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51valore Gruppo
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Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).
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Riccardo Pagano - Il valore del gruppo
Un gruppo è molto più di una squadra: questa è unita solo nel momento del lavoro o della
competizione, è tenuta unita da un fine esterno. Diversamente, un gruppo vive anche di legami
sociali e affettivi interni. Quando è unito e coeso, un gruppo è molto più intelligente ed efficace
della somma delle sue singole parti. Il noi è sempre più ricco dell’insieme dei singoli componenti. Lo
si può comprendere quando c’è da risolvere un problema: dalle idee di tutti, accolte senza alcun
preconcetto e senza svilenti censure, può venir fuori l’idea giusta. Questo può avvenire,
chiaramente, quando non c’è un’autorità che blocchi, ma una sollecitazione partecipativa da
In un vero gruppo tutti possono e devono trovare giovamento. Si può parlare del QE di un
gruppo, inteso come l’insieme di tutte le potenzialità sociali e affettive dei talenti dei suoi membri,
Per tutto ciò bisogna riconoscere il valore della individual accountability, attitudine che
responsabilizza il singolo sia rispetto al proprio compito individuale sia rispetto al successo del
modalità relazionale e organizzativa che permette l’attivazione, da parte di tutti, del senso della
La forza di un gruppo è nella sua coesione e nell’entusiasmo della cooperazione. Ciò che si
apprende in un gruppo, in minima parte riguarda l’aspetto cognitivo, in gran parte concerne
l’aspetto affettivo- relazionale. Attraverso il modello cooperativo si possono ridurre al minimo gli
effetti negativi del gruppo gerarchico, dove si delega a chi - per ruolo e per designazione - ricopre
una funzione più elevata. Tale divisione gerarchica determina il passivo atteggiamento
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per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).
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Cousinet1 — in situazione didattica, quando il maestro rinuncia al programma e gli allievi scelgono
non solo il lavoro da fare ma anche l’ordine col quale eseguirlo, questi diventa un «buon
collaboratore» e la disciplina scompare quasi del tutto dalla classe, dato che il gruppo non deve
Dalla considerazione e constatazione del valore e della funzione del gruppo discendono
l’utilità e la necessità di dover apprendere i vari modi della vita sociale, in situazioni culturali e
lavorative di cooperazione. Il cooperative learning costituisce, per questo, una forma sociale di
collaborazione alla sua realizzazione. In tale azione si forgiano gli atteggiamenti delineati come
Nel sistema a rete i rapporti e le relazioni sono sia verticali sia orizzontali. C’è una
collaborazione fra tutti, ma, a seconda delle situazioni e delle problematiche, alla fine il prendere
scelte e assumerne le responsabilità spetta a un centro decisionale. L’importante è che ciò av-
venga, a seconda delle situazioni e delle necessità, con l’apporto di coloro che possono fornire
In secondo luogo, quando si vive una situazione di rete, ci deve essere la possibilità, o
l’opportunità a seconda dei casi, di passare da un sottogruppo ad un altro con una certa libertà
nizzazione). Tale impostazione diventa fondamentale per la carriera e la mobilità del personale di
fronte alle diverse esigenze dei servizi, che possono cambiare richiedendo revisioni e adeguazioni,
In terzo luogo, attraverso la rete ogni membro può apportare nelle sedi e momenti opportuni
il proprio contributo. In tal modo ci può essere la valorizzazione di ogni persona, all’interno di una
1
R. Cousinet, Un metodo di lavoro libero per gruppi, tr. it., La Nuova Italia, Firenze 1975, pp. 39-43.
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dinamica dettata dalla necessità dell’innovazione e dal bisogno di cambiamento 2. Infine, deve
sempre esistere un centro della rete, dove convergono le idee di tutti e si prendono le decisioni da
parte della leadership. Tale centro può spostarsi anche nei diversi settori di un sistema, perché la
partecipazione sia diffusa e la decisionalità sia condivisa. Al centro possono essere chiamati, di
volta in volta, coloro che per esperienza e riconoscimento sociale sono in grado di offrire in-
Esistono alcune condizioni di fondo, da intendersi come prerequisiti per la costituzione stessa
di un sistema a rete.
La prima è una visione d’insieme. Un’azienda non è un insieme di reparti per produrre
prodotti, come una scuola non è un insieme di classi per produrre istruzione e far acquisire diplomi.
Bisogna comprendere le finalità da perseguire, per potere valutare in ogni momento di difficoltà la
situazione su cui intervenire. Questo richiede, anche, che gli obiettivi da raggiungere e i livelli da
La seconda condizione è la comprensione, per ogni persona che partecipi al sistema, del
valore e della funzione del proprio contributo. Da tale consapevolezza deriva la soddisfazione del
e responsabilità. Sta, infatti, a chi coordina i vari settori il creare un clima di partecipazione e di
corresponsabilità, tale da valorizzare di volta in volta anche coloro che apportano idee,
distendono il clima lavorativo, indicano soluzioni e migliorano l’efficienza del sistema stesso.
Diversamente avviene nel sistema piramidale. In questo modello i rapporti gerarchici sono
solo verticali. Ogni livello risulta ben distinto dagli altri. Nella scala professionale - caratterizzata,
spesso, anche da una scandalosa forbice nel trattamento economico - le distinzioni sono nette.
Spesso, per la sua stessa struttura, la comunicazione tra i vari livelli risulta scarsa. La stessa
2
Per attivare e diffondere il valore della funzione di una leadership etica sono necessari corsi di formazione, per giovani impegnati e
particolarmente dotati di senso sociale, volti a far acquisire e affinare una mentalità cooperativa, dove condivisione, compartecipazione e
corresponsabilità siano le condizioni di un autentico modello a rete. A questo sono finalizzati i corsi di “Nova Res” (http:llwww.nova-res.it/).
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collocazione lavorativa, a volte, non facilita scambi e confronti. Inoltre, per la così rigida sud-
personale.
Il cooperative learning può cambiare il senso del lavorare assieme: un posto di lavoro non è
solo un luogo dove svolgere una funzione per percepire uno stipendio e dove si produce ricchezza
o si offrono servizi, bensì una realtà ambientale, in grado di generare autentica crescita sociale per
la qualità della vita di tutte persone che vi partecipano. In tal senso un’azienda funziona al meglio,
quando promuove l’impegno alla trasformazione sia personale sia sociale. È così che il lavoro
È dall’unione del volere, del potere e del dovere che sorge il senso etico del compito.
Kerschensteiner, a tale riguardo, sostiene che il lavoro, come attività spirituale, è creativo quando
riesce a fissare dei compiti di vita4. I compiti di vita sono caratterizzati da tutto ciò che permette a
gratificazione è essenziale per continuare a impegnarsi e trovare soddisfazione in ogni attività. Solo
poche persone, ispirate da idealità superiori e dal forte carattere, possono avanzare nell’impegno
Alla base di tale impostazione ci deve essere un modello di istruzione collaborativa. In ambito
didattico la classe può essere concepita e vissuta come un luogo d’apprendimento collaborativo,
dove i contributi sono differenziati, a seconda dei vari livelli di conoscenze e competenze.
Secondo questo nuovo modo di pensare e di apprendere, l’intelligenza perde il suo connotato
3
Hegel, per questo, sostiene che «attraverso il lavoro, la coscienza servile ha superato la propria soggezione di fronte
all’essere immediato» (W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, tr. it.. Vita e Pensiero, Milano 1977, voi. n, p. 66).
4
G.M. Kerschensteiner, l'educazione dell’uomo e del cittadino, tr. it., La Scuola, Brescia 1961, p. 28.
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visa da tutti coloro che partecipano ad una situazione d’apprendimento. Si potrebbe parlare di
non solo propulsivo e di supporto reciproco, se vogliamo condividere con Pietro Ubaldi l’idea che
«col riunirsi dei singoli elementi in un gruppo, si forma una nuova individuazione dell’essere, un
organismo diverso in cui appare un principio direttivo diverso, una nuova legge che lo regge, che
per la convivenza umana. Come rileva Emile Durkheim, una società composta da una miriade di
individui disorganizzati costituisce una mostruosità sociologica: «una Nazione sussiste soltanto se tra
lo Stato e i privati cittadini si intercala tutta una serie di gruppi secondari, abbastanza vicini agli
individui per attirarli nel loro campo d’azione, e per coinvolgerli così nel torrente generale della loro
vita sociale»6.
Bisogna, quindi, far sì che si costituisca questa serie di gruppi secondari, da intendersi e viversi
come comunità di partecipazione e di corresponsabilità. Solo in tal modo la distanza tra individuo
e società può essere colmata. La partecipazione alla vita di una società civile richiede la
mediazione di tali spazi accomunanti in cui ritrovare gli autentici rapporti interpersonali,
comuni interessi professionali e rappresentanti, in tal senso, delle vere forze collettive. Nella sua
prospettiva, le stesse assemblee politiche - esprimendo la diversità degli interessi sociali e i loro
rapporti - potrebbero rappresentare un più fedele riassunto della vita sociale nel suo insieme,
magari organizzando i collegi elettorali per professioni e non per circoscrizioni territoriali.
Tutto ciò potrebbe portare a una compartecipazione etica, solidale con l’insieme di tutte le
professionalità di un Paese, se tali gruppi secondari fossero formati al valore del giusto e del
5
P. Ubaldi, Il Sistema, Edizioni del centro italiano di parapsicologia, Genova 2005, pp.142-143.
6
E. Durkheim, La divisione del lavoro sociale, tr. it., Edizioni di comunità 1999, p.33.
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potrebbe rappresentare la costituzione di una nuova rete sociale, con al centro lo spirito di
cooperazione e il senso del rispetto dell’equità. E l’opportunità per far sentire ogni membro di una
La ripresa del senso della comunità deve poter partire dall’ambito lavorativo, nel quale ci si
può sentire tutti come un insieme organico e umano di persone. La modalità attraverso la quale si
un ambiente e di una progettualità sociale, rappresenta la stessa forma attraverso la quale si può
diventare cittadini partecipi e uomini consapevoli. Per questo le aziende sane — come rileva Bruno
Ritorna centrale il problema delle finalità dell’organizzazione lavorativa. Il lavoro umano non
deve essere determinato dalla mentalità del profitto. Il profitto viene dall’approfittarsi, sia in
riferimento a beni materiali che rispetto alle competenze che si possono vantare e utilizzare per
richiedere spropositati corrispettivi economici. Il problema è quello dell’equità dei compensi e dei
correlativi guadagni.
riscontro del lavoro umano non deve essere il profitto in sé, ma la giusta ricompensa e
Se il lavoro è fatto per l’uomo, allora deve poter rientrare in tutte le attività che permettono a
un essere umano di realizzarsi, di essere soddisfatto della propria azione e, quindi, di poter essere
felice. Realizzazione e felicità sono il vero fine del lavoro sul piano individuale, come il benessere
comune e il progresso lo sono a livello di collettività. Si deve, per questo, poter parlare di un lavoro
7
B. Rossi, Il lavoro felice. La Scuola, Brescia 2012, p. 120.
8
M. Perini, L’organizzazione nascosta, FrancoAngeli, Milano 2007, p. 50.
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felice - come propone Bruno Rossi -, che in quanto tale «è inseparabile dalla volontà e dalla
responsabili, c’è da dire, anche, che sta anche ad ogni singola persona il poter riuscire ad essere
felice, magari non del proprio lavoro, ma nel proprio lavoro. Infatti, può capitare di non aver scelto
il lavoro che si svolge e di trovarsi in mezzo a persone che non ci rispettino o apprezzino. E allora
che sta a ogni persona riuscire ad accettare tutto ciò, magari finalizzandolo al benessere dei
destinatari od a chi si può aiutare e sostenere con esso, in primis i propri familiari. Con Victor Frankl,
si deve poter pensare che «l’indispensabilità, l’insostituibilità, l’unicità è nella possibilità di qualsiasi
lavoro: ma, tuttavia, non in ciò che si fa, ma nel modo con cui lo si fa»10.
9
B. Rossi, Il lavoro felice, op. cit., p. 161.
10
V. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, tr. ir., Morcelliana, Brescia 1977, p. 155.
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Bibliografia
• Cousinet R., Un metodo di lavoro libero per gruppi, tr. it., La Nuova Italia,
Firenze 1975.
• Durkheim E., La divisione del lavoro sociale, tr. it., Edizioni di comunità 1999.
• Frankl V., Logoterapia e analisi esistenziale, tr. ir., Morcelliana, Brescia 1977.
• Hegel W.F., Fenomenolo¬gia dello spirito, tr. it.. Vita e Pensiero, Milano 1977.
2005.
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