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Tutti gli uomini hanno una origine comune.

Una lunga serie


di rivolgimenti ha confuso e mescolato le generazioni, ed ogni
uomo che presuma di essere nobile risale a una determinata epoca
prima della quale egli non è nulla. Dal principio del mondo fino a
oggi le vicissitudini della sorte ci hanno alternamente sospinti
attraverso splendori e miserie, e il solo titolò di nobiltà: proviene
dal valore morale.
La schiavitù non esiste nella natura umana, come non esiste
la nobiltà: queste condizioni sono dovute o alla ingiustizia o alla
fortuna.
Servi sono? Uomini sono. Servi? Compagni di tetto sono.
Servi? Umili amici. Servi? Compagni di servitù sono, se
consideriamo che la fortuna ha uguale potere su di essi e su di noi.
Pensa che codesto che chiami tuo servo è nato dallo stesso seme e
gode del medesimo cielo e come te respira, come te vive, come te
muore. Tu puoi vedere lui in libertà, com'egli può vedere te in
servitù. È stoltezza disprezzare la miseria nella quale tu stesso,
mentre la disprezzi, puoi trascorrere. Non voglio assumere un
compito immenso e disputare dell'uso che dobbiamo fare degli
schiavi, contro i quali siamo pieni di crudeltà, di superbia, di
arroganza. Riduco i miei precetti a uno solo : vivi con l'inferiore
così come vorresti che il superiore vivesse con te. Tratta con
clemenza lo schiavo e ammettilo alla conversazione, alla
confidenza, alla intimità tua. Non importa ch'egli sia schiavo:
forse è libera 1'anima sua. Mostrami chi non è schiavo: uno lo è
della libidine, l'altro dell'avarizia, l'altro dell'ambizione, tutti della
paura. E la schiavitù più vergognosa è quella volontaria.
Il massimo bene, l 'unico bene è l 'animo buono e grande.
Questo bene può capitare tanto a un cavaliere romano, quanto a un
liberto, quanto a uno schiavo. Ma che significa cavaliere, liberto,
schiavo? Sono parole nate dall'ambizione o dalla ingiustizia. Da
ogni angolo di terra è lecito slanciarsi verso il cielo.

* Epist. XLIV 4-5, XLVII l, 10-11, 13, 17, XXXI 11..

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