NEFTAL RIUSCÌ A RAPPRESENTARE IL NUMERO DUE A UR La notte in cui l'onorabile scrivano Neftal riuscì a rappresentare il numero due a Ur
Dio m'è testimone!
Avrei fatto a pezzi la mia penna se non fossi riuscito a disegnare sul tuo collo il segno dell'amore vivo: come il fuoco che imprigiona la sua forma in questa insopportabile argilla (ignaro della sua lingua e del suo furore). Immagino che un giorno la scrittura diventerà qualcosa di particolarmente delicato e spietato il silenzio nella sua leggibilità. Fino allora notti come quella di ieri favoriranno la vecchia arte della titubanza: lui a dettare con voce imperiosa beni, servitù, animali e tu a palpitare nel candore di questo collo illibato, mentre guardi con perseveranza l'inarticolata cerimonia della penna. Avrei potuto ammazzarti! Non l'ho fatto. Sono stato un onesto scrivano. Continuerò! So che laddove gli altri null'altro vedranno che ancora un segno metrico, tu discernerai: "Ti voglio, mi appartieni, ti amo". Vedi, ti ho adorata e in certo modo dovevo farlo passare sotto silenzio. Qualcuno ha mai chiesto all'abate Antonio: còsa devo fare per ringraziare Iddio?
Il vento non fece in tempo a raccogliersi
che nuovamente cadde quell'invidioso silenzio, come neve trasparente: un gelo che combatte la sabbia nel suo cuore terrigno. Sarà anche, come dicono, questa luce lasciva della solitudine che pulsa nel suo sabbioso mortorio. Mi fa lo stesso! Tutto questo tempo non ho potuto dimenticare - comunque - due arti della sera: sogno e canzone. Chi sarebbe venuto fin qui per morire? Siediti accanto a me. Più tardi canterò
D'altronde, viene un momento che annotta.
La luce si accartoccia atterrita dietro alle colline, come un buon animale domestico che si è perduto e aspetta che arrivi un compagno o la morte — lo stesso non avviene in noi quando rimaniamo irreversibilmente soli? Si destano all'improvviso le lucertole e corrono nei loro buchi con una ridicola fretta. Solo un attimo si voltano a guardarti con occhi stupiti, come se dovessero farsi carico di tanta tenebra o si sforzassero di ricordarsi quando mai l'ha fatta nascere la loro soffocante inerzia.
Ti ho sconcertata? Non ha importanza.
Cosane guadagnerai dal tuo strisciante dio? Baruch Spinoza morì una domenica del 1677 mentre Van der Spaik e sua moglie che lo ospitavano erano andati alla messa luterana
Come cittadini ossequienti andate
a prosternarvi davanti a un dio palesemente immischiato nelle vostre faccende. Certo, una simile religiosità non ha nulla di censurabile, Al contrario, se vi guardate intorno vedrete esattamente ciò che si sta preparando perfino nella più insignificante gesticolazione dei domestici che esercitano il loro modo di parlare in una lingua di sopraveniente disfacimento di ogni lingua. Non è che gli uomini cesseranno di esprimere con precisione o chiarezza il desiderabile - insemina! È invece che questa nuova invenzione: cioè di poter renderti direttamente conto dell'efficacia delle tue parole, rende il discorso morboso come un atto qualsiasi: una sonora scorreggia, quando tutti cercano di dimostrare il loro buon diritto in forme raffinate diligentemente concentrate in aule universitarie. E nemmeno è che questa ostentata franchezza dei mercanti si ridurrà ad ancora un'altra tecnica di dissimulazione dell'aborrente. È che nessuno sa cosa ci riserva il silenzio, prima che possiamo diagnosticare quale cachessia lo ha imposto. non lotta più col vento, ma nemmeno io coi miei sogni. Sono sicura: l'anima muore quando perde il cortile che ha spesso sognato per gioia o disperazione, per amore o viltà. Accorcia! Tua! Ma non voglio farvi far tardi. Io rimango. Forse mi rimetterò a studiare il mio diletto Cartesio: non è possibile, tanta ampiezza di spirit in qualche parte mancherà di vivezza: ciò che è vivo nasce dentro la sua piaga. Forse rifletterò sull'inizio di un libro che naturalmente nessuno capirà: l'anima non è per nulla più intelligente di un'assurda insistenza nel desiderabile. Nessuno si sarebbe aspettato che esponesse il pungente intrigo che prostituisce la scena! Ci deve essere chiarezza nei rapporti tra le genti. Ma che cosa deve essere esattamente, è un altro problema... Qui accanto lasciatemi un bicchiere d'acqua e aprite la finestra che vi possa vedere la strada.
A poco a poco dobbiamo imparare a riconoscere
Ciò che ci addebita tutto quel dominante Fuori. Innamorata Poiché t'ho amato, sogno con innumeri fuochi dietro i dossi delle montagne, ti scrivo bruciando la mia ultima scintilla: io, una fuga strana, coler porpora, che una pena interminabile incendia. Ricordi? "Te ne vai come cervo inseguito: e se come passero ti salverai, sarà un miracolo !" Sono sopravissuta semplicemente come essere umano deciso di vendicarsi l'ingiustizia della tua gravita. Cominciai ad aggirarmi nelle città dove avrei annidato la polvere della rimanente vita mia e l'umidità della mia vita residua. Tutto mi dava la contemporanea impressione che vi avrebbe messo radici e l'impressione che awebbe sempre viaggiato. Ogni giorno vedevo le stesse cose e, ben sapendo che erano le stesse, fermamente le amavo col loro nome. E poi sentii che avevo portato con me più di quanto avessi lacrimato o mai conseguito! Molto più tardi capii che stavi vicino a me o che ero io a star con te - per un certo aspetto fa lo stesso: per un altro, rischiai di impazzire. Credevo che il mio corpo non convenisse al tuo, comunque adesso so quello che cercava di dimenticare . quella sete che prendeva fuoco in me ogni volta che dissetavo un altro corpo. Mi avevo dimenticato tra le tue braccia e mentre . non t'ho mai abbracciato, non sapevo cosa avrei dovuto ricordare, ricercare, prendere indietro o dare anche se sono rimasta un nulla che non t'ha mai desiderato
Guardavo il cielo - quanto sangue
ho sprecato nelle mie vene per sfuggire alle tue azzurre bugie - e mi lasciavo impoverireri. la povertà di tutti. È incredibile come differiscano gli esseri umani nel modo di sparpagliare le loro speranze. La maggior parte improvvisano: s'immaginano tutto quello che può attraversare il loro cervello pur di stare a galla nel naufragio della loro immagine: cerumi accettano di scadere così come se se l'aspettassero per poter esistere finalmente integri. E poi è venuto il fuoco ad abitare le case che essi stessi non avevano incendiato presi da una inspiegabile padronanza di sé sentimento di vanità. E mentre la città era ridotta ad una irresistibile cenere e quelli che all'improvviso si ricordano di essere ancora vivi cercavano di sottrarre alla morte la loro morte, io dormivo in un cortile pieno di rose. Ero tornata a casa. Stavi piantando due mani di eucalipto, ed io respiravo un busto di pomeriggio pieno di anime lavorative e accidiosi neonati. Schiuderti la sera: rugiada indossavo sulla pelle piena di rose dal piccolo cortile. Ingoiai due ciliege dolciamare quando mi abbracciasti... So che il vecchio eucalipto. La poesia è bucato steso nel cortile del Paradiso
I poeti dormono come uccelli
dentro la felice serenità dei boschi.
La neve distende la sua chioma
sopra i loro occhi di legno la pioggia ammolla il loro cuore e il sole prosciuga i loro pensieri nelle radure.
A tarda sera un nonnino azzurro raccoglie i versi piegandoli come candide lenzuola. Proteggetemi il ciclo
La primavera spaventa le anime.
Venti di corsa socchiudono le porte della Vita
guardano velocemente e se ne vanno strillando nel deserto.
Ciò che vedono negli occhi dei bambini balugina
quando la notte cercano di distinguere i fili sottili che trattengono il ciclo e la luna.