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Emiliano Ippoliti

Inferenze Ampliative
Visualizzazione, analogia e rappresentazioni multiple

Emiliano Ippoliti Inferenze ampliative Visualizzazione, analogia e rappresentazioni multiple 2008 Emiliano Ippoliti Copertina: progetto grafico Studio Ippoliti ISBN: 978-1-4092-0101-4 Finito di stampare nel mese di Marzo 2008 Stampato e distribuito da: Lulu Press, Inc. 860 Aviation Parkway, Suite 300 Morrisville, North Carolina 27560 U.S.A. http://www.lulu.com Propriet letteraria riservata. vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico, senza lesplicita autorizzazione dellAutore.

Indice del volume

Introduzione Capitolo 1. Le inferenze ampliative


1. 2. 3. 4. 5. Premessa Definizione Non-monotonicit Probabilit Sensibilit alla rappresentazione

7 11 11 12 13 15 17 21 21 26 31 35 36 40 42 45 45 46 49 51 59 65

Capitolo 2. Visualizzazione e ampliativit


1. Premessa 2. Rappresentazioni visuali ampliative 2.1. Visualizzazione di polinomi di secondo grado a valori interi 2.2. Una prima congettura 2.3. Visualizzazione di serie intere pari e dispari 2.4. Una seconda congettura 3. Osservazioni conclusive

Capitolo 3. Rappresentazioni multiple e ampliativit


1. Premessa 2. Molteplicit di rappresentazioni 2.1. Rappresentazioni multiple e topologia algebrica 2.2. Rappresentazioni multiple e teoria dei nodi 2.3. Rappresentazioni multiple e teoria delle trecce 3. Rappresentazione e oggetti matematici

Indice del volume

Capitolo 4. Analogia e ampliativit


1. 2. 3. 4. 5. 6. Premessa Definizione Probabilit e analogia Analogia, rappresentazione e scoperta Analogie multiple La concezione euristica dellanalogia

67 67 69 72 76 83 87 99 99 101 102 104 107 117

Capitolo 5. Ampliativit e verit


1. Il problema della verit 2. Plausibilit e ampliativit 2.1. Caratterizzazione della plausibilit 2.2. Caratterizzazione dellinferenza 3. Ampliativit e conoscenza

Bibliografia

Introduzione

Questo volume fornisce unanalisi delle inferenze ampliative e un percorso tra i metodi di ampliamento della conoscenza. Esso discute sia le propriet generali di questa forma di ragionamento (v. Cap. 1) sia tre sue significative articolazioni, con un particolare riferimento alla matematica. Il testo analizza inoltre alcuni aspetti epistemologici sollevati dalla natura di queste inferenze in relazione alla verit (v. Cap. 5). Il volume il risultato sia di una rielaborazione e di un approfondimento di contributi che sono apparsi in sedi diverse (v. Cap. 2 e Cap. 4), sia di contributi originali (v. Cap. 1 e Cap. 3), i quali sono legati da una comune linea di congiunzione: lo studio dei metodi e dei processi mediante i quali produrre davvero nuova conoscenza. Il testo affronta dunque il problema della scoperta scientifica, ossia della costruzione e del raffinamento di metodi mediante cui porre e risolvere problemi e indagare le propriet degli oggetti matematici. La tesi sostenuta in questo testo che la conoscenza matematica avanza, si amplia, mediante una moltiplicazione di punti di vista intorno alloggetto indagato. Per lesattezza sostengo che esiste una relazione feconda tra la nozione di rappresentazione e quella di ampliativit, in quanto il processo di continua moltiplicazione dei punti di vista avviene proprio mediante la costruzione e la combinazione di nuove e diverse rappresentazioni. Da un lato

la costruzione e la combinazione di molteplici rappresentazioni porta a un ampliamento della nostra conoscenza, dallaltro lampliamento della conoscenza produce la possibilit di istituire nuove e molteplici rappresentazioni di un oggetto, e cos via allinfinito. Questo continuo movimento alla base dei pi rilevanti conseguimenti della matematica. Sosterr questa tesi esaminando tre tipi dinferenza ampliativa la visualizzazione, lanalogia e la combinazione di rappresentazioni e facendo ricorso a casi tratti dalla teoria dei numeri e dalla topologia, in particolare dalla teoria delle trecce e dalla teoria dei nodi, i quali sono domini nei quali la moltiplicazione euristica di punti di vista mediante luso di diverse rappresentazioni particolarmente evidente e feconda. Il testo intende dunque offrire un contributo allo sviluppo di una concezione euristica della matematica e della filosofia della scienza. La concezione euristica (v. Cellucci 2002) pu essere fatta risalire almeno a Descartes, il quale teorizza espressamente la necessit di una logica della scoperta, ossia di un metodo in grado di favorire la scoperta. Secondo la versione moderna della concezione euristica, il compito della matematica e quello della filosofia della matematica non differiscono affatto, in quanto la loro questione centrale la scoperta, ossia lindagine sui modi in cui la conoscenza matematica avanza e mediante i quali la scoperta pu essere razionalmente perseguita. La filosofia della matematica deve dunque mirare allideazione e al raffinamento dei metodi mediante cui porre e risolvere problemi e mediante cui investiga-

re gli oggetti matematici. Come tento di mostrare nel corso del volume, la matematica avanza, articola il suo processo di ampliamento della conoscenza, mediante la moltiplicazione e interazione di diverse rappresentazioni di un oggetto o di un problema matematico. La costruzione, moltiplicazione e combinazione di diverse rappresentazioni sono strumenti essenziali per il processo di ampliamento poich esse permettono di introdurre nel corso del processo inferenziale informazioni e dati che non sono contenuti nelle premesse e che sono in qualche modo esterni alloggetto e al problema esaminato. Questa caratteristica, definibile come sensibilit alla rappresentazione (sensitivity to representation), cosi cruciale nella matematica, come argomenter, in virt della natura stessa della matematica e dei suoi oggetti. Questo libro pertanto presenta: - una filosofia della matematica nella quale la scoperta trattata come un processo razionale e analitico (in un certo senso di analitico), logicamente e temporalmente non separabile dalla fase della giustificazione, che procede mediante una continua costruzione di molteplici rappresentazioni di oggetti matematici, che originano una moltiplicazione di punti di vista sulloggetto che produce nuova conoscenza. - una trattazione dellinferenza ampliativa e degli oggetti matematici basata su una concezione euristica della matematica (v. Cellucci 2002), che considera le entit matematiche come ipotesi per porre e risolvere problemi. Sebbene questo approccio sia sviluppato in riferimento alla

Introduzione

matematica, ritengo che sia applicabile e si adatti anche alla trattazione di altri domini scientifici.

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1 Le inferenze ampliative

1. Premessa La nozione di ampliativit e di inferenze ampliative rappresentano una frontiera della ricerca logica. Il loro studio e la loro analisi permettono di indagare e render conto dei processi di reale ampliamento della conoscenza, ossia dei processi che consentono di porre e risolvere problemi mediante lideazione e il raffinamento di metodi per costruire e valutare ipotesi e per indagare gli oggetti matematici. Le inferenze ampliative, infatti, servono per scoprire e valutare ipotesi mediante processi che introducono e veicolano informazioni e dati che non sono contenuti nel problema affrontato o nelloggetto indagato e che servono a moltiplicare i punti di vista e le sue possibili rappresentazioni al fine di generare nuova conoscenza. In questo senso, dunque, queste inferenze si distinguono in modo essenziale dalle inferenze non-ampliative, le quali non introducono nuova informazione e non moltiplicano i punti di vista intorno ad un dato oggetto o problema, e anzi rimangono per definizione chiuse allinterno di un particolare punto di vista. La tesi sostenuta in questo testo che la conoscenza matematica, e in certo senso la conoscenza in generale, si estende e si amplia mediante un processo di continua moltiplicazione dei punti di vista intorno ad un oggetto. Inoltre sostengo e argomento che

questa moltiplicazione di punti di vista avviene mediante la continua costruzione di nuove rappresentazioni delloggetto indagato. Certo non per tutti gli oggetti questo processo di moltiplicazione pu essere messo in atto e iterato, e anzi esistono oggetti per i quali si possono costruire ben poche rappresentazioni e per i quali si possono dare ben pochi punti di vista (come i numeri naturali), ma in generale questo processo responsabile degli avanzamenti pi profondi e della crescita della conoscenza della matematica.

2. Definizione Con la nozione di ampliativit e di inferenza ampliativa ci si riferisce a una propriet essenziale del ragionamento. Una definizione comunemente accettata di questo tipo di inferenza di istituire un nesso tra il contenuto della conclusione e quello delle premesse per effetto del quale il primo non incluso nel secondo, almeno non per intero. In altre parole le inferenze sono ampliative quando il contenuto informativo della conclusione non interamente contenuto in quello delle premesse 1 , quando linformazione della conclusione che non presente nelle premesse o nei dati da cui stata inferita, e pertanto esse estendono linformazione fornita nelle loro premesse. Quindi le inferenze ampliative (p. es. le inferenze induttive o
1

Boniolo-Vidali 1999, 222.

le inferenze analogiche) sono davvero in grado, per via della loro stessa natura, di estendere e generare nuova conoscenza, in quanto introducono qualcosa di esterno durante il processo inferenziale. Esse differiscono dunque dalle inferenze non ampliative (ossia quelle deduttive), le quali non sono in grado di estendere davvero la nostra conoscenza, nel senso che tutto ci che da esse deriva contenuto nelle informazioni e nei dati forniti nelle premesse. Inoltre le inferenze ampliative non costituiscono un insieme chiuso, dato una volta per sempre, bens sono un insieme aperto
che pu essere sempre di nuovo ampliato mano a mano che si sviluppa la ricerca 2 .

Esse hanno un ruolo cruciale nei processi di problem-solving e di scoperta in quanto contribuiscono a modellare lo spazio combinatorio delle ipotesi (ossia lo spazio di ricerca che racchiude le possibili combinazioni tra dati e informazioni che possono dare luogo a ipotesi esplicative), espandendolo e contraendolo ad ogni passo del percorso inferenziale in vista della ricerca di una soluzione del problema dato.

3. Non-monotonicit La non monotonicit 3 una delle principali caratteristiche delle inferenze ampliative. Tali inferenze, infatti, sono caratterizzate e definite mediante la violazione di una delle condizioni pi forti
2 3

Cellucci 2008, 335. v. Antonelli 2004 e Gelfond - Watson 2003.

della logica classica, nota appunto come la monotonicit. La monotonicit asserisce la validit della seguente relazione: se e , allora . Dunque un'inferenza monotonica quando, nel caso in cui la conclusione di una inferenza conseguenza di un insieme di premesse , allora essa una conseguenza di qualsiasi insieme di premesse che contenga quale suo sottoinsieme. Questa condizione, pertanto, sostiene che una conclusione non pu essere invalidata dallingresso di nuova informazione: quando si giunti a una conclusione per via deduttiva partendo da , questa rimane vera una volta per tutte, indifferentemente dalle proposizioni che possiamo aggiungere allinsieme delle premesse . Da ci segue che il numero delle proposizioni valide aumenta appunto monotonicamente rispetto allincremento delle premesse aggiunte a , nel senso che allaumentare delle premesse aumentano anche le conseguenze che ne possono essere derivate. La violazione della condizione di monotonicit nel corso dei ragionamenti permette invece di trattare situazioni in cui una conclusione pu essere rivista alla luce dellingresso di nuove premesse o informazioni. Tali conclusioni hanno dunque uno statuto diverso, in quanto non sono verit definite e indubitabili, ma sono proposizioni plausibili 4 . Se le conclusioni possono essere invalidate dallaggiunta di nuove premesse, allora il numero delle asserzioni valide non solo pu non aumentare, ma pu anche diminuire (o presentare delle oscillazioni). Quindi nel corso
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v. p. es. Ippoliti 2007 e Cellucci 2008.

dellarticolazione di inferenze ampliative, linsieme delle proposizioni accettate non cresce monotonicamente perch inizialmente la conoscenza di sfondo pi un insieme di credenze accettate pu implicare una conclusione s. Poco dopo aver appreso che la proposizione r vera, la conoscenza di sfondo e le credenze accettate combinate con r potrebbero non implicare pi s 5 . In tal caso si pu anche arrivare a dover rimuovere s dallinsieme delle proposizioni accettate.

4. Probabilit Le inferenze ampliative sono spesso associate alla probabilit, nel senso che esse, pur non essendo vere, sono considerate probabili. Per esempio la descrizione dellanalogia (v. Cap. 4) come una forma dinferenza ampliativa e probabile 6 largamente condivisa, in quanto gli argomenti analogici non devono essere classificati come validi o invalidi, in questi casi tutto ci che si pu richiedere la probabilit 7 . Questo tentativo di fornire una giustificazione in termini probabilistici della inferenza ampliativa problematico e, in ultima analisi, inadeguato. Linferenza ampliativa si basa infatti su considerazioni di carattere materiale e dipendenti dal dominio, e si sottrae a un pro5
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Elio 2002, 4. Weitzenfeld 1984, 1. Copi 1961, 466.

cesso danalisi e di riduzione alla nozione e teoria della probabilit. Infatti, non a caso, sia la teoria classica della probabilit sia quella moderna hanno fallito nel dare una descrizione soddisfacente e una giustificazione dellinferenza analogica e quindi, per estensione, esse non sono in grado di offrire una descrizione soddisfacente e una giustificazione dellinferenza ampliativa. Ci dovuto a pi di una ragione. In primo luogo linferenza ampliativa un concetto qualitativo, perch una forma di comparazione, mentre la probabilit un concetto quantitativo, perch basata sulla quantificazione e sulla enumerazione. Le ragioni che motivano uninferenza ampliativa non sono e non possono essere di natura probabilistica: esse pu avere una probabilit molto bassa (v. Cap. 4), anche prossima allo zero, eppur essere giustificata e, viceversa, ricevere un valore probabilistico molto alto ed essere ingiustificata. In particolare laffermazione che la natura del legame tra le premesse e la conclusione di una inferenza ampliativa non pu essere spiegata mediante la teoria della probabilit ha almeno due sensi. In primo luogo molte ipotesi formate mediante inferenze ampliative si basano su un numero limitato di osservazioni e si riferiscono a un numero molto elevato di casi (anche infiniti), per cui il rapporto tra casi favorevoli e casi possibili tale da conferire allipotesi un valore probabilistico molto basso o prossimo allo zero. In secondo luogo molte inferenze ampliative, come lanalogia,

si basano su un numero di dissimilarit tra i domini oggetti di transfer che supera quello delle similarit e quindi, di nuovo: il loro rapporto conferisce una probabilit molto bassa alla conclusione ma essa motivata (ad esempio perch avviene su propriet rilevanti 8 ). Al contrario, inferenze basate sul conforto di un numero molto alto di similarit tra i domini comparati (e quindi su unalta probabilit) possono rivelarsi non solo non motivate, ma palesemente scorrette o non-informative. Ma il fatto che la logica e la teoria della probabilit non siano adeguate a rendere conto dellessenza dellampliamento della conoscenza ha un motivo specifico: linferenza ampliativa , infatti, soggetta al paradosso dellinferenza 9 . Pertanto non possibile avere uninferenza che goda contemporaneamente della propriet della correttezza e dellampliativit 10 , ossia che sia tale che le sue premesse conferiscano validit e certezza alla conclusione candidata e al contempo estenda davvero le nostre conoscenze. Il legame istituito tra le premesse e la conclusione di una inferenza ampliativa non infatti di natura probabilistica, ma semplicemente plausibile.

5. Sensibilit alla rappresentazione

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9 10

Cfr. Ippoliti 2006 e Ippoliti 2007, Cap. 5.

Cfr. Cellucci 2002, 167-168. Per una analisi approfondita della relazione tra la nozione di correttezza e

quella di ampliativit di uninferenza cfr. Cellucci 2002, 165-169.

Unaltra propriet costitutiva dellinferenza ampliativa e del processo di ampliamento della conoscenza la sensibilit alla rappresentazione. Con il termine rappresentazione qui intendiamo un modo di organizzare e codificare linformazione e i dati necessari a trattare un oggetto o un problema matematico (come la visualizzazione, la formalizzazione, la definizione ma anche la semplice notazione). Con la nozione di sensibilit si intende la dipendenza del processo di ampliamento della conoscenza da certi fattori (o insieme di fattori) che intervengono in tale processo. Con la propriet della sensibilit alla rappresentazione mi riferisco dunque alla dipendenza che esiste tra i modi di rappresentazione e la trattazione di un problema o un oggetto matematico. Una differenza anche piccola nella rappresentazione scelta pu condurre a trattazioni completamente differenti del problema o delloggetto indagato. Pertanto due modi di rappresentazione possono generare due diverse ipotesi o soluzioni di uno stesso problema e le propriet che possono essere ascritte ad un certo oggetto matematico sensibilmente dipendono dalla rappresentazione che ne diamo. Il processo di costruzione di nuove rappresentazioni e la loro combinazione strutturata veicola e introduce informazioni tra loro diverse e le organizza in modi diversi. Questo processo di costruzione di rappresentazioni fortemente basato sulle inferenze ampliative, come lanalogia, che consente di trasferire risultati, strumenti e metodi a livello sia intra-domini sia inter-domini. Quindi tra ampliativit e sensibilit alla rappresentazione esiste una reciproca dipendenza: le inferen-

Inferenze ampliative

ze ampliative permettono di costruire nuove rappresentazioni e, viceversa, linsieme delle rappresentazioni cui possiamo avere accesso permettono di strutturare il processo inferenziale ampliativo. Inoltre diversi modi di rappresentazioni dipendono dalla conoscenza esistente, nel senso che le rappresentazioni cui possiamo avere accesso e che possiamo costruire dipendono dal corpo di conoscenza esistente in quel momento. Dunque la scoperta e la soluzione di problemi, a loro volta, dipendono dalla conoscenza esistente e dal contesto in cui hanno luogo. Esse sono quindi storicamente situate, e dipendono strettamente dallinsieme delle conoscenze disponibili ad un certo tempo t e dalla loro relativa strutturazione interna. Al crescere della conoscenza esistente e della sua strutturazione interna, lo spazio combinatorio delle ipotesi viene rimodellato in modo tale che certe rappresentazioni possono essere costruite e trasferite mediante le inferenze ampliative a diversi oggetti. Questo fatto, per inciso, spiega perch alcune scoperte o soluzioni di problemi avvengono in certi contesti e in certi momenti (talvolta alcune scoperte o soluzioni sono ottenute del tutto indipendentemente quasi contemporaneamente), e spiega anche perch alcune ipotesi ritenute plausibili in un certo contesto e ad un certo momento, cessano di esserle in contesti e periodo diversi (e viceversa). Dunque la sensitivit alla rappresentazione una caratteristica cos cruciale dellinferenza ampliativa che la semplice ideazione di una nuova rappresentazione (anche di una semplice notazione) pu significare produzione di nuova conoscenza.
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2 Visualizzazione e ampliativit

1. Premessa La visualizzazione tradizionalmente considerata 1 come un efficace mezzo di scoperta, che pu avere un carattere sia integrativo sia alternativo a stili di ragionamento formali e deduttivi. Essa pu dunque sia accompagnare, sia porsi come alternativa alla formalizzazione e alla deduzione. Tra gli strumenti di ampliamento della conoscenza la visualizzazione occupa un posto di rilievo: essa infatti sia una forma di inferenza sia un tipo di rappresentazione. La visualizzazione (intendendo in questa sede in via del tutto generale sia la visione, sia il ragionamento basato sulle immagini sia le varie tecniche di visualizzazione) uno strumento (v. Mancosu 2005) decisivo nei processi di ampliamento della conoscenza. In questa sede sostengo e argomento che essa consente davvero di estendere la conoscenza, e non semplicemente che sia un mezzo che accompagna la via analitico-formale, e sostengo che sia un mezzo euristico e non semplicemente un correlato didattico o esplicativo, che si struttura secondo proprie e irriducibili forme di codificazione e organizzazione dei dati e dellinformazione.
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v. p. es Hadamar 1945.

La visualizzazione offre un metodo per indagare oggetti e risolvere problemi in quanto permette di costruire nuove rappresentazioni di oggetti (ossia di codificazione e organizzazione dei dati e delle informazioni che lo caratterizzano) e di produrre ipotesi esplicative anche in domini molto astratti della matematica. La visualizzazione, non a caso, non solo trova applicazione e gioca un ruolo euristico decisivo in un numero crescente di domini anche molto astratti come la teoria dei numeri 2 , ma solleva profonde questioni metodologiche, epistemologiche e filosofiche 3 . La visualizzazione ricorre infatti a processi inferenziali propri che possono differire sostanzialmente da quelli che caratterizzano stili di ragionamenti assiomatico-formali: questi processi sono in grado di produrre unorganizzazione dei dati e delle informazioni mediante cui scoprire propriet di oggetti indagati e formulare congetture feconde. Questi processi non introducono semplicemente nuova informazione, esterna al problema dato o alloggetto indagato, ma contribuiscono a una nuova interpretazione, dallinterno, delloggetto indagato e del problema da risolvere. In qualche modo costruiscono un nuovo oggetto e assemblano un nuovo problema. Come abbiamo gi accennato, il processo euristico sensibile alla rappresentazione scelta, per cui le propriet individuabili di un oggetto e le ipotesi candidabili per risolvere un problema dipendono dallinsieme di rappresentazioni scelte e dal modo in cui
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v. p. es. Borwein - Jrgenson 2001, Goetgheluck 1993, Zenkin -1990. v. p. es. Giaquinto 1992, 1993, 1994 e 2007, Brown 1997 e 1999, Horgan 1993, Cel-

lucci 2008.

le si combina durante il processo di ampliamento della conoscenza. Nella matematica questa dipendenza particolarmente marcata, e infatti la storia della matematica segnata da molti considerevoli sviluppi basati sulla visualizzazione. Per esempio lintroduzione di Descartes delle coordinate cartesiane forse il pi importante passo in avanti nella matematica del millennio 4 . In questo caso, infatti, la costruzione di una rappresentazione visuale di oggetti algebrici (ossia linterpretazione di equazioni come curve in una data dimensione e, viceversa, la costruzione di immagini algebriche per oggetti geometrici), ha infatti permesso a Descartes, e separatamente a Fermat, di produrre cruciali scoperte matematiche e di risolvere problemi di lungo corso mediante una nuova codificazione della conoscenza, che istituisce un legame tra due differenti discipline come la geometria e lalgebra. Ancora, nella teoria dei numeri ormai manualistico il caso dei numeri figurati (ossia i numeri triangolari, i numeri quadrati, i numeri pentagonali, etc.), la cui visualizzazione ha giocato un ruolo decisivo nella scoperta di Pitagora di molte propriet aritmetiche. La tesi qui proposta e sostenuta che la visualizzazione non rappresenta un modo pi diretto e intuitivo per accedere ad una conoscenza che sarebbe comunque raggiungibile mediante la via assiomatico-formale, ma piuttosto che essa si configura come un mezzo per ottenere conoscenza che non sarebbe accessibile mediante altri metodi e sistemi di rappresentazione della conoscen4

Borwein Jrgenson 1997, 898.

za. Ovviamente esistono limiti intrinseci della visualizzazione: il numero dei dati che pu essere visualizzato, le poche dimensioni cui si pu avere accesso, la natura empirica e sensoriale delle immagini. Essi pongono profondi limiti teorici e pratici alluso della visualizzazione, i quali possono condurre a errori e inferenze fallaci 5 . Su questa base Giaquinto 6 solleva varie obbiezioni sulluso della visualizzazione, la quale sembra in grado di portare alla mente solo casi singoli ed esempi particolari, che non sono in grado di raggiungere lastrattezza e la generalit per produrre nuova, rilevante conoscenza matematica. Giaquinto sostiene pertanto che la visualizzazione pu ricoprire un ruolo nella matematica nel senso che permette esprimenti mentali e pu far emergere sia schemi (di operazioni o prove analitiche) sia la possibilit di certe relazioni almeno nellaritmetica e nellanalisi reale elementare. A tal fine analizza due esempi famosi, come il teorema del punto fisso e il teorema del valore intermedio, per mostrare come il pensiero visuale il visual thinking sebbene non possa essere considerato un metodo di scoperta, possa comunque essere uno stimolo alla scoperta la quale pu comunque essere raggiunta per via assiomatico-formale. Ma la possibilit che in linea di principio ogni oggetto o problema matematico sia suscettibili di una qualche forma di rappre5

v. p. es. Brown 1997, dove si discutono i limiti della visualizzazione di quattro cerchi

in dimensione n, con n>10. 6 v. Giaquinto 1993 e 1994.

sentazioni visuale non pu essere esclusa, poich con lavanzare della conoscenza matematica possibile istituire sempre nuove relazioni e rappresentazioni tra domini fino a quel momento rimasti del tutto o parzialmente separati. Ci non significa ovviamente che ogni oggetto matematico possiede una specifica rappresentazione visuale, ma piuttosto che possibile, in un qualche modo che dipende dallavanzare della conoscenza matematica e dalle molteplici rappresentazioni che se ne possono dare, fornire una espressione visuale e grafica di oggetti e problemi matematici. In fondo, come osserva la Grosholz (v. Grosholz 2007), la stessa formalizzazione pu in ultima analisi essere considerata come un particolare tipo di rappresentazione. Nei paragrafi che seguono mostrer mediante alcuni semplici esempi tratti dalla teoria dei numeri come la visualizzazione svolga un ruolo euristico essenziale, e analizzer come essa non sia un semplice correlato di un approccio assiomatico-formale alla matematica, ma uno strumento di reale ampliamento della conoscenza. La scelta della teoria dei numeri non causale, se si pensa che Giaquinto (v. Giaquinto 1993) sostiene che i numeri sembrano essere oggetti puramente astratti, entit che non sono visualizzabili neanche in potenza. In realt possibile mostrare come unopportuna rappresentazione visuale di oggetti numerici sia non solo capace di ampliare la nostra conoscenza permettendo di cogliere propriet e relazioni nuove, ma di fare ci superando i limiti di un approccio basato su stili di ragionamento formalisti e

deduttivi.

2. Rappresentazioni visuali ampliative La costruzione di nuove rappresentazioni, in questo caso di carattere visuale, uno strumento cos decisivo nellampliamento della conoscenza che anche su oggetti apparentemente semplici e a lungo studiati possibile gettare nuova luce, arrivando a individuare nuove propriet. Per esempio il matematico russo A. Zenkin (v. Zenkin 1991) riuscito a scoprire nuove propriet dei numeri quadrati 1, 4, 9, 25, ..., f(x) = x2, x , facendo ricorso ai cosiddetti pitogrammi, una

forma di rappresentazione grafica al computer nota come Cognitive Computer Graphics (CCG) Computer Grafica Cognitiva. Una possibile estensione dei suoi risultati pu essere data in varie forme utilizzando proprio tale forma di rappresentazione (v. p. es. Ippoliti 2002a e 2002b). I pitogrammi non sono altro che un modo nuovo di visualizzare le propriet di oggetti numerici una codificazione nuova della conoscenza. Essi permettono di individuare nuove propriet e, come vedremo, di formulare congetture fornendo un mezzo per ampliare la conoscenza su oggetti numerici attraverso la costruzione di una nuova rappresentazione, che non fa altro che organizzare e codificare i dati e le informazioni in un modo nuovo. Essi visualizzano e dispongono in uno spazio bidimensionale un insieme discreto di dati, creando un oggetto visuale che pu esse-

re studiato interattivamente e in una sorta di ambiente geometrico virtuale. Dunque i pittogrammi creano immagini e rappresentazioni geometriche di oggetti della teoria dei numeri. Per costruire un pittogramma necessario innanzitutto procedere ad una trasformazione della serie, ossia la sequenza monodimensionale 1, 2, 3, 4, 5,..., n, n , nella forma modulare e

bidimensionale rappresentata nella Figura 1.

Figura 1. Griglia di un pitogramma

Si definisca il modulo del pitogramma (abbreviato mod) la quantit di celle numeriche in ogni stringa orizzontale. Dunque nellesempio offerto in Figura 1 abbiamo che mod = 5. A questo punto possibile scegliere una qualsiasi propriet dei numeri naturali espressa da un predicato P(n), e visualizzarla su un pitogramma in base alla seguente regola: se P(n) vero, allora il colore della n-sima cella , diciamo, nera, altrimenti,

se P(n) falsa, allora il colore , diciamo, giallo.

Ora, sia P(n) il predicato che esprime la propriet "essere o non essere il quadrato di un numero naturale", n = x2: allora per mod = 5, otteniamo il pitogramma mostrato in Figura 2:

Figura 2. Costruzione del pitogramma dei numeri quadrati

Innanzitutto possibile osservare come questa rappresentazione visuale in grado di mostrare la doppia connessione tra due principali propriet degli oggetti numerici, quali la propriet additiva e quella moltiplicativa. La prima infatti espressa dal colore dei pitogrammi, la seconda dalla posizione, dal momento che tutti i

numeri naturali n, per i quali si ha che n = (k*mod)+j, con j<mod, si trovano nella stessa j-esima colonna del pitogramma. Facendo variare la dimensione del modulo, si ottengono diverse configurazioni e rappresentazioni dello stesso oggetto numerico espresso dal predicato P(n), le quali consentono di individuare propriet e formulare congetture. Inizialmente si possono ottenere configurazioni disordinate di punti (gialli e neri), ma spesso i pitogrammi possono rivelare strutture che, se adeguatamente interpretate, possono evidenziare modelli e propriet interessanti. Per adeguatamente interpretate intendo che tali modelli o propriet non sono dati grezzi, ma piuttosto che essi emergono da analogie e legami tra le configurazioni visualizzate dai pitogrammi e quelle di altre discipline scientifiche. Come osserva Brown (v. Brown 1997), la visualizzazione e linterpretazione di oggetti matematici richiedono infatti uno sguardo metaforico. Proprio facendo ricorso ad una opportuna interpretazione basata sulla visualizzazione CCG, Zenkin ha scoperto una propriet dei numeri quadrati la quale rivela una trasformazione non nota nella matematica moderna. Infatti, per mod = 16, come possibile osservare nella Figura 3, la singola ma infinita parabola x2 visualizzata nella Figura 3 (a), si trasforma in una famiglia infinita di parabole finite, come mostrato nella Figura 3 (b) e (c). Questo nuovo oggetto geometrico pu essere espresso analiticamente, come facilmente verificabile nel modo seguente:

Y*(n) = (8n k)2 , n

, k = 0, 1, 2, 3, 4.

Come mostrato in Figura 3, ogni parabola della famiglia costituita da nove punti, che sono quadrati di successivi numeri naturali.

Figura 3. Pitogramma dei numeri quadrati

Per formalizzare ed esprimere analiticamente la famiglia basta associare al pitogramma un sistema locale di coordinate, come mostrato nella Figura 4. Quindi abbiamo che Y*(n) = (8n k)2 , n , k = 0, 1, 2, 3, 4, e dove ogni punto n esprime una parabola. Infatti il valore di Y*(n) non un semplice numero, ma la sequenza dei seguenti nove quadrati di numeri naturali successivi: (8n-4)2, (8n-3)2, (8n-2)2, (8n-1)2, (8n)2, (8n+1)2, (8n+2)2, (8n+3)2, (8n+4)2 con n .

Quindi la famiglia infinita di parabole finite viene espressa

dalla seguente sequenza infinita di parabole composta da nove punti: Y*(0), Y*(1), Y*(2), Y*(3), ..., Y*(n).

Figura 4. Sistema locale di coordinate del pitogramma

2.1. Visualizzazione di polinomi di secondo grado a valori interi 7 Un cambio di rappresentazione dunque in grado di rivelare propriet che non sono individuabili per via analitica, e il risultato di Zenkin mostra come la stessa struttura geometrica di un oggetto della teoria dei numeri ossia la parabola, emerga sia nel piano cartesiano sia nella rappresentazione basata sulla visualizzazione CCG. Inoltre esso mostra una particolare e nuova connessione tra finito e infinito allinterno delloggetto indagato. Tale rappresentazione organizza e codifica i dati e le informazioni in modo diverso e ottiene risultati nuovi e diversi. Dunque questo semplice risultato mostra come gli oggetti matematici e i
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Ringrazio il prof. Zenkin per i suoi suggerimenti e il dott. Rustichelli per la

collaborazione nello sviluppo del software di visualizzazione CCG su Linux.

processi di ampliamento della loro conoscenza siano sensibili alla rappresentazione. Cosa sia un oggetto matematico e come sia possibile estendere la conoscenza che ne abbiamo dipende dallinsieme di rappresentazioni che ne possiamo dare e dai modi in cui possiamo combinarle. Ovviamente possibile sottoporre altri oggetti matematici alla visualizzazione CCG e ottenere risultati che possono condurre a scoprire nuove propriet e formulare congetture. In ci che segue intendo mostrare proprio questo. Per esempio, si prendano in esame i numeri eteromechi 8 e i numeri planici 9 , serie numeriche rispettivamente espresse dalle equazioni n = x2 - x e n = x2 + x. Entrambe le serie sono geometricamente delle parabole e sono casi particolari di polinomi della forma f(x) = ax2 bx c, ossia polinomi di secondo grado. Osserviamo il comportamento di polinomi per soli valori interi (ossia che generano serie numeriche di numeri interi positivi), e quindi che soddisfano la condizione x > b, x2 > c, -ax2 < bx c, ax2 > bx c. Quindi x2 + x and x2 x esprimono la stessa serie numerica e in generale polinomi duali che generano serie numeriche di interi positivi esprimono la stessa serie (p. es. x2 + 4x genera la stessa x2 - 4x, in quanto consideriamo, per il secondo, solo i valori di x > 4). Per costruire il pitogramma di queste due serie numeriche si
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Sono detti eteromechi i numeri che sono il prodotto di due numeri consecutivi, ossia

n=(x-1)x. 9 Sono detti planici i numeri che sono composti dalla somma di un numero e del suo

quadrato, ossia n=x+x2.

definisca dunque il predicato P(n) = essere o non essere un numero planico/eteromeco". Facendo variare il valore del modulo otteniamo diverse rappresentazioni di questi oggetti numerici, dalle quali possiamo tentare di scoprirne nuove propriet. In particolare per mod = 14, come mostrato nella Figura 5, anche questa serie si trasforma in una famiglia infinta di parabole finite, ognuna composta da 8 punti che sono successivi numeri planici (eteromechi), tale che per ogni n , k = 0, 1, 2, 3, si ha che Y*(n) = (7n k)2 + (7n k), o (7n k)2 - (7n k).

Figura 5. Pitogramma dei numeri planici/eteromechi

Come si pu vedere, ancora una volta otteniamo una rappresentazione simile a quella dei numeri quadrati, che esibisce la stessa connessione tra finito e infinito che si presenta nei pitogrammi dei numeri quadrati.

Questo secondo risultato ottenuto sulla base della visualizzazione CCG suggerisce la possibilit di estendere lo studio visuale a serie di numeri naturali che possono essere espresse in generale da parabole, ossia polinomi di secondo grado a valori interi, n = ax2 bx c. Nella Tabella 1 ho riassunto alcuni risultati ottenuti mediante la visualizzazione di tali polinomi, per i quali esiste sempre un valore del modulo per il quale si verifica la trasformazione esibita dai numeri quadrati e dai numeri planici ed eteromechi.
serie P(n) y = x2+x mod 14 n
2 *

equazione Y*(n)=(7n k)2+ (7n k) , , k = 0,1,2,3 e, per n1, -k= 4

punti

struttura Famiglia infinita di parabole finite

y=x -x

14

Y (n)=(7n k)2- (7n k), n , k = 0,1,2,3 e, per n1, -k= 4. 8

Famiglia infinita di parabole finite

y = x +2x
2

16

Y (n)=(6n k)2+ 2(6nk), n , k = 0,1,2,3


2 *

Famiglia infinita di parabole finite

Y =x +x+2

10

Y (n)=(4n k) + (4n k) + 2 , n ,k = 0,1,2 e, per n1, +k = 3.

Famiglia infinita di parabole finite

Y = x +x+1

14

Y (n)=(7n k)2+ (7n k) + 1, n , k = 0,1,2,3 e, per n1, - k = 4.

Famiglia infinita di parabole finite

Y = ax

16a

Y (n)=(a8n - k)2, n k = 4, 3, 2,1 ,0 ...


Tabella 1

8a Famiglia infinita di parabole finite ... ...

...

...

2.2. Una prima congettura I risultati riportati nella Tabella 1, ottenuti mediante la visualizzazione CCG, suggeriscono la seguente congettura: data una qualsiasi serie di numeri naturali generata da polinomi della forma n = ax2 bx c, esiste sempre un valore del modulo tale che esiste una famiglia infinita di parabole finite, ognuna di j k punti, che pu essere espressa da una equazione della forma a(jn k)2 + b(jn k) + c , con a, b, c, j, k, n, x .

Ci equivale a dire che tale congettura sostiene che sia sempre possibile esprimere una serie numerica n = ax2 bx c nella forma a(jn k)2 + b(jn k) + c, e rappresentare la singola, infinita, parabola del piano cartesiano come una famiglia infinita di parabole finite nei pitogrammi. Ossia: (I) P(n), P(n)=(ax2 bx c), dove a, b, c, x , q tale che, per mod=q, esiste una famiglia infinita di finite ax2 bx c della forma Y*(n) = a(jn k)2 + b(jn k) + c, dove j k il numero dei punti di ogni singola finita ax2 bx c. interessante osservare fin dora che tale trasformazione si veri-

fica invertendo la relazione tra finite e infinito, e vedremo nei paragrafi successivi come questo fatto giochi un ruolo essenziale nella formulazione di una seconda congettura.

2.3. Visualizzazione di serie intere pari e dispari Si esamini ora visualmente per mezzo dei pitogrammi la serie dei numeri naturali 1, 8, 27, ..., f(x) = x3, x , usando dunque il predicato P(n)= "essere o non esser un numero cubico". Per mod = 18, come possibile osservare nella Figura 6, si ottiene un risultato davvero interessante: come nel caso di x2, infatti, abbiamo una struttura finita iterata infinitamente.

Figura 6. Pitogramma dei numeri cubici

La struttura iterata , ancora una volta, la stessa che si presenta in forma infinita nel piano cartesiano, ossia una cubica. Questa struttura pu essere espressa, nel sistema di coordinate locali, mediante lequazione Y*(n) = (6n - k)3, n , k = 5, 4, 3, 2, 1, 0, dove ogni cubica n ha sei punti, che sono cubi di successivi numeri naturali, (6n-5)3, (6n-4)3, (6n-3)3, (6n-2)3, (6n-1)3, (6n)3. Quindi mediante un cambio di rappresentazione, dalla serie dei numeri cubici 1, 8, 27,..., x3 otteniamo una famiglia infinita di cubiche finite. Pertanto per n=2 e n=3, si possono individuare due simili e interessanti risultati per la serie dei numeri naturali della forma xn , con x, n . La visualizzazione CCG di valori successive di n in xn mostra come sia possibile formulare una successiva congettura. Si consideri innanzitutto il caso n=4, visualizzandolo mediante pitogrammi in base al predicato P(n) = "essere o non essere il bi-quadrato di un numero naturale". Nella visualizzazione della serie dei bi-quadrati 1, 16, 81, 256, ... , x4, x , per mod=48, (vedi Figura 7A) si ottiene ancora una configurazione simile alla precedente: una famiglia infinita di parabole finite che presentano ovviamente una concavit pi grande di quella della serie dei numeri quadrati, ognuna composta da 7 punti di successivi bi-quadrati di numeri naturali: (4n - 3)4, (4n - 2)4, (4n - 1)4, (4n)4, (4n + 1)4, (4n + 2)4, (4n + 3)4. Tale famiglia espressa, nel sistema locale di coordinate del pitogramma, dallequazione Y*(n) = (4n k)4, n , k = 0, 1, 2, 3. Procedendo per valori interi di n, per n = 5 e con P(n) = "essere o non essere la quinta potenza di un numero naturale", si ottie-

ne una rappresentazione simile a quella per n = 3 (vedi Figura 7B). La serie delle quinte potenze dei numeri naturali 1, 32, 243, 1024, ... , x5, x , per mod=25, esibisce di nuovo una struttura composta da una famiglia infinita di strutture simili alle cubiche, ognuna composta da 5 punti, che sono successive quinte potenza di numeri naturali, (5n - 4)5, (5n - 3)5, (5n - 2)5, (5n - 1)5, (5n)5, che espressa in via analitica dallequazione Y*(n) = (5n - k)5, n , k = 4, 3, 2, 1, 0. In particolare la serie in questione si articola secondo il decorso tipico delle funzioni cosiddette dispari: questo insieme di osservazioni effettuate mediante la visualizzazione CCG, riassunti nella Tabella 2, suggerisce la congettura del paragrafo che segue.

Figura 7A. Pitogramma dei numeri bi-quadrati

Figura 7B. Pitogramma delle quinte potenze

serie P(n) Y = X2 Y = X3

mod 16 n 18

equazione Y*(n) = (8n k)2, , k = 0,1,2,3,4 Y*(n) = (6n - k)3, n ,k=

punti 9

struttura
Struttura pari: famiglia infinita di parabole finite - Fig. 3

Struttura dispari: famiglia infinita di cubi finite - Fig. 6

5,4,3,2,1,0 Y=X
4

48

Y (n) = (4n k )4, n , k = 3,2,1,0 Y*(n) = (5n - k)5, n , k = 4,3,2,1,0 ...


Tabella 2

Struttura pari: famiglia infinita di parabole finite Fig. 7a

Y = X5

25

Struttura dispari: famiglia infinita di quinte potenze finite - Fig. 7b

...

...

...

...

2.4. Una seconda congettura Le funzioni pari e dispari, ossia le funzioni f(x) = xn, x, n , per n > 1 e rispettivamente con n = 2p e n = 2p+1, come noto presentano un preciso e distinto andamento sul piano cartesiano, come mostrato nella Figura 8.

Figura 8. Rappresentazione cartesiana di funzioni pari e dispari

Per n = 2, 3, 4, 5 abbiamo visto che esiste almeno una rappresentazione nel piano CCG che trasforma la singola, infinita struttura cartesiana in una famiglia infinita di strutture finite che hanno lo stesso andamento di quella cartesiana. Sembra quindi del tutto plausibile, ossia compatibile con i dati esistenti, supporre che tale trasformazione si verifichi per ogni serie pari e ogni serie dispari.

Ci significa che ipotizzabile che sia sempre possibile rappresentare una singola, infinita, serie pari/dispari di numeri naturali sotto forma di una famiglia infinita di strutture finite rispettivamente pari e dispari, esprimibili analiticamente nella forma Y*(n) = (an k)N con N, a , k, n , dove a k il numero dei punti

della singola struttura finita. Pi rigorosamente questa congettura pu essere espressa nel modo seguente: (II) P(n) = xn, con x, n , q t.c. per mod=q, famiglia infinita di finite xn della forma Y*(n) = (an k)N con N, a, k, n , e dove a k = numero dei punti delle singole, finite xn, le quali hanno, per n = 2p e n = 2p+1, rispettivamente una struttura pari e dispari. possibile osservare come le due congetture formulate presentano caratteristiche simili. In primo luogo entrambe hanno una forma esistenziale: esse ipotizzano che esista almeno un valore del modulo per il quale la propriet soddisfatta. Ovviamente lindagine visuale di propriet di oggetti della teoria dei numeri pu assumere una forma universale, per esempio ricercando invarianti che occorrono in ogni pitogramma (la congettura avr dunque in questo caso la forma per ogni valore del modulo, esiste una etc. etc.). Esempi di questo genere di osservazioni e risultati mediante la visualizzazione CCG nel dominio della teoria dei numeri sono date da Zenkin (v. Zenkin 1991). In secondo luogo la loro formulazione dipende, come abbiamo

visto, in modo essenziale dalla visualizzazione, che codificando e organizzando in modo diverso i dati e le informazioni, e introducendo nuova informazione, consente di costruire e rintracciare relazioni in modelli spaziali, permettendo di ampliare la conoscenza intorno a certi oggetti mediante una nuova interpretazione delloggetto stesso e moltiplicandone i punti di vista: infatti i pitogrammi forniscono unimmagine geometrica di entit numeriche. Il conseguimento di questa nuova conoscenza sarebbe stata impossibile mediante stili di ragionamento di tipo formalededuttivo.

3. Osservazioni conclusive I semplici risultati e le congetture ottenute nei paragrafi precedenti sono il prodotto di un approccio che si basa su una moltiplicazione dei punti di vista intorno ad oggetti della teoria dei numeri. Tale approccio sostanzialmente procede nel modo seguente: considera un oggetto della teoria numeri i numeri quadrati, planici, etc. espressi da un predicato P(n) e la loro ben nota interpretazione nel piano cartesiano, che offre una certa rappresentazione delle propriet di questi oggetti. Quindi procede a costruire una nuova rappresentazione di tali oggetti introducendo un nuovo sistema di visualizzazione i pitogrammi appunto. Questa apparentemente semplice operazione trasforma loggetto iniziale in una nuova entit di natura geometrica che pu essere indagata e interrogata visualmente e graficamente, in base a principi orga-

Inferenze ampliative

nizzativi come la simmetria, la connessione, le analogie spaziali, etc. che fanno emergere nuove relazioni e dati visuali. Linterazione con questa nuova rappresentazione e questi nuovi dati visuali permette di individuare propriet non note e di procedere ad un tentativo di generalizzazione mediante la formulazione di congetture. A questo punto, associando un sistema locale di coordinate, possibile tornare agli oggetti iniziali ed esprimere analiticamente (ossia mediante equazioni) i risultati ottenuti. Questi risultati tuttavia non avrebbero potuto essere ottenuti mediante un approccio deduttivo-formale, poich non esiste alcuna relazione che ci consente di passare dalliniziale serie numerica a quella finale ottenuta mediante la rappresentazione CCG utilizzando passaggi deduttivi e formali. La visualizzazione CCG introduce infatti nuova informazione e organizza e codifica in modo nuovo loggetto indagato. Dunque la visualizzazione non solo non un via succedanea o un semplice correlato di vie pi rigorose, che si limita ad accompagnare stili di ragionamento deduttivi e certi, ma un mezzo proprio per porre e risolvere problemi e per scoprire nuove propriet e formulare ipotesi.

43

3 Rappresentazioni multiple e ampliativit

1. Premessa In questo capitolo analizzo in profondit una propriet essenziale delle inferenze ampliative, quale la sensibilit alla rappresentazione, e sostengo che lattivit della scoperta matematica e della soluzione di problemi dipendono dalla costruzione, moltiplicazione e combinazione delle diverse rappresentazioni (disponibili o costruibili) di entit matematiche. A tal fine mi avvalgo di alcuni esempi tratti dalla topologia, in particolare dalla topologia algebrica (il gruppo fondamentale), dalla teoria delle trecce e dalla teoria dei nodi, che sono domini nei quali la sensibilit alla rappresentazione particolarmente evidente e feconda, dal momento che su uno stesso problema o sulla trattazione di uno stesso oggetto matematico convergono e interagiscono, richiamandosi a pi domini e metodi come per esempio la geometria, lalgebra, il calcolo combinatorio e metodi algoritmici diverse rappresentazioni. La tesi sostenuta in questo libro che la conoscenza matematica, usando una metafora, avanza mediante una continua costruzione e moltiplicazione di differenti rappresentazioni degli oggetti matematici, le quali offrono diversi punti di vista dalla cui interazione e combinazione emerge la produzione di nuova cono-

scenza. Ci significa che molte parti della matematica emergono e si accrescono in relazione con altri domini scientifici. Ad esempio alcuni sviluppi recenti della teoria dei grafi, la cosiddetta teoria dei grafi spaziali virtuali (virtual spatial graph theory), motivata proprio dalla trattazione di problemi biologici, nella fattispecie lassociazione delle proteine con le membrane. Rappresentazioni diverse veicolano, organizzano e combinano informazioni differenti che provengono da domini distinti. Queste rappresentazioni, a parte rari casi, non sono affatto isomorfe, e quindi i modi in cui esse sono costruite e combinate essenziale per lampliamento della conoscenza matematica. La rappresentazione di un oggetto matematico infatti intrinsecamente incompleta e parziale, e tale risulta essere anche ci che segue da questa rappresentazione. Quindi diverse rappresentazioni, come abbiamo gi visto nel caso della visualizzazione nel corso del capitolo precedente, permettono di scoprire differenti propriet, fanno emergere aspetti diversi circa loggetto indagato e suggeriscono ipotesi diverse per risolvere un problema.

2. Molteplicit di rappresentazioni La costruzione e la combinazione di molteplici rappresentazioni sono alla base della scoperta e del problem-solving matematico. Come osserva Emily Grosholz 1 , in matematica lidea di rappresentazione viene spesso espressa in termini di isomorfismo,
1

Grosholz 2007, 21.

ossia di una relazione riflessiva e simmetrica tra strutture (intese quali insiemi di proposizioni in un linguaggio oggetto). Ad esempio Hersh (v. Hersh 2007) e Byers (v. Byers 2007) sostengono che la nozione di equivalenza isomorfica sia uno strumento essenziale per la produzione di conoscenza matematica in quanto consente di passare da un contesto allaltro della matematica, di usare in modo controllato e persino algoritmico quellambiguit che alla base della fecondit e ricchezza della matematica. Tuttavia, come sottolinea la Grosholz, questa idea di rappresentazione fondamentalmente sbagliata. La giustapposizione e sovrapposizione di rappresentazioni non isomorfe il vero motore della produzione di conoscenza matematica e della sua crescita. Inoltre lattivit di costruzione di rappresentazioni implica lorganizzazione, linvenzione e attivit creative che svolgono un ruolo produttivo nella costruzione e strutturazione dellentit rappresentata. Dunque la rappresentazione implica sempre una interpretazione, che contribuisce a riorganizzare dallinterno loggetto che si vuole rappresentare, a produrre un nuovo assetto dellinsieme di dati e delle informazioni che lo caratterizzano. Anche la Grosholz si riferisce alla nozione di ambiguit quale fattore di produzione e crescita della conoscenza matematica, precisando che per ambiguit 2 intende la sovrapposizione e giustapposizione di una variet di modi di rappresentazione che originano una polisemia in grado di generare intuizioni e scoperte, e non confusione. La costruzione di una nuova rappresentazione,
2

Cfr. Grosholz 2007, 4.

utilizzando la terminologia messa a punto ancora dalla Grosholz, produce degli ibridi, ossia delle entit che affrontano problemi e trattano oggetti da una prospettiva nuova, che nasce dallincontro di diversi domini o ambiti disciplinari e che utilizza le conoscenze, i risultati, i metodi messi a punto in ogni singolo dominio. Dunque la costruzione di una nuova rappresentazione di una entit matematica di per s pu costituire produzione di nuova conoscenza, in quanto permette di stabilire relazioni (ad esempio la dipendenza, lequivalenza, etc.) tra modi di rappresentazioni differenti, consentendo, per esempio, riduzioni o generalizzazioni. In questo testo e in quanto segue si vuole mostrare come piuttosto che lambiguit, listituzione di rappresentazioni multiple che permette di porre nuove domande sugli oggetti indagati e scoprirne propriet, ampliando la nostra conoscenza. Inoltre questo processo potenzialmente senza fine. Questa moltiplicazione di rappresentazioni, che d luogo ad una moltiplicazione dei punti di vista intorno alloggetto, non affonda le radici nellambiguit, ma deriva dalla natura stessa della matematica, che non d una conoscenza assoluta delloggetto, ma gira intorno alloggetto, moltiplicando senza fine i punti di vista, o meglio, passando da un punto di vista ad altri sempre pi penetranti, cio da una soluzione del problema ad altre sempre pi approfondite, per cercare di completare una rappresentazione delloggetto che tuttavia rimarr sempre incompleta 3 .
3

Cellucci 2008, 222.

Questa irriducibile, costitutiva incompletezza del processo di rappresentazione degli oggetti matematici che produce la moltiplicazione dei punti di vista la ragione della fecondit dellattivit matematica.

2.1. Rappresentazioni multiple e topologia algebrica Alla base della nascita stessa della topologia algebrica c la costruzione di una nuova rappresentazione, che origina un nuovo punto di vista mediante libridazione di due oggetti apparentemente distinti. La nozione che sta alla base di questa teoria, ossia quella di gruppo fondamentale introdotta da Poincar (v. Poincar 1895), infatti, corrisponde alla costruzione di una immagine algebrica di un oggetto geometrico, ossia di una nuova rappresentazione la quale produce un punto di vista fecondo attraverso cui porre e risolvere problemi relativi ad un certo dominio (la topologia) mediante lintroduzione di informazioni e metodi di un altro dominio (lalgebra). In particolare, la teoria dellomotopia tratta le questioni topologiche creando delle rappresentazioni e riduzioni allalgebra: essa associa agli spazi topologici (una nozione topologica) vari gruppi (una nozione algebrica), che sono invarianti algebrici. Il gruppo fondamentale, introdotto da Poincar, altro non che il primo gruppo di omotopia. Dato uno spazio topologico X e dato un suo punto, diciamo x0, il gruppo fondamentale descrive

linsieme di tutte le classi di omotopia di circoli (loops), aventi il punto base x0, ed denotato con 1 ( X , x0 ) (o pi semplicemente ( X , x0 ) ). Esso si comporta come un gruppo e quindi permette di trattare questi semplici oggetti topologici (i circoli) mediante la teoria dei gruppi, una branca dellalgebra. Da questa nuova rappresentazione di un oggetto topologico segue la produzione di nuova conoscenza, e la possibilit di porre e risolvere problemi allinterno della topologia mediante strumenti e concetti algebrici. Il gruppo fondamentale, innanzitutto, permette infatti di costruire una teoria che consente di distinguere differenti categorie di superfici bi-dimensionali: Poincar ha mostrato infatti come qualsiasi superficie bidimensionale che ha lo stesso gruppo fondamentale della superficie bidimensionale di una sfera sia topologicamente equivalente ad una sfera. Inoltre egli ha posto la congettura che questo risultato valga anche per variet tridimensionali e in seguito si arrivati ad estendere tale congettura a casi di dimensioni pi alte. Inoltre questo strumento consente di trattare problemi e oggetti di altre discipline. Per esempio, il gruppo fondamentale usato nella teoria dei nodi dal matematico austriaco Wirtinger per dimostrare che il nodo a trifoglio davvero annodato (egli dimostra infatti nel 1905 che il gruppo fondamentale del trifoglio il gruppo simmetrico su tre elementi). In modo ancor pi significativo questo concetto viene generalizzato sempre da Wirtinger per costruire il gruppo fondamentale di un link arbitrario (questa presentazione del gruppo fondamentale infatti nota come la presen-

tazione di Wirtinger). Dunque un cambio di rappresentazione si rivela essere la radice concettuale della topologia algebrica e un significativo avanzamento nella conoscenza matematica. Una volta che stato creato un modo di produrre immagini algebriche di oggetti topologici, possibile indagare questi ultimi, e porre e risolvere problemi attraverso la conoscenza e le tecniche note per i primi. Chiaramente questo intero processo sensibile alla rappresentazione, in quanto i problemi che possono essere posti e risolti, le propriet che possono essere scoperte, dipendono fortemente dalle rappresentazioni costruite.

2.2. Rappresentazioni multiple e teoria dei nodi La teoria dei nodi fornisce un esempio particolarmente ricco di come differenti notazioni differenti forme di rappresentazione individuino differenti aspetti di uno stesso soggetto 4 . Inoltre interessante osservare che la teoria dei nodi fornisce un esempio particolarmente significativo del legame tra matematica, intesa quale attivit di soluzione di problemi, e trattazione dei problemi fisici e biologici. Infatti le origini della teoria dei nodi affondano proprio nella trattazione di problemi fisici, in particolare la questione della struttura degli elementi costituenti la materia (gli atomi). Tait inizi a sviluppare la teoria dei nodi proprio nel tentativo di co4

Brown 1999, 64.

struire matematicamente una tavola di elementi che si accordasse con la teoria atomica di Thomson Lord Kelvin , ossia lidea che gli atomi fossero vortici. Lintero progetto crollato, ma la teoria dei nodi ha continuato ad essere sviluppata mediante un continuo processo di ibridazione che ha portato a rappresentare i nodi in molti modi diversi e ad estendere la conoscenza matematica di questi oggetti. La teoria non rimasta ancorata ai problemi da cui ha avuto origine, ma tornata nel corso del tempo ad essere applicabile a problemi di natura fisica o biologica. Il fatto che la teoria dei nodi, dopo un cos lungo tempo, sia tornata ad essere usata per trattare problemi fisici e biologici dimostra che il processo di continua moltiplicazione dei punti di vista intorno alla nozione di nodo e la sua evoluzione genera entit astratte che possono essere utilizzate quali ipotesi per trattare problemi diversi. Sono dunque i problemi ad essere reali ed esistere, non gli oggetti matematici che vengono ipotizzati e sviluppati per affrontarli. Gli oggetti matematici hanno infatti una esistenza e una natura ipotetica. Nella costruzione e sviluppo della teoria dei nodi entrano in gioco una molteplicit di rappresentazioni e metodi. Essa, infatti, muove dalle propriet geometriche dei nodi; procede quindi alla loro rappresentazione piana (proiezione), e sviluppa una notazione che consente una loro trattazione algebrica e combinatoria al fine di ampliare la conoscenza matematica (nuove informazioni e dati) intorno a questi oggetti. Nel corso di questo processo di moltiplicazione di punti di vista si forniscono nuove e diverse definizioni, notazioni, codifiche della nozione di nodo e di alcune

sue principali propriet. Di volta in volta, come vedremo un po pi in dettaglio, questo processo di costruzione di nuove e diverse rappresentazioni motivata dal tentativo di soluzione di problemi, sia generali sia locali, e dipende (ed indirizzata) dalla conoscenza esistente in quel momento che fa da sfondo alla ricerca. Ad esempio, come vedremo nel caso della teoria dei nodi e della teoria dei grafi, la definizione stessa di nodo continuamente sottoposta a revisione in relazione allo sviluppo di altri oggetti e domini matematici (come i link). Si tenta di rappresentare il nodo come un oggetto (nella fattispecie si costruisce la rappresentazione di un nodo sotto forma di grafo planare mediale) che possa essere trattato come una entit di una teoria allinterno della quale si dispone di conoscenze e risultati che possono risolvere ai problemi e scoprire propriet intorno ad esso. Chiaramente con la crescita della conoscenza matematica e delle sue teorie questo processo diventa sempre pi sensibile e articolato: maggior il numero di teorie di cui disponiamo (e dei risultati allinterno di ogni teoria), pi rappresentazioni possiamo costruire e quindi pi ricco e articolabile il processo di moltiplicazione dei punti di vista che il motore del processo di ampliamento della conoscenza matematica. Questo processo cos fecondo perch luso di rappresentazioni multiple (ad esempio il nodo come un oggetto geometrico curva nello spazio , come un oggetto algebrico gruppo , come un oggetto combinatorio una matrice , come oggetto aritmetico un numero ) consente di scoprire propriet e risolvere problemi di volta in volta non accessibili o risolvibili da una sola rappresentazione, mettendo in gioco le conoscenze di

pi domini, come abbiamo gi sottolineato anche nel caso della visualizzazione nel Cap. 2, dove i pitogrammi permettono di trovare alcune propriet non accessibili da una codificazione assiomatico-formale o analitica degli oggetti della teoria dei numeri. Il principale obiettivo della teoria dei nodi quello di risolvere il problema della enumerazione e classificazione dei nodi. Nel tentativo di risolvere questo problema, nella teoria dei nodi si procede alla costruzione di nuove rappresentazioni ed entit volte a istituire il maggior numero possibile di connessioni con la conoscenza esistente al fine dilatare lo spazio combinatorio delle ipotesi. La definizione stessa di nodo un processo rappresentativo che non affatto asettico. Infatti la definizione di un oggetto matematico (come osserva e argomenta Cellucci 5 ) non affatto un primum e un datum, ma risultato e processo, che avviene sulla base della conoscenza esistente e con il fine di rendere trattabile un oggetto con gli strumenti conoscitivi di cui si dispone. Al variare della conoscenza esistente, infatti, la definizione di unentit matematica pu essere sottoposta a revisione per consentire una sua trattabilit alla luce della conoscenza che si andata costruendo in alti domini nel corso del tempo. Per esempio Fox 6 procede alla produzione di una nuova definizione di nodo proprio nel tentativo di legare questo oggetto semplicemente geometrico alla topologia, ai risultati e alle tecniche che nel frattempo questa disciplina aveva sviluppato.
5 6

v. Cellucci 2008. v. Fox 1957.

Nella fattispecie, Fox provvede a passare da una definizione di nodo quale curva poligonale in
3

ad una definizione di nodo

quale insieme di curve in una 3-variet (3-manifold) compatta. Questa operazione, basata su un cambio di rappresentazione, feconda e porta ad un processo di ampliamento della conoscenza poich, mettendo in connessione la nozione di nodo con il resto della topologia, e permette di giungere alla costruzione di nuovi invarianti geometrici, i quali forniscono un avanzamento nella soluzione del problema della classificazione dei nodi. Ma possibile definire un nodo in molti modi diversi, per esempio come un gruppo, oppure rappresentarlo in modo tale da renderlo un grafo planare. Questa operazione permette di introdurre nella teoria dei nodi informazione e dati non presenti fino a quel momento (relativi alla teoria dei grafi o allalgebra dei gruppi). Questa possibilit di istituire switch tra diverse rappresentazioni centrale per la crescita della conoscenza non solo perch permette di trasferire allinterno del dominio indagato (la teoria dei nodi) risultati, metodi e tecniche di altri domini (la teoria dei gruppi o la teoria dei grafi planari), ma perch crea una nuova entit matematica polivalente che consente un trasferimento di conoscenza anche nella direzione opposta, ossia dal dominio indagato agli altri domini. Per esempio risultati della teoria dei nodi sono stati utilizzati per ampliare la conoscenza sui grafi, come nel caso del teorema di Lien Watkins 7 . La possibilit di istituire una relazione tra teoria dei nodi e
7

v. Lien - Watkins 2000.

teoria dei grafi pu essere fatta risalire alla nascita stessa della teoria dei nodi, in quanto gi lo stesso Tait aveva sviluppato una rappresentazione di nodi come grafi planari. Lo sviluppo di questa idea apre un nuovo e fecondo punto di vista sia sugli oggetti della teoria nodi sia sugli oggetti della teoria dei grafi, permettendo di rappresentare nodi come grafi (e viceversa) e di effettuare operazioni sui grafi proprie dei nodi (come le mosse di Reidemeister). Mi soffermer su questa connessione per mostrare la fecondit e il carattere ampliativo delle rappresentazioni multiple nella teoria dei nodi. La possibilit di interpretare nodi come grafi planari passa attraverso la costruzione di una preliminare forma di rappresentazione e notazione. Primi di poter trattare un nodo come un grafo, infatti, bisogna innanzitutto proiettare un nodo (ossia un oggetto geometrico tridimensionale) sul piano, creandone una rappresentazione bidimensionale, e poi si deve sviluppare un modo per codificare simbolicamente gli incroci della proiezione del nodo. Chiaramente questo processo codifica solo una parte dellinformazione e dei dati contenuti in un nodo inteso quale oggetto tridimensionale, ma questa rappresentazione incompleta volta a risolvere un certo problema, quello dellequivalenza tra nodi, costruendo unentit polivalente adeguata per quel problema. La costruzione della teoria dei nodi per opera di Tait, Gauss e Maxwell prende le mosse proprio da questo molteplice cambio di rappresentazione. Un grafo G formalmente definito come G = (V, E), ossia una coppia di (multi)insiemi: V linsieme dei vertici ed E il (mul-

ti)insieme dei lati, il quale consiste di sottoinsiemi di V a 1 o 2elementi. Una caratteristica topologicamente interessante dei grafi in questa sede la planarit. Un grafo planare, brevemente, quando pu essere rappresentato sul piano in modo che i suoi lati si intersecano solo ai vertici.

Figura 9. Alcuni grafi fondamentali

Ad esempio nella Figura 9 il grafo K3 planare, cos come K4. Anche G1 planare, in quanto isomorfo a K4, mentre i grafi K5 e K3,3 non sono planari. Per costruire lentit polivalente che permetta di trattare nodi mediante grafi, e viceversa, la propriet della planarit essenziale. Per poter trattare un nodo come un grafo infatti necessario costruirne unaltra rappresentazione, nota come grafo mediale della proiezione del nodo. Questa rappresentazione si ottiene partendo dalla proiezione di un nodo. La proiezione del nodo divide il piano in una serie di regioni, che vengono colorate con la procedura della colorazione a scacchi, ossia colorando le regioni confinati alternativamente con due (soli) colori (v. Figura 10).

Figura 10. Colorazione a scacchi di un nodo a trifoglio

Una volta che si costruita la colorazione a scacchi della proiezione di un nodo, possibile costruirne un grafo, noto come grafo mediale della proiezione del nodo. Il grafo mediale si ottiene ponendo un vertice in ogni regione scura (la scelta della colorazione chiaramente arbitraria) e quindi aggiungendo un lato tra essi se e solo se esiste un incrocio che connette le regioni alle quali i vertici corrispondono, e assegnando un valore positivo o negativo in base allinclinazione delle stringhe in corrispondenza degli incroci (v. Figura 11).

Figura 11. Grafo mediale del nodo a trifoglio

Questo processo di costruzione di una nuova rappresentazione

permette di ampliare la conoscenza sui nodi, consentendo lo studio di alcune propriet interessanti, quali ad esempio la chiralit o amfichiralit, proprio mediante i metodi della teoria dei grafi planari.

2.3. Rappresentazioni multiple e teoria delle trecce La teoria delle trecce un esempio paradigmatico della fecondit e del carattere ampliativo delle rappresentazioni multiple. La nascita e sviluppo di questa teoria infatti incentrata sulla costruzione di entit polivalenti che mettono in gioco rappresentazioni geometriche, algebriche, metodi algoritmici (per esempio per risolvere il problema della classificazione), calcolo combinatorio, analisi complessa, etc. La teoria delle trecce, infatti (v. Artin 1925 e 1947) muove dalla trattazione di un oggetto geometrico tridimensionale (v. Figura 12) una treccia viene considerata come un oggetto nello spazio euclideo, un insieme di curve, o stringhe, che si intrecciano e quindi costruisce la sua proiezione sul piano (il diagramma della treccia, v. Figura 13).

Figura 12. Una treccia nello spazio euclideo

Questo cambio di rappresentazione, con il passaggio da tre a due dimensioni, costituisce un primo passo euristico decisivo: costruendo un modo di rappresentare un oggetto tridimensionale in due dimensioni che preserva una quantit di informazione in grado di ricostruire la treccia, si produce un modo per generare trecce da semplici elementi costituenti.

Figura 13. Diagramma di una treccia

La teoria si avvale di un ulteriore cambio di rappresentazione per effettuare un altro decisivo passo euristico, con il quale estendere la polivalenza dellentit matematica indagata. Essa procede infatti alla costruzione del gruppo trecce, un oggetto algebrico, meglio noto come il gruppo di n-treccia di Artin (v. Artin 1925). Questo passaggio particolarmente significativo poich laspetto costruttivo e attivo dellideazione di una nuova rappresentazione evidente. Al fine di rendere possibile trattare alla luce della nozione di gruppo e delle sue propriet una treccia, si deve infatti introdurre la 1n treccia (una serie di n-stringhe non-

intersecantesi, o parallele), ossia la treccia identit, che lanalogo dellelemento identit e di un gruppo nellalgebra. Al fine di rendere possibile lintroduzione di nuova informazione, si rimodella dunque loggetto indagato in modo che sia suscettibile di una rappresentazione algebrica e del conseguente trasferimento di conoscenze, metodi e risultati. Questa operazione dunque induce una nuova organizzazione e codificazione dellinformazione circa loggetto indagato, e permette di indagarlo ponendo e risolvendo problemi e formulando ipotesi. Per esempio, mediante una rappresentazione algebrica del diagramma delle trecce possibile costruire e indagare alcune sue propriet come la moltiplicazione tra trecce, scoprendo come essa sia associativa, ma non commutativa, e dunque arrivando al risultato che le trecce non costituiscono un gruppo abeliano. Inoltre, come gi mostrato nellarticolo di Artin, mediante lalgebra possibile porre alcuni problemi fecondi e ottenere alcune risposte circa le trecce, la loro struttura e le loro propriet. Una volta che il processo di associazione di un gruppo Bn al diagramma della treccia stato ultimato, e dopo aver mostrato che possibile dare una presentazione finita per questo gruppo mediante un generatore noto come il generatore di Artin, si nelle condizioni di produrre nuova conoscenza sulle trecce e sulla loro struttura semplicemente indagando le propriet del gruppo che le rappresenta. Questa rappresentazione parziale e incompleta, poich codifica solo una parte dellinformazione e dei dati delliniziale oggetto tridimensionale, ma motivata dal tentativo di introdurre nuova informazione e conoscenze per indagare

loggetto e le sue propriet alla luce di un problema specifico, quale lequivalenza tra trecce. Per esempio mediante il gruppo Bn possibile: - determinare tutti gli automorfismi del gruppo di trecce; - determinare con quali trecce una data treccia commutativa; - stabilire per due trecce qualsiasi se esse possono essere trasformate luna nellaltra mediante un automorfismo interno del gruppo; - trovare sottogruppi di Bn che hanno una particolare interpretazione geometrica; Pertanto il gruppo treccia si rivela un modo estremamente fecondo e ampliativo di rappresentare una treccia, in grado di produrre nuovi e fecondi risultati. In particolare il gruppo treccia permette di porre e risolvere sia il cosiddetto problema della parola sia quello della coniugazione. Questi sono due risultati molto rilevanti. La soluzione del problema della parola permette infatti di avere un metodo (nella fattispecie un algoritmo), per stabilire se due n-trecce qualsiasi siano equivalenti o meno. Da questo risultato possiamo ottenere una classificazione completa delle trecce. La soluzione del problema della coniugazione avviene attraverso la costruzione di un esplicito algoritmo e si rivela molto importante poich un risultato che pu essere esportato fuori dalla teoria delle trecce, per esempio per classificare i link mediante una opportuna rappresentazione delle trecce in termini di link. Questo passaggio garantito dal teorema di Alexander (v. Alexander 1923), il quale stabilisce che qualsiasi nodo o link in

S3 pu essere rappresentato da una treccia chiusa. Ovviamente ci richiede un ulteriore adattamento della nozione di treccia. La costruzione di una nuova, ulteriore rappresentazione delloggetto treccia al centro di altri significativi avanzamenti nello studio delle propriet di questa entit matematica. La costruzione di permutazioni di trecce, trattando il diagramma della treccia come un oggetto algebrico-combinatorio, permette infatti di trovare invarianti delle trecce, creando un successivo fecondo punto di vista. Si consideri un gruppo Bn. Qualunque sia la struttura delloggetto geometrico che rappresenta, esso tale che i-esima stringa della treccia unisce Ai a Bj(i), per 1 i n. Si definisce dunque la permutazione tra trecce, : Bn Sn, dove Sn il gruppo simmetrico su n elementi, come:
2 n 1 ( ) := ... ... j(1) j(2) j(n)

Quindi si costruito un modo di associare ad ogni n-treccia , una permutazione unica dei numeri 1, 2, ..., n con , che esprime il modo in cui le stringhe di permutano i punti di partenza della treccia con i punti finali. Ancora una volta limmagine di creata mediante codifica solo parzialmente e in modo incompleto linformazione della treccia. Si pu infatti facilmente verificare che, dato un qualche Sn, esistono molte differenti n-trecce che possono essere associate a mediante . Questa rappresentazione funzionale alla costruzione di una nozione, quale quella di invariante di una treccia, che permette di rispondere in modo efficace alla questio-

ne dellequivalenza tra due trecce, ossia di stabilire se due trecce non sono equivalenti, anche se bisogna sottolineare che non possibile usare questo strumento per stabilire in generale se due trecce siano equivalenti. Ora, sia X un insieme e data f una funzione f: Bn X, diciamo che f un invariante di treccia se to di X ad ogni f() = f(). Lidea che motiva questa nozione quella di assegnare qualche elemenBn in modo tale che due trecce qualsiasi equivalenti siano assegnate allo stesso elemento. Pertanto questa funzione invariante rispetto alla relazione di equivalenza. La rappresentazione usata nella trattazione di un problema o di un oggetto matematico dunque decisiva per investigarne le propriet. Se si cambia rappresentazione, si possono porre domande diverse e ottenere risposte differenti rispetto a quelle cui si pu avere accesso mediante unaltra rappresentazione. La sensibilit alla rappresentazione, ad una molteplicit di rappresentazioni, dunque particolarmente evidente nella teoria delle trecce. Di volta in volta si costruisce una diversa o nuova rappresentazione in base ai problemi che si vuole porre e risolvere, alle propriet di cui si vuole dare conto. Tali rappresentazioni, pur essendo incomplete e parziali, svolgono un ruolo euristico decisivo poich introducono nuova informazione mediante cui possiamo ampliare linsieme delle conoscenze disponibili su un certo ente matematico. In un certo senso, dunque, la rappresentazione crea loggetto e le sue propriet.

3. Rappresentazione e oggetti matematici Tra rappresentazione e oggetti matematici esiste una correlazione precisa e stretta. La sensibilit alla rappresentazione una caratteristica essenziale degli oggetti matematici e deriva dalla natura stessa della matematica, che procede mediante una moltiplicazione dei punti di vista intorno ad uno stesso oggetto basata sulla produzione di sue diverse rappresentazioni. Questo processo di moltiplicazione dei punti di vista potenzialmente infinito, poich gli oggetti matematici sono sempre suscettibili di nuove interpretazioni e nuove rappresentazioni. Questa sensibilit a sempre nuove rappresentazioni degli oggetti della matematica, questo loro intrinseca suscettibilit, deriva dalla loro natura e dalla natura della matematica. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la costruzione di una nuova rappresentazione e la conseguente produzione di un nuovo punto di vista fa s che si proceda ogni volta ad una organizzazione e codificazione dallinterno (mediante una nuova definizione, o la costruzione di una sua immagine allinterno di un altro dominio) delloggetto trattato. Loggetto non rimane dunque lo stesso, non si tratta dello stesso oggetto semplicemente, perch non esiste qualcosa come unentit matematica fissata di per s e univoca. Gli oggetti matematici, come abbiamo visto in questo capitolo e come avremo modo di vedere nel corso del successivo, sono semplicemente ipotesi per risolvere i problemi. Hanno uno statuto e una esistenza meramente ipotetica e la loro sensibilit alla rappresentazione ne una prova diretta.

Capitolo3. Rappresentazioni multiple e ampliativit

Sono i problemi che questi oggetti cercano di affrontare e risolvere che sono pratici, problemi che esistono e nascono da questioni fisiche e biologiche. Per esempio, come abbiamo visto, la teoria dei nodi nata come tentativo di fornire una trattazione e una risposta a problemi della fisica, in particolare la natura degli elementi costituenti della materia. Per questo motivo gli oggetti della matematica che sembrano anche molto astratti possono avere applicazione ed efficacia nella trattazione del mondo fisico e biologico, in quanto la loro astrattezza il risultato di questo continuo processo di moltiplicazione dei punti di vista cui sono sottoposti. per questo motivo che gli oggetti della matematica dipendono dal linguaggio e dalla rappresentazione adottata, e proprio in questo risiede la fecondit della matematica. Che gli oggetti della matematica non siano univoci e fissati di per s e, che siano intrinsecamente suscettibili di sempre ulteriori rappresentazioni, pu far pensare che essi siano entit cos produttive e feconde in quanto ambigue 8 . Tuttavia luso del termine ambiguit sembra rimandare allidea che esista una realt matematica univoca, che una data rappresentazione non riesce a ritrarre con fedelt e chiarezza. Invece la tesi sostenuta in questo libro che non c ambiguit in matematica: la produzione di rappresentazioni procede ogni volta a costruire e organizzare dallinterno gli oggetti che definisce e rappresenta, creando una moltitudine di entit che possono essere messe in relazione tra loro per risolvere problemi e ampliare la nostra conoscenza.

V. p. es. Byers 2007, Grosholz 2007, Hersh 2007.

66

4 Analogia e ampliativit

1. Premessa Il continuo processo di costruzione e combinazione di differenti rappresentazioni si basa sulle inferenze ampliative. In particolare in questo capitolo sostengo che lanalogia gioca un ruolo centrale in questo processo. Essa infatti una forma di inferenza che consente di costruire sempre nuove rappresentazioni di oggetti matematici e di passare dalluna allaltra mediante passaggi inferenziali audaci ma plausibili. Questa forma dinferenza dunque uno strumento essenziale e fecondo per modellare lo spazio combinatorio delle ipotesi (ossia lo spazio di ricerca che racchiude le possibili combinazioni tra dati e informazioni che possono dare luogo a ipotesi esplicative), contraendolo o espandendolo in base alloggetto della ricerca, come avremo modo di sottolineare nei paragrafi seguenti. Dunque lanalogia amplia la conoscenza estendendo la capacit di costruire nuove e diverse rappresentazioni di oggetti matematici, consentendo di stabilire interazioni tra contesti differenti, sia a livello inter-dominio sia a livello intra-dominio. Lanalogia costituisce una modalit privilegiata per produrre nuove rappresentazioni di oggetti matematici, di estendere continuamente la loro polisemia perch introduce sempre nuova informazione e

dati da altri domini. Ovviamente esistono molte possibili analogie che possono essere costruite e che danno origine a ipotesi tra cui bisogna operare una scelta. Il criterio per effettuare questa scelta, come abbiamo gi sottolineato nel Cap. 1, e come argomenteremo pi dettagliatamente in seguito, non pu essere di natura probabilistica, ma deve riferirsi ad una nozione diversa, quale la plausibilit 1 . Tra analogia e rappresentazione esiste una relazione bi-direzionale, in quanto da una parte lanalogia produce nuove rappresentazioni consentendo di trattare un oggetto come se fosse un altro, dallaltra parte molteplicit di rappresentazioni possono essere messe in gioco per costruire unanalogia, anche analogie multiple. La forza dellinferenza analogica risiede nella sua capacit di assimilare enti che possono essere dissimili anche sotto molti punti di vista e di superare queste difformit, di produrre ipotesi e conoscenze ampliate in questo modo. Lanalogia inoltre una forma dinferenza ampliativa dalle caratteristiche tali da porre un problema rilevante per la filosofia della scienza e che ha profonde implicazioni metodologiche ed epistemologiche. Il capitolo analizza mediante alcuni esempi le principali caratteristiche dellanalogia, e il ruolo che essa svolge sia nei processi di scoperta sia nei processi di giustificazione, mostrando come la sua versione parallela rappresenti un argomento forte contro la distinzione tra contesto della scoperta e della giustificazione, e
1

Cfr. Ippoliti 2007, Cap. 5.

che getta nuova luce sulla natura delle inferenze ampliative. Nel capitolo inoltre, in linea con lapproccio dellintero libro, argomento a favore di una concezione euristica dellanalogia, senza tralasciare di analizzare i limiti intrinseci di questa forma dinferenza e, pi in generale, delle inferenze ampliative.

2. Definizione Lanalogia pu essere concepita sotto varie forme, che sono comunque riconducibili a due concezioni fondamentali. Essa pu essere concepita come una forma di similarit, nella fattispecie una similarit a un livello pi profondo e concettuale 2 . Ad esempio Polya (v. Polya 1954) ne analizza molti esempi tratti dalla matematica ma anche dalla fisica e dalle scienze sperimentali. In tali domini lanalogia non solo ovviamente un prezioso strumento didattico, ma anche un potente mezzo euristico: essa infatti sembra aver un ruolo in tutte le scoperte, ma in alcune fa la parte del leone 3 . Al contempo lanalogia funge da strumento di valutazione e giustificazione della conoscenza, in quanto permette di corroborare una conoscenza o unipotesi esplicativa. Essa pu essere sia uno strumento per provare e giustificare ipotesi e conoscenze (p. es. nella dimostrazione automatica di

2 3

Polya 1954, I, 13. Ivi, 17.

teoremi o mediante modelli di conferma dipotesi 4 ) sia un mezzo per ottenere nuova conoscenza (p. es. nei processi di generazione di ipotesi e congetture). Queste due caratteristiche, da un punto di vista filosofico, sono tradizionalmente attribuite a due contesti considerati separati e indipendenti sia da un punto di vista logico sia da un punto di vista temporale, quali il contesto della scoperta e il contesto della giustificazione. Questa doppia valenza dellanalogia rappresenta la caratteristica pi controversa e allo stesso tempo pi feconda di questa forma dinferenza ampliativa. Lanalogia inoltre una forma dinferenza ampliativa che dipende in modo essenziale dal contesto, ossia dallinsieme delle conoscenze esistenti e dei dati disponibili a partire dai quali viene costruita. Il problema fondamentale della conoscenza prodotta dallinferenza analogica quello sollevato da ogni forma di ragionamento volta a trattare la questione dellampliamento della conoscenza: la determinazione di criteri che consentano di specificare un insieme di ragioni per ritenere giustificate le conclusioni che candida. Nella fattispecie lanalogia pone il cosiddetto problema logico dellanalogia, in breve LPA, ossia il tentativo di trovare un criterio che, se soddisfatto da una particolare inferenza analogica, stabilisca in modo sufficiente la verit della conclusione proiettata sullobiettivo 5 . La definizione stessa dellanalogia rappresenta un problema.

4 5

P. es. quelli sviluppati da Polya (v. Polya 1954). Davies 1988, 229.

Lortodossia prevalente 6 converge nel definire lanalogia una forma di comparazione mediante cui possibile operare un trasferimento (transfer) di una propriet o uninformazione nota da un dominio dorigine sufficientemente conosciuto la fonte a un dominio di destinazione lobiettivo almeno parzialmente non conosciuto, mediante una relazione dassociazione doggetti, di relazioni e di propriet tra la fonte e lobiettivo. Lortodossia prevalente inoltre caratterizzata da due principali concezioni dellinferenza per analogia, la concezione induttivista e la concezione strutturalista. Come vedremo entrambe queste concezioni sono inadeguate a render conto dellanalogia poich non colgono il suo carattere eminentemente rappresentativo e ampliativo. La concezione induttivista sostenuta ad esempio da Keynes 7 e da Polya e considera lanalogia come una forma dinduzione, in particolare uninduzione su attributi o propriet. Essa una forma di generalizzazione al limite una generalizzazione a partire da un singolo caso ottenuta dalla congiunzione di somiglianze materiali tra domini. La concezione strutturalista sostenuta ad esempio da Weitzenfeld 8 e considera lanalogia come un processo dassociazione tra relazioni causali di alto livello dove per alto livello si intende anche relazioni tra relazioni tra la fonte e lobiettivo. Essa in linea di principio riconducibile ad una forma di isomorfismo, che consente di trasportare tout court strutture e relazioni dalla
6 7 8 Cfr. Black 1962, e cfr. anche Hesse 1966, Melis - Veloso 1998. Cfr. Kaynes 1921. Cfr. Weitzenfeld 1984.

fonte allobiettivo. Dunque le due concezioni concordano sulla rilevanza della similarit generale tra i domini ai fini del transfer analogico, e si distinguono in quanto la seconda basata sulla corrispondenza tra relazioni (e non semplicemente sulla corrispondenza tra attributi, come avviene per la concezione induttivista). La concezione strutturalista, per lesattezza, si richiama al principio di sistematicit, il quale asserisce che unanalogia giustificata quando crea unassociazione tra relazioni dalto grado molto strutturate, che usualmente sono quelle causali. Inoltre entrambe le concezioni ritengono di poter offrire una soluzione a LPA, anche se facendo ricorso a strumenti diversi (come per esempio la nozione di grado di similarit o quella di strutture determinanti 9 ).

3. Probabilit e analogia La descrizione dellanalogia come una forma dinferenza ampliativa e probabile 10 comunemente accettata sulla base del fatto che gli argomenti analogici non devono essere classificati come validi o invalidi, in questi casi tutto ci che si pu richiedere la probabilit 11 . Tale descrizione e giustificazione dellanalogia, tuttavia,
9 10 11 v. Davies 1988. Per una analisi di questi strumenti v. Ippoliti 2006. Weitzenfeld 1984, 1. Copi 1961, 466.

problematica e si rivela non sostenibile. Lanalogia necessita infatti lanalisi di considerazioni materiali e dipendenti dal dominio, che sono tali da sottrarla a un processo di riduzione alla teoria della probabilit. Nella fattispecie si pu osservare che n la teoria classica della probabilit n quella moderna sono state in grado di dare una descrizione soddisfacente e una giustificazione dellinferenza per analogia 12 . Ci dovuto ad un insieme di ragioni. In primo luogo lanalogia un concetto di natura qualitativa, perch una forma di comparazione, mentre la probabilit un concetto di natura quantitativa, perch basata sulla quantificazione, sullenumerazione e sulla successiva istituzione di rapporti numerici. Le ragioni che motivano uninferenza analogica non sono e non possono essere di natura probabilistica. Infatti a rigore essa pu avere una probabilit molto bassa, anche prossima allo zero, eppur essere giustificata e, al contrario, presentare una probabilit molto alta e non essere giustificata. Che il legame tra le premesse e la conclusione di unanalogia non pu essere giustificato facendo ricorso alla teoria della probabilit unaffermazione che ammette almeno due sensi: - le ipotesi candidate per via analogica si basano su un numero anche molto ristretto di osservazioni e si riferiscono a un numero molto vasto di casi, potenzialmente infinito, per cui il rapporto tra casi favorevoli e casi possibili tale da conferire allipotesi un valore probabilistico molto basso o prossimo allo zero. - le inferenze analogiche si possono basare su un vasto nume12 Carnap 1950, 569-570.

ro di dissimilarit (o analogie negative) tra i domini oggetti di transfer il quale supera di gran lunga quello delle similarit (o analogie positive) e quindi, di nuovo, il loro rapporto conferisce una probabilit molto bassa alla conclusione, anche se essa motivata (ad esempio perch avviene su propriet rilevanti). Al contrario, inferenze basate su un supporto proveniente da un numero elevato di similarit tra i domini oggetti di comparazione (e quindi su un alto valore probabilistico) possono rivelarsi non motivate. Quindi la probabilit non essenziale e utile sia nella costruzione, sia nella valutazione, sia, ancora, nella scelta tra varie ipotesi plausibili. Non infatti possibile ricorrere alla probabilit neanche per effettuare la scelta tra varie ipotesi ottenute per via analogica al fine di risolvere un problema. Lipotesi che ha un alto valore probabilistico potrebbe non essere quella giusta per risolvere il problema. Tale scelta, ancora una volta, deve avvenire sulla base della plausibilit di unipotesi, ossia di una sua valutazione qualitativa. La teoria della probabilit non uno strumento adeguato a rendere conto della complessit e dellessenza del processo dinferenza analogica per un semplice motivo: una soluzione di LPA non pu essere data poich lanalogia, in quanto inferenza ampliativa, soggetta al cosiddetto paradosso dellinferenza 13 . Pertanto non possibile avere una vera analogia, ossia non ridondante, che sia al contempo corretta e ampliativa 14 , ossia tale
13 14 Cfr. Cellucci 2002, 167-168. Per una discussione approfondita della relazione tra correttezza ed ampliativit cfr.

che le sue premesse conferiscano un qualche grado di certezza alla conclusione candidata e al contempo estenda davvero le nostre conoscenze. Il legame che uninferenza analogica istituisce tra premesse e conclusione semplicemente plausibile, in un senso che non riconducibile alla probabilit. In particolare, lanalogia plausibile nel senso che deve essere compatibile con i dati e la conoscenza esistente. Il fatto che linferenza candidata per via analogica non riceva affatto un sostegno probabilistico dalle sue premesse avvalorato dal fatto che i criteri utilizzati per giustificare linferenza analogica non riescono ad assolvere questo compito se non banalizzandola e rendendola ridondante 15 . Ossia a meno che non si riduca lanalogia ad una forma di isomorfismo tra strutture (e quindi si riduca de facto il trasferimento analogico a una forma di deduzione), non esiste una giustificazione del salto analogico 16 . Dunque non possibile pensare di giustificare in termini probabilistici linferenza analogica, sia essa intesa come mezzo per generare ipotesi, sia essa intesa come mezzo per sostenere unipotesi o una congettura. Lanalogia, proprio in quanto ampliativa, senza dubbio utile, fertile e feconda, ma non fornisce alle conclusioni
Cellucci 2002, 165-169. 15 16 Juthe 2005, 1. Almeno non in termini internalisti, ossia senza far riferimento alla realt. Per una

analisi approfondita circa limpossibilit di una giustificazione di natura internalista dellinferenza deduttiva e non deduttiva cfr. Cellucci 2006; per una analisi circa limpossibilit di giustificare lanalogia mediante i criteri di similarit, tipicit e determinazione cfr. Ippoliti 2006.

che candida un supporto di tipo probabilistico.

4. Analogia, rappresentazione e scoperta Le analogie possono essere costruite mediante luso di rappresentazioni multiple. Nel caso che esamineremo nei paragrafi seguenti un problema della teoria dei numeri risolto mediante una combinazione di due distinte rappresentazioni (algebrica e geometrica), la quale genera lanalogia che produce lipotesi risolutrice. Da questa analogia basata su rappresentazioni multiple di una certa entit matematica, le quali trasferiscono nuova informazione allinterno del problema trattato, segue la produzione di nuova conoscenza e la scoperta di nuove propriet e ipotesi. Lanalogia gioca un ruolo essenziale nel processo di scoperta e ampliamento della conoscenza matematica. Lesempio cui ricorro in questa sede per discutere la relazione tra analogia e ampliativit stato oggetto di varie analisi 17 ed dinteresse storico e di gran lunga pi bello di qualsiasi esempio molto elementare al quale si possa pensare 18 . Lesempio in questione la soluzione del matematico svizzero Eulero al problema di Mengoli 19 , che oggi definiremmo come

17

Cfr. Polya 1954, van Bendegem 2000, Bartha 2002, Corfield 2003 cap. 4, Ippoliti

2006 e 2007. 18 19 Polya 1954, I, 17. Cosiddetto in quanto originariamente formulato dal matematico italiano Pietro Men-

goli nella sua opera Novae quadraturae arithmeticae (1650).

la determinazione del valore (2). Tale soluzione ottenuta facendo ricorso a una doppia analogia ed fondata su un passaggio ampliativo, per sua natura audace e scorretto da un punto di vista logico 20 . Essa, per ammissione dello stesso Eulero, si avvale di un procedimento che non era mai stato praticato prima e la cui attendibilit andava quindi verificata attraverso il confronto con la conoscenza esistente. La soluzione data da Eulero a questo problema particolarmente rilevante per discutere il ruolo dellinferenza ampliativa e della rappresentazione nella matematica. Il problema quello che riguarda la determinazione del valore della somma infinita dellinverso dei quadrati: (MP) 1 + 4 + 9 + 16 + ... + n 2 = n 2 = ? . n =1 Nei paragrafi che seguono fornisco pertanto unanalisi del processo di soluzione di Eulero che si discosta da quelle proposte dalla letteratura sullargomento, che evidenzia il ruolo e la natura euristica dellanalogia, e la quale soprattutto getta luce sulle modalit per cui lanalogia uno strumento dibridazione che si avvale di rappresentazioni multiple per produrre, attendendoci alla nostra metafora iniziale, una moltitudine di punti di vista intorno alloggetto trattato. Il processo di soluzione di Eulero muove dal tentativo di ridurre il problema a un risultato noto analogo, ossia tale da soddisfare alcune delle condizioni di risolvibilit del problema ricavate
20

Polya 1954, I, 21.

dalla sua preliminare analisi (in un certo senso di analisi 21 ). Pertanto la questione se il problema di Mengoli sia risolvibile o meno ridotta alla ricerca di tale risultato noto, o meglio ad una combinazione di risultati noti, tali da soddisfare le seguenti condizioni: (a) sia rappresentabile nella forma di una serie infinita; (b) sia rappresentabile nella forma di una somma del tipo:
1 1 1 1 + 2 + 2 + ... + 2 ; 2 x1 x2 x1 xn

(c) le variabili in (b) siano tali che x1=1, x2=2 , , xn = 2n Lobiettivo del processo di soluzione del problema diventa dunque la generazione di una serie dal valore noto che sia in grado di soddisfare, mediante opportune rappresentazioni, le condizioni (a) - (b) - (c). Pertanto (MP) risolvibile se possibile trasformarlo in serie infinita della forma (b) - (c) il cui valore sia noto. Per poter effettuare tale ricercare e dunque costruire una ipotesi adeguata per risolverlo possibile estendere le informazioni e i dati contenuti nel problema mediante una espansione dello spazio combinatorio delle ipotesi (ossia lo spazio di ricerca che racchiude le possibili combinazioni tra dati e informazioni che possono dare luogo a ipotesi esplicative), che aggiunga conoscenza oltre quella accessibile allinterno della teoria dei numeri. Lanalogia svolge proprio questa funzione di modellazione ed espansione/contrazione dello spazio combina21

v. Cellucci 1998 e 2002.

torio delle ipotesi, introducendo mediante il transfer analogico nuovi dati e informazioni che possono essere utilizzati per costruire le varie ipotesi volte a risolvere il problema. Lo spazio combinatorio delle ipotesi delimitato dalle condizioni di risolubilit (ossia abc) del problema individuate per mezzo dellanalisi, che permettono di effettuare una scelta tra le infinite possibili ipotesi che possono essere generate per risolvere il problema. A questo punto il processo di ricerca ricorre ad una interazione con il corpo di conoscenze esistente al tempo di Eulero (nella fattispecie lalgebra) e permette di trovare unequazione algebrica che soddisfa la propriet (b) istituendo unanalogia positiva, ma non la propriet (a) (non una serie infinita) fornendo unanalogia negativa. Tale equazione :
1 1 1 1 (d) b1 = b0 2 + 2 + 2 + ... + 2 x2 x1 xn x1

la quale deriva da:


x 2 x2 x2 (e) b0 1 2 1 2 ... 1 2 1 2 n

Per b00, (e) esprime la relazione tra i coefficienti e le radici di unequazione algebrica generica, ossia: (f) b0 b1x2 + b2x4 - + (-1)n bnx2n+1, la quale ha la propriet (g) di avere 2n radici 1, -1, 2 , -2 , ,

n , -n.
Sulla base delle similarit e dissimilarit riscontrate (ma non

sulla base di una loro comparazione quantitativa e quindi riconducibile alla probabilit), Eulero pu compiere un primo salto inferenziale: formula infatti per analogia lipotesi (I) che una propriet, ossia (d), che valida per casi finiti valga anche per casi infiniti. Questo processo di riduzione permette di rappresentare il problema iniziale sotto forma algebrica. Questa rappresentazione ovviamente parziale e incompleta e non si basa su isomorfismo tra due entit, in quanto sono presenti alcune analogie negative. Esse ha leffetto di introdurre nuova informazione, che consente di produrre una rappresentazione delloggetto iniziale (MP), che plausibile e che suscettibile di ulteriore trattazione. Quindi il problema iniziale ora ridotto alla ricerca di una funzione di tipo (d) che sia in grado di soddisfare le condizioni (f) - (g) - (c). Questa nuova ricerca richiede una nuova espansione dello spazio combinatorio delle ipotesi, che si attua mediante una successiva interazione con il corpo della conoscenza esistente, la quale permette a Eulero di individuare lesistenza nella trigonometria di una serie infinita di tipo (d) che pu essere rappresentata come una funzione di tipo (f), il cui valore noto. Essa lo sviluppo in serie di potenze di sin(x) = 0, che uguale a:
x x3 x3 x 7 + + ... = 0, 1 3! 5! 7!

che ha 2n+1 radici: 0, , - , 2 , -2 , , n , - n. A questo punto possibile effettuare una nuova trasformazione dello sviluppo in serie di potenze di sin(x) in unequazione

algebrica infinita analoga a (b) semplicemente dividendo i due membri dellequazione per x, ovvero per il fattore lineare che corrisponde alla radice 0 (ossia per il valore 1):
sin x x2 x4 x6 = 1 + + ... . x 3! 5! 7!

Otteniamo in questo modo unequazione di tipo (f) con 2n radici , -, 2, -2, , n, -n, che si accorda con la condizione (c). Ancora una volta, questa rappresentazione di (MP) incompleta e parziale e non un isomorfismo, in quanto presenta delle analogie negative. Ma introduce nuova informazione nel problema, ampliandone la nostra conoscenza e la sua trattabilit. Infine, di nuovo per analogia, (ossia sulla base delle similarit riscontrate), Eulero compie il secondo e decisivo salto inferenziale: ipotizza (II) che propriet quali (e) e (d) che sono valide per equazioni algebriche, siano valide anche per equazioni non algebriche (nella fattispecie trigonometriche). Ci gli permette di compiere il passaggio decisivo per la soluzione del problema, rappresentando il prodotto infinito:
x 2 x 2 x2 1 2 1 2 1 2 (III) 4 9 ...
sin x = 0 , in accordo con (e), come x

ossia, in accordo con (d),


1 1 1 1 1 = + + + ... 3! 2 4 2 9 2 16 2 .

Da qui, semplicemente moltiplicando per 2 entrambi i membri

delluguaglianza, otteniamo il valore che risolve il problema iniziale (MP):

(S) 1 + 4 + 9 + 16 + ... + n 2 = 3! = 6 .
Ovviamente questa non in senso stretto la soluzione del problema di Mengoli. Il valore candidato 6 un valore plausibile supportato da una doppia inferenza analogica, ottenuta mediante la combinazione di differenti rappresentazioni delloggetto iniziale. Questa inferenza semplicemente mostra come dalle ipotesi (I) e (II) ricavate per via analogica segue la validit dellasserzione (S), ossia si ha che:
1 1 1 1 2 ( I ) ( II ) 1 + + + + ... + 2 = . 4 9 16 n 6
2

La questione relativa alla validit delle ipotesi (I) e (II), e della loro estensione, costituisce a sua volta un altro problema da risolvere. Le ipotesi (I) e (II) candidano pertanto una soluzione del problema mediante inferenze che sono basate su passaggi audaci e scorretti: infatti da un punto di vista strettamente logico, essa era apertamente una fallacia: egli (Eulero, NdA) aveva applicato una regola a un caso per il quale la regola non era stata fatta, una regola per equazioni algebriche a una equazione che non algebrica. Da un punto di vista strettamente logico, il passaggio di Eulero non era giustificato 22 . Al fine di provare la correttezza di tali ipotesi, prima neces22 Ivi, 21.

sario dimostrare la correttezza del passaggio dal finito allinfinito nel caso delle somme (I), e quindi la correttezza del passaggio dallalgebra alla trigonometria (II). Tuttavia una tale prova non pu ovviamente essere data in via generale: le ipotesi (I) e (II) sono basate su inferenze ampliative, che non sono giustificate nel senso in cui lo sono quelle non-ampliative. La loro validit pu infatti essere solo di carattere locale, relativa a casi particolari che soddisfano precise condizioni 23 . Lanalogia dunque usata in questo caso come mezzo dibridazione 24 , ossia come un processo che permette di trattare in modo multivalente e polisemico un oggetto, il quale viene sottoposto ad un processo di moltiplicazione di punti di vista (si passa dalla teoria dei numeri allalgebra e alla trigonometria) con la conseguente produzione di sue nuove rappresentazioni (ossia organizzazione e codifica dellinformazione e dei dati che lo strutturano) che estendono davvero la conoscenza.

5. Analogie multiple Linferenza analogica presenta unulteriore caratteristica particolarmente rilevante delle inferenze ampliative, che ha ripercussioni sia sulla metodologia della scienza sia su alcuni cardini della filosofia della scienza tradizionale. Essa infatti una forma di ragionamento parallelo: il processo inferenziale cui pu dar luogo si
23 24 Cfr. p. es. Hardy 1906 per una trattazione dei limiti dellipotesi (I). Cfr. Grosholz 2000, 81-91, e Cellucci 2002, 285-291.

pu articolare sulla base di una molteplicit di fonti, ossia mediante analogie in cui pi di una fonte analoga usata per ragionare su un obiettivo analogo 25 , perch una conclusione analogica da molti casi paralleli pi forte di una da pochi casi 26 , o da uno solo. Infatti lanalogia singola non che il pi semplice o almeno pi comune caso di ragionamento analogico 27 , e rappresenta il principale soggetto delle attuali teorie cognitive e modelli computazionali del ragionamento analogico 28 . La versione classica dellanalogia pertanto solo un caso particolare dellanalogia multipla, ossia quella in cui una sola fonte utilizzata nel processo inferenziale. Il ragionamento parallelo una forma di ragionamento in cui pi processi inferenziali concorrono sia sincronicamente sia asincronicamente alla produzione di conclusioni su un dato problema, le quali sono poi unificate in un'unica conclusione. Nel caso dellanalogia multipla, infatti, pi fonti possono essere utilizzate sia sincronicamente sia asincronicamente nel processo inferenziale e i loro risultati possono essere unificati mediante un'unica conclusione. Il processo dunificazione un processo che compone le varie conclusioni candidate, e quindi non-meccanico e problematico, e richiede una valutazione delle varie componenti in gioco. Le conclusioni candidate dalle singole fonti analoghe possono infatti
25 26 27 28 Shelley 2003, 3. Polya 1957, 43. Shelley 1999, 144. Ibid.

essere tra loro in disaccordo sia parziale sia totale: ci richiede un processo di cooperazione e negoziazione sia tra le fonti sia tra le varie conclusioni che esse candidano. Questo processo di composizione pu implicare la revisione o lo scarto di una conclusione candidata a partire da una certa fonte, o un indebolimento della conclusione finale. Per esempio una conclusione analogica da pi fonti pu essere indebolita assumendo una forma disgiuntiva, in cui i vari disgiunti sono le conclusioni candidate da pi o al limite da tutte le fonti impiegate 29 . Ossia se per risolvere un problema p si usa una molteplicit di fonti analoghe f1, f2,, fn che candidano rispettivamente le conclusioni c1, c2,, cn, allora la conclusione per analogia multipla pu assumere la forma c1 c2 cn. opportuno sottolineare che lanalogia multipla 30 non una semplice concatenazione danalogie singole nel senso che solo una fonte analogica usata nella comparazione 31 , ma una comparazione in cui pi fonti, contemporaneamente, interagiscono in modo strutturato a candidare la conclusione per lobiettivo analogo. Ci significa che la quantit di fonti disponibili non tutto per lanalogia multipla: anzi la qualit ancora pi importante, qui, della quantit. Analogie dal taglio chiaro hanno un peso maggiore di vaghe similarit, istanze assemblate sistematicamente contano di pi di collezioni casuali di casi 32 . Laspetto qualitativo essenziale perch, come abbiamo visto, una valuta29 30 31 32 Cfr. p. es. Talaly 1987. Cfr. Shelley 1999, 2002a, 2002b, 2003. Shelley 2003, 4 Polya 1957, 43.

zione quantitativa o probabilistica dellinferenza ampliativa, e dellanalogia, insostenibile. Lanalogia multipla mostra in modo esemplare come linferenza ampliativa possa essere contemporaneamente sia uno strumento di scoperta sia uno strumento di giustificazione. In alcuni processi dinferenza per analogia multipla, infatti la stessa analogia pu servire entrambi gli scopi 33 . Come osserva Shelley 34 , si danno casi di scoperte scientifiche in cui lanalogia multipla interviene sia nel processo di generazione dellipotesi, sia nel processo di conferma dellipotesi generata. In alcuni di questi casi la stessa analogia arriva a fungere sia da strumento di generazione dellipotesi sia da strumento di conferma della stessa. Quindi se si accetta il fatto che il compito dellanalogia quella di fornire credibilit allipotesi candidata, nel senso che essa misura quanto credibile che qualsiasi successiva fonte analoga che aderisce al target sosterr la stessa conclusione sostenuta dalle precedenti fonti 35 , e si conviene nel ritenere questa pratica come legittima, allora ne segue che la distinzione dellempirismo logico di scoperta e giustificazione quali fasi indipendenti della ricerca deve essere abbandonata 36 . Quindi non solo l'inferenza analogica, soprattutto nella sua versione multipla, non fornisce alcun sostegno probabilistico alla conclusione che candida (sia che essa intervenga nella fase della scoperta sia
33 34 35 36 Shelley 2003, 86 Cfr. Shelley 2003, par. 4.3. Ivi, 29. Ivi, 134.

nella fase della giustificazione), ma inficia questultima distinzione. Lanalogia per ragionamento parallelo dunque un argomento contro questa rappresentazione distorta 37 e mostra come la scoperta non si colloca in una prima fase della ricerca matematica a cui poi ne fa seguito unaltra, quella della giustificazione, ma copre lintero suo arco 38 . La scoperta non infatti un processo casuale, ma la generazione di ipotesi plausibili, cio compatibili con la conoscenza esistente, e per vedere se le ipotesi sono compatibili con la conoscenza esistente si devono esaminare le ragioni pro e contro di esse 39 . Poich questo esame viene effettuato sulla base di prove che avvalorano le ipotesi o le discreditano, i processi che intervengono nella fase di scoperta sono inseparabili da quelli che intervengono nella fase di giustificazione.

6. La concezione euristica dellanalogia La soluzione di Eulero del problema di Mengoli ottenuta facendo un uso dellanalogia che si accorda con una concezione alternativa a quella induttivista e strutturalista, nella fattispecie la concezione euristica. La concezione induttivista e la concezione strutturalista non sono infatti in grado di render conto dellampiezza e complessit del processo dinferenza analogica. La con37 38 39 Cellucci 2002, 147. Ivi, 146. Ibid.

cezione euristica invece tratta lanalogia da un punto di vista nuovo, ossia non volto a rintracciare le basi della certezza del processo analogico, ma che considera il paradosso dellinferenza come costituivo della teoria dellanalogia e dellinferenza ampliativa in generale. Essa non ha dunque la pretesa di risolvere la tensione tra correttezza e ampliativit, ma la pone a fondamento di una trattazione che d conto in profondit del processo dinferenza analogica. Da ci segue che il compito di una riflessione sullanalogia, e sullinferenza ampliativa, non la soluzione di LPA (che per altro non pu essere data), ma lo sviluppo e il raffinamento di metodi per indagare oggetti e risolvere problemi, ossia di strumenti per generare ipotesi esplicative e congetture. La concezione euristica analizza lanalogia quale strumento di modellazione dello spazio combinatorio delle ipotesi, che opera allinterno del metodo analitico, in particolare nella versione data da Cellucci 40 , e secondo le dinamiche proprie dei sistemi concettuali aperti 41 , che le conferiscono superiori capacit inferenziali. Il metodo analitico uno strumento mediante cui ridurre un problema dato ad alcune condizioni di risolubilit, che delimitano lo spazio combinatorio di ricerca delle ipotesi. Nel processo di analisi si arriva dunque a ridurre il problema ad un nuovo problema, lasciando alle inferenze ampliative il compito di generare ipotesi plausibili che si accordino con queste condizioni. Una volta che la riduzione stata operata, si apre infatti il processo di ricerca e costruzione di ipotesi e congetture per risolverlo: il me40 41 Cfr. Cellucci 1998 e 2002. Cfr. Cellucci 1998, 309-346.

todo analitico non un metodo per trovare le ipotesi. Tale processo, che procede dal basso verso lalto (dal problema alle ipotesi), si articola secondo i caratteri propri dei sistemi concettuali aperti 42 e si avvale di inferenze ampliative, di procedimenti per tentativi ed errori, mediante una molteplicit di rappresentazioni non necessariamente isomorfe che trasformano loggetto iniziale allinterno dello spazio combinatorio cos delimitato. Lanalogia in grado di far fronte a tale esigenza in quanto uninferenza ampliativa che fornisce un metodo (non algoritmico) per generare ipotesi che si accordano con le condizioni di risolubilit e la conoscenza esistente in un sistema concettuale aperto. La soluzione di Eulero al problema di Mengoli si accorda con questo processo. In particolare, nonostante non sia possibile ricostruire lintero processo che ha condotto il matematico svizzero alla formulazione delle ipotesi (I) e (II), la struttura della sua soluzione tale da rispondere a pieno alla concezione euristica dellanalogia. Infatti possibile osservare le seguenti caratteristiche del processo di soluzione della serie (MP): 1) il processo di soluzione di natura bottom-up, dal problema alle ipotesi, in particolare dalla serie (MP) allipotesi (III) ossia la rappresentazione di sin x come un prodotto infinito. 2) Il metodo analitico il mezzo mediante cui individuare le condizioni di risolubilit del problema iniziale. In particolare esso lo riduce a un altro problema, nel senso che non mira a stabilire
42 Cfr. Cellucci 1998, 299-304 e 339-346.

definitivamente la risolubilit di un problema, ma solo di ridurlo a unipotesi 43 . Nella fattispecie il problema di Mengoli viene ridotto allipotesi (III) mediante la ricerca di un risultato noto che soddisfi le condizioni (a) - (b) - (c). 3) Le ipotesi sono costruite mediante inferenze non-deduttive, come lanalogia e linduzione, e per tentativi ed errori. Esse ovviamente non sono necessariamente corrette, ma una volta assunte, si vede se conducono a una soluzione del problema 44 . Infatti lanalogia, mediante una multipla interazione con il corpo di conoscenze esistenti (in particolare lalgebra e la trigonometria), consente di produrre ipotesi, (I) - (II) - (III), che soddisfano alcune delle condizioni di risolubilit e conducono a una soluzione, ma che non sono corrette, come osserva gi lo stesso Eulero. 4) Le ipotesi sono costruite e introdotte mediante linterazione con altri sistemi. Tale interazione essenziale per la soluzione di problemi: il sistema iniziale fa appello ad altri sistemi presenti nellambiente (nella fattispecie lalgebra e la trigonometria) per aumentare la propria informazione ed espandere lo spazio combinatorio delle ipotesi. Linformazione aggiuntiva pu consistere in risultati (lemmi) o ipotesi. Ci conferisce al metodo analitico superiori capacit inferenziali perch non deve far appello nel corso della soluzione solo alle informazioni del sistema cui appartiene il problema iniziale. 5) Il processo di soluzione storicamente situato e dipende dal contesto nel quale viene prodotto, nel senso che le ipotesi che
43 44 Cellucci 1998, 299. Ivi, 301.

in grado di generare dipendono dalla conoscenza esistente. Al variare del contesto possono variare non solo le ipotesi prodotte (e le soluzioni proposte), ma pu variare anche la loro plausibilit. 6) Il processo di soluzione sensibile alla rappresentazione. Anche nel caso di due enunciati equivalenti, il fatto di usare una rappresentazione piuttosto che unaltra pu rivelarsi decisivo nei processi di problem-solving o di scoperta: tale scelta consente interazioni con sistemi di conoscenze che altrimenti sarebbero rimate inibite. Per esempio Feynman sottolinea che rappresentazioni distinte della stessa legge fisica, bench identiche da un punto di vista logico, possono innescare immagini mentali diverse e permettere nuove scoperte 45 . Anche se il mio argomento non di natura psicologica e lequivalenza logica un caso particolare di rappresentazione, similmente, nel caso della soluzione di Eulero di (MP), le analogie, innescando una serie di trasformazioni altrimenti non istituibili, consentono quel cambio di rappresentazione di (MP) in sinx quale prodotto infinito, che permette di candidare una soluzione che altrimenti sarebbe rimasta inaccessibile. 7) Le ipotesi formulate sono condizioni ed entit volte a risolvere problemi specifici, non tutti i problemi. Infatti le ipotesi (I) e (II) sono adeguate a trattare e risolvere solo problemi specifici e locali, della forma 46 di quello di Mengoli, per esempio la serie di Leibniz.
45 46 Cfr. Feynman 1967. ossia che rispetta le condizioni (a) (b) (c).

8) Lo spazio combinatorio delle ipotesi sensibile allordine. Lordine dintroduzione delle ipotesi infatti utile e anche essenziale per la soluzione del problema perch due soluzioni possono essere differenti anche quando usano le stesse ipotesi ma in un ordine differente. Un diverso ordine di introduzione modella infatti in modo diverso lo spazio combinatorio delle ipotesi, organizzando e assemblando i dati e le informazioni disponibili in modi diversi. Nella fattispecie lordine delle ipotesi (I) e (II) utile ed essenziale per la soluzione di (MP). In primo luogo lordine utile poich lipotesi (I) estende la ricerca di risultati noti alle somme infinite, lipotesi (II) concentra tale ricerca allinterno delle somme trigonometriche. In secondo luogo essenziale in quanto invertendo lordine non si produce lo stesso risultato: non possibile iniziare la ricerca allinterno delle somme trigonometriche se prima non si ipotizzato che le somme infinite godano di (alcune) propriet delle somme finite. 9) Lanalogia uno strumento dibridazione. Mediante linferenza analogica Eulero riesce a trattare la serie (MP) - ossia un oggetto aritmetico - allo stesso tempo come un oggetto algebrico e come un oggetto trigonometrico nel sorso del processo di ricerca della soluzione. Sebbene lanalogia sia esplicitamente imperfetta, essa non fuorvia Eulero poich tenendo ben presenti le differenze tra oggetto trigonometrico e oggetto algebrico, egli pu arrivare alla formulazione della sua ipotesi risolutrice. Inoltre librido generato dalle due analogie, lipotesi (III), assume un ruolo cruciale per la crescita della conoscenza: infatti esso permette di risolvere altri problemi, per esempio permette di ottenere

una soluzione della serie di Leibniz in modo diverso. 10) Le ipotesi devono essere plausibili, nel senso che si devono accordare con la conoscenza esistente, mediante un processo di loro valutazione che comporta uno scambio interattivo con la conoscenza esistente. Infatti, innanzitutto, lipotesi (III) adeguata, ossia permette di risolvere il problema di Mengoli. Ma ci non ovviamente sufficiente: infatti unipotesi pu permettere di risolvere un problema pur essendo falsa, anzi proprio perch falsa. Per evitare che ci accada, si deve confrontare lipotesi con la conoscenza esistente e verificare che si accordi con essa 47 . In particolare lipotesi (III) si accorda sia con la conoscenza esistente al tempo di Eulero sia con quella successiva 48 . Inoltre lanalogia svolge un ruolo nel processo di valutazione, ossia nel confronto con la conoscenza esistente, quando viene utilizzata per stabilire la plausibilit dellipotesi. 11) Il processo di soluzione di un problema e di ampliamento della conoscenza potenzialmente infinito. Ogni ipotesi costruita durante tale processo rimanda ad altre ipotesi e non esistono ipotesi ultime. Nel caso di (MP) lipotesi (III) dipende dalle ipotesi (I) e (II), che a loro volta dipendono da altre ipotesi e cos via potenzialmente allinfinito. Il processo attraverso cui le ipotesi vengono fondate su altre ipotesi pu essere interrotto temporaneamente, e a quel punto le ipotesi diventano la base per la soluzione del problema. 12) Il processo di soluzione di un problema e di ampliamento
47 48 Cellucci 1998, 301. Cfr. Ippoliti 2007.

della conoscenza si articola mediante una continua moltiplicazione dei punti di vista, e si avvale di rappresentazioni multiple (nuove e diverse organizzazioni e codificazioni dellinformazione e dei dati che lo caratterizzano) per produrre dalloggetto dato quelle polivalenze in grado di renderlo suscettibili di sempre nuove trattazioni. In conclusione possiamo osservare come la concezione euristica fornisce una trattazione dellanalogia che d conto della sua dinamica interna e delle sue caratteristiche. Tale concezione, riconoscendo come costitutivo dellanalogia il paradosso dellinferenza, non mira alla ricerca di una soluzione di LPA ma si concentra sullo studio del ruolo euristico dellanalogia. Inoltre essa muove dallosservazione che la separazione tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione sia insostenibile e in ultima analisi inutile, e analizza come lanalogia (intesa sia come ricerca di ulteriori fonti analoghe, sia come soluzione di problemi analoghi) svolga un ruolo, soprattutto nella sua versione parallela, sia nella costruzione sia nella valutazione di argomenti e ipotesi. Anche se lanalogia un efficace strumento euristico, essa presenta dei limiti cui bisogna prestare attenzione quando vi si ricorre. Questi limiti sono insiti nella sua natura ampliativa. Infatti lanalogia da una parte talmente utile, feconda e fertile, che la sua ubiquit e fruttuosit nei processi di formazione dipotesi e di ampliamento della conoscenza talmente ovvia

che difficilmente necessita di essere sottolineata 49 . Dallaltra esse pericolosa 50 e denuncia precisi limiti strutturali 51 , i quali devono spingerci ogni volta a trattarla con attenzione 52 . Innanzitutto lanalogia, come abbiamo gi sottolineato, dipende dal contesto (la conoscenza esistente ad un certo istante t), e quindi non possibile sapere in modo conclusivo se sia giustificata o meno, ossia se possano sopraggiungere condizioni e informazioni che inibiscano o favoriscano la costruzione di argomenti analogici. Levoluzione del contesto, ad esempio della conoscenza e dei risultati noti su due sistemi di conoscenza a un dato istante t, potrebbe autorizzare inferenze analogiche che precedentemente non erano possibili, o viceversa. Ci rappresenta una ricchezza, ma anche un preciso limite dellinferenza basata sullanalogia. Un limite che probabilmente attiene a tutta la conoscenza. In secondo luogo lanalogia, proprio per questo motivo, gode di un'efficacia solo locale, come mostra con particolare evidenza il caso dellanalogia finito-infinito per le somme nella soluzione di Eulero del problema di Mengoli. Inoltre lanalogia una forma di inferenza ampliativa di carattere conservativo: essa amplia la conoscenza in un modo ristretto, ossia suggerendo che ci che non noto si comporta come ci

49 50 51 52

Bunge 1967, 265. Cfr. Poya 1954, I, 34 e 221-222. Cfr. p. es. Bunge 1967, Vogt - Aras - Balzer 2004, Marchildon 2006. Parker 2003, 200.

che gi noto. Come sottolinea Bunge 53 , essa conviene sempre perch comunque informativa, in quanto permette in ogni caso di conoscere qualcosa di nuovo sul dominio indagato. Esistono infatti due possibili esiti del processo analogico. Se lipotesi analogica supera i test di confronto con la conoscenza esistente, e quindi plausibile, si produce conoscenza del fatto che i due domini sono simili sotto certi aspetti. Se al contrario lipotesi candidata per via analogica non supera i test di confronto con la conoscenza esistente, allora sapremo che necessario ricorrere a qualcosa di davvero nuovo per trattare i fenomeni indagati. Nessuna analogia dunque davvero cattiva, se non si acritici. opportuno sottolineare che nel primo caso, ossia di superamento del test di confronto, lanalogia pu naturalmente andare ancora incontro a limitazioni 54 , la quali possono ancora essere istruttive e fruttuose, poich consentono di comprendere fino a che punto la conoscenza proiettata dallanalogia su un dominio parzialmente ignoto ulteriormente estendibile o quali siano le ulteriori dissimilarit tra i due sistemi di conoscenze comparati. Il limite intrinseco dellanalogia nasce dal fatto che proprio ci che davvero nuovo, nel senso che amplia in modo radicale la nostra conoscenza (che differente da ogni propriet o struttura di cui abbiamo gi conoscenza), che non pu essere scoperto e trattato anche solo in linea di principio mediante lanalogia. Inoltre lanalogia soffre di un altro limite, di natura diacroni53 54 Bunge 1967. Cfr. p. es. Moore 2005.

Inferenze ampliative

ca: infatti inizialmente pu avere successo ed essere fruttuosa, per poi rivelarsi un vero e proprio non-senso, e alimentare uno stallo Bunge, teorico. Per esempio, come sottolinea dettagliatamente un caso particolarmente interessante quello

dellanalogia tra sistemi quantistici e le particelle e le onde classiche, che diventata una vera e propria barriera che impedisce una interpretazione coerente della teoria 55 . Unanalogia inizialmente fruttuosa pu pertanto diventare un non-senso, che finisce per ostacolare il processo di crescita e ampliamento della conoscenza. Dunque le analogie sono destinate a collassare anche se inizialmente fertili 56 . Lunico modo per superare questi limiti sottoporre le entit ottenute mediante inferenze analogiche, e pi in generale ampliative, ad un continuo processo di moltiplicazione dei punti di vista, che produce una molteplicit di valenze e polisemie capaci di renderle suscettibili di sempre nuove trasformazioni e trattazioni. Lesistenza di tali limiti non deve comunque spaventare: essi evidenziano come lincertezza sia costitutiva di ogni conoscenza che sia davvero ampliativa e come non esista un processo inferenziale e conoscitivo giustificato in modo conclusivo e oltre ogni ragionevole dubbio. Come vedremo nel prossimo e conclusivo capitolo, proprio lidea e la fede in una conoscenza al riparo di ogni dubbio a essere illusoria e intrinsecamente limitata.

55 56

Ivi, 265. Ibid.

97

5 Ampliativit e verit

1. Il problema della verit In questo capitolo conclusivo analizzo in primo luogo il rapporto tra la nozione di ampliativit e quella di verit, il quale mi permette di chiarire lo statuto dellinferenza ampliativa e di argomentare come una sua attenta analisi motivi un ripensamento della caratterizzazione della nozione di inferenza. Quindi analizzo la natura della conoscenza prodotta dallinferenza ampliativa, e sostengo la tesi che tale conoscenza non un surrogato di quella prodotta dal ragionamento dimostrativo. La presunta simmetria tra inferenza ampliativa e inferenza non-ampliativa rispetto alla verit, sostenuta dalla concezione standard dellinferenza, in un senso preciso insostenibile. Essa si basa infatti sullassioma che esista una separazione tra conoscenza vera, ottenuta mediante inferenze deduttive (ossia non-ampliative), e conoscenza solo plausibile, ottenuta al massimo mediante inferenze ampliative, e che la seconda sia in qualche modo un correlato e un surrogato della prima, uno strumento cui si deve ricorrere quando e fino a che non sia possibile determinare la verit. Lobiettivo di questo capitolo quello di mettere in discussione tale assioma e la posizione che ne discende, mostrando come

questo si basa su ipotesi e argomenti che non raggiungono il loro scopo. A tal fine introduco la nozione di plausibilit per caratterizzare la nozione di inferenza, e confuto le basi della separazione tra vero e plausibile mediante una caratterizzazione pi primitiva dellinferenza, dissolvendo lidea della verit quale strumento adeguato a render conto in profondit della conoscenza e della ricerca scientifica. In conclusione sostengo la tesi che lutilizzo della plausibilit in luogo della verit quale strumento per caratterizzare linferenza sia ampliativa sia non ampliativa non fa venir meno la possibilit della conoscenza, e quindi non comporta lo scetticismo. La tesi dellasimmetria tra inferenze ampliative e inferenze non-ampliative rispetto alla verit dipende dallipotesi, accettata da molte moderne teorie della conoscenza 1 , che esiste una conoscenza certa e indubitabile, che quella ottenuta con il ragionamento dimostrativo, cui si contrappone una solo incerta e provvisoria, che quella appunto ottenibile per mezzo dellinferenza ampliativa, la quale al massimo plausibile. Per esempio Polya 2 un esponente significativo di questo punto di vista. Egli muove apertamente dallipotesi che esista una discontinuit tra il ragionamento dimostrativo e il ragionamento non dimostrativo (quello basato su inferenze ampliative) rispetto alla verit, che la matematica avrebbe la capacit di esibire in modo esemplare. La discontinuit nasce dal fatto che, secondo questa tesi, il ra1 2 Per una analisi di questa concezione v. Cellucci 2008. v. Polya 1954.

gionamento non-ampliativo (deduttivo) in grado di giustificare in modo certo e conclusivo le nostre conoscenze tramite processi inferenziali che preservano la verit. Esso definitivo, conclusivo, meccanico mentre il ragionamento ampliativo al massimo plausibile, quando non produce falsit, ed provvisorio, specificamente umano 3 . Il ragionamento ampliativo inoltre difettoso e un surrogato del ragionamento dimostrativo, in quanto non in grado di giustificare in modo definitivo le conclusioni ottenute perch non gode della propriet di preservare la verit nel corso del processo inferenziale. Queste due forme di conoscenza, di conseguenza, sono contraddistinte da una profonda asimmetria: le loro conclusioni, infatti, sono su livelli logici differenti 4 in quanto quelle del ragionamento dimostrativo sono sullo stesso livello delle premesse 5 , mentre in quelle ampliative la conclusione non ha lo stesso status o la stessa forza delle premesse. Tale asimmetria una delle principali ragioni su cui risiede la classica separazione logica e temporale tra scoperta e giustificazione, tesi che, sotto altri aspetti, abbiamo gi avuto modo di mettere in discussione occupandoci dellanalogia multipla.

2. Plausibilit e ampliativit La tesi dellasimmetria tra ampliativit e non-ampliativit rispetto


3 4 5 Polya 1968, II, 115. Ivi, 113. Ivi, 115.

alla verit fa capo allassunzione che la prima deriva la sua certezza da una fonte della conoscenza indubitabile e infallibile e che garantita da un metodo, quello assiomatico-deduttivo, che la preserva nel corso del ragionamento, mentre la seconda incerta e fallibile in quanto caratterizzata da premesse o metodi incerti, ossia tali non solo da non preservare la verit, ma capaci al massimo di conferire solo un qualche grado di sostegno alle sue conclusioni, quando non generano vere e proprie falsit. Linferenza ampliativa, secondo questa posizione, pu aspirare al massimo alla produzione di conoscenza plausibile, una forma di conoscenza surrogata rispetto a quella deduttiva, che non d accesso ad una vera e propria forma di conoscenza. Tuttavia questa assunzione, come vedremo, insostenibile al vaglio di un rigoroso esame filosofico delle sue ragioni. Questo esame muove da una riconsiderazione del ruolo della plausibilit nella conoscenza e della nozione di inferenza, ossia di cosa debba intendersi per inferenza.

2.1. Caratterizzazione della plausibilit La plausibilit una nozione complessa 6 , che pu essere comunque caratterizzata come una forma di compatibilit con la conoscenza esistente, nel senso che unipotesi plausibile quando attraverso una comparazione delle ragioni a favore e contro lipotesi sulla base della conoscenza esistente, le ragioni a favo6 v. Ippoliti 2007.

re prevalgono su quelle contro di essa 7 . Questa nozione si basa dunque su un processo qualitativo, che non ha una natura n soggettiva n psicologica. Essa dipende in modo essenziale dal contesto e dalla conoscenza esistente allinterno della quale viene prodotta la valutazione. Poich linsieme delle conoscenze esistenti in continua evoluzione, il processo di confronto dellipotesi ottenuta mediante inferenze ampliative con la conoscenza esistente pu avere esiti diversi a seconda del contesto cui fa riferimento a un dato tempo t: unipotesi plausibile in un certo contesto c a un dato tempo t pu risultare non pi tale a un tempo successivo t+. E viceversa. Di conseguenza varia anche la possibilit di istituire inferenze ampliative, che dipendono a loro volta dai dati e dallinsieme di conoscenze di cui disponiamo e che intervengono nel corso della modellazione dello spazio combinatorio delle ipotesi. Inoltre esiste una precisa separazione tra la nozione di plausibilit e quella di probabilit. In primo luogo la conclusione di un'inferenza non-deduttiva pu non essere probabile, e tuttavia pu essere plausibile, anzi, pu persino essere pi plausibile delle sue premesse 8 . Nel caso delle conclusioni di uninferenza probabilistica, invece, non solo esse sono o equi-probabili o meno probabili delle loro premesse, ma soprattutto, come abbiamo visto nel capitolo precedente occupandoci dellanalogia, unipotesi pu risultare plausibile anche quando la sua probabilit molto bassa o virtualmente nulla. La
7 8 Cellucci 2005, 147. Ibid.

formulazione di molte ipotesi per mezzo di inferenze ampliative avviene infatti sulla base di un numero anche molto piccolo di osservazioni (al limite anche di una sola) e si pu riferire a un numero anche infinito di casi, per cui il rapporto tra casi favorevoli e casi possibili tale da assegnare allipotesi un valore probabilistico molto basso o prossimo allo zero. Inoltre in molte inferenze plausibili il numero delle ragioni adducibili contro la candidatura della conclusione pu anche superare di gran lunga quelle a favore, e quindi determinare ancora una probabilit molto bassa, e questa essere comunque motivata. Viceversa, inferenze plausibili basate sul conforto di un numero elevato di ragioni a favore possono rivelarsi non solo non motivate, ma palesemente scorrette. Pertanto probabilit e plausibilit non concordano in almeno due sensi: - la probabilit non fornisce un criterio per formare ipotesi plausibili; - la probabilit non pu neanche essere una guida affidabile nella scelta tra diverse ipotesi plausibili.

2.2. Caratterizzazione dellinferenza La caratterizzazione dellinferenza adottata in questo testo si basa su una concezione contenutistica, in particolare di natura esternalista, che lunica adottabile da una concezione euristica. Essa motivata dallesigenza di fornire una risposta ai limiti della carat-

terizzazione standard dellinferenza 9 , i quali derivano principalmente dal fatto che, come osserva Cellucci, questa non offre alcuna spiegazione del ruolo che linferenza deduttiva gioca nella conoscenza 10 . Invece unadeguata giustificazione delle inferenze deduttive e non-deduttive richiede la costruzione di una spiegazione del ruolo che esse svolgono nella conoscenza. Questo compito necessita dunque un ripensamento degli scopi della logica sia deduttiva sia non-deduttiva. Innanzitutto la definizione, propria della caratterizzazione standard, dellinferenza semplicemente come il passaggio da un insieme di proposizioni a unaltra proposizione, presenta dei limiti. Infatti linferenza pu essere pi propriamente definita come il passaggio da una quantit di dati a un altro dato, a meno che non si vogliano escludere forme dinferenza, tra le quali per esempio possiamo annoverare quelle compiute dai neonati o dagli animali o quella basate sulla visione, che non sono di natura strettamente proposizionale. In secondo luogo la distinzione delle inferenze in deduttive e non-deduttive proposta dalla concezione standard, basata sulla propriet della preservazione della verit, inadeguata perch si avvale di una propriet derivata. La preservazione della verit, infatti, non una caratteristica primitiva dellinferenza, ma segue dalla propriet oggetto danalisi di questo testo, ossia lampliativit. Come abbiamo visto allinizio di questo libro, uninferenza
9 10 Cfr. p. es. Popper 1979. Cellucci 2006, 222.

non-ampliativa semplicemente quando la sua conclusione non contiene nulla che non sia gi contenuto nelle premesse, nel senso che essa rende esplicito nella conclusione ci che gi implicito nelle premesse, dove per contenuto di una proposizione si intende linformazione contenuta in essa. Dallaltra parte uninferenza invece ampliativa quando il contenuto delle premesse non gi implicito ed esplicitabile nelle premesse, e quindi esse introducono informazione che davvero nuova rispetto a esse, ossia nuova rispetto ai dati. Questa distinzione si basa su una nozione di contenuto diversa da quella adottata dalla concezione standard 11 , in quanto tale nozione non viene pi espressa semplicemente e unicamente in termini proposizionali, ma sulla base della nozione di informazione non-proposizionale, e quindi su un concetto complesso dinformazione. Alla luce di questa caratterizzazione delle inferenze facente riferimento a una propriet pi primitiva, bisogna considerare da una parte le inferenze deduttive come semplicemente nonampliative, e la propriet della preservazione della verit come una semplice conseguenza della non-ampliativit, e considerare dallaltra parte le inferenze non-deduttive come semplicemente ampliative. Da ci segue che, da una parte, le inferenze deduttive sono definibili non come tali da preservare la verit, ma come nonampliative, e dallaltra parte che le inferenze non-deduttive non come quelle le cui premesse forniscono solo qualche grado di
11 Cfr. p. es. Popper 1979.

conferma alle conclusioni, ma come ampliative. Questa caratterizzazione dellinferenza consente di render conto del ruolo svolto dalle inferenze nella nostra conoscenza, offrendo un ripensamento degli stessi scopi della logica sia nella sua forma deduttiva sia nella sua forma non-dedutiva. Sulla base di tale caratterizzazione si pu infatti riconsiderare il ruolo delle inferenze deduttive e non-deduttive nel modo seguente: - il ruolo delle inferenze deduttive, in quanto non-ampliative, pu essere meglio descritto non come quello di preservare, nel corso dei passaggi inferenziali, la verit, ma piuttosto la plausibilit, rendendo esplicita informazione implicita nelle premesse; - il ruolo delle inferenze non-deduttive, in quanto ampliative, quello di modellare lo spazio combinatorio delle ipotesi, ossia di trovare ipotesi adeguate alla soluzione dei problemi partendo dalle informazioni e dai dati disponibili, ossia ipotesi plausibili. Conseguentemente si ha che lo scopo della logica deduttiva quello di ottenere conclusioni plausibili da premesse plausibili, mentre lo scopo della logica non-deduttiva quello di fornire strumenti per trovare ipotesi adeguate alla soluzione di problemi partendo dai dati disponibili e dalla conoscenza esistente.

3. Ampliativit e conoscenza Sulla base di quanto detto finora possibile costruire un argomento che mostra come lipotesi dellasimmetria tra verit e am-

pliativit si riveli, in un senso preciso, difettosa e insostenibile. Per poter stabilire la verit di una qualsiasi conclusione da un dato insieme di premesse, bisogna infatti poter fornire una dimostrazione di entrambi i seguenti e nellordine in cui compaiono: 1) tali premesse sono vere; 2) esistono metodi che preservano questa propriet nel corso dei processi inferenziali. Per poter assolvere questo compito necessario, a sua volta, poter individuare: 1) una fonte conoscitiva che sia certa e non ingannevole, tale da garantire la verit delle premesse da cui segue la nostra conoscenza; 2) una forma di ragionamento capace di trasmettere la verit dalle premesse alle conclusioni. Tuttavia non possibile soddisfare questi due obiettivi. Infatti non possibile soddisfare il primo e di conseguenza, come vedremo, viene meno la possibilit di soddisfare anche il secondo. Infatti, in primo luogo, non si d qualcosa come una fonte conoscitiva in grado di sottrarre allincertezza gli oggetti della conoscenza, ma tali fonti sono difettose e fallaci, o richiedono procedure non fattibili. Non esistono proposizioni prime immediatamente vere in grado di garantire la verit della nostra conoscenza. Per poter dimostrare che esiste una tale fonte, e di conseguenza proposizioni di questa natura, bisognerebbe infatti essere in grado di poter fornire dimostrazione di uno dei seguenti due fatti: - possibile dar conto dellesistenza di una facolt (p. es.

lintuizione intellettuale o sensibile) da cui scaturisce la verit di queste proposizioni prime; - esiste ed fattibile una procedura atta a fissare la verit di tali proposizioni. Tuttavia, ancora, non possibile fornire un argomento conclusivo a favore di nessuna di queste due asserzioni. Nel primo caso non possibile dar conto di alcuna facolt certa e indubitabile in grado di cogliere la verit di un oggetto conoscitivo in modo infallibile e oltre ogni ragionevole dubbio. Anzi non solo come dimostrano gli errori prodotti dallintuizione sensibile e intellettuale in diversi ambiti scientifici tali fonti conoscitive sono difettose e ingannevoli, ma la loro giustificazione si basa su argomentazioni circolari 12 . Il secondo caso invece leggermente diverso, in quanto una questione che ammette almeno in linea di principio una soluzione. Infatti c una procedura in grado di fissare la verit di una proposizione o un insieme di proposizioni: la verifica di tutte le sue conseguenze. Se tutte le proposizioni Pn che seguono da una data proposizione A sono vere, allora A sar vera. Tuttavia anche se in linea di principio questo un compito possibile, non umanamente fattibile. A conforto di questa asserzione si pu addurre un risultato che una semplice conseguenza del teorema dincompletezza di Gdel. Esso asserisce che il numero di Gdel delle conseguenze logiche dellaritmetica di Peano del secondo ordine non ricorsivamente enumerabile. Dunque, poich non esiste una procedura algoritmica per assolvere questo
12 Cfr. Cellucci 2006, par. 2.

compito, allora a maggior ragione esso non fattibile allinterno dei limiti delluniverso fisico a noi noto. Dobbiamo pertanto concludere che non disponiamo di un modo per poter decretare se le premesse da cui dipende la nostra conoscenza siano vere. Esse sono tuttavia plausibili, nel senso di compatibili con i dati esistenti, e tale risulta dunque essere la conoscenza che segue da esse, la quale sempre provvisoria e fallibile. Ci vale per tutte le forme di conoscenza, compresa la matematica. Le premesse da cui dipendono i suoi risultati non sono affatto certe e vere, ma hanno uno statuto e una esistenza ipotetici e plausibili nel senso appena specificato, che le assimila a tutte le altre forme di conoscenza scientifica. Dunque la matematica non in discontinuit con le altre forme di conoscenza, ma ha esattamente lo stesso statuto epistemologico, d accesso allo stesso tipo di conoscenza (che poi la conoscenza scientifica in generale). Anche se quanto dimostrato sufficiente a stabilire la non sostenibilit della tesi dellasimmetria tra ampliativit e verit, affronto ora brevemente il secondo punto del programma, ossia lindividuazione di forme di ragionamento in grado di preservare la verit, e mostro come anche questo obiettivo sia irrealizzabile. La preservazione della verit, come abbiamo visto, non una propriet primitiva dellinferenza, ma discende dalla ampliativit ed dunque inadeguata a renderne conto. Inoltre mentre la giustificazione dellinferenza fornita dal punto di vista standard richiede la nozione di verit e si basa su argomentazioni circolari 13 , la
13 Cfr. ancora Cellucci 2006, par. 2.

giustificazione di carattere contenutistico adottata in questa analisi si basa sulla plausibilit, ed motivata dal ruolo che le inferenze svolgono allinterno della conoscenza. Le inferenze deduttive, infatti, sono giustificate non perch preservano la verit, ma perch preservano la plausibilit, perch a partire da ipotesi plausibili non fanno altro che esplicitare linformazione contenuta in essa. Il ragionamento deduttivo non pu essere caratterizzato, come fa per esempio Polya, semplicemente come preservante la verit, poich le premesse sulle quali basata la nostra conoscenza non sono vere ma solo plausibili: le inferenze deduttive non preservano la verit perch non c alcuna verit da preservare, ma solo la plausibilit. La giustificazione delle inferenze deduttive, dunque, semplicemente una conseguenza della loro non-ampliativit. Infatti la loro conclusione una mera riformulazione del contenuto delle premesse e, pertanto, se le loro premesse sono compatibili con i dati esistenti, tale sar anche la conclusione 14 . Ci non toglie nulla alla loro utilit, in quanto il processo di riformulazione del contenuto delle premesse pu rendere esplicita informazione che solo implicita nelle premesse e ci permette di facilitare il confronto delle premesse con i dati esistenti, e quindi stabilendo la loro plausibilit, esaminando le loro conseguenze 15 . Dallaltra parte le inferenze non-deduttive sono giustificate in virt del fatto che permettono di trovare ipotesi per risolvere pro14 15 Cellucci 2006, 227. Ibid.

blemi a partire dai dati disponibili e dalla conoscenza esistenza. Sebbene sia ovvio che nulla in grado di garantire che le ipotesi cos trovate siano plausibili, in quanto le inferenze non-deduttive possono essere - e sono - fonti di falsit, solo le inferenze nondeduttive permettono di trovare ipotesi, tra le quali bisogner effettuare una scelta mediante unattenta valutazione delle ragioni a favore e le ragioni contro ognuna di esse. Pertanto sia le inferenze deduttive sia quelle non-deduttive non sono in grado di produrre conoscenza di per s, dal loro interno per cos dire. Nel caso delle inferenze deduttive, per poter valutare la plausibilit delle loro premesse necessario procedere ad una comparazione con la conoscenza esistente, e quindi con qualcosa di esterno a esse. Nel caso delle inferenze nondeduttive, una volta prodotte le ipotesi a partire dai dati disponibili, necessario valutarne la plausibilit, ossia compararle con la conoscenza esistente, quindi, ancora, con qualcosa di esterno a esse. Sulla base di ci possiamo osservare che le inferenze deduttive sono giustificate nel senso in cui lo sono le inferenze nondeduttive, ossia mediante una giustificazione esternalista, che fa riferimento al loro ruolo nella conoscenza e quindi alla realt 16 . Dunque le conoscenze che scaturiscono da queste forme di inferenza non sono essenzialmente differenti e non possono essere poste su piani di alternativit o subordinazione. Sulla base di questa caratterizzazione sia della nozione di inferenza sia della nozione di plausibilit viene a cadere lasimmetria e leterogeneit tra verit e ampliativit, e, con essa, lillusione di
16 Ivi, 232.

una conoscenza al riparo da ogni forma di dubbio o incertezza. Lampliativit, pertanto, non fa altro che esibire il carattere pi profondo dellimpresa conoscitiva dellessere umano, evidenziandone tutti i rischi e le debolezze. Tutte le nostre premesse sono incerte, provvisorie e plausibili e i nostri metodi sono al massimo in grado di preservare tale plausibilit e quindi non sottraggono in modo definitivo nessun oggetto conoscitivo allincertezza e al dubbio. Pertanto non esistono inferenze che danno accesso a conoscenze certe, contrapposte a conoscenze solo plausibili cui si arriva per via ampliativa, ma tutte le nostre conoscenze sono incerte e al massimo plausibili, nel senso che ogni nostra teoria un insieme di ipotesi plausibili, non vere. Ed per questo motivo che tali conoscenze sono sempre suscettibili di nuove rappresentazioni e di un processo di moltiplicazione dei punti di vista intorno ai loro oggetti: sempre possibile organizzare e codificare i dati e le informazioni che essi veicolano in modi nuovi, che producono nuove rappresentazioni che possono essere messe in relazione con la conoscenza di cui disponiamo. Quindi non solo nulla pu metterci al riparo dalla possibilit che esse si rivelino false, ma soprattutto esimerci dal compito di incessante ricerca e approfondimento delle ipotesi che sostengono le nostre conoscenze e che dobbiamo essere pronti a rivedere e, quando il caso, abbandonare. opportuno sottolineare che il dissolvimento della nozione di verit quale strumento per caratterizzare la conoscenza, e

lutilizzo in suo luogo di quella di plausibilit, non implica lo scetticismo, ossia lidea che la conoscenza non sia possibile. N implica un anything goes, lassunzione di una posizione alla Feyerabend. La concezione euristica molto pi semplicemente il risultato di una posizione che riconosce che la nozione di verit non gioca un ruolo decisivo allinterno dei processi che producono nuova conoscenza e che ne consentono lampliamento e lavanzamento. Non a caso la nozione di verit, nelle varie forme in cui pensata storicamente e concettualmente, non uno strumento adeguato a fornire una spiegazione della conoscenza e della ricerca scientifica. Essa non solo non riesce a render conto dei principali strumenti della conoscenza (come linferenza), ma si anche rivelata inessenziale ai fini della nascita e dello sviluppo della scienza moderna 17 . La plausibilit invece gioca un ruolo decisivo e attivo nella conoscenza, perch fornisce strumenti per valutare, estendere e raffinare le ipotesi che sostengono la conoscenza. Lampliativit non dunque un surrogato o un semplice correlato della verit, uno strumento da utilizzare provvisoriamente in luogo della verit fino a quando essa non possa venir determinata, ma lobiettivo principale della conoscenza umana, loggetto della continua tensione e dello sforzo conoscitivo delluomo. Laffermazione che la conoscenza plausibile e non vera non richiede di sostenere la tesi che la conoscenza non sia possibile, ma si basa semplicemente su una diversa caratterizzazione dei
17 Per unanalisi delle varie forme in cui la nozione di verit stata pensata e della sua

irrilevanza per lo sviluppo della scienza moderna cfr. Cellucci 2008.

Inferenze ampliative

suoi oggetti. Essa richiede invece di abbandonare lidea che esista qualcosa, come la verit appunto, in grado di sottrarre definitivamente la conoscenza a ogni ragionevole dubbio e riconosce lincertezza come costitutiva e ineliminabile di ogni nostra conoscenza, sviluppando e perfezionando strumenti per gestirla e limitarla. Lincertezza, la provvisoriet e la fallibilit delle conclusioni prodotte dalle inferenze ampliative non producono una conoscenza surrogata, o una assenza di conoscenza, ma sono il prodotto di un pensiero che ha raccolto e raccoglie ogni volta la sfida conoscitiva che i nostri limiti ci pongono di fronte, limiti che le inferenze ampliative contribuiscono a superare, a tentare continuamente di espandere.

115

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