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Oltre il Ponte

Questo numero di Oltre il Ponte dedicato a tutti i candidati leghisti che, dopo anni e anni, lasciano giunte e municipi. Ora s che dovranno fare i padroni a casa loro.
Carriere della sera
Taluni mormorano, con la prudenza che si addice alle previsioni politiche, che la "deposizione" per non dire defenestrazione - di Cesare Geronzi dalla presidenza di Generali sar ricca di conseguenze. Sono noti i contrasti, mai celati, tra questi e Diego Della Valle; il quale, ora che Geronzi si dimesso, trover certamente un habitat favorevole e spazi maggiori per s. Il che, sostanzialmente, vuol dire aumentare la propria credibilit; se tutto ci dar poi la possibilit a Della Valle di prendere il controllo del Corriere della Sera - attraverso la propria holding possiede ad oggi il 5,499% di RCS MediaGroup; sul "Corriere della Sera" del 15 aprile Ben Ammar, consigliere di Mediobanca, dice: "Io credo che Diego dovrebbe comprarsi il Corriere. Sarebbe un elemento di chiarezza." E un'ipotesi sulla quale vale la pena riflettere, poich anch'essa potrebbe rivelarsi feconda di conseguenze politiche: ci si chiede infatti, con la medesima prudenza, se Luca Cordero di Montezemolo non stia per caso aspettando che l'amico Della Valle entri nella disposizione del Corriere per ufficializzare l'incipit della propria carriera politica. Se questo accadesse, secondo le modalit poc'anzi descritte, andrebbe a costituire una situazione pericolosa. Secondo un sondaggio (SWG) pubblicato dal quotidiano "La Stampa" l'11 aprile, il 59% degli Italiani approva l'ingresso nella vita politica di Montezemolo, e il 36% ha dichiarato di essere disposto a votarlo. La maggioranza dei chiamati in causa si detta convinta che l'ex presidente di Confindustria si schiererebbe con il centrosinistra e d altra parte Matteo Colaninno, Pd, ha sostenuto: Luca Cordero di Montezemolo di sinistra, se scender in politica lo far assieme al PdIl mio un auspicio. Lui non di destra e non berlusconiano, non si candider nel Pdl. A tutto ci, si aggiunga che ultimo motivo di contrasto in Generali fu proprio la richiesta di Della Valle di vendergli il 3,8% di RCS, di cui il colosso di assicurazioni dispone, e che secondo il patron di Tods non strategica ai fini dell attivit assicurativa e non serve per lo sviluppo futuro. Crea pi malumori che altro. Peraltro, Della Valle possiede ad oggi tramite Dorint Holding l 1,07% di Mediobanca che ha il 14,36% di Rcs.

periodico di riflessione civile a cura dell'Assopace di Novara n.8


ottimi dirigenti politici, sono tuttavia fisiologicamente pi vicini ai "poteri forti". Ci si allontana sempre pi da quell'auspicabile equilibrio dato dal controllo reciproco di forze contrapposte, e sempre pi si assiste ad una cementificazione che confonde le parti. Il risultato, peraltro in parte gi percettibile, descritto in modo cristallino da Riccardo Illy: "Viviamo in un paese paradossale, con un centrodestra che dovrebbe essere liberale e aperto all' economia di mercato, pi statalista del centrosinistra". Insomma: non si distinguono pi le parti. Ingenuamente, credo che il nostro Paese necessiti di una destra liberale e che si faccia portavoce di quegli interessi che storicamente le appartengono (leggo, ad esempio, di imprenditori che a voce alta chiedono misure di defiscalizzazione), e di una sinistra che invece promuova riforme sociali e diritti dei lavoratori (anche qui sono varie le riforme che sento richiedere a voce alta). Insomma, come una volta, le stagioni passate sono sempre pi belle: da una parte i "padroni", dall' altra ben distinti gli "sfruttati", e uno magari decide liberamente con chi stare.
Gioele Rossi

F-35: pacifismi a confronto


Veniamo ai nodi problematici: in primis, ci che si profila che il possesso o quantomeno il controllo, diretto o indiretto, di potenti mezzi di informazione stia diventando una condicio sine qua non per essere al vertice della piramide politica. In secundis, che la tutela dei cosiddetti "poteri deboli", della quale si dovrebbero maggiormente occupare e preoccupare i partiti di centrosinistra, lasciata a soggetti che, pur possedendo tutti i requisiti e le credenziali per essere Mercoled 18 maggio, al cinema Araldo di Novara, si svolto lincontro-dibattito: F35: vere prospettive di lavoro? Allincontro erano presenti Silvio Lora Lamia (giornalista aeronautico), Gianni Alioti (FIM-CISL), Rossana De Simone (ricercatrice ed ex lavoratrice dellAermacchi). E stata una buona occasione per porre alcune domande concrete. Il progetto F35 porter realmente posti di lavoro, visto che per ora lunica cifra certa quella di 3mila occupati in meno nella linea Eurofighter? Quali sono i reali costi del

Progetto, visto che al momento ogni singolo aereo costa gi il 174% in pi rispetto alle spese preventivate? Quali sono i reali tempi di concretizzazione del Progetto, visto che ad oggi i ritardi accumulati sono quasi incalcolabili? Quale sar il reale sviluppo tecnologico della ricerca italiana, visto che il Progetto prevede per noi il solo assemblaggio di tecnologie tenute sotto chiave dalle industrie americane? Limpostazione della serata e il suo senso sono stati anche occasione di confronto teorico allinterno dellAssociazione per la Pace. Pubblichiamo di seguito lo scambio di mail avvenuto tra Elia Rossi e Renato Bolognese, ritenendo che i punti del confronto possano toccare questioni interessanti del pacifismo militante. Caro Renato, mi fa molto piacere poter parlare della serata allAraldo. Personalmente ho una critica: non so quanto sensata, visto che coglie non un effetto collaterale della serata ma una strategia voluta, di cui la nostra Associazione consapevole. Mi riferisco allaver portato il dibattito sul piano tecnico, interno alla gestione aziendale ed economica dellindustria bellica. Anzitutto, stato un enorme punto di forza della serata. stato interessante notare che, anche senza fare una critica di principio (senza cio essere pacifisti), molto facile mostrare quanto il progetto F35 sia ingiustificato. Sono emersi alcuni dati tecnici che hanno fatto i conti in tasca alle aziende belliche e ai programmi di governo, smantellando tutto il castello di mistificazioni su cui poggia il sostegno agli F35. . Usando il loro linguaggio, gli abbiamo sfilato la sedia da sotto al sedere. Abbiamo accettato le loro regole del gioco e, nonostante ci, abbiamo vinto noi. Per credo che, finch questa sar la strategia, la nostra sar una vittoria con le gambe corte. Non basta vincere il dibattito oggi, bisogna vincerlo con gli argomenti che ci consentano di sopravvivere anche un domani. Mercoled sera, io credo, abbiamo vinto da un punto di vista pratico, ma abbiamo perso sul piano teorico. Che prospettive future abbiamo se rinunciamo al bacino di valori e principi che rappresenta la nostra linfa di pacifisti? Mi spiego meglio. Io credo che abbiamo

sconfitto il progetto F35 usando argomenti aziendalistici e, in questo modo, ci siamo procurati una vittoria contro gli F35 allinterno per di una generale vittoria dellaziendalismo sul pacifismo. O, pi in generale, delle ragioni dazienda sulle questioni di contenuto. Il progetto F-35 non porta posti di lavoro, i suoi costi sono un pozzo senza fondo, i suoi tempi sono fuori controllo. Un messaggio implicito della serata (quello che ha rappresentato il bacino da cui abbiamo raccolto argomenti di questo tipo) mi sembra possa essere: la questione morale non conta per prendere una decisione; i bilanci dazienda e i tempi di produzione invece contano. Con questi presupposti siamo in grado di delegittimare il progetto F35 ma, per citare un esempio, siamo in grado di delegittimare anche il progetto Eurofighter? Io credo che, per onest intellettuale, dovremmo portare alle loro

conseguenze questi argomenti dicendo: abbasso gli F35, viva gli Eurofighter. Sono argomenti da pacifista in cattivit, pacifista che si lasciato trascinare nella gabbia dellaziendalismo, privandosi del bacino teorico da cui raccogliere i principi e gli argomenti che lo identificavano come pacifista. Un pacifista con le gambe corte, la cui identit manipolabile e, di fatto, rischia di dissolversi nelle ragioni dazienda, che gi sono cos determinanti nellattuale scenario politico. E vero, manipolare leggermente la nostra identit (rinunciare a fare i pacifisti a priori) ci consentiva di poter dialogare con Cota, Giordano e con gli esponenti dellesercito. Qual stato il risultato? Che nessuno di loro ci venuto incontro, nessuno di loro ha rinunciato alla coerenza cieca (e sorda) con se stesso: cercavamo un dialogo, ma il risultato che siamo diventati parte del

loro monologo. Credo che un segnale molto importante arrivato da Milano con la vittoria di Pisapia sia che quando cerchiamo di correre dietro al linguaggio dellavversario rimaniamo schiacciati da lui e dalla sua visibilit; quando invece non rinunciamo al nostro linguaggio, al nostro essere unalternativa teorica ed etica, allora nasce realmente il dialogo (daltronde, il dialogo proprio tra due identit diverse). E, al vero dialogo, noi siamo molto pi abituati di qualunque militare, dirigente dazienda, esponente di PDL o Lega. In conclusione, ci tengo a ripetere che sono soddisfatto dellesito della serata. Anzi, aggiungo che ho ricevuto commenti molto favorevoli. Le mie critiche sono interne allesito positivo. Personalmente credo per che una vittoria sul piano pratico non sia sufficiente, dobbiamo preservare anche il piano teorico, per non annacquare il nostro essere una chiara alternativa teorica ed etica. In fin dei conti, per avere un futuro e non rimanere schiacciati dal linguaggio dellavversario. In questo senso, credo che lunica vittoria credibile, lunica vittoria del pacifismo, sia quella che ha come argomento vincente la questione morale e il presupposto per cui i contenuti etici sono pi importanti dei bilanci dazienda. Mi ha fatto molto piacere questo scambio! elia

Caro Elia, ho riflettuto sulle tue considerazioni relative alla serata del 18. Le tue critiche vanno al cuore del problema. Il pacifismo (e quando ne parliamo non diciamo "i pacifisti dovrebbero......" perch di noi che parliamo) una concezione politica che va al di l dell'opposizione alla guerra e alla produzione e commercio degli armamenti. Esso mira alla pace e alla giustizia fra i popoli. Attraversa la politica, l'economia, l'etica, l'ecologia, la fisica, la filosofia etc. Un po' tutti gli ambiti della cultura

umana. Lo dicevo sempre, quando poco meno di trent'anni fa ho cominciato questo percorso, e non organizzavo dibattiti, ma partecipavo in prima persona ( un discorso lungo da fare ora). Inoltre, e questo un suo tratto assai peculiare, ha un fondamento giuridico: non solo presente con diverse proposizioni in quasi tutte le costituzioni moderne, ma formulato a chiare lettere nello Statuto delle Nazioni Unite, nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e cos via. Quindi parte di tutti i progetti politici almeno democratici, e dovrebbe essere un valore trasversale agli schieramenti che si contrappongono in un quadro di democrazia. Allora come succede che il pacifismo viene costantemente relegato nell'angolo dell'utopia da "anime belle" oppure dell'estremismo politico? Che ogni volta che si affronta una crisi internazionale il pacifismo sempre fuori gioco? (Con buona pace dei pacifisti, e i pacifisti cosa fanno?, quante volte l'abbiamo sentito dire?) Si possono dare tante risposte a questo interrogativo. Un fatto certo: un movimento politico, un soggetto politico pacifista, capace di suscitare un conflitto reale, di contrattare, di condizionare, con un programma e degli obbiettivi intermedi etc. non c'. Lo dice sempre una testa fina come Nanni Salio, tutte le volte che lo sento parlare. Anche la nostra cara Associazione per la pace una barchetta di carta che galleggia sulle onde torbide della politica internazionale. E questo un limite gravissimo. Non sappiamo mai chi sono i "nostri". E non portiamo mai lo scompiglio e le contraddizioni nelle file avverse. Ci resta l'etica. Ma dal recinto dell'etica pacifista si esce e si entra senza troppi problemi, a quanto pare. Non c' stata guerra, negli ultimi anni, che non abbia avuto fra i suoi mentori qualche pacifista di principio. Anche la Chiesa cattolica dosa sapientemente silenzi, proteste e connivenze in modo da non essere mai isolata. Allora, riprendiamoci la politica, una buona volta. E proviamo a trovare alleati, quando possibile. Stavolta possibile. Almeno sul piano dell'informazione. Possiamo mostrare quanto sia debole e ingiustificato il progetto F-35. Certo dobbiamo imparare una lingua

che non la nostra. Quella dei bilanci e delle tecnologie. Abbiamo trovato degli alleati, forse occasionali, ma leali. Per adesso gli avversari si sono defilati. Hanno cercato di toglierci visibilit e luoghi fisici per parlare. Ma per adesso quelli che hanno degli argomenti siamo noi. Vediamo se riusciamo a uscire dall'angolo della nostra minorit. Chiaro adesso perch ci tenevo tanto a questa iniziativa? Certo non penso di poter contrastare la Lockeed-Martin, che pi forte dei governi. E neanche grido W gli eurofighter. Solo penso che con questo metodo pi gente ci comprenda, pi che con le modalit pi spettacolari di piccole aree culturali e politiche che ci scavalcano sempre in pacifismo "puro". I pacifisti non sanno mai a cosa possono servire le loro battaglie d'idee. Certe volte un sassolino diventa una grande frana. Prodi nel 2006 ha vinto le elezioni con la promessa di uscire dall'Irak. Chi l'avrebbe mai detto? Neanche noi. Insomma, non penso di averti convinto, ma almeno ho potuto dire la mia. Grazie di avermelo consentito. Ciao, Renato Per chi volesse intervenire: oltreilponte.pace@gmail.com
Elia Rossi Renato Bolognese

Testimonianze dalla Tunisia - In


attesa delle libere elezioni del 24 luglio La data stata confermata poche settimane fa: domenica 24 luglio in Tunisia si terranno le elezioni per lAssemblea Costituente. Dopo i moti rivoluzionari dello scorso inverno, i cittadini saranno chiamati a votare liberamente per cambiare la storia del loro Paese. Del clima che si respira in questi mesi in Tunisia e della volont dei cittadini di recuperare la libert e la dignit nazionale hanno portato diretta testimonianza in Italia Samia Fraouis, attivista e collaboratrice dellAssociazione delle donne tunisine per la ricerca e lo sviluppo, militante dellAssociazione tunisina delle donne democratiche, fondatrice del Forum dei giovani tunisini per la cittadinanza e la creativit, e Fabio Merone, che da otto anni vive e lavora a Tunisi e ha partecipato al movimento popolare in Tunisia.

Ospiti delle diverse sedi di Assopace, Fraouis e Merone sono rimasti nel nostro Paese per una settimana, facendo tappa a Napoli, Roma, Crema, Padova, Milano. Mercoled 20 aprile erano a Novara, dove hanno incontrato alcuni giornalisti per una conferenza stampa organizzata da Assopace in collaborazione con Cgil Novara, Medicina Democratica e Laboratorio

aveva cercato di diffondere notizie. Intanto la situazione sociale restava molto critica, fino ad arrivare alle rivolte del 2011. I fatti dello scorso inverno sono noti: il 17 dicembre 2010 il suicidio di Mohamed Bouazizi, il 14 gennaio la fuga del presidente Ben Al e la conseguente costituzione di un governo di transizione guidato da Mohamed Ghannouchi, poi sostituito, in

programma un viaggio in Tunisia che prevede incontri con esponenti politici e rappresentanti di organizzazioni della societ civile a Tunisi, Tataouine, Sidi Bouzid, Regueb, Kasserine. Per informazioni su costi e modalit di iscrizione, www.assopace.org. Silvia Fornara

Lopinione espressa nel seguente articolo non rappresenta la posizione della redazione di Oltre il Ponte nei confronti della questione libica. Pubblichiamo larticolo, nellidea che i lettori di Oltre il Ponte (come la Redazione stessa) possano apprezzarla come possibilit di confronto e occasione di esercizio della propria capacit critica.

Brevi considerazioni a margine della criminale aggressione alla Libia


La recente criminale aggressione alla Libia porta con s lesigenza di trattare, seppur brevemente, alcuni problemi politici ormai non pi procrastinabili. Ci sarebbe limbarazzo della scelta, ma per forza di cose ci dovremo soffermare soltanto su alcuni di essi. Quasi impossibile non cominciare dal tradimento della sinistra politica e culturale italiana. Se sullideologia interventista di personaggi filoamericani come DAlema o la star Napolitano non cerano pi dubbi, forse un poco diverso ci sembrava il caso di elementi quali la Rossanda, Fo e Ingrao. Ci sbagliavamo, e di grosso. Costoro, non capendo evidentemente nulla della situazione internazionale, hanno appoggiato senza riserve lattacco ad un paese sovrano voluto dal Premio Nobel per la Pace Obama e attuatosi principalmente per iniziativa dellignobile consorteria anglo-francese. La sinistra italiana, ivi compresa quella cosiddetta radicale, una miserabile sentinella a tutela dagli interessi di Washington, e il cui unico orizzonte di riferimento, lantiberlusconismo militante, ormai assurto al livel-

pace di Galliate. Avevamo un sistema politico autoritario e repressivo, fatto di clientelismo e corruzione ha raccontato Fraouis ripercorrendo i momenti pi significativi della storia del suo Paese degli ultimi 20 anni la Tunisia non era pi dei tunisini, ma degli uomini del partito. Le associazioni che lottavano per i diritti individuali e per luguaglianza subivano vari tipi di repressione, dallostruzionismo, allarresto, alla tortura. Cos stato nel 2008, quando un gruppo di donne aveva organizzato una rivolta nel bacino minerario di Gafsa, lottando per il posto di lavoro dei propri figli. La reazione del governo in quelloccasione fu durissima: circondarono la citt, attaccarono donne e bambini, impedirono di accedere ai negozi. Le proteste si diffusero e durarono sei mesi. Duecentocinquanta persone furono arrestate. Le autorit intervennero non soltanto nei confronti di chi aveva manifestato, ma anche contro chi aveva sostenuto la ribellione o

seguito a movimenti di protesta, da Bji Cad Essebsi. Dopo il 14 gennaio ha proseguito Fraouis - ci siamo trovati in una situazione completamente nuova. Sono scomparse le immagini del presidente, che fino a pochi mesi fa erano ovunque, la gente ha voglia di parlare, si rinnovata anche la vita culturale, prima soffocata dalla censura. Attualmente la societ civile tunisina impegnata in una campagna di sensibilizzazione per la formazione della nuova realt politica. Quello che importante sottolineare che la rivoluzione tunisina del 2011 nata dal basso ed stato un movimento del popolo per la dignit e la libert. Questo il racconto di Samia Fraouis, ospite a Novara lo scorso mese di aprile. Fabio Merone ha lasciato ulteriori testimonianze sulla situazione tunisina, disponibili su www.assopace.org. Da segnalare, inoltre, uniniziativa organizzata da Assopace per le prossime settimane: dal 24 giugno al 1 luglio in

lo di un vero e proprio manto ideologico volto alloscuramento delle reali criticit del nostro tempo, il capitalismo finanziario e una variante particolarmente sofisticata di colonialismo. Mettersi definitivamente alle spalle il rinnegamento della sinistra sar il compito che i volenterosi dovranno far vivere nei prossimi anni. Marx, Lenin e Gramsci ci aiuteranno a rivendicare il diritto di un pensiero radicale di cui invece i sinistrati si sono rivelati svergognati avversari. Non ci vengano pi a parlare di Federazione della Sinistra, di Vendola o di altre stupidaggini simili. Chi lo far trover la nostra porta sbattuta in faccia! Non che il puttaniere di Arcore sia migliore della sinistra, per carit. I suoi guai giudiziari, dopo una comunque meritevole politica estera non filoamericana, lo hanno costretto a riallinearsi (per la gioia di Frattini e La Russa). E tuttavia, davvero rozzo indignarsi per i festini hard e poi avallare la guerra. Laltro credo che sullaffare Libia ha fatto pomposamente mostra di s stato lastratto moralismo danima bella, subito pronto a rimarcare tutta la sua vuota equidistanza sia dallimpero americano sia da Gheddafi. Questa posizione pensa di svincolarsi dal suo cronico non saper decidere prendendo le parti dei ribelli, sparuto gruppetto di secessionisti cirenaici militarmente sterile e le cui istanze socio-politiche, ben lungi da rappresentare la totalit del popolo libico, sono ancora avvolte da unoscura e preoccupante nube. Cosa vogliono di preciso questi rivoltosi lo si sa oppure no? Perch hanno rifiutato la mediazione diplomatica dellUnione Africana? Perch hanno inneggiato a Re Idris? Perch non hanno protestato in piazza, ma hanno preferito assalire armati fino ai denti le caserme? Non si risponda dicendo che Gheddafi ha ordinato massacri o allestito fosse comuni perch a distanza di mesi siamo ancora qua che aspettiamo le prove. Quelle certe e inconfutabili, non le balle raccontateci da Al Jazeera e dalla Reuters. Lazione di Gheddafi, forse sproporzionata, stata comunque di risposta. Non si falsifichi la realt! Linconsistenza politica dei ribelli,

diciamocelo, il segno inconfondibile della loro totale subalternit agli USA, del loro essere oltremodo complici di una manipolazione. Prenderne le parti come se fossero dei rivoluzionari con in testa un progetto di autentica emancipazione secondo noi semplicemente ridicolo perch ci equivale a stare dalla parte degli americani senza avere il coraggio di dirlo in modo chiaro e netto, anzi rivendicando persino una certa nauseante superiorit morale. Il moralista dovrebbe imparare ad usare argomenti politici, ma ci rendiamo conto che chiedergli troppo. Sulla sua coscienza, anche ammettendo la buonafede e non un probabile doppiogiochismo, peser per sempre lincapacit di tradurre in concreto una qualsivoglia disposizione interiore supposta autentica. La guerra,ahinoi, implica invece quasi sempre una scelta di campo, non ultimo per ragioni materiali. E lo implica anche se noi mai e poi mai ci saremmo spesi (e continueremmo a non spenderci) per un conflitto armato, anche se i contendenti sono lontani anni luce dai nostri ideali, anche se viviamo a distanza di chilometri in un paese dellEvoluto Occidente che ne colpisce a morte un altro senza vigliaccamente rischiare nulla sul suo suolo. Sottrarsi in un sol momento dallappoggio al bombardamento americano (con laggravante dello schifoso pretesto dei diritti umani) e dalla logica dellanima bella, come il lettore intelligente avr gi ben compreso, ha per noi un solo effetto, sperare che Gheddafi, indipendentemente dal giudizio sul suo quarantennale operato politico e da tutte le accuse che possiamo muovergli, resista al pi a lungo possibile. Lintervento militare in Libia ha dallinizio il solo illegittimo obiettivo di farlo fuori e prova ne sia limmediata violazione della Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dellONU che prevedeva soltanto una zona di non sorvolo nel cielo di Bengasi con il generico fine di mettere in sicurezza la popolazione. Le cronache delle scorse settimane ci hanno invece riferito di

attacchi e azioni offensive. Altro che autodeterminazione dei popoli (cosa peraltro importantissima)! Mentre scriviamo si legge di altri attacchi NATO compiuti per la prima volta con gli elicotteri. Dovrebbe essere chiaro, almeno ora, che i criminali vogliono sfondare via terra. Eppure c ancora qualcuno che si aggrappa sui vetri del nulla. Qui, secondo noi, o si dimostra che lOccidente intende favorire lautodeterminazione della Libia oppure si deve ammettere che non siamo di fronte ad una spontanea ribellione popolare. Lo scrivente ha fatto la sua scelta e sa di non essere solo. Un saggio molto chiaro su questi temi quello dellacuto filosofo torinese Costanzo Preve intitolato Finalmente! Latteso ritorno del nemico principale. Considerazioni politiche e filosofiche, scritto nel 2009 e disponibile al sito www.comunismoecomunita.org. Il capitolo 9, in particolare, tratta del nemico principale in geopolitica, gli USA, illustrando la critica alla demenzialit dellanima bella a cui noi ci siamo ispirati. Illuminante, poi, linserimento da parte dellAutore delle categorie geopolitiche in un orizzonte di ordine filosofico capace di tenere insieme ad un livello parecchio alto i vari livelli del discorso. In questa sede vorremmo anche segnalare lo spunto di ricerca su cose americane toccato nei suoi scritti dalleconomista e animatore del blog www.conflittiestrategie.splinder.com, Gianfranco La Grassa (vi si veda larticolo Declino con incognite dello scorso 18 maggio 2011). LAutore, negando lesistenza di una linea di continuit tra Bush e Obama, vede il cambio di Rumsfeld con Gates nel ruolo di Segretario della Difesa come il sostanziale mutamento di rotta della tattica di Washington, definibile da allora, era il novembre del 2006, non pi come politica della tigre, ma del serpente che striscia tra le contraddizioni interne di chi non si allinea fomentando quelle che tornano a proprio vantaggio strategico. Francesco Ravelli

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Oltre il Ponte, mensile di riflessione civile a cura dell'Assopace di Novara


Responsabile: Elia Rossi In redazione: Marcello Bolognese, Silvia Fornara, Roberto Gallaurese, Federica Mariani, Francesco Ravelli, Gioele Rossi Impaginazione: ChiaraCielo Longobardi Email: oltreilponte.pace@gmail.com

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