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Sommario

Nuovomondo 4
Sacco e Vanzetti 8
Il cammino della speranza 13
I Magliari……………………………………………………………………………………………………………………………………………………15
Rocco e i suoi fratelli………………………………………………………………………………………………………………………………18

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STORIA DEL CINEMA
PRIMA LEZIONE 18/10
Migrazione: implica concretamente la vita di due universi, spazi, distinti momenti temporanei da loro
correlati. C’è uno spazio e tempo della partenza che avviene quando ci si allontana dalla propria Terra;
avviene una lacerazione dalla propria terra e proprie origini, proprio stare e essere, che si rivela più o meno
traumatico, e con esso può essere un viaggio traumatico, ma non per forza.
C’è anche lo spazio e il tempo dell’arrivo alla fine di questo viaggio migratorio, che può essere più o meno
duro e difficoltoso.
Emigrazione: sottintende la partenza e allontanamento dalla propria terra
immigrazione: arrivo e avvicinamento ad un altro territorio che è il territorio di arrivo e approdo

Il fenomeno migratorio non è una novità; ha riguardato anche il nostro passato e anche gli italiani. E’ un
fenomeno storico che appartiene al passato ma che è giusto ricordare.
La grande migrazione italiana è quella che va dal 1876-1970/80. 1876 anno del primo censimento dei dati
migratori rimandati a noi che non esistono nei periodi precedenti.
1970/80 è un decennio in cui si afferma che l’Italia ha subito una metamorfosi: da migranti ad accogliere
immigrati.
Questo periodo è divisa in 4 fasi
1. 1876.1900
2.1900-1915
3.1915-1922
4. 1922-1939
1945-1970/80 con inversione dei dati migratori dove l’italia diviene paese di immigrati;
Tra il 1921 e il 1924 viene stabilita una tassa per l’immigrazione negli stati uniti, limitando quindi le entrate,
per poi seguire la paura del comunismo.
PRIMA FASE: tendenza sempre crescente degli espatri. Fattori: carattere economico sociale ma anche
motivi politici. E’ un paese ancora agricolo in un contesto di grande stagnazione in termini di depressione
economica. Espatriano maggiormente all’estero in un momento in cui non esiste una legislazione che
regolamenti i flussi migratori. Vige ancora la normativa Crispi del 1888 che sancisce il principio della libertà
di espatrio. Quindi siamo in una fase liberale in questo senso. 5300 italiani in questa prima fase, con forte
incremento 1896-1900. Si emigra verso, Francia, Germania e Sudamerica; poi successivamente verso gli
USA, che viene poi definita “la mecca dei meridionali”, anche se in un primo momento furono
maggiormente i settentrionali attirati da varie promesse come il regime di esenzione fiscale. 78% maschi,
16% giovani minori di 14 anni.
Si parte da tutte le zone di Italia verso tutte le parti del mondo e poi alla fine soprattutto verso gli USA.
SECONDA FASE: verso l’America fino alla prima guerra mondiale. Anche qua coincide con un processo di
industrializzazione, che inizia a cambiare un po’ lo scenario agricolo ma non basta a cambiare le condizioni
degli italiani, non è sufficientemente intenso. In questo periodo emigrano 600.000 italiani l’anno, per un
totale complessivo di 9 milioni in questa fase. Meridionali soprattutto. Qui avviene qualcosa in termini
politico legislativi: fino alla normativa Crispi si lasciava particolare libertà con vantaggi e svantaggi, senza
diciamo “protezioni” finendo soprattutto tra le mani degli speculatori, ingaggiatori, mediatori. Nel 1901 è
un anno in cui vengono adottate la legge generale della migrazione e nasce il commissariato generale della
migrazione. Diviene adesso a livello statale; quindi i flussi divengono leggermente più protetti e controllati.
TERZA FASE: con lo scoppio della prima guerra mondiale si interrompono i flussi migratori, e molti
addirittura rimpatriano, molti per arruolarsi nell’esercito e altri perché temono la chiusura dei confini. Con
l’avvento del fascismo si cerca di rimuovere l’etichetta “migrante” cercando di non parlare di un contadino
straccione e si converte in “italiano all’estero”, cercando di propagandare.
1917 Tra i provvedimenti restrittivi e discriminatori adottati dagli USA nei confronti dei immigrati italiani,
c’era una prova d’esame con il quale si accertava il grado di italiano degli espatriati dai 16 anni in su. La vera
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misura migratoria all’interno di questa campagna italiana fu il Quo act con il quale prima nel 1921 e poi
1924 si stabilisce una quota limite d’entrata e una cifra massima di entranti per etnie, e nel 1921 è
permesso che la cifra limite degli italiani è 42.000 quando in realtà già 500.000 si trovano al porto di New
York
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-Ballata “Mamma mia dammi 100 lire”, maestro Gualtiero Bertelli. Ci sono varie versioni. Questa ballata è
una variazione in chiave migratoria dell’originale “La maledizione della madre/La figlia disobbediente”.
Resta in questa variazione la figlia ribelle che chiede alla mamma di avere 100 lire, necessarie per la
traversata oceanica e l’emigrazione in America. La mamma si convince solo quando i fratelli maschi dicono
“mamma lasciala andare”. C’è anche una versione coniugata al maschile; (Savona e Straniero, da dove
proviene anche il canto Trenta giorni di una nave a vapore).
In un’altra ballata dell’ottocento c’è un’altra figlia che fugge di casa per andare dal re di Francia, seguita
dalla madre, e annega in un fiume in sella al suo cavallo. Resta la maledizione e inseguimento materno.
Un’altra ballata “30 giorni di nave a vapore” ci racconta invece quale fosse il tempo che traversare l’oceano
e arrivare in America. Racconta anche alcuni aspetti come il dormire su pagliericci di fieno, ma si arriva in
questa America chiamata “bella” e “sorella”, a rappresentare “la terra promessa”. Nonostante la
pericolosità e lunghezza del viaggio, gli emigranti non si arrendono e intraprendono il viaggio.
Viene definita anche “’merica” o “lamerica” per riferirsi agli analfabeti che scrivevano così nelle lettere.
Lamerica proviene dal film di Gianni Amelio del 1994 che racconta dell’immigrazione albanese in Italia e da
quello scritto nelle lettere appunto.
Nel 1901 nasce la navigazione italiana per avere un maggiore controllo e maggiore tutela agli espatriati, ma
prima erano le nazioni straniere che disseminano agenzie e mediatori delle flotte tedesche e inglesi, per
procacciare emigranti in prossimità degli imbarchi. Prima di andare ai porti, i partenti venivano controllati a
livello igienico sanitario, e a lungo dovevano sostare sulla panchine portuarie, sotto i portici, o a volte
locande. Dopo giori magari sarebbero partiti.
Spesso gli emigranti si trovavano a viaggiare su navi carenti dal punto di vista sia meccanico che igenico-
sanitario, tanto che sono soprannominati o “carrette del male” o “ospedali galleggianti”, dove spesso si
contraevano epidemie, malattie, influenze.
“Figlia benedetta” si ispira al racconto vero di una madre veneta che negli anni 20 assiste alla morte per
epidemia della figlia neonata che viene poi gettata in mare. I contagi non mancano neanche tra gli adulti:
vaiolo, tifo, tubercolosi, varicella. Le stive infatti sono sporche, strette e buie, dove tutti vengono
ammassati. (Episodio raccontato da Gian Antonio Stella nel 2018 in un articolo del Corriere della Sera).
Piroscafo Sirio -> inaugurato nel 1883 affonda lungo le coste spagnole il 4 agosto del 1906 dopo essere
salpato da Genova in direzione Sud America e a sopravvivere saranno pochissimi passeggeri (cantano in una
ballata). La vicenda fece molto scalpore. 6 anni dopo nel 1912 ad inabissarsi nell’atlantico fu invece il
Titanic.
Come dice Sciascia sopravvivere al viaggio non garantisce l’arrivo a destinazione.
-“La leggenda del pianista sull’oceano”.
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“Nuovomondo” (2006) Crialese

che ha sempre portato l’immigrazione nei film. VISIONE DEL FILM


25/10
Vinse il Leone d’oro nel 2006. Crialese Romano ma di origini siciliane. Spesso ha dedicato film al tema
dell’emigrazione, alla figura dello straniero, straniera, inteso anche come “strana”.
“Terraferma” tratta del tema dell’immigrazione. Respiro, Terraferma e Nuovomondo hanno tutti e tre
collegamento con la Sicilia. “Immensità” racconta una storia autobiografica e racconta una transazione
sessuale, di questa bambina che si sente più maschio. Tutto si basa sull’estraneità, passaggio,
cambiamento. Nuovomondo narra che il viaggio migratorio di inizio 900 verso l’America del Nord della
famiglia Mancuso. Vede un padre vedovo, Salvatore Mancuso interpretato da Vincenzo Amato. Lui ricorre
in tutti i film di Crialese tranne in Terraferma. I due figli Angelo (Francesco Casisa) e Pietro (Filippo Puccillo).
Tutti e 3 gli attori non sono professionisti, ma sono scovati da Crialese e li riutilizza in vari film. Puccillo è
anche protagonista di terraferma. Fortunata è invece la madre interpretata da Aurora Quattrocchi.
Il film è strutturato in 3 parti che rappresentano a 3 location e 3 elementi naturali .
1. Petralia SottanaSicilia terra
2. Nave acqua
3. Ellis Island New York nebbia.
Nella prima parte ambientata a Petralia quello che si percepisce è l’agitazione, lo scompiglio che pervade la
famiglia Mancuso appena si decide di partire per l’America.
CANTO CHE RACCONTA LA SITUAZIONE DELLE FAMIGLIE SICILIANE DOPO L’AVVENTO DELL’AMERICA COME
“MECCA MERIDIONALE”: “Chi non ha soldi dà pegno la casa”, “Si chiede la grazia” compiono una sorta di
liturgia che prevede la vendita di animali, oggetti della casa per raccimolare le 100 lire necessarie per
partire.
La scalata lungo la collina con la quale si apre il film è un rito propiziatorio: scalano a piedi nudi con una
pietra bianca stretta tra le labbra che mettono sotto la croce come dono dopo la salita; piena di sangue e
simbolicamente contiene il sangue e il sudore che i contadini versano per la loro arida e infruttuosa terra.

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Emanuele Crialese: di origini siciliane ma nasce a Roma.Si trasferisce a New York per
studio e si laurea nel 1955 pressò la facoltà di cinema e teatro.
Dopo questa scalata loro chiedono un segno per capire se partire o no, e il segno arriva cioè le foto. In
realtà le foto arrivano da dietro perché le ha portate Pietro, che da questo momento sarà il motore della
vicenda. Sono propagandistiche e raffigurano: frutti e ortaggi giganti, galline monstre, alberi colmi d’oro.
Sulla cartolina gallina c’è scritto Copyright 1909 perché rappresenta un’immagina di quel tempo e cerca di
farle credere reali, non ritoccate e false come realmente sono, in più dà una collocazione storico-temporale
A quelle cartoline lui crede ed è pensando a quelle che ogni volta si convincerà di dover partire, sono
l’elemento che rendono l’America sogno e desiderio, ne condizionano e suggestionano quello stato
allucinatorio e visionario in alcuni momenti del film, dove crederà davvero di vedere un’anziana con dei
bambini portare delle mele e delle carote gigantesche a cui si aggrapperà quando crederà di nuotare nel
fiume di latte e miele. Solo donna fortunata non crede, ed anzi incita il nipote a bruciarle. Tutto ciò lo
convince che andrà incontro a una vita di abbondanza. Quelle cartoline diventano la marca registica e
stilistica di Crialese. Quelle cartoline ci fanno dire che questo film è esattamente a metà strada tra
l’inverosimile e il fiabesco; si decide di raccontare un viaggio migratorio ma lui decide che è giusto
raccontarlo così. Il successo di questo film è dato da questa doppia visione onirica, fiabesca surreale che
Crialese impone. Vi è dunque del favolismo che è stato criticato a Crialese. Nel film l’America poi non ci
viene fatta vedere perché così ci ritroviamo nella stessa condizione di desiderio di Salvatore.
Tra la prima e la seconda part del film ci sono due momenti che scandiscono la transizione da una prima
parte ad una seconda parte del film incentrati entrambi sulla separazione e la lacerazione.
Separazione dalla propria terra e la lacerazione dai propri cari

I DUE MOMENTI SONO:


-i Mancuso insieme ad altri emigranti che si allontanano su un carretto trainato da un mulo.
-dopo sbrigate le pratiche necessarie la famiglia sale sulla nave
Venduti gli animali e indossati gli abiti borghesi poi c’è la partenza.
1. Scena pioggia di monete:
2. Carretto con asino:
Il fatto che si muove la macchina da presa con i personaggi fermi è simbolo di modernità. Misto tra carrello
e panoramica che permette una fluidità che permette una continuità. C’è anche una valorizzazione acustica
in quanto nella prima parte ci sono i rumori dell’ambiente siciliano.
Il cartonato con abiti borghesi ha un valore simbolico che sta a significare che loro tolgono i loro abiti
contadini lasciando indietro le loro origini verso la modernità, data comunque anche dalla macchina
fotografia.
Lucy invece, la donna, si fa fotografare con la famiglia all’esterno del cartonato e ciò rappresenta un valore
simbolico, non è dietro il cartonato perché lei è avanti, già con indosso abiti borghesi.
“Lucy” storpiato ma anche rappresenta la luce della famiglia Mancuso durante il viaggio, li guida al nuovo
mondo e erediterà il testimone dalla suocera Fortunata.
-Distacco della nave dal molo: la sirena fa sobbalzare gli emigranti, ma c’è anche un elemento: LO
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SGUARDO IN MACCHINA DA PRESA: appena c’è il rumore della sirena gli attori si girano a guardare la
macchina da presa e quindi noi. Diventiamo spettatori attivi e coinvolti direttamente nella narrazione
quando gli attori rivolgono lo sguardo in macchina. Lo sguardo in macchina è un modo per interpellare lo
spettatore e farlo diventare parte attiva.
Dopo questa parte tutti vengono messi nei dormitori smistati tra maschi e femmine e qua si forma una
sorta di Torre di Babele perché cerca un mix di dialetti tanto che non si definivano tutti italiani. Si rileva
quindi l’assenza di una lingua comune cioè di un italiano standard.
Quindi: prima parte rumori ambientali; seconda parte interviene la musica con dei canti, esibizioni
strumentali, tradizionali cioè la taranta salentina. Si occupa della colonna sonora Antonio Castrignanò.
La musica la troviamo solo
quando Salvatore e Lucy si guardano, quando donna Fortunata si pettina i capelli, e poi un momento di
esibizione. òà
In questa seconda parte l’altro elemento centrale è la tempesta che Crialese non preannuncia, come ad
esempio fa Mimmo Gangemi in “La signora di Ellis Island”.
In Nuovomondo per questa cosa della tempesta non c’è la regola del cinema causa effetto sequenziale; qua
non vediamo il mare che inizia ad agitarsi ma udiamo solo dei rumori che arrivano ovattati a Pietro. Non
riprendono la causa ma solamente l’effetto.
Dopo la tempesta arriva la quieta e ci si concentra solo sui corpi distesi e avviene il paragona con “La
zattera della medusa 1918 1919 di Gericault

Viaggi del genere sono raccontati anche da Sciascia, film di


Tornatore (con De amicis e Baricco),Gaelle Josse(pag 29-30).

27/10

NUOVOMONDO
C’è sempre qualcuno che per primo vede l’America e indica verso i grattacieli o la statua della libertà, in
Nuovo mondo tutto questo non si verifica, fin dalla prima delle sequenze che scandiscono il passaggio dalla
prima alla seconda parte e dalla seconda alla terza -> momento in cui gli emigranti sono prossimi
all’approdo ma non vedono la terra.
La statua della libertà è stata eretta nel 1886 e rappresenta una donna con una lungua tunica, una conora in
testa con 7 punte, con una fiaccola nella mano destra illuminante la libertà e la carta d’indipendenza scritta
il 4-7-1776 nella sinistra. Nel bascrialeseamento di bronzo vi sono incisi i testi della poetessa ebreo
statunitense Emma Lazarus.

Crialese utilizza l’escamotage della nebbia per un effetto contrario a quello del pianista sull’oceano, dove
Tornatore usa la nebbia per enfatizzare la continua apparizione e sparizione della statua della libertà.
Crialese utilizza la nebbia per infittirne la condensazione atmosferica e saturare l’immagine in senso
paesaggistico e amplificare l’aspetto umano ed emotivo.
I migranti ci appaiono come affiorassero da una sorta di aldilà, c’è un’atmosfera spettrale e dal punto di vita
acustico c’è un silenzio ovattato, lo stesso con cui Pietro percepisce la tempesta quando erano ancora sulla
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nave.
Salvatore chiede a Lucy dov’è l’America e lei dice è qui ma non si vede, appaiono come dal nulla e aumenta
il senso di opacità dove l’ultima parte del film è sulla terra che non vedono i protagonisti e neppure noi.
Questa saturazione dell’immagine con il suono ovattato, fa apparire gli emigranti in una situazione di
incertezza a differenza dell’entusiasmo che di solito c’è al momento dello sbarco.
Prima di entrare ad Ellis Island i migranti vengono disposti in fila indiana oltre una linea tracciata a terra per
essere prima ispezionati per verificare che non siamo portatrice di malattie di ogni genere. Saranno poi di
nuovo disposti in fila dove sui loro abiti vedremo un numero identificativo. In più quando verranno chieste
loro domande in inglese e tradotte in italiano, se non daranno risposta verranno rimandati indietro (?)
Le fotografie/cartoline propagandistiche rappresentano l’immagine in movimento, e quindi quando le
inquadra le anime, in maniera un po’ buffa quasi fumettistica.
L’unica visione che Fortunata ha è quando esce dalla casa per andare in America e parla con due bambini (i
figli da piccoli) e dice “te lo sto portando” (al figlio grande che è già là).
Alle diverse lettere tracciate sul cappotto corrispondono varie patologia: C per cuore, O per occhi, X sta
indicare un presunto ritardo mentale che viene segnato a Pietro e Donna fortunata, ecc.
C’era un esame obbligatorio cioè uno per scongiurare il tracoma che era una malattia degli occhi
estremamente contagiosa, anche se a volte non sterilizzavano l’uncino con il quale facevano questo esame,
e dunque spesso si contagiavano proprio così.
Georges Perec ha scritto “Ellis Island storie di erranza e di speranza” definisce Ellis Island il contrario
dell’”America a portata di mano”.
C’è sempre la discriminazione verso l’emigrante, e talvolte quando lo si accetta gli si chiede di annullare la
propria nazionalità per proprie origini
Si procede con la contrattazione matrimoniale che viene imposta alle donna perché viene impedito alle
donne di viaggiare da sole, ciò è possibile solo se viaggiano da sole per andare a sposarsi.
Dal 1991 la Federal act sancisce l’esclusione dei malati a rischio infettivo ma esclude anche i malati di
handicap, poligamici, criminali; chiunque che possa costituire un pericolo per la società ospitante. E’ questa
l’epoca in cui si diffonde eugenetica, la disciplina che cerca di migliorare il genere umano.
Lucy è l’unica tra gli emigranti che riesce a superare perfettamente l’esame del gioco di legno. Lucy parla
con gli esaminatori dicendo che pensava cercassero malattie vere e non il grado di intelligenza e quelli le
rispondono che la stupidità è ereditaria, “che visione moderna”, detto in modo ironico. Intendendo “Che
visione inumana e disumana”.
Fortunata è l’unica che contrasta questo mondo moderno tanto che rifiuta di sottoporsi all’esame
dell’intelligenza e decide così il suo rimpatrio. Il suo no decide sia il rimpatrio che la sua decisione di non
parlare più e non lottare più.
Quando alla fine vediamo che Pietro parla, in realtà non parla davvero cioè non ci soffermiamo sul fatto che
all’improvviso parla perché è metaforico; rappresenta il passaggio di testimone dalla nonna al nipote che
viene considerato il motore sia già da prima (deus ex machina) (le cartoline prima di partire), che dopo. Ma
ancora prima che questo accada c’è questa piccolissima inquadratura dove si vede il passaggio tra
Fortunata e Lucy.
Si vede che Fortunata lentamente rivolge lo sguardo verso Lucy che a sua volta impercettibilmente accenna
inchinando il capo una risposta verso di lei; simboleggia che accetta le nozze con il figlio, che l’accetta e non
la vede più come diversa e così Fortunata sta mandando lei l’investitura e il compito di portar a termine il
viaggio con i suoi uomini.
Ad un certo punto, con la macchina da presa a carrello, si vede salvatore che scala questa vetrata per
vedere fuori l’America che non vedono l’ora di vedere. La conversazione avviene su questo e ciò che è
importante è come questo contravviene alla regola del cinema classico della soggettiva o della
semisoggettiva.
La soggettiva è quella modalità per cui noi spettatori vediamo attraverso il personaggio e in genere una

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soggettiva classica è formata da 3 in quadratura ABA: A personaggio che guarda verso qualcosa; B ci rivela
quello che lui sta osservando; A ritorna sul soggetto in atto di guardare. La soggettiva è il modo di narrare
attraverso lo sguardo del protagonista. La semisoggettiva è un’unica inquadratura all’interno della quale il
soggetto osserva è l’oggetto è guardato. Di solito è un’inquadratura con il soggetto preso di nuca.
L’America continua a rimanere invisibile a tutti e questa condizione di opacità ed incertezza visiva persiste
in tutto il film a partire dal momento dell’arrivo nella nebbia alla fine del film che accentua l’idea del non
luogo claustrofobico che li contiene durante la quarantena (Ellis Island), noi il momento dell’uscita dalla
quarantena non lo vediamo.
L’inquadratura finale è importante, quella dove si vede il fiume di latte e miele: vediamo Lucy che ha
ricevuto il testimone, Pietro salta fuori dunque non rimpatria come gli era stato detto. Via via appaiono gli
altri emigranti, ancora una volta la ripresa è dall’alto dove vediamo gli emigranti che nuotano, prima
emergono e poi tornano sott’acqua fino a diventare tante macchie di colore, man mano che spariscono
rimane lo schermo bianco nel senso che poi tutta questa storia di immigrazione deve essere ancora
raccontata, diventa vuoto perché possiamo solo immaginare, ancora tutto da dipingere.
Crialese aggiunge due brani di Nina Simone: “Feeling Good” e “Sinnerman”; li sceglie perché sono due canti
ben precisi.
“Feeling Good” perché dice é un nuovo giorno, una nuova vita per me è una nuova alba, mi sento bene.
Sinnerman: la roccia e il fiume; nel canto la “roccia chiede di essere accolta”; la roccia ci richiama quella
pietra che Angelo e Salvatore tengono strette tra le labbra.
Il film inizia con la bianca roccia che li “caccia” dalla Sicilia, con questo bianco che predomina e finisce
appunto con il bianco del fiume di latte che li accoglie.
03/11
NUOVOMONDO.
SACCO E VANZETTI- Montaldo 1971
Nonostante mirassero al sogno americano, ciò si rivelò poi uno sfruttamento della manodopera, infatti
l’America riserva poi dei lavori edili, “di sciabola” per la costruzione di edifici e strade (uomini). Alle donne
qualora riuscissero ad evitare la prostituzione e venivano adoperate come collaboratrici domestiche. I
bambini venditori ambulanti di frutta, giornali, strillatori, suonatori. Gli uomini invece tagliapietre, muratori,
barbieri, marinai, lavoratori di pellame e a fire secolo scalpennini, artigiani, commericanti.
Nel periodo compreso tra il 1901/08 le principali categorie professionali che venivano ricoperte dai
immigrati erano; tagliapietre, barbieri, calzolai, marinai commerciante, scalpellini. Questo accade anche
nella biografia di Sacco e Vanzetti dove uno era pescivendolo e l’altro calzolaio. Le donne svolgono lavori
come sarte, cucitrici. Le condizioni salatarie ma anche di lavoro delle donne sono sempre inferiori rispetto
agli uomini, mai paritarie. In genere i migranti italiani o rimpatriavano immediatamente, o un espatrio
momentaneo. Sono spesso costretti a vivere in baracche e case assolutamente fatiscenti come racconta
questo volume fotografico (che non ricordo come si chiama, di un certo Bruno).
Gli italiani erano legati alla mafia e per questo erano considerati ben lontani da accettare una nuova
cittadinanza. Veniva considerati inadatti alla vita Americana.
Vediamo anche la forte difficoltà di Nicola Sacco, e la sua difficoltà nel parlare la lingua nonostante provi a
studiare l’inglese tanto che ad un certo punto si rassegna e ammette di non saper parlare. Vanzetti invece si
ostina ed è determinato nello studio dell’inglese.
Sacco e Vanzetti sono l’emblema della vicenda migratoria, che da due semplici lavoratori diventano un
simbolo di un caso giudiziario. Saranno riconosciuti come innocenti solo 50 anni dopo la loro morte per
condanna, anche grazie al film stesso.
Ancora prima di Sacco e Vanzetti, a Boston ci sono storie di linciaggi a cui vengono sottoposti gli italiani, in
modo particolare il caso dei fratelli Di Fatta in Tallulah Louisiana.
Rosina Gioiosa Trubia è una cantante che cerca di cantare ‘emigrazione in “Sta terra nun fa pi mia”; è stato
addirittura trovato un archivio di canti rivolti agli immigrati. Racconta un mercato di lavoro difficile che

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delude chi decde di andare in America e decide di tornare in patria. Anche Guccini canta di questa vicenza
immaginando della storia migratoria di un fratello del nonno.
Guccini dedica un album ”Amerigo” all’interno del quale c’è una ballata dedicata ad Amerigo un fratello di
suo nonno che ha espatriato in America nel 1912 che dopo alcuni decenni rientra stanco e deluso
dall’America. Guccini racconta di quella terra completamente opposta rispetto alle pretese iniziali.
In America avveniva il “linciaggio” nei confronti degli stranieri tra cui neri e italiani, centinaia dei 400 mila
linciaggi effettuati dal 1880 al 1930, interessano la popolazione italiana -> linciaggio De Fatta.

Caso di New Orleans -> dopo l’uccisione di un poliziotto americano si crea una caccia agli italiani, giudicati
innocenti ma si pensa che non sia stato svolto regolarmente e si crea un comitato vendicatore con folla
numerosa che li preleva dal carcere e si batte contro di loro uccidendoli.
.

Fa vedere il precipitare di Salsedo, per poi essere ritrovato cadavere all’alba del 3 maggio 1920. Muore in
circostanze misteriose. La tesi della polizia è che si sia suicidato, quella degli anarchici è che sia stato ucciso.
I due quella sera si trovano a Boston solo perché uno dei due sarebbe tornato a casa e l’altro lo voleva salutare
e nel frattempo liverarsi del materiale propagandistico
08/11
Il primo film sonoro è del 1927 “The Jazz singer” è non è un totalmente parlato. A causa della difficoltà di
sincronizzazione veniva utilizzato un grammofono. Solo successivamente viene utilizzato un movieton. 1930
primo film sonoro in Italia. Tutto ciò spiega perché questi pochi filmati di Sacco e Vanzetti sono muti
, che sono poi quelli inseriti nel film.
Bartolomeo Vanzetti Villafalletto, 11 giugno 1888di origini piemontesi nasce in provincia di Cuneo; Sacco di
origine pugliese Torremaggiore, 22 aprile 1891 nasce in provincia di foggia. Si imbarcano nel 1908. Emigrano
entrambi verso il nuovo mondo più per inseguire il mito dell’America, non tanto per ragioni economiche, di
grande povertà.
Incontrano difficoltà legate alla lingua, è proprio Vanzetti che nel 1911 descrive in una lettera ad una sorella
dei suoi patimenti in terra straniera e focalizza l’attenzione sulla difficoltà linguistica e dunque nel non sapere
l’inglese. Vanzetti affronta la lingua, studia, con insistenza e indeterminazione. Sacco invece rinuncia subito
davanti ai primi ostacoli della lingua.
Come abbiamo già detto gli immigrati dovevano accontentarsi delle abitazioni a disposizione: piccole stanzette,
ammassati con persone, e a volte con letti affittabili a ora.
Vanzetti prima di fare il pescivendolo fa tantissimi lavori, e questa è una sorta di evoluzione, perché con questo
mestiere riesce ad ottenere una sua autonomia e indipendenza ed è comunque una conquista perché per
svolgere tale lavoro acquista con i suoi soldi un carretto e un coltello.
Ugualmente Sacco prima va l’acquaiolo (distribuire l’acqua), poi in una fabbrica di scarpe e infine assunto
come calzolaio specializzato. Alla fine degli anni 10 prendono parte a diverse attività sindacali, scioperi,
iniziative finalizzate al migliorare le condizioni salariali: saliari migliori e più giusti, condizioni di lavoro più
umane, riduzione delle ore di lavoro; sono lotte che vedono uniti tutti gli operai del tempo senza distinzioni di
professione, genere, etnia. E’ anche per questa partecipazione che Sacco e Vanzetti divengono dei sorvegliati
dello stato.
Nel 1917 c’è anche la Rivoluzione russa e tutto questo fomenta il clima di paura e timore antibolscevico; paura
dei rossi, anarchici, sovversivi.
Quando scoppia la prima guerra mondiale Sacco e Vanzetti non rimpatriano per servire il paese. Così come non
entrano a far parte dell’esercito statunitense; decidono di fuggire in Messico. Nel frattempo si erano conosciuti
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alla “Cronaca Sovversiva” giornale fondato nel Vermont da Luigi Galleanu, e lì insieme avevano deciso di
fuggire in Messico per poi tornare. Al loro rientro trovano il Paese completamente cambiato, il paese
dell’intolerance, dove vige il clima rovente del raid, razzie, bombe, attentati, intimidatori.
Nell’abitazione della famiglia Palmer viene trovato un volantino propagandistico e di questo viene accusato
Andrea Salsedo e il compagno Roberto Elia. I due vengono torturati e arrestati (Elia portato in segreto in Italia).
Dopo giorni il corpo di Salsedo viene trovato sfracellato sull’asfalto dopo una caduta dal terzo piano. La polizia
sostiene suicidio mentre i compagni anarchici sostengono omicidio. Da qui i gruppi anarchici cercano di vivere
nel silenzio per non dare falsi sospetti, e lo stesso fa il gruppo anarchico bostoniano di cui facevano parte Sacco
e Vanzetti. I due una notte infatti cercano di sbarazzarsi del materiale propagandistico in loro possesso e della
armi da fuoco delle quali non possedevano il porto d’armi. I due vengono incastrati e accusati dell’omicidio di
Andrea Salsedo e di due precedenti rapine a mano armata sfociate in duplice omicidio (Berardelli e
Parmenter). Una volta sotto interrogatorio, nonostante la consapevolezza della loro innocenza e di non voler
usare le armi ma solo disfarsene, i due dicono di non essere anarchici. Il processo inizia il 31/05/1921 a
Dedham nella contea di Norfolf a sud di Boston.
Dopo 30 giorni di dibattiti, 14 luglio 1921 vengono considerati colpevoli; numerosi sono i ricorsi di appello,
nasce il comitato di difesa. Molte iniziative partono dal 24 dicembre 1921 vengono sempre più respinte e
rigettate, non serve a nulla neanche la confessione a metà del 1926 del detenuto Celestino Madeiros che
accerta la responsabilità di una banda criminale per quanto riguarda la rapina. Il responso non cambia e nella
notte del 3 agosto 1927 si conferma la condanna a morte di Sacco e Vanzetti. Vengono risparmiati il 10 agosto
e poi giustiziati nella notte tra il22 e il 23 agosto. Prima Sacco e poi Vanzetti. Sacco dà l’addio alla famiglia e
amici; “addio mamma, viva l’anarchia”. Vanzetti nel vedere giungere le guardie capisce che sacco è già morto:
“desidero riaffermare che io sono innocente di tutti i crimini; signori vi perdono per tutto il male che mi avete
fatto. Addio signori”.
Montaldo fa pronunciare Viva l’anarchia a sacco.
La prima volta che il film venne proiettato in televisione, fu censurato proprio “Viva l’anarchia”.
Quando uscì il film Montaldo stesso venne accolto freddamente e accusato anche lui di essere comunista e
blablabla soprattutto perché portavoce della storia di due anarchici attraverso il film. Montaldo, trovandosi a
Genova in un teatro assiste alla Messinscena di Sacco e Vanzetti, che più che altro si concentra sulla vicenda
familiare e non sull’aspetto giudiziario. Montaldo si appassiona alla vicenda che prima di allora non conosceva,
e inizia a parlare e a documentarsi, grazie anche a Fabrizio Onofri che gli fornisce i pochi filmati dell’epoca
pervenuti, con il quale butta giù anche il copione. L’avere un produttore disposto a produrre questo film non è
stato facile, molti anche perché molti non conoscevano la storia. Fin quando non si imbatte in Arrigo Colombo,
di origine ebraica immigrato in America. Questo film è realizzato in gran parte in interni, come il tribunale
(ricostruito a cinecittà a Roma come quello Bostoniano), il carcere (Zagabria molto simile per planimetria a
quello di Boston); ci sono alcune riprese di esterne come l’arresto (Roma), la rapina e l’omicidio, altri esterni
sono ambientati a Dublino. Montaldo rinuncia subito all’idea di girare il film a Boston perché anni 70 (anni del
film) non è più la Boston degli anni 20 (anni della vicenda). Sceglie Dublino perché fa un esperimento: mostra
delle foto di Dublino ad un taxista di Boston che le scambia appunto per Boston.
Gian Maria Volontè (Vanzetti) aveva interpretato sia sacco che Vanzetti. (Vanzetti cinema, teatro sacco.
Lui ha sempre interpretato personaggi con grande concezione politica, in cui credeva molto e considerava
maggiormente significativi. Sosteneva infatti che fare l’attore era una missione soprattutto per contribuire alla
ricerca di verità e giustizia.
Se la produzione è stata faticosa, la distribuzione lo è stata ancora di più già dal giorno dopo della prima uscita
in sala del film, dove Montaldo venne accusato di aver creato un film troppo politico e ideologizzato.
Gian Maria Volontè muore nel 1994 in Grecia, dove stava registrando un film “Lo sguardo di Ulisse”.
Lo stesso è accaduto in qualche modo per Riccardo Cucciolla che Montaldo ha voluto ad ogni costo nel ruolo di
Sacco e lui se lo sentiva cucito addosso come personaggio; entrambi pugliesi ed entrambi conoscono il dover
lasciare il paese per lavorare (Cucciolla era a contatto con immigrati, non immigrò lui). Cucciolla aveva già

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lavorato nel film “Ad ogni costo” di Montaldo. Montaldo aveva già provato l’attore Yves Montand (?) per il
ruolo di Sacco ma secondo lui non “funzionava” motivo per cui aveva richiesto Sacco.
Cucciolla racconta come Montaldo fosse immensamente umano; così come Cucciolla e Volontè erano molto
legati.
Rosanna Fratello: moglie di Sacco; Armenia Balducci: sorella di Vanzetti; Sergio Fantoni: console italiano a
Boston Giuseppe Androven; ci sono molti interpreti Hollywoodiani.
Il montatore Nino Baragli: autore del montaggio: dopo le varie riprese impresse su pellicola e si incollano le
inquadrature.
Già dall’inizio del film si vede come tutto è accusatorio nei confronti d Sacco e Vanzetti.
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Silvano Ippoliti direttore della fotografia, è una figura importante per la scelta cromatica del film. Il film è
colori ma ci sono 3 momenti in bianco e nero posti da una scelta ben precisa. Montaldo dice che in realtà lui
avrebbe voluto girare tutto il film in bianco e nero, ma la dittatura del mercato gli impose il colore. Si permise
di utilizzare il bianco in nero per dare l’idea al pubblico di uscire dalla visione di un film di quei tempi, un film
inchiesta. Fa quindi dei compromessi con la produzione che riguardano: il colore, ma anche la linea generale
che assume il film, è un dramma giudiziario-processuale.
I 3 momenti in bianco e nero sono: apertura, intermezzo, chiusura. Questo esperimento è riuscito, tanto che
alcuni spettatori ricordano sbagliando che il film è in bianco e nero e non a colori. In più i 2 momenti
permettono un connubio cine-musicale, perché la musica si inserisce solo quando ci sono i 3 momenti in
bianco e nero. Parte infatti la ballata “Sacco e Vanzetti” dovuta da Ennio Morricone. Fanno di tutto per incarica
la partitura a Joan Baez “Here’s to you Nicola and Bart”. Lei acconsente immediatamente, arriva a Roma,
lavora insieme a Ennio Morricone.
Scrive la ballata ispirandosi alle lettere reali che vengono mandate dai due dal carcere. Questa ballata non è
stai mai troppo approfondita, si ricorsa in particolare solo il ritornello finale.
Il ritornello è diventato con il tempo l’inno contro la pena di morte dei due, e ricorre ogni qualvolta si lotta in
difesa dei diritti civile e contro la pena di morte in generale.
-Il primo inserto è una riproduzione di un tipico Palmer Raid e della Retata avvenuto al circolo dei lavoratori
che corrisponde all’attacco della ballata di Baez; si conclude con l’omicidio di Andrea Salsedo. La prima parte
della ballata è una sorta di preghiera, liturgia (ispirata a Q Lazzarus) ed è dedicata ai perseguitati d’America di
tutto il mondo.
-Il secondo inserto è quello che vediamo nel caso delle proiezione dei filmati muti d’epoca durante le
manifestazione che si mobilitano in tutto il mondo in favore di Nicola e Bart. Si devono soprattutto agli amici e
alla sorella di Vanzetti e alla moglie di Sacco. Vi è quindi la seconda parte della ballata che è ispirata da alcuni
stralci di una lettera che Vanzetti scrive dal Carcere a suo padre “sì padre, sono prigioniero, non avere paura di
parlare del mio crimine ciò di amare i diseredati”.
-Il terzo è il momento in cui i due condannati vengono trasferiti alla sedia elettrica. Si apre con le
manifestazioni, e in voice off di Sacco che scrive al figlio; (lettera meno politicizzata rispetto a quella di
Vanzetti, visto che Sacco la manda al figlio di 6 anni); (la voice off è una voce fuori campo di un personaggio
del film diverso dalla voice over che è una voce che non riguarda un personaggio): “figlio mio sii forte e
conforta tua madre e non sprecare tempo e lacrime, mi perdonino tutti, sarò sempre con voi”. Questa è una
lettera/passaggio di testimone delle sue idee e del verbo anarchico, dove Sacco invita il figlio a portare in alto
le idee contro lui ha combattuto e di stare accanto sempre ai deboli. “Non possono distruggere l’erede giusto”.
In quello che dice Sacco nel finale “verranno distrutti i nostri corpi ma non le nostre idee che rimarranno per i
giovani del futuro”, è lo stesso concetto che esprime Vanzetti nella sua autodifesa rivolta al giudice Thayer. Da
questa requisitoria si dimostra la preparazione rigorosa di Gian Maria Volonté fatta attraverso “il metodo dei 3
quaderni”: in 2 quaderni trascriveva tutte le battute, e nel terzo faceva degli appunti dove annotava tutto,
anche pause, silenzi, chiamato “quaderno spartito”. Volonté studia a lungo anche gli inflessi dialettali
piemontesi, per dare maggiore veridicità al suo personaggio, visto che lui era Milanese.

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Il contributo di Volonté fa addirittura cambiare idea a Montaldo su quanto aveva programmato come fare
continui stacchi per vedere le reazioni dei presenti in tribunale, e altro, invece a decidere di fare questa ripresa
continua è Gian Maria Volonté riguardo appunto la ripresa, i gesti, la voce, le pause, i silenzi e di fatto
Montaldo si convince che la sequenza sarebbe perfetta così. L’esito è emozionante sia per Montaldo che per
gli spettatori; sarebbe bastato un solo chuck, solo che durante la prima ripresa, una delle due guardie dietro i
due, inizia a piangere.
Ai funerali di Sacco e Vanzetti partecipano circa 25.000 persone.
Il 3 settembre 1934 il caso viene considerato volontariamente chiuso, e tutti i reperti vengono distrutti.
Vi sono anche altri canti e ballate in nome della vicenda di Sacco e Vanzetti come:
Alfredo Bascetta: Lacrime e’ cundannati, Lettera a Sacco (P’o figlio suio), E figlie ‘e nisciune, Core nun
chiagnere.
Anche Francesco De Gregori dà un suo contributo nell’album “Il fischio del Vapore”.
Woodie Guthrie dedica a loro una decina di ballate “Ballads of Sacco e Vanzetti” come Red Wine che farà da
colonna sonora al documentario di Sacco e Vanzetti di Peter Miller.
06/12
FASI MIGRATORIE
L’ultima fase migratoria 1946-1973 ha due volti. Una migrazione interna ed esterna. Esterna perché si va verso
l’Europa e si scelgono paesi come la Francia, la Spagna, la Germania. C’è anche una migrazione interna
dell’Italia degli anni 60, dove il nord inizia ad industrializzarsi, diventava il polo/triangolo industriale Milano,
Torino, Genova, verso i quali dal sud (Campania, Calabria, Sicilia principalmente) arrivano grandi flussi
migratori, sono gli anni del miracolo economico; l’Italia si spacca in due.
Coinvolge circa 7 milioni e mezzo di Italiani: Svizzera, Francia, Belgio, Milano, Torino, Genova.
Non è più attraente l’America ma la nuova mecca per gli italiani diventano questi nuovi paesi europei e queste
regioni italiane. Man mano c’è una diminuzione nell’emigrazione verso l’America e gli Stati Uniti che subiscono
una sorta di Black Out in riferimento ai passati flussi migratori. Ad incrementare l’immigrazione verso l’Europa
sono alcuni accordi bilaterali che l’Italia stipula con queste nazioni. Già nel 1946 Italia e Francia si accordano
per il reclutamento di manodopera (minatori) italiana in Francia, anche se la Francia tarda a decollare
industrialmente motivo per cui andavano meno migranti italiani. Fino al 1950 dunque l’emigrazione rurale
risulta controllata per poi essere destinata all’industria e miniera.
Questo almeno fino al 1950 quando esce il film “Il cammino della speranza” di Pietro Gemini che racconta di
un espatrio italo-francese di minatori siciliani, fin quando i minatori non vengono poi spostati sull’ambito
rurale. Quelli del cammino della speranza sono clandestini. Loro erano minatori in Sicilia che per giorni
occuparono la miniera della Solfara per scioperare e non farla chiudere.
La Francia ufficialmente rifiuta i clandestini, ma ufficiosamente li permette. Parallelamente nel 1946 l’Italia
concorda con il Belgio uno scambio di forza lavoro con forniture di carbone che poi si rivelò di natura scadente,
tanto che si rivela un flusso di uomini superiore alla quantità/qualità del carbone. Anche il trattamento degli
italiani fu pessimo sia per le case, ma anche per le condizioni di lavoro.
Nel 1951 si chiedono lavoratori stagionali (minatori); poi solo alcuni di questi accordi furono portati a buon
termine.
LA CATASTROFA
L’8 agosto 1956 avvenne la tragedia di Marcinelle, o meglio conosciuta come la “Catastrofa”, chiamata così da
chi sopravvisse all’esplosione della miniera carbonifera del distretto di Charleroi causando la morte di 262
minatori tra cui 136 italiani, causata da imprudenze, misure protettive scadenti e disorganizzazione.
Questa viene ricordata ogni anno dal Presidente Mattarella e poi ricostruita da Paolo Di Stefano nel libro “La
catastrofea”.
Paolo Di Stefano raccoglie le storie di vari migranti di varie regioni che sono stati coinvolti direttamente o
indirettamente (vedove, figli) nella tragedia, che parlarono con lui mediante vari dialetti. Nelle loro interviste e
nelle loro storie dunque, si rilevano due principali elementi che li accomuna tutti:
1.scelta di espatriare per vivere in migliori condizioni,
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2. Mancato pentimento di aver emigrato nonostante la catastrofa e il forte dolore causato da essa, perché la
necessità di andar via era troppo forte.
Una testimonianza che Di Stefano ci porta è quella di un siciliano, Giuseppe, 82 anni, che rievoca il motivo per
cui ha deciso di partire e come è stato possibile spostarsi, parla poi dell’arrivo in Belgio e della sua
sistemazione lì. Poi dice “Con la catastrofa tutto è cambiato”.
A partire dal 1956-57 gli arrivi in Germania decollano sia per la Catastrofa avvenuta in Francia e dunque molti
dirottano in Germania, sia per le nuove tutele promosse dal MEC che adotta una politica degli immigrati
aumentando il reddito ma anche considerandoli cittadini comunitari. Nonostante ciò i rimpatri non sono pochi,
perché: 1. la Germania si trovava abbastanza contro all’immigrazione permanente, ma più che altro favorevole
a “soggiorni provvisori”; 2. Paletti imposti che non permettevano agli immigrati di creare un progetto di vita a
lungo termine.
Concludiamo ripetendo che l’immigrazione fu anche interna all’Italia dalla seconda metà degli anni 40 fino ad
inoltrati anni 70.

IL CAMMINO DELLA SPERANZA- PIETRO GERMI 1950


Nasce a Genova il 14 settembre 1914, si trasferisce a Roma dove studia ai corsi di recitazione. Regista di
“Gioventù perduta” e “In nome della legge”, primo film italiano che parla di mafia. Pietro Germi recita la parte
di un emigrante piemontese nel film di Mario Soldati “Fuga in Francia” interpretando il personaggio Tembien.
Germi incarna anche nel personaggio completamente sé stesso, appare nella terza scena del film, su un treno
insieme ad altri compagni che cercano di varcare clandestinamente la frontiera italo-francese, anche se poi
torna sul protagonista, un criminale del film che parla con il figlioletto ignaro del “ruolo” del padre.
In ogni caso Germi sostiene che seppure ci sappia fare, non è soddisfatto del suo lavoro di attore.
Germi assiste ad un racconto di migranti (I migranti di Bardonecchia), e da lì quei racconti non abbandonano la
sua mente, alimentati dalla lettura del romanzo “Cuore negli abissi” di Nino di Maria. I due successivamente si
incontrano e Di Maria approda nella capitale per collaborare alla sceneggiatura del film. I primi chuck si svolgo
nella Trabia-Tallarita, miniera di Sommatino, poi a Favara nella miniera di Ciavolotta.
Si fa notare nel film i numerosi bambini che urlano e corrono dietro la corriera, questo perché rappresenta uno
dei mezzi di trasporto più importanti per il viaggio migratorio ne “Il Cammino della Speranza”, perché è il
primo mezzo utilizzato nel film. Centrale invece è il viaggio che è presente solo in minima parte e verso la fine
del film.
Vi sono vari riferimenti al neorealismo (anni 40) come il fatto che Quello del cammino della speranza si tratta
di un viaggio molto simile a quello diviso in 6 episodi di Paisà di Roberto Rossellini. Un altro omaggio al
neorealismo è il richiamo di “La Terra trema” di Luchino Visconti poiché si vedono nell’incipit, subito dopo i
titoli di testa, le inquadrature fisse, oppure inquadrature a primo piano, mezze figure, figure intere, ferme,
assorte che raffigurano appunto le mogli, le madri, i figli di coloro che sono giù alla miniera a scioperare. Usa
quindi uno stile profilmico vale a dire un allestimento prima che si azioni la macchina da presa. C’è una fissità,
infatti vediamo le donne vestite con abiti, scialle e foulard in nero che contrastano con il bianco della polvere..
Le scene si succedono con unici stacchi. Ad accentuare lo stato di gravità è la musica grave, il luogo. Gli unici in
movimento sono i poliziotti che si recano sul posto per cercare di smuovere la situazione Oltre a questo
vediamo anche attori presi dalla strada affiancati ad attori professionisti, come coloro che interpretano
Barbara, Saro, Ciccio, Carmelo il ragioniere.
Oltre al neorealismo sono presenti anche i generi hollywoodiani, mescolando anche in questa pellicola
western, drama, commedia, ecc.
Ripetiamo che c’è un’ispirazione al film “La terra trema”, che narra delle donne Valastro, ed è un film ispirato
ai Malavoglia di Giovanni Verga. Film ispirato al romanzo I Malavoglia di Giovanni Verga. Una famiglia di Aci
Trezza cerca di uscire dalla povertà mettendosi in proprio, ma deve tornare sui propri passi dopo una tempesta
in mare.
L’ossatura principale del film è quella di un road movie (genere tipico americano), vale a dire film su strada.

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Un altro genere che si sviluppa è il noir o crime story, che si verifica quando Ciccio il ragioniere tenta di
scappare alla stazione Termini di Roma, Vanni lo vede e si mette in fuga ma Ciccio lo segnala ai due poliziotti
per trovare un escamotage e il tutto sfocia in una sparatoria. C’è poi la scena di una coppia che viene separata
in seguito alla confusione e la ragazza, Lorenza rimane da sola a girovagare per le strade di Roma e tra un
ufficio e un altro, dove nessuno si prende la responsabilità di aiutarla.
Infine la scena drammatica dei migranti che dopo essere stati arrestati e rilasciati, ricevono il “foglio” per il
rimpatrio in Sicilia. Alcuni decidono di tronare e altri di emigrare clandestinamente. Nel frattempo nasce
rivalità tra Saro (leader del gruppo e vedovo con tre figli) e Vanni, poiché il primo si è innamorato di Barbara,
già compagna di Vanni. La vicenda d’amore termina con un duello sulla neve pervia di coltelli.
07/12
Germi è il regista neorealista atipico che come Rossellini, Visconti, De Sica tratta argomenti sociali ma lo fa
ricorrendo a generi Hollywoodiani come il regista De Santis regista di “Riso amaro” E’ spinto quindi da questa
necessità di raccontare la verità, sfruttamento, difficoltà di riemergere dalla guerra. Germi dimostra di saper
usare uno stile estremamente raffinato ma estremamente eloquente, e lo dimostra il fatto che la
combinazione musica+riprese dica tutto senza nessun dialogo di parole. La terza fonte a cui Germi si ispira
dopo i migranti di Bardonecchia e dopo il romanzo di Nino di Maria, un’altra fonte è “Furore” di John
Steinbeck. Questa è sia una fonte letteraria che cinematografica libro (1930) e film (1940) realizzato da John
Ford. Il romanza narra dell’esodo della famiglia contadini di Tom Joad che emigra dall’Oklahoma dopola
Grande Depressione. Jhon Ford decide di fare questa trasposizione cinematografica perché anche lui è figlio di
migrante. Furore rappresenta un testo essenziale di riferimento sia per Germi che per la critica. Furore narra di
povera gente che lascia la propria terra costretta a viaggiare dall’Oklahoma alla California.
Gli okies (contadini dell’Oklahoma) e terroni sono due termini dispregiativi, legati alla provenienza contadina.
Entrambi abbandonano la propria terra e casa e portano via le loro poche cose.
La famiglia Joad percorre 200.000 miglia per arrivare in California, che poi comunque si rivela incapace di
saziare le migliaia di contadini immigrati li. Appena arrivano alloggiano in una baracca, impattano con la realtà
rendendosi subito conto di quanta miseria e fame sono circondati, non c’è lavoro. Il regista descrive questa
scena in cui ci sono tanti bambini che digiunano da giorni, che circondano la mamma Joad che accende la
fiamma ma non riesce a sfamare questi bambini, ma a malapena i suoi.
Come da questo film Germi ripropone la partenza, l’ammasso sui mezzi per la partenza, ma anche i primi piani,
gli sguardi. Sia in Ford che in Germi succede che gli immigrati prendono il lavoro dei contadini che sono in
sciopero, e per questo vengono considerati traditori (anche se non sono consapevoli). Identici sono i momenti
del ballo, delle risse, degli accoppiamenti.
L’arrivo in Francia: da Germi arrivano a piedi in maniera clandestina.
1000 lire per uomini, 500 per donne + vitto e alloggio. Il gruppo accetta ed entra nel capanno dormitorio di
questa azienda agricola, dove incontrano un gruppo di lavoro settentrionale. Sono comunque nella stessa
condizione, entrambi i gruppi espatriati ed entrambi “traditori” inconsapevoli. Questa rivalità tra migranti di
provenienza regionale differente si gioca sia su scambio di battute ma anche attraverso la musica. Suonano e
cantano insieme con chitarra e fisarmonica. Una dissolvenza incrociata scandisce il passaggio dall’interno
all’esterno, dal pomeriggio alla notte, al momento del pasto in cui mangiano e al momento del ballo.
E’ qui che inserisce l’unico intermezzo lirico della pellicola avvalendosi del commento musicale di Carlo
Rustichelli. Segue poi Casta Diva di Vincenzo Bellini che accompagna i neosposini che dopo la celebrazione di
nozze riescono a stare da soli. La colonna sonora è comunque determinata da Vitti ‘na crozza.
John Ford chiude furore con un monologo preannunciato all’inizio del film, dove Tom Joad dopo aver
commesso per la seconda volta omicidio e nel salutare la mamma pronuncia queste parole: io non morirò mai
ovunque ci sia un uomo che soffre, che combatte, che lavora per i suoi figli, che vuole migliorare. Tom Joad
quindi scappa. (parole di Tom Joad pag 116). Tali parole vengono riprese nella ballata “The Ghost of Tom Joad”
di Bruce Springsteen. Tom Guthrie è invece l’autore di una canzone “Joan Toad” che in 18 strofe riassume la
trama del libro. E se il fantasma di Tom Joad è ovunque per coloro che lotta, allora il suo fantasma aleggia

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anche nel cammino della speranza.
Anche in vitti ‘na crozza si parla di uno scheletro posto su un cannone che serve a proteggere i minatori,
antenati dei protagonisti di Germi, morti senza sacramenti religiosi e senza degna sepoltura e cerimonia. Al
primo ascolto Germi se ne innamora. Il verso più significativo è quello dove il teschio della versione originale
viene sostituito dalla chitarra, che posta ancora accanto ad un cannone, viene utilizzata dai migranti ogni
qualvolta necessitano di darsi forza. Rappresenta un canto di battaglia intonato quando devono lasciare il
paese o quando al confine devono continuare a piedi.
Il finale è controverso. Riporta il tema della clandestinità ufficiosa rispetto ad una serie di provvedimenti che
vorrebbero combattere l’immigrazione clandestina.
Sciascia dice che nel Cammino della Speranza è la legge che “viene meno”, è lo Stato che cerca di prepararsi al
miracolo economico. In verità quindi la Francia favorisce l’immigrazione clandestina, le guardie di frontiera si
fanno facilmente convincere da un sorriso dei bambini. Addirittura all’epoca c’erano delle agenzie francesi che
fornivano l’itinerario più opportuno per stare lontani dalla dogana. Dal 1946 al 1950 entrano in Francia
all’incirca 150.000 lavoratori italiani tra cui il 50% clandestinamente, dati che non mutano neanche negli anni
seguenti secondo l’ONI (office national d’immigration). Si prova anche a sanare la situazione ma l’immigrazione
clandestina continua traghettando attraverso le Alpi.
Il finale viene definito anche controverso anche perché giudicato inverosimile, buonista e sentimentale, e
Germi quasi litigò anche con Federico Fellini che lo accusò di questo. Per discolparsi Germi dice che ritiene che
è improbabile che una guardia permetti ciò, anche se in realtà sappiamo che è plausibile. Definiamo la sua
quindi un’intuizione involontaria, perché con questo finale voleva dare il senso della speranza come dice anche
il titolo che poi non è poi così lontana dalla realtà.
In più mette anche coraggio, poiché si assume la piena responsabilità inserendo un commento fuori campo
con la sua propria voce. Ribadisce in voice off che i confini e le frontiere sono invisibili nel cuore della gente.
Germi apre il finale alla fraternità e solidarietà universale, grazie alla quale uno scambio di sorrisi, mani tese,
illuminano di speranza il cammino dei suoi minatori e di ogni emigrante.
13/12 I MAGLIARI- FRANCESCO ROSI 1959
In questo periodo siamo nel pieno dell’emigrazione esterna italiana, condizionata anche dalla Catastrofa che
dirotta dalla Francia alla Germania, cambiando anche il tipo di manodopera da rurale a industriale.
Così una delle mete più ambite diventa la Germania, scelta principalmente 1.perché il 25 marzo del 1957 nasce
la fondazione del MEC (mercato comune europeo), 2. Catastrofa in Belgio. All’indomani della guerra la
Germania perde la sua capacità di attrazione ma poi a metà degli anni 50 riprende a svilupparsi. Nel 1955 viene
creato un accordo per il reclutamento di manodopera e a Verona e Napoli vengono aperti 2 uffici per
selezionare personale. E’ una meta molto ambita a partire dal 1955, anche in questo caso viene firmato questo
accordo bilaterale tra Germania e Italia. Il biennio di svolta è 1955-57. Cambia anche lo stato del lavoratore,
che diventa cittadino comunitario, sempre grazie al MEC. Non vengono considerati quindi degli stranieri, ma
cittadini di unica grande comunità. Tutto questo è però causa di molte contraddizioni, in particolare la
Germania è favorevole a cogliere esuli italiani e a concedere soggiorni prolungati ma non permanente.
(COMUNQUE TUTTO CIO E’ GIA’ SCRITTO NELLA LEZIONE DEL 6/12). Ciò che promuove la Germania è il
modello rotatorio, che vede quindi la Germania come momentanea, come un flusso di andata e poi ritorno,
tanto che non si definisce paese d’immigrazione. Il rimpatrio è sicuramente facilitato anche dalla vicinanza
geografica. In questa situazione in cui il processo migratorio è cambiato, si può almeno contare in migliori
redditi, più tutele, maggiore possibilità di ricongiungimento familiare.
Molti non hanno un progetto di vita all’estero.
In quel periodo ci sono due categorie di migranti italiani su cui Francesco Rosi si concentra.
Da un lato ci sono I MAGLIARI, vale a dire i venditori di stoffe rubate, contraffate; dall’altro i Gastarbeiter, vale
a dire gli operai ospiti. Queste categorie sono rappresentate da Alberto Sordi (Totonno, unico romano poiché i
magliari sono di solito napoletani), renato salvatore-mario balducci che è il gastarbeiter. In entrambi i casi è
necessario racimolare una cifra necessaria per intraprendere il viaggio, ma in particolare i magliari devono

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disporre di una cifra da investire nelle stoffe. Viaggiano sugli stessi treni entrambi le categorie, anche se sono
treni disposti per i Gastarbeiter. Giunti alla meta gli emigranti confidano nella rete di parenti che si trovano già
li nella meta. I magliari in particolare dovrebbero avere delle conoscenze di grossisti e colleghi insieme ai quali
esercitare il loro mestiere, che si esercita anche facendo la bella vita, frequentando i locali notturni,
indossando abiti eleganti, avendo auto di lusso. Il passo successivo dei magliari una volta arrivati lì è proprio
mettersi nelle condizioni estetiche per essere credibili e affidabili. Abiti e macchine di lusso contribuiscono
senza dubbio al loro mestiere, ma soprattutto a coprire il fatto che la loro merce è rubata, cercando quindi di
essere affidabili. Tutte queste considerazioni derivano da un libro di Anselmo e Marcello- “Storia di Magliari-
mestieranti napoletani sulle strade d’Europa in cui i due intervistano proprio veri magliari. Uno di questi
afferma proprio che per il mestiere di magliaro ci voleva l’eleganza; chi fa questo mestiere deve essere
sbarbato, un gentiluomo, deve portare i mocassini.
Un magliaro e uno che si arrangia per portare avanti la vita e la porta avanti senza preoccupazione essendo
senza moralità e questa è la rappresentazione di un napoletano medio, un attore nato. (Morandini).
La definizione di magliaro nel dizionario è invece quella di sostantivo maschile, napoletano, che deriva da
maglia, termine con cui si indica il venditore di abiti e tessuti (ma anche altri tipi di merci come fa Totonno
stesso alla locandiera ad esempio.), presentandolo come un affare vantaggioso, spesso alludendo ad una
provenienza illecita della merce che ne avrebbe giustificato il basso prezzo e la bassezza di qualità.- un
truffatore, un imbroglione.
Il termine di origine partenopea si riferisce dunque specificatamente ai Napoletani.
Sono capaci quindi di imbrogliare dietro un determinato status sociale, in questo senso la differenza tra
Gastarbeiter e Magliari è evidente. Il lavoratore faticava. Il rapporto tra magliari e lavoratori non era proprio
buono, perché i lavoratori lavoravano sempre e i magliari un giorno si e 2 no e guadagnavano di più e con un
prezzo vario mentre il lavoratore guadagnava ogni giorno ma sempre uguale e poco. E i Magliari quando non
lavoravano andavano in giro a fare la bella vita.
Proprio per questo Francesco Rosi decide di girare questo film su queste due categorie.
Rosi è nato a Napoli nel 1922 e morto nel 2015 a 92 anni. E’ un autore molto noto per film come le mani nelle
città, come il film dedicato al delitto Mattei, si definisce un regista di impegno politico e civile come Montaldo.
In un’intervista rilascia di aver scelto di aver registrato questo film sui Magliari quando ormai il fenomeno dei
magliari iniziava a scemare. Nel 59 (anno di uscita del film) infatti i magliari erano un po’ in discesa. L’anno
prima aveva esordito con il film “La sfida” che sarebbe la sfida lanciata ad un’organizzazione commerciale semi
illegale del mercato ortofruttifico napoletano che è in mano alla camorra. E un contrabbandiere di sigarette
lancia la sfida al boss della camorra che cerca di riprendere in mano l’attività in modo semi legale. E’ la stessa
sfida che totonno lancia nel film, portando via con se ad Amburgo tutti i magliari, sottraendoli dal boss della
mafia che è Don Raffaele. Il problema è che Totonno non ha la stoffa del leader del gruppo.
Rispetto a “La sfida”, prodotto da Franco Cristaldi, decide di produrre anche i Magliari.
Suso Cecchi D’Amico è la sceneggiatrice dei Magliari e di Rocco e i suoi fratelli (foto con lei, Rosi e Luchino
Visconti). D’Amico e Rosi buttano giù un soggetto molto dettagliato. Con soggetto si intende la prima idea, e in
questo caso di 100 pagine. Rosi e D’amico decidono dopo aver fatto ciò di fare un’indagine sul campo, proprio
in Germania, per immergersi, per vedere come stanno le cose. Già dalla sfida Rosi sperimentò l’andata sul
campo, poiché essa cambiava completamente il suo modo di essere.
Udiamo anche la colonna sonora, canti tradizionali insieme a musicalità più moerne di importazione
americana, tango, jazz, pop. Nel passaggio successivo c’è il passaggio alla sceneggiatura (decoupage tecnico)
cioè il vero e proprio copione del film (un foglio A4, a destra viene scritta la colonna visiva cioè come vestirsi,
come si muovono, come vengono inquadrati), mentre la colonna di sinistra è la colonna acustica con dialoghi,
rumori ambientali e tutti gli elementi sonori. E’ un copione estremamente dettagliato. Il film è fatto di tante
inquadrature, si divide spazio interno giorno, interno notte, stacchi. La sceneggiatura è un altro enorme lavoro
che viene fatto. Questo è il copione più fedele rispetto a ciò che poi verrà realizzato. Può anche non esistere
una sceneggiatura.

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La sceneggiatura di questo film ha inizialmente un titolo provvisorio “Un treno per l’Italia”, poi “fatica di
vivere” e infine quello decisivo. Le riprese incontrano molte difficoltà dovute allo scontro tra la troupe di attori
e i veri magliari che non vedono di buon occhio un film che li riguarda. Inizialmente tra i sopraluoghi fatti la
scelta sarebbe dovuta cadere su Francoforte poiché Rosi se ne innamora. Cambia poi idea anche inseguito ai 2
fatti di cronaca pubblicati nell’aprile 1959 che riguardano ciò che segue sotto. Francoforte sostituita da
Hannover. Volevano appunto svolgere il film a Francoforte perché lo studio in presenza era stato svolto li
aiutato dal capo dei magliari ma poi fu proprio lui ha suggerire a Cecchi D’Amico di cambiare luogo. Suso
accettò il consiglio ma si porto via ad Amburgo un certo numero di magliari (di Francoforte) che aveva scelto
come attori, ma questi si scontrarono con i magliari del posto, che fecero irruzione a mano armata. I magliari
non vedono di buon occhio che vengono riprese le loro cose e i loro segreti. L’arrivo in Germania della troupe
ha portato turbamenti anche nell’ambiente napoletano nelle grandi tedesche, ma sono turbamenti che
compaiono e scompaiono. La difficoltà del set dei magliari è quindi questa principalmente. Le pressioni sono
tante e Rosi rinuncia a Francoforte che aveva previsto per la prima parte del film e la sostituisce con Hannover.
Per smorzare i toni decide poi di girare tutto il resto ad Amburgo (tranne la prima parte appunto). Non a caso
decide di raccontare tutta la prima parte agli interni, forse perché Hannover non si adeguava molto come
Francoforte. Ad Amburgo invece si vedono gli esterni, con sfondo la storia d’amore tra Mario e Paula. E si vede
quindi questo stacco tra interno ed esterno. C’è questa ripresa di questo spazio, vuoto, senza personaggi che
determina il passaggio dalla prima alla seconda parte: c’è questo scatto della macchina da presa sinistra-
destra, i binari con un treno in velocità, la scritta della stazione Hannover.
Sempre nella cronaca del 1959 Rosi dice che non vuole svelare i segreti dei magliari, ma solo confrontarli con
un altro tipo di lavoratore (gli operai), e mostrare loro che lasciano tutto ed emigrano per poi scoprire di non
aver trovato ciò che speravano e torna a casa; mentre i magliari escono vittoriosi dall’emigrazione.
In realtà nel film neanche i magliari ne escono vittoriosi; anche Balducci da operaio finisce nel giro dei magliari,
e rimane poi anche trappola dell’innamorata Paula Mayer.
Il film si apre su Mario Balducci e si chiude circolarmente sempre su di lui. Si apre in aria sconsolata, triste che
sembra che stia per rimpatriare. Vediamo in dettaglio le sue gambe e le sue scarpe calpestare una serie di
nomi di città scritti a terra. Si ferma su Roma e la mano accarezza quei km che lo separano dall’Italia, anche se
in realtà rimpatrierà dopo, alla fine del film, quando lo vediamo ripreso di spalle in figura intera dopo aver dato
l’addio a Paula. Mario diciamo che è lo strano del gruppo dei magliari, probabilmente anche per la sua
provenienza insolita, non romano, non napoletano ma Toscano, di Grosseto. Resta sempre un po’ fuori dal
coro tranne quando deve picchiare qualcuno in difesa di Totonno. Alla fine anche quando decide di rimpatriare
per lui non c’è un vero e proprio riscatto morale, resta quell’uomo senza qualità che Rosi ha descritto per tutto
il film, una sorta di antieroe.
All’inizio si vede lui che entra in questo ristorante di cibo italiano, sperando di trovare amici, ma viene già
trattato da immigrato italiano, urla e attira l’attenzione dei magliari che si trovano lì, sembra felice di essere
aiutato ma non sa che lo stanno incastrando, perché si vede poi il furto del passaporto da parte di Totonno che
evita la notte in commissariato ma che spetterà a Balducci. In realtà per interpretare Balducci aveva pensato
ad un altro attore cioè Marcello Mastroianni m lui era già impegnato in La dolce vita di Fellini. Renato Salvatori
fu bravissimo ugualmente, iniziò una grande carriera che lo portò a recitare in Rocco e i suoi fratelli. I magliari
è un’anticipazione de La dolce vita di Fellini, e in qualche modo ci sono altri riferimenti a film di Fellini cioè I
vitelloni e Il bidone. I magliari infatti non sono altro che bidonisti, dice Rosi, che sono truffatori che rifilano
bidoni alla gente per appunto arrangiarsi a vivere.
Con dolce vita si intende comunque amara vita, il disagio esistenziale, la difficoltà di sopravvivere.
Vitelloni è un termine che allude a ragazzoni di provincia che non sono mai cresciuti, dei nullafacenti; Alberto
Sordi fu uno dei vitelloni.
Alberto Sordi è stato criticato perché sosteneva che il suo ruolo non era adatto a lui.
Rosi invece non d’accordo con queste critiche, ha sempre voluto Sordi ed è stato contento di come lui ha
lavorato. Non lo sceglie solo perché attore di successo, ma perché è perfetta l’equazione tra mattatore e

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magliaro. Sordi riesce perfettamente ad essere l’attore che finge, l’attore che fa l’attore nel disegnare il suo
ruolo di truffare.
Balducci trova Totonno fuori dal commissariato, lo insulta un po’ e poi si lamenta un po’ sulla sua esperienza
fallimentare di operaio, ma non trova un conforto e una spalla su cui piangere, ma Totonno, con suo fare
cinico gli spiega il suo mestiere, che poi cerca di insegnarli, facendolo assistere alla truffa della vedova.
Balducci dice che se ogni giorno devi inventare una storia lui non è capace a ciò. Sordi è quindi perfetto in
questo ruolo. Venne criticato perché esagera nella sua recitazione, per accattivare gli spettatore, per
compiacere, che squilibra il film, che tira la coperta dalla sua parte, che sfugge di mano al regista ma Rosi
invece lo difende. E’ giusto che sia apparso estroso e simpatico, i magliari sono dei simpatici imbroglioni. Le
storie inventate per truffare sono storie inventate da un vero magliaro, un uomo di Secondigliano, Napoli.
Sordi, rappresenta perfettamente in senso linguistico, di espressioni storpiate tedesche, le usa perfettamente,
insieme a questa invenzione caricaturale. E’ segno della sua arte, quello che conta è mentire, dissimulare la
propria disonestà. E’ rivelante come personaggio ma fallisce poi come leader del gruppo. Come vedremo poi
anche nella commedia italiana, di propongono personaggi che falliscono, personaggi che falliscono a casa della
loro mitomania, che cercano di riuscire a fare tutto, ma poi non riescono a ciò che ambiscono. Al gruppo che
Totonno segue non ne va bene una, non si sentono difesi da lui, infatti poi richiameranno Don Raffaele, il boss
mafioso, torna al centro della scena, espellendo dalla scena Totonno, difeso e voluto solo da Balducci. Totonno
effettivamente va via ma non esce di scena completamente, ma fa un monologo finale in macchina (che
propone proprio lui a Rosi).
Questo è il finale di Totonno insieme al rimpatrio di Balducci. L’unico finale vittorioso è quello di Paula Mayer,
che non accetta di seguire Balducci perché non vuole rivivere la miseria del suo passato essendo nata in uno
dei quartieri più brutti di Amburgo, che poi durante la guerra hanno portato a prostituirla. Rimane nel presente
ancorata al ricco marito Mayer, che ha proprio sposato per i soldi e gli agi. Belinda Lee viene scelta da Rosi
quando la sceneggiatura ormai era stata conclusa. Inizialmente non aveva pensato a lei come attrice, una volta
a Parigi la vide, le parlò e le parlò del film. Inizialmente era rigida durante la ripresa del film, ma poi si sciolse e
Rosi stesso si affezionò al suo personaggio e a come Belinda Lee l’interpretò.
Con I magliari e con il cammino della speranza abbiamo finito di affrontare l’emigrazione italiana esterna. Nei
Magliari la musica ha lo scopo principale di delineare il contesto sociale e ge0grafico in cui ci si muove, vale a
dire night club, tabarin, locali notturno, balere, e dei ristoranti avvolti maggiormente da musica leggere
italiana, ma al contempo si è travolti da jazz, twist, rock, cha cha cha. All’ingresso dei titoli di testa entra il
basso di Piero Piccioni.
Stefano Gallo ed Enrico Pugliese dedicano il libro “senza attraversare le frontiere” (gallo) e Pugliese “Italiana
tra migrazioni internazionali e migrazioni interna”, lui segna il passaggio da attività agricole ad extra agricole, lo
definisce un esodo, una fuga, un espatrio.
Fino al 1973 le percentuali dei partenti sono tantissimi.
ROCCO E I SUOI FRATELLI 1960- LUCHINO VISCONTI
Visconti nasce a Milano nel 1906 da famiglia di origini aristocratiche. Trascorre un’infanzia, adolescenza,
gioventù agiata, anche tra arte e cultura. Grazie al padre si appassiona alla letteratura e al teatro (I Visconti
dispongono di un palco di famiglia al Teatro La Scala), così come alla lirica, al melodramma e alla musica, per la
quale molto deve anche a sua madre provetta pianista. Visconti entra a far parte della redazione Cinema
all’interno della quale si teorizza di un nuovo cinema italiano che si ispira a Giovanni Verga.
Gli alti dati migratori che si anno dagli anni 50 al 70, spingono Visconti a rappresentare nel suo film questa
migrazione che è prettamente giovane, che riguarda persone tra i 15 e i 30 anni.
In genere chi si trasferisce cerca di contare su una propria famiglia privata di famiglia e amici, ma anche cerca
di contare su quegli enti di beneficenza, la chiesa, ecc. curata da Guido Aristarco
In Rocco e i suoi fratelli si vede la famiglia che emigra e va dal figlio/fratello Vincenzo.
Come ci racconta Cecchi D’Amico, Visconti presenta questo soggetto formato da poche parole.
Decide di costruire la storia intorno alla famiglia Parondi e alla boxe che dalla Basilicata si trasferisce a Milano.

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Ha un lato reale, ma un lato romanzesco e tragidrammatico. Parte come un progetto ambizioso. Espone l’idea
per primi a Suso Cecchi D’amico e allo scrittore fiorentino Pratolini. Tutto questo sullo sfondo della migrazione
di allora, Mischiando le tradizioni del sud con la modernità del nord il tutto mischiato ancora una volta alla
boxe. Visconti vuole capire come il fenomeno migratoria ha cambiato l’Italia
In merito alla boxe, Visconti è attratto da essa da tempo, è uno sport che rappresenta un connubio di violenza
e umanità. Vuole utilizzarla per dare aderenza alla finzione e alla realtà. Visconti e Cecchi entrano dentro le
palestre a Roma ed entrano anche in contatto con una famiglia di fratelli che saranno d’ispirazione per i fratelli
Parondi.
Il primo è Vincenzo, che fa per hobby la boxe, ma è un manovale. Tenta poi Simone, ma è un predatore, vuole
tutto subito, sesso, donne, soldi. In fine diventa il campione Rocco che il pugile non lo voleva fare.
Dall’idea iniziale si passa alla stesura del soggetto. Tutto inizia nella primavera del 1958, che seguì poi nel 1960
la pubblicazione ella sceneggiatura originale del film curata da Guido Aristarco (professore Decano di non so
che), per l’editore Cappelli. In questo volume ci sono considerazioni e interviste lasciate dai personaggi.
Suso Cecchi D’Amico dice che nel 58 si assunsero l’incarico per la Vides di scrivere un soggetto molto ampio,
partono da una idea esposta da Visconti e la espongono a Franco Cristaldi produttore della Vides appunto.
Lavorano durante i mesi estivi e poi lo consegnarono a fine agosto, piacque a Cristaldi anche se poi nacquero
delle difficoltà tra Cristaldi e Visconti sulla data di realizzazione del film motivo per cui poi il film passò poi dalla
Vides alla Titanus di Goffredo Lombardo, casa di produzione fondamentale negli anni 60 poiché Goffredo
all’epoca diede opportunità a giovani esordienti di realizzare il proprio film. Sono gli anni in cui escono film
come rocco e i suoi fratelli, la dolce vita (Fellini), l’avventura considerati(Michelangelo Antonioni) i COLOSSAL
D’AUTOR, film d’autore che riescono ad avere una presa sul pubblico, riempiono le sale, fanno successo. Sono
anni in cui esordiscono registi come Bernardo Bertolucci (l’Ultimo tango a Parigi), Bellocchi (effetto notte sul
caso Moro).
Vincenzo, Rocco e Simone dopo meno di un anno trovano tutti lavori, ma ad aver maggior fortuna sul ring è
Simone anche se finisce in un giro sbagliato vale a dire quello del manager Dullio Morini. Lui coinvolge Simone
che conosce Pinuccia e Dory due prostitute. Per mantenere la prima si dedica al contrabbando di sigarette,
trascura la boxe e subisce la prima sconfitta. Tutto questo si intreccia con Imma (di cui è innamorato anche
Rocco), una ragazza Lucana di Simone che lo raggiunge a Milano per sposarlo ma lui la spinge a prostituirsi e
poi lei finirà per suicidarsi. Queste 3 figure confluiranno nell’unica che realmente è presente nel film cioè Nadia
di cui si innamorano sia Rocco che Simone. Nel frattempo Rocco va sempre più su sulla boxe e Simone sempre
più giù che si fa mantenere da Pinuccia, e viene poi indagato per istigazione al suo suicidio; Simone si rovina
sempre di più e Rocco cerca sempre di più di aiutarlo. Rocco però dopo un incontro che gli è fatale, muore,
Seguono Ciro e Vincenzo che continua a disinteressarsi a Simone il quale se ne va con i soldi del fratello,
mentre Luca torna in Lucania con la madre. Spaventato dalla quantità e complessità di questo primo
trattamento Cristaldi cede il testimone e Goffredo Lombardo che lo accetta con entusiasmo. Sosteneva di esser
felice che Visconti volesse trasmettere argomenti mai trattati nel cinema.
Succede anche che per un periodo Suso si allontana perché impegnata nei Magliari e Pratolini (soggettista) si
ritira. Il secondo trattamento viene quindi compiuto da Visconti ed Enrico Medioli uno degli altri sceneggiatori
che entreranno in campo, che prenderà anche il posto momentaneo di Suso Cecchi. Nel secondo trattamento
ci si concentra di più sulla figura di Nadia che incarna le figure di Pinuccia Imma e Dory. CON TRATTAMENTO
INTENDIAMO UNA SORTA DI STESURA, IDEA, SCRITTA CHE POI CAMBIA UN PO’ NELLA REALIZZAZIONE DEL
FILM.
Nel Frattempo si intreccia il momento in cui Vincenzo viene raggiunto a casa Giannelli (famiglia di compaesani
che lo ospitano a Milano) dalla madre insieme a Ciro e Luca mentre Rocco e Simone rimangono in Lucania fin
quando non ricevono una lettera dalla Madre di raggiungerli. Dopo il loro arrivo Vincenzo accoglie Nadia in
fuga dai genitori e qua è inserita la scena della neve in cui Rocco e Simone fanno gli spalatori e baruffano con
un milanese. Il giorno dopo Rosaria li spedisce in palestra dove c’è già Vincenzo. Simone attira l’attenzione di
Cerri, il coach, dove poi Dullio Morini gli offre un’opportunità di lavoro in un bar (bar nel trattamento, poi nel

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In fase post produttiva e pre-distributiva nasce la grana dei “Pafundi”, cioè il cognome che inizialmente si era
dato alla famiglia; era quindi stato utilizzato e scritto questo nei trattamenti, sceneggiatura, ecc. Il cognome
Pafundi era molto diffuso in Lucania, ma un giornalista ipotizzò che sarebbe stato meglio non toccare questo
cognome reale e noto, perché sarebbe potuto essere quello di un vescovo, di un membro delle forze armate,
giudice di cassazione e dunque non contenti di essere associati all’assassinio Simone. Questa ipotesi diventa
poi reale quando Rocco Pafundi, un reale dottore, figlio di un ex procuratore della corte di cassazione che
minaccia di voler procedere per vie legali e puntare all’eliminazione della pellicola se non si provvede a togliere
il suo nome in ogni scena del film. Il problema è che il film è già finito. Per questo motivo cambiano Pafundi in
Parondi. Solitamente, se si tratta di qualche scena si interviene con la modifica della colonna acustica, ma se si
tratta dell’apparizione del cognome in molti oggetti del film come accappatoi, manifesti, maglie. La soluzione
che è stata adottata è stata quella di apporre una banda in nero sugli oggetti che riportavano il cognome e poi
con la tecnologia attuare una sorta di cancellazione che ci dà l’illusione ottica che ci fa leggere Parondi e non
Pafundi.
Per quanto riguarda la distribuzione, il film ha meritato il leone d’oro alla mostra di Venezia, dove viene
presentato in anteprima a settembre nel ’60, ma viene dato solo un premio per la giuria che ha suscitato
polemiche per una mancata premiazione dignitosa. Poco dopo il film entra nel mirino della censura. Sono molti
gli appelli che si scateno per la censura che come abbiamo già detto per la scena dello stupro, dell’assassinio,
dello scazzottamento, ecc.
Viene addirittura minacciata il sequestro del film nei confronti del produttore per diffusione di materiale
osceno. Le copie continuano a circolare, non nelle sale parrocchiali ma nelle sale consuete, e le copie vengono
terminate in un attimo. Se si vuole aggirare l’ipotesi del sequestro si fanno proposte: o il taglio delle sequenze
incriminate, oppure un sistema di oscuramento mentre il film si proietta in sale. Lombardo, ad un certo punto
sfinito, sembra voler accettare, mentre Visconti va su tutte le furie e dice che avrebbe tolto la firma al film se
fossero state applicate censure e oscuramenti. Alla fine neanche il determinato Visconti può farci molto, e
viene applicato un taglio alla pellicola di 30 metri pari a un minuto e 10 secondi totali. Viene poi applicata la
dicitura “Vietato ai minori di 16 anni”.

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