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Wellington

16 marzo 2014

NOSTOS 5
La carte du tendre

DOPPIO DIARIO 1982/2014


MARZO 2014
Pu darsi che le cose siano pi semplici di quello che sembrano: i lavandini che scaricano in quel modo, gli uccelli che non volano, le auto che stanno a sinistra. Ora, ho scoperto, anche con le serrature, se vuoi aprirle, devi girare la chiave in quellaltro senso. Pi facile pensare che le cose siano giuste cos, come fanno loro, e che siamo noi a sbagliare, che quando sei agli antipodi non cadi di sotto, ma magari di sopra, e che quella carta geografica che vendono qui, con la Nuova Zelanda e lAustralia in cima, e tutto il mondo sotto, sia quella giu-

MAGGIO 1982
Mr. Mallop sbuc allimprovviso dalla porta a soffietto, tenendo in mano un tegamino bisunto. - allora, Chiara che sorpresa! Con me non perse tempo in convenevoli - Lei il dottore Fusi, vero? Mi venne incontro puntandomi contro il suo tegamino come fosse unarma, strascicando i piedi dentro alle vecchie ciabatte. Un uomo di statura breve, vecchio, capelli bianchi tagliati a spazzola, infagottato in una veste da camera color mattone che aveva visto giorni migliori, lo stesso naso

sta, in fondo. Oppure, se non altro, giusta per loro come giusta la nostra per noi, il che non farebbe che confermare il mio punto di vista relativista, che nessuno sopporta. Come in quel vecchio fumetto di Nembo Kid, che leggevo da piccolo, dove esisteva un mondo tutto allincontrario, chiamato Duplex, dove il bianco era nero, il bello era brutto, Nembo Kid era fiacco, ecc. ecc. E dove, per qualche ragione che non ho mai capito, tutta la gente aveva una brutta faccia vettoriale, angoli e spigoli come in un cristallo. Certo per gente come noi, che vive ogni giorno nel furore ansioso della battaglia, questo sembra piuttosto il paese dei mangiatori di loto, dove tutto cos distante che perde importanza, e forse nemmeno si vede. La crisi in Ucraina, che immagino stia ancora peggiorando, e che da noi era in prima pagina su tutti i giornali quando sono partito, qui non compare se non oltre la ventesima, e anche in televisione appena se ne fa cenno. La notizia bomba, invece, la prima ad essere trasmessa da tutti e due i telegiornali e ad occupare le prime pagine, e le bacheche delle edicole, oggi era un assalto di vespe allo scuolabus di Dunedin, peraltro privo di conseguenze. Eppure cerano gli inviati delle televisioni nazionali, che hanno tutti intervistato un bambino imbronciato di cinque anni che si tirato su la maglietta per mostrare i segni delle punture. La seconda notizia invece era una cronaca in diretta della gara di tosatura delle pecore, a Masterton. Ma tutta la televisione, qui, dovrebbero vietarla agli adulti. Meglio cos, comunque, perch lultima volta che hanno voluto mettere il naso negli affari delloccidente hanno sbagliato tutto, e forse se ne sono anche pentiti. Certo qui pu essere difficile per chi non c abituato. Io per esempio non ho ancora imparato ad attraversare la strada dalla parte giusta: qualche volta mi fermo imbambolato sul marciapiede senza sapere che pesci pigliare, altre mi butto a caso, affidandomi alla provvidenza. Per fortuna c abbondanza di semafori, qui, che funzionano perfettamente. Premi il bottone e prenoti lattraversamento. Entro trenta secondi ti lasciano passare: il semaforo emette uno schiocco sordo seguito da un sibilo, e poi una serie di sin!

adunco della foto, le stesse orecchie, ma niente pi baffi da damerino. Faceva una curiosa impressione, come se dietro quella apparenza dimessa si nascondesse una certa sorda risolutezza del carattere, che raccontava una storia diversa, e che non prometteva niente di buono. Nellinsieme era del tutto in tono con il suo appartamento, e con la libreria. Mi tese la mano, contegnosamente, irrigidendosi in una specie di saluto militare. Non fece scattare i tacchi solo perch aveva le ciabatte ai piedi. - Pietro Alistair Mallop si present con voce decisa. Anche la sua stretta era quella di un militare. Mi venne voglia di strizzargliela un po quella mano, per insegnargli leducazione, ma fu una tentazione passeggera. Mi limitai ad un cenno del capo. Non sent il bisogno di scusarsi per averci fatto aspettare in quel modo. Anzi, fece un gesto per me inaccettabile: con la mano libera si riprese il suo libro, e lo appoggi sul tavolo da fumo, senza commenti. Doveva essere chiaro da subito chi fosse il padrone, l dentro, a costo di passare sopra alle buone maniere. Daltra parte avevo cominciato io, e non potevo lamentarmi. Accusai il colpo sorridendo, un po pi nervosamente di quanto avrei voluto. - E un piacere fare nuove conoscenze, soprattutto con persone che condividono le tue passioni Sogguard il libro sul tavolo, per sottolineare questo punto. Era un modesto tentativo di mostrarsi ospitale, ma il suo tono lasciava capire che non ci si dovevano fare illusioni. mi scuserete se continuo con la mia cena, anche qui, in vostra presenza, ma io ho le mie regole. Le regole di Mr. Mallop prevedevano per quella sera un pasto frugale di natura imprecisata, che comunque fu consumato con larghezza e senza imbarazzo sotto i nostri occhi. Si sedette sulla poltrona, appoggiando il suo tegame sul tavolo da fumo, e sistemandosi la vestaglia sulle gambe. Riprese il tegame, e ne tir fuori con un cucchiaio un pezzo informe di carne scura, che si cacci in bocca senza cerimonie, con un tranquillo risucchio. - non ve ne offro perch ho cucinato appena per me. Chiaro, no? E comunque sarebbe stato dif-

gulti chiocci fino allo scadere del tempo, che sembra di essere in unuccelliera. Nelle strade pi larghe c persino una tabella luminosa che fa il conto alla rovescia del tempo che rimane ai pedoni. Certo non valeva la pena venire fin qui solo per raccontare cose come queste. Ma sempre fonte di stupore estremo, per gente come noi, scoprire che possibile che il mondo funzioni correttamente, che gli orologi pubblici segnino lora giusta, che le fontane spruzzino acqua come loro dovere, che i muri siano puliti e senza scritte, che le strade non vengano infestate dalla pubblicit, che lerba sia tagliata a modino, che i cani siano tenuti al guinzaglio, che i bus arrivino e partano in orario. E con questo torniamo alla cronaca: alle 8,33 esatte lautista ha acceso il motore del bus Intercity da Aukland a Whangarei, dove ero diretto. Prima di partire ha verificato nome e cognome di ognuno dei passeggeri (non si fa niente senza prenotare, qui), ha messo di sua mano i bagagli di tutti nel portabagagli, e aspettato tre minuti larrivo di uno che ancora non si era visto, e che era sulla sua lista. Appena in strada ci ha intrattenuti con un breve saluto al microfono, illustrando la destinazione, le singole tappe e gli orari di ciascuna, invitando al rispetto delle suppellettili, e rendendosi disponibile per ogni chiarimento [mi ha sempre fatto ridere quella frase sui nostri pullman: non parlate al guidatore, come se qualcuno lavesse messo in punizione] Il bus il pi vecchio della compagnia, ma funziona ancora bene aggiunge. A me pareva nuovo di zecca. la prossima Tongatapu, dove scenderanno due passeggeri, che sono pregati di prepararsi, e cos via, fermata dopo fermata, compresa una sosta per rifocillarsi a met del viaggio. Allarrivo, naturalmente, saluta tutti e ringrazia a nome della compagnia. Ogni autista ha il suo stile: Wiremu, mezzo maori e mezzo no, ride sempre e fa le battute. puoi aspettare un paio di minuti prima di partire, devo andare in bagno gli dico. Non lo so, forse ti lascer a piedi Ride. Quando torno fa finta di darmi un calcio di dietro per farmi salire pi in fretta sul bus. Brian invece un compassato gentiluomo anglosassone: se consumate alcolici nel bus, potreste non finire il vostro viaggio dice con voce pensosa, tra una lunga pau"!

ficile convincermi ad accettare di dividere con lui quella pozione ripugnante. Aspettammo con pazienza che avesse masticato a dovere il suo boccone, e che si fosse nettato la bocca con il fazzoletto ciancicato che tir fuori da una tasca. Noi due in piedi, l, davanti a lui, e lui in poltrona, come se niente fosse, a fare il suo spuntino. Era come assistere ad uno spettacolo. Lasci passare cos almeno un minuto intero, tranquillamente, poi si degn di prenderci in considerazione - ma prego, sedetevi, ci sono un paio di sedie, l dietro indic un pila di scatole piene di oggetti inclassificabili, incartati in fogli di giornale. Dietro cerano effettivamente due sedie impilate, in condizioni accettabili. Le tirammo fuori, alzando un po di polvere, e le piazzammo davanti a lui. Mi sedetti a braccia incrociate. Non sapevo se ridere o spazientirmi. Ci pens lui a togliermi dallimbarazzo: era il tipo che preferisce arrivare subito al dunque, di questo devo dargli atto - Chiara mi ha detto che siete interessato ai miei libri lo disse quasi con sospetto, con il tono del drago Fafnir seduto sul tesoro dei nibelunghi - ah siii. Beh, non proprio... Chiara dice che avete una buona collezione di scritti del periodo coloniale, e davvero mi piacerebbe vederli. Sto lavorando ad una traduzione di Nga mahi a nga tupuna, e mi serve conoscere tutto quello che pu riguardare sir George Grey e il suo lavoro. - Nga mahi?... A nga tupuna? Davvero? comment con una risata chioccia, quasi in tono di sfida. Non potei fare a meno di notare la sua pronuncia perfetta, con tutte le vocali allungate al posto giusto, e la nasale ineccepibile, cos stonate accanto al suo italiano corrotto di vecchio siciliano, che ancora dava del voi agli estranei - Cos anche voi siete di quelli che si compiacciono di quelle storielle assurde: il piccolo Maui morto e risorto in un grumo di capelli, il viaggio a ritroso tra le cosce della notte torse le labbra in segno di disgusto questi bastardi non sono stati in grado in mille anni di mettere insieme una storia decente. Mille anni sempre a cucinare la stessa minestra. Avete visto il loro artigianato? Tutto uguale, nei secoli dei secoli. Hanno imparato a levigare la pietra, loro. Anche un babbuino lo sa fare: giorno dopo giorno a sfregare un sasso contro un altro. Un mese per fare un amo.

sa e laltra ; non chiedetemi se arriveremo in orario: con il traffico del venerd sera una lotteria; i passeggeri per Tauranga devono scendere a Hamilton. Se rimangono sul bus stasera si troveranno a Rotorua, che un bel posticino, ma probabilmente non quello dove vorrebbero arrivare. Eccomi allora a Whangarei. Ho scelto Whangarei un po come un assaggio delle mete pi succose che verranno dopo, troppo lontane da Aukland per farci tappa subito, ma anche per una ragione eufonica a simbolica: Whangarei qui ognuno se lo pronuncia come gli pare, ma la resa maori esatta fangarei, che suona quasi come Panta Rei, e descrive bene il mio stato danimo di questi giorni. Whangarei un paese di mezza taglia sullestuario del fiume Hatea. Non so dove ho letto qualcosa sulle citt degli estuari, che sono una cosa tutta speciale rispetto alle altre comunit fluviali. Ma chi se ne ricorda? Se avessi pi memoria forse riuscirei a raccontare qualcosa di interessante, prima o poi. Il mio albergo un motel per automobilisti, ma non come quelli sordidi dei film americani, n tantomeno come quello di Antony Perkins in Psyco. E comodo, pulitissimo e elegante, perso in mezzo a tre ettari di verde tagliati a spazzola, cos verde che fa male agli occhi. Appena di l dalla strada c il fiume, e poi le colline e la foresta di podocarpi. Nella camera ho il bollitore, il caff solubile, la cioccolata solubile, il ferro da stiro e la tavola da stiro (cos si direbbe: ma si tratta di oggetti che non conosco perfettamente). Whangarei una specie di Castiglione della Pescaia, solo pi pulita, meno gradassa e rapace, assolutamente pi elegante e armonica. Ha un molo tirato a lustro e bordato di giardini colorati e di locali e negozi di ogni genere, senza lussi pacchiani. Un museo appena carino, un parco. Tutto qui. Certo non c il castello come a Castiglioni, n il paese antico. Quello bisognerebbe resecarlo alla base, e trapiantarlo qui, come a Abu Simbel, magari lasciando a casa i castiglionesi, se possibile. Quando tira un minimo di vento, tutte le sartie delle barche sbattono agli alberi, e fanno un suono come di gnomi al lavoro nella miniera di diamanti. Quando tira un minimo di vento, tutte le

Per loro fortuna anche i pesci, qui, non sono tanto intelligenti. Una razza di infingardi. Qui si ferm, perch doveva servirsi di un altro boccone dal suo tegamino. Mi guard compiaciuto, ammiccando con quegli occhietti chiari, mentre riprendeva tranquillamente a masticare. Avevo qualcosa da aggiungere? Certo che avevo qualcosa da aggiungere: i suoi argomenti erano repellenti per il mio caldo cuore di sinistra, ma anche piuttosto stupidi. Ormai ne sapevo abbastanza sullargomento per non lasciarmi intimorire da qualche affermazione sprezzante, i soliti luoghi comuni. Ma preferii dargli spago: era troppo evidente che stava cercando di provocarmi. Ne ho visti tanti cos: se gli dai soddisfazione sono capaci di sfinirti. Hanno dentro una energia nera troppo potente per quelli come me. E meglio non contraddirli, quelli come lui, a meno di mettere in conto che si possa venire alle mani, a un certo punto. Ma non era quello il momento. Mi limitai a guardarlo in silenzio, restituendogli uno sguardo carico di sottintesi. Gli rivolsi un mezzo sorriso, sollevando appena le sopracciglia, cosa che nelle mie intenzioni doveva significare un blando dissenso, ed anche una certa aria di degnazione che avrebbe dovuto farlo imbestialire. Ma mi resi conto che non sarebbe stato cos facile. Per niente scosso dalla mia mimica facciale, si ripul ancora con il suo fazzoletto, continuando a masticare. Poi riprese il discorso, con la bocca ancora piena - Ne avete conosciuto qualcuno, di questi maori? - solo un paio, da che sono qui. Non mi sembrano cos differenti da tutti gli altri - questo lo dite voi mi interruppe arrotando i denti sapete cosa facevano i maori ai nostri coloni? Non lo avete letto, questo, sui vostri libri? Nga mahi a nga tupuna, le imprese degli antenati! Belle imprese davvero. Sapete che cosa un mataika, cosa vuol dire, mataika? Scossi la testa. Ne sapevo troppo poco per contrastarlo su questo punto. Forse alla fine avrei potuto persino imparare qualcosa - il mataika la prima vittima di uno scontro, il primo dei nemici che viene uc-

sartie delle barche sbattono agli alberi, e fanno un suono come di gnomi al lavoro nella miniera di diamanti. Come a Castiglioni, anche a Whangarei ci si annoia, se non si va al mare. Ma qui siamo sullestuario, e per andare al mare bisogna darsi da fare. E il tardo pomeriggio quando arrivo, e non c tempo per le lunghe camminate. Opto per una esplorazione preliminare verso la baia pi vicina, poco pi di cinque chilometri, da farsi tutti sullasfalto, con un sole fastidioso in faccia. La passeggiata gradevole, ma non si arriva mai. E poi gi in fondo, dove la mia carta segnala la curva ondulata della cala, si vede solo un sacco di alberi, e di verde. Giro la carta da tutte le parti, ma non c niente da fare: o sbagliata quella, o mi sbaglio io. Precedo testardo fino alla fine, per scoprire tristemente che la cala c, ma totalmente occupata da un bosco di mangrovie che hanno coperto tutto: la spiaggia non c pi da circa duecento anni, e il mare si pu vedere con il binocolo, se mai. La carta lo dava per scontato, buon per lei. Meno buono per me, che speravo di mettere i piedi in acqua dopo tutta quella strada. E poi queste mangrovie, nonostante il nome che suona cos bene, non sono particolarmente belle. Non come quelle lussureggianti dellasia, almeno. Qui assomigliano a lecci di piccola taglia, anche se affondano nellacqua per almeno mezzo metro. Niente da fare, per oggi, allora. Me ne torno accaldato e con una sete terribile verso il centro di Whangarei sullasfalto bollente. Dopo unora di questa medicina si cominciano ad avere i miraggi. Il mio ha la forma di un venditore di cocomeri, come quello che ci salv la vita, a me e PierGiorgio, nella fornace di Civitavecchia, dopo trenta chilometri sotto il sole di luglio, tre anni fa. Eppure proprio vero, e proprio l per me. Non ci posso credere: un ometto tutto storto, con una lunga barba bianca, e un furgoncino di cocomeri piccini piccini, dalla polpa chiara. Come unapparizione dalla Terra di Mezzo. Cinque dollari luno. Ma ne comprerei anche se costassero cinquanta, a questo punto. C una breve negoziazione, dove n io n lui capiamo niente di quello che vuole laltro. Poi lui taglia via una fetta e me la fa assaggiare. Deliziosa. La faccio fuori in

ciso in una battaglia. Era un grande onore essere il primo a sgozzare uno di quei poveracci che erano arrivati qui per rifarsi una vita. Venti anni a sputare sangue per tirare fuori qualcosa dalla tua propriet, ed ecco che un selvaggio tatuato si fa un punto donore di farti la pelle un minuto prima del suo collega, sbucando da un bosco di felci. A questo punto si verific in lui uno strano mutamento. Si interruppe per tirare un respiro profondo, sporgendosi in avanti verso di noi, ma senza perdere di vista il suo tegame, e roteando gli occhi in un modo che non prometteva niente di buono se ne venne fuori allimprovviso con un urlo agghiacciante in quel suo timbro stridulo da gallinaccio, che ci colse tutti e due di sorpresa, facendoci sobbalzare, - Maaku te mataika! Maaku te mataika! Segu una risata che sembrava un piccolo ruggito, e poi, quasi sospirando, con una sfumatura maligna nella voce - E mio, mio il primo! Che ve ne pare? Divertente, no? Si ricompose contegnosamente sulla sedia, con una scintilla di soddisfazione negli occhi: un risultato laveva ottenuto, non lo si poteva negare - peccato che quello fosse un uomo, un uomo come me, o come voi. Quei grandi bastardi se lo facevano a pezzi l, sul posto, oppure, se era troppo pesante, gli staccavano le gambe e se le portavano via, insieme a tutto quello che riuscivano a prendersi: una calza piena di tabacco, un coltello, una manciata di chiodi di acciaio. - ma che schifo, Mr. Mallop, insomma! Chiara si era fatta sentire, alla fine, con quella sua voce lamentosa, ma la sua protesta non venne presa in considerazione - un vero schifo, miss... un vero schifo. Vedete, quando si raccontano queste storie in genere si ride. Sono faccende del passato, curiosit per antropologi, buone per una chiacchierata a tavola, quando le signore sono andate di l a preparare il caff. Le teste tagliate e rinseccolite, le mutilazioni, il sangue. Nessuno pensa a come sia davvero, vivere una situazione del genere: il terrore, lo sgomento, il dolore fisico intollerabile, il sangue, la sensazione della morte che si avvicina, lattesa strozzata del colpo finale. Avere addosso un bestione nero, urlante, sudato, che ti schiaccia a terra, e comincia a macellarti con la sua mazza di pietra levigata.

un nanosecondo; unaltra dico subito, e poi unaltra e unaltra, e unaltra. Se ne va via un cocomero intero. Lui vorrebbe fare conversazione, un tipo vispo, allegro. Non tanto furbo, forse, perch l dove si trova non vender mai niente. Per non sembra che se ne preoccupi. Io faccio finta di capire, ma non intendo una parola. Assento con il capo, sorrido, rido quando ride lui, colgo qualche vago concetto a cui mi aggrappo per interloquire. Poi tiro fuori i cinque dollari, ma lui li rifiuta. un regalo di benvenuto dice. Insisto, ma non c niente da fare. Lunico cliente della giornata, e non vuole essere pagato! Gli stringo la mano, commosso, e lo saluto. Ci sono ancora tre chilometri da fare. Ho scoperto allora che a Whangarei non si fanno i bagni, non si va su nessuna spiaggia, non si prende il sole. Si pu stare sul wharf, curare la propria barchetta di fronte al Basin, farsi un cocktail in uno dei localini l intorno, ma tutto l. Il posto pi vicino per il mare Waipu, e grazie che c un servizio di pullman, perch qui se non hai la macchina diventa complicato andare sulla spiaggia, come devo ancora scoprire. Cos di buon mattino prendo il bus per Waipu, per accorgermi che anche l la spiaggia a otto chilometri dalla fermata. Non sono cos tanti, a conti fatti: ho tutto il giorno davanti. Waipu si trova sulla Bream Bay. Bream: vi dice niente il suono della parola? Ci sta una comunit di scozzesi venuti qui a met dellottocento, per motivi che non so immaginare (certo che da loro faceva molto pi freddo che qui). Hanno conservato tutte le loro tradizioni: kilt, cornamuse, giochi virili a sollevare tronchi dalbero, tiro alla fune, roba da scozzesi, contenti loro. Vederli qui un po strano, ma qui tutto un po strano. La segnaletica trilingue: maori, inglese e gaelico: centomila volte benvenuti a Waipu, dice un cartello; kia ora ki Waipu, un altro, ceud mile failte gu Waipu, un altro ancora. Chiss chi pi sincero, in questo attaccamento alla tradizione, tra loro e i maori di qui. Certo tutti e due i gruppi sembrano piuttosto convinti di quello che fanno: ognuno tiene alle sue proprie danze, alle sue canzoni, alle sue prove di forza, e nonostante le differenze visibili si percepisce !

Ma sono storie che fanno un certo effetto, cos pittoresche, no? E come essere al cinema: nessuno pensa che quelli erano uomini in carne e ossa, nessuno vede il dolore. Guardate i loro giocatori di rugby, con quei ridicoli tatuaggi fatti con la penna biro, guardate come roteano gli occhi, come urlano, con la lingua di fuori. Mooolto pittoresco. Ma c qualcosa, in quella pantomima scimmiesca, che vi inquieta, anche se non sapete cosa, una traccia di violenza pura, e di furia, che nessuno pu comprendere tranne loro. Potete sorridere, ma non veramente divertente. Era un uomo, quello, e non c niente da ridere. Sapete cosa ci facevano con le gambe? Se le mangiavano arrosto: una delizia! Anzi, no, larrosto era gi una cosa troppo sofisticata per loro. Le incartavano in un pacco di foglie di felce e le cuocevano al vapore sulle pietre roventi, sotto mezzo metro di terra. Uno schifo, avete detto bene, cara amica. Attraversare loceano solo per servire da colazione a un branco di scimmie sanguinarie. Si interruppe di nuovo per un altro boccone. Il momento era teso, ma lui aveva la sue regole, lo sapevamo, ormai. Non avrei saputo dire cosa, ma cera qualcosa di sconveniente nel metodico masticamento con cui accompagnava quel racconto agghiacciante di cannibalismo. E anche di paradossale. Per quanto ne avessi voglia, per, mi guardai bene dal sorridere - o dal reagire in qualsiasi modo, se per questo. Il suo racconto non mi spezzava il cuore, ma riconoscevo le sue ragioni, anche se ormai era passato tanto di quel tempo. - avrei detto che foste un appassionato di cose maori... Chiara mi ha raccontato dei vostri studi... - studi? Io non ho niente da studiare. Sto solo cercando, io. E poi non necessario amarli, questi bastardi, per capirli. Anzi. La gente che li ama non capisce proprio niente, riesce solo a farsi delle idee sbagliate, alla fine. Sono pieni di pregiudizi stucchevoli, perch secondo loro i selvaggi non possono che essere buoni, e tutto quello che fanno va bene, perch siamo stati noi a farli diventare cattivi, eccetera eccetera. Quelli se ne stavano l tranquilli, a levigare le loro pietre, e non facevano male a nessuno, prima che gli uomini bianchi li corrompessero. Cannibali? Ma quando mai! Uno spuntino ogni tanto...

una consonanza curiosa, per chi ha voglia di notarla, tra maori e scozzesi, in questo tentativo in fondo patetico, eppure cos profondamente radicato, sentito, di restare attaccati a quello che erano, o che pensano di essere stati. C una parola per questo, che tutti usano a sproposito, ormai, ma altre non ce ne sono. Si chiama identit, e se vi interessa sapere cosa ne penso, andate a leggere questo: http://www.scribd.com/doc/169908434/Pa lmiro-Togliatti-sotto-le-mura-di-TroiaSogni-e-incubi-dell%E2%80%99identita. Potrebbe essere noioso, ma se avete avuto voglia di leggere fin qui, potrebbe esservene rimasta un po anche per quello. Fate voi. Insomma, otto chilometri a piedi; dai e dai si arriva alla costa, ma non finita qui. C un bel fiume trasparente e cristallino che si butta in mare, in questo punto. Ma le maree lo hanno deviato per un paio di chilometri, forse pi, su un percorso parallelo alla spiaggia, molto bello a vedersi dalla strada: la striscia argentata del fiume, la lunga barra parallela delle dune, la spiaggia al di l, e le onde delloceano. Ma se a quelle onde che sei diretto, il fiume un ostacolo e basta. Devi guadare, e sperare che si tocchi. Grazie alla fortuna del principiante, incontro lunica bagnante del posto, che mi assicura ce c un punto, proprio l, dove si pu attraversare. Spero di aver capito e mi butto. Quando ormai ho perso la speranza e lacqua mi arriva quasi alle spalle, e sono costretto a tenere sollevati sulla testa i pantaloni, la giacca, il telefono e la macchina fotografica, il livello si abbassa di nuovo e sono salvo. La spiaggia quella che deve essere, che mi aspettavo che fosse: bianca, larga, lunga, davanti ad onde spettacolose, una specie di cala Violina lunga venti chilometri, ma senza senesi; anzi, senza proprio anima viva: molto oltre si perde nel golfo di Whangarei, e dallaltra parte finisce nella Waipu Cove, un caletta deliziosa e tranquilla. E l che sono diretto, tre chilometri ancora, pi o meno. Ma la strada riserva altre sorprese: su una lingua di terra coperta di verde, prima dellinizio delle dune, c un piccolo cimitero scozzese: un luogo tranquillo, sereno, ombreggiato come nella Hawkshead di

Non cos grave, in fondo. E cos ora se li portano a messa, e come pregano! Ma se guardaste nel fondo dei loro occhi, proprio in quel momento, mentre cantano quegli inni devoti a nostro Signore, capireste che hanno tutta unaltra storia da raccontare. Sono infidi, tutti, e tutti ladri, anche. E hanno ancora fame. Ho imparato pi io su di loro, in questi trenta anni, di tutte quelle maestrine che li hanno studiati nelle universit. Io, che li detesto, almeno come loro detestano noi. Un bel fervorino, non c che dire. I suoi argomenti ripugnavano al mio cuoricino antiimperialista, ed alla mia deontologia di antropologo alle prime armi, ma cera un compiacimento rabbioso nella sua franchezza che sorprendeva e incuteva timore. Mi domandavo se non fosse il caso che mi prendessi anchio qualche soddisfazione: dirgliene quattro subito, ed andarmene via di l su due piedi, in gran disdegno. Ma la speranza che dopotutto avrei potuto ricavare qualche informazione preziosa, da lui, mi consigli di non muovermi. Certo, per, non avrei rinunciato ad esprimere il mio dissenso - E necessario che io sia daccordo con lei, per continuare questa conversazione? - forse. Lo scopriremo andando avanti. Le vostre opinioni non mi interessano. Le mie sono troppo buone perch debba perdere tempo con quelle degli altri. Parler con voi finch mi far piacere, e vi dir soltanto quello che mi andr di dire. Queste sono le mie condizioni. - bene, e io far altrettanto. Anchio vado molto fiero delle mie opinioni, anche se non mi dispiace perdere un po di tempo con quelle degli altri, quando ne vale la pena. Pu continuare ad esprimerle, se non pu farne a meno, ma dovr dire anche qualcosa di interessante, se vuole che vada avanti ad ascoltarla. Queste sono le mie condizioni. - via, Mr. Mallop Chiara si intromise non sta bene trattare gli ospiti in questo modo. Abbiamo fatto tutta questa strada a piedi solo per parlare con lei, e in fondo lei che ci ha invitato... Mallop le rivolse unocchiata porcina, melliflua. Chiara non era propriamente una bellezza, ma aveva quanto bastava per tenerlo a bada. Forse lavevo sottovalutata. - certo, principessa, avete ragione. Ma sono un vecchio solitario, ho perso labitudi-

Wordsworth. Ma l non c la parrocchiale anglicana: solo un albero enorme, immane, che presidia la quiete del posto. Un albero doppio, nato da due arbusti che si sono uniti nel tempo a formarne uno solo. Li aveva piantati nel 1864 il proprietario del terreno, per ricordare la nascita dei suoi gemelli, come ricorda la targa l accanto. E un posto dove fermarsi almeno qualche minuto. Sedersi sulle radici, allombra, senza particolari velleit filosofiche o esistenziali, anzi, senza pensare proprio a niente. Stare l ad ascoltare gli uccelli marini, il rumore delle onde delloceano, e magari farsi un sonnellino. Dopo di che nascondo i miei abiti borghesi sotto un tronco tra le dune, per avere le mani libere, e mi avvio verso Waipu cove. Il sole gentile, le onde trasparenti e cristalline, un filo appena di vento. Nessuno in vista da nessuna parte. Waipu cove carina, niente di pi: ci arriva un altro fiumiciattolo che scende dalla collina, e si perde sotto un boschetto di piante acquatiche prima di arrivare al mare. C una roccia tutta coperta di vegetazione che interrompe la falce della spiaggia, e crea una cala protetta. E c una folla imprecisata di turisti: venti, forse trenta, addirittura. Mi bagno i piedi, ma non pi di tanto, non mi fido delle onde, e poi tempo di tornare: c un pullman solo, il pomeriggio, e se perdo quello la fine. Il guado del fiume, al ritorno, meno facile del previsto, e non riesco pi a trovare il punto per passare. Me ne resto l in mezzo con lacqua quasi alle ascelle e non so pi n andare avanti n tornare indietro. Sono fritto. Ma ancora una volta mi assiste la fortuna: intravedo un canoista (forse lunico che ci sia, per chilometri) sulla riva di l, a comincio a gridare e a sbracciarmi. Dopo un po, con calma, decide di venire a vedere cosa succede, forse anche un po seccato. Carica la mia roba sulla canoa, e a quella mi abbranco anche io. Scopro subito che si tocca comunque, fino a riva. Ce lavrei fatta anche da solo.

ne agli spagnolismi si volse verso di me - Vi chiedo scusa, signore, un privilegio per me ospitarvi nella mia umile residenza. Aveva fatto un tentativo, ma lironia non era il suo forte. Lo preferivo nella versione del fascista impunito. Si alz in piedi, tenendo la schiena diritta. Era pi alto di quanto mi fosse apparso allinizio, mentre trascinava i piedi sulla sua moquette, piegato su quel tegame bisunto. Dallo scaffale alle sue spalle prelev un bottiglia avviata di Martini; poi si diresse con sicurezza verso una delle scatole di cartone che ingombravano il bovindo, e ne tir fuori tre bicchieri di cristallo incartati in fogli di giornale. Butt le carte sul pavimento, con naturalezza, accanto ad altra spazzatura, e appoggi i bicchieri sul tavolo da fumo, versandovi qualche avara goccia di Martini. Era il tipo che riesce ad ottenere il massimo da un bottiglia di liquore. Ci pass i bicchieri, con molta degnazione, poi si sedette con il suo sulla solita poltrona, e se lo scol senza complimenti, gettando platealmente la testa allindietro, come se stesse tracannando un boccale di birra da un litro. Qualcosa come un rito sociale, una di quelle abitudini da sottufficiali che si prendono nelle caserme. Mi aspettavo quasi che si buttasse il bicchiere alle spalle, come ne Le quattro piume, ma sarebbe stato uno spreco troppo grande, per lui. Comunque dovevo dare atto della sua totale mancanza di imbarazzo: era a casa sua, lui, e noi quelli che lo avevano cercato, eravamo noi ad aver bisogno di lui. Non era ostile, nonostante tutto, ma aveva la diffidenza incattivita di chi si abituato suo malgrado a vivere da solo. Non avrebbe cambiato le sue abitudini soltanto perch cera qualcuno per casa, a meno che non ci avesse visto qualche profitto, o una occasione pur minima di rivincita sulla detestabile indifferenza del mondo. Era ovvio per che di questo passo non si sarebbe arrivati da nessuna parte. La conversazione languiva, e Mallop non sembrava interessato minimamente a tenerla viva. Chiara mi rivolse uno sguardo interrogativo, che in una donna cos poco reattiva equivaleva ad uno stato allarmante di disagio. Di l a poco ci saremmo trovati tutti a corto di argomenti.

Feci i miei sforzi - Che cosa ci trova, allora, in questa gente cos detestabile? Perch non fa come tutti, qui, e si dedica al giardinaggio, alla vela, al bricolage, alla letteratura inglese? Perch perdere tempo con questi selvaggi, se sono davvero come li descrive... - giovanotto, dubito che questi siano affari vostri... Pu darsi che uno di questi giorni mi vada di dirvelo, se mai ci rivedremo, ma oggi non credo di averne voglia. Prese il libro di Metraux dal tavolo, stizzito, e si mise a sfogliarlo, ostentatamente, facendo finta che non ci fossimo. Luomo era strano, inutile negarlo. Tentai un altro approccio - va bene, allora, mettiamola in questo modo: Non necessario che io le sia simpatico, o che le lo sia per me. Sono venuto a cercarla perch ho bisogno di un aiuto, qualche informazione utile per quello a cui sto lavorando. Per posso farne benissimo a meno, o trovarle da qualche altra parte, con un po pi di fatica. Se ne ha voglia, pu rispondere alle mie domande, se no, pazienza, arrivederci e grazie. Feci il gesto di alzarmi, ma non me ne sarei andato davvero. Mallop pos il libro e mi guard con quei suoi occhi slavati, ancora con la stessa diffidenza, ma questa volta con una sfumatura inaspettata di allegria - piano, piano... Non vi alterate. Potrebbe scoppiarvi una vena, da qualche parte. Vedete, io non sono un professore universitario. Ne ho conosciuti tanti, di professori universitari, e vi posso dire che non sanno di che cosa parlano, nessuno di loro. Leggono, leggono tutto, e pensano che tutto quello che c da sapere si trova sui libri. Anche quando vanno in giro a scavare, o quando intervistano uno di questi selvaggi... anche quando si travestono da selvaggi, hanno sempre un libro in testa: quello che hanno letto e quello che vorrebbero scrivere. Ascoltano solo quello che vogliono sentirsi dire. Non sono capaci di imparare, loro, e non ne hanno nessuna voglia, comunque. Avete conosciuto Sydney Mead, grande dottore dellaccademia delle scimmie, capo dipartimento di non so cosa, qui alla Victoria, quello che sa tutto sui mantelli di pelo di cane del periodo classico? Un maori passato in lavanderia. Ero ad una delle sue conferenze, lanno scorso, e non riusciva a pronunciare una sola parola del-

la sua lingua nel modo giusto. Ho dovuto dirglielo, e non gli piaciuto per niente. Sorrise al ricordo, e fece una breve pausa. Si capiva che avrebbe gradito una domanda sullepisodio, ma non ero ancora pronto a dargli di queste soddisfazioni. Ne fu deluso, ma ormai aveva accettato di comunicare, e non si sarebbe fermato, per il momento. - insomma, avete capito? Io non sono come loro, ma ne so molto pi di loro. Molto di pi. Se volete sapere qualche cosa che non si trova gi in un libro, sono io soltanto che ve la posso dire. Per attento! mi guard con una espressione di complicit, un guizzo avido negli occhi attento! A loro li pagano, per insegnare, e io dovrei dire tutto quello che so al primo venuto, senza avere niente in cambio? Ah, ecco, allora. Avrei dovuto capirlo subito, non era una cosa difficile. Era una questione di soldi. Quella casa cadente, la cena miserabile: Mr. Mallop non aveva una lira, e questa era una buona occasione per tirar su qualche dollaro. Guardai la sua espressione bellicosa, i suoi occhi gelidi, ma in fondo, in fondo provavo pena per lui, perch in quello sguardo deciso avevo riconosciuto qualcosaltro, come una scintilla di apprensione, un desiderio petulante di ottenere il suo scopo. Nonostante la sua messa in scena, non mi avrebbe lasciato andare via cos facilmente come sosteneva. Aveva bisogno di soldi, Mallop, ma non solo di quello, forse neanche soprattutto di quello. Come tutti, aveva bisogno che qualcuno avesse bisogno di lui, che qualcuno si spingesse in quel sordido rifugio ai confini del mondo a riscattarlo per una volta da una solitudine incattivita, da una sorte infernale di abbandono e indifferenza. Qualcuno che accettasse di ascoltarlo, che magari fosse disposto a pagare, per ascoltalo. No, non era soltanto per i soldi, ma trovavo cos impietosa la sua condizione, cos penosa la circostanza, che preferii lasciargli credere che il suo trucco sgradevole avesse funzionato. Cercai di manifestare quel poco di indignazione, tanto per tenere la parte, ma lasciando intendere che ero disposto a trattare - Beh, bisogner vedere la merce, prima Cerc di sopprimere un sorriso trionfante, ma il gesto delle mani lo trad: era tipo che si sfrega le mani in segno di soddisfa-

zione, come fanno le streghe dei cartoni animati. Anche questo doveva significare qualcosa. - Ah, certo, la merce... la mia merce. E tutta roba di prima qualit. Ma qualcosa piuttosto pi interessante che nga mahi, se vi piacciono davvero queste cose. Qualcosa che vale almeno cento dollari Cento dollari! Cento dollari di allora, anche nella debole valuta antipodale, erano una bella sommetta, un terzo quasi del mio appannaggio mensile, e quanto bastava a pagare la retta spartana di Weir House per lo stesso periodo. Forse non avevo scelto la strategia migliore. Guardai Chiara, che ora pareva del tutto a suo agio. Mi rivolse un sorriso ottuso: a lei bastava che andassimo daccordo. Mallop si alz di nuovo, e si diresse verso la libreria. In mezzo a quella confusione feroce, individu subito quello che cercava sullo scaffale pi alto, che raggiunse sollevandosi un poco sulla punta dei piedi.

Afferr un piccolo faldone, un fascicolo tenuto insieme con lo spago. Uno degli ultimi raggi di sole che si era fatto strada chiss come oltre lo schermo della collina di Te Aro arrivava fin quasi a quel punto, e quando Mallop tir gi il fascicolo fece riverberare una nuvola di polvere dorata. Tra le immagini di quel periodo che mi sono rimaste impresse pi chiaramente negli anni, questa modesta panoramica di quelle che hanno resistito con pi tenacia: il vecchio Mallop in punta di piedi che allunga la sua mano stregonesca verso lo scaffale, al centro della tetra desolazione del suo oscuro dominio, e una pioggia allegra di pulviscolo lo circonda di una flebile lucentezza aranciata. Unepifania, come lavrebbe definita Robert, che amava il linguaggio un po snob che si dovrebbe evitare nelle conversazioni.

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