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Ricordo i giorni passati a Venezia con una certa nostalgia. Il mondo fino a quel momento era uno stagno in cui tutto poteva essere circoscritto col numero, accerchiato, sconfitto. Perfino il nostro destino affidato al lancio di tre monete. Avevamo compilato il rapporto e lavevamo affidato alle cure degli uomini di collegamento. Raramente in passato mi era capitato di soffermarmi a riflettere a quante e quali mani sarebbero state responsabili della consegna dei miei dispacci. Solitamente si trattava di resoconti di poca importanza, pi che altro oneri burocratici che finivano impilati su scrivanie da campo da consultare in caso di particolari emergenze. Lettura per la buona notte di burocrati che godevano nel vivere la vita degli altri. Quella volta fu diverso. Passai ore a immaginare le facce delle staffette che inseguivano la catena di comando da un punto allaltro del nostro enorme fronte davanzata. Sapevo che in primo luogo il messaggio avrebbe viaggiato verso est, in direzione opposta a quella seguita da noi, poi sarebbe rimbalzato almeno una decina di volte prima di giungere a destinazione. Si trattava di una bomba che molti avrebbero fatto in modo di scaricare al proprio diretto superiore. Al tempo stesso cera il rischio che qualcuno volesse prendersi meriti non suoi. In un modo o nellaltro, la notizia sarebbe giunto al vertice. Ne ero sicuro. Pi difficile era immaginare dove si trovassero in quel momento lalto comando e il Khn in persona. Per questioni di sicurezza le coordinate geografiche dellalto comando rimanevano riservate. Presso ogni posto di comando secondario vi era un uomo che dipendeva direttamente dallalto comando che faceva da staffetta verso postazioni segrete nelle quali venivano smistate le priorit verso lultima sede del Khn. Se nel frattempo lalto comando aveva gi smontato le tende, la trafila si complicava di un ulteriore passaggio. In quel caso, infatti, era la retroguardia a prendere in carico la consegna in cambio delle coordinate geografiche del nuovo accampamento che venivano rimandate indietro alle postazioni di smistamento. Calcolavo e ri-calcolavo continuamente il numero di giorni che pensavo fossero necessari perch la trafila giungesse a buon

fine. Quando prevaleva lottimismo, dopo appena una settimana dallinvio del rapporto, pensavo che da un momento allaltro sarebbe arrivato lordine di scortare il vecchio fino allalto comando. Dopo una quindicina di giorni cominciai a pensare di aver sottovalutato i tempi di smistamento, probabilmente lalto comando si trovava molto arretrato, forse addirittura il Khn era dovuto tornare allinterno dei confini storici per riferire dellavanzata al consiglio di sicurezza e al partito. Dopo tre settimane tutto nella mia testa cominci a diventare possibile e nemmeno le lunghe chiacchierate con Adam servivano a distrarmi completamente. Iniziavo a pensare al peggio. Il fatto che le maglie della catena fossero cos numerose e spesso smagliate mi faceva dubitare che il rapporto fosse giunto nelle mani giuste nei tempi giusti. Tra le possibilit non era da trascurare che lavanguardia avesse cominciato le operazioni di avvicinamento a Parilyon. Gran parte delle truppe avevano abbandonato la laguna soppiantate dalle milizie di consolidamento. Mi svegliavo nel bel mezzo della notte convinto che un dispaccio urgente contenente gli ordini di trasferimento fosse stato recapitato al mio attendente. Rinvenutomi dellinconsistenza del sogno facevo in modo che il respiro di Lnin al mio fianco mi accompagnasse nuovamente nel sonno. I rapporti con la squadra erano tesi, lintolleranza nei confronti delle condizioni in cui erano costretti a vivere, rendeva i miei uomini intrattabili. Ho ci metteva del suo per mettermi in cattiva luce agli occhi degli altri componenti della squadra e degli uomini delle truppe che erano costretti ad avere rapporti diretti con noi. Durante lattesa avvenne qualcosa che proiett unombra indelebile e tragica sul mio rapporto con Adam, su quanto fatto fino a quel momento e soprattutto sulle mie scelte, compresa quella di dargli credito legando la nostra sorte alla sua attraverso la compilazione del rapporto. Gli avvenimenti furono drammatici e per certi versi imprevedibili. La mia responsabilit fu limitata al fatto di aver posto allattenzione degli ultimi avanguardisti rimasti in laguna la presenza sporadica ma evidente di fievoli luci sui relitti di alcune grosse navi da crociera che si stagliavano allorizzonte. Inizialmente le risposte dei soldati furono lapidarie. Larea in oggetto era stata gi controllata e non era emerso niente di notevole. Poi con landare dei giorni

losservazione di routine costrinse il comando di stanza a rivedere le sue posizioni. Il diradarsi quotidiano della nebbia sulla discarica, seguito a settimane di pioggia continua, impediva di ignorare le luci gialle intermittenti, e di annoverarle tra i diffusi fuochi

fatui1 che animavano la discarica. Si trattava

senza ombra di dubbio di qualcosa di diverso. Ne parlai diverse volte con Adam durante i nostri colloqui di quei giorni ma lui archivi la cosa ipotizzando che uno o due poveracci si fossero rifugiati sulle carcasse delle navi poco prima del nostro arrivo. Secondo lui, comunque, qualcosa di trascurabile, niente di importante, di chiunque si trattasse non avrebbe avuto vita lunga. Gli credetti. Non mi aveva dato motivo di dubitare delle sue parole, i suoi racconti fino a quel momento mi erano sembrati sempre perfettamente coerenti e credibili. Quando gli avevo spiegato, cercando di rimanere il pi abbottonato possibile, quali fossero le nostre intenzioni, sembrava aver accettato volentieri di condividere parte del suo destino con noi. Ero addirittura convinto di aver instaurato un rapporto basato sulla fiducia reciproca. I fatti che seguirono furono uno schiaffo improvviso in faccia alle mie ingenuit. Del contingente di trentasei uomini inviati come esploratori nei pressi delle navi ne tornarono indietro soltanto due, in condizioni disperate. Uno dei due mor prima di arrivare allospedale del campo. Si trattava di una delle pi grosse perdite di uomini subite in un territorio dato per pacificato, dai tempi dellinvasione dellindia settentrionale. I fatti vissuti a distanza ci avevano ingannato e fatto ben sperare. Avevamo udito il rumore delle armi dei nostri uomini impegnate in un fuoco intenso e breve, poi il silenzio rassicurante. Demmo per scontato che loperazione si fosse conclusa rapidamente con un successo. le forti distorsioni elettromagnetiche impedivano le comunicazioni in tutta larea della laguna. Dopo alcune ore lassenza di segnali amplific lattesa in un malumore generalizzato. Cal la notte e divenne impossibile muoversi nella ragnatela di canali e sabbie mobili. Allalba due
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da inserire in un luogo precedente, accorpandolo alla descrizione della discarica, il diffuso bagliore dei fuochi emanato dai fuochi fatui che bruciano come miliardi di lucciole sullimmensa discarica. Al tempo stesso potrebbe dare adito a curiose e superstiziose credenze degli abitanti sullesistenza delle anime (come nel passato)

uomini vennero avvistati dalla vedette a poche centinaia di metri dalle fondamente del campo. Vennero soccorsi immediatamente e trasportati sulla terra ferma. Il racconto dellultimo superstite non necessit di commenti. Gli uomini erano appena giunti in vista del primo grande relitto quando improvvisamente un migliaio di selvaggi armati in modo approssimativo ma efficace con lance, asce, machete e balestre li aveva attaccati. La pattuglia ne aveva sterminato un paio di centinaia ma alla fine si era disunita finendo massacrata. Gli unici sopravvissuti, in tutto tre, erano stati abbandonati al loro destino perch, nascosti tra i cadaveri, erano stati creduti morti. Avevano approfittato delloscurit per strisciare in direzione della citt ma soltanto due di loro erano riusciti ad arrivarci, il terzo, troppo debole era sprofondato trai rifiuti. Era stato un massacro. La ferocia con cui i nostri soldati erano stati annientati non lasciava dubbi. Negli occhi dellultimo superstite il terrore per ci che aveva vissuto. Una parte dei cadaveri erano stati trasportati sulla plancia della nave e macellati come fossero bestie. Luomo tremava e non smetteva di pronunciare frasi sconnesse sul fatto di essere scampato a un branco di lupi. Aveva visto lupi dove in realt cerano soltanto uomini abituati a mangiare qualsiasi cosa, alloccorrenza anche i propri simili. Homo homini lupus. Mentre il comando si preparava a fronteggiare lemergenza io andai da Adam. Mi chiedevo come fosse possibile che mi avesse mentito in modo cos crudele da condannare trentacinque ragazzi a morte sicura. Non poteva non sapere. Lo raggiunsi nel suo nuovo alloggio, una piccola tenda separata da tutte le altre. Quando lo vidi seduto per terra con le gambe incrociate intento a sorridermi, fui preso da una rabbia incontrollabile. Mi avventai su di lui e cominciai a pestarlo. Conoscevo la maggior parte di quei ragazzi soltanto per averli visti passare in formazione davanti al campo ogni volta che partivano per una perlustrazione di routine, eppure ero furioso. Mentre mi rompevo le nocche sulla faccia deforme di Adam arrecandogli danni che sarebbero stati indistinguibile in mezzo alle altre cicatrici, mi chiedevo il perch di quella rabbia. Poi, mentre la stanchezza fluiva come un dolore insopportabile nelle mie braccia, svuotando il mio entusiasmo, mi resi conto che non mi interessava affatto di quei ragazzi. Non si trattava di un

senso di appartenenza, o di spirito di corpo ad animare i miei nervi in modo cos meccanico. Era la consapevolezza di aver scommesso la mia vita e quella delle uniche persone che conoscevo da sempre e che avevano riposto in me la loro fiducia. Mi rendevo conto di aver giocato dazzardo affidandomi ciecamente allistinto e al moto casuale di tre monete. Per questa mia presunzione rischiavo di perdere molto. Avevo messo il mio futuro nelle mani un uomo di cui non avevo capito nulla. Per ora la mia fiducia aveva trentacinque giovani morti sulla coscienza, in futuro forse avrebbe potuto averne degli altri.

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