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La Città Invisibile

di Manuel Righele

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©Manuel Righele – Tutti i diritti riservati


Racconto pubblicato su A Telling Aside
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- Perbacco! – esclamò Stregonus – sono sicuro


d’averlo messo qui da qualche parte.
Trespade allungò il collo per curiosare nella valigia in
cui il mago stava rimestando - E se provassi a chiamarlo? –
chiese.
- Quisquilie! – borbottò il mago - nessuno specchio
risponderebbe. Gli specchi riflettono e lo fanno in silenzio.
Stregonus e Trespade si trovavano nella foresta di
Tarwood, una foresta di tipo equatoriale, solo un po’ più buia
e trafficata, e stavano cercando la Città Invisibile. Un
comunissimo specchio magico li avrebbe di certo aiutati a
scegliere la via più breve, ma Stregonus non riusciva a
trovare il suo.
- Secondo me dovresti…
- Oh insomma! – Stregonus si voltò con tanta foga che
la barba bianca gli si annodò intorno agli occhi.
- Sei sicuro almeno che la valigia sia la tua? – chiese
più cautamente Trespade. – Non sarebbe la prima volta che
la scambi con quella di Miss Poppins.
- Inaudito! – il mago scostò la barba dagli occhi e levò
al cielo un’espressione incredula. – La valigia d’un mago è
molto diversa dal bagaglio d’una bambinaia. …trovato! –
esclamò poi trionfale. – Che ti dicevo? Ecco qua lo specchio
e… - tacque rimuginando.
- E...?
©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

- Non funziona – disse Stregonus, rigirandosi in mano


il piccolo specchio laccato - deve essersi rotto quando siamo
ruzzolati dal tappeto.
Gli incidenti sono all’ordine del giorno negli ingorghi
di Tarwood, così è preferibile andarci a piedi o prendere al
volo un tappeto, ma spesso i fachiri si fumano le mance e
prendono gli svincoli dimensionali senza le dovute
precauzioni.
- Uhm… - rifletté Stregonus – dovremo fare a meno
dello specchio. Vediamo d’arrangiarci in qualche altra
maniera. - Ricacciò l’inutile gingillo nella valigia e accostò
l’orecchio alla corteccia d’un alto cipresso.
– Strano - constatò – non mi giunge alcuna vibrazione.
Scostò l’orecchio e guardò contrariato il fusto gibboso
dell’albero, poi con fare solenne levò in alto il palmo della
mano e picchiò due colpi contro la corteccia. Un sommesso
borbottio di caffettiera prese a risuonare all’interno del
tronco.
- Robaccia d’importazione! – sbuffò e tornò ad
origliare. – Curioso – disse poi – le vibrazioni di questo
piano dimensionale sono incostanti. Credo che l’unica
soluzione sia di salire a vedere.
Si allontanò dall’albero e si rimboccò le maniche, poi
in un gran sfavillio di fiammelle e scintille, pronunciò
l’Incantesimo del Carica-Vivande e sulla corteccia comparve
il profilo d’una porticina. Stregonus l’aprì e dal piccolo ed
umido vano uscì uno sbuffo di fumo e l’inconfondibile
puzzo d’incantesimo bruciacchiato. Vedendo la cavità e
pensando che fosse indubbiamente strettina per salirci in
due, Trespade lanciò al mago un’occhiata di disappunto.
- Be’ che c’è? – sollevò le spalle il mago – quando è
uscito l’inserto sull’Incantesimo dell’Ascensore, non avevo
abbastanza spiccioli.
Stregonus, infatti, apprendeva la magia per
corrispondenza, raccogliendo i fascicoli del T-Pratchett, il
celebre manuale. A dirla tutta c’erano altri due o tre inserti
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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

che mancavano dai suoi scaffali, ma non ritenendo sensato


fasciarsi la testa prima di romperla, teneva la cosa per sé. - Io
allora vado – la sua veste frusciò mentre saliva in quel buco
puzzolente. – Se vuoi rimanere fai pure, ma togliti da lì. Sei
nel mezzo d’un incrocio dimensionale.
Il riluttante Trespade si guardò attorno un po’ smarrito.
– Spero almeno che tu abbia preso il tuo carbone vegetale –
disse, e s’affrettò a prendere posto accanto al mago.

Nell’oscurità di un’arcana biblioteca, delle figure


misteriose stavano chine su un antico manoscritto, che
illustrava nei minimi dettagli un’immensa città abbandonata
nella foresta di Tarwood. La localizzazione era imprecisa,
ma la zona era la stessa dove dei vecchi viaggiatori dicevano
d’aver trovato alti muri e vie pavimentate. Diciamo che, su
per giù, non era molto lontano da dove Stregonus e Trespade
stavano salendo su di un cipresso, stipati in un carica-
vivande.
- C’è un’antica leggenda…
Una voce cavernosa riecheggiò sotto le volte del buio
salone. Era il Maligno, un’ombra vaga ammantata da una
gabbana nera, che reggeva in mano una falce affilata e
sembrava vagamente alla Morte, tanto che la Morte l’aveva
citato in giudizio per plagio.
– C’è un’antica leggenda – stava dunque dicendo –
un’antica leggenda che parla di vie sotterranee, di vie
sotterranee che conducono alla Città, la Città Invisibile nel
ventre della foresta di Tarwood.
- Vostra Malignità – s’udì sopraggiungere uno
scalpiccio di passi, sopraffatto da una vocina affannata e
stridula. – Vostra Malignità, le sentinelle sono rientrate e
riferiscono d’aver trovato i due sulla sponda settentrionale
del fiume.
Lo gnomo che aveva parlato era il nuovo portafalce, un
esserino grinzoso e sgualcito, che si era votato al male per

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essere stato mandato in prepensionamento dai Grandi


Associati.
- Bene – ghignò il Maligno nella sua malefica
compostezza. – Dobbiamo impadronirci dell’idolo, prima
che lo trovino quei due cialtroni. Volgendosi poi ai suoi
fedeli Sicari, levò le braccia in un empito d’onnipotenza.
- Miei fidi soldati! – proferì con voce cavernosa - la
forza che l’idolo custodisce è indispensabile alla nostra
causa. L’energia del caos sta venendo meno e abbiamo
bisogno di nuove fonti di potere. Andate! Veloci come il
falco, silenziosi come sussurri, sfuggenti come… sfuggenti
come…
- Un’eco – suggerì lo gnomo.
– …un’eco – s’appigliò il Maligno, lanciando al suo
portafalce uno sguardo di riconoscenza. – Nessuno dovrà
rimanere vivo. Nessuno dovrà impadronirsi dell’idolo
eccetto noi. Andate, presto! Ahhhh ha ha ha ha HA.

La salita non fu più spiacevole del previsto, ma quando


Stregonus e Trespade giunsero sulla cima del cipresso,
trovarono ad accoglierli una vista quanto mai stucchevole.
- Secondo lo stradario – disse il guerriero, consultando
una mappa sgualcita - la Città Invisibile dovrebbe trovarsi
laggiù. - Additò le propaggini d’un colle, dove una densa
nebbia strisciava minacciosa ed un enorme ologramma
invitava a mantenere la distanza di sicurezza.
- Non mi piace per niente – mugugnò Stregonus. – È il
luogo ideale per tendere un’imboscata.
- Non ci sarebbe nulla di strano – disse Trespade. – Il
contratto lo prevede.
- Quei Grandi Associati! – il mago ebbe un empito
d’ira. – Tanto varrebbe che c’impiccassero al pennone d’una
goletta.
- Oh s’è per questo, ci avevano pensato – disse
Trespade – ma è un tipo di morte che può essere inserito
soltanto nelle vicende di pirati, e qui di pirati non ce ne sono.
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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

Ad ogni modo il sole sta tramontando e, con quel che


costano i fisioterapisti, non mi va di dormire nella foresta.
Andremo in quella direzione, verso la Città Invisibile.
Appena ebbe finito di parlare, uno stuolo di scintille
tagliò l’aria e s’udì un suono metallico, intermittente, come
d’un idraulico che tenti di stringere un bullone da sei con la
chiave da otto.
- Dovremo andarci a piedi – sospirò il mago. –
Abbiamo perso l’ultimo tappeto.

Ridiscesi dal cipresso, dunque, i due s’incamminarono


solleciti, ignari che, di lì a poco, si sarebbero imbattuti in
quei Sicari di cui s’era detto prima. Che i sicari fossero già
pronti per l’imboscata, pur essendo partiti con notevole
ritardo, può sembrare alquanto strano, ma il motivo è presto
detto. A differenza di Stregonus e Trespade, infatti, il
Maligno disponeva di mezzi sofisticati e, tra i vari arnesi in
dotazione ai suoi scagnozzi, c’erano anche dei modernissimi
congegni di spostamento, che i più esperti chiamavano
“scarpe da tracking”.
Comunque, quando si dice il caso, nello stesso istante
in cui Stregonus e Trespade avevano udito il rombo del
tappeto, anche i Sicari erano stati sorpresi da uno strano
rumore. Se ne stavano acquattati e guardinghi dietro ai
cespugli, quando, all’improvviso, un rantolio attutito era
zufolato alle loro spalle.
- Sentito niente? – aveva chiesto il loro comandante.
- Ehm… scusate – era arrossita una recluta – tutta
colpa dei fagioli.

Ma non perdiamoci in dettagli inutili. Stregonus e


Trespade, dunque, s’erano inoltrati nel fitto della foresta ed
ora incedevano a capo chino, prestando attenzione a dove
mettevano i piedi.
- I due incedevano a capo chino - cominciò a
bisbigliare Trespade - cercando di non incappare nei tranelli
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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

del nemico. La foresta era spessa d’insidie e il gelido buio


che li avvolgeva strisciava sino ai loro cuori. Sarebbero
riusciti a giungere in tempo? Quali minacce si celavano
nell’oscurità? Quanto distava ancora la meta e cosa vi
avrebb…..
- Hai sentito? – fu interrotto da Stregonus, che
improvvisamente aveva arrestato il passo e si tramestava
l’orecchio destro con un dito. – Hai sentito anche tu quello
strano rumore?
- Quale rumore? – si guardò intorno spaventato
Trespade.
- Un rumore insolito – rispose Stregonus – insolito…
come uno sciocco che parla a vanvera in una foresta di tipo
equatoriale.
Trespade incrociò le braccia al petto e lanciò al mago
un’occhiata indispettita. A questo punto, però, ci sono
almeno due cose che dovete sapere. La prima è che
Stregonus non ci sentiva niente bene. La seconda riguarda
invece Trespade.
Trespade era ciò che convenzionalmente viene definito
un guerriero, ma lui lo era a modo suo. In realtà aveva
velleità artistiche e avrebbe desiderato smetterla con quel suo
ruolo d’irruente attaccabrighe. Avrebbe preferito ritirarsi ai
margini del bosco e scrivere avventure epiche vecchio stile,
ma per il momento doveva andarsene a caccia d’intrighi per
volere dei Grandi Associati. In questo modo avrebbe
ottenuto credito presso di loro e avrebbe riscattato il suo
castello, pignorato dalla Principe Azzurro Bank per via di un
certo suo debito di cui non staremo a disquisire. Chi non ha
un mutuo sul proprio castello di questi tempi?
Comunque Trespade avrebbe fatto volentieri a meno di
questo pasticcio e, ora che ci pensava, avrebbe fatto
volentieri a meno anche di Stregonus, ma provava un grande
affetto per il vecchio e burbero mago. Quando non se ne
stava in casa a litigare con Miss Poppins, allestiva
spettacolini pirotecnici in paesetti di campagna e solo
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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

quando prendeva parte a quelle insolite avventure sembrava


davvero felice.
- Be’ e ora che ho detto di sbagliato? – chiese stupito il
mago.
Fu in quell’istante che, come ombre nella notte, i Sicari
affiorarono dai margini del sentiero. Strisciarono rapidi e
silenziosi, e in un baleno accerchiarono i due sventurati,
impedendo loro ogni via di fuga. Un ceffo minaccioso e
incappucciato si piantò in mezzo al sentiero e lasciò che
l’ultima luce del tramonto gli rischiarasse il volto. Era il
classico comandante dei Sicari, con la cicatrice, la benda
sull’occhio ed il lungo coltellaccio da agitare prima dell’uso.
- Dove vanno di bello lor signori? - chiese sarcastico.
- Se vi dicessi che stiamo andando dalla nonna a
portarle le frittelle mi credereste? – disse Trespade.
Il comandante scosse il capo con biasimo - Sciocco
umorismo – disse – davvero uno sciocco umorismo.
- Sciocco e scontato – aggiunse una recluta (quella dei
fagioli, per intenderci).
- Si fa quel che si può – disse il guerriero.
- Un po’ poco, per uno che vuol fare lo scrittore, non ti
pare?
- Ammetto che non mi sono sforzato più di tanto –
rispose Trespade – ma di solito non scrivo con uno che mi
sventola un coltellaccio di sotto il naso.
- Anche questo è vero – annuì la recluta dei fagioli.
- Bando alle ciance – si spazientì il comandante. -
Suppongo sappiate perché siamo qui.
- Presumo che dobbiate ucciderci – biascicò Stregonus.
- Bravo nonnetto.
- Nonnetto! – esclamò il mago indignato. – Nonnetto
un accidente. Ti farò vedere io come si punivano un tempo
quelli della tua risma. - Così dicendo si liberò dall’impaccio
della valigia e sollevò le mani grinzose, cominciando ad
invocare l’Incantesimo del Battipanni.

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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

Il comandante dei Sicari, però, non era uno


sprovveduto e sapeva difendersi dagli attacchi di magia.
Balzò indietro con sorprendente agilità e si concentrò per
scagliare il suo potente Fischio Magico. Un lucore fosco e
terribile divampò dalle sue labbra e, come un’onda di
tempesta, un motivetto raccapricciante investì Stregonus e
Trespade.
In preda ad assortite allucinazioni, il guerriero crollò in
ginocchio senza riuscire a tapparsi le orecchie, ma il mago,
grazie alla sua sordità, attutì il colpo e partì subito al
contrattacco con il Controfischio Magico. Purtroppo, colto
così alla sprovvista, fischiettò la prima cosa che gli passò per
la testa e dal cielo cominciarono a piovere mazzi di carte,
bianconigli e brucaliffi.
Per fuggire allora a quell’incresciosa défaillance
Stregonus si chinò su Trespade, lo strinse a sé e, afferrando
la sua valigia, invocò l’Incantesimo delle Dimensioni.
– A destra a manca, a dritta a sanca, va là vien qua, va
su e vien giù…. – e un sacco d’altre parole che non è il caso
di star qui a menzionare.
Dapprima i loro corpi divennero diafani, poi
baluginarono di mille singulti luminosi e infine, con un
bagliore accecante, si sdimensionarono definitivamente.
Stregonus e Trespade erano spariti.

Ricomparvero su una bassa sponda d’uno strano bosco,


dove le radici di una quercia millenaria riaffioravano
attorcigliate. Lì, appollaiati tra i cespi nodosi, cerano quattro
esserini, quattro… Hobbit? Sì, erano proprio quattro Hobbit
e come videro ridimensionarsi Stregonus e Trespade vennero
presi da un’agitata paura. In un confuso parapiglia
cominciarono a portarsi gli indici alle labbra e a far loro dei
cenni inconfondibili con le mani.
- Dovremmo andarcene senza fare casino – disse
Trespade, che si stava riprendendo dalla sonora batosta.
Aveva una fortissima emicrania e quel vago senso di nausea
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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

che dà l’Incantesimo delle Dimensioni. – Credo si stiano


nascondendo dagli Spettri dell’Anello.
Risentito della fredda accoglienza, Stregonus se ne
stette per un po’ immobile, lisciandosi la barba come a voler
sfidare quei quattro babbei, poi scrollò le spalle e riformulò
l’Incantesimo.
– A destra a manca, a dritta a sanca, va là vien qua, va
su e vien giù…. – e tutto il resto.
L’ultima cosa che vide, prima di sdimensionarsi, fu un
cavaliere nero che, dopo aver passato a fil di spada un
giovane Hobbit, mordicchiava un anello per sincerarsi che
fosse autentico.

Nel caotico turbinio delle particelle subquantiche, si


ritrovarono questa volta in una radura luminosa, immersa
nella nebbia. Non fecero nemmeno in tempo a riprendersi
dalla centrifuga che l’ennesimo spavento li fece sobbalzare.
- Altolà! - udirono una voce provenire dal pallido velo
che fluttuava intorno a loro. – Nessuno può oltrepassare la
soglia invisibile della Città Invisibile, senza prima sottoporsi
alla prova.
Trespade lanciò a Stregonus un’occhiata tra il sollievo
e il terrore, ma il mago continuò a fissare dinanzi a sé,
levando in alto una mano con quella sua consueta teatralità
un po’ fuori moda.
- Dicci quale prova – parlò con tono solenne.
Trespade si guardò intorno smarrito, tentando di
penetrare il velo di nebbia. - Con chi stai parlando? – chiese.
- Uno Spirito Guardiano – rispose Stregonus.
- E dove sarebbe?
- Non lo vedi? – il mago si volse a Trespade con
occhio saccente. – Non vedi ch’è qui dinanzi a noi?
Ma mentre parlava, dalle fronde alla sua destra uscì
una mano irsuta che gli sfiorò una spalla. – Ehm… sono qui!
– riconobbero la voce di prima giungere dai cespugli.

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- Oh perbacco! – esclamò Stregonus voltandosi. – Siete


corruttibile, di carne ed ossa. Dunque non siete uno Spirito
Guardiano!
- Semplicemente un metronotte. – Un ometto calvo e
baffuto in un consunto spezzato sgusciò dal groviglio di
foglie. – Gli Spiriti Guardiani si sono trasferiti in un luogo
remoto chiamato Egitto. Dicono che si guadagna meglio col
turismo.
- Be’ fa lo stesso – sbatacchiò le palpebre il mago. –
Stavate parlando di una prova. Di che si tratta?
- D’una partita a rombi.
– Oh, d’accordo – si fregò le mani Stregonus (in realtà
non avrebbe potuto, perché, come ricorderete con una
reggeva la sua valigia) - io sono un vero asso a rombi.
Quando s’inizia?
- Quanta fretta! – esclamò l’ometto villoso. – Un po’ di
pazienza! Non vedete che sto allestendo la rombiera?
In effetti era da un po’ che il metronotte muoveva le
mani in quell’inconfondibile danza con cui si dispongono i
pezzi d’una rombiera invisibile e, d’altro canto, sarà capitato
anche a voi di doverne allestire una, e saprete di certo che
non è una faccenda che si sbriga in un attimo. In un attimo
non si sbrigò nemmeno la partita e perciò non starò qui a
dirvi come si svolse. Vi dirò soltanto che Stregonus non tradì
le aspettative e staccò i biglietti d’ingresso.
- Che dire! – esclamò il metronotte sollevando la
sbarra invisibile – Buona permanenza e non date da
mangiare ai piccioni.

La Città Invisibile era, come dire, impossibile a


descriversi, ma non fu così complicato trovare l’idolo. Lo
rinvennero tra altri ninnoli etnici, in una di quelle bancarelle
dove al solito si deve contrattare il prezzo. Alla fine lo
scambiarono con lo specchio rotto e si ritirarono in un
angolo dell’ampia piazza al centro della Città Invisibile.

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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

Quando furono certi di non esser visti, il mago appoggiò


quel coso in terra e si allontanò d’alcuni passi.
- Apriti idolo! – tuonò con voce dal profondo.
Quello non s’aprì.
- Ehm… Per favore, apriti idolo – disse allora.
Ma non accadde nulla nemmeno stavolta.
- Argh! Adesso ti spacc…
Niente. Provò allora con l’Incantesimo
dell’Apriscatole e con un’altra dozzina di sortilegi, ma
l’idolo non voleva saperne di aprirsi. Infine il mago raccolse
tutta la sua forza e, dopo averlo sollevato sopra la testa, lo
scagliò contro una pietra appuntita. Ma nemmeno in quel
modo s’aprì.
- Guarda un po’ qui! – esclamò Trespade
raccogliendolo da terra – sul fondo c’è impressa una strana
scritta che non riesco a decifrare. Vedi un po’ tu se ci capisci
qualcosa.
Stregonus riprese tra le mani l’idolo e, aggrottando le
sue folte sopracciglia, studiò attentamente la scritta. - Non ne
sono sicuro – rimuginò dubbioso – uhm… mi pare di leggere
Made in China… Oh perbacco! – esclamò poi, accorgendosi
di una clip – c’è anche una piccola serratura a scatto.
La sfiorò con l’unghia e quella s’aprì lasciando che
l’idolo si schiudesse e rivelasse il suo contenuto. Era un
minuscolo criceto, chiuso in una gabbietta circolare,
collegata ad uno strano aggeggio assemblato con
avvolgimenti e spazzole. C’era anche un messaggio allegato.
Era scritto sulla carta intestata dei Grandi Associati e diceva:
Bene! Dinamo, la fonte di energia alternativa, non è caduta
nelle mani del Maligno. Trespade avrà i suoi crediti.
Al centro della Città Invisibile, con sulla faccia una
felicità invisibile, Stregonus e Trespade si scambiarono uno
sguardo pieno di rassegnazione ed ira.
- Alla malora i Grandi Associati! – piccò il guerriero.

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©Manuel Righele – La Città Invisibile (Segnalato al Premio Lovecraft 2005)

- I Grandi Associati e il T-Pratchett - aggiustò il tiro il


mago – …ah! e visto che ci sono anche quella zitella acida di
Miss Poppins.

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