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e di varia forma, alcune in prosa, altre versificate, altre ancora miste di prosa e di strofe, son dedicate alla contemplazione o all'illustrazione delle verit supreme e son dirette a rispondere alle domande pressanti dell'individuo, che si chiede quali siano l'origine e il destino dell'uomo, quale ragione regga le varie vicende dell'esistenza, quale sia il fondamento ultimo dell'universo e della vita. Trattati di questo tipo e di questo nome furono nell'India sempre composti per le esigenze di sette diverse 1. Ma le Upanisad veramente importanti e tipiche sono poco pi d'una dozzina, sono denominate Upanisad antiche e medie oppure vediche, appartengono alle varie scuole che si rifanno alle Samhita vediche e quindi fanno parte della rivelazione, e risalgono a un periodo compreso, con tutta probabilit, tra il 700 e il 300 a. C. Il termine, nell'interpretazione che per lungo tempo ha goduto maggior fortuna e che s'attiene al significato pi evidente (upa-nisad = sedersi vicino) sembra alludere al carattere esoterico dell'insegnamento, partecipato dal maestro al discepolo che, convenientemente preparato e disposto, appunto vicino sedeva 2. E veramente assai spesso nelle Upanisad s'afferma che l'insegnamento deve essere tenuto segreto e comunicato soltanto a chi iniziato, sia per l'audacia innovatrice dell'insegnamento stesso, sia per la difficolt di essere compreso da orecchio impreparato. Ma veramente innovatore questo insegnamento? Non tutto naturalmente detto nelle Upanisad in contrapposizione con quanto prima era stato affermato, spesso non v' distacco dalle osservazioni e dalle speculazioni precedenti, talvolta non visibile differenza di forma, contenuto, atteggiamento fra alcuni testi accolti nelle Upanisad e testi appartenenti a raccolte anteriori. Chi consideri tuttavia la dottrina monistico-idealistica in cui sembra culminare il pensiero upanishadico, chi osservi il rivolgimento portato nella concezione della vita dal dogma del ciclo delle esistenze, che proprio nelle Upanisad s'afferma per non pi abbandonare il suolo dell'India, chi valuti nella giusta misura la difficolt di staccarsi dalla concezione mitica dell'universo e dal dominio pi o meno esclusivo del rito e della magia per guardare con occhio spassionatamente limpido ai fatti della vita e della morte, dovr riconoscere che nelle Upanisad, al di l degli innegabili apriorismi e delle sopravvivenze del passato, lo spirito umano ha lasciato una documentazione notevolissima d'un travaglio spirituale che cerca, propone e ancor dubita delle soluzioni proposte, che accetta e combina spregiudicatamente elementi e nozioni di varia origine, che per rappresentare la complessit dell'inconoscibile non esita ad ammettere contraddizioni e contrasti. E la validit non gi delle risposte date, ma dell'atteggiamento assunto, dimostrata dal fatto che la storia del pensiero indiano incomprensibile ove si trascuri il periodo delle Upanisad antiche e medie.
"La maggior parte degli studiosi delle Upanisad vediche considera pi antiche, nell'ordine, la Brhadranyaka Up., la Chandogya Up., la Taittiriya Up., l'Aitareya Up., la Kausitaki Up., la Kena Up., le quali sono tutte in prosa con qualche strofa lirica o gnomica. Segue un gruppo di testi in forma quasi totalmente metrica (Isa Up., Katha Up., Mundaka Up., Prasna Up., Svetasvatara Up.); quindi vengono, di poco pi tarde, la Mndukya Up., la Maitrayaniya Up. e la Mahanarayana Up. Lo studio della lingua, la considerazione della forma e del contenuto hanno permesso di stabilire questo ordine cronologico, che soggetto comunque a dubbi e controversie anche per le varie rielaborazioni a cui il materiale raccolto sembra sia andato soggetto. Mentre probabile che i testi confluiti nelle Upanisad del primo gruppo siano prebuddhistici e in ogni caso non posteriori alla predicazione del Buddha (ca. 500 a. C.) 3, per le Upanisad medie si dovr scendere di qualche secolo, rimanendo comunque sempre prima dell'inizio della nostra era. Pi recenti invece le Upanisad cosiddette del Yoga e quelle settarie, di cui si parler in seguito. Ancora va ricordato che le singole Upanisad non sono attribuite a un autore determinato, ma in esse compaiono nomi di sapienti o di maestri che figurano depositari d'un sapere che, spesso a malincuore, acconsentono a rivelare. E in verit le Upanisad, specialmente le pi antiche, non sono opere organiche che rivelino la mano d'un unico autore, ma sono piuttosto collezioni di brani giustapposti, ossia raccolte di tutto quanto fu ritenuto degno d'essere conservato, come testimonianza del travaglio spirituale di generazioni di ricercatori." "La prosa delle Upanisad pi antiche assai vicina, per lingua e stile, a quella dei Brahmana, in cui esse sono state incorporate; le Upanisad metriche presentano schemi prosodici abbastanza semplici e sono inclini a riassumere in brevi frasi dogmatiche i risultati, considerati ormai acquisiti, delle ricerche compiute; nelle Upanisad del terzo gruppo la dizione molto pi elaborata e assai vicina a quella del sanscrito classico. Frequenti sono i dialoghi, che permettono di rappresentare con vivacit le diverse posizioni dottrinali e il carattere degli interlocutori; spesso assai ardui sono i passaggi dall'uno all'altro argomento, non di rado motivati dal ricorrere d'un numero, d'un vocabolo, d'una frase che richiamano, per analogia o per antifrasi, altri concetti; assolutamente spregiudicato l'uso di aforismi, enigmi, similitudini, che devono introdurre il discente alle ultime verit, al superamento del rito per raggiungere quello che acutamente stato definito il piano del ""metaritualismo""." "I dati geografici tratti dagli stessi testi permettono di localizzare le Upanisad vediche nella parte orientale del Doab gangetico e nella regione posta tra esso e il Bihar, che fu il centro spirituale dell'India al tempo del Buddha. La regione apparisce divisa in stati piuttosto limitati, dove la piazza del villaggio il luogo dell'assemblea, la ricchezza costituita da armenti e greggi e i premi ai vincitori sono vacche e modeste quantit d'oro. La vita contadina raffigurata nelle Upanisad in netto contrasto con la cultura cittadina documentata nelle opere del canone buddhistico, che rappresenterebbe quindi una realt sicuramente posteriore; ma pu essere che le Upanisad abbiano mantenuto una visione tradizionale della vita, conservatasi nella letteratura ma non pi attuale 4." L'ambiente sociale delle upanisad assai vario: come interlocutori compaiono brahmani, ma anche guerrieri, servi e figli di servi e persino donne, che sono interessate a problemi teologici, mentre in seguito noto che saranno poste in una condizione di minorit che continuer fin quasi al nostro secolo. L'ordinamento castale non separa ancora nettamente la popolazione secondo la nascita: l'umilt dell'origine non impedisce infatti a Satyakama, figlio d'una serva e di padre ignoto, di accedere allo studio e alla discussione (Ch. Up., 4, 4), mentre in seguito la lettura dei Veda sar riservata, secondo la legge, soltanto ai membri delle tre caste pi alte. Di frequente guerrieri e principi non sono soltanto ansiosi di discussione, ma sono in possesso, e la stessa cosa succede in testi brahmanici precedenti, d'una scienza che ai sacerdoti
sconosciuta 5, sicch sono i brahmani a prendere la legna per il fuoco, simbolo dell'alunnato e della completa soggezione al maestro, e a recarsi alla scuola del guerriero o del principe. Ci ha indotto alcuni studiosi a ritenere che le dottrine prevalenti nelle Upanisad, in particolare la dottrina dell'unica realt dell'Atman-Brahman e il dogma della trasmigrazione delle anime, siano sorte, in opposizione alle concezioni ritualistiche propugnate dagli esponenti della religione per cos dire ufficiale, per opera di rappresentanti di correnti razionalistiche laiche, che ora soltanto avrebbero potuto sottrarsi all'egemonia d'un potere sacerdotale estremamente oppressivo, gretto e geloso dei propri privilegi 6. In effetti l'atmosfera dominante nelle Upanisad di superamento della presunzione d'onnipotenza attribuita alla pratica sacrificale, che nelle Upanisad vediche non viene ripudiata, ma considerata inferiore e limitata di fronte alla conoscenza, e il monismo in esse affermato in netto contrasto con il pluralismo e il politeismo vedici. " anche vero tuttavia che dubbi sul potere e sull'esistenza degli dei, esitazioni sul valore del sacrificio o di certe sue forme e la tendenza a interpretare simbolicamente il sacrificio, alle complesse pratiche rituali sostituendo la meditazione o il compimento di atti della vita comune, sempre ce ne furono e non necessariamente al di fuori della casta brahmanica, che comunque accolse l'espressione di quei dubbi e di quelle incertezze nelle sue raccolte sacre; ed ancor pi vero che il brahmano Yajnavalkya il pi convinto e convincente assertore del monismo idealistico e che la redazione giuntaci delle Upanisad si rivela con assoluta certezza proveniente da mano sacerdotale. Se opposizione ci fu, essa fu rivolta contro la parte pi retriva del sacerdozio e le Upanisad, ripetiamo nella" "redazione in cui ci sono pervenute, testimoniano ormai il superamento di contrasti e conflitti. La conclusione che ci sembra pi vicina al vero che alla formulazione delle dottrine pi caratteristiche abbiano partecipato in misura notevole appartenenti ad altre caste, perch non pensabile che i brahmani, estensori dei testi, abbiano spinto l'ossequio per la classe depositaria del potere politico ed economico fino a inventare una situazione del tutto fantastica; ma ben presto quelle dottrine furono accettate e fatte proprie dai brahmani, che in esse finirono per vedere la continuazione e la conclusione di meditazioni che non sentivano affatto estranee alla propria tradizione e alla propria forma mentis. E infatti Vedanta furono dalla tradizione indiana chiamate le Upanisad vediche, ossia ""conclusione del Veda"", sia nel senso di parte finale di tutta la rivelazione, sia nel senso di parte ultima, e pi complessa, dell'insegnamento impartito al discepolo, sia nel senso di culmine dell'intero pensiero vedico, stabilito in questa forma e affidato alla posterit." Formalmente le Upanisad appariscono come l'appendice dei testi di epoca precedente: e anche qui si sorprende una delle caratteristiche pi evidenti della civilt letteraria e religiosa dell'India, voglio dire quella fedelt almeno formale alla parola del passato che giustifica il proliferare di commenti e supercommenti, nei quali con interpretazioni non raramente forzate si cerca di trovare nella tradizione lo spunto per nuove concezioni e nuovi atteggiamenti. "Lo sviluppo del culto e della pratica sacrificale nei pi antichi tempi vedici aveva portato alla formazione di tre distinti manuali, il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, contenenti gli inni, le formule sacre, i canti melodici per i tre preti principali attori del sacrificio (rispettivamente hotar, adhvaryu, udgatar). A queste tre raccolte, che costituivano la ""triplice scienza"" religiosa, fu in seguito aggiunto come quarto l'Atharvaveda, ""Veda dell'atharvan o sacerdote del fuoco"", la cui sacert fu a lungo discussa, poich s'occupava per buona parte di scongiuri e di esorcismi di magia bianca e nera per scopi quasi sempre del tutto privati. L'Atharvaveda fu considerato il manuale del quarto sacerdote o brahmn, che sorvegliava l'andamento del sacrificio e
interveniva, grazie alla superiore conoscenza che possedeva della ""formulazione"" della verit, pronunciando mentalmente o espressamente le preghiere e" gli scongiuri adatti per liberare il sacrificio dai difetti eventualmente riscontrati. "Quando il sacrificio assunse funzione di operazione magica, valida di per s purch fosse ritualmente perfetta, capace di costringere la volont degli stessi dei e quindi fulcro della vita dell'uomo e del cosmo, ad ognuna di quelle raccolte s'aggiunsero degli imponenti trattati liturgici, i cosiddetti Brahmana, o libri riferentisi al Brahman, ossia alla ""formulazione"", delle verit eterne, diretti a illustrare il sacrificio, le cui operazioni materiali venivano date per conosciute, mentre ampio spazio veniva dato al racconto dell'origine del rito, all'affermazione della sua efficacia, all'interpretazione degli strumenti usati nel sacrificio e all'identificazione di essi con le varie parti del cosmo. Il sacrificio era infatti considerato rappresentazione simbolica dell'universo e quindi, secondo i principi della magia per identificazione, dominando gli strumenti del sacrificio s'otteneva il dominio sul fenomeno cosmico identificato con lo strumento." "Ai Brahmana, testi farraginosi e pletorici, ricchi di assurdit rituali e di elucubrazioni etimologiche, fanno seguito gli Aranyaka, ""testi silvestri "", ossia da recitarsi e da insegnarsi nella foresta, in un isolamento dovuto alla pericolosit magica delle azioni e dei riti in essi raccomandati. In questi si ritrova la convinzione che fili misteriosi colleghino tutte le apparizioni in una solidariet che abbraccia l'intero universo, fisico e morale, e che risiede in ultima analisi sulla fede che a tutti i fenomeni sottenda una realt unica che si manifesta in una poliedrica visibile variet di oggetti ovvero di nomi, poich nome e oggetto sono tutt'uno e la relazione stabilita tra i nomi sottintende la stessa relazione tra gli oggetti. Per colui che ""cos sa "", ossia per colui che ravvisa queste misteriose correlazioni, che conosce l'intima essenza d'un atto o d'un rito, sar indifferente compiere quell'atto o quel rito oppure uno sostitutivo: in altre parole potr raggiungere per via di successive identificazioni ci che lontano e invisibile per mezzo di ci che vicino e tangibile e l'adempimento di funzioni naturali, come il respirare o il mangiare, sar considerato equivalente al sacrificio pi solenne." Questi stessi atteggiamenti si continuano nella Upanisad, che sono le parti ultime e pi propriamente filosofiche dei trattati liturgici test citati, staccate dal contesto, in maniera tuttavia avventurosa e arbitraria, cosicch il taglio non netto e molti testi importanti dal punto di vista filosofico sono rimasti nei Brahmana e negli Aranyaka e viceversa elucubrazioni ritualistiche e magiche sono incorporate nelle Upanisad. L'appartenenza dei singoli testi a questa o quella raccolta vedica non incide se non per questioni di dettaglio (come ad esempio nella Chandogya Up., che appartiene al Samaveda, l'attenzione rivolta al saman, ossia alla melodia, piuttosto che all'inno sacrificale) ed quindi parso opportuno seguire un ordinamento cronologico, per incerto che possa essere, piuttosto che la divisione liturgica. "L'affermazione dell'unicit dell'origine e della sostanziale medesimezza delle manifestazioni empiriche non soggetta nelle Upanisad al minimo dubbio, mentre il metodo delle identificazioni tanto comune che qualche studioso, come si detto, interpreta il termine Upanisad come ""equivalenza"". Ma se la fede nell'unit dell'Essere, che si configura come il modello immobile e la meta suprema, veramente la caratteristica pi evidente delle Upanisad (anzi in Ch. Up., 7, 4, 1, sembra che il concetto d'esistenza sia inscindibile da quello d'unit), la forza delle apparenze concrete ha pure il suo peso. Da questo complesso di sentimenti ci sembra che traggano origine alcuni dei tratti pi tipici delle Upanisad: e vogliamo dire la dedizione e l'entusiasmo nella ricerca (cos ben rappresentati nell'episodio di Naciketas) e nella contemplazione di quell'Uno che sta oltre il velame delle apparenze, ma anche il riconoscimento dell'impossibilit di raggiungerlo con mezzi umani, cosicch per avere un lampo d'intelligibilit
(un lampo soltanto, ch altro si sa di non poter pretendere) s'ammetteranno tutte le vie, dalla rinuncia al rito, dall'illuminazione mistica e dalla grazia sovrannaturale alla moralit comune, e si tenteranno tutti gli espedienti, dalle affermazioni che soltanto nella ripetizione trovano la loro forza, ai paragoni pi suggestivi che persuasivi, dalle indagini sugli elementi del culto e sui nomi alle osservazioni naturalistiche, al tentativo di far della scienza, alle pseudo dimostrazioni, convinti d'altra parte che tutta la realt visibile ha una sua dignit in quanto rispecchia in qualche modo la sublimit di quell'Uno di cui essa la manifestazione." "La fortuna delle Upanisad nell'India testimoniata dai numerosi commenti che ad esse furono dedicati (Gaudapada, VIII sec.?, Sankara, IX sec., Madhva, XIII sec., Sankarananda, XIV sec., Narayana, XIV sec., Rangaramanuja, XVI sec., Bhaskararaya, XVIII sec., Aurobindo Ghosh, XX sec.). Inoltre esse furono il punto di partenza delle costruzioni filosofiche posteriori, che, pur allontanandosi dal pensiero o meglio dai pensieri delle Upanisad, di queste si sono servite per trovarvi la conferma delle proprie affermazioni. ovvio che in questi casi il testo sottoposto a interpretazioni forzate: anzi si giunge a tali punti (ma l'interpretazione quasi sempre giustificata con il ricorso a sottigliezze tecniche veramente mirabolanti, consentite anche dalla particolare struttura dei composti sanscriti e dalla scrittura stessa in devanagari) che a stento si crederebbe che i commentatori abbiano avuto sott'occhio lo stesso testo. Del resto l'abitudine di rifarsi al passato nell'India almeno tanto antica quanto le Upanisad medesime, che dai Veda traggono strofe isolate e fuor del contesto le interpretano piuttosto liberamente, e non si limita soltanto all'ambiente brahmanico. Citeremo a mo' d'esempio i casi dei gi citati Sankara e Madhva e di Ramanuja (XI-XII sec.), tutti e tre appartenenti al Vedanta (propriamente Vedantamimamsa, ""indagine sulla parte finale dei Veda""), ossia di quel sistema filosofico che si vanta d'essere l'erede autentico del pensiero upanisadico, di cui accentua e sviluppa determinati aspetti. Sankara comment undici Upanisad 6bis, in esse vedendo il sostegno alla propria dottrina dell'idealismo monistico assoluto, per cui soltanto lo spirito esiste, essendo il mondo l'obiettivazione illusoria dello spirito, la corda creduta serpente da chi immerso nelle tenebre dell'ignoranza (ma nelle Upanisad antiche il mondo ben reale e la pluralit fenomenica, una volta prodottasi dall'unit originaria, vive per cos dire di vita propria). Ramanuja invece nelle pi recenti tra le Upanisad vediche ritrovava soprattutto il seme della bhakti, ossia della devozione fidente in un dio personale, Narayana-Visnu, del quale sono modi o forme le anime individuali e la materia, che?" "inscindibili dal dio ma distinte da lui, costituiscono dunque una triplice unit in una costruzione religioso-filosofica che fu definita visistadvaita, ""monismo differenziato "", o, forse meglio, ""non dualit del [l'Uno che pur ] ricco di attributi o di qualificazioni ''. Madhva infine, con interpretazioni d'un'artificiosit e d'una faziosit straordinarie, nelle Upanisad vedeva, in netta polemica con le altre forme di Vedanta, l'affermazione d'un vero dualismo: da una parte il Brahman supremo, che si configura nella persona di Hari-Visnu, dall'altra le anime individuali e la materia. Queste son completamente dipendenti dall'arbitrio di Visnu, che quindi l'unica causa efficiente del divenire e dell'ordine cosmico, ma la differenza tra i due principi permane invalicabile ed eterna." "Ancor in epoca contemporanea le Upanisad sono state e sono fonte d'ispirazione per poeti e pensatori: secondo Ram Mohan Ray (1772-1833), il ""padre della nuova India"", il primo dei riformatori indiani dell'epoca moderna, la base d'ogni religione il puro monoteismo che gli sembrava il succo del pensiero upanisadico; Tagore (1861-1941) nelle Upanisad ritrovava la dottrina dell'armonia della natura, Aurobindo Ghosh (1872-1950) e Sarvepalli Radhakrishnan (1888-1975) le pongono a fondamento delle loro costruzioni filosofiche, dirette alla ricerca e all'esaltazione d'un equilibrio universale che si giustifica in ultima analisi per la divinit dell'esistente."
"In Europa le Upanisad furono dapprima conosciute nella traduzione latina di Abraham Hyacinthe Anquetil-Duperron (Oupnek'hat, i.e. secretum tegendam, Strasburgo, 1801-02), eseguita sulla traduzione persiana di cinquanta Upanisad, che nel 1657, poco prima d'essere giustiziato per ordine del fratello Aurangzeb, fece compiere il principe moghul Dara Shukoh, studioso delle religioni indiane e desideroso di giungere, sull'esempio dell'avo Akbar, a un sincretismo che ponesse fine alle lotte religiose tra Ind e Musulmani che dilaniavano il suo impero. Dall'Oupnek'hat vennero a conoscenza di Arthur Schopenhauer quelle ""concezioni quasi sovrumane"" nelle quali a suo giudizio si compendiava la saggezza primeva dell'umanit; ed noto il suo elogio di quella ""lettura pi d'ogni altra al mondo fruttuosa ed edificante"", che, come era stata il conforto della sua vita, sarebbe stata la consolazione della sua morte (Parerga und Paralipomena, II, par. 184). Schopenhauer," con atteggiamento tipicamente romantico che doveva persistere nella cultura, o meglio nel sentimento comune, per decenni, trasfigurava l'immagine dell'India e al suo entusiastico apprezzamento ben pochi davvero saprebbero unirsi. Le Upanisad rimangono tuttavia un momento culminante del pensiero indiano antico e come tali son sempre state l'oggetto di studi approfonditi da parte dei maggiori indologi d'ogni tempo. Tema preferito delle Upanisad antiche e medie la contemplazione dell'identit fra Brahman e Atman, ossia dell'identit fra ci che infinitamente grande e ci che infinitamente piccolo, fra il principio dell'universo, che a questo d vita e fornisce la base, e il proprio s, che quello cui si giunge dopo aver spogliato la propria individualit di tutto quanto di transeunte, provvisorio, accidentale legato a essa. L'origine dei due vocaboli, Brahman e Atman, nettamente distinta e nettamente distinti furono anche i modi e gli oggetti della speculazione. "Brahman parola della speculazione sacerdotale, che proprio nella fortuna della parola rivela la sua importanza 7. Abbiamo visto come il sacrificio fosse considerato l'immagine e il centro dell'universo; ma la parte essenziale del sacrificio la parola sacro-magica" "e la "" formulazione "" di essa il Brahman. Quindi il Brahman la forza sovrannaturale e misteriosa della parola magica: per esso il sacrificio efficace, il brahmano ha il suo potere, i Veda hanno la loro onnipotenza; esso la forza che il fondamento di tutto l'esistente, che d il potere agli stessi dei, che difesa contro i mali, che la fonte immortale di tutto ci che mortale: ""Ci da cui tutti gli esseri son nati, ci che li mantiene in vita, ci in cui morendo vanno a finire"" (Taittiriya Up., 3, 1)." "Atman invece parola che originariamente indica il respiro (cfr. germ. Atem, con cui etimologicamente congiunto), fu l'oggetto di osservazioni e di esperimenti diretti ad accertarne le caratteristiche e l'eventuale indispensabilit, e presto venne a indicare la parte essenziale della personalit umana, che vista nel pensiero e nella conoscenza. Ora, poich esiste un'analogia fra la costituzione del microcosmo e la costituzione del macrocosmo (ed essa, d'origine probabilmente indoeuropea 8, era un dato di fatto accettato dalla speculazione, incline ad attribuire ai fatti cosmici gli stessi connotati dell'esperienza terrena, tanto pi che era assente ogni distinzione di principio tra spirito e materia), il principio vitale dell'uomo sar eguale al principio vitale dell'universo ed eguali saranno pure le caratteristiche: l'Atman dunque il Brahman e la conoscenza l'essenza di entrambi. Ci viene espresso nelle due ""grandi parole"" che compendiano l'insegnamento delle Upanisad: Tat tvam asi, ""Tu [, anima individuale,] sei il Tat, il principio supremo"" (Ch. Up., 6, 8 sgg.) e Aham Brahmasmi: ""Io sono il Brahman"" (B. Up., 1, 4, 10)."
probabile che l'idealismo monistico espresso nell'identit Brahman-Atman non sia stato soltanto il prodotto d'una giustapposizione voluta, ma che sia il risultato ultimo di osservazioni di filosofia naturale, e precisamente di successive meditazioni sul fuoco, considerato principio vitale 9. Mentre attestata, in tempi "probabilmente diversi, una primazia attribuita all'acqua o al vento-respiro, della quale parleremo pi avanti, il punto di partenza della cosiddetta dottrina del fuoco l'osservazione che il calore corporeo l'ultimo ad abbandonare il corpo alla morte, quindi supera sotto questo punto di vista anche il respiro. Il calore, ossia il fuoco, causa il brusio che si ode quando ci si tura le orecchie e provoca pure la digestione del cibo ingerito. Il fuoco proviene dal sole attraverso i raggi solari che si continuano nelle vene dello stesso colore confluenti nel cuore dell'individuo. Percorrendo a ritroso la stessa via, dall'individuo il fuoco ritorna nel sole in un ciclo continuo che congiunge terra e cielo, ossia mondo dei vivi e mondo dei morti, e che offre una risposta plausibile alle domande intorno all'origine e al destino dell'individuo. Ben presto si fa strada il pensiero che il fuoco luce e che la luce il simbolo o l'essenza della conoscenza, che, simile a lampada, appunto illumina gli uomini. Il principio vitale unico allora conoscenza e la conoscenza quella che vivifica le varie facolt dell'uomo, in esse penetrando e da esse ritraendosi nel sonno, quando ogni attivit sensoriale viene sospesa. Mentre nel sonno con sogni ancor si hanno le immagini dell'esperienza terrena (o perch tutto si ritrova nella cavit del cuore, che, simile allo spazio cosmico, tutto contiene, o perch ancora permangono l'impressione o il ricordo di quell'esperienza), nel sonno profondo scomparsa ogni coscienza: il principio vitale, l'Atman, s' ritirato nelle arterie che dal cuore si dipartono, ossia viene a cessare ogni collegamento con tutto quanto s'attiene alla terra. L'Atman rimane solo con se stesso, in una condizione di appagamento totale e dimentico, quale pu aversi nella riunione di due amanti, in uno stato di quiete immobile e di beatitudine incosciente, della quale vien data una spiegazione che per il tempo in cui fu formulata apparisce straordinaria. Si ha conoscenza infatti quando esistono un soggetto e un oggetto della conoscenza; ma quando tutto s' ridotto all'unit, quando l'Atman solo con se stesso, con che cosa e chi potrebbe conoscersi? chi potrebbe conoscere il conoscitore? La beatitudine incosciente che propria del sonno profondo, da cui tuttavia si ritorna, ricreandosi cos tutta l'esperienza terrena, poi trasferita allo stato dopo la morte, che nel sonno trova la sua immagine pi vicina, per la tendenza, o l'abitudine, di trasferire al secondo termine della comparazione tutte le caratteristiche del primo, anche se non si riferiscono al medium comparationis. Lo stato dopo morte, che lo stato comune a tutti e definitivo, quindi una condizione di beatitudine priva di coscienza 10, ovvero di coscienza pura senza oggetto di fruizione e questo Atman perfetto tanto lo stato finale quanto lo stato originario (poich come dal sonno si ritorna allo stato di veglia cos dalla morte si rinasce alla vita), il tutto, il Brahman. La contemplazione del principio universale da cui tutto si produce, che identico al pi vero, all'intimo se stesso, stupisce ed esalta. E infatti i vati delle Upanisad non si stancano di parlare della scoperta della divinit, potremmo dire, della propria essenza individuale, alla quale Sandilya (Ch. Up., 3, 14) scioglie quello che non a torto H. Oldenberg chiama un inno in prosa" Di fronte alla possibilit di conoscere, e quindi di essere, l'Atman-Brahman ogni altra cosa perde di valore: infatti quisquis deum intellegit, dens fit 10 bis. Per esso si rinuncia al desiderio di ricchezze, al desiderio di prole. Chi lo conosce abbandona tutto e non pi toccato dalle transeunti vicissitudini della vita, la quale, come la veglia il contrario del sonno, l'opposto dell'Atman perfetto e sar pertanto dolore, turbamento, angoscia, conoscenza del particolare, azione e fruizione incessanti. "Ma come si giunge all'Atman-Brahman? Questo al di l d'ogni conoscenza distintiva, al di l d'ogni concepimento e d'ogni immaginazione umani; lo si pu definire soltanto negativamente o
come la coincidentia oppositorum, il che significa soltanto che esso al di l delle umane distinzioni. La rivelazione di esso non s'ottiene con l'istruzione, ma avviene per un lampo improvviso, per un'estasi o per la grazia dell'Assoluto, che sceglie colui al quale palesarsi. In altre parole una cosa straordinaria da raggiungersi per mezzo d'una norma straordinaria, soltanto staccandosi da tutto ci che umano possibile raggiungerlo. In effetti l'atteggiamento mistico, con la sottintesa negazione dell'umano e l'ovvia elezione dell'ascesi, che il rifiuto della vita e delle sue esigenze, la conclusione logica di quelle premesse; e quando si dice che per chi ha raggiunto la verit tutto indifferente, che bene e male sono superati, che la colpa non pi macchia, difficile non pensare a quei gruppi che secoli dopo alterneranno licenza e ascesi, perch son legate alla provvisoriet terrena e in fondo prive d'ogni intima validit, perch colui che conosce ci che superiore a tutto diventa superiore a tutto, dato che si diventa ci che si conosce. Ma giunte a questo punto a noi sembra che le Upanisad esitino a proclamare il distacco completo dal mondo e abbiamo gi accennato a quella che pu esserne una causa: la convinzione nella sola realt dell'Uno induce cio a pensare che tutte le apparizioni contengano una parte di verit in quanto riflesso dell'Uno, e perci infinite e tutte giustificate saranno le vie dell'accostamento, che considerano soltanto un aspetto, momentaneo e transitorio, della realt. E allora la vita viene accettata, n pu eludersi, ci si preoccupa del cibo e s'apprezzano gli allettamenti dei sensi, si desidera prole che continui la stirpe, si paragonano le et della vita alle varie tappe del sacrificio, si considera somma ascesi il vivere la vita. La rinuncia s raccomandata, ma la vita, con le sue esigenze di compassione, generosit, dominio di s, vien prima, e se la conoscenza del rito in ultima analisi esime dal compierlo, al culto vien riconosciuta un'indubbia importanza propedeutica. Si va anzi pi in l, e cos non assente il pensiero che di fronte" "alla necessit pu venir meno l'applicazione di qualsiasi norma e che la considerazione della molteplicit apparente deve venir prima dell'intuizione della realt unica, che senza la prima mutila""." Insomma, nelle Upanisad fermissima la convinzione che esista una verit trascendente i sensi e l'immaginazione umani, cui l'uomo aspira pur non sapendo configurarsela al di fuori della sua misura, ma pur chiaro che l'uomo, ancorato alla terra, non pu astrarre dalle esperienze della sua condizione: e nel trarre le conseguenze di queste affermazioni consiste l'umanit delle Upanisad. "Che cosa tiene l'individuo lontano dall'Atman-Brahman e lo lascia perci preda della molteplicit, del dolore, ossia di tutto ci che dall'Atman-Brahman diverso? il karman, ossia l'azione e la forza immanente in essa, che agisce automaticamente, per il fatto stesso d'esistere e che si pensa determini la pluralit fenomenica, costringendo l'Assoluto, essenza costituita di puro spirito, in forme individuali che obliterano la coscienza dell'unit universale e originaria. L'azione la caratteristica pi propria dell'individuo, e sembra quindi abbastanza logico che in essa sia vista la causa dell'individuazione, mentre il mutamento del significato attribuito al vocabolo karman (che prima delle Upanisad designa l'atto rituale) indicativo del sopraggiunto cambiamento degli interessi e dell'attenzione sempre pi viva rivolta all'uomo. In alcuni punti si ritrovano ancora tracce dell'antica concezione per cui i pensieri nell'ora della morte determinano la condizione della futura esistenza 12; poi, con un evidente approfondimento del senso etico, la dottrina del karman come determinante della futura condizione d'esistenza s'afferma, dapprima come dottrina segreta (B. Up., 3, 2, 13), poi come postulato indiscusso. Difficile tuttavia tracciarne la storia e individuarne l'origine. La dottrina del karman sorta come naturale sviluppo di concezioni affermate nelle raccolte vediche o si tratta del risultato d'infiltrazioni d'un sostrato culturale"
"diverso che affiora adesso alla luce? In realt nulla possiamo affermare con sicurezza, poich del mondo culturale e in particolare religioso anario e preario non abbiamo alcuna conoscenza certa. chiaro che due momenti sono di particolare importanza per il sorgere della credenza nel samsara, come sar chiamato a partire dalla Katha Up. il ciclo delle esistenze determinato dalla qualit morale dell'azione compiuta dall'individuo: e sono la convinzione che l'atto abbia un'efficacia che supera i termini di questa vita e la fede che l'azione abbia il suo rimerito, nel mondo in cui stata effettuata, per mezzo d'una nuova esistenza 13. La prima convinzione alla base d'ogni pratica cultuale, intesa a ottenere benessere nell'aldil o benefici terreni pi o meno immediati, ed ben documentata per l'epoca vedica. Pi difficile rintracciare nei testi vedici i diretti precedenti della dottrina della reincarnazione o della rinascita. Il timore che la dimora nell'aldil non fosse eterna e che una nuova morte (punarmrtyu) attendesse il trapassato (e, poich l'uno e l'altro timore derivavano dal raffigurarsi la vita oltretomba a somiglianza di quella terrena, una morte nell'aldil non poteva non significare un passaggio al di qua della morte) pu aver preparato l'idea del ritorno sulla terra, che fu visto talvolta come un premio (vedi Ch. Up., 5, 10, dove si dice che la fede del trapassato gli assicura, attraverso varie tappe, il ritorno su questa terra; vedi anche Satapatha Brahmana, 1, 5, 3, 14: ""La primavera torna dall'inverno e cos questo da quella. Di nuovo nasce in questo mondo colui che cos sa"")." Introdotta o preparata dall'osservazione di fatti naturali, come appunto il ritorno delle stagioni o delle messi, facilitata dal pensiero che il figlio rinnova le qualit del padre, accettata forse anche per illuminare certe rimembranze inspiegabili che s'osservano presso popoli di svariato grado di cultura, aiutata soprattutto, a nostro giudizio, dal pensiero che la morte sia simile in tutto al sonno, permetta cio il ritorno, e dalla considerazione del ciclo del fuoco e specialmente dell'acqua, che offriva l'esempio pi convincente d'un rapporto fra la terra e il cielo, sede tradizionale dei morti, e indicava anche i modi del ritorno sulla terra, la dottrina del samsara determinato dal karman s'accordava in qualche modo con la dottrina dell'Uno-tutto. Se l'Assoluto immortale identico alla parte essenziale dell'individuo, come pu parlarsi di morte per questa parte immortale? D'altra parte se l'Assoluto penetrato nell'individuo, per ci individualizzandosi, dovr essere la caratteristica dell'individuo, ossia l'azione, a condizionare questa individualit. " certo dunque che il karman a determinare una serie successiva di esistenze, ma non ben stabilito come agisca il meccanismo delle reincarnazioni o delle rinascite e in che cosa consista il legame che unisce la nuova vita con quella precedente. Sono infatti prospettate varie soluzioni. La prima nega il persistere d'ogni sostrato della personalit (B. Up., 3, 2, 13): dissoltisi tutti gli elementi che costituivano l'individuo, esiste soltanto l'azione che, analogamente a quanto insegnato dalla dottrina del Buddha, produce la formazione d'una nuova creatura, la quale potr indifferentemente appartenere, secondo la qualit morale dell'azione compiuta, al mondo umano, all'animale, all'infernale o al divino, poich anche gli dei sono condizionati, nel loro stato di potenza e di perfezione, dall'opera compiuta, che non pu non produrre effetti limitati nel tempo. La cosiddetta ""dottrina dei cinque fuochi e delle due vie"" (B. Up., 6, 2, 9-16; Ch. Up., 5, 3-10; Kaus. Up., 1) sembra invece ammettere la persistenza d'una sorta di anima, cio d'una sostanza immateriale ed eterna. I defunti, o meglio quella parte o scintilla dell'Assoluto che penetrata nel loro corpo dando vita e coscienza all'aggregato di elementi, salgono al cielo dalla fiamma del rogo. Alcuni giungono al mondo della folgore, da cui, lungo la via degli dei, arrivano al mondo del Brahman donde non pi ritornano. Altri invece, giunti alla luna, dopo aver qui dimorato e aver consumato il frutto delle loro azioni, attraverso l'etere, il vento, la pioggia, la terra, il cibo giungono, per la via dei padri, nell'uomo e nella matrice femminile, che scelta in base alle loro opere. Altre creature sono poi condannate a una sorta
d'inferno, cui si fa oscura allusione. La via che le anime percorrono ripete evidentemente il ciclo dell'acqua, ma le tappe sono immaginate come altrettanti sacrifici e questo ci conferma come profondamente abbia inciso sulla formulazione" "delle dottrine accolte nelle Upanisad la manipolazione dovuta a mani sacerdotali. Bench i testi non siano univoci, la condizione per essere liberati dal samsara sembra che sia la fede o la conoscenza dell'unicit di tutto l'esistente. Lo stato di colui che liberato descritto come incomparabilmente superiore a qualsiasi gioia del mondo e al di l di qualsiasi valore materiale, etico, spirituale. La liberazione assai spesso rappresentata come raggiungibile dopo la morte, con un'ascesa al cielo (e qui si continua la vetusta dottrina escatologica del cielo troppo lontano per essere raggiunto con il corpo); ma non mancano i luoghi (B. Up., 4, 4, 6; Kath. Up., 2, 6, 14) dove s'afferma che non occorre raggiungere il decesso del corpo e che continuare o no la vita terrena del tutto indifferente: si preannuncia quindi il concetto di jivanmukta, ""liberato in vita"", che sar sviluppato nei sistemi induisti e che sembra accordarsi pienamente con la dottrina del riconoscimento della natura eterna della propria essenza individuale 13 bis." Affermatasi come spiegazione del vario destino dell'uomo, dell'incomprensibilit della distribuzione attuale del bene e del male e perci certamente favorita, anche se non inventata, dalle classi privilegiate che potevano cos giustificare la propria posizione e offrire d'altra parte una speranza agli oppressi e ai disperati, sempre per nel quadro dell'accettazione della condizione attuale determinata dal proprio agire, la dottrina del samsara, unita alla dottrina dell'identit Atman-Brahman e della sua assolutezza, determin un rivolgimento delle concezioni della vita e dei suoi valori, sia pure con le limitazioni che abbiamo prima cercato di lumeggiare. Da questo momento l'aspirazione certamente il raggiungimento della liberazione: nel seguito incessante di vite e soprattutto di morti, perdono il loro valore di unicit e d'irripetibilit le ricchezze, la famiglia, l'esistenza stessa. Della dottrina del ciclo delle esistenze non tanto si valuta positivamente la possibilit a ciascuno offerta di rendersi artefice della propria sorte, ma si pone in risalto la provvisoriet d'ogni situazione, l'unica certezza della morte. Bench le Upanisad siano saldamente ancorate alla vita, che reale, indiscutibile che si prepara il terreno e ci si predispone a quell'atteggiamento di rinuncia che culmina nell'ascesi e che ha sempre colpito, come caratteristica, anche se non esclusiva, dell'India, gli osservatori stranieri. la stessa frequenza della ricerca d'un quid medium tra rinuncia e vita, che a noi sembra essere il tratto dominante tanto dei movimenti monastici del Buddhismo e del Giainismo, nei quali vivissima l'esigenza morale, quanto dell'istituzione del trivarga e degli asrama, che cercano di contemperare l'aspirazione al superamento della vita con la necessit d'adempiere ai doveri inerenti alla casta e all'et, per non parlare della filosofia dell'attivismo della Bhagavadgita, testimonia di quanto diffusa e profondamente sentita sia stata nell'India l'inclinazione alla negazione del mondo e dei suoi problemi. "Ma nelle Upanisad l'io personale non ancora l'obiettivazione illusoria e transeunte d'un Assoluto immoto e impassibile, la maya (il termine compare in Svet. Up., 4, 9) non ha ancora il significato di ""illusione cosmica"" che gli attribuir Sankara, e l'immagine del mondo che fuoriesce dal Brahman-Atman come la scintilla dal fuoco indicativa del rapporto che si pensa legare fenomeno e Assoluto." Conseguentemente, la rinuncia upanisadica presuppone l'adempimento dei doveri rituali, familiari, morali e ben ci sembra rappresentativo del pensiero upanisadico antico il nucleo centrale dell'Isa. Up., che non a caso nelle raccolte indigene occupa il primo posto: per giungere "alla luce sopracosciente dell'Assoluto, che privo di tutte le qualit umane, bisogna partire dall'uomo, sublimando le capacit meditative e astrattive dopo che sono state soddisfatte le
esigenze terrene. vero che s'attribuisce onnipotenza e invulnerabilit alla conoscenza e s'afferma, come s' gi ricordato, che la norma comune non vincola colui che conosce, il quale al di sopra del bene e del male e non tocco dal peccato 14; ma questo pensiero, che pur anticipa l'ammissione d'una doppia morale, non certamente il pi diffuso nelle Upanisad, che, dalla considerazione dell'unicit del Brahman-Atman, sembrano piuttosto esser tratte al rifiuto dell'egoismo in una superiore armonia che abbraccia tutto il creato: il che quanto dire che anticipano l'ahimsa panindiana e la karuna buddhista." "Se il monismo idealistico, con i limiti che s' cercato di mettere in luce, costituisce il punto d'arrivo delle Upanisad e sembra essersi sviluppato dalla considerazione del fuoco come principio vitale, nelle Upanisad stesse esiste la documentazione di varie correnti di pensiero che ricercarono in altre entit la fonte unica che, diversa da tutti i fenomeni singoli, a essi d vita fornendone la base. Alcuni veggenti ravvisarono il primo principio nell'acqua, nel vento, nello spazio etereo; altri ritennero che quest'origine comune non potesse essere definita che come Sat, ""esistente"", o Asat, ""non esistente ""; altri infine sottolinearono l'importanza di capacit o facolt individuali, come la parola o il pensiero." "La dottrina dell'acqua ha come punto di partenza la constatazione dell'essenzialit dell'acqua per il mondo vegetale e per il mondo animale, e trova la sua espressione pi completa nella gi ricordata "" dottrina dei cinque fuochi"", nella quale confluiscono inoltre concezioni antichissime relative alla luna, ora considerata come una specie di coppa che alternatamente si riempie e si svuota, ora immaginata come la porta dei mondi celesti, sbarrata o aperta secondo il vario alternarsi delle fasi. Il rapporto tra la terra e il cielo che il ciclo percorso dall'acqua dimostrava possibile forn forse uno dei primi avvii alla concezione del passaggio d'una parte della personalit dei defunti, e in ultima analisi dell'anima, dalla terra al cielo, mentre la manipolazione brahmanica, evidente nella rappresentazione delle varie tappe come altrettanti fuochi sacrificali, fa pensare che si tratti non d'una dottrina in via di formazione, bens della canonizzazione d'un'osservazione di filosofia naturale." Altri pensatori videro il sostegno della vita e il primo principio nel respiro, cui corrisponde sul piano cosmico, per l'equivalenza tra manifestazioni del microcosmo e manifestazioni del macrocosmo da sempre usuale nell'India, il vento. Ovvia l'importanza del respiro nei confronti di altre forze e capacit dell'uomo "ed essa viene affermata in una serie di narrazioni 15 che sembrano implicare una sorta di polemica contro chi intendeva negare la posizione di predominio del respiro; tipica inoltre la personificazione delle varie forze dell'individuo, come nell'apologo di Menenio Agrippa. Altro gruppo di narrazioni insiste sull'inesausto vigore del vento-respiro, che sussiste e continua a operare quando le altre forze o gli altri fenomeni cessano o mancano: il vento permane quando il sole tramontato, il respiro continua quando mancano la vista o l'udito o la parola, il respiro vince il sonno che cos simile alla morte, cosicch facile giungere ad affermare che tutto rientra o viene assorbito nel vento-respiro, che quindi il ""Pigliatutto"", come s'esprime Raikva in quella che forse l'esposizione pi tipica della ""dottrina del respiro"" (Ch. Up., 4, 1-3). Ma la difficolt di spiegare la capacit intellettiva e la coscienza in rapporto o in dipendenza del respiro sembra che abbia impedito uno sviluppo ulteriore della dottrina, che inoltre non comprende alcuna concezione escatologica e non utilizza alcune osservazioni gi fatte in epoca antica sulle funzioni corporee, come la concezione dei cinque soffi o forze vitali che si pensa esistano nel corpo (respiro, soffio ascendente, soffio discendente, soffio trasversale, soffio generale) e che saranno oggetto di lunghe indagini nei sistemi classici di filosofia."
"Esistono poi tracce ben consistenti d'un'antica identificazione del primo principio con lo spazio etereo, che sembr simbolo adatto dell'Assoluto forse per la sua onnipresenza, ma anche per la sua illimitatezza, la sua incorporeit e la conseguente indefettibilit (cfr. ad es. B. Up., 3, 8, 7; Ch. Up., 1, 9, 1). Ma particolarmente importante il rapporto d'identit che s'ammette fra lo spazio etereo e lo spazio entro il cuore: come lo spazio tutto comprende, cos nello spazio entro il cuore tutto compreso, cielo e terra, fuoco e vento, sole e luna, lampo e stelle, ci che si possiede e ci che non si possiede, realt e desideri (Ch. Up., 3, 12, 7-9; 8, 1, 3). Possedendo il cuore, dunque, tutto si avr: e quando i sensi non pi sono attivi e ogni facolt dell'individuo sembra ritirata entro" il cuore, tutto l si ritrova nel sogno, il ricordo dell'esperienza vissuta e il presagio dell'avvenire. "Secondo Ch. Up., 3, 19 e T. Up., 1, 7, al principio esisteva soltanto l'Asat, il non esistente; in tutta la sesta lettura della Ch. Up. invece si dice che tutto deriva dal Sat e si controbatte la teoria dell'Asat (6, 2, 1-2). Le denominazioni sono ben antiche: la teoria che il Sat si sia prodotto dall'Asat si ritrova in R. V., 10, 72, 2-3, contro cui sembra polemizzare la Ch. Up., anzi l'opposizione tra i due concetti superata in R. V., 10, 129, 1-2 ("" N il Sat c'era allora, n l'Asat""), dove, al di l delle coppie di contrari, tutto discende dall'Uno, che quindi il vero principio. La scelta del termine Sat sembra significare che del primo principio non pu dirsi altro se non che esiste; Asat sembra invece alludere non a un nulla assoluto, bens a una sorta di caos precedente a ogni differenziazione e assolutamente incomparabile con la realt attuale, dove l'ordine cosmico la controparte celeste dell'ordinamento morale e sociale. Nella Ch. Up. la dottrina del Sat, che l'Atman, l'essenza sottile identica nel microcosmo e nel macrocosmo, sviluppata in un sistema completo degli elementi e delle loro combinazioni, estremamente importante per lo spirito da cui animato il suo espositore Uddalaka Aruni. Si parte invero da un postulato, che l'ammissione d'una unit originaria che insieme spirito e materia; ma nelle successive osservazioni dei vari fenomeni che si producono dai tre elementi primordiali creati dal Sat, ossia calore, acqua, terra, c' un rigore deduttivo e una spregiudicatezza tali (basti pensare alla derivazione del pensiero dal cibo e del respiro dall'acqua) che a ragione s' parlato d'un atteggiamento parascientifico. Dal vario combinarsi dei tre elementi primordiali, cui sono attribuiti i colori rosso, bianco, nero, derivano tutte le cose: ora qualche cosa d'analogo insegnato nel samkhya, sistema classico di filosofia che approder a un sostanziale dualismo tra spirito e materia. Il Samkhya attribuisce alla materia tre qualit o modi di essere (guna): una volta rottosi l'equilibrio tra i guna, caratterizzati dagli stessi colori degli elementi della Ch. Up., s'inizia l'evoluzione e s'ottiene, a seconda delle infinite possibilit di combinazione, l'infinita molteplicit delle cose, che tuttavia risalgono all'unica materia originaria." "Infine si hanno nelle Upanisad parecchie affermazioni che attestano come una posizione di privilegio fosse assegnata, almeno in certi ambienti, alla parola e al pensiero. Il pensiero (manas) identificato con il Brahman in Ch. Up., 3, 18, 1 (altrove, ad es. B. Up., 4, 1, 6; Ch. Up., 7, 3, 2, l'identificazione respinta perch insufficiente); quanto alla parola (vac) l'importanza a essa attribuita testimoniata dalla frequentissima esaltazione della sillaba Om, che l'essenza della parola, il suono per eccellenza. Anche queste concezioni sono antiche: il Veda esso stesso parola e ""formulazione"" della parola il Brahman, sicch pi che giustificato affermare che "" le speculazioni vediche... riposano su una sorta di primato della parola "". Di quest'ultima per si dice che una parte soltanto si realizza nel mondo, poich la parte maggiore e migliore celata nel mistero (R. V., 1, 164, 45; 8, 100, 11): si ha cio una contrapposizione tra espresso e inespresso e l'affermazione che il primo non esaurisce l'infinita potenzialit del secondo. Nei Brahmana, a quanto sembra di poter ricavare dai dati in nostro possesso, la contrapposizione si verifica tra la parola e il pensiero, considerati il simbolo del limitato e dell'illimitato. E infatti al silenzio, che per cos dire il modo d'essere del pensiero, viene attribuita una parte importante nello svolgimento del sacrificio, di contro alle melodie, alle
strofe e alle formule magiche; con il pensiero che il sacerdote brahman, immobile e silenzioso, corregge gli eventuali errori dei sacerdoti recitanti, medica cio i difetti della parola; e si afferma che due sono le vie del sacrificio, vac e manas, ma pi spesso s'afferma che la parola segue il pensiero o al contrario che il pensiero nulla pu se manca la parola 16. Il contrasto continua nelle Upanisad pi antiche (vedi ad es. Ch. Up., 7, 3, 1: (( il manas superiore alla vac""), mentre nelle Upanisad pi recenti la differenziazione, a nostro avviso, assai pi sfumata, in quanto parola e pensiero sono considerati entrambi facies diverse, non opposte, della realt: esistono cio lo sabdabrahman, l'Assoluto in forma di suono, espresso o inespresso, e l'asabdabrahman, che superiore al suono, pura trascendenza silenziosa (Brahmabindu Up., 17). Al secondo si giunge immergendosi nello" "sabdabrahman, ossia soltanto esperimentando ci che conoscibile si perviene a ci che sta al di l d'ogni possibilit umana. E questo anche il punto d'arrivo di certe scuole tantriche, per le quali la conoscenza delle formule, che sono parola, il mezzo indispensabile per giungere all'Assoluto, il quale nella sua ultima realt per silenzioso, quel silenzio originario che sembra regnare nella desolata solitudine cui allude B. Up., 1, 2, 1: ""Quaggi al principio non c'era che il nulla. Tutto era avvolto dalla morte o dalla fame, perch la fame la morte""." Come s' detto, le Upanisad vediche sono il punto di partenza e di riferimento di quasi tutte le speculazioni successive, che si rifaranno a esse come a un paradigma d'indiscussa autorit. Si visto infatti che nelle Upanisad c' il germe e talora, pi che il germe, una prima formulazione di dottrine e di concetti che in seguito avranno larghissima fortuna. Vogliamo ancora accennare al caso della bhakti e del teismo con essa congiunto e alla dottrina del corpo sottile. "La bhakti, ""devozione fidente"", in una divinit pronta a soccorrere il fedele che a lei si rivolga con totale abbandono, s'affermer con la Bhagavadgita (II sec. a. C. ?) e conquister favore sempre crescente di santi e di folle nel primo millennio d. C. Il vocabolo sottintende una ""partecipazione '' dell'umano al divino: ma ci implica tanto una omosostanzialit tra i due termini, quanto un desiderio del divino a lasciarsi partecipare." "La bhakti quindi strettamente congiunta con il sorgere e l'affermarsi di divinit personali e trova le sue espressioni pi tipiche da un lato nell'amore del devoto, spinto fino all'esaltazione mistica, dall'altro nella possibilit che ha il dio di discendere sulla terra per dare aiuto e protezione dal male e dai malvagi. I presupposti di queste concezioni si trovano gi nelle Upanisad pi antiche, nelle quali l'Assoluto, il Brahman-Atman nel quale tutto finisce e dal quale tutto promana come scintilla da fuoco, si configura talvolta come esterno alle cose (K. Up., 2, 5, 9-11), come un dio da adorare (Ch. Up., 3, 14), come l'interno controllore (antaryamin), come il dio degli dei, al cui comando si muovono cielo e terra (B. Up., 3, 7; 3, 8, 9). La transizione dal monismo al teismo evidente soprattutto nella Svetasvatara Up., per la quale l'Essere Supremo Rudra-Siva, il Signore datore di benedizioni che si manifesta a chi Egli sceglie (Svet. Up., 3, 20 = Kath. Up., 1, 2, 20 = Mahanarayana Up., 202). Il vocabolo bhakti compare poi nella stessa Svet. Up., 6, 23, che non a caso stata quindi chiamata la ""porta d'ingresso dell'Induismo"". Che poi il teismo che s'affermer nel Medioevo indiano sia il prodotto e il risultato dell'affiorare alla luce della storia di culti prearii e anarii e che pure le concezioni della bhakti e della grazia divina siano una reazione del sostrato indigeno stato spesso affermato 17 e l'ipotesi in s non per nulla improbabile. In ogni modo bisogna guardarsi dall'attribuire al teismo indiano i caratteri del monoteismo giudeo-cristiano e la massima differenza che in India non esiste il concetto di creazione ex nihilo: l'Assoluto, sia esso configurato come divinit personale o come potenza impersonale, in India sempre causa efficiente e materiale dell'universo, che emana da esso e nel quale esso penetra (vedi ad es. B. Up., 1, 4, 7; Kaus.
Up., 4, 20)." Secondo una dottrina propria del sistema Samkhya ma che si ritrova, pi o meno modificata, in quasi tutte le correnti indiane, intermedio tra il corpo grossolano, che si dissolve con la morte, e l'anima, immobile e immateriale, esiste un corpo sottile (suksma sarira). Esso costituito dai cinque elementi sottili, rappresentanti la materia allo stato potenziale, impercepibile, accompagna l'anima di esistenza in esistenza fin a che non sia raggiunta la liberazione e serve come supporto quasi materiale dell'organismo psichico e della personalit, costituendo il principio della continuit attraverso le varie esistenze determinate dal karman, delle cui engrafie esso il portatore. Anche questa dottrina del corpo sottile adombrata in B. Up., 4, 4, 2, dove si dice che alla morte abbandonano il corpo non soltanto l'anima, ma anche le opere compiute, la conoscenza e le forze vitali. "Gi s' detto che con il nome di upanisad ci sono pervenute numerosissime composizioni di varia epoca: tra esse abbiamo fatto una scelta ristretta. Alcune ci sono sembrate interessanti per la forma o il contenuto, riassuntivo o esplicativo di determinate dottrine delle Upanisad vediche (Chagaleya Up., Kaivalya Up., Baskala-mantra Up., Pranagnihotra Up.); altre sono dedicate all'esaltazione di singole divinit del pantheon induista; altre infine espongono principi, metodi e pratiche del Yoga." Le cosiddette Upanisad settarie (Atharvasiras Up., Mudgala Up., Ganapati Up., Devi Up.) non sono anteriori alla seconda met del primo millennio d. C. e testimoniano la tendenza a recuperare, alla luce di concezioni nuove, il passato vedico, che viene interpretato in armonia con le esigenze proprie di determinate sette. Notevole attenzione viene rivolta in queste composizioni ai mantra, ossia alle formule magiche, che sono considerati rappresentativi delle divinit e analizzati secondo i principi d'una scienza che sempre stata curata nell'India, ma che si precisa in un sistema minuzioso nei Tantra, cio in quei testi di carattere dichiaratamente iniziatico costituenti le scritture sacre delle varie correnti religiose dell'India medievale. "Le Upanisad del Yoga comprendono una ventina di opere d'epoca indeterminata, comunque piuttosto tarda. Esse sistemano, in una veste simile a quella delle Upanisad vediche, dottrine e regole del Yoga, ossia di quel metodo d'approfondimento e di realizzazione spirituale che nell'India antichissimo, d'origine probabilmente prearia, diffuso presso tutte le correnti religiose ed ha il suo testo normativo classico nel Yogasutra di Patanjali (sec. IV d. C. ?). In queste Upanisad da vedersi un tentativo d'inserire nel contesto brahmanico, fornendo trattati che si pretendeva riallacciare alla tradizione sacra, la teoria e la pratica d'un procedimento fondamentalmente estraneo alla civilt vedica, come quello che predicava una via di salvezza individuale, mentre la societ vedica rigidamente strutturata in un insieme dove a ognuno riservata una funzione precisa. Ricordato gi nelle pi recenti delle Upanisad vediche (T. Up., 2, 4, Kath. Up., 2, 6, 11, Svet. Up., passim) e d'altra parte preannunciato da certe pratiche attestate nei Brahmana, come il silenzio rituale e la preghiera silenziosa, la meditazione, la trasformazione interiore provocata da esercizi fisici (ma non si tratterr piuttosto di concezioni tipicamente yogiche penetrate gi in ambiente vedico?), Yoga significa ""controllo"", e poi ""metodo"" per controllare le funzioni del corpo e della mente" "e raggiungere uno stato d'isolamento da tutto ci che legato con la materia. Spesso, e ci specialmente nelle Upanisad del Yoga, la liberazione identificata con la gioia e la pace che si godono nell'unione con il Signore Supremo, sia egli Siva o Visnu, e in tal modo si giustifica anche il significato di ""congiungimento, unione"" spesso assegnato al vocabolo." "Secondo le dottrine del Yoga 18 esiste una gerarchia di mondi, ai cui estremi stanno il nostro
mondo e il mondo del Brahman, al di l d'ogni definizione e d'ogni concezione. a quest'ultimo che aspirano coloro che sanno. Il traguardo da raggiungere non quindi diverso dalla meta delle Upanisad vediche o dei sistemi teisti; diverso e proprio del Yoga invece il sistema di tecniche che devono tagliare i legami che tengono prigioniera l'anima. Secondo il Yoga infatti il corpo, che reale ed anzi il mezzo della salvezza, ottenibile con la disciplina del corpo e del pensiero, strettamente congiunto con l'anima, che, estranea per natura al corpo, ne tuttavia condizionata anche se a sua volta influisce su di esso per mezzo della buddhi, ossia dell'intelligenza che riflette la sua luce sulla ragione individuale, inducendola a riconoscere la necessit della liberazione e la possibilit di trovarla nella pratica del Yoga. Ben rappresentative dei rapporti tra anima e corpo sono le frequenti similitudini che rappresentano l'anima come il passeggero che divide fino alla fine del viaggio il destino del cocchio e del cocchiere, che sono rispettivamente il corpo e la mente, oppure come l'uccello che tenuto prigioniero da un filo legato a un'ala. L'anima parte dello spirito universale, chiamato Sommo Signore, Brahman, Siva o Naryana-Visnu: particolarmente interessante la denominazione dell'anima universale come Narayana, ""colui che viene nell'uomo"", che ha il merito di rendere evidente uno degli elementi pi significativi del Yoga, ossia la presenza nel cuore dell'uomo del Signore, ci che lo lega strettamente ai movimenti devozionali ispirati alla bhakti, cos come a questi lo lega il pensiero che l'illuminazione pu avvenire, oltre che per il merito accumulato in molte esistenze anteriori, per la grazia del Signore. Caratteristica del Yoga la concezione che il distacco dalla materia e l'ascesa alla perfezione avvengono nel senso non d'una rinuncia, bens nel senso d'una sublimazione delle capacit e delle virtualit proprie dell'individuo e ci si realizza per mezzo di tecniche fisiche e psichiche minutamente articolate e fruttuose di risultati estremamente interessanti." Secondo la fisiologia del Yoga, esiste nel corpo umano una rete di 72.000 nadi o canali, attraverso le quali fluisce il prana. Questo non il respiro, o meglio non soltanto il respiro, ma una specie di energia vitale: sono citati infatti cinque prana, soffi vitali che sono probabilmente tutt'uno con i cinque elementi cosmici (terra, acqua, aria, etere, fuoco) che agiscono all'interno dell'individuo, abbandonandolo soltanto alla morte. Delle nadi tre sono pi importanti: sushumna, Ida e Pingala. La prima corre lungo la colonna vertebrale, le altre due salgono avvolgendo la prima come i serpenti del caduceo e hanno il loro sbocco nelle narici, mentre la Susumna arriva alla sommit del cranio. "Trattenendo il respiro (e la pratica di questo esercizio tipica del Yoga) si fa s che le forze vitali rimangano nel corpo e provochino il destarsi della Kundalini. Questa la forza cosmica presente in ogni uomo e giace, sotto forma di serpente arrotolato (da ci il suo nome) alla base della spina dorsale, l dove s'originano le tre pi importanti nadi. Destata, la Kundalini si rizza, diventa luminosa e sonora e, fischiando come un serpente, si eleva lungo la Susumna. Su questa sono posti, abitati da varie divinit, sette cakra, ""centri"" o meglio ostacoli, situati rispettivamente alla fine della colonna vertebrale, all'altezza dei genitali, dell'ombelico, del cuore, della gola, dell'interciglio e alla sommit della testa, nella regione della fontanella, ove s'apre il brahmarandhra, ossia ""l'apertura verso il Brahman"". Ogni cakra, che simile a una ninfea, contiene il germe di varie attivit e capacit e viene fatto sbocciare dalla Kundalini, che lo perfora continuando la sua ascesa e acquistando particolari poteri, collegati con le attivit e capacit contenute. Finalmente, superato il Brahmarandhra, la Kundalini si ricongiunge con la Sakti, ossia l'energia individualizzata nell'uomo si riunisce o si riconosce identica con l'energia cosmica, mitologicamente rappresentata dalla Gran Dea, paredra di Siva." "Tutta questa ""fisiologia mistica"", sembra voler significare che il perfezionamento deve essere graduale, che ogni virtualit latente nell'uomo deve e pu essere spinta all'estremo e poi
superata in un'ascesa continua che non ammette soste e compiacimenti, che infine il perfezionamento conseguenza del dominio del corpo e dello spirito, ottenuto con l'esercizio di pratiche fisiche e psichiche che sottintendono un'analogia o un'identit tra spirito e materia: la convinzione nell'Uno veramente la caratteristica principale della speculazione indiana. " "Il Yoga classico comprende otto ""membri"", ossia otto pratiche fondamentali che bisogna arrivare a compiere senza sforzo per giungere allo stato d'isolamento 19. Essi sono: 1) yama, ""proibizioni"": non nuocere, non mentire, non rubare, non essere lussurioso n avido; 2) niyama, ""obblighi"": purezza materiale e morale, serenit, equanimit, studio, devozione; 3) asana, ""positure"", che debbono essere ""stabili e gradevoli"", sicch il corpo non sia d'ostacolo agli esercizi successivi; 4) pranayama, ""controllo del respiro"": controllando prima e diminuendo poi, fino addirittura a sospenderlo per periodi pi o meno lunghi, il ritmo respiratorio, che strettamente collegato con gli stati di coscienza, il yogin pu ricreare le condizioni del sonno ed esperimentare cos, in piena lucidit, certi stati di coscienza ordinariamente inaccessibili, nonch giungere a dominare tutta l'attivit organica, fisica e psichica, che dipende dalla circolazione dei soffi vitali in tutto il corpo; 5) pratyahara, ""ritrazione dei sensi"", che consiste nel neutralizzare l'attivit sensoriale, sottraendola alla presa degli oggetti esteriori; 6) dharana, ""fissazione"" del pensiero su un oggetto circoscritto o un simbolo ben determinato, soprattutto la sillaba Om, con lo scopo di rallentare l'attivit mentale; 7) dhyana, ""meditazione""; 8) samadhi, ""enstasi"" o raccoglimento perfetto, quando il yogin rientra completamente in se stesso e, avendo arrestato ogni" "funzione anche mentale, raggiunge l'isolamento completo da ogni condizionamento fenomenico, un jivanmukta, ossia, pur essendo ancora in vita, gi liberato. Gli ultimi tre stadi sono distinguibili con difficolt e in fondo rappresentano soltanto gradi diversi sulla scala del perfezionamento. Il raggiungimento d'ogni successivo grado accompagnato dal possesso di forze e capacit eccezionali, quali la levitazione, sulle quali i testi si diffondono ampiamente. A dispetto della ""fisiologia mistica"" alcuni fatti osservati nei praticanti il Yoga e afferenti sia al dominio dello spirito sia al controllo delle funzioni fisiche, come la riduzione del ritmo cardiaco e lo stato di catalessi, la sopportazione di condizioni esteriori e di diete inconcepibili, sono certamente straordinari e sono degni degli studi pi attenti di medici e psicologi. I ""poteri"" o ""perfezioni"" (siddhi) sono tuttavia soltanto il segno che una nuova tappa stata raggiunta e non devono essere ricercati per se stessi in quanto il loro esercizio rivela una volont di potenza che lega al mondo ed perci il perfetto contrario dello scopo del Yoga, che vuole che il cocchio del corpo si disgreghi perch il passeggero non sia pi implicato nell'agitazione incoerente dei cavalli dei sensi e nei tentativi velleitari, maldestri o contraddittori di quel cocchiere che il pensiero. "
Note all'introduzione : 1. La Muktika Up., d'epoca medievale, enumera 108 Upanisad considerate canoniche, ma si conoscono i nomi di almeno trecento. Upanisad furono scritte in ogni tempo: esiste anche una Allh Upanisad, che si studia di conciliare Induismo e Islamismo. Anche nel secolo scorso i seguaci di Ramakrishna esposero la dottrina del loro maestro in una Ramakrishna Upanisad. "2. Sankara (ad esempio introduzione al commento di B.Up.) interpreta Upa nisad come ""testo che permette di distruggere l'errore"" ovvero ""testo che per mette di giungere al Brahman"", ma la spiegazione non regge a un serio esame eti mologico. L'interpretazione pi semplice del termine certamente quella di ""dot trina segreta"" (cfr. A. B. KEITH, The Religion and
Philosophy of the Veda and Upanishads, Cambridge, 1925, pp. 489 sgg.). Mentre H. OLDENBERG ( Die Lehre der Upanishaden und die Anfange des Buddhismus, 2a ediz., Gottingen, 1923," "pp. 137 sgg.) intende il termine come equivalente di upasana, ""venerazione"" rivolta a ci che l'essenza di tutto l'esistente, parecchi studiosi (vedi per tutti L. RENOU, L'Inde classique, t. I, Paris, 1947, p. 299 e cfr. A. MINARD, Trois enigmes sur les cent chemins, II, Paris, 1956, 925 a) intendono Upanisad come ""equivalenza, correlazione mistica"", sottolineando uno dei caratteri distintivi di questi testi, che collegano apparizioni e fatti lontani giustapponendoli e identificandoli secondo un qualsiasi motivo. Secondo P. THIEME, Upanischaden, Stuttgart, 1966, p. 83, il termine Upanisad significa "" venerazione"", ossia riconoscimento della vera natura d'una cosa, cui si giunge attraverso una serie d'identificazioni successive." "3. Mentre una volta si riteneva fuor d'ogni dubbio che le Upanisad vediche fossero precedenti alla predicazione del Buddha, la quale sarebbe stata uno sviluppo di pensieri upanisadici, ora si sottolinea la possibilit d'un'evoluzione indipendente e parallela di diversi correnti religioso-filosofiche (vedi RENOU, op. cit., 588). Del resto nessuna allusione alle Upanisad si trova nel canone buddhista (cfr. P. HORSCH, Buddhismus ,und Upanisaden, in ""PRATIDANAM"", The Hague, 1968, pp. 462-477)" 4. Vedi E. FRAUWALLNER, Geschichte der indischen Philosophie, I. Band, Salz burg, 1953, p. 47. "5. Vedi ad es. B Up, 2, 1 (= Kaus. Up, 4); 6, 2 (= Ch. Up, 5, 3 sgg.); Ch. Up., 1, 8-9; 5, 11 sgg.; Kaus. Up., 1." "6. Questo punto di vista stato sostenuto con particolare impegno da R. GARBE, Die Wersteit des Brahmanen oder des Kriegers?, in ""Beitrage zur indischen Kulturgeschichte"", Berlin, 1903, pp. 1 sgg. Contra, vedi soprattutto OLDENBERG, op at, pp. 143 sgg., e KEITH, op cit., pp. 493 sgg." 6 bis. Le Upanisad commentate da Samkara sono le seguenti: B.Up., Ch.Up., T.Up., Ait.Up., Is Up., Kena Up., K.Up., M.Up., Pr.Up., Svet.Up., M.Up. Qualche dubbio esiste per l'attribuzione del commento alla Svet.Up. "7. I commentatori indiani collegano il vocabolo brahman con la radice brh, ""essere forte, crescere, rendere forte '', e lo intendono come designazione d'una forza misteriosa, d'una sorta di fluido magico che conferisce poteri straordinari a chi lo possiede. Secondo P. THIEME, (""Z.D.M.G. "", 102 [1952], PP. 91-129 = Kleine Schriften, Wiesbaden, 1971, pp. 100-138) il significato originario della parola ""formulazione"" della verit (cfr. medio persiano brahm, forma). Poich la formulazione non esiste al di fuori del modello, fissato una volta per tutte nei Veda, brahman l'inno del Rgveda o l'incantesimo dell'Atharvaveda, anzi ogni espressione mistica e sacra. Fra le varie proposte d'interpretazione ricordiamo il collegamento con l'irlandese bricht, ""formula magica""; l'equiparazione con l'avestico baresman, ""fascio d'erbe"", proprio del mago; l'accostamento al greco flegma , che sottolinea, forse eccessivamente, il rapporto tra Brahman e luce-fuoco; la presunta vicinanza al latino flamen, che presenta per gravi difficolt sul piano linguistico. Per tutta la questione si veda: J. CHARIENTIER, Brahman, Uppsala, 1932; L. RENOU- L. SILBURN, Sur la notion de brahman, in ""J.A."", 237, 1949, pp. 7-46; J. GONDA, Notes on Brahman, Utrecht, 1950; il gi citato articolo di THIEME; M. MAYRHOFER, Etymologisches Worterbuch des Altindischen, s.v., II, 452. Da Brahman, neutro, occorre distinguere il maschile brahman, che indica il sacerdote "" medico "" del sacrificio. Brahma poi il dio in cui si personifica l'Assoluto."
"8. Cfr. G. BONFANTE, Microcosmo e macrocosmo nel mito indoeuropeo, in ""Die Sprache"", V, 1959, pp. 1-8. Da quest'ordine di idee, dall'attribuire cio ai fatti cosmici gli stessi connotati dell'esperienza terrena individuale, deriva anche il concetto della ""rimorte"" (punarmrtyu) nell'altra vita, in cui alcuni vedono una prima formulazione della dottrina del ciclo delle esistenze." 9. La dottrina del fuoco (per la quale vedi soprattutto FRAUWALLNER, op. cit., pp. 60 sgg.) esposta nella sua forma finale e pi completa nel terzo e nel quarto libro della B.Up Protagonista dei vari dialoghi che sono riferiti nei libri Yajna valkya, il quale, sostenitore d'una dottrina sostanzialmente idealistica, vien rappre sentato come avido di ricchezze e di onori: e ci per deliberato proposito, come ha acutamente notato il THIEME (Upanischaden, p. 85), per evitare l'impressione che la dottrina apparisca il frutto d'un entusiasmo misticamente staccato da ogni con cretezza. "10. Mentre nella B.Up. s'ammettono tre stati dell'Atman (veglia, sonno con sogni, sonno profondo senza sogni) in seguito (Ma. Up., 7) s'ipotizzer un ""quar to "" stato (caturtha o turrya), che al di l del sonno profondo e nel quale l'espe rienza dell'unit assoluta cosciente. Il ""quarto "" completamente staccato da ogni contatto con ci che umano, trova la sua corrispondenza nell'indistinta riso nanza nasale che permane dopo la pronuncia della lettera finale della sillaba Om e a noi sembra immaginato per assolutizzare, senza possibilit di ritorno, lo stato di distacco proprio del sonno profondo, salvando nel contempo la coscienza, che l'esperienza assicura essere la parte essenziale e pi vera dell'esistenza. Uno stato simile al sonno quindi considerato l'ultima, verissima realt, ma a questa conce zione si giunge indagando sul sonno come immagine della morte, non esaltandolo perch si vuole comunque uscire dalla vita, come sembra affermare R. C. ZAEHNER, Hindu Scriptures, p. X." 10 bis. Cos Anquetil Duperron tradusse il versetto 3, 2, 9 della M.Up. e lo prepose come motto all'Oupnek'hat, in esso ravvisando la quintessenza della mistica upanisadica.
"11. Cfr. il mio articolo, citato in Bibliografia, ""Di alcune caratteristiche delle Upanisad pi antiche ""." "12. Ad es. Ch.Up., 3, 14, 1 e forse Pr.Up., 3,10. La concezione perdura ancora nella Bhagavadgita, 8, 5 e nel canone buddhista (Majjhimanikaya, 120). Cfr. FR. EDGERTON, The hour of death, in "" A.B.O.R.I. "", VIII, 1927, pp. 219-249." 13. Cfr. su questo argomento soprattutto H. V. GLASENAPP, Le religioni dell'India, Torino, 1963, pp. 98 sgg. Vedi anche P. HORSCH, Vorstufen der indischen Seelenwanderungslehre, in Asiatische Studien , XXV, 1971, pp. 99-157. 13 bis. Per la dottrina della jivanmukti vedi specialmente gli articoli di J. F. SPROCKHOFF, citati in Bibliografia. 14. Secondo i commentatori indigeni, colui che conosce agisce naturalmente in modo morale. probabile che questo pensiero si basi (o si rafforzi) sull'antica convinzione che si diventa ci che si conosce, quindi conoscendo l'Assoluto, che perfezione, si diventa perfetti.
"15. Vedi ad es. B.Up., 6, 1; Ch.Up., 5, 1; Kaus.Up., 2, 13. In B.Up., 1, 3 e Ch.Up., 1, 2 il racconto deformato da un intervento sacerdotale." 16. Vedi L. RENOU, La valeur du silence dans le culte vdique, In ( J.A.O.S. ), 69, 1949, PP. 11-18. "17. Cfr. da ultimo R. N. DANDEKAR, in ""Historia Religionum"", vol. II, Leiden, pp. 289 sgg." "18. Per le dottrine del Yoga e le Upanisad relative cfr. M. ELIADE, Techniques du Yoga, Paris, 1948 (trad. italiana: Tecniche dello Yoga, Torino, 1952, ristampa, 1967); dello stesso, Patanjali et le Yoga, Paris, 1962; J. VARENNE, Upanishads du Yoga, Paris, 1971." "19. Si distinguono varie forme di Yoga: Mantrayoga, Layayoga, Hathayoga, Rajayoga. Il primo si preoccupa del retto uso delle formule sacre e delle giaculatorie. Il secondo si propone la ""dissoluzione "" del pensiero nello spirito universale e specialmente tratta del risveglio della Kundalini. Il terzo predica gli ""sforzi violenti"", ossia le severe discipline dei movimenti e del respiro, come indispensabile premessa degli esercizi di meditazione. Il Rajayoga infine la sintesi suprema delle varie pratiche." NOTA BIBLIOGRAFICA Opere EDIZIONI. Le Upanisad sono state pubblicate assai di frequente in India, ora in sillogi ora isolatamente, sia nel solo testo sanscrito sia accompagnate da traduzioni in inglese o in lingue indiane moderne. Alcune edizioni sono degne di particolare menzione. "Nella Bibliotheca Indica, Calcutta, si trovano le prime tredici Up. qui tradotte, edite a cura di E. ROER (B. Up., Ch. Up., T. Up., Ait. Up., Svet. Up., Isa Up., Kena Up., K. Up., Pr. Up., M. Up, Ma. Up.: 4 voll. in 5 tomi, 1849-50) e di E. B. COWELL (Kaus. Up., 1861 [ristampa ""Chowkhamba Sankrit Series"", 64, Benares, 1968]; Maitri Up., 1870)." "Nelle ""Anandasrama Sanskrit Series"", Poona, le Up. sono state edite, accompagnate da vari commentari, in diversi volumi. Qui di seguito citiamo il numero del volume e la data dell'edizione da noi consultata." B. Up., 15, 1932 (5a ediz.) Ch. Up., 14, 1934 (5a ediz. ) T. Up., 12, 1929 (5a ediz.). Ait. Up., 11, 1931 (5 ediz.). Kaus. Up., 29, 1925 (2a ediz.). Kena Up., 6, 1934 (6a ediz.). ISA UP., 5, 1934 (6a ediz.). K. Up., 7, 1935 (7a ediz.) M. Up., 9, 1935 (6a ediz.). Pr. Up., 8, 1932 (5a ediz.). Svet. Up., 17, 1890. Ma. Up., 10, 1936 (6a ediz.). In 1, 1919 (3a ediz.) si trova la Ganapati Up. In 29, 1925 si trovano anche la kaivalya Up., la Pranagnihotra Up., l'Atharvasiras Up. e le Up. del Yoga qui tradotte. Altre edizioni di Up. vediche
si trovano nei "voll. 13,16, 31, 62, 63, 64, 76, 79, 106. Per le altre Up. vedi qui al sottotitolo ""La presente edizione""." "Assai pratiche sono le edizioni di W. L. SHSTRI PANSIKAR, One hundred and eight Upanishads, Bombay, 1895 (4a ediz., 1932) e di S. RADHAKRISHNAN (The Principal Upanisads, ed. with... Translation by S. R., London, 1953; ristampa, 1968)." Tra il 1920 e il 1929 alla Adyar Library, Madras, sono stati pubblicati a cura di A. MAHDEVA SSTRI 5 voll. di Up. minori, tra le quali le Upanisad settarie e del Yoga. In parte i volumi sono stati riediti negli anni intorno al 1950. Ancora della Adyar Library l'edizione di Unpublished Upanisads, a cura di C. KUNHAN RAJA, Madras, 1933. "Si ricordino ancora le edizioni della B. Up. di O. BOHTLINGK (recensione Madhyamdina, St. Petersburg, 1889) e di E. SENART (Paris, 1934; 2a ediz. 1967) e della Ch. Up., sempre di BOHTLINGK (Leipzig, 1889) e di SENART (Paris, 1930)." "Infine sotto la direzione di L. RENOU (Paris, Maisonneuve, 1943 e sgg.) sono state pubblicate in volumetti separati (finora 20) tutte le Up. vediche, con esclusione della B. Up., della Ch. Up. e della Mn. Up., e alcune altre Up. minori. Il testo pubblicato riprodotto dall'edizione delle ""A.S. S."", ovvero da One hundred and eight Up. Ogni volumetto contiene inoltre la traduzione in francese e dotte note." La presente edizione Per facilitare al lettore eventuali confronti e controlli, ho scelto come base della traduzione, l dove esistevano, edizioni Curate da studiosi europei o stampate in Europa e pertanto agevolmente reperibili. Ho naturalmente consultato altre edizioni indiane, soprattutto la raccolta One hundred and eight Upanishads, a cura di W. L. SHSTRI PANSIKAR, 4a ediz., Bombay, 1932. Per ogni Upanisad ho citato le traduzioni singole, ove siano sembrate degne di menzione, rimandando a pi sopra per quanto riguarda le raccolte o le antologie. "BRHADRANYAKA UP. - Ho seguito il testo messo a fronte della traduzione francese di EM. SENART, Paris, 1934; 2a ediz., 1967, che sostanzialmente quello della recensione Kanva." "In 2, 4, 10 (= 4, 5, 11) ho tuttavia distinto tra nihsvasitam, ""emanato"", e nisvasitani, ""penetrate"", mentre le varie recensioni unificano le forme, rispettivamente nihsvasitam, nihsvasitani la Madhyamdina, nisvasitam, nisvasitani la Kanva (cfr. P. THIEME, Upanischaden, op. cit., p. 74)." In 4, 4, 2 ho letto savijnano bhavati sa, vijnanam evanvavakramati, in luogo di sa-vijnano bhavati, sa-vijnanam evanvavakramati. Oltre alle traduzioni, complete o parziali, pi sopra citate. si vedano le traduzioni di O.
BOHTLINGK St. Petersburg, 1889, e di F. BELLONI FILIPPI, Due Upanisad: la dottrina arcana del bianco e del nero Yajurveda, Lanciano, 1912 (contiene la trad. di B. Up. e K. Up.). CHANDOGYA UP. - Ho seguito il testo messo a fronte della traduzione francese di EM. SENART, Paris, 1930. In alcuni punti mi sono per discostato dal testo del SENART, ritornando per lo pi alle lezioni tradite. In 2, 22, 5 ho letto lesenanabhinihita, in luogo di lesenabhinihita. In 4, 1, 1 ho letto sraddhadeyo in luogo di sraddhadevo. In 4, 1, 5 ho letto angare ha sayugvanam, in luogo di angare mam sayugvanam. In 4, 17, 9 ho letto asvabhiraksati, in luogo di... abhiraksati. In 5, 9, 1 ho letto dasa va nava va masan in luogo di dasa va masan. "In 5, 9, 2 ho letto tam pretam distam itam, in luogo di tam pretam distam ito (cfr. H. OERTEL, Zu Ch. Up., 5, 9, 2, in ""K. Z."", 68, 1944, pp 58-61)." In 8, 6, 5 propongo di leggere sa Om-iti-vaho dyam iyate, in luogo del tradito sa Om iti vas hodva miyate (SENART, seguendo DEUSSEN, legge: sa Om iti va hordhvam iyate). "In 8, 15 ho conservato la lezione tradizionale karmatisesena, ""nel tempo libero dal lavoro"", in luogo di karma krtva proposto dal SENART." Ottimi sono la traduzione e il commento di V. PAPESSO, Bologna, 1937. Vedi ancora la traduzione di BOHTLINGK, Leipzig, 1889, e inoltre: "R. HAUSCHILD, Die Samvarga-vidya (Ch. Up., 4, 1-3), in ""Mlanges d'Indianisme a la mmoire de L. Renou"", Paris, 1968, pp. 337-365; FR. R. HAMU, Ch. Up. VI. Ein erneuter Versuch, in ""Beitrage zur Geistesgeschichte Indiens, Festschrift f. E. Frauwallner"", Wien, 1968, pp. 149-159 ""W. Z. K. S. O."", XII-XIII)." "TAITTIRIYA UP. - Ho seguito il testo edito in calce alla sua traduzione da EM. LESIMPLE (""Les Upanishad. Texte et traduction sous la direction de L. Renou"", IX, Paris, 1948). Esso la riproduzione, come" "quasi sempre in tutta la collezione, dell'edizione di ""A.S.S."", 12, 1929." In 1, 4, 1 nendro errore di stampa per mendro. In 3, 10, 4 bhatrvyah errore di stampa per bhratrvyah. "AITAREYA UP. - Ho seguito il testo edito in calce alla sua traduzione da L. SILBURN (""Les Upanishad"", X, Paris, 1950). In 1, 3, 13 ho inteso brahmatatama come apologia di brahmatatatama, come gi Sankara nel suo commento." "Kausitaki UP. - Ho seguito l'edizione critica di A. FRENZ (""Indo-Iranian Journal"", XI, 1969, pp. 79-129)."
In 1, 7, al fondo, jayativ tam yastim un evidente errore di stampa per jayati tam vyastim. "Traduzioni: L. RENOU, ""Les Upanishad"", VI, Paris, 1948; A. FRENZ, op. cit." "KENA UP. - Ho seguito il testo edito da L. RENOU in calce alla sua traduzione (""Les Upanishad"", III, Paris, 1943)." In 2, 1 e 4, 1 ho mantenuto le lezioni trdite, rispettivamente viditam e mahiyadhvam in luogo delle congetture proposte da RENOU, 'viditam e 'mahiyadhvam. In 4, 9 ho invece accettato la proposta (gi di M. MULLER) 'jyeye in luogo di jyeye. "ISA UP. - Ho seguito la recensione Kanva, come fanno quasi tutti i traduttori (One hundred and eight Upanishads, p. I). L. RENOU (""Les Upanishad"", I, Paris, 1943) segue invece e pubblica la recensione Madhyamdina." "Per l'interpretazione della Isa Up. vedi soprattutto P. THIEME, in ""J.A.O.S"", 85, 1965, pp. 89 sgg. (=Kleine Scriften, Wiesbaden, 1971), e Upanischaden, op. cit., pp. 77 sgg." Una traduzione di J. VARENNE si trova in: Le Veda, op. cit., p. 426. "KATHA UP. - Ho seguito il testo riportato da L. RENOU in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", II, Paris, 1943)." Esso sostanzialmente riproduce l'edizione curata da O. BOHTLINGR e stampata nella sua sanskrit Chresthematie, 3a ediz., 1909 (ristampa, 1967) "In 6, 4 ho per letto sargesu, ""fra le creature"", secondo il testo trdito, in luogo di suargesu (BOHTLINGK-RENOU) o sarvesu (GELDNER): cfr. FR. WELLER, op. cit. qui sotto, p. 178; EDGERTON, The beginnings etc., op. cit., p. 191, n. 4." "Studio fondamentale per la K. Up., l'opera di FR. WELLER, Versuch einer Kritik der K. Up., Berlin, 1953, nella quale sono tra l'altro riportate in buona parte le principali traduzioni esistenti, tra cui si ricordino quelle di GELDNER, op. cit. e di J. CHARPENTIER, in ""Indian Antiquary"", 57, 1928, pp. 201 sgg., e 58, 1929, pp. 1 sgg., oltre a quella, pi recente, di EDGERTON e a quella, recentissima, di W. RAU (""Asiatische Studien"", XXV, 1971, pp. 158-174). Vedi anche la traduzione italiana di F. BELLONI-FILIPPI citata sotto B. Up." "Mundaka UP. - Ho seguito l'edizione del testo data da J. MAURY in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", IV, Paris, 1943)." "Esiste pure una edizione critica di JOH. HERTEL, Leipzig, 1924 (= ""Indo-Iranische Quelle und Forschungen"", Heft III), seguita da W. RAU nella sua versione (""Asiatische Studien"", XVIII-XIX," 1965, pp. 216-226). "In 3, 2, 1 ho letto 'sukram, ""impurit"", in luogo di sukram (cfr. HILLEBRANDT, Aus Brahmanas und Upanisaden, op. cit., p. 177, n. 197)" In 3, 1, 4 e in 3, 2, 10 sono caduti due bindu.
"PRASNA UP. - Ho seguito il testo edito da J. BOUSQUET in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", VIII, Paris, 1948). In esso ho rilevato alcuni errori di stampa." In 1, 12 si legga istim kurvanti in luogo di ista kurvanti. In 2, 4 si legga utkramaty in luogo di utatkramaty. In 3, 3 si legga manokrtena in luogo di manaukrtena. "SVETASVATARA UP. - Ho seguito l'edizione di R. HAUSCHILD (""Abhandlungen f. d. Kunde d. Morgenlandes"", XVII, 3, Leipzig, 1927; ristampa: 1966) e ho altres tenuto conto delle correzioni di E. H. JOHNSTON (Some Samkhya and Yoga conceptions of the Svet. Up., in ""J. R. A. S."", 1930, pp. 854-879) e di W. RAU (Versuch einer deutschen Ubersetzung der Svet. Up., in ""Asiatische Studien"", XVII, 1964, pp. 25-46). In alcuni punti mi sono per discostato da RAU." In 1, la leggo jivamah... sampratisthah, in luogo di jivama sapratisthah. In 2, 2c leggo saktya, secondo il testo trdito, in luogo di saktiyai. In 2, 6b leggo abhiyujyate, in luogo di abhivyajyate o abhivyanyate. In 3, 2 ho tradotto secondo il testo trdito: eko hi rudro na daitiyya tasthur ya imaml lokan isata isanibih /pratyan janams tisthati samcukopantakle samsrjya visva bhuvanani gopah. In 4, 1C ho tradotto secondo il testo tradizionale: vi caiti cante visvam adau. In 4, 7a leggo nimagno, in luogo del congetturale 'valagno. In 4, 12C leggo pasyata, in luogo di pasyati. In 5, 2c leggo rsim prasutam, secondo il testo trdito, in luogo di rsiprasutam. In 5, 6b leggo tad brahma, in luogo della proposta tad brahmana. L'edizione di HAUSCHILD accompagnata da una traduzione. Vedi ancora: "O. SCHRADER, in Hinduismus, ""Religionsgeschichtliches Lesebuch"", Heft, 14, Tubingen, 1930; J. W. HAUER, Ein monothalstischer Tractat Altindiens (Svet. Up.), Gotha, 1931; A. SILBURN, ""Les Upanishad"", VII, Paris, 1948." "Mandukya UP. - Ho seguito il testo come edito da EM. LESIMPLE in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", V, 1944) escludendo la Karika di Gaudapada." Maitrayaniya UP. - Ho tradotto secondo il testo ricostruito da J. A. B. VAN BUITENEN, The Maitrayaniya Up., 'S-Gravenhage, 1962, pp. 63-67. Tra parentesi ho indicato il numero corrispondente ai capitoli e ai paragrafi della Vulgata. Mi sono discostato dal v. BUITENEN in alcuni passi. In (6, 2), mi sembra per errore materiale, caduta la frase: idam vava tat puskaram yo 'yam akasah. asyemas catasro disas catasra upadiso dalasamsthah. asam arvag vicarata etau pranadityau. et upasitom ity etad aksarena vyhrtibhih savitrya ca. "In (6, 35) leggo amsudharaya, ""lampada"", in luogo di amsadharaya (errore di stampa?). In (6,
37) propongo di leggere, in luogo del congetturale anbhu o del trdito annabahum, annabahur, intendendolo come epiteto della vena." In (7, 6) il sesto gruppo mi sembra che debba conservarsi per ragioni di geometria di composizione. "La Vulgata si trova tradotta nelle raccolte di M. MULLER, DEUSSEN, HUME, RADHAKRISHNAN, FILIPPANI-RONCONI; vedi inoltre A. M. ESNOUL (""Les Upanishad"", XV, Paris, 1952) e il citato lavoro di VAN BUITENEN." Mahanarayana UP. - Ho seguito l'edizione di J. VARENNE, La Maha Naryana Upanisad, 2 tomi, Paris, 1960, e ho adottato altres la numerazione da lui proposta. Alla str. 351 ho per letto: yas te soma prajavatso 'bhi so 'ham (il VARENNE congettura invece prajavatso 'si). Traduzioni: parziale di DEUSSEN, completa di VARENNE. "CHAGALEYA UP. - Ho seguito il testo restituito da N. TSUJI, ""Studies in honour of prof. Ui"", Tokyo, 1951, riprodotto da L. RENOU in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XVII, Paris, 1959)." DEUSSEN la tradusse dall'Oupnek'hat di ANQUETIL DUPERRON. "KAIVALYA UP. - Ho seguito l'edizione di One hundred and eight Upanishads, op. cit., pp. 128 sg., riprodotta da B. TUBINI in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XIII, Paris, 1952)." Alla str. 24 si legga bhavaty atyasrami, in luogo di bhavatv ityasrami (errore di stampa). Trad.: DEUSSEN, HILLEBRANDT, RADHAKRISHNAN, TUBINI. "BSKALA-MANTRA UP. - Ho seguito l'edizione di F. O. SCHRADER, Unpublished Upanishads, Adyar, 1933, pp. 37 sgg., riprodotta anche da L. RENOU in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XVI, Paris, 1956)." DEUSSEN la tradusse dall'Oupnek'hat di ANQUETIL DUPERRON. PRANAGNIHOTRA UP. - Ho seguito l'edizione curata da J. VARENNE, in appendice alla sua Maha Narayana Up., Tomo II, pp. 95-114. Traduzioni: DEUSSEN e VARENNE. "ATHARVASIRAS UP. - Ho seguito il testo di One hundred and eight Upanishads, op. Cit., pp. 154 sgg., riprodotto anche da B. TUBINI in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XI, Paris, 1952)." Nei seguenti luoghi ho per tradotto secondo le lezioni qui proposte: cap. III, nella citazione di R. V., 8, 48, 3: amrta in luogo di amrtam.
"cap. V: munayo 'vag, in luogo di munayo vag (cfr. l'edizione di ""A. S. S."", 29, p. 16)." cap. VI: dhartra in luogo di dharta. Traduzioni: DEUSSEN, TUBINI. MUDGALA UP. - Ho seguito l'edizione di One hundred and eight Upanishads, op. Cit., pp. 351 sgg. "Traduzioni: J. GONDA, in ""Beitrage zur Geistesgeschichte Indiens, Festschrift f. E. Frauwallner"", pp. 101-113." "GANAPATI UP. - Ho seguito l'edizione data da J. VARENNE in appendice alla sua traduzione ""Les Upanishad"", XVIII, Paris, 1965)." DEVI UP. - Ho seguito l'edizione di M. D. SHASTRI, Sakta Upanisad, "Madras, 1950, pp. 53 Sgg., tenendo presenti l'edizione di One hundred etc. e le osservazioni di J. VARENNE nella sua recentissima traduzione (""Les Upanishad"", XIX, Paris, 1971)." "YOGATATTVA UP. - Ho seguito l'edizione di ""A. S. S."", 29, 1925," pp. 517 sgg., con il commento di Narayana. "In 1, 5 ho letto sritva, ""essendo passato attraverso"", in luogo di srutva (cfr. anche DEUSSEN, p. 670, n. 4)." Traduzioni: DEUSSEN, J. VARENNE, Upanishads du Yoga, Paris, 1971, che segue per altra recensione, assai ampliata. "KSURIKA UP. - Ho seguito l'edizione di ""A. S. S."", 29, pp. 185 sgg." Alla str. 5 leggo gatapranah in luogo di gatah pranah (cfr. One hundred and eight etc., Op. Cit., p. 213). Alla str. 10 propongo di leggere marma yad, in luogo di mamrjya. Alla str. 11 leggo marma janghanukirtanam, in luogo di marmajangha. Alla str. 12 leggo urvor madhye, in luogo di uror madhye e marma pranavimocanam, in luogo di marmaprana. Alla str. 13 leggo samuhan, in luogo di samuham (cfr. One hundred and eight etc.). Traduzioni: DEUSSEN, VARENNE. BRAHMABINDU UP. - Ho seguito l'edizione di One hundred and eight Upanishads, Op. cit., pp. 127 sg., riprodotta anche da B. TUBINI "in appendice alla sua traduzione ""Les Upanishad"", XII, Paris, 1952)." Traduzioni: DEUSSEN, HILLEBRANDT, TUBINI, VARENNE. "HAMSA UP. - Ho seguito l'edizione di ""A. S. S."", 29, pp. 633 sgg." Traduzioni: DEUSSEN, VARENNE.
ABBREVIAZIONI A.B.O.R.I. Annals of the Bhandarkar Oriental Institute, Poona. A.G.I. Archivio Glottologico Italiano. A.I.O.N. Annali Istituto Orientale di Napoli. A. S. S. Anandsrama Sanskrit Series, Poona. A. V. Atharvaveda. Ait. up. Aitareya Upanisad. B.Up. Brhadaranyaka Upanisad. Ch. Up. Chandogya Upanisad. J. A. Journal Asiatique. J. A. O. S. Journal of the American Oriental Society. J.R.A.S. Journal of the Royal Asiatic Society. K.Up. Katha Upanisad. Kaus. Up. Kausitaki Upanisad. K.Z. Zeitschrift zur vergleichende Sprachforschung und Zeitschrift fur Kuhn. M. Up. o Mund. Up. Mundaka Upanisad. Ma. Up. Mandukya Upanisad. Mn. Up. Mahanarayana Upanisad. Pr. Up. Prasna Upanisad. R. V. Rgveda. S. V. Samaveda. Svet. Up. Svetasvatara Upanisad. T. Up. Taittiriya Upanisad. W.Z.K.S.O. Wiener Zeitschrift fur die Kunde Sud - und Ostasiens un Archiv fur indische Philosophie.
Y.V. Yajurveda. Z.D.M.G. Zeitschrift der Deutschen Morgenlandischen Gesellschaft. Z.f.B. Zeitschrift fur Buddhismus. Z.I.I. Zeitschrift fur Indologie und Iranistik. UPANISAD VEDICHE BRHADARANYAKA UPANISAD "La Brhadaranyaka upanisad, ""L'Upanisad del grande libro silvestre"", appartiene all'ultimo libro dello Satapatha Brahmana, che il testo che raccoglie spiegazioni e commenti relativi alle formule del Yajurveda bianco recitate dall'adhvaryu o prete sacrificatore. Lo Satapatha Br. termina con un Aranyaka, questo a sua volta si conclude con l'Up. in questione, cui segue la Isa Up. La B.Up. esiste in due recensioni, corrispondenti alle due scuole dei Kanva e dei Madhyandina; qui viene tradotta la recensione Kanva, che pur quella seguita da Sankara nel suo commento e che si rivela in certi passi sicuramente fonte dell'altra. Ragioni soprattutto linguistiche inducono a ritenere che la B.Up. sia la pi antica delle Upanisad vediche, anteriore per certi aspetti anche alla Chandogya Up., che le assai vicina per celebrit, ampiezza e contenuto; ma non escluso che in singoli casi (ad es. nell'ordinamento del sesto adhyaya) la B.Up. si riveli seriore." "La B. Up. consiste di sei adhyaya o ""letture"", che sono raggruppate a due a due in tre sezioni, che dovettero esistere dapprima autonome: ognuna infatti conclusa da una lista dei maestri che si tramandarono la dottrina, e gli stessi argomenti, ripetuti talvolta verbatim, ricorrono in diverse sezioni. La prima sezione, Madhukanda, ""Sezione del miele"", comprende il primo e il secondo adhyaya, prende il nome dal penultimo capitolo del secondo adhyaya e s'occupa dapprima di questioni relative al rituale e di riflessioni cosmogoniche, per poi passare a considerazioni pi propriamente metafisiche e all'esposizione della dottrina dell'identit fra anima individuale e anima cosmica. La seconda sezione, Yajnavalkiyakanda, comprende il terzo e il quarto adhyaya, nei quali Yajnavalkya il principale interlocutore, e offre per cos dire la giustificazione quasi filosofica della dottrina dell'identit fra Atman e Brahman. Infine la terza sezione, Khilakanda, ""Sezione aggiuntiva"", raduna dottrine, meditazioni, preghiere che parve opportuno raccogliere perch non mancassero nel manuale della scuola." PRIMO ADHYAYA 1 PRIMO BRAHMANA 1. Om! In verit la testa del cavallo sacrificale l'aurora l'occhio il sole, il respiro il vento, la bocca spalancata il fuoco universale, il corpo l'anno. Il dorso del cavallo sacrificale il cielo, il ventre l'atmosfera, l'inguine la terra, i fianchi sono i punti cardinali, i lombi sono i punti intermedi, le membra sono le stagioni, le articolazioni sono i mesi e le quindicine, i piedi sono i giorni e le notti, le ossa sono le costellazioni, le carni sono le nubi. Il cibo che si trova nello stomaco la sabbia, gli intestini sono i fiumi, il fegato e i polmoni sono le montagne, i peli sono le erbe e gli alberi, la parte anteriore il sole oriente, la parte posteriore il sole all'occaso. Quando spalanca la bocca si ha il lampo, quando s'agita si ha il tuono, quando orina piove, il suo nitrito la parola 2.
"2. Il giorno sorse dopo il cavallo come il mahiman situato davanti; il suo luogo d'origine nell'oceano orientale. La notte sorse dopo il cavallo come il mahiman situato posteriormente; il suo luogo d'origine nell'oceano occidentale. L'uno e l'altro sono sorti come mahiman ai due lati [del cavallo]. Come haya (destriero) la cavalcatura degli dei, come vjin (stallone) la cavalcatura dei gandharva, come arvan (corsiero) la cavalcatura dei demoni, come asva (cavallo) la cavalcatura degli uomini. L'oceano a lui legato con vincoli di parentela, l'oceano il suo luogo d'origine." SECONDO BRAHMANA 3 "1. Quaggi al principio non c'era che il nulla. Tutto era avvolto dalla morte (Mrtyu) o dalla fame, perch la fame la morte. [Mrtyu] cre la mente, pensando: ""Possa io avere un corpo!"". E, cantando inni d'adorazione, si mosse. Mentre cantava, sorsero le acque. Allora egli disse: ""Mentre cantavo (arc), si prodotta l'acqua (ka)!"". Ecco come s'origin l'arka 4 e perch ebbe questo nome. E in verit felicit (ka) tocca a colui che conosce come s'origin l'arka e perch ebbe questo nome." 2. L'arka in verit l'acqua. La schiuma delle acque poi si rapprese e fu la terra. Su di essa Mrtyu s'affatic. Mentre s'affaticava e si riscaldava, l'essenza del suo splendore si trasform in fuoco. 3. Egli si divise in tre parti: [il fuoco,] il sole, il vento. Egli lo spirito vitale, che triplice. La testa la plaga orientale, poi ci son le due braccia (i due punti intermedi, scirocco e greco). La coda la plaga occidentale, poi ci sono i due femori (i due altri punti intermedi, libeccio e maestro). I fianchi sono il Sud e il Nord, il cielo il dorso, il ventre l'atmosfera, il petto la terra 5. Egli sta saldo sulle acque. Chi cos conosce sta saldo dovunque vada. 4. Egli desider che da lui nascesse un secondo s. Quindi Mrtyu, che la fame, s'un per mezzo della mente con la parola [del Veda] 6. Lo sperma divenne l'anno: prima infatti l'anno non esisteva. Egli lo tenne entro di s per lo spazio di un anno e dopo questo tempo lo mise alla luce. Appena quello fu nato, Egli apr la bocca per inghiottirlo. Quegli fece bhan e cos sorse il linguaggio 6 bis. "5. Egli pens: ""Se lo uccider, far un ben misero pasto"". Allora dalla parola e da se stesso egli produsse tutto questo [universo] che esiste, il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, i metri degli inni, i sacrifici, gli uomini, gli animali'. E tutto ci che generava incominci a divorarlo. Poich tutto divora (ad), per questo Aditi (l'infinit) ha il suo nome. Di ogni cosa si ciba, tutto cibo per colui che sa per quale ragione Aditi cos chiamata 8." 6. Egli concep il desiderio di compiere di nuovo un sacrificio pi solenne. S'affatic, pratic la penitenza. Quando si fu affaticato e riscaldato, gloria ed energia uscirono fuori. Gloria ed energia sono gli spiriti vitali. Fuggiti da lui gli spiriti vitali, il corpo cominci a gonfiarsi: ma nel corpo era rimasta la mente 9. "7. Egli concep questo desiderio: ""Diventi il mio corpo adatto al sacrificio. Possa io per mezzo suo avere un altro me stesso"". Allora divent cavallo. Ci che s'era gonfiato (asvat), divenne adatto al sacrificio (medhya). Questa la ragione per la quale il sacrificio del cavallo si chiama asvamedha. In verit conosce davvero l'asvamedha colui che lo conosce in tal modo."
"Mentre lasciava libero il cavallo, si sprofond nella meditazione. Dopo un anno sacrific il cavallo a se medesimo e offerse agli dei gli [altri] animali. Per questo la vittima si offre a Prajapati, [anche se] appartiene a tutti gli dei. Quel [sole] che lass arde l'asvamedha; l'anno il suo corpo. Il fuoco terrestre l'arka e i mondi sono i suoi corpi. Esistono l'aria e l'asvamedha, ma poi c' una sola divinit ed la Morte. [Chi cos conosce,] trionfa della seconda morte 10, la morte non pu coglierlo, la morte diventa parte di lui, ed egli diventa una di queste divinit." TERZO BRAHMANA 11 1. Duplice fu la discendenza di Prajapati, gli dei e i demoni. Di questi pi giovani erano gli dei, pi antichi i demoni. Tra essi nacque contesa per i mondi. Gli dei dissero: Ors! superiamo i demoni cantando l'udgitha durante il sacrificio!. "2. Alla parola essi dissero: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose la parola e cant per loro l'udgitha. Con il canto essa procur agli dei il piacere che c' nella parola; quanto nella parola c' di buono, lo [procur] a se stessa. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si dice qualcosa di sgradevole: questo il male." "3. Allora dissero all'odorato: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose l'odorato e cant per loro l'udgitha. Con il canto esso procur agli dei il piacere che c' nell'odorare; quanto nell'odorare c' di buono, lo [procur] a se stesso. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si odora qualcosa di sgradevole: questo il male." "4. Allora dissero alla vista: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose la vista e cant per loro l'udgitha. Con il canto essa procur agli dei il piacere che c' nel vedere; quanto nel vedere c' di buono, lo [procur] a se stessa. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si vede qualcosa di sgradevole: questo il male." "5. Allora dissero all'udito: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene "", rispose l'udito e cant per loro l'udgitha. Con il canto esso procur agli dei il piacere che c' nell'udire; quanto nell'udire c' di buono, lo [procur] a se stesso. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si ascolta qualcosa di sgradevole: questo il male." "6. Allora dissero alla mente: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose la mente e cant per loro l'udgitha. Con il canto essa procur agli dei il piacere che c' nel pensare; quanto nel pensare c' di buono, lo [procur] a se stessa. [I" demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si pensano cose sgradevoli: questo il male. Cos invero i demoni attaccarono con i mali le divinit (i sensi) 12, le colpirono con i mali. "7. Allora dissero al respiro che sta nella bocca: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene "", rispose il respiro e cant per loro l'udgitha. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e tentarono di colpirlo con il male. [Ma] come una
zolla colpendo una roccia si dissolve, cos dissolvendosi in ogni dove i demoni scomparvero. E cos rimasero gli dei; i demoni furono distrutti. Colui che questo sa, prospera seco stesso; ma il rivale che lo odia va in rovina." "8. Gli dei dissero: ""Dove mai colui che s' dimostrato cos attaccato a noi?"". Egli (ayam) dentro la bocca (asya): perci si chiama Ayasya e si chiama pure Angirasa perch l'essenza [vivificante] delle membra (anganam rasa) 13." 9. Questa divinit si chiama Dur. Lontano (duram) da essa infatti si trova la morte. E lontana sta la morte da colui che cos conosce. 10. Questa divinit, avendo allontanato dalle altre divinit quel male che la morte, [lo] fece allora andare alla fine dei mondi. L depose i loro mali. Perci non bisogna recarsi presso popoli stranieri, non bisogna andare in capo al mondo, perch non si corra dietro alla morte, al male. 11. Dopo che ebbe allontanato la morte, il male dalle altre divinit, questo dio le fece poi passare al di l della morte. 12. Per prima fece passare la parola. Questa, quando fu liberata dalla morte, divent il fuoco, il fuoco che risplende, avendo oltrepassato il limite della morte. 13. Poi fece passare l'odorato. Quando fu liberato dalla morte, esso divent il vento, il vento che purifica, avendo oltrepassato il limite della morte. 14. In seguito fece passare la vista. Quando fu liberata dalla morte, la vista divent il sole, il sole che riscalda, avendo oltrepassato il limite della morte. 15. Poi fece passare l'udito. Quando fu liberato dalla morte, l'udito si mut nelle regioni celesti, i punti cardinali, che hanno oltrepassato il limite della morte. 16. Poi fece passare la mente. Quando fu liberata dalla morte, la mente divent la luna, la luna che riluce avendo oltrepassato il limite della morte. Similmente questo dio fa passare al di l della morte colui che cos conosce. 17. Quindi [il respiro vitale] procur a se stesso mediante il canto il nutrimento. Qualunque cibo si mangi, lui (lo spirito vitale) che lo mangia e in esso trova il suo sostegno 14. "18. Gli dei (i sensi e i loro corrispondenti cosmici) dissero: ""Mediante il canto tu ti sei procurato tutto quanto cibo. Di questo cibo ora rendici partecipi!"". ""Entrate dunque in me!"". ""Bene"", dissero e da ogni parte in lui penetrarono. Perci anche le altre divinit sono soddisfatte del cibo che esso soltanto mangia. Del pari i suoi si riconoscono una sola cosa con colui che cos sa, ed egli diventa il protettore dei suoi, il migliore, il capo, il mangiatore di cibo, il sovrano. Colui tra i suoi che vuole rivaleggiare con uno che abbia tale conoscenza, costui non vale a sostentare quelli che deve sostentare. Colui invece che lo segue e soltanto seguendo lui vuol sostentare i suoi dipendenti, riesce invero a sostentare chi deve." 19. Esso Ayasya Angirasa: infatti l'essenza [vivificante] delle membra. Il respiro l'essenza
[vivificante] delle membra. In verit il respiro l'essenza [vivificante] delle membra, perci qualsiasi parte del corpo il respiro abbandoni, questa parte si dissecca. Esso infatti l'essenza [vivificante] delle membra. 20. In verit esso Brhaspati (o Brahmanaspati, signore della preghiera) 15: la parola la strofa Brhati (ossia il Rgveda), esso ne il signore (pati), perci detto Brhaspati. 21. In verit esso Brahmanaspati: la parola la preghiera (ossia il Yajurveda), esso ne il signore, perci detto Brahmanaspati. 22. In verit esso il saman (ossia il Samaveda). La parola infatti saman. Esso comprende s2 e ama (ossia tutto ci che v' di femminile e tutto ci che v' di maschile) e questa la ragione per cui il saman si chiama saman. Oppure [il respiro vitale] simile (sama) alla formica, alla mosca, all'elefante, al trimundio, a tutto l'universo: per questo esso il saman. Colui che cos conosce il saman ottiene l'unione con il saman, diventa intimamente partecipe del suo mondo. "23. Esso anche l'udgitha. Il respiro ut; sul respiro infatti tutto l'universo si sostiene (ut-tabdha). La parola il canto (githa). Da ut e githa si forma udgitha." "24. per questo che Brahmadatta, discendente di Cikitana, mentre sorbiva il soma, disse: ""Possa questo re [Soma] far cadere la mia testa, se con qualche altro mezzo Ayasya Angirasa cant l'udgitha! Infatti con la parola e con il respiro egli cant l'udgitha ""." 25. A colui che conosce la ricchezza del Saman a costui tocca la ricchezza. Il tono la ricchezza del Saman. Perci chi vuol adempiere alle funzioni sacerdotali s'auguri il tono nella voce: allora con la voce ben intonata potr compiere le funzioni di sacerdote. Perci si desidera vedere al sacrificio un sacerdote dalla voce piena, che possieda cio la ricchezza [del saman]. Tocca la ricchezza a colui che cos conosce la ricchezza del saman. 26. Colui che conosce il suvarna (oro e bel suono) del saman, costui ottiene l'oro. Il suvarna del saman il tono. Tocca l'oro a colui che cos conosce il suvarna del saman. 27. Colui che conosce il fondamento del saman ha salde radici. Il fondamento del saman la parola: fondandosi infatti sulla parola il soffio diventa canto. Alcuni dicono che [il fondamento] il cibo (il corpo). 28. Ora segue la recitazione delle formule purificatorie. Il prastotar deve intonare il saman. Quando il sacerdote intona, [colui che offre il sacrificio] canta questi versi: "Fa che io passi dal non essere all'essere; dalle tenebre fa che io passi alla luce, dalla morte fa che io passi all'immortalit!" "Quando recita il primo verso, con non essere intende la morte, con essere l'immortalit. ""Fa che io passi dalla morte all'immortalit, rendimi immortale"", questo intende dire. Recitando il secondo verso, con tenebre intende la morte, con luce l'immortalit. ""Fa che io passi dalla morte all'immortalit, rendimi immortale"", questo intende dire. Quando recita il terzo verso, tutto chiaro. Con le altre strofe pu procurarsi l'alimento: perci scelga con esse la grazia desiderata. L'udgatar che cos sa con i canti ottiene, sia per s, sia per chi offre il sacrificio, le
cose che auspica. In verit il saman permette di conquistare il mondo e certamente raggiunge i mondi [celesti] colui che cos conosce il saman." QUARTO BRAHMANA 16 "1. In principio l'universo era il solo Atman in forma di purusa (uomo cosmico). Guardandosi attorno, non vide nulla all'infuori di s. Disse per prima cosa: ""Questo son io!"", e da ci nacque il vocabolo ""io"". Perci ancor oggi quando" "uno interrogato dice per prima cosa: ""Sono io"", poi dice l'altro suo nome. Poich egli prima (purva) che ogni cosa esistesse bruci (us) tutti i mali, per questo chiamato purusa. Colui che cos sa brucia chi vuol precederlo." "2. Egli ebbe paura; per questo chi solo ha paura. Poi pens: ""Dato che nessun altro esiste al di fuori di me, di chi debbo temere ?"". E allora il suo timore si dissolse. Di chi avrebbe dovuto temere? quando c' un altro che nasce la paura." "3. Egli non provava gioia; per questo chi solo non prova gioia. Allora desider un secondo. Ora egli occupava tanto [spazio] quanto un uomo e una donna insieme abbracciati. Egli si divise in due e quindi sorsero il marito e la moglie. Per questo Yajnavalkya diceva: ""Noi siamo ciascuno una met"". Per questo il vuoto riempito dalla donna. Egli si congiunse con lei e ne nacque la stirpe umana." "4. La femmina pens: ""Come mai dopo avermi da s generata s'unisce con me? Ors, bisogna che io mi nasconda"". Divent vacca, l'altro [si fece] toro, s'un con essa e nacquero i bovini. Divent giumenta, l'altro stallone; divent asina e asino l'altro: si un con essa e nacquero i monoungulati. Divent poi capra e l'altro becco; divent pecora e 1 altro montone: si un con essa e nacquero capre e pecore. Cos gener tutte le coppie fino alle formiche." "5. Egli fu conscio di ci: ""In verit io sono la creazione, poich io ho creato tutto questo universo"". Cos si realizz la creazione. Quando si dice: ""Sacrifica a questo o a quest'altro dio"" e cos via per tutte le divinit, [c' un errore]: di lui soltanto la creazione, egli soltanto tutte le divinit 17. Colui che cos sa diventa partecipe di questa sua attivit creatrice." 6. Egli poi prese a soffregarsi [le mani]. Dalla bocca usata come matrice e dalle mani produsse il fuoco. Per questo entrambi (bocca e mani) sono senza peli all'interno, perch la matrice internamente senza peli. Quindi tutto ci che qui esiste di umido, lo gener dal seme e questo il soma 18. In verit quanto esiste al mondo mangiato o mangiatore: il soma mangiato, il fuoco mangiatore. E questa la supercreazione del Brahman: egli cre gli dei [che gli sono] superiori, essendo mortale cre gli immortali. Per questo una supercreazione 19. Chi cos sa, diventa partecipe di questa sua supercreazione (ossia partecipe della natura divina). "7. Tutto l'universo era un tempo indifferenziato. Fu poi reso distinto secondo il nome e la forma con le parole: ""Questi si chiama cos, costui ha questa determinata forma"" 20. Ancor oggi tutto [l'esistente] si distingue secondo il nome e la forma e infatti si dice: ""Questi si chiama cos, costui ha questa determinata forma"". Ed egli (l'Atman) vi penetrato fino alla punta delle unghie. Come un rasoio nascosto nel fodero, come la termite nel suo termitaio 21, egli non si vede. Soltanto parziale [la sua apparizione]: quando respira si chiama respiro, quando parla, voce, quando vede, occhio, quando ode, orecchio, quando pensa, mente. Ma queste sono soltanto denominazioni per le [sue] attivit. Colui che lo venera in una singola apparizione non
lo conosce veramente: soltanto parzialmente infatti egli compare nelle sue singole [manifestazioni]. Bisogna venerarlo sotto forma di Atman: e allora tutte le varie [manifestazioni] si unificano. Quello che l'Atman [dentro di noi], la traccia che permette di giungere all'intero universo: per suo tramite infatti si conosce tutto l'universo. Come seguendo la traccia si trova [ci che si perduto], cos [seguendo l'Atman si trova la chiave per sciogliere l'enigma dell'universo]. Fama, gloria ottiene colui che questo sa." "8. Perci pi caro d'un figlio, pi caro della ricchezza, pi caro e pi proprio d'ogni altra cosa questo Atman. Se un tale afferma che non l'Atman ma un altro gli caro e se di questo tale si dice: ""Perder ci che gli caro"", ben probabilmente la previsione si avverer. Soltanto l'Atman deve venerarsi come cosa cara. Per colui che l'Atman soltanto venera come cosa cara, nulla che gli sia caro perisce." "9. A questo riguardo si dice: ""Poich gli uomini pensano di diventar l'universo con la conoscenza del Brahman, il Brahman che cosa conobbe, per cui divenne tutto l'universo?""." "10. In verit, al principio questo universo era soltanto il Brahman. Esso conobbe se stesso dicendo: ""Io sono il Brahman"". Da lui tutto l'universo deriv. E qualsiasi degli dei si lev a tale conoscenza, divent egli pure [il Brahman] e cos per i veggenti e cos per gli uomini. Riconoscendo ci il rsi Vamadeva pot affermare: ""Manu e il Sole io sono stato"" (R. V., 4, 26, 1). E ancor oggi colui che sa di essere il Brahman, diventa questo universo e neppure gli dei possono impedirglielo, poich egli diventa intima parte di loro. Quindi chi venera come distinta [da s] una divinit pensando: ""Essa una cosa e io sono un'altra"", costui non ha verace sapienza, ma per gli dei come una bestia. Come invero molte bestie servono l'uomo, cos di ogni singolo uomo si servono gli dei. Quando vien portato via un solo animale cosa spiacevole; che dire [se ne vengono portati via] molti? Ecco perch agli dei dispiace che gli uomini sappiano ci 22." 11 23. In verit al principio esisteva soltanto il Brahman, unico e solo, ma essendo solo non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Allora cre una forma superiore, la nobilt militare e cio quanti tra gli dei sono i guerrieri: Indra, Varuna, Soma, Rudra, Parjanya, Yama, Mrtyu e Isana. Perci nulla superiore alla nobilt militare e per questo il brahmano nella cerimonia dell'incoronazione del re assiso pi in basso d'un re. Viene cos reso omaggio alla nobilt militare, ma poi il Brahman (l'Assoluto e la casta brahmanica) la matrice del potere militare. Perci a qualsiasi altezza giunga il re, al Brahman, alla sua matrice, che alla fine giunge. [Un re] che offenda un brahmano insulta la sua matrice ed tanto pi malvagio quanto migliore [di lui] quello che ha offeso. 12. Ancora Esso non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Produsse allora la classe dei vaisya (ceto agricolo e mercantile), cio quelle classi di dei che si contano a gruppi: i Vasu, i Rudra, gli Aditya, i Visvadeva, i Marut. 13. Ancora non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Produsse allora la casta degli sudra, ossia Pusan. La terra invero Pusan, essa infatti nutre (pus) tutto quanto esiste. "14. Ancora non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Allora produsse una forma pi perfetta, il dharma (ci che giusto, la legge). Il dharma il principio della sovranit per la nobilt militare: perci nulla v' pi alto del dharma. Invero il debole confida di tener a freno uno pi forte con la legge, come fosse per mezzo d'un re. Il dharma la verit. Perci di uno che
professi la verit si dice: ""Dice il giusto"", e di uno che parla il giusto si afferma: ""Dice il vero"". Le due cose sono in realt una cosa sola." "15. Quindi si hanno casta brahmanica, nobilt militare, casta agricola e sudra. Tra gli dei il Brahman si manifest sotto forma di Agni, tra gli uomini divent il brahmano; la nobilt militare [divina] si manifest nel guerriero, il vaisya [divino] nell'agricoltore, lo sudra [divino] nello sudra terreno. Perci tra gli dei si desidera di diventare Agni, tra gli uomini di diventar brahmano, perch il Brahman si manifesta [specialmente] in queste due forme. E se uno da questo" mondo si diparte senza considerare la [vera] sua sede (ossia il Brahman-Atman), questa, da lui ignorata, non gli di alcun giovamento, come il Veda non studiato o un'altra azione non portata a termine. Per colui che, non conoscendo ci, compie un'azione pur assai meritoria, per lui alla fine questa azione va perduta 24. Soltanto l'Atman deve essere venerato come la [vera] sede. Per chi veneri soltanto l'Atman come la [vera] sede, la sua azione non va perduta: tutto ci che si desidera, tutto infatti si ottiene da questo Atman 25. "16. Ma questo Atman individuale la sede di tutti gli esseri 26: poich l'uomo liba e sacrifica, la sede degli dei; poich impara i Veda, la sede dei veggenti; poich offre ai Mani e desidera la prole, [la sede] degli antenati; poich d rifugio e cibo agli uomini, [la sede] degli uomini; poich fornisce agli animali foraggio e acqua, [la sede] degli animali; poich nelle sue dimore trovano da vivere bestie, uccelli [e altri animali] fino alle formiche, sede [anche] di costoro. Come alla propria sede uno auspica sicurezza, cos a uno che cos sappia sempre tutte le creature auspicano sicurt. Questo stato conosciuto dopo lunga indagine." "17. Soltanto l'Atman esisteva al principio, unico e solo. Egli espresse il desiderio d'avere una moglie, di generare dei figli, di possedere ricchezze, di compiere delle opere [meritorie]. Tanti furono i suoi desideri e neppure volendolo se ne troverebbero di pi. Perci ancor oggi chi solo desidera d'avere una moglie, di generare dei figli, di possedere ricchezze, di compiere delle opere [meritorie]. Finch non s'ottengono tutte queste cose, fin allora uno si sente incompleto. Ma la sua [vera] completezza consiste in questo: la mente il suo io; la parola la moglie; il respiro la discendenza; l'occhio rappresenta i beni terreni, poich con l'occhio che li si trova; l'orecchio rappresenta i beni celesti, poich con l'orecchio che se ne sente parlare; il corpo la sua azione, poich con il corpo che si agisce 27. Quintuplice il sacrificio, quintuplice la vittima del sacrificio, quintuplice l'uomo: tutto ci che esiste fondato sul cinque 28. E ottiene tutto ci che esiste, colui che cos sa." QUINTO BRAHMANA 29 1 30. Dei sette cibi che il Padre cre con l'intelligenza e con l'ascesi uno fu a lui comune [con tutti], due destin agli dei, tre produsse per se medesimo, uno diede agli animali. In quest'ultimo fondato tutto ci che respira e ci che non respira. E come mai questi cibi non vanno alla fine, bench siano continuamente mangiati? Colui che conosce questa indistruttibilit consuma il cibo con la sua bocca, giunge tra gli dei, possiede il vigore. Cos dicono i versi. "2. ""Dei sette cibi che il Padre cre / con l'intelligenza e con l'ascesi"": invero il Padre li cre con l'intelligenza e con l'ascesi." "Uno fu a lui comune [con tutti]: questo nutrimento a lui comune [con tutti] tutto ci che qui si
mangia. Chi lo venera non si libera dal male, perch esso un cibo misto (ossia non scelto). ""Due ne destin agli dei"": ossia le libagioni e le oblazioni: per questo che agli dei si fanno libagioni e oblazioni. Altri dicono che con queste parole s'intendono i sacrifici compiuti al novilunio e al plenilunio. " Non deve quindi farsi il sacrificio detto isti (che diretto all'ottenimento di qualche bene immediato). "Uno diede agli animali: questo fu il latte. Di latte infatti al principio si nutrono uomini e animali. Perci a un bambino appena nato fanno leccare per prima cosa un po' di burro o gli fanno succhiare il seno, e di un vitello appena nato si dice: ""Non erbivoro""." In quest'ultimo fondato tutto ci che respira e ci che non respira: sul latte infatti si fonda tutto ci che respira e ci che non respira. Ma se si sente dire che [soltanto] chi per un anno liba con il latte vince la seconda morte, non bisogna crederci. Colui che cos sa vince infatti la seconda morte nel giorno stesso in cui sacrifica: infatti, [offrendo il latte], tutti gli alimenti egli offre agli dei 31. E come mai questi cibi non vanno alla fine, bench siano continuamente mangiati ?. Il Purusa (ossia il creatore) invero l'indistruttibilit: egli infatti crea sempre di nuovo il cibo. Colui che conosce questa indistruttibilit: il Purusa invero l'indistruttibilit. Egli crea i cibi con le opere [meritorie], con la continua meditazione. Se non lo facesse, [il cibo] andrebbe alla fine. "Consuma il cibo con la sua bocca: pratika indica la bocca, quindi ""con la bocca""." Giunge tra gli dei, possiede il vigore: queste parole contengono la celebrazione [della ricompensa]. "3. ""Tre produsse per se medesimo"": cre per s queste tre cose: la mente (manas), la parola (vac), il soffio (prana). Si dice: ""Ero con la mente altrove, non ho veduto; ero con la mente altrove, non ho sentito"": con la mente infatti si vede, per mezzo della mente si ascolta. Il desiderio, la determinazione, il dubbio, la fede, l'incredulit, la fermezza, l'incostanza, il pudore, la riflessione, il timore: tutto ci [prodotto dalla] mente Perci anche se si toccati alle spalle, ci se ne accorge per mezzo della mente. Tutto quanto riguarda il suono parola: essa destinata a finire [come parola mortale], ma non lo [come parola divina]. Prana, apana, vyana, udana, samana, ana: tutto ci in verit soffio. L'Atman fatto di ci: di parola, di mente, di soffio." 4. Ci sono tre mondi: la parola questa terra, la mente l'atmosfera, il soffio il mondo celeste. 5. Ci sono tre Veda: la parola il Rgveda, la mente il Yajurveda, il soffio il Samaveda. 6. Ci sono gli dei, i Mani, gli uomini: la parola rappresenta gli dei, la mente i Mani, il soffio gli uomini. 7. Ci sono padre, madre e progenie: la mente il padre, la parola la madre, il soffio la progenie. 8. Esiste il noto, ci che deve conoscersi e l'ignoto 32. Tutto ci che noto un aspetto della
parola, perch la parola nota ed essendo tale fa progredire l'uomo. 9. Tutto ci che da conoscersi un aspetto della mente: la mente infatti [rivolta a] ci che da conoscersi ed essendo tale fa progredire l'uomo. 10. Tutto ci che ignoto un aspetto del soffio vitale: il soffio vitale infatti ci che ignoto ed essendo tale fa progredire l'uomo. 11. Della parola il corpo la terra, il fuoco il suo aspetto luminoso. Perci fin dove arriva la parola, fin l arriva la terra, fin l il fuoco. 12. Della mente il corpo il cielo, il sole il suo aspetto luminoso. Perci fin dove arriva la mente, fin l arriva il cielo, fin l il sole. [Parola e mente] si congiunsero e ne nacque il soffio vitale. Questi Indra e non ha rivali. C' rivale infatti quando c' un secondo 33. Colui che cos sa non ha rivali. "13. Del soffio vitale il corpo sono le acque, la luna l'aspetto luminoso. Perci fin dove arriva il soffio, fin l arrivano le acque, fin l arriva la luna. [Parola, mente, soffio] tutti sono eguali, tutti sono infiniti. Chi li venera come destinati a una fine, conquista mondi transeunti; chi li venera come infiniti mondi eterni conquista." 14 34. Prajapati l'anno e ha sedici parti. Quindici parti sono [costituite dalle] sue notti, la sedicesima fissa. Per mezzo delle notti egli s'accresce e poi decresce. Egli la notte del novilunio con quella sedicesima parte entra in tutto ci che respira e poi al mattino rinasce. Perci in quella notte non bisogna privare della vita alcuno che respiri, neppure una lucertola, per rispetto a quella divinit. "15. L'uomo che cos sa egli stesso Prajapati, l'anno dalle sedici parti. I suoi averi sono le quindici parti, l'Atman la sedicesima. Per gli averi egli s'accresce e poi decresce. L'Atman il mozzo, gli averi sono il cerchio. Perci quando uno perde tutto, se rimane in vita con l'Atman si dice: ""Se ne andato [soltanto] per quel che riguarda il cerchio""." 16 35. Tre sono in verit i mondi: il mondo degli uomini, il mondo dei Mani, il mondo degli dei. Il mondo degli uomini si conquista soltanto con la [nascita di] un figlio, non con altra azione, il mondo dei Mani con l'opera [sacrificale], il mondo degli dei con la scienza. Il mondo degli dei il migliore: perci si loda la scienza. 17 " 36. Ed ora la trasmissione. Quando un uomo sente la morte vicina, allora dice al figlio: ""Tu sei la scienza sacra, tu sei il sacrificio, tu sei il mondo "". Il figlio risponde: ""Io sono la scienza sacra, io sono il sacrificio, io sono il mondo"". Tutto quanto fu studiato [dal padre], di tutto questo la somma la sacra scienza (brahman). Di tutti i sacrifici [del padre], la somma il sacrificio. Di tutti i mondi, la somma il mondo. Tanto [esteso quanto queste parole] l'intero universo. [Allora il padre pensa: ] ""Poich il tutto, [il figlio] mi aiuti [a uscire] di quaggi"". Per questo si dice che un figlio istruito fa conquistare i mondi celesti e per questo lo si istruisce. Quando un uomo che cos sappia se ne va da questo mondo, allora con le sue facolt penetra nel figlio. Se qualche cosa ha fatto di male, da tutto il figlio lo libera. Per questo si chiama putra 37. Per mezzo del figlio egli si mantiene saldo in questo mondo e in lui penetrano facolt divine,
immortali." 18. Dalla terra e dal fuoco entra in lui la parola divina. la parola divina, per la quale si realizza qualsiasi cosa si dica. 19. Dal cielo e dal sole entra in lui la mente divina. , la mente divina, per mezzo della quale si prova gioia e non si colti da dolore. 20. Dalle acque e dalla luna entra in lui il soffio divino. il soffio divino, che spirando o non spirando non tocco da turbamento n da danno. Colui che cos sa, diventa l'essenza intima di tutte le creature. Come la divinit (Prajapati), cos lui. Come tutte le creature fanno prosperare questa divinit, cos tutte le creature fanno prosperare colui che cos sa. Qualunque sofferenza sopportino le creature, essa rimane a loro, a lui tocca il bene. Il male invero non giunge mai agli dei. "2138. Consideriamo ora il voto [del respiro]. Prajapati gener le facolt. Generate che furono esse cominciarono a disputare tra loro. ""Io parler"", decise la parola. ""Io osserver"", decise la vista. ""Io ascolter"", decise l'udito. Del pari [eguale determinazione espressero] le altre facolt secondo le loro funzioni. Allora la morte, fattasi stanchezza, le dom, se ne impadron e, essendosene impadronita, le imped [nelle loro funzioni]. Per questo la voce si stanca, si stanca la vista, si stanca l'udito. Ma ila morte] non riusc a impadronirsi del soffio mediano. Le altre [facolt] vollero conoscer[lo] e dissero: ""Questo il migliore tra noi: sia che si muova, sia che non si muova 39, esso non mai tocco da turbamento o da danno. Vogliamo dunque diventare una forma di lui!"". E forma di lui diventarono 40. Per questo dal suo nome gli altri sensi hanno il nome di prana. E del pari colui che cos sa impone alla famiglia alla quale appartiene il proprio nome. Chi invece contrasta con colui che cos sa, costui si dissecca ed essendosi disseccato infine se ne muore. Questo dal punto di vista individuale." "22. Adesso secondo il punto di vista cosmico. ""Io arder"", decise Agni. ""Io riscalder"", decise il sole. ""Io risplender"", decise la luna. Del pari [eguale determinazione espressero] le altre divinit secondo le loro funzioni. Ma come si comporta nei riguardi delle facolt [umane] il soffio mediano, cos [si comporta] nei riguardi delle divinit Vayu (il Vento): le altre divinit infatti possono cessare dalla loro attivit, non il Vento. Il Vento la divinit che non mai cessa dalla sua attivit." 23. A questo proposito c' una strofa: Ci da cui il sole sorge, ci in cui esso tramonta (dal soffio vitale esso sorge in verit, nel soffio vitale va a tramontare) gli dei hanno elevato al rango di legge eterna (dharma). Cos oggi e cos sar domani 41. Ci che gli dei hanno risoluto di fare allora, questo fanno anche oggi. Perci bisogna seguire questo solo voto. Bisogna ispirare ed espirare, acciocch il male, la Morte, non s'impadronisca di noi. Se si segue questo voto, bisogna cercare di condurlo a compimento. E allora si conquister l'unione con quella divinit e si abiter nella sua dimora. SESTO BRAHMANA 42
1. In verit tutto questo universo si compone di tre elementi: nome, forma, atto. Dei nomi la parola l'uktha, perch da essa traggono origine (ut-tisthanti) tutti i nomi. Essa pure il loro Saman, perch essa comune (sama) a tutti i nomi. il loro Brahman, perch sostiene (bibharti) tutti i nomi 43. 2. Delle forme l'occhio l'uktha, perch da esso traggono origine tutte le forme. Esso pure il loro saman, perch comune a tutte le forme. Esso il loro Brahman, perch sostiene tutte le forme. "3. Degli atti il corpo l'uktha, perch da esso traggono origine tutti gli atti. Esso pure il loro saman, perch comune a tutti gli atti. il loro Brahman, perch sostiene tutti gli atti. Bench triplice, questo universo uno ed l'Atman; e l'Atman, bench uno, questo triplice [universo]. l'immortale velato dalla realt [empirica]. Il respiro immortale, il nome e la forma sono la realt [empirica]. Da questi ultimi il soffio vitale celato." Note: 1. Il primo adhyaya diviso in sei brahmana di lunghezza diseguale, ognuno dei quali sembra indipendente dagli altri e composito anche nel suo interno. L'unicit dell'esistente e l'identit Atman-Brahman sono gi affermate, cosicch sembra che l'autore apporti per cos dire delle notazioni supplementari a questa convinzione. Simbolo dell'Atman il soffio, che la controparte nell'individuo del vento e del quale viene affermata la superiorit. 2. Il cavallo sacrificale il simbolo dell'universo, che dal compimento di un sacrificio s' prodotto. L'interpretazione mistica del sacrificio sembra ben adatta a iniziare la B.Up., che appartiene al Yajurveda e quindi particolarmente interessata alla pratica sacrificale. I due mahiman sono le coppe destinate a contenere la libagione e sono identificati con il giorno e la notte, ch tutto l'esistente si riconduce al cavallo, che nasce dalle acque primordiali, e agli arredi del sacrificio. Le due coppe sono rispettivamente d'oro e d'argento: l'oro corrisponde al giorno per la lucentezza, l'argento (rajata) possiede invece lo stesso freddo splendore e la stessa sillaba iniziale della notte (ratri) illuminata dalla luna. 3. Prajapati, che il creatore ma anche la morte, la fame, che tutto divora e da cui tutto si produce, crea l'universo che poi inghiotte di nuovo, simboleggiando il flusso eterno della vita. Quindi vuol fare un sacrificio e si trasforma in cavallo che offre a se stesso. Chi conosce che l'universo il cavallo sacrificale supera la morte, diventa una cosa sola con la morte, ossia con il creatore, raggiunge la conoscenza e l'esperienza dell'Uno-tutto. 4. Arka il nome del fuoco sacrificale, che identificato con le acque primeve per mezzo di una fantasiosa etimologia, ma anche perch il fulmine, ossia il fuoco celeste, si genera, secondo un diffuso mito vedico, dal vapor acqueo delle nubi. 5. L'identificazione delle varie plaghe celesti con parti del corpo-umano dipende dalla concezione antropomorfica del creatore. 6. Ossia medit sulla parola del Veda, che considerato esistente ab aeterno. "6 bis. La radice bhan significa ""parlare""." 7. Il creatore continua la meditazione sulla sapienza vedica e cos rende manifesta quella sapienza ancor non rivelata. Tutto ci che creato si riferisce al sacrificio: la creazione stessa un sacrificio.
8. Il creatore anche la materia primordiale (Aditi), da cui tutto si produce e in cui tutto ritorna. 9. Il gonfiarsi del corpo forse in rapporto con la putrefazione che segue alla morte, cio all'abbandono degli spiriti vitali. 10. Il timore per la seconda morte (punarmrtyu), gi attestato nei Brahmana, sembra esprimere la convinzione che anche un'eventuale dimora nei mondi ultraterreni non sia definitiva. "11. Si celebra la superiorit del respiro, del soffio vitale, su tutti gli altri sensi; si cerca cio in qualche cosa direttamente percepibile l'ultimo perch della vita. Nella lotta fra dei e demoni i primi si rivolgono ai vari sensi perch cantino per loro l'udgitha, che la parte centrale e pi importante del canto rituale. Ma i vari sensi sono incapaci di riportar vittoria, poich i demoni li colpiscono con il male, cui i sensi non possono resistere perch, secondo Sankara, hanno peccato di egoismo, hanno cio compiuto il bene per se stessi. Il respiro vitale assicura vittoria agli dei, confermando la sua superiorit sugli altri organi e funzioni, che esso trasforma in divinit, identificandoli con gli elementi cosmici e trasportandoli al di l del dominio della morte. Poi si procura il cibo, di cui fa parte agli altri organi facendoli penetrare entro di s, poich esso il fondamento di tutto e regola l'ordinato svolgersi della vita. Infine (str. 22-28) seguono una glorificazione del canto rituale, con il quale il prana viene identificato, e le istruzioni per la recitazione degli inni." "12. Secondo Sankara, l'epiteto devata, ""divinit"", con cui le Upanisad definiscono i sensi, a questi riservato quando l'azione segue le prescrizioni sacre." 13. Ayasya Angirasa il nome di un vate vedico, citato, oltre che qui sotto alle strofe 19 e 24, nella lista dei maestri in 2, 6, 3. 14. Ogni cosa va a finire nello spirito vitale, che d'altra parte non sussisterebbe senza questo fondamento materiale. 15. Il respiro signore della parola, che vien identificata via via con il Rg-, il Yajur- e il Sama-veda. Si ha poi un delirante succedersi di identificazioni, che non segnano il cammino d'una ricerca, bens sembrano fondate sulla gi radicata convinzione dell'unit di tutto l'esistente. 16. Creazione del mondo dall'Atman, che il principio della conoscenza in noi e il principio dell'universo. Caratteristica del brano la polemica contro il culto degli dei: l'Atman deve ancor stabilire la propria superiorit sulle altre entit. 17. Questa frase posta a met della strofa seguente, dove del tutto fuori luogo. 18. L'Atman genera Agni e Soma, che sono il simbolo dell'eterna dialettica vicenda della vita, nella quale tutto cibo o mangiatore di cibo. 19. La supercreazione definita propria del Brahman, mentre finora si parlato dell'Atman. In realt l'identit Brahman-Atman presente al pensiero del vate, il quale passa dall'uno all'altro termine (cfr. str. 9), ma di quella identit non d una dimostrazione purchessia, confermando il prevalente carattere delle Upanisad, che di contemplazione mistica di una verit la cui esistenza non soggetta a dubbi. L'Atman detto mortale in quanto incarnato nell'uomo. Secondo Sankara poi gli dei sono superiori all'Atman in quanto nacquero del tutto privi di macchia, mentre l'Atman-Brahman (cfr. 1, 4, 1) dovette, per rendersi puro, distruggere con il
fuoco il male. 20. Il nome l'idea, la forma l'idea resa visibile: insieme definiscono l'individualit, cui sottende l'Atman, unica entit dai molti effetti. "21. Ovvero: come il fuoco celato nel combustibile. Visvambhara interpretato sia come ""insetto "", sia come ""fuoco""." 22. Il potere degli da, avidi di onori e di sacrifici, durer fin quando gli uomini ignoreranno l'unicit sostanziale di tutte le apparizioni, ossia l'autoconoscenza che permise al Brahman di riconoscersi in tutto l'universo. 23. Creazione delle caste, che si ritrovano sia tra gli dei, sia tra gli uomini, e della legge, che identificata con la verit. 24. L'atto sacrificale, privo della conoscenza, produce un beneficio temporaneo nel cielo, ma non consente la liberazione. 25. Con arcaica aderenza a motivi popolari, qui si promettono vantaggi materiali derivanti dalla conoscenza della vera realt dell'Atman. 26. V' una sorta d'interdipendenza fra tutte le apparizioni: tutto l'esistente legato da vincoli che ne rivelano la fondamentale unit. "27. L'uomo desidera i beni terreni; ma chi conosce l'Atman ravvisa in s tutti i fini della vita terrena, che sono cinque, poich tutto quintuplice (cfr. T.Up., 1, 7)." 28. Il sacrificio Si compie agli dei, ai rsi, ai Mani, agli uomini, agli animali. Le vittime sono: uomo, cavallo, bue, pecora, capra. L'uomo ha cinque sensi: parola, odorato, vista, udito, mente. 29. Il quinto brahmana comprende varie sezioni, piuttosto staccate concettualmente. 30. par. 1-13. Il creatore ha prodotto sette tipi di cibo per le varie creature, che dal cibo dipendono, anzi di esso sono costituite. Per s ha riservato tre cibi, cio il creatore, che l'Atman (1, 4, 1), costituito di parola, mente, soffio. Con questa triade altre triadi vengono identificate, spesso senza che si riesca a scorgere la ragione dell'equiparazione. 31. Non per il fatto di sacrificare si ottiene vittoria sulla seconda morte, ma per la conoscenza del valore del sacrificio offerto. "32. La parola non pu esprimere altro che cose conosciute; sotto il dominio della mente cade tutto ci che pu essere conosciuto; il soffio racchiude forse il mistero della vita." "33. Sembra che il soffio sia considerato oltre che il sommo anche l'unico. Si ha cos una contraddizione con quanto prima detto dell'origine del soffio e della sua equivalenza con parola e mente. Quanto all'equiparazione tra parola, terra e fuoco, fra i tre ""cibi"" riservatisi dal creatore la parola il pi facilmente percepibile e quindi in certo senso il pi materiale, mentre l'abbinamento fuoco parola tradizionale. Evidente il nesso tra mente, cielo e sole e anche abbastanza spiegabile il rapporto tra soffio e acque (entrambi sono indispensabili alla vita), mentre il collegamento ulteriore con la luna, peraltro strettamente congiunta con le stagioni e quindi con le precipitazioni atmosferiche, almeno insolita, perch la luna messa generalmente in rapporto con la mente."
"34. str. 14-15. Prajapati l'anno, ma anche la luna (cfr. Kaus Up., 2, 9). La luna passa per le varie fasi, decrescendo nella quindicina oscura fino a scomparire totalmente. Scomparsa dal cielo, la luna penetra nelle varie creature sotto forma di cibo e di acqua, la cui produzione essa determina, ma una parte, pur invisibile, chiamata ""fissa"", rimasta, tanto vero che il ciclo lunare ricomincia. Del pari per l'uomo pu verificarsi la perdita di ogni facolt e possesso (cfr. anche Ch.Up., 6, 7), ma rimane l'Atman, il ""mozzo"" che pu tornare a sostenere il ""cerchio"" delle cose materiali." "35. La str. 16 sembra isolata; la menzione del figlio introduce comunque la cerimonia descritta nella strofa seguente." 36. str. 17-20. Il padre prima di morire benedice il figlio, che rappresenta per lui tutto l'universo. Al figlio il padre trasmette le sue facolt, sottraendosi alla morte: infatti in lui penetrano le facolt divine, provenienti dalla terra, dal cielo e dalle acque (cfr. str. 11-13), che sono la controparte cosmica, e perci immortale, delle facolt cedute al figlio. 37. Secondo la falsa etimologia citata da Sankara, il figlio salva (tra) il padre, rimediando (purana) alle sue colpe. 38. str. 2l-23. Il prana o soffio vitale non cessa mai n mai stanco, cos come il vento, che il prana cosmico, sempre spira. In essi riposta ogni forza, in essi ritrovano il loro fondamento facolt umane e fenomeni celesti. Nel voto del soffio, l'obbligatoria osservanza del quale miticamente significa l'indispensabilit del respiro, mi sembra di ravvisare, pi che un anticipo delle pratiche yoga, l'esortazione ad accettare la vita, con le sue prove e i suoi dolori, ch la vita in se stessa il pi alto sacrificio. Vedi anche B.Up., 5, 11. 39. Il respiro non si muove nella pausa tra inspirazione ed espirazione. 40. Si resero cio conto dell'indispensabilit del soffio vitale. Secondo il commentatore indiano la mobilit degli organi dei sensi, ossia la capacit di mettersi in rapporto con gli oggetti, derivata dal soffio vitale, poich nulla in grado di muoversi all'infuori di esso 41. Il versetto un adattamento di R.V., 10, 121, 6. Il vento persiste anche quando il sole non si scorge nel cielo. 42. L'universo, composto di nomi, forme, azioni, esiste in quanto esistono gli organi che ne percepiscono i componenti, ossia l'oggetto fondato sul soggetto pensante. Come le varie funzioni sono fondate sull'unit del prana, cos l'apparente molteplicit empirica si riconduce all'unico Atman, rappresentato ancora una volta dal prana. 43. Parola, occhio e corpo sono il Veda ovvero il fondamento dei vari fenomeni: ognuno dei primi infatti riproduce, grazie a giochi di parole, gli elementi costitutivi del Veda (uktha, inno di lode, saman, canto rituale, Brahman, formula sacrificale).
SECONDO ADHYAYA 1
PRIMO BRAHMANA 2 "1. Viveva un tempo Drptabalaki, appartenente alla trib dei Gargya e amante dello studio. Egli disse ad Ajatasatru di Benares: ""Io voglio parlarti del Brahman"". Replic Ajatasatru: ""Mille vacche daremo per questo insegnamento e la gente correr dicendo: Ecco un [novello] Janaka!""." "2. Gargya allora disse: ""Quell'essere che sta nel sole, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il primo fra tutti gli esseri, il capo, il re"". Colui che cos lo venera, diventa il primo fra tutti gli esseri, il capo, il re 3." "3. Gargya riprese: ""Quell'essere che nella luna, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il grande re Soma dal bianco vestito"". Per colui che cos lo venera, ogni giorno" viene premuto una prima e una seconda volta il soma e non mai gli vien meno il nutrimento 3 bis. "4. Allora Gargya disse: ""Quell'essere che nel lampo, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come lo Splendente"". Colui che cos lo venera, splendente diventa e splendente pure la sua prole." "5. Allora Gargya riprese: ""Quell'essere che nello spazio etereo, quello io venero come il Brahman"". Ma Ajatasatru replic: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come l'Essere completo, immoto"". Colui che cos lo venera ha completezza di prole e di bestiame e la sua discendenza non mai scompare da questo mondo 4." "6. Gargya disse ancora: ""Quell'essere che nel vento, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come Indra Vaikuntha (Irresistibile), come l'armata invitta"". Colui che cos lo venera, vittorioso, trionfante, supera tutti i nemici." "7. Allora Gargya riprese: ""Quell'essere che nel fuoco, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il Potentissimo"". Colui che cos lo venera acquista ogni potere e cos pure la sua prole." "8. Disse allora Gargya: ""Quell'essere che sta nelle acque, quello io venero come Brahman "". Ma Ajatasatru disse a sua volta: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il pratirupa (simile e conveniente)"". A colui che cos lo venera, tocca ci che gli conveniente, non ci che non gli conviene, e prole simile da lui discende." "9. Gargya disse allora: ""Quell'essere che nello specchio, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru replic: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il Raggiante"". Colui che cos lo venera, diventa raggiante, raggiante la sua prole e supera in splendore tutti quelli con cui viene a contatto." "10. Gargya allora riprese: ""Il suono che segue uno che se ne va: quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come la vita"". Colui che cos lo venera ottiene in questo mondo una vita completa (di cent'anni) e il respiro non lo abbandona prima del tempo." "11. Allora Gargya disse: ""Quell'essere che risiede nelle regioni del cielo, quello io venero
come Brahman"". Ma Ajatasatru replic: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come l'amico che non s'allontana mai"" 5. Colui che cos lo venera ha sempre amici e il seguito non viene mai allontanato da lui." "12. Gargya disse ancora: ""Quell'essere che fatto d'ombra, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come la Morte"". Colui che cos lo venera ottiene in questo mondo una vita piena n la morte a lui giunge prima del tempo." "13. Allora Gargya disse: ""Quello spirito che sta nel corpo (ossia la forza vitale), quello io venero come Brahman "". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il Corporeo"". Colui che cos lo venera ha un corpo e pure un corpo ottiene la sua discendenza. A questo punto Gargya rimase zitto." "14. Quindi Ajatasatru chiese: ""Questo tutto?"". "" tutto"". ""Con tutto ci non siamo giunti alla conoscenza"". Allora Gargya disse: ""Io voglio essere tuo discepolo""." "15. Ajatasatru replic: "" una cosa contro natura che un brahmano s'accosti a un guerriero pensando che gli parler del Brahman. Ma io te lo far conoscere"". Cos dicendo lo prese per la mano e si alz. S'avvicinarono a un uomo che dormiva e Ajatasatru lo chiam con questi nomi: ""O grande re Soma dal bianco vestito!"". [Ma] quello non s'alz. [Allora] lo svegli toccandolo con la mano. E quello si lev." "16. Allora Ajatasatru disse: ""Quando costui era cos immerso nel sonno, quell'essere costituito di coscienza dov'era allora e da dove ora tornato?"". Ma Gargya non sapeva neppure questo." "17. Allora Ajatasatru disse: ""Quando un uomo cade cos addormentato, l'essere costituito di coscienza, impadronitosi della coscienza dell'uomo mediante la conoscenza [che possiede] dei sensi, se ne sta in quello spazio che dentro il cuore. Quando tiene legati i sensi, allora si dice che l'uomo dorme. Allora legato l'olfatto, legata la voce, legata la vista, legato l'udito, legata la mente." 18. Suoi sono i mondi nei quali in sogno si muove. Diventa un gran re, un grande brahmano, subisce alti e bassi. Come un grande re con il seguito di sudditi se ne va dove vuole nel suo regno, cos [l'essere fatto di coscienza] con i suoi sensi se ne va nel suo corpo dove gli pare. 19. Dunque, quando uno giace immerso nel sonno profondo e non ha pi coscienza di nulla, uscendo lungo le 72.000 vene chiamate hita 5 bis, che si diffondono dal cuore verso il pericardio, [l'essere fatto di coscienza] riposa nel pericardio. Come riposa un principe, o un grande re o un grande brahmano giunto al culmine della felicit, cos egli riposa. "20. Come un ragno va seguendo le sue fila, come dal fuoco sprizzano le faville, cos da questo Atman tutti i sensi, tutti i mondi, tutti gli dei, tutte le creature si dipartono. Il suo nome mistico realt della realt. I sensi sono realt, l'Atman la loro realt""."
SECONDO BRAHMANA 6
1. Colui il quale conosce il giovane (animale del sacrificio) con la sua stalla, il suo covile, il suo palo e la sua corda, costui tiene a freno i sette rivali ostili. In verit il giovane animale il soffio mediano, la stalla questo (corpo), il covile questa (testa), il palo il respiro, la corda il cibo. "2. I sette indistruttibili vengono a lui per servirlo. Mediante le linee rosse che stanno nell'occhio lo serve Rudra. Mediante l'acqua che sta nell'occhio lo serve Parjanya; mediante le pupille, il sole; mediante il nero dell'occhio, Agni; mediante il bianco, Indra; mediante le ciglia inferiori la Terra; mediante le ciglia superiori, il Cielo. Non manca mai il cibo a colui che cos sa." 3. A questo proposito c' una strofa: C' un vaso con la bocca in basso e il fondo in alto. In esso posta la gloria di ogni tipo. Sul suo orlo siedono i sette rsi. Ottava la parola, unita alla preghiera. "C' un vaso con la bocca in basso e il fondo in alto: si deve intendere il corpo; esso il vaso con la bocca in basso e il fondo in alto." In esso posta la gloria d'ogni tipo: i sensi sono la gloria d'ogni tipo, devono quindi intendersi i sensi. Sul suo orlo siedono i sette rsi: i sensi sono i rsi, devono quindi intendersi i sensi. Ottava la parola, unita alla preghiera: in verit la parola, ottava, unita alla preghiera. 4. Queste due [orecchie] sono Gotama e Bharadvaja: ecco Gotama, ecco Bharadvaja. Questi due [occhi] sono Visvamitra e Jamadagni: ecco Visvamitra, ecco Jamadagni. Queste due [narici] sono Vasistha e Kasyapa: ecco Vasistha, ecco Kasyapa. La parola poi Atri: con la lingua si mangia (ad) il cibo e Atri lo stesso che atti (mangia). Si ciba di ogni cosa colui che cos sa, tutto cibo per lui.
TERZO BRAHMANA 7 1. In verit due sono gli aspetti del Brahman, il corpo reo e l'incorporeo, il mortale e l'immortale, il fisso e il mobile, il sensibile e il trascendente. 2. Il corporeo ci che non n vento n atmosfera: esso mortale, fisso, sensibile. L'essenza dell'aspetto corporeo, mortale, fisso, sensibile il sole che arde lass: esso l'essenza di ci che sensibile.
3. L'incorporeo il vento e l'atmosfera: esso immortale, mobile, trascendente. L'essenza dell'aspetto incorporeo, immortale, mobile, trascendente la persona che sta nel disco solare: essa l'essenza di ci che trascendente. Ci per quel che riguarda le divinit. 4. Ora per quel che riguarda l'individuo. Il corporeo ci che non n respiro n spazio interno del cuore: esso mortale, fisso, sensibile. Di questo aspetto corporeo, mortale, fisso, sensibile l'essenza l'occhio: esso l'essenza di ci che sensibile. 5. L'incorporeo il respiro e lo spazio interno del cuore: esso immortale, mobile, trascendente. Di questo aspetto incorporeo, immortale, mobile, trascendente l'essenza la persona che risiede nell'occhio destro: essa l'essenza di ci che trascendente. 6. L'aspetto di questa persona richiama quello d'una veste color zafferano, d'un vello bianco, d'una coccinella, d'una fiamma, d'un fiore di ninfea, d'un bagliore improvviso. E simile a un bagliore improvviso la fortuna tocca a colui che cos sa. "Ora la formula: Non cos, non cos! (Neti, neti). Non v' cosa superiore a questo ""Non cos"" (iti na). Il nome [del Brahman] realt della realt. I soffi vitali sono la realt, esso la realt di essi."
QUARTO BRAHMANA 8 "1. Yajnavalkya disse: ""Maitreyi, io sto proprio per andarmene di qui e voglio quindi definire la tua situazione con Katyayani""." "2. Maitreyi a sua volta disse: ""O signore, se tutta la terra con le [sue] ricchezze mi toccasse, forse sarei per questo immortale?"". ""No, - le rispose Yajnavalkya - la tua vita sarebbe come quella dei ricchi, ma non dalla ricchezza si pu sperare immortalit""." "3. Allora Maitreyi replic: ""Che m'importa di ci che non mi fa raggiungere l'immortalit? Ma ti prego, o signore, dimmi ci che tu conosci!""." "4. Allora Yajnavalkya disse: ""Tu che mi sei cos cara, care cose vai dicendo. Vieni, siedi, io ti dir [ogni cosa]. Ma tu sta ben attenta alle mie parole""." 5. E parl: ((Non a causa dell'amore per il marito caro il marito, ma a causa dell'amore di s (ovvero: del S) caro il marito 9. Non a causa dell'amore per la moglie cara la moglie, ma a causa dell'amore di s cara la moglie. Non a causa dell'amore per i figli son cari i figli, ma a causa dell'amore di s son cari i figli. Non a causa dell'amore per le ricchezze son care le ricchezze, ma a causa dell'amore di s son care le ricchezze. Non a causa dell'amore per la condizione di brahmano cara la condizione di brahmano, ma a causa dell'amore di s cara la condizione di brahmano. Non a causa dell'amore per la condizione di guerriero cara la condizione di guerriero, ma a causa dell'amore di s cara la condizione di guerriero. Non a causa dell'amore per i mondi son cari i mondi [ai loro abitatori celesti o
terrestri], ma a causa dell'amore di s son cari i mondi. Non a causa dell'amore per gli dei son cari gli dei, ma a causa dell'amore di s son cari gli dei. Non a causa dell'amore per le creature son care le creature, ma a causa dell'amore di s son care le creature. Non v' nessun oggetto che si desideri per amore di esso oggetto, bens si desiderano tutti gli oggetti per amore del proprio s. il s dunque che bisogna guardare e sentire, al s che bisogna pensare e rivolgere la propria attenzione. O Maitreyi, soltanto guardando, ascoltando, considerando, conoscendo il s si conosce tutto questo universo. "6. La dignit di brahmano abbandona colui che questa dignit pensa esistente al di fuori dell'Atman; la dignit di guerriero abbandona colui che la pensa esistente al di fuori dell'Atman; i mondi abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; gli dei abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; le creature abbandonano colui che le pensa esistenti al di fuori dell'Atman; l'universo intero abbandona colui che lo pensa esistente al di fuori dell'Atman. La dignit brahmanica, la dignit guerriera, i mondi, gli dei, le creature, l'intero universo non son altro che l'Atman." "7. Come non possibile afferrare i suoni che escono da un tamburo battuto, ma presi il tamburo o chi lo batte pur il suono resta preso;" "8. come non possibile afferrare i suoni d'una conchiglia nella quale si soffi, ma presi la conchiglia o chi vi soffia dentro pur il suono resta preso;" 9. come non possibile afferrare i suoni d'un liuto che venga suonato, ma presi il liuto o il suonatore del liuto pur il suono resta preso: [cos il mondo pu conoscersi soltanto afferrando, ossia conoscendo, l'Atman]. 10. Come da un fuoco attizzato con legna umida si sprigiona in ogni parte il fumo, cos in verit sono emanazione di questo grande Essere il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, gli scongiuri e le magie, i racconti epici, le leggende antiche, le scienze, le dottrine esoteriche, i versi, i trattati dottrinali, le esegesi, i commenti. E tutte queste cose in lui ritornarono 10, 11. come l'oceano il luogo di raccolta di tutte le acque, e cos la pelle il luogo di raccolta di tutte le sensazioni tattili, le narici sono il luogo di raccolta di tutti gli odori, la lingua il luogo di raccolta di tutti i sapori, l'occhio il luogo di raccolta di tutte le immagini, l'orecchio il luogo di raccolta di tutti i suoni, la mente il luogo di raccolta di tutti i pensieri, il cuore il luogo di raccolta di tutte le conoscenze, le mani il luogo di raccolta di tutte le azioni, l'organo genitale il luogo di raccolta di tutti i piaceri, l'ano il luogo di raccolta di tutte le escrezioni, i piedi il luogo di raccolta di tutti i movimenti, la parola il luogo di raccolta di tutte le scienze. 12. Come un blocco di sale gettato nell'acqua in essa si dissolve e non c' pi possibilit di prenderlo, ma dovunque si attinga salata [l'acqua], cos invero succede per questo Essere grande, infinito, senza limiti: sorto come un blocco di conoscenza per [servire] queste creature individuali, ne "segue la sparizione. Ed io quindi affermo: Non c' coscienza dopo la morte"" 11. Queste furono le parole di Yajnavalkya." "13. Maitreyi allora disse: ""O signore, mi hai turbato dicendo che non c' coscienza dopo la morte"". Ma Yajnavalkya replic: ""In verit io non dico parole che possano turbarti. Ma certo
che per avere coscienza indispensabile questo [corpo]." "14. Quando c', per cos dire, dualit [di un individuo rispetto a un altro individuo], allora l'uno fiuta l'altro, lo vede, lo ascolta, gli parla, lo pensa, lo conosce. Ma quando la totalit dell'individuo, [ossia corpo e blocco di conoscenza,] diventato il S, con che cosa e chi potr [l'individuo dissoltosi nel S universale] fiutare, vedere, ascoltare, parlare, pensare, conoscere? Con che cosa potr conoscersi quello per mezzo del quale tutto l'universo conosce ? Con che cosa potr conoscersi il conoscitore?"" 12."
QUINTO BRAHMANA 13 1. La terra miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la terra. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede sulla terra, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nel corpo e [a sua volta] costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 2. Le acque sono miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per le acque. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nelle acque, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nello sperma e [a sua volta] costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 3. Il fuoco miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il fuoco. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nel fuoco, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che fatto di parola e [a sua volta] costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 4. Il vento miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il vento. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nel vento, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che il soffio vitale e [a sua volta] costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 5. Il sole miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il sole. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nel sole, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nell'occhio e [a sua volta] costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 6. Le regioni del cielo sono miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per le regioni del cielo. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nelle regioni del cielo, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nell'orecchio e [a sua volta] costituito di luce e d'immortalit, di eco, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 7. La luna miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la luna. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nella luna, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nella mente e a sua volta costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto.
8. La folgore miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la folgore. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nella folgore, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che fatto di energia e [a sua volta] e costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 9. Il tuono miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il tuono. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nel tuono, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che fatto di suono ed costituito di luce, d'immortalit, di sensazioni sonore, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 10. L'atmosfera miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per l'atmosfera. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nell'atmosfera, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nello spazio all'interno del cuore, ed costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 11. La legge di giustizia miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la legge di giustizia. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nella legge di giustizia, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che la legge [individuale] di giustizia ed costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 12. La verit miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la verit. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nella verit, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che la veracit ed costituito di luce e di immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 13. La natura umana miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la natura umana. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che risiede nella natura umana, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nell'uomo ed costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 14. L'Atman miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per l'Atman. Quello spirito la cui essenza luce e immortalit, che abita nell'Atman [universale], e quello spirito che l'Atman [individuale] ed costituito di luce e d'immortalit, non son altro che l'Atman. Esso l'immortalit, esso il Brahman, esso il tutto. 15. In verit l'Atman il signore supremo di tutte le creature, il re di tutte le creature. Come tutti i raggi sono confitti nel mozzo e nel cerchio della ruota, cos in questo Atman sono confitti tutte le creature, tutti gli dei, tutti i mondi, tutte le facolt vitali, tutti gli individui. "16. In verit questo il miele di cui Dadhyanc Atharvana parl agli Asvin 14. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""o uomini, come il tuono [annuncia] la pioggia, io annuncio il grande prodigio compiuto per il vostro bene, il miele che Dadhyanc Atharvana vi rivel per mezzo della testa di cavallo""." "17. In verit questo il miele di cui Dadhyanc Atharvana parl agli Asvin. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""O Asvin, voi avete messo a Dadhyanc Atharvana una testa di
cavallo; fedele alla parola, egli vi ha rivelato il miele di Tvastar perch fosse custodito segretamente""." "18. In verit questo il miele di cui Dadhyanc Atharvana parl agli Asvin. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""Egli ha fatto castelli con due piedi, castelli con quattro piedi, e, divenuto uccello, entr come castellano nei castelli"". il Purusa (lo spirito) che risiede in tutti i castelli (ossia i corpi). Nulla esiste che egli non riempia, nulla esiste che egli non copra." "19. In verit questo il miele di cui Dadhyanc Atharvana parl agli Asvin. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""Sotto ogni forma si concret e ogni sua forma fu [destinata] a essere veduta. Per forza di magia Indra s'aggira sotto molteplici aspetti e mille corsieri sono per lui attaccati "". Lui sono i corsieri, diecimila, moltissimi, infiniti. Lui il Brahman da nulla preceduto, da nulla seguito, cui nulla interiore, nulla esteriore: l'Atman il Brahman da" cui ogni percezione si origina. Questo l'insegnamento. SESTO BRAHMANA 1-3. Ecco ora l'elenco dei maestri: Pautimasya ricevette la dottrina da Gaupavana, questi da Pautimasya, questi da Gaupavana, questi da Kausika, questi da Kaundinya, questi da Sandilya, questi da Kausika e da Gautama, Gautama da Agnivesya, questi da Sandilya e da Anabhimlata, questi da Anabhimlata, questi da Anabhimlata, questi da Gautama, questi da Saitava e da Pracinayogya, costoro da Parasarya, questi da Bharadvaja, questi da Bharadvaja e da Gautama, Gautama da Bharadvaja, questi da Parasarya, questi da Vaijavapayana, questi da Kausikayani, questi da Ghrtakausika, questi da Parasaryayana, questi da Parasarya, questi da Jatukarnya, questi da Asurayana e da Yaska, Asurayana da Traivani, questi da Aupajandhani, questi da Asuri, questi da Bharadvaja, questi da Atreya, questi da Manti, questi da Gautama, questi da Vatsya, questi da Sandilya, questi da Kaisorya Kapya, questi da Kumaraharita, questi da Galava, questi da Vidarbhikaundinya, questi da Vatsanapat Babhrava, questi da Pathin Saubhara, questi da Ayasya Angirasa, questi da Abhuti Tvastra, questi da Visvarupa Tvastra, questi dagli Asvin, questi due da Dadhyanc Atharvana, questi da Atharvan Daiva, questi da Mrtyu Pradhvamsana, questi da Pradhvamsana, questi da Ekarsi, questi da Vipracitti, questi da Vyasti, questi da Sanaru, questi da Sanatana, questi da Sanaga, questi da Paramesthin, Paramesthin dal Brahman. Il Brahman l'esistente di per s: onore al Brahman. Note: 1. Nel secondo adhyaya sono particolarmente interessanti il primo e il quarto brahmana nei quali s'afferma il monismo idealista che ravvisa nell'Atman-Brahman la fonte della coscienza e di tutti i fenomeni. "2. Drptabalaki, o l'orgoglioso Balaki, di contro al re Ajatasatru di Benares, famoso per dottrina e desideroso di emulare la generosit di Janaka, identifica il Brahman con varie apparizioni singole della natura. Ma il re rifiuta questo procedere: il Brahman il soggetto cosciente dell'uomo, che nel sonno ha assorbito tutte le altre facolt: queste, e con esse tutto l'universo compresi gli dei, si ricreano al suo risveglio, da lui promanando. Cfr. Kaus. Up., 4 e vedi il mio articolo ""Minima Upanisadica"" in ""Miscellanea Tucci"", Napoli 1974."
3. Conforme o vicino in qualche modo alla rappresentazione che ognuno si fa del Brahman l'effetto o il beneficio conseguito. 3 bis. Soma il nome della luna e del succo sacrificale, spremuto dall'asclepias acida, simbolo del cibo per gli uomini e per gli dei. 4. Lo spazio abbraccia ogni cosa: quindi simbolo della completezza. 5. Probabilmente perch non si d esistenza al di fuori della localizzazione. 5 bis. Le 72.000 vene (nadi) dai cinque colori, esistenti nel cuore, permettono l'afflusso dell'energia eterea proveniente dal sole. Cfr. 4, 3, 20. 6. Il secondo brahmana comprende due indovinelli, dei quali viene data la spiegazione. Il soffio mediano paragonato all'animale del sacrificio. Quest'ultimo "domina sette divinit, che stanno nelle varie parti dell'occhio e che vegliano sull'animale; a chi risolve l'enigma viene quindi promesso il dominio su sette nemici, che per Sankara sono gli organi di senso della testa (occhi, orecchi, narici, bocca) in quanto forse distoglierebbero dalla percezione del vero s. Il secondo indovinello (cfr. Atharvaveda, 10, 8, 9) riguarda la testa, nella quale sono posti i sette organi dei sensi gi detti, i quali per vengono identificati con i sette rsi, e ai quali viene aggiunta come ottava la parola (nell'enumerazione bocca e parola sembrano per considerate una cosa sola)." 7. Dopo aver cercato di distinguere tra l'aspetto materiale e quello spirituale del Brahman sia sul piano cosmico sia sul piano individuale, e dopo aver posto come simbolo le espressioni pi nobili sia del creato sia dell'incorporeo (rispettivamente sole e occhio e i personaggi che si pensa siano l'essenza di quelle apparizioni), il vate conclude che non possibile determinare il Brahman se non con una serie di negazioni. "8. Yajnavalkya, sul punto di ritirarsi nella foresta a meditare (o forse sul punto di morire?) partecipa alla cara moglie Maitreyi il suo insegnamento. Ogni rapporto tra noi e il mondo dipende dal soggetto, dal s: questo dunque bisogna ricercare, ch esso soltanto esiste e da esso procede e in esso rientra ogni conoscenza e ogni percezione Dopo la morte scompare l'individualit, che era determinata dal concretarsi in singoli ""blocchi di conoscenza"" del grande S universale, scompare anche ogni coscienza: esiste soltanto il S immoto, impassibile, inconoscibile. La rivelazione angoscia Maitreyi, che vede distrutta la speranza d'una immortalit individuale e cosciente. Cfr. 4, 5." 9. Si noti come si passi da considerazioni legate alla vita e ai sentimenti di ogni giorno a una costruzione filosofica, sostituendo al valore grammaticale di atman (= se stesso) il significato metafisico di Essere in s. Ma ci conferma quell'apriorismo gi notato: l'esistenza dell'Essere in s, dell'Atman universale accettata come un dato di fatto. "10. Seguo l'acuta proposta di P. THIEME (Upanischaden, Stuttgart, 1966, P. 74), il quale distingue tra nihsvasita, ""emanato"", e nisvasita, ""inalato, penetrato"" (nel testo tradito le due forme sono unificate). Giustificato apparisce allora il paragone con le acque che si gettano nell'oceano o con le varie sensazioni che si raccolgono negli organi, ossia esistono soltanto in quanto vengono percepite." 11. Come i vari blocchi di sale sciogliendosi perdono l'individualit e formano con l'acqua una nuova inscindibile unit, cos i vari blocchi di conoscenza dopo la morte cessano di essere parti differenziate: non esiste pi pluralit, che il presupposto della conoscenza distintiva e quindi della coscienza. 12. Dopo la morte non ci sono pi organi di senso, che son legati al corpo, e poi l'Atman, che
altra cosa che il corpo, non pu essere oggetto di percezione sensibile. Inoltre, se nulla esiste al di fuori dell'Atman, con che cosa potr conoscersi quello che condiziona ogni conoscenza? "13. Gli elementi e i fenomeni cosmici da un lato e le creature dall'altro si condizionano a vicenda, cos come l'esistenza del miele e quella delle api sono fondate l'una sull'altra. Infatti il sostrato d'ogni apparizione cosmica e del suo corrispondente nell'uomo lo stesso spirito, l'Atman. In fine (str. 16-19) vengono citate a sostegno alcune strofe del Rgveda, che sarebbero anticipazione della ""dottrina del miele""." "14. Dadhyanc (che un maestro citato nell'elenco susseguente) era stato minacciato da Indra se avesse rivelato agli Asvin il segreto della ""dottrina del miele"". Gli Asvin allora sostituirono alla testa di Dadhyanc una testa di cavallo, sulla quale si rivers l'ira del dio. I versetti delle str. 16 e 17 sono tratti rispettivamente da R.V., 1, 116, 12 e 1, 117, 22. I versetti delle str. 18 e 19 (quest'ultimo tratto da R.V.) 6, 47, 18) adombrano l'immanenza del creatore nel creato e l'unit che sottende la molteplicit apparente." BRHADARANYAKA UPANISAD TERZO ADHYAYA 1 PRIMO BRAHMANA 1. Un tempo Janaka, re di Videha, prepar un sacrificio con ricchi doni per i sacerdoti e nell'occasione si radunarono i brahmani delle trib dei Kuru e dei Pancala. Janaka di Videha ebbe il desiderio di saper qual fosse il pi dotto tra i brahmani. Rinchiuse allora in un recinto mille vacche e alle corna di ciascuna erano attaccate dieci monete [d'oro]. "2. Poi egli disse [ai convenuti]: ""Venerabili brahmani! Chi tra voi il pi dotto brahmano si porti via queste vacche"". Ma i brahmani non osarono. Allora Yajnavalkya disse al suo discepolo: ""Samasravas, caro, portale via! "". E quello cos fece. Ma i brahmani s'adirarono e dissero: ""Come pu mai dire d'essere il pi dotto brahmano tra noi ?"". Il cappellano di Janaka di Videha era Asvala, il quale gli chiese: ""Tu, o Yajnavalkya, sei dunque tra noi il pi dotto brahmano?"". E quegli rispose: ""Noi siamo pronti a rendere omaggio al pi dotto brahmano, ma noi desideriamo le vacche (perch crediamo d'essere i migliori)"". Allora il cappellano Asvala cominci a interrogarlo 2:" "3. ""Yajnavalkya - egli disse - se vero che tutto l'universo soggetto alla morte, tutto dominato dalla morte, con quale mezzo colui che fa sacrificare si sottrae al dominio della morte?"". ""Con il sacerdote hotar, con il fuoco, con la parola. La parola corrisponde al hotar del sacrificio 3. Ci che la parola, il fuoco e questo il hotar, la liberazione, l'emancipazione finale""." "4. ""Yajnavalkya - continu Asvala - se vero che tutto l'universo soggetto al giorno e alla notte (ossia al tempo), tutto dominato dal giorno e dalla notte, con quale mezzo chi fa sacrificare si sottrae al dominio del giorno e della notte?"". ""Con il sacerdote adhvaryu, con l'occhio, con il sole. L'occhio corrisponde all'adhvaryu del sacrificio 4. Ci che quaggi l'occhio, lass il sole e questo l'adhvaryu, la liberazione, l'emancipazione finale""." "5. ""Yajnavalkya - riprese quello - se vero che tutto l'universo soggetto alla quindicina chiara e alla quindicina oscura, tutto dominato dalla quindicina chiara e dalla quindicina
oscura, con quale mezzo chi fa sacrificare si sottrae al dominio della quindicina chiara e della quindicina oscura ?"". ""Con il sacerdote udgatar, con il vento, con il respiro. Il respiro corrisponde all'udgatar del sacrificio 5. Ci che il respiro, il vento e questo l'udgatar, la liberazione, l'emancipazione finale""." "6. ""Yajnavalkya - continu quello - poich l'atmosfera priva, per dir cos, di sostegno, per qual via d'ascesa colui che fa sacrificare pu salire al mondo celeste? ''. ""Con il sacerdote Brahman, con la mente, con la luna. La mente corrisponde al sacerdote brahman del sacrificio 6. Ci che la mente, la luna e questa il sacerdote brahman, la liberazione, l'emancipazione finale ""." Questo per quel che concerne la liberazione. Vediamo ora i benefici [che s'ottengono]. "7. ""Yajnavalkya - disse quello - quante strofe pronuncer oggi nel sacrificio il hotar?"". ""Tre"". ""Quali sono queste tre?"". ""La strofa introduttiva, la strofa che accompagna l'offerta, la strofa d'encomio"". ""Che cosa s'ottiene con esse?"". ""Qualunque cosa abbia vita""." "8. ""Yajnavalkya - allora quello disse - oggi l'adhvaryu quante oblazioni offrir nel sacrificio ? "". ""Tre"". ""Quali sono queste tre?"". ""Quelle che offerte fiammeggiano, quelle che gettate sul fuoco fanno venir fuori la schiuma, quelle che a contatto con il fuoco colano in basso"". ""Che cosa s'ottiene con esse?"". ""Con quelle che offerte fiammeggiano s'ottiene il mondo degli dei: fiammeggia in certo modo infatti il mondo degli dei. Con quelle che gettate nel fuoco fanno venir fuori la schiuma s'acquista il mondo dei Mani: il mondo dei Mani infatti posto, per cos dire, al di fuori. Con quelle che a contatto con il fuoco colano in basso s'ottiene il mondo degli uomini: in basso infatti in certo modo il mondo degli uomini""." "9. ""Yajnavalkya - ripigli quello - con quante divinit oggi il sacerdote brahman protegge a man destra il sacrificio ?"". ""Con una sola"". ""Qual ?"". ""La mente. Infinita la mente, infiniti tutti gli dei. Perci il mondo infinito s'ottiene con essa""." "10. ""Yajnavalkya - disse ancora quello - quante strofe di lode canter oggi l'udgatar in questo sacrificio?"". ""Tre"". ""Quali sono queste tre ?"". ""La strofa introduttiva, la strofa che accompagna l'offerta, la strofa d'encomio"". ""Che cosa sono queste secondo il punto di vista individuale?"". ""La strofa introduttiva il prana, la strofa che accompagna l'offerta l'apana, la strofa d'encomio il vyana"". ""Che mai s'ottiene con queste?"". ""Con la strofa introduttiva s'ottiene la terra, con la strofa che accompagna l'offerta s'ottiene l'atmosfera, con la strofa d'encomio s'ottiene il mondo celeste"". Allora tacque il cappellano di corte Asvala." SECONDO BRAHMANA 7 "1. Di poi s'avanz a interrogarlo Artabhaga, discendente di Jaratkaru: ""Yajnavalkya - diss'egli quanti sono i prenditori (graha) e quanti sono i superprenditori (atigraha)? "". ""I prenditori sono otto e otto pure sono i superprenditori"". ""Chi sono gli otto prenditori e gli otto superprenditori ? "" 8." "2. ""In verit, prenditore l'olfatto, [che a sua volta ] afferrato da quel superprenditore che l'odore: con l'olfatto infatti si percepiscono gli odori." 3. In verit, prenditore la voce [che a sua volta ] afferrata da quel superprenditore che il
vocabolo: con la voce infatti si pronunciano i vocaboli. 4. In verit, prenditore la lingua, [che a sua volta ] afferrata da quel superprenditore che il gusto: con la lingua infatti si distinguono i gusti. 5. In verit, prenditore la vista, [che a sua volta ] afferrata da quel superprenditore che l'immagine: con la vista infatti si percepiscono le immagini. 6. In verit, prenditore l'udito, [che a sua volta ] afferrato da quel superprenditore che il suono: con l'udito infatti si intendono i suoni. 7. In verit, prenditore la mente, [che a sua volta ] afferrata da quel superprenditore che il desiderio: con la mente infatti si concepiscono i desideri. 8. In verit, prenditori sono le mani, [che a lor volta sono] afferrate da quel superprenditore che l'azione: con le mani infatti si compiono le azioni. "9. In verit, prenditore la pelle, [che a sua volta ] afferrata da quel superprenditore che il tatto: con la pelle infatti si percepiscono i contatti. Questi sono gli otto prenditori e gli otto superprenditori""." "10. ""Yajnavalkya - disse allora quello - poich tutto cibo per la morte, qual quella divinit per la quale la morte cibo?"". ""Il fuoco la morte ed cibo delle acque. Invero vince la seconda morte [colui che questo sa] "" 9." "11. ""Yajnavalkya - continu quello - quando un uomo muore, gli spiriti vitali da lui s'allontanano o no?"". ""No - rispose Yajnavalkya - ma essi si raccolgono tutti insieme [nel suo corpo] ed egli cresce, si gonfia: gonfio giace infatti il morto"" 10." "12. ""Yajnavalkya - disse ancora quello - quando un uomo muore, che cosa non l'abbandona?"". ""Il nome. Il nome infinito, infiniti sono tutti gli dei e con esso il mondo infinito si conquista"" 11." "13. ""Yajnavalkya - riprese quello - quando d'un uomo morto la parola andata nel fuoco, il respiro nel vento, l'occhio nel sole, la mente nella luna, l'udito nelle regioni celesti, il corpo nella terra, l'anima nello spazio etereo, i peli nelle erbe, i capelli negli alberi, il sangue e lo sperma si sono depositati nelle acque, dove si trova in realt questo uomo ?"". ""Prendi la mano, o caro Artabhaga, noi due soli lo sapremo. Questo nostro colloquio non da farsi in pubblico"". E" uscirono e parlarono tra loro. E ci di cui parlarono fu l'azione, e ci che lodarono fu l'azione: buoni si diventa infatti con le buone azioni, cattivi con le cattive 12. Allora si tacque Artabhaga, il discendente di Jaratkaru. TERZO BRAHMANA 13 "1. Allora pose la sua domanda Bhujyu, della stirpe di Lahya. ""Yajnavalkya - egli disse - da studenti vivevamo errabondi tra i Madra e un giorno giungemmo alla casa di Patancala della stirpe di Kapi. Costui aveva una figlia ossessa da un Gandharva, al quale noi chiedemmo chi fosse. Quello rispose d'essere Sudhanvan Angirasa. Gli rivolgemmo domande sui confini dei
mondi e poi gli dicemmo: "" Dove sono finiti i discendenti di Pariksit? "" 14. E questo pure a te domandiamo, Yajnavalkya: dove sono finiti i discendenti di Pariksit ?""." "2. Yajnavalkya rispose: ""Certamente colui disse: "" Andarono l dove vanno coloro che hanno celebrato il sacrificio dell'asvamedha"" "". ""E dove vanno coloro che hanno celebrato il sacrificio dell'asvamedha?"". ""Questo mondo s'estende quanto [ lo spazio percorso in] trentadue giorni dal carro degli dei 15. La terra, che s'estende due volte tanto, lo circonda tutt'attorno ed a sua volta circondata dall'oceano, due volte pi grande. Nell'intervallo tra cielo e terra c' una fessura larga quanto la lama d'un coltello o l'ala d'una mosca. Indra, fattosi uccello, li affid al Vento e il Vento," "avendoli presi in s, li trasport l dove gi si trovavano coloro che celebrarono il sacrificio dell'asvamedha. Senza dubbio in tal modo quel gandharva glorific il Vento. Il Vento dunque contemporaneamente l'essere individuale e l'essere universale. In verit vince la seconda morte colui che cos sa""." Allora Bhujyu, discendente di Lahya, si tacque. QUARTO BRAHMANA 16 "1. Poi s'avanz per interrogarlo Usasta, della stirpe di Cakra. ""Yajnavalkya - diss'egli - parlami dell'essenza presente in ogni cosa, ossia del Brahman visibile e direttamente percepito "". "" il tuo Atman quello che presente in ogni cosa"". ""Quale , Yajnavalkya, questo Atman presente in ogni cosa?"". ""Quello che con l'inspirazione inspira, quello il tuo Atman presente in ogni cosa; quello che con l'espirazione (apana) espira, quello il tuo Atman presente in ogni cosa; quello che circola nel corpo con il soffio circolatorio (Vyana), quello il tuo Atman presente in ogni cosa; quello che con il soffio ascendente (udana) soffia verso l'alto, quello il tuo Atman presente in ogni cosa. Ecco che cos' il tuo Atman presente in ogni cosa""." "2. Allora Usasta discendente di Cakra disse: ""La tua indicazione equivale a quella di chi dicesse: ""Questa una vacca, questo un cavallo [senza in realt definirli]"" 17." "Parlami veramente di quello che l'essenza presente in ogni cosa, ossia del Brahman visibile e direttamente percepito"". "" il tuo Atman quello che presente in ogni cosa "". ""Quale , Yajnavalkya, [questo Atman] presente in ogni cosa?"". ""Tu non puoi vedere chi causa della vista, non puoi ascoltare chi causa dell'ascolto, non puoi pensare chi causa del pensiero, non puoi conoscere chi causa del conoscere. Questo il tuo Atman presente in ogni cosa. Al di fuori di esso non c' che dolore""." Allora tacque Usasta discendente di Cakra. QUINTO BRAHMAN. A "1. Si fece poi avanti per interrogarlo Kahola della stirpe di Kusitaka. ""Yajnavalkya - disse egli parlami dell'essenza presente in ogni cosa, ossia del Brahman visibile e direttamente percepito"". "" il tuo Atman quello che presente in ogni cosa "". ""Quale , Yajnavalkya, [questo Atman] presente in ogni cosa?"". ""Quello che superiore a fame e sete, a dolore, a errore, a vecchiezza, a morte. Quando abbiano conosciuto questo Atman, i brahmani non pi desiderano i figli, la ricchezza, i mondi [celesti], ma si dedicano alla vita errabonda del monaco mendicante. Desiderare un figlio significa desiderare la ricchezza, desiderare la ricchezza significa desiderare i mondi [ultraterreni]: ma tutti questi sono desideri [vani, in quanto
permettono soltanto una felicit transeunte]. Perci il brahmano si liberi della dottrina e ridiventi come un bambino; poi superate dottrina e semplicit infantile diventer un asceta; infine, abbandonate ascesi e non ascesi, diventer un [vero] brahmano"". ""In virt di quale cosa diventer un [vero] brahmano?"". ""Diventer tale in virt di quello stesso [principio] dal quale deriva. Al di fuori di esso non c' che dolore"". E anche Kahola della stirpe di Kusitaka stette zitto." SESTO BRAHMANA 18 "1. S'avanz allora per interrogarlo Gargi, figlia di Vacaknu. ""Yajnavalkya - disse - se le acque son la trama in cui tutto il mondo intessuto, in qual trama sono intessute le acque ?"". ""Nel vento, Gargi"". ""E in qual trama intessuto il vento ?"". ""Negli spazi dell'atmosfera, Gargi"". ""E gli spazi dell'atmosfera in quale trama sono intessuti?"". ""Nei mondi dei gandharva, Gargi "". ""E i mondi dei gandharva in quale trama sono intessuti?"". ""Nei mondi del sole, Gargi"". ""E i mondi del sole in quale trama sono intessuti ? "". ""Nei mondi della luna, Gargi"". ""E i mondi della luna in quale trama sono intessuti?"". ""Nei mondi delle stelle, Gargi"". ""E i mondi delle stelle in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi degli dei, Gargi"". ""E i mondi degli dei in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi di Indra, Gargi""'. ""E i mondi di Indra in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi di Prajapati, Gargi"". ""E i mondi di Prajapati in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi del Brahman, Gargi"". ""E i mondi del Brahman in quale trama sono intessuti?"". Allora Yajnavalkya disse: ""O Gargi, non fare troppe domande, che la tua testa non scoppi. Tu fai domande su una divinit al di l della quale non possono pi farsi domande. Gargi, non fare altre domande""." Allora Gargi, la figlia di Vacaknu, si tacque. SETTIMO BRAHMANA 19 "1. Allora Uddalaka figlio di Aruna l'interrog e disse: ""Yajnavalkya, fra i Madra noi dimoravamo e imparavamo il [rituale del] sacrificio nella casa di Patancala Kapya. La moglie di costui era posseduta da un gandharva. A questo noi chiedemmo chi fosse ed egli rispose di chiamarsi Kabandha Atharvana. Poi prosegu, rivolto a Patancala Kapya e a [noi] studiosi del rituale: "" Conosci, o Kapya, quel filo che tien legati insieme questo mondo, il mondo di l e tutte le creature? "". Patancala Kapya rispose: "" O venerabile, io non lo conosco "". Allora quello ripigli, rivolto a Patancala Kapya e a [noi] studiosi del rituale: "" Conosci, o Kapya, quell'interno reggitore, che dall'interno regge questo mondo e quell'altro e tutte le creature? "". E Patancala Kapya ancora rispose: ""Non lo conosco, o venerabile"". Quindi il gandharva disse a Patancala Kapya e a [noi] studiosi del rituale: ""O Kapya, chi conosce questo filo e questo interno reggitore, costui conosce il Brahman, i mondi, gli dei, i Veda, le creature, costui conosce l'Atman, conosce ogni cosa "". Cos egli disse. Ed ora io lo conosco. Se tu, o Yajnavalkya, senza conoscere questo filo, questo interno reggitore, ti porterai via le vacche promesse ai brahmani, la tua testa scoppier! ''. ""In verit io conosco, o discendente di Gotama, questo filo e questo interno reggitore ''. ""Chiunque pu dire: "" Io lo so, io lo so! "". Ma ora d quello che sai""." "2. Yajnavalkya disse: ""Il vento, o discendente di Gotama, questo filo: il vento il filo che tien insieme legati questo mondo, quell'altro e tutte le creature. Perci, o Gotama, quando uno morto si dice: gli si sono sciolte le membra. perch il vento il filo che insieme le tiene
legate"". "" proprio cos, Yajnavalkya; ora parla dell'interno reggitore""." "3. ""Colui che, pur stando nella terra, distinto da essa, che dalla terra non conosciuto, che ha come corpo la terra, che dall'interno regge la terra, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale." 4. Colui che, pur stando nelle acque, distinto da esse, che dalle acque non conosciuto, che ha come corpo le acque, che dall'interno regge le acque, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 5. Colui che, pur stando nel fuoco, distinto da esso, che dal fuoco non conosciuto, che ha come corpo il fuoco, che dall'interno regge il fuoco, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 6. Colui che, pur stando nell'atmosfera, distinto da essa, che dall'atmosfera non conosciuto, che ha come corpo l'atmosfera, che dall'interno regge l'atmosfera, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 7. Colui che, pur stando nel vento, distinto da esso, che dal vento non conosciuto, che ha come corpo il vento, che dall'interno regge il vento, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 8. Colui che, pur stando nel cielo, distinto da esso, che dal cielo non conosciuto, che ha come corpo il cielo, che dall'interno regge il cielo, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 9. Colui che, pur stando nel sole, distinto da esso, che dal sole non conosciuto, che ha come corpo il sole, che dall'interno regge il sole, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 10. Colui che, pur stando nelle regioni celesti, distinto da esse, che dalle regioni celesti non conosciuto, che ha come corpo le regioni celesti, che dall'interno regge le regioni celesti, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 1 l. Colui che, pur stando nella luna e nelle stelle, distinto da esse, che dalla luna e dalle stelle non conosciuto, che ha come corpo la luna e le stelle, che dall'interno regge la luna e le stelle, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 12. Colui che, pur stando nello spazio etereo, distinto da esso, che dallo spazio etereo non conosciuto, che ha come corpo lo spazio etereo, che dall'interno regge lo spazio etereo, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 13. Colui che, pur stando nelle tenebre, distinto da esse, che dalle tenebre non conosciuto, che ha come corpo le tenebre, che dall'interno regge le tenebre, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 14. Colui che, pur stando nella luce, distinto da essa, che dalla luce non conosciuto, che ha come corpo la luce, che dall'interno regge la luce, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. Questo sul piano cosmico. Vediamo ora per quel che riguarda le creature.
15. Colui che, pur trovandosi in tutte le creature, da tutte le creature distinto, che da tutte le creature non conosciuto, che ha come corpo tutte le creature, che tutte le creature regge dall'interno, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. Questo per quel che riguarda le creature. Ora per quel che riguarda l'individuo. 16. Colui che, pur trovandosi nel respiro, dal respiro distinto, che dal respiro ignorato, che si manifesta nel respiro, che dall'interno regge il respiro, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 17. Colui che, pur trovandosi nella parola, dalla parola distinto, che dalla parola ignorato, che si manifesta nella parola, che dall'interno regge la parola, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 18. Colui che, pur trovandosi nella vista, dalla vista distinto, che dalla vista ignorato, che si manifesta nella vista, che dall'interno regge la vista, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 19. Colui che, pur trovandosi nell'udito, dall'udito distinto, che dall'udito ignorato, che si manifesta nell'udito, che dall'interno regge l'udito, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 20. Colui che, pur trovandosi nella mente, dalla mente distinto, che dalla mente ignorato, che si manifesta nella mente, che dall'interno regge la mente, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 21. Colui che, pur trovandosi nella pelle, dalla pelle distinto, che dalla pelle ignorato, che si manifesta nella pelle, che dall'interno regge la pelle, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 22. Colui che, pur trovandosi nella facolt di conoscere, da essa distinto, che dalla facolt di conoscere ignorato, che si manifesta nella facolt di conoscere, che dall'interno regge la facolt di conoscere, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. 23. Colui che, pur trovandosi nel seme, da esso distinto, che dal seme ignorato, che si manifesta nel seme, che dall'interno regge il seme, questo il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. "Esso il Veggente non veduto, l'Uditore non udito, il Pensatore non pensato, il Conoscitore non conosciuto. Non c' altro veggente al di fuori di lui, non altro uditore, non altro pensatore, non altro conoscitore. Esso il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. Al di fuori di esso non c' che dolore ""." Allora Uddalaka figlio di Aruna rimase zitto. OTTAVO BRAHMANA 20 "1. Quindi parl la figlia di Vacaknu, [Gargi]: ""Venerabili brahmani, io ora rivolger due
domande a costui. Se mi sapr rispondere, nessuno di voi potr sicuramente vincerlo nelle questioni riguardanti il Brahman"". ""Domanda pure, o Gargi""." "2. Allora essa disse: ""O Yajnavalkya, come un guerriero della stirpe di Kasi o di Videha, dopo aver teso la corda [prima] rilasciata dell'arco, s'avanza tenendo nella mano due frecce destinate a trafigger l'avversario, cos io mi son levata contro di te con due domande. Rispondimi! "". ""Domanda pure, o Gargi""." "3. Essa disse: ""Yajnavalkya, ci che sta al di sopra del cielo, ci che sta al di sotto della terra, ci che sta tra cielo e terra, ci che chiamano passato, presente e futuro, in quale trama intessuto ?""." "4. Egli rispose: ""O Gargi, ci che sta al di sopra del cielo, ci che sta al di sotto della terra, ci che sta tra cielo e terra, ci che chiamano passato, presente e futuro, intessuto nella trama dello spazio etereo""." "5. Essa allora: ""Onore a te, Yajnavalkya, che hai risposto alla mia domanda. Preparati alla seconda "". ""Domanda pure, o Gargi""." "6. Essa disse: ""Yajnavalkya, ci che sta al di sopra del cielo, ci che sta al di sotto della terra, ci che sta tra cielo e terra, ci che chiamano passato, presente e futuro, in quale trama intessuto?""." "7. Allora egli rispose: ""O Gargi, ci che sta al di sopra del cielo, ci che sta al di sotto della terra, ci che sta tra cielo e terra, ci che chiamano passato, presente e futuro, intessuto nella trama dello spazio etereo ''. ""E in quale trama intessuto lo spazio etereo?""." "8. Egli disse: ""O Gargi, questo [principio] i brahmani lo chiamano l'Indefettibile. Esso non n grosso, n sottile, n corto, n lungo; esso privo di sangue, di grasso, esso privo di ombra, di oscurit, di vento, di etere; esso senza adesivit, senza sapore, senza odore, senza vista, senza udito, senza parola, senza mente, senza energia vitale, senza respiro, senza bocca, senza misura; non n interno, n esterno; nulla esso mangia e nessuno lo mangia." "9. In verit al comando di questo Indefettibile, o Gargi, sole e luna stanno distinti al lor posto; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, cielo e terra stanno distinti al lor posto; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, compiono ciascuno il suo corso i minuti, le ore, i giorni e le notti, le quindicine, i mesi, le stagioni e gli anni; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, scendono dalle candide montagne i fiumi, alcuni a occidente, altri a oriente secondo la loro direzione; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, gli uomini lodano chi dona, gli dei chi fa fare il sacrificio e i Mani agognano l'offerta." "10. Se in questo mondo qualcuno, senza conoscere questo Indefettibile, o Gargi, offre, sacrifica, pratica l'ascesi, fosse pure per molte migliaia di anni, il suo [merito] sempre destinato a una fine. Colui che se ne muore senza conoscere questo Indefettibile, o Gargi, misero; ma chi lascia questo mondo dopo aver conosciuto l'Indefettibile, o Gargi, un vero brahmano." "11. Questo Indefettibile, o Gargi, il Veggente non veduto, l'Uditore non udito, il Pensatore non pensato, il Conoscitore non conosciuto; non altra cosa esiste fuori di lui che sappia vedere, udire, pensare, conoscere. In questo Indefettibile, o Gargi, intessuto lo spazio etereo""."
"12. Allora essa disse: ""Venerabili brahmani, dovete considerare gi gran cosa il fatto che da costui siete stati lasciati liberi dopo [avergli reso soltanto] un omaggio. In verit non esiste alcuno di voi che possa superarlo nelle questioni concernenti il Brahman ''." Poi la figlia di Vacaknu si tacque. NONO BRAHMANA 21 "1. Allora si fece avanti a interrogarlo Vidagdha della stirpe di Sakala: ""Quanti sono gli dei, o Yajnavalkya? ""." "Egli rispose secondo la forma liturgica: ""Quanti sono enumerati nella formula invocatoria a tutti gli dei: 3306""." "Va bene - disse quegli - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?. ""Trentatr"". ""Va bene - ribatt colui - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Sei "". ""Va bene disse ancora quegli - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Tre"". ""Va bene riprese quegli - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Due"". ""Va bene - ancora ripigli colui - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Uno e mezzo"". ""Va bene disse ancora - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya ?"". ""Uno"". ""Bene - concluse quegli - allora chi sono i 3306 ?""." "2. Yajnavalkya disse: ""Queste sono le loro capacit di manifestarsi, ma gli dei sono soltanto trentatr""'. ""Chi sono questi trentatr ?"". ""Gli otto Vasu, gli undici Rudra, i dodici Aditya assommano a trentuno; con Indra e Prajapati si arriva a trentatr""." "3. ""Quali sono i Vasu?"". ""Agni, la terra, il vento, l'atmosfera, il sole, il cielo, la luna e le stelle: questi sono i Vasu. In essi posto (vasati) tutto l'universo, perci si chiamano Vasu""." "4. ""Quali sono i Rudra ?"". ""I dieci organi vitali che ci son nell'uomo 22 e la mente come undecima. Uscendo dal corpo mortale essi fanno piangere; poich fanno piangere (rud) si chiamano Rudra""." "5. ""Quali sono gli Aditya?"". ""I dodici mesi dell'anno sono gli Aditya. Essi passano portandosi via tutto questo universo; poich passano portandosi via (ada) tutto questo universo, si chiamano perci Aditya""." "6. ""Chi Indra, chi Prajapati?"". ""Il tuono Indra' il sacrificio Prajapati"". ""Che cosa il tuono?"". ""Il fulmine ''. ""Che cosa il sacrificio?"". ""Gli animali""." "7. ""Chi sono i sei?"". ""Agni, la terra, il vento, l'atmosfera, il sole e il cielo: ecco i sei. Questi sei sono tutto questo universo""." "8. ""Chi sono i tre dei ?"". ""Questi tre mondi: in essi invero vivono tutti gli dei"". ""Chi sono i due dei?"". ""Il cibo e il respiro"". ""Chi l'uno e mezzo? "". ""Il [vento] che spira purificando ""." "9. A questo proposito stato osservato: Poich uno solo che spira purificando, come mai pu parlarsi di uno e mezzo (adhyardha)? Tutto questo universo prosper (adhyardhnot) in lui,
per questo si chiama adhyardha. ""Chi l'unico dio ?"". ""Lo spirito vitale, il prana: lo chiamano il Brahman, il tyad (il trascendente)""." "10. ""Colui che conosce quello spirito del quale la terra la sede, il fuoco il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito che risiede nel corpo. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit?"". ""L'immortalit"", egli rispose." "11. ""Colui che conosce quello spirito del quale il desiderio la sede, il cuore il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito del desiderio. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit?"". ""Le donne"", rispose quello." "12. ""Colui che conosce quello spirito del quale le forme sono la sede, la vista il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito [che risiede] nel sole. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit?"". ""La verit"", rispose quello." "13. ""Colui che conosce quello spirito del quale lo spazio etereo la sede, l'udito il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito dell'udito, dell'eco. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit ?"". ""Le regioni celesti"", rispose quello." "14. ""Colui che conosce quello spirito del quale le tenebre sono la sede, il cuore il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya "". "" In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito costituito d'ombra. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit?"". ""La morte"", rispose quello." "15. ""Colui che conosce quello spirito del quale le forme sono la sede, la vista il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito che [riflesso] nello specchio. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit?"". ""La vita"", rispose quello." "16. ""Colui che conosce quello spirito del quale le acque sono la sede, il cuore il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito che sta nelle acque. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit?"". ""Varuna"", rispose quello." "17. ""Colui che conosce quello spirito del quale lo sperma la sede, il cuore il regno, la mente la luce e che lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verit io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso lo spirito che rinasce nel figlio. Dimmi, o discendente di Sakala, qual la sua divinit?"". ""Prajapati"" rispose quello."
"18. ""O discendente di Sakala - disse allora Yajnavalkya - questi brahmani ti hanno preso per cavare dal fuoco i carboni ardenti?""." "19. ""Yajnavalkya - replic il discendente di Sakala " "poich cos hai vinto questi brahmani dei Kuru e dei Pancala, qual' la conoscenza del Brahman che tu possiedi?""." "Io conosco le regioni del cielo con i loro dei e i loro fondamenti. ""Poich tu conosci le regioni celesti insieme con i loro dei e i loro fondamenti," "20. quale divinit tu consideri protettrice dell'oriente?"". ""Il dio sole"". ""Il sole su che cosa basato ?"". ""Sulla vista"". ""E la vista su che cosa basata?"". ""Sulle forme: infatti con la vista che si scorgono le forme "". ""E su che cosa sono basate le forme ?"". ""Sul cuore, - egli rispose - con il cuore si conoscono le forme, sul cuore le forme sono basate"". "" proprio cos, Yajnavalkya." "21. Quale divinit consideri protettrice del mezzogiorno?"". ""Il dio Yama"". ""E Yama su che cosa basato?"". ""Sul sacrificio"". ""E il sacrificio su che cosa basato?"". ""Sui doni fatti ai sacerdoti"". ""E i doni fatti ai sacerdoti?"". ""Sulla fede: poich soltanto chi ha fede fa doni ai sacerdoti. Quindi i doni sono basati sulla fede"". ""E la fede su che cosa basata?"". ""Sul cuore - rispose egli - con il cuore si conosce la fede, nel cuore la fede ha il suo fondamento"". "" proprio cos, Yajnavalkya." "22. Quale divinit consideri protettrice dell'occidente?"". ""Il dio Varuna"". ""E Varuna su che cosa basato ? "". ""Sulle acque"". ""E le acque su che cosa sono basate?"". ""Sullo sperma"". ""E lo sperma su che cosa basato?"". ""Sul cuore - rispose egli - per questo che di un figlio immagine [del padre] si dice: uscito fuori dal cuore, stato prodotto dal cuore. Dunque nel cuore lo sperma ha il suo fondamento"". "" proprio cos, Yajnavalkya." "23. Quale divinit consideri protettrice del settentrione?"". ""Il dio Soma"". ""E Soma su che cosa basato? ''. ""Sulla consacrazione "". ""E la consacrazione su che cosa basata? "". ""Sulla verit. Perci a chi stato consacrato si dice: D la verit. Infatti la consacrazione ha il suo fondamento nella verit "". ""E la verit su che cosa basata?"". ""Sul cuore - egli rispose con il cuore infatti si conosce la verit, nel cuore la verit ha il suo fondamento"". "" proprio cos, Yajnavalkya." "24. Quale divinit consideri protettrice dello zenith? "". ""Il dio Agni"". ""E Agni su che cosa basato?"". ""Sulla parola"". ""E la parola su che cosa basata?"". ""Sul cuore"". ""E il cuore su che cosa basato ?""." "25. ""Stolto - gli disse Yajnavalkya - se tu pensi che sia altrove che in noi. Se fosse fuori di noi, i cani lo mangerebbero e gli uccelli rapaci lo farebbero a brani""." "26. ""E tu e l'Atman su che cosa siete basati?"". ""Sul prana (respiro) "". ""E il prana su che cosa basato ?"". ""Sull'apana"". ""E l'apana su che cosa basato?"". ""Sul vyana"". ""E il vyana su che cosa basato?"". ""Sull'udana"". ""E l'udana su che cosa basato ?"". ""Sul samana." "Questo l'Atman, definibile soltanto in senso negativo: esso inafferrabile perch non lo si afferra, non soggetto a decadenza perch non decade, non soggetto ad attaccamento perch non s'attacca; privo di legami, non teme, n pu essere colpito. Queste sono le otto sedi, gli otto mondi, gli otto dei, gli otto spiriti 23. Ma ora io ti interrogo su quello spirito rivelato
nelle Upanisad, che ha superato tutti questi spiriti, dopo averli messi da parte e respinti. Se non saprai indicarmelo, la tua testa scoppier "". Ma il discendente di Sakala non seppe indicarlo e la sua testa scoppi. Dei ladri poi portarono via le sue ossa, prendendole per [qualche cosa d'] altro." "27. Quindi Yajnavalkya disse: ""Venerabili brahmani, chi di voi lo desidera m'interroghi, o anche tutti interrogatemi; io poi interrogher chi di voi lo voglia, o anche tutti insieme"". Ma i brahmani non osarono." 28. Allora li interrog con queste strofe: Simile a un albero signore della foresta , sicuramente, l'uomo: I suoi peli sono le foglie, la sua pelle la scorza esterna. "Dalla pelle il sangue trasuda, e cos la linfa dalla scorza;" quando ferito [il sangue] sprizza fuori, come la linfa dall'albero colpito. Le sue carni sono le schegge, il robusto tendine il [robusto] libro dell'albero, le ossa sono la parte interna del legno, il midollo simile al midollo. "Ma l'albero stroncato si leva dalla radice in una forma pi nuova; un uomo stroncato dalla morte, invece, da qual radice risorger?" Non dite [che nasce] dallo sperma, perch questo si produce [soltanto] da un vivente. L'albero invece [, poich] nasce da un seme, pu risorgere immediatamente [da un altro albero anche] dopo la morte [di quello, a differenza dell'uomo] . "[Ma anche] un albero, sradicato insieme con le radici, non pi risorgerebbe; stroncato da morte, l'uomo da qual radice potr risorgere?" Una volta che si nati, non pi si rinasce: chi mai potrebbe far rinascere un uomo? "Esiste [soltanto] il Brahman: esso conoscenza, beatitudine, la grazia concessa a chi dona, lo scopo finale di chi lo conosce e vi rimane fedele"" 24." Note: 1. Alla corte di Janaka, che ha messo in palio ricchi premi, si svolge una sorta di tenzone intellettuale tra Yajnavalkya e nove avversari, che pensano di porlo in difficolt con quesiti di vario ordine. Di tutti Yajnavalkya trionfa e tutti riduce al silenzio. 2. Asvala pone quesiti essenzialmente liturgici, ossia chiede in qual modo sacrificando ci si libera dalla fugacit dell'esistenza terrena e quali sono i vantaggi che dal sacrificio si traggono. Yajnavalkya risponde che si supera la morte e s'ottiene la comprensione dell'universo riconoscendo la vera realt degli officianti il rito, che sono identificati con alcuni sensi umani e con la loro controparte cosmica. I particolari appartengono alla speculazione sacerdotale. 3. Il hotar il sacerdote che pronuncia le strofe e quindi vien messo in rapporto con la parola.
Tra parola e fuoco il rapporto probabilmente da vedersi nel fatto che il fuoco la bocca degli dei, per i quali divora le offerte. 4 L'adhvaryu sorveglia lo svolgimento del sacrificio, l'occhio sorveglia l'agire dell'uomo, il sole sorveglia tutto il creato. 5. L'udgatar il sacerdote cantore e canta per mezzo del respiro. 6. Il sacerdote brahman con la mente dirige il sacrificio e ne corregge ogni eventuale errore. "7. Artabhaga pone cinque quesiti: sul rapporto tra organi dei sensi e oggetti; sulla possibilit di vincere la morte; sul fatto fisiologico del gonfiamento dei cadaveri; sulla sola cosa che non abbandona l'uomo alla morte; sulla vita futura." "8. Con graha son designati i sensi con cui si percepiscono gli oggetti; ad essi son considerati superiori (atigraha) gli oggetti stessi dei sensi, i quali esercitano sui sensi una sorta d'attrazione primitiva concezione del rapporto scambievole che s'instaura tra sensi e oggetti." 9. L'osservazione d'un fatto fisico (il fuoco, che tutto distrugge, vinto dall'acqua) sembra suggerire un pensiero di questo tipo: un'acqua adatta (la conoscenza dell'Atman?) vince la seconda morte. 10. Diversa, anzi opposta, la spiegazione del fatto in B.Up., 1, 2, 6. 11. Il nome per molti primitivi indissolubilmente legato con l'anima ed senza fine perch una volta scelto non pu cambiarsi. 12. questo il primo accenno alla teoria, evidentemente ancora esoterica, del ciclo delle esistenze, determinate dalle azioni, che sole sopravvivono alla sparizione dell'individuo. 13. Yajnavalkya, la cui scienza non inferiore a quella degli invasati, traccia una breve arcaica cosmografia e descrive la sorte di chi ha compiuto azioni meritorie. Il Vento, che assorbe in s i trapassati, evidentemente simbolo del Brahman-Atman. 14. Ai discendenti dell'eroe epico sembra qui attribuita attivit non commendevole, riscattata tuttavia dal compimento del sacrificio. IS. 11 mondo qui considerato probabilmente la regione dall'Indo al delta del Gange. W. RUBEN ( Beginn der Philosophie in Indien, p. 202, n. 47) pensa che 32 giorni impiegasse un carro a percorrere l'intera regione. "16. Nei due colloqui che seguono s'afferma l'identit tra Brahman e atman, che , per dir cos, la realizzazione empirica del Brahman metempirico. Nel primo colloquio si dice che l'Atman inconoscibile, perch sempre soggetto, mai oggetto della percezione; nel secondo si cerca d'indicare la via pratica per giungervi. Ma in realt il Brahman-Atman superiore a tutte le distinzioni: anche al di l dell'ascesi e della dottrina (c' forse un'allusione polemica alla classe brahmanica?) e del conoscitore del Brahman pu dirsi soltanto che conosce il Brahman." "17. Poich il significato originario di Atman ""respiro"", la spiegazione ritenuta insoddisfacente perch tautologica (come se si dicesse: il respiro quello per cui si respira). Cfr. F. EDGERTON, The Beginnings of Indian Philosophy, p. 141, nota 2." 18. In un quadro cosmografico che non s'accorda con quello di 3, 3 Gargi e Yajnavalkya compiono una sorta di regressus ad infinitum, e giungono al Brahman, oltre il quale non possibile procedere.
19. Le risposte alle due domande di Uddalaka, figlio di Aruna e discendente di Gotama, in sostanza riaffermano l'unicit del principio vitale dell'universo. Il filo che lega in un tutto organico i fenomeni e le creature il vento, ossia il "respiro nel corpo; colui che, interno ai fenomeni e agli organi, citati senz'ordine, regge ogni attivit l'Atman. Ma siccome il vento simbolo dell'Atman, in ultima analisi tutto si riconduce all'unit: l'Atman il principio supremo sia interiore sia esteriore Nella determinazione dell'Atman come ""interno reggitore"" (antaryamin) ci sembra di riscontrare un accenno alla personificazione e quindi una tendenza teistica che sar sviluppata e meglio precisata in seguito." 20. Il principio dell'universo l'aksara, l'Indefettibile, il soggetto non conosciuto della conoscenza: a esso tutto obbedisce e in esso tutto si raccoglie, ma poich non pu essere definito che in senso negativo, per questo identico all'Atman (v. 3, 7, 23). Il brano probabilmente non prosecuzione ma seconda versione del colloquio con Gargi, riportato in 3, 6. 21. La tenzone con Vidagdha comprende vari argomenti, il passaggio tra i quali spesso non perspicuo. Dapprima (1-9) s'afferma che le varie divinit si riducono al soffio vitale, che il Brahman. Quindi (10-18) Vidagdha identifica l'Atman con lo spirito che soggiace a vari fenomeni, ma le identificazioni si rivelano fallaci, perch esiste, al di l del fenomeno proposto, qualche cosa che domina o cui aspira quello spirito, il quale pertanto n autonomo, n abbraccia tutto l'universo. Viene poi esposta (19-25) una teoria per cui tutto si basa sul cuore, come "sede dell'intelligenza; segue quindi una strofa assai incoerente, che conclude con la morte di Vidagdha, punito pi per aver messo in dubbio la superiorit di Yajnavalkya che per aver spinto troppo oltre le sue domande. Infine il vittorioso Yajnavalkya con il cosiddetto paragone dell'albero riafferma l'unicit del Brahman, fondamento e meta ultima di tutte le cose." 22. I cinque organi dei sensi e le cinque facolt di movimento. 23. Con queste parole ci si riallaccia alla str. 17, mentre i due primi capoversi della str. 26 sembrano staccati dal contesto. Lo spirito rivelato nelle upanisad evidentemente l'Atman. 24. Nel cosiddetto paragone dell'albero si dibatte il problema della rinascita in questa o in un'altra vita. Mentre l'osservazione dei punti di somiglianza tra l'uomo e l'albero sembrerebbe portare alla conclusione che esiste la possibilit di rinascere, una pi approfondita indagine porta a escludere che per l'uomo esista dopo la morte qualche cosa di simile a ci che per l'albero il seme o il tronco. Esiste soltanto lo sprofondamento o la liberazione nel Brahman, che la fonte di tutte le cose. La risposta in armonia con quanto Yajnavalkya in 2, 4 e 4, 5 afferma circa l'impossibilit d'una sopravvivenza cosciente, mentre sembra in contrasto con l'accenno al karman di 3, 2, 13. In ogni modo non definitiva: infatti se nel Brahman sprofonda soltanto chi conosce la vera realt e chi, ancora legato al sacrificio, compie buone opere, resta irrisolto il problema del destino riservato a coloro che non appartengono a queste categorie.
QUARTO ADHYAYA 1 PRIMO BRAHMANA 2 "1. Janaka, re di Videha, era assiso [nella sala delle udienze]. Si avvicin Yajnavalkya e il re gli disse: ""Yajnavalkya, perch sei venuto? Desideri armenti oppure [discussioni] sottili ? "". ""Gli
uni e le altre, o gran re." 2. Ma sentiamo - prosegu Yajnavalkya - che cosa altri "ti disse""." "Jitvan della stirpe di Silina mi ha detto che la parola il Brahman. ""Dicendo che la parola il Brahman, il discendente di Silina ha parlato come [parlerebbe] uno che abbia madre, padre, maestro 3: infatti che cosa possiede chi non pu parlare? Ma ti ha parlato pure della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!""." "In verit la parola la sede, lo spazio etereo il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come conoscenza. ""Che cosa si intende con conoscenza?"". ""La parola appunto, o gran re rispose quello - Con la parola, o gran re, si riconoscono i parenti; il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, le formule dell'Atharvaveda, i racconti epici, le leggende antiche, le scienze, le dottrine esoteriche, le strofe, i trattati, le esegesi, i commenti, i sacrifici e le oblazioni, cibo e bevande, questo e l'altro mondo e tutte le creature, o gran re, si conoscono per mezzo della parola. La parola pertanto il sommo Brahman, o gran re. Se uno, cos conoscendo, venera [la parola come] Brahman, la parola non lo abbandona, tutte le persone lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei"". ""Ti dar mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclam Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento." "3. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""." "Udanka della stirpe di Sulba mi ha detto che il respiro il Brahman. ""Dicendo che il respiro il Brahman, Udanka della stirpe di Sulba ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non respira? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verit il respiro la sede, lo spazio etereo il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come cosa cara"". ""Che cosa si intende con cosa cara?"". ""Proprio il soffio vitale, o gran re - rispose Yajnavalkya - per amore del soffio vitale che si sacrifica per chi non degno, che si accettano doni da colui dal quale non lecito accettarli, pure per amore del soffio vitale che si teme la morte qualunque sia la regione dove si vada. Il soffio vitale, o gran re, in verit il sommo Brahman. Se uno, cos conoscendo, venera [il soffio vitale come] Brahman, il soffio vitale non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei""." " ""Ti dar mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclam Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento." "4. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""." "Barku, discendente di Vrsna, mi ha detto che la vista il Brahman. ""Dicendo che la vista il Brahman, Barku, discendente di Vrsna, ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non pu vedere? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso ? "". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verit la vista la sede, lo spazio etereo il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come la verit "". ""Che cosa si intende con verit?
"". ""La vista appunto - rispose Yajnavalkya " " Infatti di uno che possiede la vista si dice: "" Hai visto? "", e quello risponde: "" Ho visto "" e questa la verit. La vista, o gran re, in verit il sommo Brahman. Se uno, cos conoscendo, venera [la vista come] Brahman, la vista non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei "". ""Ti dar mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclam Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento." "5. Ma sentiamo che cosa altro ti disse ""." "Gardabhivipita, della stirpe di Bharadvaja, mi ha detto che l'udito il Brahman. ""Dicendo che l'udito il Brahman, Gardabhivipita della stirpe di Bharadvaja ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non ode? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verit l'udito la sede, lo spazio etereo il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come infinito"". ""Che cosa si intende con la parola infinito?"". "" Le regioni del cielo - rispose Yajnavalkya -" " Per questo, o gran re, in qualunque direzione si proceda non si giunge mai alla fine: infinite sono le regioni del cielo ed esse sono, o gran re, equivalenti all'udito. In verit l'udito il sommo Brahman. Se uno, cos conoscendo, venera [l'udito come] Brahman, l'udito non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei ''. ""Ti dar mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclam Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento." "6. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""." "Satyakama, figlio di Jabala, mi ha detto che la mente il Brahman. ""Dicendo che la mente il Brahman, Satyakama, figlio di Jabala, ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non pensa? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verit la mente la sede, lo spazio etereo il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come gioia"". ""Che cosa si intende con la parola gioia?"". ""La mente appunto - rispose Yajnavalkya - Con la mente infatti, o gran re, si attratti verso una donna e da essa nasce un figlio somigliante e questa la gioia. In verit, o gran re, la mente il sommo Brahman. Se uno, cos conoscendo, venera [la mente come] Brahman, la mente non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei"". ""Ti dar mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclam Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento." "7. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""." "Vidagdha, discendente di Sakala, mi ha detto che il cuore il Brahman. ""Dicendo che il cuore il Brahman, Vidagdha della stirpe di Sakala ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non ha cuore? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verit il cuore la sede, lo spazio etereo il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come stabilit""." "Che cosa si intende con la parola stabilit?. ""Il cuore appunto, o gran re - rispose Yajnavalkya
- Il cuore infatti la sede di tutte le creature, il cuore in verit, o gran re, il fondamento di tutte le creature, nel cuore, o gran re, tutte le creature sono fondate. In verit, o gran re, il cuore il sommo Brahman. Se uno, ci conoscendo, venera [il cuore come] Brahman, il cuore non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei "". ""Ti dar mille [vacche] e un toro grosso come un elefante "", esclam Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento ''." SECONDO BRAHMANA 4 "1. Levandosi dal suo seggio, Janaka, re di Videha, disse: ""Onore a te, Yajnavalkya! Donami l'insegnamento"". E quello rispose: ""o gran re, come chi, volendo intraprendere un lungo viaggio, prepara un carro o una barca, cos invero tu hai preparato l'anima tua con queste dottrine arcane. Ma tu che sei ricco e possente, tu che conosci i Veda ed hai ascoltato le upanisad, una volta che sarai liberato di qui dove andrai? "". ""O venerabile, io non so dove andr a finire"". ""Allora te lo dir io dove andrai"". ""Parla, o venerabile!""." "2. ""La figura di uomo [che appare] nell'occhio destro ha nome Indha (colui che incendia); ma, con parola segreta, questo, che Indha, vien chiamato Indra. Gli dei amano infatti le cose segrete, odiano le cose manifeste." 3. Quella figura di uomo [che appare] invece nell'occhio sinistro la consorte di Indra, Viraj. Il loro luogo di incontro lo spazio interno del cuore, il loro cibo la massa di sangue che dentro il cuore, da copertura serve loro quella sorta di reticolo che dentro il cuore e la via che percorrono quella vena che sale dal cuore verso l'alto. Sottili come un capello spaccato in mille, le vene chiamate hita (benefiche) son fondate sull'interno del cuore. Per mezzo di esse scorre il [cibo] fluente: perci essa (l'anima individuale) ha una alimentazione pi scelta del corpo. "4. Gli organi anteriori di Indra costituiscono l'oriente, gli organi di destra il meridione, gli organi posteriori l'occidente, gli organi di sinistra il settentrione, gli organi superiori lo zenith, gli organi inferiori il nadir: i singoli suoi organi costituiscono le singole regioni celesti. Questo l'Atman, definibile soltanto in senso negativo: esso inafferrabile perch non lo si afferra, non soggetto a decadenza perch non decade, non soggetto ad attaccamento perch non s'attacca; privo di legami, non teme, n pu essere colpito 5. Invero, o Janaka, tu sei giunto alla pace"". Cos concluse Yajnavalkya. A sua volta Janaka disse: ""O Yajnavalkya, che la pace tocchi a te, che ci hai fatto conoscere la pace [dell'animo], o venerabile. Onore a te! Ecco, i Videha ed io siamo [ai tuoi ordini]""." TERZO BRAHMANA 6 1. Yajnavalkya si rec un giorno da Janaka di Videha, ma aveva deciso di non discutere. Ma dopoch Janaka, re di Videha, e Yajnavalkya ebbero parlato intorno al sacrificio del fuoco, Yajnavalkya gli accord una grazia, il re scelse di far domande a piacere e Yajnavalkya lo esaud. Il re per primo allora domand: "2. ""Yajnavalkya, quale luce illumina l'uomo?"". ""La luce del sole, o gran re - rispose quello - " " Con il sole come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]"". "" proprio cos, Yajnavalkya."
"3. Ma quando il sole tramontato, Yajnavalkya, quale luce illumina l'uomo?"". ""La luna gli luce, o gran re. Con la luna come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa] "". "" proprio cos, Yajnavalkya." "4. Ma quando il sole tramontato, Yajnavalkya, quando tramontata la luna, quale luce illumina l'uomo?"". ""Il fuoco gli luce, o gran re. Con il fuoco come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]"". "" proprio cos, Yajnavalkya." "5. Ma quando il sole tramontato, Yajnavalkya, quando tramontata la luna, quando il fuoco s' spento, quale luce illumina l'uomo?"". ""La parola gli luce, o gran re. Con la parola come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]. Perci, o gran re, quando per il buio neppure la propria mano si scorge, l dove si leva una voce, l ci si dirige"". "" proprio cos, Yajnavalkya." "6. Ma quando il sole tramontato, quando tramontata la luna, Yajnavalkya, quando il fuoco s' spento, quando la parola pi non s'ode, quale luce illumina l'uomo? "". ""L'Atman gli luce, o gran re. Con l'Atman come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]""." "7. ""Che cosa l'Atman? "". "" quel personaggio (purusa) che tra le facolt quella costituita di conoscenza, che la luce interna nel cuore, che sempre eguale a se stesso si muove in questo mondo e nell'altro. Pare che pensi, pare" che guizzi 7 e, fatto sogno, oltrepassa questo mondo, le apparenze mortali. "8. Invero questo purusa quando nasce, quando acquista un corpo, si carica di mali; ma dipartendosi, morendo, lascia tutti i mali." 9. Di questo purusa due sono le sedi, questo mondo e quell'altro, e terzo lo stadio intermedio di sogno s. Quando in questo stato intermedio, vede l'una e l'altra sua sede, la sede di qua e quella dell'oltremondo. Poi, siccome c' [la possibilit di] ascendere all'altro mondo, effettua l'ascesa, e allora vede sia i mali [di questo mondo], sia le gioie [dell'oltremondo]. Quando s'addormenta, prendendo la materia da questo mondo che tutto contiene, disgregandola o costruendola a proprio piacere, mantiene dormendo la sua luce e il suo splendore. Allora questo purusa luce a se stesso. "10. Non vi sono carri, n cavalli, n strade; ma carri, cavalli, strade sono da lui creati. Non vi sono piaceri, n gioie, n delizie; ma piaceri, gioie, delizie sono da lui creati. Non vi sono laghi, n stagni, n fiumi; ma laghi, stagni, fiumi sono da lui creati. Egli infatti il creatore." 11. A questo proposito ci sono queste strofe: "Colpendo con il sonno ogni cosa corporea, desto egli contempla i dormienti 9; poi, conservando la sua luce, ritorna al suo posto il purusa tutto d'oro, il cigno solitario." 12. Lasciando il respiro a sorvegliare il basso nido (ossia il corpo), uscendo fuori dal suo nido, a suo piacere se ne va l'immortale, il purusa tutto d'oro, il cigno solitario. 13. Volando nel sogno in alto e in basso, egli, che divino, si crea forme molteplici. Ora ridendo se la gode insieme con le donne' ora ha visioni paurose.
"14. Si scorge il luogo dei suoi giochi, ma lui, nessuno lo vede. [Perci] si dice che non bisogna risvegliare [all'improvviso] chi disteso nel sonno: difficile il rimedio per colui nel quale [lo spirito] non rientra. Alcuni invece dicono che [lo stato di sogno] in realt eguale allo stato di veglia: quello che si vede da sveglio lo si vede infatti nel sogno. [In ogni modo] il purusa in queste condizioni luce a se stesso"" 9 bis. ""O venerabile, io ti dar mille [vacche]; ma tu dimmi cose anche pi alte [che conducano] alla liberazione ""." "15 10. ""Questo purusa dopo aver goduto nello stato di quiete profonda, dopo aver girovagato e aver veduto il bene e il male, di nuovo per la strada percorsa s'affretta al luogo donde era partito, al sogno. Qualunque cosa abbia veduto di l, nessuna lo segue: egli infatti non si attacca a nulla"". "" proprio cos, Yajnavalkya. Io ti dar, o venerabile, mille [vacche]; ma tu dimmi cose anche pi alte [che conducano] alla liberazione""." "16. ""Questo purusa dopo aver goduto nel sogno, dopo aver girovagato e aver veduto il male e il bene, di nuovo per la strada percorsa s'affretta al luogo donde era partito, allo stato di veglia. Qualunque cosa abbia di l veduto, nessuna lo segue: egli infatti non si attacca a nulla "". "" proprio cos, Yajnavalkya. Io ti dar, o venerabile, mille [vacche]; ma tu dimmi cose anche pi alte [che conducano] alla liberazione""." "17. ""Questo purusa dopo aver goduto nello stato di veglia, dopo aver girovagato e aver veduto il male e il bene, di nuovo per la strada percorsa s'affretta al luogo donde era partito, allo stato di sonno." 18. Come un grosso pesce va dall'una all'altra riva del fiume, ora di qua ora di l, cos questo purusa va dall'uno all'altro stato, dallo stato di sonno allo stato di veglia. 19. Come il falco o l'aquila, dopo aver volato or qua or l nell'aria, stanchi, raccolte le ali, si posano nel lor nido, cos questo purusa s'affretta verso quello stato dove nel sonno non pi alcun desiderio concepisce, non pi alcun sogno vede. 20. Le sue vene, chiamate hita, sono di tale sottigliezza quanto un capello spaccato in mille parti e sono piene di una sostanza bianca, azzurra, gialla, verde, rossa. Quando a lui sembra di essere ucciso, di essere soggiogato, o gli sembra di essere inseguito da un elefante o di cadere in una fossa, quel terrore che prova nello stato di veglia, s'immagina per ignoranza di provare anche ora [nel sogno]. Ma [lo stato] in cui, simile a un dio, simile a un re, pensa di essere questo universo, di essere il tutto, questo [stato di sonno profondo] per lui il mondo supremo 11. 21. In questa condizione per lui ogni desiderio superato, ogni male respinto, ogni paura scomparsa. Come l'uomo avvinto alla donna amata non ha pi coscienza di ci che esterno e di ci che interno, cos l'anima individuale, stretta all'Atman che costituito di coscienza, non ha pi coscienza n di un mondo esteriore n di un mondo interiore. In questa condizione tutti i desideri sono stati adempiuti, si desidera soltanto se stesso, in essa cessano i desideri e finiti sono i dolori. 22. Allora il padre non pi padre, la madre non pi madre, i mondi non pi mondi, gli dei non sono pi dei, i Veda non sono pi i Veda. Allora il ladro non pi ladro, chi fa abortire non pi infanticida, il servo non pi servo, l'intoccabile non pi intoccabile, il monaco non pi monaco, l'asceta non pi asceta. Egli non tocco da azioni buone, non tocco da azioni
malvagie: infatti ha superato tutte le angosce del cuore. "23. Anche se egli non vede, non vede pur possedendo la vista. Non c' infatti interruzione della capacit di vedere, per la sua indistruttibilit, in lui che possiede la vista; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa vedere." "24. Anche se egli non fiuta, non fiuta pur possedendo l'olfatto. Non c' infatti interruzione della capacit di fiutare, per la sua indistruttibilit, in lui che possiede l'olfatto; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa fiutare." "25. Anche se egli non gusta, non gusta pur possedendo il senso del gusto. Non c' infatti interruzione della capacit di gustare, per la sua indistruttibilit, in lui che possiede il senso del gusto; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa gustare." "26. Anche se egli non parla, non parla pur possedendo la parola. Non c' infatti interruzione della capacit di parlare, per la sua indistruttibilit, in lui che possiede la capacit di parlare; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, di cui egli possa parlare." "27. Anche se non ascolta, non ascolta pur possedendo l'udito. Non c' infatti interruzione della capacit di ascoltare, per la sua indistruttibilit, in lui che possiede la capacit di ascoltare; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa ascoltare." "28. Anche se egli non pensa, non pensa pur essendo capace di pensare. Non c' infatti interruzione della capacit di pensare, per la sua indistruttibilit, in lui che capace di pensare; soltanto manca un secondo oltre a lui, un qualche cosa di separato da lui, a cui possa rivolgere il pensiero." "29. Anche se non ha sensazioni tattili, non ha sensazioni tattili pur possedendo il tatto. Non c' infatti interruzione della sensibilit tattile, per la sua indistruttibilit, in lui che la possiede; soltanto manca un secondo oltre a lui, un qualche cosa di separato da lui, su cui esercitare la sensibilit." "30. Anche se non conosce, non conosce pur possedendo la conoscenza. Non c' infatti interruzione della capacit di conoscere, per la sua indistruttibilit, in lui che possiede la conoscenza; soltanto manca un secondo oltre a lui, un qualche cosa di separato da lui, che possa conoscere." 31. Soltanto dove si ha, per cos dire, un altro, allora pu vedersi questo altro, fiutarlo, gustarlo, parlarne, ascoltarlo, pensarlo, toccarlo, conoscerlo. 32. Unico dotato della capacit di vedere nell'oceano [della pace perfetta], senza secondo 12: questo [colui che ha raggiunto] il mondo del Brahman - cos continu Yajnavalkya. - Questo la sua meta suprema, la sua somma gioia, il suo mondo pi alto, la sua felicit pi perfetta. Le altre creature vivono d'una porzione soltanto di questa felicit. "33. Colui che tra gli uomini ricco e felice, domina sugli altri, gode largamente di tutti i
godimenti umani: questa tra gli uomini la suprema felicit. Ma cento felicit umane equivalgono a una sola felicit dei Mani che hanno raggiunto il cielo. Cento felicit dei Mani che hanno raggiunto il cielo equivalgono a una sola felicit nel mondo dei gandharva. Cento felicit nel mondo dei gandharva equivalgono a una sola felicit degli dei [che sono tali] per le loro azioni. Cento felicit degli dei [che sono tali] per le loro azioni equivalgono a una felicit degli dei la cui divinit innata e di un brahmano che si liberato dal peccato e ha vinto i desideri. Cento felicit degli dei la cui divinit innata equivalgono a una sola felicit del mondo di Prajapati e di un brahmano che si liberato dal peccato e ha vinto i desideri. Cento felicit del mondo di Prajapati equivalgono a una sola felicit del mondo del Brahman e di un brahmano che si liberato dal peccato e ha vinto i desideri, e questa la felicit suprema, o gran re, il mondo del Brahman "" 12bis. Cos parl Yajnavalkya. ""Io ti dar mille [vacche], o venerabile; ma tu dimmi cose anche pi alte [che conducano] alla liberazione"". A questo punto Yajnavalkya ebbe paura e pens: ""Il re astuto e mi ha tratto fuori da tutte le difese "" 13." "34. [Tuttavia prosegu: ] ""Egli dunque, dopo essersi deliziato nello stato di sogno e aver vagato e aver veduto il bene e il male, di nuovo si affretta, seguendo l'opposto cammino, al luogo d'origine, allo stato di veglia." 35. Come un carro sovraccarico si muove cigolando, cos l'Atman individuale, sormontato dall'Atman fatto di coscienza si muove gemendo, allor quando l'uomo sta per esalare l'ultimo respiro. 36. Quando ci si indebolisce per l'et o ci si infiacchisce per una malattia, come il frutto del mango, del fico, del pippala si distacca dal picciolo, cos questo purusa si stacca dalle membra e seguendo il cammino opposto si affretta al luogo d'origine, cio al respiro 14. "37. Come all'arrivo del sovrano notabili, guardie, scudieri, capi di villaggio lo accolgono con [l'offerta di] cibi, bevande, alloggio, dicendo: "" Eccolo, arriva! "", del pari tutte le creature accolgono colui che cos sa dicendo: "" Arriva il Brahman, eccolo!""." "38. Come notabili, guardie, scudieri, capi di villaggio si raggruppano intorno al sovrano che sta per partire, del pari tutti i sensi si affollano attorno a questo Atman al momento della morte, allor quando l'uomo sta per esalare l'ultimo respiro""." QUARTO BRAHMANA "1. ""Quando l'Atman [corporeo] s'indebolisce e sembra venir meno, allora i sensi gli si affollano intorno; ed esso, dopo aver raccolto questi elementi vitali si ritira dentro il cuore 15. Quando il personaggio che nell'occhio si distacca per sempre [dagli oggetti dei sensi], allora l'uomo non distingue pi le forme." 2. Allora si dice: Non vede, non fiuta, non gusta, non parla, non ode, non pensa, non ha sensibilit tattile, non ha la conoscenza, perch diventato una cosa sola [con gli oggetti dei sensi]. [A questo punto] l'apice del suo cuore si illumina e attraverso questa luce l'Atman se ne esce, o dall'occhio, o dalla testa o da qualche altra parte del corpo. Quando esce lo segue il respiro e il respiro seguito al suo uscire da tutti gli altri sensi 16. [L'Atman] il possessore della conoscenza: anche la conoscenza se ne va [quindi con lui] 17, e [altres] rimangono a lui attaccati il sapere, le opere e l'esperienza del passato.
3. Come un bruco, giunto all'estremit d'uno stelo erboso, compie un altro passo e si raccoglie, cos questo Atman, allontanatosi dal corpo e resolo inconscio, compie un altro passo e si raccoglie. 4. Come una ricamatrice, presa la materia di un ricamo, tesse un'altra figura pi nuova e pi bella, cos questo Atman, allontanatosi dal corpo e resolo inconscio, foggia un'altra forma pi nuova e pi bella, quella di uno dei Mani o di un gandharva, o di un dio, o di Prajapati o di Brahma o di qualche altro essere. 5. In verit identico al Brahman questo Atman, che costituito di conoscenza, di pensiero, di respiro, di vista, di udito, che sostanziato di terra, di acqua, di vento, di spazio etereo, di luce e di non luce, di passione e di non passione, di ira e di calma, di giustizia e di ingiustizia, che costituito di ogni cosa. E quando si dice che qualcuno in un certo modo, qualche altro in un altro modo, si deve intendere che si diventa tali a seconda delle proprie azioni, del proprio comportamento. Chi bene agisce diventa buono, chi agisce male diventa cattivo, virtuoso diventa con l'azione virtuosa e cattivo con la cattiva. In verit si dice anche che l'uomo fatto di desiderio: ma quale il desiderio, tale la volont, quale la volont, tale l'azione, quale l'azione, tale il risultato che consegue. 6. A questo proposito c' una strofa: L'uomo che soggetto alle passioni, per effetto delle azioni giunge alla meta cui la mente s'era rivolta. Quando ha esaurito l'effetto della sua opera, qualunque cosa abbia quaggi fatto, dall'altro mondo torna su questa terra, all'operare. Questo per chi in preda al desiderio. Ma per chi non ha desideri, privo di desideri, libero da desideri, per chi ha spento i suoi desideri e non ha che il desiderio dell'Atman, di costui i soffi vitali non s'allontanano [dal corpo]: egli, che gi Brahman, si ricongiunge con il Brahman 18. 7. A questo proposito c' una strofa: Quando tutti i desideri che erano riposti nel cuore si annullano, allora il mortale diventa immortale e [gi] quaggi gode il Brahman. Come la pelle, mutata da un serpente, giace morta, gettata su un formicaio, cos giace questo corpo. Rimane allora lo spirito incorporeo, immortale, puro Brahman, "pura luce, o gran re"". ""Io ti dar mille [vacche], o venerabile"", disse Janaka di Videha." "8. ""A questo proposito ci sono queste strofe:" Io ho scoperto l'antica, stretta, lunga strada che penetra in me: lungo essa i saggi conoscitori del Brahman da qui salgono, liberati, al mondo celeste. 9. In essa dicono che c' del bianco, dell'azzurro, del giallo, del verde e del rosso. Questa strada fu scoperta attraverso [la conoscenza del] Brahman: lungo essa sale chi conosce il Brahman e bene agisce, ridotto a pura luce 19. 10. Entrano in cieca tenebra coloro che coltivano l'ignoranza, e in tenebra anche pi cieca coloro che coltivano [soltanto] la scienza [sacra]. (= Isa Up., 9).
"11. "" Privi di luce "" il nome dei mondi avvolti da cieca tenebra, dove giungono, dopo la morte, gli ignoranti, gli sciocchi." "12. Se l'uomo conoscesse l'Atman e dicesse: ""Io son desto "", desiderando che cosa, bramando che cosa soffrirebbe insieme con il corpo?" 13. Colui che ha scoperto e risvegliato il proprio Atman, penetrato in quell'inestricabile conglomerato di elementi [che il corpo], costui diventa onnipotente, creatore di tutto, il mondo suo, il mondo egli stesso. 14. Quando siamo ancora qui sulla terra dobbiamo conoscere queste cose, altrimenti rimane l'ignoranza, [causa di] grande rovina. Coloro che ci sanno diventano immortali, ma gli altri non ottengono che l'infelicit. 15. Quando chiaramente si riconosce come dio questo Atman, signore del passato e del futuro, [l'Uno, l'Assoluto] non pi si cela. 16. Esso, agli ordini del quale l'anno con i suoi giorni si volge, esso gli dei venerano come la luce delle luci, come il principio della vita, come l'immortale. 17. Quello su cui sono fondati i cinque gruppi 20 e lo spazio etereo, io che conosco [il vero], io [che mi sento] immortale, riconosco come l'Atman, come il Brahman, come l'immortale. 18. Coloro che hanno riconosciuto il respiro del respiro, la vista della vista, l'udito dell'udito, la mente della mente (ossia l'intima essenza di questi fenomeni), costoro hanno compreso l'antico primigenio Brahman. 19. Soltanto con la mente si pu osservare che qui non c' molteplicit. Di morte in morte passa chi quaggi vede la molteplicit. "20. Questo [universo] bisogna considerarlo come un'unit, indistruttibile, eterna; [ed esso] l'Atman puro, increato, grande, eterno, superiore allo spazio etereo." 21. Quando l'abbia conosciuto, il saggio brahmano ci mediti sopra. Non insegua con il pensiero molte parole, perch questo serve soltanto a stancare la voce. "22. Questo grande increato Atman tra le facolt umane quella costituita di conoscenza. In quello spazio interno al cuore, in esso risiede [questo Atman], signore di tutto, sovrano di tutto, dominatore di tutto. Esso n s'accresce per una buona azione, n per una cattiva diminuisce. Esso il sovrano di tutto, il dominatore delle creature, il difensore delle creature: la diga che separa i mondi perch non si confondano. Esso i brahmani cercano di conoscere con la recitazione dei Veda, con i sacrifici, con l'elemosina, con l'ascesi, con il digiuno. Quando lo si conosce si diventa un eremita, desiderando questo mondo [dell'Atman] i monaci menano vita errabonda. Per questo in verit i saggi di un tempo non desideravano prole pensando: ""Che ci importa della prole se" "l'Atman il nostro mondo?"". E cos essi rinunciavano al desiderio di figli, al desiderio di ricchezza, al desiderio dei mondi [celesti] e sceglievano la vita del monaco mendicante. Infatti il desiderio di figli desiderio di ricchezze e il desiderio di ricchezze desiderio di mondi [celesti]: ma tutti questi sono desideri [vani, in quanto permettono soltanto una felicit transeunte].
L'Atman poi non pu essere definito che in senso negativo: inafferrabile perch non lo si afferra, non soggetto a decadenza perch non decade, non soggetto ad attaccamento perch non s'attacca; privo di legami, non teme, n pu essere colpito. [Il conoscitore dell'Atman] non oppresso da questi due [pensieri]: ""Ho fatto il male, ho fatto il bene per questo o per quest'altro motivo"", ma entrambi egli supera: non pi l'angustia [il pensiero di] ci che ha fatto o [di ci] che non ha fatto." 23. Questo stesso espresso nei versetti: Questa la sempiterna grandezza del brahmano: n s'accresce n diminuisce per l'azione che compie. Bisogna cercare le tracce di questo [Atman]: una volta che lo si sia conosciuto non si insozzati da azione malvagia. "Perci colui che questo sa diventa calmo, tranquillo, indifferente, paziente, raccolto in s e in se stesso scorge l'Atman, in ogni cosa scorge l'Atman; non lo vince il peccato, anzi egli vince ogni peccato, non lo brucia il peccato, anzi egli brucia ogni peccato; libero da peccato, da passioni, da dubbi, egli un vero brahmano. Questo il mondo del Brahman, o gran re; ad esso ti ho " "fatto giungere"". Questo disse " Yajnavalkya e Janaka replic: Io mi consegno a te, o venerabile, e anche i Videha ti consegno [come schiavi]. 24. Questo in verit il grande increato Atman, che si nutre dei cibi [mortali] e dona ogni ricchezza. Ricchezza trova colui che cos sa. "25. Questo in verit il grande, increato Atman, non soggetto a vecchiezza, non soggetto a morte, immortale; esso il felice Brahman. Il Brahman invero felicit e simile al felice Brahman diventa colui che cos sa." QUINTO BRAHMANA 21 1. Yajnavalkya aveva due mogli, Maitreyi e Katyayani. Di esse Maitreyi amava la scienza sacra, mentre Katyayani conosceva quello che le donne [solitamente] conoscono. Un giorno Yajnavalkya, che stava per accedere a un nuovo stadio di vita, disse: "2. ""Maitreyi, cara, io sto per lasciare questo luogo e affrontar la vita del monaco mendicante e voglio definire la tua situazione con Katyayani""." "3. Allora Maitreyi disse: ""o signore, se tutta la terra con le sue ricchezze mi toccasse, forse sarei per questo immortale, o no?"". ""No - le rispose Yajnavalkya - la tua vita sarebbe come quella dei ricchi, ma non dalla ricchezza si pu sperare immortalit""." "4. Allora Maitreyi replic: ""Che m'importa di ci che non mi fa raggiungere l'immortalit? Ma ti prego, o signore, dimmi ci che tu conosci""." "5. Allora Yajnavalkya disse: ""Tu, che mi eri gi cara, ancor pi cara mi sei diventata. Ors, ti spiegher, ma tu sta attenta alle mie parole""." "6. E parl: ""Non a causa dell'amore per il marito caro il marito, ma a causa dell'amore di s
caro il marito. Non a causa dell'amore per la moglie cara la moglie, ma a causa dell'amore di s cara la moglie. Non a causa dell'amore per i figli son cari i figli, ma a causa dell'amore di s son cari i figli. Non a causa dell'amore per le ricchezze son care le ricchezze, ma a causa dell'amore di s son care le ricchezze. Non a causa dell'amore per le bestie son care le bestie, ma a causa dell'amore di s son care le bestie. Non a causa dell'amore per la condizione di brahmano cara la condizione di brahmano, ma a causa dell'amore di s cara la condizione di brahmano. Non a causa dell'amore per la condizione di guerriero cara la condizione di guerriero, ma a causa dell'amore di s cara la condizione di guerriero. Non a causa dell'amore per i mondi son cari i mondi [ai loro abitatori celesti e terrestri], ma a causa dell'amore di s son cari i mondi. Non a causa dell'amore per gli dei son cari gli dei, ma a causa dell'amore di s son cari gli dei. Non a causa dell'amore per i Veda son cari i Veda, ma a causa dell'amore di s son cari i Veda. Non a causa dell'amore per le creature son care le creature, ma a causa dell'amore di s son care le creature. Non v' nessun oggetto che si desideri per amore di esso oggetto, bens si desiderano tutti gli oggetti per amore del proprio s. il s dunque che bisogna guardare e sentire, al s che bisogna pensare e rivolgere la propria attenzione, o Maitreyi; quando, o cara, si vede, si ascolta, si pensa, si conosce il s tutto l'universo conosciuto." "7. La dignit di brahmano abbandona colui che questa dignit pensa esistente al di fuori dell'Atman; la dignit di guerriero abbandona colui che la pensa esistente al di fuori dell'Atman; i mondi abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; gli dei abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; i Veda abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; le creature abbandonano colui che le pensa esistenti al di fuori dell'Atman; l'universo intero abbandona colui che lo pensa esistente al di fuori dell'Atman. La dignit brahmanica, la dignit guerriera, i mondi, gli dei, i Veda, le creature, l'intero universo non son altro che l'Atman." "8. Come non possibile afferrare i suoni che escono da un tamburo battuto, ma presi il tamburo o chi lo batte pur il suono resta preso;" "9. come non possibile afferrare i suoni d'una conchiglia nella quale si soffi, ma presi la conchiglia o chi vi soffia dentro pur il suono resta preso;" 10. come non possibile afferrare i suoni d'un liuto che venga suonato, ma presi il liuto o il suonatore del liuto pure il suono resta preso: [cos il mondo pu conoscersi soltanto afferrando, ossia conoscendo, l'Atman]. 1 l. Come da un fuoco attizzato con legna umida si sprigiona in ogni parte il fumo, cos in verit sono emanazione di questo grande Essere il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, gli scongiuri e le magie, i racconti epici, le leggende antiche, le scienze, le dottrine esoteriche, i versi, i trattati dottrinali, le esegesi, i commenti, i sacrifici, le libagioni, cibi e bevande, questo mondo e quell'altro e tutte le creature. E tutte queste cose in lui ritornano, 12. come l'oceano il luogo di raccolta di tutte le acque, e cos la pelle il luogo di raccolta di tutte le sensazioni tattili, le narici sono il luogo di raccolta di tutti gli odori, la lingua il luogo di raccolta di tutti i sapori, l'occhio il luogo di raccolta di tutte le immagini, l'orecchio il luogo di raccolta di tutti i suoni, la mente il luogo di raccolta di tutti i pensieri, il cuore il luogo di raccolta di tutte le conoscenze, le mani il luogo di raccolta di tutte le azioni, l'organo genitale il luogo di raccolta di tutti i piaceri, l'ano il luogo di raccolta di tutte le escrezioni, i piedi il luogo di raccolta di
tutti i movimenti, la parola il luogo di raccolta di tutte le scienze. "13. Come un blocco di sale che non ha parti interne e parti esterne [diverse], ma un blocco compatto di sapore, cos questo Atman, o cara: senza parti interne e parti esterne [diverse], esso sorto come un blocco compatto di conoscenza per [servire] le creature individuali e ne segue la sparizione. Ed io quindi affermo: Non c' coscienza dopo la morte"". Queste furono le parole di Yajnavalkya." "14. Maitreyi allora disse: ""O signore, con queste parole mi hai gettato in un grande turbamento: ma io questo [Atman] non lo conosco''. Ma egli replic: ""O cara, io non dico parole che possano turbarti: questo Atman indistruttibile e non soggetto a perire." "15. Quando c', per cos dire, dualit [di un individuo rispetto a un altro individuo], allora l'uno vede l'altro, lo fiuta, lo gusta, gli parla, lo ascolta, lo pensa, lo tocca, lo conosce. Ma quando la totalit dell'individuo [ossia corpo e blocco di conoscenza] diventato il S, con che cosa e chi potr [l'individuo dissoltosi nel S universale] vedere, fiutare, gustare, parlare, ascoltare, pensare, toccare, conoscere? Con che cosa potr conoscersi quello per mezzo del quale tutto l'universo conosce ?"". E prosegui: ""L'Atman pu essere definito soltanto in senso negativo: esso inafferrabile perch non lo si afferra, non soggetto a decadenza perch non decade, non soggetto ad attaccamento perch non s'attacca; privo di legami, non teme, n pu essere colpito. Chi mai potrebbe conoscere il conoscitore? Cos hai ricevuto l'insegnamento, o Maitreyi, e tanto in verit [ci che si riferisce all'] immortalit"". Cos detto, Yajnavalkya lasci la dimora." SESTO BRAHMANA Ecco ora l'elenco dei maestri: Pautimasya [ricevette la dottrina] da Gaupavana, questi da Pautimasya, questi da Gaupavana, questi da Kausika, questi da Kaundinya, questi da Sandilya, questi da Kausika e da Gautama, Gautama da Agnivesya, questi da Gargya, questi da [un altro] Gargya, questi da Gautama, questi da Saitava, questi da Parasaryayana, questi da Gargyayana, questi da Uddalakayana, questi da Jabalayana, questi da Madhyandinayana, questi da Saukarayana, questi da Kasayana, questi da Sayakayana, questi da Kausikayani, questi da Ghrtakausika, questi da Parasaryayana, questi da Parasarya, questi da Jatukarnya, questi da Asurayana e da Yaska, Asurayana da Traivani, questi da Aupajandhani, questi da Asuri, questi da Bharadvaja, questi da Atreya, questi da Manti, questi da Gautama, questi da [un altro] Gautama, questi da Vatsya, questi da Sandilya, questi da Kaisorya Kapya, questi da Kumaraharita, questi da Galava, questi da Vidarbhi Kaundinya, questi da Vatsanapat Babhrava, questi da Pathin Saubhara, questi da Ayasya Angirasa, questi da Abhuti Tvastra, questi da Visvarupa Tvastra, questi dagli Asvin, gli Asvin da Dadhyanc Atharvana, questi da Atharvan Daiva, questi da Mrtyu Pradhvamsana, questi da Pradhvamsana, questi da Ekarsi, questi da Vipracitti, questi da Vyasti, questi da Sanaru, questi da Sanatana, questi da Sanaga, questi da Paramesthin, questi dal Brahman. Il Brahman l'esistente di per s: onore al Brahman! Note: 1. La quarta lettura racchiude nel terzo, quarto e quinto brahmana la pi suggestiva dichiarazione della dottrina di Yajnavalkya, che nella sola realt dello spirito, uno e indiviso, vede la soluzione del mistero della vita e della morte.
"2. Janaka espone a Yajnavalkya le opinioni di sei maestri, che hanno identificato il Brahman in varie facolt dell'uomo. Ma - dice Yajnavalkya - al di l di queste facolt esistono delle entit, localizzate nello spazio (al di fuori di questo non esiste nulla), delle quali le varie facolt sono la ""sede"", in quanto quelle entit non si realizzano se non nelle singole facolt, che sono pertanto identiche con quelle entit. Ad esempio la parola presuppone la conoscenza, per non esiste una conoscenza in astratto, bens soltanto la realizzazione di essa, concretata nella parola. In ogni modo siamo sempre di fronte ad aspetti parziali del Brahman, ossia parola, respiro ecc. partecipano della natura del Brahman, che per non si esaurisce in una soltanto di queste facolt." 3. Ossia come chi ha ricevuto un'istruzione corretta, anche se non completa. 4. Yajnavalkya dice di voler spiegare dove si vada dopo la morte e comincia a parlare del soggetto individuale della conoscenza, dell'anima, che nella veglia traspare dagli occhi distinta in due figure, Indra e Viraj, le quali nel sonno si congiungono nel profondo del cuore. Ma questa anima che si ciba di cibo sottile l'intero universo, l'Atman ineffabile e indefinibile, che d la pace suprema, con ci rendendo vana ogni questione relativa alla morte e al destino che seguir. Nella pupilla dell'uomo si riconosce una figura umana, che ha la sua controparte macrocosmica nella figura umana che si ravvisa nel disco del sole. 5. Cfr. B.Up., 3, 9, 26. 6. Nel terzo e nel quarto brahmana Yajnavalkya, che sembra piuttosto restio a comunicare la sua dottrina ma deve tener fede a una promessa fatta a Janaka quando questi gli aveva rivelato i misteri della liturgia del fuoco (cfr. Satapatha brahmana, XI, 6, 2, 10), espone le sue teorie sull'Atman, che la luce interiore dell'uomo (3, 1-6). Yajnavalkya ne esamina funzioni e caratteristiche prima nello stato di veglia e di sogno (3, 7-18), poi nello stato di sonno profondo (3, 19-34), al momento della morte (3, 35-4, 2), durante le successive reincarnazioni (4, 2-6), infine quando si raggiunge la liberazione (4, 7-23). Quest'ultimo colloquio di Yajnavalkya con Janaka, pur composto di brani di varia provenienza, raccoglie in maniera abbastanza coerente la dottrina idealistica dell'identit Atman-Brahman. 7. In realt sono i sensi a muoversi. 8. Diverse sono le condizioni dell'Atman: soffre in questo mondo, o gode felicit assoluta nel mondo del Brahman, o nel sonno, con o senza sogni, ha un'anticipazione pi o meno completa del mondo del Brahman. Nel corso della vita l'Atman vaga a suo piacere tra lo stato di veglia e quello di sonno, durante il quale si crea un nuovo mondo (o ricorda ci che nello stato di veglia ha visto, 14) che contempla librandosi simile ad aureo cigno in sconfinate altezze. 9. I dormienti sono i sensi, che insieme con il corpo giacciono privi di attivit. 9 bis. Lo spirito trova qualche difficolt a rientrare nel corpo. Alcuni pensano invece che stato di veglia e stato di sogno partecipino della stessa natura. Ma l'obiezione considerata irrilevante sempre lo spirito che si crea il mondo del sogno, anche se lo riproduce solamente dalle esperienze vissute. 10. Questo paragrafo sembra da espungere, poich dello stato di sonno profondo si parler soltanto a partire dal paragrafo 19. 11. Nel sonno profondo senza sogni (durante il quale lo spirito, attraverso le 72.000 vene si ritira nel cavo del cuore) si ha un preannuncio della beatitudine dell'unione con l'Assoluto e viene a
cessare la conoscenza, la quale esige una distinzione tra soggetto e oggetto del conoscere, tra mondo esteriore e mondo interiore. 12. Simbolicamente l'acquietamento delle passioni viene rappresentato dall'oceano immobile, sul quale l'Atman erra, simile a cigno solitario. 12 bis, Cfr. T.Up., 2, 8. 13. Ossia: sta strappandomi tutta la dottrina segreta. 14. Nel respiro, che il luogo d'origine della vita ed l'ultimo ad abbandonare il corpo al momento della morte, si raccolgono gli organi di senso, che poi seguono l'anima, come la sua corte un re. Il par. 33 sembra aver suggerito l'inserzione del par. 37, che introduce il motivo dell'ottenimento di ogni beneficio e di ogni servizio da parte di chi conosce l'Atman-Brahman. 15. In questo ritirarsi nel cuore dell'Atman corporeo, ossia dell'anima individuale, insieme con tutti gli elementi vitali, c' un'allusione al raffreddarsi progressivo del cadavere. "16. Uscito dal corpo insieme con tutti i sensi (opinione contraria espressa in 3, 2, 11), l'Atman passa in un altro corpo, portandosi dietro il carico delle azioni compiute, che determineranno la condizione della nuova vita. Il passaggio avviene immediatamente senza un soggiorno in un altro mondo (per nel secondo versetto del par. 6 sembra di cogliere un accenno a una dimora ultraterrena): non infatti qui conosciuta o accettata la teoria della via degli dei e dei Mani, per la quale vedi B.Up., 6, 2, 15-16; Ch.Up., 5, " "10; Kaus.Up., 1." "17. Leggo savijnano bhavati sa, vijnanam evanvavakrmati, e intendo la frase come una riconferma dell'incoscienza che sopraggiunge alla morte (cfr. anche sotto ai 55 3-4, dove [come P. THIEME, OP. cit., p. 60] ho inteso avidym gamayitv: ""avendo fatto precipitare [il corpo] nell'incoscienza""). In questo passaggio s'anticipa la posteriore dottrina del ""corpo sottile"" che accompagna l'anima d'esistenza in esistenza fino alla liberazione." 18. Intendo: colui che si riconosce come Brahman, e quindi non ha pi desideri, non deve aspettare la dissoluzione della morte: ancora in vita egli ha raggiunto l'Assoluto, un jivanmukta. 19. Le strofe 8 e 9 mi sembra che bene riassumano il pensiero del veggente: la verit si scopre guardando entro noi stessi, sicch lungo la strada che parte dal cuore (cfr. 2, 1, 19), i Cui colori riproducono i colori dei raggi solari, salir al mondo del Brahman il saggio che bene agisce. dunque riconosciuto il valore d'una condotta morale, come in seguito saranno anche ammesse le pratiche rituali e ascetiche, anche se in realt colui che conosce il Brahman superiore a ogni distinzione di bene e di male e ad ogni rito (cfr. i 22 e 23). 20. Secondo il commento che va sotto il nome di Sankara si tratta dei Gandharva, dei Mani, degli dei, degli asura e dei rakshasa. 21. Il colloquio tra Yajnavalkya e Maitreyi qui riportato sembra una versione secondaria dell'analogo colloquio di 2, 4.
QUINTO ADHYAYA 1
PRIMO BRAHMANA 1. Pieno quello, pieno questo. Dal pieno nasce il pieno. Se pur si prende il pieno dal pieno rimane intatto il pieno. "Om. Il Brahman l'etere, l'etere primordiale, l'etere agitato dal vento. Cos disse il figlio di Kauravyayani. Esso il Veda, che i brahmani conoscono; per suo mezzo io conosco ci che deve essere conosciuto 2." SECONDO BRAHMANA 3 "1. I tre figli di Prajapati, gli dei, gli uomini e i demoni, stavano compiendo il loro alunnato presso il padre Prajapati. Compiuto il periodo dell'alunnato, gli dei dissero: ""Parlaci, o Signore!"". Allora egli pronunci questa sillaba: ""Da"" e aggiunse: ""Avete capito?"". ""Abbiamo capito risposero" "quelli - ci hai detto: dominatevi (damyata)"". ""S - egli concluse - avete capito""." "2. Di poi gli uomini dissero: ""Parlaci, o Signore!"". Allora egli pronunci questa sillaba: ""Da"" e aggiunse: ""Avete capito?"". ""Abbiamo capito - risposero quelli - ci hai detto: donate (datta)"". ""S - egli concluse - avete capito""." "3. Quindi i demoni dissero: ""Parlaci, o Signore!"". Allora egli pronunci questa sillaba: ""Da"" e aggiunse: ""Avete capito?"". ""Abbiamo capito - risposero quelli - ci hai detto: abbiate compassione (dayadhvam)"". ""S - egli concluse - avete capito"". Questo invero intende la voce celeste, cio il tuono, quando fa udire il suo da da da: dominatevi, donate, abbiate compassione. E proprio queste tre virt bisogna praticare, il dominio di s, il far l'elemosina, la compassione." TERZO BRAHMANA 4 1. Il cuore Prajapati, il Brahman, tutto. Tre sillabe compongono la parola: hr-da-ya. La prima hr: a colui che cos sa portano offerte (abhi-hr) sia i suoi [parenti], sia gli estranei. L'altra sillaba da: a colui che cos sa donano (da) sia i parenti sia gli estranei. L'ultima sillaba yam: perviene (i = ya) al mondo celeste, colui che cos sa. QUARTO BRAHMANA 1. Questo (la realt empirica) in verit quello (la realt metempirica, il Brahman), e quello questo: esiste soltanto una verit. Colui che conosce [veramente] quel grande spirito primigenio e sa che il Brahman la verit, costui conquista tutti i mondi. E come potrebbe essere vinto colui che conosce quel grande spirito primigenio e sa che il Brahman la verit? Invero il Brahman la verit.
QUINTO BRAHMANA 5 "1. Al principio l'universo non era che acqua. Le acque produssero la verit, ossia il satya che il Brahman, [il Brahman] gener Prajapati, Prajapati gli dei. Gli dei onorano il satya. Questo
costituito di tre sillabe: sa-ti-yam. Sa la prima sillaba; ti la seconda, yam la terza sillaba. La prima e l'ultima sillaba indicano il satya (il reale e il vero), nel mezzo c' l'anrta (la menzogna, il male) 6; ma l'anrta stretto dalle due parti dal satya e diventa esso stesso satya. L'anrta non colpisce colui che cos sa." 2. Ora ci che il reale, il sole lass. L'essere [che sta] nel disco solare (il Brahman cosmico) e l'essere [che sta] nell'occhio destro (il Brahman individuato), costoro sono fondati l'uno sull'altro: a causa dei raggi il primo si fonda sul secondo, questo a causa dei soffi vitali [riposa] su quello 7. Quando lo spirito dell'uomo sul punto di dipartirsi, allora vede nitidamente il disco [del sole]: i raggi infatti non pi gli fanno ostacolo. "3. Dell'essere [che sta] nel disco solare, la testa Bhuh: una la testa, una la sillaba. Le braccia sono Bhuvah: due le braccia, due le sillabe. I piedi sono Saar: due i piedi, due le sillabe (su + ar). Il suo nome segreto ahar (""giorno""). Colui che cos sa stronca (han) il male e se ne libera (ha)." 4. Dell'essere [che sta] nell'occhio destro, la testa si chiama Bhuh: una la testa, una la sillaba. Le braccia si chiamano Bhuvah: due le braccia, due le sillabe. I piedi si chiamano Svar: due i piedi, due le sillabe. Il suo nome segreto "aham (""io""). Stronca (han) il male e se ne libera (ha) colui che cos sa." SESTO BRAHMANA 1. Questo essere costituito di pensiero, la cui natura luce, risiede dentro il cuore come un chicco di riso, un granello d'orzo. E questo stesso il signore di tutto, il padrone di tutto, tutto esso governa, qualunque cosa esista. SETTIMO BRAHMANA 1. Il lampo (vidyut) il Brahman, cos si dice. Il lampo si chiama vidyut da vi-da (spezzare, liberare): infatti libera dal male colui che sa che il lampo il Brahman. Invero il lampo il Brahman. OTTAVO BRAHMANA 8 "1. Bisogna venerare la Parola come la vacca. Quattro sono i suoi capezzoli: le formule sodha, vasat, hanta, svadha. Da due di questi capezzoli, le formule svaha e vasat, traggono vita gli dei; dalla formula hanta traggono vita gli uomini; dalla formula svadha traggono vita gli spiriti dei trapassati. Il soffio vitale il suo toro, la mente il vitello." NONO BRAHMANA 9 1. Agni Vaisvanara (il fuoco universale) quello che risiede nell'interno dell'uomo e che fa digerire ci che si mangia. l: suo il ronzio che si ode quando si chiudono le orecchie. Quando [l'anima] sta per andarsene, non si ode pi quel ronzio. DECIMO BRAHMANA 10 1. Quando l'uomo si diparte da questo mondo, va nell'aria. Questa gli si apre [per uno spazio grande] come il foro d'una ruota d'un carro: attraversandolo egli si porta in alto e giunge al sole.
Questo gli si apre [per uno spazio grande] come l'apertura d'un tamburo: attraversandolo egli si porta in alto e giunge alla luna. Questa gli si apre [per uno spazio grande] quanto un timpano: egli l'attraversa e ascende ancora. Giunge a un mondo senza caldo n freddo: qui dimora per un'infinit di anni. UNDECIMO BRAHMANA 1. Suprema ascesi affronta colui che torturato dalle malattie: ottiene il mondo supremo colui che cos sa. Suprema ascesi invero affronta colui che morto portano nella foresta: ottiene il mondo supremo colui che cos sa. Suprema ascesi invero affronta colui che morto depongono sul rogo: ottiene il mondo supremo colui che cos sa 11. DODICESIMO BRAHMANA 1. Alcuni han detto che il cibo il Brahman. Non vero: infatti il cibo si deteriora senza il respiro vitale. Altri dicono che il respiro vitale il Brahman. Anche questo non vero, "perch il respiro vitale s'esaurisce senza il cibo. Ma quando siano congiunte in unit, queste due divinit possono procedere verso la perfezione. A questo riguardo disse un giorno Pratrda al padre: ""Che mai di buono potrei fare a chi sa ci, che mai di male potrei fargli [, dato che superiore a tutto] ?"". Quello rispose con un gesto della mano: ""Le cose non stanno cos, o Pratrda. Chi mai, soltanto perch s' congiunto in unit con quelle due [divinit], giunge alla perfezione?"". Poi gli disse: ""Vi"". La sillaba vi indica il nutrimento, tutte le creature quaggi sono infatti fondate (vista) sul nutrimento. Poi disse ancora: ""Ram"". La sillaba ram indica il respiro vitale, tutte le creature quaggi godono (ram) quando c' il respiro vitale. Tutte le creature vengono a lui, tutte le creature si compiacciono in colui che cos sa 12." TREDICESIMO BRAHMANA 13 1. [Parliamo del]l'uktha (inno). In verit respiro vitale e uktha son la stessa cosa: infatti il respiro vitale solleva (utthapuyati) tutto l'universo. Un forte figlio conoscitore dell'uktha nasce da colui che cos sa ed egli ottiene l'unione con l'uktha e la dimora nella sua stessa sede. 2. [Ora parliamo del] yajus (formula sacrificale). In verit respiro vitale e yajus son la stessa cosa: infatti tutte le creature si ricongiungono (yujyante) nel soffio vitale. Tutte le creature s'uniscono per [garantire] l'eccellenza a colui che cos sa, ed egli ottiene l'unione con il yajus e la dimora nella sua stessa sede. 3. [Parliamo del] saman (canto). In verit respiro vitale e saman son la stessa cosa: infatti tutte le creature convergono (samyanci) nel respiro vitale. Tutte le creature concordi operano per il bene di colui che cos sa ed egli ottiene l'unione con il saman e la dimora nella sua stessa sede. 4. [Parliamo del]lo ksatra (nobilt militare). In verit respiro vitale e nobilt militare son la stessa cosa: infatti il respiro vitale la nobilt dei guerrieri. Il respiro vitale difende (tra) dall'essere offresi (ksan). Ottiene una potenza irresistibile colui che questo sa e conquista l'unione con lo ksatra e la dimora nella sua stessa sede. QUATTORDICESIMO BRAHMANA 14 1. Bhumi, antariksa, dyauh (terra, atmosfera, cielo): in tutto sono otto sillabe. Pure otto sillabe
contiene il [primo] verso della gayatri ed esso quel [trinomio]. Quanto esiste nei tre mondi, tutto conquista colui che cos conosce il [primo] verso [ della gayatri ] . 2. Rcah, yajumsi, samani (Rg-, Yajur- e Sama veda): in tutto sono otto sillabe. Pure otto sillabe contiene il [secondo] verso della gayatri ed esso quel [trinomio]. Tutta intera la triplice scienza conquista colui che cos conosce il [secondo verso [della gayatri]. 3. Prana, Apana, Vyana: in tutto sono otto sillabe. Pure otto sillabe contiene il [terzo] verso della gayatri ed esso quel [trinomio]. Tutto quanto vivente, tutto ci conquista colui che cos conosce il [terzo] verso [della gayatri]. "Poi il suo quarto (turiya) verso, risplendente, [il sole] che riluce oltre l'atmosfera. Esso si chiama ""turiya"" perch il quarto; si chiama ""risplendente"", perch apparisce, per dir cos, luminoso; si chiama ""al di l dell'atmosfera"", perch brilla ben al di sopra di ogni pulviscolo atmosferico. E del pari riluce per gloria e splendore colui che cos conosce questo verso della gayatri." "4. La gayatri si fonda su questo quarto verso risplendente, al di l dell'atmosfera. Esso a sua volta fondato sulla verit; la verit infatti la vista, poich la vista la verit. [: per questo che quando due s'avvicinano litigando e uno dice: ""Io ho visto"", l'altro dice: ""Io ho udito"", a colui che dice d'aver visto che dobbiamo prestare fede. La verit a sua volta fondata sulla forza; la forza il soffio vitale; quindi la verit fondata sul soffio vitale. Per questo si dice che la forza superiore alla verit. In rapporto all'individuo la gayatri quindi cos fondata. La gayatri protegge (tra) i gaya; i gaya sono i prana 15; dunque protegge i prana e poich protegge i gaya detta gayatri. Essa quella savitri che il maestro insegna. Essa protegge i prana di colui al quale stata insegnata." "5. Alcuni insegnano una Savitri di metro anustubh (ossia di quattro versi), dicendo che la parola [del Veda] anustubh e che in tal modo essi vogliono insegnarla. Non bisogna fare cos; bisogna invece insegnare la savitri con il metro gayatri (ossia in tre versi). Se colui che cos sa riceve un grosso compenso, non nulla in confronto con un solo pada della gayatri." 6. Colui che ottenesse tutti i tre mondi pieni (di ricchezze), sarebbe come se ottenesse il primo verso della gayatri. Colui che ottenesse tutta intera la triplice scienza, costui come se ottenesse il secondo verso della gayatri. Colui che ottenesse tutto ci che respira, costui come se ottenesse il terzo verso della gayatri. Ma il quarto verso, il risplendente, che riluce al di l d'ogni pulviscolo atmosferico, nessuno pu ottenerlo. Donde potrebbe ottenersi tanto grande cosa? "7. Ecco il modo di glorificarla: Gayatri, tu hai un piede, due piedi, tre piedi, quattro piedi; senza piedi (apad) sei tu, infatti non cadi mai (na padyase). Onore al tuo quarto piede, risplendente, al di l d'ogni pulviscolo atmosferico. Se uno dice in relazione a uno che odia: ""Possa costui non ottenere la tal cosa"", oppure: ""Che non sia esaudito il suo desiderio"", o anche: ""Possa io ottenere quello [che appartiene a lui]"", non si realizza il desiderio di colui contro il quale si recita questo omaggio [alla gayatri]." "8. Ecco quanto Janaka, re di Videha, disse a Budila Asvatarasvi: ""Come mai tu che dicevi d'esser conoscitore della gayatri' sei diventato elefante e porti i pesi?"". ""O signore, non conobbi la bocca di essa"", cos egli rispose. La bocca di essa Agni. Per quante siano le cose
che si gettano sul fuoco, [esso] tutte le brucia. Del pari colui che cos sa, se anche commette molti peccati, tutti li consuma e rimane puro, candido, senza vecchiezza, immortale." QUINDICESIMO BRAHMANA 16 1. Da un aureo disco coperto il volto del vero. Levalo, o Pusan, affinch io, che ho per legge il vero, possa vederlo! O Pusan, unico saggio, o tu che controlli, o Sole, o Figlio di Prajapati, dividi i tuoi raggi, raccogli il tuo splendore! Quello che il tuo aspetto pi fausto, ecco io lo scorgo: quella persona lass, quella son io! Il respiro [se ne vada] nel soffio immortale e questo corpo finisca in cenere. O coscienza, ricordati delle tue azioni, ricordati! O coscienza, ricordati delle tue azioni, ricordati! O Agni, che tu possa condurci per il retto sentiero alla prosperit, o dio, tu che conosci tutte le vie! Tieni da noi lontano il peccato che travia! E noi ti renderemo il pi alto omaggio! Note: 1. La quinta lettura della B.Up. una raccolta di aforismi per lo pi staccati tra loro, di diversa origine, di varia epoca, molto spesso indulgenti a giochi di parole, a enigmi, a etimologie fantasiose. 2. L'Assoluto (quello), pur manifestandosi nel mondo visibile (questo), nulla perde della sua completezza. L'identificazione del Brahman con l'etere vuol adombrare il carattere incorporeo del primo, il quale anche il Veda, che comprende ogni conoscenza. 3. Si raccomanda 1a pratica delle virt, in una valutazione nettamente positiva dei valori della vita. 4. Il cuore racchiude in s tutto l'universo, con il quale s'identifica. Tutto ottiene colui che conosce il valore etimologico delle sillabe costituenti il suo nome. 5. Tra mondo empirico e Assoluto, tra Brahman individuato e Brahman cosmico esiste identit: ognuno dei due (rappresentati dal sole e dall'occhio e dai personaggi che in essi s'immaginano) comprende tutte le parti dell'universo (Bhuh, Bhuvah, Svar, terra, atmosfera, cielo) e anche assai simile il loro nome segreto. 6. La sillaba ti equiparata ad anrta perch in questa parola si trova la lettera t, mentre mancano le sillabe sa e yam. 7. Senza l'occhio non si vedono i raggi del sole, ma questo la fonte della vita dell'individuo. "8. La Parola, che sacra in quanto permette l'effettuazione del sacrificio, equiparata alla vacca. Le quattro invocazioni sono rivolte nel rituale agli dei, ai Mani e, come esortazione, agli uomini. Altrove la mente il padre, il prana il figlio della parola (v. B.Up., 1, 4, 17; 1, 5, 7)." "9. Agni Vaisvanara anche simbolo dell'Atman; anche un'osservazione fisiologica serve quindi
come spunto per la ricerca fondamentale dell'Upanisad, la ricerca del principio unico." 10. Si ha qui un accenno alla dottrina della via degli dei, che sar pi ampiamente sviluppata in 6, 2, 15-16. 11. La vera ascesi consiste nel sopportare coraggiosamente i mali indissolubilmente congiunti con la vita. "12. Mentre Pratrda materialisticamente risolve tutta la realt nell'unione di cibo e respiro, il padre suo afferma che non basta vivere per giungere alla perfezione e gli suggerisce la parola virama, ""distacco, rinuncia"", che comprende e supera ogni fenomeno, come viene ""dimostrato"" con un artificio etimologico." 13. Il soffio vitale identificato, per mezzo delle solite elucubrazioni etimologiche, con i quattro Veda (lo ksatra indicherebbe l'Atharvaveda, pi vicino alla casta guerriera e diretto a proteggere magicamente dalle forze del male). Oppure le tre prime identificazioni alludono alla casta sacerdotale nelle sue varie funzioni e la quarta alla casta guerriera. "14. Esaltazione della savitri o gayatri, una delle formule pi sacre del Rgveda (3, 62, 10), dedicata all'esaltazione del sole. (""Questo splendore eccellente - del dio Sole noi meditiamo Possa Vivificare le nostre menti""). Il quarto verso, che assicura un potere magico sui nemici, invisibile e al di l d'ogni contatto umano, ma a sua volta basato sulla forza e sul soffio vitale. Subito dopo si dice che Budila, ignorando che la bocca della gayatri Agni, rinacque come l'elefante che porta Janaka: e ci probabilmente significa che il culto apre la via alla perfezione." "15. I prana, ossia i sensi sono chiamati gaya, propriamente ""famigli"", perch, come ad esempio la parola, producono rumore (gayanti)." 16. Preghiera del morente, che s'augura di veder nel disco dei sole la figura umana simbolo del Brahman, eguale al pi vero se stesso. Gli spiriti vitali si riuniranno ai loro archetipi universali, mentre le azioni compiute determineranno la condizione della rinascita. Le stesse strofe compaiono in Isa Up., 15-18. SESTO ADHYAYA 1 PRIMO BRAHMANA 1. In verit, colui che conosce il primo e l'ottimo diventa il primo e l'ottimo tra i suoi. Il soffio vitale invero il primo 2 e l'ottimo. Primo e ottimo tra i suoi e anche tra coloro tra i quali vuol