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Gen 33,10. Il Tuo Volto Come Il Volto Di Dios. Un Rinnovato Abbraccio Fra I Due Fratelli Da Nostra Aetate Ad Oggi
Gen 33,10. Il Tuo Volto Come Il Volto Di Dios. Un Rinnovato Abbraccio Fra I Due Fratelli Da Nostra Aetate Ad Oggi
1 Così I. GREENBERG, For the Sake of Heaven and Earth. The New Encounter
Between Judaism and Christianity, Philadelphia 2004, 3-4: «Yet in the past century, both
religions have begun a new encounter with each other. Every passing decade reveals that
this process is offering both faiths a true historical rarity: a second chance to connect and
thus an opportunity to re-vision themselves».
2 Nel Targum Pseudo-Jonathan a Gen 25,22 si afferma che i gemelli si spingevano
nel seno della madre «come uomini che fanno la lotta», dettaglio che il Midrash accentua
ancora di più, forse per motivi polemici: cfr. Bereshit Rabbah 63,6; Pirqé deRabbi Eliezer
32. Fuor di metafora, si può affermare che la storia della relazione fra ebrei e credenti
in Cristo è stata segnata, fin dall’inizio, da tensioni e rivalità. Circa l’interpretazione
targumica della figura di Giacobbe, si veda F.G. VOLTAGGIO, La oración de los padres y
las madres de Israel. Investigación en el Targum del Pentateuco. La antigua tradición judía y
los orígenes del cristianismo, Biblioteca Midrásica 33, Estella (Navarra) 2010, pp. 227-321.
co sono nati i cristiani e là sono «tutte le loro fonti» (cfr. Sal 87,6.7). Da lì
parte ogni rinnovamento del cristianesimo. Tale asserzione è tutt’altro che
ovvia, poiché il cristiano che desidera andare incontro al popolo ebraico,
cammina, per parafrasare Rabbi Naµman de Breslav, su «un ponte molto
angusto» (gesher ṣar me’od), con due «precipizi», a destra e a sinistra. Mi
riferisco a due grandi sospetti uno da parte ebraica e l’altro da quella cri-
stiana, del tipo accennato sopra: «Può mai Esaù aver baciato sinceramen-
te Giacobbe?». A tali sospetti è arduo rispondere adeguatamente, dato il
coinvolgimento emotivo in chi li solleva e una certa reticenza ad ascoltare
argomenti razionali. Menzionarli in questa sede è utile per evitare di ide-
alizzare il cammino del dialogo ebraico-cristiano, ancora irto di ostacoli.
Il primo sospetto, da parte ebraica, è che il cristiano che ritorni
alla sorgente ebraica intenda in realtà «strumentalizzarla» ai suoi fini.
Ecco solo alcune delle obiezioni sollevate: non si rischia di «cristianizza-
re» ciò che è proprietà del popolo eletto e che gli è costato innumerevoli
sofferenze nel corso della storia? Perché i cristiani, talora complici o
colpevoli di tali sofferenze, sono ora tanto attratti dagli ebrei? Tanto
fascino non sarà, alla fine, una forma «mascherata» di proselitismo e,
ancora, di un subdolo antisemitismo?
Il secondo sospetto, da parte cristiana, è che dietro il cristiano
che voglia ritornare con venerazione alle radici ebraiche, si nasconda in
fondo un «giudaizzante» che retroceda dalla novità cristiana o un «sio-
nista» che sposi sic et simpliciter la causa politica d’Israele, ignorando
l’innegabile sofferenza del popolo palestinese. Ecco alcune delle critiche
ricorrenti: non sono forse i cristiani il «nuovo Israele»? Non è forse su-
perata l’antica Alleanza? Dio non ha forse eletto tutte le genti? L’amore
privilegiato agli ebrei non rappresenta de facto una discriminazione di
altri popoli? I libri sacri delle altre religioni non sono forse una prepara-
zione al Messia, così come l’Antico Testamento per gli ebrei?
di Gesù all’ebraismo; S. BEN-CHORIN, Fratello Gesù, TEA 70, Brescia 1985, p. 27, ad es.,
riporta le affermazioni di due noti ebrei; il primo è Max Nordau, collaboratore di Theo-
dor Herzl che scrisse nel 1889: «Gesù è l’anima della nostra anima, così come è la carne
della nostra carne. Chi potrebbe dunque separarlo dal popolo ebraico!»; il secondo è
Martin Buber, che asserì nella sua opera Zwei Glaubensweisen (1950): «Sin dalla mia
giovinezza ho avvertito la figura di Gesù come quella di un mio grande fratello. Che la
cristianità lo abbia considerato e lo consideri come Dio e Redentore, mi è sempre sem-
brato un fatto della massima serietà, che io devo cercare di comprendere per amor suo e
per amor mio».
11 A. SCHOPENHAUER, O si pensa o si crede. Scritti sulla religione (edd. A. VER-
12 GIOVANNI PAOLO II, Varcare la soglia della speranza, Milano 1994, pp. 111-112.
13 Si veda l’opera di A. LIPPI, Elezione e passione. Saggio di teologia in ascolto
dell’ebraismo, Leumann (Torino) 1996.
14 P. LAPIDE - J. MOLTMANN, Israele e Chiesa: camminare insieme?, Brescia 1982,
p. 51.
15 Così nota A. DI BERARDINO, «Tendenze attuali negli studi patristici», in
religiosi con l’Ebraismo, Ebrei ed ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa
cattolica. Sussidi per una corretta presentazione, 24 giugno 1985, I,2; cfr. CCC 1096.
18 Così afferma BENEDETTO XVI, Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei
tempi. Una conversazione con Peter Seewald, Città del Vaticano 2010, 123: «L’espressio-
ne “fratello maggiore” già utilizzata da Giovanni XXIII non è bene accolta dagli ebrei
perché nella tradizione ebraica il “fratello maggiore”, ovvero Esaù, è anche il fratello
abietto. La si può comunque utilizzare perché esprime qualcosa di importante. Ma è
giusto che essi siano anche i nostri “Padri nella fede”. E forse quest’ultima espressione
descrive con maggior chiarezza il nostro rapporto».
19 Così I. GREENBERG, For the Sake of Heaven and Earth, 173: «The morally and
theologically remarkable work done by Christians in the dialogue of the last 20 years
has one serious weakness. It remains basically the possession of a minority of inspired
people. It is not yet understood properly at the mass level and not yet dominant at the
upper decision-making levels».
dere passi decisivi circa la condanna dell’antisemitismo, il ricordo della Shoah e la «pu-
rificazione della memoria»: cfr. E.J. FISCHER - L. K LENICKI (edd.), The Saint for Shalom.
How Pope John Paul II Transformed Catholic-Jewish Relations. The Complete Texts 1979-
2005, pp. 22-30.
23 Tale purezza è, a sua volta, ottenuta filtrando tutto ciò che nella grecità si
accorderebbe troppo bene con la sapienza biblica, come nel caso della nota avversione
di Nietzsche contro la figura di Socrate, tematizzata in F.W. NIETZSCHE, Die Geburt der
Tragödie aus dem Geiste der Musik (1872).
24 Secondo la nota affermazione di Papa Pio XI in un suo discorso del 6 settem-
accorderebbe troppo bene con la sapienza biblica, come nel caso della nota avversione
di Nietzsche contro la figura di Socrate, tematizzata in F.W. NIETZSCHE, Die Geburt der
Tragödie aus dem Geiste der Musik (1872).
sorgente della fede e dell’esistenza cristiana, Casale Monferrato 20015, 23, che aggiunge
(pp. 23-24): «I due figli di Abramo, Isacco e Ismaele, sono lì, di fronte al problema di sem-
pre: convivere da fratelli sulla stessa terra, ciascuno con la sua vocazione e la sua identità,
secondo il disegno di Dio. Il fatto, però, che tra quest’altro ci sia una minoranza di pale-
stinesi – da una parte entrati nel Nuovo Testamento fin dagli inizi dell’evangelo, e perciò
fratelli a titolo pieno degli ebrei credenti in Gesù (...), e d’altra parte inculturati da secoli
nel mondo arabo – è per me un segno molto espressivo di come il particolarismo biblico
ed ebraico si sia già aperto, con Gesù, all’universalismo cattolico».
28 Cfr. W.B. SILVERMAN, The Sages Speak. Rabbinic Wisdom and Jewish Values,