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Monaco di Baviera, 13 settembre 2011 Incontro internazionale di preghiera per la pace, Comunit di Sant'Egidio Ripensare il mondo oltre la crisi

economica Intervento di Corrado Passera Grazie mille per questo invito. Le cose importanti sul tema del nostro convegno di oggi le ha gi dette tutte il cardinale Marx, per cui io tento di aggiungere solo alcune cose qui e l. Certamente per vivere la storia fino in fondo e per ripensare il mondo - come ci dice il titolo di questo convegno - oltre la crisi economica dobbiamo capire perch siamo arrivati al punto in cui siamo; dobbiamo comprendere perch la dimensione della crisi - che giustamente diceva il cardinale Marx si sta evolvendo dalla met degli anni 2000 prendendo forme diverse - diventata quella che oggi . Dobbiamo accettare che non si tratta di un semplice incidente di percorso, non basta rimettersi in binario com'eravamo prima, se vogliamo capire fino in fondo e se vogliamo ripensare il mondo davanti a noi. Questo non vuol dire che dobbiamo prendere tutto quello che c'era e buttarlo, perch la storia non funziona cos. LEuropa rappresenta un grande risultato di civilizzazione e di conquiste sociali: guai a disperderle! Certamente stiamo vivendo una discontinuit che tutti assieme dobbiamo capire e accettare per potere andare oltre. Andare oltre vuol dire non accontentarci dei modi di pensare che ci hanno portato dove siamo arrivati. un tema anche di categorie mentali, dobbiamo guardare con limmaginazione che bisogna avere quando si vuole creare il nuovo. Pensare in modo diverso il pre-requisito per costruire il nuovo e in questo momento costruire futuro la nostra la principale responsabilit. Costruendo sul passato e sul presente. Ripeto: non faccio parte di coloro che pensano che si debba ricominciare da capo. Il passato parte della nostra identit e il presente parte della nostra identit, ma la nostra identit soprattutto basata su quello vogliamo essere, quello che vogliamo costruire. Cambiare il mondo e cambiare il modo di pensare significa innanzitutto rimettere l'economia al suo posto, rimettere l'economia all'interno dei suoi confini. L'economia uno straordinario strumento a nostra disposizione, uno straordinario metodo di analisi e di gestione del reale, ma certamente non deve essere l'unico, come a un certo punto stato, e non deve essere certamente il prevalente. Veniamo da venti anni di ubris, di eccesso di presunzione, di sicurezza da parte dell'economia: l'economia sembrava la chiave di ogni cosa, il principio, il criterio interpretativo di tutto, di qualsiasi aspetto sia sociale che individuale. Tutti ci siamo abituati a leggere con categorie economiche addirittura le cose private, pi intime,

familiari. Invece di parlare di educazione dei figli abbiamo parlato di investimenti in educazione, invece di parlare certe volte di rapporti, di emozioni, di dare, abbiamo parlato di investimenti in rapporti, addirittura di investimento in un amore. I guai e le conseguenze di questo approccio alla vita sono un po' sotto gli occhi di tutti. Costruire futuro vuol dire utilizzare anche gli strumenti dell'economia, ma andare ben oltre perch come tutti noi sappiamo - anche se non era di moda dirlo negli anni passati - tantissime cose che fanno andare avanti il mondo - anzi le cose principali che fanno andare avanti il mondo - non hanno nulla a che vedere con i criteri base, con i meccanismi elementari dell'economia: l'interesse, il profitto, il calcolo. La societ e la politica: dobbiamo tutti andare oltre la visione puramente economistica. A questo tavolo ci sono persone che l'hanno detto, certamente Giulio Tremonti tra questi; credo in pi casi di averlo fatto anchio. Ma non era proprio accettato: ci veniva detto che non ricondurre tutto a livello economico, il non voler portare tutto a livello di interazione e contrasto di interessi, era una maniera per non capire come funzionava il mondo. Questo ha portato non solo all'uso del mercato, ma quasi al culto del mercato, con tutta una serie di conseguenze. Questo non vuol dire che il mercato non sia uno strepitoso e fondamentale strumento di lavoro: anzi in molti pezzi della societ e delleconomia il mercato deve addirittura essere espanso, portato oltre, reso ancora pi libero. Per attenzione: quando uno strumento diventa una specie di ideologia, di metainterpretazione del reale si porta dietro tanti problemi: cos successo con il mercato. Perch il mercato a un certo punto diventato lunico criterio, diventato una specie di fine invece che uno strumento, diventato qualcosa che aveva sue regole avulse dal resto, si ipotizzato che si autoregolasse, si ipotizzato che ci fosse sempre, che regolasse tutti i rapporti, che esprimesse sempre valutazioni corrette. Su queste ipotesi - culturali, epistemologiche - sono state costruite regole che si sono ovviamente dimostrate inefficaci, controlli che si sono dimostrati inefficaci e inefficienti. Quindi senza nulla perdere di questi strumenti - che dobbiamo semmai potenziare - teniamo conto di quanto male ci abbia fatto andare oltre e arrivare alla ideologia del mercato. Adesso se ne pu parlare apertamente intendiamoci: in ambienti come questo in cui siamo riuniti oggi se ne sempre potuto parlare apertamente per, come tutti sappiamo, per molti anni era proprio eresia sollevare temi di questo genere. Ancora un punto su questo tema della societ ridotta a economia. Anchio cito - come il cardinale - Max Weber, che come voi ricorderete nel suo libro Economia e societ parla della razionalit economica come modello inevitabile, come un modello di razionalit destinato purtroppo, diceva anche lui - a prevalere

non solo allinterno delleconomia, ma anche allinterno della societ. Quando parlava di razionalit economica parlava di calcolo tra obiettivi e risorse per raggiungerli e tutto ci che non ottimizzava gli strumenti e i mezzi per raggiungere gli obbiettivi era considerato irrazionale, uno spreco. Ma se noi applichiamo questo modello - lo diceva anche Weber - alla vita vera, alla vita che tutti noi viviamo nelle famiglie, nelle comunit, capiamo che siamo assolutamente lontanissimi dai veri motori del mondo. In realt la vita fatta di sprechi: di sprechi di emozioni, di sprechi di sentimenti, di sprechi di perdono, di sprechi di volontariato, di sprechi di dono. Applicando il concetto economico dello spreco, al limite, in un mondo di pura razionalit non ci sta neanche Dio, non ci sta lentusiasmo inteso come Dio dentro. E quindi una interpretazione chiaramente limitata che pu soltanto portare a dei guai: una gabbia. Sempre Weber parlava di questa gabbia di acciaio che a un certo punto tragicamente ci chiude. Ed in parte quello che successo fino a portare a unepoca senza incanti, disincantata. La crisi loccasione per liberarci almeno in parte da questa gabbia dacciaio, nella quale ci siamo chiusi nella quale abbiamo infilato un po anche la nostra testa, i nostri desideri. Questa gabbia era comoda, perch semplificava tutto, dava un senso facile, un senso ovvio a tutto. Per ne abbiamo visto lenorme limite. Abbiamo visto gli enormi limiti di quei modelli che volevano interpretare a tutti i costi con la pura razionalit, sempre perfetta, i comportamenti degli individui e delle societ. Cos non , anche se ancora ascoltiamo certi professorini che quando la realt non va daccordo con i modelli danno colpa alla realt invece che ai loro modelli. Adesso chiaro che leconomicismo - che non vuol dire la forza delleconomia, ma leccesso di interpretazione economica - ha portato a quegli effetti perversi di cui anche Pareto ci ha parlato: tante conseguenze inattese, autodistruttive. Oggi possiamo liberamente, anche come testa, costruire futuro. Forse mai come oggi viviamo una situazione di totale libert dalle ideologie. Lultima che ci era rimasta addosso era appunto quella del mercato, dopo aver superato tutte le altre e i loro disastri compiuti nellultimo secolo. Oggi siamo liberi anche da questultima e quindi abbiamo pi possibilit, pi responsabilit e naturalmente anche meno riferimenti. Un riferimento importantissimo che ci venuto nel pieno della crisi certamente il contributo dellenciclica Caritas in veritate, che rimette le cose in ordine e nella giusta gerarchia di valori. Parla - come diceva prima il cardinale Marx - di visione generale quella che mancata - di sviluppo integrale delluomo e della societ: cose coraggiose da dire in una societ come la nostra. Mette ordine e distingue tra fini, obiettivi, - lo sviluppo integrale - e strumenti. E tra gli strumenti giustamente colloca il mercato,

leconomia, la crescita, ma separando ci che fine, che obiettivo da ci che strumento. La societ che viene fuori dalla enciclica una societ dove si supera la visione limitata della somma di interessi, o addirittura della semplice contrapposizione di interessi che dovrebbe creare automaticamente il bene comune. LEnciclica interpreta la societ come giustamente deve essere: come insieme, come somma di responsabilit, come condivisione di responsabilit sul bene comune. Come ci ha detto prima il cardinale Marx: responsabilit di tutti. Quali sono le priorit, quali sono le cose che fanno bene comune? bene ricordare che nelle varie fasi della storia possono essere diverse. Oggi cos bene comune? Se uno legge i giornali verrebbe da pensare che bene comune ripagare il debito pubblico. No, il ripagamento del debito pubblico - che una cosa che tutti dobbiamo garantire che venga fatto - ben al di sotto di ci che dobbiamo considerare bene comune. Probabilmente oggi la principale urgenza, la principale priorit in termini di bene comune il lavoro. La vera drammatica urgenza che oggi in tutti i nostri paesi, in Europa nel suo complesso, sotto gli occhi di tutti e forse non abbastanza affrontata quella del lavoro, della disoccupazione e del disagio legato alla disoccupazione. Perch al di l dei dati statistici della disoccupazione ufficiale c tutto un mondo intorno che rende ancora pi grave questa situazione: non ci sono solo i disoccupati, ci sono anche gli inoccupati e i tanti sottooccupati. Tutti insieme creano un disagio occupazionale che conta molte decine di milioni di persone, e quindi di famiglie in Europa; questa oggi la nostra vera emergenza. Il lavoro vero si crea in tanti modi, ma sicuramente non si crea se non c crescita economica, crescita che deve essere sostenuta, quindi forte per creare posti di lavoro e sostenibile, perch non ci interessa pi la crescita drogata degli ultimi anni, la crescita apparente che sembrava spingere, tutto, ma poi era basata su gambe di argilla. Ecco che la crescita entra cos a far parte di un vero discorso di bene comune a cui tutti dobbiamo lavorare. Con la crescita si ripagano anche i debiti pubblici e senza crescita alla fine invece anche i nostri doveri, le nostre responsabilit nei confronti dei nostri creditori potrebbero essere messe a rischio. Quindi disciplina, rigore ma anche sviluppo. Non solo austerit perch la storia ci dice che di austerit si pu anche finire male. Come possiamo misurare la performance dei nostri paesi nei prossimi anni? Sicuramente il GDP, cio il Prodotto Nazionale Lordo di ogni paese dovr sempre essere tenuto sottocchio, ma con due grandi correttivi, o meglio, unitamente a due

altri grandi indicatori: la creazione di posti di lavoro e landamento dei debiti che i sistemi, e in particolare la parte pubblica, creano. Non possiamo adesso parlare degli strumenti, dei motori che creano crescita perch dovremmo parlare di competitivit delle imprese, di funzionamento dei sistemi paese, dei meccanismi di meritocrazia, di sistemi decisionali e qui non ne abbiamo il tempo. Per qui dobbiamo ricordarci che uno dei motori fondamentali della crescita non solo la competitivit, ma la coesione sociale. Strumento fondamentale di coesione sociale il welfare in tutte le sue forme: la previdenza, la sanit, la compensazione delle povert, le politiche per la famiglia. Tutte quelle cose che riducono le diseguaglianze e riducono soprattutto la paura del futuro. Qui il terzo settore, il volontariato e limpresa sociale avranno un ruolo molto importante e crescente in tanti paesi, sicuramente nel nostro: perch il privato in molti di questi settori non ci entrer e il pubblico avr sempre meno risorse. Se guardiamo a questi motori che devono lavorare tutti insieme per fare crescita troviamo gli elementi del modello economico e sociale europeo. Modello europeo che rimane, con tutte le sue differenze e gradualit, un modello di grande civilt. Un modello per cui lEuropa pu dire, con le sue radici, di essere un passo avanti al resto del mondo. Prima si faceva riferimento allaffermazione del cancelliere Merkel che lEuropa pu e deve continuare a fare storia: noi possiamo partire da un modello economico e sociale con tante variazioni, ma con un contenuto di civilt e di solidit che nessuna altra parte del mondo ha espresso. Concludo: non si tratta in nessun modo di abbandonare leconomia, anzi leconomia va supportata, va aiutata addirittura. Il mercato fa fatto funzionare meglio in tanti settori dove oggi non funziona abbastanza. Per dobbiamo evitare, rifiutare definitivamente leconomicismo. Rifiutare il pensiero unico che tutto riduce a rapporti di tipo economico perch se mai ne avessimo avuto bisogno, abbiamo avuto una tragica prova dei risultati a cui pu portare. La lezione della crisi che non basta leconomia: ci vuole politica con lo spirito che diceva prima il cardinale: cio la visione generale, perch solo la politica pu mettere insieme le cose, suddividere sacrifici e benefici, solo la politica pu metterci la visione di lungo periodo, senza la quale non si costruisce futuro. Oltre la politica ci vogliono valori, padri spirituali, esempi. Ci vuole il coraggio di prendere decisioni molto spesso con esiti non garantiti, e i modelli economici queste cose non le prevedono. Dobbiamo sprecare passioni, dobbiamo sprecare entusiasmo, dobbiamo metterci di pi quella irrazionalit del dono che fa andare avanti sia le famiglie che molte comunit, per ricreare fiducia, per rimetterci dentro speranza, per sviluppare carit. In

altre sedi useremmo parole come solidariet e come welfare: alla fine di carit stiamo parlando. Dobbiamo usare il linguaggio della verit e dei fatti perch la gente - e soprattutto i giovani - non ne possono pi delle sole parole e soltanto attraverso i fatti si crea fiducia. Queste sono alcune delle lezioni della crisi e alcuni elementi che ci possono aiutare a ripensare il mondo oltre la crisi economica. Grazie.

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