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Tecnologie metallurgiche

Lezione 8 – Deformazione plastica

Dr. Marialaura Tocci


marialaura.tocci@unibs.it

AA. 2021/2022
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Deformazione plastica

Deformazione plastica Dislocazioni

Le dislocazioni possono essere considerate come piani incompleti di atomi.


Intorno ad esse gli atomi non risultano collocati secondo la regolarità prevista
dal reticolo cristallino.

Il movimento delle dislocazioni causa lo scorrimento fra i piani


cristallini e produce deformazione plastica permanente.

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Deformazione plastica
Deformazione → aumento del numero e della densità delle dislocazioni
→ Dislocazioni interagiscono tra loro ostacolandosi a vicenda
→ Rallentamento nel movimento delle dislocazioni
→ Lo sforzo necessario per raggiungere un’ulteriore deformazione aumenta

Aumento della resistenza del materiale (Rm e Rp0,2)


Riduzione della deformabilità della lega

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Deformazione plastica

Analogamente quando nel materiale si trovano altri ostacoli al movimento


delle dislocazioni, quali precipitati o bordi grano…

Effetto dei precipitati

https://www.intechopen.com/chapters/65744
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Deformazione plastica
Effetto del bordo grano
Slip
plane
Dislocation
source Outgoing
dislocation

10.18154/RWTH-2018-229075
10.3390/met10060764
https://doi.org/10.1016/j.cossms.2014.05.004
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Deformazione plastica

La deformazione permanente ha entità rilevante solo se si supera il


carico di snervamento del materiale

𝜎 (𝑀𝑃𝑎) Campo elastico


Rm
Carico di 𝜎 =Eε
rottura

Re Campo plastico
Limite di
elasticità
𝜎 =Kε𝑛
Tra Rm e Re
ε(%)

n è il coefficiente di incrudimento del materiale

Il coefficiente K (strength coefficient) corrisponde allo sforzo per


una deformazione unitaria

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Deformazione plastica

n è il coefficiente di incrudimento del


materiale

→ Incrudimento è associato alla


moltiplicazione e interazione delle
dislocazioni

→ Maggiore n, più il materiale si presta alla


deformazione a freddo

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Deformazione plastica a caldo

Possiamo avere:
• Meccanismi di deformazione plastica a freddo
• Meccanismi di deformazione plastica a caldo

NB: si parla di deformazione plastica a caldo se si opera oltre la


temperatura di ricristallizzazione della lega

Tricristallizzazione  0,7 Tfusionein gradi Kelvin

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Deformazione plastica a caldo

➢ Sollecitazioni meccaniche Variazione geometria

➢ Sollecitazioni termiche Ricristallizzazione

Rispetto ai processi di deformazione a freddo

VANTAGGI
• minor perdita di duttilità ( assenza incrudimento)
• impiego di sollecitazioni meccaniche più contenute (Rp0,2 caldo<Rp0,2
freddo)
• possibilità di deformazione con percentuali di riduzioni maggiori

SVANTAGGI
• energia richiesta per il riscaldamento
• ossidazione superficiale dei pezzi in lavorazione
• precisione dimensionale scarsa

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Ricristallizzazione
Ricristallizzazione Ricristallizzazione
dinamica statica

avviene durante la avviene dopo la


deformazione plastica deformazione plastica

L’affinamento del grano garantisce valori elevati di Rp0,2 oltre a


proprietà di duttilità migliori dei pezzi deformati ma non
ricristallizzati (deformazione a freddo).
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Deformazione plastica a caldo
Per caratterizzare la duttilità a caldo si possono eseguire prove di
trazione a caldo nelle quali si valuta l’allungamento o la strizione a
rottura come parametri direttamente collegati alla duttilità.

Esempio di curva di duttilità con tre differenti regioni:


1. zona duttile ad alta temperatura (region III)
2. buca di duttilità (region II)
3. zona duttile a bassa temperatura (region I)
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Deformazione plastica a caldo

Reticolo cristallino: metalli puri c.f.c.


c.c.c. > deformabilità
e.c.

Nelle leghe metalliche è necessario considerare anche:


- composizione chimica e percentuale di impurezze
- numero di costituenti struttirali
- dimensione del grano

per metalli puri e leghe


monofasiche
> temperatura, > deformabilità
in assenza di eccessiva
crescita del grano

Attenzione: eccedere nella temperatura di deformazione plastica a


caldo si traduce in un’eccessiva crescita del grano austenitico con
riduzione di tenacità del pezzo finito

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Deformazione plastica a caldo

Effetto sulla dimensione del grano

Permanenza 20 minuti
Temperature tra 900°C
e 1250°C

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Deformazione plastica

Effetto della temperatura e del tempo di permanenza in temperatura sulla


dimensione del grano
La crescita del grano avviene per fenomeni diffusivi.
Abbiamo così verificato che temperatura e tempo di permanenza in
temperatura hanno effetto sui fenomeni diffusivi.

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Deformazione plastica a caldo

Curva I – metalli puri o leghe monofasiche (es. Al, acciai inox austenitici)
Curva II – idem di curva I con > tendenza alla crescita del grano (es. Mg)
Curva III – leghe con precipitati stabili (es. acciai risolforati)
Curva IV – leghe con precipitati che solubilizzano
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Deformazione plastica

Tipico caso di acciai


che da ferrite +
perlite passano a
austenite

Curva V – Leghe che formano precipitati durante il riscaldamento


Es. acciai inossidabili con formazione di carburi di Cr
Curva VI – leghe contenenti elementi bassofondenti
Curva VII – leghe che presentano due fasi a bassa temperatura
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Deformazione plastica a freddo

Variazione geometria
➢ Sollecitazioni meccaniche
Incrudimento

Rispetto ai processi di deformazione a caldo

VANTAGGI
• assenza di energia richiesta per il riscaldamento [le operazioni
avvengono in genere a temperatura ambiente anche se il pezzo durante la
deformazione presenta un certo grado di riscaldamento (es. attrito con
utensile) che però è sempre al di sotto della temperatura di
ricristallizzazione]
• miglior finitura superficiale
• migliore precisione dimensionale
• minor difficoltà di lubrificazione materiale-utensile

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Deformazione plastica

Diversi tassi di deformazione plastica a freddo inducono un diverso grado


di incrudimento del materiale che può essere osservato con una semplice
prova di trazione da effettuarsi su provetta ricavata dal manufatto incrudito.

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Deformazione plastica
Presenza/assenza di incrudimento misurato mediante dati ricavabili da
prove di trazione e di resistenza all’impatto

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Deformazione plastica a freddo

Progressivo aumento Variazioni delle


Deformazione plastica
della densità delle proprietà
a freddo
dislocazioni meccaniche

Incrudimento e Ricristallizzazione

Semiprodotto da Materiale
Lega incrudita
colata continua ricristallizzato

L’incrudimento può essere valutato con:


sn=0+k1/2
dove 0 = sollecitazione del materiale non incrudito

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Deformazione plastica

Esiste un limite oltre il quale il metallo deve considerarsi eccessivamente


incrudito:
- forte probabilità di formazione di difetti (microlacerazioni o cedimenti
per instabilità del materiale)
- elevate forze necessarie per lavorarlo

Per proseguire le lavorazioni si introducono trattamenti


termici di ricottura finalizzati alla ricristallizzazione della lega
da effettuare in forni con atmosfera controllata per recuperare
duttilità.

Rm

Rp0,2 NB atmosfera controllata


per evitare decarburazione
o ossidazione superficiale

% riduzione

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Ricottura di ricristallizzazione
Un metallo incrudito è termodinamicamente instabile.
Un aumento della temperatura tende a riorganizzare la sua struttura in una
configurazione a minore energia.

Si identificano tre stadi del processo di ricottura che rappresentano l’analogo di


quanto si osserva nella ricristallizzazione dinamica:

Recupero
Modifica delle proprietà fisiche
Forte riduzione delle tensioni interne

Ricristallizzazione
Formazione di nuovi grani più fini
Riottenimento delle proprietà meccaniche
iniziali (materiale non incrudito)

Crescita del grano cristallino


Ingrossamento del grano per permanenza in temperatura

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Ricottura di ricristallizzazione

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Ricottura di ricristallizzazione

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Ricottura di ricristallizzazione

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Morfologia dei grani

Laminazione a caldo
Ricristallizzazione
durante il processo

Grano equiassico

Laminazione a freddo No ricristallizazione


durante il processo

Grano
direzionato/orientato

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Deformazione plastica

I componenti ottenuti per processi di deformazione plastica presentano


proprietà meccaniche anisotrope

Anisotropia

• orientamento del grano (Freddo)


• orientamento inclusioni non
metalliche basso fondenti (Caldo)
• fibratura (Caldo)

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Fibratura
Formazione di una struttura fibrosa riconducibile alle modalità di
deformazione imposte che risente della presenza di eterogeneità di
composizione chimica (segregazioni).

La fibratura così come le inclusioni non metalliche che sono in grado di


orientarsi causano anisotropia del pezzo.

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Inclusioni non metalliche

La forma delle inclusioni dipende:


- dalla struttura atomica
- dalla velocità di crescita

- dal numero di impurezze presenti nel bagno liquido

- dalla tendenza ad agglomerare

Inclusioni:
• Deformabili (ad alta T) si orientano parallelamente al flusso “forma
affusolata” nel caso di deformazione a caldo
• Se sono indeformabili (ossidi- intermetallici duri) si frantumano durante
la deformazione e si distribuiscono parallelamente al flusso, ma in
“forma spezzata” vale sia nel caso di deformazione a caldo sia di
deformazione a freddo

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Inclusioni non metalliche

1Inclusioni monofasiche non deformabili


Ossidi con scollamenti lungo il perimetro dopo
deformazione

2Inclusioni bifasiche a bassa


deformabilità. Possibili scollamenti.

MnS
3Inclusioni parzialmente deformabili in
grado di allinearsi durante il processo di
deformazione

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Inclusioni non metalliche
Le aggiunte di calcio consentono la sferoidizzazione dei solfuri riducendo
l’anisotropia dei pezzi

La sferoidizzazione dei solfuri è


consigliata quando è necessario
aumentare la tenacità in direzione
trasversale alla fibratura Le inclusioni possono anche essere
complesse: es. ossidi + solfuri
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Acciai risolforati
Effetto dello zolfo (MnS) sull’innesco di cricche a temperatura ambiente

Acciaio 40NiCrMo7 Lo zolfo aggiunto in analisi facilita la


lavorabilità alle macchine utensili
ma peggiora la tenacità e induce
anisotropia

Acciai a lavorabilità migliorata


contenenti S, Pb, Bi, Se, Ca,Te, Ce.
Possono rimanere completamente
I precipitati che si formano insolubili nell’acciaio (Pb) oppure
facilitano la rottura del truciolo possono formare inclusioni non
metalliche (S)
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Inclusioni non metalliche
Acciai a lavorabilità migliorata usati per la produzione di pezzi in cui
le lavorazioni di asportazione sono onerose.

Vantaggi:
1.Riducono costi e tempi di lavorazione
2.Riducono l’usura dell’utensile
3.Ritardano la formazione del tagliente di riporto
4.Hanno un’azione lubrificante
La forma allungata deriva dalla maggiore
deformabilità a caldo durante la laminazione.
Negli acciai a lavorabilità migliorata è
necessario avere tenori di manganese
sufficienti a legarsi con lo zolfo in analisi.
Sono da evitare i solfuri di ferro perché
liquidi alla temperatura di laminazione
(Tfusione=1190°C contro temperatura di fusione
MnS MnS=1610°C). Da cui % Mn > 4%S per
evitare la fragilità a caldo (fragilità al rosso).
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Inclusioni non metalliche
Lavorabilità: elementi che possono portare a fenomeni indesiderati

1. Elementi che formano fasi molto dure (Cr, W, Mo, V) (carburi, nitruri).
2. Elementi che rendono difficoltoso il distacco del truciolo (Ni e Mn)
3. Elementi disossidanti che formano ossidi abrasivi (Si e Al)

Le inclusioni non
metalliche (ossidi o solfuri)
hanno anche effetti
negativi sulla resilienza e
sulla resistenza a fatica.

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Scelta della temperatura massima di deformazione plastica a caldo

Per definire il limite superiore invece vanno imposti dei limiti in base a
tre considerazioni:

- mantenersi almeno 50°C al di sotto della temperatura di fusione


teorica di eventuali composti basso fondenti;
- mantenere la dimensione del grano dopo ricristallizzazione entro
valori accettabili;
- evitare la marcata ossidazione e/o la decarburazione della
superficie del prodotto lavorato.

A causa dell’ossidazione è difficile ottenere finiture superficiali regolari e


vi è il rischio di inglobare scaglie di ossido durante le lavorazioni
plastiche che costituirebbero delle discontinuità interne nel prodotto
finito.

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Inclusioni non metalliche
La scaglia che si forma durante le operazioni di deformazione plastiche a caldo è
molto ricca in Fe e si ha quindi un accumulo molto marcato di altri elementi di
lega negli strati sub-superficiali, al di sotto di quello ossidato.

L’arricchimento in Cu può portare alla


formazione di costituenti eutettici
bassofondenti che localizzandosi lungo i
bordi dei grani di austenite, durante i
processi di deformazione plastica a caldo
portano a drastici cali di duttilità.

Frattura
intergranulare

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Fasi da ottimizzare per migliorare il prodotto finito

1. Scegliere il materiale (composizione chimica sia elementi di lega sia soglie


elementi nocivi)
2. Definire come deformare: tasso di riduzione per ciascuna passata,
velocità di deformazione, temperatura di deformazione, …….
3.Scegliere trattamenti termici (tipo e parametri ciclo)
4. Definire la finitura

…. per ottenere un pezzo non solo


della forma richiesta ma anche con
microstruttura e caratteristiche
meccaniche adatte per l’impiego è
utile, se disponibili, riferirsi alle
mappe di processo

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Difetti di laminazione
Deformando in condizioni non ottimali si può instaurare un gradiente della
deformazione per effetto del diverso grado di vincolo tra le zone interne e
quelle esterne del particolare sottoposto a deformazione.
Le tensioni residue che si instaurano possono portare a cedimenti.
Frequenti sono le cricche sul bordo esterno o sull’asse di laminati.

Ondulazioni Cricche/fratture sui


bordi

Fratture a centro Delaminazione


lamiera
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Inclusioni non metalliche

Irregolarità nella deformazione plastica più lievi portano a forme di difetti


consistenti nella distorsione del prodotto. Queste possono nascere per
l’instaurarsi di tensioni residue nel prodotto a seguito del gradiente di
deformazione plastica introdotto nello spessore (ad esempio in
laminazione o in trafilatura).

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Inclusioni non metalliche

Una laminazione con rulli di diametro eccessivamente ridotto oppure


con lievi riduzioni di sezione
plasticizzazione del metallo prevalentemente in superficie,
con formazione di uno strato compresso e conseguente strato
in tensione a cuore.

Una laminazione con rulli di diametro maggiore oppure con forti riduzioni
di sezione per passata

maggiore deformazione al centro dello spessore; causa:


attrito con i rulli di laminazione disomogeneo sulla superficie
della lamiera.

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Inclusioni non metalliche
La presenza del gradiente degli sforzi residui porta alla
curvatura/perdita di planarità («sciabolatura») nel prodotto, alla
bombatura o alla torsione del laminato.

Il gradiente di tensione residua può essere indotto anche da


gradienti di temperatura in fase di laminazione o di
raffreddamento del laminato
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Tensioni residue

Le tensioni residue sono sollecitazioni presenti all’interno di un componente e


sono riconducibili al ciclo produttivo del pezzo. Le tensioni residue non sono
da associare alle sollecitazioni direttamente applicate al pezzo, sono
infatti presenti anche in assenza di carichi applicati.
Per tale motivo le tensioni residue si devono autoequilibrare e vengono perciò
anche chiamate autotensioni.

RT

RTrazione+ RCompressione=0

R
C

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Tensioni residue

Da che cosa si originano?


• Contrazioni/dilatazioni termiche
• Trasformazioni di fase

Interventi:
• Distensioni
• Operazioni in grado di contrastare lo stato tensionale
di trazione

Es. pallinatura

Effetti positivi dello stato


tensionale residuo
associati alla
compressione in
superficie: incremento
del limite di fatica

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