Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Per un precario
trenta giorni
non bastano
fruttati, senza diritti e sotto
ricatto. Eppure sono loro che
corrono da una parte allaltra
della citt per raccontare cosa
succede, per fare unintervista o
per parlare degli ultimi eventi in
programma. I giornalisti precari
riempiono le pagine dei giornali,
fanno la maggior parte dei servizi
per tv e radio, scrivono i
comunicati negli uffci stampa.
Sono tantissimi: duemila solo
nella Capitale. Hanno un
compenso medio di 30 euro lordi
per un pezzo. Per uno stipendio
dignitoso di 1000 euro
dovrebbero lavorare 40 giorni in
un mese. E questa la realt
fotografata dall autocensimento
sul precariato nel settore
dellinformazione realizzato da
Errori di stampa. I giornalisti
precari lavorano in tutte le
testate: quotidiani, agenzie di
stampa, radio, tv e uffci stampa.
Sono professionisti, pubblicisti o
non iscritti allOrdine, costretti il
pi delle volte a sommare tre o
quattro collaborazioni con
testate diverse, a districarsi in
una giungla di contratti atipici
che va dai co.co.co alle (fnte)
partite Iva, passando per la
cessione diritti dautore e il
lavoro nero. Per non parlare
degli assurdi inquadramenti per
risparmiare sui costi del lavoro
giornalistico: consulenti, autori,
programmisti, assistenti,
segretari. Per loro non esistono
certezza della retribuzione,
ammortizzatori sociali, n
dignit delle condizioni di
lavoro. Spesso li chiamano
freelance, ma la realt che in
molti casi non sono liberi
nemmeno di decidere il tipo di
contratto alla base del loro
lavoro. I compensi per le
prestazioni offerte lo dimostrano:
a seconda dellazienda variano
da 5 a 120 euro lordi al pezzo.
La media si aggira intorno ai 30
euro, da cui vanno sottratti i
costi per la realizzazione di un
articolo: telefonate, spostamenti,
attrezzature. Insomma, per
guadagnare 1000 euro netti al
mese,bisognerebbe lavorare tutti
i giorni, senza ferie n malattia
per 40 giorni al mese. Rimane
una fotografa preoccupante, con
almeno 2000 persone senza
alcuna certezza nel futuro.
Vogliamo poterlo almeno
immaginare un futuro. Se
linfomrmazione affdata a
giornalisti precari e sottopagati
non uninformazione libera. Il
rischio non riguarda solo il
futuro di migliaia di giovani
lavoratori, ma le sorti stesse della
democrazia.
S
SABATO 16 GUGNO 2012
Cera una volta un mestiere
La Rai delle fnte partite Iva e dei contratti capestro
la pi grande azienda editoriale
italiana. pubblica ed soste-
nuta dal canone, ma anche dalle mi-
lionarie entrate pubblicitarie della
Sipra. sotto il diretto controllo di
una Commissione parlamentare, ma
anche divorata, lottizzata e cen-
cellizzata da tutti i partiti politici
di ogni genere e grado. la Rai, epi-
centro culturale di tutto quello che
televisione in Italia, nonostante
trentanni di tv privata e confitto
dinteressi, nonostante il terzo po-
lo de La 7 e nonostante la rivolu-
zione della tv digitale e dei contenuti
personalizzati e on demand. A dif-
ferenza di Mediaset, il polo privato
che ne ha conteso per trentanni
legemonia, la scommessa di Viale
Mazzini dal punto di vista dei con-
tenuti e della produzione stata
sempre la stessa: meno intratteni-
mento e pi servizio, meno divaga-
zione e pi informazione. E lorga-
nizzazione dellinformazione in Rai
sempre stata spaccata a met: da
un lato i programmi di testata - so-
stanzialmente i telegiornali e gli spe-
ciali ad essi collegati - e dallaltro
quelli di Rete. Ne consegue che i
giornalisti impiegati allombra del
Cavallo sono scesi sempre in campo
con pettorine diverse. Stesso lavoro,
ma condizioni radicalmente diffe-
renti. Massima tutela per i colleghi
di testata: contratti stabili e piena
vigilanza del sindacato Usigrai su
ogni singola assunzione precaria e
atipica. Far west, invece, per quel
che riguarda i colleghi di Rete. Un
sindacato miope e assente, una or-
ganizzazione basata sulla logica en-
demicamente fragile e precaria della
produzione a scadenza. E una
pioggia di assunzioni a partita iva
di professionalit che svolgono un
lavoro giornalistico a tutti gli effetti,
da redattori, da inviati o da capi uf-
fci stampa delle singole produzioni,
ma che vengono impiegati sotto le
mentite spoglie di consulenti, au-
tori testi, presentatori-registi. Pa-
gati a gettone - uno per puntata -
assunti a pacchetto (ovvero a
grappoli di 50, 60, 70 puntate a se-
conda della cadenza quotidiana o
settimanale del programma), costret-
ti a disperdere i propri contributi
previdenziali (poich impossibilitati
a citare la voce Inpgi in fattura), co-
stretti ad entrare negli studi di regi-
strazione da clandestini, ovvero
con un passi a volte quotidiano da
visitatore. Finisce allora che a
guardare un tg si puo stare media-
mente tranquilli sulle condizioni di
lavoro di chi ci offre quel servizio.
E a guardarsi invece una puntata di
Presa Diretta o Report, Ballar o
lAnnozero che fu, Domenica in o
La vita in diretta, Elisir o Agor
qualche senso di colpa ci coglie. Per-
ch le logiche che si nascondono die-
tro al processo di produzioneso-
no altre. Sullabuso di fnte partite
iva e contratti-truffa in Rai il nostro
coordinamento ha condotto una
delle sue pi dure e note battaglie.
Una battaglia che partiva, peraltro,
dalla denuncia della beffa insista in
quelle scritture Rai, oltre al danno
della fragilit stessa di questo tipo
di contratti: la clausola gravidanza
(e malattia). Al punto 10 della scrit-
tura di fnta-cosulenza riservata ai
veri giornalisti di rete sancito an-
che l obbligo di comunicazione
allazienda di un eventuale stato di
gravidanza o malattia a fronte del
quale mamma Rai pu riservarsi la