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MARKETING.

IL MANAGEMENT ORIENTATO AL MERCATO - Mattiacci e Pastore

PARTE I : IMPRESA E MERCATO


Il marketing affonda le proprie radici in un fenomeno antichissimo e connaturato alle società
umane, lo scambio, e nell'attività che su di esso si è costruita, il commercio. Oggi però
viviamo un cambio di epoca e il termine stesso, marketing, esprime un senso diverso da
quello di ieri: può essere inteso come "fare mercato". Si tratta di una competenza e
un'attitudine chiave dell'impresa: l'impresa che ha successo di mercato, crea lavoro e il
lavoro migliora le persone, sviluppa benessere economico, sociale e civile a beneficio della
comunità.

Capitolo 1 Il marketing nella società e nell'economia


Il management di mercato, o marketing, serve alle imprese a definire, edificare e governare
delle relazioni di scambio che apportino un contributo positivo a entrambi i soggetti coinvolti
(logica win-win): al compratore offrendogli la possibilità di usare prodotti la cui performance
sia adeguata alle proprie esigenze; al venditore consentendogli di recuperare gli investimenti
e il rischio sopportati, premiando anche la sua capacità innovativa.

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Il marketing focalizza l'attenzione su una precisa categoria di scelte manageriali che hanno
lo scopo di far sopravvivere e sviluppare l'impresa nel tempo, con soddisfazione di tutti i suoi
stakeholder: si tratta di una filosofia di gestione delle relazioni di scambio, che mira a
generare, conservare e valorizzare i clienti, rispettando i valori sociali dominanti e
promuovendoli attraverso la propria azione.
Il pensiero di marketing si poggia dunque su un metodo, cui si deve la capacità di essere sia
efficace -capacità di raggiungere gli obiettivi- sia efficiente -minimizzazione dello sforzo
relativo al raggiungimento del risultato-. Il marketing accresce il valore:
1. Dell'impresa soddisfacendo e fidelizzando la clientela, facendo crescere i fornitori e
superando la concorrenza sul mercato;
2. Per la domanda, ideando formule di offerta sempre nuove e allineate ai tempi;
3. Per la società attraverso il rispetto della persona, dell’ambiente e delle comunità,
indirizzando la produzione verso quei beni e servizi desiderati.
Al marketing sono affidati innanzitutto compiti di dialogo con la clientela, per instaurare a
lungo tempo un rapporto fiduciario e di scambio di valore. Vengono poi, la produzione per la

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creazione di nuovi beni e servizi; la finanza per valorizzare le vendite in armonia con le
esigenze di equilibrio economico-finanziario; il commerciale per consolidare i canali ritenuti
più adeguati; con la tecnologia per governare l'ibridazione dei canali comunicativi,
governando la digital transformation; con gli altri stakeholder per generare un clima
favorevole intorno e dentro l'impresa; e con i concorrenti, decidendo delle traiettorie di
confronto competitivo sostenibili ed efficaci.
Le persone che assumono scelte di mercato, definite marketer, devono sempre considerare
le loro responsabilità nei confronti dell’organizzazione per conto della quale operano (cerchio
interno figura 1.1) e del contesto nel quale essa agisce (cerchio esterno figura 1.1). Ogni
scelta di mercato deve produrre risultati positivi nei termini di entrambi i cerchi.
Il quadro delle responsabilità del marketer in figura sottolinea che chi esercita questo
mestiere assume una precisa responsabilità individuale, nei confronti dei suoi pari in
impresa, dei soggetti esterni con cui collabora e della società nel suo insieme.

Lo scambio, fondamentale nel marketing


Il marketing management costituisce, in una prospettiva storica, il modo evoluto, sviluppato
dalle società occidentali del XX secolo, di governare quello che era semplicemente
commercio. Il commercio è fondamentale per la sussistenza dell'essere umano, così come
per il suo livello di benessere e tenore di vita —> lo scambio contraddistingue l'umanità
stessa.
Il sistema di scambio elementare:

Gli elementi fondamentali dello scambio sono sette:


1. Le parti coinvolte,
2. Il risultato che ciascuna di esse intende perseguire,
3. L'oggetto dell'atto di scambio (bene/servizio),
4. La misura del valore di scambio del prodotto (il prezzo),
5. Le relazioni che si instaurano tra le parti,
6. L'orizzonte temporale dello scambio,
7. Lo spazio, fisico o virtuale, in cui avviene lo scambio.

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Le parti coinvolte nello scambio di mercato sono sostanzialmente due: il venditore e il
compratore. Nello scambio il venditore rappresenta il soggetto d'offerta mentre il
compratore quello di domanda. A seconda di quali sono i soggetti che si interfacciano nello
scambio, possiamo avere cinque sistemi possibili:
1. Scambio business-to-business (B2B) dove entrambi i soggetti di offerta e
domanda sono imprese. Quindi possiamo avere un produttore che vende a un altro
produttore (es. il mercato della componentistica auto), un produttore che vende ad un
commerciante (es. i produttori a marca industriale, Barilla, vendono i loro prodotti a
distributori, Esselunga), oppure un commerciante che vende a un altro commerciante
(es. il grossista vende prodotti ai farmacisti);
2. Scambio business-to-consumer (B2C) dove un'impresa si confronta con una
persona fisica. Qui i termini linguistici del confronto saranno diversi: l'offerta penserà
sempre in chiave economica con i ricavi e i profitti, ma deve parlare una lingua
comprensibile alla domanda, fatta di funzioni d'uso, emozioni o suggestioni. Le
soluzioni possibili possono essere di un produttore che vende all'acquirente finale
(es. artigianato), oppure un venditore che vende all'utilizzatore finale (largo consumo,
es. la spesa alla Conad);
3. Scambio consumer-to-consumer (C2C) è quello degli scambi diretti fra persone
fisiche (es. Portaportese o mercati vintage);
4. Scambio business-to-government (B2G) é l’importante ambito di scambio delle
forniture alla pubblica amministrazione degli appalti per la costruzione di opere
pubbliche. La particolarità di tale contesto di scambio è costituita da due aspetti: 1) è
un mercato dove il venditore concorre per assicurarsi la preferenza del compratore,
2) fra gli strumenti dello scambio ha preponderanza la gara d’appalto, che conferisce
al compratore un potere di scambio assoluto, configurando questo scambio come il
“mercato del compratore”.
5. Scambio business-to-business-to consumer (B2B2C) è la fattispecie dei mercati
di consumo intermediati, dove il produttore si avvale di distributori indipendenti per
raggiungere i consumatori.

Il risultato perseguito nello scambio dipende dalla natura del soggetto, cioè se il venditore e
il compratore siano imprese, organizzazioni di altro tipo, o individui.

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Nel caso di organizzazioni economiche orientate al profitto, come le imprese, il risultato
perseguito nello scambio passa attraverso la generazione di ricavi, detti revenue. Questi
sono espressi dalle quantità di prodotto vendute moltiplicate per il rispettivo prezzo:
Ricavi totali= Pi Qvi
Le modalità di determinazione di questo prezzo dipendono dalla natura dell'organizzazione
che ci pone di fronte a due situazioni: se si perseguono obiettivi di profitto allora i ricavi
devono superare i costi; se si perseguono altri obiettivi i ricavi devono essere pari ai costi.
Nel primo caso, parliamo di organizzazioni profit-oriented, nel secondo di organizzazioni
non-profit.
Diverso è il discorso per quanto riguarda il consumatore: qui l'obiettivo perseguito nello
scambio è sempre economico ma è differente dal profitto. È possibile riconoscere un
obiettivo generale che ogni persona persegue nel fare acquisti: l'aumento del proprio
benessere. I prodotti che acquistiamo fungono da strumenti, e dal loro utilizzo noi ne
ricaviamo dei benefici, sia di natura pratico-funzionale (benefici funzionali, es. la penna
scrive), che emotivo-simbolica (benefici simbolico-emozionali, es. L’iPad mi emoziona per
ciò che mi consente di fare). La funzione di “ricavo” è:
Benefici totali= benefici funzionali + benefici simbolico-emozionali

I prodotti immessi sul mercato e presentati dal venditore al compratore sono un bundle,
ovvero un'offerta integrata ed eterogenea. Per esempio, quando acquistiamo una polo
Lacoste, paghiamo per ottenere la proprietà di un bene (la polo) e di un brand (il coccodrillo).
Il primo è l'output di un processo di trasformazione che crea un valore materiale tangibile, la
cosiddetta produzione manifatturiera; il secondo quello di un processo di creazione di valore
simbolico ed emozionale, il cosiddetto branding.
Il venditore invece, cerca di valorizzare al massimo la propria attività, vedendosi riconosciuto
il prezzo che richiede per cedere la proprietà o il possesso (sharing economy) della product
offering al compratore. Questo prezzo può essere concretizzato in due modalità: attraverso
la determinazione di una quantità di moneta o in natura attraverso la corresponsione di beni
e servizi (baratto).
La relazione nello scambio si definisce come una connessione o corrispondenza che
intercorre in modo essenziale fra due o più enti. Philip Kotler, padre del marketing moderno,
pensa che la relazione richieda: la presenza di almeno due parti (il compratore e il
venditore); che ciascuna delle parti abbia qualcosa che possa essere di valore per l'altra;
che ciascuna parte sia in grado di comunicare e di trasferire valore all'altra; che ciascuna
parte sia libera di accettare o respingere l'offerta dell'altra e che ciascuna parte ritenga
possibile e desiderabile trattare con l'altra.
Ciascuna delle parti coinvolte in una situazione di scambio può interpretarlo in due modi:
1. one shot ovvero lo scambio apre e chiude la relazione con la controparte nel
momento stesso in cui si manifesta (es. il turista che acquista un souvenir in una città
dove probabilmente non tornerà mai più).
2. long-term ovvero le parti convengono che lo scambio che stanno per avviare sia
solo il primo di una lunga serie futura e quindi sono consapevoli che esso apre una
connessione che dovrà fondarsi sulla fiducia reciproca e sulla considerazione dei
rispettivi interessi soggettivi: è la fidelizzazione (es. l’attivazione di un abbonamento).
La lettura di marketing è solita interpretare la prima situazione come transazione e la
seconda come relazione.

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La dimensione spaziale dello scambio definisce le fondamentali coordinate di contesto nelle
quali le parti si cercano e incontrano. La parola mercato infatti indica una porzione precisa di
spazio urbano, specializzata e dedicata all'incontro tra compratori e venditori. Un attributo
fondamentale dello scambio di mercato è la certezza: sia i venditori che i compratori sono
certi del fatto che, in quello spazio, troveranno le controparti —> ad esempio in un
supermercato le persone vi si recano nella certezza di trovare un’ampia scelta di prodotti e
marche di beni di largo consumo.
La dimensione spaziale dello scambio si articola su più livelli. Il primo fa riferimento al
rapporto fra la localizzazione del venditore e dei compratori:
● Mercato locale quando i due spazi coincidono e dunque venditore e compratore
condividono il medesimo spazio e si conoscono direttamente;
● Mercato domestico ed estero/internazionale quando i due spazi non coincidono. Il
primo fa riferimento ai confini politici nazionali del venditore, che coincidono con
quelli del compratore (es. la casa editrice Einaudi di Milano vende i propri libri
sostanzialmente in Italia). Il secondo, invece, vede il venditore andare a cercare
compratori anche in altre nazioni;
● Mercato globale quando lo spazio di mercato è planetario.
Il secondo livello fa riferimento alla dimensione materiale dello spazio, ovvero fisico o
digitale. Abbiamo dunque:
● Market place che è lo spazio di mercato tradizionale, fisico, nel quale i beni e i servizi
sono messi in vendita, cercati e scelti;
● Market space è lo spazio di mercato digitale, che talvolta si integra al primo a
formare un unico contesto di scambio;

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Il management di mercato si occupa di produzione, distribuzione e consumo. La produzione
attiene al processo di generazione del prodotto e avviene mediante processi di
trasformazione riconducibili a due fattispecie: i beni, che sono la trasformazione di natura
fisico-chimica di materie prime, che genera una serie di prodotti tangibili + essi sono prodotti
ben prima che ve ne sia il consumo effettivo; i servizi che sono la trasformazione di natura
intellettuale di conoscenza e prodotti, che genera prodotti intangibili + questi devono essere
realizzati contestualmente al momento del loro consumo.

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La distribuzione è la messa a disposizione dei prodotti, beni e servizi, affinché i soggetti di
domanda abbiano sempre accesso alle offerte. La sua funzione economica si snoda lungo
due dimensioni: lo spazio perché la domanda finale di beni e servizi è generalmente
dispersa sul territorio, e il tempo perché la domanda finale effettua i propri acquisti in
momenti non prevedibili o programmabili da parte della produzione.
Il consumo è l'azione umana con la quale le persone si approvvigionano, nello spazio e nel
tempo, dei beni e dei servizi necessari alla loro esistenza. Ne consegue che le persone,
quando consumatori, assumono due distinti ruoli: shopper che è il responsabile d'acquisto,
ovvero la persona che materialmente effettua la decisione del punto vendita in cui recarsi e
scegliere le product offering lì presenti; user ovvero l'utilizzatore finale del prodotto, bene o
servizio, ovvero la persona che poi compie l'atto di consumo.

Le strutture di mercato
Dire “mercato” significa anche considerare una struttura, ossia il quadro delle condizioni
entro le quali lo scambio si può manifestare. Le strutture di ciascun mercato sono
riconducibili a tre fattispecie: istituzionale, di relazione e di valore.
● Struttura istituzionale —> il mercato, in primo luogo, è un'istituzione. In ogni epoca e
luogo, il potere politico si è preoccupato di istituire gli scambi di beni e servizi, con il
fine di soddisfare le esigenze della produzione, distribuzione e consumo. Da ciò
discende che il mercato di ciascuna categoria di prodotto è fatto di regole. In Italia,
per esempio, il mercato dei farmaci è una struttura istituzionale caratterizzata da una
segmentazione dell’offerta (il farmaco da prescrizione o quello da banco), cui
corrisponde una segmentazione dei punti vendita al dettaglio (la farmacia come
punto vendita esclusivo dei primi); degli obblighi di funzionamento della filiera
distributiva (l’obbligo di disponibilità al dettaglio dei farmaci entro 24 ore) e una
definizione di ruoli di acquisto che limita la libertà di scelta della persona (il medico o
prescrittore quale soggetto autorizzativo del consumo).
● Struttura di relazione —> tratta di tutte quelle strutture che concernono la relazione di
scambio fra i soggetti di domanda e offerta. Sono elementi che qualificano come e
attraverso chi si snodano le relazioni di scambio all'interno di un determinato
mercato, e cioè: la rete commerciale specifica, i partner esterni, le abitudini di
acquisto dei compratori finali, e gli usi e le consuetudini commerciali. Tutti questi
elementi-vincolo sono componenti strutturali di ogni mercato e presentano le
seguenti caratteristiche:
1. Sono local-specific e quindi cambiano a seconda dell'area geografica di mercato e
ne esprimono il relativo livello di avanzamento e ricchezza;
2. Sono category-specific e quindi cambiano a seconda della generica tipologia di
prodotto;
3. Sono sia formali che informali: sono espressioni di fatti formali e perciò facilmente
conoscibili, ma anche rappresentati da usi e costumi commerciali che si sono
sedimentati negli anni e quindi difficili da conoscere a priori;
4. Sono pro tempore costanti e dunque vanno considerati come difficilmente
modificabili dalla singola impresa.

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Le imprese quindi si avvalgono di una ricca varietà di partner per fare mercato. I partner
possono essere generalisti (centro media) o specializzati (social media manager). Il
consumatore, connesso 7/24 è potenzialmente informato sulle offerte alternative disponibili.
Ogni operatore economico dello scambio si confronta con un mercato che ha delle strutture
a lui preesistenti, fissate da leggi e regolamenti, rispetto alle quali deve scegliere come
adattarsi al meglio. Da un lato, vi è la progressiva apertura dei mercati domestici alle offerti
provenienti da produttori stranieri, ciò che oggi si riconosce come globalizzazione dei
mercati, che ha incrementato la quantità dei prodotti delle marche in circolazione. Dall'altro,
abbiamo il progresso scientifico e socio economico che ha complicato il quadro delle
strutture di relazione. Infatti, si è moltiplicato il numero e la varietà dei soggetti che
intervengono direttamente e indirettamente nelle operazioni di mercato. Tutto ciò ha assunto
la forma di una grande frammentazione della struttura di ogni mercato, con numerosi
soggetti che a vario titolo intervengono nello scambio.
● Struttura di valore —> ci porta a prestare attenzione ai prezzi finali, i cosiddetti ‘sell
out price’, con i quali un certo tipo di prodotto è commercializzato. Si nota che la
globalizzazione del XXI secolo ha accresciuto la polarizzazione dei mercati, ovvero il
definirsi, per ciascuna categoria di prodotto, di almeno due spazi di offerta molto ben
distinti che si chiamano fasce di mercato. Il territorio di confine fra l'uno e l'altro
spazio di mercato è costituito dunque da un certo livello soglia del prezzo finale, sotto
il quale si è in territorio value, e sopra il quale si è nel premium se non addirittura nel
luxury: 1) il value market è uno spazio dal valore basic, ovvero economico,
caratterizzato dal prezzo basso e dal cosiddetto good value for money + la sua
estrazione verso il basso è la fascia di primo prezzo, 2) il premium market invece è
uno spazio di offerta a valore aggiunto, caratterizzato da prezzi medio/elevati ed
elevati, e da prodotti di aspirazione e di superiore qualità.

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Per capire bene di che cosa tratta il marketing management bisogna inquadrarlo nella
propria cornice spazio-temporale, e per farlo bisogna distinguere due grandi archi di tempo:
● L'era dell'empirismo, il tempo che dall'antichità si ferma alla seconda rivoluzione
industriale avvenuta nel XIX secolo. Il sistema è caratterizzato da una situazione
nella quale l’offerta vende tutto ciò che produce, per cui il marketing è chiamato a
gestire la vendita, ovvero il semplice collegamento fisico sul mercato dei prodotti.
Sono inoltre percentualmente pochi i soggetti in possesso dei mezzi economici che
consentono loro di essere acquirenti. La maggior parte delle persone vive in uno
stato di sussistenza: le case sono piccole e disadorne, l’alimentazione squilibrata e
semplice, ci si veste per coprirsi e con un nonnulla.
● L'era della disciplina, ovvero il tempo che passa attraverso il XX secolo per giungere
fino a noi e proiettarci nei nuovi spazi economici del XXI secolo. La prima grande
discontinuità sia ha nel Seicento quando, in Europa, si avvia un cambio di mentalità,
comportamenti, strutture e relazioni sociali, a cui gli storici daranno il nome di
‘mercantilismo’, e si assiste alla nascita di due soggetti che si rivelano fondamentali:
la banca e la società anonima. Sorvoliamo rapidamente nel XIX secolo e assistiamo
alla nascita di quel movimento intellettuale e tecnico-culturale che chiamiamo
‘management’: un corpus di conoscenze codificate e organizzate, che serve a
supportare l’imprenditore e i suoi collaboratori più stretti (i manager), a gestire la
complessa macchina organizzativa costituita dall’impresa —> ovvero il nuovo
soggetto economico predominante. Con l’avvento del management l’attenzione
dell’impresa manifatturiera si rivolge alle istituzioni che rappresentano per essa il
mercato.

Verso mercati liquidi?

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Tutto il 900 è stato speso nella realizzazione del sistema di scambio del mass market, e
nella sua estensione a un grande numero di categorie di prodotto.
Il sistema di mass market si sviluppa nel corso del tempo per fornire una risposta efficace ed
efficiente a una produzione sempre più ingente e alle crescenti esigenze di consumo della
popolazione.
La condizione affinché una produzione di massa sia sostenibile è che disponga di un
consumo di massa (linea orizzontale). La produzione è localizzata nello spazio, la
popolazione risulta dispersa e ignora l’esistenza delle marche.
La distribuzione commerciale contribuisce a risolvere il problema della connessione fra una
produzione localizzata e delle persone disperse nel territorio.
La digitalizzazione successivamente nel tempo sembra aver messo in crisi le reti
commerciali tradizionali e le sostituisce con nuove (re-intermediazione).
I mezzi di comunicazione offrono i veicoli affinché, attraverso il meccanismo dell’inserzione,
la notizia dell’esistenza dei prodotti e delle marche giunga alle persone. Si sviluppa dunque
un sistema di comunicazione di massa.
Nel tempo, in seguito alla digitalizzazione, vengono introdotti nuovi media di massa e sociali
che modificano strutturalmente i comportamenti delle persone: tra una miriade di media
l’attenzione delle persone risulta scarsa e frammentata.

Capitolo 2 Il marketing nell'impresa


Qual è il senso della parola ‘manager’?

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Il management è uno stile di direzione aziendale, che si contrappone all'empirismo per il
fatto di poggiare su alcune attività che vengono poste in sequenza logico-funzionale tra di
loro in un processo. Lo stile direzionale empirico, fondato su l'accentramento delle decisioni
nella persona dell'imprenditore, funziona così:
1. Analisi: a fronte di un problema, il decision maker analizza la situazione facendo
ricorso alla propria esperienza personale, alla propria memoria, a informazioni
raccolte e alla propria personale competenza tecnica;
2. Scelte: fatte le dovute considerazioni, si decide cosa fare e si mette in “moto la
macchina”;
3. Azione: terminata l’operazione si verificano i risultati, la loro efficacia in relazione agli
obiettivi.

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Tuttavia questo stile risulta variabile a varie perturbazioni che portano alla ideazione di un
nuovo stile. Lo stile direzionale manageriale, che rappresenta una miglioria del tradizionale
modo di gestione, funziona così:
1. L'organizzazione mette in atto una fase di analisi dell'ambiente esterno e interno
metodologicamente strutturata, con tempi, obiettivi e risorse certe;
2. La discussione delle risultanze dell'analisi porta a definire possibili scelte alternative,
fra le quali il comitato direzionale;
3. La definita la linea di azione, il timing, gli obiettivi connessi e le risorse dedicate si
passa alla definizione dei piani strategici che consentiranno all'organizzazione di
raggiungere quanto deciso;
4. Ciascuna fase del piano verrà poi definita in maggior dettaglio con un programma
operativo;
5. Durante e al termine dell'esecuzione del programma operativo, verranno prodotte
opportune metriche che consentiranno di verificare l'efficacia del piano.
Il flusso del processo di management è circolare nel tempo, nel senso che non ha mai fine. Il
marketing management si presenta oggi come un bagaglio culturale per la creazione, la
costruzione e il governo degli scambi di mercato d'impresa, nel quale possiamo identificare:
● Il marketing analitico ovvero l'attività intellettuale che concerne la scomposizione del
quadro entro il quale si colloca la situazione di scambio d'interesse, la
rappresentazione e la conoscenza dei suoi elementi costitutivi. Le analisi di
marketing costituiscono la linfa vitale dei processi decisionali dell'impresa, fornendo
ai manager tutte le informazioni necessarie a massimizzare l'efficacia delle scelte di
marketing.
● Il marketing strategico, ovvero il processo di individuazione degli obiettivi generali e
finali delle relazioni di mercato, predisponendo le risorse necessarie in ottica di
economicità e coerenza con il sistema degli obiettivi aziendali.
● Il marketing operativo, ovvero l'attività di esecuzione dei programmi che realizzano
concretamente le scelte assunte, modellando l'organizzazione a tal fine. Oggi nelle
organizzazioni orientate al mercato i processi operativi appaiono essere: 1) i processi
transnazionali, finalizzati a conquistare la scelta del compratore la prima volta, e 2) i
processi relazionali finalizzati invece a tenere la clientela acquisita nel tempo.

Polarizzazione dei mercati: fasce di prezzo

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La figura mostra il concetto relativo alla struttura del mercato, riportando in asse verticale i
prezzi finali (prezzi sell out) vigenti in una determinata area geografica per una determinata
tipologia di prodotto, e in asse orizzontale i relativi volumi di venduto (volumi sell out).
Lo spazio dell’offerta in molti mercati si va polarizzando fra una condizione “alta” e una
“medio-bassa/bassa” —> quest’ultima rappresentata dal primo prezzo (first price).
Nella prima fascia di valore competono le marche più aspirazionali con offerte selettive; nella
seconda la competizione è fra marche di caratura simbolica e qualitativa più modesta.
La bipartizione in fasce di valore presuppone la fissazione di una data area geografica di
riferimento (es. Italia) e di una data categoria di prodotto (es.vino).

Marketing: fare mercato


La prima componente del termine marketing è la parola mercato. Il termine esprime un
significato a più dimensioni: l'ambiente nel quale avviene lo scambio fra il compratore e un
venditore; l'istituzione, ovvero il sistema di regole giuridiche attraverso la quale
l'amministrazione di una collettività decide di organizzare e governare l'attività; una struttura
fatta di soggetti e delle relazioni fra loro che si costituisce nel tempo; e infine uno spazio
competitivo articolato su due livelli: costrutto individuale della singola impresa che il suo
organo direzionale è chiamato a scegliere, e l'aggregato che mette assieme tutte le scelte
precedenti.

Una cosa è il mercato che la singola impresa considera come proprio territorio competitivo e
nel quale presenta la propria offerta di prodotto, in competizione con quelle di altri. Altra
cosa è il mercato più ampio, che considera non solo il mercato del produttore appena
indicato, ma anche tutti i mercati degli altri player che offrono prodotti della medesima
categoria.
Elementi di contestualizzazione del mercato. Il mercato aggregato è un concetto che
deve essere storicizzato: devono essere definite le coordinate spaziali e temporali. Questo ci
consente di fermare l'osservazione dell'aggregato isolandolo dagli effetti della varietà
spaziale e della variabilità temporale. Una seconda utilità legata alla definizione geografica
del mercato è legata alla sua conoscenza e quantificazione. Conoscere i numeri di base del
mercato è indispensabile ai fini di una corretta gestione del mercato stesso.
Le imprese prestano dunque molta attenzione alla definizione del perimetro
spazio-temporale del proprio mercato traendo importanti spunti:

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1. Dimensioni di base della domanda potenziale (‘di quanti clienti potrà disporre?’) e
della sua attrattività (‘che valore economico esprimono questi clienti in un anno?’);
2. Caratteristiche culturali rilevanti per l'acquisto e l'uso del prodotto;
3. Strutture e normative distributive: la canalizzazione dei prodotti di una determinata
categoria può differire da paese a paese;
4. Player presenti e rapporti di forza consolidati.
Domanda potenziale obiettivo. La domanda potenziale obiettivo è il frutto di un
ragionamento analitico, di un calcolo e di una scelta. Si concretizza selezionando un certo
numero di potenziali acquirenti misurandone le dimensioni economiche e descrivendone le
caratteristiche principali. Si tratta di un'operazione fondamentale del marketing: la selezione
e scelta del target, ovvero del tipo ideale di compratore a cui si sceglie di rivolgere
l'attenzione.
Fascia di valore. La stratificazione delle offerte di prodotto e brand su numerosi livelli di
prezzo differenti è un tratto caratteristico dei mercati aggregati contemporanei. Ogni persona
sa bene che il prezzo da pagare per acquistare un oggetto potrà variare all’interno di un
certo spettro minimo-massimo, sa anche che a livelli di prezzo più bassi ci saranno prodotti
e marche più semplice e che, livelli di prezzo superiori, la qualità e il valore complessivo dei
prodotti andrà sempre più crescendo.
All'interno di ciascuna fascia di mercato le offerte presenti manifestano un diverso valore
promesso al cliente, con:
1. Elevata omogeneità interna —> le product offering collocate all'interno di una data
fascia sono simili fra di loro (es. Maserati e Porsche la differenza percepita fa
riferimento più al gusto personale);
2. Elevata disomogeneità esterna —> le product offering collocate in diverse fasce sono
percepite in modo differente (es. un letto Flou attrae di più di uno dell’Ikea);
Player concorrenti. A seconda della forma-prodotto e della fascia di valore considerate, è
probabile che varieranno le imprese concorrenti. In linea di massima, i player di un dato
mercato possono essere:
1. Generalisti, ovvero imprese che producono diverse varietà di prodotto nell'ambito
della categoria;
2. Specialisti, imprese focalizzate in una frazione del mercato aggregato, su uno o più
prodotti fortemente similari.
Misure di grandezza. Al pari di ogni fenomeno economico, il mercato deve essere misurato.
Le tre dimensioni di base sono:
1. I volumi, che possono essere espressi in termini di unità di prodotto vendute, ore di
servizi erogati, numero di clienti serviti e altri indicatori a seconda del caso;
2. I valori, ovvero la moltiplicazione dei volumi per i rispettivi prezzi;
3. I consumi pro capite della categoria, ovvero le unità di consumo espresse nell'anno e
valorizzati.

Il suffisso -ing in marketing

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Il suffisso -ing in inglese viene usato per denotare un preciso aspetto temporale di una data
azione: la continuità temporale. La continuità temporale dell’azione di mercato di impresa si
ha quando sono realizzate 4 variabili-chiave:
● Relazione con la clientela acquisita (customer retention)→ assicurarsi che il rapporto
fra impresa e i propri clienti abbia una lunga durata temporale, idealmente infinita.
L’impresa è interessata all’insieme di transazioni che in un arco di tempo lungo il
singolo cliente è in grado di generare , dunque la sua fedeltà;
● Reperibilità e accesso→ i beni di grande e ricorrente consumi son diffusi ovunque in
Italia, dal piccolo negozio tradizionale all’ipermercato. Questa “capillarità spaziale” è
inoltre costante nel tempo, nessun cliente nutre dubbi sul fatto che quei determinati
beni si ritroveranno in quei determinati punti vendita anche il giorno dopo e via
dicendo;
● Ricordo di marca→ attenzione da parte dell’impresa alla creazione di conoscenza di
una marca (e dei prodotti che presenta sul mercato) e al mantenimento di un elevato
livello del suo ricordo nel tempo, mediante l’utilizzo continuo di spot televisivi,
affissioni in-store e per le strade, inserzioni sulle pagine web etc. Tutto ciò
rappresenta la colonna vertebrale dell’azione operativa di marketing, in quanto tutti
noi tendiamo a dimenticare le marche;
● Innovazione prodotto→ (rinnovamento del concept di prodotto percepito) dotare
l’offerta di connotati di discontinuità rispetto a quelli del passato, facilmente
identificabili. Le analisi dei dati d’uso del prodotto consentono alle imprese delle
personalizzazioni più accurate e dinamiche del prodotto.
Gli investimenti aziendali che producono effetti significativi sul mercato sono principalmente
quelli che si dirigono su: il prodotto (bene o servizio che sia) affinché non sia mai percepito
come superato; i canali di relazione con la clientela sia prospettica (assicurandosi il ricordo
di marca) che acquisita (stimolandone la fedeltà). La creazione delle condizioni affinché
l'acquirente possa effettivamente entrare in possesso del bene, o godere della prestazione
di servizio, laddove egli si trovi.
Il produttore è il soggetto che, grazie alla propria azione innovatrice, conferisce dinamismo
all’intero sistema, stimolando la domanda con continuità.

Il processo di marketing
Il processo di marketing fa riferimento a una generica impresa di beni e servizi, indicata
come produttore. Questi:
● È il soggetto che si colloca a monte dell'intero scambio,
● Si relaziona con i distributori (trade marketing) e con i consumatori finali (consumer
marketing),
● È il soggetto che definisce il proprio mercato, individuandolo all'interno di un più
ampio spazio competitivo,
● È il soggetto che, grazie alla propria azione innovatrice, conferisce dinamismo
all'intero sistema, stimolando la domanda con continuità.

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Macro-attività del marketing. Un processo è una procedura categorizzata con precisione,
che mette in successione alcune operazioni, ispirate un medesimo fine svolte con ordine e
regolarità. La logica del processo è semplice e rigorosa, il risultato della prima attività si
pone come punto di partenza della seconda e così via fino alla fine.
Nello specifico del marketing, il processo ha tre dimensioni (analitica, strategica e operativa)
che si sostanziano nella sequenza longitudinale di tre macro-attività gestionali, distinte ma
connesse logicamente tra di loro:
● Definiscono un mercato di riferimento per l'impresa. Si analizza l'ambito geografico di
mercato e vi si identifica una domanda di riferimento a cui indirizzare la propria
offerta, poi si sceglie una fascia di prezzo alla quale offrirlo, sapendo che su quella
fascia vi saranno anche dei concorrenti;
● Progettano un'offerta di valore (produce offering) capace di assicurare un vantaggio
competitivo sostenibile nel mercato di riferimento;
● Governano l'offerta di valore nel territorio competitivo, quindi creano le condizioni
affinché l'offerta di valore progettata prenda vita e si affermi nel mercato di
riferimento. Si agisce con continuità perché l'offerta sia nota e accessibile, e si
progetta il sistema di relazione diretta con la clientela.

*
Il management è un metodo che imposta ogni singola macro-attività del processo secondo 3
dimensioni:

14
1. Analitica: l'individuazione, la raccolta e l'analisi di informazioni rilevanti, la loro
elaborazione e comunicazione ai fini dei processi decisionali;
2. Decisionale: la soluzione razionale di scelte d'azione a fronte di alternative possibili e
la loro formalizzazione in piani e programmi;
3. Di controllo: la verifica dei risultati raggiunti dalla messa in opera delle scelte assunti,
mediante misurazioni oggettive e l’analisi degli eventuali scostamenti delle
performance degli obiettivi.
Il marketing strategico si riconduce al sistema analisi/scelta/controllo che riguarda la
definizione del mercato e la progettazione dell’offerta. Invece, il marketing operativo
concerne il sistema analisi/scelta/controllo che riguarda le attività pratiche di governo
dell'offerta sul mercato.
Nella prospettiva del produttore, il mercato è il risultato di un processo di scelta individuale.
Questa prima attività del processo di marketing è considerata strategica, in quanto
espressione pura dello spirito imprenditoriale, infatti essa è: creativa, strutturante, vincolante
e incisiva nel senso che investe direttamente il business model dell'impresa. Questa prima
fase del processo di marketing porta il produttore a definire il proprio mercato di riferimento
come un costrutto multidimensionale. In quanto creativa, l'idea di mercato necessita di una
successiva specificazione tecnica, che spesso l'imprenditore non è in grado di realizzare e
quindi si affianca di professionisti, di una tecnostruttura.
L'idea di mercato immagina un potenziale vuoto di offerta da colmare, ma non arriva a
specificare come e con cosa farlo.

*
La seconda fase del processo di marketing si occupa proprio di questo: progettare qualcosa
che costituisca la concretizzazione di quanto immaginato. Si tratta della product offering:
l'offerta di valore con la quale il produttore si propone di presidiare lo spazio di offerta ideato
e di colmare quel vuoto di offerta che egli ha visto nel mercato che ha immaginato e definito.
La product offering si avvale di un insieme di elementi distintivi che sono:
1. Product system: il sistema di prodotto, composto dall'idea originale di prodotto dotato
di una determinata qualità ed ai servizi associati. Il product concept esprime un
valore funzionale, legato cioè all'uso del prodotto e alla sua performance, ma non è
estraneo alla generazione anche di un valore semantico, legato le sue componenti
intangibili.
2. Brand system: ovvero l'insieme di elementi linguistici, grafici e fonetici che
contengono e sostengono l'identità unica e distinta del product concept.

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3. Price positioning: ovvero il prezzo al quale si è deciso di presentare l'offerta di valore
al compratore finale, collocando la product offering in una delle fasce di valore.
Questa variabile, oltre a giocare un fondamentale ruolo negli economics di impresa,
assume oggi anche una valenza segnaletica esprimendo di concerto con il brand
system l'idea di valore dell'offerta e la sua differenza rispetto alle altre presenti sul
mercato.
- questi tre elementi della product offering non sono sufficienti a mettere il compratore
in condizioni effettive di accedere all’acquisto: il completamento dell’offerta di valore
è dato dall’aggiunta di servizi offerti da soggetti esterni al perimetro del produttore,
ossia gli intermediari distributivi.
Gestire la product offering è una macro-fase del processo di marketing a cui corrispondono
tutte quelle attività che identificano la presenza del marketing nella società dei consumi
contemporanea, come per esempio la pubblicità, le sponsorizzazioni, le promozioni. Il fine è
far acquisire alla product offering un livello di conoscenza elevato presso il target di
riferimento, acquisire un'elevata copertura distributiva del territorio della popolazione e
stimolare la domanda, intermedia e finale, ad acquistare l'offerta con continuità temporale.

Processo di marketing e partner esterni


Il produttore non è autosufficiente a governare la complessità della competizione di mercato
di oggi. Per l’esecuzione dei processi di marketing può avvalersi di alcuni partner esterni, da
affiancare alla struttura organizzativa interna.
Il produttore si trova a poter contare su una rete di potenziali partner che, in ragione del
contributo che offrono all’attività di mercato, possono essere distinti in tre classi:
1. Partner di conoscenza: soggetti che focalizzano la propria attività sull’acquisizione e
l’aggiornamento continuo di conoscenze di alto livello e ampiezza, che il singolo
produttore, da solo, non riesce a possedere.
2. Partner tecnici: player il cui sapere specifico interessa la risoluzione di precisi
problemi di formulazione dell’offerta beneficiari delle scelte di outsourcing
dell’impresa, laddove il produttore trovi convenienza tecnico-economica nell’affidarsi
a organizzazioni specializzate, piuttosto che investire risorse nello sviluppo interno
delle relative capacità.
3. Partner di relazione: organizzazioni che conferiscono il proprio contributo nell’attivare
concretamente la relazione fra produttore e i propri clienti.
Tuttavia, una medesima società partner può avere un portafoglio di attività che la vede
protagonista in più di una categoria di partner, per questo motivo in figura i cerchi sono
parzialmente sovrapposti.

PARTE II: L'ANALISI COMPETITIVA


L'impresa cerca di governare il costrutto dinamico del mercato considerando le condotte dei
concorrenti, quelle dei clienti intermedi e quelle delle persone, cioè i consumatori. Se
vecchia economia, le relazioni fra l’impresa e gli altri soggetti erano unidirezionali, oggi vale
l'esatto opposto: spesso si collabora con i concorrenti, i distributori agiscono sia da clienti,
sia da competitori e da partner di produttori, e sempre più spesso consumatori sono integrati
nei processi di valore di marketing.

Capitolo 3 La marketing intelligence


L'attività di gestione del mercato è fatta di scelte, continue ed eterogenee fra loro: alcune,
cosiddette "strategiche", sono prese raramente e guardano al medio-lungo termine; altre

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cosiddette "tattiche", si orientano più al breve termine; e altre ancora le "operation",
governano aspetti puntuali del business.
Compiere scelte significa assumere delle decisioni nella consapevolezza che non esista
quella migliore in assoluto, ma che ciascuna rechi con sé una certa probabilità di successo
di fallimento. I modi in cui i decisori aziendali compiono le loro scelte possono essere
collocati fra due estremi ideali: da un lato c'è chi decide di affidarsi all'intuito e all'esperienza
personale (empirismo), dall'altro chi opera secondo le logiche e scientifiche della disciplina di
management —> la differenza fra i due è data dalla diversa conoscenza dei fenomeni sui
quali si interviene: la conoscenza empirica appare limitata, soggettiva e parziale; l'altra
invece, poggia su basi più solide ed ampio respiro.

L'informazione di marketing dunque, può provenire sia da fonti informative informali (tipiche
dell'empirismo), sia da fonti informative formalizzate e strutturate (tipiche del management).
In questo secondo ambito, si fa riferimento a un sistema informativo di marketing: è un
costrutto ideale ed è il motore conoscitivo dell'impresa, che genera costantemente le
informazioni che servono ai marketer per agire. La sua struttura è composta da:
1. Fonti informative;
2. Il sistema delle domande/risposte;
3. Il decisore;
4. I risultati.
Le fonti costituiscono il principale serbatoio dal quale le informazioni sono attinte, per poi
alimentare l'intero circuito. I dati che il sistema delle fonti mette a disposizione dell'impresa si
distinguono in:
● Dati primari, ovvero dati i prodotti in risposta a una specifica esigenza conoscitiva
definita in tutti i suoi aspetti. Si possono raccogliere attraverso una rilevazione sul
campo oppure mediante la raccolta dei dati relativi alle property digitali aziendali. Il
beneficio dei dati primari è quello di essere aderenti alle esigenze conoscitive del
marketer, proprio in quanto realizzati appositamente.
● Dati secondari, ovvero dati già realizzati dall'organizzazione medesima in risposta
però a obiettivi conoscitivi diversi e indipendenti. I dati secondari, a differenza di
quelli primari, richiedono una verifica preliminare delle fonti, della loro reputazione e
capacità tecnica.
In relazione a chi genera, il dato si distingue fra:
● Dati di fonte interna: dati che l'organizzazione produce in via ordinaria nello
svolgimento della propria attività, oppure che già detiene al suo interno.
● Dati di fonte esterna: tutti quei dati che risiedono al di fuori delle mura
dell'organizzazione e che sono accessibili, in forma gratuita o a pagamento. La rete
mette a disposizione numerosi rapporti che aiutano a conoscere determinati

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fenomeni (es. l’agenzia internazionale WeAreSocial è la più accreditata fonte di dati
generali sulla rete perché consente anche comparazioni internazionali).

Analizziamo due fonti particolari.


La prima è la ricerca di marketing, ovvero un'attività di produzione di dati e informazioni, di
natura primaria, che segue un progetto di ricerca, la cui elaborazione ed esecuzione è
affidata a un partner specializzato estero. La ricerca può spaziare da una dimensione
minimale, che produce e mette a disposizione i dati primari al marketer, a una ampia in cui il
marketer dispone di dati e anche della loro interpretazione, fino a una consulenza attinente
le scelte legate alle risultanze.
Un'altra fonte è quella degli analytics digitali. Il digitale ha esteso enormemente la loro
potenza, sia a livello operativo che sul piano della generazione di conoscenze di marketing. I
dati digitali oggi disponibili consentono la formazione e l'estrazione di informazioni utili al
marketer, avvalendosi delle potenzialità degli algoritmi. Le digital analytics consentono la
raccolta e l'elaborazione primaria di dati provenienti dalle property digitali aziendali e, proprio
in relazione alla fonte dati, si distinguono in web analytics, e-mail analytics oppure search
analytics.
Le imprese possiedono oggi un sistema informatico che connette i computer fra di loro: si
genera così una intranet, chiusa all'esterno. Attraverso questo sistema, il dato grezzo e
l'informazione sono veicolati e messi a disposizione dei decision maker, per gli usi opportuni.
È chiaro che il marketer assume le proprie decisioni usando direttamente i risultati delle
ricerche di marketing, delle digital analytics o appoggiandosi al DSS aziendale. I risultati di
ogni processo decisionale vanno ad arricchire il database interno, per poi essere
nuovamente immessi nel circuito e utilizzati al giro successivo.

Un ultimo rilevante aspetto riguarda i canali mediante i quali i dati fluiscono dal mercato al
marketer:

Parliamo quindi di “canali conoscitivi” per indicare il modo in cui può organizzarsi
l'acquisizione del flusso di dati elementari di mercato da parte del marketer e dei partner
tecnici di cui si avvale. Si distinguono sei classi di canale:
1. L'interazione fa riferimento alla rilevazione dei dati condotta mediante interviste
dirette, condotte da persone reali o virtuali.
2. L'osservazione e l'ascolto fa riferimento alla rilevazione di dati qualitativi, in contesti
reali o virtuali.
3. La misurazione fa riferimento alla rilevazione di dati quantitativi elementari attraverso
ad esempio i codici EAN e gli scanner lettura ottica.
4. La partecipazione concerne l'acquisizione di dati elementari qualitativi in contesti che
si dicono “immersivi”, ovvero con il rilevatore che partecipa attivamente a una
situazione.

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5. La registrazione conduce alla rilevazione delle risposte biometriche del corpo umano
a stimoli esterni.
6. L'acquisizione, infine, concerne il dato informatico, assunto mediante la rilevazione,
raccolta e registrazione delle tracce del passaggio di ogni individuo attraverso luoghi
del nuovo panorama digitale dell'esistenza.

I temi sui quali il marketer è chiamato ad assumere decisioni vanno ricondotti al


management di mercato.

*
Il processo di marketing pone il marketer alle prese con alcune grandi categorie di scelta,
rispetto a ciascuna delle quali può essere collocata una branca specifica delle informazioni
di marketing. Esse sono
● La scelta del proprio mercato di riferimento, ovvero dello spazio specifico di
competizione all'interno di un più ampio mercato aggregato. Sta alla market research
il compito di produrre dati primari e informazioni utili allo scopo.
● La scelta della configurazione di offerta con la quale aggredire e presidiare il proprio
mercato di riferimento. È compito del consumer insight generare conoscenza sulle
persone, sull'impatto del cambiamento sociale ed economico sui loro comportamenti
e consentire così di adeguare l'offerta desiderata.
● La scelta di investimento sulle attività operative, ovvero ciò che tutti vedono del
marketing: profili Instagram del brand, spot pubblicitari, product placement nelle serie
TV. È compito delle market measurement generare le informazioni atte a governare
in modo corretto queste attività, indirizzando gli investimenti e misurarne l'efficacia
nei termini degli obiettivi prestabiliti.
La progressiva digitalizzazione della vita quotidiana sta portando a una rivoluzione nel modo
di generare e usare le informazioni per fare mercato, tanto che alcuni immaginano un nuovo
paradigma di marketing: il data-driven marketing.

Le ricerche di marketing
Le ricerche di marketing consistono nella produzione di dati e informazioni originali grazie
all'esecuzione di progetti di indagine a pagamento, che applicano una data formula di ricerca
diretta la risoluzione del problema conoscitivo di marketing. Approfondire la definizione per
mezzo delle sue parole chiave:
● Progetti di indagine: una ricerca nasce da un progetto che viene concepito e redatto
da tecnici allo scopo di risolvere un determinato problema conoscitivo del marketer;

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● Appagamento: il compito di concepire, redigere ed eseguire il progetto di ricerca
viene affidato a un'impresa di servizi specialista nella materia.
● Formula di ricerca: è la combinazione originale di metodologia, tecniche di
rilevazione, elaborazione ed interpretazione dei risultati, per risolvere uno specifico
problema di marketing;
● Problema conoscitivo di marketing: il marketer per decidere ha bisogno di conoscere
una data informazione che il ricercatore sarà in grado di fornire;
La ricerca di marketing è quindi una classe di attività tecniche che generano conoscenza di
marketing.
Visto che la varietà dei problemi conoscitivi di fronte ai quali il marketer è chiamato a
prendere decisioni è vastissima, le ricerche hanno elaborato un armamentario
tecnico-metodologico che si divide in:
1. Market research: la ricerca di mercato e la ricerca di marketing non sono sinonimi.
La prima denota la generazione delle informazioni necessarie a compiere la scelta
del mercato di riferimento. La scelta del mercato, evidentemente strategica,
necessita di informazioni affidabili e accurate. Occorre perciò disporre di diverse
informazioni, che è compito dell'attività di market research produrre: conoscenza
strutturale dell'area geografica di riferimento, conoscenza strutturale dell'offerta di
categoria di prodotti esistente nell'area geografica di riferimento, conoscenza della
struttura distributiva per la categoria, conoscenza della domanda potenziale ed
eventuale identificazione del target. In sostanza, le ricerche di mercato sono una
classe di fonte informativa che, raggruppando dati di fonte esterna e conducendo
indagini, fornisce al decisore aziendale gli elementi conoscitivi utili a scegliere il
mercato di riferimento.
2. Consumer insight: occorre conoscere il cliente per potergli offrire ciò che desidera e
di cui ha bisogno. Questa possibilità è offerta da le ‘consumer research’ o ‘consumer
insight’, dal neuromarketing e dai big data.

Le market measurement: misura il mercato


Una delle caratteristiche del pensiero di management è quella di fondare riflessioni e
decisioni su un'attenta considerazione dei numeri che compongono la realtà d'interesse.
Senza la componente metrica del processo di decision making, la distanza tra il
management e lo stile empirico di direzione aziendale sarebbe molto ridotta. Le discipline
manageriali sono dunque alla continua ricerca di strumenti tecnici che consentano di
produrre opportune misure degli accadimenti di mercato.
I ricercatori tendono a distinguere tra ricerca e attività di misurazione. Nella ricerca c'è un
momento di elaborazione concettuale che perviene alla formulazione di una o più domande
di ricerca; nella misurazione no. Le misure di mercato monitorano il progresso delle marche
nel mercato con continuità spazio-temporale + misurano e stimano le dimensioni del
mercato di riferimento, la loro evoluzione e il potenziale.

Gli step fondamentali di un processo di ricerca di marketing sono:


1. La definizione del problema di marketing,
2. La specificazione del tema di ricerca,
3. La definizione della formula di ricerca,
4. L'esecuzione operativa della formula,
5. La presentazione dei risultati.

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A ogni dato problema di marketing espresso dal committente, corrispondono diverse
soluzioni di ricerca e, salvo casi eccezionali, mai una sola strada obbligata. La questione
della specificazione del problema di marketing in tema di ricerca è essenziale: non fare bene
questo passaggio porta ad avere una ricerca inefficace. Solitamente accade che il
committente percepisca il problema di marketing in forma generica e che, con analoga
imprecisione, lo presenti poi al ricercatore. È a questo punto che possiamo individuare un
primo atto della relazione committente-ricercatore. Se tutto va bene, il primo atto della
relazione committente-ricercatore si chiude con una definizione completa del problema di
marketing —> preludio ottimale al secondo atto: traduzione del problema di marketing in un
tema di ricerca contenente espliciti obiettivi conoscitivi (essi sono il punto di partenza del
processo di ricerca vero e proprio).
L’intero processo di ricerca si avvale di alcuni documenti tipici: il briefing, il progetto, il report
finale.

La formula di ricerca
La formula di ricerca è definibile come la specifica combinazione originale di metodologia,
tecniche di rilevazione, elaborazione e interpretazione dei risultati, impostata da ricercatore
per risolvere uno specifico problema di marketing. La definizione della formula di ricerca si
snoda in quattro attività decisionali:
1. La determinazione del disegno di ricerca,
2. Lo sviluppo delle procedure operative di collezione dati,
3. Il profilo degli intervistati-target,
4. La scelta delle tecniche di analisi dei dati e la presentazione dei risultati.
La ricerca può essere ad hoc, ovvero la definizione di una formula di ricerca specifica per il
marketer, oppure una ricerca multi client, ovvero la partecipazione a un progetto di ricerca
ampio, basato su una formula di ricerca non specifica, i cui risultati sono messi a
disposizione di tutte le aziende che lo finanziano.
In seguito, gli step fondamentali nella fase di disegno campionario sono:
1. L'identificazione chiara della popolazione di riferimento in tutti i suoi caratteri
strutturali ai fini della ricerca;
2. La scelta della metodologia di campionamento migliore;
3. La determinazione della numerosità campionaria.

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Esecuzione. L’esecuzione della forma di ricerca sarebbe la realizzazione operativa della
formula di ricerca progettata. Gli step più rilevanti sono:
1. La raccolta dei dati elementari (fieldwork),
2. Il trattamento elementare dei dati raccolti,
3. L’analisi dei dati,
4. La redazione del report e la presentazione dei risultati.
Il fieldwork è un'attività della ricerca critica tanto per la sua influenza sulla qualità del risultato
finale, quanto per la sua incidenza sul costo complessivo di ricerca. Le tipologie di fieldwork
sono diverse e variano a seconda della modalità di collezione dati, possiamo distinguere tra:
metodi di raccolta basati su questionari, su scalette di rilevazione od osservazione, o su
protocolli.
Ultimo importante documento che lega assieme i soggetti della ricerca nell'esperimento del
lavoro è il report. Il report è un documento che deve assolvere una funzione informativa,
circa i risultati e i percorsi dello studio, a beneficio di tutti coloro i quali vi siano interessati
presso l'impresa. Ciò impone che il report si articoli nei seguenti modi:
1. Background e obiettivi dello studio: ovvero il richiamo agli analoghi capitoli del
progetto al fine di allineate sul tema di studio tutti i lettori che non hanno partecipato
ad alcuna fase del lavoro;
2. Executive summary: breve sintesi commentata dei risultati salienti della ricerca;
3. Marketing implications: riflessioni del ricercatore in merito alle possibili applicazioni di
marketing legate alle risultanze dello studio;
4. Descrizione dei risultati;
5. Appendici tecniche.

Capitolo 4 L'analisi della concorrenza


La concorrenza è una condizione che si realizza in una particolare circostanza: la scarsità di
risorse disponibili. La risorsa scarsa per eccellenza, nella presente contingenza storica, è la
domanda. Il marketer considera il cliente come il fulcro della propria azione: è consapevole
che per acquisirne le preferenze e la scelta dovrà affrontare ogni volta, a ogni atto di
acquisto, un percorso difficile, perché il panorama di offerta è ricco di alternative e perché
sono sempre più numerosi i player che perseguono il suo medesimo obiettivo.
Oggi più che mai vi è una sovrabbondanza di offerta, tanto a livello di produzione che di
distribuzione, rispetto alle capacità di assorbimento della domanda —> una domanda satura
che sempre più spesso acquista i beni solo per sostituire quelli già posseduti e i servizi solo
quando i relativi benefici siano stati esauriti.

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Una sana concorrenza può portare dei benefici ai consumatori e aiuta a comprendere la
qualità della competizione di mercato che la realtà contemporanea offre. Dal lato dell'offerta
si ha: un elevato numero di imprese che affollano lo spazio di mercato; un alto grado di
internazionalizzazione della concorrenza, la proliferazione dei brand, la moltiplicazione degli
strumenti di consumo, la varietà delle product offering costruite intorno ai brand, la
moltiplicazione dei canali distributivi e di accesso, la compresenza di diversi revenue model,
la competizione a monte per i contenuti.
Osservando il quadro competitivo del lato della domanda si osserva invece che le persone
possiedono un elevato grado di libertà relativamente a: ventaglio di brand, varietà di
contenuti (film e serie), alternative di prezzo, possibilità di brand switching, tempi e luoghi di
consumo, stili di consumo e device di accesso.

Nella figura viene presentato il caso della televisione e i rispettivi benefici per i consumatori
che una sana concorrenza può portare, e più in generale, aiuta a comprendere la qualità
della competizione di mercato, che la realtà contemporanea propone. La concorrenza è
molto intensa soprattutto nei quadranti broadcast/free to air e broadband/abbonamento.
Nel primo i player puntano ai ricavi pubblicitari, nel secondo ai ricavi da abbonamento e ai
dati personali.

Seguiamo il caso del mercato televisivo italiano.


Innanzitutto, notiamo che a confrontarsi sono imprese con modelli di funzionamento di ricavi
molto differenti:
● La Rai, come concessionario di servizi pubblici, riceve gli introiti di una tassa ad hoc,
cui aggiunge quelli derivanti dall'acquisto di spazi pubblicitari, la vendita di diritti su
contenuti prodotti direttamente e altre voci minori;
● Le imprese commerciali free-to-air, come Mediaset, si reggono sui ricavi derivanti
dall'affitto di spazi pubblicitari, cui si aggiungono la vendita dei diritti su contenuti
prodotti e altre voci minori;
● Le imprese cosiddette OTT (over the top), hanno un modello di ricavi fondato sugli
abbonamenti, cui si aggiungono la vendita dei diritti su contenuti prodotti, i proventi
derivati dai dati e altre voci minori.
Analizzando i tre casi, è evidente che le risorse scarse in questo mercato sono varie: i
budget degli inserzionisti pubblicitari; la fedeltà fiscale delle persone e la conseguente

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attitudine a pagare il canone; le persone interessate a pagare per la visione di contenuti
pregiati.
Inoltre, ciascuno di questi player compete con tutti gli altri per la conquista di un'altra risorsa:
l'attenzione delle persone.
L'attenzione è cruciale per tutte quelle imprese in cui i ricavi siano legati all'investimento
pubblicitario, in quanto da essa dipende l'efficacia o meno della campagna. L'attenzione
delle persone, tuttavia, è una risorsa limitata che si contende con altre forme di
intrattenimento, e quindi con altri mercati come quello dell'editoria, dei videogiochi, lo studio,
eccetera. Emergono distinte accezioni di concorrenza compresenti negli schemi strategici
del marketer:
● Concorrenza tecnico-merceologica: il produttore di automobili si considera in
concorrenza con i propri omologhi e confronta le proprie offerte con le altre;

● Concorrenza funzionale: il produttore di automobili si considera in concorrenza con


tutti i player che offrono beni e servizi per la mobilità urbana e rivede quindi i propri
piani di offerta;

● Concorrenza comportamentale: il produttore di automobili compete con altri


nell'acquisire la preferenza delle persone verso forme di mobilità moto assistita.

24
*
Il mercato varia lungo un continuum che va dal monopolio, stadio della concorrenza zero,
allo stadio di concorrenza perfetta/massima.
● Delle dinamiche d’offerta (concorrenza verticale e orizzontale)→ esprime la qualità
del confronto orizzontale e verticale fra player differenti, impegnati a conquistare la
domanda edificando sistemi di offerta percepiti come non perfettamente sostituibili
con altri;
● Dei comportamenti della domanda (concorrenza come scelta) → esprime il ventaglio
di alternative di acquisto all’interno del quale il cliente esercita il proprio potere di
scelta.
La figura riprende il sistema di scambio nel marketing. La struttura di mercato investe l’intero
sistema. Sul piano dell’offerta la concorrenza investe sia i player della produzione sia della
distribuzione; sul piano della domanda la concorrenza investe sia i player di domanda
primaria (intermediari) che derivati (clienti finali).
La concorrenza è nulla nel regime di monopolio, ovvero quando è presente solo un
produttore a offrire un certo prodotto.
Nella scena economica attuale il monopolio è assente, anche se vi sono ancora delle
situazioni che lo manifestano, ma si trattano di condizioni particolari dette di “monopolio
naturale”.
All'estremo opposto del monopolio, la competizione dovrebbe manifestarsi nella sua forma
più pura, nel caso di un elevato numero di imprese, ognuna delle quali non ha modo di
influenzare l'intero mercato con le proprie strategie. A questo stadio di “concorrenza
perfetta”, le imprese competono per strapparsi a vicenda clienti, sulla base del prezzo.

Il management di mercato quindi è rappresentabile anche come disciplina della


concorrenza. Possiamo dire che il campo di esistenza del marketing è costituito da due
condizioni di mercato:
● L'oligopolio —> i regimi oligopolistici sono quelli nei quali il numero di imprese si
riduce, e così ogni impresa possiede una maggiore possibilità di influenzare il
mercato + aumentano gli spazi di collusione tra gli operatori di mercato, dato che in
pochi è più facile accordarsi.
● La concorrenza monopolistica —> le imprese perseguono l'altra strada fondamentale
della competizione e cioè la differenziazione di prodotto. Si tratta del tentativo di far
percepire le proprie product offering in modo differente dalle altre concorrenti,
rendendole non facilmente sostituibili tra di loro.

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Più articolato è il concetto di concorrenza quando riferito alle dinamiche di offerta. Il concetto
di “concorrenza orizzontale” può essere definito come la rivalità che si instaura tra imprese
che competono per fornire beni o servizi a un medesimo gruppo di clienti, di cui mirano a
soddisfare lo stesso tipo di necessità. Si fanno concorrenza orizzontale le imprese che
possono aumentare la propria quota di mercato o il proprio fatturato, solo a scapito di altre
imprese che operano sul medesimo mercato, nella medesima collocazione di filiera.
Le condizioni di concorrenza orizzontale sono 5:
1. Una product offering incentrata su un bene componente (Intel e Amd nell’hardware);
2. Una product offering incentrata su un bene di consumo (Hogan e Clark nelle
calzature);
3. Una product offering incentrata sui servizi alla persona (Alitalia e AirFrance);
4. Una product offering incentrata sui servizi alle imprese (Alkemy);
5. Una product offering retail (Conad ed Esselunga nella distribuzione del largo
consumo).
La concorrenza orizzontale non è l'unica forma di competizione che si riscontra fra imprese. I
marketer devono anche prestare attenzione a un diverso tipo di concorrenza, quella
“verticale”.

*
La concorrenza verticale si manifesta quando due controparti all'interno di un medesimo
sistema di scambio si confrontano in una contrattazione dove l'ottenimento di vantaggio per
una parte, corrisponde a degli svantaggi per la controparte. Dunque, si ha una concorrenza

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verticale quando nello scambio si contrappongono gli interessi confliggenti dei due soggetti
interessati. Questo stato di cose tende a creare conflitto tra le due parti, il cui superamento è
legato alla capacità relazionale delle medesime.

*
La concorrenza cambia quando è analizzata dal punto di vista del “cliente finale”. La
concorrenza esprime in termini di offerta ciò che, tradotto in termini di domanda, è la scelta.
Il cliente in grado di scegliere quando esistono delle alternative: se si considera il cliente
consumer, a fronte del bisogno di acquistare un mezzo di trasporto urbano, questo potrà
considerare un paniere di alternative. La costruzione di un paniere di alternative è funzione,
da un lato, della capacità del soggetto di acquisire le informazioni necessarie per scegliere
e, dall’altro, della capacità dei soggetti di offerta di comunicare l’esistenza e il profilo delle
varie product offering.

*
La concorrenza allargata è una condizione che unisce perfettamente il modello di
concorrenza orizzontale con quello verticale.
Nel quadro della concorrenza allargata, la pressione competitiva dell'impresa sarebbe
indotta dalle iniziative delle imprese che operano sullo stesso mercato, ma anche dalle
minacce portate da imprese che operano su mercati diversi, che realizzano prodotti che
possono essere considerati sostitutivi dei prodotti dell'impresa (es. Apple compra gli schermi
da Samsung nonostante sia una sua diretta concorrente).

27
Capitolo 5 La domanda
La domanda si sostanzia nel numero di acquirenti, nella quantità e qualità dei beni o servizi
da questi richiesti, per soddisfare le loro esigenze personali e non.
Per quantità si intende l'ammontare fisico in volumi o economico in valori dei prodotti
richiesti. Per qualità si intende invece la tipologia e il loro valore economico.
La domanda è articolata anche nella composizione della clientela e cioè la presenza nella
domanda complessiva di gruppi distinti di clienti con esigenze diverse, che trovano riscontro
nella varietà dell'offerta.
In questo senso l'analisi della domanda costituisce la premessa per la segmentazione che
l'impresa è chiamata a definire nell'ambito del marketing strategico. La domanda si
manifesta in un determinato momento e contesto, nel senso che possiede dei precisi
connotati spazio-temporali: ad esempio la domanda di prodotti fashion cambia in quantità e
qualità nel corso della stagione. Perciò la previsione della domanda (forecast) è
indispensabile ai fini di una corretta programmazione della produzione.
È inoltre da considerare che la domanda si esprime in modi diversi a seconda dei settori o
dei mercati di riferimento.

Un’economia della domanda


La domanda è uno dei punti di riferimento dell'economia contemporanea:
1. Nella macroeconomia è al centro dell’attenzione del decision maker politici, che si
avvalgono di tecnici specializzati e del confronto costante con gli operatori
dell'economia per assumere le scelte più opportune a far crescere il PIL. La
dimensione di domanda che si considera qui è aggregata, cioè mette assieme tutte
le scelte di tutti gli operatori;
2. Nella microeconomia la domanda è uno dei due riferimenti di analisi per
comprendere i mercati, i prezzi e le loro condizioni di equilibrio. La domanda fa
riferimento qui, ai soggetti che, perseguendo un determinato obiettivo di benessere
individuale, si comportano in modo tale da perseguirlo;
3. Nel marketing management la domanda è il punto di partenza e di arrivo di ogni
analisi e scelta.
In quest'epoca storica, la domanda è uno dei principali indicatori economici a cui guardano i
governi dei paesi evoluti: da qualche tempo la si considera come uno degli elementi che
determinano la crescita dei sistemi economici nazionali e dell'economia mondiale nel suo
complesso. Nonostante il fatto che la ricchezza sia generata dalla produzione, ciò che oggi
si considera prioritario per la crescita del PIL è la domanda. Con essa si intende la domanda
aggregata, ovvero la somma delle spese effettuate nel corso dell'anno, sul territorio
nazionale, per:
● Consumi finali (C);
● Spesa pubblica (G);
● Investimenti privati (1);
● Il saldo export-import (NX);
Quindi: Prodotto Interno Lordo = C+G+I+NX. Il PIL è misurabile come somma dei valori
espressi dalla domanda aggregata.

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RIASSUMENDO. L’evoluzione del rapporto domanda-offerta: oggi l’evoluzione della
domanda corre in parallelo a quella dell’offerta e determina l’evoluzione dei sistemi
economici. L’evoluzione dei mercati, dei prezzi e delle tendenze dipende dall’interazione tra
consumatori e imprese. Nell’arco di tre secoli, su diecimila anni di storia dell’umanità, il
rapporto tra domanda e offerta si ribalta. Ora la risorsa scarsa è la domanda.

Configurazioni e stima della domanda


La quantificazione della domanda può avvenire in due diversi momenti e con due diverse
unità di misura:
1. Ex ante, nella forma di stima, si cerca di prevedere sulla base di elaborazioni dei
numeri del passato, che dimensione e tendenza avrà la domanda nel futuro;
2. Ex post, nella forma di misura, si cerca di misurare, con la maggiore precisione
possibile, la dimensione effettiva assunta dalla domanda.
Dal punto di vista del management di mercato, la domanda di una determinata categoria di
prodotto puà essere distinta in:
● Potenziale: consiste nella stima della quantità domandata da coloro che potrebbero
essere interessati al prodotto all'interno di un certo mercato. Il potenziale di domanda
è necessariamente oggetto di una stima —> non si sa con certezza quale sarà la
domanda nel futuro ma si cerca di farsene un'idea precisa.
● Primaria: consiste nella domanda effettivamente espressa per la categoria di
prodotto nel complesso e si rivolge a tutti i produttori che operano su quel mercato.

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*
Nella figura l’ascissa indica il tempo, l’ordinata le quantità della categoria di prodotto, la
domanda potenziale è rappresentata con una retta e cioè è ritenuta costante (accettabile in
un orizzonte temporale breve). Questa domanda è presentata anche come un cerchio/torta,
perché la domanda potenziale di una categoria rappresenta la torta che idealmente tutte le
imprese che operano su quel dato mercato possono spartirsi. La domanda primaria invece è
rappresentata con il tratteggio e il cerchio arancione: essa, come ci mostra il grafico,
generalmente cresce con lo scorrere del tempo, e questo accade perché i mercati si
evolvono in funzione degli investimenti delle imprese.
Mentre la domanda potenziale è una stima, la domanda primaria è una misura. La differenza
tra domanda potenziale e domanda primaria si può spiegare in vari modi: anzitutto
potrebbero esistere un certo numero di potenziali soggetti che, sebbene interessati, di fatto
non usano e ne useranno il prodotto alle condizioni di mercato nelle quali è stata effettuata
la stima e il lancio. Un'altra ragione potrebbe darsi dal fatto che alcuni clienti attuali
potrebbero non utilizzare il prodotto in tutte le occasioni possibili.
La domanda è generata dai soggetti che effettivamente compiono almeno un atto di acquisto
e consumo nel tempo considerato. Questi soggetti però, non sono tutti uguali: alcuni
consumano grandi quantità di prodotto (heavy user, es. chi mangia la pasta ad ogni pranzo),
altri consumano il prodotto in quantità media (medium user, es. chi va a teatro una volta al
mese) e infine alcuni consumano quantità limitate di prodotto (light user, es. chi legge meno
di un libro all’anno) —> si verifica una proliferazione degli user in base all’intensità di
consumo del prodotto. In ragione di ciò la domanda primaria può crescere non solo
aumentando il numero di user del prodotto, ma anche aumentando la frequenza di uso del
prodotto da parte degli user attuali.

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● Secondaria: è quella parte della domanda primaria che si rivolge all'impresa e che si
traduce nelle sue vendite a valore o volume. Quanto più la domanda secondaria si
avvicina alla domanda primaria, tanto maggiore sarà la quota di mercato
dell'impresa, il che le consente di esercitare un certo tipo di condotte di marketing.
Quando la quota di mercato è molto bassa, l'impresa gioca un ruolo marginale
all'interno del mercato di riferimento, ma che può essere comunque significativo.

Come abbiamo detto, la domanda potenziale è un numero e non si può misurare in senso
stretto ma è oggetto di una stima, in quanto non si tratta di acquisti che hanno riscontro in un
fatturato, ma di interesse, intenzione o probabilità d'acquisto che devono essere stimate. Il
ragionamento che sta alla base della misurazione del potenziale è di tipo probabilistico e
richiede alcune scelte soggettive da parte del marketer.
La prima decisione da prendere concerne il tipo di soggetto che si considera quale ideale
user del prodotto: il consumer market che è una persona; business-market che è
l'organizzazione nel suo complesso, o un certo numero di persone che vi lavorano.

La figura riportata sembra riportare o 60 milioni di persone o 26 milioni di famiglie e nel


secondo o 4 milioni di imprese o 17 milioni di addetti. Nella maggior parte dei casi la scelta
della configurazione della popolazione da cui partire è obbligata→ condizioni naturali di
consumo.

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La domanda potenziale è a propria volta dunque composta da un sottoinsieme di individui
appartenenti a un più ampio perimetro di riferimento. La popolazione può essere composta
da imprese, persone fisiche, organizzazioni pubbliche e altre organizzazioni.
Una volta effettuata questa prima scelta, che definisce la qualità della popolazione di
riferimento, occorre individuare l'individuo, per giungere a un sottoinsieme, ovvero il
potenziale teorico di domanda, che presenti caratteristiche e condizioni adeguate a divenire
potenziale user del prodotto.
Questo significa applicare dei criteri progressivi: prima di tutto i requisiti specifici di consumo,
ovvero le condizioni soggettive che l'individuo deve avere perché possa considerarsi ideale
user del prodotto; dopodiché l'interesse verso il prodotto, quindi l'individuo deve manifestare
una propensione favorevole verso il prodotto; e infine l'accessibilità economica, ovvero
l'individuo deve dichiarare la propensione a spendere parte del proprio reddito disponibile
per acquistare il prodotto a un certo prezzo.
Applicando questi tre criteri, il marketer otterrà un certo numero che rappresenta una stima:
la popolazione di individui che teoricamente manifesta una certa propensione favorevole a
prendere in considerazione un determinato prodotto.
I metodi di previsione possono essere distinti in due classi: qualitativi che si basano su stime
soggettive, ovvero sulle opinioni di particolari categorie di soggetti; e quantitativi che si
basano sulla raccolta di dati di mercato. I metodi qualitativi più applicati sono i metodi basati
sulle intenzioni di acquisto, i metodi basati sulle opinioni della forza di vendita e i metodi
basati sulle stime degli esperti esterni. Invece, i principali metodi quantitativi sono i metodi
basati su l'estrapolazione di dati dalle serie storiche, i metodi che si basano sulla
simulazione e i metodi che si basano sui dati sperimentali.
Una volta definito il potenziale teorico di domanda, si sono poste tutte le condizioni per
tradurlo in una domanda potenziale, ovvero nella stima complessiva del valore delle vendite
che si possono realizzare su un determinato mercato in un determinato momento. Segue la
seguente formula:
Domanda potenziale = (N x PiGreco) × 0 x Q
N= consistenza numerica della popolazione obiettivo;
PiGreco= è la percentuale di individui, appartenenti a N, che si stima possano essere
interessati al prodotto;
(N × PiGreco) corrisponde al potenziale teorico di domanda;
0= sono le occasioni di consumo nel lasso di tempo considerato;
Q= è la quantità consumata per occasione espressa in unità di prodotto

Dal potenziale all’effettivo: il processo di acquisto


L'approccio metodologico al mercato della customer centricity (il cliente al centro)
rappresenta la concreta traduzione del marketing concept in pensiero e azione.
Il marketer ha il compito di analizzare e conoscere l'individuo identificato quale potenziale
compratore e, in base a questi elementi, concepire e proporre delle product offering
competitive in grado di esprimere un adeguato valore a suo beneficio.
Il customer, ovvero il compratore-cliente, può assumere una natura varia: il compratore
business (‘buyer’) é colui che per conto dell'organizzazione per la quale opera, ha il compito
di selezionare il fornitore giusto per il prodotto di cui ha bisogno e condurre con questi la
trattativa commerciale; il compratore consumer (‘shopper’) è il responsabile d'acquisto
dell'unità familiare cui appartiene e ha il compito di non far mancare in casa i prodotti di uso
ricorrente quotidiano.

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L'atto fondamentale che caratterizza il cliente è comunque la scelta: il compratore è colui
che è investito del dovere-potere di compiere una selezione fra più alternative di offerta e
scegliere quale sia la migliore. Per il marketer é rilevante distinguere due situazioni diverse:
1. La prima scelta: è il caso in cui il marketer deve guadagnare l'attenzione e l'interesse
del compratore;
2. La ripetizione di scelta: circostanza nella quale il compratore ha già fatto la scelta
una prima volta, e quindi si trova di fronte al bivio se ripeterlo o meno.
Se quindi la scelta è ciò che denota la figura del cliente, risulta fondamentale comprendere
come essa si concretizzi.

*
La ricognizione del bisogno da soddisfare, da parte di un soggetto, parte da una
successione di attività, logicamente connesse, che sono descritte secondo un modello
sequenziale. Nella fase uno il compratore si trova ancora nella fase della genericità, ovvero
percepisce un bisogno. Nelle fasi successive si entra nell'area della specificazione, dove
iniziano a prendere forma delle alternative di scelta, diverse tra loro ma accomunate
dall'attitudine a far cessare il bisogno iniziale.
La ricerca delle alternative consiste in una fase in cui il cliente cerca le informazioni relative
alla product offering dotate delle caratteristiche adatte a soddisfare il bisogno in modo
adeguato. Essere considerati tra le alternative tra cui operare la valutazione è uno degli
obiettivi primari. La fase della valutazione consiste nel confronto tra le diverse product
offering prese in considerazione e nell'identificazione dei relativi pregi e difetti. Infine la fase
di acquisto corrisponde al momento in cui il cliente sceglie effettivamente il prodotto che ha
considerato migliore. La soddisfazione del cliente è l'obiettivo delle imprese e sta alla base
del marketing concept (nucleo fondante del marketing management; è una vera e propria
filosofia di gestione delle imprese e delle organizzazioni, basata sulla centralità del cliente,
dei suoi bisogni e desideri —> il marketing avrebbe il compito di analizzare e conoscere il
compratore e, in base a questi elementi, proporgli delle product offering competitive e in
grado di esprimere un adeguato valore a suo beneficio): le analisi di customer satisfaction
sono essenziali per verificare la continuità del rapporto con la clientela e per prevedere il
turn-over del portafoglio clienti.

Capitolo 6 Il consumatore e la segmentazione


Il consumatore è una persona fisica qualsiasi, colta in una condizione particolare: l'atto di
scegliere una certa product offering e di utilizzarla a proprio piacimento. Le azioni che danno
vita al fenomeno economico noto come consumo, qualificano ogni individuo come
consumatore. In più, la domanda di una medesima categoria possiede un'intrinseca
eterogeneità, legata al fatto che le persone sono, ciascuna, unica, e questo si riflette sulle

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scelte di acquisto e consumo. La pratica del marketing ha trasformato il dato di fatto
dell'eterogeneità della domanda in uno strumento manageriale chiamato segmentazione
della domanda.

L'Italia è passata da una società pre industriale (pre consumo), a una società industriale
(proto consumo), a una società post industriale (consumo di massa e post consumo).
● Pre consumo (società preindustriale, piramidale con economia povera + pochi
prodotti standard): parte dall'antichità e arriva alle soglie della modernità. L'individuo
non è assimilabile alla figura del consumatore, salvo casi eccezionali rappresentati
dalle élite poste ai vertici socioeconomici e politici della società. La massa non esiste
come soggetto economico, la popolazione è soprattutto rurale e orientata al
soddisfacimento dei bisogni essenziali.
● Proto consumo (società industriale, emerge e cresce la classe media): l'inizio di una
condizione di consumo moderna si ha fra la prima e la seconda rivoluzione
industriale. Nelle grandi città iniziano a diffondersi punti vendita moderni, come i
grandi magazzini, e nella popolazione urbana crescono le possibilità di spesa.
● Il consumo di massa: si afferma a partire dal secondo dopoguerra. Seguono anni di
crescita che culminano nel "boom economico". Sono gli anni dell'affermazione del
consumismo: un cambiamento profondo delle strutture valoriali delle persone e di
quelle sociali, operato dall'aumento del benessere materiale e dal nuovo rapporto
con le merci. Alla base dei consumi di massa troviamo la classe media.
● Il post- consumo: oggi (società postindustriale, sostenibilità e società complessa). Un
tempo nel quale il combinato disposto la crisi economica, cambiamento climatico,
digitalizzazione, terrorismo pandemia sta ridisegnando ulteriormente il panorama del
consumo. È un quadro storicamente nuovo, in quanto vi è: 1) la sofisticazione
dell'agire di consumo; 2) l'understatement della qualità e sua identificazione nella
customizzazione più che nelle marche; 3) l'affermarsi del possesso; 4) la
condivisione come valore in sé; 5) il recupero funzionale delle cose, dove il riuso
deve essere la regola e non l'eccezione; 6) il de-packaging, ovvero l'attenzione alla
riduzione degli sprechi alimentari, di acqua e energia, etc.

Conoscere la persona-consumatore
Il marketer, nel confrontarsi con la realtà di consumo, deve considerare due cose:
● La persona-consumatore è il riferimento principale delle proprie scelte di azione e,
perciò, la comprensione delle sue istanze, la conoscenza dei suoi comportamenti, la
percezione delle sue dinamiche è alla base della propria professionalità.
● La persona umana è una realtà complessa, quindi non si può pretendere di sapere
ciò che gli altri desiderino ed accettare l'idea che la comprensione del consumatore
debba avvalersi di conoscenze teoriche.

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Il marketer deve conoscere quella parte di teoria del comportamento umano che attiene
l'agire di acquisto e di consumo, il cosiddetto "consumer behaviour", e così innescare il
processo di produzione, raccolta e interpretazione dei dati elementari sul consumatore, per
trarne le informazioni utili al proprio processo decisionale.

Gli studi sul consumatore hanno vissuto due grandi stagioni:


1. La stagione della focalizzazione sull'acquisto: ipotizza il consumatore come soggetto
perfettamente razionale, in grado di assumere scelte di acquisto ponderate. Un
contributo concettuale, considerato un classico della disciplina, è rappresentato dalla
piramide dei bisogni, con la quale Maslow propose l'idea che l'individuo orienti il
proprio comportamento secondo i bisogni preminenti del momento, orientati secondo
una precisa gerarchia ordinale. In questa dimensione va inteso anche il diritto che si
occupa, in sostanza, di riequilibrare le asimmetrie fra venditore e compratore, per
esempio istituendo il diritto di recesso. Il legame fra consumo e bisogno è sempre
stato al centro di ogni analisi. A metà degli anni 50’ Maslow propose una
classificazione organica dei bisogni umani. Li definiva come “una carenza percepita
in ragione della quale si attiva e indirizza il comportamento”.

2. La stagione dell'attenzione all'atto di consumo: l'importanza relativa del consumo


rispetto all'acquisto cresce —> la semiotica apporta strumenti concettuali per
comprendere il senso del consumo, il significato che un dato prodotto, o marca,
possono assumere nella sfera personale dell'individuo.

L’ambiente di consumo
L’individuo-acquirente, impresa o persona, si muove in un ambiente di consumo all’interno
del quale esprime una serie di attività (processi di acquisto) influenzate da numerose
variabili e fenomeni.

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La teoria cognitivista si occupa del processo mentale all’interno dell’individuo che, nel corso
del processo stesso, apprendimento. La scelta finale può essere espressa nei termini del
modello delle 6W (who, what, when, where, why, how).

L’interazione che si attiva fra queste variabili e fenomeni determina il comportamento di


acquisto. In altri termini:
● L'ambiente di acquisto determina la condizione specifica entro la quale il soggetto si
trova a compiere la propria scelta di acquisto. Il condizionamento relativo al punto
vendita sulla scelta può essere di prodotto, di marca, di prezzo e di servizio.
● Il processo di acquisto configura l'insieme dei passaggi che vengono esperiti dallo
shopper nell'ambiente di acquisto ed è influenzato dalle condizioni in cui esso è
organizzato.
● Il comportamento di acquisto invece concerne il modo in cui il processo prende forma
nell'ambiente. La cultura, il reddito disponibile, l'età, la classe sociale di riferimento e
il tempo disponibile sono tutte variabili che influenzano il comportamento e lo
rendono eterogeneo.

La persona-consumatore e il marketing
Il consumatore è una persona e quindi porta la propria individualità in tutto ciò che fa,
acquisti e consumo compresi. Il consumo è infatti una manifestazione vitale delle persone.
Il marketer deve confrontarsi con tutto ciò, e quindi esistono due possibilità:
1. Mettere a fuoco le sfere identitarie che ciascuna persona-consumatore possiede,
2. Ricorrere a dei modelli.

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Quello dell'identità è un concetto fondamentale per il marketer, in quanto fissa la persona
nella sua individualità, facendone un'entità unica. Le dimensioni identitarie rilevanti sono tre:
1. L’io-individuo (io sono): ogni individuo è diverso dall'altro per cui, in presenza di un
medesimo oggetto da acquistare, ciascuno di noi può seguire logiche diverse;
2. L'io sociale (io esisto): la cultura e la classe sociale conferiscono all'individuo una
certa visione del mondo e delle cose, e l'interazione con i propri gruppi di riferimento
ne influenzano le preferenze e le azioni;
3. L'io decisore (io faccio): il modo in cui il soggetto conclude il processo d'acquisto è un
atto che si esprime in un ambiente di consumo e sotto il condizionamento di variabili
di natura economica che lo riguardano direttamente.
La figura ci mostra come le tre componenti identitarie entrano costantemente in gioco nel
determinare la scelta di consumo delle persone.

Il modello EKB è interessante per la sua capacità di evidenziare alcuni elementi che guidano
il comportamento di acquisto:
1. Un sistema percettivo → la capacità di assorbire informazioni in entrata e di farne
una prima elaborazione, sulla base della loro comprensione. L'insieme di
informazioni così prodotte interagisce con le conoscenze, i valori e gli atteggiamenti
individuali e ne determina e orienta le preferenze.
2. Un sistema motivante → la forza che spinge l'individuo a muoversi, dato da
informazioni ambientali interiorizzate e fatte proprie, che si combina con delle
motivazioni personali connesse all'io-individuo sociale.
3. Un sistema valutativo → che attiene il modo in cui le informazioni sulla product
offering sono usate per valutare il valore da essa offerto.
4. Un processo decisionale → una successione organizzata di passaggi attraverso i
quali il consumatore perviene alla scelta.
Il comportamento di acquisto viene distinto dal modello EKB in due momenti rilevanti: il
primo acquisto, ovvero la scelta di una determinata product offering per la prima volta + gli
acquisti ripetuti, ovvero la ripetizione dell'acquisto per sostituzione o per esaurimento, del
primo prodotto acquistato. La customer satisfaction è la metrica fondamentale che viene
utilizzata per controllare che la performance sia stata all'altezza delle aspettative, nel
convincimento che un suo valore positivo sia la condizione necessaria affinché l'acquisto si
ripeta.

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Un secondo modello classico è una matrice logica 2x2, che identifica alcuni modelli tipo di
comportamento del consumatore. Il consumatore si orienta alla ricerca della varietà quando
è disposto a sostenere un modesto sforzo mentale nell'acquisto, il che si traduce in scelte
contingenti che poggiano sul processo valutativo del momento, nella consapevolezza che
esistono molte marche. Un grado di coinvolgimento maggiore cambia invece la natura del
processo, orientandolo alla ripetizione della scelta di marca laddove il primo acquisto abbia
generato soddisfazione. Laddove invece la differenziazione percepita sia modesta, un basso
coinvolgimento psicologico conduce a comportamenti fortemente dipendenti dall'ambiente di
consumo e dalle contingenze del momento, ci si affida all'abitudine e si ricerca la
convenienza.

*
L'ultimo modello è quello del customer journey, di matrice professionale e legato alla
digitalizzazione dei modelli di consumo. L'immagine è una rappresentazione grafica della
complessiva esperienza che il consumatore vive con la product offering: lo schema del
"viaggio del cliente" rientra nel più ampio concetto di customer experience. Gli assunti su cui
poggia tale modello sono i seguenti: oggi il consumatore conduce il proprio percorso di
scelta in un contesto aperto, dove le interazioni con altri e con i punti di contatto che la
marca ha predisposto, i cosiddetti touch point, sono continue e numerose + il consumatore
non è più un mero ricettore passivo di stimoli, ma anche una fonte di comunicazione,
connessa e indirizzata non solo agli altri ma anche alle marche stesse.

La segmentazione della domanda potenziale


Se si vuole puntare sui singoli compratori per cercare di costruire un'offerta, la
segmentazione della domanda è lo strumento principale del marketer. La segmentazione
della domanda può essere vista in due modi equivalenti:
1. Raggruppare gli individui che compongono la domanda potenziale in dei segmenti,

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2. Frammentare la domanda potenziale in sottoinsiemi distinti fra di loro e che, nel loro
insieme, esauriscano la domanda medesima.
Nel primo caso si parte dall'individuo e lo si raggruppa entro cluster popolati da individui
simili a lui, che poi definiranno i segmenti.
Nel secondo si parte dalla domanda e se ne individuano degli aspetti di eterogeneità
rilevante sulla base dei quali vengono definiti dei perimetri nei quali collocare gli individui
della domanda medesima.
La segmentazione produce dunque una sorta di frammentazione (variabili geografiche,
demografiche, psicologiche e comportamentali) concettuale della domanda potenziale di una
data categoria.

L'impresa guarda alla domanda, riconosce e vede in essa la presenza di opportunità di


business attraverso la sua frammentazione e verifica la rispondenza dei segmenti ai criteri,
definendone un certo numero e tipo. Accertata la presenza di segmenti nella domanda, il
processo di marketing management prevede che si operi una scelta strategica che si
sostanzia nel termine target.
Il target rappresenta il segmento cui ci si intende rivolgere, intorno al quale la product
offering è costruita e al quale indirizzare gli stimoli di marketing. Le scelte di target possono
porre l'impresa in una di tre condizioni:
● Mass marketer: l'impresa decide che la segmentazione operata non è significativa,
oppure si accorge di non disporre delle risorse adeguate, perciò decide di azzerare il
proprio punto di vista sulla disomogeneità e rivolgersi a tutta la domanda;
● Segmenter: l'impresa decide di eleggere uno o più segmenti a proprio target,
focalizzando sulle specificità di ciascuno di essi una specifica formula di valore e uno
specifico programma di marketing;
● Combiner: l'impresa, verificata l'esistenza di alcuni segmenti, decide di operare una
strategia di offerta che ne elegga a proprio target una loro combinazione, dedicando
a questo macro segmento una specifica proposta di valore e programma di
marketing.

PARTE IV: PROGETTAZIONE STRATEGICA DELLA PRODUCT OFFERING


“Valore” è un termine centrale nelle riflessioni del marketing: rappresenta il territorio ideale
nel quale domanda e offerta si incontrano e sul quale si confrontano. Un tema centrale del
management di mercato è dunque l'offerta di valore al cliente, detta product offering.

Capitolo 9 Il sistema prodotto


Il prodotto è al centro della proposta di valore dell'impresa, con una differenza significativa
rispetto al passato: oggi va inteso in una configurazione allargata, come sistema prodotto, in
quanto comprende alcune componenti accessorie, la cui presenza e qualità influiscono sul

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valore della product offering, sul grado di differenziazione dalla concorrenza e sulla capacità
di offrire prestazioni personalizzate.
Dentro l'impresa, il prodotto si colloca al confine fra due sue partizioni organizzative, la
produzione e il marketing, ma anche fra due mentalità e obiettivi: l'efficienza e
l'ottimizzazione dei processi. Il prodotto è l'oggetto fondamentale dello scambio e, a seconda
del punto di osservazione dal quale lo si guardi, esso può rappresentare:
● L'oggetto fondamentale dello scambio di mercato;
● Il perno della formula di offerta (product offering) che il venditore propone al
compratore, dotandola di valore;
● Il generico output di un processo di trasformazione, detto product category, che
definisce un mercato in termini aggregati;
● Un quid che a seconda della natura prevalente delle sue caratteristiche prende il
nome di bene o servizio.

All'interno dell'impresa, all'area della produzione sono assegnati degli obiettivi strategici
progettuali: decidere quale scala dimensionale e capacità produttiva conferire agli impianti,
quale struttura tecnica scegliere per l'impianto, dove localizzare l'impianto, come progettare
la struttura (layout), in che misura integrare verticalmente tutte le fasi che portano dalle
risorse iniziali al prodotto finito, disegnare il sistema dei partner esterni cui affidare parti e
sequenze del processo di trasformazione.
Una volta assunte queste decisioni, l'impresa si è messa nelle condizioni di realizzare una
data varietà di prodotti, con dati quantitativi massimi producibili a un costo unitario di
produzione che dipende dalla tecnologia installata e dall'efficienza ottenibile dal miglior
funzionamento dell'impianto e del sistema di partner prescelti.
Scopo della funzione di produzione è perseguire tre obiettivi-chiave:
1. Riduzione dei costi unitari medi: attuabile attraverso la standardizzazione dei
prodotti, la generazione di volumi di produzione ottimali per la tecnologia installata, la
minimizzazione dei costi di non qualità;
2. Flessibilità: è strettamente dipendente dal livello tecnologico degli impianti, attiene
l'attitudine a realizzare dei prodotti differenziati pur con uno stesso impianto, potendo
contare su bassi tempi di setup delle macchine;
3. Elasticità: concernente la capacità di variare rapidamente i volumi di produzione
senza incrementare i costi unitari medi;
Alla funzione di produzione sono richieste delle capacità di pensare e governare i processi
manifatturieri, in modo tale da garantire: il livello qualitativo del prodotto che è stato
progettato, la disponibilità dei volumi di produzione nei tempi previsti in funzione delle
esigenze del mercato, il costo unitario medio-obiettivo, sul quale basare il posizionamento
nella fascia di valore prescelta.
L'impresa può trovarsi in una delle quattro situazioni:
1. Produzione a progetto: detta anche job-shop, si caratterizza per il fatto che l'impresa
nasce e si organizza ai fini di realizzare un prodotto unico e si scioglie una volta
realizzato;
2. Produzione su modello: si caratterizza per la realizzazione di piccole serie, che
ripetono un modello prevenduto rispetto alla sua realizzazione materiale;
3. Produzione intermittente su grandi lotti: si basa su un ciclo operativo complesso,
richiedente grandi investimenti in costi fissi e macchine specializzate, capace di
rilasciare una molteplicità di prodotti in grande serie, ma suddivisa in sottogruppi per
meglio cogliere esigenze di domanda specifiche;

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4. Produzione continua: genera grandi flussi di un prodotto che è sostanzialmente
standardizzato, privo cioè di significativi adattamenti alle esigenze di domanda.

La tipologia di processo produttivo su cui l'impresa basa la propria attività condiziona dunque
l'approccio di business e quello di mercato.

L'impresa agisce come un sistema dinamico, aperto alle influenze e ai cambiamenti esterni e
dotato di capacità di autoregolazione, che si fonda su una struttura specifica:
1. Tecnico-produttiva, che riflette le scelte di strategia produttiva e che presenta
determinate caratteristiche di dimensione, produttività e flessibilità;
2. Di marketing, che riflette la strategia di interpretazione e copertura del mercato da
parte dell'impresa e presenta determinate caratteristiche di dimensione, efficienza e
potere di mercato.
Queste componenti vanno considerate pro-tempore costanti, cioè non suscettibili di
significative modifiche nel breve termine. Vi è dunque un legame e un condizionamento
reciproco tra le due strutture che vincola e indirizza i processi di marketing. È possibile
rappresentare la relazione corrente nel breve termine, fra la struttura tecnica e quella di
mercato, individuando quattro grandi approcci di mercato e due macro modelli di business.
● Mass market: l'approccio che si basa su una struttura fatta per i grandi volumi di
produzione, standardizzati o lievemente differenziati (es. pasta alimentare Barilla).
● Segmented market: l'approccio che sfrutta impianti di produzione flessibili, capaci di
differenziare il prodotto finale senza significativi aggravi di costi e perdita di economie
di scala (es. shampoo).
● Niche market: si basa su produzioni sperimentali in piccoli lotti realizzate con
impianti specifici o despecializzati (es. auto Ferrari).
● One-to-one market: espressione massima della personalizzazione del prodotto sui
desideri del cliente-committente (es. abito su misura).

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La logica economica impone una scelta del modello di reddito da perseguire, partendo dal
monte ricavi che la gestione genera sulla seguente elementare relazione:
Ricavo = Prezzo Unitario × Quantità vendute
In base alla logica prevalente che il player segue nel generare i propri ricavi, data anche la
struttura tecnica installata e margini di reddito, possiamo definire due classi di modello di
business:
● Mass marketer: deve fare elevati volumi di venduto per garantirsi quel monte ricavi
che gli serve ed essere sempre efficiente;
● Special marketer: cerca di qualificare la propria clientela sull'alto splendente,
perseguendo più il mantenimento di alti prezzi che una crescita di volumi, e
privilegiando la soddisfazione della clientela all'efficienza.
Dal punto di vista tecnico-merceologico, ogni processo produttivo può idealmente generare
una certa varietà di prodotto, che opportunamente organizzata, prende il nome di gerarchia
di prodotto. Al livello più alto abbiamo la product category o product class. Ogni product
category è poi suddivisa in varianti di primo livello, product form. Ogni variante di primo
livello può essere poi articolata in sottovarianti (variations of class). All'ultimo livello stanno i
brand. La gerarchia di prodotto costituisce perciò la mappa delle possibili varianti di prodotto
che un dato processo produttivo è in grado di realizzare.

Il prodotto nella product offering


Nel modello della product offering il prodotto è inteso come sistema, ovvero come un
insieme di più componenti distinte ma connesse tra loro a formare un unico oggetto dotato
della capacità di esprimere valore a beneficio del suo utilizzatore. Questa capacità si
esprime grazie al possesso di alcuni attributi elementari —> un attributo è una variabile di
prodotto.
Si chiama core benefit il valore offerto attraverso il mix di attributi base del prodotto: grazie al
core benefit il prodotto è in grado di offrire una performance accettabile. Nei spazi di offerta
più ricchi di valore e articolati del mero core benefit, i benefici simbolici entrano in gioco e
contribuiscono alla crescita del valore complessivo dell'offerta. Essi si esprimono attraverso:
alcuni attributi tecnici del prodotto, come il design e il packaging, e la capacità del brand di
svolgere un ruolo comunicativo dal soggetto verso gli altri e se stessi.

Esistono quattro componenti elementari del sistema prodotto:


1. Il product concept: è un'idea che si basa sulla considerazione dell'esistenza di due
livelli di prodotto —> quello generico, rappresentato nell'architettura della gerarchia di
prodotto dalla categoria, e quello specifico che la singola impresa concepisce e
realizza. Il product concept si basa su una scheda tecnica di progettazione, che
esprime le specifiche caratteristiche che il prodotto dovrà avere. Il concetto di qualità
tecnica di prodotto va scisso nelle due componenti progettuali ed effettiva.
2. Il product design: si tratta di un attributo creativo e tecnico che miscela fattori
ingegneristici e tecnologici, i materiali produttivi e l'estetica da realizzare, e che
convoglia tutto all'interno di soluzioni riproducibili dalle macchine utensili disponibili
all'interno di un processo manifatturiero. Il product design in sostanza ha a che fare
sia con le capacità del concept di produrre prestazioni funzionali (comodità di una
seduta) che con quella di produrre un’esperienza estetica. Inoltre il design può
esprimersi anche attraverso una componente particolare del product concept ossia il
packaging, la confezione materiale.

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3. Il product packaging: il design può esprimersi anche attraverso il packaging, ovvero
la confezione materiale che da un punto di vista funzionale fraziona il prodotto
nell'unità di vendita e consumo, facilita l'uso corretto del prodotto, consente il
trasporto del prodotto dal luogo di acquisto a quello di consumo, difendendo
l'integrità, consente lo stoccaggio e aiuta il consumo dilazionato conservando il
prodotto nel tempo.
4. Il customer service: fa riferimento a un'ampia congerie di attributi che innalzano la
capacità del prodotto di esprimere tutto il proprio valore a beneficio del compratore.
Le funzionalità del customer service possono essere ricondotte a: customer
information (informazioni sull'utilizzo che consentono al consumatore di far
funzionare correttamente il prodotto, facendogli esprimere tutto il proprio potenziale);
customer service (servizio di assistenza in remoto che risolve i problemi di utilizzo e
raccoglie segnalazioni di insoddisfazione); servizio di installazione e manutenzione
ordinaria (l’uso di alcuni prodotti presuppone un’installazione non accessibile a
chiunque, quindi l'offerta del prodotto è da intendersi completata da questo servizio);
garanzia (esplicita al compratore la promessa di valore che il venditore esprime sul
proprio product concept).
Il sistema prodotto è dunque una rappresentazione integrata di una serie di elementi
indipendenti che, nel loro complesso, compongono la proposta di valore del prodotto.

Il prodotto e la sua vita


L'innovazione di prodotto va intesa in due sensi: l'ideazione di un prodotto nuovo per
l'impresa e con il quale essa crea un mercato fin lì non esistente; l'ideazione di un prodotto
nuovo per l'impresa, ma di una categoria già esistente e quindi non nuovo in assoluto per il
mercato. Generalmente la prima tipologia di innovazione viene chiamata technology-push,
mentre alla seconda vengono ricondotte le innovazioni demand-pull.
La vita del prodotto può attraversare diverse fasi:
● Lancio o introduzione sul mercato: corrisponde alla nascita del mercato, fase nella
quale le vendite sono bassissime per il fatto che la domanda-target ancora non
conosce l’esistenza di un prodotto e i distributori coperti sono ancora pochi;
● Crescita del mercato: si ha quando la domanda sia stata innescata con successo, le
vendite del prodotto conoscono un rapido incremento che si mantiene costante per
un po’ di tempo a tassi anche crescenti;

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● Maturità del mercato: è il momento in cui le vendite cumulate toccano il loro massimo
storico, ma in cui i tassi di crescita delle stesse rallentando per poi fermarsi
definitivamente (andamento flat o plateau);
● Post maturità: declino (il prodotto esce progressivamente dalla sfera di interesse dei
consumatori), pietrificazione (assestamento delle vendite su un certo livello di volumi)
o rivitalizzazione delle vendite (quando qualche produttore riesce a innescare un
nuovo ciclo di vita del prodotto).

Capitolo 10 Il perno dell’offerta: il brand system


La marca ha un ruolo da protagonista in ogni atto di scelta che compiamo. Il "branding" è
quella funzione di produzione che produce un valore immateriale che si integra a quello del
prodotto. La definizione della product offering poggia essenzialmente su due funzioni di
produzione:
1. La funzione di produzione del tangibile: è il sistema di trasformazione manifatturiera,
che genera il product system ed esprime un valore funzionale-emozionale, legato
cioè all'uso del prodotto e alla sua performance;
2. La funzione di produzione dell'intangibile: è il sistema di creazione di valori intangibili
che chiameremo branding, un processo che genera l'insieme di elementi
simbolico-linguistici che conferiscono un'identità unica e distinta dal product concept.

Il brand system, che è l'output finale del branding, opera sul bene o servizio una seconda
trasformazione che va letta in senso:
● Commerciale: dota il prodotto di alcuni elementi che ne facilitano la vendibilità (es. il
colore).
● Cognitivo: veste il prodotto di elementi che impattano sulla mente dello shopper sul
piano cognitivo (es. nome o grafica dell'etichetta);
● Simbolico-emozionale: aggiunge delle valenze simboliche ai prodotti.
La marca dà la possibilità al produttore di posizionarsi in rapporto ai propri concorrenti e di
far riconoscere le qualità distintive, ovvero il punto di differenza.

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L'awareness e l'immagine di marca accumulano il valore delle azioni che si sono andate
susseguendo nel tempo.
La marca però non è una rendita, ma essa vive e prospera solo se è in grado di apportare
un valore aggiunto al consumatore, evolvendosi nel tempo. La marca è una vera e propria
firma, che identifica il produttore e che lo responsabilizza in modo continuativo nei confronti
della clientela alla quale si riferisce.

Marca e acquisto
In tutto il percorso di decisione, la marca è attiva, esprimendo delle utilità di acquisto e
consumo, a beneficio della persona-consumatore. La marca è il segnale che indica
l'esistenza di un complesso specifico di caratteristiche in un dato prodotto. La marca funge
da elemento di orientamento, in quanto il consumatore utilizza le informazioni che essa
contiene per orientare le proprie scelte di acquisto, in funzione dei propri desideri o delle
situazioni di consumo contingenti. La marca è un mezzo pratico che il consumatore utilizza
per memorizzare le caratteristiche, tangibili e non, dei prodotti e associarvi un nome. Se è
facilmente memorizzabile e riconoscibile, la marca consente al consumatore di adottare un
comportamento ripetitivo e routinario che ne semplifica il processo decisionale.
La marca si connota anche come un mezzo di comunicazione sociale, che consente di far
sapere chi si è e qual è il sistema di valori. Alcune marche sono molto più di un segno:
raccontano segmenti di vita vissuta, esprimono progettualità, si agganciano a sentimenti
positivi e quindi entrano a far parte di un mondo affettivo che va ben oltre il mero prodotto.

Il brand system
Il modo giusto di rappresentare la marca è quello del sistema: un insieme integrato e
coordinato di componenti elementari autonome e sinergiche tra di loro. Il brand è appunto,
un sistema che integra più elementi distinti, di qui "brand system". Il brand system si
manifesta con delle specifiche componenti: la prima è l'architettura e si tratta del disegno
complessivo di valore, che integra tutte le componenti elementari del brand e conferisce loro
valore. Nell'architettura di marca distinguiamo due livelli decisionali:
1. Macro-architettura: esprime il portafoglio brand system dell'impresa e conferisce alle
marche possedute una chiara logica e identità. In quest'organizzazione si può avere
una marca madre con la funzione di ricondurre tutti alla medesima casa.

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2. Micro-architettura: data dall'impianto del singolo brand system, eventualmente a
partire dalla stessa marca ombrello. Questa composizione mette insieme due distinti
insiemi di tessere. Le “tessere segno” sono le componenti cognitive del brand system
che servono a far conoscere, riconoscere e ricordare il brand stesso. Si chiamano
segno perché lasciano una traccia, un segno nella mente del consumatore (es. il
brand name). Le “tessere senso”, invece, sono le componenti del brand system che
servono a dare significato (es. la brand reputation).

Le architetture di marca
Tutte le imprese hanno un marchio ma non tutte hanno un brand. Il marchio, ovvero la
componente grafica del brand system, è universale. La marca investe numerosi territori:
● L'impresa: la marca è un valore economico, di tipo patrimoniale. I soldi spesi per
costruirla e gestirla nel tempo rappresentano un investimento di lungo termine.
● La mente umana: la marca parla alla nostra mente e si imprime nella memoria,
costruendo con le persone una relazione che non è fatta solo di prodotto.
● Gli spazi collettivi: le strade e persino la rete sono tutte popolate dalle marche dei
punti vendita, delle affissioni pubblicitarie e delle insegne.
● Le relazioni sociali: alcune marche sono diventate veri e propri aggregatori sociali di
persone.
Attorno a certi brand si formano modelli stilistici, abitudini alimentari, etc.

Macro-architettura. Capita spesso che le imprese dispongano di un portafoglio brand con il


quale presidiano più mercati, aree geografiche, target, etc. Questa situazione pone i
manager nella condizione di dover organizzare il proprio portafoglio in modo tale da non
creare confusioni, sovrapposizioni e ridondanze, e creare delle sinergie fra i vari brand
system. L'organizzazione del portafoglio fa emergere alcune rilevanti qualificazioni della
marca, che il marketer deve ben conoscere:
● Umbrella-brand: è la marca madre sotto la quale si addensano altre marche
(sub-brand);
● Corporate brand: è il livello superiore di brand, che identifica l'impresa oltre che la
product offering che essa genera;
● Line brand: che si estende su più tipi di prodotto fra loro complementari;
● Family brand: copre diverse categorie di prodotto e può articolarsi in diversi brand di
prodotto a sua volta.
Le soluzioni per progettare un'efficace mappa delle marche dell'impresa sono molte —> una
di queste considera quattro distinte possibilità. A un estremo vi è la cosiddetta forma di
branded-house, che organizza tutti i brand aziendali attorno al brand originario. All'estremo
opposto vi è la scelta della cosiddetta house-of-brands con la quale l'impresa si nasconde
dietro i brand coi quali opera sul mercato. In posizione intermedia vi è il modello di
sub-branding, con la quale al brand primario viene associato un termine qualificante la
differenza. Infine abbiamo la scelta di endorsed branding, con la quale un brand autonomo
viene ricondotto a un parent brand noto.

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Micro-architettura. Essa si preoccupa di ideare e comporre tutti i segni della marca in un
unicum, avendo cura che essi abbiano: piena coerenza rispetto alla soluzione organizzativa
del portafoglio prescelta (macro-architettura); piena coerenza rispetto al posizionamento di
valore che il brand andrà a ricoprire sul mercato; efficacia comunicativa e flessibilità.
La micro-architettura produce dunque la singola marca, quella che le persone conoscono,
desiderano, acquistano e a cui riconoscono un valore. I sensi coinvolti dalle componenti
architettoniche del brand system sono: la vista (sollecitata dagli elementi grafici, come il
lettering, e da quelli simbolici come il logo); l'udito; e l'olfatto.
Le tessere a disposizione del marketer sono:
1. Tessere proprietarie → elementi del brand system che vengono ideati, costruiti e
gestiti direttamente dall'impresa. Si tratta del brand name, del brand logo, della brand
proposition, anche detta slogan o pay off, e del brand sound;
2. Tessere contrattualizzate → elementi del brand system che vengono legati al brand
attraverso forme contrattuali. Si tratta del brand testimonial e del brand character.
Distinguiamo due tipologie di tessere:
1. Tessere interne: si tratta di elementi del brand system che vengono ideati, costruiti e
gestiti direttamente dall'impresa. Si tratta della brand identity e del brand heritage.
2. Tessere esterne: si tratta di elementi del brand che incidono sulla sua immagine,
sebbene siano esterne. Si tratta della brand reputation e del country-of-origin effect.

La gestione della marca mira ad alcuni specifici obiettivi: operare una trasformazione
cognitiva del product system, rendendolo conoscibile, comprensibile e memorizzabile;
incrementare il valore percepito del product system; incrementare la percezione di qualità
del product concept; e accrescere il potenziale competitivo della product offering,
definendone il punto di differenza rispetto ai competitor:

La gestione straordinaria del brand system


Il branding non è fatto solo di scelte strategiche e attività quotidiane, la gestione del brand
system prevede anche dei momenti di importante discontinuità. In particolare si tratta di
queste operazioni:
● Brand stretching/extension —> l'applicazione del brand system a più product concept
differenti. La line extension è un'operazione frequente e può avvenire in tre direzioni:
trading down (estensione del brand verso il basso, ovvero quando una marca

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posizionata nel superpremium decide di lanciare una nuova product offering in una
fascia inferiore), trading up (estensione del brand verso l'alto, quando una marca
posizionata nel mainstream cerca di offrire esperienze più sofisticate di prodotto ai
propri clienti, lanciando una varietà superiore), orizzontale (estensione di linea che
interessa la medesima fascia di valore e target di riferimento).
● Brand repositioning —> il riposizionamento del brand system;
● Co-branding —> la combinazione di brand system differenti in una medesima
product offering. Si può avere un arricchimento della product offering di tipo:
funzionale (incrementare la capacità della product offering di generare benefici pratici
per il consumatore), simbolico (si tratta di generare un potenziamento dell'immagine
delle marche partner attraverso un endorsement reciproco dei brand) e
comunicativo.
● Re-branding —> la modifica di componenti del brand system. Esso può avvenire in:
change in marketing aesthetics (cambiamento di natura superficiale, apportato a
componenti tecniche del brand); change in positioning (cambiamento profondo che
investe i pilastri di valore del brand e quindi ne modifica la posizione di mercato).

Capitolo 11 Il posizionamento di prezzo


Il prezzo misura ed esprime il valore scambiato tra le parti.

*
È una variabile articolata e risente di fattori che il marketer non riesce a controllare (elementi
esogeni ed elementi competitivi).
● A livello esogeno, il prezzo interessa nella componente dell'economia. Le imprese
sono infatti interessate al livello generale dei prezzi vigente nel mercato di riferimento
e al loro andamento: l'inflazione misura una tendenza generale all'aumento dei prezzi
in un dato paese, la deflazione il contrario. Interessa anche la distribuzione del
reddito e la misura in cui essa sia più o meno equilibrata: una distribuzione
equilibrata aumenta il benessere materiale delle famiglie, le dota delle risorse
necessarie a sostenere i propri consumi, quindi consente loro anche una certa
flessibilità nei confronti dei prezzi praticati dall'offerta;
● Dal punto di vista del venditore, il prezzo rappresenta il parametro che misura il
valore delle quantità scambiate sul mercato. Questa prospettiva sostiene perciò la
formula di ricavo, punto fondamentale degli economics. Per il venditore i prezzi
possono essere: sell in price (regola le relazioni di scambio fra produttori e

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distributori), sell out price (regola le relazioni fra lo shopper, acquirente finale e il
venditore);
● Dal punto di vista del compratore, il prezzo rappresenta una grandezza negativa, che
sottrae disponibilità economico-finanziarie. In quanto tale la sua valutazione da parte
del compratore tiene anche in considerazione il costo-opportunità. Anche in questo
caso distinguiamo: sell in price (rappresenta una voce di costo di
approvvigionamento da parte del retailer. In quanto tale il compratore esercita tutto il
proprio contrattuale per abbattere questo costo al livello più basso possibile); sell out
price (rappresenta una misura numerica del sacrificio percepito. Lo shopper valuta
l'adeguatezza del prezzo richiesto e lo affronta come un onere da sostenere per
acquisire il possesso e la disponibilità della product offering);
● Dal punto di vista dei concorrenti, il prezzo cui è posizionata una product offering
chiarisce: il quadro dei concorrenti diretti in una determinata fascia di valore, i margini
di manovra tattica che si possono operare sul prezzo delle proprie product offering, i
margini che possono essere utilizzati nel condurre politiche di concorrenza
price-based, soprattutto a livello di sell-in.
Il venditore guarderà al prezzo in modo accorto, sapendo che il suo significato varia a
seconda del punto di osservazione:
1. In chiave interna → il venditore sa che il prezzo dovrà consentire al minimo il
recupero di tutti i costi direttamente legati alla produzione e commercializzazione
della product offering, nonché quota parte dei costi generali dell'impresa;
2. In chiave competitiva → il venditore sa che il prezzo che richiederà per la product
offering la posizionerà in uno spazio di offerta probabilmente già affollato, dove sono
presenti delle altre product offering, in competizione con la propria. È cura del
venditore saper determinare il livello del prezzo richiesto in maniera equilibrata;
3. In chiave comunicativa → il venditore sa che il prezzo esprime anche l'idea di qualità,
di potenza esperienziale, e del valore complessivo che la propria product offering
presenta al compratore.

Il prezzo e l'economia
A livello generale (macroeconomia), al decisore aziendale interessano i prezzi sopratutto
con riferimento all'inflazione vigente e prevista. Un'impresa che esporta in un paese ad alta
inflazione dovrà preoccuparsi di considerare nei propri contratti questa tendenza all'aumento
generalizzato dei prezzi. La dottrina economica sottolinea poi che i margini di manovra sul
prezzo per l'impresa cambiano a seconda dello stato concorrenziale vigente sul mercato.
Quando si è in monopolio i gradi di libertà nella fissazione del prezzo sono molto elevati per
l'impresa. Le cose cambiano poco nell'oligopolio indifferenziato, dove l'interdipendenza fra
i concorrenti è elevatissima e la percezione del differenziale di valore del prodotto offerto dai
player è bassa. L'oligopolio differenziato invece, vede salire il livello d'intensità competitiva
sul mercato e il ruolo del prezzo può determinare lo spostamento di notevoli quote di
domanda fra brand concorrenti.
Nella teoria economica dello scambio (microeconomia) l'analisi dei prezzi è legata a quella
delle quantità vendibili. Concerne il misurare se e in che misura una variazione del prezzo di
una determinata product offering possa incidere sulla quantità domandata dalla medesima
sul mercato. Data una certa categoria di prodotto, quest'attitudine della quantità domandata
a reagire alle variazioni di prezzo si chiama elasticità della domanda e configura tre diverse
situazioni possibili. La domanda può essere elastica quando la variazione percentuale della
domanda in risposta a un incremento del prezzo è forte; la domanda è anelastica se la

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variazione percentuale della domanda in risposta a un incremento del prezzo è debole;
l'elasticità unitaria è quando la variazione percentuale della quantità domandata è
esattamente pari a quella del prezzo (es. brand di lusso).

Non è detto poi che l'elasticità della domanda di una determinata product offering possa
tradursi automaticamente in un aumento della quantità domandata, abbassandogli il prezzo:
l'elasticità ci dice soltanto che questo risultato è tendenzialmente possibile ma non certo.
Esistono infine, delle relazioni incrociate di domanda che influiscono sull'elasticità delle
singole categorie di prodotto. Un prezzo più elevato delle connessioni mobili ad esempio
abbasserà le quantità domandate di smartphone.

La struttura di valore del mercato di categoria si stratifica su tre grandi livelli, definiti dai
prezzi di sell out: value, premium e luxury. Ogni categoria è offerta a partire da un certo
prezzo in su.
1. Questo first price consente l'ingresso del compratore nello spazio di categoria e
perciò è detto anche entry price. La promessa di valore della fascia di primo prezzo è
molto chiara e netta: massima convenienza economica, prezzo più basso in assoluto
della categoria.
2. Salendo di prezzo si incontra la fascia di mercato più importante in termini di volumi
di venduto e perciò detta mass market o anche mainstream. Pur crescendo il prezzo
resta accessibile alla gran maggioranza degli acquirenti potenziali. Fascia particolare
è quella che sta sotto la linea di confine fra i due macro-mercati: premium economy.
3. Salendo ancora di prezzo si incontra un certo livello sopra il quale si entra nello
spazio delle offerte premium, sotto si resta nello spazio di quelle value. Le fasce che
compongono i mercati premium sono composte di offerte di prodotto dal valore
elevato e crescente man mano che il prezzo di offerta sale. La differenza tra premium
e super-premium è una differenza di valore che si stratifica su prezzi crescenti e
diversa intensità di prestazione delle offerte.
4. Infine la micro-zona dei luxury markets, composta dalle offerte ultra-premium e dagli
icon brand, area dunque del lusso vero e proprio, non presente in tutte le categorie
ed espressione del massimo valore possibile nella categoria.
Ogni player tende a collocare i propri brand su una o più di queste fasce nella
consapevolezza che ciascuno dei due macro-mercati di riferimento costituisca uno spazio
competitivo a sé, con caratteristiche e regole di comportamento distinte.

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Gli obiettivi di lungo periodo
Ogni impresa ben gestita nel decidere il posizionamento di prezzo si dà degli obiettivi di
lungo periodo. Ciò consente numerosi vantaggi: aiuta a fare e a equilibrare i bilanci
aziendali, costituisce un punto fermo sul quale applicare le necessarie politiche di prezzo di
breve termine e per cliente, consente di governare la natura segnaletica del prezzo espressa
dal posizionamento del brand nella fascia di valore di pertinenza. L'impresa dunque deve
chiarire prima quali siano gli obiettivi che intende raggiungere con la politica di prezzo.
Profitto= P x quantità venduta - costi totali
Perciò è chiaro che il prezzo si pone in relazione diretta con i ricavi totali, con le qualità
domandate e coi profitti, mentre si pone in relazione indiretta con i costi.
I suoi obiettivi di lungo periodo possono essere:
● Obiettivi di redditività: l'impresa si dà un obiettivo di ritorno sugli investimenti
complessivi, o di massimizzazione dei ricavi e quindi del profitto. Questi obiettivi
prevedono la manovra della leva P in chiave interna all'impresa e presuppongono
un'ottima capacità di conoscenza dei costi totali e una sostanziale marginalità
dell'influenza competitiva, di canale e orizzontale.
● Obiettivi di volume: l'elasticità della domanda ci ha insegnato che esiste una
relazione indiretta tra il prezzo e le quantità vendute. In linea di massima, al lancio di
un nuovo prodotto ci si attende che i volumi di vendita siano alti se si fisserà un
prezzo di penetrazione, cioè basso, invece saranno contenuti se si sceglierà
l'opposta direzione del prezzo di scrematura, cioè elevato.
● Obiettivi di confronto competitivo: non sono rari i casi in cui i marketer sono
soddisfatti dello status quo competitivo e cercano di non rompere gli equilibri
raggiunti con scelte di prezzo che potrebbero comprometterlo. È noto che il prezzo
rappresenti la risposta più immediata per reagire a scelte dei concorrenti che si
considerano aggressive, e che basti poco per scatenare la guerra dei prezzi.

Il price point
Una volta scelta la logica di lungo periodo cui ispirare la politica di prezzo, i marketer si
applicano a definire quale debba essere il prezzo preciso, cosiddetto "'price point", con il
quale accompagnare la product offering verso la domanda. Il compratore è del tutto
disinteressato alle logiche in base alle quali l’impresa segue le proprie politiche di prezzo: al
compratore, sia esso il distributore, cliente intermedio, lo shopper o il cliente finale, interessa

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soltanto che la product offering che ha di fronte rappresenti una proposta di valore coerente
e, se possibile, ben differenziata dalle altre.

La scelta di posizionare la product offering a un determinato livello di prezzo di mercato, che


prende il nome di price positioning, è assunta per gradi successivi: scelta della fascia di
valore; determinazione del price-point effettivo.
Volendo fissare dei principi generali per la fissazione del punto-prezzo possiamo fare
riferimento a quattro parole-chiave:
● Concorrenti: il prezzo è scelto tenendo in considerazione quello praticato dai
concorrenti diretti, cioè quelli che si trovano nella medesima fascia di valore nel quale
si intende posizionare il brand.
● Impresa: il prezzo deve riflettere la struttura dei costi complessivi, considerando sia
quelli di produzione che quelli legati alle relazioni di mercato, nonché considerare i
complessivi equilibri di portafoglio dell'impresa.
● Domanda: la scelta di prezzo riflette anche la misura del sacrificio economico e
finanziario percepito dal compratore, nonché la necessità di sostenere e confermare
il posizionamento di marca.
● Ambient esogeno rilevante: l'ambito geografico di mercato può essere caratterizzato
da normative, consuetudini e prassi commerciali, che intervengono a modificare le
decisioni di prezzo dell'impresa.
Il prezzo di acquisto di una determinata product offering, assume una veste differente nelle
formule economiche dei due player. Per il consumatore finale il prezzo è la misura del
sacrificio monetario che gli è richiesto di sostenere per poter avere il possesso o la proprietà
di un bene e goderne perciò i benefici promessi. Per l'intermediario costituisce il costo di
approvvigionamento dei prodotti/brand, che poi formeranno il proprio assortimento.

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L'acquirente legge il prezzo come misura monetaria del sacrificio che gli è chiesto di
sostenere per poter godere dei benefici promessi dalla product offering.
Questa percezione ha diversi aspetti interessanti:
● Rischio: confronta un elemento certo (il pagamento di denaro) con un elemento
incerto (la prestazione corrispondente alla promessa). Questo determina una
percezione di rischio economico;
● Soggettività: la percezione di onerosità del prezzo è fortemente soggettiva, legata
alle aspettative individuali.
● Apparenza: il prezzo è spesso solo apparentemente oggettivo. Il fatto che il prezzo
sia espresso attraverso numeri gli conferisce un alone di oggettività che, non
sempre, sussiste. I prezzi dispari stanno li a dimostrarlo, mettendo in luce come il
rapporto primario con il prezzo che la mente delle persone istituisce abbia natura
fotografica più che matematica.
● Pigrizia: la mente individuale ha un funzionamento orientato al risparmio di energie e
fare i conti consuma maggiori energie, perciò si evita laddove possibile. A ciò si
accompagna la circostanza che le capacità matematiche delle persone sono basse.
Il punto critico risiede nella determinazione dei costi, in quanto: non sempre il
sistema contabile interno consente di misurare con esattezza quanto costi un
prodotto, ed esistono numerose configurazioni di costo che si possono prendere in
considerazione (costi fissi, costi variabili, costi diretti, costi totali e costo pieno).
L'impresa può cercare di perseguire alcune filosofie strategiche e cioè:
1. Parità competitiva: il prezzo viene fissato al medesimo livello del concorrente,
offrendo sostanzialmente la medesima formula di beneficio —> ciò genera un
atteggiamento di indifferenza nel cliente fra le due marche (es. i succhi Santal e
Skipper si collocano sulla stessa linea)
2. La strategia di valore: il prezzo viene fissato a un livello omogeneo al concorrente di
riferimento, offrendo però un profilo di benefici più arricchito (es. Ford Italia offre
dotazioni di soft technology tipiche della fascia premium di serie su tutti i modelli
posizionati in fascia value).
3. La strategia di cost innovation: un approccio emergente che riesce a combinare i
prezzi aggressivi, fissati a un livello più basso dei concorrenti e product offering
altamente innovative, solitamente lanciate sempre a prezzi superiori.

Capitolo 12 Le scelte distributive


Nell'ambito del processo di marketing, l'impresa deve definire le strategie e le politiche
distributive, ovvero deve predisporre quell'insieme di condizioni strutturali, organizzative,
relazionali, competitive, coerenti con la sua strategia complessiva, che le consentano di
realizzare la commercializzazione della propria product offering, rendendo i prodotti
disponibili all'acquirente per l'uso o il consumo nel luogo per soddisfare le sue necessità.
La commercializzazione viene realizzata tramite un canale di distribuzione dove vengono
svolte le funzioni distributive, che può prevedere l'impiego di punto di vendita fisici o l'utilizzo
di modalità virtuali.
I canali di distribuzione sono costituiti da un insieme di soggetti interdipendenti (individui e
organizzazioni) che svolgono il complesso di attività necessarie a facilitare i processi di
scambio creando valore per gli acquirenti. Tali attività vanno a costituire il servizio
commerciale.

53
*
Il servizio commerciale mira a incontrare i bisogni del consumatore target con riferimento ai
seguenti aspetti:
● Prossimità: il servizio di prossimità favorisce l'accesso al prodotto da un punto di
vista spaziale (punti di vendita, piattaforme di e-commerce, attività di trasporto e
consegna);
● Disponibilità: il canale distributivo deve dare risposta alla richiesta di disponibilità del
prodotto con una tempistica coerente con le richieste del mercato. A tale finalità sono
rivolte le attività logistiche: magazzinaggio, trasporto e consegna.
● Quantità acquistabili: il cliente ha la necessità di poter acquistare quantità di prodotto
secondo le proprie necessità e prescindendo da eventuali vincoli tecnici propri del
sistema produttivo.
● Varietà dell'offerta: le esigenze di varietà dell'acquirente concernono da una parte la
possibilità di concentrare gli acquisti di diverse categorie di prodotto in un'unica
occasione, potendo fruire di un assortimento ampio, dall'altra riguardano la possibilità
di scelta in ciascuna categoria, grazie ad un assortimento profondo.
● Informazione: attraverso il canale distributivo l'acquirente ottiene informazioni inerenti
all'impresa fornitrice, la marca, le caratteristiche dei prodotti, ecc.
● Relazione: il contatto tra canale distributivo e il cliente è il vettore sul quale può
essere attivata una relazione fiduciaria, personalizzata e duratura.
● Garanzia: il canale distributivo può fungere da garante dell'offerta che esso propone
ai propri clienti.
● Servizi accessori funzionali: attraverso il canale distributivo il cliente può fruire di
ulteriori servizi, quali il credito, l'installazione, l'assistenza post-vendita.
● Servizi accessori esperenziali: nel punto di vendita, sopratutto fisico ma anche
virtuale, si può esprimere la dimensione esperenziale e sociale del processo
d'acquisto.

Gli intermediari commerciali e la struttura dei canali


La prima categoria di intermediari commerciali è quella dei commercianti, i quali assumono il
diritto di proprietà dei beni che distribuiscono. Tra i commercianti distinguiamo i grossisti, che
acquistano i prodotti dai produttori per rivenderli in quantità inferiori ai dettaglianti, e i
dettaglianti, i quali acquistano dai produttori o dai grossisti e rivendono a clienti finali.
Gli agenti, invece, sono degli intermediari che non assumono diritto di proprietà di beni
ma che negoziano per conto di una o più imprese mandanti; funzioni similari vengono svolte
dai mediatori e dai broker.

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Infine, in un canale distributivo ritroviamo anche delle società di servizi, intermediari ausiliari
o facilitatori, che svolgono le attività di supporto necessarie per il funzionamento del sistema;
si pensi agli operatori logistici, ai fornitori di tecnologia oppure agli infomediari sul web.

La struttura del canale discende dalla numerosità e dalla tipologia di intermediari che lo
compongono.
1. La prima è quella del canale diretto, che prevede la vendita diretta dal produttore al
cliente senza il ricorso a intermediari. Il canale diretto può essere realizzato
attraverso i punti vendita di proprietà, via Internet, attraverso terminali mobili e
tramite venditori.
2. La seconda configurazione tipo è quella del canale corto, che prevede il ricorso a un
intermediario. Nel B2C il canale corto è diffuso nei prodotti di largo consumo, dove i
servizi commerciali possono essere erogati in modo più efficiente dai distributori,
all'interno di punti vendita o di siti di e-commerce multimarca.
3. Infine, abbiamo i canali lunghi, dove operano due o più intermediari. Nel B2C essi
sono fondati sulla figura del grossista.

Nella prospettiva del produttore, la scelta di ricorrere a intermediari ha degli aspetti sia
negativi che positivi. Quando nel canale si introducono uno o più intermediari, il produttore
perde il controllo di una parte del processo di marketing, che viene acquisito dal distributore.
Ma può apportare numerosi vantaggi —> il produttore può concentrare le sue risorse sul suo
core business di impresa industriale + vantaggi a livello di servizio + sull'efficienza e sul
livello complessivo dei costi di canale.
Le scelte relative alla struttura del canale discendono anche da altri elementi:
1. Caratteristiche intrinseche dei beni: si rileva un approccio differente tra beni banali e
beni problematici. I beni banali hanno un basso valore unitario, per la loro
commercializzazione prevale il canale indiretto, corto o lungo. I beni problematici,
invece, hanno un alto valore unitario, richiedono un servizio commerciale più esteso,
e sono caratterizzati da un processo d'acquisto complesso.
2. Qualità specifiche dell'impresa: come l'ampiezza della gamma di prodotti disponibile,
che può consentire o meno soluzioni di accorciamento del canale, al livello di

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autonomia e controllo desiderato, in coerenza con le strategie di mercato
complessivo.
3. Caratteristiche del mercato: dalla dimensione, numerosità, dispersione geografica e
abitudini d'acquisto dei clienti.

Digitalizzazione ed evoluzione delle strategie distributive


L'avvento delle nuove tecnologie dell'informazione e di Internet ha determinato un profondo
cambiamento nella modalità con la quale prendono forma le attività economiche nel canale
di distribuzione. Prima, venivano svolte dagli intermediari commerciali fisici, grossisti e
dettaglianti, mentre oggi esse possono essere svolte da soggetti diversi, operanti sia nel
mercato fisico (marketspace) che nel mercato virtuale (marketplace). Questo cambiamento
ha portato alla nascita di nuovi soggetti economici, gli operatori dell'e-commerce e gli
infomediari, e con essi lo sviluppo e la rapida diffusione dei canali digitali.
Molte imprese hanno dunque intrapreso delle strategie di distribuzione multicanale.
Le motivazioni per l'utilizzo di una pluralità di canali sono molteplici: per raggiungere diversi
segmenti di clientela; per offrire un livello di servizio aderente alle aspettative dei vari target;
per ottimizzare l'efficienza e l'efficacia commerciale.

In merito alla decisione di usare uno o più canali, alle modalità e al livello di integrazione tra
gli stessi, per l'impresa si prospettano alternative strategiche:
1. La distribuzione single-channel: prevede il ricorso a un singolo specifico canale
distributivo, identificato per la sua attinenza allo specifico business, per la sua
efficacia nel raggiungere il definito target dell'impresa e a rispondere alle sue attese.
L'impresa utilizza un solo tipo di punto di contatto commerciale, dove i clienti
esperiscono per intero la propria esperienza d'acquisto.
2. La distribuzione multi-channel: prevede l'utilizzo di più canali, per esempio canali
fisici e digitali, allo scopo di offrire al mercato diverse configurazioni di servizio
commerciale, andando incontro alle esigenze dei diversi segmenti di
acquirenti-consumatori.
Con l'avvento dei canali digitali, il rischio di mancata integrazione tra le product offering e le
esperienze offerte nei vari canali aumenta. Quando ciò si verifica, si genera confusione negli
acquirenti, dunque emerge la necessità di perseguire nuovi approcci per la gestione
integrata della pluralità di canali gestiti. L'integrazione tra i canali può riguardare aspetti
come gamma e assortimenti, prezzi, promozioni, disponibilità del prodotto e comunicazione.
Per realizzare un'efficace strategia di integrazione occorre adottare opportune soluzioni
organizzative, comprendere il comportamento d'acquisto tra i diversi canali, ridisegnare i

56
processi in una prospettiva basata sul cliente, disporre di un sistema informativo univoco e
costruire un idoneo sistema di valutazione delle performance.
3. La distribuzione cross-channel: il primo livello di integrazione si ottiene con una
strategia di tipo cross-channel, che prevede la presenza in più canali in modo
parzialmente integrato. L'integrazione parziale può riguardare sia la strutturazione e il
controllo della product offering sia ai processi per la sua fruizione.
4. La distribuzione omni-channel: l'integrazione raggiunge il suo pieno compimento con
la strategia omni-channel, che rappresenta la capacità dell'impresa di definire,
progettare e gestire in modo coerente la customer experience in tutti i canali
disponibili: punti vendita fisici, siti web, ecc. L'impresa gestisce e controlla
pienamente l'integrazione del sistema d'offerta nei vari canali e il cliente ne può
usufruire in maniera trasparente in tutti i canali.

Le e-commerce e gli infomediari


Oggi i canali distributivi sono popolati da nuove figure di intermediari dell'informazione, gli
infomediari e l'e-commerce, ovvero l'attività di commercializzazione e di transazione mediata
da sistemi digitali —> sta prendendo il sopravvento in molti settori merceologici.
Nell'ambiente digitale gli infomediari possono massimizzare l’ampiezza dei contatti e
profondità informativa, e gestire in modo efficace le relazioni con i clienti. Gli infomediari
possono arricchire la proposizione di valore dell'impresa su diversi piani:
● Awareness: grazie alla più elevata reach, possono ampliare la base di potenziali
clienti, rendendo maggiormente nota l'offerta dell'impresa;
● Accession: in funzione della separazione tra flussi logistici e flussi informativi,
rendono più facile l'accesso alla proposizione di valore dell'impresa;
● Appeal: consentono al target di apprezzare al massimo la product offering che gli
viene presentata.

57
Gli infomediari appartengono a due grandi categorie: gli infomediari digitali, che gestiscono
sia informazioni che prodotti (es. Amazon, Zalando) e gli infomediari digitali specializzati,
che gestiscono esclusivamente informazioni (es. Ebay o Google).
L'e-commerce si colloca nella categoria degli infomediari che gestiscono sia informazioni
che prodotti: generalmente si svolge all'interno di mercati elettronici, dove compratori e
venditori si incontrano online per scambiare prodotti e servizi. In relazione alle categorie di
soggetti coinvolti l'e-commerce può assumere le seguenti configurazioni:
1. Business-to-business (B2B) dove la relazione e lo scambio avviene tra imprese;
2. Business-to-consumer (B2C) che rappresenta una forma di commercio al dettaglio
che può essere di tipo monomarca, oppure di tipo indiretto e realizzata da
intermediari plurimarca;
3. Consumer-to-consumer (C2C) che si riferisce a transazioni realizzate tra persone
attraverso una piattaforma di intermediazione online, come per esempio i siti di aste
o le piattaforme della sharing economy.
Inoltre, può assumere diverse forme a seconda del grado di digitalizzazione dei tre
macro-processi che lo compongono: 1) il sistema di ordine-pagamento; 2) i processi di
creazione/erogazione dei prodotti/servizi; 3) la consegna.

Il mobile commerce, commercio elettronico realizzato attraverso device mobili (es.


smartphone e tablet), è la modalità che presenta il maggiore tasso di crescita, andando a
superare le modalità su terminale fisso. Per la sua natura, consente di applicare degli
approcci di marketing contestuale che incrementano significativamente la risposta
comportamentale da parte degli utilizzatori.
Una particolare tipologia di e-commerce B2C che sta conoscendo ampi spazi di sviluppo è il
social commerce, secondo il quale i consumatori interagiscono tra di loro all'interno di una
piattaforma digitale per scoprire e cercare prodotti, scambiare informazioni, condividere
esperienze, ottenere recensioni e raccomandazioni fino ad acquistare prodotti e servizi.

Dopo aver definito la propria strategia distributiva in termini di canali distributivi presidiati e
del loro grado di integrazione, l'impresa deve affrontare ulteriori rilevanti questioni :
1. Le modalità di copertura del mercato: esse riguardano la numerosità, la natura e la
qualità degli intermediari che vengono prescelti per la commercializzazione;
2. La selezione, la gestione e la valutazione degli intermediari;
3. Il livello di integrazione e di controllo del canale.

Un altro fattore rilevante per la definizione delle strategie distributive è costituito dai costi del
canale. I costi di distribuzione, infatti, rappresentano una componente rilevante del costo
complessivo dei beni, e quindi del relativo prezzo finale. I costi di distribuzione possono
essere esaminati secondo due diverse prospettive: la prospettiva a micro, riferita alla singola
impresa, e quella macro, relativa al canale distributivo nel suo complesso.
Nella prassi aziendale esistono differenti dimensioni di analisi per valutare l'efficienza delle
politiche distributive, ciascuna delle quali utilizza una diversa configurazione di costo. Il costo
complessivo viene scomposto nelle sue componenti di dettaglio secondo criteri differenti,
distinguiamo tre principali dimensioni di analisi:
● Analisi per natura di costo: è focalizzata sull'articolazione dei costi distributivi a
seconda della loro natura o tipologia, così come configurata dal sistema di contabilità
generale, ad esempio i costi del personale, assicurazioni, affitti, energia;

58
● Analisi per attività: è rivolta a valutare i costi delle diverse attività facenti parte il
processo distributivo, ad esempio il trasporto, stoccaggio, movimentazione, vendita,
gestione del punto vendita, promozione, amministrazioni vendite;
● Analisi per destinazione: ha come oggetto i prodotti, i clienti, i punti di vendita e le
aree di vendita.
Se assumiamo invece l'ottica macro, il costo di distribuzione può essere inteso come la
somma dei costi commerciali sostenuti da tutti i soggetti attivi nel canale, che hanno
contribuito a trasferire il prodotto verso il mercato finale: dal momento in cui il bene può
essere considerato finito dal punto di vista produttivo a quello in cui arriva sul mercato.
Il margine del distributore è un concetto fondamentale per l'analisi del valore aggiunto del
canale distributivo. Il margine del distributore si calcola come differenza tra il prezzo unitario
pagato dall'ultimo acquirente e il prezzo pagato al produttore dal primo acquirente
intermedio. Nel caso di canale indiretto lungo dove più intermediari partecipano alla
distribuzione del prodotto, il margine di distribuzione complessivo di canale è pari alla
sommatoria dei margini di ciascun operatore.
Con riferimento a un singolo distributore, il margine unitario lordo è uguale a: M=P-C
M= margine del distributore
P= prezzo di vendita
C= costo d'acquisto

Quando M viene rapportato a P si ottiene il margine commerciale (MC) , che rappresenta


la percentuale del prezzo di vendita che va a coprire i costi di gestione del distributore e a
formare il profitto. MC= P-C/C … Pertanto: P= C/1-MC

Laddove, invece, i margini del distributore venga rapportato al costo di acquisto, si ottiene il
margine di ricarico o ‘Mark Up’ che consiste nella percentuale che, aggiunta al costo di
acquisto di un bene, ne determina il prezzo finale.
MR=P-C/C … Pertanto: P-Cx (1+ MR)

Capitolo 13 La product offering nei servizi


I servizi includono tutte le attività economiche il cui output non è un prodotto fisico o un
manufatto, ma viene generalmente consumato nel momento stesso in cui viene prodotto e
fornisce del valore aggiunto in forme che risultano intangibili all’acquirente. I servizi sono
differenti l’uno dall’altro, ma vengono accomunati da:
● Intangibilità: questi non sono oggetti e quindi non possono essere visti, sentiti o
toccati come avviene per un prodotto tangibile. Questo ha diverse conseguenze che
ne rendono più complessa la gestione. In primo luogo i servizi non possono essere
immagazzinati, dunque le attività connesse alla previsione dell'andamento della
domanda nel tempo e le sue fluttuazioni diventano una priorità per il marketing. In
seguito, non possono essere brevettati, di conseguenza sono facilmente imitabili, e il
marketing deve fornire un contributo per la difesa dei nuovi concept.
● Eterogeneità: i servizi sono spesso il risultato di un'interazione tra esseri umani, il cui
esito può variare nel tempo. Gli individui hanno esigenze, caratteristiche, aspettative
e comportamenti diversi e non prevedibili: l'azienda dunque non riesce a controllare
pienamente il risultato del processo. I servizi sono dunque eterogenei.
● Contestualità: un prodotto industriale viene fabbricato in un determinato luogo e
momento, viene acquistato in un momento diverso e spesso in un altro luogo, e
viene consumato in un posto altrettanto differente. Nei servizi invece, la produzione e

59
il consumo avvengono nello stesso momento e luogo. Questo contribuisce a rendere
ancora più complessa l'attività di marketing, poiché: la qualità del servizio può essere
valutata soltanto durante l'erogazione e dipende in larga misura dalle interazioni che
avvengono tra il personale e i clienti; il ruolo del cliente è parte del concept, per cui
quando esso viene modificato, occorre tenere conto anche di come cambiano il ruolo
e l'attività svolta dal cliente; e infine la gestione della produzione non è centralizzata
come nelle aziende industriali, bensì è diffusa.
● Deperibilità: rende importanti le analisi e le previsioni dei livelli di domanda, oltre a far
sì che le scelte inerenti alla pianificazione della capacità produttiva rientrino a pieno
titolo nelle competenze del marketing.

Il marketing dei servizi è differente: la service offering


É importante approfondire il processo di marketing dei servizi in riferimento alla gestione
delle seguenti fasi:
1. La progettazione → creazione di una service offering originale attraverso la quale
l'impresa intende creare valore per i clienti finali;
2. La distribuzione → insieme delle attività attraverso cui l'impresa rende il servizio
accessibile al cliente;
3. L'erogazione → tutte le attività mediante cui un servizio viene prodotto e consumato.

*
In sostanza, poiché a ogni macro-fase del processo è associato un diverso set di
componenti della service offering, è possibile identificare tre differenti service offering: una
per il produttore, una per il distributore e una per l'erogatore.

La service offering del produttore. La service offering del produttore è riconducibile alla
macro-fase di progettazione e comprende tutti gli elementi già descritti in riferimento alla
product offering, ovvero: il concept del servizio, il brand system e il price positioning.

60
A tali elementi, nell'ambito di responsabilità del produttore, per i servizi, si aggiungono anche
il networking, ovvero l'insieme di scelte relative ai partner cui affidare la distribuzione e
l'erogazione del servizio, e i media digitali.
● Concept di servizio: costituisce l'oggetto dello scambio, ovvero l'elemento centrale
dell'offerta che contribuisce a chiarire quali siano le utilità e i benefici che il servizio e
le sue componenti intendono fornire e mettere a disposizione del consumatore. La
corrispondenza tra bisogni del consumatore e servizi offerti è cruciale, costituisce il
punto di partenza in base al quale definire i prerequisiti necessari per porre in essere
un servizio di qualità. Una volta che il consumatore abbia deciso quale servizio
utilizzare per soddisfare il bisogno primario, definibile servizio principale o core
service, sorgono nuovi bisogni, definiti secondari, per la soddisfazione dei quali il
consumatore dovrà utilizzare ulteriori servizi, definiti periferici o di supporto.
● Brand system: l'intangibilità dei servizi e l'impossibilità di distinguere un servizio
dall'altro hanno rappresentato per le imprese delle motivazioni per investire nella
costruzione di brand con cui farsi identificare dal consumatore. Le imprese di servizi
utilizzano questo strumento per identificare l'intera offerta aziendale e non singoli
servizi, adottando cioè una strategia definita di marca unica.
● Price positioning: il prezzo è certamente uno strumento influenzato dalle specificità
dei servizi. Il pricing basato sui costi, ovvero quello in cui l'impresa definisce il prezzo
aggiungendo un margine alla somma dei costi diretti e indiretti associati alla
produzione e commercializzazione di un dato servizio, risente dell'immaterialità che
caratterizza i servizi. Infatti, risulta più complesso calcolare i costi sostenuti per
servire un determinato cliente, piuttosto che quelli necessari per produrre,
conservare e trasportare un determinato bene. Inoltre, una parte considerevole dei
costi è rappresentata dal tempo del personale di contatto che risulta di difficile
valutazione.
Il pricing basato sulla concorrenza è quello in cui si utilizzano i prezzi praticati dai competitor
quale base per formulare le proprie scelte. Mentre, il pricing basato sulla domanda è quello
in cui si fissa il prezzo sulla base di quelle che si ritiene siano le percezioni di valore dei
clienti, e di quanto si pensa questi siano disposti a pagare per usufruire del servizio.
● Networking: comprende il complesso di attività con le quali l'impresa gestisce la rete
di attori attraverso cui distribuisce e eroga il proprio servizio. Le modalità di gestione
degli intermediari possono assumere connotazioni diverse, a seconda della varietà
dei servizi offerti e delle caratteristiche dei clienti serviti. Le opzioni più comuni per il
produttore sono: 1) utilizzare tipologie diverse di intermediari per distribuire e erogare
lo stesso servizio allo stesso target i clienti; 2) impiegare intermediari differenti per
veicolare il medesimo servizio a una differente tipologia di consumatori, valorizzare al
massimo le conoscenze di cui dispone su un determinato segmento di mercato,
offrendogli servizi diversi attraverso intermediari diversi.
● Media digitali: essi vengono impiegati sempre più spesso come componenti
dell'offerta, che generano un maggior valore per il cliente.

La service offering dell'erogatore. La service offering dell'erogatore include gli strumenti


che vengono impiegati per realizzare concretamente il servizio e per renderlo fruibile al
consumatore finale, quali: il processo, il personale di contatto, il supporto fisico e il customer
service.
● Il processo di produzione/erogazione → la gestione di questo strumento di
marketing, da parte dell'impresa, si sostanzia nella definizione di tre dimensioni: 1)

61
relativa al numero di fasi che costituiscono il processo e all'intreccio esistente tra
queste (la complessità); 2) riguardante la misura della libertà consentita
nell'esecuzione di una o più fasi del processo (divergenza); 3) inerente al livello di
partecipazione del cliente (coinvolgimento).
● Il personale di contatto → ricopre un ruolo di confine in quanto è il collegamento tra
l'azienda e l'ambiente esterno. Esso può svolgere due differenti tipologie di funzioni:
operative, dove partecipa alla produzione del servizio, e di marketing, dove
contribuisce alla commercializzazione del servizio.
● Il supporto fisico → con questo intendiamo sia l'ambiente in cui viene erogato il
servizio, sia l'insieme di componenti materiali che facilitano la performance o la
comunicazione del servizio. Esso incide sia sull'efficacia dell'azione di marketing, sia
sull'efficienza dei processi interni.
● Il customer service → finalizzato al consolidamento delle relazioni con i clienti. Tra gli
strumenti del customer service rientrano per esempio, le garanzie di servizio: uno
strumento che si sostanzia nell'offerta di una compensazione da parte dell'impresa
quando essa non riesca a mantenere le promesse fatte.

La service offering del distributore. La service offering del distributore include tutti gli
strumenti di marketing utilizzati per facilitare il contatto tra il cliente e gli attori che si
occupano della commercializzazione del servizio, cioè: il processo di vendita, il punto di
vendita e il personale di vendita.
Essa comprende la stessa tipologia di strumenti utilizzati dall'erogatore: il personale di
contatto, il supporto fisico e il processo. In questo caso questi strumenti sono impiegati nelle
attività di distribuzione e vendita.
● Il personale di contatto: si occupa della commercializzazione del servizio;
● Il supporto fisico: comprende il luogo dove il servizio viene acquistato ed eventuali
elementi materiali utilizzati in questa fase;
● Il processo: è la sequenza delle attività di distribuzione e vendita del servizio.

Parte V : LA GESTIONE DELLA PRODUCT OFFERING

Capitolo 14 Corporate e marketing communication


L'attività dell'impresa è fondata su un continuo interscambio con tutti gli stakeholder,
nell'ambito di relazioni avviate e gestite attraverso una categoria di attività e strumenti che
vanno sotto il nome di "comunicazione". La comunicazione d'impresa, e al suo interno la
comunicazione di marketing, assumono una rilevanza strategica nel governo delle
organizzazioni, poiché costituiscono la linfa vitale dei processi relazionali tra d'impresa,
l'ambiente esogeno rilevante, l'ambiente competitivo, i relativi interlocutori sociali e di
mercato.

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La comunicazione nell'impresa
La comunicazione d'impresa comprende un insieme di attività che nutrono le relazioni
biunivoche tra l’impresa e i suoi pubblici interni ed esterni. Essa ha come obiettivo quello di
attivare i contatti, gestire i rapporti, creare e mantenere la fiducia —> tutto ciò che consente
all'impresa di vivere e svilupparsi interagendo con il suo ambiente. La comunicazione
consente poi di esercitare strategie di influenza e di condizionamento verso tutti gli
stakeholder: ha la capacità di diffondere e creare valore. Dunque il primo compito della
comunicazione è quello di diffondere il valore intrinseco oggettivo di un'impresa o di una
product offering.
Inoltre, dato che il pubblico dell'impresa non attribuisce valore solo agli elementi oggettivi e
materiali, ma anche agli elementi immateriali e simbolici, ecco che la comunicazione ha la
possibilità di creare valore addizionale, contribuendo alla definizione dell'immagine e alla
costruzione del brand system.

Nella realtà dell'impresa, la comunicazione si rivolge a molteplici destinatari, con diversi


obiettivi e contenuti. In relazione a tali variabili la comunicazione d'impresa viene articolata in
quattro macro-aree:

● Comunicazione di marketing: è rivolta a clienti attuali e potenziali, intermedi e finali,


con l'obiettivo di strutturare e potenziare le relazioni con il mercato nonché di
sostenere e diffondere il valore dell'offerta aziendale, evidenziando la capacità di
soddisfare i bisogni dei target prescelti;
● Comunicazione istituzionale o corporate communication: è rivolta a tutti i pubblici
dell'impresa, a tutti gli stakeholder, con il fine di tenere alta la reputazione
dell'impresa, di ottenere un atteggiamento favorevole ed il consenso da parte dei
suoi interlocutori economici, sociali, istituzionali;
● Comunicazione economico-finanziaria: è diretta ai portatori di risorse finanziarie e al
sistema finanziario (azionisti, soci, analisti finanziari);
● Comunicazione organizzativa o gestionale: è riferita a tutti i soggetti che sono
coinvolti direttamente (personale) o indirettamente (fornitori, distributori) nella
gestione dell'impresa, con il fine di diffondere i valori e la cultura dell'impresa, di
condividere strategie e obiettivi e acquisire consenso, adesione e motivazione.
La necessità di integrazione della comunicazione deriva dal fatto che essa può avere origine
da una pianificazione ad hoc (comunicazione deliberata) o da processi di altra natura
(comunicazione non deliberata).
La comunicazione deliberata consiste in iniziative pianificate, rivolte a un target definito, con
un obiettivo specifico, realizzate attraverso gli strumenti, i mezzi, i veicoli tipici della
comunicazione d'impresa —> es. il sito ufficiale, un comunicato stampa. L'impresa persegue

63
i suoi obiettivi comunicazionali anzitutto attraverso strategie, politiche e iniziative di
comunicazione deliberata.

Obiettivo del management deve essere quello di realizzare processi comunicazionali


efficienti ed efficaci, riferiti a una matrice valoriale comune, ma focalizzati e specializzati per
obiettivi, garantendo la coerenza tra comunicazione deliberata e quella non deliberata. Per
perseguire questi obiettivi, il manager della comunicazione deve conoscere la modalità
attraverso la quale si esplicano i processi comunicazionali. Si possono dunque identificare
tre modelli:
1. Modello lineare: è considerato il modello base della comunicazione. Esso prevede
diverse fasi che si susseguono secondo una sequenza predefinita. Il processo viene
attivato da una fonte emittente che ha un obiettivo di comunicazione nei confronti di
uno specifico target, costituito da uno o più riceventi. La fonte codifica un messaggio,
sceglie il canale, personale o no, attraverso il quale farlo arrivare al destinatario. Il
destinatario riceve il messaggio mediante il canale e lo decodifica all'interno del suo
campo di elaborazione, attribuendogli un significato.

*
2. Modello a due input: gli individui sono sottoposti contemporaneamente a più input
informativi, provenienti anche dall'esterno dell'impresa. Questo modello tiene in
considerazione l'influenza che determinate categorie di persone possono avere nel
processo comunicazionale. Ci riferiamo a soggetti che hanno un alto interesse, si
vedono riconosciute conoscenze e alta reputazione come gli influencer o opinion

64
leader.

*
3. Modello interattivo: in questo modello i ruoli di emittente e ricevente si confondono, in
un flusso comunicativo bidirezionale che prevede un'interazione circolare. Il processo
può essere one-to-one, oppure many-to-many.

Corporate communication
La corporate communication è la macro-area della comunicazione d'impresa che ha come
obiettivo quello di trasferire agli stakeholder gli elementi qualificanti della corporate identity,
andando a determinare la corporate image, e a costruire la reputazione dell'impresa.
I contenuti della comunicazione istituzionale sono molto ampi e spaziano dagli elementi
fondanti della missione ai valori prioritari, dagli aspetti identitari dell'impresa alla corporate
social responsibility, fino ad affrontare temi specifici come i public affairs o la gestione delle
crisi. Gli strumenti utilizzati sono quelli delle pubbliche relazioni e della pubblicità: rapporti
con la stampa, eventi speciali, sponsorizzazioni.
La corporate image e la corporate reputation costituiscono un punto di partenza
fondamentale per la marketing communication, poiché la proposta di valore dei brand
system deve essere progettata e costruita con la corporate image e reputation.

Marketing communication

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La comunicazione di marketing determina i suoi effetti su tre piani distinti:
1. Cognitivo: la comunicazione di marketing opera sul grado di notorietà e sulla
conoscenza delle caratteristiche dell'offerta.
2. Affettivo: gli effetti coinvolgono aspetti sia razionali che simbolici, emozionali ed
esperienziali.
3. Comportamentale: gli esiti della comunicazione di marketing si spostano sul piano
dell'azione, assumono finalità persuasive e riguardano l'influenza sulla decisione
d'acquisto e sul comportamento post-acquisto.

Possiamo affermare che gli investimenti in comunicazione possono influenzare altresì la


conformazione della curva di domanda, determinando due conseguenze tra loro collegate. A
causa del combinato degli effetti (cognitivi, affettivi, comportamentali), la curva di domanda
può subire uno spostamento verso destra, con maggiori vendite a parità di prezzo, o il
mantenimento dei volumi a prezzi superiori. Inoltre, gli investimenti in comunicazione
possono determinare anche un cambiamento dell'elasticità della domanda alle variazioni di
prezzo: da una parte, i miglioramenti nella brand image e brand loyalty fanno sì che a fronte
di un incremento del prezzo la quantità venduta vari in misura inferiore rispetto alla
situazione precedente; dall'altra, la maggiore attrattività dell'offerta fa sì che a un
decentramento di prezzo corrisponda un incremento del volume di domanda più che
proporzionale.
I processi comunicazionali dell'impresa vengono attuati attraverso il “marketing
communication mix”, caratterizzato da due fondamentali elementi costitutivi:
1. Gli strumenti: costituiscono le modalità attraverso le quali l'impresa raggiunge il
proprio target di comunicazione, veicolando a questo un messaggio attraverso un
mezzo. Gli strumenti della comunicazione di marketing sono: la pubblicità, le
pubbliche relazioni, i social media, il sito web, il punto vendita e il direct marketing.
2. I mezzi: l'evoluzione della tecnologia e di Internet, ha offerto opportunità inedite e
straordinarie sia riguardo ai mezzi a disposizione sia alla natura del rapporto con i
consumatori, sempre più caratterizzato da parole chiave come co-creation,
personalizzazione ed engagement.

66
Le tendenze comunicative della comunicazione di marketing possono essere sintetizzate nei
seguenti punti:

*
● Relazione: il communication mix viene sempre più utilizzato alla gestione della
relazione con il consumatore;
● Narrowcasting: gli investimenti in pubblicità (broadcasting e above the line) mostrano
crescenti problemi di efficacia, in funzione del sovrafollamento dei mass media,
dell'eccessiva pressione verso il target, ecc. Vi è dunque lo spostamento degli
investimenti verso strumenti e mezzi capaci di raggiungere target specifici, come gli
strumenti digitali e il web.
● Interattività e co-creation: le nuove tecnologie consentono di attivare un rapporto
interattivo tra impresa e consumatore + il consumatore può partecipare in modo
attivo al processo comunicativo, generando i propri contenuti.
● Engagement: i consumatori sono raggiunti da una straordinaria quantità di input
comunicazionali. Pertanto oggi, la comunicazione di marketing deve basarsi su
strumenti, mezzi, messaggi capaci di coinvolgere l’audience mediante un mix di
contenuti di carattere soprattutto emozionale.
● Esperienzialità: il paradigma del marketing esperienziale fonda l'approccio al mercato
dell'impresa sull'esperienza di consumo lungo l'intero customer journey. Si definisce il
sistema di offerta a partire dall'esperienza, la quale viene costruita attraverso diverse
dimensioni: sense, feel, think, act e relate.
● Social media e user generated content: il fenomeno dei social media ha assunto
dimensioni straordinarie, pervadendo la vita quotidiana di miliardi di persone. In
ambiente social, i contenuti della comunicazione vengono sviluppati direttamente
dagli utenti e sfuggono al controllo delle imprese. Le conversazioni orizzontali tra

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utenti si sovrappongono alle comunicazioni pianificate dalle imprese, con una
capacità di influenza sulle opinioni dei destinatari superiore.
● Contestualizzazione: la diffusione dei device mobili consentono di attivare flussi
comunicazionali personalizzati in funzione di una contestualizzazione
spazio-temporale.
● Moltiplicazione e frammentazione dei touchpoints: la varietà di mezzi a disposizione
delle imprese per comunicare è in crescita e i nuovi mezzi aumentano i processi di
interazione. L'impresa entra in contatto con i destinatari mediante una molteplicità di
touch-point. I touch-point:

Si è dunque realizzata una vera e propria media revolution nell'ultimo decennio. Si perviene
dunque alla distinzione tra:
1. I paid media: comprendono le forme della pubblicità classica above-the-line (es.
televisione, radio, stampa, cinema) e le forme di pubblicità online o il product
placement. L'inserzionista acquista uno spazio presso l'editore o suo concessionario
mettendo così in opera una comunicazione a pagamento.
2. Gli owned media: sono i mezzi proprietari dell'impresa, da essi detenuti e gestiti in
piena autonomia.
3. Gli earned media: sono quegli ambienti di comunicazione many-to-many all'interno
dei quali l'impresa viene citata, commentata e recensita dagli utenti, come i social
network, i blog e le community.
4. I sold media: sono parte degli owned media che un'impresa può vendere a terze
parti. Un mezzo proprietario, caratterizzato da un ampio traffico e rivolto ad un target
specifico, può risultare di interesse per un'impresa inserzionista che pertanto può
acquistare degli spazi al suo interno.
L’ampiezza degli strumenti e dei mezzi disponibili, con la varietà e numerosità dei touch
point, offre grandi opportunità e pone enormi sfide alle organizzazioni nella pianificazione e
gestione delle loro strategie e politiche comunicazionali.

Capitolo 15 Gli strumenti della comunicazione di marketing


La pubblicità è una forma di comunicazione non personale, nella quale un inserzionista o
advertiser, ben identificato acquista uno spazio per trasmettere un messaggio a un pubblico
definito attraverso uno o più media.
Nella forma tradizionale, si tratta di una modalità di comunicazione unidirezionale, top-down,
che consente all'impresa di raggiungere un'ampia audience con un messaggio predefinito e
standardizzato, in tempi rapidi e con un costo per contatto contenuto. Oggi questo strumento

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sta attraversando un'importante fase evolutiva, dovuta alla digitalizzazione dei mezzi
pubblicitari.
Essa può essere utilizzata dall'impresa per una molteplicità di finalità, di carattere cognitivo,
affettivo e comportamentale: accrescere la notorietà, trasmettere informazioni, qualificare
l'immagine, costruire il posizionamento, ecc. Ora più che mai implica l'assimilazione di
logiche improntate ai principi di targetizzazione e personalizzazione. Si possono identificare
tre fondamentali forme di pubblicità:
1. Pubblicità informativa: con lo scopo di generare conoscenza verso la marca/prodotto,
interesse, rilevanza, desiderio + orientare le preferenze, in modo da stimolare
l'acquisto.
2. Pubblicità d'immagine: con lo scopo di costruire un particolare significato di marca sia
a livello corporate che di prodotto. Ha l'obiettivo strategico dunque di sostenere un
dato brand positioning e di affermare una coerente e forte immagine di marca.

Esempio:
3. Pubblicità promozionale: con lo scopo di avere una risposta da parte del destinatario:
l'acquisto, l'adesione a iniziative promozionali ed eventi di marketing, il passaparola,
il rilascio di informazioni (call to action).
La campagna pubblicitaria si colloca all'interno di un piano di marketing e di un piano di
comunicazione più generale, dai quali essa deve prendere le mosse, in modo da garantire
piena coerenza di indirizzo e di finalizzazione. La sua definizione è un processo complesso,
che si sviluppa in diverse fasi e coinvolgendo diversi attori: l'impresa inserzionista, l'agenzia
pubblicitaria, gli specialisti della produzione, il centro media e le concessionarie dei mezzi,
che vendono gli spazi messi a disposizione dagli editori.
Prima di tutto, l'impresa inserzionista deve definire gli obiettivi di comunicazione della
campagna e qualificare di conseguenza il target di comunicazione, ovvero i destinatari della
campagna stessa.
Il processo di definizione di una campagna pubblicitaria:

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L'impresa formalizza gli elementi strategici della campagna in un documento (“brief”), che ha
lo scopo di indirizzare l'operato dell'agenzia pubblicitaria. Esso contiene la descrizione del
progetto, gli obiettivi, il target di comunicazione, l'inquadramento di marketing, il budget
disponibile ed altri aspetti. Sulla base del brief, l'agenzia pubblicitaria, sviluppa la strategia
creativa, attraverso dei team costituiti dall'art director e dal copywriter: da una parte viene
creato il messaggio, dall'altra viene contestualizzato da un punto di vista mediale.
Contestualmente allo sviluppo della strategia creativa, viene definita la strategia media, che
spesso viene affidata a una struttura specializzata: il centro media che definisce il media
mix, e piano media.
La scelta dei media e dei veicoli da usare è un'attività fondamentale per l'attuazione di una
campagna efficiente ed efficace. I mezzi devono: avere la capacità di raggiungere il target di
comunicazione in modo efficiente, senza dispersione dei contatti, essere in grado di
veicolare il messaggio in modo efficace e avere dei costi adeguati alle disponibilità
dell'inserzionista e in relazione ai risultati ottenibili (costo per contatto). I mezzi della
pubblicità sono prevalentemente i mass media come la televisione, la radio, la stampa, le
affissioni e il cinema. A essi si affianca Internet.

Pubbliche relazioni
Le pubbliche relazioni riguardano la gestione delle relazioni tra l'impresa e i suoi stakeholder
allo scopo di sviluppare la sua credibilità nell'ambiente di riferimento. Le pubbliche relazioni
veicolano agli stakeholder i valori, le strategie, le qualità dell'impresa, le ricadute positive
della sua attività, in modo da consolidare l'immagine e la reputazione presso i pubblici
influenti cui essa si rivolge e ottenere la loro benevolenza.
La corporate public relations dunque è lo strumento principe della corporate communication.
Accanto a questo ruolo, ne svolgono anche un altro, di funzione di supporto al marketing,
partecipando alla promozione di marche e prodotti verso specifici pubblici di riferimento. In
questa seconda funzione, le marketing public relations costituiscono uno strumento
importante della integrated marketing communication.
Le pubbliche relazioni sono definite come strumento composito del communication mix, in
quanto trovano applicazione attraverso una molteplicità di mezzi:
● I rapporti con la stampa: si tratta di fornire ai media le informazioni relative all'attività
dell'impresa in modo efficace, inducendo l'organo di stampa a farle proprie e a
presentarle al pubblico.

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● Le sponsorship: consistono nel sostegno, spesso finanziario, fornito a una persona, a
un gruppo, un'organizzazione, ottenendo in cambio l'esplicita evidenziazione della
sponsorship al pubblico.
● Gli eventi: consistono nella realizzazione di manifestazioni di carattere tematico,
rivolte a uno specifico pubblico e finalizzate a un determinato obiettivo. Si
distinguono in 1) product events, inerenti al sistema di offerta e destinati ai
consumatori, 2) i corporate events, costruiti intorno all'impresa nel suo complesso e
3) i community events, realizzati con le istituzioni e le comunità locali.
● Le digital PR: la rete presenta nuove opportunità di comunicazione alle imprese, e
dunque le PR online si possono avvalere di strumenti aziendali come il sito
istituzionale, le pagine nei social media e i blog.

Direct marketing
Il direct marketing è uno strumento di comunicazione volto a interagire con il target definito
in modo diretto, interattivo e personalizzato, ottenendo risposte misurabili. Gli obiettivi
perseguiti sono di tipo comportamentale e comprendono: la generazione di un ordine,
l'ottenimento di informazioni e la registrazione a un database, la visita a un punto vendita o
un altro luogo commerciale.
Avvalendosi di un opportuno database commerciale, il direct marketing consente di
impostare delle campagne di tipo narrowcasting, ovvero caratterizzate da un elevato livello
di profilazione e personalizzazione, fino ad arrivare al one-to-one marketing.
Il database commerciale, dove vengono archiviate e organizzate tutte le informazioni sui
clienti e sui prospect, è il cuore di questa strategia, al punto che alcuni usano il termine di
“database marketing”. Le informazioni contenute nel database potranno essere usate per
realizzare un customer profiling molto avanzato e pianificare in modo personalizzato le
campagne DM. L'approccio più seguito è quello conosciuto come RFM:
1. Recency: tempo trascorso dall'ultimo atto di acquisto;
2. Frequency: frequenza di acquisto;
3. Monetary: importo medio riferito agli atti d'acquisto effettuati.

Il DM si prospetta come un eccellente approccio per attuare strategie di:


● Acquisition: acquisizione di nuovi clienti tramite un database di prospect e
comunicare con essi in modo personalizzato;

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● Up-selling: vendita di prodotti e servizi di maggiore valore, si rivolge a clienti che
stanno entrando nella fase di sviluppo del ciclo di vita della relazione con l'impresa;
● Cross-selling: vendita di prodotti e servizi complementari, si rivolge a clienti che
hanno una relazione matura e consolidata con l'impresa;
● Retention: mantenimento del cliente proponendogli degli incentivi per rafforzare la
relazione.
Anche il DM trova applicazione attraverso numerosi mezzi, tra i quali si collocano: la direct
mail, l'e-mail marketing, il telemarketing, la tv-digitale, il mobile marketing e il world wide
web.

Marketing non convenzionale


Comprende un insieme di approcci, iniziative e strumenti di comunicazione innovativi, che
hanno la capacità di coinvolgere i consumatori, entrando nella loro sfera emotiva. La
comunicazione di marketing non convenzionale viene sviluppata sia online che offline e
presenta i seguenti aspetti distintivi:
● La forte focalizzazione sull'obiettivo strategico del consumer brand engagement, in
particolare sulle sue dimensioni di tipo cognitivo, emozionale, sociale e
comportamentale;
● L'interlocutore della comunicazione non convenzionale è considerato come un
"prosumer"', ossia un consumatore nuovo, attivo e iperconnesso;
● Il ricorso a una creatività nuova;
● Il messaggio di marca viene concepito per entrare nel vissuto esperienziale del
prosumer;
● I tempi del flusso comunicazionale non sono più dominati dall'impresa, ma dipendono
dalle azioni poste in essere dal prosumer.
Oggi le principali forme di comunicazione non convenzionale possono essere ricondotte a:
1. Viral marketing: viene realizzata online, facendo leva su un messaggio di marca in
grado di stimolare la partecipazione attiva delle persone, in termini di diffusione dello
stesso, generando le condizioni per una crescita esponenziale della brand
awareness e dell'influenza della marca;
2. Guerrilla marketing: si basa sulla forza di un'idea creativa originale, sorprendente e
veicolata in maniera sensazionale, ponendosi l'obiettivo di superare le barriere
percettive dei destinatari;
3. Marketing tribale: si afferma facendo leva sulle tendenze culturali del consumatore
post-moderno. Si tratta di azioni realizzate dall'impresa per costruire un gruppo di
persone, accomunate tra di loro dalla condivisione di una forte passione per un
prodotto, una marca, un'attività specifica;
4. Marketing esperienziale: fonda l'approccio al mercato dell'impresa sulla centralità e
multidimensionalità dell'esperienza di consumo, focalizzandosi sugli aspetti
situazionali. Tale approccio definisce il sistema di offerta a partire dall'esperienza, la
quale viene costruita su diverse dimensioni: sense, feel, think, act, relate.

Comunicazione di marketing digitale


Le imprese devono gestire la comunicazione di marketing integrando i mezzi tradizionali del
“communication mix offline” con i cosiddetti media digitali. Le caratteristiche principali del
marketing digitale sono:

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● Reticolarità: le comunicazioni da gestire non sono più lineari, ma presentano
l'architettura di un network + le relazioni da monitorare non sono solo quelle tra
impresa e clienti, ma anche tra i clienti stessi;
● L'interattività: i flussi di comunicazione sono bidirezionali o multidirezionali,
coinvolgendo più nodi nel network;
● Decentralizzazione: i touchpoint si moltiplicano e l'impresa non può essere l'unico
emittente, ma deve porsi verso i diversi interlocutori rilevanti;
● Dinamicità e collaborazione: i messaggi di marketing non sono più creati e diffusi
esclusivamente dall'impresa, ma sono sempre più il frutto della partecipazione e del
contributo creativo diretto degli utenti;
Il marketing digitale è una vera e propria rivoluzione che introduce anche opportunità
rilevanti in termini di maggiore reach, richness ed engagement. I principali strumenti di
comunicazione digitale che oggi vengono utilizzati nel perseguimento degli obiettivi di
marketing sono:
1. Digital advertising: la pubblicità online è rappresentata oggi ancora dal “display
advertising”, dove i formati più utilizzati sono i banner fino ad arrivare ai video. Però
si osserva sempre di più il fenomeno della “banner blindness” che gli utenti evitano
automaticamente.
Una delle possibili soluzioni per contrastare questo fenomeno è rappresentata dal native
advertising: annunci a pagamento che sono così coerenti con il contenuto del contesto
editoriale che l'utente può interpretare tali annunci alla stregua di contenuti editoriali.
2. Search marketing: ovvero l'insieme delle attività tecniche e pubblicitarie che
consentono al brand di ottenere la massima visibilità in rete attraverso l'utilizzo dei
motori di ricerca. Il search engine advertising, invece, è la pubblicità veicolata tramite
i motori di ricerca.
3. Social media marketing: può essere inteso come uno strumento di comunicazione
che consente alle imprese di valorizzare la product offering, attraverso i social media.
Si distinguono quattro principali macro-categorie di piattaforme social: 1) social
community (offrono agli individui il valore della relazione, in termini di socializzazione,
conversazione e condivisione), 2) social publishing (favoriscono la creazione e la
diffusione di contenuti), 3) social entertainment (offrono l'opportunità di giocare e
divertirsi) e 4) social commerce (favoriscono l'acquisto e la vendita online di beni e
servizi).
4. Digital PR: le attività di PR online comprendono l'ascolto, il monitoraggio e la
partecipazione alle conversazioni che si svolgono in rete e che hanno come oggetto
il brand.

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