare dell'es-
sere, scomparendo cos come goc-
cia, come individualit, e immer-
gendosi nella pacificante omologa-
zione universale. Mi pare che que-
sta pagina di Thomas Mann sia si-
gnificativa, paradossalmente direi,
dell'aspetto positivo - se di aspetto
positivo si pu parlare - di questo
nichilismo ultimo che sempre pi
domina il mondo partito dalla ribel-
lione del ' 600 e '700, anzi, prima,
per certi aspetti, con lo stesso pro-
testantesimo, fino ai giorni nostri.
Come simbolo di questo, oltre
all'accenno a Thomas Mann, spie-
go sempre ai ragazzi la poesia di
Montale:
Forse un mattino andando in
un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedr com-
pirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto
dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'ac-
camperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno
consueto.
Ma sar troppo tardi; ed io me ne
andr zitto
tra gli uomini che non si voltano
con il mio
segreto.
L'impostura, loro dicono incon-
sapevole, l'impostura implicita nel-
la posizione nichilista sta nel rinne-
gamento evidente, sta nel fatto che
non si pu dire che tutto nulla,
che alle mie spalle c' il niente: l'ul-
tima parola il niente quando, in-
vece, le cose ci sono.
Ho abbozzat o un accenno a
quello che secondo me rappresen-
ta il peccato mortale, il peccato ori-
ginale del mondo moderno: l'uo-
mo pretende di prendere in mano
lui la misura di tutte le cose, le redi-
ni della realt, relegando Dio - co-
me dice Cornelio Fabro: Dio, se
c', non c'entra - , relegando Dio
oltre le nubi, fissandolo come una
certa espressione di religiosit, co-
me espressione astratta, totalmen-
te separata dal campo degli inte-
ressi e quindi della passione e del
gusto e della responsabilit della vi-
ta. Essendo partito cos, l'uomo ha
tratto subito - gi prima di Nietz-
sche, gi in certi accenni del ' 500,
nel Poliziano stesso - come con-
clusione che tutto niente.
Da una parte dunque occorre la
ripresa della evidenza che la realt
pone, che la realt : non pu es-
sere condotta e spiegata con un
niente. Dall'altra parte, in questa
realt umana, in questa vita umana
pur entrato Dio. Non solo con la
sua misericordia, col suo miseri-
cordioso condurre, con la sua mi-
steriosa conduzione paterna, ma
entrato come uomo, nato da una
donna. Dio, nato come uomo dalle
viscere di una giovane donna co-
munque un avvenimento che acca-
de, che nello scenario della vita
dell'uomo introdotto. Data que-
sta notizia, c' un fattore nuovo
che non si pu impunemente azze-
Sembra che posizioni
e certezze abbiano
ceduto il passo
ad un cammino
o ad una navigazione
che non si sa bene in
che direzione vada
Il nichilismo
la conseguenza
inevitabile
di una presunzione
antropocentrica
per la quale l'uomo
capace di salvarsi
da se stesso
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rare, che non si pu facilmente di-
menticare. Allora la seconda ricon-
quista la chiarezza da parte di tut-
ta la tradizione benedetta dei cri-
stiani, di tutto il popolo cristiano,
che, ereditando la elezione che Dio
ha fatto del popolo ebraico, del po-
polo che Dio ha prediletto in tutta
la storia del mondo, la avvera, in
quanto popolo con cui Dio ha rea-
lizzato, esplicitandola, la sua al-
leanza definitiva, nuova ed eterna.
Noi siamo spiritualmente ebrei (co-
me ricord Pio XI a Mussolini)...
Che il popolo cristiano, i cristiani
abbiano un po' pi di chiarezza e di
coraggio, di sincerit di fronte agli
altri, di sincerit con se stessi,
nell'essere, nell'introdurre questa
notizia di cui sono stati fatti ogget-
to (con tutta la seriet che essa im-
plica), nel produrla, come fattore
da giocare sulla bilancia dei proble-
mi umani e della situazione umana,
cos come essa si present at a:
cio come avvenimento prima che
qualsiasi altra cosa. Il cristianesi-
mo, come diciamo noi, non in-
nanzitutto una religiosit, ma in-
nanzitutto l'avvenimento che que-
sta notizia indica, un avvenimento
destinato ad essere il significato
della storia, presente in ogni istan-
te della storia: Sar con voi tutti i
giorni fino alla fine del mondo. La
riscossa per l' uomo, in qualsiasi
suo i nt eresse, in qualsiasi sua
espressione, non pu che partire
da un recupero, pieno di dolore
per la dimenticanza, della memo-
ria di Cristo: la memoria di Cristo
come contenuto normale dell'au-
tocoscienza nuova del cristiano. Si
diceva questa mattina che questo
avvenimento non presente per-
ch c' , ma innanzitutto c' per-
ch presente. un avvenimento
nel presente storico, che emerge
con una eccezionalit tale che la
sua spiegazione non pu essere ri-
condotta ad un orizzonte raziona-
le, perch indica un punto di fuga
che implica un oltre, che invita a un
eterno. un avvenimento nel pre-
sente storico della cui eccezionalit
l' uomo cristiano "costretto" ad
accorgersi, da cui l'uomo che guar-
da con lealt o povert di spirito
scioccato: c' dunque qualche cosa
nel presente, nell'esperienza sua,
che grido e comunque richiamo a
questa suprema presenza nel tem-
po, a questo supremo attore den-
tro lo spazio che Cristo uomo-
Dio. Lo si deve cercare adesso, lo
si deve comunque cercare nel pro-
prio presente, traendo da esso il
suggerimento e l'energia necessa-
ria per affrontare, del presente,
tutti i problemi, cos come si im-
pongono, personali e collettivi,
pena il non vivere o tralasciare
qualcosa della vita.
ANDREOTTI: La ri ngrazi o
molto, anche per la sottolineatura
che lei ha fatto del nichilismo. un
tema che in alcune vecchie encicli-
che spesso veniva affrontato, e poi
forse si un po' perduto, specie
nel suo significato di negazione
globale, abrogazione dell'uomo,
che lei adesso ha delineato.
Vorrei farle un'altra domanda.
Nel presentare pubblicamente i te-
sti del Concilio ai rappresentanti
delle varie categorie, Paolo VI af-
ferm: Anche noi abbiamo un no-
st ro umanesi mo. Su quest a
espressione poi si sono inserite
molte dispute delle diverse scuo-
Qui e nelle pagine seguenti, Giotto,
Cappella degli Scrovegni (Padova).
Sopra, Storie della Vergine, particolare
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le, perch qualche volta dell'uma-
nesimo si tende a sottolineare in
maniera parziale un suo aspetto,
quello, per cos dire, pi materiale.
Mentre ritengo che l' umanesimo
cristiano vada colto nel suo effetti-
vo significato globale. Ma il quesito
che vorrei porle questo: in un vo-
lumetto recent e del pr of essor e
Carl o Cardi a, i nt i t ol at o Karol
Wojtyla vittoria e tramonto, si
fanno grandi elogi del Papa e della
Chiesa contemporanea per avere
capito la intrinseca malizia del co-
munismo e per aver vinto il comu-
nismo europeo sul pi ano anche
storico. Mentre poi si attribuisce al
Papa, non tanto come persona ma
come rappresent ant e e simbolo
della Chiesa contemporanea, una
sorta di incapacit a capire e a indi-
rizzare il mondo attuale. Secondo
questa interpretazione la Chiesa,
abituata ad avere una posizione
drastica nei confronti della cultura
mondana, avrebbe assunto una
posizione chiara e decisa verso il
comunismo, ma adesso mostre-
rebbe delle carenze nella capacit
di comprensione per le concezioni
capitalistiche, occidentali. Ora, a
me pare che il concetto di umane-
simo cristiano, senza ridurlo a una
"terza via" secondo categorie poli-
tiche, presuppone proprio la ne-
cessit di rendere le regole della
convivenza, anche le regole eco-
nomiche, al servizio dell'uomo, di
quella che chiamiamo la socialit.
Mentre, anche qui, si cerca solita-
mente di "tirare" la Chiesa ognuno
a sostegno del proprio modello, in-
vece di aiutare a costruirne uno
nuovo. Io personalmente ritengo
che questo sar in un futuro non
lontano il terreno di scontro tra il
mondo e la Chi esa. Tra quest o
mondo che dovr essere anche
nelle sue regole molto meno ingiu-
sto di quanto sia oggi, e una Chiesa
che deve dare al popolo, non solo
al popolo cristiano ma al popolo in
generale, dei punti di riferimento,
dei messaggi, per una ripartizione
diversa dei mezzi di produzione e
in generale delle risorse. Insomma,
riferendoci ad un concetto unita-
rio, globale del progresso umano,
io credo che la Chi esa si trova
all' avanguardia di un moto di ri-
scatto che tutta una notevole parte
del mondo attende di vedere. Qual
il suo pensiero su questa realt?
Non so se ho reso chiara la mia
idea...
GIUSSANI: Per f et t ament e.
Ma, comunque sia, ha chiarito, ha
dato luce il suo intervento, il modo
della sua domanda, all'espressione
usata da Paolo VI: Anche noi ab-
biamo il nostro umanesimo. E di-
co il mio punto di vista: la Chiesa
ha un umanesimo in due sensi. Pri-
ma di tutto come attore storico.
L'umanesimo cristiano destinato
a rappresentare un fattore positivo
nella storia, in quanto l dove il cri-
stianesimo vissuto, cio la realt
umana, singolare o sociale, af-
frontata secondo i canoni della fe-
de cristiana, l' uomo sta meglio e la
societ va meglio. Non una bou-
tade, comunque sia, una bouta-
de di Ges: Chi mi segue avr la
vita eterna e il centuplo quaggi. E
ai miei scolari dicevo: Capisco che
voi ve ne infischiate del cristianesi-
mo, il cristianesimo per voi riguar-
da l'aldil, parla dell'aldil, parle-
rebbe dell'aldil, e a voi non inte-
ressa. Ma se non vi interessasse
che il cristianesimo possa essere il
cent upl o quaggi, l' origine del
centuplo quaggi, sareste vera-
mente stupidi, sarebbe stupidit la
vostra. Chi mi segue avr la vita
eterna e il centuplo quaggi. Evi-
dent ement e sarebbe un assurdo
pretendere di misurare questo cen-
tuplo: sar un meglio in proporzio-
ne alla situazione grave in cui la so-
ciet , in cui l'individuo , e in pro-
porzione all'impegno intelligente e
virtuoso della fede nella singola si-
tuazione, personale o sociale, esi-
stenziale o storica.
Un secondo senso dell'espres-
sione umanesimo implica, e que-
sto soprattutto mi interessa... No,
mi interessa anche il primo signifi-
cato, chiaro; anzi, mi interessa
innanzitutto il pri mo, per ch
questo primo significato che dice
ci che di fatto attira al cristianesi-
mo, alla fede cristiana, la gente,
desta l'attenzione della gente al fat-
to cristiano: perch cos che un
cristiano, un cristiano vero con il
suo aplomb, attira l'attenzione dei
suoi compagni di lavoro, che non
sanno trattenersi talvolta dal dire:
Ma tu sei diverso dagli altri!. Un
simile fatto, un simile fenomeno,
indica che il meglio, il meglio uma-
no che si sperimenta quando la fe-
de cristiana nel singolo o nell'am-
biente vissuta, che questo primo
aspetto sottolineato della formula
insomma l'aspetto principale, o
meglio l'aspetto pi efficace, il pri-
mo aspetto efficace nell'attirare al
Nel presentare
pubblicamente
i testi del Concilio
Vaticano II,
Paolo VI afferm:
Anche noi
abbiamo un nostro
umanesimo
L'umanesimo
cristiano destinato
a rappresentare
un fattore positivo
nella storia,
in quanto l dove
il cristianesimo
vissuto,
l'uomo sta meglio
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cristianesimo l ' at t enzi one delle
persone.
Per mi preme anche il secon-
do aspetto - di cui adesso vorrei
parlare - della formula anche noi
abbiamo un nostro umanesimo.
Perch questo implica tutta una
questione di metodo fondamenta-
le, e nella concezione e nella tra-
smissione del fatto cristiano. Mi
permetterei di osservare che a mio
avviso proprio innanzitutto que-
sta mancanza di autentico metodo
cristiano che fa della grande pre-
senza cristiana nella societ di oggi
una, come dire, non solo una pre-
senza est remament e ridotta per
quanto riguarda la sua potenza, ma
addirittura rende la presenza cri-
stiana nel mondo di oggi tenden-
zialmente una mano tesa alle altre
ideologie, alle altre concezioni di
vita, per domandare il permesso di
esserci promettendo di copiare da
coloro che le promuovono il pi
possibile, e specialmente nei cam-
pi che a loro pi interessano. Non
so se mi sono spiegato! Il cristiane-
simo un umanesimo - per l'amor
di Dio, non per ripetere il titolo di
un libro, tanto noto quanto nullo
nel suo valore intrinseco, che fece
scalpore per qualche mese - , la
Chiesa un umanesimo proprio
dal punto di vista del suo metodo di
porsi e di comunicarsi. Vi ho gi
accennato prima, in qualche mo-
do. Sempre il cristianesimo un
annuncio di Dio diventato uomo,
l' annuncio del divino presente e
compagno allo sforzo umano di
concepire la sua risposta ai suoi
problemi quotidiani, ai suoi proble-
mi epocali, ai suoi problemi esi-
stenziali, ai suoi problemi storici.
Ed dall'efficacia di questo affron-
to dei problemi esistenziali e storici
dal punt o di vista cr i st i ano,
dall'efficacia di questo affronto for-
mulato nella fede, tenuti presenti i
criteri cristiani dell'analisi, sia co-
me concezione antropologica, sia
come concezione della storia,
dall'efficacia di questa tenuta che
quello che nel mondo, nella vita
della persona o nella vita della so-
ciet, riesce a cambiare (non a ri-
solversi integralmente, perch la
sol uzi one t ot al e dei pr obl emi
dell'individuo e del popolo umano
sar solo alla fine, la soluzione es-
sendo la gloria di Cristo nella sua
esplicitazione finale)... quello che
nella vita riesce a cambiare d una
maggiorazione evidente del bene,
fa s che il progresso sia vero: che
vi sia cio una non ambiguit del
progresso nello sforzo di applicare
i vari valori, i valori della vita perso-
nale e della vita comune. La man-
canza di ambiguit data dal fatto
che l'intenzione sincera; ma l'in-
tenzione sincera quando cerchi
innanzitutto di essere ultimamen-
te, oggettivamente sintetica di tut-
to il fermento e il fluire dell'attivit
umana, del lavoro umano. D'altra
parte nel cristiano vero non solo
l' intenzionalit sincera, netta,
pura, autentica, non ambigua, ma
sono chiari e non ambigui, dal pun-
to di vista morale, i criteri cui si ispi-
ra l'azione dell'uomo. C' una pa-
rola che esplicita tutta questa inte-
rezza ed integralit dei criteri cui
Ultima cena, particolare.
Giovanni sul petto di Ges
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lo sforzo umano si riferisce: cristia-
na me nt e par l ando si chi ama
carit. La carit la giustizia, starei
per dire, la giustizia nell'affronto di
un problema che non dimentica
nessuno dei fattori che costituisco-
no il problema stesso. Perci, la
preoccupazione di salvare tutti i
fattori inerenti alla questione non
pu che dare come risultato un
contributo al bene dell' uomo, al
bene degli uomini a cui l'azione si
riferisce e al bene della storia inte-
ra: risulta una vera testimonianza a
Cristo. Il lavoro dell'uomo risulta
una vera, intesa o non immediata-
mente intesa cio virtuale, testimo-
nianza dell'uomo a Cristo. Perci,
l'azione risulta gloria a Cristo, un
istante di riverbero della lucentez-
za, della completezza finale.
ANDREOTTI: In questo perio-
do noi viviamo con giusta attenzio-
ne il Sinodo che si sta svolgendo
sulle istituzioni di vita consacrata. E
abbiamo rilevato - non era una no-
vit - che vi stata una forte dimi-
nuzione di persone, uomini e don-
ne, nelle comunit di vita consa-
crata. Io ritengo che l'utilit dei
movimenti, in questo moment o
parlo di Comunione e liberazione,
sia stata anche quella di avere indi-
viduato tempestivamente questo
ruolo, non dico di supplenza, ma di
complementarit alle finalit delle
istituzioni di vita consacrata. Que-
sti movimenti, io penso, nascono
non tanto da una vocazione a fare
gli insegnanti o a fare gli infermie-
ri, ma da una vocazione a tendere
alla perfezione, a essere pi impe-
gnati da un punto di vista religioso.
Una t ensi one che poi si svolge
all'interno delle diverse mansioni e
condizioni. Io ritengo - qui parlia-
mo del movimento di Comunione
e liberazione, ma non il solo -
che abbiano un ruolo proprio nella
prospettiva e gi nell'attualit della
vita della Chiesa, caratterizzata da
questo diminuire di congregazioni,
di ordini, di istituzioni. Per carit,
gli ordini e le congregazioni religio-
se devono rimanere sempre, anzi
preghiamo che il Signore ne dia un
recupero. Ma a maggior ragione
credo che i movimenti siano una
preziosa novit della Chiesa e che
si debba fare su di essi un grande
affidamento per il futuro.
GIUSSANI: Sono t ent at o di
non sottacere un ulteriore aggrava-
mento della osservazione. Come il
battesimo, secondo le stesse paro-
le di questo grande Papa al Sinodo,
il fondamento sufficiente e ade-
guato per una dedizione totale del-
la vita dell' uomo a Cristo, cos io
dico che la verginit, la vocazione
che sta, per cos dire, sul versante
ultimo di questa perfezione di dedi-
zione, potrebbe esser detta il tipo
di vita, l'ideale, per lo sviluppo del-
la vita del battesimo per tutti. Un
ideale nel quale poi il Signore d a
ciascuno il compito da svolgere...
Ma qualsiasi compito Dio fissi per
la vita dell'uomo cristiano, l'ideale
della vita dell'uomo cristiano , co-
me dice san Paolo: Pur vivendo
nella carne io vivo nella fede del Fi-
glio di Dio, il quale mi ha amato e
dato se stesso per me. Pur viven-
do nella carne - la carne il tempo
e lo spazio secondo le circostanzia-
te occorrenze in cui il disegno di
Dio mi implica - , pur vivendo co-
me tutti gli altri uomini, pur viven-
do le cose che sono di tutti gli uo-
mini, i problemi che sono di tutti gli
uomini, io vivo queste cose per af-
fermare Cristo e nell'amore di Cri-
sto, in un'intelligenza di Cristo pie-
na di affezione per Cristo. Dio ci ha
dato una figura affascinante e irri-
ducibile di questa umanamente in-
comprensibile perfezione religiosa
umana nella persona di Giovanni
Paolo II. La gloria di Cristo sem-
pre riconosciuta. Cos che anche
per me, ogni mattina quando mi al-
zo, questo l'unico scopo per cui il
sole nasce e le ore si svolgono, e il
mio sangue e il mio cervello si atti-
vano ed agiscono.
Perci, per quanto siano dimi-
nuite le forme - nel senso pi for-
male del termine - religiose, che
t endevano a dare l' immagine di
una dedizione totale a Cristo, con
una particolare flessione di certe
vite cristiane, riservate a certe vite
cristiane, l'insorgere in questi mo-
vimenti di un recupero della vita di
dedizione totale al Signore prima
di tutto influisce su tutta la vita del
movimento: i pi vigili e attenti tra i
propri amici ne assorbono la moti-
vazione, l'impeto e l'esito. Si pale-
sa cos al popolo cristiano, alla par-
te di popolo cristiano che ne tocca
l ' esperi enza, che ne sor pr ende
l'esperienza, e rappresenta un in-
vito per tutti ad essere anche loro
cos integri nella concezione della
gloria di Cristo, nel tener quotidia-
namente presente che Cristo il
senso di ogni cosa che si fa; che il
concetto di offerta, in cui tutta la
morale cristiana si riassume: l'of-
ferta a Cristo. Anche tutti gli errori
o peccati sono come assunti in es-
sa e sviluppano una capacit di
conversione, di positivit, secondo
Si cerca
solitamente
di "tirare"
la Chiesa ognuno
a sostegno
del proprio modello
Pur vivendo le cose
che sono di tutti
gli uomini, il cristiano
vive queste cose
in un'intelligenza
di Cristo
piena di affezione
per Cristo
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il paradosso di quello che l' abate
dice a Miguel Maara, il quale en-
trato in convento ossessionato
dai suoi ricordi passati, finch si
sente dire: Tutto questo non mai
esistito: Egli solo (che credo non
sia l'ultimo dei paradossi di cui vive
il cristiano, segnalati da uno degli
ultimi discorsi del cardinal Biffi).
per questo che lo sviluppo di tutti i
nessi affettivi che costituiscono il
tessuto pi gustoso della vita uma-
na, lo sviluppo della affettivit
umana verso Cristo come epicen-
tro della totalit stessa dell'affezio-
ne, fa s che tutti, qualunque voca-
zione, qualunque compito partico-
lare abbiano avuto da Dio, fosse la
vocazione familiare o la vocazione
alla verginit, come la bandiera
dell'ideale nel folto del popolo cri-
stiano, tutti ugualmente siano tesi
all'unico senso del vivere che il
rapporto vissuto con Cristo, come
dice la bellissima preghiera liturgi-
ca: Fa', o Signore, che abbiamo
ad amare Cristo in ogni cosa e so-
pra ogni cosa. In ogni cosa e so-
pra ogni cosa. Non c' n mona-
stero, n casa popolare, ma tutto
uguale. Infatti, chi nella famiglia
impegnato con la sua fede, con la
sua speranza, con la sua carit se-
riamente, tale e quale, magari
meglio, o addirittura miglior com-
pagno di cammino di coloro che vi-
vono una realt logistica appartata
per la forma di vita consacrata cui
si sono dati.
L'unica caratteristica che inevi-
tabilmente ci qualifica che sem-
bra che siamo destinati a mettere
una bomba defl agrant e in ogni
problema, e la fede veramente
una bomba defl agrant e in ogni
problema. Che Cristo sia presente
a me che mangio: Sia che man-
giate. .. - non lo dico io! - Sia che
mangiate sia che beviate, tutto a
gloria di Cristo. Sia che vegliate
sia che dormiate, tutto ad onore
di Cristo. Sia che si viva sia che si
muoia..., la frase pi appassio-
nata di san Paolo, quella che ripe-
tiamo pi sovente (ma la frase pi
bella gi stata citata: Pur vivendo
nella carne, io vivo nella fede del
Figlio di Dio). Ma ce n' un'altra,
della Seconda lettera ai Corinti:
L'amore dimostratoci da Cristo ci
strugge, al pensiero che se uno
mort o per tutti, morto perch
tutti non vivano pi per se stessi,
ma per Colui che morto ed re-
suscitato per loro. Da questo pun-
to di vista, noi siamo chiamati a fa-
re r eal ment e l ' es per i enza di
un' umanit diversa! Vorrei citare
uno dei pensieri di Pascal, che di-
ce: Un pensiero umano vale pi di
tutta la realt del mondo messa in-
sieme; un solo pensiero umano
di un valore infinitamente superio-
re. Ma tutto il pensiero umano non
vale il pi piccolo atto di carit.
L'atto di carit di un ordine infini-
tamente superiore. La carit: ve-
ra ma anche bella questa parola!
Possano avere tutti i cristiani lo
sguardo e le viscere di carit di Gio-
vanni Paolo II: cio la risposta che
Simon Pietro diede a Cristo: Si-
gnore, Tu lo sai che io ti amo.
ANDREOTTI: Grazie. La rin-
graziamo molto.
Lavanda dei piedi, particolare.
Il volto di Pietro
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