Sei sulla pagina 1di 31

Testo segnalato con targa d’argento al Premio Vallecorsi 2010

Liliana Paganini

AMORE E
CRISANTEMI

Personaggi:
Alberto Peracotta, artista, trentenne.
Verena Riccobello, vedova, tra i quaranta e i
cinquant’anni.
Clementina Altisonanti, studentessa, ventenne.
L’azione si svolge oggi, in un cimitero di una città di
provincia.

1
Scena 1.
Entra un uomo, intorno ai trent’anni, vestito in modo dignitoso ma povero, ha un gran
mazzo di fiori in mano e si dirige verso una tomba modesta situata fra ricche cappelle
funerarie.

Alberto: Eccomi qua. Mi dispiace per ieri, ma non ce l’ho fatta a venire. Papà è inutile
che mi guardi male, tu ormai riposi io invece ho tanto di quel lavoro arretrato che non mi
basterà un mese per finirlo. Sì, papà, lavoro. Anche dipingere è un lavoro. E se per ora
non rende, poco male, sto investendo su di me. Ciao, un bacio mamma! E diglielo tu che
non mi guardi così. Se riuscissi a trovare una foto meno arcigna te la cambierei subito.
Niente, sai, niente, ho cercato dappertutto. Non sorridevi mai, neanche dal fotografo.
Peggio per te, incazzoso da vivo e incazzoso da morto. Io comunque mi ci sono abituato.
Non mi fai più impressione. Se non fosse per il guardiano che si è lamentato delle
occhiatacce che gli dai, non avrei perso tutto questo tempo a cercare… (Sistemando i fiori)
I fiori non sono per te, sono per la mamma. Lei sì che è un angelo. Guarda che sorriso
dolce! Mammina ti piacciono? Sono quelli che amavi tu, in questa stagione i fiorai li
vendono a poco. Ecco fatto. Certo che con quel cerbero accanto non te li rubano di
sicuro. Per quanto, tutte queste ricche tombe sono spoglie in un modo… Sai papà, non
credo che il tuo sia stato un buon investimento. E’ già un anno che vengo a trovarvi, quasi
tutti i giorni, e non incontro mai nessun parente dei vostri autorevoli vicini. E a giudicare
dallo stato in cui si trovano questi mausolei penso che nessuno si sia fatto vedere da anni.
Tutte le tue belle teorie sono andate a farsi benedire! Che dici mamma, glieli metto due
fiori? Ma sì, voi ne avete tanti e quelli lì invece niente… Una margherita per uno sennò
sembrano i parenti poveri. Ecco famiglia Altisonanti e famiglia Riccobello. A proposito
papà, come va con loro? Avete fatto amicizia… insomma vi frequentate? Speriamo che le
tue teorie abbiamo funzionato almeno nell’aldilà, altrimenti, se penso a quanto denaro hai
impiegato per quest’affare, mi viene una rabbia… Mi auguro che non si metta a piovere
perché qui non saprei dove ripararmi. Te lo avevo detto papà, meglio farsi seppellire nel
cimitero del paese. Lì con tutti i soldi che hai speso per questi due metri di terra altro che
mausoleo! Un tempio ti ci veniva ed io non mi sarei bagnato quando piove e avrei avuto
anche una bella panca di marmo per sedermi a mangiare, invece di stare così scomodo.
Ma tu cocciuto come al solito, niente. Facevi finta di non sentire! Eri convinto di fare

2
l’affare del secolo, che dico, dell’eternità! Me lo ricordo come fosse ora, dicevi: “Sono
sempre stato povero, non mi sono mai potuto permettere nulla, nonostante tutti i miei
sforzi ho avuto appena di che sopravvivere. Ma da morti, moglie mia, ce ne andremo a
stare nei quartieri alti. Te lo prometto. Dovrete sputarmi in faccia se non lo faccio. Nostro
figlio ci verrà a trovare e conoscerà la crema della società. Si è liberato un posto tra le
famiglie più ricche della città. Mi è costato tutti i nostri risparmi, ma sono sicuro che è il
miglior investimento che potessi fare. E l’ho fatto”. Ecco, ora non so proprio dove mettermi.
L’altro giorno mi sono seduto sopra la lapide e per poco non si rovesciava tutto. Per non
parlare poi del male al sedere… (tirando fuori da una tasca un panino) Oggi è con la
frittata, mamma. Sì ho imparato. Non mi viene bene come quella tua, però che vuoi fare…
Ora che vi siete trasferiti nei quartieri alti devo arrangiarmi come posso. Sai che l’altra sera
ho preparato la pasta al forno e la peperonata? Non te lo aspettavi mamma, eh? Era
venuto Tommaso a trovarmi… Come sta? Bene, bene. Ogni tanto, sai mi da qualche soldo
per dei lavoretti. Sì, gli do una mano quando ha bisogno, non capita spesso, che vuoi ha
pochi clienti… Dicevo era venuto a trovarmi e così ho pensato che se ci fossi stata tu
avresti cucinato la pasta al forno e la peperonata. Così l’ho fatto io. E’ rimasto contento,
sai? Dovevi vederlo si leccava i baffi. Ha detto, testuali parole,: “E’ buona quasi come
quella della Marisa”. Povero Tommaso! Ma sì, sta bene. Qualche acciacco, ma è l’età. Il
problema è che si sente solo. Dice che non dovevate fargli questo scherzo dell’incidente
che vi ha fatto sparire tutte e due in un botto. Non ha più amici. E viene a trovare me. Sì,
gliel’ho ripetuto tante volte di venire qua a visitarvi. Ma dice che s’intristisce. Che non
riesce come faccio io a parlare con voi. Dice che poi, in fondo dopo avrà tanto tempo per
stare qui… Che volete fare è fatto così. Ha paura di deprimersi. Beh, qui non si vede
nessuno, finisco il panino e poi me ne vado. Sì, me ne vado papà. Me ne vado! Chi vuoi
che venga? Chi vuoi che incontri? Non hai ancora capito che questi ricconi sono degli
sfigati? Li hanno abbandonati, seppelliti anche nella memoria! Mi dispiace papà, ma io non
incontrerò mai la donna della mia vita in mezzo a queste tombe! Hai voglia a ripetermi abbi
fede! Io non ci ho mai creduto a quest’ affare. Immagina se ci credo ora! Vabbè buon
riposo, ci vediamo domani. (Esce)

3
Scena 2. Entra una vedova, è una bella donna tra i quaranta e i cinquanta, si ferma
davanti alla tomba di Riccobello. E’ completamente vestita di nero e ha una corona di gigli
in mano e un mazzo di fiori.

Verena: Caro Marcello, Tesoro! Sai passavo di qui e ho pensato di venirti a fare un
salutino… Eh, sì, sono tanti anni che non ci vediamo, ma sappi che io ho un ricordo di te
indelebile. D’altronde sei o non sei il mio primo marito? Detto fra noi, e te lo dico sottovoce
perché gli altri non sentano, sei stato il migliore. Quello che è durato di più intendo. Avevi
vent’anni più di me ed eri di una generazione… Una classe di ferro!Quelli che sono venuti
dopo, invece… dei pappamolla. Prendi Edmondo, il mio ultimo marito, per il quale mi trovo
qui, è durato appena una settimana. Tanta fatica per un così pessimo investimento! Me
l’ero pure scelto più giovane, perché sapendo che le donne vivono di più pensavo che
riuscisse a durare per tutta la mia vita! Macché! L’hanno sepolto a un isolato da qui, fila
15, numero… Oh, me ne sono già dimenticata! Numero? La memoria non è più quella di
un tempo. Forse… numero 7. Speriamo che il custode l’abbia scritto… Per ora c’è la terra
smossa, ma tra poco dovrò occuparmi della tomba. Questa volta da sola. E’ stato tutto
troppo improvviso. Era imprevedibile! Tanto giovane, soffrire di pressione così alta. Non ha
fatto in tempo a dire: “Mi sento maluccio”. E già non c’era più. Beh, meglio così per tutti.
Per lui che non ha sofferto, poverino, e per me che mi sono risparmiata lo strazio di una
lunga agonia com’è stata la tua, che a dispetto dei medici e di tutto, non te ne volevi
proprio andare. Però ora sono sola. Capirai una settimana dalle nozze! Non avevo
neanche pensato a procurarmi un amante. Non ho avuto il tempo di mettere gli occhi su
nessuno… E poi a te, Marcello, posso dirlo… Insomma gli anni passano ed io non sono
più quella di una volta. E’ vero che a soldi sto benino, ma… la freschezza della gioventù…
Beh, quella…. E’ un'altra cosa. Io stessa, sai, me ne rendo conto. Quando ho sposato te,
per esempio, ero giovane e bella ma povera, lo sai. Beh, dovetti fare una scelta. O
prendermi un marito giovane e bello o prendermi te, che di bello avevi solo il nome. Ma
che mi prende, perché ti sto tediando con queste cose? Guarda, ho portato qualche fiore.
Sì, sono quelli del funerale di Edmondo, ma intanto che t’importa? Tu accettali, lui ne
aveva tanti per oggi! Ma tu qui… Toh! Una margherita. Forse qualche anima buona,
vedendoti sempre solo… oserei dire abbandonato… Eh, sì da me. E’ che ho avuto
veramente tante cose da fare… Scusami, sai. Beh, comunque ora sono qui e mi occuperò
anche di te. Intanto sistemiamo questi, la scritta “ A Edmondo” la buttiamo e questa corona

4
la piazziamo qui. Il mazzo di fiori invece lo mettiamo insieme alla margherita. Insieme alla
margherita… no la margherita la buttiamo. Nel mazzo c’è un biglietto… Vuoi sapere che
c’è scritto? Ma che t’importa? Ne ho tanti. Non so, volevo buttarli, poi li ho messi in borsa,
ma non li ho neanche letti. Va bene li leggo. Per Edmondo “Te lo avevo detto!” La mamma
disperata. Mah, vedi, non è divertente. Che gli avrà detto poi? Ricordati che devi morire?
Tuttavia non mi sembra il caso ora di rimproverarlo! Uffa! Vogliamo vedere questi altri? Ma
sì, vediamoli ora, così poi non ci penso più. Non ci crederai, ma nonostante, ormai abbia
una certa esperienza della morte, dei mariti, intendo, eppure mi fa ancora tristezza,
leggere, voglio dire, questi bigliettini strazianti, che in questa città, i vivi pretendono di
inviare ai morti. Ma cosa devono farsene i morti? Portarli forse con loro? Rimangono
invece a me, che li lego con un nastrino nero e li nascondo sul fondo di una cassa in
cantina. Così sottoterra i morti e sottoterra i loro bigliettini. Figurati glieli metterei volentieri
nella cassa, ma sfortunatamente la gente li invia per il funerale, con le corone, con i fiori, e
tutto è già sigillato. Comunque andiamo avanti, leggiamo anche questi. Da Riccardo e
Francesca:
“ Dopo il quarto ci mancava il quinto” Il quinto! Questa, poi! Ma come si permettono?
Capisci Marcello? Questi insinuano! E che è colpa mia se mi muoiono tutti? Invece di
compiangermi mi danno la colpa? Marcello, ascoltami, non dare retta a questa gentaglia.
Io non li calcolo neppure. Desidero che tu mi creda. Ti giuro su tutte le buonanime dei miei
ex mariti, che io non c’entro assolutamente con la loro morte. Sono disposta anche a
portarti i referti medici. Non vuoi, vero, che legga anche gli altri? Hai ragione. Non voglio
farmi il sangue amaro. Quasi quasi li butto. No, li lego con un nastrino nero e li sotterro in
cantina. Ciao, tornerò a trovarti presto Marcello, giuro. (Esce)

5
Scena 3. Alberto: (Entra con un fiore in mano) Ehi, ma qui ci sono novità! Finalmente il
tanto onorevole e autorevole Dottore, Professore, Commendatore, Grande ufficiale,
Cavaliere e Notaio Marcello Riccobello ha avuto visite. Con tanto di corona
commemorativa. Forse era in cinquantenario della sua morte. Vediamo: no, è un morto
relativamente recente e soprattutto non coincide il mese. Qui è scritto febbraio e invece
siamo a fine settembre. Complimenti morto di esagerata importanza! Ma forse non sei
stato tu a dettare la tua lapide… O forse sì? Il mio professore di ornato, ricordo, che
scrisse in vita l’epitaffio che voleva sulla sua tomba, e non pago del fatto che i posteri
l’avrebbero letta, lui morto, volle declamarcela in classe per osservare le nostre reazioni.
Che scorno! Scoppiammo a ridere all’unisono, neanche ci fossimo messi d’accordo!
Suonava all’incirca così:
“Qui giace
Senza pace
L’artista incompreso
Che avendo al creator reso
Le parche spoglie
Al vano mondo toglie
Future opre
E ahimè
Di mortal si copre
La sua arte”
Non era neanche tanto anziano, forse sarà ancora vivo, ma io lo ricorderò sempre come
un morto. Considerando l’epitaffio credo che non abbia mai provato a fare l’artista sul
serio. Ed io? Io ci sto provando? Mah! Sai mammina, giovedì ho parlato con un gallerista,
non mi ha dato molte speranze… Comunque verrà dice a vedere i miei quadri. Viene a
casa, papà, mi sembra che in famiglia abbiamo fatto almeno un passo avanti. Le tue opere
le andavano a vedere al cimitero! Per carità non voglio criticarti, alla fine ci hai campato la
famiglia con le tombe e che… Mi dispiace papà, mi vergognavo. I miei compagni al liceo
mi prendevano in giro quando dicevo che mio padre era uno scultore. “Sì”, dicevo,
“diplomato all’Accademia!”. “Ma va là, quale scultore? Quello lavora da un marmista al
cimitero! Ha scolpito la lapide a mio zio! Vedessi che opera d’arte!”. Alla fine capisco
perché hai avuto questa bella pensata. Il tuo mondo, la tua vita era più qui che fuori da
questi cancelli. I morti ti davano da vivere. C’è chi è fortunato al gioco, chi con le donne e

6
chi come te con la morte… Mamma tieni è solo un fiore, oggi con l’opulenza della tomba
affianco fa meno figura, ma so che sei superiore a queste cose. Torno presto, ciao. (Esce)

Scena 4. Verena: Come vedi Marcello non ti ho abbandonato. Ma sapessi il da fare che
ho avuto! Lo so non ci si può credere. Ma il lavoro che danno i morti è incredibile. Da vivo,
questo mio ultimo marito, era un bonaccione, gli andava bene tutto quello che dicevo, non
replicava mai. Si può dire che in un’ipotetica classifica sia stato il più tollerante,
accomodante marito che abbia mai avuto. Così pensavo. E mi sbagliavo. Era un’acqua
cheta. Sì, lo, so che si dice delle donne, ma chi vieta di usare questa espressione per un
uomo? Non hai idea di quello che mi ha fatto passare con le esecuzioni testamentarie. E
non gliene andava bene neanche una! La cassa solo di mogano, la siepe per carità di
mortella e la tomba? Non ci crederai la tomba, un mausoleo futurista! Viveva di rendita,
così mi aveva detto, e si dilettava in critica d’arte, ma se avessi immaginato che le
conseguenze di questo innocente divertimento mi sarebbero piombate addosso in marmo,
glielo avrei assolutamente vietato. Ma dimmi tu! Mi verrà a costare una fortuna. E’ roba del
secolo scorso, dove lo trovo un artista che me la disegni e un marmista che la realizzi.
Avesse scelto il neoclassico ci si poteva ispirare facilmente, i cimiteri ne sono pieni. Avrei
potuto dire: “La voglio come quella del professor Mantini”. Oppure avesse scelto lo stile
neo gotico non avrei avuto problemi di sorta, guarda mi vengono in mente almeno quattro
tombe da poter imitare… Per non dire la tua, che a mio parere è assolutamente perfetta.
Non ti offenderesti mica, vero? Nessuno lo noterebbe, te lo assicuro è dall’altra parte del
cimitero! Poi Marcello, non esageriamo una tomba non è un vestito. Vabbé anche quando
la volessimo paragonare a un vestito, cambiando qualche particolare neanche una donna
se ne accorgerebbe. Ti ricordi di quando quella sprovveduta sartina di provincia mi
confezionò un abito da cerimonia identico a quello della moglie del sindaco? Ma dico io!
L’avevo avvertita che era per l’inaugurazione dell’ospedale. Meno male che ho una vista
da falco e me ne sono accorta cinquecento metri prima di arrivare. Sono tornata di corsa
in albergo, ma non avevo portato altri vestiti eleganti, così non trovai di meglio che
macularlo col tuo lucido da scarpe. Beh, nessuno se ne accorse, neanche lei la
sindachessa. Quindi chi vuoi che ci faccia caso se due tombe, oltre a tutto distanti sono
uguali. Gotiche poi, ce ne sono così tante che si fatica pure a trovarci delle differenze. Ma
quello, pace all’anima sua, la vuole futurista, capisci Marcello? Via non esageriamo, non è
neanche di moda! Ci sarà da vergognarsi ad andarlo a trovare. E poi è un controsenso. La
velocità, il dinamismo sono sinonimi di vita, in un cimitero rischiano di essere di cattivo
gusto, e se non proprio, almeno indelicati. Che vuoi farci, la vita è difficile e anche la
morte. Bisogna avere pazienza! Ciao. (Esce)

7
Scena 5. Alberto: (Svegliandosi, sbadiglia e stira le braccia) Devo essermi addormentato.
Certo addormentarsi su una tomba non è l’ideale. A parte l’impressione che si prova al
risveglio, non è neanche comodo. Ma quando si è sfiniti, o meglio morti dalla stanchezza,
diventa assolutamente irrilevante se la testa la si appoggia su di un morbido guanciale o
su una lastra di marmo… D’altronde tutti questi qua sotto lo sanno bene. E forse se hanno
deciso di riposarci per l’eternità, alla lunga deve essere più comodo che in un letto:
Mamma, papà, che dite? Ma già, parlo….parlo a vanvera… Strano mi vengono in mente…
Avrò sognato forse? Sì, sì sì, Devo aver sognato. A dispetto delle ossa rotte che mi ritrovo,
ho dormito così bene e profondamente da sognare anche… e meglio che nel mio letto.
No, mamma non era il mio solito incubo. Era un sogno… Un bel sogno. Cerco di ricordare
ma mi sfugge. Mi si accavallano immagini, pensieri… Forse ho fatto più di un sogno! Forse
ne ho fatti due o tre… Tutto quel che ricordo è che veniva il gallerista a vedere le mie
opere. Angelo Di Gennaro, così si chiama, mi faceva molti complimenti, diceva che gli
piacevano veramente tanto e che se si fosse liberato uno spazio nella programmazione
della sua galleria avrebbe pensato a me… Gli stavo simpatico, capisci? Poi m’invitava a
cena, ma io proprio quella sera non potevo! Ero stato invitato dalla coppia di sposini
dell’appartamento affianco, erano due giorni che cucinavano, non potevo dire di no.
Caspita, sono sempre libero! Mi ha anche lasciato il suo biglietto da visita ed io l’ho messo
nella tasca della giacca, qui proprio sul cuore. Maaa… Ma qui c’è davvero! Allora non è
stato un sogno! Ma allora cosa ho sognato? Oh sì, ora ricordo era il mio solito incubo.
Sicuro quell’orribile sogno ricorrente nel quale sono invisibile. Esco da casa e mentre mi
chiudo la porta alle spalle, incrocio quello del piano di sopra, sai papà, quel fanatico del
calcio che durante i mondiali suonava quelle trombette che ci rendevano tutti isterici, beh,
l’incontro e già mi aspetto che mi attacchi il solito bottone sulla Roma, la Lazio, il Pescara
e il vattelappesca, quindi infilo le scale sperando che non mi veda. Un’illusione lo so,
perché quello ci ha sempre visto benissimo. Ti ricordi quando facemmo la gita a Pompei,
che ci saranno state duemila persone, e in mezzo al mucchio, che non si riuscivano a
scorgere nemmeno i ruderi, lo vedemmo avanzare urlando: “Brutti interisti di M… che ci
fate qui?”. Diventasti così rosso che mamma si spaventò, pensava ti venisse un
coccolone, e gridò con tutta la voce che aveva, che non gliene avrei mai sospettata tanta:
“ A Sor Pasquale, ma chi ce l’ha mannata qua, er diavolo in persona?”. Che poi non ho
mai capito perché “interisti”, boh! Menefreghisti casomai, perché del calcio non ce n’è mai
fregato niente. Ma interisti… Chissà come gli sarà mai venuto in mente. Ma io qui divago.
Allora mi precipito verso le scale, ma sbaglio i tempi, perché il Sor Pasquale correva che

8
c’aveva fretta e lo incoccio, sì, mi scontro fisicamente. Una capocciata che penso nel
sogno, domani avrò un bernoccolo. E mentre mi vedo il bernoccolo, m’immagino quanto
tempo mi farà perdere, questo scocciatore sul pianerottolo, forte di questo malaugurato
incidente. Lo prevengo dallo scaraventare tutti i Santi dal Paradiso, scusandomi il più
umilmente possibile, anche se so benissimo che sarà inutile, e quello, dandosi una
grattatina alla testa, proprio nel punto in cui aveva battuto contro la mia, prende le scale e
continua la sua corsa. Salvo, sono salvo, penso, ma perplesso. Scendo seguendolo a
distanza, e niente, neanche una parola, come se non mi avesse visto, si allontana sulle
sue scarpe da ginnastica, come un podista alla maratona, verso il bar dove lavora da
ormai cinque anni. Sì, sì ci lavora ancora. Lo volevano cacciare per via di quella rissa,
quando il Napoli andò in serie B, ma poi convinse con la parlantina che sai, il proprietario a
scommettere su quale squadra avrebbe vinto il campionato e ci beccò. Quindi rimase. Va
bene per oggi basta così, vi ho tediato abbastanza, vado. Baci. (Esce)

9
Scena 6. Verena:(Ha una rosa in mano) Sono di nuovo qui. Come vedi mantengo le
promesse. Anche se è per via di quel maledetto mausoleo futurista. Non hai idea di quanto
mi verrà a costare. In pratica quello che mi ha lasciato non basterà a coprire le spese e
dovrò attingere al mio, cioè al tuo, alla tua eredità. Che dici, ti dispiace? Ma no! Tu sei
sempre stato generoso, con me non hai mai badato a spese… Oh, mio Dio! Non mi dire
che sei geloso! Davvero? Sei ancora geloso di me? Voglio dire nonostante la mia età
ormai un po’… La freschezza che non c’è più… Ma no, Marcello non puoi essere geloso.
Se te lo facessi di nascosto capirei, ma sono qui per dirtelo, per consultarmi con te. Tu
capisci me l’ha fatto promettere in punto di morte. Davanti a tutta la sua famiglia. Una
famiglia che non vorrei dire, ma…Ti basti sapere che sono calabresi. Capisci che guaio?
Marcello, poi chi poteva immaginarlo che fosse senza una lira… Sembrava una persona
così per bene, invece era un emerito imbroglione.Pensa prima mi dice: “Prometti che mi
farai costruire la tomba che dico io, che descriverò nel mio testamento, sennò non ti lascio
neanche un centesimo in eredità”. Capirai l’avevo appena sposato, mi aveva mostrato non
so più quante proprietà! Dopo ho saputo che mi aveva preso per i fondelli. Anche tu glielo
avresti promesso! Uno che te lo chiede nel momento del trapasso, con la voce già
nell’aldilà. Sembrava un buon affare, e invece… Mi vengono certi nervi a pensarci! Tieni,
ti ho portato una rosa. Giusto il pensiero, poi era il tuo fiore preferito. E questa l’ho
comprata proprio per te. Per lui Per lui c’è il crisantemo. Con quello che mi ha lasciato non
posso permettermi di più. Eh tesoro mio se non avessi avuto te e gli altri tre mariti ora
sarei sul lastrico. Fabrizio, il mio secondo marito, non so se ti ricordi di lui, sono venuta a
trovarti anche allora, quando mancò e ti ho parlato tanto di lui… Beh, Fabrizio era
fiscalista, me lo avevano indicato sai Anna e Luigi per la gestione e l’amministrazione della
tua eredità, ed è stato un vero galantuomo. In pochi anni, cinque per l’esattezza, ha
raddoppiato i liquidi che mi avevi lasciato, ampliato le proprietà immobiliari e mi ha
regalato da parte sua una cospicua eredità. Peccato che sia durato così poco, chissà dove
sarebbe arrivato col tempo. Beh, pace all’anima sua. E’ sepolto si fa per dire, in India.
Bisogna che una volta vada pure a trovarlo. Come si arrabbierebbe se sapesse la storia di
questo mio ultimo marito! “Sei un’ingenua, Verena, ” mi diceva, ” pronta a cadere tra le
braccia di chiunque ti faccia gli occhi dolci”. La verità è che non so stare sola. Marcello
davvero non posso, mi avvilisco. Tanto è vero che quando morì Fabrizio il fiscalista, caddi
in una depressione dalla quale mi risollevò Valerio, il mio terzo marito di professione
psichiatra. Ma sì che te ne ho parlato! Non te ne ricordi perché sono passati tanti anni. E
va bene, ti racconto di nuovo la storia. Fabrizio morì in un incidente aereo nei cieli
indiani.Tra parentesi aspetto ancora il risarcimento dell’assicurazione. Per questo, visto

10
che non c’era nulla da seppellire l’ho lasciato lì, una lapide in un cimitero indiano. Sulle
prime confortata dal fatto che mi lasciava ricca non accusai il colpo, ma dopo qualche
mese, dovendomi occupare personalmente della gestione del mio patrimonio, cosa per me
difficilissima non capendo io nulla di economia e di finanza, cominciai a manifestare i primi
segni della malattia. Andavo a dormire e dopo due o tre ore mi svegliavo di soprassalto
con la testa piena di numeri e per quanti sforzi facessi non c’era verso di riprendere sonno.
La mattina completamente rimbambita, mi rimettevo sui conti, sui bilanci, sulle azioni e
facevo pasticci che di giorno in giorno m’impoverivano sempre di più. Persi fiducia in me
stessa e le cose peggiorarono ancora. Allora non potendo fare altro piangevo pensando
con rimpianto al povero Fabrizio così bravo, bontà sua, a far quadrare i bilanci, ma
Fabrizio era morto ed io non mi davo pace. Ormai piangevo dalla mattina alla sera non
avevo più la forza di alzarmi dal letto, sarei morta d’inedia, anche se c’era Maria la
cameriera. Eh, Salvina si era licenziata da quel dì, tu non lo puoi sapere, non c’eri già più.
Se ne andò con un acrobata di circo, sperava che la sposasse. Mah! Avevo, quindi questa
Maria, una buona donna per carità, non una cima ma onesta. Mi preparava da mangiare,
mi portava il vassoio a letto e lo riprendeva esattamente come l’aveva portato. Possibile
che non si rendesse conto che non mangiavo niente? Eppure quando arrivarono Anna e
Luigi avevo già perso dieci chili se non mi avessero presa e portata in clinica sarei qui a
farti compagnia, Marcello. Dopo qualche giorno di flebo mi rimisi fisicamente, ma la
depressione continuò e ancora una volta mi salvarono Anna e Luigi presentandomi
Valerio, lo psichiatra. Ma anche questa è una storia lunga. Te la racconto un’altra volta.
Prima di andarmene però, ti faccio un regalo, vuoi vederla? (Si solleva la gonna e mostra
una chiappa, poi si ricompone) Ti piace sempre? Sì? Mi piaceva tanto quando me la
mordevi… Un bacio. Ciao. (Esce)

11
Scena 7. Alberto: (Ha con sé un vaso di geranio) Lo so, lo so. Sono mortificato… Non ho
proprio potuto papà. No, no te lo giuro, non ho potuto. Mamma scusami tanto, sai. Ti ho
portato un vaso di geranio. Non ho più soldi, questo l’ho preso dal balcone. Non ti dispiace
vero, mamma? Ci tenevi tanto ai gerani sul balcone. Vedi? Non li ho fatti seccare. Papà è
inutile che t’irriti, se ti dico che non ho soldi, non ho soldi. Nemmeno un centesimo. Che ci
vuoi fare? Con questa bella pensata! Sì, io faccio l’artista, non me ne importa se non ho i
soldi per mangiare un pasto completo, mi mangio un panino, ma faccio il lavoro che amo
fare. Intanto devo badare solo a me… Per voi se vi porto le orchidee o il geranio è lo
stesso. No, mamma, il gallerista non mi ha ancora richiamato. Lo farà? Mah, che ne so io?
Ma vado avanti lo stesso. Ieri è venuto a trovarmi Tommaso, a proposito vi saluta tanto.
No, non sta molto bene, così dice. Sì, lo so che è ipocondriaco, ma come fai a sapere se
non è malato sul serio? Comunque ve ne ho parlato perché mi ha fatto i complimenti,
anche a lui sono piaciuti i miei quadri. Sì, è vero fa l’imbianchino e non il critico d’arte, però
è sempre stato molto sensibile ed io francamente mi sento molto confortato dal suo
parere. Ah, sapete quella giovane coppia, da cui sono andato a cena, quelli
dell’appartamento di fronte? Beh, hanno avuto una bambina! Lo so che non c’è niente
d’incredibile nel fatto che hanno avuto un figlio, ma che volete, questa è la notizia più
straordinaria che ho da darvi, a meno che non vi reciti il telegiornale. Credo però che di
quello che avviene nel mondo per fortuna non v’importi molto. Ma delle persone che avete
conosciuto, forse… Te la ricordi mamma, lei, la sposina, con tutti quei riccioli rossi, veniva
ogni tanto a chiederti una cipolla, del basilico… Dicevi che era simpatica. Ora posso
confessartelo, mi piaceva tanto, se non fosse stata sposata… Sai, cucina anche bene. Ah,
ma con voi è proprio difficile, non si sa proprio di che parlare! Come stanno zio Enzo e zia
Lina? E chi lo sa? Non li vedo dal giorno del funerale e non li sento da un secolo. Mi
sembra… Sì, il figlio come si chiama? Fulvio? Beh a luglio si è laureato in farmacia. Per
carità non cominciamo! Ma come mi è saltato in mente di dirlo? Lo so, io non mi sono
ancora laureato, non vi ho dato questa soddisfazione, ma aspettate e vedrete…
Quest’anno dopo il vostro incidente, insomma è andata così. Ma finirò l’Accademia,
prometto. Diventerò un grande artista. Vi renderò immortali. Vi farò un ritratto postumo che
un giorno verrà acquistato dal Louvre. E davanti a voi Marisa ed Ersilio Peracotta,
stazioneranno capannelli di turisti. Sì, come davanti alla Gioconda. Vi ritrarrò in un trittico:
bambini, adulti e vecchi. Mi aiuterò con le foto, mamma. Mi sembra di vederlo già il
trittico… Anzi sapete che cosa faccio vi ci metto accanto anche i vostri autorevoli vicini di
tomba. Il dottore professor Alfredo Altisonanti lo ritrarrò accanto a te, mamma. Ti sono
sempre piaciuti i tipi biondi con gli occhi azzurri, almeno così sembra dalla foto. Per il viso
sono a posto, il corpo me lo inventerò. Caro dottor Altisonanti ti farò un figurino che

12
neanche te lo sogni più. E tu papà non ti permettere di essere geloso, sai? Tutta questa
situazione l’hai voluta tu. Vicino a te ritrarrò il notaio Marcello Riccobello, che a dire il vero
dalla foto sembra brutto assai, farà il palio con te. Guarda che buffo! Ha tre nei posti a
triangolo perfetto sulla guancia. Corro a casa e mi metto subito a dipingere. Ciao! (Esce)

Scena 8. Verena: Marcello, ciao. No, non ti ho portato nulla, sai caro ho pensato in tutti
questi anni non hai mai avuto fiori e ora, di punto in bianco, fiori, ancora fiori… Ho pensato
che forse ti avrebbero soffocato tutte queste attenzioni ravvicinate e per oggi non ho
portato niente. Ogni tanto c’è bisogno di un po’ di vuoto, qualche parete bianca, perché
anche dentro ci si senta, nuovi, puliti. Perché si possa avvertire l’eco della nostra
coscienza, una voce che per lo più non vogliamo ascoltare, ma rimbalzando può coglierci
di sorpresa e ammonirci. Scusami oggi sono malinconica. Stamattina aprendo gli occhi mi
si sono rovesciati addosso, o così mi è parso tutti i quadri, le suppellettili, le foto, i gioielli, i
cosmetici, i centrini, le tende ricamate, i tappeti e tutte le innumerevoli cose che gravano
sulla mia stanza da letto. Mi turbinavano intorno facendomi girare la testa e
confondendomi le idee. Poi ho avuto l’impressione che si avvicinassero sempre di più, che
mi marcassero. Ho chiuso gli occhi, forse sognavo? No, riaprendoli, gli oggetti erano di
nuovo lì che mi aspettavano al varco, erano lì e volevano soffocarmi. Sono scappata, non
so come ho fatto a vestirmi e a scivolare fuori dalla stanza senza che tutto mi si
catapultasse addosso. Ora avrei voglia di buttare ogni cosa, ma so, che non ne avrò il
coraggio. Sono ricordi. Ho troppi ricordi. Vorrei ricominciare daccapo. Vorrei cancellare
tutto, ritrovarmi con le pareti della mia coscienza vuote, bianche, immacolate. Non che
abbia commesso dei delitti, per carità, no. Nulla che meriti punizioni esemplari. Ma anche
solo vivendo, non ci macchiamo in modo indelebile? E tutta questa abbondanza non è
forse un delitto? Soprattutto per me che non ho nessuno cui lasciare questo strabordare di
cose. Ah, Marcello, ancora mi brucia la perdita della nostra piccola Lucetta. Oggi avrebbe
vent’anni. Perché è andata così? Perché? Chi lo sa! Tu mi lasciasti dopo appena un mese
dal parto. Me la sarei cresciuta sola, come del resto ha fatto la nostra vicina, sai
l’Altisonanti, quella che era in clinica con me. La moglie del ginecologo, proprietario della
clinica, quello che mi fece partorire… che ci fece partorire. Eh, sì abbiamo partorito
insieme, mezzora di differenza, ma che mezzora! Mezzora di differenza tra la vita e la
morte. Tra la sua Clementina e la mia Lucetta. Ho provato invidia? Dolore, rabbia, sì.
Invidia? Forse. Di Lidia Altisonanti? Forse allora. Abitavano nella villa di fronte alla nostra.
La mattina usciva con la carrozzina e andava al parco. Io scostavo le tendine a spiarla.
Teneva la testa sempre rivolta alla sua bambina, non so come facesse a vedere la strada.
Quando era bel tempo stava fuori per delle ore. Sai qualche volta l’ho seguita fino al
parco. Si sedeva su una panchina e cominciava a fare la maglia, altre volte leggeva un
libro, ma capitava che la bambina si svegliasse e cominciasse a piangere e lei, smetteva
subito di leggere, per cullarla. Credo di aver pensato allora, che fosse giusto che lei
avesse Clementina. Voglio dire che non le fosse capitato di mettere al mondo un piccolo
cadavere come a me. Io lo so non avrei saputo essere una brava madre come lei. Anche

13
se mi sentivo doppiamente sola senza Lucetta e senza te Marcello. Dopo qualche anno
morì anche suo marito. Dissero che si era suicidato, debiti di gioco, ma sai com’è la gente,
chi ci può mettere la mano sul fuoco? Sembrava che fossero abbastanza ricchi e invece
lui la lasciò sul lastrico, questo è un fatto, e piena di debiti. Che brutta bestia il gioco! Non
me lo sarei mai immaginato come un giocatore incallito. Eppure! La moglie vendette la
clinica, ma non bastò. Con quella bambina in braccio la vidi lasciare la villa, di fronte alla
nostra, ai creditori e partire. Qualcuno disse che era ritornata dai suoi, in una cittadina del
sud. Mai più vista da allora, e, in effetti, a giudicare da com’è tenuta la tomba del marito,
credo che da allora non sia più ritornata. Ma che discorsi tristi sto facendo! Quel che è
stato è stato. Ciao Marcello, un bacio su quel perfetto triangolo che ti ritrovavi sulla
guancia, e che per me rappresentava il tuo vero fascino. Ciao. (Esce)

14
Scena 9. Entra una ragazza, Clementina ha più o meno vent’anni è molto carina, veste in
modo modesto, ma di buon gusto.

Clementina: (Entra con un gran mazzo di margherite) Dovrebbe essere questa! Che
desolazione… Allora, Riccobello… Peracotta…. Ecco, Altisonanti. Finalmente la conosco!
Quanto ho sentito parlare di lei… Sto dando del lei a mio padre? E’ assurdo. Ho sentito
tanto parlare di te. Non riesco. No, non ce la faccio. Sono stata educata così, non riesco a
dare subito del tu. Mi dispiace, ma se prima non faccio conoscenza e se non mi si
autorizza, io… Certo qui chi mi autorizza? Però diamo tempo al tempo. In fondo io non l’ho
mai vista, mai conosciuta. No, non posso dirlo questo, perché da piccola… Ma non me lo
ricordo, perciò è come se non la conoscessi. Questi fiori sono per lei. In effetti, chissà da
quanto tempo non ne vedeva! Ecco io non so che dire… La mamma aveva ragione, per
me lei è… è… è … dispiace dirlo ma lei è… è un estraneo. Oh, che ho detto! Io speravo
che venendo qua mi tornasse nella memoria qualche sensazione familiare, ricordi, che ne
so… Invece niente. Mi dispiace. Provo quasi più simpatia, più affetto per i signori
Peracotta o per questo, come si chiama? Riccobello, che per lei signor Altisonanti. Quasi
quasi do un fiore anche a loro, poverini. Una margherita e una margherita. Anch’io mi
chiamo Altisonanti. Va bene, presentiamoci: io sono Clementina Altisonanti. Sì, ecco fatto.
Che cosa è cambiato? Niente. Assolutamente niente. Diamo tempo al tempo. Allora le
parlo un po’ di me. Così ci relazioniamo. Visto che lei non può parlarmi di sé! Ho vent’anni.
Quasi, tra un mese. Sono venuta a studiare qui, all’università. Matricola in medicina. Ho
seguito le orme di famiglia. Mamma mi ha detto che lei era un grande ginecologo! Mi ha
anche messa al mondo! Voglio dire in tutti i sensi, ecco. Io vorrei diventare cardiologa.
M’interessa il cuore. Il mio e quello degli altri. No, scherzavo, veramente più quello degli
altri. Ho passato il test e… speriamo bene.Beh, per oggi penso che basti. Arrivederla.
Tornerò a trovarla. (Mentre esce incrocia Alberto)

15
Scena 10. Alberto: Questa sì che è una novità! Una bella ragazza, fiori al dottor
professor Altisonanti e una margherita per uno ai vicini. Chissà chi è quest’ anima pia… La
figlia? Una nipote? Carina è carina, mamma. Aveva un’aria anche abbastanza semplice,
alla mano. Non da ricca ereditiera, papà. Comunque abbiamo fatto un passo avanti da
gigante! Ora sappiamo che c’è materia. La studierò, papà, e vediamo cosa ne viene
fuori… Speriamo che non ritorni tra dieci anni! No, oggi niente fiori, ma tanto avete una
margherita. Non ho avuto il tempo, mi sono precipitato qui per darvi una notizia
strabiliante! Sai mamma il gallerista di cui ti ho parlato? Mi ha telefonato!!! Sì, e mi ha
chiesto se voglio esporre qualche mia opera! Non credevo alle mie orecchie. Un artista gli
ha dato buca per il mese prossimo, capirai l’hanno invitato a fare una mostra in una
galleria di New York, e lui lo vuole rimpiazzare con me. Con me, capito? Squilla il telefono,
alzo la cornetta, pensando che sia Tommaso che si auto invita a pranzo, e ho già pronta
una scusa, perché non ho più un soldo per fare una spesa decente, e invece TATAMM:
“Potrei parlare con il signor Alberto Peracotta? Sono io… con chi ho il piacere di… Angelo
Di Gennaro, gallerista di Corso Italia, Nuova Pinacoteca, ha presente? Eccome no! La
chiamo perché si è inaspettatamente liberato un periodo… Se lei fosse ancora
intenzionato, io potrei ospitare la sua mostra dal primo al quindici del mese prossimo. Sì! “.
Certo le condizioni economiche non sono proprio ideali, che io venda o no, devo
comunque pagare un fisso alla galleria. Non so dove trovarli, sono un bel po’ di soldi, ma
se perdo quest’occasione è la fine. Mamma che dici, come faccio? Manca meno di una
settimana. Se li chiedessi a Tommaso? Ho pensato che se non vendo niente posso
restituirglieli poco per volta andando a fare dei lavoretti. Guardate mi sono fatto stampare
dei biglietti da visita: Alberto Peracotta, artista, su commissione. Li distribuirò in giro, non si
sa mai, qualcuno che vuole un ritratto, un paesaggio… ve ne lascio due o tre, magari
nell’aldilà… Sì, lo so mamma che è ignobile approfittarsi di un’anima pura come
Tommaso, ma non ho nessun altro, né amico, né parente che mi possa aiutare. Ai cari
zietti non chiedo nulla. Mi umilierei inutilmente, non mi hanno fatto mai una telefonata in un
anno per sapere come stavo, se avevo che so, bisogno di qualcosa, poi un bel giorno mi
comunicano che il cuginetto si è laureato e sotto sotto si aspettano anche un regalo. No,
mamma! Speriamo che Tommaso mi aiuti. ( Esce incrociando la vedova)

16
Scena 11. Verena: Ma chi era questo bel ragazzo? Eh, mi sembra che oggi ci sia più vita
qui al cimitero che a casa mia. Marcello sapessi che tristezza! Non sono abituata a stare
da sola, capirai un marito dopo l’altro… ora francamente mi pesa non avere nessuno
appresso, ma diventa anche difficile alla mia età trovare… Certo che questo ragazzo mi è
parso proprio carino… Chi sarà, un Altisonanti? Perché vedo che qui c’è tutto un altarino.
Strano. Ricordo che avevano avuto una femminuccia, Clementina, è vero che ormai è
opzionale il sesso, si sa come si nasce, ma non si sa come si muore. Però se l’istinto non
m’inganna, quello era proprio un uomo. Marcello, ma chi ti lascia le margherite? E’ già la
seconda che ti trovo… Tu non me la conti giusta, non avrai per caso un’amante? Questo
da te non me lo sarei mai aspettato. Ma come? In un momento così disperato per me, ti ci
metti pure tu? Questa è crudeltà mentale! Se non fossi già vedova divorzierei! Ma ti rendi
conto di quanto è inopportuno tutto ciò? Io vengo qua, in ambasce, per chiederti consiglio
su come fare per questo maledetto mausoleo futurista e tu ti metti a fare playboy? Forse
non mi hai capito io sono disperata. Disperata. Ecco in questi momenti io rimpiango solo
Valerio. Lui, sì che mi capiva e quando non mi capiva almeno mi riempiva di tranquillanti.
Purtroppo su di sé ha esagerato. Le male lingue hanno inveito contro di me, perché
secondo loro io già me la facevo con Maurizio, e questo avrebbe spinto Valerio al suicidio.
Balle, tutte balle. Che vuoi, la gente è cattiva. Non ha molto da fare e parla troppo. Per me,
credimi, per me è stata una sciagura. L’ho trovato io. Torno a casa a mezzanotte, dopo un
concerto, lo chiamo, di solito mi aspettava sveglio. Nessuna risposta. Tu cosa avresti
pensato? Si sarà stancato e si sarà addormentato. No? No. Sembrava addormentato.
M’infilo sotto le lenzuola e mi appisolo abbracciata a lui. La mattina scopro che avevo
dormito avvinghiata a un cadavere. Uno shock. E non avevo più neanche uno psicanalista
che mi curasse! La storia di Maurizio è una balla. E’ vero che l’avevo già conosciuto, ma
non c’era ancora nessuna storia. Per lui era infinitamente più importante il suo violoncello
di me. Era un artista, andavo con piacere a suoi concerti, come quella fatidica sera. Niente
di più. Te lo giuro. Perché dovrei mentire con te? Sarebbe ridicolo. E ora sono alle prese
con l’artista futurista! Cos’è questo? Alberto Peracotta artista su commissione… deve
essere quel ragazzo. Ah, ecco è un Peracotta. Un poveraccio, un arricchito del cimitero.
Per fortuna non assomiglia alla foto di quest’energumeno… Però potrebbe fare al caso
mio… Lui si occupa del mausoleo ed io gli do qualche soldino, e intanto chissà… Marcello,
sapevo che mi avresti aiutata in qualche modo. Grazie. La margherita, però, me la prendo
io. A presto!
(Esce)

17
Scena 12. Clementina: (Ha un fiore in mano) Oggi ho solo un fiore. Le mie condizioni
economiche non sono floride. Per il momento non riesco a fare qualche lavoro part-time,
devo dare materie troppo difficili. Forse più in là… Per ora mi mandano i soldi da casa,
mamma e i nonni. E anche loro, poveretti, non se la passano un granché. Mamma spesso
mi racconta di una vita facile, soldi, gioielli, macchinone… Ma lo racconta come si
racconta un sogno, del quale si sono persi i particolari durante il giorno. E il tutto assume
l’aspetto di un rimpianto del passato e di un fallimento del presente, che io, unica
rappresentante della mia generazione in famiglia, mi sento costretta a emendare. Quindi
caro signor padre io studio, studio e studio. Sentendomi pure in colpa per non essere
indipendente. Che vuole oggi mi sento un po’ giù. Sarà colpa della casa che divido con le
mie colleghe universitarie. E’ buia, umida e non c’è privacy. Due stanze, un bagno e un
cucinino e siamo in quattro. Delle volte per stare in pace mi chiudo in bagno. Ma si sa, ne
hanno bisogno anche le altre… Oggi sono fuggita per il rumore, sono arrivati i parenti di
una mia coinquilina, in particolare quella che divide la stanza con me. Non me l’ha chiesto
lei, mi sono sentita io in dovere di lasciarla un po’ sola con i suoi… Non sapevo dove
andare…Sì, lo confesso non è molto carino da parte mia trattarla come un tappa buchi.
Ma se uno entra in un bar deve consumare qualcosa, qui, invece ci si può sedere, e c’è
una calma, mortale… non fa ancora troppo freddo e questo è un tetto a tutti gli effetti. C’è
abbastanza luce, sì, qui si studia bene e chissà che il suo spirito non mi aiuti. Ecco qui il
libro di anatomia. C’è anche una presa elettrica, se mi portassi una stufetta? Caro dottor,
professor Altisonanti penso proprio che ci vedremo spesso. Io, in questa città non conosco
nessuno. E’ colpa mia se non abbiamo nessun parente? Non che dove sono stata finora
ne avessi tanti, ma almeno la mamma e i nonni. Vuole sapere come sta la mamma? Non
si è risposata. Aveva un suo collega, un professore di ginnastica, che le stava appresso,
ma per lei credo fosse solo un collega gentile, in un ambiente scolastico gretto, di paese.
Ha insistito lei perché venissi a studiare qui, a costo di grandi sacrifici, un motivo ci sarà…
Uh, di nuovo quel ragazzo, ma non si può stare tranquilli neanche al cimitero! Forse qua
dentro non mi vedrà.
(Si nasconde dentro la cappella)

18
Scena 13. Alberto: (entra con un gran mazzo di rose) Mamma, papà non ci crederete
mai! Ho da darvi una notizia favolosa. Tutto insieme! La mostra e un nuovo lavoro che mi
permetterà di non chiedere prestiti a Tommaso! Contenti? Papà devo ricredermi sulle tue
capacità d’investitore. La vedova del tuo vicino mi ha commissionato un mausoleo! E mi
paga profumatamente. E’ per un altro suo marito, morto da poco, appassionato di
futurismo. Sto già lavorando, mi ha già dato un anticipo… Ed io sono un uomo felice!! E’
una ricchissima, non più giovane, ma si mantiene bene. Sì, credo che mi faccia il filo, ma
non è il mio tipo. No. Io…sono stato gentile con lei. Ma non vorrei illuderla. Non vorrei
però, neanche disilluderla troppo in questo momento così delicato. Possibile mai che
debba sempre piacere alle persone che non mi piacciono? Anche Angelo, il gallerista, è
chiaro che è gay. E’ altrettanto chiaro che gli piaccio… ma non è il mio tipo! E se non lo è
non lo è. Non ti dico mamma, che fatica tutta questa diplomazia che mi tocca praticare.
Tommaso mi dice che devo fare come fanno le donne. Dice specchietti per le allodole.
Capirai mi dice niente! E’ terribilmente rischioso. Se s’incazzano perdo tutto: la mostra e il
mausoleo. Ma se non mi piacciono? Non sono il mio tipo… Qual è il mio tipo, papà? E me
lo chiedi pure? Non l’hai vista pure tu quella ragazza l’altro giorno? Quella che è arrivata
con quel mazzo di margherite. Quella sì che è il mio tipo. Quella sì. Ma sono pronto a
scommetterci che a lei non faccio né caldo né freddo, magari non mi ha neanche visto. Il
mio solito incubo, invisibile. Beh! Vedi che belle rose che ti ho portato, mamma? Per
festeggiare. Sento che d’ora in poi la musica cambierà. Sento che questa mostra mi
porterà…. Che ne so, fama? Ho questa bellissima sensazione. Che dite offriamo una rosa
anche ai nostri vicini? Sì? Una al dottor Riccobello, per la sua vedova e una al dottor
Altisonanti per sua figlia.
(Entra e trova Clementina) Oh, mi scusi!

19
Scena 14. Clementina e Alberto:

Clementina: Prego. Grazie per il pensiero. (prendendo la rosa)


Alberto: Che vergogna!
Clementina: Perché? Anzi fa piacere sapere di essere il tipo di qualcuno…
Alberto: E che non sapevo che…
Clementina: Se invece l’avesse saputo, mi avrebbe definita una cozza?
Alberto: Ma che dice? No. Scusi ancora.
Clementina: Beh, ora basta di scusarsi.
Alberto: Io sono mortificato. Lei stava studiando… Qui?
Clementina: Qui o altrove…
Alberto: Oh, beh certo, un posto vale l’altro. Che libro è? Anatomia!
Clementina: Sì, conosce l’anatomia?
Alberto: In Accademia, all’esame ho preso trenta.
Clementina: Sì?
Alberto: Sì, posso darle ripetizioni.
Clementina: Non credo che sia esattamente la stessa. Io la trovo così noiosa…
Alberto: Perché non ha trovato nessuno che gliela abbia fatta amare.
Clementina: E lei pensa di riuscirci?
Alberto: Se non altro ci proverei…
Clementina: Che buffo che è! Ma sì, che costa provare?
Alberto: Preferirei darle ripetizioni davanti a una tazza di caffè.
Clementina: Va bene.
Alberto: C’è un bar carino a duecento metri da qui. Posso permettermi di invitarla?
Clementina: Visto che ha ricevuto un anticipo da una ricca vedova, accetto.
Alberto: Allora, di qua. (Esce)
Clementina: E’ un bel tipo… Un gentleman, mi dà del lei. (Esce)

20
Scena 15. Verena: Caro, carissimo Marcello, sapessi come sono eccitata! Finalmente
sono tornata a vivere. Mi sembra ancora impossibile di essere uscita da quell’incubo. Sì,
grazie a te. Sì devo ringraziare proprio te. Io lo so che tu mi hai sempre voluto bene, che
mi hai sempre protetta, nonostante ormai siamo lontani da tanto tempo. Grazie, grazie,
grazie! Vedi io l’ho sempre saputo, per questo vengo a trovarti. Sei l’unico, te lo giuro,
l’unico che io non abbia mai dimenticato e da cui venga a confidarmi e a chiedere
consiglio…E ho avuto ragione. Sì proprio. Tu mi hai dato quel biglietto da visita. E’ un
caso? No, non è un caso. I casi non esistono. Esiste solo il destino. E tu me lo hai servito
su un piatto d’argento. Grazie! Quel ragazzo non solo è carino da morire, ma mi ha
letteralmente salvato la vita. La gestione del mausoleo l’ho affidata a lui. Così sono a
posto. Respiro, capisci? Lui farà tutto, me l’ha assicurato, dal progetto del disegno alla
realizzazione in marmo e travertino, ci vuole mettere anche il legno. Sembra che abbia un
falegname, un artigiano come quelli di una volta. Dice che un’opera futurista prevede
l’utilizzo di tutti materiali. Anche la plastica e il caucciù. E’ un vero artista. Secondo me ha
del genio. Marcello sapessi quanto mi manchi! Tu mi hai sempre viziata, ed io ne ho
sempre approfittato. Non potevi resistermi, io lo sapevo. Tu non resistevi. Morivi per quella
voglia di fragola. Te la ricordi? Se vuoi te la faccio vedere ancora, te lo meriti. Sì, intanto
non c’è nessuno. Ecco, (Si alza le gonne e scopre la chiappa sinistra). Ecco la vedi?
Dicevi che era straordinaria! “Non solo ha colore di una fragola, ma ha anche la forma di
una fragola! E anche il sapore di una fragola! E’ un caso più unico che raro”. Praticamente
noi ci siamo amati per i nostri difetti. No? E come chiamarli quegli tuoi adorabili nei che
formavano un triangolo perfettamente equilatero, e la mia voglia di fragola? Non sono
forse dei difetti? E’ così vero, che per poco non me ne sono liberata, sai con la chirurgia
plastica. A Maurizio non piaceva affatto. Lui era un tipo perfettino, diceva che… Sì,
insomma diceva che gli si ammosciava… E io per poco non ci cascavo. Sono andata a
farmi visitare, avevo già fissato la data dell’intervento, per carità, un intervento
ambulatoriale… e lui una settimana prima crepa di un’allergia fulminante alle fragole.
Poverino, io credevo che esagerasse e invece no. Era veramente allergico, ma chi poteva
saperlo? Un caso. Era primavera, la cameriera al mercato aveva comprato delle vaschette
di fragoline, sapeva che ne andavo pazza, e lui distratto com’era, che pensava sempre e
solo ai suoi concerti, ne mette automaticamente una in bocca e muore. Così, capisci,
davanti a me. Dopo appena un mese di matrimonio. Ce ne vuole di coraggio! Comunque
l’intervento ormai era diventato inutile… e così eccola qui! Speriamo che questo ragazzo
apprezzi le fragole. Sicuramente apprezza gli assegni, avessi visto la faccia che ha fatto
quando gli ho dato l’anticipo! Io credo che volesse saltarmi al collo e baciarmi. Ma il
ragazzo è educato e non l’ha fatto. Senza presunzione, Marcello, penso di essere il suo
tipo. Baci Marcello, caro. Ciao. (Esce)

21
Scena 16. Alberto:(Ha in mano un metro da falegname) Mamma, papà, qui gli
avvenimenti incalzano! Fino a una settimana fa se mi avessero pronosticato tanta fortuna
avrei riso e avrei preso per pazzo chi me ne avesse parlato, e ora invece…Sì, lo so papà,
sono stato ingiusto con te. Certo che la provvidenza prende a volte strane strade… Come
potevo immaginare di incontrare la donna della mia vita davanti a una tomba? Tu lo
sapevi, ma io non ti credevo, papà. Eppure, neppure tu avresti potuto immaginare una
ragazza così. Semplice, ma raffinata. Non è di quelle ragazze con quel trucco eccessivo,
con le gonne troppo corte e i tacchi troppo alti. E’ a dir poco perfetta! L’ho vista e me ne
sono innamorato, e anche lei, sai, sì anche lei, me l’ha confessato, un vero colpo di
fulmine. Ne avevo tanto sentito parlare, dei colpi di fulmine, ma non pensavo che
avvenisse sul serio, roba da soap-opera, mi dicevo. Invece…Ho sentito una voce che
diceva: “E’ lei”, una voce che era dentro di me, ma che ho sentito come se venisse
dall’esterno. Sì mamma, come Giovanna D’Arco. O per lo meno credo. Lei si chiama
Clementina. La ragazza delle margherite. Non è bellissima? Ci siamo conosciuti l’altro ieri
e già ci siamo fidanzati! Abbiamo appuntamento qui, perché così ci presentiamo alle
rispettive famiglie. Sì, tra poco la conoscerete. Mi ha detto che è molto emozionata,
addirittura più che se foste vivi. Ah, non vi offendete, di primo acchito non le riesce di dare
del tu, neanche a suo padre… A me? Beh, ormai siamo diventati intimi, quindi… Ah, papà
su un'unica cosa ti sei sbagliato: non è ricca. No, direi che è addirittura un po’ povera,
ecco. Ma per me fa lo stesso, anzi, così non mi fa sentire troppo inferiore.
Sì, una volta la famiglia era importante, ma poi il padre si è rovinato, è morto e ora… Poco
male, papà, vuol dire che diventerò ricco io. Devo avere ereditato da te la fortuna di
famiglia, sì quella della morte, la vedova Riccobello, per esempio, non solo mi ha
commissionato il mausoleo futurista, ma mi ha chiesto di revisionare, e eventualmente
ammodernare, tutte le sue tombe di famiglia. A cominciare da quella del vostro autorevole
vicino Dottor, professor eccetera eccetera… Marcello Riccobello. Ammodernare! Credo
che mi abbia preso per un sarto! Vuole che siano all’ultima moda! Chi, chi cavolo lo sa
quale l’ultima moda al cimitero. Ha detto: “Voglio per i miei cari, e soprattutto per il mio
primo marito, che poverino veramente se la merita, un tomba di grido!” Boh…Come sarà?
Non ci capivo nulla, le ho detto: “Beh, facciamoci un giretto al cimitero, così mi spiega
meglio cosa intende…” E così ho un appuntamento con lei proprio qui. Ho anche portato il
metro… Però noto, che come tutte le donne, le piace farsi attendere…Beh, intanto prendo
le misure…Ah, vi prometto che appena mi paga tutto il lavoro penso anche alla vostra di
tomba. Ho deciso che se la mostra va bene, voglio dire se vendo e divento un pittore di
successo, progetto una cappella anche per voi. Eccola, la vedo, sta arrivando!

22
Scena 17. Alberto e Verena: (Verena arriva trafelata)
Verena: Alberto, posso chiamarla così? Mi scusi se l’ho fatta attendere, ma il mio
amministratore mi ha tenuta al telefono un’ora intera in merito a certi investimenti…
Alberto: Davvero? Investimenti? Certo che può chiamarmi Alberto, non si preoccupi per
l’attesa, l’ho ingannata qui con i miei genitori…
Verena: Ah, sì, Peracotta, se non erro, i nostri vicini!
Alberto: Si, ho anche cominciato a prendere le misure per l’ammodernamento…
Verena: Sapevo di non essermi sbagliata sul suo conto! Alberto, lei è un giovane
intelligente e intraprendente.
Alberto: Cercavo di ottimizzare il tempo.
Verena: Ottimo! Andiamo allora a fare questo giretto…
Alberto: Sono pronto!
Verena: Bravo. Individuate le tombe, potremmo andare poi a discuterne a casa mia. Ho
un’incredibile collezione di Thè. Che ne dici, caro?
Alberto: Dico che va bene per il tu. In quanto al Thè, ho paura che m’innervosisca, per
oggi. Un’altra volta volentieri. Ma andiamo, se no si fa tardi.
Verena: Andiamo… Mi piace questo tono imperioso!
(escono)

23
Scena 18. Clementina: (Ha in mano un mazzo di margherite) Forse sono un po’ in
anticipo. Ma non vedo l’ora d’incontrarlo! Sa papà, credo proprio di essermi innamorata.
Non mi era mai successo… Non pensavo fosse così meraviglioso. Avremmo deciso di
vivere insieme. A casa sua, vive da solo. No, ancora non ha un lavoro sicuro, ma è un
artista! Ha in programma una mostra tra pochi giorni e ora gli hanno commissionato un
mausoleo. Sì, un intero mausoleo, futurista. Dice che è una figata! Come? E’ una brutta
parola? Oh, mi spiace, non lo sapevo…
Giuro che è educato. Davvero. Aveva appuntamento con una vedova qui, per definire il
lavoro, ma tra poco arriverà e glielo presento. Le piacerà, sicuro. Alberto, così si chiama,
dice che per lui, sono la perfezione in persona. Mi ha chiamata Venere di Milo, non è
simpatico? Soprattutto se si considera che io non mi sento assolutamente all’altezza di
questa affermazione, anzi… Qua e là mi farei fare qualche ritocco… Ma eccolo!

24
Scena 19. Clementina, Alberto e Verena.
Alberto:(Arrivando con Verena) Allora riassumendo, se ho capito bene, per quanto
riguarda il suo primo marito, mettiamo una panca in marmo davanti alla cappella e affianco
pianteremo dei cactus, ma ne è proprio sicura? Non vorrei che poi, crescendo, con le
spine vicino alla panca…
Verena: Per carità, sicurissima! Con il sole che batte inesorabilmente su questa tomba,
giusto i cactus.
Alberto: Bene, per quanto riguarda invece le altre tombe le preparo i disegni…
Clementina: Ciao!
Alberto: Ciao!
Clementina: (A Verena) Buon giorno, mi chiamo Clementina Altisonanti.
Verena: Verena Riccobello, piacere.
Alberto: E’ la mia fidanzata…
Verena: Fidanzata?
Clementina: Un po’ più che fidanzata.
Verena: Un po’ più? Che significa?
Clementina: Che dal mese prossimo andiamo a vivere insieme!
Verena: Auguri! Ma non sarà troppo giovane?
Clementina: Che vuol dire?
Verena: Nulla, cara. Ah, sei tu quella delle margherite!
Clementina: Signora, non capisco proprio a cosa voglia alludere.
Alberto: Io adoro la semplicità delle margherite!
Clementina: Bravo, grazie.
Verena: Non c’è bisogno di scaldarsi così! Ho solo notato qualche volta una margherita,
sulla tomba di mio marito, qui accanto…
Clementina: Beh… Mi sembrava gentile dividere i fiori…
Verena: Molto caritatevole.
Alberto: Beh, noi ora andiamo… Verena, tra una settimana avrò finito almeno il progetto
Riccobello. Ci vogliamo dare già un appuntamento qui?
Verena: Va bene, qui alle tre, fra una settimana. A presto! (Esce)
Clementina: La chiami, Verena?
Alberto: Così si chiama… Me lo ha chiesto lei e non volevo contrariarla, tesoro. Non
essere gelosa, amore mio!
Clementina: E’ che ho la sensazione, che se potesse…
Alberto: Io certo non ti cambierei con lei. Ma non dobbiamo fare le dovute presentazioni?
Clementina: Sono qui, con le margherite, apposta.
Alberto: Allora, mamma, papà vi presento Clementina, spero che vi piaccia quanto piace
a me…
(Buio)

25
Scena 20. Verena:(A differenza delle altre volte Verena è vestita in modo sciatto e porta
dei vistosi occhiali neri) Caro Marcello sapessi che delusione! Credo di essere proprio
invecchiata. Ero convinta di averlo conquistato, il ragazzo, e invece una settimana fa,
davanti a questa tomba qui, vicina a te, mi presenta la sua fidanzata… Che vergogna! Mi
sono improvvisamente cascati addosso tutti gli anni che ho e che neanche sospettavo di
avere. Non posso certo competere con una ragazzina. Io che me l’ero curato tanto! Tutto
inutile. Se non altro però, almeno, tu ne esci bene, con la tua cappella ammodernata, e
con un po’ verde, che non guasta…
Non ti piacciono i cactus? Perché? Sono di tendenza, giuro! Sai l’attico di Anna e Luigi?
Una volta era pieno di fiori, ora solo di cactus. Che vuoi, mi hanno spiegato che sono
molto pratici, richiedono poca acqua, poca assistenza e servono anche a scoraggiare i
ladri, se non altro quelli che vengono dall’esterno… Ormai qui in città vanno a ruba. Ma
poi, cosa vai a pensare, ti paiono questi, i problemi? E che forse tu laggiù non hai molto da
fare e perdi di vista le tragedie che viviamo qui. Io mi sono sentita mortificata, Marcello, mi
credi? Sono uscita dal cimitero e continuavo a pensare alla terribile delusione che avevo
avuto. Lungo la strada per casa, mi guardavo intorno per cercare conferma, nello sguardo
degli uomini che incontravo, del fascino, del mio antico fascino… E ho capito che era così
antico che lo capivano solo alcuni vecchietti che stavano uscendo dall’ambulatorio del
geriatra di fronte casa.
Quelli sì che mi guardavano come ero abituata a sentirmi guardare… Non ci crederai,
appena arrivata a casa, sono corsa davanti allo specchio e, come la matrigna di
Biancaneve, l’ho interrogato sui resti della mia bellezza, poi mi sono chiusa in camera da
letto per una settimana. Naturalmente al buio e senza mangiare. Sì, questo terribile
episodio mi ha provocato una nuova crisi depressiva. Ho pianto per tutto il tempo. Mi sono
dovuta mettere gli occhiali perché ho gli occhi così gonfi… Eppure, c’è qualcosa di strano,
rispetto alle altre volte che ho dovuto combattere per un uomo… Voglio dire, anche con te,
dopo tre o quattro anni di matrimonio, ho dovuto sbaragliare quella tua segretaria che ti
faceva tante moine e per la quale stavi mettendo a repentaglio la nostra unione. Beh,
allora sono andata avanti come un carro armato e l’ho investita senza pietà schiacciandola
sotto il mio cingolato finché non se n’è andata a vivere addirittura in un’altra città, perché
qui le avevo fatto intorno terra bruciata. Invece ora… Sarà che non sono più molto sicura
del mio fascino… Ma non credo che dipenda da quello. Sono abituata anche a combattere
non ad armi pari e a sconfiggere l’avversaria, no, non è quello. E’ un sentimento diverso,
quello che tenta di farmi desistere. Che so, una forma di tenerezza? Di protezione per i
teneri anni di questa ragazzina? Che poi, vuoi saperla tutta? Indovina chi è la ragazza? E’
quella famosa Clementina, figlia di Lidia Altisonanti. Quella nata mezzora prima di Lucetta,
che avrebbe potuto essere quasi una sua gemella, Lucetta che però, non ha mai visto la
luce. Allora mi sono chiesta, Marcello, forse io la identifico con Lucetta? Per questo non
posso combatterla, per questo mi sta a cuore la sua felicità? Non pensavo di avere un così

26
radicato istinto materno, tale da dispiegarsi pure su creature che non solo non mi
appartengono, ma addirittura ostacolano la mia felicità. Non è strano? Ma non devo farmi
vincere da questa insolita debolezza, devo continuare a combattere, se voglio vincere. A
noi Clementina, adesso ti preparo il primo round… Basta, ora dovrebbe arrivare il ragazzo
con i progetti e non vorrei che mi sentisse… Appena in tempo… Eccolo.

Scena 21. Verena e Alberto:


Alberto: (Arrivando trafelato con in mano un rotolo con in progetto) Buon giorno Verena,
mi scusi se sono in ritardo…
Verena: (Guardando l’ora) Tutt’altro, sono io in anticipo. E’ che questo posto così
tranquillo favorisce la concentrazione e la riflessione.
Alberto: E’ vero. E’ così anche per me. O forse era così, perché ora con Clementina a
casa, li ho un po’ dimenticati i miei cari defunti…
Verena: Davvero? Venivi spesso qui?
Alberto: Eh, sì. Quasi tutti i giorni…
Verena: Ma non mi dire! E non ci siamo mai incontrati!
Alberto: Beh, ci siamo incontrati.
Verena: Forse avremmo potuto incontrarci prima…
Alberto: (Cambiando discorso) Come avevo promesso ho qui pronto il progetto.
Verena: Bene, srotoliamolo.
Alberto: Allora, così come era stato deciso, davanti alla cappella ho previsto la panca in
marmo di Carrara e affianco le aiuole per i cactus…
Verena: Benissimo. Quando pensi di cominciare i lavori?
Alberto: Beh, per ora ho in ballo la mostra, che tra parentesi sta andando proprio bene!
Ho già venduto tre quadri!
Verena: Tre quadri? Mica male!
Alberto: No, infatti. Questo mi spinge ad andare avanti.
Verena: Andare avanti? Avresti bisogno di un pigmalione…
Alberto: In effetti ci vorrebbe un pigmalione.
Verena: O una pigmalione.
Alberto: Una? Eh, sì…
Verena: Potrei essere io, questa pigmaliona…
Alberto: Davvero?
Verena: Ho abbastanza fondi per finanziare e abbastanza esperienza di pubbliche
relazioni.
Alberto: Davvero?
Verena: Davvero. Tra le mie conoscenze ci sono due o tre critici d’arte che fanno
tendenza…
Alberto: Davvero?
Verena: Davvero. Non solo, mi vengono in mente, ora anche quattro o cinque galleristi,
dei quali uno a New York.
Alberto: Uno a New York? Davvero?
Verena: Davvero.
Alberto: Cosa aspetta a diventare “la mia pigmaliona”?
Verena: Tesoro, dipende solo da te.

27
Alberto: Da me? Io sono pronto a tutto!
Verena: A tutto?
Alberto: Sì, a tutto. Anche a cambiare sesso!
Verena: E a cambiare ragazza?
Alberto: Cosa vuol dire?
Verena: Hai ragione, tesoro, non mi sono spiegata bene. Avrei dovuto dire “cambiare una
ragazza con una donna”.
Alberto: Vuol dire lasciare Clementina?
Verena: Esattamente, lasciare Clementina per…
Alberto: Impossibile.
Verena: Come?
Alberto: Impossibile. No, non posso. Impossibile.
Verena: Scusa, perché è impossibile?
Alberto: Perché lei è unica!
Verena: Tutte sembrano uniche il primo mese…
Alberto: No, no. Lei è veramente unica!
Verena: Ma che cos’ha di unico? Sentiamo!
Alberto: E’ dolcissima.
Verena: Come lo zucchero? O come il miele, Honey? E’ una delle qualità che viene
riconosciuta più frequentemente. Quindi non è l’unica. Avanti!
Alberto: E’ l’unica che mi capisce.
Verena: Fa finta. Ti asseconda. Nessuno capisce nessuno, neanche sé stesso. Avanti!
Alberto: E’ bella come nessuna.
Verena: E’ opinabile. E’ stata eletta Miss Universo? No, quindi non è unica! Avanti!
Alberto: No, no. Lei è unica.
Verena: Avanti, perché?
Alberto: Perché… Non posso dirlo.
Verena: Questa risposta non vale. Avanti!
Alberto: Ma è una cosa intima!
Verena: E allora? Avanti!
Alberto: Ha dei nei che…
Verena: Altolà! I nei sono difetti.
Alberto: Sì, certo, ma quando solo così deliziosi e così perfetti…
Verena: La parola stessa…
Alberto: Non sono d’accordo, no. Io amo l’arte, quindi la bellezza, e secondo me, certi
difetti, come li chiama lei, servono alla natura per sottolineare i capolavori che ha creato…
Verena: Che ragionamento audace! Va bene, allora elenchiamo cosa sottolineano…
Alberto: Tutto, sottolineano tutto.
Verena: Tutto? Va bene, comunque sia non è l’unica ad avere dei nei… Quindi, avanti!
Alberto: Tuttavia ha qualcosa di veramente unico…
Verena: Non vedo l’ora di saperlo. Avanti!
Alberto: Ha una fragola.
Verena: Come?
Alberto: Voglio dire una voglia a forma di fragola…
Verena: Su una… chiappa?
Alberto: Sì, su una chiappa, come fa a saperlo?

28
Verena: Non è certo l’unica. Ce l’ho anch’io!
Alberto: No, non è la stessa cosa. La sua è unica, perché non solo è a forma di fragola,
ma ha anche il colore di una fragola e soprattutto ha anche il sapore di una fragola!
Verena: Il sapore di fragola?
Alberto: Sì.
Verena: Su una chiappa.
Alberto: Sì.
Verena: Non è possibile…
Alberto: E come, no?
Verena: E i nei dove li avrebbe?
Alberto: Su una guancia. Un perfetto…
Verena: Triangolo equilatero.
Alberto: E lei, Verena, come lo sa? Mi legge nel pensiero?
Verena: Non è possibile. Non è possibile!
Alberto: Cosa fa, mette in dubbio ciò che dico?
Verena: No, è che è troppo bello per essere vero!
(Buio)

29
Scena 22. Alberto e Clementina, poi Verena:
Clementina: Non so perché, ma me lo sentivo che il dottor Altisonanti non era mio padre.
Percepivo un che di estraneo, non riuscivo a dargli del tu!
Alberto: E con tua madre?
Clementina: Beh, con lei è più complicato. Mi ha cresciuta… Anche se ora so che non è
mia madre, mi riesce difficile non volerle bene… Poveretta, le è preso un colpo quando ha
saputo la storia dei nei, eccetera…
Alberto: Mi chiedo se non abbia mai avvertito che tu…
Clementina: Altroché! Mi ha fatto una pena infinita quando ha confessato, non di essere a
conoscenza dello scambio, ma di avere intuito che c’era qualcosa che non andava in
occasione di quell’incidente che richiese un’urgente trasfusione. Possibile che in famiglia
nessuno avesse il mio gruppo sanguigno?
Alberto: Quando è stato l’incidente?
Clementina: Quattro o cinque anni fa, avevo da poco il motorino. E lei tutto questo tempo
ha convissuto con un dubbio del genere… Mi viene in mente, che quando mi spuntarono,
due anni fa, questi tre nei sulla guancia lei li guardò con un orrore che mi spinse a tenerli
sempre coperti con del correttore o del fondo tinta, quasi fossero un segno diabolico.
Alberto: Il triangolo serviva a rappresentare l’occhio di Dio! Per me sono un segno di
perfezione, amore.
Verena: (Arrivando, di nuovo in forma smagliante, ma vestita in modo più discreto) Sono
assolutamente d’accordo. Mi ricordano tuo padre che per me è stato un uomo
fondamentale. Tant’è vero che si è dimostrato anche in questa occasione un angelo
custode. Non a caso è qui, davanti alla sua tomba che si è risolto tutto. Ora ragazzi però,
dovete pensare all’avvenire, che è giovane!
Clementina: Madre, noi se non le spiace, avremmo deciso di sposarci.
Verena: Sono d’accordo se lo volete e, visto che me ne intendo, vi organizzerò io il
matrimonio. Inviteremo anche Lidia Altisonanti, in fondo è stata vittima di un marito
disonesto, ma innamorato, che per darle una figlia non ha esitato a strapparla a me. So,
comunque che ti ha cresciuta bene, da buona madre ed io non voglio che soffra di questa
nostra felicità. Sarà un matrimonio con due madri.
Alberto: E per me, con due suocere!
Verena: Una grande occasione mondana per presentarvi alla crema di questa città. Però,
Lucetta, vorrei come ti ho chiesto già, che mi dessi del tu.
Clementina: Sì, mamma. A quante cose nuove mi devo abituare!
Verena: Vorrei poi che non abbandonaste gli studi. Un medico in famiglia ci vuole, io sto
traghettando verso la terza età e mi è di conforto averne uno vicino. Per quanto riguarda
Alberto, sarà bene che si sbrighi a terminare l’Accademia, voglio proprio farlo diventare un
artista famoso e un titolo di studio non farà male neanche a lui.

30
(FINE)

31

Potrebbero piacerti anche