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JOVENE EDITORE
NAPOLI 2018
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1 Sulla perdurante attualità di tale questione all’interno del dibattito sulla distinzione
tra pubblico e privato nel diritto amministrativo, M. D’ALBERTI, Diritto amministrativo e di-
ritto privato: nuove emersioni di una questione antica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2012, 1019 ss.
2 Sulle prospettive offerte dallo studio del diritto privato rispetto a tutti i fenomeni
organizzativi e funzionali della p.a., e sulle problematiche che esso solleva rispetto alla po-
sizione costituzionale dell’amministrazione, si veda, per tutti, V. CERULLI IRELLI, Ammini-
strazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011.
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24 Sul tema, A. BENEDETTI, Certezza pubblica e “certezze” private. Poteri pubblici e cer-
tificazioni di mercato, Milano, 2010.
25 Su cui si vedano i contributi contenuti in G. FALCON, B. MARCHETTI, Verso nuovi
rimedi amministrativi? Modelli giustiziali a confronto, Padova, 2015. Con particolare riferi-
mento alla diffusione di Corti non statali nel contesto globale, S. Cassese, La funzione co-
stituzionale dei giudici non statali. Dallo spazio giuridico globale all’ordine giuridico globale,
in Riv. trim. dir. pubbl., 2007, 609 ss.
26 Su cui, per tutti, V. CERULLI IRELLI, Amministrazione pubblica e diritto privato, cit.,
passim.
27 L’emersione di una sorta incompatibilità tecnica – e non più ideologica come af-
fermatosi all’inizio del secolo scorso – è messa in luce da B.G. MATTARELLA, L’imperatività
del provvedimento amministrativo, Padova, 2000, 178 ss.
28 Si veda, tra gli altri, F. MERUSI, La natura delle cose come criterio di armonizzazione
comunitaria nella disciplina sugli appalti, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1997, 39 ss., il quale
guarda con favore alla «vanificazione della c.d. “fuga nel diritto privato” a seguito della
identificazione della “vera natura pubblica della cosa”».
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 231
1994, nn. 9970 e 9971; 15 marzo 1993, n. 3053), sono assimilabili ai contratti di diritto pub-
blico (Cons. St., sez. IV, 10 novembre 2003, n. 7188) o ai contratti accessivi a provvedimenti
(TAR Campania, Salerno, 6 febbraio 2004, n. 92) e sono dunque inquadrabili nello schema
delle concessioni di pubblico servizio, per le quali permane la giurisdizione esclusiva del giu-
dice amministrativo» (corsivo aggiunto).
33 Su cui, ad esempio, V. CERULLI IRELLI, Amministrazione pubblica e diritto privato,
cit., 22, il quale traduce tale distinzione distinguendo dall’attività meramente privatistica
un’attività amministrativa di diritto privato, caratterizzata dal fatto che «il modulo nego-
ziale deve necessariamente seguire discipline differenziate rispetto a quelle operanti nel-
l’ambito dei rapporti interprivati, intese ad assicurare che anche in tale ambito, i principi
che reggono la funzione amministrativa vengano rispettati»; tale attività si contrappor-
rebbe ad un «un ambito propriamente privato delle pubbliche Amministrazioni, come sog-
getti di diritto comune, un ambito di gestione meramente patrimoniale nel quale non si
esprime amministrazione in senso sostanziale come cura necessaria, attraverso azioni con-
crete, di interessi della collettività».
34 Come evidenziato da V. RICCIUTO, A. NERVI, Il contratto della pubblica ammini-
strazione, in Trattato di diritto civile del Consiglio nazionale del notariato, diretto da P. Per-
lingieri, Napoli, 2009, 229 ss., nello stesso Codice dei contratti pubblici non appare age-
vole individuare esattamente l’oggetto del contratto: a volte si fa riferimento alle presta-
zioni, a volte al settore di riferimento, altre volte ancora al valore economico.
35 D’altronde, anche in sede civilistica è stata lucidamente evidenziata da N. LIPARI,
Le categorie del diritto civile, Milano, 2013, 176, «l’ambiguità del dettato del codice civile
– che utilizza l’espressione “oggetto” talvolta per indicare la prestazione, altre volte per de-
signare il bene economico sul quale la medesima incide»; il che avrebbe condotto la dot-
trina «a formulare una nozione variegata e non più unitaria dell’oggetto del contratto in-
troducendo una visione realistica e relazionale dell’oggetto».
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36 Sul punto già C. MARZUOLI, Principio di legalità, cit., 73 ss., secondo cui anche l’at-
tività comunemente considerata come “privata”, essendo rivolta al perseguimento di un in-
teresse pubblico, non appare differire dall’attività amministrativa di diritto privato. E ciò
dal momento che la stessa attività di approvvigionamento di beni e risorse per le esigenze
dell’amministrazione – tradizionalmente considerata attività privatistica in senso stretto e
quindi espressione della capacità negoziale dei soggetti pubblici – appare comunque fun-
zionale alla soddisfazione delle esigenze e dei bisogni pubblici. Si veda anche S. CIVITARESE
MATTEUCCI, Contributo allo studio del principio contrattuale nell’attività amministrativa, To-
rino, 1997, 98, il quale sottolinea la necessità di superare il «tradizionale criterio fondato
sulla mediatezza/immediatezza del rapporto tra attività dell’amministrazione e interesse
pubblico» al fine di distinguere l’attività di diritto privato da quella di diritto pubblico an-
che se esercitata in forme consensuali.
37 Come è stato evidenziato in dottrina, infatti, «la finalizzazione del contratto al per-
seguimento degli scopi dell’ente si confà sia ai contratti che direttamente perseguono que-
sti ultimi sia a quelli che li realizzano solo indirettamente, procurando all’ente i mezzi e i
beni a ciò necessari»: così, lucidamente, M. DUGATO, Atipicità e funzionalizzazione nell’at-
tività amministrativa per contratti, Milano, 1996, 19 ss., il quale propone il riferimento al
concetto di «attività amministrativa per contratti» per indicare ogni manifestazione dell’a-
gire negoziale della p.a. (29).
38 D’atra parte, come è stato evidenziato da E. BRUTI LIBERATI, Consenso e funzione
nei contratti di diritto pubblico, Milano, 1996, 58, la distinzione tra contratti civilistici e
contratti di diritto pubblico si dovrebbe invece fondare, innanzitutto, su una precisa di-
stinzione di regime posto che «è palese che solo laddove tale regime giuridico sia suffi-
cientemente definito la categoria del contratto di diritto pubblico può risultare idonea a
svolgere le funzioni di ordine sistematico che le sono proprie: ad essere cioè strumento per
l’applicazione di regole simili a casi simili, e per l’applicazione di regole specifiche coerenti
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 235
con i principi di fondo della materia». Sul punto di veda anche G. MANFREDI, Accordi e
azione amministrativa, Torino, 2001, 78 ss., secondo cui in assenza di un regime giuridico
contrattual-pubblicistico ben definito qualunque tentativo di ibridazione delle categorie
giuridiche entro schemi e modelli intermedi, rischia di privare tali relazioni giuridiche di
quella necessaria esigenza di certezza e di stabilità del rapporto che dovrebbe comunque
contraddistinguere uno strumento che ambisce a porsi come vera alternativa al provvedi-
mento unilaterale.
39 Su cui già J. RIVERO, Droit administratif, Paris, 1960, 90 ss., il quale inseriva tali
contratti nel Titolo Terzo relativo a «Les actes de l’administration». Anche nella più recente
sistematica proposta da Y. GAUDEMET, Traité de droit administratif, XVI ed., Paris, 2001,
vol. I, 671 ss., i contratti amministrativi, pur essendo collocati in un Titolo separato ri-
spetto agli «Actes administratifs unilatéraux», continuano ad essere ricondotti all’interno
del Livre su «Les actes administratifs». Di recente, sulla teoria e la nozione di contratto am-
ministrativo, si veda L. RICHER, Droit des contrats administratifs, Paris, 2010, 15 ss.
40 Quanto al problema dell’ambito di estensione di tale categoria, si considerano am-
ministrativi innanzitutto quei contratti che sono definiti tali dalla legge: si vedano i casi di
«qualification par la loi» indicati da L. RICHER, ult. op. cit., 109 ss., tra cui assumono parti-
colare rilievo i contratti di appalto pubblico («marches des travaux publics») ricondotti en-
tro tale categoria dall’art. 2 della legge 2001-1168 dell’11 dicembre 2001: rispetto a tali
contratti, la giurisprudenza del Tribunal des conflits (5 juillet 1999, Commune de Sauve c/
Société Gestetner et Union des groupements d’achats publics (UGAP) c/ société SNC Activ
CSA) ha precisato che non è necessaria l’analisi degli indici giurisprudenziali. All’infuori di
tali ipotesi legislative, trovano applicazione «les critères jurisprudentiels» che sono ormai
chiaramente recepiti in tutte le trattazioni dottrinarie quale principale fonte di regolazione
dell’ambito di applicazione della fattispecie (si veda ancora L. RICHER, ult. op. cit., 90 ss.):
tra questi assume rilievo il criterio della presenza di «clauses exorbitantes du droit commun»
(criterio che viene fatto risalire a Conseil d’État, 31 juillet 1912 - Société des Granits des
Vosges); ma anche quello del «service public» o del «travail public». Infine, a partire da
Conseil d’État, 19 gennaio 1973, Société d’exploitation électrique de la rivière du Sant, un
contratto può comunque essere definito come amministrativo dal giudice sulla base dell’e-
sistenza di un «régime exorbitant du droit commun».
41 Il che giustifica la giurisdizione piena del Consiglio di Stato che, con riguardo ai
contratti di appalto, consente di assicurare la tutela dei terzi mediante la teoria dell’atto
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46 Così, al par. 60 (1), il quale, tuttavia, prima di prevedere tale potere eccezionale di-
sciplina le condizioni che consentono alle parti di adeguare e modificare consensualmente
il regolamento negoziale in ragione del mutamento delle condizioni di fatto o di diritto su
cui si è fondato l’equilibrio sinallagmatico originario: è quindi esclusa la possibilità di rico-
noscere in capo alla parte pubblica uno ius variandi e, soprattutto, lo stesso adeguamento
viene a configurare un vero e proprio diritto del contraente che sia stato leso dalla soprav-
venienza, come dimostra il fatto che lo stesso, in caso contrario, potrebbe sciogliersi unila-
teralmente dal rapporto.
47 Quanto al concreto ambito di utilizzo dell’istituto – sebbene sia la stessa legge sul
procedimento ad individuare il concetto di rapporto giuridico di diritto pubblico (parr. 1
e 9) – nei casi in cui risulti difficile ricostruire la natura del rapporto (perché ad esempio
l’oggetto è suscettibile di essere regolato da un atto privatistico), la dottrina ha fatto riferi-
mento, tra le altre cose, anche al fatto che si applichino determinate regole speciali di di-
ritto pubblico, ovvero che sia presente un obbligo di emanare un determinato atto ammi-
nistrativo o, infine, che dal rapporto siano sorti diritti e obblighi di natura pubblica: anche
su tali profili, tra i contributi specifici successivi all’entrata in vigore della legge, si vedano
H. MAURER, Der Verwaltungsvertrag - Probleme und Möglichkeiten, in DVBl, 1989, 789 ss.;
H. MAURER, B. BARTSCHER, Die Praxis des Verwaltungsvertrags im Spiegel der Rechtspre-
chung, 2 vol., Konstanz, 1997; W. HÖFLING, G. KRINGS, Der verwaltungsrechtliche Vertrag:
Begriff, Typologie, Fehlerlehre, in JuS, 2000, 505 ss.; F. REIMER, Mehrseitige Verwaltungsver-
träge, in VerwArch. Bd., 2003, 543 ss.; M. WERNER, Allgemeine Fehlerfolgenlehre für den
Verwaltungsvertrag, Baden-Baden, 2008. Nella dottrina italiana, si veda in particolare A.
MASUCCI, Trasformazioni dell’amministrazione e moduli convenzionali. Il contratto di diritto
pubblico, Napoli, 1988.
48 D’altra parte, l’incertezza della disciplina interna, e la grande lontananza dalle ca-
tegorie consensuali del diritto tedesco e francese, è confermata anche dal fatto che, con ri-
guardo agli stessi accordi amministrativi, non sono mancate ricostruzioni – soprattutto
dottrinarie – che anche di recente hanno cercato di dimostrare la possibilità di applicare
alla fase esecutiva di tali rapporti quasi tutte le norme di diritto privato in materia di ob-
bligazioni e contratti: in questo senso, M. RENNA, Il regime delle obbligazioni nascenti dal-
l’accordo amministrativo, in Dir. amm., 2010, 27 ss.
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49 Per una ricognizione di tali limiti sia consentito il rinvio a A. MOLITERNI, Ammini-
strazione consensuale e diritto privato, cit., 114 ss.
50 Come sottolineato già da G. MANFREDI, Accordi e azione amministrativa, cit., 49, il
sintomo «della persistenza del pregiudizio anticontrattuale» troverebbe manifestazione an-
che nell’atteggiamento che conduce la scienza giuspubblicistica a evitare di qualificare
come contratti gli strumenti negoziali che si riscontrano in molti settori tradizionalmente
definiti come pubblici, «preferendosi di volta in volta, quasi con voluta imprecisione, fare
ricorso a vocaboli che evocano la nozione di contratto ma che non implicano una chiara e
inequivoca scelta definitoria».
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 239
fatto che il richiamo a tale norma non rappresenta la sola tecnica di li-
mitazione del diritto privato utilizzata dalla giurisprudenza per valoriz-
zare la “pubblicità” del rapporto, continuando a rinvenirsi nel diritto
vivente diverse ricostruzioni che, a fini diversi, richiamano anche il mo-
dello a “doppio-grado”55.
D’altra parte, molte delle difficoltà di definire una disciplina giu-
ridica compiuta dei negozi di diritto pubblico sono da ricondursi non
solo alle incertezze della norma dal punto di vista del regime applica-
bile, ma, soprattutto, all’incerto rapporto tra l’art. 11 e le preesistenti
discipline settoriali relative ai c.d. “accordi necessari tipici”56: da que-
sto punto di vista, l’art. 11 è stato talvolta inteso come una sorta di
“contenitore” privo di una connotazione giuridica pregnante ed entro
cui far confluire le più diverse fattispecie negoziali che si rivelassero in
qualche modo incompatibili – sulla base di ragioni e presupposti di-
versi – con un regime integralmente privatistico57. E così recentemente
si è ribadito che alla fattispecie di cui all’art. 11 sarebbero sia da ricon-
dursi rapporti negoziali “non patrimoniali” incidenti sull’esercizio del
potere discrezionale, sia tutti quei rapporti negoziali di tipo patrimo-
niale – variamente denominati – aventi ad oggetto un bene pubblico:
per entrambe le fattispecie opererebbe comunque la clausola limitativa
dell’applicazione dei soli principi in materia di obbligazione e contratti
sancita dall’art. 1158.
minatezza, dato che rimane incerta sia la loro qualificazione, sia l’individuazione della
disciplina applicabile».
55 Come chiarito di recente da Cons. St., sez. IV, 15 maggio 2017, n. 2256, all’art. 11
sono da ricondursi anche le convenzioni «che accedono all’esercizio di potestà ammini-
strativa (anche latamente) concessoria»; e tuttavia, in tali casi l’applicazione delle disposi-
zioni in tema di obbligazioni e contratti «presuppone pur sempre la persistenza (ed imma-
nenza) del potere pubblico, dato che l’atto fondativo del rapporto tra amministrazione e
privato non è la convenzione, bensì il provvedimento, rispetto al quale la prima rappre-
senta solo uno strumento ausiliario, idoneo alla regolazione (subalterna al provvedimento)
di aspetti patrimoniali del rapporto, nell’ambito di una più ampia finalità di pubblico inte-
resse che ispira l’azione amministrativa».
56 La dottrina che ha meglio approfondito tali tematiche ha, in questa prospettiva,
attribuito valenza generale all’art. 11, entro cui sarebbero ricompresi i c.d. «accordi neces-
sari “tipici”», e cioè tutti quei casi di «convenzioni e contratti già tipizzati dalle discipline
di settore e non posti in alternativa al provvedimento»: così G. GRECO, Accordi ammini-
strativi tra provvedimento e contratto, Torino, 2003, 159.
57 In senso critico rispetto «all’enfasi con la quale si tende troppo spesso a sottoli-
neare la rilevanza giuridica degli accordi di cui all’art. 11», si veda A. ROMANO, Riflessioni
dal convegno: autoritarietà, consenso e ordinamento generale, in Annuario AIPDA 2011, cit.,
380.
58 Si veda Cons. St., n. 2256/2017, ove si chiarisce che «sotto la comune dizione di
“accordi”, sono richiamati (e succintamente disciplinati) sia moduli più propriamente pro-
cedimentali, cioè attinenti alla definizione dell’oggetto dell’esercizio del potere provvedi-
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 241
mentale, sia accordi con contenuto più propriamente contrattuale, veri e propri contratti
ad oggetto pubblico – secondo una definizione comunemente invalsa – in quanto discipli-
nanti aspetti patrimoniali connessi all’esercizio di potestà. La presenza contemporanea
delle due figure rende distinta e, per così dire, “asimmetrica” l’applicazione delle stesse
norme desumibili dall’art. 11, quali, in particolare, il comma 2, relativo all’applicabilità dei
principi del codice civile in tema di obbligazioni e contratti, ovvero il comma 4, concer-
nente la possibilità offerta alla P.A. di recesso dall’accordo. Per un verso, dunque, la gene-
rale disciplina dell’art. 11 trova applicazione (anche) nel caso di “convenzioni” con conte-
nuto patrimoniale, afferenti tuttavia al previo esercizio di potestà (quegli atti bilaterali che
sono ordinariamente ricondotti alla categoria definita come “contratti di diritto pubblico”
o “a oggetto pubblico”); per altro verso, essa deve applicarsi anche ad ipotesi in cui, difet-
tando ogni “substrato patrimoniale”, il richiamo – ad esempio – alla applicabilità dei prin-
cipi del codice civile in tema di obbligazioni e contratti, risulta avere un ambito di appli-
cazione se non nullo, certamente più ristretto».
59 In assenza di un sistema chiaro e ben definito sul regime applicabile, i principali
tentativi ricostruttivi di un modello generale di consensualità amministrativa per i c.d. rap-
porti “ad oggetto pubblico” finiscono comunque per dare prevalenza alla logica pubblici-
stica attraverso la previsione di poteri discrezionali esorbitanti ed eccezionali o, comunque,
estendendo il regime tipico dell’atto amministrativo per garantire la funzionalità e l’impu-
gnabilità dei terzi (si veda in questo senso E. BRUTI LIBERATI, Consenso e funzione, cit., 157
ss.). Isolati appaiono, invece, i tentativi di valorizzare maggiormente la dimensione parite-
tica della norma sugli accordi, sottolineando ad esempio che essa sarebbe una “norma
ponte” verso l’ordinamento civilistico (S. CIVITARESE MATTEUCCI, Contributo allo studio,
cit., 147 ss.), ovvero valorizzando più nettamente, in maniera non dissimile da quanto ge-
neralmente avvenuto per i rapporti a “doppio grado”, la presenza di uno «iato» tra il mo-
mento pubblicistico, costitutivo del rapporto, e quello dell’esecuzione dello stesso da cui
sarebbero sorte ordinarie obbligazioni (M. RENNA, Il regime delle obbligazioni, cit., 27 ss.).
60 D’altra parte, in dottrina, proprio con riguardo a tali rapporti si è ammesso che le
regole e i rimedi civilistici possano essere derogati non solo da specifiche previsioni di
legge, ma anche in ragione del contrasto con le esigenze di funzionalizzazione: così E.
BRUTI LIBERATI, Consenso e funzione, cit., 176, secondo cui anche l’art. 1372 deve essere sot-
toposto al vaglio di compatibilità «con le peculiari esigenze pubblicistiche connesse ai rap-
porti in questione, e con i principi speciali che di esse sono espressione» (177).
61 TAR Lazio, Roma, sez. II, 21 giugno 2011, n. 5535, ove si precisa il rapporto con-
cessorio su beni pubblici «implica sempre l’attribuzione al privato di un diritto condizio-
242 ALFREDO MOLITERNI
nato, che può essere unilateralmente soppresso dall’amministrazione stessa con la revoca
dell’atto di concessione, in caso di contrasto con il prevalente interesse pubblico».
62 Così Cons. St., n. 2256/2017, ove si sottolinea il fatto che, con riguardo a tali rap-
porti, «la giurisprudenza – certamente escludendo una acritica applicazione delle norme
del codice civile – ha avuto modo di affermare: – che l’impegno assunto dall’amministra-
zione attraverso l’accordo non può risultare vincolante in termini assoluti, in quanto esso
riguarda pur sempre l’esercizio di pubbliche potestà (Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001,
n. 354); – che il c.d. “autovincolo” derivante all’amministrazione da un accordo può per-
dere successivamente consistenza a seguito del confronto delle posizioni caratterizzanti le
fasi successive del procedimento (Cons. St., sez. IV, 9 novembre 2004 n. 7245)».
63 Peraltro, tale tendenza alla pubblicizzazione dei rapporti convenzionali in materia
di beni pubblici opera anche a discapito della stessa volontà manifestata dalle parti: se-
condo Cons. St., sez. IV, 1 marzo 2010, n. 1167, ad esempio, «l’attribuzione ai privati di
beni del demanio o del patrimonio indisponibile, qualunque sia la terminologia adottata
nella convenzione ed ancorché essa abbia connotazioni privatistiche è riconducibile esclu-
sivamente alla figura della concessione».
64 Così TAR Toscana, Firenze, sez. II, 30 dicembre 2011, n. 2077, là dove – relativa-
mente al «contratto di affitto stipulato da un Comune ed avente a oggetto la cessione dello
sfruttamento di agri marmiferi in favore di terzi» – si afferma che «la oggettiva finalità di
interesse pubblico sottesa allo sfruttamento di una cava di marmo implica necessariamente
l’esercizio dei corrispondenti poteri pubblicistici da parte dell’ente proprietario della cava,
a prescindere dall’acquisizione della cava stessa al patrimonio disponibile».
65 In questo senso Cons. St., sez. V, 15 novembre, 2010, n. 8040 ha valorizzato il
fatto che l’amministrazione non avrebbe adeguatamente motivato l’atto di scioglimento
alla luce del pubblico interesse.
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 243
66 Sul punto appare significativa la sentenza Cons. St., sez. IV, 23 dicembre 2010, n.
9347, in materia di adempimento di un rapporto concessorio di pubblico servizio relativo
all’installazione e alla manutenzione degli apparecchi da gioco lecito, ove si precisa che
nella fase di esecuzione del rapporto convenzionale «debbano trovare applicazione piena
ed integrale le regole civilistiche in materia di imputabilità dell’inadempimento» e che il
rapporto concessorio debba essere assoggettato alle «comuni regole civilistiche in tema di
adempimento-inadempimento, nonché di obblighi di buona fede delle parti del contratto
(art. 1375 c.c.)».
67 Sul punto si veda TAR Lazio, Roma, sez. II, 26 novembre 2009, n. 11851, che ha
legittimato la coesistenza di un potere discrezionale di irrogazione delle penali con la
«piena ed integrale applicazione delle regole civilistiche in materia di imputabilità dell’ina-
dempimento, di prova del danno cagionato e di congruità e proporzionalità della relativa
penalizzazione», riconducendo a tal fine la convenzione concessoria all’accordo ammini-
strativo di cui all’art. 11.
68 Incertezze emergono, da questo punto di vista, rispetto alla natura dei poteri di
scioglimento, ancorché previsti dal regolamento negoziale sulla base di clausole risolutive
espresse: si veda TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 6 luglio 2009, n. 1230; ma soprattutto con
riguardo alla possibilità di irrogare una penale in caso di inadempimento del concessiona-
rio che sarebbe rimesso all’esercizio della «potestà discrezionale dell’amministrazione con-
cedente, e, indi, dell’esercizio di funzioni autoritative, non investenti l’area dei diritti sog-
gettivi»; in tali ipotesi «la controversia radica specificamente la verifica di legittimità delle
modalità con le quali detta potestà è stata esercitata» (così TAR Lazio, sez. II, 14 aprile,
2008, n. 3173).
69 Come sostenuto, invece, con riferimento alle penali in un rapporto concessorio di
servizio pubblico da Cons. St., sez. V, 20 maggio 2011, n. 3023. D’altronde, anche secondo
la Cassazione (sez. un., 17 maggio 2013, n. 2111), «l’applicazione al gestore del trasporto
pubblico di una “penale” da parte dell’amministrazione concedente, ancorché il relativo
potere sia previsto in un atto qualificato “contratto”, non costituisce espressione di una fa-
coltà improntata ad un rapporto paritario, ma attenga all’esplicazione di quegli specifici
244 ALFREDO MOLITERNI
poteri di vigilanza e controllo sulla corretta gestione del servizio pubblico, come tale costi-
tuente l’irrogazione di una vera e propria sanzione».
70 In questa prospettiva non appare comprensibile la distinzione funzionale che è
stata fatta tra le penali civilistiche e quelle pubblicistiche da Cons. St., sez. III, 13 novem-
bre e 4 dicembre 2007, parere n. 3926: mentre infatti lo scopo delle clausole penali civili-
stiche sarebbe «quello di liquidare preventivamente il danno e, contemporaneamente,
avere un mezzo indiretto di coazione inteso ad assicurare l’adempimento dell’obbliga-
zione», nell’ambito delle convenzioni concessorie la penale avrebbe «solo una funzione
coercitiva indiretta, essendo essa indipendente dalla sussistenza o meno di un danno effet-
tivo, ed operando ogniqualvolta si verifichi il dato obiettivo dell’inadempimento».
71 Come nel caso della gestione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi
urbani (Cass., sez. un., ord. 22 agosto 2007, n. 17829).
72 Si tratta della già citata pronuncia Cons. St., n. 2256/2017, ove si precisa che «l’i-
stituto della “penale”, presente nelle ipotesi di esercizio di potere amministrativo amplia-
tivo della sfera giuridica dei privati (non solo, dunque, nelle ipotesi di esercizio di potere
concessorio, ma anche autorizzatorio), ha certamente natura sanzionatoria e salvaguarda il
raggiungimento delle finalità di pubblico interesse sottese all’esercizio del potere». E in-
fatti, secondo il giudice amministrativo, «pur nella consapevolezza della controversa na-
tura, anche nell’ambito dei contratti e rapporti tra privati, della clausola penale prevista
dall’art. 1382 c.c., – se cioè essa abbia solo funzione rafforzativa del vincolo contrattuale e
di liquidazione in via preventiva e forfettaria del danno (in tal senso, Cass., sez. V, 27 set-
tembre 2011, n. 19702; sez. I, 22 settembre 2011, n. 19358), ovvero anche natura sanzio-
natoria, come è pur sostenibile argomentando (anche) dalla affrancazione della penale
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 245
quanto si verifica nei rapporti privatistici, in tali ipotesi «il bene giuri-
dico inciso non è, dunque, il patrimonio della pubblica amministra-
zione, bensì il più generale interesse pubblico che costituisce ad un
tempo la ragione causale della concessione/convenzione ed il fine al
quale deve essere orientata l’azione del privato (al di là delle ovvie fi-
nalità individuali)»; in questa prospettiva, «la penale costituisce la san-
zione per la lesione arrecata all’interesse pubblico, quell’interesse –
come si è detto – che sorregge sul piano motivazionale l’adozione
stessa del provvedimento e/o la stipula della convenzione»73. Tale pro-
nuncia assume un rilievo paradigmatico del più generale approccio del
giudice amministrativo al tema dei contratti pubblici anche perché,
con essa, il giudice di appello giunge a riformare la sentenza di primo
grado solo ed esclusivamente al fine di prospettare una ricostruzione
marcatamente pubblicistica del rapporto (e in particolare delle clau-
sole penali), nonostante ciò non fosse in alcun modo necessario ai fini
dell’esito finale del giudizio che ha visto comunque confermato il ri-
getto delle contestazioni dei privati già stabilito dal giudice di primo
grado, a dispetto della qualificazione privatistica della penale irrogata
dal Comune74: il che, peraltro, conferma in maniera evidente la ten-
denziale neutralità delle tecniche rispetto all’esigenza di assicurare la
migliore tutela dell’interesse pubblico (su cui, infra, par. 7).
4. Le incertezze nella fase esecutiva dei contratti pubblici tra diritto na-
zionale e diritto europeo: il problema dell’autotutela
Anche al di là degli accordi amministrativi e dei rapporti ad og-
getto pubblico, il regime giuridico dei contratti pubblici si caratterizza
dalla prova del danno subito – appare evidente la difficile applicazione (nei limitati sensi
di liquidazione preventiva e forfettaria del danno) dell’istituto ai contratti di diritto pub-
blico, nei quali sia la causa che l’oggetto sono conformati dalla finalità di pubblico inte-
resse perseguita dall’amministrazione (ed in certa misura, anche dal privato contraente)
per il tramite dell’accordo».
73 In sostanza, secondo Cons. St., n. 2256/2017, la penale «non si lega in via esclu-
siva e diretta al danno per inadempimento dell’obbligazione e dunque per mancanza della
prestazione economicamente valutabile, che si era tenuti a rendere, ma si collega innanzi
tutto alla mancata realizzazione della finalità di pubblico interesse che governa l’azione
della pubblica amministrazione e che, come si è detto, conforma diversamente anche la
causa del contratto. In altre parole, e se si intende riguardare la penale dal punto di vista
dell’accordo/contratto, l’evento illecito (frutto di azione e/o omissione del privato con-
traente) non incide sull’adempimento dell’obbligazione e, dunque, sul contenuto contrat-
tuale (come nel caso dell’art. 1382 c.c.), bensì, ex post, sulla causa del contratto, e dunque
sulla “funzione obiettiva economico-sociale del negozio” per come conformata dalla stru-
mentalità dello stesso al raggiungimento di finalità di pubblico interesse, che legittimano
l’agire della pubblica amministrazione ed il conferimento di potere alla medesima».
246 ALFREDO MOLITERNI
per l’incerta operatività dei principi e delle regole del diritto privato
che, in molti casi, rischia di vanificare le stesse ragioni sottese all’uti-
lizzo degli strumenti negoziali da parte dell’amministrazione. Ciò si ve-
rifica, innanzitutto, in virtù dell’attribuzione di una valenza “forte” alla
procedura amministrativa che precede la stipula del contratto, con
conseguente subordinazione del regime negoziale a quello pubblici-
stico ad esso presupposto75. Ma la giurisprudenza non manca di valo-
rizzare la specialità della disciplina che caratterizzerebbe tali contratti
anche dopo la stipula del contratto, in ragione dell’incidenza dell’inte-
resse pubblico sulla causa e sull’oggetto del rapporto76.
In questa prospettiva, molte incertezze riguardano soprattutto la
ricostruzione dei diversi poteri sanzionatori e di controllo che contrad-
distinguono l’esecuzione e la gestione dei contratti pubblici77. In parti-
colare, non mancano interpretazioni che tentano di ricostruire molti
dei poteri affidati alla parte pubblica in chiave discrezionale e autorita-
tiva, valorizzando, talvolta, la speciale funzione di controllo sui requi-
siti soggettivi del contraente privato, altre volte la peculiare finalità
pubblicistica dell’intervento, altre volte ancora la peculiarità della di-
sciplina procedimentale che ne regola l’esercizio: per questa via, la giu-
74 Così ancora Cons. St., n. 2256/2017, ove si precisa che la parziale fondatezza del-
l’appello non comporta «la riforma della sentenza impugnata, ma solo la sua conferma con
diversa motivazione, posto che – pur riconosciuta la natura pubblicistica degli accordi, del
potere esercitato, della penale e degli atti di sua irrogazione – i motivi riproposti proprio
sulla base di tali presupposti (sub lett. a) in parte e sub lett. da a1) ad a5) dell’esposizione
in fatto), risultano comunque infondati».
75 D’altra parte, la disciplina strutturale dell’evidenza pubblica è stata richiamata an-
che al fine di sindacare la legittimità della scelta dell’ente pubblico di istituire una società:
si veda Cons. St., ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10.
76 Come chiarito da Cons. St., sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3653, anche nei contratti
ad evidenza pubblica «una volta scelto il contraente, il contratto stipulato successivamente
alla fase di evidenza pubblica non rifluisce “immediatamente” nella più generale disciplina
del codice civile e delle ulteriori disposizioni che eventualmente regolano il rapporto pa-
trimoniale consensualmente instaurato tra privati. Ciò è a tutta evidenza negato dalla stessa
presenza di una (copiosa) disciplina speciale che normalmente assiste il momento genetico
e quello funzionale del contratto, e che non può che giustificarsi se non in ragione della
“particolare natura” dello stesso; laddove tale “particolare” natura non è costituita dall’es-
servi la pubblica amministrazione quale soggetto contraente, bensì dall’essere la causa e
l’oggetto del contratto differentemente conformati, in ragione delle finalità di interesse
pubblico perseguite con il contratto, e dunque con l’adempimento delle obbligazioni as-
sunte per il tramite delle rispettive prestazioni (a seconda dei casi, l’opus o il servizio)».
77 Sul punto, d’altra parte, già G. GRECO, I contratti dell’amministrazione tra diritto
pubblico e privato, Milano, 1986, 51, aveva evidenziato l’«insoddisfacente dommatica della
fase di esecuzione degli appalti di opere pubbliche» che si caratterizzerebbe per una «con-
fusione dei linguaggi giurisprudenziali» e per un «uso promiscuo di istituti tra loro incom-
patibili».
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 247
anche dopo la stipula del contratto, purché nei limiti e alle condizioni
di cui all’art. 21-nonies, l. n. 241/1990: come chiarito dal giudice am-
ministrativo «un simile potere di annullamento in autotutela, nel pre-
minente interesse pubblico al ripristino della legalità dell’azione ammi-
nistrativa anzitutto da parte della stessa Amministrazione procedente»,
deve riconoscersi a quest’ultima «anche dopo l’aggiudicazione della
gara e la stipulazione del contratto (v., sul punto, Cons. St., sez. V, 26
giugno 2015, n. 3237), con conseguente inefficacia di quest’ultimo, e
trova ora un solido fondamento normativo, dopo le recenti riforme
della l. n. 124 del 2015, anche nella previsione dell’art. 21-nonies, co. 1,
della l. n. 241 del 1990, laddove esso si riferisce anche ai provvedimenti
attributivi di vantaggi economici, che non possono non ritenersi com-
prensivi anche dell’affidamento di una pubblica commessa»81.
A tacer dell’utilizzo strumentale che si può fare di un potere che
comunque spesso consente all’amministrazione di far valere – a danno
del privato – una illegittimità che lei stessa ha contribuito a determi-
nare nel corso del procedimento di aggiudicazione (quantomeno in
virtù di un comportamento omissivo di controllo)82, i problemi mag-
giori riguardano il fatto che l’effettivo spazio per ricorrere a tale isti-
tuto viene comunque a dipendere dalla concreta (e variabile) possibi-
lità di rinvenire un’attività pubblicistica preliminare che abbia contri-
buito effettivamente a formare la volontà negoziale e a orientare le
scelte poi riversate sul piano negoziale83: con ciò determinandosi una
81 Così Cons. St., sez. III, 22 marzo 2017, n. 1310 che ribadisce «la totale correttezza
della sentenza impugnata, laddove ha osservato che “al venir meno con effetti ex nunc del
provvedimento di affidamento del servizio conseguente agli evidenziati vizi genetici,
senz’altro consegue la caducazione del contratto, in ragione del vincolo di stretta conse-
guenzialità funzionale che avvince tali atti”».
82 Esemplificativa è in tal senso è la sopramenzionata pronuncia del Consiglio di Stato
in materia di servizi sanitari (Cons. St., n. 1310/2017) che legittima un potere di annulla-
mento di ufficio dell’aggiudicazione perché il privato non era in possesso dei requisiti pre-
scritti per l’esercizio dell’attività sanitaria (accreditamento regionale): e ciò, nonostante il
bando non li avesse espressamente richiesti, né l’amministrazione concretamente accertati al
momento di svolgimento della gara. A tacer del condivisibile risultato cui si perviene nel
caso di specie – rispetto all’interesse generale sotteso alla prestazione del servizio de quo –,
non appare convincente, sotto il profilo dell’esigenza di affidamento e di certezza del di-
ritto, legittimare un potere di annullamento di ufficio sulla base del fatto che il requisito in
oggetto doveva essere comunque noto all’operatore di settore pur non essendo previsto dal
bando di gara (secondo il giudice, infatti, l’operatore «non poteva fare alcun legittimo affi-
damento sulla circostanza che di tale requisito, sol perché non menzionato espressamente
negli atti precedenti, potesse fare a meno, costituendo esso un presupposto implicito, ma
necessario, della stessa erogazione del servizio, come essa poteva e doveva ben sapere»).
83 Si veda, in questo senso, Cons. St., ad. plen., 5 maggio 2014, n. 13, la quale ha di-
chiarato il difetto di giurisdizione sulla impugnativa proposta avverso il provvedimento re-
gionale di annullamento in autotutela dell’autorizzazione alla sottoscrizione di contratti di
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 249
derivati poiché il riferimento al contenuto dei contratti in tali atti era ancora generico: e in-
vece, «perché possa darsi corso ad autotutela, con conseguente produzione dell’effetto ca-
ducante del contratto a valle, occorre che l’atto presupposto assuma il carattere dell’atto
realmente prodromico rispetto alla successiva contrattazione, ossia si configuri come de-
terminazione autoritativa procedimentalizzata e riferita ai contenuti essenziali dell’opera-
zione da porre in essere».
84 Esemplificativa è, da questo punto di vista, la vicenda dei contratti derivati e di fi-
nanziamento del debito, rispetto ai quali le amministrazioni hanno spesso cercato di atti-
vare una serie di poteri di autotutela pubblicistica incidenti sulla fase propedeutica alla sti-
pula del negozio, facendo valere anche la mancata convenienza economica del contratto: la
giurisprudenza ha tuttavia cercato di limitare gli spazi per l’attivazione di poteri pubblici-
stici valorizzando il fatto che, in molti casi, non era realmente presente una fase procedi-
mentale propedeutica al contratto sui cui poter agire attraverso l’autotutela esterna.
85 Con ciò lasciando aperto uno spazio problematico per l’esercizio di tali poteri là
dove si fosse in presenza di una fase pubblicistica: si veda, ancora, Cons. St., ad. plen., n.
13/2014.
86 Si veda Cons. St., ad. plen., 20 giugno 2014, n. 14 ove si esclude il potere di revoca
una volta stipulato il contratto di affidamento di lavori pubblici, pur continuando a rite-
nersi legittimo tale potere per gli altri contratti della p.a. Da questo punto di vista, «resta
perciò impregiudicata, nell’inerenza all’azione della pubblica amministrazione dei poteri di
250 ALFREDO MOLITERNI
autotutela previsti dalla legge, la possibilità: a) della revoca nella fase procedimentale della
scelta del contraente fino alla stipulazione del contratto; b) dell’annullamento d’ufficio del-
l’aggiudicazione definitiva anche dopo la stipulazione del contratto, ai sensi dell’art. 1, co.
136, l. n. 311 del 2004, nonché concordemente riconosciuta in giurisprudenza, con la ca-
ducazione automatica degli effetti negoziali del contratto per la stretta consequenzialità
funzionale tra l’aggiudicazione della gara e la stipulazione dello stesso».
87 Si veda Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2018, n. 120, secondo cui «ove un provvedi-
mento sia stato adottato ai sensi l’art. 136 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, evocandosi, di tal
guisa, il potere di risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e
grave ritardo e, tuttavia, il contratto di appalto non sia mai stato stipulato, ci si trova al
cospetto di un provvedimento di revoca ai sensi dell’art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990,
n. 241».
88 Così Cons. St., n. 120/2018.
89 Così, ancora, Cons. St., n. 120/2018, ove si precisa che comunque si tratta pur
sempre di «“motivi di pubblico interesse”, successivi al provvedimento favorevole (o suc-
cessivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo “sopravvenuti”)». D’al-
tronde, «tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” ben possono rientrare anche
comportamenti scorretti dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’ag-
giudicazione definitiva (fattispecie già conosciuta in giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, sez.
V, 12 giugno 2017, n. 2804 avente ad oggetto il mancato assolvimento agli obblighi contri-
butivi emerso successivamente all’aggiudicazione; Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2016, n.
3054, ove la revoca era giustificata dal rifiuto dell’aggiudicatario di stipulare il contratto
prima che fossero modificate talune clausole contenute nel capitolato di gara; Cons. Stato,
sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 143, revoca giustificata per violazione delle clausole dei Pro-
tocolli di legalità; e TAR Liguria, sez. II, 27 gennaio 2017, n. 55)».
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 251
96 Si veda l’art. 176, co. 1, che con riguardo alle ipotesi di cui alle lett. a), b), c) pre-
vede che «non si applicano i termini previsti dall’articolo 21-nonies della legge 7 agosto
1990, n. 241».
97 Si veda l’art. 176, co. 4 del Codice.
98 In particolare, all’art. 176, co. 4 del Codice si prevede che «qualora la concessione
sia risolta per inadempimento della amministrazione aggiudicatrice ovvero quest’ultima re-
vochi la concessione per motivi di pubblico interesse spettano al concessionario: a) il va-
lore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel
caso in cui l’opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente so-
stenuti dal concessionario; b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conse-
guenza della risoluzione, ivi inclusi gli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei
contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse; c) un indennizzo a
titolo di risarcimento del mancato guadagno pari al 10 per cento del valore delle opere an-
cora da eseguire ovvero, nel caso in cui l’opera abbia superato la fase di collaudo, del va-
lore attuale dei ricavi risultanti dal piano economico finanziario allegato alla concessione
per gli anni residui di gestione».
99 D’altra parte, la scarsa linearità della disciplina emerge in maniera evidente sin
dalla lettura della rubrica dell’art. 17: «cessazione, revoca d’ufficio, risoluzione per ina-
dempimento e subentro».
100 Già l’art. 158 del d.lgs. n. 163/2006, nel disciplinare il rimborso al concessiona-
rio e ai relativi finanziatori anche obbligazionisti, prevedeva affianco alle ipotesi in cui «il
rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente» anche il
caso in cui «quest’ultimo revochi la concessione per motivi di pubblico interesse»; al co. 3
si precisava che «l’efficacia della revoca della concessione è sottoposta alla condizione del
pagamento da parte del concedente di tutte le somme previste dai commi precedenti».
101 Si veda Cons. St., ad. plen., 20 giugno 2014, n. 14, che, dopo aver distinto i con-
tratti di appalto dai rapporti concessori per i quali resta consentita «la revoca di atti am-
ministrativi incidenti sui rapporti negoziali» (e in particolare sui rapporti «relativi alle con-
cessioni contratto»), chiarisce che con riguardo alle concessioni di lavori «quando il legi-
slatore ha ritenuto di consentire la revoca “per motivi di pubblico interesse” a contratto
stipulato, lo ha fatto espressamente, in riferimento, come visto, alla concessione in finanza
di progetto per la realizzazione di lavori pubblici (o la gestione di servizi pubblici; art. 158
del codice)». D’altra parte il potere di autotutela è stato ammesso essenzialmente per mo-
254 ALFREDO MOLITERNI
tivi di legittimità, venendo ad incidere sull’atto di affidamento per illegittimità della fase ad
evidenza pubblica: si veda TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 19 marzo 2015, n. 206, ove si
chiarisce che «il potere di autotutela è stato correttamente esercitato per perseguire il me-
desimo interesse leso dal provvedimento di aggiudicazione contrario alle regole comunita-
rie poste a tutela dei principi di concorrenza, trasparenza ed imparzialità nella scelta del
contraente destinato a realizzare opere eseguite con risorse pubbliche. Il Comune, confor-
mandosi alla sentenza della Corte di giustizia, ha inteso reintegrare la violazione di tali va-
lori ed anche in ciò è oggettivamente riscontrabile la valutazione di preminenza dell’inte-
resse pubblico». In altri casi è stato inoltre escluso che la p.a. potesse far valere dall’esterno
dei poteri di autotutela pubblicistica nei confronti della società mista affidataria di un
project financing posto che, a differenza di quanto avviene per i servizi pubblici, essa po-
trebbe ricorrere solo agli strumenti negoziali proprio del diritto privato: in questo senso,
Cons. St., sez. V, 21 luglio 2015, n. 3631.
102 Su cui sia consentito il rinvio a A. MOLITERNI, Il regime giuridico delle concessioni
di pubblico servizio tra specialità e diritto comune, in Dir. amm., 2012, 567 ss. Ad esempio,
secondo Cons. St., sez. V, 16 gennaio 2013, n. 236, «nel quadro normativo derivante dal
d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, sussiste l’unica categoria della concessione di lavori pubblici,
onde non è più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e
concessione di gestione dell’opera (o di costruzione e gestione congiunte), ove prevale il
profilo autoritativo della traslazione delle pubbliche funzioni inerenti l’attività organizza-
tiva e direttiva dell’opera pubblica, con le conseguenti implicazioni in tema di riparto di
giurisdizione; ciò in quanto, ormai, la gestione funzionale ed economica dell’opera non co-
stituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la contropresta-
zione principale e tipica a favore del concessionario, come risulta dall’art. 143 del codice».
Nello stesso senso Cass., sez. un., 9 novembre 2012, n. 19391. Nello stesso senso anche
Cass., sez. un., 27 dicembre 2011, n. 28804, con riguardo ad una fattispecie relativa ad una
procedura di finanza di progetto, relativamente alla disciplina del rapporto convenzionale
che regolava i rispettivi diritti ed obblighi delle parti.
103 Così Cons. St., sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3653.
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 255
dei contratti disciplinati dal codice dei contratti pubblici), l’altro a ten-
denziale prevalenza del giudice amministrativo (in virtù del riferimento
alla giurisdizione esclusiva in materia di accordi) e un altro fondato
sulla compresenza di entrambe le giurisdizioni (per i rapporti conces-
sori di beni e servizi pubblici e in materia di contratti di finanzia-
mento)110.
Tuttavia si tratta di criteri di riparto che, innanzitutto, si fondano
su parametri non sempre omogeni, al punto che alcune fattispecie ne-
goziali del tutto coincidenti sotto il profilo funzionale sono state con-
cretamente ricondotte a tutti e tre i diversi modelli, a seconda dei pro-
fili sostanziali del rapporto di volta in volta valorizzati dall’interprete.
Il caso più evidente riguarda gli strumenti consensuali in materia di
servizi pubblici per cui vige un criterio normativo – che ha come pre-
supposto l’esistenza di un rapporto concessorio – che affida alla giuri-
sdizione amministrativa tutte le controversie esecutive, ad eccezione
dei soli profili economici e indennitari; e tuttavia se lo strumento con-
venzionale è ricondotto – come spesso avviene – al modello degli ac-
cordi amministrativi, la giurisdizione amministrativa coprirà anche tali
controversie patrimoniali111; sul versante opposto, invece, se viene va-
lorizzata (come pure talvolta si verifica) la dimensione contrattuale
della relazione – sulla scia del processo europeo di avvicinamento dei
contratti di concessione agli appalti pubblici – la giurisdizione ordina-
ria tenderà a coprire tutte le vicende esecutive della relazione.
Ma al di là del problema dell’incerto ambito di applicabilità dei
diversi modelli di riparto, uno dei profili di maggiore perplessità del si-
stema riguarda il fatto che, generalmente, l’attribuzione di una deter-
minata giurisdizione sulle vicende relative all’esecuzione del rapporto
non è mai realmente esclusiva: per ogni vicenda concernente l’esecu-
zione del rapporto è infatti possibile rinvenire eccezioni al criterio ge-
nerale di riparto, attraverso la valorizzazione della natura “sostanziale”
dell’atto e, talvolta, in ragione della finalità ultima perseguita dall’am-
ministrazione. Il che conduce ad un’artificiosa frammentazione delle
diverse questioni controverse rispetto alla medesima relazione nego-
110 Su tali tre modelli sia ancora consentito il rinvio a A. MOLITERNI, Amministra-
zione consensuale, cit., 292 ss.
111 D’altra parte, il rischio di un’abrogazione tacita della norma sulle concessioni an-
che alla luce di tale previsione è stato evidenziato da F. FRACCHIA, Concessione amministra-
tiva, in Enc. dir., Ann., I, Milano, 2007, 271. Sul punto S. GIACCHETTI, Gli accordi dell’art.
11 della legge n. 241 del 1990 tra realtà virtuale e realtà reale, in Dir. proc. amm., 1997, 520
ss., evidenziava che la riconduzione dei contratti accessivi alle convenzioni all’istituto del-
l’accordo amministrativo avrebbe fatto venir meno la norma di cui all’art. 5 della legge
TAR in materia di riparto di giurisdizione sulle concessioni di pubblici servizi.
258 ALFREDO MOLITERNI
112 Naturalmente sarebbero diverse le posizioni e le azioni fatte valere nell’uno e nel-
l’altro caso: ma si potrebbe verificare che i presupposti e i fatti costitutivi posti alla base
delle diverse azioni (e conosciuti da due giudice diversi) siano gli stessi, come nel caso in
cui si debba accertare l’effettivo verificarsi di eventi esterni al rapporto che hanno reso ne-
cessaria la modifica del rapporto e che, senza tale modifica, avrebbero condotto all’ina-
dempimento del privato. D’altra parte, tale paradossale conseguenza sarebbe ancor più ac-
centuata se si ammettesse – come pure è stato prospettato in dottrina – che il terzo possa
essere legittimato anche a contestare, proprio a tutela della concorrenza, la mancata attiva-
zione da parte della p.a. dei poteri di controllo sull’adempimento del rapporto.
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 259
113 Su cui sia consentito il rinvio a A. MOLITERNI, Il giudice dei servizi pubblici e
l’«araba fenice» del criterio dell’interesse pubblico, in Giorn. dir. amm., 2014, 150 ss.
114 Problematica che, in parte, si ricollega alla stessa assenza nel nostro ordinamento
di una Cassazione amministrativa che sia esclusivamente investita – e quindi non come giu-
dice di appello – del giudizio di legittimità, cioè del solo “giudizio sul diritto”: sul punto,
in una prospettiva comparata, si veda da ultimo A. MASUCCI, Le “Cassazioni amministra-
tive”. Le esperienze tedesca e francese, Milano, 2016, 10 ss. il quale correttamente evidenzia
che nell’attuale sistema «manca un giudice del diritto persino nei casi nei quali il processo
ha ad oggetto veri e propri diritti soggettivi». Sul tema si vedano già A. CORPACI, Note per
un dibattito in tema di sindacato della Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato, in
Dir. pubbl., 2013, 341 ss.; S. TARULLO, Giusto processo (dir. proc. amm.), in Enc. dir., Ann.,
II, t. 1, Milano, 2008, 401 ss.; C. CONSOLO, Piccolo discorso sul riparto di giurisdizione, il
dialogo fra le Corti e le esigenze dei tempi, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, Padova,
2007, vol. IV, 61 ss.
260 ALFREDO MOLITERNI
115 Si veda in particolare TAR Lombardia, Milano, sez. II, 11 maggio 2015, n. 1137,
ove si afferma la giurisdizione amministrativa con riguardo all’«adempimento degli obbli-
ghi derivanti da convenzioni urbanistiche», mentre si affida al giudice ordinario la contro-
versia sull’escussione della garanzia per la violazione dei suddetti obblighi.
116 Il principio è stato affermato dalla Corte cost., 15 luglio 2016, n. 179 (ma nello
stesso senso si veda già Cass. civ., S.U., ord. 14 gennaio 2014, n. 584 e Cons. St., sez. IV, 12
novembre 2009, n. 7057), al fine di consentire alla parte pubblica di contestare dinanzi al
giudice amministrativo le inadempienze del privato, ma a ben vedere potrebbe essere va-
lorizzato anche al fine di verificare la legittimità di alcune ipotesi di frazionamento delle
controversie sulle vicende esecutive del medesimo rapporto.
117 D’altra parte, l’utilità della giurisdizione esclusiva in materia di accordi per molti
rapporti negoziali è sottolineata dal giudice amministrativo, il quale valorizza proprio «l’in-
timo intreccio di situazioni giuridiche soggettive a diverso livello di protezione tipico degli
accordi di cui all’art. 11 della l. n. 241 del 1990, situazioni costituenti nel loro complesso
esattamente il tipo di problemi alla cui risoluzione è volta la previsione della giurisdizione
esclusiva in subiecta materia» (così Cons. St., n. 9347/2010).
118 Come infatti evidenziato chiaramente da M. D’ALBERTI, Le concessioni ammini-
strative, cit., 279 ss. anche tale modello – che non trovava adeguato riscontro nella prassi
reale delle amministrazioni – rispondeva soprattutto alla necessità di assicurare un coerente
e chiaro criterio di riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario.
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 261
119 Si tratta della «concezione numinosa» dell’interesse pubblico di cui parlava Gian-
nini già nel 1977 nella Prefazione al Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1977, 9.
120 Come chiarito di recente da Cons. St., n. 2256/2017, nei contratti ad oggetto
pubblico, la finalità di interesse pubblico «non costituisce (né lo potrebbe) una “imma-
nenza” esterna alla convenzione/contratto, ma essa – in quanto la Pubblica Amministra-
zione persegue sempre nella sua azione interessi pubblici, in conformità al principio di le-
galità, quale che sia il modulo utilizzato – conforma il contratto medesimo, ed in partico-
lare – proprio in ragione delle definizioni che il diritto privato ne offre – gli elementi
essenziali della causa e dell’oggetto. Per un verso, infatti, la finalità di pubblico interesse
“entra” nella definizione di causa sia ove intesa quale funzione obiettiva economico-sociale
del negozio, sia ove intesa quale funzione obiettiva giuridica dell’atto; per altro verso, essa
conforma l’oggetto del contratto, ossia il contenuto del medesimo; per altro verso ancora
può modificare la stessa efficacia della convenzione/contratto, conferendole un ambito di
produzione di effetti giuridici più ampio di quello offerto al comune contratto di diritto
privato dall’art. 1372 c.c. Ciò comporta che, laddove l’interprete debba giudicare della il-
liceità della causa di un accordo/contratto pubblico, ovvero della impossibilità (materiale
o giuridica) o della illiceità dell’oggetto di tale accordo/contratto, non può non ricordare
che tali elementi essenziali sono diversamente conformati, e dunque richiedono una veri-
fica che tenga conto di tale loro specificità».
121 In questa prospettiva, sempre Cons. St., n. 2256/2017, ha valorizzato il peculiare
ruolo delle clausole penali nei contratti ad oggetto pubblico che non sarebbero funzionali
ad assicurare un «“rafforzamento” del vincolo contrattuale» e, dunque, la «garanzia di cor-
retto adempimento delle obbligazioni assunte», ma piuttosto ad assicurare la «tutela del
262 ALFREDO MOLITERNI
125 Come dimostra, tra le altre cose, il richiamo a tale modello per sindacare la le-
gittimità della scelta dell’ente pubblico di istituire una società: si veda Cons. St., A.P.,
n. 10/2011, ove si precisa che il paradigma dell’evidenza pubblica «è estensibile a tutti gli
altri casi in cui la pubblica amministrazione pone in essere un qualsivoglia negozio giuri-
dico di diritto privato»: così, «mentre per un soggetto privato il processo decisionale resta
ordinariamente relegato nella sfera interna del soggetto, e ciò che rileva è solo il negozio
giuridico finale, per un ente pubblico esso assume la veste del procedimento ammini-
strativo».
126 Come criticamente messo in luce da C. CUDIA, Funzione amministrativa e sogget-
tività della tutela: dall’eccesso di potere alle regole del rapporto, Milano, 2008, 190, «proprio
quando sembra che una certa visione della specialità del diritto amministrativo possa non
rivelarsi necessaria (la concezione che subordina la struttura della tutela avverso il potere
pubblico al primato dell’interesse pubblico che quel potere esprime), il terzo, figura al-
l’apparenza discreta e marginale, irrompe nella scena ponendosi come giustificazione
estrema della specialità amministrativa, l’ultima spiaggia dell’interesse legittimo».
264 ALFREDO MOLITERNI
131 Su cui, per tutti, V. CERULLI IRELLI, Amministrazione pubblica e diritto privato,
cit., 18 ss.
132 In questo senso, C. MARZUOLI, Un diritto ‘non amministrativo’, in Dir. pubbl.,
2006, 133 ss.; ma sul punto si veda anche C. CUDIA, Funzione amministrativa, cit., 166, se-
condo cui l’asserito silenzio della Costituzione con riferimento all’amministrazione «deve
interpretarsi come un limite alla specialità del regime amministrativo, nel senso che sono
tutti i profili di supremazia a dover avere giustificazione e sostegno».
133 Si veda, ex multis, Cons. St., sez. VI, 4 dicembre 2001, n. 6073.
134 Si veda, ad esempio, Cass. civ., sez. un., 12 maggio 2008, n. 11656 ove si esclude
chiaramente del nostro ordinamento l’operatività del principio del “nec ultra vires”.
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135 In questa prospettiva potrebbe rivelarsi utile valorizzare – proprio con riguardo
all’attività contrattuale dei soggetti pubblici – la differenza che intercorre, sul piano civili-
tico, tra l’autonomia delle persone fisiche e quella delle persone giuridiche: in questo
senso, V. RICCIUTO, A. NERVI, Il contratto della pubblica amministrazione, cit., 108 ss. e
167 ss.
136 Su cui sia consentito il rinvio a A. MOLITERNI, Amministrazione consensuale e di-
ritto privato, cit., spec. 371 ss.
137 Sulla necessità di abbandonare la logica formalistica dell’evidenza pubblica al
fine di valorizzare i profili di efficienza, si veda già M. CAFAGNO, Lo Stato banditore. Gare
e servizi locali, Milano, 2001, 122 ss.
138 Su tale metodo si veda G. ROSSI, Potere amministrativo e interessi a soddisfazione
necessaria, Torino, 2011, 84, il quale, in virtù dell’assenza nel nostro ordinamento di una
nozione di «contratto di diritto pubblico» o di «rapporto amministrativo», distingue le fat-
tispecie negoziali in due categorie, sulla base della «disciplina prevalente»: le fattispecie «a
base pubblicistica, con elementi di bilateralità» e quelle «a base civilistica, con elementi di
diritto pubblico».
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 267
139 Con ciò distinguendosi quindi l’esigenza di funzionalità dalla specifica tecnica di
funzionalizzazione che non deve necessariamente caratterizzare qualsiasi rapporto ammi-
nistrativo: sul punto, C. CUDIA, Funzione amministrativa, cit., 189, proprio con riguardo
alla possibilità che poteri speciali di matrice privatistica possano assicurare un miglior eser-
cizio della funzione, senza «funzionalizzarne» il relativo regime giuridico.
268 ALFREDO MOLITERNI
140 In virtù della clausola di compatibilità di cui all’art. 11, su cui M. D’ALBERTI, Le-
zioni di diritto amministrativo, cit., 343 ss., il quale sottolinea la centralità che dovrebbe ac-
quisire la giurisprudenza nella costruzione del regime degli accordi amministrativi, sulla
falsariga dell’esperienza francese.
141 D’altra parte, come evidenziato da P. RESCIGNO, Manuale di diritto privato ita-
liano, X ed., Napoli, 1992, 9, il diritto privato è il diritto «cui occorre risalire quando sia
incompleta la disciplina degli strumenti e delle attività della pubblica amministrazione».
La centralità del diritto civile per i rapporti che coinvolgono la p.a., con riguardo al con-
tratto, alla proprietà e all’impresa, è sottolineata da R. NICOLÒ, Diritto civile, in Enc. dir.,
XII, Milano, 1964, 905. Di recente, sulla centralità del contratto e degli istituti privatistici,
i quali assumerebbero una «spiccata vocazione sistematica» anche per gli altri rami del di-
ritto, si vedano V. RICCIUTO, A. NERVI, Il contratto, cit., 113.
INCERTEZZE E CRITICITÀ NEL “SISTEMA” DELLA CONTRATTUALISTICA PUBBLICA 269
142 Come, infatti, evidenziato da G. ALPA, Le stagioni del contratto, Bologna, 2012,
124, allo stato attuale il contratto continua ad essere studiato essenzialmente come «tecnica
di regolamentazione dei rapporti tra privati», mentre lo studio dei rapporti contrattuali
della p.a. è affidato «quasi per intero ai cultori del diritto pubblico».
143 Come evidenziato ad esempio da V. CERULLI IRELLI, Amministrazione pubblica e
diritto privato, cit., 80, secondo cui, soprattutto in materia di beni pubblici, siamo ancora
in presenza di una giurisprudenza che sacrificando fortemente l’elemento consensuale e
paritetico del rapporto sembra ancora «operare sotto l’influsso dei vecchi idola pan pub-
blicistici». E come ha messo in luce anche da G. MANFREDI, Accordi e azione amministra-
tiva, cit., 40 s., se pure è caduta l’idea di un’amministrazione autoritativa, non è ancora
stato superato pienamente il «pregiudizio anticontrattuale ereditato dalle passate, e per
tanti versi ormai screditate, concezioni autoritarie»; si tratta di un pregiudizio che spesso
riaffiora in alcune argomentazioni della giurisprudenza e che, «pur non essendo radicato
come in passato, costituisce tuttora un tratto caratteristico, e persistente, della concettuo-
logia (se non della sensibilità) dei giuspubblicisti».