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Il Rosso e il Nero

Settimanale di Strategia

SIMPLICIUS SIMPLICISSIMUS 11 giugno 2009

A volte non paga complicare le cose

Le Avventure di Simplicius
Simplicissimus sono il più grande
romanzo di lingua tedesca del XVII
secolo, anche se sono poco note fuori
dalla Germania. La vita picaresca di
Simplicius scorre tra mille avventure
durante la Guerra dei Trent’anni, un
periodo tra i più cupi e complessi della
storia europea. Simplicius è un giovane
orfano, naturalmente contadino, molto
ingenuo e innocente e che tuttavia, alla
fine, riesce sempre a cogliere il senso
delle cose tragiche o tragicomiche della
vita con una certa intelligenza
semplificatrice.
I mercati finanziari hanno di sé
un’idea più alta di quella di Simplicius.
Spesso si credono onnipotenti (come
fanno i bond vigilantes, che si sentono in
questo periodo in grado di modificare il
corso della storia fiscale degli Stati Uniti
nel prossimo decennio). Quasi sempre
si sentono onniscienti, una credenza
corroborata fino a qualche tempo fa da La prima edizione dell’Abenteuerlicher
molta accademia che li riteneva dotati di Simplicissimus. 1669.
razionalità assoluta.
In realtà onniscienti non sono, neanche lontanamente. Non si è mai capito,
del resto, perché gli esseri umani (anche presi collettivamente) siano un
miscuglio di intelligenza, emotività e stupidità nelle scelte che fanno in tutti i
campi e si trasformino magicamente in perfetti animali razionali quando
entrano nella sfera economica e nei mercati.
I mercati, quasi sempre, sono miopi ed estrapolativi. Bisogna però dire che,
da vicino, ci vedono bene. Come Simplicius semplificano, ma lo fanno con una
certa intelligenza. Semplificare è nella loro natura. Possono muoversi solo su
due dimensioni, su o giù, e questo li costringe alla sintesi e alla scelta. Le menti
troppo sofisticate, quelle che vedono molto bene anche l’altro lato delle cose,
quelle insomma troppo consapevoli della complessità partono in realtà
svantaggiate.
Nei tre mesi passati, ad esempio, il Pil americano ed europeo è passato da
una decrescita del 6 per cento annualizzato a una decrescita del 2. Simplicius,
dal fatto di essere passato da 6 bastonate al giorno a 2, trae grande conforto.
Da persona concreta non si sofferma troppo a pensare se domani le bastonate
saranno tre o una sola o se addirittura gli capiterà di trovare al risveglio pane
formaggio e miele. Si accontenta di rallegrarsi.
Il Dottor Sottile si indispettisce per la stoltezza di Simplicius. Ben misera è
infatti la sua sorte, dal momento che le bastonate continuano e che, per ben
che vada, le torture magari cesseranno in autunno, ma in fondo al giaciglio, per
tutto il 2010, non ci saranno certo leccornie, ma poche briciole rancide
avanzate dai topi.
Finora l’ottimismo dei mercati si è nutrito prima della tenuta dei consumi
(ora evidente anche in Europa) e poi
della ripresa a V della domanda di
materie prime e di alcuni comparti
industriali. La domanda di materie prime
è dovuta in buona misura alla
ricostituzione di scorte, in particolare da
parte della Cina. C’è però anche
qualche segno inatteso di vitalità della
domanda finale, in particolare di
benzina. Lo stesso si può dire, ad
esempio, per la componentistica
elettronica. La produzione, arrestatasi
quasi completamente nei mesi scorsi,
deve ora riprendere di gran lena.
Oppure si pensi alla ripresa vivace (al di
là dell’immaginabile, riporta Bloomberg)
della domanda cinese di auto, con liste
di attesa di tre settimane per ottenere
anche i modelli più comuni. Che cosa
Statua di Simplicius Simplicissimus. faranno mai i fabbricanti di auto in Cina
Lippstadt. Westfalia (la Cina è oggi il primo produttore del
mondo) per venire incontro alla
domanda? Produrranno di più o di meno nelle prossime settimane?
Richiederanno più o meno acciaio?
Per qualche settimana ancora sui mercati si rivereranno i dati di questa
ripresa a V in cui si mescolano elementi transitori (la ricostituzione delle scorte,
la rincorsa della produzione rispetto alla domanda finale) e elementi di
stabilizzazione di più lungo respiro. A un certo punto, quando verranno meno
gli elementi transitori, la V si trasformerà in una radice quadrata. La velocità di
miglioramento cadrà. La derivata prima continuerà lentamente a migliorare, ma
la derivata seconda, più rapida nei movimenti, deluderà.
In quel momento Simplicius si ritroverà confuso. Ci sarà come minimo una
fase laterale dei mercati, ma più probabilmente un consolidamento. Il flusso dei
dati ad alta frequenza riprenderà ad assumere un profilo negativo, così come
quello degli indici di diffusione. I dati più rari ma pesanti (ad esempio il Pil
trimestrale) continueranno invece a registrare l’avvicinamento a zero e il suo
superamento verso fine anno, se sono corrette le stime che Fondo Monetario e
Banca Mondiale hanno confermato ancora ieri.
In questo momento, a dire il vero, oltre a un inizio di assuefazione rispetto
al flusso di dati e a qualche riflessione sulle valutazioni raggiunte, disturbano il
presente e il futuro dei Treasuries e del dollaro.
I venditori di Treasuries sono di quattro tipi.
1) C’è Simplicius il miope, che senza fare tanti ragionamenti e guardando le
cose concrete vede che c’è un flusso incessante di emissioni del Tesoro
in quantità mai vista e si chiede perché deve sottoscriverle proprio lui
2) Ci sono le vendite tecniche dei detentori di mutui cartolarizzati che vanno
corti di governativi per coprirsi
3) C’è il Dottor Sottile che guarda
lontano e teorizza la crisi fiscale degli
Stati Uniti già nel corso degli anni Dieci
4) Ci sono i politici, ovvero stati
nazionali e banche centrali, che
annunciano con enfasi (con troppa
enfasi) l’intenzione di disfarsi di
Treasuries per comprare qualsiasi altra
cosa (ora è di moda la carta del Fondo
Monetario).
I venditori hanno dei punti dalla loro,
ma su ciascuno dei loro quattro tipi si
può rilevare qualcosa.
1) A Simplicius si può mostrare un
grafico di Brad Setser (riportato da Paul
Krugman nella prima delle sue
conferenze di questi giorni a Londra,
The Sum of All Fears, 7 giugno) che
l’aumento di emissioni del Tesoro
americano corrisponde esattamente alla
diminuzione di emissioni corporate.
Edizione 2004 del Simplicius.
Questa considerazione non è pro-
Treasuries, ma è dollar-neutral (toglie
forza, cioè, alla tesi per cui dall’aumento del debito pubblico americano
deve automaticamente discendere un indebolimentoi strutturale del
dollaro)
2) Ai venditori tecnici non c’è nulla da fare notare, fanno il loro lavoro.
Queste vendite però, si fermeranno presto.
3) Ai Dottori Sottili (e a volte sottilissimi come El Erian o Mishkin) si può
fare osservare che i loro sono timori, non certezze. Se nei prossimi anni
non cambierà nulla, se il Congresso strapazzerà la Fed, se Bernanke
dovrà cedere il posto a Summers, se Summers monetizzerà tonnellate
di debito, se il Concorde della Fed (come dice l’ultrasottile Nassim
Taleb) ha una probabilità su mille di riuscire ad atterrare nell’isoletta di
Goldilocks e ne ha 999 di sprofondare nell’antistante oceano della
deflazione o di abbattersi sulla prospicente montagna dell’iperinflazione,
allora saranno guai per tutti. Saranno però anche guai per gli Stati Uniti,
che potrebbero anche pensare di prevenirli fornendo per tempo una exit
strategy fiscale e le linee guida di un accordo tra Fed e Tesoro sul
modello di quello tra Greenspan e Clinton.
4) Sui venditori politici notiamo che è già negli anni Settanta sentivamo
proclami altisonanti di passaggio al marco o a un paniere qualsivoglia
come valuta di conto, mentre da anni la Cina sbuffa sul dollaro e sui
Treasuries. Ora abbiamo la Russia che, impegnatasi a fornire 10 miliardi
al Fondo Monetario, decide, non potendoseli stampare in cantina come
fa con i rubli, di vendere Treasuries. Nel farlo, ne approfitta per lanciare
moniti all’America. Il Brasile fa la stessa cosa senza lanciare moniti, ma
il mercato mette insieme le cose e si terrorizza. Osserviamo che queste
operazioni non comportano la vendita di dollari e che sono molto
modeste. I veri grandi creditori (Cina, Giappone e Golfo Persico)
continuano disciplinatamente a comprarsi la loro dose quotidiana di
carta americana. Quanto alla signora Merkel e ai suoi pronunciamenti
anti-Fed, attendiamo di conoscere l’exit strategy fiscale tedesca, di cui al
momento non si ha notizia alcuna.
Lo ribadiamo ancora una volta, perché è un punto importantissimo. Il profilo
fiscale e valutario degli anni Dieci è ad alto rischio e non solo per gli Stati Uniti.
Come ha detto la Yellen, che può esprimersi più liberamente di Bernanke,
dobbiamo prepararci a grando shock. Detto questo, dalla situazione attuale
non discende automaticamente un grave minaccia inflazionistica. Se ci sarà
inflazione, cosa che non possiamo escludere a priori, sarà per una scelta
politica. Se sarà fatta, questa scelta avrà contro i mercati (che in caso di
monetizzazione aggressiva si vendicheranno sul dollaro), la Cina, l’Europa, il
95 per cento dell’accademia. A conti fatti, una exit strategy minimamente
credibile sarà politicamente meno costosa.
Al momento, in attesa che passi la bufera sui mercati, la scelta della Fed
(cui fa anche comodo, entro certi limiti, trasmettere a Congresso e
Amministrazione i sensi del malumore diffuso sull’assenza di exit strategy) è di
trattenere il respiro e non fare assolutamente nulla. Così, mentre si parla ormai
ovunque con allarme crescente delle rotative che giorno e notte stampano
dollari, siamo lieti di comunicare che da novembre a oggi non è stato coniato
nemmeno un nichelino. Sette mesi e passa di astinenza. Talf e Ppip, dal canto
loro, procedono con tale lentezza da sembrare effettivamente ferme.
Concludiamo su un’altra questione che i pessimisti stanno riprovando a
montare, quella dei baltici. La tesi, che vediamo rilanciata da Roubini, è che il
tracollo imminente della Lettonia trascinerà con sé gli altri baltici, Romania e
Bulgaria, banche svedesi e molto altro. E’ una riedizione stanca del panico di
febbraio, quando si diffuse l’idea che il crollo dell’est europeo avrebbe
trascinato nel baratro le banche dell’Europa occidentale e, poco dopo, il mondo
intero.
Se in febbraio il rischio di contagio era autentico, oggi il problema è
chiaramente circoscritto ai baltici, la cui popolazione complessiva, ricordiamo è
pari a quella di Roma. Se la Lettonia decide di impiccarsi a un cambio altissimo
(come fece a suo tempo l’Argentina di Cavallo), deve riuscire rapidamente a
ridurre tutti gli stipendi dei lettoni del 30 per cento (con una svalutazione in
termini reali). E’ più facile svalutare, diciamocelo. Le banche svedesi non ne
sarebbero entusiaste, ma sopravviverebbero.
A proposito di Argentina, un’ultimora. Mentre i Treasuries vengono venduti
come carta straccia e raggiungono il minimo degli ultimi sei mesi, la carta
argentina, richiestissima, raggiunge il massimo degli ultimi sei mesi. E’ proprio
lui, lo aspettavamo da trent’anni ma questa volta è arrivato sul serio, è il
decoupling.

Alessandro Fugnoli ++39 02 77426.1

Abaxbank SpA. Corso Monforte 34, Milano.


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