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ERASMO

CENTRO RICERCHE FORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE SULL’EUROPA SOCIALE

LA PROGETTAZIONE

Il lavoro per progetti nasce dall'esigenza di sapere dove si vuole


andare, in quanto tempo, con quali mezzi e costi, mettendo in
gioco quali responsabilità.

Può essere un esercizio di presunzione, quando gli obiettivi sono


sovradimensionati, o, al contrario, può essere una scelta
necessaria per gestire in modo efficace le risorse disponibili.

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LA PROGETTAZIONE
Un progetto ha un proprio codice generativo. È riconoscibile
nella definizione della natura del problema da affrontare e
nella conseguente definizione dei risultati che si intendono
conseguire. Sono due operazioni molto diverse. Nel primo
caso, si tratta di condividere il problema, individuando i
suoi elementi quantitativi e qualitativi, concordando sulla
necessità di affrontarlo.

Nel secondo caso si ragiona per soluzioni possibili, per


benefici da conseguire, per cambiamenti da realizzare,
valutandone l'impatto possibile. Da qui un altro fattore di
natura costitutiva: le risorse, da conoscere, quantificare,
rilevare, organizzare lungo l'asse temporale, per metterle in
rapporto con i risultati attesi. La buona conoscenza delle
risorse favorisce la conoscenza dei vincoli: alcuni
dipenderanno da limiti quantitativi, altri dalla particolare
natura del problema da affrontare.
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LA PROGETTAZIONE
Modelli di lavoro per progetti a confronto
Il lavoro per progetti può prendere forme che rispondono a
esigenze che, in sede strategica, si differenziano per il modo
con cui vengono gestite le responsabilità, a seconda se esse
vengano concentrate o decentrate. Ai due estremi possiamo
avere un modello gerarchico e un modello a rete.
Utilizzando il senso comune, si potrebbe pensare che il secondo è
migliore del primo. Se così fosse, ci si affiderebbe a una lettura
ideologica del lavoro per progetti, senza capire quando i due
modelli possono essere utilizzati positivamente.

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LA PROGETTAZIONE
La logica del modello gerarchico è quella di concentrare le
decisioni e le loro sedi nella fase preliminare del progetto.
Per ottenere questo risultato è necessario fare un grande
sforzo di previsione: per segmentare le attività, metterle in
relazione tra loro, tempificarle, garantire le risorse
necessarie, impostare meccanismi di controllo, gestire crisi e
perturbazioni.
Le organizzazioni burocratiche agiscono in questo modo per
ridurre i margini di libertà, in certi casi per ibernare le
possibilità decisionali, ma anche per garantire standard
qualitativi ai risultati attesi. Per questo il progetto di tipo
gerarchico organizza le attività in sequenze, sedimentando
la buona esperienza ma, nei casi patologici, diventando
norma a sè stesso, cioè separando la responsabilità di chi
opera dai risultati che egli produce.
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LA PROGETTAZIONE
Il modello a rete dedica molto tempo a strutturare relazioni e a
negoziare fra le parti in gioco. Si fa leva sulle ragioni della
collaborazione, dell'incontro delle responsabilità, dei vantaggi
indotti dal lavoro comune. Ma questo significa decentrare
decisioni, articolarle nel tempo, farne un risultato del processo
piuttosto che una premessa per agire in modo efficace. Questa
particolare caratteristica del modello a rete crea un consistente
bisogno di coordinamento e, soprattutto, richiede la costruzione
di un sistema di fiducia per gestire in modo condiviso i processi
decisionali.
Le responsabilità sono quindi necessariamente da decentrare nel
tempo e nello spazio, per valorizzarle, per tenere sotto controllo
i fattori di criticità, per meglio orientare processi di cui non si
conoscere preventivamente l'andamento, anche per gestire
decisioni in ragione dei risultati prodotti nelle fasi intermedie.

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LA PROGETTAZIONE
Quando questi due modi di affrontare il
lavoro per progetti non dedicano
sufficiente attenzione a identificare la
natura del problema, a individuare i
soggetti coinvolti, a capire i fattori
contesto, a condividere gli obiettivi da
perseguire, a quantificare le risorse, a
sviluppare forme di controllo, di fatto si
finisce per rendere il lavoro per progetti
un contenitore di interessi e di
contraddizioni, svuotandolo di
significato.

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LA PROGETTAZIONE
Nel lavoro per progetti la creatività
deve misurarsi con l'organizzazione
delle idee, delle relazioni, dei
fattori in gioco. Qualcuno pensa
che in questo modo essa possa
essere sacrificata, senza tener
conto che il modo migliore per
preparare un progetto è un buon
patrimonio di idee e di strategie.

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LA PROGETTAZIONE

Su questa premessa il progetto mette a


frutto intuizioni e proposte, le investe,
le fa convergere su obiettivi praticabili.

Ma non sempre è così. Chi lo immagina


come una buona organizzazione di
attività (il cantiere) pensa ad una cosa
diversa da chi lo considera strategia
per conseguire risultati di più ampia
portata.
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LA PROGETTAZIONE

La differenza sta nella natura del problema che


si vuole affrontare. Nella progettazione di un
viaggio di gruppo è necessario prevedere i
mezzi di trasporto, i pernottamenti, le visite,
il ritorno, le tariffe, gli spazi di libertà.
Le cose sono prevedibili, ma i margini di libertà
sono consistenti. L'influenza dei fattori di
contesto è a volte decisiva. Sbaglia chi
volesse prefigurare in modo rigido il loro
sviluppo. Un software è un progetto. Anche
un seme lo è, ma di natura diversa.

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LA PROGETTAZIONE
Un prototipo di progettazione sbagliata è la torre di Babele.
Chi l'ha voluta ha utilizzato la progettazione per processi e
non ha previsto e organizzato i micro processi (gli
adempimenti), cioè le fasi di funzionamento del cantiere e
le cose da realizzare in ognuna di esse. Il risultato è passato
alla storia.

Nel lavoro sociale non è difficile trovare esperienze di questo


tipo, ad
esempio quando non vengono organizzate le responsabilità,
quando si
fa molta attenzione alle relazioni perdendo di vista i risultati,
quando
non si condivide un progetto (una lingua e le regole) per
operare
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Erasmo A.n.pquando
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LA PROGETTAZIONE

Talvolta il processo di programmazione si


sarebbe potuto addirittura definire
come:“programmazione basata sull’offerta”.
Le scelte delle azioni da finanziare, dei
soggetti da coinvolgere e dei luoghi dove
allocare tali risorse sono state in alcuni casi
chiaramente frutto di scelte poco ancorate ad
“analisi dei bisogni” (per ragioni che in
questa sede non possiamo approfondire) e
fortemente condizionate dall’offerta; dalla
capacità e possibilità di alcuni attori del
privato sociale di far giungere nei tempi
adeguati alcune idee progettuali.
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Cos’è il d.P.R. n.
309/1990
TESTO UNICO DELLE LEGGI IN MATERIA DI DISCIPLINA
DEGLI STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE,
PREVENZIONE, CURA E RIABILITAZIONE DEI RELATIVI
STATI DI TOSSICODIPENDENZE
TITOLO XII Disposizioni finali
CAPO I
Finanziamento di progetti,
concessione di contributi e
agevolazioni
Articolo 127 Fondo nazionale di
intervento per la lotta alla droga
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Cos’è il d.P.R. n.
309/1990
Al comma 3
Le province, i comuni e i loro consorzi, le
comunità montane, le aziende unità
sanitarie locali, …., le organizzazioni di
volontariato di cui alla legge 11 agosto
1991, n. 266, le cooperative sociali ….e
loro consorzi, possono presentare alle
regioni progetti finalizzati alla prevenzione
e al recupero dalle tossicodipendenze e
dall'alcoldipendenza correlata e al
reinserimento lavorativo dei
tossicodipendenti, da finanziare a valere
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Cos’è il d.P.R. n.
309/1990
Legge 18 febbraio 1999, n.45
 
Disposizioni per il Fondo
nazionale di intervento per la
lotta alla droga e in materia di
personale dei Servizi per le
tossicodipendenze
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Cos’è il d.P.R. n.
309/1990
La legge innova le disposizioni del testo
unico sulle tossicodipendenze del 1990
con due sostanziali obiettivi:
2) la regionalizzazione del fondo (la quota
del Fondo nazionale di intervento per la
lotta alla droga è ripartita tra le regioni
in misura pari al 75 per cento delle sue
disponibilità);
2) l'integrazione tra i Servizi pubblici per la
tossicodipendenza (Sert) e le comunità
terapeutiche, le organizzazioni del
volontariato e le cooperative sociali.
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Cos’è il d.P.R. n.
309/1990
Altro aspetto qualificante della legge è il
raccordo tra le province, i comuni e i
loro consorzi e le organizzazioni di
volontariato e le cooperative sociali
"per la presentazione alle regioni di
progetti finalizzati alla prevenzione e al
recupero dalle tossicodipendenze e
dall'alcoldipendenza correlata e al
reinserimento lavorativo dei
tossicodipendenti, da finanziare a
valere sulle disponibilità del Fondo
nazionale

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Con la L.285/’97
Legge sulla Promozione di diritti e
opportunità dell’Infanzia e
dell’Adolescenza - si avvia nel settore
sociale il superamento di approcci
dirigistici di programmazione e il
passaggio ad altri stili di
programmazione denominati
community planning
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Con il termine community planning ci si


riferisce ad un insieme di modalità di
programmazione fondate sulla
partecipazione attiva dei cittadini e su
un coinvolgimento della comunità nei
processi di formazione del Piano. In tale
contesto la comunità è intesa nelle sue
articolazioni complessive: le istituzioni, il
privato sociale, le imprese economiche, il
volontariato, i gruppi informali.

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Passaggio da una prospettiva di


government, intesa come funzione
esclusiva del soggetto pubblico, ad una
prospettiva di governance, intesa come
attività di governo svolta attraverso la
mobilitazione effettiva di una serie di
soggetti per intraprendere azioni e
politiche appropriate in
contesti dinamici e affollati di
attori
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Cos'è la Legge 285/97


Il Parlamento Italiano nel 1997 ha
approvato una legge per
migliorare la vita dei bambini e dei
ragazzi italiani: La legge 285 -
"Disposizioni per la promozione di
diritti e di opportunità per l'infanzia e
l'adolescenza".
Grazie a questa legge, tutti i Comuni italiani hanno avuto
a disposizione dei finanziamenti per realizzare progetti
a vantaggio dei ragazzi che abitano nelle loro città. 

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Cos'è la Legge 285/97


L'obiettivo di questa legge è non tanto quello
tradizionale di sanzionare comportamenti
scorretti o abusanti nei confronti dei soggetti
più deboli della nostra società, quanto
piuttosto quello di sviluppare, attraverso
interventi innovativi, condizioni che
consentano di promuovere positivamente i
diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e di
assicurare ai cittadini di minore età, quelle
opportunità indispensabili per un adeguato
processo di sviluppo umano che porti alla
costruzione di personalità compiute.

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Cos'è la Legge 285/97


Per parlare della L.285/97 e del suo valore culturale, va
ripercorsa l’idea di sociale e di politica che le sostiene o,
piuttosto, che possono sostenere, così da riflettere, al
tempo stesso, sul contesto dentro il quale ha preso corpo e
sul paradigma che sembra attraversarlo e legittimarlo.

Il passaggio dalle forme di assistenza sociale tradizionali alle


forme di azioni progettuali coordinare ha rappresentato e
rappresenta tutt'oggi un punto importante per cogliere le
trasformazioni in atto. All’interno del paradigma della
progettualità, si è inteso guardare all’azione pianificatoria
regolata dalla L.285/97 come ad un’esperienza significativa
di governance territoriale che sottenda una buona capacità
di cooperare in una comune logica di empowerment.

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Cos'è la Legge 285/97


La L. 285/97 costituisce una sfida e, al tempo stesso, un
atto di grande fiducia, alla comunità organizzata in
Stato ed alla più generale comunità civile.
La L. 285/97 richiede da una parte una generale
mobilitazione di energie e di intelligenze creative,
attente all'effettiva realtà della condizione dei
bambini e delle bambine e dei loro bisogni e,
dall'altra anche una grande ed efficace collaborazione
tra tutti: tra istituzioni centrali dello Stato ed Enti
locali ai diversi livelli; tra risorse istituzionali e risorse
del privato sociale; tra strutture e cittadini che non
possono delegare compiti che sono loro propri. E’
stata la prima “occasione” per sperimentare un
nuovo metodo di lavoro che utilizzi al meglio le
risorse esistenti sul territorio, sulla base di progetti
condivisi e integrati che affrontino in modo organico
un'azione non solo riparativa, ma anche preventiva e
promozionale
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Cos'è la Legge 285/97


La legge nazionale 285/97 è il primo grande strumento
di cambiamento nel sistema delle politiche sociali
italiane. Questa affermazione è forte di almeno
quattro argomenti.

• Il primo argomento insiste sul fatto che si tratta di


una legge che sceglie gli itinerari della crescita,
della formazione e della socializzazione delle
persone come luogo di prevenzione del disagio e di
rafforzamento delle identità, di sviluppo del
benessere e della cultura, di misura dell'efficacia
politica ed amministrativa nella gestione degli spazi
e dei tempi che abitiamo. Per questo e per la
copertura finanziaria che la sorregge costituisce il
primo grande investimento a favore delle nuove
generazioni.
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Cos'è la Legge 285/97


Il secondo argomento è dato dal fatto che si tratta di
una legge che definisce le politiche per l'infanzia e
l'adolescenza non come un "sottosettore" di quelle
assistenziali, ma anzi ne fa un tratto distintivo delle
politiche sociali e di quelle per la cittadinanza. Per
questo chiede alle Regioni e agli Enti locali di avere
una politica complessiva a favore delle nuove
generazioni che non sia scissa dalla politica "degli" e
"per gli" adulti.
Il terzo argomento verte sulla richiesta alle istituzioni,
alla società civile e a tutto quel vasto mondo che va
sotto il nome di organizzazioni non lucrative, di
contribuire direttamente all'elaborazione dei Piani di
intervento e non solo alla realizzazione di attività. Per
questo riavvia una metodologia partecipata e
responsabile nella gestione dei servizi attraverso gli
accordi di programma.
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Cos'è la Legge 285/97

Infine il quarto argomento di sostegno


all'importanza della legge è la sottolineatura
dell'intreccio tra solidarietà sociale e
compatibilità ambientale; un intreccio costruito
a partire dal rispetto dei diritti umani, in
generale, e di quelli dei bambini e delle
bambine in particolare.
Per questi motivi la L. 285/97 è
innovativa e per questi stessi
motivi costituisce una sfida per le
amministrazioni e per la politica.
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Cos'è la Legge 285/97


In realtà essa mira ad un obiettivo in sè
semplice: dare opportunità di sviluppo ai
bambini ed alle bambine, alle ragazze ed
ai ragazzi.
Ma perchè questo obiettivo si realizzi,
occorre che i Piani territoriali di
intervento, previsti nella legge, assumano
un presupposto metodologico
fondamentale: tentare di capire i bisogni
delle nuove generazioni.
Prima di fare interventi occorre pensare i
bisogni specifici dei bambini e delle
bambine in ciascuna comunità locale
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Cos'è la Legge 285/97


Approccio territoriale integrato

Uno degli aspetti maggiormente sottolineati nella L.


285/97 è la ricerca del collegamento tra i vari attori
pubblici e privati che si occupano dell'infanzia e
dell'adolescenza.
Le più eterogenee risorse della società, degli Enti locali,
della scuola, dell'associazionismo e della
cooperazione, devono entrare in relazione tra loro per
la concertazione di una politica unitaria e di un
sistema integrato di interventi.
Solo la promozione di tale sistema può portare ad
un'effettiva rete capillare di servizi collegati con le
politiche della scuola, dell'ambiente, della casa, della
sanità e del territorio.
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Cos'è la Legge 285/97


Progettazione e gestione partecipata a livello
locale
La legge richiede agli Enti locali uno sforzo di
progettazione e gestione partecipata. Per questo
motivo essa prevede a livello locale il ricorso alla
stipula di accordi di programma tra i diversi
protagonisti che contribuiscono alla realizzazione dei
Piani territoriali di intervento. Gli Enti locali sono
invitati a:
3. - realizzare un efficace patto di collaborazione e di
coordinamento, coinvolgendo nella fase di
progettazione dei Piani territoriali altri enti pubblici
quali i Provveditorati agli studi, le Aziende sanitarie
locali, i Centri per la giustizia minorile ed altri, non
citati espressamente nella legge, quali ad esempio le
Prefetture;
4. - A.n.p
tro Studi Erasmo assicurare la partecipazione delle organizzazioni non
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Cos'è la Legge 328/2000

Legge quadro per la


realizzazione del
sistema integrato di
interventi e servizi
sociali
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Cos'è la Legge 328/2000


 Definisce i livelli essenziali di assistenza che i
Comuni dovranno assicurare ai cittadini e alle
famiglie rispondendo ai bisogni sempre più
articolati e complessi;
 Esorta alla costruzione di reti decentrate di
intervento sul territorio, attraverso piani
concertati a livello comunale e intercomunale;
 Accredita definitivamente il terzo settore nella
gestione di attività cruciali quali: la cura di
anziani e minori e il sostegno sociale alle persone
svantaggiate

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Cos'è la Legge 328/2000


Siamo in presenza di una “rivoluzione
copernicana” che coinvolge praticamente
ogni aspetto delle politiche assistenziali:
dalla programmazione dei servizi fino alla
loro valutazione finale.
Si tratta di un progetto ambizioso, specie
se si considera che il nostro paese è
giunto all’appuntamento di questa
importante riforma con uno stato sociale
fragile.

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Cos'è la Legge 328/2000


L’indispensabilità dell’integrazione
sociosanitaria
• Necessità di rispondere a bisogni multiformi
• Esigenza di utilizzare al meglio le risorse date
sociali e sanitarie
• Ampliare il più possibile l’insieme delle
attività e dei servizi sociosanitari
• Coinvolgere le forze del terzo settore e dello
stesso privato profit

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Il valore aggiunto
dell’integrazione

• Le quattro dimensioni dell’integrazione:

– istituzionale
– gestionale - organizzativa,
– operativa -professionale
– comunitaria

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Il valore aggiunto
dell’integrazione
• Processi assistenziali unitari nelle aree
dell’integrazione :
– materno infantile,
– anziani
– handicap
– salute mentale
– dipendenze
– patologie da HIV
– patologie oncologiche in particolare terminali
– inabilità o disabilità da patologie cronico - degenerative
• progetto personalizzato lo strumento per:
– valutare
– Operare
in modo integrato
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ERASMO
CENTRO RICERCHE FORMAZIONE E DOCUMENTAZIONE SULL’EUROPA SOCIALE

Il valore aggiunto della


territorialità

Sono i territori il luogo delle politiche


sociali. La programmazione di cui parla la
legge, deve tener conto delle specificità
dei bisogni, delle risorse della comunità
locale nel predisporre piani e progetti che
non possono essere calati dall’alto.
Il tutto si inserisce in una prospettiva di
decentramento e di rispetto delle
autonomie e specificità locali, pur
tutelando una dimensione nazionale nel
sostenere finalità, standard e diritti
comuni.
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La valorizzazione del terzo


settore

La legge attribuisce un ruolo rilevante al


terzo settore, riferendosi ad un non
profit autonomo e attivo, capace di
gestire e offrire servizi.
Gli enti pubblici dovranno, secondo la
legge, rivolgersi al terzo settore (art. 5)
promuovendo, attraverso politiche
formative e agevolazioni, azioni di
sostegno e qualificazione.

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