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DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012 www.ilriformista.it


ANNO XVII N. 29 SPED. IN ABB. POST - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, DCB - ROMA

EMANUELE MACALUSO
SETTIMANALE DI POLITICA E CULTURA

EMMA DELLA DOMENICA

n questi giorni, come in tanti altri, sui giornali si parla e si sparla dei partiti, che in effetti tali non sono. Scrivo queste righe dopo avere finito di leggere la bellissima ampia prefazione di Luisa Mangoni al volume che raccoglie I verbali del Mercoled- Riunioni editoriali Einaudi (1943-1952), edito dalla casa torinese. Ci sarebbero tante cose da dire su questo libro anche perch sulla storia della Einaudi si scritto di tutto. Ma in queste poche righe mi preme sottolineare la partecipazione al lavoro collettivo della Einaudi di tanti intellettuali che intrecciarono il loro impegno culturale con quello politico. Lelenco lungo ne cito solo alcuni: Bobbio, Cantimori, Pavese, Calvino, Balbo, Chabot, Giaime Pintor, Franco Venturi, Leone e Natalia Ginzburg, Vittorini, Antonio Giolitti, Muscetta, Giansiro Ferrata, Gastone Manacorda, Massimo Aloisi, Franco Calamandrei, Ludovico Geymonat, Fabrizio Onofri, Renuccio Bianchi Bandinelli e altri. Alcuni di loro sono stati nel Pci e ne sono usciti, ognuno di loro ci ha trasmesso un patri-

Intellettuali e politica ieri e oggi

monio culturale, ma anche una storia politica. Si tanto parlato del travagliato rapporto tra il Pci, lEinaudi e gli intellettuali che vi lavoravano, la Mangoni racconta storie che aiutano a capire cosera quella Casa editrice, ma anche il Pci. Tra tante cose si pu leggere la lettera di Einaudi a Togliatti quando inaugur la Piccola Biblioteca Scientifico-letteraria, libri di piccolo formato a prezzi popolari. Uniniziativa, scrive Einaudi, che non si propone compiti propagandistici ma di elevamento culturale. In quegli anni la politica si intrecci con la cultura qualificando i partiti. I quali, oggi, sono unaltra cosa, molti intellettuali non si impegnano e le case editrici non si pongono il problema. C la Tv, c Internet e altro: lo so bene. Questi mezzi, come la biblioteca einaudiana, potrebbero essere utilizzati per una buona politica, per alimentare la cultura del popolo. Non cos. La Tv, anche quella pubblica, quella che vediamo.

Professori & Monotonie A sfottere il posto fisso provvidero gi i Gufi


DI

PAOLO FRANCHI

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o vado in banca, stipendio fisso, cos mi piazzo e non se ne parla pi. Lutilitaria la compro a rate, e per lestate mi faccio un vestito blu. Cos cantavano i Gufi: grandissimi. Erano gli anni Sessanta, gaudenti e volgari nel giudizio di uno storico importante come Giuliano Procacci, fantastici secondo le interpretazioni pi diffuse. Il Sessantotto era in incubazione. Non solo in Italia, certo. In Italia, per, in forma tutta particolare. Il centro-sinistra (quello vero, con il trattino) smarr rapidamente gran parte dei suoi empiti riformatori, ma il titolo con cui lAvanti! aveva salutato lingresso dei socialisti al governo, Da oggi ognuno pi libero, allepoca sfottuto a pi non posso, s rivel profetico. Da tempo lassunzione Caddero muri. Cambiarono, soprattutto, si non rientra nei sogni e capisce, tra i giovani, il costume, lo stile di nelle aspirazioni dei gio- vita, i gusti e le tendenze culturali. E vani. Ma per motivi che cambiarono anche le aspirazioni, e lattegoggi sono profondamen- giamento verso il lavoro. La stragrande te diversi da quelli di ieri. maggioranza dei nostri padri e delle nostre madri, gente che aveva conosciuto le ristrettezze vere e i sacrifici duri, tirava la carretta per farci studiare nella serena convinzione che il futuro ci riservasse un lavoro meglio retribuito e pi sicuro del loro: per dirla in due parole, un buon posto fisso. Peccato che a noi, e in specie a quelli che di famiglia stavano, se non benissimo, almeno benino, il posto fisso sembrasse non una promessa, ma un incubo piccolo borghese da evitare, e prima ancora lemblema di un modo di stare al mondo meritevole di essere sbeffeggiato. La vita ci avrebbe dato sicuramente di pi e di meglio, anche se non si sapeva bene, e non si voleva neanche troppo saperlo, che cosa. Tutto questo mi tornato alla mente sentendo il

professor Monti che chiosava la difficile trattativa (sempre che sia davvero una trattativa) sul mercato del lavoro facendo ironie sulla monotonia del posto fisso. Confesso di essermi chiesto pure se Monti, che sicuramente fin da piccolo stato pi serio, pi studioso, pi rigoroso di me, ricordasse anche lui la canzone dei Gufi, e magari in qualche modo vi si ispirasse: in fin dei conti, negli anni Sessanta era un giovanotto anche lui. Poi, per, mi sono come risvegliato. Non siamo nei Sessanta. E qualcosa in questi cinquantanni successo, anche per quanto riguarda il lavoro dei giovani o, per essere pi aulici, quello che una volta si chiamava il futuro delle nuove generazioni. Qualcosa che neanche i Gufi avevano previsto. Anche se poi Monti ha fortunatamente chiarito lequivoco (o rettificato il tiro, fate voi), provo a scriverne rapidamente lo stesso. I nostri genitori (i nonni dei ragazzi di oggi) questo paese lo avevano ricostruito, e pensavano che la giusta ricompensa di tanti sforzi consistesse soprattutto in un buon futuro assicurato ai loro figli. Noi (i loro figli, nonch i genitori dei ragazzi di oggi) eravamo convinti che il nostro futuro sarebbe stato non buono, ma straordinario, senza precedenti nella storia: tutto stava a cominciare a prenderselo subito, corri compagno, il vecchio mondo dietro di te. Poi scoprimmo (per motivi oggettivi e soggettivi, si sarebbe detto un tempo) che le cose erano parecchio pi complicate, e lasciammo perdere. Prendendoci in cambio, in parecchi casi, molto pi del famoso posto fisso, che abbiamo nei limiti del possibile difeso (quando si trattava del nostro) ma senza farne mai unideologia o una religione. E i pi giovani, quei figli e quei nipoti ai quali il professor Monti vuole risparmiare una vita monotona? Il posto fisso da tempo non rientra nei loro sogni e nelle loro aspirazioni. Ma per motivi che oggi sono profondamente diversi da quelli di ieri. C stato un tempo non lontanissimo (prima della globalizzazione, pri-

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ma della crisi) in cui ai pi giovani, proprio come ai loro pap e alle loro mamme da ragazzi, la prospettiva di timbrare lo stesso cartellino nello stesso posto di lavoro per tutta la vita sembrava, pi ancora che monotona, angosciosa. Meglio, molto meglio cambiare, meglio accettare le sfide, meglio girare il mondo, meglio fare il maggior numero possibile di esperienze diverse. Una parola in s un po inquietante come flessibilit poteva avere anche una sua accezione liberatoria. Forse poteva essere anche contrattata e governata. Il fatto che quel tempo scaduto da un pezzo. Se i pi giovani non aspirano al posto fisso perch nella loro esperienza di vita e

nelle loro aspettative questa possibilit materialmente non esiste. Flessibilit e precariet, nellItalia con una quantit inaudita di rapporti di lavoro atipici, sono tornati ad essere dei sinonimi. Sul futuro noi, i pap e le mamme, avevamo clamorosamente equivocato, nellimmotivata convinzione che ci spettasse quasi per diritto divino. Loro, i figli e le figlie, pensano semplicemente di non averne. Di questo vuoto di futuro che bisognerebbe occuparsi, piuttosto che dibattere a vuoto sul posto fisso. Ci piacerebbe avere qualche buona ragione per dire che i ragazzi esagerano. Purtroppo non cos. Evitiamo almeno di fare i Gufi fuori tempo massimo.

KARLMARXSTRASSE

QUESTA SETTIMANA

Ci basterebbe pure il vecchio Federico

Qui in Karl Marx Strasse abbiamo la memoria lunga. Monti aveva appena finito di esternare il suo fastidio intellettuale per la monotonia del posto fisso, e a noi era gi tornato in mente un altro presidente del Consiglio che, una dozzina di anni fa, aveva detto pi o meno la stessa cosa. Era l11 settembre del 1999, e il presidente si chiamava (si chiama ancora) Massimo DAlema. Che per spiegare ai giovani che il posto fisso dovevano scordarselo port ad esempio erano i tempi dellAmerica del suo amico Bill Clinton e dellUlivo mondiale proprio gli Stati Uniti. Dove, disse, senza il lavoro precario ci sarebbero stati pi disoccupati che in Calabria. Ci stavamo gi dividendo tra chi inveiva contro DAlema e chi ne esaltava la preveggenza, quando una ricerchina su Google complic e incrudel i nostri contrasti. Perch, come qualcuno di noi vagamente ricordava, pochi anni fa un ministro dellEconomia che tutto-il-mondo-ci-invidiava, sostenne lesatto contrario. Si chiamava (si chiama ancora) Giulio Tremonti. E disse: Penso che il posto fisso sia la base su cui organizzare un progetto di vita e di famiglia. Adesso il mondo non ce lo invidia pi, ma lui ripete imperterrito il medesimo concetto. Qui in Karl Marx Strasse continuiamo a litigare anche adesso che Monti si spiegato meglio. Conveniamo solo su due punti. Il primo che non ci si capisce pi niente. Il secondo che il vecchio Carlo ci manca tanto. Cos tanto che ci accontenteremmo anche dellultimo Engels. Quello che da ragazzi non ci piaceva perch era troppo socialdemocratico. (ri.ka.)

Dopo il naufragio della Costa Concordia si ripresenta, ancora una volta, la diatriba tra Italia-Germania, ce ne parla Paolo Emilio Petrillo, mentre Alfio Squillaci va alle origini del concetto di carattere nazionale: dalla pubblicistica francese del 700 allostilit di Croce. La parolona nazione spiegata da Mario Ricciardi. Cotinuiamo a parlare della possibile alleanza tra nonni e nipoti (bypassando la generazione di mezzo, quella degli adulti) con Tomaso Greco. Il collasso dellOccidente secondo Niall Ferguson in un articolo di Paolo Passarinie novantanni di Foreign Affairsriassunti in un numero speciale recensito per noi da Alfonso Musci, Leonard Cohen, Paul McCartney e Lana Del Rey ascoltati da Ariel Bertoldo. Limpegno civile e culturale del teatro del Popolo, un anniversario raccontato da Laura Landolfi, larte allepoca della Thatcher di Massimo Ricciuti. Il museo della mente visitato da Anita Tania Giuga.

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Alessandro Cidda

DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

ACHTUNG BANDITEN

I tedeschi, gli italiani, i giornalisti vil razza dannata


DI

PAOLO EMILIO PETRILLO

una vecchia storia. Vuoi o non vuoi basata su presunti caratteri nazionali reciprocamente poco compatibili, la diatriba fra italiani e tedeschi si ripresenta ciclica. Inaffidabili e vanesi i primi per i secondi; quadrati, pesanti e un po nazisti i secondi per i primi. Cos loccasione per uno scambio daccuse rimane latente e, da almeno settanta anni a questa parte, luomo ladro non manca mai. Il pretesto, questa volta, lha fornito laffondamento della Costa Concordia, dove i tedeschi hanno avuto le loro vittime: quattro morti, sei dispersi. Ma bastava guardare le parole usate dalleditorialista dello Spiegel-Online Jan Fleischhauer colui ITALIA-GERMANIA 1 che questa volta s assunto lonere per capire che s, daccordo, la Concordia, ma che in gioco c ben altro! E cio sempre la stessa cosa. Mano sul cuore: sinterrogava Fleischhauer lo scorso 23 Gennaio si stupito qualcuno del fatto che il coIl pretesto, questa vol- mandante della sciagura della Costa ta, lha fornito laffon- Concordia fosse un italiano? Ci si pu damento della Costa immaginare una simile manovra, Concordia: ma la dia- compresa di fuga finale del capitano, triba tra i due popoli si condotta da un comandante tedesco ripresenta ciclica. o, diciamo meglio, britannico? Ovviamente Complici i giornali. no. E Fleischhauer prosegue, prima pescando da memorie turistiche proprie e collettive Li conosciamo questi tipi, dalle vacanze in spiaggia...ampi gesti e dita parlantifare bella figura lo sport nazionale italianoanche Schettino voleva fare bella figura. Peccato che uno scoglio - poi prendendo il toro per le corna. Con il carattere nazionale ci si comporta come con la differenza di genere. Qualcosa di abolito da tempo, anche se poi ci cozziamo contro ad ogni passo nella vita quotidiana.

E allora, per una volta, bando alle ipocrisie e diciamo le cose come stanno, che poi anche normale che le nazioni differiscano fra loro: Ci sono motivi climatici, e anche la lingua gioca un suo ruolo. Normalmente questo non sarebbe un problema, solo non si dovrebbe costruire una politica sul presupposto che i confini abbiano ormai valore esclusivamente figurato. Altrimenti, eh s, ci che pu succedere lo mostra la crisi valutaria che abbiamo sotto gli occhi in questi giorni. Anche perch luomo al comando accentra su di s tutte le attenzioni linappuntabile conclusione di Fleischhauer - E quello che lo scoglio davanti alla nave, diventa nel mercato il tasso dinteresse. Chi, a fronte di simili argomentazioni, avesse immaginato in risposta un divertito silenzio, una distaccata osservazione alla Monti o un serio intervento alla stupidit, le cui bronzee leggi affratellano uomini e donne di ogni razza e colore, avrebbe ovviamente sbagliato. Perch sulla trincea italiana le vedette non dormono, e la riva del Piave netta quanto quella del Reno. Cos, gi il giorno stesso dalle nostre linee - La Repubblica - si rispondeva nel modo seguente: Il senso di tutto il ragionamento (di Fleischhauer, ndr) che forse sarebbe tanto piaciuto al ministro della Propaganda del Reich, Joseph Goebbels? [] E, dopo aver ricordato fra laltro gli aiuti alla Germania del Piano Marshall, si rilanciava: Allora, vogliamo parlare di carattere nazionale? Americani e britannici troppo spendaccioni e generosi con lex nemico, italiani, spagnoli e turchi troppo laboriosi alle catene di montaggio, Volkswagen e Mercedes? E tedeschi incorreggibili dopo la Weltanschaung nata da loro fra il 1933 e il 1945 secondo cui le nazioni non sono comunit di valori come nel mondo moderno, bens solo razze come cavalli e cani?. Questo, a caldo. Mentre a freddo contrattaccava il Giornale il 27 di Gennaio, aprendo in prima pagina con una bella Lettera ai tedeschi del direttore Alessandro Sallusti e un titolo cubitale che non lascia adito a dubbi: A noi Schettino. A voi Auschwitz. Ecco, ora s che abbiamo detto come stanno le cose. Anche se di passaggio abbiamo trascurato il vecchio adagio, secondo cui nel parlare con uno sciocco converrebbe tener bassi i toni. Altrimenti gli altri potrebbero non cogliere la differenza. I tedeschi ruttatori e ubriaconi sulle nostre spiagge dellallora (2003) sottosegretario leghista alle Attivit produttive Stefano Stefani, giustamente con delega al turismo; la versione tedesca del titolo del film di Nanni Moretti Il caimano che diventa Der Italiener; Berlusconi e il kap Martin Schulz;

Echo (Marco Signorini 1996) stampa Inkjet fine art cm64x80

Echo (Marco Signorini 1996) stampa Inkjet fine art cm64x80 (dettaglio)

gli ultimi mondiali di calcio, durante i quali fra molte altre cose - circolava su youtube il video di una localissima rock-band della Bassa Baviera che, chitarra e batteria alla mano, formulava un unico auspicio o condizione: Solo lItalia no!. Sottinteso: vincere i Mondiali, perch gli Italiani sono veramente troppo viscidi e mafiosi. A quanti ritorni di polemiche pi o meno note - a quante reciproche sceneggiate -abbiamo assistito anche solo in questi ultimi anni? La domanda la giriamo a Gian Enrico Rusconi, fra i germanisti italiani sicuramente uno di quelli che la querelle italo-tedesca lha indagata pi a fondo facendo i conti e da tempo - con il perpetuo riproporsi degli stereotipi. Professore, quante volte? Tante, troppe. Pensi che in questoccasione volevo scrivere qualcosa e poi mi sono trattenuto. Ma s, parlare seriamente delle cose serie non serve a niente. Nel mio lavoro di storico dei rapporti fra Italia e Germania ho mostrato come le radici profonde del pregiudizio reciproco fra Italiani e Tedeschi riportino al cuore dei traumi storici delle due guerre mondiali. La rivisitazione storiografica di questi fenomeni per non stata minimamente percepita dal giornalismo. Che quindi rivanga tutti i vecchi pregiudizi. Per cui riprende Rusconi direi che a questo punto e a questo livello almeno un grande responsabile lo si pu individuare, e cio la pubblicistica. O almeno quel tipo di pubblicistica che per vari motivi allinformazione preparata e obiettiva preferisce linerziale, dannoso, rilancio dei clichs. Mentre la lotta al pregiudizio implica una seria rivisitazione storica degli episodi che ne sono alla radice. Questa volta per qualcosa sembra essere successo. Intanto la consolante valanga di improperi e lazzi riversata in rete allindirizzo di Sallusti e del suo Giornale. Poi la luminosa, possiamo dirlo? - lettera inviata da Paola (deputata Pd) e Ricarda Trautmann Concia luna italiana, laltra tedesca, luna residente in Italia, laltra in Germania, sposate al direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli e pubblicata il 28 di gennaio. Paola e Ricarda che dal loro amore al tempo dello spread, oltre ad invitarci ad una risata su questi stereotipi e a passare oltre, mandano per a dire: Costrette a un confronto serrato tra ci che accade in Italia e ci che accade in Germania, ci scambiamo informazioni sull immagine che ciascun Paese offre all altro Paese. Preoccupante, a nostro parere. [] Abbiamo quindi deciso di

scriverle per darle, umilmente, il nostro punto di vista incrociato. Siamo convinte che in entrambi i Paesi [] si stia correndo il rischio di ricadere in antichi odi alimentati da stereotipi che pensavamo superati. Perch accade questo? continuano le due - Perch quegli articoli sprezzanti di Der Spiegel verso gli italiani? E perch riaffiorano in Italia con tanta facilit i vecchi pregiudizi sui tedeschi cattivi e arroganti? In Germania non tutti i tedeschi sono rigidi, intransigenti e ottusi, come in Italia non vero che nessuno rispetta le regole. A noi due viene facile dire che bisognerebbe riuscire davvero a valorizzare le differenze, perch queste sono una ricchezza. proprio questo il problema, ribatte Rusconi: Da un lato un giornalismo cos di bassa lega che anche molta gente ne stufa, essendo gi oltre. E dallaltro limpossibilit di liquidare tutto questo come baruffe pseudogiornalistiche che lasciano il tempo che trovano. Perch andare a solleticare il basso ventre dei nazionalismi e dei campanilismi non mai senza conseguenze. Ragionare per stereotipi significa presumere di saper com fatto laltro ancor prima di conoscerlo, pregiudicandosi cos la possibilit di conoscerlo sul serio. Daccordo per Paola e Ricarda Concia; ma alleffetto che parole come quelle di Fleischhauer o Sallusti possono avere su masse di persone che hanno tuttaltre vite ed esperienze, vogliamo pensarci un attimo?. Ecco, pensiamoci un attimo. Magari tenendo presente come da anni in Europa complici le ricadute del progetto comune a medio, e della globalizzazione a lungo raggio vadano crescendo e organizzandosi spinte isolazioniste e protezioniste, inevitabilmente rivolte a una qualche forma di (sub)-nazionalismo identitario. Non sono bagatelle: forse a ripresentarsi sono le linee di faglia lungo cui lEuropa s tormentata per secoli, dilaniandosi infine in una nuova guerra dei Trentanni che si conclusa con labdicazione del Vecchio Continente e il trasferimento della city del mondo sulle rive del fiume Potomac.

PAOLO EMILIO PETRILLO. Ha vissuto a lungo in Germania per motivi di studio e lavoro. Da Berlino ha collaborato con varie testate, fra cui la Stampa, il Riformista, la RAI. Torna dopo un anno trascorso a curare ulivi e a organizzare il materiale per un libro sull8 settembre del 43.

ACHTUNG BANDITEN

DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

Carattere nazionale si riaccende leterna querelle


ALFIO SQUILLACI

veva fame e cos ha mangiato una polpetta di carne e due mezzi panini dal buffet che il capo aveva fatto preparare per un meeting, con il risultato di vedersi licenziata in tronco dopo 34 anni di onorato servizio come segretaria (Corriere della sera, 8 ott. 2009). Niente paura, un fatto sociale cos efferato (il licenziamento, non il furto) non accaduto in Italia, dove invece, qualcuno lo ricorder, alcuni operatori dellaeroporto di Malpensa, ripresi con le telecamere dagli investigatori a svaligiare i bagagli dei passeggeri sono stati riammessi in servizio dalla magistratura, dopo un primo licenziamento. ITALIA-GERMANIA 2 Il fatto della polpetta avvenuto nella inflessibile Germania e venne ripreso con stupore e raccapriccio nel nostro Paese, dove sembra perdurare una specie di generalizzato cupio absolvi. Ed un fatto che ci pone davanti alla incomprensibile (per noi) durezza di quel poOltre la rissa tra Flei- polo irremovibile, come la Merkel, che schhauer e Sallusti: ha sono i tedeschi, che per, forse anche per senso recuperare un questo, riesce a far funzionare tutto concetto elaborato nel anche il comunismo come si diceva 700 da Montesquieu, sogghignando allepoca del socialismo Voltaire, Madame de reale a proposito della relativa efficienza Stal e fieramente della Ddr rispetto al grigio vivacchiare dei paesi oltre cortiavversato da Croce? na. Si dir: i tedeschi non sono gli italiani. vero, hanno poco a che vedere con noi, popolo indulgente e permissivo. Da noi esistono i peccati e il casuismo (la morale di impronta cattolica che opera una declaratoria raffinatissima della gradualit dei peccati), lass il peccato e il protestantesimo prussiano che ha dato lo stigma allintera nazione. di questi giorni, per via del disastro del Giglio, che lennesimo impietoso confrontoscontro tra quei tedeschi che ci amano e non ci

stimano e noi italiani che di converso li stimiamo e non li amiamo , ha toccato particolari punte di asprezza. Mano sul cuore ha scritto qualche giorno fa lo Spiegel: qualcuno si forse meravigliato del fatto che il capitano della Costa Concordia fosse italiano? Ci si pu immaginare che a compiere una simile manovra, inclusa la fuga successiva, potesse essere un tedesco oppure, diciamo anche, un capitano di marina britannico?. Non poteva non mancare una reazione risentita della stampa italiana: da una risposta garbata e briosa sul Corriere (26 gennaio), elencante tutti gli stereotipi che emergono in discorsi di questo tipo, alla reazione rabbiosa e scomposta di Sallusti che sul Giornale del giorno dopo rammenta ai tedeschi addirittura il nazismo e lignominia di Auschwitz Eppure qualche domanda resta insoddisfatta di fronte a casi clamorosi di comportamenti da arcitaliano come le corna nei convegni internazionali del nostro ex-premier o questa sciagura della Concordia, dove molti aspetti di puro folklore e di insipienza tutta peninsulare non pare siano mancati. E insomma: se i tedeschi non si comportano come gli italiani sar questa una proposizione assistita da qualche spiegazione di fondo? E se un popolo cade in errore sempre allo stesso modo (noi nella sciatteria e nella cultura dellesibizionismo - linchino! - e i tedeschi nella rigidit formalistica che niente distingue, priva com di un soccorrevole casuismo), se insomma tutti i popoli sono felici allo stesso modo, ma ogni popolo sembra essere infelice a modo proprio, perch tutto ci accade? Una volta per spiegare le differenze comportamentali dei popoli si invocava il cosiddetto carattere nazionale, ossia un concetto elaborato dalla pubblicistica francese del 700 (Montesquieu, Voltaire e poi soprattutto M.me de Stal e tutto il Groupe de Coppet da lei radunato nella cittadina svizzera). Lelaborazione del concetto e termine di caractre national si nutriva da un lato delle riflessioni dei moralisti classici francesi del 600 (La Bruyre, La Rochefoucauld ecc.) per quel che riguarda la nozione di caractre inteso come risultato dello studio delle passioni e dei costumi dellindividuo, e dallaltro dellestensibilit di tale nozione ai popoli, tenuto conto dei condizionamenti ambientali (climatici e geografici soprattutto) come prospettati da Montesquieu ne Lesprit des lois. La nozione passata poi anche in Italia e se ne serv ampiamente Giacomo Leopardi nel suo celebre Discorso sugli italiani. Sappiamo per che la nozione ricevette lostilit inflessibile di Benedetto Croce (Teoria e storia della storiografia) che scriveva: Qual il carattere di un popolo? La sua storia, tutta la sua storia, nientaltro che la sua storia. Quando

Echo (Marco Signorini 1996) stampa Inkjet fine art cm64x80

Echo (Marco Signorini 1996) stampa Inkjet fine art cm80x64

si descrive il carattere di un popolo in questa o in nali. Questa disciplina si sforza di combinare il quellet, o nellintero corso della sua et, si trac- momento diacronico a quello sincronico, la stocia come una delineazione generica (e coi difet- ria con la sociologia o l antropologia. ti del generico) dellattivit che esso ha spiegaIn un simile ambito risulter ragionevole to, dellopera che ha compiuta, ossia, appunto, (ma ci avrebbe forse procurato un travaso di della sua storia. E non di meno si cade neller- bile a don Benedetto) studiare ad esempio gli rore di staccare il carattere di un popolo dalla sua italiani del 500 per comprendere quelli dei nostoria e rappresentare prima il carattere, con lin- stri giorni o viceversa, studiare gli italiani di tento di cercare poi come questo abbia agito e oggi per capire quelli del passato. Ci si chiereagito agli avvenimenti, cio der come sia possibile opequale storia abbia avuto. Ma Peter Burke scrive: rare in tal senso se non utise il carattere si pone come lizzando proprio un modello bello e pronto, nessuna narraLuoghi comuni e ditaliano che funzioni da zione storica pu seguire. idea transitiva tra litaliano Insomma Croce rifiutastereotipi di oggi e quello di ieri. Sar va ogni determinazione, daforse litaliano di sempre, ta una volta per tutte, di costituiscono per lo lAlberto Sordi, che secondo quelle qualit fisse, che alNanni Moretti ci meritiamo? cuni chiamano tratti del castorico un aiuto in A proposito degli sterattere nazionale, annettenreotipi Peter Burke invece do ad essi la giusta imporvista della scrive: Risulta evidente che tanza ai fini della ricostruluoghi comuni e stereotipi zione dellintero quadro caricostruzione delle costituiscono per lo storico ratteriale; qualit invece che non tanto un ostacolo quanto altri non vogliono nemmeno regole o norme della un aiuto in vista della ricoprendere in considerazione, struzione delle regole o nore che chiamano pregiudizi, cultura me della cultura, e anche: luoghi comuni, stereotipi. Il termine stereotipo rapUna delle ragioni che inducono molti a re- presenta la connotazione spregiativa di ci che spingere luso della locuzione carattere nazio- i sociologi e gli antropologi preferiscono chianale sarebbe anche il rifiuto di interpretazioni mare modello; in altre parole, unutile psicologiche o meglio demo-psicologiche, semplificazione impiegata per capire la comcon pesanti rimandi, impliciti del resto, a sotto- plessit della realt sociale. Cos possiamo instanti elementi biologici e razziali che non pos- cludere fra gli stereotipi o modelli il sistesono non allarmare chi fermamente crede che ma feudale, il capitalismo, la cultura della veresiste solo la pasta uomo. gogna, la societ spettacolo ecc. Si potrebbe Nella pubblicistica francese invero lim- persino aggiungere l inglese, o l italiano, pianto concettuale della locuzione trovava quando tali termini vengono usati in riferifondamento in spiegazioni antropologiche mento agli stili o al comportamento. pi che psicologiche e men che mai biologiInsomma litaliano appare configurarsi che. Sintende di una antropologia che anco- sempre pi come lio pirandelliano, prismatira era in fieri e che si appoggiava, quando di- co e frantumato secondo le forme sociali che scuteva di carattere, non gi su psycholo- costretto ad assumere per avere vita: una gie des foules,ancora di l da venire, ma su identit sociale che nasconde la vera identit strumenti dindagine molto tradizionali: il dellio, un personaggio che soffoca la persoviaggio, losservazione diretta dei costumi, la na, una maschera che si sovrappone a un volletteratura, il clima, le istituzioni e non ultima to. Alcuni fatti di cronaca sembrano dirci alla storia di quel popolo. Sia come sia, la no- limprovviso che non c dialettica tra i due zione di carattere nazionale stata progressi- momenti, che non c un vero volto sotto la vamente respinta o venuta a cadere in disu- maschera, che la maschera il volto. so, sostituita perlopi dal termine identit, ritenuta pi neutra e meno compromettente. Ma c anche una corrente della storiografia moderna, lanthropological history, (vedi: Peter ALFIO SQUILLACI. Siciliano, Burke, Scene di vita quotidiana nellItalia moemigrato in Lombardia da oltre derna), che ci viene in soccorso quando voglia30 anni. Laureato in Filosofia, mo sottolineare comunque modelli, costanti an- ex dirigente di Azienda partecipata dal Tesoro. tropologiche, corsi e ricorsi prettamente nazio- Legge spesso i francesi.

DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

NONNI E NIPOTI

Bene la sobriet Ma luguaglianza che fine ha fatto?


DI

TOMASO GRECO

agioni propone una formula culturalmente stimolante, vale a dire accostare due generazioni tra loro anagraficamente molto distanti nella costruzione di un avvenire possibile. Il gioco accosta, un po come il vecchio Monopoli o il pi moderno Trivial Pursuit, attempati giocatori e nuove leve. Dai sette ai novanta, per dirla con Ravensburger e i suoi puzzle: sulle scatole pi vecchie e un po sbiadite dal tempo, a ben ricordare, era scritto passatempo per nonni e nipoti o qualcosa del genere. E tanto vale, per calarsi nei panni degli uni o degli alACCOSTAMENTI tri, iniziare ad accostare immagini dantan, dagherrotipi dai tratti incerti, a immagini nitide e definite da migliaia di pixel luminosi su uno schermo. Cos, come rapiti da un professor Zapotec sotto leffetto di sostanze psicotrope, shakeriamo Quelli che pensano nella macchina del tempo Cary Grant come Zingales che il e George Clooney, Salvador Dal e problema sia salvare il Bansky, la camiseta albiceleste di capitalismo dai capita- Omar Sivori e quella di Lionel listi vogliono solo sosti- Messi. E se senza gituirsi alla generazione rarci troppo intorno, la politica. Anprecedente: roba da che qui si tratta di accostare termini sbadiglio. Meglio un retr e nuove etichette. Rivoluzionari o rottamatori? patto con i nonni.

La generazione delle parole che prima non significavano nulla (twitter, smartphone, facebook) scopre limpegno travolta dalla crisi economica. Crisi che offre una lunga lista di incertezze e una promessa amara: il futuro, comunque vada, sar molto diverso da quello che era stato prospettato ai venti/trentenni. Questa generazione, lasciata ai margini delle dinamiche economiche e del potere -e con tutta probabilit anche di quelle sociali e culturali- reclama, a ragione, una soluzione. E si scopre ferma a un crocevia squisitamente politico, anni dopo la constatazione del decesso della politica per limiti di et e sopravvenuta improponibilit di alternative alle ricette finanziarie della mondializzazione. Da un lato quelli che dellalleanza con i seniores non sanno che farsene. Sono cresciuti negli anni 80 e 90, hanno assistito al trionfo del capitalismo liberale di mercato contro quello burocratico di Stato. Hanno studiato sui banchi della net economy, ascoltato Bill Clinton suonare il sax, non hanno mai dovuto negare di essere stati comunisti, perch a ogni buon conto non lo sono mai stati. Hanno applaudito le privatizzazioni, espresso soddisfazione per la riduzione dellarea di influenza dello Stato sui mercati, annuito convinti alla flessibilizzazione del mondo del lavoro. E pensano, come Zingales, che il compito della sinistra (pardon, dei progressisti) sia salvare il capitalismo dai capitalisti. Sar per questo che qualche tempo fa alla Leopolda lo hanno accolto come una rock star. Le cose non funzionano? La crisi e linquietante ombra di miseria che proietta? Niente paura. La via duscita, a loro dire, sta nel liberarsi degli orpelli ingombranti e demod che ereditiamo dal 900, in particolare diritti e solidariet sociale. Insomma, non hanno alcuna intenzione di segnare una discontinuit con i paradigmi culturali e politici degli anni 90 e 2000. Solo vogliono sostituire al timone la generazione precedente ormai esausta, in parte screditata dalla secche delleconomia e quasi sempre non al passo con i tempi.

Echo12 (Marco Signorini 1996) stampa Inkjet fine art cm64x80 (dettaglio)

Echo15 (Marco Signorini 2005) stampa Inkjet fine art cm120x60

Un ricambio generazionale da sbadiglio, dinamica di avvicendamento al potere da soap opera o, per rendere la cosa truculenta (non si sa mai: gli effetti speciali a piccole dosi sono una panacea contro gli sbadigli), un parricidio. Anche in questo campo abbiamo assistito a una sostanziale deregulation: se una volta si rischiava di essere chiusi in sacco e gettati nel Tevere in compagnia di uno sventurato zoo poco amichevole (scimmie, vipere, galli e cani), in tempi pi recenti si pu avere la sorte di Dipendra del Nepal che, dopo aver fatto fuori a colpi di mitraglietta pap e mamma coronati, ha regnato sul suo Paese ben quattro lunghi giorni. Ma, mentre giovani liberisti crescono (qualcuno in fretta, qualcuno meno), qualche giovanotto inizia a pensare che gli anni 90 siano finiti. Si potrebbe argomentare a lungo per trovare la data di scadenza della golden age del mondo senza i due blocchi, ma certo che dal 2001 iniziata una crisi che, salvo alcune pause, pu dirsi ininterrotta. Non solo, ma agli spazi di contendibilit democratica che il capitalismo industriale offriva (terreno di conquista di diritti), il capitalismo finanziario risponde con un processo di mondializzazione di fronte al quale ci si pu adeguare o pagarne le conseguenze. Soggetti privati impalpabili e transnazionali hanno esautorato gli Stati, confinandoli a ruoli di comparse nelleconomia globale. Abbiamo familiarizzato con sigle prima buone solo per gli annunci finalizzati al meretricio (AAA e compagnia), cercato su Wikipedia il significato della parola spread con lo stesso fatalismo e terrore che pervade la descrizione della Peste Nera nel Decameron. I pi attenti hanno visto cadere il governo del socialista Papandreou che aveva estratto la pistola (ahinoi scarica) della democrazia contro i diktat finalizzati a salvare il suo Paese. I giornali ne hanno parlato, le televisioni meno. Ce lo hanno descritto come un signore irresponsabile e pure un po demagogico. Nessuno a sinistra si sognato di fare una mezza manifestazione di sostegno, nonostante Papandreou sia -letteralmente- figlio della migliore tradizione democratica

ellenica e presidente di quel pericoloso coagulo di noti sovversivi che la seconda Internazionale (la seconda, non la quarta). A fronte di prospettive di lavoro, di vita e di societ cos incerte, una parte significativa della generazione dei venti/trentenni ha deciso di rivolgere il proprio desiderio di cambiamento non (o non solo) contro i macchinisti, ma contro la direzione di marcia. In un 2011 denso di crisi e di oscillazioni economiche, sono stati i nipoti a non accontentarsi del refrain dellunica soluzione possibile. Se vero, come osserva Giuseppe Bedeschi sul Corriere della Sera citando Donald Sassoon, che oggi non si profilano alternative al salvataggio dellesistente, questo non esclude affatto unincalzante necessit di prospettare altre strade rispetto a quelle che hanno portato alla crisi. Perch se la costante del dissesto economico-finanziario, in Paesi tra loro molto differenti, la divaricazione delle distanze tra poveri e ricchi, difficilmente si pu bollare la crisi come unerrore di percorso. I nipoti che hanno fatto sentire la loro voce critica, da Zuccotti Park alle strade delle capitali europee, hanno gridato al fallimento strutturale del sistema. Perch quel sussulto non rimanga un grido inascoltato, un esercizio di ribellione solipsistico, ben venga lalleanza con i nonni. Del resto se le due generazioni in mezzo dovrebbero, come giustamente ha auspicato Paolo Franchi, mostrarsi con il saio del penitente e chiedere umilmente, sinceramente, perdono ai pi giovani, perch lo sfascio conseguenza di una ideologica e meticolosa messa in soffitta della giustizia sociale. E il patto nipoti-nonni deve tradursi in un progetto: sobriet e equit possono anche essere risposte nellimmediato, ma lalternativa alla barbarie restano libert e uguaglianza. Che devono recuperare ragioni antiche e disegnare percorsi nuovi.

TOMASO GRECO. Trentunenne milanese, scrive per diverse testate. ricercatore allUniversit dellInsubria, dove si occupa di inclusione e esclusione sociale.

PAROLONI
DI

MARIO RICCIARDI

Nel saggio Of National Characters David Hume afferma che il volgare porta alle estreme conseguenze lidea che ci sono caratteri nazionali. Una volta stabilito che in principio la codardia o lignoranza sono tipiche di un popolo, chi appartiene al volgo non ammette possibilit di eccezione. Le persone sensate, al contrario, condannano questi giudizi assoluti, anche se sono disposte ad ammettere che ciascuna nazione ha il suo peculiare set of manners e che alcune qualit siano pi diffuse tra un popolo che tra i suoi vicini. La contrapposizione proposta da Hume tra

lopinione volgare e quella sofisticata sui caratteri nazionali il punto di partenza per articolare unopposizione tra due modi di concepire le nazioni. Da un lato, abbiamo lidea della nazione come qualcosa che ha una sorta di essenza morale, un tratto - o un insieme di tratti - caratteristici e necessari. Dallaltra, invece, c una concezione pi sfumata, che presenta indubbiamente difficolt di formulazione rigorosa, ma che appare al contempo pi plausibile e pi accettabile moralmente. La prima tesi, se cos possiamo chiamarla, configura una sorta di relativismo morale o dei costumi. Se, infatti, la codardia o lignoranza appartenessero necessariamente agli italiani, non avrebbe senso biasimarne

uno per la sua mancanza di coraggio o di cultura. Allo stesso modo, se laffidabilit fosse una propriet necessaria degli inglesi, non avrebbe senso lodarne uno per aver mantenuto la parola data. Sia luno sia laltro non hanno scelta, quindi il loro comportamento al di l del bene e del male. Latteggiamento che Hume attribuisce alle persone sensate invece non ha queste conseguenze. Credere che ci siano differenze nazionali - e che certe attitudini potrebbero essere pi diffuse in un popolo piuttosto che in un altro per via della sua storia morale e politica - compatibile con lidea che ci sono standard di valutazione non soggettivi delle pratiche sociali e delle istituzioni.

CIVILIZATION

DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

Collasso dellOccidente La via duscita? Questione di apps


DI

PAOLO PASSARINI

Lera Vasco da Gama finita. Quando, nel 1965, Carlo Maria Cipolla pubblic Vele e cannoni, con questa espressione intendeva indicare lesaurirsi di un ciclo di circa cinque secoli, iniziato con le grandi scoperte geografiche, durante il quale lEuropa, prima da sola e poi con e attraverso il suo figliolo prediletto, gli Stati Uniti dAmerica, rovesci la sua condizione di continente arretrato per esercitare una decisa egemonia sul resto del mondo. Si riferiva, insomma, al lungo e non scontato predominio dellOccidente sullOriente, al prevalere della terra del tramonto e del buio sulla terra del sole nascente e della luce, a quel fluire della storia da Morgenland verso Abendland di cui scrisse Karl Lwith. Oggi la sensazione di una conTENDENZE trotendenza storica in corso pi largamente diffusa di cinquantanni fa. fondata questa convinzione di un riflusso ormai consolidato? E, se s, quando e come si compir? Ed inevitabile che si compia? A queste domande Niall FerguSecondo lo storico Fer- son, nella sua ultima opera dal titolo guson la nostra civilt Civilization. The West and the Rest giunta alla fine. A meno (Civilt. Loccidente e il resto del che non riacquisti fidu- mondo), risponde nellordine: s, il cia nei propri principi e dominio della civilt occidentale sta si riapprori dei propri giungendo alla fine, che appare prossima (forse poche depunti di forza. cine danni) e assumer probabilmente la forma di un rapido collasso, a meno che lOccidente, riacquistando fiducia nei propri principi e riappropriandosi dei propri punti di forza, non riesca a scongiurarla. E quali sono questi punti di forza? Secondo Ferguson, noto virtuoso del neologismo, sono precisamente le sei killer apps (applications devastanti, in linguaggio da Iphone), che consentirono allOccidente di rovesciare a proprio vantaggio la situazione circa cinque secoli fa. E cio: competizione interna, rivoluzione scientifica, leggi e istituzioni in difesa della propriet privata, medicina, societ dei consumi, etica del lavoro. Alle sei killer apps sono dedicati i sei capitoli del libro, che del resto corrispondono alle sei puntate della serie di Channel 4 da cui tratto. difficile stabilire se la prima circostanza abbia determinato lultima, oppure viceversa, cio quanto il numero delle killer apps sia dipeso dal palinsesto. Forse avrebbero potuto essere sette o cinque (era necessario distinguere medicina da scienza?). Tuttavia, anche se talvolta lorganizzazione del materiale appare lievemente stravagante (la Rivoluzione francese nel capitolo sulla medicina, per esempio), le killer apps di Ferguson coincidono sostanzialmente con le cause (scientifiche, tecnologiche, militari, economiche, sociali e religiose), individuate in tutti i principali testi di storia economica e della letteratura declinista in particolare: dal David Landes di Ricchezza e povert delle nazioni allo Jared Diamond di Armi, acciaio e malattie e Collasso, passando per Cipolla e Paul Kennedy. Questa struttura, inoltre, consente a Fer-

guson, dotato di una notevole padronanza dei fatti della storia economica e di una spericolata tecnica del riferimento incrociato, di imbastire un racconto leggibile e addirittura divertente. Risalta, per esempio, attraverso il libro, un filo di narrativa avvincente e fresco sul rapporto tra la moda e legemonia politico-culturale di una civilt, particolarmente interessante per quanto riguarda levoluzione del Giappone (la rivoluzione del vestiario in epoca Meiji e il ruolo di kubo Toshimichi), ma non solo. un filo narrativo che a un certo punto arriva a suggerire una specie di legge generale delleconomia politica. Infatti, Ferguson, utilizzando al meglio il materiale offertogli da James Sullivan (Jeans: a cultural History of an American Icon), collega i blue-jeans a una rivoluzione del gusto (oggetto popolare e chic insieme) e del costume (la sua valenza sessuale), capace di svelare la crisi terminale del comunismo (lUrss era in grado di produrre Sputnik, ma neppure un paio di jeans decenti). Civilization stato concepito, scritto e teletrasmesso dal suo autore con lesplicita ambizione di parlare ai giovani per spronarli a riflettere sullimportanza del concetto di identit. E anche con quella di ispirare una riforma dei corsi di storia nelle scuole britanniche, sulla quale Ferguson stato chiamato a fornire suggerimenti dal suo amico Michael Gove, conservatore e attuale ministro per leducazione del governo Cameron. Considerate le posizioni culturali e politiche di Ferguson, che, al tempo dellinvasione dellIraq non esit, provocatoriamente, a definirsi un membro ben pagato della gang neoimperialista, questo progetto ha suscitato parecchie preoccupazioni, in particolare a sinistra. Di conseguenza Civilization stato sottoposto ad abbondanti critiche, da quella pi mite del Guardian sui rischi derivanti dallabbandono di un insegnamento analitico della storia per uno a tesi, e per di pi una tesi identitaria, a quella della London review of books, che, secondo Ferguson, conteneva linaccettabile accusa di razzismo. In realt, il recensore, Pankaj Mishra, non aveva lanciato esplicitamente questaccusa, ma aveva sostenuto lidentit delle tesi di Ferguson con quelle di Theodore Lothrop Stoddart, il cui libro del 1920, The Rising Tide of Color against White World Supremacy (La marea crescente del colore contro la supremazia del mondo bianco), razzista lo era senzaltro e con tutti i bolli. Dopo uno scambio incandescente di lettere, la minaccia di unazione legale da parte di un indignato Ferguson ancora in piedi. Ferguson, che, tra laltro, ha lasciato tre anni fa la madre dei suoi due figli per Ayaan Hir-

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si Ali, lex-deputata somalo-olandese autrice del film sullIslam per il quale fu ucciso Theo Van Gogh, non certamente un razzista. E spesso nel suo libro si sofferma sulle nefandezze compiute dal colonialismo e dallimperialismo dellOccidente nei vari terzi mondi. La sua conclusione, per, invariabilmente la stessa: che, tutto considerato, ai popoli che le hanno subite sarebbe andata comunque peggio se lOccidente non li avesse civilizzati. Questo non di per s razzismo (si ricordi Karl Marx sullIndia del Raj britannico). Tuttavia la distinzione tra questutilitarismo un pocinico, costruito su controfattuali indimostrabili ma inumiditi da nostalgie vittoriane, e la retorica del kiplinghiano white mans burden (il fardello delluomo bianco) diventa quasi invisibile. E, talvolta, il conservatorismo di Ferguson, congiunto alla pur apprezzabile intenzione di schivare le ipocrisie del politicamente corretto, lo induce a disinvolte lepidezze, come quando scrive che lo scopo principale del movimento del 68 era ottenere il libero accesso ai dormitori femminili. Non quindi n auspicabile n probabile che la visione storica di Civilization diventi la base per un rinnovato insegnamento della storia. Il libro, per, anche per i suoi limiti, pu senzaltro favorire una discussione sul futuro che ci aspetta. In una precedente opera, Colossus, Ferguson rimprover gli Stati Uniti per essere un impero in denial, cio in rimozione, e in seguito previde lemergere di Chimeri-

CHI NIALL FERGUSON


Celebre per i suoi studi su colonialismo e imperialismo e sostenitore del metodo della storia controfattuale, Niall Ferguson professore di storia moderna allUniversit Harvard e collabora con numerose testate, tra cui il Corriere della Sera. Di recente sul Wall Street Journal, in un esercizio di storia alternativa, Ferguson ha immaginato come sar il 2021: l Europa a guida germanica con Italia, Grecia, Portogallo e Spagna trasformati in una sorta di villaggio vacanze per i cittadini del Nord. Tutti trasformati in camerieri o giardinieri dei tedeschi e come presidente degli Stati Uniti dEuropa, Carlo dAsburgo, discendente della dinastia imperiale austriaca. BIBLIOGRAFIA Paper and Iron: Hamburg Business and German Politics in the Era of Inflation, 18971927 (1995) The House of Rothschild (1998) La verit taciuta. La prima guerra mondiale: il pi grande errore della storia moderna (1998) - edizione italiana: Corbaccio, 2002 Virtual History: Alternatives and Counterfactuals (1999) Soldi e potere nel mondo moderno, 1700-2000 (2001) - Ponte delle Grazie, 2001 Colossus. Ascesa e declino dellimpero americano (2004) - Mondadori, 2006 Impero. Come la Gran Bretagna ha fatto il mondo moderno (2003) - Mondadori, 2007 1914 (2005) Ventesimo secolo, let della violenza. Una nuova interpretazione del Novecento (2006) - Mondadori, 2008 Ascesa e declino del denaro. Una storia finanziaria del mondo (2008) - Mondadori, 2009 High Financier: The Lives And Times Of Siegmund Warburg (2010)

ca, un instabile duopolio del mondo. Ma, in Civilization, la crasi si dissolta e il futuro assume la forma netta di un Chinese Century. Questa ormai una previsione di moda. Tuttavia largomento forte usato da Ferguson a suo sostegno piuttosto bizzarro. Come si visto, una delle sei killer apps che decretarono la supremazia mondiale dellOccidente fu letica del lavoro, solidamente innervata sulla weberiana etica protestante del risparmio e dellintrapresa. Ora, Ferguson, producendo alcuni dati secondo i quali i protestanti in Cina sono arrivati a circa quaranta milioni (su oltre un miliardo e 300 milioni), sostiene che letica del lavoro alla base del grande balzo produttivo cinese fondata su questo successo delle chiese luterane. Era necessario scomodare il monaco agostiniano per spiegare lindiscutibile capacit di lavoro dei cinesi? Il fatto che la religione occupa un posto particolarmente importante nella narrativa di Ferguson, che a un certo punto nota come gli europei siano diventati gli idlers of the world, i fannulloni del mondo, proprio in corrispondenza con la loro perdita di fede. E poich la perdita di fede in Dio (non solo in se stessi) causa primaria del declino dellOccidente, Ferguson viene a trovarsi in difficolt, quando deve spiegare come negli Stati Uniti, a differenza dellEuropa, la religiosit resti diffusissima. Di conseguenza il declino imminente non dovrebbe riguardare tutto lOccidente, ma solo lEuropa. Forse era giusta lidea di Chimerica di sei anni fa. Infine c un problema con lidea principale del libro. Ricapitoliamo: lOccidente sta perdendo il primato mondiale perch i suoi rivali si sono appropriati delle sei famose killer apps grazie alle quali lo aveva conquistato e, adesso, sfiduciato, rischia un collasso che, come quello di Roma, potrebbe compiersi nellarco di una generazione. per un collasso che potremmo evitare se, liberati dalla nostra pusillanimit, riacquistassimo fede nella civilt ereditata dai nostri avi e cio in quei punti di forza che per, come ci ha spiegato lo stesso Ferguson, ormai non sono pi solo nostri. Non sembra una gran prospettiva.

PAOLO PASSARINI. stato corrispondente da Washington e Londra de La Stampa per la quale ha ricoperto anche lincarico di vicedirettore con la responsabilit delle pagine di cultura.

DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

NOVANTANNI

Foreign Affairs riscopre Croce e la filosofia italiana


ALFONSO MUSCI

ultimo numero di Foreign Affairs festeggia i novantanni con una sezione speciale: How We Got Here, e con un ebook intitolato The Clash of Ideas. Fondata a New York da Archibald Cary Coolidge e diretta oggi da Gideon Rose, Foreign Affairs ha riflesso e anticipato per un secolo le tendenze prevalenti della politica estera americana, ed ha influito sulla nostra pi di quanto riusciamo a immaginare. Solo per citare il caso pi celeIl filosofo liberale in bre sar George F. Kennan, ambasciacopertina assieme a tore degli Stati Uniti a Mosca, a ispiraTrotsky e a Berlin, a re il piano Marshall e la dottrina Truman Lasky e a Fukuyama con un Long Telegram apparso sulla sul numero della rivi- rivista nel 1947. La notizia che sta dedicato alle bat- il nome di Benedetto Croce ricorre in taglie ideologiche che copertina assieme a quello di Leon Trothanno fatto il mondo sky e di Isaiah Berlin. Sono molti gli moderno. E allinterno autori italiani letti, studiati e pubblicati regolarmente olc anche Gentile. treoceano: lItalian theory, come ha mostrato Roberto Esposito, col suo fragile equilibrio tra mente e corpo, pensiero e azione, tornata al centro di un interesse che travalica i confini della nostra lingua. Alla Ucla di Los Angeles, ad esempio, Brian Copenhaver ha appena pubblica-

to una storia del pensiero italiano tra il 1850 e il 1900, intitolata From Kant to Croce, e si potrebbero enumerare molti altri casi. Ma il rapporto del filosofo napoletano con gli Stati Uniti va oltre il recinto filosofico, e assume sfumature politiche ed economiche che avranno gran rilievo alla luce della guerra fredda culturale. Basta menzionare il suo carteggio con Joel Spingarn, capostipite delle lotte per i diritti civili dei neri americani, o come ha fatto di recente Frdric Attal, i legami stretti durante e dopo la guerra con la Rockfeller Foundation per sostenere finanziariamente la migrazione intellettuale italiana e lIstituto di ricerca che porta il suo nome. Uno schierarsi lucido e alieno agli opposti totalitarismi, che similmente spinger Nicola Chiaromonte a dar vita a Tempo presente e aderire al Congress for Cultural Freedom. La prima parte di How We Got Here dedicata allevoluzione della Russia socialista e ai capi sovietici e si apre con un profilo di Lenin steso nel 24 da Victor Chernov, ministro dellAgricoltura nel breve governo post-zarista e pre-bolscevico di Aleksandr Kerensky e con una descrizione del carisma di Stalin composta nel 1930 da Paul Scheffer, corrispondente del Berliner Tageblat a Mosca. Segue una panoramica dellascesa del nazismo e dellideologia fascista, con il celebre The Philosophic Basis of Fascism (1928) di Giovanni Gentile e con una rassegna del 31 sul legame tra depressione economica e radicalismo politico nella Germania di Weimar, a cura di Erich Koch-Weser gi ministro della Giustizia riparato poi in Brasile con lascesa di Hitler. Come Stalin, Hitler e Mussolini calamitano molti dei principali editoriali degli anni Trenta, nella lucida consapevolezza che il cesarismo e la crisi dei partiti socialisti assieme alla pesante inflazione e stagnazione economica stavano fatalmente accellerando il declino della democrazia in Europa. Dopo Isaiah Berlin la volta di Benedetto Croce, con un articolo lapidario e profetico dal titolo Of Liberty (1932). Croce interverr ancora su Foreign Affairs nel 44 sulla disumanizzazione della Germania hitleriana. Lantologia continua con Leon Trotsky che

Echo (Marco Signorini 1996) stampa Inkjet fine art cm64x80

a met degli anni Trenta, al pari della rivoluzione in un solo paese, considera insensata e irrealizzabile unalleanza tra nazionalismo e sviluppo economico, e si chiude con Fukuyama e la necessit di garantire protezione sociale e equit a difesa del capitalismo: nascita, morte e ricostruzione dellidea liberale, tra amori e divorzi di democrazia e capitalismo. Lintero numero della rivista guarda al passato senza nostalgia ma essenzialmente per capire il futuro. Prefigurando il rischio di deterioramento che la democrazia corre nuovamente nella spirale di crisi e impoverimento di massa, in America quanto in Europa, Foreign Affairs delinea unombra inquietante sui nostri orizzonti. Ne scrive Charles Kupchan chiamandola democratic malaise, e linterrogativo cruciale di Fukuyama riguarda la possibilit stessa di una sopravvivenza delle democrazie liberali alla scomparsa del ceto medio. Un maelstrm distruttivo evocato da Martin Feldstein in The Failure of the Euro. Un equilibrio fragile tra speranza e disincanto riassunto da Gideon Rose in The Reconciliation of Capita-

lism and Democracy. I problemi che abbiamo dinanzi sono reali e non ideologici e si legano alle scelte politiche pi che ai principi. Laccordo tra democrazia e capitalismo si spezzato e va ricostruito al pi presto. Dalla parte della speranza, invece, Benedetto Croce, che nel cuore della notte europea sconvolta dai nazionalismi e dalla povert, con il furore di chi ha nel sangue unidea positiva di libert, guarda con fiducia imperturbabile a unEuropa futura, libera e coesa, rievocando lantefatto dellItalia preunitaria, divisa e dispersa.
HOW WE GOT HERE Foreign Affairs

MUZIK DI ARIEL BERTOLDO

Le vecchie idee del poeta Cohen


Siamo cos fortunati a condividere la nostra vita, i nostri tempi con lispirazione pi nobile e influente tra i moderni cantautori. Aveva ragione Lou Reed quando, nel marzo del 2008, introdusse con queste parole Leonard Cohen nella prestigiosa Rock and Roll Hall of Fame. Ancora oggi, ascoltare la voce unica e inconfondibile del poeta canadese un privilegio prezioso: la sua musica una fortuna, un regalo. E cos Leonard, alla veneranda et di 77 anni, torna a farci visita, ad emozionarci con queste sue dieci nuove canzoni, in realt (come del resto suggerisce anche il titolo del disco) vecchie idee che, in alcuni casi, risalgono in nuce addirittura al 2007/2008, ai tempi del tour mondiale che lo vide calcare i migliori palchi internazionali. Cori femminili dal sapore gospel ad accompagnare le storie del Maestro, piano elettrico e tastiere in evidenza, subito dietro lincedere lento della sezione ritmica, sempre discreta ed elegante, cos come gli interventi di chitarra, misurati e mai invadenti. Pregevoli le coloriture country/folk e le tinte jazzate (il solo di tromba e gli intarsi di violino in Amen), lanima gospel/soul (Going Home; Show Me The Place) e alcune rievocazioni vecchio stile sulla punta delle sei corde (Crazy To Love You). Su tutto, naturalmente, la sensuale, antica litania, baritonale e rassicurante, a raccontare damore, sessualit, perdita, bellezza, dignit, morte e trascendenza. Come lui e pochissimi altri sanno fare. E non importa davvero se questo non sar il suo miglior disco: gli saremo sempre, ugualmente grati.
OLD IDEAS

Il tributo musicale del baronetto


Le placide atmosfere swing, dixieland e ragtime non traggano in inganno: non siamo di fronte ai titoli di testa di qualche commedia di Woody Allen, eleganti caratteri bianchi su sfondo nero, voce off e panoramica sullo skyline di Manhattan. O forse s, in un certo senso. Si tratta del nuovo album di Paul McCartney, Kisses On The Bottom, un tributo affettuoso alla musica amata dal Baronetto durante linfanzia e la prima giovinezza trascorsa a Liverpool. Quattordici brani per una scaletta che, a parte un paio di pezzi originali, privilegia alcune perle perdute del grande canzoniere jazz/pop americano degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Da piccolo, anni prima che il rock nroll di Elvis Presley invadesse letere fino a rappresentare una chiamata alle armi per tipi come lui e John Lennon, Paul passava interi pomeriggi casalinghi accanto al giradischi del padre musicista, ascoltando il clarinetto swing di Benny Goodman o il pianoforte in stile ragtime di Fats Waller, le languide ballate orchestrali sussurrate da Nat King Cole, Ella Fitzgerlad, Frank Sinatra o Bing Crosby. Archi, melodie aggraziate, orecchiabili, leggere: il nostro ne aveva gi fatto tesoro, reinventandole, fin dai tempi dei Beatles (chi non ricorda When Im 64, Your Mother Should Know, Honey Pie?); oggi ne ricava un disco intero, sorta di Radio Days in memoria dei Maccartiani tempi che furono. Nessuna big band in stile Las Vegas, nessun Michael Bubl: piuttosto un disco intimo e confidenziale, da ascoltare la sera accanto al caminetto, sorseggiando una tazza di t. O del buon vino, rigorosamente dannata.
KISSES ON THE BOTTOM

Le ballate inquiete di Lana Del Rey


Troppo facile etichettare Lana Del Rey stando alle strategie di marketing tessute ad arte intorno al personaggio: ennesima, ammiccante Lolita Pop nellera dei social networks, pose da diva, ciglia e unghie finte, labbra rifatte, copertine su periodici patinati, partecipazioni televisive e canzoni prestate a serie tv cult in largo anticipo rispetto ad una qualsiasi pubblicazione di rilievo. Il rischio, in questi casi, restare impantanati nel glamour mediatico, perdendo di vista quanto c di realmente prezioso: una vicenda sofferta, un disco interessante. la storia di Elizabeth Grant, cantautrice newyorkese: provini sfumati e universit abbandonate, lavori precari, ambizioni frustrate e vita spericolata, tra alcool e fidanzati infedeli. Un primo album, inciso per una piccola etichetta indipendente, passato fatalmente inosservato. Quando sembrava ormai tutto perduto, ecco invece la svolta: la Grant viene notata. Sceglie Lana Del Rey come nome darte (un omaggio allattrice LanaTurner e ad un vecchio modello Ford) e incide Born To Die, riscatto e promessa al tempo stesso. Un vaso di Pandora postmoderno ricolmo di pop/soul dal sinuoso respiro orchestrale, screziato di elettronica e trip-hop.Atmosfere dolci amare e scenari decadenti, ballate inquiete e malinconiche, messe in scena con gusto noir da questa Nancy Sinatra dei giorni nostri. Canzoni damore e morte, potere e seduzione, riflesso di sogni realizzati e di altri infranti. Un esordio promettente e una certezza: Adele avr una degna rivale sul mercato discografico internazionale.
BORN TO DIE

Leonard Cohen Sony

Paul McCartney, HearMusic

Lana Del Rey Interscope/Universal

CULTURE

DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

Teatro del Popolo Quando Milano non era da bere


DI

eatro per il popolo e del popolo. quello che, nel 1911, vuole istituire la societ Umanitaria perch la scena teatrale torni a coloro cui era destinata sin dal principio (e per tutto il 600 fino a divenire esclusivo appannaggio delle lite aristocratica prima, alto borghese poi): i cittadini. A farlo non poteva che essere la societ cui si devono scuole darti e mestieri, le case dei bambini (con il metodo Montessori), la Scuola del Libro. E la cui Camera del popolo-i creata insieme alla Camera del lavorofu, tra il 1910 e il 1926, il cuore pulsante delle migliori sinergie proletarie del paese (qui il 24 novembre 1914 viene decretata lespulsione di Benito Mussolini dal UMANITARIA partito socialista). Fu insomma Umanitaria a volere istituire una cittadella del proletariato e poi quel Teatro del Popolo, appunto, che nel 2011/2012 festeggia la centesima stagione con un calendario di concerti e appuntamenti (grazie a Piccolo Cento anni fa la societ Teatro di Milano, lAccademia del inventava un luogo per Teatro Filodrammatici, il Conservarendere accessibili gli spet- torio e la Camera del Lavoro di Milano). Mentre la citt tacoli a tutti i cittadini. designata non poteva che essere quella Milano che ne accoglier poi leredit ospitando anni pi tardi il Teatro sociale di Paolo Grassi e Giorgio Strehler oggi, non a caso, Teatro dEuropa. E quale luogo pi adeguato di un ex stabilimento industriale (il Tecnomasio Brown Boveri) come sede di un ambizioso progetto culturale: diffondere le rappresentazioni sceniche tra i lavoratori. Tuttavia non tutti, e non subito, furono daccordo, tanto da dover tutelare il regolare svolgimento degli spettacoli visto che, in alcuni ambienti del movi-

LAURA LANDOLFI

mento sindacale viveva ancora lidea che assistere ad una rappresentazione costituisse uno svago post-lavoro. Cos la sala di via Fanti diviene luogo dove assistere a concerti di musica classica, in collaborazione con La Scala (ma anche jazz e musica leggera con Domenico Modugno e le canzoni della mala di unesordiente Ornella Vanoni, non per niente allieva di Strehler). E a spettacoli di livello con prezzi accessibili a tutti che avevano lo scopo di alfabetizzare e formare i cittadini. Vi si esibiscono le sorelle Gramatica, Ruggero Ruggeri, Ermete Zacconi per il teatro, Arturo Toscanini, Arthur Rubinstein, Igor Stravinskji, Arturo Honegger, Francis Poulenc, Arturo Benedetti Michelangeli per la musica. Ma il Teatro del Popolo ha avuto anche il merito di essere fra i primi a sperimentare le grandi manifestazioni teatrali e cinematografiche allaperto (con le due stagioni allArena di Milano nellestate del 1920 e del 1921), un antipasto di quelle che saranno le grandi rassegne contemporanee che, a partire dagli anni 80, si muoveranno tra teatro, danza, video arte ecc. Il Teatro sopravvivr anche al commissariamento fascista e continuer fino agli anni 60 in sinergia con il Piccolo di Milano, il Teatro darte per tutti. Scriveva Paolo Grassi sullAvanti- come ci racconta volume edito in occasione dellanniversario: Il palcoscenico insegna. Milano, lUmanitaria, il teatro del popolo (1911-1967) creato grazie al vasto archivio della societ Umanitaria- Ragioni culturali ma soprattutto ragioni economiche tengono lontano il popolo dal teatro, mentre il teatro, per la sua intrinseca sostanza, fra le arti la pi idonea a parlare direttamente al cuore e alla sensibilit della collettivit, mentre il teatro il miglior strumento di elevazione spirituale e di educazione culturale a disposizione della societ. Noi vorremmo che autorit e giunte comunali, partiti e artisti si formassero questa precisa coscienza del teatro considerandolo come una necessit collettiva, come un bisogno per i cittadini, come un pubblico servizio. Accolto non benissimo da Marco Praga che su Illustrazione italiana se la prende con la compagnia, gli allestimenti e persino la sala che definisce lugubre, il teatro nasceva tra non poche polemiche. A sintetizzarle ci pensa un articolo apparso sul Secolo il 22 febbraio 1922 che ricorda l ostilit degli intellettuali e qualche snobismo sul repertorio scelto: Non una

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cosa molto facile scegliere il repertorio per un teatro popolare (ahinoi, se sapessero quali sono oggi i cartelloni propinati nei teatri popolari) con tanto di referendum tra il pubblico per sondarne i gusti da cui emerse, incredibile a dirsi, che il pubblico (troppo spesso sottovalutato) preferiva il dramma alla commedia. Dopo la guerra il Tdp ospiter una vera e propria compagnia stabile diretta da Sabatino Lopez grazie al sostegno del mecenate Piero Preda ma il progetto comprendeva anche teatri rionali in cui far girare la compagnia: la prima forma di decentramento teatrale a Milano, come ricorda in un suo intervento Guido Lopez figlio di Sabatino. Daltro canto il progetto di certo ambizioso se Augusto Osimo, suo fondatore, scrive il 16 novembre 1912 .La spesa che pu farsi dagli enti pubblici per lelevamento del popolo piccola spesa che pu risparmiare spese ben pi gravi: di prigioni, di giudici, di ospedali anche infatti una spesa per la pace e per la civilt. Non a caso sar il Piccolo il prosecutore dellidea del Teatro dopo la collaborazione che parte nel 1950. In seguito alla distruzione della sala di via Fanti a causa dei bombardamenti del 1943, le rappresentazioni erano riprese nel salone degli Affreschi e in altre sale e poi al Piccolo. Pasquale Guadagnolo, nello stesso volume ci ricorda dello scontro tra Grassi (direttore del Piccolo) e Bauer (direttore dellUma-

nitaria) per la creazione di una scuola di arte drammatica per la formazione di attori e una scuola tecnica per falegnami, elettricisti ecc. diretta dallo stesso Grassi, Strehler e Lecoq. Bauer di avventure non ne pu correre ma Grassi impaziente. Il secondo finir con il creare la scuola del Piccolo, attualmente una delle migliori nel panorama europeo, il primo perseguir la sua idea di consorzio che metta insieme Umanitaria, Piccolo, Scala e Comune. Progetto che non vedr mai la luce. Resta tuttavia questo del Popolo un esempio di quellimpegno civile che pervade la Milano del prima e dopoguerra, fonte di ispirazione per quello sviluppo culturale che porter il capoluogo lombardo ad essere sede dei teatri dEuropa, lui e non altre citt che avrebbe potuto essere pi logicamente eredi della tradizione teatrale. Proprio perch Milano si far portatrice di unidea innovativa della cultura come impegno politico e sociale.

LAURA LANDOLFI. Si dedicata al teatro con Luca Ronconi, Peter Stein e Carmelo Bene. Passata al giornalismo ha collaborato con D di Repubblica, Ilsole24ore online, Il manifesto, stata redattrice delle Nuove Ragioni del Socialismo. Ora al Riformista.

BRITISH MAINSTREAM

Larte che riusc a battere la Lady di ferro


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en pi della politica pot larte. Parliamo di ci che banalmente usiamo riassumere sotto la voce Anni Ottanta da cui forse stiamo uscendo solo ora, e non per merito nostro.Se da una parte la generazione che aveva militato nei movimenti extra parlamentari dopo il settantasette tutto fa tranne che continuare la politica nella sinistra storica, dallaltra affronta una operazione seria riallacciando i fili della narrazione dopo pi di un decennio dove aveva dominato la destrutturazione del linguaggio borghese attraverso onomatopeismi e sperimentazioni che di fatto servivano ad allontanare la politica dalla narrativa. C chi si rimesso a fare narrazione e a beccarsi gli insulti di molti delle neoavanguardie del Gruppo 63. Ragazzi ora sessantenni come Marco Lodoli, Enrico Palandri, Claudio Piersanti e, soprattutto Pier Vittorio Tondelli che ha pro-

MASSIMO RICCIUTI

vato a capire ci che si muoveva in quel lungo Weekend Postmoderno. Infatti il suo esperire la contemporaneit non si esaur con i suoi quattro romanzi (Altri Libertini, Pao Pao, Rimini e lintenso e ultimo Camere Separate). Tondelli attraverso la scrittura osservava una generazione nuova, ne percep bisogni e desideri. Scrisse centinaia di articoli che messi assieme compongono un immenso puzzle, un magnifico affresco di quegli anni. I suoi scritti erano carichi di ricerca e adesione, era il grande punto interrogativo che buona parte della sinistra comunista non ha saputo affrontare. Lo scrittore ci lasci nel millenovecentonovantuno colpito dallAids. Subito lintera sua opera, nonch la sua vita stata oggetto di analisi e libri. Saggi critici e biografie. Convegni e pubblicazioni di ogni tipo in Italia e allestero. Se troppo spesso la politica non ha saputo capire cosa si stesse muovendo nella societ, il caso dellInghilterra thatcheriana dimostra come fu la cultura, attraverso strumenti come cinema, teatro, narrativa, pop music, finanche

soap opera e fiction, a battersi contro il thatcherismo (fortunatamente non ci fu solo il Labour di Kinnock, intriso di ideologia e lontano mille miglia dai giovani che venivano schiacciati da Maggie e dal suo Non esiste la societ! come racconta- alquanto male- lultimo film dedicato alla lady di ferro). La questione inglese ci fa capire che si pu battere lavversario creando egemonia culturale e intervenendo sullimmaginario collettivo con altri strumenti: unoperazione che vide gli artisti far fronte comune. Nacquero case editrici, etichette discografiche, fermenti culturali che riuscirono a organizzarsi in una grande associazione vera e propria che ebbe il nome di Red Wedge. Tra gli animatori gli artisti pi svariati, i Clash, i Latin Quarter, gli Style Council, Billy Bragg, gli Everything but the girl, gli Smith e tanti altri i cui nomi sono oggi persi nei solchi di qualche quarantacinque giri. Fu una botta incredibile che cre un mercato potente e alternativo.

E poi drammaturghi e registi come Hanif Kureishi che con My beautifull laudrette e poi con London is killing me offre un ritratto spietato degli effetti delle politiche thatcheriane. E ancora autori come Mark Ravenhill, Martin Crimp, Philip Ridley. O registi come Ken Loach (gli anni della Thatcher sono raccontati splendidamente nellincredibile La canzone di Carla) Insomma si parla senza pudore della disgregazione sociale prodotta dalla deindustralizazzione, della discriminazione verso gli omosessuali (la famosa Clause 28) e in generale della diffidenza verso l altro. Oggi c da riflettere anche su questo e sulla capacit delle nuove generazioni di saper reagire usando larte in maniera creativa ma politicamente potente. Infatti, lesperienza britannica stata cos potente da riuscire a imporsi anche sul mercato ufficiale, riuscita a fare tendenza in maniera unica, come originale rimane il suo modo di far politica.

DOMENICA 5 FEBBRAIO 2012

IDEE

Il museo della Mente e lo stigma della schizofrenia


DI

ono trascorsi quasi trentatr anni dallistituzione dalla legge Basaglia e tredici dalla definitiva chiusura del Manicomio di Roma, lOspedale Psichiatrico di Santa Maria della Piet che oggi ospita il Museo Laboratorio della Mente, dedicato alla storia e ai sistemi di cura del disagio mentale. Uno dei progetti di museo narrativo pi interessanti nel panorama nazionale, tanto che nel 2010 stato insignito del premio Icom, dedicato ai migliori enti museali. Luogo cardine nel campo della salute mentale, il Museo fu aperto al pubblico nel 2000, allinterno del Padiglione 6 dellomonimo ex Ospedale. Tuttavia, divenne punto di riferimento in ambito psichiatrico e SANTA MARIA DELLA PIET didattico dopo anni di lavoro, nel ruolo attuale di centro documentativo per studiosi, ricercatori, operatori della salute mentale e artisti. Nel 2008 si realizz, infatti, lampliamento espositivo, grazie alla riuscita collaborazione con Studio Azzurro. A riAperto al pubblico nel prova di ci, vogliamo menzionare 2000, e ampliato otto anni fra tante le collaborazioni interne pi tardi grazie alla colla- quella con Ascanio Celestini (Elogio borazione con Studio funebre del manicomio elettrico) e Azzurro, lo spazio espo- Carlotta Piraino (sul caso di Lia Tasitivo si trova allinterno verso e La rivolta delle forchette). Pompeo Mardel Padiglione 6 dellex telli dirige il Museo dalla sua prima geospedale pediatrico. stazione. Lo fa con entusiasmo e ferrea pertinenza. A quanti lo desiderano egli racconta genesi e struttura del suo Laboratorio, a partire dalla costruzione dello stigma della malattia mentale. Martelli ha modi circostanziati e rigorosi, soprattutto nellelencare sinergie e competenze territoriali, conLE IMMAGINI

ANITA TANIA GIUGA

tributi locali e nazionali (Assessorato alla Cultura Regione Lazio, Assessorato alle Politiche Locali Provincia di Roma; la Regione Lazio, il Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, Direzione Generale per gli Archivi, Soprintendenza Archivistica per il Lazio). Supporti capitali per la costituzione di quello che allo stato attuale un archivio unico per ricchezza e a dir poco imponente. Quello della Mente , ancora, un laboratorio che non conserva; quantunque si nutra della rivisitazione integrale delle cartelle cliniche. Al contrario, o a vantaggio della narrazione, si percepisce quelloscillare tra memoria documentale e pregiudizio (da sfatare) nei confronti della diversit. Tutto ci per mezzo delle esperienze dirette offerte dallaccurata multitestualit e dalla condizione traslucida delle installazioni interattive. La comunicazione efficace, mescolata a luci molto attenuate e allinaggirabile violenza emotiva dovuta alla struttura originaria di contenzione (e ai suoi strumenti di gestione patologica), favorisce limmedesimazione sensoriale subitanea, che significa il regime desclusione e le sue caratteristiche di negazione e dolore. Non proprio storia minore, poich ci ragguaglia su come organizziamo e ri-categorizziamo le idee di normalit su noi stessi e sul mondo di fuori. Basti pensare alla stanza di Adelbert Ames (1946) allillusione della misurazione oggettiva e alla creazione degli stereotipi della verit, registrati dal cervello e negati dalla cornice: si osserva da un piccolo foro uno spazio che marcando laspetto prospettico in realt ne maschera lalterazione percettiva, che si rende evidente nel momento in cui ai lati della stanza entrano due diverse persone; una delle due appare, infatti, decisamente piccola e laltra molto grande, a causa del dislivello creato dal pavimento a scacchi e dalla colonna che separa le due zone. Potremmo definire questo antico e terribile Asylum - per corpi ritenuti superflui, atopico e al tempo stesso politropico (Callieri, Maldonado, Di Petta) -, sacro: nel senso della separatezza che produce un supplemento di coscienza. Siamo sollecitati, passo dopo passo, a millimetrare il processo di distanziamento e confusione fra noi, loro e gli altri di noi che scorrono dietro il muro, questo gi mentre si attraversa il primo corridoio, partendo dalla visione di una parete elastica di plexiglass lavorato a mano, su cui sinfrange e cozza limmagine di alcuni ballerini.

Echo (Marco Signorini 2005) stampa Inkjet fine art cm64x80

Seguono le rievocazioni delle condizioni paradigmatiche della follia. Dal parlar da soli ad alta voce al vedere dimidiato il proprio volto secondo una registrazione sfasata sullasse temporale che viene sottotitolata con lo scorrere dei secondi che giunti allo zero ci permettono di ricomporre il viso; allascolto della propria voce disarticolata, per mezzo di imbuti dalluminio che piovono dallalto e simboleggiano uno dei modi prediletti da Hieronymus Boch per raffigurare sia la malattia che la cura (1480 circa, La cura della follia, olio su tavola, 48 x 35 cm, Museo del Prado, Madrid). Daltronde, alla domanda su chi fosse lo schizofrenico (al tempo tutti erano schizofrenici, in assenza di diagnosi differenziale), Basaglia ribatteva chiedendo chi fosse il disoccupato; considerato che entrambi erano e sono parte dellarea dellesclusione. Si voluta generare, pertanto, in questo spazio la progressiva messa in soggettiva dello spettatore, dentro la condizione della malattia mentale. stato possibile realizzare lo scambio accompagnando i visitatori a contatto con le tipicit posturali. Ad esempio, con i gomiti appoggiati su due avvallamenti ricavati di proposito su un tavolo e poggiando le mani alle orecchie, ci si valso della trasmissione ossea del suono per riuscire a fare intendere col corpo lintrusivit del sentire le voci nella testa. Alla fine del giro non resistono le stesse

certezze sulla nostra normalit esemplare, che, apprendiamo, deriva dalla momentanea opportunit di non avere problemi. N sar uguale il nostro viso dopo essere stato ritratto fra i loro, poich: La morte entra dalle orecchie, si infila come uno spillone dentro, dentro, dentrissimo, fino al cervello e lo punzecchia tre o quattro volte, zac, zac, e sei finito, stecchito (dalle voci dei pazienti).

ANITA TANIA GIUGA. Critico darte contemporanea e curatrice indipendente. Ha insegnato allAccademia di Belle Arti di Bologna. contributor per testate di settore tra cui Flash Art, Juliet, Espoarte, Golem. Assieme a Egidio Cacciola autrice del romanzo Il padre manca.

Ragioni il settimanale di politica e cultura del Riformista. In edicola tutte le domeniche.


A cura di Paolo Franchi Redazione: Laura Landolfi Progetto grafico e ricerca iconografica: Cinzia Leone

Quando ci sincanta a guardare, si sovrappongono pensieri e immaginazione. Uno sguardo vuoto, ma ricco di possibilit, che aspetta di essere colmato. racconta Marco Signorini - Mi affascina il vuoto come spazio infinito e schermo. Il vuoto, imbevuto di luce inzuppata di vapore acqueo come nei paesaggi di Turner, lelemento comune alle immagini del lavoro di ricerca intitolato Echo di questo numero. Dorata, sospesa, cercata come unossessione, la luce di Signorini astrattizza il colore trasformandolo in un monocromo cangiante: immagini sospese come nella

pittura di paesaggio pi classica. Attento allequilibrio fra posa e presa diretta, fra sguardo consapevole e attimo decisivo, Signorini nelle immagini di Echo ritrae luoghi e persone che, pur essendo autentici, grazie a una rilettura in postproduzione, risultano come immaginati e sognati. Come afferma il filosofo Maurice Merleau Ponty: Il mondo non davanti a me intorno a me. Fiorentino, classe 1962, Signorini nel 2005 espone al Fotomuseum di Winterthur e al SK Stiftung Kultur di Colonia. Nel 2010 cura per leditore Verba Vo-

lant libri fotografici da collezione di Ghirri, Basilico, Barbieri e Cresci. uscito di recente il suo ultimo libro Earth Heart edito da Damiani. Attualmente ha due personali: al Centre dArt Nei Liicht in Lussemburgo e al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo dove stato incaricato di lavorare al fotoromanzo Ricordami per Sempre insieme allo scrittore Giulio Mozzi. Docente allAccademia di Brera di Milano, Signorini gestisce un blog: www.marcosignorini.it/photoblog dedicato alla didattica e alla cultura fotografica. Le immagini di questo numero del Riformista Ragioni sono state gentilmente concesse dallautore.
CINZIA LEONE

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