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Ernesto Riva

BREVE STORIA DELLATEISMO

Torino 2006

Copyright by www.filosofiaedintorni.net Torino 2006

INDICE

1. Introduzione generale. Gli atei nellantichit p. 3 2. Gli atei nellet moderna e nellIlluminismo: Meslier, dHolbach, Sade ... p. 8 3. Gli atei dellOttocento (1^ parte): Schopenhauer Nietzsche Stirner Bakunin p. 13 4. Gli atei dellOttocento (2^ parte) : Feuerbach Marx Engels Lenin Le Dantec p. 18 5. Gli atei nel Novecento: Freud Sartre Merleau-Ponty Camus Lvi-Strauss Foucault, Onfray p. 24 6. Gli atei nel Novecento in Italia: Rensi, Flores dArcais, Odifreddi, Eco, Giorello p. 33

STORIA DELLATEISMO a cura di Ernesto Riva

1. Introduzione generale. Gli atei nellantichit Non si sfugge al fatto che ogni credenza, come ogni miscredenza,sono entrambi fenomeni prettamente umani. Ci significa che solo per l'uomo che Dio un problema, un mistero, una certezza; solo l'uomo che si pone il problema di Dio, che tenta di risolverlo e che d le pi diverse soluzioni. Cos, il problema di Dio inevitabile e anche e soprattutto "esistenziale" ed umano. Atei e credenti sono d'accordo nel ritenere il problema di Dio un problema fondamentale. Gli uni possono dire: "Il problema di Dio un problema umano che riguarda il rapporto degli uomini tra loro, un problema totale che ciascuno risolve con la sua intera esistenza e la cui singola soluzione rispecchia l'atteggiamento adottato da ciascuno nei confronti degli altri uomini e di se stesso"(l) Gli altri scrivono: "Inest homini inclinatio secondum naturam rationis, quae est sibi propria,sicut homo habet naturalem inclinationem ad hoc quod veritatem cognoscat de Deo et ad hoc quod in societate vivat" (2); ma tutti sono d'accordo (almeno in generale) nel ritenere Dio un problema di cui vale la pena di discutere, sia per negarlo successivamente, sia per affermarlo. Il problema di Dio inevitabile perch tutti gli uomini, prima o poi, direttamente e indirettamente, devono confrontarsi con esso. Anche coloro i quali dicono che, per essi, Dio non mai stato un problema o perch secondo loro il problema non sussiste essendo uno pseudo-problema,perci privo di qualsiasi significato; o perch essi non hanno mai avuto dubbi in proposito,ecc. - devono necessariamente esserselo posto, anche indirettamente, e risolto conseguentemente, sia pure in modo negativo, ma, in ogni caso, il problema gli si parato dinanzi. Infatti, negare che sussista il problema gi aver dato una risposta allo stesso,affermando implicitamente che lo si risolto con la sua negazione. Il problema di Dio anche inevitabile perch esso strettamente legato alla risposta che ogni singolo uomo d alla sua vita, e al significato dell'esistenza in generale. Coloro che si professano credenti pensano che, alla fine, il problema fondamentale sia proprio quello del significato dell'esistenza e che esso implichi necessariamente l'affermazione di Dio: d'altra parte, i cosiddetti miscredenti non pensano di ritenere fondamentale la nostra presenza a questo mondo, ma, in entrambi i casi, si data una risposta al problema del senso della vita. Se il problema di Dio , appunto, un problema, che si pone alla mente umana - come il problema dei valori, come ogni problema scientifico, letterario, ecc. rester per ci stesso presente finch vi sar mente umana, finch l'uomo sar presente su questo mondo, e perci posso arrischiare la affermazione che il problema di Dio, oltre ad essere inevitabile, anche ineliminabile. Non sono d'accordo, in altre parole, con quelli che sostengono che il problema di Dio potr sparire dalla circolazione in un tempo pi o meno lungo,ammesse certe condizioni, poich ritengo - ripeto - che la mente umana non potr mai evitare di porselo in quanto problema e susseguente soluzione come non potr evitare di porsi tutti gli altri problemi, finch vi sar. In generale, rispondere che la vita non ha un senso che la trascenda, vuol dire affermare la sola esistenza dell'uomo, senza alcuna divinit che intervenga, e vuol dire quindi essere, se non atei, miscredenti. Al contrario, ritenere la vita, se cos pu dirsi, dipendente da un essere assoluto e trascendente, significa generalmente essere credenti, professare una fede religiosa. Dio una risposta al problema dell'esistenza e, viceversa, il nostro comportamento nell'esistenza una risposta al problema di Dio. Il problema di Dio, s' detto all'inizio, un problema esistenziale. Infatti in esso si pongono tre condizioni: l'interrogante, cio l'uomo; l'interrogato, in questo caso Dio; e la risposta al problema, che la risposta dell'uomo alla presenza o alla assenza di una divinit. Per, in concreto, chi fa le veci del giudice e della parte in causa sempre e solo.. l'uomo, perch Dio non interviene a rispondere (a meno di non ammettere la Rivelazione, ma questo un altro discorso) e non vi sono 3

dei segni che possano suggerire la soluzione del problema: sempre e solo l'uomo che ricerca, interpreta, cerca di dare una soluzione. Inoltre, sia per il credente come per il miscredente, la cosa pi importante sembra essere la coerenza nell'impegno assunto. Per l'ateo ci vorr dire trarre tutte le conseguenze dalla constatazione dell'assenza di qualunque Dio; per il credente sar importante la viva testimonianza della sua fede: rendere partecipi gli "atei" del suo credo, "illuminarli,informarli su certi fatti che essi ignorano,e su altri che essi interpretano male"(3). Bisogna per fare una precisazione: che infatti il problema di Dio condizioni l'intera vita umana valido solo nel caso del credente, per il quale, ovviamente, l'esistenza e la presenza provvidenziale della divinit essenziale nei riguardi della sua vita intera. Per il credente importantissimo determinare la natura del Dio in cui crede, cercare di spiegare la sua presenza al di l delle possibili contraddizioni,trovare delle formule e dei riti atti a propiziarsene i favori od a revocare, per quanto possibile, i suoi decreti, impostare le sue scelte in modo che siano aderenti al credo religioso a cui appartiene,e cose simili. Insomma il credente isola il problema di Dio ponendolo come il fondamentale, al contrario del miscredente, per il quale tale problema uno fra i tanti. Per il miscredente e per l'ateo, tutto quel che s' detto prima non sussiste una volta assunto che non e' Dio, tutti i problemi sopracitati sono resi inutili, superflui,assurdi, perch ovviamente un non senso regolare le proprie scelte in base a chi si crede non esista o non si interessi a noi. Quindi il problema di Dio si presente alla mente umana, ma la sua presenza o sia estende durante tutta una vita qual il caso del credente, o riaffiora di tanto in tanto, in particolari occasioni,senza che per con questo il miscredente sia necessariamente indotto a rovesciare la sua certezza contraria od a porre in revisione ulteriore i suoi valori. Con ci, pu sembrare che la miscredenza sia semplificatrice(4), ma questo vero fino ad un certo punto. Se la miscredenza e l'ateismo sono, in un certo senso, l'assenza di alcuni problemi, non per questo sono assenza di problematica. Infatti l'argomentazione potrebbe essere a sua volta capovolta e rivolgere la stessa "accusa" al credente, il quale ha problemi diversi dall'ateo. Il punto solo questo: ognuna delle due "parti in causa" ha problemi che ritiene pi importanti ed a cui d a preminenza. Occorre semplicemente prenderne atto e decidere per l'una o l'altra alternativa. Nelle pagine seguenti mi occuper dell'ateismo, analizzer le interpretazioni attuali che ne vengono date e quindi far un excursus storico del fenomeno a partire dalle sue origini probabilmente greche fino a giungere all'et contemporanea, dove sembra che l'ateismo abbia trovato il suo culmine ma anche la fine delle sua parabola ascendente, e quindi la sua "morte". L'analisi del fenomeno ateistico non affatto semplice, ma non dobbiamo, d'altra parte, farei spaventare dalla sua complessit se vogliamo vedere un po' chiaro in esso. Questo appunto il mio scopo principale: a elucidare un poco la posizione avuta dall'ateismo in questi pi di duemila anni di storia del pensiero, distinguendolo nettamente da altre manifestazioni similari ma distinte, come il fenomeno generale della miscredenza (che richiederebbe uno studio a s), o affermazioni di scetticismo, di indifferenza e simili. L'assunto principale di quest'opera che si pu chiamare ateo colui il quale, come diceva Hobbes, directe negaverit Deum esse(5) e quindi non si considerano "atee" posizioni come lo scetticismo, il panteismo,il deismo, il monismo, ecc. In altre parole, mi occuper solamente degli atei dichiarati e non di coloro che hanno posto dei dubbi sull'esistenza di Dio o hanno concepito Dio in un modo diverso da quello della dogmatica cristiana. Come si vedr, il numero degli atei sar molto pi piccolo di quanto si pensi, appunto perch mi dedicher espressamente ad una analisi dell'ateismo e non di pensatori scettici o agnostici o deisti. Delimitando cos il tema, mi auguro di essere stato abbastanza esauriente e preciso, in modo che non sorgano questioni che si basano su una cattiva interpretazione del mio assunto fondamentale. Comunque riconosco volentieri che non affatto facile dare una definizione esaustiva di un fenomeno cos complesso com' quello dell'ateismo. Si pu dire, intanto, che esso una risposta al problema di Dio, come la lo scetticismo, il panteismo, il razionalismo,ecc., e la fede. Ogni credenza ha le sue caratteristiche, le sue particolarit, e non possiamo elevare una sulle altre affermando la sua superiorit e validit. In 4

fondo, se si pu parlare di "ateismo" perch una ta1e posizione diversa da qualsiasi altra ed ha determinate caratteristiche che la distinguono dalla rimanenti: in caso contrario, che significherebbe un tale termine ? Prima di addentrarci nell'esame dei singoli pensatori atei bene dare uno sguardo generale allo sviluppo dell'ateismo e alle sue caratteristiche generali dall'antichit ad oggi iniziando a dare un breve cenno delle concezioni orientali per poi non accennarne pi poich il nostro studio si riferisce soprattutto all'ateismo occidentale e non a quello orientale o musulmano. Si deve dire, innanzi tutto, che sbagliato sia imputare di le concezioni orientali di "ateismo" perch hanno un concetto di Dio diverso dal nostro, sia ritenere che in Oriente non vi sia alcuna forma di ateismo. In Oriente abbiamo soprattutto il buddismo che viene considerata come la religione "atea" per eccellenza, ma non c' solo essa. Accanto alle scuole teistiche che proclamavano un Dio creatore e reggitore del mondo, c'erano le scuole che concepivano il mondo come un processo di autocreazione ab aeterno senza alcun intervento di divinit. Queste ultime scuole sono alcune buddhistiche, quelle Jainiche e Mimansa , le quali criticano il concetto di Dio . Sembra comunque che la confutazione dell'esistenza di Dio architettata sia dai Jaina che dai Buddhisti non sia altro che una confutazione delle prove logiche che i Naiyayika avevano proposto. Dio, dicono entrambi le scuole, non pu essere dimostrato mediante nessuna inferenza; in questo si trovarono d'accordo con il pi fervido assertore dell'esistenza di Dio, Ramanuja . Venendo al Buddhismo, si pu dire che esso s una religione "atea" in quanto non contempla un essere creatore, ma non per questo essa ha mai negato la cosiddetta Realt Ultima. Il Buddha ha solo rifiutato per essa un nome qualsiasi, una qualsiasi personificazione, il che per lui, come per la pi schietta tradizione indiana, voleva dire cadere nell'antropomorfismo. Il cosiddetto "ateismo" buddhista non una caratteristica essenziale del Buddhismo, perch vi sono molte scuole che non possono affatto dirsi atee . NellIslam vi fu solo una setta, a quanto pare, che neg dichiaratamente la divinit, e fu quella dei Mu att ila. Non si pu quindi dire che c' un ateismo musu1mano, ma vi sono solo dei musu1mani atei. L'ateismo musulmano non rifiuto di Dio, ma ateismo con Dio. Se l'idea di Dio stata raramente criticata, al contrario stata molte volte criticata l'idea della profezia. Giungiamo quindi all'ateismo occidentale, che sembra fare la parte del leone in questa "storia" dell'ateismo. I primi atei del pensiero occidentale li troviamo fra i Greci. Teodoro, Diagora, Evemero,ecc. sono veri e propri negatori della divinit, non semplici agnostici (come forse fu Protagora). Non per nulla Teodoro esortava tutti a rubare, a compiere sacrilegi poich credeva che non vi fosse alcun Dio che lo potesse punire per quello che avrebbe fatto. Gli atei nel pensiero antico greco e romano Nella storia della filosofia occidentale i primi veri e propri atei di cui si fa menzione sono Diagora di Melo, Teodoro di Cirene e Evemero di Messana, per parlare solo dei pi famosi (tralasciando quindi Bione di Boristene, Sti1pone di Megara, ecc.). Purtroppo le notizie che abbiamo a loro riguardo sono molto poche e su queste poche dobbiamo basarci. Bastano, comunque, a darci un'idea, sia pure sommaria, del loro ateismo dichiarato. Diagora di Melo fu un sofista e un poeta vissuto nel V sec. a.C. La tradizione vuole che si facesse beffe degli di, deridendone i misteri, perci fu detto "l'Ateo", e gli ateniesi lo condannarono a morte; essendo egli riuscito a fuggire, gli posero una taglia sul capo e ne distrussero gli scritti. Diagora mor a Corinto. Questo in sintesi quel che sappiamo della sua vita. Qualcosa di pi preciso ci dice Cicerone nel De natura deorum : Si dice che Diagora sia stato spinto all'ateismo dal vedere che gli Dei permettevano che fosse felice un uomo colpevole, a quanto pare, di averg1i rubato un poema. Ed ancora: Trovandosi una volta a Samotracia Diagora, quello ch' chiamato l'Ateo,uno dei suoi amici gli mostr pi quadri votivi di gente ch'era scampata alla violenza delle tempeste. 'Tu che non credi alla Provvidenza,guarda quanta gratitudine di gente che si salvata per le preghiere innalzate agli Dei!'. 'Sta bene fu la risposta; - ma quelli che hanno fatto naufragio e 5

sono periti in mare,dove li hanno dipinti?'. Trovandosi egli stesso in mezzo ad una forte burrasca, i suoi compagni di viaggio, atterriti,gli dissero che giustamente incombeva su di loro una disgrazia, poich lo avevano ricevuto nella nave. Ed egli mostrando loro altre navi esposte, dai medesimi venti, agli stessi pericoli,disse: 'Credete forse che anche quelle portino seco Diagora?" ". Da Diagora veniamo a Teodoro di Cirene, vissuto tra la seconda met del IV e linizio del III sec. a.C. La fonte principa1e su di lui Diogene Laerzio. Teodoro ascolt le lezioni di Zenone Cizico, segu anche gli insegnamenti di Brisone e di Pirrone lo scettico. Fond una propria scuola chiamata Teodorea. Fu cacciato da Atene in seguito ai suoi insegnamenti e ripar presso Lisimaco. Avrebbe corso pericolo di essere portato in giudizio davanti a11Aeropago se non lo avesse protetto Demetrio Fa1areo. Altri invece dicono che fu condannato a bere la cicuta. Teodoro ebbe anche una famosa disputa con Ipazia, donna filosofa e matematica, che sembra sia riuscito a confutarlo. Teodoro scrisse un libro intitolato Sugli di che Diogene Laerzio giudica "non disprezzabile". Teodoro distrusse in esso ogni opinione sugli di : tutti i ragionamenti sulla divinit non sono che vuote chiacchiere. Egli pensava infatti che la divinit non esistesse e perci incitava tutti a rubare, spergiurare, rapinare e a non morire per la patria. Concep come fini la gioia e il dolore: l'una posta nella saggezza, l'altro nell'insensatezza. Beni sono la saggezza e la giustizia, mali i comportamenti contrari, intermedi il piacere e la sofferenza. Rifiut anche l'amicizia come insussistente sia per gli insensati che per i saggi: per gli uni, infatti, tolta di mezzo l'utilit, anche l'amicizia sfuma; i secondi poi sono sufficienti a se stessi,e tali da non aver bisogno di amici. Diceva anche che ragionevole che l'uomo di valore non si sacrifichi per la patria: poich sconsiderato buttar via la propria saggezza per l'utilit degli insensati. La patria l'universo; lecito rubare, commettere adulterio e compiere sacrilegi,ma al momento opportuno: nessuna di queste cose infatti turpe per natura,una volta che sia stata rimossa l'opinione che sussiste per accordo degli stolti. Apertamente il saggio far uso delle cose da lui bramate,senza alcuna esitazione. Evemero o Eumero di Messana, vissuto tra il 340 e il 260 a.C. completa la triade dei primi atei greci. Egli l'autore della Sacra scrittura o Scritto sacro, scritto verso il 280. Visse alla corte del re macedone Cassandro (311-297 a.C.). Di lui Cicerone parla in questi termini: Eumero, che il nostro Ennio ha copiato e sguito, e che racconta persino ove gli Dei son morti e dove s trovano le loro sepolture". Nello Scritto sacro Evemero narra un viaggio immaginario nell'Arabia e nell'Oceano Indiano. Giunto nell'isola di Panchea, egli avrebbe trovato l uno stato costruito sulla base di un collettivismo utopico e reso accettabile dalla assenza di ogni estremismo, fondato su tre classi di persone: sacerdoti-artigiani, coltivatori,soldati. Nello stesso luogo, su una colonna del Tempio di Giove Trifilio, egli avrebbe trovato scritta tutta la storia primitiva del genere umano. Cos egli svel il concetto che tutti i miti riguardanti gli di non sono che storia umana avvolta nel meraviglioso; che tutti gli di e gli eroi non furono che uomini notevoli per forza ed accortezza a cui, dopo la morte, si tributarono onori divini: lo stesso Zeus aveva fatto scolpire la colonna a ricordo delle proprie opere. Non si pu concludere una panoramica generale sull'ateismo greco senza ricordare colui il quale, pur non essendo dichiaratamente ateo (ecco perch non l'abbiamo citato prima), contribu pi di molti altri alla causa della miscredenza - se non vogliamo parlare di ateismo -, ed stato a lungo considerato come un uomo abietto, un edonista sfrenato, un materialista della peggior risma: si tratta di Epicuro (341- 270 a.C.) Epicuro non ha per mai negato l'esistenza degli di. Infatti egli scrive: Considera la divinit come un essere vivente incorruttibile e beato, - secondo attesta la comune nozione del divino,- e non attribuirle nulla contrario all'immortalit,o discorde dalla beatitudine. Ritieni vero invece intorno alla divinit, tutto ci che possa conservarle la beatitudine congiunta a vita immortale. Perch gli di certo esistono: evidente infatti n' la conoscenza: ma non sono quali il volgo li crede; perch non li mantiene conformi alla nozione che ne ha. Non perci irreligioso chi gli di del volgo rinnega, ma chi le opinioni del volgo applica agli di. Perch non sono prenozioni, ma presunzioni fallaci,le opinioni del volgo sugli di". Epicuro considera quindi gli di esistenti, beati, che non si occupano degli affari umani, ma vivono tranquillamente negli interstitia mundi. Aver negato la provvidenza divina bastato per farlo 6

considerare un immorale, un dissoluto. Egli fu contrastato, soprattutto dai posteri cristiani, poich la sua filosofia rappresentava un modello in netta antitesi con le dottrine professate dalla Chiesa. Infatti, alla teoria che il mondo non abbia valore in s ma lo debba trovare in un fine che lo trascende, Epicuro oppone il suo materialismo e meccanicismo; all' idea che la vita degli uomini non sia che una preparazione ad una buona morte, Epicuro oppone il suo ideale di vita completamente terreno e il non senso del problema della morte. Per questo egli fu cosi avversato dai Padri: una concezione cosi fondamentalmente diversa, cosi diametralmente opposta alla cristiana non poteva non aver sentore di "ateismo", di "eresia" ! Per, guardando un po' pi a fondo le cose, Epicuro fu forse ateo? Non lo credo, poich neg solo un attributo della divinit - la provvidenza - ma non lesistenza. La sua filosofia epochizzava, per cosi dire, cio metteva da parte gli di, ma ci non vuol dire che li avesse negati o combattuti. La sua visione del mondo era "laica", "mondana", ma ci non significa che fosse "antireligiosa".. Oggi, ancora pi di una volta, possiamo affermare serenamente che Epicuro non fu un ateo, poich egli potrebbe stringere tranquillamente la mano a teologi come Bonhoeffer ecc., i quali tentano di liberare la cultura e la religione da influssi superstiziosi. Come Epicuro, cos Lucrezio nel mondo latino col De rerum natura diffuse lidea della divinit che esiste ma non interviene nel mondo. Esaminiamo infine quali furono le caratteristiche fondamentali dell'ateismo greco. Esso sembra essere stato vero e proprio ateismo, cio dichiarazione netta e precisa della assenza degli di (non si pu parlare ancora di un unico Dio). In secondo luogo, la dichiarazione di ateismo fatta da quei pensatori non era passata sotto silenzio, ma essi la difendevano apertamente e per questo erano costretti a fuggire, a nascondersi per sostenere le proprie idee. Non possiamo dire molto di pi: non possiamo ad esempio dire se questo primitivo ateismo sia stato una sorta di teologia negativa o una critica dell'antropomorfismo religioso; comunque, sembra constatato che, fin dai primordi greci, l'ateismo fu un fenomeno positivo, e non tanto un antiteismo. Gli atei greci non si scagliano infatti contro gli di, ma vivono la loro vita al di l di preoccupazioni ultraterrene; anzi, in casi come quello di Teodoro, egli incitava ]e persone a rubare, a spergiurare, per far vedere quanto fosse convinto che gli di non ci fossero. Gli atei greci, e gli agnostici(Protagora), gli scettici (Sesto Empirico ecc.), insomma la miscredenza greca forma un quadro in s completo. Sia l'ateismo che la religione greca sono fenomeni culturali in essi computi, che non hanno nulla da "invidiare" a nessuno. Del resto non si pu dire che l'ateismo greco fosse stato qualcosa di provvisorio, di superficiale, di immaturo perch privo, ad esempio, di quella "spiritualit" tipicamente cristiana. Non bisogna giudicare il greco con lo stesso metro del cristiano e viceversa. Le due civilt - greca e cristiana - sono l'una anteriore all'altra e non possono essere giudicate con lo stesso metro comune. NOTE 1) J-P. Sartre,"Attualit di Gide" in Che cos' la letteratura?,trad.it. Il Saggiatore, Milano, 1966, p.466. 2) S.Tommaso, Summa theologiae, I-II, q. 94, a. 2. 3) M.M-Yvonne, Lettere a un non credente, trad.it. Roma 1973 ,p.1l. 4) Cfr. J.Guitton: L'ateismo semplificatore, vivificatore, in Perch credo, trad.it. ed. SEI, Torino 1973, p. 79. 5) T.Hobbes, Appendix ad Leviathan, c.II, ed.Molesworth, rist. Aalen 1961, t. III, p. 548. Libri che trattano la storia dellateismo in generale sono i seguenti: Torno, Senza Dio? , ed. Mondadori Torno, Pro e contro Dio, Oscar Saggi Mondadori

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STORIA DELLATEISMO a cura di Ernesto Riva

2. Gli atei nellet moderna e nellIlluminismo: Meslier, dHolbach, Sade Dopo lateismo antico, si verifica uno strano fenomeno: dalla Grecia fino ad arrivare all'Illuminismo non si hanno casi di ateismo esplicito. Durante il Medioevo e il Rinascimento abbiamo casi di scetticismo, di materialismo, di panteismo, di naturalismo e simili, ma nessuno dei pensatori ha mai varcato totalmente la soglia dell'ateismo, se diamo retta a quanto attestano i loro scritti. N Vanini, n Bruno, n Spinoza, n Hume, n Bayle (per citare solo i pi famosi) sono atei nel senso vero e proprio del termine ma solo, se vogliamo, miscredenti. Questo per la semplice ragione che, come scrisse Kant, "nessuno per il solo fatto che non crede di poter affermare qualche cosa, pu essere accusato di volerla negare" (cfr. Critica della ragion pura, dial. tr., libro 2, cap. 3, sez. VII). Riguardo Vanini, egli disse, prima di morire: Solo la Natura Dio (cfr. Opere, Lecce 1912, pp CCXXVIII). E' quindi un caso di naturalismo o se volete di panteismo ma non di ateismo. Ne L'anfiteatro della eterna Provvidenza, Vanini dice che non possiamo sapere che cosa sia Dio, poich se lo sapessi, sarei Dio ( Opere, cit., p.25) , ma non che non c' Dio. Anzi, che vi sia una Provvidenza dimostrato da molte cose : ad es. dalla creazione del mondo,dal moto dei cieli, dai miracoli,ecc.(in Opere, cfr. le esercitazioni 4^,5^,8^) . Ne Dei mirabili arcani della natura regina e dea dei mortali, Vanini ribadisce la sua religione della natura: ...Ma in quale religione gli antichi filosofi credevano che Dio fosse venerato con verit e santamente? ... Nella sola religione della Natura: religione della Natura stessa che Dio (infatti principio di movimento) scolpita nel cuore di tutti i mortali"( in Opere, p. 308). Giordano Bruno distingue nettamente il campo della scienza da quello della fede; se poi vogliamo ammettere una causa prima, questa non pu essere che "la natura stessa o pur riluce ne l'ambito e grembo di quella"(Dialoghi italiani, Firenze 1958 ,p.229). La natura "Dio che in tutte le cose"(op.cit., p.274). Bruno ripete spesso la sua idea dominante: Dio tutto in tutte le cose, "per quanto si comunica alli effetti della natura,ed pi intimo a quelli che la natura stessa; di maniera che se lui non la natura istessa,certo la natura de la natura ed l'anima del mondo,se non l'anima istessa"(Ibid., p.783). La religiosit bruniana cosmica, amore per l'infinito, per l'universo, per il tutto. Spinoza ci lasci nella Epistola LXXIII la sua "confessione di fede". Egli dice che "Dio , come si dice, la causa immanente, non gi la causa transeunte di tutte le cose. Affermo cio con Paolo che tutte le cose sono in Dio e in Dio si muovono"(in Opere scelte, a cura di A.Deregibus,Milano I970, p.208). Anche questo un caso di naturalismo o, meglio, di acosmismo, e non di ateismo. Hume dichiaratamente uno scettico. La conclusione della sua indagine sul problema di Dio questa: Tutto ignoto; un enigma, un inesplicabile mistero. Dubbio,incertezza,sospensione di giudizio appaiono l'unico risultato della nostra pi accurata indagine a proposito (cfr. D. Hume, Storia naturale della religione, Laterza, Bari I970, p. 115). E questo scetticismo, per Hume, non negazione della religione, anzi "essere uno scettico filosofico , per un uomo colto, il primo e pi essenziale passo che conduce ad essere un vero cristiano, un credente"(Dialoghi sulla religione naturale, Laterza, Bari I963,p.I67). In ultimo, Bayle uno dei padri della moderna miscredenza ma non del moderno ateismo. Egli si dilunga a dimostrare, in diverse opere, che gli atei non sono persone amorali e perverse come spesso li si considera. Non affatto strano che un ateo viva virtuosamente, quanto strano che un cristiano compia dei crimini. Se noi - dice Bayle - vediamo tutti i giorni quest'ultima specie di mostro,perch crediamo che l'altra sia una cosa impossibile?. Possiamo benissimo avere lidea di onest senza credere affatto in Dio (Oeuvres diverses,rist. Hildesheim 1966, tomo 3,cfr. pp. 109 8

segg.). Riguardo Dio, Bayle non si sbilancia mai nel sostenere che esiste oppure che non esiste. Si giustifica dicendo: 1a libert a questo riguardo abbastanza grande; e purch un dottore ammetta che questa esistenza si pu provare in altri modi, gli si lascia la libert di criticare questa o quella determinata prova" ( cfr. Dictionaire historique et critique , Rotterdam 1740 , tomo 4, p.530, tr. it. parziale Dizionario storico-critico, ed. Laterza ). Bayle si mantenne sempre su posizioni di critica pi o meno pacata, affermando il que sais-je ? Si pu definire ateismo moderno lateismo proprio del periodo illuministico. Uomini come Meslier, dHolbach, Sade hanno portato lateismo ad una violenza e radicalit mai viste prime. Nelle loro tesi atee si intrecciano diversi motivi, dal materialismo al meccanicismo, dal determinismo al razionalismo, non del tutto nuovi, ma quel che nuovo la radicalit con cui queste affermazioni vengono sostenute. Forse essi sono anche dogmatici ma ci rivela come essi vogliano tagliare nettamente i ponti col passato e con tutto quello che ha sentore di religione. Il curato Jean Meslier (1664-1729) uno dei casi pi singolari nel panorama della letteratura atea. Per tutta la vita egli tenne nascosta la sua vera opinione su Dio, libert e immortalit, e solo dopo la sua morte si venne a conoscenza di quel che realmente credeva quel povero prete di campagna. Ne sono testimonianza le tre copie del Testamento che ha lasciato. Nellopera egli sostiene a spada tratta che Dio non esiste ed elabora addirittura otto prove dellinconsistenza e della falsit delle religione. Per dimostrare che ogni religione in s falsa e dannosa. Il suo ateismo nasce dalla insoddisfazione nel vedere tanti soprusi giustificati dalla religione ed egli vuole appunto liberare i poveri, gli ignoranti dallo stato di servit e sottomissione a cui erano soggiogati dalla Chiesa e dallo Stato. Il suo , per cos dire, un ateismo politico. Non fine a se stesso, ed quindi, in un certo senso, gi un superamento dellateismo come semplice posizione teoretica. Nella prima prova Meslier sostiene che le religioni non sono altro che invenzioni umane dato che tutte si escludono e si combattono lun laltra. La seconda prova sostiene che la fede fonte di illusioni, di errori, imposture. La fede una credenza cieca, che obbliga a credere tutto ci che viene presentato sotto il nome e lautorit di Dio. La terza prova nega la rivelazione divina. Poich secondo Meslier, non sono state compiute le magnifiche promesse legate a tali pretese rivelazioni divine. La quarta prova un ampliamento della terza: le promesse e profezie dellAntico Testamento sono tutte false. Esse non si sono avverate che in senso spirituale e allegorico e quindi ne consegue che sono false. La quinta prova dedotta dalle false credenze contenute nella dottrina e morale cristiana. Il cristianesimo, dice Meslier, obbliga a credere non solo in cose false, ma anche ridicole e assurde come la Trinit, come la divinit di Ges, la transustanziazione ecc. e nel condannare moralmente le passioni della carne e nel fare cose contro natura come amare i propri nemici. La sesta prova tratta dagli abusi, vessazioni, tirannie dei potenti che la religione tollera e autorizza. Meslier enumera sei abusi di cui sarebbe colpevole il cristianesimo: mantenere la disparit fra le diverse concezioni sociali degli uomini; tollerare, mantenere e autorizzare che si vi siano diverse categorie sociali che non sono n utili n necessarie alla societ: Meslier si riferisce ovviamente ai ricchi fannulloni e agli ecclesiastici, preti, monaci e monache. Appropriazione individuale che gli uomini fanno dei beni e delle ricchezze della terra, che dovrebbero invece essere posseduti da tutti in parti uguali. Dominazione tirannica dei poveri, indissolubilit del matrimonio, da cui deriva uninfinit di matrimoni infelici, di famiglie sventurate. La tirannide dei grandi, dei re e dei principi che dominano mediante un potere assoluto sul resto degli uomini. La settima prova dedotta dalla falsit e dalla credenza nella presunta esistenza degli di. Questa settima prova quella trattata pi ampiamente nel Testamento. Lorigine della credenza negli di si trova nel fatto che alcuni uomini sottili e malvagi hanno assunto il nome e la funzione di Dio e di Signore assoluto per suscitare pi timore e rispetto. Egli cerca appiglio in ogni dove per giungere a dimostrare la sua tesi della inesistenza di Dio. Lultima prova dedotta dalla falsit dellidea dellimmortalit. Lanima, secondo Meslier, una parte della materia pi fine e pi fluida, rispetto allaltra pi corposa di cui sono fatte le membra e le parti visibili del nostro corpo. Nella conclusione, Meslier riassume lintento dellopera dicendo che tutto questo ammasso di religioni e 9

di leggi politiche non altro che un cumulo di misteri di iniquit. La salvezza degli uomini, e soprattutto dei poveri, dei derelitti, degli ignoranti nelle vostre mani, la vostra liberazione dipenderebbe solo da voi, se riusciste a mettervi daccordo. la forza stessa della verit che mi ha fatto scrivere questo Testamento dice Meslier e non che lodio per lingiustizia, per limpostura, per la tirannia e per ogni altra iniquit che mi fa parlare cos. Paul-Henri Dietrich dHolbach (1723-1789) stato forse lateo pi famoso dellIlluminismo francese. Il suo Sistema della natura fu la bibbia del materialismo ateo settecentesco. Lopera, in verit, non affatto originale. In essa dHolbach riassume tutti gli argomenti antireligiosi di duemila anni di storia del pensiero. Il suo ateismo per, a differenza di quello di Meslier, ancora aristocratico, poich secondo lui soltanto le persone che si innalzano al di sopra delle credenze del popolino ottengono la liberazione dalle credenze religiose. Nel Sistema della natura, opera prolissa e infarcita di citazioni, dHolbach tenta di fondare una completa visione del mondo atea appoggiandosi ad ogni possibile contributo da parte della filosofia e della scienza. Lunico merito del Sistema della natura appunto questo: aver tentato di avanzare una visione del mondo e delluomo completamente diversa da quella religiosa. Lopera divisa in due parti, intitolate rispettivamente Della natura e Di Dio. La prima parte una esposizione delle leggi del moto e della materia, delle cose viventi e non viventi, in modo tale che esse vengano spiegate e comprese autonomamente, senza fare ricordo ad un ente trascendente e creatore. La seconda parte, come suggerisce il titolo, vuole essere una critica radicale al concetto di Dio, alle prove della sua esistenza, alla Provvidenza, alla religione ecc. un rilievo interessante a questo proposito notare come dHolbach, settantanni prima circa de Lessenza del Cristianesimo di Feuerbach, affermi che luomo in Dio non vede n pu vedere altro che un essere di specie umana, di cui si sforzer invano di ingrandirne le proporzioni per farne un essere totalmente spirituale. Si attribuisce a Dio dice dHolbach lintelligenza, la saggezza, la bont, lonniscienza, lonnipotenza perch lo stesso uomo che buono, intelligente, saggio ecc. Ma vediamo pi da vicino le argomentazioni holbachiane. Egli ritiene che se non esistesse affatto il male nel mondo, luomo non avrebbe mai immaginato e creato una divinit. Fu quindi nella fabbrica della tristezza che luomo infelice form il fantasma di cui fece il suo Dio. Con la parola Dio gli uomini hanno designato la causa pi nascosta, la causa pi lontana, la causa pi sconosciuta degli effetti che essi vedevano. Dal momento in cui gli uomini persero il filo delle cause, o da quando il loro spirito non pot pi seguirne la concatenazione, essi troncarono la difficolt terminando le loro ricerche chiamando Dio lultima delle cause, cio la causa al di l di tutte le cause conoscibili. Fu sulle rovine della natura che gli uomini costruirono il colosso immaginario della divinit. Per cui, dice dHolbach, se lignoranza della natura ha fatto nascere gli di, la conoscenza della natura fatta per distruggerli. La religione continua dHolbach fondata sul principio assurdo secondo cui luomo obbligato fermamente a credere ci che nella impossibilit totale di comprendere. Secondo la teologia egli dice luomo deve essere in una ignoranza invincibile riguardo la nozione di Dio. Si assicura che Dio ha creato luniverso per luomo, unico re della natura. Povero monarca!, dice dHolbach. Basta un granello di sabbia, qualche umore fuori posto per distruggere lesistenza del tuo regno, e tu pretendi che un Dio buono abbia fatto tutto per te! Che cos la razza umana in confronto alla Terra? E che cos questa terra in confronto al Sole? Che cos questo nostro Sole in confronto a quellinsieme di soli che, a immense distanze, riempiono la volta del firmamento? O uomo vano, sta al tuo posto! DHolbach analizza quindi le prove dellesistenza di Dio. La prova pi forte che lidea della divinit non fondata che su un errore egli dice che gli uomini sono venuti a poco a poco perfezionando tutte le scienze che avevano per oggetto qualcosa di reale, meno la scienza di Dio, che non stata mai perfezionata: essa dappertutto allo stesso punto; tutti gli uomini ignorano ugualmente qual loggetto che adorano, e ci di cui si sono pi seriamente occupati non fa che oscurare sempre pi le primitive idee che gli uomini si erano formati. Tutti vedono il Sole ma nessuno vede Dio. Ecco la sola differenza fra la realt e la chimera: luna esiste e laltra no. La 10

teologia un mondo in cui tutto segue delle leggi completamente diverse dalle nostre. Lidea di Dio non che un errore madornale del genere umano; la nozione di divinit non serve che a corrompere gli uomini; Dio un essere superfluo: non che il caso che ha prodotto luniverso, da se stesso che esso esiste, esso c necessariamente e da tutta leternit. Ed ecco che dHolbach inizia la polemica, a quei tempi agli inizi, fra ateismo e morale. A questo proposito dHolbach dice chiaramente che voler fondare la morale su una chimera come fondarla sul nulla. Dire che senza lidea di Dio luomo non pu avere sentimenti morali significa non poter pi distinguere il vizio dalla virt. Diversamente dalla morale teologica, la morale della natura chiara ed evidente anche per quelli che la oltraggiano. La natura dice dHolbach invita luomo ad amarsi, a conservarsi, ad aumentare incessantemente la somma della sua felicit; la natura dice alluomo di consultare la sua ragione e di prendere essa come guida; la natura dice alluomo di cercare la verit, di essere socievole, di amare i propri simili, di essere giusto; la natura dice alluomo: tu sei libero, nessuna potenza sulla terra pu legittimamente privarti dei tuoi diritti. Che cos dunque un ateo? La risposta di dHolbach non si fa attendere: un ateo un uomo che distrugge le chimere nocive al genere umano per riportare gli uomini alla natura, allesperienza, alla ragione. un uomo che, avendo meditato sulla materia, la sua energia,le sue propriet, non ha bisogno, per spiegare i fenomeni delluniverso e le operazioni della natura, di immaginare potenze ideali, intelligenze immaginarie, esseri di ragione che, lungi dal far conoscere meglio questa natura, non fanno che renderla capricciosa, inesplicabile, in conoscibile, inutile alla felicit umana. Quindi se per ateo si intende un uomo che nega lesistenza di una forza inerente alla materia e senza la quale non si possa concepire la natura, ed a questa forza motrice si d il nome di Dio, non esistono affatto atei. Ma se per atei si intendono uomini guidati dallesperienza e dalla testimonianza dei sensi, che non vedono nella natura che quel che si trova realmente, essi vi sono e combattono ogni forma di fanatismo. Per dHolbach dunque o si atei oppure si pieni di pregiudizi, di falsit, di contraddizioni. Neppure il deismo si salva da questa sorte: il deismo scrive dHolbach un sistema a cui lo spirito umano non arrendersi per lungo tempo; fondato su una chimera, degenerer presto o tardi in una superstizione assurda e pericolosa. Quindi o ateismo cio verit o niente cio falsit, ignoranza, assurdit. DHolbach conclude il ciclo del materialismo antico, i cui eroi erano stati Epicuro e Lucrezio, e prelude al nuovo materialismo, quello ottocentesco. In questo senso il Sistema della natura una pietra miliare dellateismo, nonostante tutto quello che ha di dogmatico, pedante, scandaloso. Nel concludere la nostra panoramica sullateismo settecentesco, non possiamo dimenticare un altro contributo alla causa dellateismo che ci viene da un personaggio singolare, il famoso marchese de Sade (1740-1814). Pur non essendo un filosofo in senso stretto, de Sade ci ha lasciato due testi molti interessanti da cui possiamo ricavare il suo pensiero su Dio e la religione, i quali ci aiutano a riflettere sulle problematiche che conducono allateismo. Nel primo di essi, il Dialogo tra un prete e un moribondo, Sade fa una radicale confessione di a teismo; nel secondo, cio in alcune pagine della Storia di Juliette, Sade mette in bocca ad uno dei personaggi, un certo Saint-Fond, la teoria secondo la quale Dio esiste ed il male. Lantitesi interessante e merita appunto di essere esaminata. Nel Dialogo Sade narra di un moribondo che, giunto allistante fatale, visitato da un prete che gli propone di confessarsi. Il moribondo per, invece di pentirsi e chiedere perdono dei suoi peccati, inizia a snocciolare uno dopo laltro tutti gli argomenti e le critiche per provare che Dio non c. Cristo definito come il pi volgare dei bricconi ed il pi rozzo degli impostori. I miracoli, le profezie ed i martiri sono tutte sciocchezze e non dimostrano la verit della religione. Amico mio conclude il moribondo un Dio giusto avrebbe scolpito nel cuore degli uomini cos tante opinioni diverse fra le quali mi materialmente impossibile operare una scelta? Va, predicatore, tu offendi il tuo Dio presentandomelo in questo modo, lascia che io lo neghi del tutto, perch, se esiste, lo offendo meno io con la mia incredulit che tu con le tue bestemmie. Il Dialogo, come noto, fu

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composto nel 1782, e cio prima delle opere che diedero fama a Sade, ed in esso ancora presente un pensiero non del tutto originale, non ancora cos estremistico e radicale come sar pi avanti. Del tutto originale ed estremistico invece laltra opera sadiana citata, la Storia di Juliette (1797). In essa Sade fa dire a Saint-Fond, uno dei personaggi, che Dio esiste e che lanima immortale per questo Dio non buono ma malvagio. Saint-Fond vede dappertutto il male, il disordine, il delitto, e quindi conclude: Convinto di tale premessa, io mi dico: esiste un Dio; una mano qualsiasi ha necessariamente creato tutto quanto vedo, ma essa lha creato soltanto per il male, essa si compiace soltanto del male; il male la sua essenza, e tutto quello che essa ci fa commettere indispensabile ai suoi intenti; non le importa che io soffra questo male, visto che a lei necessario Ora se il male, o almeno ci che noi chiamiamo tale, lessenza sia del Dio che ha creato tutto, sia degli individui formati a sua immagine, come non essere certi che le conseguenze del male debbano essere eterne? Lessere buono non esiste: colui che chiamate virtuoso non buono, o se lo nei vostri confronti, non lo certamente nei confronti di Dio, il quale non altro che male, non vuole che il male, non pretende che il male. Lautore delluniverso il pi malvagio, il pi feroce, il pi spaventevole di tutti gli esseri. Le sue opere non possono essere altro che il risultato oppure il movimento della scelleratezza. Senza il massimo moto di malvagit nulla potrebbe reggersi nelluniverso. Di fronte a simili parole, naturale rimanere scandalizzati. Sade mette infatti in bocca a Clairwil, altro personaggio della Storia di Juliette, le seguenti parole: Il tuo sistema trae origine dal profondo orrore che tu hai per Dio. E Saint-Fond confessa: vero, io laborrisco; ma non lodio che ho per lui lorigine del mio sistema; esso il frutto soltanto della mia saggezza e delle mie meditazioni. Che dire dunque dellateismo sadiano? Sade si rispecchia pi nel moribondo o in Saint-Fond? Egli ha senzaltro avuto il merito di aver portato allestremo le tesi atee o, forse pi corretto, antiteistiche. Nessun scrittore dopo di lui ha mai pi sostenuto tesi radicali quanto quelle del divin marchese. N Nietzsche nellAnticristo, n Proudhon sono giunti l dove giunto Sade. Infatti che Dio sia il male rifiutato non solo dai credenti ma anche dagli stessi atei o miscredenti in generale, i quali piuttosto che ammettere un Dio siffatto lo negano del tutto, come hanno fatto Juliette e il moribondo. Limportanza dellateismo sadiano dunque qui, in questa sua radicalit, in questo completo ribaltamento di valore per quel che riguarda lessenza di Dio. Egli ha osato sostenere per la prima e ultima volta nel pensiero occidentale che Dio esiste ed il male. Certo una affermazione allinterno di un romanzo, quindi c da chiedersi se abbia una valenza filosofica autentica, per limportante aver posto la tesi ed per questo che lho citato. Lateismo settecentesco in pratica tutto qui. Tralascio di parlare di Lamettrie e di Helvetius, di Diderot e di Voltaire, perch seguendo la mia linea interpretativa, essi non si sono mai dichiarati atei e dunque non vengono qui presi in esame. Lateismo illuministico pu essere visto come una tappa verso la svolta decisiva che arriver con lateismo post-hegeliano. BIBLIOGRAFIA MINIMA J. Meslier, Il Testamento, ed. Guaraldi P.H. D. dHolbach, Sistema della natura, UTET Sade, Opere scelte, Feltrinelli, oppure Opere complete, Newton Compton.

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STORIA DELLATEISMO a cura di Ernesto Riva

3. Gli atei dellOttocento (1^ parte): Schopenhauer Nietzsche Stirner Bakunin Lateismo post-hegeliano quello in cui lateismo raggiunge forse il suo punto pi alto con le critiche demolitrici dei grandi atei dellOttocento. Infatti lateismo contemporaneo, in generale, non potr che rifarsi a questi maestri per confermare la sua posizione di negazione della religione. DallIlluminismo in poi lateismo sembra acquistare anche una sempre maggiore importanza sociologica perch sembra estendersi a strati via via sempre pi ampi della popolazione. Il che si pu spiegare con la graduale laicizzazione o secolarizzazione della vita, cio con il diffondersi di un modello di vita che evita di richiamarsi ad una trascendenza ma affonda le sue radici in una immanenza sempre pi completa. Tutto questo porter alla diffusione di un ateismo pratico, della indifferenza religiosa, che sembra essere il segno distintivo dei nostri tempi. Dallottocento in poi, non si avuto il predominio dellateismo teoretico quanto piuttosto una crescente diffusa indifferenza e/o ignoranza verso i valori religiosi. Almeno, per la precisione, per quel che riguarda il mondo occidentale: nei paesi islamici oggi invece in atto una vera e propria rivoluzione culturale che consiste nella lotta tra il modello occidentale, considerato negativo, e il modello islamico tradizionale, considerato lunica risposta in grado di opporsi alla diffusione del nichilismo occidentale. Ma torniamo allOttocento. Arthur Schopenhauer (1788-1861) stato definito da Nietzsche il primo ateo dichiarato e irremovibile che noi Tedeschi abbiamo avuto(cfr. La gaia scienza). La sua critica alla religione non particolarmente originale ma se non altro egli segna linizio vero e proprio del pensiero posthegeliano e anti-hegeliano, ed in questo senso procede cronologicamente persino Feuerbach. La filosofia moderna scrive Schopenhauer ne Il mondo come volont e rappresentazione non va a cercare una causa efficiente o una causa finale del mondo intero; non indaga lorigine e la finalit del mondo, ma solo che cosa sia il mondo. Non possiamo superare il mondo stesso e, in quanto alla sua spiegazione, essa fa gi parte del mondo: assurdo cercarla al di fuori di esso. Anzi sono solo pigrizia e ignoranza che dispongono a richiamarsi troppo presto alle forze originarie. Del resto, che lassunzione di un limite del mondo nel tempo non sia affatto un pensiero necessario alla ragione, si pu perfino provare anche storicamente, giacch gli hind non insegnano siffatta cosa neanche nella religione popolare, e tanto meno nei Veda. Componente essenziale dellateismo schopenhaueriano il suo pessimismo. La vita dei pi egli scrive non che una diuturna battaglia per lesistenza, con la certezza della sconfitta finale. Ma ci che li fa perdurare in questa s travagliata battaglia non tanto lamore per la vita, quanto la paura della morte, la quale non di meno sta inevitabile sullo sfondo, e pu ad ogni minuto sopravvenire. La vita stessa un mare pieno di scogli e di vortici, cui luomo cerca di sfuggire per la massima prudenza e cura; pur sapendo, che quandanche gli riesca con ogni sforzo e arte, di scamparne, perci appunto si accosta con ogni suo passo, ed anzi vi drizza in linea retta il timone, al totale, inevitabile e irreparabile naufragio: la morte. Questo il termine ultimo del faticoso viaggio, e per lui peggiore di tutti gli scogli, ai quali scampato. Lottimismo, dal punto di vista schopenhaueriano, sembra non punto un pensare assurdo, ma anche iniquo davvero, un amaro scherno dei mali senza nome patiti dallumanit. Come credere, dopo tutto ci, in un Dio creatore e provvidente? naturale quindi che Schopenhauer consideri una tale idea inaccettabile. Per parte mia egli dice debbo confessare che alla mia ragione un tale pensiero impossibile, e che nelle parole, che lo qualificano, io non posso pensare niente di preciso. Secondo Schopenhauer, luomo si crea a propria immagine demoni, di e santi. A essi devono incessantemente venire tributati sacrifici, preci, adornamento di templi, voti e conseguenti offerte, pellegrinaggi, saluti, addobbo delle immagini ecc. Il loro culto si intreccia dappertutto con la realt, anzi loscura: ogni avvenimento della vita viene preso allora come un effetto dellazione di 13

quegli esseri: i rapporti con loro riempiono met della vita, alimentano diuturnamente la speranza e diventano spesso, nel fascino dellillusione, pi interessanti dei rapporti con la vita reale. Sono lespressione e il sintomo del doppio bisogno, che spinge luomo da una parte verso aiuto e sostegno, dallaltra verso occupazione e passatempo e questo il frutto, tuttaltro che disprezzabile, dogni superstizione. Per tutto questo inutile: invano luomo chiede aiuto agli di, perch rimane implacabilmente in preda al suo destino. Gli di sono quindi superflui e le dottrine religiose sono generalmente rivestimenti mitici delle verit impenetrabili dalla rozza mente umana. Quel che d forza ad ogni dottrina religiosa esclusivamente il suo lato etico. Non certo direttamente, ma essendo collegato col rimanente dogma mitico, proprio di ciascuna dottrina religiosa, sembra spiegabile solo per mezzo di questultimo. Da ci deriva che nei popoloi monoteisti lateismo, ossia lassenza della religione, diventato sinonimo di assenza di ogni moralit. Schopenhauer non vuole adottare mezze misure. O si crede in Dio o si proclama lateismo assoluto. Il panteismo, dal suo punto di vista, quindi inaccettabile. Il panteismo egli dice un concetto che annulla se stesso, poich il concetto di Dio presuppone come sua antitesi essenziale un mondo da lui distinto. Se per contro il mondo stesso deve assumere la parte di Dio, ci si trova di fronte ad un mondo assoluto privo di Dio: panteismo dunque un termine eufemistico, in luogo di ateismo. Ammesso comunque un Dio, e cio un essere personale, individuale, trascendente e creatore, Schopenhauer dice che lammettere un essere di tale specie come origine della natura stessa, anzi di ogni esistenza in generale, un pensiero colossale e sommamente ardito, di fronte a cui noi rimarremmo meravigliati se lo udissimo per la prima volta, ed esso non ci fosse divenuto familiare attraverso le impressioni infantili e le ripetizioni costanti; inoltre lipotesi di un Dio, oltre ad essere inutile nella filosofia, persino nella religione esso assolutamente inessenziale perch ad esempio il buddismo non lo contempla affatto. Per Schopenhauer poi, le religioni orientali sono molto superiori al cristianesimo. Egli convinto che in India non potranno mai mettere radici le nostre religioni: la sapienza originaria dellumano genere non sar soppiantata dagli accidenti successi in Galilea. Viceversa, torna lindiana sapienza a fluire verso lEuropa, e produrr una fondamentale mutazione del nostro sapere e pensare. Schopenhauer, si detto, il primo tedesco ateo dichiarato. strano che in Germania solo nel 1800 si possa parlare di ateismo vero e proprio, mentre ad es. in Francia lateismo di un dHolbach preceda di circa un secolo (daltra parte, in Inghilterra non si hanno casi clamorosi di ateismo dichiarato. C oggi lesempio di Bertrand Russell, ma secondo quanto egli stesso dichiar, la sua posizione quella dellagnostico e non dellateo. Si veda Perch non sono cristiano, ed. Longanesi). Anche per Friedrich Nietzsche (1844-1900) lateismo un punto di partenza, qualcosa di evidente, palpabile. In me lateismo non n una conseguenza, n tanto meno un fatto nuovo: esiste in me per istinto. Sono troppo curioso, troppo incredulo, troppo insolente per accontentarmi di una risposta cos grossolana. Dio una risposta grossolana, unindelicatezza verso noi pensatori; anzi, addirittura, non altro che un grossolano divieto contro di noi: non dovete pensare(cfr., Ecce homo). Fin da La nascita della tragedia Nietzsche concepisce il cristianesimo come moralit decadente, che nasconde un odio profondo per la vita, poich tutta la vita non che un richiamo allapparenza, allarte, allillusione, alla necessit dellerrore. Il cristianesimo da lui visto come la forma pi pericolosa di una volont di distruzione, il segno di stanchezza, di impoverimento della vita. Per questo egli si rivoltato ed ha sostenuto una visione che ha chiamato dionisiaca. In Umano, troppo umano dichiara esplicitamente: Nessuna religione ha mai finora contenuto, n direttamente n indirettamente, n come dogma n come allegoria, una verit. Poich ciascuna nata dalla paura e dal bisogno e si insinuata nellesistenza fondandosi su errori della ragione. Sulla stessa falsariga,

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dir nellAnticristo: Quel che un teologo avverte come vero, non pu non esser falso: si ha in ci quasi un criterio di verit. Ma quali sono le motivazioni che porta Nietzsche per giustificare questo odio verso la religione in generale e verso la cristiana in particolare ? Ci si aspetterebbe da un filosofo come lui chiss quali teorie, mentre in realt egli dice che vi un buon gusto anche in religione; questo buon gusto disse alla fine: basta con questo Dio! Meglio nessun Dio! Meglio che ciascuno si faccia da solo il proprio destino, meglio essere folli, meglio essere Dio se stessi!. Dobbiamo dunque sbarazzarci di Dio. Ma perch ? Perch vedeva con occhi che tutto vedevano, vedeva le profondit e gli abissi delluomo, tutte le sue vergogne, le sue brutture nascoste. Non conosceva pudore la sua piet; egli si insinuava nei miei recessi pi immondi. Doveva morire, quel troppo curioso, troppo indiscreto, troppo pietoso. Sempre mi scopriva; dovevo vendicarmi di un tal testimonio, oppure cessare di vivere. Quel Dio che tutto vedeva, anche luomo, quel Dio doveva morire! Luomo non sopporta che viva un tal testimonio. In altre parole, luomo deve uccidere Dio perch in Dio sintetizzato tutto ci che contro la vita e perch Dio unidea che rende storto tutto quanto diritto, e fa girare tutto quello che stabile. Se luomo ha ucciso Dio, quali sono le conseguenze di una simile azione? In primo luogo ovviamente spetta agli uomini lenorme compito di governare la terra senza farla cadere in rovina. Questo sar appunto il compito dei grandi spiriti del secolo prossimo(cfr. Umano, troppo umano) Anzi, noi filosofi e spiriti liberi, alla notizia che il vecchio Dio morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presentimento, dattesa, - finalmente lorizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non sereno, - finalmente possiamo di nuovo sciogliere le vele alle nostre navi, muovere incontro ad ogni pericolo; ogni rischio delluomo della conoscenza di nuovo permesso: il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinanzi, forse non vi ancora mai stato un mare cos aperto. Ma stanno veramente cos le cose? Sono cadute forse tutte le illusioni e le falsit? Il cristianesimo stato abbattuto ma ecco il punto la religione non stata sconfitta. Infatti, si badi, per Nietzsche la morte del cristianesimo non significa la morte della religione, della fede. La filosofia moderna apertamente anticristiana ma non in alcun modo antireligiosa. Listinto religioso non stato vinto ma in pieno rigoglio pur rifiutando con profonda diffidenza, lappagamento ateistico. Nietzsche confessa insomma di aver dichiarato guerra allanemico ideale cristiano (e a tutto quanto con esso strettamente apparentato), non nellintento di distruggerlo, ma solo per por fine alla sua tirannia e sgombrare il campo per nuovi ideali, per ideali pi robusti. Luomo in fondo si solo illuso di aver ucciso Dio, il Dio cristiano. Ecco lamara constatazione di Niezsche: luomo ha ucciso Dio ma lha ucciso per niente. Quel che lo fa stupire che ancora oggi si continui ad essere cristiani, se non di fatto almeno di nome. Pi volte egli si chiede: Quando in un mattino di domenica sentiamo rimbombare le vecchie campane, ci chiediamo: ma mai possibile? Ci si fa per un ebreo crocefisso duemila anni fa, che diceva di essere il figlio di Dio Chi crederebbe che una cosa simile viene ancora creduta?. il nostro tempo saQuel che una volta era soltanto malato, oggi divenuto indecoroso indecoroso essere oggi cristiani. E qui ha inizio la mia nausea Anche il prete sa, come lo sanno tutti, che non esiste pi alcun Dio, alcun peccatore, alcun redentore Tutti i concetti della Chiesa sono riconosciuti per quello che sono, come la pi maligna falsificazione di monete che esista, mirante a invilire la natura, i valori della natura Noi sappiamo, la nostra coscienza oggi sa Ognuno lo sa: e ciononostante tutto permane nellantico stato Che specie mai di aborto di falsit deve essere luomo moderno, per non vergognarsi, a onta di tutto ci, di chiamarsi ancora cristiano!. Tutto rimane dunque come prima. Ecco quel che scandalizza Nietzsche: come ci si pu proclamare cristiani ancora oggi? Ed uno dei motivi per cui il filosofo prova disgusto per luomo, che ha potuto inventare e credere a simili cose! Del resto Nietzsche ritiene che i suoi contemporanei non sono ancora pronti al superamento della fede, alla proclamazione della morte di Dio e alla tra svalutazione di tutti i valori. Vengo troppo

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presto non ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non ancora arrivato alle orecchie degli uomini. Max Stirner (1806-1856) fu un Nietzsche ante litteram per la sua critica non solo a Dio ma agli idoli, per il suo concetto egoistico dellamore, per lesigenza di concretezza, per laver considerato la moralit fanatica come la religione, per considerare la verit come una astrazione ecc. Stirner inizia la sua opera pi famosa, Lunico e la sua propriet (1845), con la stessa identica frase con cui la conclude: io ho fondato la mia causa sul nulla. E qual la sua causa? La causa mia non n il divino n lumano, non n il vero, il buono, il giusto, la libert e cos via, ma soltanto ci che mio, e non una causa universale, bens unica, come unico sono io. Nessunaltra cosa mi interessa pi di me stesso. Egli perci contro Dio, contro il divino e contro qualsiasi altro assoluto. Infatti, che cosa guadagniamo se, per cambiare, collochiamo in noi il divino che era fuori di noi?. Per cui come si pu sperare di allontanare gli uomini da Dio, lasciando loro il divino?. La religione il regno delle essenze, cio degli spettri, dei fantasmi, come lo la morale, lo Stato che rendono schiavo luomo e luomo, se vuole essere libero, deve liberarsi dal loro giogo. Stirner vuole distruggere ogni astrazione, ogni universale che si opponga allUnico. Da questo punto di vista, pure la verit criticata: la verit un semplice pensiero, non uno dei tanti, bens il pensiero per eccellenza, che sta sopra tutti gli altri, incontestabile, il pensiero in persona, che consacra tutti gli altri, la consacrazione dei pensieri, il pensiero assoluto, santo. La verit dura pi di tutti gli di; perch solo al suo servizio e per amor suo si sono abbattuti tutti gli di e infine Dio stesso. La verit sopravvive al crepuscolo degli di, poich lanima immortale di questo caduco mondo divino, la divinit stessa. Perci finch tu credi nella verit, non credi in te e sei un servo, un uomo religioso. Stirner sembra cos un ateo totale, e il suo Unico apertamente un vangelo anticristiano come lo sar Cos parl Zarathustra di Nietzsche. Stirner continua dicendo: Se la religione ha enunciato il principio che noi siamo tutti peccatori, io vi contrappongo laltro: siamo tutti perfetti! Poich ad ogni istante noi siamo tutto ci che possiamo essere, e non abbiamo mai bisogno di essere di pi. Siccome in noi non ci sono difetti, cos anche il peccato non ha alcun senso. Quindi non cercate la libert che vi fa perdere proprio la vostra personalit nell abnegazione, ma cercate voi stessi, diventate egoisti, ognuno di voi diventi un io onnipotente. Per diventare o meglio, essere lUnico, non ci si deve considerare uno strumento dellidea o vaso di Dio, non si deve riconoscere alcuna missione, non si deve esistere per contribuire allevoluzione dellumanit, ma vive per se stesso, senza curarsi se questo sia un bene o un male per lumanit. Per questo io sono padrone della mia forza, e lo sono quando so desser Unico. NellUnico lo stesso possessore ritorna nel suo nulla creatore, da cui stato generato. Ogni essere superiore o no, sia Dio, sia luomo, indebolisce il sentimento della mia unicit e impallidisce davanti al sole di questa coscienza. Se pongo in me, lUnico, la mia causa, essa poggia sul creatore caduco e mortale, che consuma se stesso; e posso dire: io ho fondato la mia causa nel nulla. Stirner e il suo Unico poggiano sul nulla. Egli non pu sperare nulla da esso. La sola cosa da fare amarsi egoisticamente, allontanando da s ogni legame con le altre cose, siano esse Dio o lo Stato o gli ideali. Di fronte a questa prospettiva, nessun Dio e nessun assoluto possono reggere al confronto ed avere un senso, ed il problema di Dio non viene neppure posto. Lateismo perci per Stirner il punto di partenza e non il punto di arrivo della sua speculazione. Egli un uomo che ha portato allestremo la sua critica alla religione, tanto da non potersi pi chiamare neppure ateo, visto che per lui gli atei stessi sono ancora gente pia. Mikhail Bakunin (1814-1876) stato uno dei padri dellanarchismo. La sua opera pi famosa nellambito della critica religiosa Dio e lo Stato (1871). Lumanit, secondo Bakunin, non che lo sviluppo pi alto dellanimalit. I nostri antenati furono dotati in maggior grado degli altri animali di ogni specie di due preziose facolt: il pensiero ed il bisogno di ribellarsi. Come si vede, la rivolta naturale alluomo, per lanarchico Bakunin. questa rivolta che vincer gli di poich essi sono contro luomo e luomo non pu che esser loro contro. La fede non pu che essere una credenza 16

cieca, stupida, assurda. I credenti, dice ancora Bakunin, non possono fare a meno di ripetere con Tertulliano le parole che riassumono la quintessenza stessa della teologia: credo quia absurdum. Ma si chiede Bakunin come nato il bisogno di credere in Dio? Ed egli risponde dicendo che lignoranza in cui stato mantenuto il popolo da parte dei governi la causa principale della accettazione delle credenze religiose. Infatti lesistenza piatta e monotona che conduce il popolino non ha altro sfogo che la taverna o la chiesa. tutte le religioni con i loro di, i loro semidei e i loro profeti, i loro messia e i loro santi, furono create dalla fantasia credula degli uomini non ancora giunti al pieno sviluppo e al pieno possesso delle loro facolt intellettuali. Il cielo religioso non altra cosa che uno specchio ove luomo esaltato dalla ignoranza e dalla fede trova la sua propria immagine, ma ingrandita e rovesciata cio divinizzata. Secondo Bakunin vi ununica alternativa: o Dio o luomo, ed egli sceglie ovviamente il secondo. Infatti, secondo lui, Dio essendo tutto, il mondo reale e luomo nulla. Dio essendo la verit, la giustizia, il bene, il bello, la potenza e la vita, luomo la menzogna, liniquit, il male, la bruttezza, limpotenza e la morte. Dio essendo il padrone, luomo lo schiavo. lidea di Dio implica labdicazione della ragione e della giustizia umana; essa la negazione pi decisiva della libert umana e ha per scopo la servit degli uomini, tanto in teoria che in pratica. se Dio , luomo schiavo; ora, luomo pu, deve essere libero: dunque Dio non esiste. Di fronte alla presunta antitesi fra la libert umana e lonnipotenza divina, Bakunin sceglie la libert di tutti gli uomini anzi, essa un modo di dimostrare che Dio non esiste e che se Dio esistesse, bisognerebbe abolirlo. Luomo, dopo aver eliminato Dio, non ha pi padroni ultraterreni ma rimane ancora lo Stato, ugualmente, deve essere abbattuto. Il risultato di tutto ci sar la libert umana in modo tale che ogni uomo obbedisca alle leggi naturali perch le ha riconosciute egli stesso per tali e non perch gli siano state esteriormente imposte da una volont estranea, divina e umana, collettiva o individuale qualsiasi. Questo non vuol dire, secondo Bakunin, il rifiutare ogni autorit. Piuttosto vuol dire non riconoscere alcuna autorit infallibile, assoluta, ma accettare liberamente le loro indicazioni, le loro proposte. Accetto lautorit dice Bakunin - che non viene imposta da nessuno, n dagli uomini n da Dio, altrimenti la respingo con orrore. In conclusione, il compito del libertario (cos si definisce Bakunin) quello di abolire ogni idolo e per farlo non ci si deve arrestare di fronte a nulla, fosse anche lonnipotenza divina. Quando luomo libero non teme ostacoli alla sua libert: essa fronteggia tutto e tutti. Lateismo di Bakunin un presupposto indispensabile del suo anarchismo. O meglio, si pu dire che lanarchismo inevitabilmente ateo, mentre lateismo non detto sia anarchismo. Tale precisazione importante poich bene ricordare che lateismo pu contenere in s elementi anarchici, antiteistici, materialistici ecc. ma linverso non valido.

BIBLIOGRAFIA MINIMA Schopenhauer, Il mondo come volont e rappresentazione, ed. Mursia, Mondatori ecc. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, Adelphi Nietzsche, Opere complete, Adelphi o Newton Compton Stirner, Lunico e la sua propriet, Mursia o in AA.VV., Gli anarchici, Utet 1971. Bakunin, Dio e lo Stato, Roma 1971

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STORIA DELLATEISMO a cura di Ernesto Riva

4. Gli atei dellOttocento (2^ parte) : Feuerbach Marx Engels Lenin Le Dantec Ludwig Feuerbach (1804-1872) rappresenta il superamento dellhegelismo e di quanto di teologico era ancora esplicito o implicito in esso. Da notare inoltre in Feuerbach il tentativo di superamento dellateismo, cercando di arrivare a posizioni che superano le definizioni di ateo o credente poich per lui quel che conta non disputare allinfinito se Dio esista o non esista, ma capire il senso di una tale ammissione o negazione. Infatti in Su spiritualismo e materialismo scrive: Non compito dei miei scritti sullimmortalit, sullessenza della religione ecc. negare lesistenza della divinit e dellimmortalit chi pu negare che esistano almeno in libri e immagini, nella fede e nella rappresentazione? bens solo riconoscere il senso e il motivo vero, il testo originale non falsificato della divinit e dellimmortalit, o, che tuttuno, della fede in esse un riconoscimento attraverso cui la questione della loro esistenza o non esistenza si risolve da s. Lessenza del cristianesimo(1841) il capolavoro di Feuerbach ma in esso lessenza della religione vista solo dal punto di vista delluomo e di una religione particolare, il cristianesimo, mentre ne Lessenza della religione si tenta di ricondurre il segreto della teologia non solo alla antropologia (come nellopera del 1841) ma anche ad un punto di vista pi ampio, naturalistico o, come egli lo chiama, fisiologico. Iniziamo quindi da Lessenza del cristianesimo. Feuerbach indica la distinzione tra luomo e gli animali proprio nella religione. Infatti la coscienza che luomo ha di s (e che manca alle bestie) coscienza della specie e non solo di s come individuo. La religione la coscienza dellinfinito; essa dunque la coscienza che luomo ha dellinfinit del suo essere. Luomo come individuo pu riconoscersi limitato ma solo perch ha di fronte a s come oggetto la perfezione, linfinit della specie. Nel rapporto con le cose esteriori la coscienza che luomo ha delloggetto si distingue dalla coscienza che luomo ha di s stesso; ma nel caso delloggetto religioso, coscienza e autocoscienza si identificano. La coscienza che luomo ha di Dio la conoscenza che luomo ha di s. Il non essere consapevole di ci lessenza della religione. Perci Feuerbach dice che la religione la prima, ma indiretta autocoscienza delluomo. Il compito di Feuerbach , come egli dice, di mostrare che la distinzione fra il divino e lumano illusoria, cio che nullaltro se non la distinzione fra lessenza dellumanit e luomo individuo e che per conseguenza anche loggetto e il contenuto della religione cristiana sono umani e nientaltro che umani. Lessere divino non che lessere delluomo liberato dai limiti dellindividuo e oggettivato, cio contemplato come un altro essere da lui distinto. Luomo questo il mistero della religione proietta il proprio essere fuori di s e poi si fa oggetto di questo essere metamorfosato in soggetto, in persona. Dapprima luomo inconsapevolmente e involontariamente crea Dio secondo la propria immagine, e solo allora Dio a sua volta consapevolmente e volontariamente torna a creare luomo secondo la propria immagine. Ma perch luomo crea Dio? Perch la religione, dice Feuerbach, mira al bene, alla salvezza, alla beatitudine dellindividuo: Dio la beatitudine delluomo. Per questa beatitudine non un bene terreno. La felicit terrena allontana luomo da Dio ed solo linfelicit, la sofferenza che riconduce luomo a Dio, o meglio, a ci di cui abbisogna, dove Dio sentito come necessit. Nella sofferenza luomo si concentra su se stesso poich il suo unico interesse la propria salvezza e la risposta data da Dio, questo essere immaginario rispetto al mondo e alla natura in genere, ma reale per luomo. Ne Lessenza della religione(1846), Feuerbach fa un passo avanti nella critica alla religione. Egli si rese conto che doveva andare oltre lantropologia: Dio era nellopera del 1841 un d desiderio umano, ma questo vero solo per una religione spiritualista, per una religione che giunta ad un alto grado di civilt; nella realt, luomo si imbatte dapprima in una natura non addomesticata, non spirituale, ed Dio per lui ci che lo fa vivere, ci di cui non pu fare senza: ecco perch egli 18

parler adesso della natura come il vero segreto per comprendere la religione. Lopera si apre infatti con la dichiarazione che il sentimento di dipendenza delluomo il fondamento della religione: loggetto di questo sentimento di dipendenza appunto la natura. Perci dire che la religione innata nelluomo falso se per religione si intendono le rappresentazioni del teismo, ma vero se per religione si intende il sentimento delluomo di non poter esistere senza un ente che sia altro da lui, cio di non dovere a se stesso la propria esistenza. Quindi ci da cui dipende la vita e lesistenza delluomo da lui considerato Dio. La credenza che Dio abbia unesistenza indipendente da quella delluomo ha la sua radice nel fatto che in origine considerato come Dio lente che esiste fuori delluomo, cio il mondo, la natura. Infatti il concetto di Dio che egli lesistenza che precede quella delluomo, che ne il presupposto. Ma questa non che la natura, la cui esistenza non si appoggia allesistenza delluomo, e tanto meno alle ragioni dellintelletto e del cuore umano. Tutte le propriet di Dio non sono altro che propriet astratte della natura. Latteggiamento che luomo ha originariamente verso la natura di considerarla come lui stesso . Luomo involontariamente fa dellente naturale un ente dellanimo, un ente soggettivo, umano. In un secondo momento, luomo ne fa consapevolmente un oggetto di preghiera e di religione. Nella religione luomo ha come oggetto solamente se stesso, il suo Dio non che la sua propria essenza. Il presupposto della religione il contrasto tra volere e potere, desiderare e ottenere. Nel volere, nel desiderare, nel rappresentare luomo illimitato, onnipotente, Dio; ma nel potere, nellottenere, nella realt luomo condizionato, dipendente, limitato. Il fine della religione togliere tale contrasto; e lente in cui le contraddizioni sono tolte Dio. Dio un ente il cui concetto e rappresentazione non dipende dalla natura, ma dalluomo, e dalluomo religioso. Cos Dio c solo nella religione e nella fede. Dio, essendo un oggetto solo della religione, non esprime che lessenza della religione. Ma che cos che fa diventare un oggetto un oggetto religioso? Secondo Feuerbach, solo limmaginazione, la fantasia, il cuore umano. Loggetto della religione oggetto di fede solo perch, essendo oggetto di religione non ha esistenza reale, ma in contraddizione con la realt. Si trova Dio solo nella fede perch Dio non altro che lessenza della fantasia e del cuore umano. Karl Marx (1818-1883) uno dei padri dellateismo post-hegeliano. Lateismo per lui un punto di partenza, per cui si potrebbe dire che il comunismo marxiano naturalmente ateismo e non potrebbe essere diverso. Fin dalla prefazione alla sua tesi di laurea, il giovane Marx dichiar il suo intento: La professione di fede di Prometeo la sua professione di fede, la sua sentenza contro tutti gli di celesti e terreni, che non riconoscono lautocoscienza umana come la divinit pi alta. Nessuno pu starle alla pari. La critica religiosa marxiana, come vedremo subito, il presupposto della critica sociale e politica. Infatti per Marx la filosofia al servizio della storia: il suo compito quello di essere critica, non solo teorica ma soprattutto pratica (ricordiamo la 11^ tesi su Feuerbach) e pratica rivoluzionaria. Vediamo quindi uno dei testi classici dellateismo marxiano, la Introduzione alla Critica della filosofia del diritto hegeliana del 1843. Conviene riportare quasi integralmente il famosissimo brano: Per la Germania la critica della religione in sostanza terminata, e la critica della religione il presupposto di ogni critica. Lesistenza profana dellerrore compromessa, da quando stata confutata per la sua sacra oratio pro aris et focis. Luomo, che nella fantastica realt del cielo, dove cercava un superuomo, ha trovato soltanto il riflesso di se stesso, non sar pi propenso a trovare solo lapparenza di s, solo il non uomo, l dove cerca e deve cercare la sua vera realt. Il fondamento della critica irreligiosa questo: luomo fa la religione, la religione non fa luomo. E precisamente la religione la coscienza di s e il sentimento di s delluomo che o non ha ancora acquistato o ha subito perduto se stesso. Ma luomo non un essere astratto, rintanato fuori del mondo. Luomo il mondo delluomo, lo Stato, la societ. Questo Stato, questa societ, producono la religione, una coscienza del mondo rovesciata, perch essi sono un mondo rovesciato. La religione la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point-dhonneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo completamento solenne, la sua ragione generale di giustificazione e di conforto. la 19

realizzazione fantastica dellessenza umana, perch lessenza umana non ha vera realt. La lotta contro la religione cos mediatamente la lotta contro quel mondo di cui la religione la quintessenza spirituale. La miseria religiosa da una parte lespressione della miseria reale e dallaltra la protesta contro la miseria reale. La religione il sospiro della creatura oppressa, il cuore di un mondo spietato, come lo spirito di una condizione priva di spirito. Essa loppio del popolo. La vera felicit del popolo esige la eliminazione della religione in quanto illusoria felicit. Lesigenza di abbandonare le illusioni sulla propria condizione lesigenza di rinunciare ad una condizione che ha bisogno dellillusione. La critica della religione cos in germe la critica della valle di lacrime, di cui la religione il nimbo.[...] La critica della religione disinganna luomo, affinch pensi, agisca, plasmi la sua realt come un uomo disincantato, arrivato al possesso del giudizio, affinch si muova intorno a se stesso e quindi intorno al suo vero sole. La religione soltanto il sole illusorio, che si muove attorno alluomo finch egli non si muove intorno a se stesso. Dunque il compito della storia, dopo che scomparso lal di l della verit, di stabilire la verit del di qua. Il compito della filosofia che al servizio della storia, dopo che stata smascherata la figura sacra dellautoalienazione umana, in primo luogo di mascherare lautoalienazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si converte nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. [...] La critica della filosofia speculativa del diritto non si esaurisce in se stessa, ma in compiti, per la cui soluzione c solo un mezzo: la praxis [...] la teoria capace di impadronirsi delle masse, non appena dimostra ad hominem ed essa dimostra ad hominem non appena diviene radicale. Essere radicale afferrare le cose alla radice. Ma la radice, per luomo, luomo stesso. La prova evidente del radicalismo della teoria tedesca, e dunque della sua energia pratica, il suo partire dalla decisa soppressione positiva della religione. La critica della religione finisce con la dottrina che luomo lessere supremo per luomo, dunque con limperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali luomo un essere umiliato, asservito, abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono raffigurare meglio che con lesclamazione di un francese a proposito di una progettata imposta sui cani: poveri cani! Vi si vuole trattare come uomini!. Secondo Marx, come s visto, lunico modo per abolire la religione quello di abolire una condizione che ha bisogno dellillusione, cio strappare alla radice il bisogno illusorio, fantastico della religione. Quando luomo ha riacquistato coscienza di s come unico fondamento di se stesso, allora il bisogno religioso vinto. Visto che il mondo dellaldil non che un riflesso dellaldiqua, il problema riportare la condizione umana alla sua situazione reale e non fantastica, come fa la religione. La religione vista per ci come uno sbaglio di prospettiva che luomo necessariamente corregge quando raggiunge lautocoscienza; inoltre lateismo marxiano programmatico perch la critica contro la religione la base di tutte le altre critiche e senza aver prima superato questa, non sono possibili critiche ulteriori. Marx non contro la religione in s, contro la religione perch essa vuole una felicit fantastica per il popolo, mentre Marx vuole dare alluomo una felicit reale, terrena, concreta; proprio per questo bisogna eliminare il bisogno religioso e non si ha altra scelta. Lemancipazione delluomo dalla religione non pu solo avvenire teoricamente e singolarmente ma deve essere una emancipazione pubblica, politica. E tale emancipazione pu avvenire solo con la soppressione della borghesia e della propriet privata. Nei famosi Manoscritti ecomico-filosofici del 1844 Marx scrive: La religione, la famiglia, lo Stato, il diritto, la morale, la scienza, larte ecc. non sono che modi particolari della produzione e cadono sotto la sua legge universale. La soppressione positiva della propriet privata, in quanto appropriazione della vita umana, dunque la soppressione positiva di ogni estraniazione, e quindi il ritorno delluomo, dalla religione, dalla famiglia, dallo Stato ecc. alla sua esistenza umana, cio sociale. Lestraniazione religiosa come tale ha luogo soltanto nella sfera della coscienza dellinteriorit umana; invece lestraniazione economica lestrazione della vita reale, onde la sua soppressione abbraccia luno e laltro. E Marx continua dicendo: Ma siccome per luomo socialista tutta la cosiddetta storia del mondo non altro che la generazione delluomo mediante il lavoro umano, nullaltro che il divenire dalla natura per luomo, egli ha la prova evidente, irresistibile, della sua nascita mediante se stesso, del 20

processo della sua origine. Dal momento che lessenzialit delluomo e della natura diventata praticamente sensibile e visibile, luomo per luomo come esistenza della natura, e la natura per luomo come esistenza delluomo, diventato praticamente improponibile il problema di essere estraneo, di un essere superiore alla natura e alluomo, dato che questo problema implica lammissione dellinessenzialit della natura e delluomo. Lateismo, in quanto negazione di questa inessenzialit, non ha pi alcun senso; infatti lateismo , s, una negazione di Dio e pone attraverso questa negazione lesistenza delluomo, ma il socialismo in quanto tale non ha pi bisogno di questa mediazione. Esso comincia dalla coscienza teoreticamente e praticamente sensibile delluomo e della natura nella loro essenzialit. Esso lautocoscienza positiva delluomo, non pi mediata dalla soppressione della religione, allo stesso modo che la vita reale la realt positiva delluomo, non pi mediata dalla soppressione della propriet privata, dal comunismo. Marx ha raggiunto con queste parole il culmine del suo ateismo. Il problema di Dio non pu pi porsi non tanto perch il concetto di Dio contraddittorio o in contrasto con la libert umana, ma perch lo stesso ateismo viene ad essere superato dalla visione comunistica della realt. Luomo produce luomo e non ha quindi senso cercare al di fuori di lui un essere estraneo e trascendente poich non che uno pseudo-problema. Luomo sensibile, materiale, la sua storia non pu essere che sensibile e materiale come lo la nascita e la crescita. Che senso ha, appunto, parlare di religione e di ateismo in questa prospettiva? Nessuno, poich lo stesso ateismo considerato una sorta di critica incompleta, che fa ancora il gioco della religione. Lunica risposta comunismo. Nelle opere successive al 1844, Marx non svilupper la propria concezione dellateismo e della religione. Ci sta a dimostrare che per lui lateismo era un problema risolto, e quello che gli interessava era solo pi la praxis,la rivoluzione, non la teoria: la rivoluzione la forza motrice della storia, anche della storia della religione, della filosofia e di ogni altra teoria. Lateismo viene sviluppato da Engels (1820-1895) in senso storico-filologico, indagando sulla autenticit dei testi biblici. Anchegli daccordo con Marx nel ritenere la religione una sovrastruttura ed una alienazione ma, a differenza di Marx, Engels di dedica appunto a illustrare la formazione storica e quindi umana della religione e in particolare del cristianesimo. In Bruno Bauer e il cristianesimo primitivo, Engels dice che di una religione che ha sottomesso limpero mondiale romano e ha dominato per 1800 anni sulla parte di gran lunga pi estesa dellumanit civilizzata, non ci si pu sbarazzare definendola semplicemente unassurdit messa insieme, a forza di rappezzature, da imbroglioni. Se ne viene a capo continua Engels solo quando si sappia spiegare la sua origine e il suo sviluppo dalle condizioni storiche sotto le quali sorta ed arrivata al potere. E ci vale specialmente per il cristianesimo. Engels sembra dunque voler affrontare il problema delle origini cristiane in maniera storicamente oggettiva, purtroppo per il suo tentativo fallisce miseramente quando si leggono le idee engelsiane a riguardo, che non si rivelano n scientifiche n criticamente fondate. Engels ritiene, come ad es. Bauer, che, dellintero contenuto dei Vangeli, quasi nulla sia dimostrabile storicamente, cos come si pu considerare problematica la stessa esistenza reale di Ges. Il vero padre del cristianesimo sarebbe il filosofo ebreo Filone, visto che gli scritti tramandatici sotto tale nome contengono gi tutte le idee essenziali del cristianesimo stesso: linnata peccaminosit delluomo, il Logos, la penitenza ecc. Engels aggiunge per che il cristianesimo primitivo non pu essere nato esclusivamente dalle idee di Filone ma ha avuto bisogno daltro. La conquista romana disgreg le terre sottomesse ponendo al posto della antica struttura di classe la distinzione fra cittadini romani e cittadini dello Stato; facendo estorsioni in nome dello Stato romano; giudicando solo col diritto romano e con giudici romani. Tutto questo ebbe una enorme forza livellatrice, ed alla universale mancanza di diritti e alla disperazione nella possibilit di una condizione migliore, corrispondeva la generale prostrazione e demoralizzazione. Non fu una novit quindi che, nelle classi, cerano un gran numero di persone che, disperando della liberazione reale, cercavano, per compensazione, una liberazione spirituale. Ovviamente, la maggior parte di queste persone erano schiavi. In questo clima si fece avanti il cristianesimo. Esso si rivolgeva a tutti gli uomini, senza alcuna distinzione e, cos facendo, divenne 21

la prima possibile religione mondiale. Inoltre, con il riconoscimento del peccato come realt a cui partecipano tutti gli uomini, e con il sacrificio da parte del figlio di Dio che cancella una volta per tutte i peccati dellumanit, esso forniva un modo ovunque comprensibile della liberazione, generalmente desiderata dal mondo corrotto dellimpero romano. Ed per questo che, fra tutti i vari fondatori di religioni, solo il cristianesimo ha avuto un successo cos grande fino ad oggi. Ne Il libro della Rivelazione Engels ribadisce pi o meno gli stessi concetti. Il cristianesimo fu creato dalle masse. Esso nacque in un modo che ci completamente ignoto in Palestina, in un tempo in cui nascevano a centinaia nuove sette. Si tratta perci solamente di un fenomeno di intersecazione che si form spontaneamente per i reciproci attriti delle pi progressiste di queste sette, e che in seguito divent una dottrina per laggiunta delle idee di Filone e, pi tardi, per le forti infiltrazioni stoiche. Secondo Engels, il libro pi antico del Nuovo Testamento proprio il libro della Rivelazione cio lApocalisse, il quale contiene nel modo pi esatto le credenze del primitivo cristianesimo: in esso, secondo Engels, non si parla n di peccato originale, n della Trinit, Ges viene considerato subordinato a Dio; lunico punto dogmatico laffermazione che i fedeli sono stati salvati dal sacrificio di Cristo e di tutto questo possiamo essere certi perch lApocalisse lunico libro del Nuovo Testamento della cui autenticit non si pu dubitare! In Per la storia del cristianesimo primitivo Engels sostiene che i Vangeli e gli Atti degli Apostoli sono tarde rielaborazioni di scritti oggi perduti, il cui debole nucleo storico non pi oggi riconoscibile tra le incrostazioni leggendarie; che il cristianesimo non sia stato importato nel mondo greco-romano dallesterno ma che sia un prodotto giudaico; infatti nei primi tempi non si ha a che fare con i cristiani consapevoli, ma con persone che si dicono giudei, e quindi il cristianesimo del libro della Rivelazione infinitamente diverso dalla posteriore religione mondiale dogmaticamente fissata nel Concilio di Nicea. Non vi ancora nemmeno lidea della religione dellamore, dellamate i vostri nemici, ma viene predicata aperta vendetta contro tutti i persecutori dei cristiani. Insomma, Engels distrugge il cristianesimo in modo tale che non possiamo seriamente credervi. La sua non distruzione, ma ridicola critica delle presunte origini cristiane. Se Marx pecca di arbitrariet nel rifiutare la religione, non scende per ad affermazioni gratuite nella critica dei testi scritturali. Engels in posizione nettamente inferiore a Marx per quanto riguarda le argomentazioni con cui difende la propria miscredenza, e questo viene oggi riconosciuto dagli stessi marxisti, come ad es. Kublanov. Lenin (1870-1924) completa la triade dellateismo marxista. Il suo ateismo prettamente politico e non dice nulla di nuovo, tranne il fatto che le sue espressioni sono pi polemiche e accese di quelle di Marx e di Engels. Il suo merito, se si pu chiamar cos, laver portato allestremo la critica marxista della religione parlando di ateismo e materialismo militante, il che, per, era gi implicito negli scritti dei suoi precedessori. La religione , secondo Lenin, uno degli aspetti delloppressione spirituale che le masse popolari, schiacciate dallincessante lavoro a profitto degli altri, dalla miseria e dallisolamento, subiscono ovunque. La fede in una vita migliore, in un altro mondo, nasce inevitabilmente dallimpotenza delle classi sfruttate nella lotta contro gli sfruttatori. La religione una sorta di acquavite spirituale, in cui gli oppressi annegano la propria personalit. Per tutto questo non significa, dice Lenin, proclamare lateismo. Perch non ci proclamiamo atei?, chiede Lenin. E la sua risposta la seguente: il nostro programma fondato sulla concezione materialistica del mondo, e questo comprende anche la ricerca delle origini storiche ed economiche delloscurantismo religioso. Per ed questo il punto non si deve porre la questione della religione astrattamente, senza cio tenere conto della lotta di classe. Diffondere la concezione scientifica nel mondo cosa che faremo sempre, combattere lincoerenza di certi cristiani necessario, ma ci non significa che dobbiamo dare alle questioni religiose il primo posto, che ad esse non spetta, n che possiamo distrarre le forze dalla lotta economica e politica effettivamente rivoluzionaria per sacrificarle ad opinioni di terzordine. Lenin , in questo passo, fedele alla pi schietta tradizione marxiana del problema 22

religioso. Nel Sullatteggiamento del partito operaio di fronte alla religione, Lenin ripete la stessa idea: il marxismo, che materialismo, deve lottare contro la religione. Ma deve lottare in modo tale da poter spiegare materialisticamente lorigine della fede e della religione. Ed a questo deve aggiungere la pratica concreta del movimento di classe tendente a far scomparire le radici sociali della religione. Inoltre la propaganda atea deve essere subordinata al suo compito fondamentale e cio allo sviluppo della lotta di classe delle masse sfruttate contro gli sfruttatori. Il marxista dice Lenin deve essere materialista, ma un materialista dialettico, tale cio che considera la lotta contro la religione sul terreno della lotta di classe, quindi tenendo conto della situazione concreta. A questo riguardo, alla domanda se un prete possa o no fare parte del partito, Lenin risponde categoricamente che una risposta assolutamente affermativa falsa. Per cui il marxismo , almeno secondo Lenin, materialismo programmatico e non si pu parlare di intesa fra marxisti e cristiani, essendo gli uni lantitesi degli altri. Ancora pi chiaramente, nel saggio Sul significato del materialismo militante, Lenin afferma che il marxismo ateismo militante. Per essere tale, si deve condurre una propaganda ed una lotta instancabile per lateismo, seguendo attentamente tutte le pubblicazioni in materia, facendo tradurre o almeno recensire quelle che hanno un qualche valore. Lessenziale comunque saper interessare le masse ancora assolutamente incolte ad un atteggiamento cosciente verso le questioni religiose e ad una critica illuminata delle religioni. Il marxismo ha, concludendo, cercato di risolvere una volta per tutte il problema religioso negando alla base il bisogno religioso, separando nettamente Chiesa e Stato (dichiarando quindi che la religione un affare privato) e impegnando il proletariato nella lotta contro le concezioni ideologico-religiose della borghesia. Questo deve essere fatto in modo positivo, non solo di critica negativa ma, come Lenin ha detto pi sopra, con la prassi concreta della lotta di classe. Lenin vuole combattere i pregiudizi religiosi in modo molto cauto perch bisogna abbattere la povert e lignoranza senza cadere nel fanatismo religioso o antireligioso che avrebbe effetti deleteri e controproducenti per lo sviluppo del materialismo dialettico. Ateo dichiarato e senza possibilit di equivoci Felix Le Dantec (1869-1917). Egli inizia lopera Lateismo affermando: io sono ateo, come sono bretone, come si bruni o biondi, senza averlo voluto. La dichiarazione diventa subito chiara se si pensa che egli negava la libert, come si conveniva nellOttocento ad un convinto scienziato monista e positivista. Egli rigetta Dio perch la sua esistenza non spiega nulla ed quindi una ipotesi inutile, e del resto Le Dantec sostiene di non aver mai avuto una simile idea, considerata come comune a tutti gli uomini. Loperetta non per nulla originale: monismo, materialismo, determinismo sono i suoi comuni denominatori, niente affatto insoliti in unepoca come lOttocento. Quel che forse diverso dagli altri atei la dichiarazione che egli fa della impossibilit di una societ formata da tutti atei perch una tale societ spiega Le Dantec finirebbe con unepidemia di suicidio anestetico in quanto lateo non pu avere sentimenti sociali e morali, essendo un essere completamente determinato e irresponsabile. BIBLIOGRAFIA MINIMA Feuerbach, Spiritualismo e materialismo, Laterza Feuerbach, Lessenza del cristianesimo, Feltrinelli Feuerbach, Lessenza della religione, Laterza o Newton Compton Feuerbach, Opere, Laterza Marx-Engels, Scritti sulla religione, Roma 1973 Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi Lenin, Sulla religione, Milano s.d. Le Dantec, Lateismo, tr.it. Milano 1925. Copyright by Ernesto Riva www.filosofiaedintorni.net 23

STORIA DELLATEISMO a cura di Ernesto Riva

5. Gli atei nel Novecento: Freud Sartre Merleau-Ponty Camus Lvi-Strauss Foucault Onfray Sigmund Freud (1856-1939) non stato un filosofo di professione ma, nel campo che qui interessa, di somma importanza per aver affrontato da una angolazione diversa il problema della religione. Gli scritti che Freud dedic pi specificamente allanalisi della religione sono Totem e tab e Lavvenire di unillusione. Nel primo di questi descrive nei seguenti termini la probabile origine della religione: nei tempi antichi vi fu un solo padre prepotente, geloso, che teneva per s tutte le femmine e che scacciava i maschi man mano che crescevano. Un giorno i fratelli scacciati si riunirono, uccisero il padre e lo divorarono. Il padre violento era stato senza dubbio dice Freud il modello nello stesso tempo invidiato e temuto da ogni membro della schiera dei maschi scacciati. A questo punto, essi realizzarono, divorando il padre, lidentificazione con lui, e si appropriarono di una parte della sua forza. Il pasto totemico, in altre parole, non sarebbe altro che la ripetizione e la commemorazione di questa primitiva azione criminale, la quale segn linizio delle organizzazioni morali e sociali e della religione. Il totemismo pu essere considerato, secondo Freud, come un primo tentativo di religione. Questo deriva dal tab che proteggeva la vita del totem. Infatti la religione totemica nacque probabilmente dal senso di colpa dei figli, come un tentativo di attenuare questa sensazione e di riconciliarsi quindi il padre offeso con la cosiddetta obbedienza retrospettiva. Nello stesso tempo, la religione del totem serve a ricordare il trionfo sul padre, la soddisfazione cos raggiunta la causa della festa in memoriam espressa dal pasto totemico. Garantendosi reciprocamente la vita, i fratelli affermano che nessuno di loro pu venir trattato da un altro fratello come fu trattato il padre. Al divieto di uccidere il totem si unisce il divieto del fratricidio: non ammazzare. La societ poggiava allora sulla correit nel delitto perpetrato insieme, la religione sulla coscienza del rimorso e della colpa, la moralit sulle necessit proprie di questa societ e sulle pene imposte dal senso di colpa. Come interviene la divinit?, si chiede ora Freud. Nel frattempo, egli dice, affiorata, non si sa come, non si sa dove, lidea di Dio. La psicoanalisi ci insegna, afferma Freud, che il Dio si configura per ciascuno secondo limmagine del padre, che quindi il rapporto personale con il Dio dipende dal proprio rapporto con il padre carnale e che, in ultima analisi, il Dio non altro che un padre a livello superiore. Sarebbe unipotesi ovvia dice Freud che lo stesso Dio fosse lanima totemica e che si fosse sviluppato dallanimale in una fase successiva del sentimento religioso. Cos il totem pu essere la prima forma di sostituto paterno, e il Dio invece una forma successiva, in cui il padre ha riacquistato la sua figura umana. Lelevazione del padre al Dio era un tentativo di espiazione molto pi serio di quanto fosse stato, in origine, il patto col totem. Nel mito cristiano spiega Freud il peccato originale indubbiamente unoffesa a Dio padre. Ora, se il Cristo ha liberato gli uomini dal peccato sacrificando la sua stessa vita, questo ci costringe a concludere che questa colpa fu un assassinio. Infatti, il sacrificio della propria vita conduce alla riconciliazione con Dio padre, il crimine da espiare non pu essere che luccisione del padre. In tal modo lumanit confessa, nella dottrina cristiana, lazione colpevole commessa nella notte dei tempi. Naturalmente questa teoria possibile solo con lipotesi di una psiche collettiva in cui i processi mentali si compiono come nella vita mentale dellindividuo. In particolare, dice Freud, facciamo sopravvivere per millenni il senso di colpa provocato da unazione, e lo facciamo rimanere operante su generazioni e generazioni che di questa azione non potevano saper nulla. In Lavvenire di unillusione Freud estende la concezione psicoanalitica, limitata nellopera precedente alle forme primitive, alle religioni pi evolute considerandole da un punto di vista generale. Lopera rappresenta, nello stesso tempo, il credo di Freud, un credo laico, fiducioso nelle possibilit della ragione umana. La vita dura da sopportare con le privazioni derivanti dalla civilt e dalla natura. Luomo, per proteggersi dalle forze naturali, le umanizza e d loro il carattere di 24

padre, ne fa degli di. Gli di hanno una triplice funzione: esorcizzare i terrori della natura, riconciliare con la crudelt del fato, specialmente quale si manifesta nella morte, risarcire le sofferenze e le sofferenze imposte alluomo dalla vita civile in comune. Viene in tal modo costituito un tesoro di rappresentazioni che proteggono luomo contro i pericoli naturali e contro le offese della vita civile. Si tratta in breve, di questo: la vita in questo mondo mira probabilmente ad un perfezionamento dellessere umano. Oggetto di questa elevazione deve essere la parte spirituale delluomo, lanima che, lenta e riluttante, nel corso dei tempi, si separata dal corpo. Tutto ci che accade a questo mondo sotto gli occhi di una benevola Provvidenza; la morte stessa non un annientamento, ma linizio di un nuovo modo di esistenza, alla fine tutto il bene trova la sua ricompensa se non gi in questa vita, nelle ulteriori esistenze che cominciano dopo la morte. la saggezza superiore, che governa questo corso di eventi, linfinita bont che in esso si esprime, la giustizia, che in esso si attua, costituiscono gli attributi degli esseri divini che hanno creato sia noi che luniverso nel suo insieme; o piuttosto dellunico essere divino in cui, nella nostra civilt, si sono condensati tutti gli di del passato. Ma qual il significato psicologico delle rappresentazioni religiose? Secondo Freud, esse sono illusioni, appagamenti dei desideri pi antichi, pi forti, pi pressanti dellumanit. Mediante il benigno governo della Provvidenza, langoscia di fronte ai pericoli della vita viene calmata, listituzione di un ordine morale universale assicura lappagamento dellesigenza di giustizia, il prolungarsi dellesistenza terrena mediante una vita futura istituisce la struttura spazio-temporale dove questi appagamenti di desideri trovano il proprio compimento. Inoltre vengono sviluppate risposte agli enigmatici interrogativi che scaturiscono dallumana brama di sapere, che contribuiscono a dare un enorme sollievo a tutte le nostre esigenze insoddisfatte. Dicendo che la religione unillusione, specifica Freud, non intendo dire che essa sia necessariamente falsa. Piuttosto significa che tutte le credenze religiose sono indimostrabili e nessuno pu essere costretto a credere; del resto, come sono indimostrabili, sono anche inconfutabili, e sappiamo ancora troppo poco a loro riguardo. Freud non aderisce alla religione non perch una illusione, ma perch essa non ha espletato il suo compito. La religione, egli dice, ha reso alla civilt umana grandi servizi, ma non riuscita a rendere felici la maggioranza degli uomini: tuttora vi un numero spaventosamente grande di uomini che insoddisfatto della civilt e che la sente come un giogo che occorre scrollarsi di dosso. quindi dubbio che al tempo dellillimitato dominio delle dottrine religiose gli uomini furono nel complesso pi felici di oggi; certo, dice Freud, non furono pi morali. Le religioni hanno ormai fatto il loro tempo. Se la religione pu definirsi come la nevrosi ossessiva universale dellumanit, da prevedere che labbandono della religione deve avere luogo con linesorabilit fatale di un processo di crescita, e che ora troviamo proprio in pieno in questa fase di sviluppo. Luomo pu quindi fare a meno della religione. Distogliendo in tal modo dallaldil le sue speranze e concentrando sulla vita terrena tutte le forze cos rese disponibili, luomo probabilmente riuscir a rendere sopportabile la vita per tutti e la civilt non sar pi oppressiva per nessuno. Jean-Paul Sartre (1905-1980) stato forse lateo pi noto della Francia contemporanea. Il suo ateismo sempre stato totale, senza che mai si possa aver assistito ad un declino o ad una revisione delle sue idee ateistiche. Del resto il suo no allesistenza di Dio risale molto indietro nel tempo, come egli stesso ci dice ne Le parole: Una mattina, nel 1917, a La Rochelle, aspettavo dei compagni che dovevano accompagnarmi al liceo; erano in ritardo e presto non seppi pi cosa inventarmi per distrarmi: decisi di pensare allOnnipotente. Immediatamente ruzzol nel cielo e spar senza dare spiegazioni: non esiste, mi dissi con uno stupore di cortesia, e credetti risolto il problema. In un certo modo era risolto, dato che mai, in seguito, ho avuto la minima tentazione di riaprirlo. Per Sartre, che Dio non vi sia una evidenza. Dio , inoltre, superfluo ed il suo concetto implica contraddizione. Il problema di Dio per un problema molto importante, un problema totale, che ciascuno risolve con la sua intera esistenza e la cui singola soluzione rispecchia latteggiamento adottato da ciascuno nei confronti degli altri uomini e di se stesso. Anche se non abbiamo bisogno 25

di Dio, nonostante il fatto che Dio sia morto anche nel cuore dei credenti, Sartre riconosce che tuttavia luomo non diventato ateo. Il problema, oggi come ieri, resta immutato; il silenzio del trascendente, congiunto al perdurare, nelluomo moderno, dellesigenza religiosa. Lateismo di Sartre quindi un ateismo ben conscio del suo ruolo nellet contemporanea. un ateismo che, al di l di alcune affermazioni in apparenza blasfeme, si pu definire provvisorio, come egli stesso lo defin una volta. Egli consapevole che lateismo unimpresa crudele e di lungo respiro, ed quindi impegnativo dichiararsi atei: lo vedremo tra breve in Lesistenzialismo un umanismo. Analizziamo adesso le ragioni per cui Sartre si proclama ateo. Fin dal suo primo romanzo, La nausea, chiaro che la contingenza fondamentale della vita umana e della realt, un ostacolo insormontabile per laffermazione di un Dio. Come si fa ad affermare Dio, il non-contingente, se tutto contingente? La contingenza dice Sartre non una falsa sembianza, una apparenza che si pu dissipare; lassoluto, e per conseguenza la perfetta gratuit. Tutto gratuito. Dio stesso, dir Sartre ne Lessere e il nulla, contingente. Ma com definito Dio da Sartre? Egli lin-sper-s, cio lideale di una coscienza che sarebbe fondamento del suo proprio essere-in-s mediante la pura coscienza che prenderebbe di se stessa. Luomo , per Sartre, lessere che progetta di essere Dio. Per, se il senso del desiderio in ultima analisi il progetto di essere Dio, il desiderio non mai costituito da questo senso, ma invece rappresenta sempre una invenzione particolare dei suoi fini. In altre parole, la realt umana puro sforzo di diventare Dio, ma la sintesi proposta tra ins e per-s impossibile. Il concetto di Dio come causa sui comporta in s quello di presenza a s, cio della decompressione dessere annullante. Per essere progetto di fondarsi, dice Sartre, bisognerebbe che lin-s fosse originariamente presenza a s, cio fosse gi coscienza. Cos questo essere causa sui impossibile e il suo concetto implica contraddizione. come se il mondo, luomo e luomo-nel-mondo, dice Sartre, non giungessero a realizzare che un Dio mancato. come se lins e il per-s si presentassero in uno stato di disintegrazione in rapporto ad una sintesi ideale. Non che lintegrazione abbia mai avuto luogo, ma invece precisamente perch ecco il punto essa sempre indicata e sempre impossibile. la continua sconfitta che spiega, secondo Sartre, sia lindissolubilit del rapporto fra lin-s e il per-s e sia la loro indipendenza. Luomo, conclude Sartre, una passione inutile. In Lesistenzialismo un umanismo viene trattato ancor pi chiaramente il problema di Dio. Il concetto di Dio paragonabile per Sartre a quello di un artigiano supremo: cio Dio, quando crea, sa con precisione quello che crea. Nel secolo XVIII, egli dice, la nozione di Dio viene eliminata, ma non lidea che lesistenza venga dopo lessenza. Ma, continua Sartre, lesistenzialismo ateo, che io rappresento pi coerente: se Dio non esiste, esso afferma, c almeno un essere in cui lesistenza precede lessenza, un essere che esiste prima di poter essere definito da un concetto cio luomo. Cos non c una natura umana poich non c un Dio che la concepisca. Insomma, Dio non mi ha creato quindi Dio non esiste. Per che Dio non esista non certamente una cosa comoda. Infatti, se Dio non c, dice Sartre, non ci possono essere valori in un cielo intelligibile, cio gi dati; non pu esserci un bene a priori poich non c coscienza infinita a pensarlo; non sta scritto da nessuna parte che il bene esiste, dato che siamo su un piano dove ci sono solamente uomini. Tutto quindi lecito se Dio non esiste, e di conseguenza luomo abbandonato a se stesso perch non trova n in s n fuori di s possibilit di ancorarsi. Cos non abbiamo giustificazioni o scuse e la responsabilit della vita del mondo ricade su di noi. A chi ci rimprovera afferma Sartre la gratuit dei valori, rispondo di essere molto spiacente che sia proprio cos, ma siccome ho soppresso Dio Padre pur necessario qualcuno per inventare i valori. Daltra parte, dire che noi inventiamo i valori vuol dire che la vita non ha un senso gi dato. Prima che voi viviate la vita non nulla, ma sta a voi darle un senso, e il valore non altro che il senso che scegliete. Cos possibile creare una comunit umana. Lesistenzialismo, dice ancora Sartre, non altro che lo sforzo per dedurre tutte le conseguenze da una posizione atea coerente. Lesistenzialismo non ateismo nel senso che si limiti a dimostrare che Dio non esiste, ma preferisce affermare: anche se Dio esistesse, non cambierebbe nulla. Il problema non quello della sua esistenza. Bisogna che luomo ritrovi se stesso, fosse anche una prova valida dellesistenza di Dio.

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Come per Sartre, anche per Maurice Merleau-Ponty (1908-1961) lesistenza di Dio superflua. Che ci sia o no un pensiero assoluto dice Merleau-Ponty in Senso e non senso e, in ogni problema pratico, una valutazione assoluta, per giudicare dispongo solo di opinioni mie che, per quanto severamente le discuta, restano capaci di errori tanto che infine la mia fede nellassoluto, in quel che ha di solido, si riduce alla mia esperienza dun accordo con me stesso e con altri. Quando non inutile, il ricorso ad un fondamento assoluto distrugge proprio quel che deve fondare. se invece ho capito che verit e valore possono essere per me soltanto il risultato delle nostre verificazioni e delle nostre valutazioni a contatto con il mondo, dinanzi agli altri e in situazione di conoscenza e dazione date, che anche queste nozioni perdono ogni senso fuori dalle prospettive umane, allora il mondo riacquista rilievo, gli atti particolari di verificazione e di valutazione nei quali riafferro unesperienza dispersa riassumono importanza decisiva, c qualcosa di irrecusabile nella conoscenza e nellazione appunto perch non pretendo di trovarvi levidenza assoluta. La coscienza metafisica e morale muore a contatto con lassoluto perch proprio lei, al di l del mondo piatto della coscienza abituata e addormentata, la viva connessione di me con me e di me con altri. Il cristianesimo, dice Merleau-Ponty, rifiuta il Dio dei filosofi ed ammette un Dio che assume forma umana: in ci consiste la sua novit rispetto alle altre religioni. La religione cristiana da questo punto di vista, fa parte della cultura, non n un dogma n una credenza, ma un grido, dato che insegna che la colpa delluomo una felix culpa, che il mondo senza colpa sarebbe meno buono e che la creazione un bene: in conclusione essa costituisce la negazione pi risoluta di un infinito concepito. Per vi sono nel cristianesimo anche ambiguit e contraddizioni. Secondo MerleauPonty il paradosso del cristianesimo e del cattolicesimo consiste nel fatto che essi non si attengono mai al Dio esterno e al Dio interno, ma sono sempre tra luno e laltro. Si tratta di perdere la propria vita, ma perdendola la si salva. La fede fiducia, ma il cristiano sa a che cosa si affida: scio cui credidi. Il cattolicesimo, per Merleau-Ponty, arresta lo sviluppo della religione: la Trinit non un movimento dialettico, le tre Persone sono coeterne. Analogamente, la Chiesa non si fonda nella societ degli uomini, ma si incarna in essi in maniera privilegiata. Lambiguit politica del cristianesimo, dice Merlau-Ponty, evidente. Il cattolico, in quanto cattolico, non ha senso dellavvenire: deve aspettare che questo avvenire sia passato per aderirvi. Per fortuna il cattolico, come cittadino, resta sempre libero di cooperare ad una rivoluzione. Ma egli non ci metter la parte migliore di s e, in quanto cattolico, gli indifferente. Nellopera Elogio della filosofia, MerleaPonty afferma la disparit di vedute tra la filosofia e la teologia. La filosofia, egli dice, rifiuta sia lumanesimo prometeico che le opposte affermazioni della teologia. Essa non dice che sia possibile un superamento finale delle contraddizioni umane e che luomo completo ci attende nellavvenire: come tutti la filosofia non sa nulla di ci. La filosofia afferma ed tuttaltra cosa che il mondo sempre comincia, che noi non possiamo giudicare del suo avvenire soltanto in base al suo passato, che lidea di un destino che domini le cose non unidea ma una vertigine, che i nostri rapporti con la natura non sono fissati una volta per tutte, che nessuno pu sapere ci che pu fare la libert; non affida la sua speranza a nessun destino, anche se favorevole, ma proprio a ci che in noi non destino, alla contingenza della nostra storia: la sua posizione proprio la negazione. Si pu dire che la filosofia umanistica? No, se si intende per uomo un principio di spiegazione da sostituire ad altri principi. Non si spiega nulla con luomo, poich esso non una forza, ma una debolezza nel cuore dellessere, non un fattore cosmologico ma il luogo in cui tutti i fattori cosmologici, in una mutazione che non finisce mai, mutano senso e diventano storia. Lesistenza delluomo, dice ancora Merleau-Ponty, si estende a troppe cose per essere precisi, a tutte per poter diventare essa stessa oggetto di autocompiacenza e ci che si ha ragione di considerare come un fanatismo umanistico. Ora, continua Merleau-Ponty, la stessa instabilit che non rende possibile una religione dellumanit, anche quella che toglie i suoi sostegni alla teologia. La teologia, infatti, non constata la contingenza dellessere umano se non per farla derivare da un essere necessario, e cio non la constata se non per disfarsene: si serve della meraviglia filosofica soltanto per motivare una affermazione che la sopprime. Lidea dellessere 27

necessario come quella della materia eterna, al filosofo sembra prosaica in confronto al sorgere dei fenomeni in ogni piano del mondo ed questa continua nascita che egli si preoccupa di descrivere. In questa situazione egli pu benissimo comprendere la religione come lespressione di un fenomeno fondamentale, ma non la stessa cosa il porre la religione e il comprenderla. Si passa dunque solo a lato della filosofia quando la si definisce come ateismo: una filosofia vista dal punto di vista teologico. La sua negazione non che linizio di una attenzione, di una seriet, di unesperienza, in base alle quali bisogna giudicarla. La filosofia, che non fissa mai il sacro in un determinato luogo, ma lo vede nella relazione delle cose e delle parole, sar sempre esposta a certi attacchi anche se da essi non potr mai essere toccata. La filosofia, conclude Merleau-Ponty, si domanda soltanto se il concetto di Dio come essere necessario non , inevitabilmente, quello dellimperatore del mondo e se, senza quel concetto, il Dio cristiano non cessi di essere lautore del mondo e se per caso non appunto la filosofia che conduce fino alle estreme conseguenze la lotta contro i falsi di che il cristianesimo ha inserito nella storia. Il brano citato ci deve fa riflettere. Esso non ha nulla in comune con lateismo antiteistico, dogmatico dei tempi passati. una posizione coerente, ponderata, che non critica negativamente la religione ma si pone, come egli scrive, su un altro piano e non pu essere toccata dalle critiche teologiche. Egli, piuttosto che scrivere non c Dio, ha scritto c luomo; invece di dire la religione falsa, scrive: essa un grido, un fenomeno fondamentale. Il brano citato dal filosofo francese pu essere additato come esempio del nuovo ateismo contemporaneo o, meglio, della nuova posizione riguardo la religione che, finora, soltanto allinizio. Prima di concludere, interessante citare un brano riguardante i rapporti fra filosofia e cristianesimo. Se la filosofia unattivit autosufficiente, che comincia e finisce con lapprensione del concetto, e la fede un assenso alle cose non viste e date a credere dai testi rivelati, la differenza che le separa troppo profonda perch ci possa essere conflitto. Ci sar invece conflitto quando ladeguazione razionale si presenter come esaustiva. Ma basta che la filosofia riconosca, al di l dei possibili di quali giudice, un ordine del mondo attuale i cui particolari dipendono dallesperienza, e che si assuma il dato della rivelazione come unesperienza soprannaturale, perch non ci sia rivalit tra fede e ragione. Il segreto del loro accordo nel pensiero infinito, che il medesimo quando concepisce il possibile e quando crea il mondo attuale. Parlare quindi di ateismo di Merleau-Ponty , per dirla con un termine a lui caro, ambiguo. C in lui, come in tutti i grandi pensatori, limpossibilit di vedersi ricondotto ad una particolare definizione, la quale non farebbe che limitarne la prospettiva e falsarne gli intenti. Albert Camus (1913-1960), nei suoi romanzi come nei saggi egli, che filosofo in senso proprio non , ha dato la sua risposta al problema di Dio in modo estremamente lucido e coerente. Il mito di Sisifo il saggio in cui Camus analizza pi a fondo il problema di Dio. Il protagonista del saggio luomo assurdo cio luomo che, pur essendo cosciente della assurdit della vita, e anzi proprio per questo, vuol continuare a vivere. Camus inizia dicendo che vi solamente un problema filosofico veramente serio: quello dei suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta rispondere al quesito fondamentale della filosofia. Morire volontariamente, sostiene Camus, presuppone che si sia riconosciuto la mancanza di ogni profonda ragione di vivere, lindole insensata della quotidiana agitazione e linutilit della sofferenza. Per non detto che negare un senso alla vita conduca forzatamente a dichiarare che non valga la pena di viverla; al contrario, essa sar tanto meglio vissuta in quanto non avr alcun senso: vivere dar vita allassurdo; dargli la vita innanzi tutto saper guardarlo. La morte e lassurdo sono i principi, dice Camus, della sola libert favorevole. La vita in un universo del genere vuole unetica della quantit e non pi della qualit, non essendoci scala di valori, una scelta delle preferenze. Vivere il pi possibile: ecco quel che luomo assurdo pu fare. E vivere il pi possibile significa sentire la propria vita, la propria rivolta e la propria libert il pi intensamente possibile. In che termine si pone allora il problema di Dio? Lassurdo, dice Camus, cio lo stato metafisico delluomo cosciente, non conduce a Dio: lassurdo il peccato senza Dio. Cos, Camus confessa candidamente: la percezione di un angelo o di un Dio non ha senso per me. Luomo assurdo, egli 28

dice, colui che, senza negarlo, nulla fa per leterno. Non so scrive Camus se il mondo abbia un senso che lo trascenda; ma so che io non conosco questo senso e che, per il momento, mi impossibile conoscerlo. Che valore ha per me un significato al di fuori della mia condizione? Io posso comprendere soltanto in termini umani. Ci che tocco e che mi resiste, ecco quanto comprendo. E queste due certezze, la mia brama di assoluto e di unit e lirriducibilit del mondo a un principio razionale e ragionevole, so anche che non posso conciliarle. Quale altra verit posso riconoscere senza mentire, senza far intervenire una speranza che non ho e che non significa nulla entro il limite della mia condizione?. Si tratta di ostinarsi, dice Camus. Ad un certo punto del cammino, luomo assurdo incalzato. La storia non priva n di religioni n di profeti, anche senza di. Gli si chiede di saltare. Tutto quello che pu rispondere che non comprende bene, perch ci non evidente. Egli, appunto, non vuol fare quello che non capisce. Lo si assicura che peccato dorgoglio (ma egli non afferra la nozione di peccato); che forse, alla fine, c linferno (ma egli non ha sufficiente immaginazione per raffigurarsi questo strano avvenire); che perder la vita immortale (ma questo gli sembra futile). Si vorrebbe fargli riconoscere la sua colpevolezza ma egli si sente innocente. A dire il vero, egli non sente che questo: la propria innocenza irreparabile. questa che gli permette tutto. Cosicch, ci che egli richiede da se stesso solamente vivere con ci che sa, adattarsi a ci che , e non far intervenire nulla che non sia certo. Gli viene risposto che niente lo ; ma questa, almeno, una certezza. con questa che ha a che fare: egli vuol sapere se possibile vivere senza ricorso. S conclude onestamente Camus luomo fine a se stesso; ed anche il suo solo fine. So bene, egli dice, che tutte le chiese sono contro di noi. Ma io non so che farmene delle idee e delleterno. Le verit che sono alla mia portata, possono essere toccate con mano. Non posso separarmi da loro. Cos, persuaso della origine esclusivamente umana di tutto ci che umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli sempre in cammino. Radicale immanenza e umanismo sono le caratteristiche dellateismo camusiano. Anzi, escludere Dio sarebbe per Camus una nuova affermazione e quindi non accetta di ateo. Luomo di Camus non ha molte certezze, ma un capello di donna ne Lo straniero superiore alla certezza dellimmortalit. Attaccato alle poche certezze terrene, luomo pu affrontare lassurdit della vita. Anni fa una nuova corrente di pensiero influenz parecchio la cultura occidentale: si tratta dello strutturalismo, nato come metodologia in ambito linguistico e letterario e poi esteso a molti altri campi del sapere, dalla psicoanalisi alla filosofia, allarte allesegesi biblica ecc. Riguardo il tema che qui ci interessa, cio lateismo, a rigore non si dovrebbe forse neppure parlare di un ateismo strutturalista perch tale corrente di pensiero non ha affrontato se non indirettamente il problema religioso. Tuttavia alcuni pensatori cristiani come ad es. Paul Blanquart hanno invitato a riflettere sulle conseguenze della metodologia strutturalista in ambito religioso: C critica pi radicale della fede si chiede appunto Blanquart di questo movimento di fondo che trascina il pensiero al di fuori dei luoghi in cui la questione di Dio si pone?. Insomma, come potrebbe parlare Dio di s alluomo, e questultimo rispondere nella libert, quando la realt della parola, del soggetto umano sono messe fuori del circuito mentale, e quando il mito non rinvia pi ad altro che a se stesso? Vediamo quindi pi da vicini alcuni teorici dello strutturalismo riguardo il problema religioso. Claude Lvi-Strauss non stato un filosofo di professione ma non bisogna sottovalutare il profondo significato filosofico del suo pensiero che ha aperto nuovi orizzonti alla ricerca umana. Il problema di Dio per, a quanto egli stesso dice, non ha mai sfiorato la sua mente se non in modo indiretto. Le religioni sono per Lv-Strauss perfettamente spiegabili tenendo conto che luomo possiede meccanismi intellettuali, cerebrali, imperfetti rispetto al ruolo che devono compiere. Di conseguenza, nel suo sforzo conoscitivo, luomo non perviene mai a sintesi totali. Orbene, il sentimento religioso rappresenta una sorta di crogiuolo virtuale in cui si compirebbe la sintesi ultima: quella di cui proviamo bisogno ma che non riusciamo mai a portare a termine. La vita religiosa un immenso serbatoio di rappresentazioni; ma si tratta di rappresentazioni come le altre e 29

non hanno alcun carattere specifico. I miti non ci dicono nulla che ci informi sullordinamento delluniverso, sulla natura del reale, sullorigine delluomo e sul suo destino. Non possiamo sperare da essi nessuna concessione metafisica, n essi verranno in aiuto ad ideologie ormai esaurite. Comunque, se lo strutturalismo, dice Lvi-Strauss, non annuncia una riconciliazione tra scienza e fede e tanto meno combatte in suo favore, esso si sente in grado, pi del naturalismo e dellempirismo, di spiegare e giustificare il posto che il sentimento religioso ha occupato ed occupa tuttora nella storia dellumanit: intuizione confusa in cui la frattura fra il mondo e lo spirito, la causalit e la finalit corrispondono non gi alla realt delle cose, ma a un limite verso il quale tende una conoscenza i cui mezzi intellettuali e spirituali non saranno mai commensurabili alle dimensioni e allessenza dei suoi oggetti. Dal punto di vista pi teorico, metafisico se vogliamo, alla domanda quale sia il senso dellesistenza, Lvi-Strauss risponde che, a rigore, essa non ne ha alcuno. Tale affermazione basata, egli dice, su considerazioni molto semplici, la prima delle quali che luomo non sempre esistito sulla faccia della terra ed verosimile che egli non esister per sempre. Quindi, tutti i problemi che noi poniamo, un giorno non esisteranno pi perch non esister pi coscienza per porli. Il problema del senso pu essere posto solo rispetto allinsignificante avvenimento che sar stato il passaggio delluomo nelluniverso: quel che chiamiamo uomo, io, sono solo fantasmi illusori di qualcosa che accade in un certo luogo, in un certo tempo, e che domani non accadr pi; tutto ci non ha maggiore importanza del resto. una visione del mondo forse pessimistica, ma Lvi-Strauss sembra accettarla con serenit. Se luomo non sempre esistito sulla faccia della terra, probabile che il mondo cominciato senza luomo e finir senza di lui. Luomo dunque condannato a morte. Egli deve saperlo e deve anche sapere dice Lvi-Strauss con accenti melodrammatici - che un giorno le sue fatiche, le sue pene, le sue gioie, le sue speranze e le sue opere, diverranno come se non fossero mai esistite, non essendoci pi alcuna coscienza per conservare almeno il ricordo di quei moti effimeri. Mai forse negazione di Dio stata cos radicale. Il problema di Dio non sussiste perch non sussiste il problema del senso. I problemi umani sono solo umani e spariranno quando luomo scomparir. Non si pu neppure impostare un discorso trascendente, parlare di una rivelazione da parte di Dio perch negata alla radice lindividualit in cui poteva essere posto il problema di Dio. Lateismo concepito da Lvi-Strauss non come un atteggiamento positivo (altrimenti egli concederebbe pi realt al pensiero religioso di quanto egli voglia) ma semplicemente lassenza di certi problemi, di certe domande, di certi interrogativi. Michel Foucault (1926-1984) stato il pi recente pensatore che pu essere considerato ateo tenendo sempre presente che un tale termine oggi molto parziale. Mi sembra per che con la sua insistenza sulla morte delluomo, conseguenza diretta della morte di Dio, egli sia meno radicale di Lvi-Strauss per quanto riguarda il problema di Dio. Ma pur vero che i suoi interessi sono molto diversi da Dio, libert e immortalit. Linteresse precipuo di Foucault, se diamo retta a Le parole e le cose, la risposta alla seguente domanda: cos il linguaggio, come circoscriverlo per farlo apparire in s e nella sua pienezza?. Per cui, se si vuol parlare di ateismo in Foucault, un ateismo del tutto negativo, come quello di Lvi-Strauss, semplicemente a causa della mera assenza del problema. La morte delluomo e la morte di Dio non sono asserzioni programmatiche, ma evidenze indiscutibili, ed in questo che consiste lassenza di problematica. Foucault mette subito in chiaro quanto segue: Ai nostri giorni, e Nietzsche anche qui indica da lontano il punto dinflessione, si afferma non tanto lassenza o la morte di Dio, quanto la fine delluomo []; si scopre a questo punto che la morte di Dio e lultimo uomo strettamente legati: non appunto lultimo uomo che annuncia di aver ucciso Dio, ponendo in tal modo il proprio linguaggio, il proprio pensiero, il proprio riso nello spazio del Dio gi morto, ma proponendosi anche come colui che ha ucciso Dio e la cui esistenza include la libert e la decisione di tale delitto? Cos, lultimo uomo , a un tempo, pi vecchio e pi giovane della morte di Dio; avendo ucciso Dio, lui stesso che deve rispondere della propria finitudine; ma dal momento che parla, pensa ed esiste entro la morte di Dio, il suo 30

crimine stesso destinato a morire; nuovi di, identici, gi gonfiano loceano futuro; luomo scomparir. La morte di Dio , per Foucault, lo spazio ormai costante della nostra esperienza. La morte di Dio, togliendo alla nostra esistenza il limite dellillimitato, la riconduce a unesperienza dove niente pu pi annunciare lesteriorit dellessere, a unesperienza per conseguenza interiore e sovrana. Ma una tale esperienza, nella quale esplode la morte di Dio, scopre, come suo segreto e sua luce, la sua propria finitudine, il regno illimitato del Limite, il vuoto di questa rottura dove essa viene meno ed manchevole. [] La morte di Dio non stata soltanto l avvenimento che ha suscitato nella forma che noi le conosciamo lesperienza contemporanea: essa ne disegna indefinitamente il grande sostegno scheletrico. Ma, se vero che Dio non c, non esiste, che significa uccidere Dio? A questa domanda Foucault risponde dicendo che, probabilmente, vuol dire ucciderlo perch, al tempo stesso, non esiste e affinch non esista. In altre parole, uccidere Dio per liberare lesistenza da questa esistenza che la limita, ma anche per ricondurla al limite che questa esistenza illimitata cancella; uccidere Dio per ricondurlo a quel nulla che egli . La morte di Dio, dice Foucault, non ci restituisce a un mondo limitato e positivo, ma a un mondo che si snoda nellesperienza del limite, si fa e si disf nelleccesso che lo oltrepassa. Probabilmente, proprio questo eccesso che scopre, legati a una stessa esperienza, la sessualit e la morte di Dio. Un linguaggio rigoroso dice, a partire dalla sessualit, non il segreto naturale delluomo, ma bens che luomo senza Dio. Questa lultima parola di Foucault riguardo il problema di Dio. Concludo questa rassegna con unopera che ha fatto parlare molto di s anche se non contiene nulla di particolarmente originale. Si tratta del Trattato di ateologia di Michel Onfray. Lautore un francese nato nel 1959, ha insegnato per un po filosofia al liceo e ha quindi fondato nel 2002 la Universit Popolare di Caen. Io non disprezzo i credenti dice Onfray ma temo che preferiscano rassicuranti finzioni infantili alle crudeli certezze degli adulti, insomma, essi vivono secondo un eterno infantilismo mentale (Trattato di ateologia, p. 18. Dora in poi citato con TA). Per cui egli sente da un lato compassione per le vittime dellinganno, dallaltro una collera violenza contro coloro che continuamente le ingannano. Per combattere questo stato di cose, egli propone la ragione e la riflessione correttamente guidate; loscurantismo, che lhumus delle religioni - egli dice - si combatte con la tradizione razionalista occidentale, con lateismo insomma, che salute mentale recuperata (TA, 20). Anzi, pi esattamente lo si combatte con una ateologia (termine mutuato da Bataille), che non altro che una ontologia materialista. Bisogna combattere, secondo Onfray, lidea ebraico-cristiana che la materia, la realt e il mondo non esauriscono la totalit (TA,53). Bisogna combattere lodio dellintelligenza, alla quale i monoteisti preferiscono lobbedienza e la sottomissione; odio della vita, accompagnato da unindefettibile passione tanatofila; odio per questo mondo, incessantemente valorizzato in confronto allaldil, unica riserva possibile di senso, di verit, di certezza e di beatitudine; odio del corpo corruttibile, disprezzato in ogni pi piccolo dettaglio; odio per le donne, infine, per il sesso libero e liberato (TA, 65). La religione del Dio unico lavora allodio verso s, al disprezzo del proprio corpo, al discredito dellintelligenza, alla disistima della carne, alla valorizzazione di tutto ci che nega la soggettivit dischiusa; proiettata contro gli altri, fomenta il disprezzo, la cattiveria, lintolleranza che a loro volta producono i razzismi, la xenofobia, il colonialismo, le guerre, lingiustizia sociale (TA, 72-73). Decostruire i monoteismi, demistificare la religione ebraico-cristiana- ma anche lislam - , poi smontare la teocrazia, ecco tre cantieri inaugurali per lateologia. In seguito occorrer lavorare a un nuovo progetto etico per creare in Occidente le condizioni di una vera morale postcristiana, in cui il corpo cessi di essere una punizione, la terra una valle di lacrime, la vita una catastrofe, il piacere un peccato, le donne una maledizione, lintelligenza una presunzione, la volutt una dannazione. A ci si potrebbe poi aggiungere una politica sedotta meno dalla pulsione di morte che dalla pulsione di vita (TA, 67). Si deve andare oltre una laicit ancora troppo impregnata di ci che essa vorrebbe combattere. 31

Mettendo infatti tutte le religioni e la loro negazione su un piano di uguaglianza, come invita a fare la laicit oggi trionfante, si avalla il relativismo: uguaglianza tra pensiero magico e pensiero razionale, tra la favola, il mito e il discorso argomentato, tra il discorso taumaturgico e il pensiero scientifico. Ma questo relativismo dice Onfray dannoso. Ormai, col pretesto della laicit, tutti i discorsi si equivalgono: lerrore e la verit, il vero e il falso, il serio e lo stravagante. Il mito e la favola pesano quanto la scienza. Il sogno quanto la realt. Ma non affatto vero che i discorsi si equivalgono: quelli della nevrosi, dellisteria e del misticismo appartengono a un mondo diverso da quello del positivismo. Nel momento in cui si profila uno scontro decisivo (ma aggiunge Onfray: forse gi perduto) per difendere i valori dellIlluminismo contro le affermazioni magiche, bisogna promuovere una laicit postcristiana, ossia atea, militante e radicalmente opposta a quella che ci obbliga a scegliere tra la religione ebraico-cristiana occidentale e lIslam che la combatte. Ne Bibbia n Corano. Esiste un solo mondo e ogni offerta di un oltremodo ci fa perdere luso e il beneficio del solo mondo esistente. questo il vero peccato mortale (TA, 196-198). E con queste parole si conclude lopera di Onfray.

BIBLIOGRAFIA MINIMA Freud, Totem e tab, Boringhieri Freud, Lavvenire di unillusione, Boringhieri Sartre, Le parole, ed. Il Saggiatore Sartre, Lessere e il nulla, Il Saggiatore Sartre, Lesistenzialismo un umanismo, Mursia Merleau-Ponty, Senso e non senso, Garzanti Merleau-Ponty, Elogio della filosofia, Paravia Merleau-Ponty, Segni, Bompiani Camus, Il mito di Sisifo, Bompiani Camus, Lo straniero, Bompiani Lvi-Strauss, Luomo nudo, Il Saggiatore Lvi-Strauss, Tristi tropici, Il Saggiatore Foucault, Le parole e le cose, Rizzoli Foucault, Scritti letterari, Feltrinelli Onfray, Trattato di ateologia, Fazi Editore Un libretto interessante pubblicato parecchi anni fa che d una panoramica degli atei francesi contemporanei quello a cura di C.Chabanis, Dio esiste? No, rispondono, Mondadori Milano 1974, che raccoglie le interviste del giornalista con i maggiori rappresentanti atei della cultura francese (da Henri Petit a Edgar Morin, da Roger Garaudy a Lvi Strauss ecc.)

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STORIA DELLATEISMO a cura di Ernesto Riva

7. Gli atei nel Novecento in Italia: Rensi, Flores dArcais, Odifreddi, Eco, Giorello Pensando alla storia precedente, lItalia pu vantare durante il Medioevo e il Rinascimento alcuni pensatori chiaramente scettici, materialisti, naturalisti ma mai dichiaratamente atei. N Biagio Pelacani da Parma, n Giulio Cesare Vanini, n Giordano Bruno sono atei bens anticristiani, panteisti, materialisti. Biagio Pelacani (met XIV sec.) fu un seguace del determinismo astrologico e delleternit del mondo; i suoi contributi sono soprattutto dedicati allottica. stato uno scienziato e non si mai proclamato chiaramente ateo. Riguardo Vanini (1585-1619), egli disse prima di morire: Solo la Natura Dio (cfr. Opere, Lecce 1912, pp. CCXXVIII). quindi un caso di naturalismo e non di ateismo. Ne Lanfiteatro della eterna provvidenza, Vanini dice che non possiamo sapere che cosa sia Dio poich se lo sapessi sarei Dio (in Opere, cit., p. 25), ma non dice che non c Dio. Anzi, che vi sia una Provvidenza dimostrato da molte cose: ad es. dalla creazione del mondo, dal moto dei cieli, dai miracoli ecc. (cfr. Opere, cit., le esercitazioni nn. 4,5,8). Ne Dei mirabili arcani della natura regina e dea dei mortali Vanini ribadisce la sua religione della natura: Ma in quale religione gli antichi filosofi credevano che Dio fosse venerato con verit e santamente? Nella sola religione della Natura: religione della Natura stessa che Dio (infatti principio di movimento) scolpita nel cuore di tutti i mortali (in Opere, cit., p. 308). Giordano Bruno (1548-1600) distingue nettamente lambio della scienza da quello della fede. Se poi vogliamo ammettere una causa prima, questa non pu essere che la natura stessa o pur riluce ne lambito e grembo di quella (Dialoghi italiani, Firenze 1958, p. 229). La natura Dio che in tutte le cose (Op.cit., p. 274). Bruno ripete spesso la sua idea dominante: Dio tutto in tutte le cose, per quanto si comunica alli effetti della natura, ed pi intimo a quelli che la natura stessa; di maniera che se lui non la natura istessa, certo la natura de la natura; ed lanima del mondo, se non lanima istessa(ibid., p. 783). La religiosit bruniana cosmica, amore per linfinito, per luniverso, per il tutto. Se vogliamo, non certo cristianesimo anzi violentemente anticlericale ma non per questo ateismo dichiarato. E veniamo al Novecento. Ricordo, en passant, che la filosofia dominante in Italia nella prima met del Novecento fu lidealismo di Croce e di Gentile. Entrambi non assunsero mai una posizione anticristiana anzi, il loro idealismo fu da essi considerato come una sorta di baluardo nei confronti della religione. Da interpretare certo filosoficamente, idealisticamente ma mai da criticare in senso ateistico. Lesempio pi eclatante fu quel famoso saggio di Croce intitolato Perch non possiamo non dirci cristiani, che fece parecchio scalpore (da notare subito quel cristiani tra virgolette). In esso sostiene che noi non possiamo non riconoscerci e non dirci cristiani, e che questa denominazione semplice osservanza della verit. Il cristianesimo stato la pi grande rivoluzione che lumanit abbia mai compiuta. Tutte le altre rivoluzioni non sostengono il suo confronto. Ma non solo: le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana. Questo nuovo atteggiamento morale e questo nuovo concetto di Dio si presentarono in parte ravvolti in miti (Croce considera tale la resurrezione ecc.) ma non perci dice Croce - non furono sostanzialmente quelli che abbiamo in breve enunciati e che ognuno sente risuonare dentro di s quando pronunzia a s stesso il nome di cristiano. Inoltre il cristianesimo stato in grado di adattarsi nel corso dei secoli alle vicende storiche (la chiesa si rinsangu e si riform tacitamente pi volte) e cos riuscito a dominare il corso della storia e a soddisfare le sempre nuove esigenze e le nuove domande. Poi bisogna riconoscere che la polemica antichiesastica si sempre arrestata e ha taciuto nei confronti della figura di Ges. Potr aver sparato a zero nei confronti della istituzione ma non cos nei confronti di Cristo, sentendo che 33

loffesa a lui sarebbe stata offesa a s medesima, alle ragioni del suo ideale, al cuore del suo cuore. Perci, conclude Croce, noi, nella vita morale e nel pensiero, ci sentiamo direttamente figli del cristianesimo. E serbare e riaccendere e alimentare il sentimento cristiano il nostro sempre ricorrente bisogno, oggi pi che mai pungente e tormentoso, tra dolore e speranza. E il Dio cristiano ancora il nostro, e le nostre affinate filosofie lo chiamano lo Spirito, e se noi non lo adoriamo pi come mistero, perch sappiamo che sempre esso sar mistero allocchio della logica astratta e intellettualistica, ma che limpida verit esso allocchio della logica concreta, che potr ben dirsi divina, intendendola nel senso cristiano come quella alla quale luomo di continuo si eleva, e che, di continuo congiungendolo a Dio, lo fa veramente uomo. Queste sono dunque le conclusioni di Croce nei confronti del cristianesimo. Come si vede, nulla di ateistico anche se il cristianesimo reinterpretato in senso idealistico. In Italia, agli inizi del secolo, usciva unoperetta del prof. Giuseppe Rensi (prima giornalista poi docente universitario a Genova, 1871-1941), scettico e ateo dichiarato, dal titolo Apologia dellateismo. LItalia, nella sua storia, ha avuto pochissimi miscredenti ed ancor meno atei dichiarati. Non pu neppure essere paragonata, da questo punto di vista, alla Germania o alla Francia, vere e proprie fucine del pensiero ateistico. Rensi appunto uno di quei rarissimi casi di filosofi italiani (e non solo) che si dichiarano apertamente atei e difendono la loro posizione. Rensi sicuro del proprio ateismo: anzi, negare lateismo cadere nellallucinazione, nella pazzia. Questo si chiarisce pensando che, se il concetto di essere definito come ci che si pu vedere, toccare, percepire, allora Dio relegato ovviamente nella sfera del non-essere, cio egli, per definizione, non pu esistere. Rensi dice: O Dio limitato, circoscritto, conforme alle condizioni formali dellesperienza, oggetto fra oggetti, e non pi Dio. O infinito ed allora cade fuori dellEssere, non-Essere. O Essere e non-Dio, o Dio e non-Essere. Non ci sono alternative: secondo Rensi, che Dio non sia una verit sullo stesso piano di 2+2=4. Dio non un giudizio analitico egli dice come il corpo esteso. Il predicato non si ricava dal soggetto Dio con la stessa certezza e irrecusabilit logica e quasi tautologica come esteso da corpo. Questa pu essere definita, dice ancora Rensi, come la prova ontologica dellinesistenza di Dio. Il concetto di Dio quindi per Rensi identico al concetto del non-essere, del nulla. Ma in pi, il concetto in se stesso contraddittorio ed assurdo. Infatti, dice Rensi, o Dio fuori del tempo, ed cosa immobile e morta, che non fa e non vive; oppure nel tempo ed allora abbiamo un Dio che cangia. O morto o cangiante, in entrambi i casi non-Dio. Del resto, chiamare il mondo stesso Dio come fa il panteismo una tautologia insignificante; n giova chiamare Dio la forza, la natura naturans, levoluzione creatrice: ci soffocare e far sparire Dio in energie naturali; neppure valido considerare Dio un essere impersonale: una parola mal adoperata, una contradictio in adiectio. Nonostante tutto quel che ha detto, paradossalmente, Rensi non esclude per lateismo dal campo della religione. Vediamo in che senso: lateismo secondo lui una sorta di religione, anzi la pi pura e alta delle religioni perch luomo si sente di fronte al Tutto nella sua immensa grandezza e ci esclude ogni egoismo. La religiosit predicata dal Rensi di tipo cosmico e si pu quindi fare a lui lo stesso rimprovero che egli imputava ai cosiddetti falsi di: non una vera religione. Gli diamo comunque atto della coerenza con cui ha difeso il suo ateismo, cercando di renderlo puro e totale. E oggi? Se si consulta il sito web della UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti, www.uaar.it ) troviamo nomi come Margherita Hack (astronoma) , Piergiorgio Odifreddi (matematico e logico), Danilo Mainardi (etologo), tutti intellettuali ma nessun filosofo. Come mai? Possibile che i nostri filosofi miscredenti (penso ai vari Eco, Giorello, ecc.) non osino definirsi apertamente atei, tranne pochissimi come Flores dArcais, ma preferiscano parlare di laicismo o usino altri termini? Umberto Eco (1932-viv.) forse lintellettuale italiano pi famoso, anche allestero. Da un cattolicesimo giovanile passato ad una posizione di sereno ateismo, dichiarato pi volte anche con pungente ironia: S, vero, non credo pi in Dio, ma forse Dio crede ancora in me. Dunque 34

manteniamo tra noi un certo rapporto (citato in V. Messori, Inchiesta sul cristianesimo, p. 35). Per non ama definirsi ateo bens preferisce agnostico perch non si lasciano le sacrestie dei clericali per rifugiarsi in quelle degli atei. dunque un cane scioltoe, se proprio vogliamo trovargli una collocazione, egli stesso parla di illuminista bizantino, nel senso che il semplice illuminista uno che crede impossibile trovare una spiegazione globale del mondo. Lilluminista bizantino sarebbe daccordo, ma sospetta sempre che forse non plausibile neppure quello scetticismo: uno che non esclude che anche quella rete, quel labirinto che luniverso dei segni in cui siamo immersi abbia una nascosta spiegazione. S, laspetto razionale non basta a spiegare la mia storia confessa Eco ma non basta neppure quello biografico. Altri che hanno avuto le mie vicende, la fede lhanno conservata. Eco confessa ancora la tragicit della scommessa sullinesistenza di Dio: chi punta cos deve produrre molto pi amore del credente, per giustificare la sua vita e la sua morte. E comunque dice ancora Eco sono convinto che alla fine, e anche qui non so come, ce la caveremo. Se per caso il Cristo come giudice c davvero e vuole imbastirmi un processo, gli dico pi o meno le cose che sto dicendo a lei: ho ragionato cos e cos e sono arrivato alla conclusione che non avresti dovuto esserci tu ad aspettarmi. Credo che in questo modo potremmo arrivare a patti ragionevoli. Se invece ragionevole non , se un Dio crudele e vendicativo che ha gi deciso in anticipo il mio destino, allora non voglio avere nulla a che fare con lui. Mi mandi pure allinferno dove almeno c gente per bene. Ma sono sicuro che, se Dio c, c il dio di San Tommaso; e con lui si pu ragionare. Abbiamo studiato sugli stessi libri. Siamo entrambi ex-allievi della stessa universit. Paolo Flores dArcais (!944-viv.) uno dei pochissimi intellettuali italiani a proclamarsi ateo. fondatore e direttore della rivista Micromega, ricercatore presso luniversit La Sapienza di Roma, pubblicista; ha partecipato a dibattiti sui rapporti ragione e fede, laicit ecc. Il pi famoso stato lincontro moderato da Gad Lerner tra lui e lallora cardinale Joseph Ratzinger (ora papa Benedetto XVI) e pubblicato col titolo Dio esiste? . Altro testo importante, edito da Einaudi, il suo Etica senza fede. Comincerei proprio da questultimo. Gi nelle prime righe della prefazione, Flores dArcais dichiara: Carte in tavola. Questo un libro ateo. Lateismo per lui il sobrio rifiuto di occultare la nostra ineludibile finitezza dietro lipostasi suprema o dietro il mistero (cfr. Etica senza fede, Einaudi, Torino 1992, pp. VI e VII; dora in poi citato come ESF). Mentre alienazione proprio il rifiuto di accettare la nostra condizione di finitezza (ESF, 236); daltra parte, non vi mistero da svelare: mistero ormai solo il nome che diamo al sapere che non troviamo il coraggio di sopportare. Non c significato da scoprire negli enti, che con gli accadimenti esauriscono la realt; ormai sappiamo la risposta alla domanda sul senso: nulla. (ESF; 229). Di fronte a questa condizione, moltiplichiamo le strategie di fuga: razionalizzazione, rimozione, consolazione, assoluzione (ESF, 230). Anzi, sembra che oggi abbiano vinto o continuino a vincere le idolatrie. Leclisse del sacro, cio dellobbedienza allalterit, non sar mai tale fino a che non coincider con il tramonto delle ipostasi, cio di ogni idolatria. Il ritorno del sacro la conseguenza della vera drammatica eclissi dei nostri tempi, leclissi della democrazia, e ne rappresenta la forma virtuosa e presentabile di rimozione e rassegnazione (ESF, 235). Dobbiamo poter lottare per le promesse di libert e giustizia della modernit; dobbiamo poter lottare per unetica della coerenza rispetto alla finitezza del disincanto (ESF, 237). Ogni concessione alle illibert e alle illegalit sono distruzione di democrazia. La cura per la democrazia esige preliminare cura per la critica, e infaticabile vigilanza contro lassedio della sragione dogmatico-fideistica, che dalla sua avr sempre potentissime pulsioni (ESF, 238). Nellaltro testo citato, Dio esiste?, Flores dArcais ritiene che il cattolicesimo non si ponga pi il problema della verit dei suoi contenuti. Oggi la Chiesa teme solo lo scetticismo consumistico, lateismo pratico delledonismo, lindifferenza sazia e disperata. E pensa perci a convertire a partire da emozioni e bisogni, non da ragioni. Il cattolicesimo crede di aver fatto definitivamente i conti con lateismo solo perch li ha vittoriosamente conclusi con il comunismo. Ma questo non a niente a che fare con la ragione scientifica moderna, con pensiero critico del disincanto (Dio esiste?, 35

p. 85; dora in poi citato con D). A parte quello, egli ripete le classiche obiezioni allesistenza di Dio e alla religione: il male, il peccato originale, la fede come dado di senso per il brodo dellesistenza (D,95). Dio che va provato, al di l di ogni ragionevole dubbio, poich il finito c. Se poi la religione proposta come salvezza, si cade in una religione-psicologia, che dovrebbe consolare ma si vede subito che sarebbe una risposta utilitaristica e pragmatica, fin troppo umana; per cui una religione del senso (anzich della verit) sarebbe una religione non pi di persone ma di meri consumatori di senso (D, 97). E non ci si rifugi, dice Flores dArcais, nellobiezione che la religione sarebbe connaturata allessere umano: visto che luomo pu arrivare allateismo, allora questa la definitiva verit dellHomo sapiens, mentre la religione costituirebbe solo il residuo pi sofisticato del primitivo animismo (D, 101). Egli conclude dicendo due cose: da una parte, solo a partire da una fede che riconosca lateismo della ragione, e che si proclami e pratichi perci quia absurdum, possibile un agire comune fra uomo di fede e uomo del disincanto, e anzi un comune agire evangelico; dallaltro per e questo lascia stupefatti dopo tutto quello che Flores dArcais ha detto in precedenza il praticare la solidariet effettiva e il primato del tu implica un dovere di sacrificarsi che riesce in genere solo se si ha fede in un Altro (inteso proprio come Dio padre); la pietra dinciampo per lateo lincapacit della carit (D, 110-111). Questultima affermazione molto pesante e rimette in discussione la posizione dellateo: egli sarebbe comunque superato dal punto di vista morale dal credente? La santit la risposta allateismo? Cito qui Piergiorgio Odifreddi (1950-viv.), docente universitario di matematica e logica, autore di libri di divulgazione scientifica e di critica religiosa, perch nei siti web e nei libri spara a zero contro il cristianesimo e la Chiesa cattolica ma non osa mai proclamare chiaramente il suo ateismo: ed in effetti si tratta, nel suo caso, di un razionalismo oserei dire esacerbato! Per quanto riguarda la figura di Ges, egli un seguace della via mitica: non sa se Ges sia realmente esistito (quindi conclude che non esiste) ed dunque spiegabile come un mito. Ne Il Vangelo secondo la Scienza, ritiene che non solo non razionale credere in Dio ma razionale non credervi(dora in poi citato come VSS, 189). La credenza nella religione cattolica messa in discussione per due sue caratteristiche: la prima il dogmatismo su cui si fonda, che la rende incompatibile con la concezione della dignit umana conquistata politicamente attraverso le rivoluzioni inglese, americana, francese e russa, e teorizzata filosoficamente da illuminismo, romanticismo, marxismo ed esistenzialismo; la seconda lelenco dei dogmi che determinano la fede cattolica: trinit, duplice natura di Cristo, purgatorio, transustanziazione, immacolata concezione e assunzione, infallibilit pontificia. Odifreddi chiede: come si possono credere affermazioni che non si possono capire? Il cattolicesimo si impicca dunque con la sua stessa corda: escludendo dalla comunit ecclesiale coloro che non ne accettano tutti i dogmi, si autodefinisce come una fede in cui nessuno pu credere (VSS, 190-191). Alla domanda perch c questo universo invece di un altro? Ovvero perch luniverso strutturato nella maniera che conosciamo? La risposta porta solo eventualmente al panteismo: Dio il programma del mondo, pi che il suo programmatore (VSS, 206-209). Alla fine del percorso, riscopriamo, dice Odifreddi, quel che gi diceva Pitagora: la vera religione la matematica, e il resto superstizione. O, detto altrimenti, la religione la matematica dei poveri di spirito. Il che, secondo Odifreddi, permette di salvare il salvabile, e cio lesperienza spirituale, a cui si dovrebbe ridurre la religione. Lesperienza spirituale qualcosa che non ha ovviamente nulla di soprannaturale e che consiste nella percezione del livello dellintelletto, dellordine implicato, dellinfinito assoluto, dellatemporalit. Questa la soluzione proposta da Odifreddi per fondare una religione veritiera, su corretti fondamenti scientifici e matematici (VSS, 211-215). Concludo la rassegna con Giulio Giorello (1945-viv.), che insegna filosofia della scienza allUniversit di Milano, sulla cattedra che fu gi di Ludovico Geymonat, suo maestro. Il suo ateismo sui generis, ammesso che lo si possa definire ateismo. La sua posizione rifiuta piuttosto

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ogni assolutismo, sia da parte religiosa che da parte atea: ecco perch non vuole essere di nessuna chiesa, sia essa ecclesiastica o scientifica o storica o politica o atea. Nel suo libro pi recente, Di nessuna chiesa. La libert del laico, Egli critica in primo luogo il concetto di relativismo, confuso secondo Giorello con una sorta di nichilismo o di appiattimento della verit, mentre il contrario del relativismo lassolutismo. L dove abbiamo buone ragioni per credere nella verit di una teoria o nella bont di una norma, non possiamo escludere in linea di principio che si possano trovare argomenti per teorie o norme rivali. E ci vale per la scienza, come per il mito e la religione. Dal confronto (e dallo scontro) ognuno ha da guadagnare; viceversa, far tacere anche uno solo un danno, prima che per lui, per il resto della comunit. superstizione ritenere che per tale confronto siano necessari un linguaggio e un patrimonio di valori condivisi. E queste non sono questioni puramente accademiche, bens riguardano le ragioni del vivere civile e le stesse condizioni delletica. Non riguarda tanto la abusata contrapposizione tra fede e ragione, quanto quella tra fallibilismo e infallibilismo, tra una verit che non pretende di salvare neanche se stessa e una verit che promette salvezza a chiunque vi si sottometta, tra una ragione che misura la propria gratuit e finitezza senza aver nostalgia di un fondamento e una ragione che nellimposizione del fondamento trova il proprio sostegno e la propria giustificazione. Essere di nessuna chiesa significa tollerare ogni chiesa, riconoscendone il diritto allespressione anche nel libero atto di prenderne le distanze. In questo senso, lindifferenza la migliore garanzia di una piena fioritura umana. Sotto questo cielo, la vera minaccia alla libert viene non dal Diavolo, ma da terrene misure coercitive in cui si dispiega la tentazione dellinfallibilit. Con ci afferma Giorello non intendo dire che il vecchio Dio dei monoteismi sia tramontato: chi di nessuna chiesa non si ritrova neppure in una chiesa di atei. Non ho nulla conclude Giorello contro lidea che un qualche Dio prenda corpo nella storia e partecipi alle vicende degli uomini: sappia solo che pu anche rischiare di prendersi una coscia di toro sul volto, come capit, stando allEpopea sumerica e accadica, alla dea Inanna (Istar), oltraggiata dalleroe Enkidu, sodale di Gigamesh nella ribellione: Se tu aiuti me, io aiuto te. Chi pu prevalere su di noi?. In un dibattito con Bruno Forte su ragione e fede, Giorello ricordava che gi Carlo Maria Martini, il famoso studioso e arcivescovo di Milano, diceva che il confine tra credente e non credente non divide esteriormente la popolazione ma passa dentro ciascuno di noi. Se dunque dentro di s ogni credente riconosce un non credente e un non credente riconosce un credente, non c ragione per erigere inutili steccati che separino le persone, le quali invece decidono liberamente di mettersi in relazione pur nelle differenze delle loro convinzioni. Questo il nucleo di una genuina societ pluralistica. BIBLIOGRAFIA MINIMA Croce, Perch non possiamo non dirci cristiani, ed. in volume, Bari, Laterza 1944 (in realt pubblicato nella rivista La Critica, 20 novembre 1942). Flores dArcais, Etica senza fede, Einaudi Flores dArcais, Etica laica tra disincanto e rivincita di Dio, ed. Casini Forte-Giorello, Dove fede e ragione si incontrano? , San Paolo Giorello, Di nessuna Chiesa. La libert del laico, Cortina editore Messori, Inchiesta sul cristianesimo, SEI Odifreddi, Il Vangelo secondo la scienza, Einaudi Ratzinger-Flores dArcais, Dio esiste?, il fondaco di Micromega, Rensi, Le aporie della religione, ed. Etna Rensi, Apologia dellateismo, n.ed. La Fiaccola Ragusa 1967 Rensi, Filosofia dellassurdo, Adelphi Copyright by Ernesto Riva www.filosofiaedintorni.net

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