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POLITECNICO DI MILANO FACOLTA DI ARCHITETTURA E SOCIETA TESI DI LAUREA TRIENNALE IN URBANISTICA

LURBAN CENTER: QUALE PARTECIPAZIONE ?

Sperimentare nuove forme di interazione nei casi di Torino e di New York

Autore

: Stefano Saloriani

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Relatrice : Francesca Cognetti De Martiis

indice
Introduzione LURBAN CENTER: UNA FORMA COMPLESSA DI PARTECIPAZIONE PARTE PRIMA
CAP 1. LA PARTECIPAZIONE E LE SUE FORME

1.1 1.2 1.3 1.4


CAP 2.

Governance e aperture alla partecipazione La democrazia deliberativa Partecipazione come progettazione interattiva Auto-organizzazione e auto-espressione sociale
COS UN URBAN CENTER

2.1 2.2 2.3 2.4

Le origini culturali Il caso newyorkese di P.I.C.C.E.D. Il quadro delle iniziative italiane Una rilettura critica delle esperienze

UNA SPERIMENTAZIONE IN ITALIA: LURBAN CENTER METROPOLITANO DI TORINO PARTE SECONDA


CAP 3. PROGETTI E IMMAGINI : DUE TEMI CHIAVE PER LA CITTA DI TORINO

3. 3.1 3.2
CAP 4.

Levoluzione e le trasformazioni della citt Il percorso verso la nascita della struttura urban center Qualit urbana e metafore della citt
LURBAN CENTER METROPOLITANO

4. 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5

Lo sviluppo e le fasi dellesperienza La dimensione metropolitana degli interventi Attori e protagonisti Assetto e modalit organizzative Le due linee di intervento : accompagnamento e comunicazione Le competenze tecniche degli esperti

CAP 5.

DUE CASI PER CAPIRE LE METODOLOGIE DI LAVORO

5.1 5.2

Accompagnamento e dialogo per il comparto urbano delle Ex Aree Lancia Informazione e dibattito per il progetto della Risalita al castello di Rivoli
GLI ESITI: TRA POTENZIALITA E CONTROVERSIE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

CAP 6.

LURBAN CENTER UNO STRUMENTO DELLA PARTECIPAZIONE PARTE TERZA 7.1 7.2 7.3 7.4 Tra governance e buona informazione Il progetto come processo Lesperto come creatore di dialoghi La terziet

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI SITOGRAFIA RASSEGNA STAMPA INTERVISTE

La diversit degli sguardi la ricchezza della citt. GeorG Simmel La libert partecipazione GiorGio Gaber

Lurban center : quale partecipazione ?

INTRODUZIONE
Questo scritto, nonostante il titolo, non si pone unicamente lobiettivo di rispondere eloquentemente ad un quesito, ma di provare, dopo un percorso che si snoda attraverso alcune esperienze internazionali e nazionali, a capire meccanismi e caratteristiche sia delle pratiche partecipazionistiche che degli strumenti che compongono questo intrecciato tema. Il lavoro in questo scritto parte analizzando quelle che possono essere alcune delle forme di partecipazione per comprendere prima di tutto cos dato che spesso diventa parola molto in voga ma svuotata dei significati pi veri e ridotta a mero evento di propaganda e di buona retorica. Ovviamente il tema stato trattato nei suoi aspetti generali, sia per limpossibilit di elencare ogni processo di decisione allargata, sia per il carattere fortemente teorico della questione; si scelto quindi per questo di tentare di racchiudere questa pratica entro alcune macro-categorie per meglio definirle e sottolinearne le differenze Lo scritto prosegue poi descrivendo pi nello specifico e nel dettaglio quella che pu essere definita una pratica partecipativa: lurban center che oltre a essere un buon esempio anche un alleato fondamentale per calare nella realt le teorie sopra accennate; il caso newyorkese viene quindi ad essere lemblema di quello che lurban center dovrebbe proporre e realizzare o almeno ci che dovrebbe tentare di mettere alla base dei propri progetti e attivita nonostante la grande differenza contestuale. Vengono quindi poi analizzate alcune delle strutture italiane definite urban center per le quali infine si cercher di capire come mai spesso non sono funzionate come avrebbero dovuto arenandosi in pratiche vetuste e reiterate senza alcun miglioramento. Il passo al caso torinese quindi breve e dopo aver ricostruito le vicende della citt (attraverso alcuni nodi chiave) che hanno portato alla nascita dellurban center metropolitano (UCM). Si prosegue quindi con il caso centrale di tutto lo scritto provan-

Lurban center : quale partecipazione ?

do anche in questo caso a spingersi in una descrizione di parte nei termini di una rilettura critica, non tanto rigorosa e cronologica, di ci che la struttura e come sia arrivata ad oggi attraverso una continua evoluzione in termini progettuali, ma anche di legittimit. Si gi ribadito di come gli aspetti teorici vadano calati in un contesto per riuscire a descriverli e studiarli: ci stato fatto con i due casi studio che, raccontati come un romanzo o unintervista, vengono descritti per capire meglio le metodologie di lavoro della sfera progettuale e di quella informativa che sono le componenti principali dellUCM; Infine in modo ciclico si ritorna allargomento iniziale ovvero la partecipazione cercando, come gi detto, sia di rispondere al quesito, sia di analizzare gli ingredienti di questa forma, strumento, pratica... di partecipazione.

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LURBAN CENTER: UNA FORMA COMPLESSA DI PARTECIPAZIONE

Lurban center : quale partecipazione ?

Lurban center : quale partecipazione ?

1.

LA PARTECIPAZIONE E LE SUE FORME

Un processo di grande impegno e fatica, sempre diverso e il pi delle volte lungo ed eventualmente senza fine (G. de Carlo)1 Se quella che pu essere ipotizzabile come una delle possibili definizioni reputa la partecipazione un processo estremamente mutevole e probabilmente senza fine, si intuisce facilmente quanto il tema sia complesso, vario e difficilmente circoscrivibile entro un campo definito di pratiche dalle quali trarre riferimento; soprattutto oggi che il termine fortemente carico di sfumature retoriche risulta ancora pi difficile dire cos o cosa non partecipazione. In una societ nella quale la partecipazione richiamata in qualsivoglia situazione, dai referendum, allassociazionismo, al volontariato, forse conviene rallentare e soffermarsi accuratamente analizzando questo fenomeno che rischia di essere depotenziato e banalizzato perdendo quindi grosse opportunit per la societ. Un processo, come detto, sempre diverso, fortemente relazionato al contesto nel quale prende forma e ai suoi protagonisti, che ne sanciscono gli esiti e gli sviluppi, e che non una tecnica esatta, ma forse pi uno strumento: qualcosa disponibile in varie forme che va utilizzato ma senza un vero libretto delle istruzioni A prima vista sembra un tema impossibile da trattare dato che

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non definibile e non ha regole precise: fortunatamente per alcuni esperti sono riusciti a suggerirci alcuni validi spunti su quello che la partecipazione pu essere, nonostante le numerose sfaccettature, ricordando sempre che laddove il processo riguarda numerosi interessi risulta sempre complicato agire. Quello che quindi ora verr fatto provare a descrivere delle macro categorie che presuppongono delle forme partecipative abbastanza diverse da loro, ma che comunque si intersecano e coesistono, per capire meglio ci che realmente un processo inclusivo (e quello che semplice retorica). 1.1 Governance e aperture alla partecipazione

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Per riuscire a giungere ed a comporre un quadro esaustivo di ci che compone la partecipazione ritengo opportuno soffermarmi su un termine che ormai si diffuso ampiamente nel linguaggio quotidiano, talvolta anche in modo vuoto e retorico, ovvero governance. Credo che senza riflettere sui numerosi significati e risvolti di questo vocabolo si riesca poco a comprendere il lungo processo di sviluppo che ha portato fino ai giorni nostri a trattare le numerose e complesse dinamiche partecipative che caratterizzano, o dovrebbero caratterizzare, ogni societ. Per governance, come detto gi da numerosi esperti quali Le Gals e Schmitter2 per citarne alcuni, si intende lazione di governo svolta attraverso una molteplicit di soggetti che sono in posizioni molto diverse tra loro, per livello gerarchico e per statuto: quello che per risulta importante lattenzione alle relazioni tra i diversi attori che intervengono nel campo dazione della policy e alla condivisione delle scelte, pi che alla proposizione di soluzioni sostantive e univoche. Lidea di governance segna un passaggio nelle modalit di governo della citt: la svolta dal periodo del conflitto a quello del consenso (dagli anni 70-80 agli anni 90) avviene e si sviluppa anche grazie a questi nuovi meccanismi di gestione e di creazione di politiche. Il sistema muta e da una struttura che vedeva al suo
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In G. Paba, 2010

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centro listituzione pubblica locale come principale, si passa a una configurazione che prevede linterazione di una pluralit di attori (anche privati), gruppi e soggetti organizzati. Questi anni sono nodali per quanto riguarda la rappresentanza politica: infatti nel 90 che lintroduzione dellelezione diretta del sindaco da parte della cittadinanza sembra ridurre il gap tra governanti e governati sia come bisogni recepiti maggiormente (anche solo per consenso e\o per programma politico) sia come aumento dei momenti di inclusione della cittadinanza nellagenda politica locale. Infatti da questo punto di avvio si assiste ad un cambio di rotta da parte delle istituzioni che per la prima volta si pongono come promotori dei processi partecipativi che fino ad allora si sviluppavano dal basso (soprattutto come protesta); le amministrazioni necessariamente, accompagnate da strumenti inadeguati e da problemi costanti e complessi si devono evidentemente porre il problema dellascolto dei cittadini recependo meglio i loro bisogni per un migliore e pi fluido governo della citt. Uno degli impulsi per lattecchimento di queste pratiche trova linfa anche dai programmi Europei che hanno spinto i paesi membri a fare della partecipazione uno dei principali strumenti di intervento: programmi Urban Contratti di Quartiere guadagnano ampia diffusione cos come il coinvolgimento delle parti sociali e lapertura dei processi decisionali anche ad altri attori per ricercare nuove e migliori soluzioni. E sempre in concomitanza con questo periodo che nascono le prime ricerche sugli urban center e le prime idee di introduzione in Italia: Milano con Assolombarda prover tramite un report ad analizzare le potenzialit di questo nuovo (negli U.s.a. unentegi presente fin dagli anni 60) meccanismo di inclusione della cittadinanza. Gli esiti non saranno quelli sperati, anche perch il dibattito ancora acerbo soprattutto lurban center visto ancora come un luogo esclusivamente dedicato allinformazione e non tanto al dialogo con i cittadini, ma quello che conta il cambio di rotta nel dibattito sulle sorti della citt Le novit di questi inediti assetti organizzativi aprono la strada a vantaggi, come a rischi; lesplicitazione e la volont di rendere pubbliche le modalit di gestione della cosa pubblica e laper-

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tura dei processi anche a privati riconsegna, in teoria, trasparenza alle negoziazioni e agli interessi in campo; le associazioni e i cittadini possono quindi, lentamente e soprattutto inizialmente in modo molto minuto, entrare nei dibatti riguardanti la citt e pi in particolare i quartieri dove vivono. Questo tema risulta nodale anche nelle politiche europee che a partire dagli anni 90 hanno fornito numerosi strumenti e finanziamenti puntando per su queste nuove politiche di gestione pi aperte, flessibili e cariche di idee e punti di vista. Come precedentemente anticipato per i rischi, i punti critici e le problematiche sono comunque presenti soprattutto nella rigidit e nelleccessiva staticit dei processi se burocraticizzati e legati in modo precostituito; come sempre, infatti, quando gli interessi sono cospicui uno dei rischi maggiori la creazione di raggruppamenti e di community di attori che si coalizzano per riuscire, in pochi, a gestire quello che dovrebbe essere di molti, si sequestrano i processi che vengono cos gestiti da pochi esperti. Questo aspetto negativo, defibile ossificazione delle pratiche 3 si materializza ogni qual volta si tenta di imbrigliare i processi entro meccanismi pre-costituiti senza analizzare il contesto e la situazione di partenza. Anche leccessiva burocratizzazione e la rigida istituzionalizzazione delle esperienze rischiano di far perdere smalto e importanza alla partecipazione rendendola statica e ripetitiva: ci si trova quindi a indire partecipazione solo per obblighi di legge svuotando quindi di ogni significato quella che invece potrebbe essere unazione fortemente costruttiva e di crescita nonch di miglioramento per la societ. Mi sembra utile evidenziare, dopo aver esposto alcuni punti critici, che lelemento di maggiore importanza non la pratica in s, quanto la capability degli attori ti trasformarla in buona. Per sottolineare ci, ovvero che servono vari ingredienti per riuscire a comporre una buona governance, John Friedman ha individuato alcuni principi chiave di seguito elencati: - Leadership politica ispirata; - Pubblico ben informato sui progetti,idee e sulla performance
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In G. Paba, 2009

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dellamministrazione; - Trasparenza; - Inclusivit della popolazione a prescindere dalla collocazione sociale; - Risposte, ovvero il diritto di ricevere ascolto e pareri sui quesiti espressi e sulle lamentele; Per concludere, ma non per chiudere la tematica che comunque rimarr presente in tutto questo scritto, ci terrei a sottolineare quindi che la governance non una soluzione in s stessa, ma una possibilit a disposizione che necessariamente deve essere sfruttata a seconda dei contesti e delle capacit degli amministratori, con la consapevolezza di poter giungere anche a forti cambiamenti e a risultati non previsti, ma non per forza negativi.

Il termine democrazia deriva dal greco (dmos): popolo e (crtos): potere, ed etimologicamente significa governo del popolo. Il motivo della scelta di questa frase da ricercarsi nei collegamenti possibili con i temi gi trattati della perdita di fiducia nella classe politica, vista in modo sempre pi lontano ed estraneo rispetto ai veri e cruciali bisogni della popolazione che sempre pi frequentemente mal rappresentata e soprattutto scarsamente interpellata. A questa criticit, nel corso degli anni sono state proposte varie soluzioni (anche se il termine usato improprio dato che difficilmente sono metodi fissi e replicabili in toto dato che le situazioni sono molto variabili caso per caso e fortemente dipendenti dai protagonisti) tra le quali quelle appartenenti alla sfera della democrazia deliberativa. Queste pratiche, nate dallambiente anglosassone, hanno introdotto numerose nuove metodologie di pluralismo pubblico quali i town meeting, le giurie di cittadini, mini-publics ecc. che hanno modificato le consuete prassi obsolete di decisione di pochi eletti rispetto a temi collettivi. Si sono spesso perci sviluppati eventi, riunioni dibattiti ampiamente inclusivi (oltre che pubblici e collettivi) durante i quali oltre alla discussione prevista anche

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1.2

La democrazia deliberativa

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la elaborazione di un prodotto tangibile come una votazione di un progetto o la redazione di un regolamento su una tema strategico: insomma una democrazia pi diretta da parte del popolo che si riunisce attorno a dei tavoli per decidere materialmente su dei temi chiave. Un esempio interessante che ci mostra una tecnica possibile pu essere ricercata nel contesto newyorkese analizzando il bando per la ricostruzione dellarea colpita dagli attacchi dell11 Settembre vinto da Daniel Libeskind: quasi nessuno per sa che la decisione sulla nuova conformazione di Ground Zero stata presa coinvolgendo direttamente i cittadini di New York. Residenti, familiari delle vittime, interessi economici, associazioni cittadine avevano idee profondamente diverse sul da farsi. Come attivare una citt attorno a una decisione cos densa di implicazioni economiche, sociali, etiche ed emotive? La risposta stata trovata in una tecnica chiamata Town Meeting del 21 secolo (tm21), cui hanno partecipato 4.500 persone, il 20 luglio 2002. Questa tecnica trova le sue origini nel New England del 600, quando i coloni decisero di affrontare le questioni di interesse comune, riunendosi periodicamente in assemblee cittadine. Linnovazione ebbe successo, si consolid e si diffuse, tanto che ancora viva negli Stati del Nord-Est degli usa. Evidentemente, se possibile raccogliere gli abitanti di una piccola cittadina, non immaginabile fare altrettanto con 11 milioni di newyorkesi: nessun luogo li conterrebbe e nessuno riuscirebbe a parlare n ad ascoltare. Per se ne possono riunire alcune migliaia che siano rappresentativi delle caratteristiche socio-demografiche (genere, et, istruzione, gruppi etnici, professioni) dellintera citt. Lopinione di questo spaccato rappresenta la voce della comunit pi vasta, se solo questultima avesse modo di farsi sentire. Ma anche 3-4mila persone sono tante e non facile dare voce a tutti; qui soccorrono le moderne tecnologie informatiche. Si immagini una grande sala, piena di tavoli; attorno a ognuno si siede una decina di persone. Il processo dialogico assistito da una figura neutrale, un facilitatore. Ogni tavolo dotato di un computer, a sua volta collegato a un computer centrale. Un gruppo di membri dellorganizzazione (detto Theme Team) riceve le indicazioni dei tavoli, aggregandole in temi affini che vengono quindi proiettati

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su grandi schermi, rispetto ai quali i partecipanti sono chiamati a discutere e a votare con un telecomando. Parte dei temi sono proposti dallorganizzazione, parte dagli stessi partecipanti. Alla fine della giornata viene compilato un rapporto istantaneo, che viene distribuito a tutti i partecipanti, che hanno cos modo di vedere lesito del loro impegno. Largomento si apre ad una serie vasta di ragionamenti, che impossibile trattare allunisono, come la rappresentativit, il ruolo dei tecnici e dei facilitatori o moderatori, le distorsioni delle pratiche come la scelta forzata o influenzata dalla massa ecc: insomma, come detto in precedenza, largomento molto complesso e in questa sede mi sembra inadeguato provare a delinearne le numerose sfaccettature, vorrei per sottolineare come anche questo processo non sia la risposta a tutti i problemi: rimane una tecnica che se utilizzata in modo oculato pu riuscire a scompaginare gli assetti statici di molte societ migliorando la conoscenza dei problemi per costruire soluzioni con una pluralit di attori soprattutto pubblici, ma che rimane comunque soggetta a pericoli e allutilizzo in modo strumentale smarrendo gran parte delle potenzialit. 1.3 Partecipazione come progettazione interattiva Linterazione la sostanza della citt. Linterazione precede la formazione stessa della citt: la citt prima un fatto sociale e successivamente un fatto materiale.4 Ho riproposto questa frase perch riesce a trasmettere nitidamente limportanza della socialit come caposaldo per la sopravvivenza della citt: le relazioni, i dialoghi, gli incontri sono lanima della citt se non la citt stessa; forse pu sembrare una frase banale e idealista, ma laver ingigantito questo pensiero mi permette di far capire come sia rilevante il tema dellinterattivit tra i soggetti, non solo per quello che riguarda i rapporti tangibili e materiali riguardanti un progetto, ma per tutto ci che concerne la collettivit.
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G. Michelucci, 1996

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La progettazione interattiva dovrebbe essere intesa come una sorta di scambio reciproco orientato verso le ricerca di una soluzione di un problema complesso e\ola progettazione e la realizzazione di un opera. Il risultato della progettazione interattiva non una decisione o una scelta, ma un prodotto (politiche, programmi, piani territoriali, progetti di architettura). Fin qui sembra tutto, per lennesima volta, vago: forse per provando a mettere a confronto democrazia deliberativa e progettazione qualche spiraglio pi tangibile possibile crearlo: nella prima alla fine del processo di vota o ci si accorda su una decisione, dopo aver argomentato e dibattuto, mentre nella seconda viene costruito un progetto e proprio perch non si vota linterazione deve diventare pi spinta e intensa, quasi a costringere gli attori a fare insieme il progetto. Validi esempi si trovano nelle esperienze di advocacy planning, negli eventi guerrilla, nei contratti di quartiere. Per questo argomento la letteratura evidenzia tutta una serie di argomentazioni che a mio parere per sono molto pi utili se generalizzate a tutti i processi partecipativi, anche a quelli che verranno successivamente descritti. Le varie critiche o riflessioni spesso sfociano, purtroppo, in discorsi ideologici dallo scarso spessore, non dal punto di vista intellettuale, ma rispetto allessere o meno costruttivi (elemento secondo me spesso decisivo quando si analizza, si dibatte o si critica un argomento); fortunatamente per nella teoria largamente presente su questi argomenti gli spunti di Bill Cooke e Uma Kothari in Partecipation: The New Tyranny?5 riescono a delineare alcuni aspetti non banali e sui quali si pu ragionare e ovviamente provare a migliorare: lobbligatoriet del concetto di partecipazione, diventato luogo comune, parola plastica in grado di giustificare ogni tip o di esperienza indipendentemente dai valori e dai risultati; tirannia dei gruppi pi potenti nelle dinamiche partecipative: tirannia del metodo, dei protocolli e dei dispositivi; il mito della comunit, una visione fondamentalista delle
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In G. Paba, 2007

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comunit locali intese come presupposto dato e immodificabile; rischi psicologici ovvero essere indotti dalla dinamica di gruppo ad assumere scelte che individualmente non si sarebbero fatte; Lelenco molto pi lungo e articolato, ma ci si rende conto subito della reiterazione di alcune criticit gi evidenziate e di come per ne sorgano anche di nuove ogni qual volta che il processo si complica e gli interessi in campo sono ampi; quello che Cooke e Kothari cercano di comunicare che non sempre la partecipazione si debba portare a conclusione: un percorso che diventa insopportabilmente tirannico non ha senso che venga terminato. Un invito quindi a un buon e completo monitoraggio a ci che accade durante ogni processo. Detto ci Malgr tout (malgrado tutto), come scrive anche Blondiau6, la partecipazione uno strumento importantissimo da utilizzare perch analizzando pro e contro gli aspetti positivi sono molto incisivi e importanti: la crescita delle conoscenze, la complessificazione del processo progettuale, la funzione di empowerment, sono aspetti chiave da provare in ogni caso a ricercare e raggiungere lavorando per in modi non ordinari e soprattutto positivi. 1.4 Auto-organizzazione e auto-espressione sociale

Un avvenimento che in molti ricordano la crisi mondiale, ma soprattutto Argentina del 2001. Un episodio che alla memoria di molti anche perch sia grandi, ma soprattutto piccoli risparmiatori avevano investito, tramite locchio per nulla attento delle banche, nei titoli di quel paese; questa ovviamente non la sede adatta e non neppure mia intenzione parlare degli avvenimenti argentini, ma quello che risulta interessante provare a descrivere alcuni episodi di auto organizzazione della popolazione per far fronte alle grosse difficolt con le quali doveva convivere senza alcun aiuto dallo stato, fortemente sfilacciato. I fenomeni pi rilevanti di autorganizzazione in ambito urbano nascono e si sviluppano al principio nel conurbano bonaerense, area strutturalmente pi povera e marginale, per poi prendere
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L. Blondiaux, 2007

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vita, con caratteristiche in parte diverse, nella Capitale Federal soprattutto a partire dal 2001. Per fenomeni di autorganizzazione intendiamo azioni collettive che nascono al di fuori di istituzioni consolidate e attorno alle quali si strutturano attori collettivi che cercano coscientemente di differenziarsi, nelle loro pratiche, dalle istituzioni esistenti cercando di produrre un mercato altro, una politica altra, una cultura altra, delle forme di lavoro altre. In queste esperienze, quasi sempre inserite nella categoria di strategie di sopravvivenza e quindi imputate alle azioni collettive generatesi nei settori popolari, si rileva in realt partecipazione e collaborazione tra classi medie decadute e settori popolari che non sempre rintracciabile nelle societ in difficolt e ancor meno in quelle per cos dire in salute. Una delle principali esperienze argentine quella dei Clubes de Trueque, ovvero Club del Baratto che nasce nel 1995 nel Municipio di Quilmes, nellarea metropolitana sud di Buenos Aires. Si tratta di mercati di baratto multireciproco in cui i partecipanti sono al tempo stesso produttori e consumatori e si scambiano i prodotti anche attraverso laiuto di una moneta sociale, riuscendo cos a soddisfare una domanda di beni legati ai bisogni primari a cui il mercato formale non permetteva di accedere; artigiani che scambiano oggetti in cambio di un taglio di capelli o una torta, ma anche casalinghe che barattano un rammendo o un maglione fatto a mano con un idraulico che sistemi le tubature della sua abitazioneUn fenomeno che attecchisce e che tuttora attivo in varie citt dello Stato e che riuscito, spesso in modo molto piccolo, ad aiutare numerose persone che altrimenti si sarebbero arrese. Quello che pi conta comunque non tanto la replicabilit o meno dellesperienza ne tantomeno gli errori commessi dai gestori delle iniziative, ci che importante quello che attivano: una rete di pratiche organizzate e di sistemi di intervento e aiuto e di nuova fiducia. In Argentina con il passare del tempo le azioni autopromosse sono state numerose (tra le quali anche il recupero di fabbriche dismesse) ma tutte legate da alcuni fili conduttori che sono rintracciabili solo se si analizzano finemente questi casi capendo

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che quello che nasce un sistema che genera svariate politiche pubbliche: unauto-organizzazione dal basso molto diversa dalle forme tradizionali di aiuto, un meccanismo che ha trasformato lordine esistente delle cose promuovendo nuovi legami tra le persone, orientando le azioni individuali verso obiettivi condivisi; una risoluzione a problemi decisivi, anche di vita o di morte, sanati saltando la burocrazia o le liste di attesa, travalicando le regole di mercato, ma semplicemente attivandosi in modo diverso e a quanto pare nettamente migliore. Unattivazione e una donazione anche di ci che non si ha, i beni e i servizi vengono creati dal nulla tramite cooperazione e reti per soddisfare bisogni pressanti. Il caso argentino rende fortemente calata nella realt una frase di Donolo secondo il quale esiste una domanda di partecipazione ed anche di beni pubblici non adeguatamente coperta dellofferta standard di politiche pubblichecontinua scrivendo che possibile la produzione sociale di beni pubblici, ovvero avere beni pubblici da pratiche sociali invece che da politiche. Concludo questo capitolo tornando su un termine che ho incontrato in numerosi scritti e che quindi anche io ho riportato: pratiche. Naabel Hamdi propone una definizione per questo vocabolo that skilful art of making things happen (larte sottile di fare in modo che le cose accadano)7. Una trasformazione quindi minuta, ma che si allarga e intacca una molteplicit di individui che iniziano a muoversi e mettersi in rete in modo efficace vedendo che esistono spiragli e un futuro quantomeno migliore della situazione attuale. Ritengo davvero importante questa macro-categoria in quanto si sviluppa davvero dove c necessita e in quelle situazioni che sfuggono allocchio pi o meno attento delle amministrazioni e che riescono a portare effettivi cambiamenti per situazioni davvero problematiche; un meccanismo quindi da sostenere avendo laccuratezza di incentivare nel modo giusto evitando di insinuarsi con burocrazie o standardizzazioni che renderebbero vani gli immensi sforzi per dare nuove speranze alla popolazione.
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2.

COSE UN URBAN CENTER?

2.1

Le origini culturali

Rispondere a questa domanda molto complicato, forse pi che delineare la partecipazione, dato che questorgano difficilmente si connota attraverso unidentit univoca soprattutto per levoluzione, in contesti maturi e diversi da quello italiano, lunga ormai quasi cinquantanni: un vero e proprio caleidoscopio di iniziative, assetti organizzativi e attori, occasioni generative, mission individuate, forme di gestione adottate ecc sono solo alcuni delle peculiarit tra le strutture Urban center o Casa della Citt. Partendo dal fatto che queste iniziative sono multiple e diverse anche perch ogni contesto unico, e quindi anche le citt e le aree metropolitane che vengono coinvolte in questo tipo di processi sono profondamente eterogenee fra loro, si evince bene la complessit di avere una definizione standard proprio come per le tematiche partecipative che abbracciano uno spettro molto largo di possibilit e di azioni; compilare quindi una sorta di elenco delle differenze e delle peculiarit tra le strutture ovviamente potrebbe continuare a lungo, ma lobiettivo quello di trovare un filo conduttore tra le esperienze individuabile forse attraverso la definizione proposta da Bruno Monardo che individua lurban center come struttura eterogenea []nata per svolgere unattivit di servizio nei confronti degli attori mobilitati nei processi decisionali delle politiche urbane, con lo scopo di migliorarne il livello dinformazione, cono-

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C0SE UN URBAN CENTER

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scenza trasparenza, partecipazione , condivisione ed effettivit [] Il riferimento alla tendenza a superare il tradizionale schema dicotomico-dialettico pubblica amministrazione\operatore privato, prendendo atto delle forti istanze di coinvolgimento di nuovi gruppi soggetti portatori di interessi diffusi.1 La citazione appena riportata a mio giudizio solo il primo passo che pu portare alla definizione della cornice di senso dellurban center, dato che limmagine allinterno, come per altro gi sottolineato, estremamente variabile; quindi utile evidenziare il fatto che lesperienza dellurban center prima di tutto si differenzi anche dalle circo stanze storiche che si possono porre alla base della na scita delle vicende nei contesti che, come detto, possono essere profondamente diseguali oltre che per morfologia e assetti urbani, appunto anche per difformit politiche e di assetti clulturali. Nei paesi anglosassoni caratterizzati, dal punto di vista giuridico, da un ordinamento civil law e common law nei quali la variet socio-economica, la a cultura eterogenea e ampia generano inclusione tra pi istituzioni (come le universit, le fondazioni, i fondi di investimento ecc.) nella trattazione delle tematiche pubbliche. Nei paesi ad atto amministrativo, invece, (Francia, Italia), il governo il vero cardine decisionale, insieme a pochi e solitamente molto influenti grandi portatori di interessi, per quelle che sono le materie collettive. E poi molto importante precisare comunque che il ruolo politico, come sempre, ha una grossa importanza nei destini della citt e quindi anche dellurban center, perci vi sar sempre una certa influenza nei processi da parte dellamministrazione che da un certo punto di vista anche garanzia di un corretto processo equo per la collettivit. Un altro tema importante come fattore che ha permesso la formazione degli urban center da rintracciarsi nella metamorfosi del quadro dei soggetti artefici degli scenari di trasformazione della citt: nella nuova generazione di strategie di promozione, svi1

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B. Monardo, 2007

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luppo e commercializzazione in campo urbano sembra avere pi privilegi un approccio sensibile alla complessit degli attori unitamente alla maturazione da parte delle amministrazioni nel pilotare e gestire con sicurezza crescente modalit, tempi, rapporti dialogici tra gli interessi. E ormai superato, infatti, il tradizionale, monolitico modello di contrapposizione dialettica pubblico/ privato a causa della proliferazione sulla scena urbana di un numero sorprendente di attori, come accennato in questo scritto descrivendo il contesto nel quale le pratiche di governance si sviluppano e attecchiscono. E gi stato sottolineato che la struttura urban center non soggetta a canoni precisi e quindi risulta complicato redigere e stilare regole o principi teorici che ne delinino le caratteristiche per poterle replicare in un contesto diverso, dato che proprio il contesto la variabile che maggiormente influenza gli esiti di questi organi. E codesta quindi la motivazione per la quale utile anche in questa sede fare riferimento a dei casi specifici per capire quali siano i fattori esportabili e quali quelli appartenenti allambiente nel quale il caso immerso. Il contesto americano sembra essere quello pi virtuoso anche per la lunga esperienza alle spalle dagli anni 60 ad oggi; infatti qui urban center sono enti capaci di estendere la democrazia partecipativa, di elaborare ricerche e proposte progettuali condivise e autonome, di coinvolgere diversi attori, di mediazione tra interessi contrapposti, di comporre conflitti ecc.. Si potrebbe continuare ancora abbondantemente a raccontare ci che un urban center pu realizzare, ma come detto ritengo pi utile capire come queste pratiche abbiano preso vita e quale sia la sfera positiva (ma frutto di lavoro, sacrificio, studio e dibattito) nella quale inscrivere le esperienze. Verr quindi ora presentato il caso dellurban center (che forse addirittura errato racchiudere allinterno di questa definizione) di New York, ovvero P.I.C.C.E.D. come se fosse unappendice quasi distaccata dal resto dello scritto: un esempio dal quale partire per ragionare sulle realt nostrane che si sono prodotte riguardo al medesimo argomento recependo le immense differenze sia contestuali ma soprattutto di volont politiche ben differenti rispetto a quelle anglosassoni.

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C0SE UN URBAN CENTER

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IL CASO NEWYORKESE DI P.I.C.C.E.D.

La ricostruzione cronologica di alcuni temi chiave della citt di New York La vicenda, raccontabile quasi come un romanzo, potrebbe iniziare descrivendo la storia di una New York post industriale che,dietro limmagine sfavillante e vertiginosa che ha saputo dare ai centri del potere, ha accresciuto le differenze economiche e sociali, gi molto evidenti in una metropoli da sempre caratterizzata da grandi concentrazioni di ricchezza e continue immigrazioni di poveri in cerca di fortuna. Si pu continuare poi raccontando delle politiche urbanistiche dirigiste dellamministrazione pubblica che, salvo qualche eccezione, si sono rivelate molto sensibili ad assecondare i grandi interessi economici e spesso lontane dai problemi quotidiani degli abitanti anche se talvolta si tentato di rispondere a questa situazione fortemente negativa soprattutto (come sempre) per i ceti meno abbienti, con lo sviluppo delle comunit e con particolari forme di pianificazione che si sono adoperate per una maggiore giustizia;

IL CASO NEWORKESE DI P.I.C.C.E.D

Ricostruire totalmente lintera cronologia architettonico-urbanistica della citt impresa assai ardua, ma soprattutto non necessaria per gli obiettivi di questo testo, e soprattutto di questo capitolo, che cerca di capire inizialmente quali sono le condizioni che hanno portato alla nascita dellurban center di Brooklyn e in seguito come questa struttura si sia sviluppata e quali siano le modalit di lavoro della stessa.

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procedendo per ordine per meglio iniziare con il periodo post seconda Guerra Mondiale e con il governo che si confronta con il problema della ricostruzione attraverso il varo di alcune leggi come l Housing Act del 1937 e lHousing and Slum Clearance Act del 1949, che incoraggiarono il rinnovo urbano attraverso massicce operazioni di demolizione e ricostruzione. La Commissione programm la sostituzione di fabbriche e tennements con nuovi servizi e con residenze moderne per le fasce di reddito medio alte. Furono approvati grandi progetti come il Lincoln Center, il Brooklyn Civic Center, lampliamento della New York University e del Pratt Institute, lo sviluppo di enormi distretti residenziali come West Side Urban Renewal Area, Washington Market, e Kips Bay. La citt costru anche 100 mila alloggi pubblici con fondi federali, prevalentemente nelle aree lasciate libere dagli slums abbattuti. Gli interventi di urban renewal, per, sollevarono lopposizione di organizzazioni di cittadini che protestavano per la distruzione dei loro quartieri e per lo spostamento forzato della popolazione. Tra i leader pi noti della protesta vi furono Charles Abrams e Jane Jacobs. Il libro della Jacobs, The Death and Life of Great American Cities (1961), stimol una profonda riflessione negli ambienti urbanistici degli USA anche per lo studio e lallerta sui fenomeni dello sprawl che caratterizzava gran parte delle citt americane; intanto Abrams guid i programmi di urbanistica della Columbia University, che con lHunter College e il Pratt Institute favorrono lo sviluppo dell advocacy planning. In quegli anni si registrava la crescita dellattivismo popolare, e dopo la revisione dello Statuto della citt, nel 1963 furono istituiti i community districts, unit amministrative che dividevano il territorio comunale in 59 aree rappresentate da consigli di circoscrizione (community boards); sempre nello stesso periodo, inoltre, venne creato lUrban Design Group.

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Tra i maggiori cambiamenti dei decenni successivi si registra la revisione dello Statuto comunale nel 1975 e nel 1989. La prima di queste revisioni introdusse gli strumenti per allargare la partecipazione pubblica, mentre entrambe perfezionarono il processo di revisione delluso del suolo, introducendo la prassi del controllo da parte dei community boards e dei presidenti di borough attraverso assemblee pubbliche, prima dei normali passaggi alla Commissione di Pianificazione e al Consiglio Comunale (la procedura denominata ULURP. Una delle prime modifiche degli anni 80, prima accennate, lintroduzione dellArticolo 197-a per la redazione di piani strategici di stampo locale e partecipato. I piani 197-a rappresentano il principale strumento per la partecipazione dei cittadini previsto dal quadro normativo del comune di New York. Sono piani a carattere consultivo promossi dalle associazioni di cittadini o dai quartieri per la progettazione unitaria di una porzione rilevante di territorio urbano. Devono tenere conto delle priorit in rapporto alle disponibilit economiche, e devono rapportarsi con gli obiettivi dellagenzia di sviluppo. Nel caso in cui il piano 197-a determini una variante al piano dello zoning, c una verifica da una parte di commissione specifica sullo zoning e sullimpatto ambientale, che potr autorizzare la realizzazione del piano locale. Per concludere il discorso sui processi storico-urbanistici della citt utile riportare come attualmente la Commissione di Pianificazione sia ancora il principale sovrintendere allo zoning e alla revisione delluso del suolo; in assenza di un unico master plan cittadino, pubblica rapporti quadriennali di aggiornamento dello zoning, controlla ed adotta piani locali (tra cui i 197-a) e risolve le controversie locali. Per riuscire meglio nei priopri compiti la commissione viene affiancata dal Dipartimento del City Planning che lavora con altre agenzie municipali per aggiornare il sistema informativo cittadino e preparare i rapporti previsti dallo Statuto: un comunicato annuale dei bisogni, un rapporto annuale degli indicatori economici e sociali, una strategia di spesa decennale.

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Le associazioni per lo sviluppo delle comunit e il Community-based planning La protesta degli anni 60-/0 si sviluppa partendo da moviementi che, come in altre citt degli Stati Uniti, anche nel caso newyorkese nascono in seguito allopposizione spontanea e organizzata dei cittadini a piani urbanistici o progetti di trasformazione urbana e trovano definizione nel cosiddetto il community-based planning. Come si evince dal termine e come si detto, questa tipologia di pianificazione fa riferimento a delle sorti di macro associazioni che includono le Community Development Corporations (CDCs) . Ma nello specifico cosa sono queste associazioni? Queste societ non-profit nascono e si sviluppano in seguito al lancio del maggiore programma di lotta alla povert emanato negli USA, il Great Society program, frutto delle amministrazioni Kennedy e Johnson, a met degli anni sessanta. Il programma intendeva promuovere la rivitalizzazione economica, fisica e sociale e la crescita culturale delle comunit, con il coinvolgimento diretto di queste ultime. Sostenendo la tesi che le comunit povere avevano le risorse e la volont di affrontare i propri problemi, il programma proponeva la loro piena partecipazione alle iniziative. Le CDCs erano viste come un grande esperimento sociale, che richiedeva un criterio pianificatorio integrato, rivolto allo sviluppo di opportunit per gli individui, i gruppi e le comunit. Le community, dovevano impegnarsi nella costruzione della struttura entro cui queste iniziative devono svilupparsi, avvalendosi di assistenza tecnica sia da fonti governative che esterne. Questo aspetto organizzativo, assieme a quello finanziario, risultato un elemento fondamentale per il loro successo. Le risorse economiche per il sostegno delle CDCs, infatti, sono sempre state carenti: ad eccezione dei contributi di un piccolo gruppo di fondazioni, le risorse esterne sono progressivamente diminuite fino a cessare del tutto. A dispetto delle difficolt le CDCs hanno saputo attuare numerose iniziative di successo, anche se le strategie e le valutazioni degli effetti erano inizialmente legate ad una visione centralistica dello sviluppo, non ancora costruita sulle esigenze locali. In ogni caso il bilancio delloperato dei CDCs positivo: sono state prodotte nuove abitazioni, creati nuovi posti di lavoro, avviate

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nuove attivit economiche, rivitalizzate aree commerciali. Alcune analisi hanno evidenziato notevoli outputs, anche indiretti, come il miglioramento complessivo delle condizioni socioeconomiche delle aree interessate E anche grazie a questo, pi tutti i fattori elencati precedentemente riguardo al contesto newyorkese degli anni sessanta che nascono organizzazioni nazionali, il planning con gli abitanti entra nelle universit e vengono elaborate le prime teorie: Walter Thabit, consulente per il piano di Cooper Square, fonda Planners for Equal Opportunity, unorganizzazione nazionale di pianificatori, divenuta in seguito Planners Network, con sede a New York. Paul

Davidoff avvia il programma di pianificazione urbanistica dellHunter College e conia il termine advocacy planning, gettando le basi teoriche per una pianificazione progressista. Ed proprio in questi anni che Ron Shiffman e George Raymond danno vita al Pratt Institute Center for Community and Environmental Development (PICCED).

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PICCED - PRATT INSTITUTE CENTER FOR COMMUNITY AND ENVIRONMENTAL DEVELOPMENT

Attivo da un trentennio, PICCED svolge attivit che potremmo genericamente definire di supporto tecnico ad organizzazioni e gruppi di cittadini che si mobilitano per definire ed attuare progetti (essenzialmente) di riqualificazione urbana a scale diverse, da quella del singolo edificio fino al livello di quartiere, spingendosi anche alla progettazione partecipata e interattiva alla scala metropolitana coadiuvando la citt; un organizzazione molto importante soprattutto perch permette alle comunit locali di intervenire efficacemente nei processi decisionali e di far valere i propri diritti. Qui di seguito verranno descritte, dopo le principali tappe storiche che sottolineano ancora una volta la non banalit dellesperienza che ha affrontato anche vari momenti critici, alcune peculiarit che contraddistinguono la struttura e che da molti anni a questa parte lhanno resa un punto di riferimento nel panorama prima cittadino e poi mondiale.

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Si fin qui raccontato, in modo molto leggero,dello sviluppo e delle trasformazioni, spesso conflittuali (ma in modo positivo), che la citt di New York ha vissuto negli ultimi decenni; un percorso come si visto ricco di spunti soprattutto per gli argomenti trattati lungo tutto questo testo, ovvero le tematiche partecipative e di governo allargato, anche nelle stutture esterne allamministrazione; ora. entrando nel vivo del discorso verr narrata lesperienza dellorganismo vero e proprio.

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La cronologia della struttura


Pratt Institute e il programma di 1962 consenso alloperazione; Tramite la Ford Foundation luniversit viene incaricata della gestione delle popolazioni locali tramite il convincimento della legittimit del programma di rinnovo del quartiere 1960 Avvio progetto rinnovo del quartiere Bedford-Stuyvesant;

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La prima Community Develop1966 ment Corporation; Tra i promotori di questa importante iniziative vi anche Robert Kennedy che sancir la costituzione della Bedford Stuyvestant Restoration Corporation: questa associazione garantir nuovi approcci verso i problemi di degrado urbano e il centro Pratt sar la struttura che fornisce i servizi di consulenza alle organizzazione per realizzare gli interventi di rinnovo. La crisi e la rifondazione; 1980 A cavallo di questo lasso di tempo, lamministrazione Regan avvia una serie di iniziative per la riduzione dei finanziamenti statali riguardo le politiche di welfare state. Lorganizzazione rischia di fallire, ma invece prevale la scelta di continuare per sulla base di una completa rifondazione e traformazione. PICCED si trasforma in una sorta di azienda privata ampliando quindi i propri finanziatori evitando di ricorrere nei rischi di fallimento appena schivati.

1963 Il cambio di rotta e la formazione della base strutturale; Con lavvio del programma listituto si rende subito conto dellimpraticabilit dellapproccio che segue: cambia rotta e si schiera dalla parte dei cittadini e da qui nasce lidea di costituire unorganizzazione composta dagli abitanti

1970 Lo sviluppo; Durante questo periodo, anche grazie alla floridit delle casse dello stato PICCED prende forma ampliando il numero di addetti, la quantit di iniziative per tutta larea metropolitana di New York.

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1992 Un progetto per il Bronx; Con il Development Center Plan, condotto dal presidente del Borough, con la collaborazione della Municipal Art Society (MAS), della Urban Assembly, di PICCED e della Parodneck Foundation. Sempre nel Bronx, lanno successivo viene redatto il Melrose Commons Urban Renewal Plan. Altro piano redatto in questo periodo il Civic Alternative to Riverside South, sviluppato con lappoggio della pianificazione comunale e di gruppi civici quali MAS, RPA e Westpride.

Ancora tagli; 1994 Durante il periodo dellAmministrazione Giuliani prendono il via una serie di tagli al bilancio negli otto anni successivi a suo insediamento (1994) riducono il numero dei pianificatori a disposizione degli uffici DCP dei boroughs, e diminuisce pertanto il raccordo tra le comunit e le istituzioni. Lapproccio alla pianificazione torna ad essere pi centralizzato e basato sulluso del suolo, riducendo il ruolo del planning partecipato. Tuttavia negli anni che seguono vengono adottati alcuni piani che erano gi stati avviati.

1995 Lo sviluppo odierno; 2011 La crescita e levoluzione dellorganizzazione sempre costante e allavanguardia anche dal punto di vista dellinnovazione delle politiche e delle strategie urbane; iniziative che coinvolgono sempre di pi la popolazione non solo dal punto di vista della pianificazione per favorirne gli interessi, ma anche dal punto di vista micro direttamente alla scala di quartiere e talvolta sul singolo edificio coadiuvando gli abitanti nei cambiamenti necessari al miglioramento delle situazioni di vita e abitative

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I partner Si gi scritto, di come in Italia il ruolo rivestito dalla sfera pubblica e dalle istituzioni sia fondamentale per lo sviluppo delle iniziative di governo ampliato , mentre per quanto riguarda lambiente americano il contesto sia totalmente diverso grazie alle presenza delle fondazioni che spesso si sostituiscono al pubblico e investono in strutture come Picced. Nel caso newyorkese lo startup fondamentale sono stati negli anni 60, i finanziamenti della Ford foundation che tuttora sponsorizza, insieme a numerose altre fondazioni le iniziative della struttura per una quota intorno al 20%; rimane per da aggiungere che il ruolo delle fondazioni talvolta non precisamente senza scopo di lucro oppure senza interessi e votato esclusivamente agli aspetti benefici e di miglioramento delle situazioni dei meno abbienti, talvolta alcuni finanziamenti o iniziative sono pura propaganda per creare consenso attorno allassociazione o al proprietario della stessa, molto spesso impegnato anche in progetti privati fortemente remunerativi e spesso anche discussi. Situazioni quindi non meno complesse rispetto al caso italiano, che non verranno trattate nel dettaglio per non uscire troppo dal percorso di questo scritto, ma che vanno comunque segnalate perch effettiva anima, pi o meno virtuosa, delle associazioni dato che vengono coinvolte in ogni progetto che la struttura promuove. Inoltre molto spesso il centro, insieme agli abitanti creano fondazioni, associazioni e alleanze per un singolo importante progetto alle quali verranno affidate, in modo coadiuvato, alcune azioni anche per il futuro delle aree in trasformazione. Ora verranno elencati alcuni dei principali protagonisti nei progetti del centro PICCED e che rimangono costanti in ogni progetto; come se fossero direttamente delle ramificazioni della struttura e che di volta in volta si attivano in base alle esigenze progettuali. Pratt University: ovviamente la struttura che nasce, come prima detto, direttamente dalluniversit, continua tuttora a vivere in simbiosi molto prossima anche tramite corsi di perfezionamento e formazione reciproci attivati per immettere nel mondo operativo i giovani, ma anche per istruire tecnici e amministratori sui

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bisogni e sulle tecniche della progettazione allargata. NYC Green House (NYC department of Housing Preservation and Development): strumenti, programmi e finanziamenti per promuovere la sostenibilit ambientale. I destinatari sono i proprietari degli alloggi. New York Industrial Retention Network (NYIRN): unorganizzazione di sviluppo economico creata nel 1997 per rafforzare il settore manifatturiero di New York e promuovere lo sviluppo sostenibile.

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Made in NYC: unassociazione che permette e offre ai fabbricanti un luogo per elencare i loro prodotti e agli acquirenti un luogo dove trovare i fornitori locali. E interessante come iniziativa soprattutto per la fase realizzativa ed esecutiva delle opere realizzate in modo partecipato da cittadini e associazione. Le associazioni e i partner del centro sono davvero numerosi e quelli sopra elencati sono solo alcuni esempi per mostrare come opera la struttura che, offre iniziative anche al di fuori del campo strettamente architettonico-urbanistico, cercando di coadiuvare e forse anche di sostituirsi, alla pubblica amministrazione laddove questa sia carente di aiuti o incentivi; si notano infatti proposte inerenti ai temi della sostenibilit, della produzione industriale e dello sviluppo che solitamente rientrano pi nei ranghi di un ente pubblico. Picced inoltre collabora di volta in volta anche con associazioni a scala pi micro, che si intrecciano con i progetti dellorganismo e che trattano processi pi limitati (anche territorialmente) ma che offrono la loro knowledge per apportare qualit alle scelte progettuali.

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La gestione e le attivit principali Essendo una sorta di distaccamento del Pratt Insitute, Picced viene gestito dalla parte amministrativa delluniversit; stato per creato un organismo separato e indipendente composto da 16 membri provenienti da vari settori della societ come quello industriale, del real estate, della filantropia ecc, che gestiscono la struttura. Limportanza della compagine che opera da ormai quasi quarantanni da ricercarsi anche nelle numerose attivit che promuove e gestisce: un contesto enormemente diverso da quelli degli urban center italiani sia per quanto riguarda lesperienza acquisita nel corso degli anni, sia per il numero di addetti e non da meno per il patrimonio economico gestibile. Di seguito sono quindi elencate quelle che sono le modalit organizzative e di creazione di iniziative per la popolazione debole, ma anche per i privati interessati alle tematiche trattate dal centro Picced. Assistenza tecnica Si tratta di una attivit notevolmente diversificata, che va dalla scala micro - come la ristrutturazione di un singolo edificio, o la realizzazione di un piccolo parco - ad iniziative su larga scala, fino alla definizione di piani integrati di sviluppo di un quartiere. Queste iniziative sono a pagamento perch come prima accennato una delle peculiarit di questo caso che lurban center viene gestito in modo aziendale: listituzione comunque si pone lobiettivo di riuscire a far ottenere i finanziamenti necessari per la realizzazione dellopera selezionata come prioritaria o innovativa (la scelta a riserva dellu.c.) Formazione Lattivit di formazione occupa uno spazio rilevante nella strategia del centro, strettamente legata alla funzione di assistenza tecnica appena descritta;qui peraltro appare pi evidente il vantaggio derivante dalla localizzazione istituzionale di PICCED nellambito di una struttura universitaria. Il centro valorizza le risorse di formazione disponibili nelluniversit, orientandole ai bisogni degli operatori locali. Le attivit di formazione attivate possono essere distinte in quattro ambiti principali, mentre il centro sta attualmente promuo-

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vendo un ulteriore programma. Pratt Community Economic Development Internship: Si tratta di un programma di studi di un anno destinato allo staff di organizzazioni non profit di livello locale e di agenzie pubbliche, coinvolti nello sviluppo di iniziative di sviluppo economico, di progetti abitativi, di piani urbanistici a livello locale. L offerta formativa del Graduate Center for Planning: Si tratta della sezione del Pratt Institute con cui PICCED intrattiene pi stretti legami. Il Graduate Center offre alcuni programmi di Master of Science, fra cui quello in City and Regional Planning; disponibile anche una International Fellowship per studenti stranieri.

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Seminari e Workshop: PICCED offre una serie articolata di seminari e workshop a diversi utenti. E disponibile ad esempio un seminario di base sul tema dello sviluppo economico locale. Seminari ad hoc, sulla base delle esigenze dei richiedenti, vengono offerti su temi come i meccanismi alternativi per il finanziamento di iniziative locali, la costituzione di cooperative, ecc. Organizational Development Training: Oltre allofferta formativa per singoli membri di organizzazioni locali, PICCED definisce programmi destinati a organizzazioni nonprofit e ad altri tipi di associazioni locali allo scopo di aumentarne la capacit progettuale e gestionale. Community Development Leadership Education Initiative E una iniziativa che PICCED sta attualmente promuovendo. Si tratta di un programma il cui scopo dovrebbe essere quello di fornire agli operatori delle organizzazioni locali strumenti critici e analitici (pi che quelli tecnici cui dedicato lInternship) utili a definire strategie innovative per lo sviluppo locale.

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Community-based Planning Attraverso questo approccio PICCED lavora con i residenti,con i ti-

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tolari delle aziende attive nel quartiere per sviluppare piani e idee per il futuro che riflettano una visione condivisa. I campi delle politiche affrontate in questo ramo dellurban center sono la sostenibilit ambientale, lo sviluppo economico, il tema degli alloggi a prezzi accessibili, la cura degli spazi aperti e i servizi al dettaglio per il quartiere. Oltre a ci le aziende, le imprese, e i piccoli artigiani vengono aiutati ad accedere alle risorse necessarie per una maggiore ecosostenibilit e una maggiore efficacia, dal punto di vista economico, della produzione. Vengono inoltre offerte competenze e riferimenti per garantire anche le stesse politiche per gli edifici residenziali

A queste finalit si aggiunge la cosiddetta community building, letteralmente costruzione della comunit, forse meglio traducibile come costruzione della coesione sociale. La pratica del community planning si colloca cos tra urbanistica e politiche sociali: se da un lato la comunit lesperto in grado di fornire indicazioni ai progettisti per sviluppare soluzioni complessivamente pi rispondenti ai bisogni reali, dallaltro il consolidamento della comunit in quanto tale uno degli scopi del processo di piano. In tal senso infatti si parla di community building, individuando nel processo di formazione dei piani loccasione per favorire il miglioramento della coesione interna delle comunit locali e i rapporti di vicinato.

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Nel processo di sviluppo di un piano urbanistico locale le dinamiche che si innescano durante il percorso sono considerate importanti quanto il risultato finale: un piano partecipato, oltre ad esprimere meglio le esigenze reali di un quartiere, costituisce unoccasione importante per far incontrare gli abitanti. Lesperienza e la conoscenza acquisiti attraverso la partecipazione al processo di pianificazione aiutano a sviluppare il senso civico e a creare unidentit comunitaria. Tools e attivit The Pratt centers philosophy is based on the principles of advocacy planning and the empowerment of the people that make-up and reside in New York Citys low and moderate-income neighborhoods1

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Con questo estratto di Ronald Shiffman (co-fondatore di PICCED e professore del Pratt institute) descrive quelli che sono gli obiettivi della struttura nata negli anni60: ovvero soprattutto il potenziamento delle capacit e della cultura dei cittadini newyorkesi riguardo alle tematiche urbane. In apertura di capitolo si sono inoltre delineate alcune delle caratteristiche delladocacy planning che nellesperienza di Picced viene attuato tramite un approccio fortemente selettivo; il centro, infatti, si rivolge in modo privilegiato ad una componente precisa degli attori mobilitati nei processi decisionali: le organizzazioni pi o meno strutturate di residenti (talvolta come pi volte sottolineato addirittura mobilitandosi per formarle) e trattando solo alcuni problemi: tipicamente quelli dei quartieri e delle periferie degradate della citt, e in generale quelli delle fasce della popolazione in condizioni di disagio (i malati mentali, i malati di AIDS, gli anziani, ecc.). Di conseguenza interviene solo in alcune zone della citt, in cui questi problemi sono particolarmente presenti. Infine fonda la sua strategia di intervento sulla convinzione che la condizione fondamentale per sviluppare politiche urbane efficaci nel trattamento di questi problemi il coinvolgimento della popolazione non solo nella definizione delle soluzioni, ma anche nella
1 Shiffman, 2006

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loro attuazione. Uprooting Poverty through Community Development lo slogan che sintetizza la linea di azione di PICCED. Naturalmente il complesso organizzativo, partendo da queste mission si deve occupare di una molteplicit di iniziative che ottemperano anche: Mediazione tra gli attori: in alcuni casi di forte conflitto e blocco dei processi lorganizzazione si pone come soggetto terzo per il superamento delle difficolt. Organizzazione di issue: il Centro Pratt aiuta a organizzare insieme alla citt e coalizioni per promuovere politiche che migliorino le opportunit economiche, lambiente costruito, e la qualit della vita nei quartieri di New York. Lapproccio mobilita i partecipanti ad agire di concerto con gruppi di base per raggiungere altri obiettivi legislativi e programmatici. Costruzione di policy: il centro utilizza lesperienza accumulata nel corso del tempo, non solo per fornire assistenza su progetti specifici, ma per sostenere lapproccio della partecipazione locale ai processi decisionali a livello pi generale. Il centro interviene nellarena politico amministrativa in modi diversi. In primo luogo svolgendo attivit di ricerca sui temi dello sviluppo locale, dellimpatto delle politiche statali e federali, ecc. Lexpertise Per delineare in modo adeguato le competenze dei vari team che compongono PICCED, occore dire che lorganismo lavora in stretta collaborazione con la School of Architecture e il Graduate Center for Planning and Environmental Design e si compone di una ventina di pianificatori professionisti, project managers e specialisti del community development, coadiuvati da una decina di studenti che cambiano ogni anno in seguito allannoverarsi dei programmi formativi prima descritti. Unaspetto importante inoltre la metodologia di lavoro formatasi grazie alle teorie di Paul Davidoff, il quale sosteneva che limpegno dei pianificatori dovrebbe estendersi dagli aspetti tecnici a quelli politici permettendo ai planners di agire come delle sorti di

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difensori dellinteresse pubblico e delle comunit. Lo staff direttamente impegnato nella realizzazione dei progetti dato che lassistenza tecnica una delle maggiori attivit del centro: questo implica quindi che i professionisti possiedano svariate caratteristiche tra le quali oltre alle capacit tecniche di progettazione e di facile rappresentazione rivolte altres alla produzione di scenari e simulazioni grafiche per meglio comunicare ci che accadr nel contesto; inoltre anche gli aspetti di interrelazione con i cittadini, con lamministrazione e con i vari stakeholders che possono essere implicati nei processi riveste un ruolo cruciale nellexpertise che lavora nel centro.

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Dal 1975 queste attivit sono svolte da una apposita divisione di PICCED, il Pratt Planning and Architectural Collaborative. Tutti i servizi prestati sono a pagamento, PICCED si occupa per, di assistere i clienti nel recupero dei finanziamenti necessari, anche attraverso la formazione di apposite associazioni che permettono la realizzazione dei progetti. Non va infine dimenticata tutta la parte dellorganismo che si occupa della comunicazione e dellinformazione alla cittadinanza. Questa ala produce infatti anche ricerche e report non solo sui contesti operativi tangibili come i quartieri o i comparti urbani, ma anche sugli aspetti della sostenibilit, dello sviluppo, dei trasporti ecc.

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2.3 Il quadro delle iniziative italiane


Verr ora sintetizzata brevemente la situazione italiana, quasi come se fosse un secondo spazio staccato dal complesso di questo testo, per riuscire meglio a confrontare e criticare (in modo non banale) le diversit tra il nostro paese ed il contesto americano.

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REGIONE PIEMONTE Urban Center Biella & Biellese

Urban Center Metropolitano di Torino

REGIONE LIGURIA Urban Center di Genova

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REGIONE LOMBARDIA Urban Center di Bergamo Urban Center Monza Urban Center Milano

REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE

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Casa della Citt - Laboratorio urbano di Trento Urban Center Rovereto

REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE Forum Center Vicenza Candiani 5 - Urban Center Venezia

REG

REGIONE EMILIA-ROMAGNA

REG

Candiani 5 - Urban Center Venezia


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REGIONE EMILIA-ROMAGNA Urban Center di Parma Urban Center di Bologna Urban Center di Ravenna

REGIONE

REGIONE TOSCANA Casa della Citt di Siena

REGIONE LAZIO Casa del Municipio - Urban Center Roma XI Casa dellarchitettura di Roma

REGIONE CAMPANIA Casa della Citt di Napoli

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REGIONE SICILIA Urban Center Palermo Urban Center Catania

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LUrban Center di Genova La struttura, con sede propria nel centro cittadino in Piazza Banchi allinterno della Loggia Mercanzia, si occupa della promozione della partecipazione dei cittadini nelle scelte urbanistiche dellamministrazione e di gestire la comunicazione delle politiche di trasformazione. La struttura che nasce nel 2007

sua comunicazione. Sempre a riguardo di questo argomento lorganismo, nella propria sede, si occupa di informare la cittadinanza sulle trasformazioni strategiche future rendendo disponibili i documenti sui progetti, gestendo dei forum di discussione e inviando newsletter grazie al sito internet. Unattivit innovativa della struttura la collaborazione con Urban Lab, ovvero il laboratorio di urbanistica ideato da Renzo Piano che studia le trasformazioni sostenibili della citt che anchesso ha collaborato con lamministrazione alla realizzazione del Piano Urbanistico Comunale; un laboratorio vero e proprio che lavora per temi strategici ma anche analizzando ed esplorando micro aree includendo gli studi e i progetti in tavoli di discussione e di idee ai quali partecipano varie personalit ed attori. LUrban Center di Milano Nonostante la centralit dellubicazione della struttura in pieno centro storico (nella galleria Vittorio Emanuele), ma soprattutto per limportanza della citt e dei numerosi studi, tra i quali anche quello di Fareri pi volte citato, lurban center

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si sviluppata legandosi al dibattito pubblico sulla Gronda di Ponente che ha visto lassociazione impegnata negli incontri con i cittadini e con i vari attori; urban center inoltre stato coinvolto nel processo che ha visto la discussione e linclusione dei cittadini in alcune fasi delle realizzazione del Piano Urbanistico Comunale e nella

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attraverso lurban center verso la risoluzione delle proprie criticit, come accaduto a San Francisco, ma si preferito non intraprendere la strada pi virtuosa e di ridurre il tutto ad una vetrina nemmeno troppo ben allestita che mostra come la citt cambier ma che non permette alcuno scambio o dialogo tra le parti. Una vera e propria occasione persa, almeno fino ad ora.

aree strategiche per la citt, in modo allargato alla cittadinanza e agli attori privati e pubblici che, oltre a poter contribuire dal punto di vista economico al sostegno delliniziativa, possono porsi come attivatori di azioni e proposte culturali. Anche in questo caso per linformazione, fino ad ora, stata lelemento principale senza troppo spingersi ad attivit come laccompagnamento progettuale o laccoglimento di istanze da parte dei cittadini

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di Milano, rivestendo il ruolo di struttura puramente informativa in merito ad alcuni progetti e iniziative che riguardano le trasformazioni della citt in corso di realizzazione o in cantiere per il prossimo futuro, risulta svolgere un parte ridotta rispetto alle potenzialit proprie e della citt. Lagglomerazione milanese, che ha da sempre avuto il problema della mancanza di scelte, di scenari e di innovazione, avrebbe chiaramente potuto lavorare

LUrban Center di Bergamo Il caso dellurban center bergamasco abbastanza interessante in quanto, anche se la realt in discussione limitata, la struttura e la gestione sono ben organizzate partendo dalla condivisione e presentazione ai cittadini del Piano di Governo del Territorio arrivano a trattare, non solamente come informazione, alcuni aspetti di progettazione e discussione delle

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per la sistemazione, o almeno il dibattito, di alcune aree critiche. Rimane comunque il fatto che liniziativa, anche per le mostre temporanee e permanenti, la disponibilit dei materiali e ad alcune iniziative didattiche si pone quantomeno oltre quella linea di pura vetrina della citt per giungere, se ce ne sar la volont, verso qualcosa di pi complesso ma sicuramente pi utile in una citt che comunque ha notevoli potenzialit. LUrban Center di Venezia Candiani 5 La struttura, che prende il nome dal centro culturale nel quale ha trovato la propria sede nel 2005, dopo una trafila che tra pause ed accelerazioni era iniziata nel 1998. anno nel quale si sviluppata lidea di creazione di un museo della citt: lubicazione nel centro di Mestre strategica dato che entra in contatto con i veri abitanti di Venezia e dei comuni dellhinterland, molto differenti rispetto agli isolani che vivono ambienti urbani completamente diversi in quanto le trasformazioni strategiche avvengono necessariamente in modo pi ravvicinato ai primi: anche se cos facendo per i secondi risul-

ta spesso complicato fruire dei servizi dellorganismo. La struttura si compone per la presenza di una mostra permanente che racconta molti aspetti della citt: dalle aree strategiche in trasformazione alle disposizioni future dei piani urbanistici fino alle immagini storiche. Gli obiettivi della struttura risultano anche in questo caso la fornitura del maggior numero di informazioni chiave alla cittadinanza per mantenerla al corrente del proprio avvenire e di quello della citt che abitano. Le occasioni per di partecipazione attiva sono limitate al periodo di discussione dei piani urbanistici senza quindi entrare in contatto con le aree in trasformazione prima citate. Casa della citt Laboratorio urbano di Trento Questo urban center, anche se posto in una citt medio piccola degno di nota perch, come per Bergamo, vengono attuate alcune iniziative interessanti talvolta pi che in altre citt; uno degli aspetti chiave la volont non limitata alla descrizione della citt, ma lobiettivo di capirla e mostrarla quindi ai cittadini per aumentarne consapevolezza e cultura del proprio

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spazio di vita. Va anche aggiunta la costante analisi e gli studi sugli impatti delle possibili trasformazioni oltre che sulla forma della cittadina anche sugli aspetti sociali e relazionali dei suoi abitanti: fattori entrambi da non sottovalutare. Per quello che riguarda il coinvolgimento diretto dei cittadini, lurban center organizza insieme allammini-

LUrban Center di Bologna In questa lista dei principali urban center italiani sicuramente non poteva mancare Bologna dato che una delle esperienze pi famose e importanti nel panorama italiano. Si forma in modo stabile e definitivo attorno al 2004 dopo alcune vicissitudini sullubicazione e sulle sue funzioni; in ogni caso trova nella propria mission tutte le tematiche della comunicazione delle trasformazioni urbane, ma anche del dialogo con i cittadini e al loro coinvolgimento. tiere (Bologna citt che cambia). Con il passare degli anni le azioni si sono fatte via via pi attive e i compiti della struttura si sono spinti oltre la pura comunicazione, arrivando ad abbracciare anche le iniziative di coinvogimento dei cittadini attraverso forme di dialogo e di gestione dei processi partecipativi, che si sono fatti mano a mano materia sempre pi correlata allurban center e molto meno al settore urbanistica del

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strazione eventi di dialogo e di discussione di alcuni nodi fondamentali della citt in termini di criticit e potenzialit. Sono poi attivate anche alcune iniziative culturali e di pubblicit della citt sempre presenti comunque in gran parte degli Uc.

Lorganismo, nato per una forte volont politica fornito anche di uno statuto, di un organo direttivo e decisionale. Il primo progetto di grande impatto che lo vide impegnato fu la campagna di comunicazione e consultazione per il Piano Strutturale Comunale con unimportante campagna di promozione (Bologna si fa in sette, 2005 ), un forum cittadino allargato a categorie, associazioni e cittadini, e linizio delle attivit dei laboratori partecipati di quar-

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comune. Anche in questo caso le mostre permanenti e\o temporanee si susseguono fornendo ottimi spunti, informazioni e attivit culturali alla cittadinanza sempre ben coinvolta; vanno inoltre segnalate gli eventi di indicazione, illustrazione e promozione per gli abitanti dei progetti in corso (soprattutto quelli strategici) oltre che seminari, convegni e passeggiate urbane. La macchina urban center si muove poi attorno agli ambiti progettuali veri e propri uscendo quindi dalla sfera della pura comunicazione, tramite la gestione di laboratori di quartiere, progettazione partecipata e altre iniziative che coinvolgono direttamente la cittadinanza per migliorare le situazioni critiche nelle quali vivono ogni giorno. Casa del Municipio_Urban Center Roma XI & Casa dellarchitettura di Roma La citt di Roma, anche dal punto di vista simbolico, non si di certo fatta sfuggire loccasione di porsi in risalto proponendo ai propri cittadini le occasioni per essere informati sulle trasformazioni, ed ha cos deciso di dotarsi di addirittura due spazi che possono entrare a pieno ti-

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tolo nella categoria urban center. La prima struttura, posta in una zona non centrale definibile periferica, ubicata nel quartiere della Garbatella e si veste di tutti gli abiti tradizionali della struttura partecipativa, ponendosi per fuori dal cuore urbano soprattutto perch, come si evince dal nome, lorganismo nasce per capire, analizzare e informare la cittadinanza sulle trasformazioni di questo comparto dellimmensa

giurisdizione comunale; le iniziative sono ben organizzate e strutturate anche coinvolgendo in laboratori di idee e di progettazione partecipata con la cittadinanza. La seconda struttura invece, posta nel cuore di Roma, ovvero in prossimit della Stazione Termini, riveste soprattutto il ruolo di informazione e di gestione delle iniziative culturali (dal punto di vista dellarchitettura urbana) tramite mostre, incontri sen-

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za purtroppo soffermarsi sugli aspetti strategici e di progettazione. Forse unaltra occasione che potrebbe sembrare sprecata, ma che prima di esprimere un giudizio cos definitivo, andrebbe analizzata con pi cura. Casa della Citt di Napoli Liniziativa prende avvio nel 1998 e in una forma ridefinita e meno ampia attiva ancora oggi. Risulta essere interessante lapproccio scelto dai gestori di non porsi come centro di comunicazione, ma come una struttura di servizi con attivit che partono dallattivit di sportello, alla documentazione e archiviazione di testi e pratiche, oltre che eventi come le mostre o la pubblicazione di ricerche e report, ma anche attivit con i pi giovani e momenti di progettazione partecipata con pi attori. Come in altri casi anche qui, seppur con qualche peculiarit dovuta al particolare iter di approvazione, la struttura nasce durante la formazione del Piano regolatore per cercare di informare la cittadinanza sulle scelte individuate dallamministrazione per la citt di Napoli e si pone soprattutto come strumento per incrementare il consenso sugli scenari futu-

ri della citt; successivamente per le azioni si complessificano fino ad includere gli studenti per individuare, quasi fosse una mostra, gli spazi problematici della citt (prender il nome di Maggio della citt verr reiterata per pi anni). Le attivit si sono poi susseguite negli anni attraverso la discussione e laccompagnamento dei piani urbanistici, tramite informazione e partecipazione allargata, ma anche grazie a mostre ed altre azioni innovative come Maggio della citt giungendo talvolta anche a progettare in modo esteso alla cittadinanza alcune zone di Napoli. Limportanza della struttura purtroppo scemata ed ora alcune informazioni rimangono ancora disponibili nel web, ma la spinta propulsiva si abbastanza affievolita negli ultimi anni.

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Tra le altre iniziative non analizzate vi sono numerosi progetti, talvolta non attivi, oppure descrivibili come organizzazioni di pura informazione tecnico-urbanistica come il caso di Vicenza, o di enti preposti alla sola pubblicizzazione dei vari piani urbanistici come il caso di Siena o Asti. Infine, avendo effettuato la ricerca sulla documentazione relativa agli urban center italiani tramite il web, spesso capita di entrare in alcune realt virtuali poco chiare presumi-

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center center center center center

di Verona di Brescia di Bolzano Biella e biellese di Catania

Allappello tuttavia mancano ancora alcune strutture: per questo orrei aprire una parentesi su alcune di queste come Rovereto e Parma che risultano essere allavanguardia sotto gli aspetti comunicativo-informativi, ma che la loro ubicazione

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bilmente a causa delliniziativa non molto avanzata, oppure per la scelta di non uscire al di fuori dei confini urbani anche a causa della semplicit delliniziativa che, come spesso accade, rinchiusa nei termini dellinformazione sui progetti pi importanti che riguardano la citt e poco altro. Le strutture che appartengono a questa maxi categoria, frutto anche di una selezione basata sul mio personale giudizio, oltre a quelle gi citate sono le seguenti:

in una citt piccola nella quale le tematiche strategiche sono ridotte portano liniziativa a perdere importanza oppure ad orientarsi verso proposte non prettamente riguardanti il campo tradizionale di competenza dellurban center come la propota di sagre, mostre di pittura ecc. Un male tuttavia minore rispetto alle occasioni perse in altre citt nelle quali di certo non mancavano le occasioni di dibattito. Infine vorrei segnalare due spe-

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ranze per il futuro: le citt di Firenze e Palermo che pare vogliano dotarsi di un urban center e che sarebbe interessante se recepissero lesperienza delle altre citt per realizzare qualcosa allavanguardia ed innovativo e che non si smarrisca come purtroppo spesso accade. 2.4 Una rilettura critica delle esperienze Il miglior modo, dal mio punto di vista, per riuscire a confrontare e capire lo spessore delle iniziative italiane e statunitensi mi sembra utile aprire questo sottocapitolo con una parte di una ricerca di P. Fareri del 1994, nella quale vengono analizzate le varie tipologie di urban center; le categorie individuate da Fareri sono: Urban Center come strumento di divulgazione al vasto pubblico delle trasformazioni della citt, sulla forma e sulla qualit degli spazi e delle architetture; Urban Center come luogo di costruzione del consenso attorno ai progetti di sviluppo urbano. Urban Center come luogo di strutturazione delle politiche urbane & del dibattito sui problemi dello sviluppo urbano Ovvero ove si generano idee e si strutturano problemi, che vengono poi sottoposti allattenzione degli attori responsabili e alla pi vasta arena politico amministrativa. Entro questo tipo ricadono gli Urban Center che si configurano come luoghi di promozione e organizzazione del dibattito attorno alle politiche urbanistiche, spazi disponibili per i diversi attori mobilitati con lo scopo di favorire linterazione e lo sviluppo di proposte. Urban Center come luogo di promozione della progettualit In questo caso lUrban Center si occupa di favorire lutilizzo delle risorse culturali presenti nella citt per lo sviluppo di una migliore qualit dellambiente urbano. Lenfasi posta soprattutto, anche se non esclusivamente, sugli elementi visivi, e di conseguenza sulla qualit dellarchitettura, e sulla mobilitazione delle risorse professionali esistenti. Urban Center come centro di servizi per la definizione di iniziative di sviluppo dal basso.

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E superfluo sottolineare dove si pongono alcuni casi come Milano Venezia rispetto al caso di Brooklyn, non tanto per come ampiezza delle iniziative, ma come mission iniziale che effettivamente autolimita la struttura nelle iniziative che pu intraprendere rendendo addirittura quasi impossibile lo svilupparsi di pratiche innovative. Comunque come si visto dal quadro, sicuramente non completo ed esaustivo, del caso italiano, soprattutto in quella che pu essere definita una prima stagione di sperimentazione e che ha tuttoggi ancora qualche strascico, il modello pi in auge stato quello di sfruttare lurban center come strumento di divulgazione delle trasformazioni della citt partendo anche dalla discussione in merito ad un problema o anche sulla pubblicizzazione di un piano urbanistico. Vicende queste abbastanza atipiche rispetto a quanto mostrato con lapprofondimento di P.I.C.C.E.D., in quanto si trattava di modelli didascalici (Infobox, Centri di documentazione urbana, Musei della citt) che si ponevano semplicemente come vetrine della citt escludendo ogni tipo di dialogo costruttivo sia con la popolazione che con i numerosi stakeholders presenti nelle citt. Una fase di startup che puntava, in una maniera spesso fallimentare, quasi esclusivamente a ricercare e ad aumentare il consenso e a promuovere una sorta di marketing urbano spesso banale e povero di qualit, senza assolutamente provare a spingersi pi verso le ultime tre catergorie. Spesso per, senza pregiudizi, talvolta si trattato puramente di incapacit nella gestione delle scelte di queste strutture scarsamente performanti o anche per un contesto non adatto a ricevere la struttura perch la realt (Vicenza, Lamezia Terme...) era effettivamente troppo piccola. Negli ultimi anni questa fase sembra, anche se non totalmente, essersi eclissata per lasciare spazio a quelli che realmente possono definirsi urban center con vere esperienze e con percorsi studiati e complessi; o per meglio dire alcune strutture effettivamente definibili come uc sono emerse nel panorama per limportanza delle iniziative e per la qualit degli approcci intrapresi come per il caso di Bologna che arrivata a spingersi alla promozione di progettualit e addirituttra, per certi versi in contesti limitati alla strutturazione di politiche urbane.

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Ancora una volta la natura fortemente contestuale degli Urban Center riveste un aspetto importante e invita a riflettere considerando i casi non solo per le linee di azione, per gli esiti o per gli orientamenti, ma soprattutto per la loro specificit. LUrban Center non dovrebbe essere un contenitore qualsiasi di iniziative e di eventi, ne uno spazio espositivo fine a se stesso e nemmeno un museo, un infopoint o un centro di documentazione, ma uno spazio dinamico cos come si visto con il caso di New York. Ma se nella realt italiana vige una sorta di immobilismo politico difficile da animare nel quale spesso davvero complicato realizzare progetti virtuosi, gli addetti ai lavori della struttura risultano essere gli unici in grado di portare novit e buone pratiche in un contesto forzatamente ristretto. Per esempio se lincarico quello di pura informazione potrebbe essere un buon inizio provare ad uscire dallordinario educando i cittadini per aumentarne la cultura urbana dellabitare quotidiano; un processo magari anche minuto ma che pu aumentare la consapevolezza negli abitanti della citt di quello che li circonda, incrementando cos il proprio spirito critico riuscendo poi ad avere un interscambio importante con le amministrazioni e non costituito di banali proteste facilmente smontabili.

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UNA SPERIMENTAZIONE IN ITALIA: LURBAN CENTER METROPOLITANO DI TORINO

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3.

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3.1

Levoluzione e le trasformazioni della citt

La metropoli torinese, come noto ai pi, tra la seconda met dell800 e i primi decenni del 900 si avvia ad essere un centro industriale fondamentale sia per lItalia che per tutto il continente europeo; tutto questo soprattutto grazie alle performance della FIAT che la trasforma in una vera e propria company town tutta incentrata sullindotto dellazienda sia in termini di addetti diretti, che per quanto riguarda le produzioni complementari alla casa madre. Questo modello inizia a perdere forza e a sgretolarsi intorno agli anni 80-90, periodo di svolte epocali, anche per Torino che nel suo piccolo si rende conto dellimportanza e della necessit di nuovi progetti per il rilancio della citt che avrebbe potuto rischiare il collasso se nessuno si fosse mobilitato. Un primo passo in avanti vero lobiettivo della rinascita, risulta essere il PRG di V.Gregotti e A.Cagnardi che nel 1995 inizia ad essere operativo e che sar uno dei motori, pi o meno virtuosi

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Lobiettivo, pi o meno celato per questo paragrafo quello di riuscire a fare emergere dei temi chiave attraverso i quali possibile capire le motivazioni, che verranno poi delineate, dello sviluppo peculiare dellUrban Center Metropolitano di Torino. Una cronologia articolata che sottolinea come lesito sia non un progetto vago e aleatorio, ma qualcosa di complesso e ragionato in modo dettagliato.

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ed efficienti, delle mutazioni cittadine. Un piano per alcuni aspetti innovativo in quanto, infatti, punta su metodologie alternative alle pratiche espropriative molto adottate in quegli anni, introduce i piani complessi per poter recepire i finanziamenti dellunione europea, e molto altro ancora. Soprattutto per il volano della trasformazione radicale da individuarsi nellideazione delle 4 Spine; lobiettivo, con questo progetto, quello di potenziare il collegamento nord-sud della citt attraverso un asse stradale principale con linterramento della linea ferroviaria (progetto per della cosiddetta Spina Centrale) e lutilizzo delle vaste e numerose aree industriali dismesse pre-

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senti nel cuore della citt: una svolta totale purtroppo non troppo limpida anche a causa del periodo non facile per leconomia e quindi neppure per lamministrazione risultato semplice gestire nel migliore dei modi il processo. Le politiche sono incentrate fortemente sul rilancio dellimmagine puntando decisamente sul mercato senza molta regolazione e in modo molto sbilanciato a favore degli stakeholders privati. Quello che per vorrei sottolineare, non essendo nei miei intenti una ricostruzione dettagliata degli avvenimenti politici della citt, lobiettivo postosi dallamministrazione del cambiamento radicale dell immagine della

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citt; un argomento che successivamente anche lurban center svilupper in modo intelligente spingendosi anche al di l di questo e ragionando ovviamente anche sugli aspetti di vivibilit che nascono dalla forma e dalla qualit urbana. 3.2 Il percorso verso la nascita della struttura urban center

Qualche riga fa si scritto di come per realizzare il cambio di marcia decisivo per il proprio futuro, Torino abbia puntato fortemente sulla trasformazione fisica affidata in gran parte ai privati, ai quali con forti incentivi (in termini di vantaggiosi plusvalori volumetrici) si permesso di edificare e rivoluzionare il contesto cittadino in un periodo di tempo relativamente breve. Si evince quindi che limportanza del progetto e degli esisti tangibili sia per la citt un fattore determinante che ne ha davvero modificato le sorti; esistono vari esempi di ci, partendo dalla trasformazione del Lingotto, alla realizzazione (controversa) di Spina 3, alla demolizione dei palazzoni di Via Artom, alla pedonalizzazione di alcune piazze tra cui San Carlo, fino alle evento delle Olimpiadi del 2006 che ha mostrato la citt anche al resto del mondo. Una lunga serie di processi quindi che passo dopo passo hanno scandito levoluzione torinese da citt-fabbrica a qualcosa di diverso, forse ancora non definibile nettamente dato che molti cantieri sono ancora aperti, cos come i dibattiti pubblici tuttora in corso. La seconda anima, forse la pi profonda e nodale, limportanza che la comunicazione e linformazione delle nuove immagini che la citt possieder, hanno svolto in questi decenni nella citt: il primo passo da registrare si forma a cavallo dellonda di innovazione nata nel 1995 con il nuovo Piano Regolatore, con la creazione nel 1997 delForum per lo sviluppo per far muovere la macchina del piano appena approvato tramite lorganizzazione di un insieme di membri rappresentanti le forze economiche, sociali e culturali della citt che potessero implementare, organizzare ed avviare le trasformazioni progettate. Sempre in quellanno viene anche gestito il Progetto Speciale Periferie, uno dei primi progetti nei quali, finalmente, il dialo-

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go bidirezionale e la popolazione viene ascoltata e le istante recepite ed effettivamente messe in opera; un progetto con uno scenario e una visione. Oltre a questi due episodi ed esperienze, senza dubbio fondamentale per la realizzazione dellurban center il Progetto speciale comunicazione del 1998: un focus di ridefinizione e riorganizzazione dellimmagine della citt, che si unisce alla necessit della pubblica amministrazione di poter dialogare con gli abitanti su quello che sar il futuro della city. Un dialogo purtroppo che poi risulter unidirezionale e quindi senza scambio reciproco di idee, ma che per lo meno esiste e che in ogni caso un evoluzione rispetto a molti altri contesti italiani nei quali nemmeno questo spiraglio comunicativo esiste. Il progetto risulta significativo anche perch riesce a far recepire ai cittadini il concetto che esiste uno scenario di fondo a tutte le trasformazioni in corso (infatti nello stesso periodo si aprono anche i cantieri per le olimpiadi) e una immagine generale di cambiamento ragionato, attraverso anche lo slogan della compagnia pubblicitaria Armando Testa Torino always on the move ci stato possibile. Continuando poi a raccontare alcune delle iniziative comunicative interessante parlare di Atrium Torino. Questa mostra, la prima che si pone lobiettivo di raccontare la citt contemporanea ai cittadini, tenta ancora una volta di riunire i vari interventi (pubblici e privati) sparsi per la citt e mostrale loro come sar la Torino del futuro. Unidea che cerca di non porsi solo come semplice informazione, ma di lavorare su pi livelli di lettura che comprendono vari attori, tra i quali anche cittadini, che vengono avvicinati in modo diverso e nuovo alle trasformazioni in modo anche di poter riuscire ad aprire un dialogo. Purtroppo lesito non sar quello sperato e anche questa proposta si trasformer in semplice informazione alla cittadinanza. Tutti questi sono comunque dei piccoli passi in avanti che nel momento in cui verr descritto lurban center assumeranno un aspetto del tutto diverso rivestendosi di un ruolo chiave, cos come largomento che verr trattato ora sar lultimo ingrediente per la formazione della struttura torinese

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3.3

Qualit e metafore della citt

Come detto poco sopra per la citt di Torino la forma urbana, le immagini e le metafore ad essa relative sono evidentemente una questione sentita e allo stesso tempo ricca di opportunit dalle quali trarre spunti per lo sviluppo futuro e sui quali lurban center ha puntato e sicuramente punter. Si parte dalla grande mano di Rigotti, passando per le Spine fino alle citt di citt dellultimo piano strategico del 2006. Tutto questo ovviamente attraverso anche, almeno per lultimo periodo, le circostanze susseguitesi alla crisi della FIAT degli anni 80-90 fino ad ora descritti. Dai capitolo precedente si evince come il Prg e il piano strategico siano due degli avvenimenti che maggiormente producono un cambiamento repentino nella morfologia della citt (non solo fisica). Un episodio che forse pu non sembrare cos decisivo lapertura dell Officina citt Torino; quello che sar il primo Urban center anche se ibrido e sui generis, si configura come un laboratorio di conoscenza e interpretazione. La struttura nasce al fine di rispondere alla crescente domanda di informazione, approfondimento che (anche come si sottolineato precedentemente) arrivava direttamente dai cittadini e non solo. Vale comunque la pena di sottolineare come loperazione svolta con lattivazione di OCT, se da un lato pu essere considerata poco soddisfacente rispetto agli esiti laddove le esperienze avviate restano destinate ad un pubblico specialistico e senza diritto di replica1 - ed alla scarsa visibilit nel contesto torinese, resta comunque un passaggio importante allinterno delle vicende che hanno poi portato nel 2005 alla costituzione di Urban Center Metropolitano, poich proprio qui inizia lattivit di monitoraggio di alcuni cantieri strategici per la trasformazione della citt e per la vicenda olimpica. Si tratta di azioni ancora episodiche, dettate molte volte dallemergenza ma che permettono di costruire delle prime regole e di definire un modus operandi nel monitoraggio dei progetti, e perch proprio qui cominciano a prendere forma tutta una serie di raffi1

C. Olmo in C. Lucchini 2011

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gurazioni in forma di mappa che di l a poco sarebbero entrate a fare parte della cassetta degli attrezzi di UCM. Prima per di giungere finalmente al cuore del discorso, ovvero la nascita dellUCM utile introdurre lultimo tema chiave ovvero la qualit urbana. Largomento in questione risulta essere molto spinoso e sfaccettato dato che, come spesso accade per ci che soggettivo, non pu avere una soluzione unica e inattaccabile. Esistono vari tipi di qualit e non tutti purtroppo sono condivisibili o capibili. Per la citt di Torino stato forse pi immediato dibattere sulla qualit urbana sia perch trasformando grosse fette di citt contemporaneamente i cittadini si chiedono in modo pi pressante in che modo si stia raggiungendo la meta e la qualit della stessa; la discussione, enfatizzata anche dalla stampa rischiava di essere un bel grattacapo per lamministrazione che decide di nominare una sorta di garante della qualit individuabile nella persone di Carlo Olmo che nel 2002 diventa Consigliere per la Qualit Architettonica ed Urbana della citt. Il professore verr coinvolto in tutte le principali discussioni sui temi della trasformazione urbana, e si assumer il compito di ricostruire i termini di un dibattito spesso schiacciato su questioni meramente estetiche, restituendo profondit e spessore ai termini in questione. Dopo tutto ci quindi possibile finalmente presentare lUrban Center Metropolitano di Torino che nasce ufficialmente nel 2006 e che tuttoggi ancora attivo; alla base della formazione dellUCM vi un accordo tra tre soggetti: la Citt di Torino, la Compagnia San Paolo e lAssociazione Torino Internazionale (struttura nata nel 2006 per la promozione del Piano Strategico). Balza subito allocchio che nonostante la mia premessa, riguardante la peculiarit italiana sulla totale partecipazione pubblica per le iniziative come questa, la partnership anche privata attraverso finanziamenti (circa la met) diretti.

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4.

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Lurban center metropolitano una struttura minuta ma allavanguardia che, anche sulla scorta delle esperienze di maggiore esperienza e successo come quelle del repertorio anglosassone, cerca di sanare il gap quasi cinquantennale che ci separa sfruttando i dibattiti, i processi e le teorie gi sperimentate in quei contesti per portare a Torino le potenzialit di quegli approcci scartando quindi il pi possibile le criticit, per cos dire evitabili, e ponendo perci maggiore attenzione alle specificit italiane della politica e della cultura architettonica dei cittadini. Lucm quindi partendo e avendo a che fare con il contesto urbano precedentemente delineato della citt Torinese, di forte cambiamento e vivacit, si pone come target di stimolare l'interesse attorno ai temi relativi alla citt, provare a salvaguardare la qualit urbana, diventare luogo di confronto tra gli attori economici, sociali e culturali implicati nei processi di trasformazione, promuovendo conoscenza, partecipazione e dialogo,offrire alle Amministrazioni pubbliche, alle Istituzioni o a soggetti privati gli opportuni strumenti di mediazione e prefigurazione del progetto, che consentano di massimizzare la qualit urbana delle trasformazioni a tutte le scale, dal livello architettonico a quello urbanistico. (da urbancenter.to.it). 4.1 Lo sviluppo e le fasi dellesperienza

Analizzando le esperienze da un punto di vista pi critico, oltre la visione semplicistica della cronologia, ci si accorge che le mo-

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dalit di lavoro, le capacit degli esperti e le tipologie progettuali negli ultimi anni si sono modificate rispetto allinizio dellesperienza torinese. Con un occhio critico si riescono ad individuare 3 fasi tra loro molto simili, ma che differiscono per un qualche evento chiave che ha mutato e spesso ingrandito le mansioni della struttura. Quella che pu essere definita prima fase potrebbe avere inizio con le prime esperienze di comunicazione alla cittadinanza come Torino always on the move, oppure Officina Citt Torino essendo le iniziative i primi e piccoli passi verso la nascita dellurban center; appartengono quindi a questa fase tutte le iniziative di startup passando attraverso le nomina di Olmo a Consigliere per la qualit architettonica ed urbana della citt, al primo vero proget-

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to accompagnato dalla struttura, fino allesperienza del comparto strategico di Mirafiori Sud che segna linizio della fase successiva. Ho ampliato le maglie, soprattutto iniziali di questa fase per mostrare come il fluire degli eventi sia importante per la nascita della struttura, che si forma attraverso volont e pratiche di lungo corso (anche se minute e talvolta con delle criticit, ma comunque importanti per Torino) e non grazie ad una scelta lampo di un singolo individuo. Per capire meglio il tema utile per, a mio parere, ragionare solamente sullinizio delle attivit vere e proprie dellurban center metropolitano dal 2005 (anno della fondazione solo formale, come abbiamo capito) in modo da comprendere pi a fondo levoluzione delle pratiche gestite dalla struttura.

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Come si pu vedere anche dallo schema sopra le attivit iniziali dellurban center si attivano in processi gi in corso e dalla strategicit non fondamentale: progetti comunque significativi come la gestione della trasformazione degli edifici baffati, degli ex stabilimenti Lancia, dellex Isvor ecc, ma che non erano al centro delle pi importanti politiche di rinnovamento improntate verso il futuro. Le motivazioni di questa situazione sono varie, la pi significativa probabilmente per era la mancanza di ruoli definiti: lamministrazione trovandosi a dover commissionare dei lavori ad una nuova struttura sperimentale non era in possesso delle informazioni necessarie per capire le metodologie di lavoro della struttura e quando chiamarla in causa, lurban center dal suo punto di vista invece non aveva neppure chiari gli strumenti in possesso e nemmeno come gestire ed organizzare i lavori. In pratica un inizio,

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nonostante la fertilit del terreno, complesso e carico di quesiti e di esperimenti che in ogni caso hanno fornito la base sulla quale lurban center ha iniziato a legittimarsi, dato che le pratiche adottate dal centro sono tuttoggi le medesime. La seconda fase individuabile con lavvio e laccompagnamento progettuale dellarea Mirafiori e pi precisamente degli stabilimenti Ex Dai. Uno comparto fortemente strategico situato a sud della citt, che per la prima volta vede implicato lurban center nella trattazione di unarea chiave dello scenario torinese che diventer un nuovo pezzo di citt con il Centro del Design del Politecnico di Torino. Ancora una volta il mio intento non mostrare in dettaglio il progetto, ma sottolineare come lurban center abbia effettuato uno

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scatto nel proprio metodo di lavoro, abbia acquistato legittimit e agli occhi dei pi si sia posto come organismo valido e utile, meritando quindi nuove prospettive di lavoro. Un salto comunque che reimmette in una sorta di fase sperimentale lurban center che come ad ogni cambio di fase si vede costretto ad imparare dei metodi nuovi e pi performanti dato che la mole di lavoro in costante aumento. Una seconda fase quindi che, non solo per il progetto Mirafiori, si caratterizzer oltre che per la maggiore importanza dei progetti e degli interessi in campo, anche per limplicazione della struttura sempre pi in fase di startup dei progetti; di conseguenza i tempi di coinvolgimento dellorganismo nei processi decisionali si

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allungano permettendo cos una migliore gestione e accompagnamento, rispetto alla prima fase nella quale lintervento dellurban center era quasi casuale e in uno stadio ormai avanzato , senza poter modificare troppo gli esiti progettuali. La terza ed ultima fase che la pi particolare in quanto ancora in essere e si sta lentamente modificando, con il cambio di amministrazione, forse verso un ulteriore step per giungere ancora a nuove metodologie e campi dazione. Questo stadio comunque si caratterizza per lulteriore complessificazione dei progetti di trasformazione che lurban center chiamato ad accompagnare e in un certo modo a gestire. Lesempio pi calzante individuabile questa volta a nord di Tori-

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no ed il protagonista della Variante 200. Una serie di comparti complessi e molto strategici, che verranno interessanti da un cambiamento repentino con la realizzazione della nuova linea della metropolitana, dal progetto Urban per la riqualificazione del quartiere Barriera Milano e ledificazione di cospicue volumetrie (anche di pregio) e parchi in alcune aree : insomma lennesimo progetto di rinnovamento di Torino che sar attivo per i prossimi ventanni. Data la variet di aree, progetti e attori in gioco si capisce molto bene come lurban center ora debba ragionare su vari aspetti e ci che prima era lattivit per un singolo progetto ora solo una parte di un processo molto pi ampio, infatti come si vede dal

PARCO SEMPIONE
PIAZZA SOFIA RIQUALIFICAZIONE SPONDE STURA

LA PORTA NORD DELLA CITTA

SPINA 4

OSPEDALE SAN GIOVANNI BOSCO

IL NUOVO BOULEVARD URBANO PASSANTE FERROVIARIO E VIALE DELLA SPINA CENTRALE

SEMPIONE GOTTARDO

MANIFATTURA TABACCHI

MERCATO FORONI PIAZZA BOTTESINI


urban barriera di milano

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NUOVE PISTE CICLABILI

EX INCET E SCUOLA INFANZIA


urban barriera di milano

ACCESSO PARCO COLLETTA


AREA VERDE EX CEAT

urban barriera di milano

OFFICINE GRANDI MOTORI


LINEA 4 TRAM

LINEA 2 METROPOLITANA
NUOVO PARCO LINEARE

BARRIERA DI MILANO

URBAN

EX-SCALO VANCHIGLIA
IL QUARTIERE DELLA CREATIVITA

grafico poco sopra ora la lente dellurban center si focalizza su pi progetti strategici abbracciandoli per tutta la loro durata. Come ho anticipato in precedenza, con il cambio di amministrazione (dalla giunta Chiamparino a quella Fassino) si stanno aprendo ora nuove prospettive per la struttura che ha iniziato a cooperare anche nel contesto europeo, attivit forse nemmeno lontanamente immaginata allinizio dellesperienza.

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NUOVA STAZIONE FS REBAUDENGO E PARCHEGGIO INTERSCAMBIO

FIUME STURA

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4.2

La dimensione metropolitana degli interventi

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Il termine metropolitano apre le possibilit ad una serie cospicua di ragionamenti, si potrebbero scrivere (e probabilmente gi stato fatto) numerosi testi sullimportanza del governo metropolitano evitando di chiudersi nei confini fisici della citt; temi ricorrenti quindi che soprattutto nel contesto italiano non hanno mai molto attecchito, salvo qualche buona iniziativa emiliana, rimanendo inchiodati a vetuste visioni politiche di poca cooperazione ed interscambio. Per evitare di andare fuori tema utile affrontare subito il nocciolo della questione ovvero lampiezza del raggio di azione delle dellurban center. Nel capitolo precedente si scritto di come lattivit della struttura si caratterizzi per un evoluzione costante che ne ha aumentato le prospettive e il coinvolgimento in progetti sempre pi strategici; lo stesso vale anche per il coinvolgimento fuori dai confini torinesi sia in termini tangibili (progetti reali su comparti esistenti) che di relazioni (dialogo con enti extra comunali come provincia e regione). La struttura infatti ha via via fornito il proprio supporto in situazioni sempre pi al confine lavorando su importanti settori urbani che vedevano coinvolte pi amministrazioni da aspetti micro come la gestione del traffico attorno a strutture importanti (come il nuovo stadio della Juventus) fino agli ampissimi interessi per alcuni maxi comparti in trasformazione che addirittura potevano porre i comuni in concorrenza tra loro. La complessificazione inoltre vale,come detto, anche per gli enti che hanno iniziato a relazionarsi con lurban center che mano a mano si sono fatti sempre pi importanti arrivando anche alla regione Piemonte per la gestione dei brani di urbanit prima citati.

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4.3

Attori e protagonisti

Descrivendo la storia di Torino si rimarcato come le trasformazioni radicali della citt siano state affidate, in modo forse troppo sbilanciato, agli attori privati che ne hanno segnato, in bene e in male, il destino. La nascita dell importanza rivestita dai promoter privati per da ricercarsi qualche anno prima, precisamente negli anni 90; il periodo nel quale viene redatto il Piano Regolatore del 1995, che sar promosso da un elite di pochi fortunati tradizionalmente presenti nella politica cittadina (Fiat, Universit, Banche ecc., in pratica i proprietari delle vaste aree in gioco). Questa situazione ovviamente ben nota allurban center che da questo punto di vista ha cercato di coinvolgere sempre un numero sempre maggiore di attori privati, sia come finanziatori (oltre alla compagnia S. Paolo tuttora finanziatore al 50%), che come clienti dei servizi della struttura, in modo da essere meno vincolati alla pubblica amministrazione, ma anche per acquisire legittimit mostrando capacit operative avanzate e soprattutto utili. Occorre anche in questo caso suddividere loperato della struttura nelle medesime fasi, prima descritte, di evoluzione e complessificazione delle attivit; infatti anche per gli attori, come si pu notare dal grafico successivo (che ovviamente non li riporta nella loro totalit) dal 2005 ad oggi sono notevolmente aumentati e diversificati e cos come per i progetti la loro presenza durante i dibattiti si ampliata e qualificata perdendo liniziale diffidenza verso lurban center. Levoluzione quindi si nota anche dal punto di vista della committenza pubblica che partendo dal solo assessorato allurbanistica si amplia coinvolgendo altri settori pubblici che richiedono ricerche, assistenza e realizzazione di tavoli progettuali secondo le modalit operative della struttura, che comunque anche in questo caso applica a pieno il proprio spirito di sperimentazione dovendo relazionarsi con attori non sempre consoni alla sfera dazione tipica dellorganismo.

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Assessorato allurbanistica Torino Internazionale Politecnico di Torino Soprintendenza Comuni dellhinterland

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Provincia Assessorato allambiente Regione

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Assessorato allurbanistica Torino Internazionale Politecnico di Torino Soprintendenza Comuni dellhinterland Provincia

2005

Assessorato allurbanistica Torino Internazionale Politecnico di Torino Soprintendenza

4.4

Assetto & modalit organizzative

Lurban center si definisce associazione autonoma : composta oltre che dal Consiglio Direttivo, formato dai fondatori ovvero Citt di Torino Compagnia San Paolo Torino Internazionale, da una struttura per la comunicazione e lorganizzazione e da una finalizzata allaccompagnamento; il tutto viene diretto da Carlo Olmo e vice diretto da Antonio De Rossi.
Consiglio Direttivo Ilda Curti:Citt di Torino Marco Demarie:S. Paolo Elisa Rosso:Torino Internazionale

Direttore Carlo Olmo Vicedirettore Antonio De Rossi Consulente Fund Rasing Rapporti Internazionali e nazionali Segretario Generale Mario Montalcini

Responsabile Comunicazione Elena Carmagnani

Responsabile Organizzazione della struttura Valentina Campana

Responsabile Accompagnamento progetti Antonio De Rossi

Struttura Comunicazione Chiara Duch: Organizzazione Luca Begheldo:visite guidate Carlo Spinelli:consulente comunicazione

Struttura Accompagnamento Paolo Antonelli Chiara Lucchini Alessandro Armando

Si nota quindi che la struttura non ordinaria, almeno per il contesto italiano, e la partecipazione di un finanziatore privato sottolinea come lorganismo sia una novit che pu aprire nuovi scenari e prospettive. Le modalit organizzative sono plurime e partono, oltre che dalla forte cooperazione con laltro ente fondatore ovvero Torino Internazionale, dalla predisposizione di tavoli di discussione con sta-

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keholders, associazioni e con lamministrazione per non perdere importanti occasioni progettuali. Le attivit quindi si dividono in due rami: il primo cherisulta essere il principale e che riceve le maggiori attenzioni laccompagnamento progettuale. Un azione complessa da gestire (e anche da descrivere) che vede lintervento della struttura ex ante, in itinere e preferibilmente anche ex post (A.De Rossi) per lorganizzazione di dibattiti coinvolgendo tutti gli attori interessati dalla trasformazione che dovranno esporre la propria posizione chiarendo eventuali dubbi e quesiti di ogni partecipante. Questi tavoli sono a geometria variabile e, a seconda della necessit, vedono il coinvolgimento degli abitanti e dei comitati locali al fine di riuscire a giungere allobiettivo principale, ovvero una posizione condivisa dai pi. La soluzione potrebbe anche non giungere, ma per lo meno spesso si riesce a comprendere il vero nodo problematico da provare a districare. Infine, non meno importante risulta lattivit di informazione del pubblico; un impulso che ora grazie alla nuova e pi grande sede dellUCM, sar ulteriormente migliorata e soprattutto resa permanente con delle mostre e sequenze di incontri sui temi della qualit urbana, sulla morfologia presente e futura della citt e sulle sue immagini e metafore. Lorganizzazione di queste attivit dominio di una parte della struttura che si occupa quindi anche di organizzare i tuor pubblici di discussione e insegnamento della citt e iniziative come la guerriglia attivata per la promozione di alcune nuove idee per il quartiere Barriera Milano precedentemente accennato. Questa ala funziona quasi fosse una sala stampa e ha lincarico anche di curare le pubblicazioni dellurban center (dalle brochure, ai volantini, ai paper fino ai testi) 4.5 Le due linee di intervento: accompagnamento e comunicazione

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Come detto sopra lattivit dellUCM divisa in due sfere di competenza e vorrei quindi ora analizzare la parte che si occupa dellaccompagnamento progettuale. Lattivit si sviluppa attraverso dei tavoli di lavoro dalle molteplici sfaccettature e moda-

lit di formazione: lobiettivo principale di queste pratiche far scaturire e quindi favorire il dialogo e la relazione tra le parti in gioco (amministrazione pubblica, stakeholders privati e cittadini). Nel dettaglio lattivit dellurban center risulta essere la creazione di scenari ed esplorazioni progettuali che pongano in risalto gli interessi in campo, le problematiche, le opportunit ecc; una metodologia operativa che ha lo scopo di mettere nero su biano tutta lattivit di negoziazione per facilitare le interrelazioni e per mostrare anche ai non addetti ai lavori cosa accadr, o potr accadere, nel futuro di un qualsivoglia comparto urbano. La struttura comunque non propone una propria visione, infatti quello che viene prodotto ha il solo scopo di porsi come scintilla per la discussione: invero, come sottolineava Chiara Lucchini durante uno dei nostri incontri, un nostro disegno dopo una riunione o dopo un tavolo progettuale non serve pi a nulla, si potrebbe buttare. E anche partendo da questo che si evince come il processo di accompagnamento sia lungo e intenso fatto di continui aggiustamenti, di allargamenti delle maglie di inclusione dei soggetti mano a mano che se ne scopre la necessit e spesso di ridefinizione degli obiettivi iniziali: qualcosa quindi di complesso che ha lo scopo per di giungere ad una soluzione che sia condivisa il pi possibile da tutti gli attori in gioco. Qualche capitolo sopra si raccontato di come Torino sia sempre stata legata ai progetti che via via lhanno completamente trasformata descrivendo nuove immagini\metafore della citt: da questo punto di partenza che lattivit di accompagnamento si fonda. Come scrive, nel documento di mission, Carlo Olmo la competenza dellUrban Center morfologica e contestuale. Morfologica, nel prefigurare come un intervento entri o meno a far parte di un disegno urbano[] Contestuale perch attorno al valore morfologico che si pu costituire un tavolo; questo rimarca ulteriormente lattaccamento alla forma urbis da salvaguardare o comunque non banalizzare attraverso i processi: infatti questo ci che lurban center si propone di fare durante i tavoli di discussione La seconda sezione definita Comunicazione si occupa degli aspetti di interscambio dialogico ed educazione della cittadinanza; attivit queste molto complesse che sono sviluppate e gestite

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per riuscire a creare un dibattito, attorno ai temi caldi, che sia costruttivo e che non si fermi ai meri aspetti ideologici sulla bellezza della citt, ma che fornisca ai cittadini gli strumenti per orientarsi nella complessa giungla urbana. Penso che, elencando le attivit prodotte durante questi sette anni dalla parte informativa dellUCM, si capisca bene, soprattutto con la descrizione dei pi interessanti, quelli che sono gli obiettivi della struttura: Mostre temporanee, esposizioni e percorsi informativi: saranno attivate con maggiore continuit e aperte costantemente al pubblico appena raggiunta la completa operativit della nuova sede dellurban center e ovviamente riguarderanno tematiche prettamente urbane rimanendo sempre allinterno delle modalit di lavoro dellassociazione cercando quindi di istruire. Citt in discussione: la citt si incontra per discutere del proprio futuro guardando da vicino le trasformazioni in atto o che potranno partire: City talks :varie citt internazionali si presentano e discutono sulle politiche di trasformazione urbana e sociale in un reciproco scambio di saperi per contribuire ad una conoscenza dei territori urbani del ventunesimo secolo. Fino ad oggi hanno partecipato Copenaghen e Innsbruck Itinerari Urbani : Torino Today Tour un programma di visite guidate per conoscere le trasformazioni della citt e dellarea metropolitana attraverso itinerari tematici. Di seguito saranno elencate alcune delle pi importanti pubblicazioni che la struttura, dalla sua nascita ha prodotto: - Torino 1984 - 2008. Atlante dellArchiettura - Torino011. Biografia di una citt - Chieri 10. Dieci anni di progetti sulla citta - Architettura contemporanea a Torino : una collana che si propone di ricostruire e raccontare la complessit di protagonisti, dei loro ruoli, dei luoghi e delle culture che hanno definito la Torino del Novecento, e di dedurre criticamente scenari e strategie possibili per larea metropolitana torinese odierna. Fino ad oggi ne sono stati pubblicati 9 testi. Ricerche: lurban center tramite societ esterne si attivata per predisporre alcune ricerche tra le quali spiccano:

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Una attivit molto complessa che verr meglio descritta, come avverr anche per la parte sullaccompagnamento progettuale, nellapprofondimento di questa tesi nel quale verranno raccontate due esperienze dellurban center metropolitano che mostrano chiaramente le modalit di lavoro della struttura. 4.6 Le competenze tecniche degli esperti

Lo staff, ristretto ma molto qualificato, si compone di circa una decina di addetti ai lavori diversificati ovviamente nei due rami: comunicazione e accompagnamento progettuale; le mansioni sono diverse, ma si sviluppano in simbiosi molto stretta per poter riuscire nei propri intenti nel migliore dei modi. La formazione, ma soprattutto la metodologia di lavoro e di ricerca ricalcano le orme delle prassi dellateneo di Torino sia per la presenza di un expertise che sgorga direttamente dallistituto, che per lappartenenza di Olmo allambiente universitario che ne ha quindi esportato i metodi con i quali affrontare i lavori.

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- Le costruzioni e la percezione della qualit urbana a Torino negli anni 2000: Lindagine individua i caratteri del cambiamento socioeconomico torinese avvenuto dagli anni 2000, mettendo in luce le specificit e le geografie interne alla citt e alla sua area metropolitana, e inquadra i caratteri del posizionamento strategico della citt nel panorama internazionale. - Architetture contemporanee nellarea metropolitana di Torino 1950-2000: insieme al Politecnico di Torino e alla DARC (Direzione generale per lArchitettura e lArte Contemporanee) lUCM si promulgato a ricostruire il panorama architettonico torinese degli ultimi 50 anni, non caratterizzato per le grandi firme, ma per la qualit delle realizzazioni che si dovr tentare di salvaguardare nonostante le leggi pongano tutele solo agli edifici con pi di cinquantanni deta. Brochures, depliant e report: lultimo gradino nella scala informativa per complessit, anche se risulta essere immediato e di grande appeal per la popolazione, risulta essere la produzione di materiali informativi immediati. In ogni caso questi non sono da sottovalutare in quanto pubblicizzano lesistenza della struttura e delle iniziative che promuove in modo semplice e diretto.

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Nonostante questa base universitaria lapproccio molto sperimentale: infatti le relazioni tra enti pubblici (nelle loro diverse articolazioni), soggetti privati e UCM sono molto delicate, si costruiscono e vanno rinegoziate di volta in volta. Le strategie dei singoli, allinizio spesso indecifrabili, vanno per ogni progetto interpretate. Solo col tempo chi lavora allUCM acquisisce senso del proprio lavoro, delle istituzioni e dei tavoli istituzionali ai quali ci si siede. Costruire scenari non cos solo una mera attivit tecnica, presuppone lacquisizione di capacit relazionali (saper gestire un tavolo, appunto), interrogarsi in continuazione sul mutamento degli scenari istituzionali, della posta in gioco, delle relazioni variabili con gli interlocutori privati, avere sempre il polso di tutta la struttura degli interventi e senso dei confini delle proprie competenze. Il team inoltre si caratterizza per la velocit di produzione degli elaborati, resasi necessaria per le esigenze e le tempistiche dei privati (per le scadenza di bandi ecc): per non perdere importanti occasioni di dialogo si dovuto fare di necessit virt senza per perdere qualit nel lavoro. Va sottolineato poi che il lavoro dellurban center, soprattutto per la sfera dellaccompagnamento, deve essere materiale e tangibile, sia come disegni immediatamente comprensibili e facilmente sfruttabili come punto di partenza per il dialogo, ma soprattutto si devono confrontare con gli interessi dei privati che come sempre si basano su valori reali come volumetrie, superfici e plusvalenze che debbono rimanere invariate durante tutti i processi. Un ulteriore step nella scala delle mansioni dellesperto dellUCM da non dimenticare laspetto relazionale con lamministrazione e i privati: come una sorta di spugna deve essere il pi poroso possibile per riuscire a recepire e rendere malleabili e inclusive le varie necessit e proposte. Il tutto senza inserire nessuna valutazione od opzione personale rimanendo in ogni caso un soggetto terzo alla vicenda per far si che il processo di dialogo sia fruttuoso in modo che le parti imparino una buona pratica e crescano professionalmente grazie allesperienza gestita dallassociazione. In conclusione non va dimenticata tutta lattivit di realizzazio-

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ne di ricerche, pubblicazioni e iniziative per la popolazione per scoprire Torino, i modi di fare citt e creare forme urbane non fermandosi a un discorso banale su retoriche in merito alla bellezza o meno dei manufatti; anche in questo ramo lexpertise oltre a saper mediare e riuscire ad essere il pi neutrale possibile sia come giudizi che come metodologie di informazione, deve anche saper comunicare in modo mai banale, accattivante e innovativo: compiti questi comunque complessi soprattutto per i temi trattati come la qualit urbana che non sempre difficile da discutere in modo non banale.

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ACCOMPAGNAMENTO E DIALOGO PER IL COMPARTO URBANO DELLE EX AREE LANCIA

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Il primo dei due approfondimenti sulle modalit operative della struttura torinese sar dedicato agli aspetti dellaccompagnamento progettuale che come abbiamo visto il cuore della struttura. Il racconto sar per incentrato sui nodi metodologici che caratterizzano questa parte della struttura, mentre il progetto sostanzialmente sar raccontato pi per immagini che tramite una ricostruzione dettagliata delle vicende. Il processo che verr descritto riguarda le areeEx Lancia, di VIa Monginevro, situate nel quartiere S.Paolo (zona sud ovest rispetto al centro della citt) interessato dal 1997 da un lungo processo

di trasformazioni che avr come culmine la trasformazione delle aree oggetto di discorso. Questa vasta area dismessa di quasi 60.000m2 ha visto le proprie origini nel 1907 grazie a Vincenzo Lancia che acquis le propriet da una piccola azienda meccanica; da quella data in poi molti fattori sono cambiati sostanzialmente nella societ e nella citt, ma larea sempre rimasta, come quasi tutte le vaste zone industriali, a s attraversando periodi pi o meno floridi fino allabbandono dei giorni nostri. Il primo strumento a porsi il problema della trattazione di questa zona della citt il Prg del 1995 che oltre a permettere il cambio

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di destinazione duso e regalare ampi indici volumetrici, definisce la possibilit di totale demolizione dei manufatti esistenti. Il discorso nel quale si inserie lurban center nel 2005 ha le proprie radici in queste regole molto libere alle quali la struttura prova, insieme allamministrazione, ad incanalarle verso tematiche meno speculative e pi rivolte alla forma urbana, alla qualit e al benessere dei residenti dei quartieri limitrofi. Il processo parte quindi da questi presupposti e lUCM si trova a dover relazionarsi quindi con la societ Torino Zerocinqe costituita da Gefim, Beni Stabili e Fiat; importanti aziende alle quali la legittimit, almeno inizialmente, dellurban center nel coinvolgimento ai tavoli di negoziazione, pu essere sembrata quantomeno

discutibile. Infatti da sempre uno dei problemi dellorganismo stato quello di riuscire a trasmettere ai progettisti (in questo caso lo studio Mellano) e ai promotori privati, che lente non si poneva in una condizione di competizione, ma di sostegno e soprattutto su un piano di lavoro diverso, in una posizione ibrida tra istituzioni e mercato per provare a raggiungere posizioni condivise attraverso un dialogo costruttivo. Lambiente per, accantonata la rigidit iniziale, parso aperto agli spunti della struttura la quale ha provato a cambiare la prospettiva progettuale dellarea spostandola dalla conservazione sistematica dei manufatti edilizi allesplorazione delle opportu-

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nit qualitative offerte dal mantenimento della matrice dellinsediamento nei suoi tratti generali. Proprio la rottura del recinto consentirebbe infatti di convertire loccupazione invasiva della fabbrica in una configurazione disponibile per la citt, per nuovi spazi di relazione gi presenti in potenza, ma non disponibili per il sistema urbano; questa rottura per potrebbe acquisire caratteri di qualit provando a mantenere almeno nei termini di uno schema insediativo limpronta morfologica ,ma anche simbolica lasciata dagli edifici Lancia, rendendo i nuovi interventi traccia di una memoria sedimentata, entro una rinnovata configurazione di valori e funzioni.

Per riuscire a gestire al meglio questo lungo e complicato processo lurban center ha lavorato seguendo alcune fasi: - Ricomposizione: E la fase che potremmo definire di cabina di regia, infatti dopo un primo studio del territorio e una prima partecipazione ai tavoli, UCM cerca di ricomporre in un quadro omogeneo livelli politici differenti (Regione, Provincia, Comune), progetti tecnici separati che con diversa temporalit interessano il territorio in esame, di implementare le diverse priorit temporali. In questo caso provando ad inserire il tutto nella trasformazione iniziata nel 1997.

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- Prefigurazione: Vengono presentati diversi scenari di trasformazione, tenendo presente quelle che sono le propriet terriere, i ruoli parametrici della pianificazione e le strategie finanziare ed economiche. In questa fase, UCM cerca di tenere insieme nella globalit dellintero progetto i diversi interventi puntuali previsti. - Lultima fase, che forse la pi critica ma carica di importanza quella della proposta che si pone come momento di discussione. Si presentano al tavolo i diversi scenari che possono prefigurarsi a seconda delle decisioni che saranno prese.

Per la terza tavola si scritto che vengono portati ai tavoli diversi scenari, ma forse qualcosa in pi del disegno ci che la struttura produce fino al progetto finale, che il frutto di tutte le negoziazioni e degli aggiustamenti in corso dopera; quello che lurban center ha fatto e tenta ogni volta di riproporre di ridisegnare lintera cornice, sia istituzionale, sia morfologica. Ogni disegno , dunque, disegno dellintero processo: esso conserva le tracce dei cambiamenti del progetto iniziale e mostra le relazioni tra intervento pubblico e intervento privato. La conclusione del progetto, come mostrano le immagini, stata quindi molto diversa rispetto alle proposte iniziali. Forse qualcosa si perso per il tragitto 1e non tutti i problemi sono stati risolti (vi

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infatti un comitato che contesta la densificazione e la mancanza di servizi della trasformazione), ma almeno si realizzato ci che ogni progetto dovrebbe essere: lesito di un processo complesso.

Le immagini si susseguono per mostrare ci che il percorso progettuale attraverso laccompagnamento e il dibattito dellurban center ha creato. Immagine 1: Individuazione dellarea Immagine 2: Evoluzione Immagine 3: Prima proposta progettuale Immagine 4: Studi sullo spazio e sui percorsi Immagine 5: Scenario Immagine 6 e 7: Le ultime prefigurazioni semi-definitive

INFORMAZIONE E DIBATTITO PER IL PROGETTO DELLA RISALITA AL CASTELLO DI RIVOLI

La serie di iniziative ideate e dirette dalla sezione comunicazione dellurban center, che prende il nome Citt in discussione, prende avvio dopo una intensa fase di sperimentazione durata per tutti i primi cinque anni di vita della struttura, e si posta lobiettivo (generalizzabile a tutto lorganismo) di aumentare e creare conoscenza architettonica per tutta la cittadinanza, fornendo inoltre gli strumenti necessari a chi ascolta, guarda e si informa per capire i progetti e pi in generale i processi nei quali immerso costantemente nella realt urbana. Pi specificatamente per quanto riguarda liniziativa prima citata, lobiettivo quello di riportare lattenzione della citt su alcuni casi rimasti aperti, dal punto di vista del dibattito (anche conflittuale), in modo da ridefinire i temi, le voci e i punti di vista su queste esperienze di trasformazione. Liniziativa che prover ora a raccontare fa parte del primo ciclo di incotri di Citt in discussione e si svolto nel Novembre del 2010 e il tema del dibattito stato La risalita al Castello di Rivoli. I primi passi dellurban center, come per ogni iniziativa, sono partiti dalla ricostrzione nel modo pi asettico possibile del quadro dellesperienza riportando e ricercando ogni tipo di voce che ha espresso qualche tipo di opinione in merito al progetto; quindi la ricerca delle cronologie progettuali, delle volont di progettisti e amministratori e dei pareri dei mass media e dei comitati di cittadini.

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La ricostruzione cronologica del caso


Il Programma integrato di intervento La Citt e il Castello accede ai finanziamenti europei Avvio del Workshop Rivoli, La Citt e il Castello - Architettura e Territorio 2002. Cinque gruppi di architetti internazionali sono chiamati a Rivoli per studiare in tre giorni (22-23 e 24 ottobre) di laboratorio il contesto in cui previsto il percorso di risalita meccanizzata dal centro storico al castello I cinque gruppi illustrano alla Citt le proprie proposte, offrendo unoccasione di dibattito pubblico sulle diverse alternative progettuali. Sulla base di quanto deciso dalla giuria pubblica, la Citt di Rivoli incarica gli architetti viennesi Erich Hubmann e Andreas Vass di dare forma al sistema di scale mobili che superer i cinquanta metri di dislivello tra la piazza Bollani e il Castello, collegando l'asse principale di Rivoli con il Museo di Arte Contemporanea. Le scale, seminterrate e nascoste dalla ripa erbosa, sbucano in superficie a diversi livelli, trasformandosi in punti di osservazione sul panorama circostante.

2002

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2003
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02 Illustrazione pubblica del progetto definitivo da parte di Andreas Vass.

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2006

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Elezioni amministrative. Guido Tallone (Pd)

06 07

Inizio lavori

2 luglio. Referendum consultivo organizzato dal comitato Risalita no grazie. Che ha esito negativo per la scarsa affluenza. I lavori per la realizzazione proseguono.

09-10-11

Vengono promosse varie iniziative di protesta e di blocco dei cantieri. Intervento delle forze dellordine

2007
08

Nel corso degli scavi vengono alla luce reperti di epoca medievale. LAmministrazione comunale e la Soprintendenza predispongono la sistemazione temporanea definendo la necessit di un progetto che ne consenta la totale visibilit da parte dei turisti. Gli uffici tecnici del Comune elaborano il progetto preliminare di conservazione e valorizzazione dei reperti archeologici

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2008
03 Ultimazione delle opere strutturali. Linaugurazione prevista per lestate, ma verr posticipata.

2009
05 Inizio delle vistite guidate, organizzate dal comune, al cantiere

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Franco Dess eletto sindaco di Rivoli

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2010 - 2011
Anni di stallo e ritardi per la mancanza dei collaudi delle opere e per uneccessiva lentezza nella produzione della burocrazia. L apertura dellopera avvenuta nel Settembre del 2011 senza nemmeno uninaugurazione.

Va quindi detto che, come visualizzabile anche nelle pagini precedenti, liniziativa prende avvio nel 2002 dalle volont dellamministrazione, individuabili molto chiaramente nelle parole dellAssessore allUrbanistica Colombo (registrate durante lincontro di Novembre) Il Castello di Rivoli unisola. Labbiamo monitorato: i visitatori che andavano al castello passavano intorno a Rivoli e tornavano poi indietro. Tutte le persone che vanno al castello, perch non vengono gi? Magari riusciamo con tutto il programma integrato, non solo con la risalita, con tutto linsieme e anche con la risalita a farli venire gi. E da qui la cosa

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importante, la risalita deve essere un progetto di qualit. Si intuisce quindi che lamministrazione abbia pensato in modo oculato al progetto e pertanto, rendendosi conto della delicatezza deitemi abbia conseguentemente puntato in modo deciso sulla qualit aprendo il bando per la progettazione al panorama internazionale Il conocorso stato vinto dagli architetti Erich Hubmann e Andreas Vass (per altro grazie a questo progetto hanno vinto il premio Mies Van der Rohe nel 2011): citando proprio le parole dello stesso Vass che si intuisce come il progetto sia davvero qualitatitvo dal

punto di vista degli studi e dagli intenti degli architetti. Iarea in questione si trova ai piedi dei monti, luogo di coltivazione dei frutteti per eccellenza. Noi siamo intervenuti con un progetto a scala pi minuta, legato alla storia popolare e alla tradizione della coltivazione della frutta. Il compito del progetto sul livello urbano era reintegrare questa area nella citt, area periferica seppure nel centro storico. Si tratta di un luogo che fino ad adesso rimasto senza un significato e un uso preciso. Introdurre cio un intreccio molto pi denso di percorsi che attraversano larea di progetto. mol-

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to pi di una semplice risalita, in questo senso sono molto importanti le relazioni visuali, che connettono la citt a una serie di punti precisi del paesaggio. Tra le azioni pi importanti previste, di certo la prima la trasformazione delle strade da veicolari a pedonali, cio tutto il discorso dellaccesso ai disabili deve essere considerato dal fatto che questa scarpata prima era ipertrafficata, con strade del tutto inadeguate, non solo inaccessibile agli handicappati ma anche ai pedoni. Con il nostro progetto la strada viene trasformata in una terrazza inclinata con zone di sosta, un nuovo sistema di illuminazione e le piantumazioni. Ci sono le

nuove connessioni tra le differenti parti e poi c la connessione principale con le scale mobili della risalita meccanizzata, che in realt un circuito. Tutto viene ricoperto dal terreno e da un frutteto, che ora non si vede ancora, perch gli alberi sono ancora piccoli. Nonostante tutto, come si visto dalla pagina precedente, il dibattito cos come le proteste sono state molto accese arrivando addirittura allo scontro e allintervento dei Carabinieri per la corretta attivazione del cantiere. Questa lunga premessa sul progetto secondo me utile per capire come nonostante la virtuosit, la regolarit, lattenzione alla qualit e linseriemento in un processo di trasformazione pi ampio non siano talvolta sufficienti se mal comunicate o mal partecipate. Detto ci lurban center attiva lincontro per riuscire a costruire un confronto tra le parti che prima di allora non lavevano mai avuto in termini costruttivi, ma solo scontrandosi anche sul punto di vista delle ideologie spesso nemmeno portando avanti le virtuosit che si possedevano fin dallinizio, ma solamente imponendo (una strada forse pi complessa rispetto alla semplicecomunicazione). Quello che quindi ha fatto lUCM stato di formare un tavolo di discussione attorno al quale vi erano seduti i principali attori del processo e che finalmente potevano dibattere in presenza della popolazione che in modo neutro poteva venire cos a conoscenza di tutti i punti di vista e solo a quel punto avere una posizione che potesse andare oltre il titolo strillato dal giornale o dal comitato. Proprio per sottolineare come la variet delle voci sia stata studiata vorrei riproporre lelenco delle personalit che hanno preso parte alliniziativa per introdurre un tema chiave di seguito sviluppato: Franco Dess, sindaco di Rivoli Andrea Bruno, progettista restauro Castello di Rivoli Marta Colombo, gi assessore allUrbanistica, Comune di Rivoli Andreas Vass, progettista, Hubmann Vass Architekten

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Massimiliano Borgia,coodirettore di Luna Nuova Si nota facilmente come allinterno del tavolo non vi sia alcun rappresentante della pubblica amministrazione torinese che in questo, ma in tutti i casi (anche pi delicati e caldi), non ha mai partecipato al dibattito portando anche il proprio punto di vista. Una grave carenza causata dal fatto (nemmeno troppo celato) che i politici spesso non si vogliano esporre in modo diretto e che quindi preferiscano delegare a strutture come lUCM gli aspetti pi complicati e, casomai, prendersene i meriti se liniziativa andata a buon fine e il dialogo risultato costruttivo. Un grave difetto che soprattutto dovendo ragionare sulle strategie e non su singoli progetti rischia di perdere numerose opportunit di dialogo con i cittadini esclusi (anche solo dal capire ed essere informati) su quello che accadra nel loro futuro. Un aspetto inoltre molto importante riguarda i tempi di starup delliniziativa dellurban center; ben otto anni dallavvio del progetto e dopo quattro dallinizio dei lavori. Troppi per dei temi chiave che come si visto poi esplodono per la sola mancanza di dialogo e informazione. Ci quindi che lUCM si posto la riduzione di questi tempi morti ed attivare i tavoli il pi velocemente possibile: progetto questo realizzabile attraverso la nuova sede che in corso di realizzazione (dovrebbe aprire a Marzo!). Una struttura finalmente fissa e riconoscibile che possa fornire autorevolezza e riconoscibilit oltre che un luogo nel quale discutere ed essere informati in modo neutro. Un obiettivo che invece sembra pi distante dallessere realizzto riuscire ad essere presenti dallinizio alla fine del processo, una sorta di accompagnamento comunicativo per dialogare ancora meglio, addirittura sul problema e sulle soluzioni, prima delle scelte in modo da realizzare finalmente un cammino partecipativo completo.

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6.

GLI ESITI TRA POTENZIALITA E CONTROVERSIE CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Nonostante la durata dellesperienza sia relativamente breve intuibile che, sulla scorta di quanto espresso in precedenza, il cammino dellurban center sia ben impostato e che la citt (sia cittadini che lamministrazione) recepisce in modo attivo gli spunti lanciati dalla struttura. Questo lo si evince anche analizzando il percorso evolutivo della struttura che come detto da un iniziale intervento per spot via via diventato pi cruciale per le politiche urbane (ma non solo venendo interpellato anche da altre sfere decisionali come lambiente o leconomia) della citt. Detto ci rimangono alcuni aspetti critici delliniziativa rintracciabili soprattutto nel rapporto con la pubblica amministrazione, che essendo uno dei maggiori committenti della struttura pu farne il bello ed il cattivo tempo. Spesso infatti la municipalit esclude lurban center da alcuni progetti strategici per motivazioni molto probabilmente puramente politiche e di interessi privati da salvaguardare, ma che quindi oltre ad eliminare un possibile fattore di qualit e miglioramento progettuale pu far perdere tutta la visione globale delle trasformazioni della citt che lurban center tenta di mettere a sistema ogni qual volta viene implicato in un progetto. Inoltre come gi si accennava prima la mancanza del coinvolgimento della pubblica amministrazione, in quella che pu essere definita la sfera informativa, non prendendo parte ai tavoli di discussione, veramente un aspetto critico perch fa perdere qualit a tutta una serie di pratiche partecipative che probabilmente porterebbero ad un aumento importante di cultura cittadina, ma

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anche pi semplicemente ad un dialogo pi completo. Va aggiunto poi che anche in questa sfera esistono alcuni argomenti tab che non possono essere trattati perch lamministrazione non daccordo o non ha intenzione di mostrarsi per le troppe responsabilit che potrebbero nascere. Credo si capisca bene quindi che laspetto pi importante che riguarda questi rapporti la mancanza di indipendenza dellUCM che deve sottostare ai voleri e alle richieste della macchina comunale: uno dei maggiori temi di discussione, soprattutto allinterno dellurban center, infatti lobiettivo tuttora non raggiunto (e forse impossibile da ottenere) di totale terziet dalla sfera pubblica cittadina per porsi invece come ente completamente super partes che riesca a sviluppare i propri lavori senza restrizioni nella maggiore imparzialit possibile; un traguardo che prende spunto dagli esempi americani i quali sono riusciti a raggiungere interamente lautonomia in termini di scelte e di casi su cui lavorare, ma soprattutto con la possibilit di proporre temi alla citt, evento impraticabile oggi a Torino, e di criticare le scelte dellamministrazione presentando nuove alternative attorno ad alcuni temi strategici, ritenuti mal gestiti o mal sviluppati dalla municipalit. Secondo quanto si pu leggere e capire parlando con alcuni membri del team di lavoro proprio questo, insieme alla scarsa diversificazione dei finanziatori, il problema maggiormente critico della struttura che risulta davvero complesso da affrontare anche perch esula dalle competenze di un organismo cos minuto dallo scarso impatto politico. Per quanto riguarda gli esiti positivi va sottolineata la sempre maggiore legittimit raggiunta dalla struttura, che spesso ha lavorato direttamente per i privati senza la richiesta da parte del comune, sinonimo quindi che lurban center visto come strumento utile per migliorare il proprio progetto anche dal punto di vista dei privati; un traguardo importante dato che nella realt italiana il rapporto tra progettisti e amministrazione sempre stato (usando un eufemismo) complesso, per tutta una serie di cause che sono evidentemente impossibili, in questa sede, da trattare anche perch spesso si tratta di cause non molto limpide. Sicuramente i processi possono essere pi complessi, ma

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fortunatamente questo termine non assolutamente negativo, anzi molto spesso sinonimo di forte qualit. Inoltre per ci che concerne gli aspetti informativi ed educativi, pi liberi rispetto ai temi maggiormente delicati dei progetti, va segnalato il successo sia in termini del numero di partecipanti alle iniziative, che per la qualit dei dibattiti scaturiti dalle iniziative proposte dallUCM nel corso degli ultimi anni. Lapertura infine della nuova sede nel cuore di Torino, oltre a for nire maggiori spazi e visibilit alliniziativa, rende fattibili lattivazione permanente di alcuni percorsi informativi e facilita il rapporto dellurban center con la popolazione che oltre ad essere pi facilmente coinvolta in contatto pi stretto con le questioni trattate dalla struttura e quindi maggiormente informata ed educata sul futuro della citt.

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LURBAN CENTER STRUMENTO DELLA PARTECIPAZIONE

LURBAN CENTER UNO STRUMENTO DELLA PARTECIPAZIONE

LURBAN CENTER STRUMENTO DELLA PARTECIPAZIONE

7. LURBAN CENTER UNO STRUMENTO DELLA PARTECIPAZIONE

Per quanto riguarda il caso di Brooklyn, grazie anche alla maturazione e allo sviluppo delle esperienze nel corso degli ultimi 50 anni, la struttura sembra riuscire a toccare in varie maniere tutti gli aspetti di quella che a inizio capitolo stata definita partecipazione: il contatto pi diretto sembra per riguardare gli aspetti progettuali (la cosiddetta partecipazione come progettazione interattiva) soprattutto per la tangibilit di molte iniziative che portano anche alla realizzazione di manufatti grazie alla stretta collaborazione tra cittadini e urban center. Tutte le iniziative progettuali, industriali, cooperative ecc che si sono realizzate, non sarebbero mai probabilmente arrivate alla luce senza PICCED che riesce a dare voce anche anche ai bisogni pi minuti; la struttura tuttavia spesso per anche la miccia di processi auto-organizzato, di referendum o di tavoli di discussione , intrecciando quindi anche quegli aspetti di partecipazione meno

LURBAN CENTER STRUMENTO DELLA PARTECIPAZIONE

Dopo le descrizioni, gli spunti e le speranze raccontate nelle due parti precedenti pu essere interessante ora provare a capire quanto e come unurban center sia realmente uno strumento di partecipazione. Per analizzare questo argomento, ricco di sfumature derivanti dal fatto che sempre difficile racchiudere gli esiti di un azione in una sfera di effetti ben definiti e categorizzabili, utile prima di tutto capire in quale di quelle che inizialmente sono state definite come delle sorti di macro-categorie partecipative, si possa porre lurban center.

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progettuali ma altrettanto fondamentali. Lesempio di New York, spesso definito in questo scritto come best pratic, molto utile, come accaduto anche in precedenza, per aprire un discorso di pi ampia portata rivolto sia allurban center di Torino, che pi in generale allindividuazione di quelle che possono essere le chiavi per una buona partecipazione non stretta nei limiti delle strutture degli urban center. 7.1 Tra governance e buona informazione

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Lesperienza torinese si distingue, rispetto al caso americano, per una minore apertura ai numerosi campi partecipativi e sembra porsi a met tra lessere una struttura per gestire (anche in modo alternativo) la governance e lessere il punto di riferimento per linformazione della cittadinanza. Quello che per pi conta di questa struttura lapproccio che viene praticato, ovvero il tentare di andare oltre le difficolt che distinguono il contesto italiano e di tentare di lavorare seguendo davvero i dettami teorici nati in contesti pi allavanguardia. Un primo aspetto riguarda gli aspetti dellinformazione che, come detto pi volte, vengono fortemente banalizzati e fermati alle pratiche da vetrina; quello che invece lurban center ha provato , e giorno dopo giorno tenta di realizzare, di non mostrare semplicemente agli abitanti qualcosa ma di incrementarne la cultura architettonica, ma soprattutto urbana. tutto questo produce disastro sociale e politico divide quelli che sanno e sanno fare da quelli che non sanno neppure perch si fa e in questo stato di estraniamento arrivano ad avere perfino difficolt a interpretare ed esprimere i loro bisogni1 Ho scelto questa citazione perch mi permette di mettere in risalto un primo nodo della questione informazione ovvero quella sorta di incomunicabilit tra tecnici e normali cittadini: spesso infatti, vengono prodotte ricerche fortemente qualitative, che rimangono purtroppo inutilizzate a causa del fatto che numerosi attori,
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G. De Carlo in Scalvi, 2002

cos come i cittadini, non dispongano degli strumenti adeguati per prenderle in considerazione e valutarle. Lurban center cerca quindi di risolvere questa criticit provando a tradurre in un linguaggio e in immagini meno complesse ci che il sapere tecnico produce: vengono per questo motivo quindi attivate le iniziative di discussione aperte, di tour della citt ecc proprio per avvicinare due mondi che altrimenti rimarrebbero separati. Penso per che vada sottolineato anche che la traduzione di questa scientific knowledge non venga pensata solamente per i non tecnici, ma serva anche per la pubblica amministrazione nel momento in cui si siede ad un tavolo, per avere il massimo controllo e la massima informazione possibile per dialogare con i vari attori e stakeholder seduti alla medesima postazione: sono quindi motivate anche da questa ideologia le creazioni di scenari, esplorazioni e visioni progettuali. Vorrei per ora provare a ragionare su un secondo aspetto che riguarda la cultura urbana, ovvero il rovescio della medaglia prima descritta del sapere tecnico, indicabile con ordinary knowledge. Seppure la struttura punti in modo deciso sulla buona informazione e culturalizzazione della cittadinanza per aumentare questa conoscenza ordinaria , progettando anche diversi e innovativi processi di dialogo con i cittadini che badino pi a fornire chiavi di lettura delle trasformazioni che non valutazioni superficiali sul bello o sul brutto, le pratiche della struttura sono talvolta forse troppo unidirezionali e soprattutto incentrate sui temi informativi e mai tangibili e progettuali come per il caso di PICCED. Spesso infatti, soprattutto allinterno della sfera progettuale dellurban center (forse anche per lo scarso interesse da parte della pubblica amministrazione) labitante, il pi importante produttore di questo sapere in quanto miglior esponente della situazione locale del territorio, non coinvolto perdendo cos importanti opportunit di partecipazione che s affrontata, ma in modo limitato. Qualche riga sopra si accennato alla caratteristica dellUCM di

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essere un ente predisposto e organizzato sostanzialmente per riuscire ad attuare una buona governance nei processi per i quali viene chiamato ad operare. E proprio questo forse uno degli aspetti maggiormente innovativi nel panorama degli urban center italiani ovvero il porsi come soggetto che riesca prima di tutto a far nascere, e successivamente a gestire, le vaste tematiche della governance, ma soprattutto quelle del dialogo costruttivo tra le parti in un modo che ancora una volta pu essere definito innovativo. Gestire la governance, come si detto nella prima parte di questo scritto, unazione ovviamente molto complessa e delicata, soprattutto per gli interessi in gioco e per le responsabilit che derivano dalle scelte che si decidono di compiere; la struttura torinese ha provato, per arrivare a quella good governance auspicata da John Friedman, a porre le basi di questi processi su un oggetto molto pi tangibile e reale: il progetto. Un fattore assolutamente da non sottovalutare questo soprattutto perch spesso i tavoli attorno ai quali si discute sono vuoti in termini di disegni rischiando quindi di sottovalutare gli esiti di alcuni accordi o la profondit di alcune criticit. Ma ci che conta non tanto la capacit dellurban center di essere un creatore di simulazioni di trasformazione e di scenari urbani, importante invece il processo che scaturisce grazie ai prodotti della struttura. Per comprenere meglio limpostazione dei tavoli attorno ai quali si sviluppano le pratiche di dialogo tra le parti in gioco, utile fare riferimento ad una delle interviste con Chiara Lucchini (addetta del settore accompagnamento dellurban center), la quale ha sottolineato pi volte come uno degli aspetti pi importanti nel loro operato sia la continua definizione di cornici; sia in relazione allinclusione di attori e stakeholders diversi ogni qual volta che se ne intrvede la necessit come nel caso di un progetto che mano a mano si lega ad altri scenari includendo quindi in queste nuove cornici diversi attori (con interessi e visioni differenti da capire e analizzare) ma anche altri enti pubblici fuori dallamministrazione, sia in modo pi minuto aprendo, grazie agli scenari che lUCM produce, il progetto alla discussione di nuovi problemi e temi diversi rispetto a quelli iniziali. Tutto ci ha delle conseguente, molto spesso positive, dato che riesce a smuovere i processi e le relazioni cancellando (o almeno

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provando a farlo) quellossificazione delle pratiche descritta da Paba che spesso la causa di processi assolutamente non innovativi in termini progettuali e di interessi per la popolazione, apportando poi ovviamente anche tutte quelle positivit che il dialogo costruttivo tra le parti riesce a diffondere. 7.2 Il progetto come processo Lazione di disegno il continuo alternarsi di formulazioni di ipotesi, di presupposizioni, e della loro verifica su un altro grafico di tipo differente o a scala diversa, maggiore o minore, spesso maggiore e minore. Disegnare cercare una struttura che permetta il coordinamento. Il disegno inteso come senso creativo[]il nostro disegno, quindi, non si limita alla rappresentazione grafica duna idea, ma lidea stessa2 Questo estratto del pensiero di Quaroni sottolinea molto bene come lazione di disegno sia un processo continuo di alternanza di ipotesi: quello che mi preme catturare sono gli aspetti riguardanti i tempi e di come lesito finale sia il frutto di un susseguirsi di avvenimenti e situazioni che modificano la natura iniziale del progetto. Il progettista deve sperimentare, cambiare punto di vista, verificare e sono proprio queste le azioni che lurban center cerca di realizzare, ma in modo partecipato e allargato a pi attori, progettisti e stakeholders in modo da densificare ancora di pi in termini di qualit il manufatto finale che a tutti gli effetti il risultato dei processi di governance. Come si visto nellapprofondimento sullaccompagnamento progettuale delle aree Ex Lancia , la struttura tenta costantemente di rendere reali questi propositi facendo in modo che il disegno diventi strumento attorno al quale costruire un linguaggio condiviso tra i diversi attori in gioco per dialogare in modo costruttivo; un disegno quindi che esplorazione, visione e scenario. Limportante quindi il processo di sviluppo del progetto e non tanto il disegno in se (soprattutto quelli dellurban center che,

Quaroni, 1987

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utile ribadirlo ancora, sono solo lo startup per poter realizzare tutto quello che fino ad ora si descritto); ci che considerevole ancora una volta lo scambio di conoscenze e la ricezione di punti di vista che sono gli unici elementi in grado di dare qualit a qualsiasi progetto di trasformazione urbana senza cadere nel progetto totalitario dellilluminata archistar, che seppur di lodevole bellezza, funzionalit ed economicit pu non essere sempre quello di cui la citt e gli abitanti necessitano. Va anche sottolineato come tutto questo complicato processo sia nodale in quanto risulta essere unazione pi volte discussa sotto numerosi punti di vista, che talvolta possono anche mutare cos come le posizioni dei protagonisti, portando, come detto, a esiti diversi da quelli iniziali; vi per anche da evidenziare come il continuo e talvolta auspicabile cambio nella staticit ingessata di alcuni processi, sia da estendere anche al vero cuore del progetto ovvero la sua nascita: la motivazione che lo porta a essere pensato, il problema che deve risolvere. Uno dei target che purtroppo lurban center pu affrontare solo indirettamente, in quanto spesso entra in processi gi in corso oppure fortemente limitato dagli obiettivi o dai voleri della pubblica amministrazione, appunto la cosiddetta definizione del problema. La struttura purtroppo opera in un contesto di problem solving nel senso che non pu spingersi a ridefinire la questione dalla quale parte il dibattito, ma solo cercare di gestirla al meglio delle proprie possibilit producendo esiti il pi possibile condivisi anche se ipoteticamente potrebbero poggiare su una base poco solida; quello a cui dovrebbe mirare sarebbe invece pi un approccio problem setting ovvero puntare in maniera ancora pi decisa al dialogo aperto per a molti pi attori (soprattutto rappresentanti la cittadinanza: fattore che per ora come detto ancora manca) per aprire i processi partecipativi a tout court fino quindi al punto di riuscire a capire se quello di cui si discute davvero il problema o le criticit sono da ricercare altrove, magari senza nessuna nuova trasformazione radicale del territorio. Un aspetto, questo, trattato in modo ancora diverso da P.I.C.C.E.D. molto pi rivolto verso queste pratiche di setting, ma soprattutto di apertura dei processi progettuali alla cittadinanza; lesperienza americana infatti come sottolineato nellapprofondimento nasce negli anni 60 per far digerire una maxi operazione im-

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mobiliare ai residenti del vasto quartiere Bedford Stuyvesant attraverso per un processo progettuale-partecipativo top-down: ovvero calato sulla popolazione attraverso il quale era prevista una semplice informazione sulle trasformazioni e nullaltro. La struttura intuendo che questo meccanismo si poneva in un modo completamente errato rispetto alle esigenze della popolazione decide, come si gi scritto, di invertire le tendenze e appunto di diventare lorganismo che oggi; ovvero un ente che garantisce una partecipazione progettuale (ma non solo ai progetti!) bottom-up. Un approccio quindi che fornisce pi importanza alla voce dei cittadini che la miccia che accende il processo in modo tale da evitare tutta una serie di problemi e di conflitti.

Ritengo, anche se il mio punto di vista piuttosto inesperto, che uno degli aspetti fondamentali degli argomenti fino a qui trattati sia da ricercare nella figura dellesperto che reputo essere uno dei fattori che possa pesantemente incidere e inclinare lago di un ipotetica bilancia partecipazionistica, verso esiti positivi. Ovviamente faccio riferimento ad un expertise competente, ma non esclusivamente dal punto di vista burocratico o tecnico, bens a una figura che riesca a facilitare le interazioni tra partecipanti soprattutto quelli minori, tradurre i voleri politici e i desideri e bisogni degli abitanti, costruire e mantenere solide le basi di relazione tra gli attori, apprendere dai protagonisti/attori (oltre a mettere a disposizione il proprio sapere) ed aiutare lemersione di progettualit e di quadri conoscitivi nuovi. Come anche il professor Infussi spiega, il ruolo del esperto deve tendere ad essere quello di un soggetto mite3, che si lascia influenzare da ogni aspetto positivo pronto a cogliere il sapere comune e ci che la societ esprime, pur avendo idee e convinzioni proprie in modo da non essere alla merc di chiunque e soprattutto evitando di schivare responsabilit (politiche e sociali) dato che in gioco c sempre il destino della citt e dei suoi abitanti. Ovviamente un ruolo assai complesso da rivestire, fortemente
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In F. Cognetti, 2011

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Lesperto come creatore di dialoghi

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incentrato su una base dialogica che probabilmente ci che anima la partecipazione: un rapporto edificante che permette di far maturare buone idee, o quantomeno di portarle alla luce. Se ce ne fosse bisogno, per ribadire limportanza di questo tipo di interazione che lesperto deve sempre fare in modo che accada, ci terrei a sintetizzare poche righe di N.Loraux4 il quale, basandosi sugli insegnamenti del periodo classico riesce a mostrare come un buon dialogo possa davvero essere il fattore chiave per il destino di una citt, ma non solo. Fin dallinizio dellIliade risuona niente meno che la conflittualit dellagon (accostato con il termine ageriro radunare), con le sue battaglie di parole, forza contro forza, quando due oratori si levano luno contro laltro. Parlare, combattere, la differenza minore di quanto sembri. Pu risultare una citazione un pomalinconica, ma lobiettivo era quello di sottolineare come la funzione della comunicazione interattiva sia un tema che nato con luomo: qualche cosa quindi di naturale che lexpertise deve saper gestire oculatamente sia relazionandosi con altri esperti, sia con i vari stakeholders che con la cittadinanza. Per quanto concerne lurban center metropolitano per vi sono alcuni aspetti critici da evidenziarenonostante il pensiero di alcuni degli esponenti della struttura come A.De Rossi e E.Carmagnani, che scrivono : La centralit dellatto dialogico, finalizzata alla costruzione di una soluzione condivisa, dunque lelemento centrale delle azioni di accompagnamento []. La partecipazione al tavolo obbliga tutti gli attori a chiarire ed esplicitare i propri obiettivi cosa non sempre consueta, in particolare per la Pubblica Amministrazione va sottolineato che, purtroppo, lorganismo non riesce a pieno a sviluppare un dialogo ampio come descritto pocanzi, anche se le
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In G. Paba, 2010

metodologie di lavoro sono incentrate su queste teorie. Per quella che la sfera progettuale ,spesso, lavorando per spot o con pochi attori non fattibile questo tipo di processo virtuoso e lesperienza si riduce ad azioni si smussamento di alcuni degli aspetti pi critici ma nulla pi. Questo vale anche per la sfera comunicativa che poche volte viene coinvolta per tutto liter progettuale e quindi il dialogo che ne scaturisce anche se ben impostato e contenente pi punti di vista non di parte, fatica ad essere costruttivo modificando e migliorando le volont progettuali grazie al proprio intervento.

Terziet Nelle varie parti di questo scritto, si sono sottolineate spesso delle mancanze o limitazioni nelle pratiche dellurban center; se si analizza meglio quanto riportato, per, si capisce che non una situazione generatasi totalmente per incapacit degli esperti della struttura, ma piuttosto come un problema di sfondo dovuto alle inevitabili simbiosi con la pubblica amministrazione che il finanziatore dellente e quindi un committente al quale bisogna necessariamente far riferimento. E soprattutto per riuscire ad affrontare alcune tematiche seguendo un pi ampio spettro partecipativo, che possa inglobare veramente tutte le visioni in gioco, che lurban center si posto lobiettivo di staccarsi da questa simbiosi tentando di diventare un soggetto terzo a tutti gli effetti. Forse il vero valore aggiunto, culturale e politico, far riemergere la decisione come un processo, e la partecipazione come una forma informata di dialogo. [] Ma le trasformazioni urbane non sono solo complesse, [], sono soprattutto forme di riorganizzazione gerarchica di funzioni e di spazi. Un urban center che voglia davvero giocare le partite della partecipazione, ritagliandosi un ruolo terzo e non ideologico, potr farlo [] se aiuter a conoscerne ragioni, attori, significati5

C. Olmo in Lucchini, 2011

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Lestratto, espresso da Olmo (direttore dellurban center metropolitano) emblematico in merito agli obiettivi della struttura riguardo al distacco netto dal cordone ombelicale della pubblica amministrazione, ma non tanto (o non solo) per poter spaziare in modo libero e trattare taluni casi piuttosto che altri, o dire delle cose piuttosto che tacere, ma invece per riuscire davvero a offrire spazio a tutte le posizioni in campo per fornire quindi forza e spessore ai processi di policy effettivamente aperti e partecipati. Si gi evidenziato come questo obiettivo, per, non sia facile da realizzare soprattutto per il diverso statuto sul quale si fonda il nostro paese, legato ad un welfare pi pubblico e ad una burocrazia diversa; nel contesto americano, invece, le fondazioni (private) hanno un ruolo assai rilevante e sono una delle tante anime delle strutture come lurban center che possono essere libere e non dipendere da voleri troppo vincolanti. Come sempre i raffronti e i paragoni non mi sembrano molto interessanti, quello che pi conta capire come e perch avvicinarsi al contesto americano (che pare essere uno dei pi virtuosi) sia unopzione auspicabile. Ovviamente partendo da ci che stato detto pocanzi sui vantaggi dellestraneit (almeno parziale) con lamministrazione pubblica, va aggiunta lulteriore possibilit della struttura, diventando via via sempre pi autonoma, di mobilitare capacit progettuali e interpretare in modo forte i problemi di policy e quindi di non fermarsi ai voleri dei governanti. Un porsi anche quindi in una posizione vigorosa nella definizione dei problemi: una linea perci pi vicina ai cittadini senza dover passare per lagenda pubblica (e le sue falle o mancanze) riuscendo a realizzare un advocacy pi incisiva di quella che fino ad oggi queste strutture realizzano, arrivando davvero a dar voce a ogni cittadino. Dopo questo lunghissimo discorso credo che sia emerso abbastanza chiaramente come lurban center sia un organismo molto complesso che pu spaziare attraverso ogni pratica partecipativa, come nel caso americano, o provare a porsi in un modo diverso, sperimentale e innovativo in un ristretto campo partecipativo e provare ugualmente a sviluppare le innumerevoli tematiche attraverso le

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quali realizzare un governo urbano pi allargato e condiviso. Soprattutto per questo si sottolineata limportanza degli esperti che, a mio avviso, sono lunico mezzo attraverso il quale cercare di smuovere la staticit che spesso accomuna il contesto italiano, per riuscire ad essere un buon strumento di partecipazione. Credo inoltre che il nodo centrale risieda nel fatto che lurban center, come altre pratiche di partecipazione, non sia altro che uno strumento, impugnabile da diverse mani e che pu essere usato in svariati modi, ma che pu essere costruito altrettanto diversamente. E nella sua costruzione quindi che devono essere incanalate abbondanti energie per riuscire realmente a dialogare e progettare collettivamente la citt, che unita ai suoi abitanti , a tutti gli effetti, vita.

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- Chiara Lucchini, Consulente del settore accompagnamento pro-

gettuale dellUrban Center Metropolitano di Torino, 25 Novembre 2011 e 23 Gennaio 2012 - Elena Carmagnani, Consulente del del settore comunicazione dellUrban Center di Torino, 31 Gennaio 2012 - Giuglietta Fassino, Consulente del settore comunicazione dellUrban Center di Torino, 31 Gennaio 2012

Alla fine di questo lungo lavoro le persone che meritano un ringraziamento sono molte, partendo dai miei amici che hanno imparato a memoria la parola tesi fino a mia mamma che diventata unesperta dellargomento. Non meno importante stato laiuto di Elena e Giulietta che nonostante gli impegni sono riuscite a dedicarmi un p del loro tempo; sempre dello staff dellUrban Center di Torino ringrazio tantissimo Chiara che oltre alle mille e-mail e al materiale che mi ha fornito, sempre stata disponibilissima a raccontarmi con entusiasmo e chiarezza il lavoro della struttura. Ringrazio poi la prof. Cognetti che mi ha incoraggiato, spronato, aiutato, consigliato...potrei continuare ancora, ma meglio ribadirle ancora la mia gratitudine prima di continuare con un elenco che sarebbe davvero lungo. Questa tesi poi rappresenta un percorso pi lungo rispetto alla semplice stesura, ed inizia tre anni fa. Mi sembra quindi ovvio ringraziare i miei compagni di avventura: in particolare Luca che ha condiviso con me le sventure dei test dinglese e Matteo che stato una grande spalla; entrambi poi ottimi amici. Prima di mettere lultimo punto a questo scritto vorrei ringraziare ancora una persona, ma conoscendola non ama molto le cose eclatanti e deffetto; quindi come mi ha insegnato le scrivo solo grazie.

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