Sei sulla pagina 1di 3

Poiché riteniamo, come amministrazione comunale utile e doveroso, almeno una volta all’anno

onorare con un momento di riflessione e di approfondimento i problemi che la società soffre in

merito alla parità di genere, vogliamo ringraziare l’amministrazione provinciale e relativo

comitato pari opportunità per aver scelto Villanova d’Asti quale sede per un evento per la

commemorazione del sessantesimo anniversario del voto alle donne.

Ma il dibattito che apriremo questa sera non sarà solo memoria, ma dovrà essere un momento di

riflessione su un particolare aspetto della “questione femminile”: quello del difficile rapporto tra

donne e politica.

Il 25 aprile di sessantuno anni fa, si chiudeva la guerra di Liberazione .

La lotta di Liberazione fu un grande evento corale da parte di tutta la popolazione ed è

importante ricordare che le forze alleate arrivavano, città per città, dopo che i partigiani le

avevano liberate come a Napoli, Roma, Firenze, … Torino.

In questo contesto le donne portarono un grande contributo di dura resistenza al nazifascismo;

non soltanto come staffette e partigiane combattenti, ma anche come resistenti nella società

civile.

Pensiamo al sacrificio quotidiano che le donne sopportarono per permettere alle famiglie di

andare avanti con poco cibo, pochi soldi, tanta paura tra i bombardamenti e le rappresaglie.

Pensiamo al grande aiuto che venne dato dalle donne ai nostri soldati, che dopo l'armistizio

dell’8 settembre 1943, tentarono di tornare a casa o a coloro che diedero vita alle prime

formazioni partigiane.

Pensiamo all'aiuto dato ai combattenti alleati e ai feriti partigiani.

Pensiamo alle deportate che subirono umiliazioni e violenze e alle molte di loro che non

tornarono.

Il contributo pagato dalle sole donne del Piemonte fu pesante con centinaia di donne civili o di

partigiane cadute e di deportate che non fecero ritorno alla loro casa.

Quando il 2 giugno del 1946 le donne votarono per il Referendum istituzionale Monarchia-

Repubblica e per le elezioni della Assemblea Costituente fu un cambiamento importante …

epocale, ma anche un evento accolto in modo sufficientemente concorde da un po’ tutte le forze
politiche, poiché era evidente che le donne erano ormai parte attiva nella sociale e politica di

questo paese.

Così sui banchi dell'Assemblea Costituente sedettero le prime 21 parlamentari: nove della

Democrazia Cristiana, nove del Partito Comunista Italiano, due del Partito Socialista Italiano di

Unità Proletaria ed una dell'Uomo Qualunque.

Nadia Spano, classe 1916, fu una di loro e in una intervista rilasciata al giornale "Noi Donne",

così riflette su quei giorni che diedero inizio a nuovi diritti per le donne.

"Ricordo che da parte dei partiti fu un riconoscimento unanime in forza dei meriti acquisiti

durante la guerra, cioè l'aver retto l'intelaiatura della società in anni in cui gli uomini erano

assenti. Noi donne abbiamo accettato questa impostazione, anche se avremmo dovuto affermare

invece il principio del diritto naturale. Tutta la propaganda elettorale per l'assemblea

costituente e per il referendum si rivolgeva alle donne che dovevano votare per il prigioniero o

per il bambino, per la saggezza amministrativa, cioè sempre per gli altri. Nessun richiamo, mai

era al diritto per sé. Per le donne andare a votare fu comunque importante anche se a sinistra si

diceva «mia moglie vota come dico io» e nelle parrocchie il prete ammoniva «Dio ti vede, tuo

marito no», ma nella cabina elettorale le donne per la prima volta hanno scelto, di dare la

fiducia o magari anche da chi farsi influenzare, ma hanno scelto. Sono state libere"

Grazie a loro le donne di oggi hanno potuto celebrare i 60 di diritto di voto.

Iniziava quindi l’era delle donne elettrici … ma quella delle donne elette è ancora di la da venire.

E l’evidenza è dimostrata dal fatto che le donne rappresentano, più o meno, il 10% degli

amministratori degli enti locali e centrali.

In Provincia di Asti, ad esempio, appena 12 comuni su 118 hanno un Sindaco di genere

femminile e amministrano appena 8200 cittadini su una popolazione di circa 210.000 pari quindi

al 4% della popolazione stessa.

Vi propongo quindi alcuni interrogativi per il dibattito che seguirà:

o E’ meglio imporre vincoli, come le quote rosa, almeno in una fase iniziale, oppure creare

opportunità di partecipazione, attraverso la promozione di una cultura di parità nei luoghi di

decisione?

o I tempi della politica sono compatibili con i tempi della famiglia e del lavoro?
o Come conciliare l’impegno delle amministratrici con la vita privata?

o Come creare condizioni che promuovano le donne nei luoghi di decisione e rappresentanza?

o E’ possibile individuare delle strategie “informative prima” e “formative dopo” per

avvicinare le donne alla politica partendo dal livello locale?

In altre parole dobbiamo confrontarci per scambiarci delle opinioni e verificare, se è possibile

cambiare alcune delle consuetudini che hanno finora impedito l’avvicinamento delle donne alla

politica.

Potrebbero piacerti anche