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comitato pari opportunità per aver scelto Villanova d’Asti quale sede per un evento per la
Ma il dibattito che apriremo questa sera non sarà solo memoria, ma dovrà essere un momento di
riflessione su un particolare aspetto della “questione femminile”: quello del difficile rapporto tra
donne e politica.
importante ricordare che le forze alleate arrivavano, città per città, dopo che i partigiani le
non soltanto come staffette e partigiane combattenti, ma anche come resistenti nella società
civile.
Pensiamo al sacrificio quotidiano che le donne sopportarono per permettere alle famiglie di
andare avanti con poco cibo, pochi soldi, tanta paura tra i bombardamenti e le rappresaglie.
Pensiamo al grande aiuto che venne dato dalle donne ai nostri soldati, che dopo l'armistizio
dell’8 settembre 1943, tentarono di tornare a casa o a coloro che diedero vita alle prime
formazioni partigiane.
Pensiamo alle deportate che subirono umiliazioni e violenze e alle molte di loro che non
tornarono.
Il contributo pagato dalle sole donne del Piemonte fu pesante con centinaia di donne civili o di
partigiane cadute e di deportate che non fecero ritorno alla loro casa.
Quando il 2 giugno del 1946 le donne votarono per il Referendum istituzionale Monarchia-
epocale, ma anche un evento accolto in modo sufficientemente concorde da un po’ tutte le forze
politiche, poiché era evidente che le donne erano ormai parte attiva nella sociale e politica di
questo paese.
Così sui banchi dell'Assemblea Costituente sedettero le prime 21 parlamentari: nove della
Democrazia Cristiana, nove del Partito Comunista Italiano, due del Partito Socialista Italiano di
Nadia Spano, classe 1916, fu una di loro e in una intervista rilasciata al giornale "Noi Donne",
così riflette su quei giorni che diedero inizio a nuovi diritti per le donne.
"Ricordo che da parte dei partiti fu un riconoscimento unanime in forza dei meriti acquisiti
durante la guerra, cioè l'aver retto l'intelaiatura della società in anni in cui gli uomini erano
assenti. Noi donne abbiamo accettato questa impostazione, anche se avremmo dovuto affermare
invece il principio del diritto naturale. Tutta la propaganda elettorale per l'assemblea
costituente e per il referendum si rivolgeva alle donne che dovevano votare per il prigioniero o
per il bambino, per la saggezza amministrativa, cioè sempre per gli altri. Nessun richiamo, mai
era al diritto per sé. Per le donne andare a votare fu comunque importante anche se a sinistra si
diceva «mia moglie vota come dico io» e nelle parrocchie il prete ammoniva «Dio ti vede, tuo
marito no», ma nella cabina elettorale le donne per la prima volta hanno scelto, di dare la
fiducia o magari anche da chi farsi influenzare, ma hanno scelto. Sono state libere"
Iniziava quindi l’era delle donne elettrici … ma quella delle donne elette è ancora di la da venire.
E l’evidenza è dimostrata dal fatto che le donne rappresentano, più o meno, il 10% degli
femminile e amministrano appena 8200 cittadini su una popolazione di circa 210.000 pari quindi
o E’ meglio imporre vincoli, come le quote rosa, almeno in una fase iniziale, oppure creare
decisione?
o I tempi della politica sono compatibili con i tempi della famiglia e del lavoro?
o Come conciliare l’impegno delle amministratrici con la vita privata?
o Come creare condizioni che promuovano le donne nei luoghi di decisione e rappresentanza?
In altre parole dobbiamo confrontarci per scambiarci delle opinioni e verificare, se è possibile
cambiare alcune delle consuetudini che hanno finora impedito l’avvicinamento delle donne alla
politica.