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La semiotica dei testi scientifici dopo il lavoro di Franoise Bastide1

Bruno Latour

insieme a Paolo Fabbri che, esattamente trentanni fa, abbiamo pubblicato il primo articolo di semiotica dei testi scientifici. Sfortunatamente, per, nel 1988 la persona che a quei tempi ci aveva fatto incontrare, Franoise Bastide, venuta a mancare e non ha potuto assistere allo sviluppo dellidea cui lei stessa aveva dato avvio. Infatti, dopo aver consacrato gran parte della sua vita ad analizzare reni nei laboratori di F. Morel al Collge de France, Franoise Bastide ha dedicato la seconda parte della sua esistenza ad analizzare minuziosamente testi dei quali alcuni daltronde riguardavano proprio i reni utilizzando non pi i metodi della fisiologia di Morel, ma quelli della semiotica di Greimas. Nel suo lavoro c un paradosso che mi ha sempre interessato e sul quale oggi vorrei tornare: nonostante avesse studiato il testo secondo i pi severi principi del suo maestro Greimas, Franoise Bastide era anche uneccellente esperta nel campo della fisiologia. Tutto il suo lavoro di semiologa, in particolare il libro che ha pubblicato in italiano Una notte con Saturno2, percorso da una grande attenzione agli strumenti della semiotica, cosa che era in continuo contrasto con la sua attivit di fisiologa. In questa sede vorrei approfondire proprio questa tensione presentandola in modo un po provocatorio attraverso due tesi, delle quali la prima che limmagine scientifica non esiste; la seconda che quel tipo di fenomeno chiamato a torto immagine scientifica non pu essere descritto dalla semiotica, in ogni caso non dalla semiotica per come la si definisce abitualmente. Quanto al primo punto limmagine scientifica non esiste occorre ricordare limportanza di questo argomento, che ha avuto un impatto assai significativo sulla storia e la sociologia delle scienze, e che proviene proprio dalla riflessione semiotica, dallintuizione di Paolo Fabbri ma anche dal lavoro di Franoise Bastide, che lo aveva gi sviluppato in molti suoi articoli. La proposta di Fabbri e Bastide consiste nello studiare gli articoli scientifici, non tanto quelli divulgativi, antropologizzati o storicizzati dal fatto di essere antichi, quanto piuttosto le pubblicazioni scientifiche per come escono ogni giorno a migliaia sulla stampa specializzata, in tutta la loro materialit, la loro complessit e novit. In questo modo di procedere gli strumenti offerti dalla semiotica sono stati molto utili e, in effetti, i percorsi studiati da Franoise Bastide hanno consentito di trasporre la nozione di referente interno, che uno dei grandi temi della semiotica greimasiana, nei testi scientifici. Leffetto di questo incrocio tra semiotica e scienza stato di una forza assolutamente straordinaria e ha ridefinito le basi del problema, consentendo di rimpiazzare con domande appassionanti linterrogativo che fino ad allora si era applicato in filosofia ad alcuni enunciati ben poco ricchi e interessanti, come tutte le anatre sono bianche o tutti
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2 Bastide

Apparso su Visible, n. 5, 2009; traduzione di Maria Claudia Brucculeri. F., 2001, Una notte con Saturno: saggi semiotici sul discorsoscientifico, a cura di Latour B., Roma, Meltemi.

i segni sono neri, e che restava bloccato sul problema estremamente trito della rappresentazione, delloggettivit o del discorso sedicente descrittivo. Grazie al lavoro di Franoise Bastide c stata, dunque, unenorme apertura del corpus accompagnata da una presa di coscienza decisiva: si capito che nel campo della scienza il referente interno prodotto da un fenomeno che Franoise e io abbiamo definito stratificazione (feuilletage) del testo scientifico. La caratteristica propria di questo tipo di testo nel suo sviluppo storico di passare da una pagina in prosa a una pagina strutturata su pi livelli mediante materie espressive molto diverse, che vanno dal titolo al sottotitolo, allabstract e alle note. Tali livelli sono solo il primo aspetto della stratificazione, il pi facile da cogliere, divenuto del resto oggetto di una scientometria estremamente accurata. Allinterno del testo ci sono anche differenti strati che si formano nella molteplicit dei piani espressivi e in genere vanno, riassumendo, dalle equazioni alle tavole, alle immagini e ancora alle fotografie e alle legende. Nella storia delle scienze questa stratificazione del testo divenuta un indizio stesso della parola scientifica, al punto che, nellevoluzione di una disciplina, la scientificit finisce spesso per essere sostituita dallintensit di questa sovrapposizione di livelli. In effetti, prendendo in considerazione una disciplina scientifica, notiamo che dapprima essa comincia in prosa e poi il suo grado di oggettivit, di scientificit, di solidit comincia a manifestarsi con lapparire di questa organizzazione a strati, che risulta quindi estremamente significativa. Inversamente, possiamo parlare dellesempio letterario di questa stratificazione, che si pu cogliere quando un testo letterario, con il moltiplicarsi dei suoi livelli espressivi, si trasforma in un testo apparentemente scientifico: si aggiungono note a pi di pagina, si inseriscono tavole, poi riportate in fotografia e fotografie che a loro volta vengono trasformate in legende, cosicch il testo viene a stratificarsi. Pochi romanzieri o artisti compiono una simile operazione, ma gli effetti sono molto forti, poich essa attribuisce immediatamente uno stile scientifico a un testo di tipo letterario. Il terzo esempio pedagogico: se sfogliate un testo scientifico, cio se lo trasformate nuovamente in prosa, esso diviene un testo divulgativo. Lesempio particolarmente chiaro nel caso del Luminet osservato da Dondero3, ma lo si ritrova anche nelle riviste di divulgazione studiate da D. Jacobi4 gi qualche tempo fa. I concetti di referente interno e di stratificazione consentono di caratterizzare in modo abbastanza preciso questa trasformazione tipica del testo scientifico. Lesempio letterario della stratificazione mi permette di riassumere il primo punto di cui ho parlato, aspetto fondamentale messo in luce dalla semiotica: il testo scientifico non ha niente a che vedere con quello che viene definito uno stile impersonale, oggettivo o descrittivo. Al contrario, per produrre il referente interno occorre una pluralit di invenzioni letterarie che con Franoise Bastide abbiamo ricondotto a quello che definiamo il carattere operativo dei prodotti scientifici. Essi, cio, sono vere e proprie opere, anche se con pochi lettori, realizzate grazie alla drammatizzazione e alle trasformazioni, estremamente profonde, e talvolta rapide, degli oggetti in esse presenti e a una vertiginosa, progressiva stratificazione che consente di determinare il referente interno. La nostra proposta ha posto alcuni problemi in merito alle questioni del realismo e della nozione di rappresentazione, intese nel loro senso classico. Ma credo che, grazie ai lavori di L. Daston sulla storia delloggettivit come stile e come estetica dal XVI al XX secolo5 e la chiarezza che hanno fatto sulla rappresentazione scientifica, possiamo ammettere che ci che comunemente si definisce scientifico non ha assolutamente alcun rapporto con il testo scientifico. Tutta la questione delloggettivit e della rappresentazione in fin dei conti solo una versione molto ridotta, una specie di piccolo cantone o una piccola provincia letteraria, della filosofia e in particolare dellepistemologia. Allo stesso modo, lidea di rappresentazione che stata importata in epistemologia pi che altro una costruzione della storia dellarte, come stato ugualmente mostrato da Daston6 e da altri. Ho riassunto questa tesi in
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Dondero M.G., 2007, Les images anachroniques de lhistoire de lunivers in EC, rivista online dellAssociazione Italiana di Studi Semiotici, www.ec-aiss.it. 4 Jacobi D., 1986, Diffusion et vulgarisation: itinraires du texte scientificque, Paris, Belles lettres. 5 Il XX secolo affrontato nel suo ultimo libro, in collaborazione con Peter Galison, Objectivity, Cambridge, Zone Books, 2007. 6 Daston L., 1992, Objectivity and the Escape from Perspective, Social Studies of Science, vol. 22, n. 4, pp. 597-618. 2

modo un po provocatorio dicendo che John Locke, durante il lungo periodo in cui ha vissuto a Rotterdam e ad Amsterdam, aveva visto troppe nature morte e che, pertanto, lepistemologia che ci ha tramandato ampiamente dovuta alla casualit professionale di aver vissuto nella stessa via dei pittori che le avevano realizzate. Per dare una versione positiva del mio primo punto, possiamo dire che grazie alla semiotica ci siamo ormai sbarazzati di tutta una serie di tesi concernenti loggettivit scientifica e, confrontandoci con i testi scientifici, ci siamo resi conto che essi si caratterizzano per la costruzione del referente interno attraverso una stratificazione progressiva che modifica il piano dellespressione. stato proprio in questa fase dellavanzamento della nostra ricerca che sfortunatamente Franoise Bastide ci ha lasciati. La questione successiva, relativa al secondo punto, molto delicata: il modo di affrontare il referente interno che avevamo scoperto poneva un problema alla semiotica, problema che essa ha quasi sempre cercato di evitare, poich si interessata in primo luogo a testi letterari. Tale problema stato evidenziato dalla prova alla quale Franoise Bastide, con la sua squisita cortesia e la sua ammirevole modestia, voleva sottoporre la teoria greimasiana e che consisteva non tanto nellapplicare la semiotica ai testi scientifici, ma nel vedere in che modo il testo scientifico consentiva di mettere alla prova una definizione della semiotica. Prima di procedere devo spiegare perch importante non parlare di immagini scientifiche. La ragione abbastanza semplice: le immagini scientifiche non esistono. Per descrivere questo problema, gi trentanni fa, con Paolo Fabbri avevamo introdotto il concetto di iscrizioni, le quali il pi delle volte non hanno lo statuto di immagini. Partendo da qui, la questione che si pone a proposito dei testi scientifici non pi semplicemente quella del referente esterno nel senso classico del termine mentre la filosofia continua ad occuparsene, la semiotica ce ne ha liberati , ma si amplia al campo completamente diverso della produzione delle prove allinterno dei concatenamenti e della stratificazione tipici di questo genere di testi. Detto altrimenti, allinterno dei testi scientifici si produce un insieme di trasformazioni che portano, per esempio, da un fenomeno sconosciuto a un fenomeno noto, o da un fenomeno instabile a uno stabile. allinterno del testo che si passa, per esempio, dallassenza iniziale di un microbo alla certezza (quanto meno per i suoi autori) della sua esistenza al termine dellarticolo, come risultato di una serie di trasformazioni, talvolta vertiginose, delle modalit espressive. A tale proposito ricordo la bella tesi sul microscopio elettronico7, redatta ormai molto tempo addietro, che contava allincirca centocinquanta passaggi successivi nella produzione di unimmagine in questo campo. Cos, limmagine non mai un punto darrivo, ma solo uno degli elementi deittici allinterno del testo, sia che si parli dellimmagine in quanto tale sia che essa abbia come unico scopo di semplificare alcuni giudizi percettivi. Con limmagine scientifica abbiamo a che fare con un oggetto che del tutto al di fuori della problematica delle immagini e che consente di introdurre una differenza tra i personaggi e le risorse della semiotica. Potremo dunque studiare i personaggi del racconto, ma anche il fenomeno, abbastanza diverso, del coinvolgimento di questi personaggi nella catena referenziale, dove questultima come abbiamo ormai capito non significa referenza esterna, ma prosecuzione della catena referenziale del testo allinterno del laboratorio o allinterno della comunit scientifica. La stratificazione del testo scientifico si configura, cos, come uno degli elementi di una catena che mira a creare una convinzione e che adesso comincia ad essere studiata relativamente bene. Tra questi studi, va citato il testo di Shapin e Schaffer sulla storia della noia8 nei testi scientifici, sullo stile e la retorica volontariamente noiosa di Boyle, che ha consentito di cogliere abbastanza bene linvenzione di quello che in seguito stato chiamato lo stile oggettivo o semplicemente descrittivo e che, come mostra Shapin, in realt il prodotto di una retorica molto ben elaborata cosa sulla quale i filosofi si sono ingannati abbastanza spesso. C anche il testo molto bello di Licoppe sulla storia della trasformazione dei testi scientifici dopo il XVII secolo9 e certamente il lavoro di P. Galison e L. Da7

Mercier M., 1987, Recherches sur limage scientifique: gense du sen set signification en microscopie lectronique, Universit de Bordeaux. 8 Shapin S., Schaffer S., 1993, Lviathan et la pompe air: Hobbes et Boyle entre science et politique, Paris, La Dcouverte. 9 Licoppe C., 2002, Instruments, Travel, and Science: Itineraries of Precision from the Seventeenth to the Twentieth Century, a cura di Bourguet M.-N., Licoppe , Sibum H. O., New York, Routledge. 3

ston che si sviluppa in pi libri. Essendo adesso limmagine scientifica colta come momento in una serie di trasformazioni interne al testo, il testo stesso non altro che un segmento di una successione di trasformazioni di una determinata opinione. Questo fenomeno non si ritrova nei documenti letterari e, in effetti, il lavoro di F. Ait-Touati10 verte proprio sulla distinzione esistente nel XVII secolo tra i personaggi che continuano a popolare i testi narrativi e quelli che vanno in qualche modo mantenuti dallobbligo del ritorno. In fondo la novit che cominciava a emergere con Franoise Bastide consisteva nel dire che tutti gli esseri scientifici, tutti gli esseri semiotici presenti in un testo scientifico sono personaggi di un racconto; non si potrebbe parlare altrimenti di buchi neri, microbi, cellule se non fossero esseri finzionali. Ma essi subiscono una costrizione estremamente forte che non solo quella del dbrayage, dellinserimento allinterno di quadri di riferimento, ma anche quella del ritorno. Questa esigenza di ritorno dovuta al fatto che il dito dei colleghi che leggono un articolo punta su un disegno allinterno di un testo ed esige in un certo qual modo che anche il responsabile di questo disegno si mostri. Tale aspetto fonda il carattere estremamente originale di questa situazione, che in genere non ritroviamo in molti ambiti letterari. Il punto fondamentale, dunque, che rende la questione dellutilit degli strumenti della semiotica un po pi incerta, riguarda in qualche modo laccesso a ci che lontano. La necessit di produrre informazioni accedendo a fenomeni che sono inaccessibili, perch troppo lontani, troppo piccoli o troppo antichi, richiede che i personaggi che popolano i testi scientifici siano sottoposti a una pressione, a unesigenza di ritorno, di re-embrayage che caratterizza la catena di costruzione della convinzione scientifica e non rientra in categorie facilmente inquadrabili in un modello semiotico. C un terzo punto di divergenza ancora pi accentuato dei precedenti: anche se la semiotica ha reso possibile una descrizione per la prima volta non formale dei formalismi del testo scientifico, ci non toglie che ci troviamo ancora nella pi totale ignoranza per quanto riguarda gli esseri matematici in s e, in particolare, quella forma essenziale che lequazione. La caratteristica interessante della stratificazione dei testi scientifici proprio che nel giro di poche pagine si pu passare da una fotografia a una tavola, a un grafico o a unequazione e viceversa. Detto altrimenti, nella serie di trasformazioni che occorrerebbe essere in grado di caratterizzare i personaggi che compongono questi concatenamenti. Anche il pi semplice articolo scientifico, per natura o per artificio, moltiplica questo genere di passaggi ed proprio su questi che la semiotica dei testi scientifici deve poter indagare e sui quali, invece, per il momento sappiamo ben poco. Quando dico descrizione non-formalista dei formalismi voglio segnalare che un problema molto importante della semiotica quello della sua stessa pretesa formalista che, occorre riconoscerlo, non la rende affatto adatta a produrre una descrizione non formale. Cosa che funziona molto bene con esseri un minimo ricchi dal punto di vista narrativo, come per esempio i microbi, che si trasformano in modo visibile e molto rapido dallinizio alla fine di un testo. Ma quando si arriva alle equazioni, a quel genere letterario assai particolare che un testo di formulazione di un modello di simulazione, la semiotica va incontro al problema operativo dellopposizione tra una versione pragmatica e una versione formalista del proprio metalinguaggio, che non ha ancora risolto. La semiotica attrezzata per fare questo lavoro? Non del tutto certo. per questo che io stesso non sono un semiologo, se non dilettante, e che mi stato sempre utile lincontro con Garfinkel per muovermi non allinterno di una sociologia, ma di una socio-semiotica o di una pragmatica ispirata tanto a James, Fleck o Dewey, quanto a Greimas, Fabbri o Fontanille. Non si tratta di una critica e non cerco di ravvivare il vecchio dibattito tra sociologia e semiotica, poich la sua soluzione, come sappiamo, dipende dalla domanda quale semiotica si aggancia a quale sociologia?. Nel nostro interrogarci il momento di ritornare allimmagine, perci giungo al termine del terzo punto. Il problema, come abbiamo detto, che limmagine scientifica non esiste. Vi sono alcune tappe di un processo di trasformazione, che rappresenta il fenomeno principale, loriginalit stessa dellattivit scientifica, sul quale non abbiamo presa. La questione stata ben tematizzata da P. Galison nel cataloLicoppe C., 1996, La formation de la pratique scientifique. Le discours de lexprience en France et en Angleterre (1630-1820), Paris, La Dcouverte. 10 At-Touati F. , 2005, La dcouverte dun autre monde: fiction et thorie dans les uvres de John Wilkins et de Francis Godwin , in tudes pistm, 7, Science(s) et littrature(s), I, p. 15-30, disponibile online allindirizzo http://revue.etudes-episteme.org/IMG/pdf/ee_7_art_ait.pdf 4

go della mostra Iconoclash11, in cui egli spiega che si pu riconoscere una querelle come quella che riguarda le immagini nel campo della religione e dellarte anche nella storia delle scienze. Si potrebbe sintetizzala cos: nelle scienze non si pu fare a meno delle immagini e al contempo non ci sono immagini. Queste due frasi producono un iconoclash, neologismo che abbiamo coniato per descrivere questo rapporto paradossale con limmagine. La conseguenza di tale situazione che ogni definizione di unimmagine scientifica ottenuta mediante un fermo immagine, ovvero mediante lestrazione dellimmagine da un flusso di trasformazioni, mentre questo flusso che si tenta di cogliere senza riuscirci. Pertanto, per riassumere unargomentazione molto lunga, possiamo dire che nel campo delle scienze unimmagine isolata non ha referente, n forza referenziale. Ce ne danno prova in negativo quelle che vengono chiamate le esposizioni di divulgazione scientifica, il cui studio risulta estremamente difficile poich le immagini utilizzate sono ormai prive di referente. Questi testi divulgativi non mostrano pi la serie di trasformazioni di cui abbiamo discusso e, dunque, come ha mostrato D. Jacobi12, hanno a che fare con immagini menzognere dal punto di vista del particolare modo di produzione dellattivit scientifica. Cos, ed un bel paradosso, unimmagine animata che sceneggia un processo chimico sul web13 per facilitare in modo estetico e pedagogico il suo utilizzo sarebbe considerata allinterno della comunit dei biochimici come unimmagine triplamente menzognera: molto bella, interattiva, usata in modo magnifico per la formazione dei futuri biochimici, e nondimeno non ha alcun referente. Perch non ha referente? Ricordo che stiamo parlando della catena di trasformazioni e non della vecchia questione della rappresentazione e del referente esterno. Limmagine scientifica o divulgativa non ha referente perch loperazione mediante la quale la si ottiene consiste nellisolarla, prelevarla dal flusso e fare un fermo immagine: ed da questo dato che deriveranno lequazione, la tavola, la fotografia e limmagine finale. Cos non si pu pensare, per esempio, che unimmagine al microscopio abbia un referente. Si tratta di un problema importante per la semiotica, che usa spesso immagini di controllo. E le immagini di controllo hanno un regime completamente diverso da quello delle immagini scientifiche, poich non si tratta di fenomeni nuovi e perch, attraverso di esse, si cerca di stabilizzare e di convincere la propria comunit scientifica a partire da unimmagine in cui c molto chiaramente un schema che si cerca di far coincidere con una serie di dati. Non si possono studiare queste immagini come se fossero immagini scientifiche, altrimenti dovremmo considerare come immagine anche ci che appare sui monitor degli aeroporti che controllano ai raggi X i nostri bagagli e come scienziati coloro che si annoiano a veder passare le nostre valigie; il che non avrebbe molto senso, anche se lo strumento stesso incorpora una quantit molto rilevante di dati. Il problema dunque ed il quarto punto che vorrei trattare sapere qual il fenomeno che sin dallinizio prende il posto della questione dellimmagine nella scienza e mi spiace dover riconoscere che sono ormai trentanni che mi pongo questo interrogativo senza essere andato avanti di molto. Che cosa prende il posto dei molteplici studi, delle centinaia di pubblicazioni di altrettanti studiosi che analizzano la questione dellimmagine scientifica da storici o con altri approcci?Possiamo rispondere a questo interrogativo con un problema piuttosto che con una soluzione. Fontanille aveva affrontato la questione mediante la contraddizione tra eteromorfia14 e isotopia e, in effetti, non strano che un analista attento come lui, lavorando scrupolosamente su un corpus anche se costruito alla maniera dei semiologi, che non sanno mai com formato il loro corpus, ma questa una piccola querelle da sociologo , arrivi a definire questo fenomeno contraddittorio. Non appena si studiano le pratiche scientifiche infatti emerge qualcosa di sorprendente, che si pu formulare nel seguente modo: qualcosa, che non dellordine del contenuto ma dellespressione, si conserva attraverso le trasformazioni. Questo fenomeno estremamente visibile al momento dellosservazione e, qualunque sia il percorso mediante il quale vi si arriva che sia la semiotica, la fisiologia dellocchio o la teoria del segno sempre in qualche modo riconducibile a ci che viene chiamato traslazione o traduzione e che in precedenza ho definito mediante lespressione mobili immutabili. Ci ha a che fare con la grande questione posta dal
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B., Weibel P., a cura di,.2002, Iconoclash: Beyond the Image Wars in Science, Religion, and Art, Karlsruhe, MIT Press e ZKM. 12 Jacobi D., 1985, idem. 13 Per come la definisce Elni Mitropoulou, 2009, Image, discours et scientifique en ligne, Visible, n. 5. 14 Fontanille J., 2009, Le ralisme paradoxal de limagerie scientifique, in Visible n. 5. 5

fatto che, attraverso modificazioni del piano dellespressione, si riesce a mantenere qualcosa costante. Lossessione che impedisce agli scienziati di qualunque disciplina di dormire la notte consiste nel voler sapere come ottenere, nonostante le variazioni del piano dellespressione, qualcosa che si mantenga immutato attraverso una serie di trasformazioni e che non appartenga allordine astratto del contenuto. Basta prendere in considerazione un qualsiasi esempio di produzione scientifica per ritrovare questo problema. A tal proposito vi rinvio al mio articolo sui pedologi15, che studia le trasformazione del suolo, ma questa considerazione vale anche per casi molto pi complessi, relativi allambito dellastronomia o dellarcheologia, come quelli studiati da Dondero16. Il concetto di mobili immutabili non la soluzione, ma lindicazione del problema sul quale siamo arenati collettivamente da trentanni, dal momento che continuiamo a considerare isolatamente sia il testo, che invece solo un evento nella catena della trasformazione, sia limmagine nel testo, che ne solo una parte e che perde la sua referenza nel momento in cui viene separata dal resto. Cos, non arriviamo mai a caratterizzare questo movimento di trasformazione se non designandolo con il nome contraddittorio di mobile immutabile. Fortunatamente gli storici iniziano a permetterci di seguire la storia di questo concetto, risalendo alle origini. Non intendo riassumerla per intero, ma vorrei segnalare una cosa che mi sembra decisiva, tratta dal libro che ci permetter di riconciliare le teorie dellimmagine, le teorie del testo e quelle dei mobili immutabili. Si tratta dellopera17 di quello straordinario classicista di Stanford che Reviel Netz sulla questione dei diagrammi, sulla loro invenzione e su quella della deissi nella geometria greca. Netz ci mostra che il problema dei testi scientifici, allinterno dei quali le immagini sono soltanto momenti, elementi di una stratificazione pi ampia, riguarda il fatto che diamo per scontata la fusione tra immagine e geometria, mentre essa il risultato di una storia lunga molti secoli, la cui origine quanto meno in parte risale ai greci. In parte essa deriva anche, com noto, dalla fusione delle immagini con il calcolo prospettico, sulla quale rinvio ai numerosi lavori gi realizzati, in particolare da W. M. Ivins18. Il terzo evento di questa storia stato studiato tra gli altri da P. Galison, e riguarda lo strumento la cui invenzione consente di definire in modo geometrico immagini che sono esse stesse uno degli elementi della trasformazione. Infine, il quarto momento la digitalizzazione. Mediante tutti questi elementi notiamo chiaramente che quando iniziamo a studiare le immagini scientifiche ereditiamo quanto meno queste quattro trasformazioni fuse, alle quali si aggiungono il Web, e soprattutto linterattivit, che le accentuano, rendendo difficile lanalisi di ci che condensato allinterno della nozione di mobili immutabili. La catena di referenza diviene evidente quando guardiamo il nostro palmare per ritrovare la strada mediante il GPS, ma queste esperienze quotidiane ci fanno apparire in qualche modo banali le catene referenziali. Esse, infatti, derivano da una tale successione di strumenti che ci risulta molto difficile scoprirne gli strati successivi. Il libro di Reviel Netz verte sul punto pi importante della relazione che abbiamo con limmagine, il primo strato, ovvero linvenzione di questa situazione molto particolare: un gruppo di geometri greci parla per la prima volta di ci che prima abbiamo chiamato mobili immutabili e che egli definisce traslazioni di necessit. Le ricerche di Netz sono state segnate dalla straordinaria scoperta di una pergamena contenente testi di Archimede accompagnati da diagrammi, la quale, per la prima volta, ha offerto la possibilit di trovare i due aspetti riuniti e ha consentito di cogliere ci che aveva meravigliato i greci in questa pratica della scienza. Netz mostra che il loro stupore dipendeva da ragioni completamente diverse da quelle che i filosofi in seguito hanno colto, le cui conseguenze epistemologiche hanno portato allopposizione tra il concetto di scienza come discorso letterale e come discorso metaforico. Questa versione della storia, come evidenzia Netz con molto umorismo, il film tratto dalla pratica dei geometri greci, senza rendere ve15 16

ste de lactivit scientifique, Paris, La Dcouverte, pp. 40-87.

Latour B., 2001, Sol amazzonie et circulation de la rfrence in Lespoir de Pandore. Pour une version rali-

Dondero M.G., 2008, Le temps et sa reprsentation: les cas de lastrophysique et de larchologie, in Nouveaux Actes Smiotiques on line, atti del convegno Les images scientifiques, de leur production leur diffusion ,

Allamel-Raffin, C., a cura di, http://revues.unilim.fr/nas/document.php?id=2587. 17 Netz R., 2004, The Transformation of Mathematics in the Early Mediterranean World: From Problems to Equations, New York, Cambridge University. 18 Ivins W.M., 1938, On the rationalization of sight, with an examination of three renaissance texts on perspective, New York, the Metropolitan Museum of Art. 6

ramente conto di ci che facevano. Egli invece descrive con molta precisione ci che facevano: designavano con dei deittici alcune parti del diagramma, ben tracciato dal geometra, e la sua trasformazione dallinizio della dimostrazione alla fine mirava a mantenere alcune costanti attraverso la serie delle modificazioni. La scoperta di questo modo di descrizione che consente parallelamente allocchio di vedere e al dito di indicare, a condizione di avere il diagramma e il testo corrispondente, questa traslazione di necessit ci che ha colpito sia Euclide sia Archimede e che sarebbe servita da modello a ogni forma di descrizione scientifica. Linteresse degli studi di Netz risiede nellaver osservato tutto ci prima che una lunga storia avesse come effetto di collegare questo concetto geometrico di traslazione di necessit con il disegno, situazione in cui attualmente ci troviamo, raggiunta dopo millecinquecento anni di distinzioni e di differenze, compresa quella della digitalizzazione. Cominciamo dunque a poter costruire una storia semiotica della traslazione di necessit attraverso gli strati successivi che caratterizzano il testo scientifico, storia che ha il grande vantaggio di consentire di affrontare finalmente sul serio la semiotica delle equazioni e delle entit matematiche. Si tratta di una questione estremamente appassionante, sulla quale, che io sappia, esistono pochi testi. Al momento si conoscono molte pi cose sui diagrammi, in particolare grazie al libro di Netz, ma sullo statuto delle equazioni c ancora molta incertezza, poich esse sono uno degli elementi di una trasformazione fenomenologica allinterno di un testo scientifico che le vede precedute da una tavola numerica, a sua volta anticipata da una fotografia, prima delle quali si trova un testo descrittivo, in un concatenamento che d luogo a una serie di trasformazioni. Se arrivassimo a cogliere il momento di concentrazione pi estremo, quello delle equazioni, avremmo allora affrontato una questione fondamentale, che permetterebbe di risolvere quello che allinizio avevo chiamato il paradosso di Franoise Bastide. In effetti, nonostante abbia studiato il testo isolandolo il pi possibile dallinsieme del suo contesto, da buona greimasiana, era importante che procedesse cos per non cadere in una sociologia che allepoca avrebbe banalizzato molto le sue intenzioni , grazie della sua conoscenza della fisiologia e della scrittura scientifica e allaver lavorato per tutta la vita sezionando reni da Morel, Bastide puntava anche in modo indiretto sullesperienza della catena di trasformazione, che in semiotica invece non esiste. Questa esperienza non ancora integrata nel quadro della semiotica e, per dirla in modo provocatorio, penso che la semiotica sia molto mal attrezzata per affrontare tale questione della catena referenziale. Il che una conseguenza della teoria del segno fondata sulla coppia significante-significato derivante dallo studio dei testi narrativi. Questo dispositivo non utile allo studio dellattivit scientifica, in cui il problema fondamentale non affatto quello del significante e del significato, ma quello di un rapporto molto strano con il testo, sinora rimasto inspiegabilmente estraneo alla filosofia delle scienze, ovvero il mantenimento di una costante attraverso le modificazioni del piano dellespressione. Lenigma posto dal lavoro di Franoise Bastide ci aiuta a capire tale questione che la semiotica ha qualche difficolt a vedere per via della sua ossessione per un certo tipo di corpora, e che tuttavia essenziale negli ambiti della conoscenza del testo e della storia delle scienze.

pubblicato in rete il 21 aprile 2011

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