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Qualcosa di immane

larte e la grande guerra

SILVY edizioni

MASSIMO LIBARDI FERNANDO ORLANDI MAURIZIO SCUDIERO

Qualcosa di immane
larte e la grande guerra

2012 by Silvy Edizioni Silvy Edizioni 38050 Scurelle (TN) - Italy tel_ +39 0461 763232 fax_ +39 0461 763007 internet: www.silvyedizioni.com e-mail: info@silvyedizioni.com ISBN: 978-88-97634-05-8 Tutti i diritti riservati. vietata la riproduzione, anche parziale o per uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuato, compresa la fotocopia, non autorizzata.

SOMMARIO
ROBERT MUSIL CAMERATI, COLLABORATE! PRESENTAZIONE MASSIMO LIBARDI E FERNANDO ORLANDI LAPOCALISSE DEL MODERNO: LE TRASFORMAZIONI CULTURALI DELLA GRANDE GUERRA Gli oscuri fermenti del nuovo secolo I sismografi della fine del mondo Lentusiasmo della mobilitazione Il disinganno e lorrore Esperienza e guerra NICOLETTA DACREMA ANCORA GUERRA, ANCORA PROPAGANDA MASSIMO LIBARDI E FERNANDO ORLANDI I KRIEGSMALER Guerra e pittura I Kriegsmaler I temi Le mostre FLOAREA VRBAN LAVANGUARDIA RUSSA E LA GRANDE GUERRA SUL FRONTE ARTISTICO: LE DONNE IN PRIMA LINEA Dal modernismo allavanguardia Le esposizioni e i gruppi artistici prima della guerra Lo spirito di guerra nel periodo antebellico Tempi di guerra Limpatto della guerra sullAvanguardia Il tema della guerra Natalya Goncharova e le immagini mistiche della Guerra Voina di Olga Rozanova Guerra universale Sulla guerra si allunga lombra della Rivoluzione ANTONELLA GARGANO TEMPO DI GUERRA: IL COLORE E LE FORME DELLA BATTAGLIA MAURIZIO SCUDIERO I FUTURISTI ALLA GUERRA Le premesse teoriche. Il pensiero futurista e la guerra Intermezzo. La guerra Italo-Turca, le Guerre Balcaniche e le parole in libert La guerra... La neutralit... Linterventismo La Guerra Dalla teoria alla pratica: i futuristi al fronte Dopo Dosso Casina. La guerra letteraria: cronache da LItalia futurista La guerra futurista. Finale in pittura APPARATI BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI 7 9 11 11 14 24 37 43 54 73 73 77 83 86

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PRESENTAZIONE
Tra i molti modi in cui si pu definire la Grande guerra vi anche la guerra delle avanguardie. Il periodo che ne precede lo scoppio vede il radicale mutamento dello statuto sociale degli artisti e apre lepoca dei movimenti organizzati e dei manifesti. Espressionismo, Cubismo, Futurismo, Vorticismo, e la complessa galassia delle avanguardie russe definiscono le proprie poetiche prima del 1914 e in questa stagione hanno le proprie radici Dadaismo e Surrealismo. Molti degli esponenti delle avanguardie si arruolerrano entusiasticamente e molti di loro caddero nelle trincee della vecchia Europa. Ma soprattutto dipinsero e raccontarono la guerra con i linguaggi delle arti figurative, dando luogo a una produzione artistica che non ha leguale in nessun altro conflitto. Il volume racconta questa vicenda seguendo due percorsi paralleli. Il primo quello saggistico: si inizia descrivendo latmosfera culturale del primo decennio del Novecento e poi si analizza la struttura della macchina della propaganda. Le parti successive prendono in esame alcune esperienze particolarmente significative. Si tratta dellattivit del corpo dei Kriegsmaler austro-ungarici, degli espressionisti tedeschi, dei futuristi italiani, e delle avanguardie russe. Il secondo percorso racconta il conflitto attraverso blocchi di immagini. Il punto di partenza sono i pittori che in qualche modo hanno presagito e raffigurato lapocalisse che si stava preparando, in particolare Ludwig Maidner, cui segue una sezione dedicata allinterventismo e alla mobilitazione. Successivamente la volta di alcuni lavori che tentano di concettualizzare o simboleggiare la guerra. La propaganda e le riviste di guerra sono documentate nella sezione successiva, con una attenzione particolare rivolta a pubblicazioni quali la Tiroler SoldatenZeitung, Kriegszeit e Blast. Sezioni specifiche riguardano i futuristi italiani, lavanguardia russa (con i lavori di Natalya Goncharova e Olga Rozanova, che anticipano i libri darte dei decenni successivi) e il corpo dei Kriegsmaler. Il percorso ora procede per temi: i ritratti e gli autoritratti, la vita al fronte, la rappresentazione delle trincee e dei combattimenti, laspetto industriale e tecnico della guerra, i paesaggi, i feriti, i prigionieri, i profughi. Le ultime immagini raffigurano la fine, la distruzione e la morte. Il volume si conclude con una selezione di tavole parolibere tratta da LItalia futurista (1916-1917). Gli autori

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LAPOCALISSE DEL MODERNO: LE TRASFORMAZIONI CULTURALI DELLA GRANDE GUERRA


MASSIMO LIBARDI E FERNANDO ORLANDI
La mobilitazione, che lacer il mondo e il pensiero in maniera tale che fino a oggi non hanno potuto essere ricuciti, anche la conclusione del romanzo. [...] Che ci fu la guerra, e non poteva non esserci la somma di tutte le correnti, gli influssi e i movimenti contrastanti che illustro.1

2 2. Alfred Kubin, La torcia della morte, 1914 3. Albin Egger-Lienz, La danza della morte 1809, 1916

GLI OSCURI FERMENTI DEL NUOvO SECOLO Forse il modo migliore per raccontare come la Grande guerra abbia lacerato il mondo cominciare dalla grande esposizione universale di Parigi inaugurata il 14 aprile del 1900. Pi delle altre che a partire dal 1798 si erano svolte in Europa o negli Stati Uniti, lesposizione di Parigi celebrava, al passaggio del secolo, lo splendore della civilt europea.2 LEuropa era il centro del mondo, il centro della modernit trionfante e, come avevano scritto gli organizzatori, lesposizione aveva il proposito di inaugurare

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Robert Musil, Diari, Torino, Einaudi, 1980, p. 1567. In realt quella del 1789 si chiamava esposizione nazionale dellindustria. La prima esposizione universale fu quella di Londra del 1851.

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degnamente il XX secolo e celebrare in tal modo la nuova tappa seguita dal cammino progressivo della civilt contemporanea.3 Qualche decennio prima il filosofo Hermann Lotze definiva le esposizioni universali le vere feste del nostro tempo.4 LEuropa era anche il centro dellOccidente, termine che aveva perso una connotazione puramente geografica, per indicare piuttosto la dimensione territoriale della modernit.5 Ma cosera la modernit? Per gli europei della svolta del secolo si identificava con lidea di un progresso senza fine, con la civilt industriale, con il dominio delluomo sulle macchine, con un continuo mutamento degli stili di vita, un benessere crescente, la vita nelle metropoli. Luomo europeo si percepiva come lartefice della societ pi ricca, potente, colta che mai la storia avesse costruito. Questo era anche il mondo della belle poque, delloperetta, della gioia di vivere, di una vita spensierata e spumeggiante che sembrava non dovesse avere mai fine. Da questo sentire erano tuttavia escluse le moltitudini: gran parte della popolazione era analfabeta e la vita nelle campagne seguiva ancora ritmi naturali e antiche costumanze. Fu proprio la Grande guerra a mettere a contatto le masse europee con la tecnica e la complessit dellorganizzazione: il conflitto rappresen per milioni di uomini un corso accelerato e violento di modernit impartito in situazioni estreme di sradicamento e di minaccia per la vita, di sofferenza e di dolore, una dolorosa gestazione del moderno, di cui la guerra era insieme figlia e potente generatrice.6 Lingresso nella modernit coincide dunque con lapprendistato bellico. Ma se manteniamo lo sguardo sulle metropoli europee, paradossalmente proprio in questo periodo che viene coniata lespressione fin de sicle, che porta con s la percezione di un inarrestabile tramonto. Lespressione nata in Francia nel 1888 allude a un secolo moribondo e per, se da un lato introduce allidea pessimistica della fine, dallaltro riempie il secolo che sta per giungere di attese e speranze. Il nuovo secolo era atteso come una svolta epocale ricca di promesse: chi avrebbe immaginato che in un solo quindicennio questa civilt europea, il mondo di ieri, sarebbe crollata dando vita a uno dei peggiori periodi di barbarie che il continente abbia mai visto? Forse dobbiamo allora chiederci quanto questa rappresentazione della modernit e lottimismo dellOttocento che si proiettava sul secolo a venire cogliessero lintera realt. Uno sguardo pi attento rivela, celato sotto le apparenti certezze, un sotterraneo magma incandescente, destinato prima o poi ad aprirsi un varco verso la superficie e a straripare. Da questo punto di vista alcuni avvenimenti rivestirono un valore paradigmatico. Proprio allinizio del secolo tre imponenti terremoti rivelarono tutta la fragilit del sogno di potenza delluomo. Il 14 aprile 1906 la citt di San Francisco fu completamente rasa al suolo: nonostante il numero limitato dei morti (circa 500) lopinione pubblica mondiale rimase impressionata dalla vastit della distruzione. In agosto fu la volta di Valparaiso in Cile (circa 20.000 morti), ma levento pi sconvolgente fu il terremoto che il 28 dicembre 1908 cancell le citt di Messina e Reggio Calabria, provocando quasi centomila vittime. Leffetto sullopinione pubblica fu enorme, la catastrofe ebbe un eco vastissimo: Elias Canetti ricorda il Terremoto di Messina come una delle attrazioni del Wurstelprater, una sezione del Prater, di Vienna.7 Max Beckmann subito dopo la catastrofe dipinge un olio dal titolo Scene dalla distruzione di Messina (tav. 6).
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4 4. Xenien-Almanach auf das Jahr 1915 [Der Kriegs-Almanach 1914], Lipsia, XenienVerlag, 1914. In antiporta riportato lopera di Egger-Lienz (tav. 5) 5. Albin Egger-Lienz, La danza della morte 1809, c. 1914

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Citato in Emilio Gentile, L apocalisse della modernit. La Grande guerra per luomo nuovo, Milano, Mondadori, 2008, p. 25. Citato in Walter Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo. I passages di Parigi, Torino, Einaudi, 1986, p. 264. Gentile, L apocalisse, p. 35. Antonio Gibelli, Lofficina della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 1991, pp. 10 e 19. Elias Canetti, Il frutto del fuoco, Milano, Adelphi, 1999, p. 71.

La natura, che luomo credeva di andare assoggettando tramite la scienza e lindustria, dimostrava di essere del tutto estranea e riottosa al progetto di dominio. Cos la relazione al Senato del Regno: Il senso di fragilit e di fine del mondo che accompagn questi avvenimenti fu fortemente rinforzato dal passaggio, nel maggio 1910, della cometa di Halley che provoc scene di panico collettivo. La gente si rinchiuse in casa per paura dei gas velenosi che si credeva si trovassero nella sua coda, vi fu la corsa a comprare maschere antigas e gli imbonitori da fiera fecero i soldi con le pillole anticometa. Altri si diedero alla disperazione o a preghiere collettive; molti la notte del 18 maggio si allontanarono dalle citt per aspettare la catastrofe finale. Una testimonianza di questo clima si trova in una poesia di Georg Heym: Gli uomini fanno ressa nelle strade,/Scrutando in cielo il segno minaccioso/Delle comete dal naso di fuoco,/Che sfiorano le torri frastagliate. Larrivo della cometa porta malanno e carestia [che] entran strisciando, dentro i letti si voltolano e gemono gli infermi,
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6. Max Beckmann, Scene dalla distruzione di Messina, 1909 7. Max Beckmann, Laffondamento del Titanic, 1912-13

il tempo morto e vuoto dei suoi venti; impietriscono i mari; gli alberi non conoscono stagioni,/restano eternamente senza vita.8 Infine, due anni dopo, il 14 aprile del 1912 con laffondamento del Titanic nel freddo Mare del Nord, al largo delle coste inglesi, colava a picco la fiducia assoluta nella tecnologia e nei valori che avevano dominato lo spirito della belle poque (tav. 7). La natura riprendeva la sua rivincita e dopo di allora nulla fu come prima. Il naufragio provoc nelle coscienze europee uno shock enorme e venne ad assumere un ruolo paradigmatico, su cui sono stati scritti quasi seimila libri e girati sei film. Sotto la fragile patina positivista e ottimista questi avvenimenti facevano intravvedere un ribollente mondo di emozioni, di tensioni e paure. Robert Musil nellUomo senza qualit, unopera cardine per conoscere le correnti intellettuali del primo Novecento, cos descrive questo lento eclissarsi dellottimismo che aveva accompagnato la svolta del secolo: ci si trov di fronte ad una insoddisfazione non meglio definibile, una misteriosa malattia del giorno [] i tempi erano cambiati, come una giornata che comincia sfolgorante dazzurro e poi va pian piano velandosi.9

I SISMOGRAFI DELLA FINE DEL MONDO La percezione di queste faglie e fratture nellordinata superficie della modernit aveva tuttavia avuto tra la fine dellOttocento e linizio del nuovo secolo i suoi acuti sismografi in intellettuali, scrittori, poeti, artisti.
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Georg Heym, Gli uomini fanno ressa nelle strade, in Id., Umbra vitae, Torino, Einaudi, 1982, pp. 79-81. 9 Robert Musil, Luomo senza qualit, Torino, Einaudi, 1972, p. 53. 10 Georg Heym, La Morgue, in Id. Umbra vitae, p. 89. 11 Georg Heym, Dichtungen und Schriften, vol. 3, Amburgo, Ellermann, 1964, p. 89; vedi anche p. 164. 12 Idem, p. 173.

Per molti di loro il mondo della sicurezza borghese aveva prodotto un profondo senso di noia. Scrive Heym: Partimmo cinti al pari di giganti/ Ferrosonanti al pari di Golia./Ed ora abbiamo topi e vermi erranti/Sulla carne per triste compagnia.//[...] Cosa trovammo agli angoli del cielo?/Un vuoto nulla.10 Un vuoto nulla ci che resta alluomo. Tutto piuttosto che essere prigionieri di questo nulla: Anchio posso dire: Se solo ci fosse una guerra, mi sentirei guarito. Ogni giorno uguale allaltro. Nessuna grande gioia, nessun grande dolore. Di tanto in tanto, qualche amoretto. tutto cos noioso.11 Ancora nel giugno 1911 scriveva su Aktion: La nostra malattia una noia senza fine. [] La nostra malattia vivere alla fine di un giorno, durante una sera in cui laria cos soffocante, che difficile sopportare le esalazioni della putrefazione del mondo. [] La guerra scomparsa dal mondo, e la pace eterna ne ha raccolto miseramente leternit.12 La metropoli per il poeta tedesco che morir nel 1913, non pi il mondo splendido e luccicante della modernit: nelle sue citt troneggiano i demoni, i
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8. Mikalojus iurlionis, Fulmini, 1909 9. Ludwig Meidner, Paesaggio apocalittico, 1912

demoni dellindustrialismo e quelli della guerra, per la quale lindustrialismo lavora: la citt moderna e la guerra moderna nascono dallo stesso grembo,13 il grembo dellindustria che ha plasmato la citt contemporanea. Cos il dio della citt sta seduto sopra un blocco di case, gli cingono la fronte i venti neri,/E guarda irato ove laggi, sperduti,/Si confondono gli ultimi quartieri.//Accende il rosso ventre, a Bal, la sera,/E le grandi citt stanno in ginocchi/A lui dintorno. Innumeri rintocchi/Salgon dalla marea di torri nera.// [...] Denso/Di ciminiere e fabbriche a lui sale/Il fumo, come nuvola dincenso.14 Per il pittore Franz Marc lEuropa, vecchia e invecchiata, ha bisogno di un sacrificio di sangue per rinascere. LEuropa ha perso la sua spiritualit: le scienze hanno divinizzato il mondo e sostituito Dio con luomo, sono fatali a tutto ci che oggi ancora sacro e noto e necessario.15 Come la spiritualit cos malata la politica e larte. Il traguardo segreto della guerra non dunque una vittoria territoriale, ma la distruzione delle catene, la formazione di un nuovo tipo umano, la vittoria spirituale delluomo europeo. 16 La tesi del declino spirituale dellOccidente un tema ricorrente nel dibattito del periodo. Nel 1918 esce il primo volume di un libro che avr un grande successo, Il tramonto dellOccidente di Oswald Spengler, pubblicato nellestate di quellanno, ma gi finito nella sua stesura quando scoppi la grande guerra. Spengler d una visione organicistica delle civilt per le quali descrive una morfologia naturale desunta dalle teorie di Goethe che stabilisce per ognuna un ciclo che si conclude con lineluttabile tramonto. al tramonto, secondo il filosofo tedesco, giunto anche lOccidente, il cui suolo ormai metafisicamente esaurito. 17 Spengler fu ritenuto un profeta e raggiunse una grande notoriet. In realt chi aveva lucidamente profetizzato lavvento imminente di unepoca di distruzioni e
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13 Ladislao Mittner, Storia della letteratura tedesca, vol. 3, Torino, Einaudi, 1971, p. 1223. 14 Georg Heym, Il dio della citt, in Id., Umbra vitae, p. 55. 15 Franz Marc, Il tipo superiore, in Id., Scritti: 1910-1915, Firenze, Hopeful Monster, 1987, p. 102. 16 Idem, p. 99. 17 Oswald Spengler, Il tramonto dellOccidente, Milano, Longanesi, 1978, p. 7 e p.17.

cataclismi era stato il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (Thomas Mann in una lettera chiama Spengler lastuta scimmia di Nietzsche). Lidea di una barbarie ventura e di una vicina catastrofe, ne attraversa lintera opera. Gi nella terza delle Considerazioni inattuali, intitolata Schopenauer come educatore e scritta nel 1874, cos descrive la nuova atmosfera intellettuale: Le acque della religione si ritirano, si
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10. Ludwig Meidner, Paesaggio apocalittico, 1913 11. Ludwig Meidner, Visione apocalittica, 1912 12. Ernst Barlach, Il vendicatore, 1914

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ritirano lasciando acquitrini e paludi; di nuovo le nazioni si dividono nella massima ostilit e bramano dilaniarsi. Le scienze, esercitate senza alcuna misura e nel pi cieco laisser faire, sminuzzano e dissolvono ogni salda credenza; i ceti e gli stati civili vengono travolti da uneconomia del denaro enormemente spregevole. Mai il mondo fu pi mondo, pi povero di amore e di bont. Sta sopraggiungendo una nuova barbarie preparata anche dallarte e dalla scienza: vi sono certo forze, forze enormi ma selvagge, primordiali e del tutto impietose. In angosciosa attesa si guarda a esse come al crogiuolo della cucina di una strega: da un momento allaltro pu esserci un sussulto o un lampo ad annunciare apparizioni tremende.18 E di questo tremendum si fa profeta il filosofo: Conosco la mia sorte. Un giorno sar legato al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la pi profonda collisione della coscienza, una decisione contro tutto ci che finora stato creduto, preteso, consacrato. Queste parole ne fecero il nume tutelare di tutti i rivolgimenti attesi o sperati allinizio del secolo:19 Tutta la nostra cultura europea come se andasse verso una catastrofe: inquieta, violenta, precipitosa, come un fiume che vuole arrivare alla fine.20 E questa fine la guerra. Cos riferendosi allultima parte dellAlso sprach Zarathustra, afferma: Quando lo pubblicher dopo alcuni decenni di crisi mondiali intendo: GUERRE sar allora la sua vera ora.21 Le rappresentazioni di un futuro agli antipodi delle promesse trionfali della civilt occidentale si trova in tutte le letterature europee. Lo scrittore inglese Herbert George Wells nel romanzo La macchina del tempo (1895) racconta di un viaggiatore che giunge nellanno 802.701. La terra abitata da due razze, entrambe discendenti dagli esseri umani di oggi, ma profondamente decadute. La prima quella degli Eloi, miti e gracili creature dal colorito roseo e dallaspetto delicato, che vestono abiti leggiadri e passano il tempo a giocare e divertirsi. Sembrano esseri invidiabili, gli Eloi: ma a conoscerli meglio ci si accorge che la loro intelligenza limitata, il loro linguaggio in grado di esprimere soltanto emozioni elementari, e la loro
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18 Friedrich Nietszche, Schopenauer come educatore, Milano, Adelphi, 1992. Vedi anche Umano troppo umano, Milano, Adelphi, 1967, pp. 249-250; e La gaia scienza, Milano, Adelphi, 1977, pp. 255256. 19 Id., Ecce homo, Milano, Adelphi, 1969, pp. 135 e 120. 20 Id., Lanticristo, Milano, Adelphi, 1977, pp. 466-467. 21 Id., Epistolario, Milano, Adelphi, 1980, p. 334. 22 Carl Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, Milano, Rizzoli, 1988, p. 219.

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capacit di provvedere a se stessi molto ristretta; essi si cibano esclusivamente di frutta, e abitano costruzioni evidentemente ereditate da una precedente civilt pi evoluta. Appena scende la sera, gli Eloi hanno paura, perch dalle viscere della terra emergono i Morlocchi, esseri biancastri scimmieschi e mollicci, che trascorrono la vita affaccendati a produrre beni materiali nelle loro fabbriche sotterranee, uscendone soltanto per catturare gli Eloi, di cui si cibano. Questi ultimi sono dunque ridotti alla condizione di bestiame brado a disposizione dei ributtanti Morlocchi. Come ci viene spiegato dallautore medesimo, le due razze discendono rispettivamente dalla classe borghese e dalla classe proletaria, e se i secondi sono giunti ad un livello di totale abbruttimento, i primi non sono certo da meglio, nella loro semi-idiozia. Una raccolta di visioni apocalittiche che sembrano anticipare la catastrofe si trova nel Libro rosso di Gustav Jung. Come scrive in Ricordi, sogni, riflessioni, dopo la rottura con Freud:
Si scaten un flusso incessante di fantasie, e feci del mio meglio per non perdere la testa [] Ero inerme di fronte a un mondo estraneo dove tutto appariva difficile e incomprensibile [] Le tempeste si susseguivano, e che potessi sopportarle, era solo questione di forza bruta. Per altri hanno rappresentato la rovina: cos per Nietzsche, Hlderlin, e molti altri Nel reggere a questi assalti dellinconscio ero sostenuto dal saldo convincimento di obbedire a una volont superiore.22

Il primo di questi episodi si manifest nellottobre del 1913 nel corso di un viaggio in treno verso Sciaffusa durante il quale ebbe una visione apocalittica in cui scorse unalluvione di melma, macerie e morti invadere la terra dalla Russia fino alle Alpi. Lo scoppio della Prima guerra mondiale conferm a Jung lintuizione che le
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13. Ludwig Meidner, Paesaggio apocalittico, 1916 14. Ludwig Meidner, Citt in fiamme, 1913

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proprie inquietanti derive psichiche non erano casuali ed isolate ma rispecchiavano langoscia collettiva di un mondo che stava sprofondando nellabisso. Alcune di queste visioni ricordano quelle descritte da Hermann Hesse in Demian pubblicato nel 1919:
Questo mondo, com oggi, vuole morire, vuole andare a morire e ci riuscir [] Sappiamo che il nostro mondo marcio, ma questo non sarebbe ancora un valido motivo per predirne il tramonto o qualcosa del genere. Da parecchi anni per faccio sogni dai quali concludo o intuisco, come vuoi, che il crollo del vecchio mondo vicino. [...] Il mondo vuole rinnovarsi. C odore di morte. Non viene niente di nuovo senza la morte. [] Ci sar la guerra. [...] Ci sar forse una grande guerra, una guerra molto grande. Ma anche questo sar soltanto linizio. Comincia il nuovo e il nuovo per coloro che sono legati al vecchio sar terribile.23

soprattutto il mondo austriaco a intercettare queste tensioni, trasformate poi nellabusata formula della gaia apocalisse, che tuttavia resta uno degli ossimori pi felici e indicativi del clima culturale viennese; di un impero che muore a tempo di valzer e che rimanda alla leggenda del Titanic la cui orchestra in impeccabile frac nero continu a suonare fino alla fine; o nella definizione di Vienna come della stazione sperimentale della fine del mondo coniata da Karl Kraus. Lespressionista Alfred Kubin ne Laltra parte (1907) narra di un misterioso mago e ipnotizzatore, Claus Patera, che fonda in un luogo imprecisato dellAsia centrale il Regno del Sogno. Perla, la capitale, costruita con case corrose e malfamate della vecchia Europa, ricorda Praga. circondata da unenorme muraglia che la difende dal progresso: attraverso lunica porta che si apre in essa non pu passare nulla che non sia gi stato usato. La natura avvolta in un perenne grigiore e gli abitanti vivono unesistenza nevrastenica e priva di futuro: il cielo che vi si stendeva sopra
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23 Hermann Hesse, Demian, Venezia, Marsilio, 1994, pp. 329, 349, 369, 357-377. 24 Alfred Kubin, Laltra parte, Milano, Adelphi, 1965, p. 51.

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era eternamente fosco; il sole non splendeva mai, mai si vedevano, di notte, la luna o le stelle.24 Ovunque aleggia un senso di mistero che si manifesta attraverso sintomi inquietanti e bizzarri. Nella seconda parte della narrazione si assiste a un inarrestabile procedere verso la decadenza e il crollo: nevrosi di massa, carestia, disgregazione degli oggetti, mutamenti climatici, invasione delle acque paludose, scorrerie degli animali. La
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distruzione del regno di Patera, per un fenomeno di putrefazione organica, una anticipazione del crollo della Duplice Monarchia e si inserisce a pieno titolo nella letteratura mitteleuropea della crisi che descrive il vecchio mondo non come una Heimat perduta, ma come una realt soffocante e intimamente morta. Temi analoghi, sia pure con una coloritura del tutto particolare, si trovano nella letteratura russa a cavallo della svolta del secolo una delle pi straordinarie epoche letterarie che si concluder con la fine tragica di tutti i suoi protagonisti.25 Si tratta di una generazione di poeti e di scrittori che percepiva in modo spasmodico il rombo sotterraneo degli avvenimenti, la crisi della cultura borghese e lapprossimarsi della tempesta. Una generazione, ha osservato Angelo Maria Ripellino, pervasa dal disperato presagio della vicina catastrofe, dallansia febbrile del crollo del vecchio mondo, i cui esponenti vivevano in unaura di fanatismo, ansiosi di teofanie, di miracoli, di apocalissi.26 Sono soprattutto i simbolisti a dare voce allinsoddisfazione del presente e alla predizione di una apocalisse prossima ventura: Aleksandr Blok nel Mondo terribile, Fedor Sologub, Andrei Belyi, Valerii Bryusov descrivono il mondo della grande citt come un inferno, in cui luomo contemporaneo si trova esiliato. La realt immobile, pietrificata, luomo intorpidito, solo un gesto estremo, la liberazione delle forze elementari, barbariche, del popolo russo pu salvare una civilt in decomposizione, gi in preda della catastrofe.

15. George Grosz, Metropoli [Sguardo sulla metropoli], 1916-17 16. George Grosz, Dedicato a Oskar Panizza, 1917-18

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25 Roman Jakobson, Una generazione che ha dissipato i suoi poeti. Il problema Majakovskij, Milano, SE, 2004. 26 Angelo Maria Ripellino, Letteratura come itinerario nel meraviglioso, Torino, Einaudi, 1968, pp. 128 e 131.

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Di queste atmosfere impregnato il gruppo degli Sciti, nato nel 1917 e che interpretava il grande sconvolgimento come catarsi dellumanit e trasfigurazione del globo terracqueo.27 Il richiamo al popolo barbaro degli sciti evocato contro il decadente occidente europeo. Lo scitismo rappresenta un confuso miscuglio di messianesimo, slavofilia, socialismo rivoluzionario. Ad esso aderirono personalit tra loro molto diverse come Belyi, Blok, Remizov, Mandelshtam, Oreshin, Esenin. A differenza che nel resto dellEuropa, in Russia la ricerca letteraria si colora di temi religiosi e teologici. Il simbolismo, interessato alloccultismo e alle teorie antropososofiche e teosofiche, intrecci un serrato dialogo con filosofi quali Vladimir Solovev, Dimitri Merezhkovskii, Pavel Florenskii. I simbolisti considerano laspetto religioso la forza spirituale centrale. Anzi accentratrice, che non riguarda solo la vita dellindividuo, bens quella della societ, della comunit, della collettivit. A questa rivalutazione della religione e dellelemento religioso si collega spesso anche lidea di un rivolgimento rivoluzionario, la speranza apocalittica in una societ nuova e in un uomo nuovo.28 Bench in genere apolitici, gli scrittori legati al simbolismo videro nella rivoluzione del 1905 la conferma di una catastrofe imminente che avrebbe partorito un nuovo mondo. In Russia, forse pi che la Grande guerra,29 fu la rivoluzione ad essere il punto di coagulo delle attese messianiche: cos gli sciti, in un tragico equivoco, videro nei bolscevichi i nuovi barbari giunti a rinnovare la razza e la spiritualit russe.

17. Otto Dix, Guerriero morente, 1913 18. Franz Marc, Forme in lotta [Forme astratte 1], 1914

LENTUSIASMO DELLA MOBILITAZIONE Ci che non era visibile prima della guerra, se non a pochi che sapevano intravvedere le crepe nascoste dellapparentemente compatto spirito europeo, ai diagnostici della crisi spirituale del grande organismo europeo,30 divent chiaro a molti durante e dopo la guerra. La guerra che nelle speranze dei pi doveva finire per Natale,
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27 Idem, p. 170. 28 Julia Scherrer, La ricerca filosofico-religiosa in Russia allinizio del XX secolo, in Efim Etkind et al. (a cura di), Storia della Letteratura Russa, vol. 3, Il Novecento, t. 1, Torino, Einaudi, 1989, p. 201. 29 Michail Heller, La letteratura della prima guerra mondiale, in Idem, pp. 721-731. 30 Musil, Diari, p. 861. 31 Franz Marc, I cento aforismi. La seconda vista, Milano, Feltrinelli, 1982, p. 45. 32 Hesse, Demian, p. 385 e anche p. 233. 33 Marc, La seconda vista, p. 41.

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distrusse completamente il vecchio mondo. Essa fu dunque una vera apocalisse, una rivelazione come suona il suo senso letterale. Lo scoppio della guerra fu percepito da molti come una necessit, la virulenta malattia attraverso cui il mondo deve passare per potersi rigenerare, il purgatorio della vecchia, della invecchiata e peccatrice Europa.31 La violenza fu paragonata alle doglie del parto, metafora che compare ossessivamente insieme a quella della malattia e della febbre. Sia in Franz Marc che in Hermann Hesse compare la metafora delluovo cosmico. Nei sogni di Emil Sinclair, il protagonista di Demian, un uccello gigantesco lottava per uscire dalluovo e luovo era il mondo e il mondo doveva andare in frantumi,32 mentre Marc parla delluovo cosmico con la tenerezza di ci che sta per venire alla luce: Chi nobile e leale allontana la massa indisciplinata dalla culla del tenero uovo cosmico.33 In entrambi i casi la culla del nuovo, simbolo di renovatio. Dallo scontro armato ci si aspettava un nuovo ordine sociale esattamente come, nellApocalisse di San Giovanni, la nuova Gerusalemme risorge dalle ceneri del mondo. Si auspicava la purificazione dellEuropa, il tramonto di tutti gli antichi poteri e di una societ che non poteva essere trasformata solo con larte. Gli anni che precedono la Grande guerra sono anche gli anni in cui nascono le prime
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avanguardie. Al centro dei manifesti degli espressionisti e dei futuristi c la volont di rigenerare la societ attraverso larte. Lobiettivo polemico era la societ borghese, ritenuta ormai intimamente vuota. Scrive Musil:
Lo spirito era affare duna minoranza europea appartenente allopposizione. [] La nostra poesia stata una poesia che operava sul rovescio della medaglia, una poesia delle eccezioni nella regola, e spesso persino di eccezioni delle eccezioni. Nei suoi massimi esponenti. E appunto perci essa era, a suo modo, animata da quel medesimo spirito battagliero e conquistatore che noi avvertiamo nella sua forma primigenia, meravigliati e felici, in noi e intorno a noi.34

La guerra, nelle parole dello scrittore austriaco, dunque la realizzazione politica della tensione al nuovo, alla rigenerazione della societ propugnata dalle avanguardie, molti esponenti delle quali aderirono entusiasticamente al conflitto. Sempre Georg Heym nel frammento poetico del 1912 La guerra, la descrive come una forza demoniaca che percorre le citt sterili, ruderi di una civilt pietrificata, distruggendo ogni cosa e preparando cos lavvento del nuovo. Solo che questo nuovo fu qualcosa di spaventoso. La guerra, seppure a lungo annunciata, giunge allimprovviso e provoca in
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19. Bohumil Kubita, Artiglieria costale in combattimento con la flotta, 1913 20. Thophile Alexandre Steinlen, La marsigliese, 1915

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34 Robert Musil, La Germania in Europa, in Mario Schettini (a cura di), La letteratura della Grande guerra, Firenze, Sansoni, 1968, pp. 152-153. 35 Idem, p. 153. 36 Stefan Zweig, Il mondo di ieri, Milano, Mondadori, 1979, p. 180.

ogni nazione profonde manifestazioni di entusiasmo patriottico, che elimina ogni divisione sociale e politica e fa sentire i popoli uniti intorno ai loro capi. Noi sentiamo, annota Robert Musil nellagosto 1914, di venire serrati e fusi da unindicibile umilt, in cui il singolo ridivenuto un nulla al di l del proprio compito di proteggere la stirpe.35 Centinaia di migliaia di persone, scrive a sua volta il pacifista Stefan Zweig, sentivano allora come non mai quel che avrebbe dovuto sentire in pace, di appartenere cio ad una grande unit.36 Mentre Hesse cos descrive quelle giornate:
Tutti gli uomini erano come affratellati. Pensavano alla patria e allonore. Ma era il volto scoperto del destino quello cui tutti volgevano per un attimo lo sguardo. Giovani uscivano 27

21. Adriana Bisi Fabbri, Interventismo, 1915 22. Roberto Marcello Baldessari, Galleria + bandiere alleate, 1918

21 dalle caserme, salivano sui treni e su molte facce vidi un segno [...] un segno bello e pieno di dignit che significava amore e morte. Anchio fui abbracciato da gente mai vista e capii e ricambiai di buon grado. Lo facevano in uno stato debbrezza, non era la volont del destino, ma lebbrezza era sacra e traeva origine dal fatto che tutti avevano gettato quello sguardo breve e impressionante negli occhi del destino.37 28

37 Hesse, Demian, pp. 381-382.

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Questo sentirsi tutti fratelli ci che descrive Gerda Fischel al suo scettico padre: Tu non immagini quanto amore, quanti sentimenti mai conosciuti fioriscano adesso per tutte le strade! Siamo vissuti come le bestie che la morte un bel giorno distrugge; ma ora diverso! E una cosa immensa, ti dico! Tutti
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23. Almanacco della guerra, Firenze, Edizioni Lacerba, 1915 24. Filippo Tommaso Marinetti, Zang tumb tumb, Milano, Edizione futuriste di Poesia, 1914 25. Filippo Tommaso Marinetti, 8 anime in una bomba, Milano, Edizione futuriste di Poesia, 1919

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sono fratelli, neppure la morte nemica; si ama la propria morte per amore degli altri; oggi per la prima volta si capisce la vita!.38 In un capitolo del Doctor Faustus, Zeitblom, il vecchio umanista portavoce di Thomas Mann, ricorda le prime ardenti giornate dellagosto 1914 a Monaco, il fermento vissuto dalla citt, gli entusiasmi popolari, lebbrezza della mobilitazione:
Nella nostra Germania, non si pu negarlo, essa faceva soprattutto una esaltante impressione di orgoglio storico, accompagnato dalla gioia di mettersi in marcia, di abbandonare la vita quotidiana, di liberarsi da un ristagno nel quale non si sarebbe potuto continuare, in un entusiasmo rivolto allavvenire, in un appello al dovere virile, in una festa eroica.39

La macchina della mobilitazione si mette in moto dagli uffici di arruolamento delle citt, dalle caserme, dalle stazioni ferroviarie, uno dei luoghi che si incontrano pi frequentemente nelle testimonianze letterarie. Cos Ernst Glser descrive le banchine della stazione di Friburgo:
Studenti con giacche fantasiose balzarono cantando sul treno. Dai finestrini essi baciavano ragazze che regalavano loro fiori. Signori anziani avevano attaccato bandierine ai loro bastoni e li portavano sulla spalla. Soldati che recavano infilzati mazzi di rose nelle canne dei fucili venivano colmati di doni, come se fosse il loro compleanno. [...] Allegre frotte di ragazze in abiti bianchi correvano verso i soldati e appuntavano loro fiori sul petto. [...] Tutti ridevano, pi di tutti i soldati. Andavano in vacanza o ad una sagra?.40

In un saggio del 1918 rimasto incompiuto, La fine della guerra, Musil cerca di descrivere pi razionalmente questa esperienza:
Svan la forma organizzata della vita, che ciascuno aveva intimamente mal sopportato, luomo si fuse con luomo, la non chiarezza con la non chiarezza, non si conosceva, 30

38 Musil, Luomo senza qualit, p. 1280. 39 Thomas Mann, Doctor Faustus, Milano, Mondadori, 1970, p. 361. 40 Ernst Glser, Classe 1902, in Schettini, La letteratura, p. 323. 41 Robert Musil,Das Ende des Krieges, in Idem, Gesammelte Werke, Reinbeck bei Hamburg, Rowohlt, 1978, p. 1343. 42 Id., Diari, p. 986. 43 Jeffrey Verhey, Spirit of 1914. Militarism,Myth and Mobilization in Germany, Cambridge, Cambridge U. P., 2000. Si veda anche Reinhard Rrup, Der Geist von 1914 in Deutschland: Kriegsbegeisterung und Ideologisierung des Kriegs im Ersten Weltkrieg, in Bernd Hppauf (a cura di), Ansichten vom Krieg, Knigstein/Ts.; Forum Academicum in d. Verl.-Gruppe Athenum, Hain, Hanstein, 1984.

24 grazie a Dio, pi alcun partito e ci si augurava di arrivare ben presto a non conoscere pi nemmeno lio e il tu e i rispettivi collegamenti. Era la rivoluzione quale conclusione di una evoluzione che si era arrestata.41

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Si tratta di un comportamento che ha spiegazioni complesse. Alcune sue componenti sono comprensibili solo ricorrendo alla psicologia di massa, al magma di emozioni che sempre scorre sotto una sottile crosta di civilt e ai meccanismi che lo riportano in superficie. Tutte le testimonianze parlano di ubriacatura, di febbre, di estasi. Slogan e parole dordine diventano esperienze brucianti: si sente la nazione in carne e ossa, scrive Musil. Ci si dissolve in un accadimento superpersonale, la sensazione di vivere qualcosa di grande, un altro rapporto con la morte.42 Ci forse pu spiegare come anche uno scrittore raffinato, cosmopolita e appartato come Rainer Maria Rilke precipiti nel magma e scriva i Cinque canti dellagosto 1914, unelegia al Dio di battaglia, che sceglie lincendio, che per mezzo della violenza distrugge la cultura danteguerra, sterile e sorpassata. In questa orgia di slogan e di mitologie a basso prezzo solo Karl Kraus sembra mantenere il proprio distacco e, lontano dagli entusiasmi, dalle pagine della Fackel denuncia il rapporto di causa-effetto tra la parola e la disponibilit allazione. Recentemente un lavoro ridimensiona lentusiasmo della mobilitazione, comune a tutte le fonti letterarie.43 Jeffrey Verhey riconosce la presenza di questo sentimento tra le classi pi elevate e tra gli intellettuali, per osserva sulla base di dati precisi come questo non sia stato universale e come lubriacatura patriottica che in Germania ha portato allinvio ai giornali di circa un milione di poesie inneggianti alla guerra abbia messo in secondo piano e oscurato le voci dissenzienti. Quello che colpisce nel lessico della Grande guerra luso diffuso di una terminologia religiosa. Ad essere descritto in termini religiosi innanzitutto proprio lo spirito della mobilitazione: cosa immensa di cui parla Gerda la comprensione della vita che lesperienza della comunanza con tutti gli altri apre. Infatti il momento della
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26. Lacerba, a. 3, n. 20, 15 maggio 1915 27. Auro DAlba, Baionette, Milano, Edizione futuriste di Poesia, 1915 28. Carlo Carr, Guerrapittura, Milano, Edizioni futuriste di Poesia, 1915 29. Filippo Tommaso Marinetti, Per la guerra, sola igiene del mondo, s.d. [ma 1911] 26

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distruzione dellordine normale, della vita regolata, complementare a uno stato di fusione e di unificazione. Esperienza che Musil definisce sconfinata, forza primigenia, minuscola scheggia di verit dellAmore supremo.44 Giudizio che lo scrittore mantiene inalterato nel tempo, in un progetto di romanzo che risale al 1918 cos si esprime: La grande esperienza. Rappresentarla senza critica; lebbrezza. Qualcosa che avvicina a Dio.45 E nel coevo frammento La fine della guerra afferma: Coloro che non erano stati credenti la definirono unesperienza religiosa, i pi chiusi unesperienza unificante.46 Nel 1919 la chiama lalito di un sentimento religioso che almeno allinizio della guerra ha soffiato in tutti i popoli belligeranti. Altre volte esperienza affine a quella religiosa o, decisamente, esperienza religiosa. Ancora nel Quaderno 33 (1937-fine 1941 circa) definisce lesperienza della mobilitazione del 1914, di un misticismo atavico. 47
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Uno dei termini pi usati quello di redenzione: le regioni italiane che ancora fanno parte dellImpero austro-ungarico sono i paesi irredenti. Viene qui tradotta dalla pubblicistica politica quellattesa spasmodica di un Redentore che attraversava i circoli intellettuali, attesa che, non senza ironia, cos descrive Musil:
Infine si persuadevano che il loro secolo era destinato alla sterilit morale e che solo un avvenimento straordinario o un uomo eccezionale lo poteva redimere. Sorse cos fra i cosiddetti intellettuali la popolarit del verbo redimere e dei suoi derivati. Erano persuasi che non si poteva andare avanti se non giungeva al pi presto un messia. Secondo i casi, doveva essere un messia della medicina che avrebbe redento larte clinica dalle ricerche scientifiche durante le quali la gente sammala e muore senza soccorso; oppure un messia della poesia, capace di scrivere un dramma che avrebbe riempito i teatri di migliaia di 33

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Musil, La Germania in Europa, p. 153. Id., Diari, p. 517. Id., Das Ende des Krieges, p. 1343 Idem, pp. 802, 986, 807 e 1403.

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spettatori, e tuttavia sarebbe stato della pi vertiginosa altezza spirituale; e oltre a questa convinzione che ogni singola attivit umana potesse essere restituita a se stessa solo grazie a un particolare messia, cera naturalmente il desiderio semplice e non analizzato di un messia dal pugno di ferro per tutto linsieme. Cos quello precedente alla grande guerra fu un periodo di attesa messianica, e se interi paesi volevano essere redenti non cera in fondo proprio niente di straordinario.48

48 Id., Luomo senza qualit, pp. 504-505.

Questo atteggiamento di attesa messianica che caratterizza linizio del secolo si coagula nellevento bellico, ma attraversa anche il primo dopoguerra. Di fronte alla disfatta delle attese che lo scoppio della guerra aveva portato con s, il messianesimo si incarner nei grandi movimenti politici del Novecento: il comunismo, il fascismo,
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34. Giacomo Balla, Sbandieramento + folla, 1915 35. Giacomo Balla, Insidie di guerra, 1915 36. Giacomo Balla, Manifestazione patriottica, 1915

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il nazismo. Se abbastanza noto il rapporto tra messianesimo politico e movimenti di estrema sinistra basti pensare a filosofi come Gyrgy Lukcs, Ernst Bloch, Walter Benjamin ,49 in realt questo innerva anche i movimenti di estrema destra: del resto il Terzo Reich doveva essere il Reich Millenario. Sicuramente per il termine pi usato quello di apocalisse. Si tratta, come si visto, di una metafora chiave per comprendere il clima culturale del primo Novecento.
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49 Michael Lwy, Redenzione e utopia. Figure della cultura ebraica mitteleuropea, Torino, Bollati Boringhieri, 1992. 50 Ernst Jnger, Scritti politici e di guerra, vol. 1, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2003, p. 15.

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IL DISINGANNO E LORRORE Tra tutte le illusioni che accompagnarono lo scoppio del conflitto mondiale, quella di riuscire a ritrovare nelle trincee il senso della vita autentica fu tra le prime a cadere. Cercando di dominare con lo sguardo levento bellico, Jnger scrive nel 1919 che era ancora troppo vicino per poterne cristallizzare lo spirito, solo una cosa si fa sempre pi chiara: il significato soverchiante della materia. La guerra culminata nella battaglia di materiali: macchine, ferro e sostanze esplosive costituivano i suoi fattori. Luomo stesso era considerato un materiale.50 Poco importa che in questa nuova condizione Jnger vedesse la nascita di un uomo nuovo: dai soldati al fronte il dominio dellindustrializzazione fu percepito come un ulteriore tragico inganno.
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Il nuovo mondo uscito dalla guerra un mondo di cadaveri e di rovine, terrificante, pieno di marciumi, terremotato descritto dai pittori di guerra. Esemplare di questa esperienza la tela Stiamo costruendo un nuovo mondo di Paul Nash, che raffigura un paesaggio di chiaro significato simbolico, una delle opere tra le pi suggestive e scioccanti che Nash dipinse sul tema della guerra. Il nuovo mondo una landa desolata popolata di alberi morti, spezzati, seccati, sradicati, miseri cadaveri di un mondo violato che, nella rappresentazione di Nash, ha perso ogni connotazione naturalistica. Una allucinante messa in scena, dove la figura umana non compare: solo dolore e distruzione. Unassenza che, tuttavia, evoca prepotentemente una presenza: gli alberi in parata sembrano infatti uno spettrale esercito di combattenti schierati per lultima disfatta, feriti, abbattuti, vinti, simbolo di unumanit in rovina sulla quale un improbabile sole, luminoso e raggiante, brilla inutilmente, testimone indifferente della tragedia (tav. 272). Ma anche lesperienza dellinferno descritta dai pittori espressionisti (tav. 227), che cos narrata da Ernst Jnger: Quando, nel buio, mimbattevo in qualche sbandato che cercava di ricongiungersi alla propria unit, avevo lagghiacciante sensazione di non trovarmi di fronte a uomini, ma ad esseri infernali. Si vagava su immensi campi di rovine, come oltre i limiti del mondo conosciuto.51 Questa trasformazione stata resa magistralmente da Albin Egger-Lienz in uno dei suoi quadri pi famosi, I senzanome 1914 (tav. 54), del 1916. Esposto alla mostra di Bolzano del 1917 (tav. 96), con il titolo Sturm bei Uhnow, successivamente
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37. Giacomo Balla, Stupendo manifesto guerra, 6 novembre 1914 38. Giacomo Balla, Sventolamento,1915

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51 Ernst Jnger, Tempeste dacciaio, Roma, Ciarrapico, 1982, p. 151.

la grande tela venne esposta a Innsbruck, con il nuovo nome. Sotto uno spicchio di cielo grigiastro, in un ambiente desolato, piegati avanzano dei soldati. Pi che uomini sembrano macchine, un segmento di una massa infinita, i loro visi sono del tutto privi di individualit e di sentimento. Avanzano semplicemente, eseguono un ordine in modo meccanico, non c in loro la consapevolezza di un luogo di origine n di una meta. Lazione colta in un momento qualsiasi e trasmette lidea di una estensione e di una ripetibilit infinita. Questo aspetto successivamente riecheggiato nel titolo di un noto romanzo di Ernst Wiechert, Ognuno. Storia dun senza nome. I senzanome 1914, oltre ad essere forse il quadro pi significativo della Prima guerra mondiale, il risultato maturo di una lunga ricerca di stilizzazione dei combattenti effettuata da Egger-Lienz. I soldati senza nome incarnano ora molti dei tratti dei suoi contadini e impugnano come clave i moschetti, allo stesso modo della falce nei campi. Per questa trasformazione emblematico il quadro Haspinger anno
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nove (tav. 58) che mostra un gruppo di contadini armati di forconi e bastoni guidati dal monaco Joachim Simon Haspinger in rivolta contro i bavaresi. Gli stessi corpi dei Senzanome, ora impressionante massa di cadaveri, li ritroviamo nel terribile Finale del 1918 (tav. 323). Tutte le raffigurazioni delle trincee descrivono uno spazio inumano, folle, privo di punti di riferimento (tavv. 197-200). Una terribile descrizione della vita nelle trincee si trova nel Fuoco, che Henri Barbusse scrisse nel 1916.52 Come molti altri Barbusse, bench in et avanzata, nellagosto del 1914 si arruol volontario come soldato semplice, due anni dopo durante un ricovero in ospedale per curare le ferite riportate in combattimento cominci a raccontare senza alcuna retorica la sua terribile esperienza sul fronte occidentale. Qui, come nelle lettere di Oskar
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39. Giacomo Balla, Paesaggio + velo di vedova, 1916. 40.-41. Giacomo Balla, Lettera a F.T. Marinetti, 17 luglio 1914 (recto e verso)

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52 Henri Barbusse, Il fuoco, Milano, Kaos, 2007.

Kokoschka o nei taccuini di Otto Dix, prevale la merda, il vomito, la morte, il fango, la pioggia che rende invivibile la trincea, i parassiti che martoriano le carni dei soldati, i lamenti dei feriti agonizzanti sui reticolati (tav. 207). Luomo nuovo il mutilato, il reduce, un uomo ferito nel corpo e nellanimo. I giorni della guerra che segn il naufragio della civilt europea, nella visione apocalittica di Karl Kraus sono Gli ultimi giorni dellumanit:
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La messa in scena di questo dramma, la cui mole occuperebbe, secondo misure terrestri, circa dieci serate, concepita per un teatro di Marte. I frequentatori dei teatri di questo mondo non saprebbero reggervi. Perch sangue del loro sangue e sostanza della sostanza di quegli anni irreali, inconcepibili, irraggiungibili da qualsiasi vigile intelletto, inaccessibili a qualsiasi ricordo e conservati soltanto in un sogno cruento, di quegli anni in cui personaggi da operetta recitarono la tragedia dellumanit. La vicenda, che trascorre per cento scene e cento inferni, impossibile, frastagliata, priva di eroi come quella. Il suo humour soltanto lautoaccusa di uno che non impazzito allidea di aver superato a mente sana la testimonianza di questi avvenimenti. Oltre a costui, che presenta ai posteri la vergogna di una tale partecipazione, nessun altro ha diritto a questo humour. 53
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42. Fortunato Depero, Marcialottare, 1915 43. Fortunato Depero, Guerra, guerra!, 1915 44. Kazimir Malevich, Figura orante, 1913 45. Kazimir Malevich, Morte simultanea di un uomo in aeroplano e alla ferrovia, 1913

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53 Karl Kraus, Gli ultimi giorni dellumanit, Milano, Adelphi, 1996, p. 9. 54 Robert Musil, Camerati, collaborate!, in Id., La guerra parallela, nuova edizione riveduta e aumentata, Silvy edizioni, 2012. In questo volume alle pp. 7-8. 55 Erwin Rommel, Fanterie allattacco. Esperienze vissute, Milano, Longanesi, 1972, p. 9.

ESPERIENZA E GUERRA Senza voler esagerare, scrive Robert Musil nel suo primo articolo per la Tiroler Soldaten-Zeitung, quanto da due anni a questa parte si vissuto al fronte, anche solo considerato dal punto di vista di unesperienza mai verificatasi prima, pur sempre qualcosa di immane. Tuttavia tutto questo svanir per sempre se non lo fissiamo. Per fare ci non necessario produrre articoli perfetti nella forma. Poeta chi vede le cose come fosse la prima volta; ogni soldato che renda imparzialmente conto di quanto vede, diventa poeta.54 In queste righe scritte nellagosto del 1916 sono esposti due aspetti che in seguito diventeranno canonici negli studi sulla trasformazione dellidentit dei combattenti: leccezionalit di questa esperienza (Erlebnis) e la difficolt di trasformarla da esperienza vissuta (Erlebnis, appunto) in esperienza nel senso di crescita (Ehrfahrung). Si tratta di una differenza di non poco conto: Erwin Rommel, mise come sottotitolo al suo libro sulla Grande guerra proprio lendiadi Erlebnis und Erfahrung, spiegando nella prefazione: a quasi tutti gli episodi narrati segue un breve commento che consente di trarre gli opportuni insegnamenti dai fatti darmi illustrati.55 In questi insegnamenti, nel contenuto comunicabile, consiste appunto lEhrfahrung. Leccezionalit di questa esperienza stata variamente descritta e sinteticamente pu essere definita come lirruzione del moderno. Lindustrializzazione domin fin da subito levento bellico, togliendo spazio ai sogni di eroismo, di altruismo e ricerca del s con cui una generazione si era avviata al fronte. Il dominio della tecnica si rivel nei materiali, nellorganizzazione del fronte, nel ruolo assunto dalla propaganda e nella dimensione del macello. Molti dei quadri dei pittori di guerra ritraggono i mezzi che si affacciavano allora sullo scenario bellico come gli aerei (tavv. 252-261), i treni blindati (tav. 1), le nuove generazioni di cannoni (tavv. 235-241), i gas (tavv. 232-234). La guerra aerea divenuta in pochi anni una realt; solo meno di un decennio prima era
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stata descritta in termini fantascientifici in un romanzo di Wells, La guerra nellaria (1908), una conflitto che reca distruzioni tali da fiaccare tutte le strutture produttive e organizzative degli stati belligeranti, provocando lanarchia generale e il ritorno alla vita dellorda. Lo scenario della guerra era in sintonia con le poetiche dellavanguardia. Il moderno combattimento industriale caratterizzato da un delirante paesaggio sonoro dominato dalle esplosioni continue dei bombardamenti dellartiglieria;56 lo stravolgimento del ritmo del giorno e della notte; i colori dei gas; le luci permanenti dei riflettori sui reticolati; le luci accecanti dei i proiettili traccianti e dei razzi di segnalazione; lo sconvolgimento della natura sembravano una demonica realizzazione dei quadri dei futuristi, degli espressionisti e dei cubisti. La stessa morte perse ogni individualit per assumere le caratteristiche e le procedure di un prodotto industriale: serialit e massificazione della morte si ritrovano nei lavori di artisti quali Otto Dix, Albin Egger-Lienz, Klemens Brosch (tav. 215). Laspetto mostruoso, non dominabile, della Prima guerra deriva proprio scala, dalle dimensioni del macello, dalla serialit e riproducibilit del massacro che originano dallorganizzazione e dalla tecnica che gli eserciti mutuano dal mondo industriale. Cos, nonostante la vastit degli eventi, la gente tornava dal fronte ammutolita, non pi ricca, ma pi povera di esperienza comunicabile.57 A questo proposito Theodor Adorno osserva nei Minima moralia come linadeguatezza del corpo alla battaglia dei materiali rendeva impossibile una vera esperienza. Nessuno avrebbe potuto raccontare di quella guerra al modo in cui si era raccontato delle battaglie del generale dartiglieria Bonaparte.58 Questo avvenuto, argomenta Musil in un saggio del 1922, perch ci sono mancati i concetti per far entrare in noi ci che abbiamo vissuto. [] Sono almeno dieci anni, non c dubbio, che stiamo facendo della storia universale e di che calibro. Ma non ce ne siamo accorti. E continua: eravamo dei cittadini

46. Marc Chagall, Laddio dei soldati, 1914 47. Carlo Carr, Festa patriottica (Manifestazione interventista), 1914

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56 Ernst Jnger, Tempeste dacciaio, pp. 127128. 57 Walter Benjamin, Il narratore. Considerazioni sullopera di Nikolaj Leskov, in Id., Angelus novus, Torino, Einaudi 1962 p. 236; si veda anche Id., Esperienza e povert, in Franco Rella (a cura di), Critica e storia. Materiali su Benjamin, Venezia, Cluev, 1980, pp. 203208. 58 Theodor W. Adorno, Minima moralia: meditazioni della vita offesa, Torino, Einaudi, 1979, p. 53.

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laboriosi, siamo diventati degli assassini, dei macellai, dei ladri, degli incendiari e roba simile: eppure, in realt, non abbiamo vissuto (erlebt) proprio nulla. Ci sono mancati i concetti ordinatori o, anche, ci sono mancati i sentimenti che con il loro magnetismo, mobilitassero i concetti necessari. Siamo tornati a casa portando con noi soltanto uninquietudine piena di stupore.59 La guerra stata dimenticata, anche se ha continuato ad agire nel profondo, perch per comprenderla si doveva essere in grado di modificare il proprio quadro mentale. Scrive in perfetta sintonia
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59 Robert Musil, LEuropa abbandonata a s stessa, in Id., Sulla stupidit e altri saggi, Milano, Mondadori, 1986, p. 105, p. 104. 60 Marc, Nel purgatorio della guerra, in Id., Scritti: 1910-1915, p. 86. 61 Adorno, Minima moralia, p. 52. 62 Giuseppe Ungaretti, Veglia, Cima quattro il 23 dicembre 1915, in Id., Vita dun uomo, Milano, Mondadori, 2005, p. 25. 63 George Trakl, Grodeck, in Id., Opere poetiche, Roma, Edizioni dellAteneo, 1963, pp. 324-325.

48. Adriana Bisi Fabbri, Partenza dei Volontari Ciclisti e Automobilisti, 1915 49. Anselmo Bucci, Partenza, [1915-1917] 50. Partenza dei Volontari Ciclisti Automobilisti, Milano, 21 luglio 1915

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con Musil il pittore Franz Marc: Ci che noi soldati stiamo vivendo in questi mesi supera di molto la nostra capacit di pensiero. Ci vorranno anni prima che possiamo considerare questa indicibile guerra come unazione, come una nostra esperienza.60 A riprova di questa difficolt vi il lungo intervallo tra le memorie di guerra e la conclusione della pace. Un intervallo che per Adorno non casuale, ma testimonianza della faticosa ricostruzione del ricordo.61 A questi limiti non soggiace la pittura; gli artisti continuano a lavorare durante la guerra e a rappresentarla. Infatti i pittori come i poeti e gli anonimi estensori di lettere e diari, non avevano bisogno di concetti ordinatori, ma si affidavano alle immediate impressioni visive. Ci vale per le parole in libert dei futuristi (tavv. 40-42 e 107), come per gli strazianti versi di Giuseppe Ungaretti pubblicati gi nel 1916: Unintera nottata/Buttato vicino/A un compagno/Massacrato/Con la bocca/ Digrignata/Volta al plenilunio,62 che hanno la visivit di un bozzetto. Analoghe descrizioni si trovano nelle Poesie di guerra di Wilfried Owen o nei Calligrammi di Guillaume Apollinaire. La visionariet dei paesaggi sconvolti dalla guerra ha in Grodeck di George Trakl uno dei vertici:
Risuonano a sera i boschi dautunno/Di armi mortali, le dorate pianure/E i laghi azzurri, su cui pi scuro/Rotola il sole; la notte abbraccia/Morenti guerrieri, il selvaggio lamento/ Delle loro bocche fracassate./Ma quiete sadunano nel folto dei salici/Rosse nubi che abita un adirato,/Sangue versato, frescura lunare./Tutte le strade sfociano in nera putredine.63

Gran parte della produzione dei pittori di guerra segue due generi a suo modo classici: la ritrattistica e la pittura dei paesaggi. Opere realizzate in presa diretta durante le pause dei combattimenti o nelle retrovie, i paesaggi vanno dalla natura incontaminata della guerra di montagna (tavv. 263-267) a quelli devastati della Galizia o del fronte occidentale (tavv. 269, 271), cos descritti da Jnger:
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51. Anselmo Bucci, Volontari Ciclisti e Automobilisti, 1915

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Campanili, ridotti a un muro stretto e lungo, con i vani delle finestre attraversati dai riflessi della luna: cumuli di macerie, da cui sbucavano disordinatamente travi e pezzi dimpalcature; alberi isolati e spogli su vaste distese di neve punteggiate dai crateri neri delle esplosioni, fiancheggiavano la strada come un immobile scenario metallico, dietro il quale tutta la malvagit spettrale del paesaggio sembrava tenersi in agguato.64

Un paesaggio demonico: le potenti fotoelettriche trasformavano la notte in giorno, i gas con i loro variegati colori diffondevano vampe di rosso metallico, luci azzurrastre, creavano nubi dai colori improbabili. Orizzonti infuocati cui si aggiungevano le luci violente delle esplosioni e dei razzi illuminanti. Un mondo percorso da inquietanti figure come quelle raffigurate in Prima dellattacco con i gas (tav. 234) di Jen Remsey: le maschere antigas che ne coprono la faccia
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64 Jnger, Tempeste dacciaio, op. cit., pp. 161162. 65 Filippo Tommaso Marinetti, Gli indomabili, in Id., Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori, 2001, pp. 922-923. 66 Jnger, Scritti politici, op. cit., vol. 1, p. 59. 67 Stephen Kern, Il tempo e lo spazio. La percezione del mondo tra Otto e Novecento, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 367. 68 Andr Mare, Carnets de guerre, 19141918, Parigi, Herscher, 1996; pi in generale per il rapporto tra camouflage e avanguardie artistiche si veda Tim Newark, Camouflage, Londra, Thames & Hudson, 2007. 69 Robert Musil, Pagine postume pubblicate in vita, Torino, Einaudi, 1981, pp. 36 e 40.

rendono questi soldati simili a demoni che sbucano dalla viscere della terra. Una mostruosa progenie sotterranea cui la violenza della guerra ha aperto un varco. Artificiale e sconosciuto era anche il terribile paesaggio sonoro delle esplosioni che si susseguivano senza tregua descritto dai futuristi nelle tavole parolibere. Le nostre tavole parolibere scrive Filippo Tommaso Marinetti nel 1922, nellintroduzione agli Indomabili , ci distinguono finalmente da Omero, poich non contengono pi la successione narrativa, ma la poliespressione simultanea del mondo. Le parole in libert sono un nuovo modo di vedere luniverso, una valutazione essenziale delluniverso come somma di forze in moto che sintersecano al traguardo cosciente del nostro io creatore, e vengono simultaneamente notate con tutti i mezzi espressivi che sono a nostra disposizione. [] Dalle nostre parole in libert nasce il nuovo stile italiano sintetico, veloce, simultaneo, incisivo, il nuovo stile liberato assolutamente da tutti i fronzoli e paludamenti classici, capace di esprimere integralmente la nostra anima di ultra-veloci vincitori di Vittorio Veneto.65 Un mondo che si contrae in un brandello di campo, un acro di terra, un tratto di trincea o pi semplicemente una fetta di cielo.66 il paesaggio preannunciato dalle poetiche delle avanguardie europee, soprattutto dal cubismo e dal futurismo, la cui estetica si fondava sulla frantumazione delle immagini determinata dallassenza di un centro percettivo. Stephen Kern ha evidenziato questo aspetto di frantumazione dellesperienza percettiva priva di un punto di vista centrale, privilegiato, definendo la Grande guerra la guerra cubista.67 Forse non un caso che i cubisti fossero coinvolti nei reparti di camouflage francesi.68 Laltra esperienza quella di ampi tratti di fronte spopolati, della solitudine della vicinanza a se stessi. Ma anche lesperienza dellestraneit e dellostilit della montagna. In questa natura terribile, nel vuoto della Creazione incompiuta, luomo sente la propria inermit ed estraneit; la natura lo schiaccia, lo stesso respiro delluomo, diventato una funzione autonoma, non pi suo, sembra imposto dallaria azzurra e crudele [...] come una gravidanza.69 Ma sono soprattutto i moderni combattimenti che coinvolgono chilometri di fronte e masse di soldati di dimensione fino ad allora impensabile, che si svolgono simultaneamente su piani diversi, senza che il singolo possa dominare o solo comprendere cosa sta accadendo, che per essere raccontati richiedono le forme dinamiche e le scomposizioni degli oggetti che erano state al centro delle sperimentazioni artistiche dei primi anni del Novecento. Il mondo del fronte sembra quello descritto dalle avanguardie: la guerra appare come una iperbolica conferma della loro visione del mondo. Ma col procedere del conflitto a prevalere sono il caos, le mutilazioni, la morte, la distruzione: non pi la simbiosi futurista tra uomo e macchina e nemmeno la decostruzione cubista come prodromo a una ricostruzione delluniverso, ma una decomposizione organica senza alcuna redenzione. Nel 1916, Giovanni Tiella, un artista trentino vicino ai futuristi, catturato sul fronte orientale e prigioniero dei russi, scrive:
Le arti del futuro dovranno essere di necessit vitali e non astrazioni paraboliche e iperboliche come le ultime espressioni artistiche prima della guerra: le arti dellodio, della rabbia, della frenesia. Tutti questi fattori hanno avuto lespressione pi adeguata 49

52. Albin Egger-Lienz, Cartone per I senzanome 1914, 1916 53. Albin Egger-Lienz, Anno 1914, 1923 54. Albin Egger-Lienz, I senzanome 1914, 1916 [pagina successiva]

a loro nella guerra. Che futurismo! Che astrattismo dEgitto! Cosa sono queste chiacchiere? La granata che piomba e sconquassa una forza ben pi emotiva delle ragnatele di linee e di colori rattrappiti su 1 m/2 di tela.70

La Prima guerra mondiale stata unesperienza cos sconvolgente che in qualche modo anche la pittura ammutolisce di fronte al compito immane di raccontare quella devastante trasformazione antropologica. Sono comunque i pittori espressionisti quelli che meglio riescono a raccontare le tempeste emotive degli uomini chiusi nel labirinto senza uscita del fronte e forse pi di tutte sono emblematiche le litografie che Otto Dix ha raccolto nella serie di cartelle Der Krieg (ad es. tavv. 153, 194, 197-199, 203, 233, 259, 289, 293, 313, 315). In corso dopera alcuni hanno sostenuto che forse destinata a meglio rappresentare la tragedia della Grande guerra avrebbe potuto essere la nuova arte, il cinema. Certamente lo stata la fotografia, con i giornali che gi allora pubblicavano spesso fotografie scattate a dispetto della ferrea censura militare, antesignano dellodierno utilizzo bulimico delle immagini. In ogni caso, come mostrano alcune esperienze storiche quali le mostre organizzate nel corso della Grande guerra, e come documenta questo volume, anche i pittori sono stati in grado di rappresentare e narrare il conflitto che ha mutato in modo irrevocabile il Novecento.

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70 Giovanni Tiella, Lettera a Luigi Comai, 28 giugno 1916, in Laboratorio di storia di Rovereto, La citt mondo: Rovereto 19141918, Rovereto, Osiride, 1998, p. 358.

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