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Federico Giangrandi
Henry Vittel Thoné 1908-1998
Adieu, mon amour. Sono costretto a fare ciò che faccio: lasciarti. Lo so. Abbiamo
Petronio da crescere. Ma tu non hai nemmeno provato a rendermi felice. Je vouloir
etre heureux, ne ho il diritto. Tu sei una donna vraiment difficile. Ma il mio squarcio
di cielo, il mio pezzo di gloria, l’appezzamento di terra dove coltivare il vero Henry,
quella spiaggia di giovinezza che non ho mai vissuto murato dentro un’adolescente
stordito da amicizie sbagliate, da scambi inutili, da fatiche che nessuno può
immaginare. Quando mi hai conosciuto ero addolorato: la mia balia invecchiava e le
sue zizze erano caduche. Ah, mon père, affetto da nevrosi sessuale, mon père, ha
sempre avuto ragione. In fin dei conti, Petronio proverà le stesse mie pene, in una
fotografia al negativo. Ciò lo avvicinerà a me come nessuna altra cosa. Je suis son
père. Ca veut dire quoi?
Choux, mon amour, seduto in platea ho assistito alla nascita della tua arte. Chanter,
agir, danser, per te sono solo declinazioni dell’essere. Votre maison s’appelle la
legèreté, candore è il nome del tuo giardino, rouge son vôtre cheveux. Gli anni che
ci separano sono soltanto approssimazioni irrisolte dalla natura. La cultura africana
premia l’uomo che si corica con la ragazzina. Perché dovremmo angustiarci? Mi
chiedi se ti amo. Certo. Solo quella parola conosco; l’amore, per me, è la scritta
sulla maglietta che indosso la mattina, il regalo che troverai sul tavolo di un’altra
cucina, i fiori che guarderai dal fioraio. Ma non scendere nell’intimità, nello
spavento del vuoto luttuoso de ma mère morte, nelle stanze sorrette da tramezzi di
teoremi astratti, colme di scatoloni di libri che elencano regole inevadibili. Guarda
solo me, l’evaso. Oppure contempla da fuori l’illusione dell’evasione dietro cui ho
trovato riparo; una sorta di quadro dai colori sbiaditi il cui disegno, posso
sinceramente ammettere, ma solo in cert’une giornate di debolezza, è confuso
anche a me. Ma ora tu sei qui. Carne fresca. Chiappe che sospirano quando le
sculaccio. Frasi retoriche, parole vuote, pensieri fugaci che non fanno polvere,
leggeri come piume, superficiali, inutili, su cui gioiosamente evito di soffermarmi.
Per questo je t’aime pazzamente, plus de mon mère morte, o della mia ultima bàlia
dalle tette saporose di pesca. Peccato tu le abbia piccole. Ma, nessuno è perfetto.
Un bebè avec vouz chiuderà il cerchio dell’amour. J'ai besoin que tu m'envoies une
photo de tes mamelons par courrier. È urgente. Vorrei tenerla sulla mia scrivania,
dans un cadre doré. Ti manderò in cambio una foto dei miei gattini. Henry V.T.
Biscuit, la madre di questo figlio dal nome bizzarro di Zorro, è ormai impazzita. Non
cucina, non viene alle mostre con me, non accetta che io parta per destinazioni
orientali e sconosciute, per studiare i miei amati imenotteri. Mi odia. Mi tratta come
un deficiente.
SONO UN DEFICIENTE, ormai. Me ne sono convinto. Eppure con te, mon choux à la
crème sono felice. Deficiente, ma felice come non mai. Quando leggi un passo del
Lavitico, come lo chiami tu, quando racconti quanto il tuo cuore esploda di fronte ad
un dipinto di Sacha Distel, quand je leche tes sein toujours ferme. Le tette suonano
meglio, in gioventù. È triste, ma ahimè, che ho fatto io per essere l’unico
responsabile di una naturale predisposizione che il maschio si ritrova nel sangue?
Mon père mi diceva sempre: da che parte sta la soluzione più semplice? Presto
saremo tutt’uno. Confida.
Rammenta che ben oltre dieci giorni or sono chiesi una fotografia delle tue tette.
Forse hai dimenticato di spedirla. Fallo al più presto. Quella che mi mandasti a
ottobre mi è caduta nel brodo bollente e non ho potuto recuperarla. L’aspetto con
gioiosa trepidazione. Tuo per sempre, Henry V.T.
Mon Cher Gustavo, non so perché insisti con questa distrazione mitologica in cui
sono rappresentato, da te, come umano non intonato. Insistendo con una mimica
che si palesa quando canto una qualsiasi canzone, tu e gli amici snob della cricca
insana che frequenti, si tappano le orecchie facendo smorfie disgustate. Da quando
lasciai Volonteria, qualsiasi fidanzata abbia avuto, e ne ho avute tante, si è sempre
deliziata, ed eccitata, quando ho cantato loro “La merde”, se ben ricordo il titolo,
quel meraviglioso brano di Charles Trenet che mai capiì per quale ragione sempre
sostenesti esser cantano sol da stronzi. Sapessi quante chernières du pantalon je
suis sorti avec cette chanson. So che hai una grande connaissance in materia di
ostriche, ma fatti dire, in fatto di donne, sei sempre stato, contrairement à moi
même, un povero ingenuotto. A la prochaine fois, mon amì. Henry Vittel Thoné
Chéri, il tuo invito a passare il prossimo fine settimana nella tua villa di Roquebrune
mi coglie dans un moment difficìle. Appena questa mattina uno dei miei diavoletti
alati il avait l’audàce di pungermi sull’alluce. Uno stupido incidente che tuttavia
potrebbe essermi fatale, data la mia ben nota allergia alla Lissonota. Je suis très
faible e gli anni si fanno sentire plus d’une chanson a plein volume. À contrecoeur,
non raggiungerò la tua giovane persona, non potremo fare le scoreggine in piscina
come abbiamo sempre adorato fare. Envoyez-moi une photo de tes nichons. Le
dernière que tu m’as envoyé était tout mouillé. È inutilizzabile a causa del
cappuccino bollente che ho versato a causa del tremolio alle mani. Sognerò il rosa
delle tue aureole. Il tuo vecchio e, se non ti vedrò più, morto, Henry Vittel T.