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APPUNTI FILOSOFIA

Galileo Galilei
Galileo è una figura importante sia in storia che in filosofia: viene studiato in filosofia per le sue
riflessioni metodologiche e per la sua interpretazione del rapporto scienza-fede, in italiano perché
massimo esempio della prosa scientifica. Non è propriamente un teorico della scienza: nei suoi
testi si possono trovare alcuni spunti metodologici, dove ci fornisce annotazioni su quale debba
essere il metodo che la scienza segue, ma dobbiamo riconoscere che è principalmente uno
scienziato che solo a volte si dedica alla teoria. Francis Bacon, al contrario di Galileo, teorizza il
metodo della scienza, senza essere un vero e proprio scienziato.
Vita (1564-1642)
Nasce a Pisa nel 1564. Vive in un periodo Controriformistico, contrassegnato da un rapporto
difficile con l’inquisizione romana per via del Copernicanesimo. A Firenze vive con la famiglia e
comincia a compiere degli studi, concentrati principalmente sulla logica e sulla letteratura, 2
discipline considerate liberali. A 17 anni si iscrive alla facoltà di medicina di Pisa, vive sotto il
governo di Cosimo De Medici. Si iscrive a medicina per volere del padre, poiché in realtà i suoi veri
interessi erano orientati alla fisica e alla matematica. Dopo un anno a Pisa torna a Firenze, e lì
studia matematica assieme a Tartaglia. Al tempo stesso si occupa di fisica, e le sue prime teorie si
basano sulle osservazioni dei suoi esprimenti. A 19 anni scopre l’isocronismo delle oscillazioni di
un pendolo. Fece altre osservazioni di meccanica. A 22 anni mette a punto uno strumento per
misurare il peso specifico delle sostanze, la bilancia galileiana. Nell’88 fa delle lezioni di letteratura
anche a dimostrazione della sua abilità letteraria, poiché egli faceva degli studi letterari
parallelamente ai suoi studi scientifici. Nell’89 è ancora giovanissimo, e diventa professore di
matematica all’Università di Pisa sulla caduta dei gravi. Grazie alla fama di questi anni, gli venne
assegnata una cattedra all’Università di Padova dalla Repubblica di Venezia; Padova era una delle
più prestigiosi sedi in Europa, seconda università italiana nata dalla scissione con quella di
Bologna. Galileo ambiva a studiare in quella di Bologna, ma dovette rassegnarsi a studiare in quella
di Padova fino al 1610. Questi sono i suoi anni più fecondi per quanto riguarda le scoperte: ha uno
stipendio lauto, la possibilità di attingere da tutti i testi delle università, e nel 1609 costruisce un
cannocchiale. Egli viene accusato di non averlo costruito lui: nei suoi testi si difese affermando di
non averlo inventato lui, ma di essere stato capace di costruirlo. Egli aveva infatti avuto notizia di
un uomo olandese che aveva disposto le sue lenti in un modo particolare, facendo ingrandire gli
oggetti che riusciva a vedere, e basandosi solo su questa notizia capisce come mettere in sequenza
le lenti ottiche. Galileo si servì, per primo, di questa invenzione, per osservare la volta celeste,
Quello che scoprì fu duramente contestato: Infatti gli aristotelici lo accusarono di sfruttare
meccanismi del cannocchiale a loro sconosciuti e ingannatori. Egli rivendica così anche la
legittimità degli strumenti utilizzati. Nel 1609 fa una serie di osservazioni astronomiche, pubblicate
nel 1610 nel SIdereus Nuncius (messaggero celeste): opera in cui porta l’annuncio delle scoperte
appena fatte. Keplero legge l’opera e ne conferma la validità. Il fatto che Keplero avesse
considerato giuste le teorie di Keplero, coincidenti con le sue teorie matematica, non fece altro
che confermare e far apprezzare a Keplero le sue teorie. Ebbe così una grande risonanza a livello
europeo, ed ebbe così il privilegio di essere formalmente professore dell’università di Pisa senza
presentarsi effettivamente a lezione, avendo l’opportunità di dedicarsi alla ricerca. Nel frattempo
inizia a scrivere una serie di lettere, lettere copernicane (1613-1615). In queste aderisce al
copernicanesimo, e questo attira le attenzioni dell’inquisizione. Le sue posizioni suscitano le
attenzioni dell’inquisizione. Il cardinale dell’inquisizione romana Bellarmino lo ammonisce nel
1616, avvertendolo che il copernicanesimo è contrario alla dottrina della chiesa: Galileo si impegna
così a non seguirlo. Pochi mesi dopo viene messo all’indice il De revolutionibus orbium coelestium
di Copernico, che in un primo momento era passata inosservata come pura ipotesi matematica. È
un periodo caratterizzato dall’oscurantismo diffuso in varie parti d’Europa, in particolare la
Spagna. Nel 1623 esce una delle più importanti opere di Galileo, il Saggiatore; si occupa
principalmente di comete, ma fa anche considerazioni metodologiche. Nel 1632 fa pubblicare una
nuova opera, soprattutto poiché il papa di allora aveva la fama di essere abbastanza liberale
(Urbano VIII), e che conosceva personalmente: Dialogo sopra i due massimi sistemi nel mondo: Il
Tolemaico e il Copernicano. Per due massimi sistemi si intendono quelli astronomici, in conflitto
all’epoca. Egli non presenta il copernicanesimo come la propria opera, ma cerca di presentarlo
come opera in cui vengono supportate da personaggi inventati. In realtà il dialogo supporta le tesi
del copernicanesimo con le teorie esposte da Galileo. Quest’ultimo viene convocato a Roma dal
cardinale Bellarmino, e nel 1633 il processo finisce con l’abiura di Galileo: egli si impegna a non
professare più il copernicanesimo, e grazie a questa abiura non viene condannato a morte, ma
solo agli arresti domiciliari (inizialmente doveva essere condannato all’ergastolo) presso la sua
Villa di Arcetri. Lì scrive il Discorso sulle considerazioni matematiche e sulle scienze, prima di
morire nel 42.
PRIMO TEMA
Prima di abiurare, Galileo ha sostenuto il Copernicanesimo in due momenti distinti: prima
dell’ammonizione di Bellarmino, con le lettere copernicane, e dopo l’ammonizione, nel 1632 con il
Dialogo. Galileo sapeva benissimo che la sua interpretazione copernicana andasse contro alcuni
passi della Bibbia, ma ciò nonostante la considerava vera. Egli, essendo cristiano, cerca di dividere
l’ambito religioso e quello naturale. In particolare nelle lettere copernicana c’è un’appassionata
difesa dell’autonomia della scienza: egli sostiene che questa non debba essere vincolata dalle
autorità, che siano religiose o filosofiche (aristotelismo). Opererà un po’ come ha fatto Machiavelli,
che voleva difendere l’autonomia politica. Come si può fare? Dicendo che la Bibbia parla di morale
e religione, non di fisica. Quando parla del sole e delle stelle, la Bibbia non sta enunciando un
dogma. La posizione di Bellarmino di fronte a questa dimostrazione è che la Bibbia debba essere
considerata come parola dello spirito santo, e quindi assoluta verità. Chi vede Bibbia come scienza
vede il falso, secondo Galileo. Egli sostiene che la scienza può arrivare a posizioni più sicure,
seguendo non la Bibbia, ma un altro testo: Il mondo naturale, a sua volta creato da Dio.
Guardando la natura, secondo Galileo, si possono riconoscere in lei i segni del suo creatore.
LETTERA A CRISTINA DI LORENA
Egli dice che le persone che sostengono l’Aristotelismo lo fanno sulla base della Bibbia. Egli dice
che è vero che la Bibbia dice sempre il vero, posto che si interpreti correttamente. Tuttavia la
Bibbia non si poteva interpretare: in origine lo era stata, ma solo sulle questioni dogmatiche e
religiose, non quelle astronomiche. Se noi ci fermassimo al significato letterale dovremmo dire che
lì siano dette anche cose blasfeme. La Bibbia vuole accordarsi con il modo di comprendere del
popolo: i colti devono interpretare, anche quando si parla di fisica. Ci dice anche che la Bibbia è
stata scritta tenendo conto delle conoscenze del volgo. Il volgo sarebbe stato confuso, e una volta
confuso avrebbe iniziato a dubitare anche dei dogmi. A Dio, infatti, vengono spesso attribuite
caratteristiche umane; al contempo anche per la terra si fanno affermazioni che devono essere
interpretate. Le affermazioni sui corpi celesti, inoltre, non sono centrali, ma remote rispetto a ciò
che conosce l’uomo. Dice che quando si discute di questioni naturali non si deve partire
dall’autorità biblica, ma da 2 ESPRESSIONI: sensate esperienze e dimostrazioni necessarie.
Sensate fa riferimento alle esperienze sensibili, nell’ottica empiristica; sulla base di
quest’esperienze si fanno delle necessarie dimostrazioni, che implicano un carattere deduttivo
della scienza, NON induttivo. Una volta fatta un’ipotesi generali, vengono infatti dedotte delle
conseguenze. Di queste osservazioni, perché sono basate sull’ordine divino creato da Dio stesso.
Egli dice che se Dio ci ha dato i sensi e l’intelletto non ci ha dato nessuna ragione per non usarli. Le
questioni fisiche/astronomiche sono MARGINALI all’interno della Bibbia. Egli dice quindi che non
dobbiamo evitare di usare gli strumenti conoscitivi fornitici da Dio puramente per un rispetto cieco
verso la Bibbia.
DIFESA DELL’INDIPENDENZA SCIENTIFICA E IMPORTANZA DELL’AUTORITAS
L’autoritas per eccellenza nella concezione medievale erano gli aristotelici. Critici del
copernicanesimo, criticavano anche il fatto che Galileo osservasse il cielo tramite un cannocchiale.
Contro Galileo, così come contro la scienza, rimanevano fedeli ad Aristotele. Galileo deve
difendere l’AUTONOMIA SCIENTIFICA. A noi può sembrare ovvio che affermare un’ipotesi
scientifica sia del tutto legittimo, ma all’epoca era fondamentale considerare con attenzione se si
andava contro un’autorità. Un esempio si trova nel Dialogo, in cui uno dei protagonisti che aveva
conosciuto un maestro aristotelico aveva visto dei nervi collegati al cervello (a differenza della
concezione aristotelica che diceva che i nervi partivano dal cuore). L’indottrinamento era così forte
che l’allievo stava per decidere di rifiutare ciò che aveva visto con i sensi. Gli aristotelici non sono
propriamente, secondo Galileo, seguaci di Aristotele: Aristotele era infatti un osservatore della
natura, come Galileo.
SCOPERTE SCIENTIFICHE
Contribuisce a una nuova concezione dell’universo grazie ai suoi studi di dinamica e alle sue
osservazioni astronomiche. Grazie al cannocchiale trova delle conferme sperimentali di Copernico.
Lo studio del movimento gli permette di rispondere a una serie di critiche che gli aristotelici gli
avevano mosso.
Dinamica
Prima di tutto è importante l’intuizione del principio di inerzia: non lo formula mai esplicitamente,
ma lo dà per scontato. Il principio di inerzia ci dice che gli oggetti possiedono 2 stati: di quiete e di
moto rettilineo uniforme. Galileo potè solo intuirlo, non dimostrarlo. Aristotele diceva invece che
la condizione naturale era la quiete; per Democrito la materia era naturalmente improntata al
movimento. Aristotele distingueva il moto violento (che lo separa dal suo stato naturale) e il moto
naturale (che lo fa tornare alla condizione naturale). Per Aristotele c’era un problema: se il moto
violento viene prodotto da una forza, deve essere introdotto il concetto della “forza motrice
dell’aria”, che lo mantenga in moto dopo che viene spinto dalla prima forza. Galileo elabora la
legge di caduta dei gravi, contro quella di Aristotele. Quest’ultimo aveva dalla sua parte
l’esperienza: pensava che la velocità di caduta dei gravi fosse direttamente proporzionale al peso.
Galileo fu il primo a sostenere che le due grandezze fisiche fossero indipendenti. Questa è una
teoria che va contro l’esperienza intuitiva, solo verificabile nel vuoto. Egli utilizza quindi un
esperimento mentale: utilizza due cubi della stessa grandezza, che messi insieme cadranno con la
stessa velocita con cui sarebbero caduti se caduti separatamente. Vale per tutti i moti, per quelli
rettilinei e per quelli circolari. Galileo dice che non esiste differenza tra cielo e terra, e lo dice
elaborando una scienza del moto; posizione del tutto contraria a quella aristotelica. In questo
modo unifica la scienza del modo e annulla la distinzione tra cielo e terra: quello che aveva già
fatto Giordano Bruno in termini puramente teorici. Per arrivare alla piena distinzione tra cielo e
terra, tuttavia, sono fondamentali le osservazioni astronomiche, fondamentali.
Scoperte astronomiche
La scoperta delle macchie lunari è fondamentale: queste ultima erano da ricondursi ad un diverso
livello di densità della luna. Egli, con il cannocchiale, scopre che in corrispondenza di questi
avvallamenti ci sono montagne e crateri: scope così che non c’è una vera e propria distinzione tra
terra e Luna. In seguito scopre i satelliti di Giove, che quando pubblica il Sidereus Nuncius chiama i
satelliti medicei (una sorta di captatio benevolentia nei confronti dei Medici): scoperta
importantissima per la quale viene meno il motivo per cui la terra dovesse essere ferma. Scopre le
macchie solari, cioè che sulla superficie del sole ci fossero esplosioni: anche il sole quindi può
essere considerato in mutamento, e viene sempre meno la distinzione cielo-terra in cui i corpi
celesti sono corruttibili. Scopre inoltre le fasi di Venere: quando Venere si vede a occhio nudo è
perché è illuminata dal sole; gli antichi erano convinti che Venere fosse luminosa. Venere con il
cannocchiale può essere intravista al buio, capisce che tutti i pianeti sono opachi, e ancora una
volta viene meno quella concezione geocentrica. Infine, guardando quelle stelle fisse, com’erano
conosciute fino ad adesso, capisce che esistono stelle ben oltre il campo visivo umano, e quindi
viene meno anche la concezione dell’universo visto come ristretto. Molte delle critiche sono
rivolte alla possibile manipolazione dello strumento: egli si difende dicendo che il cannocchiale è
stato costruito seguendo le leggi dell’ottica.
DIALOGO SOPRA I MASSIMI SISTEMI
Sulla base delle osservazioni nel Sidereus Nuncius e della dinamica mette a confronto, in un
dialogo, il copernicanesimo e il sistema tolemaico. Egli porta degli argomenti a difesa del
copernicanesimo che fanno capire che lui si schiera dalla parte di questa posizione, mettendosi
tuttavia da parte tramite la forma di narrazione non diretta del dialogo. Ci sono 3 protagonisti.
1. Simplicio. È un personaggio di fantasia, che sostiene le posizioni aristoteliche. Il nome
sottintende il fatto che è un sempliciotto, che si tiene fermo a quello che diceva Aristotele
2. Salviati. Era un nobile fiorentino amico di Galileo. Porta avanti le teorie galileiane non
facendosi vincolare dall’autorità di Aristotele.
3. Sagredo. Nobile veneziano, conosciuto da Galileo, che rappresenta una persona che non ha
un suo parere, ma è libera dai pregiudizi e non si fa contaminare dalla cultura dominante.
Il dialogo si svolge in 4 giorni
1) Nel primo giorno viene criticata la distinzione aristotelica tra mondo terrestre e mondo
celeste, utilizzando le considerazioni astronomiche e gli studi di dinamica.
2) Si confutano gli argomenti aristotelici contro il moto della terra. Per esempio, Simplicio dice
che se la terra si muove gli uccelli dovrebbero rincorrerla. Salviati risponde che l’aria si
muove assieme alla terra. Qui viene elaborata la cosiddetta relatività galileiana: se si sta in
un sistemo chiuso è impossibile decidere se sia fermo o in moto rettilineo uniforme.
3) Dimostrazione della rotazione terrestre. Conclusione con l’esaltazione di Copernico.
4) Presentazione della teoria delle maree di Galileo, in seguito superata da Newton, che
mostrerà che le maree dipendono dall’attrazione gravitazionale tra la luna e la terra.
BRANO 1: RELATIVITÀ GALILEIANA
Dice che è essenziale vedere il movimento degli altri pianeti, essendo essi esterni al moto della
terra. Dice che il nostro movimento non lo sentiamo poiché noi partecipiamo al suo moto. Per
argomentare la sua tesi parte dall’antitesi: se un solo pianeta avesse un movimento rispetto
alla terra allora sarebbe attribuibile solo ad esso; egli spiega tuttavia che, dato che tutti i
pianeti si muovono di uno stesso movimento intorno alla terra, che mantiene invariate le loro
posizioni relative, è più facile e economico spiegare questo movimento come movimento
proprio della terra. Egli dice che il movimento è tale in relazione alle cose che di esso mancano,
e cioè che stanno ferme. Queste, nell’esempio della nave in viaggio da Venezia alla Siria, sono
rappresentate dalle casse, che rispetto alla nave veneziana sono ferme, ma rispetto un punto
esterno sono in movimento. Se tutti gli altri pianeti partecipano di uno stesso moto, tra di loro
sono fermi. Per spiegare questo movimento è possibile dire che la terra si muove, sia che
partecipa ad altri movimenti. Per spiegare l’economicità, dice che tutti siamo d’accordo che la
natura, per comun consenso, non opera con l’intervento di molte cose quello che si può fare
con mezzo di poche. È la stessa natura che, per raggiungere un effetto, utilizza meno mezzi
possibili. Si tratta, in parte di una dimostrazione finalistica. Notiamo che c’è un dipanarsi di un
procedimento logico: non vediamo il movimento della terra perché ne facciamo parte,
osserviamo che gli astri fanno un medesimo movimento intorno alla terra, e quindi prendiamo
per vero la soluzione più economica. È un esempio di prosa scientifica prettamente deduttiva,
che segue la concatenazione dei ragionamenti come un sillogismo.
BRANO 2: SUL NAVIGLIO
Egli fa un esperimento mentale: mentre va una nave le gocce di un secchiello d’acqua
dovrebbero cadere perpendicolarmente alla superficie della stiva di una nave. Questo
esperimento nella realtà non può funzionare perché c’è il moto perturbatore delle onde, non
esattamente uniforme. Egli cerca di farci capire che siamo in movimento insieme alla nave:
fare un salto in avanti o indietro richiederebbero la stessa fatica, e farebbero lo stesso spazio.
Fuori dalla stiva, invece, un’ipotetica farfalla non potrebbe partecipare al movimento della
nave, ma dovrebbe starle dietro a meno che non si avvicini molto alla sua superficie. Questo è
osservabile nei gabbiani e in altri fenomeni analoghi. Uno potrebbe pensare che il moto verso
poppa, poiché la nave va avanti, sia più semplice da eseguire, ma non è così. Egli spiega invece
che se andassimo sul ponte le cose potrebbero andare diversamente. A seconda dei casi si
possono vedere dei cambiamenti: nel caso del fumo rimarrebbe indietro. Quindi spiega che la
partecipazione al movimento dell’osservatore è fondamentale.
METODO GALILEIANO
Galileo, come anticipato prima, più che un teorico è uno scienziato, Possiamo dire che manchi
una definizione organica del metodo, ma esso è applicato senza essere teorizzato. Esistono
tuttavia predicazioni metodologiche nei testi galileiani, e a volte descrive le indicazioni nelle
relazioni dei suoi esperimenti (vedi Il Cannocchiale). Una indicazione metodologica che
abbiamo visto è quella di Madama Cristina di Lorena: e ovvero quel riferimento a “sensate
esperienze e necessarie dimostrazioni”. Il suo primo momento del metodo può essere
considerato un metodo osservativo (basato sull’osservazione della natura) e induttivo (che
parte da osservazioni empiriche per arrivare a ipotesi generali di interpretazione del
fenomeno). Ci sono alcune osservazioni in cui le osservazioni empiriche sono prevalenti: prima
fra tutte quelle astronomiche fatte con il cannocchiale. Quindi l’ipotesi generale del
movimento ella terra, o quella della corruttibilità dei pianeti, è fatta sulla base di osservazioni
empiriche. Il secondo momento, delle necessarie dimostrazioni, è basato su un procedimento
deduttivo, dove si parte da una tesi più generica arrivando a conseguenze particolari tramite
l’intuizione logica. Tuttavia il suo metodo deduttivo non era interamente basata su
quest’ultima, poiché, se non si fosse soffermato abbastanza sulla realtà sarebbe arrivato
all’apriorismo. La deduzione che usa Galileo è la deduzione matematica, che procede dal
generale al particolare. Dall’ipotesi si deduce matematicamente l’aspetto atteso. Alla fine si
confronta questo aspetto atteso con l’aspetto osservato nell’esperimento. Egli confuta l’ipotesi
aristotelica secondo la quale la caduta dei gravi è direttamente proporzionale al peso di essi
proprio grazie all’aspetto osservato, e cioè alla misurazione effettiva che contraddice l’aspetto
atteso. Inoltre, quando fa l’esperimento cerca di isolare tutti i fenomeni perturbatori. Le
sensate esperienze non sono prive di un riferimento alla matematica. Galileo si interessa agli
aspetti quantitativi della realtà, lasciando da parte aspetti come il profumo e il gusto. Sostiene
quindi che bisogna considerare la realtà spogliandola dei caratteri qualitativi. Egli inoltre
sostiene che la ricerca scientifica è sempre carica di teoria, di una presupposizione, un’ipotesi.
L’osservazione non è mai ingenua, ma sempre orientata da un’ipotesi interpretativa di fondo:
Aristotele vedeva il sole muoversi, Galileo la terra, per esempio. È quindi sempre presente una
preconcezione, nelle ipotesi interpretative. Per quanto appaia senziente quindi, sarò sempre
legato alle mie esperienze sensibile, che in qualche modo influenzano le mie teorie. Per
esempio, parlando di Democrito, la sua teoria degli atomi è una teoria principalmente
deduttiva, ma non si può dire che provenga dal vuoto: egli probabilmente l’avrà capita
dividendo un pezzo di pane fino a capire di poterlo dividere quasi all’infinito fino alle briciole.
Bisogna osservare che è sempre necessaria una conferma sperimentale delle teorie.
L’esperimento può confermare quindi esperienze che un tempo (come quella di Democrito)
venivano considerate metafisiche. Esso è perciò fondamentale come tratto distintivo della
scienza moderna, chiamata scienza sperimentale.
L’incontro tra i due momenti della scienza avviene tramite l’osservazione di un fenomeno,
ricostruito artificialmente tramite un’ipotesi teorica. Non sempre è possibile un esperimento
reale: basti vedere l’esperimento del naviglio. Altre volte non è possibile un esperimento
diretto ma e possibile confermare le teorie tramite un esperimento indiretto, quando i fatti
dell’esperimento sono compatibili con quella teoria, non confermandola direttamente. È
fondamentale capire che l’esperimento non ha a che fare con la realtà immediata, e per
questo si può dire che la scienza moderna sia distaccata dal mondo visto ingenuamente e
basata su osservazioni teoriche. “La scienza moderna non si interessa della vita” come disse un
famoso filosofo tedesco del 900 (il concetto di Lebenswelt di Edmund Husserl). L’esperimento
è quindi un’esperienza riprodotta artificialmente, attraverso la predisposizione di condizioni
che fanno verificare l’evento atteso.
Siamo abituati a parlare della scienza moderna, ma non c’è una vera e propria consapevolezza
di cosa tratta rispetto alla scienza antica. La scienza antica eccede o in deduttivisimo o in
empirismo. Deduttivismo vuol dire che non utilizza l’osservazione, ma si basa essenzialmente
sulla ragione. Si arriva quindi a esempi di apriorismo, come quelli di Pitagora (la sfera,
antiterra, ecc..). Per ovviare al deduttivisimo bisogna affidarsi all’osservazione e al controllo
sperimentale. Dall’altro lato, la scienza antica poteva eccedere nell’empirismo: rimaneva
quindi prigioniera dell’osservazione grezza, più ingenua. Un esempio è quello di pensare che la
terra sia ferma, dato che non percepiamo il movimento. Quindi l’introduzione della logica
matematica serve a superare l’eccessivo empirismo della scienza greca. Che la scienza greca a
volte ecceda in deduttivisimo non significa che non sia scientifica: la matematica è
necessariamente deduttiva, poiché essa non si basa sull’esperienza, ma sul ragionamento
umano. Essa è basata sulla logica, e quindi è una costruzione puramente mentale dell’uomo, e
dalla mente dell’uomo deve essere tratta. Questo spiega perché le scoperte dei greci nella
matematica (vedi Euclide) sono riconosciute valide ancora oggi.
PRESUPPOSTI FONDAMENTALI SU CUI SI BASA LA RIFLESSIONE DI GALILEO
Galileo è uno scienziato, ma anche uno scienziato deve basarsi su dei presupposti per fornire la
propria riflessione del mondo. Essi sono impliciti.
I caratteri della scienza moderna definiti da Galileo sono la natura, considerata un sistema
ordinato governato da leggi. Questo modo di concepire la natura è già filosofico, presente nella
filosofia greca, basata sul fatto che ci sia un logos alla base delle cose. Questo logos nell’ottica
galileiana è basato su una serie di leggi in forma matematica. La matematizzazione della fisica è
basata sul fatto che ci sia una base matematica nella natura, secondo Galileo. Galileo
abbandona la visione greca e medievale finalistica: l’uomo non è in grado di cogliere gli scopi
divini. Inoltre il finalismo pecca di antropomorfismo, e pensare alla natura in base a fini
significa attribuire alla natura una sorta di analogia con l’uomo, cosa da dimostrare. Quindi la
scienza moderna non si occupa di cause finali, ma di cause efficienti, è anti finalistica e anti
antropomorfica. Ergo, lo scienziato moderno non si chiede il perché, ma il come (cioè la forza
delle cause efficienti) delle cose. C’è quindi una rottura con il mondo della vita: i quesiti
fondamentali della vita non trovano una risposta nella scienza. La scienza ha un ambito di
interesse ristretto, e ha una sfera che recide tutti i legami con il mondo proprio della vita.
La giustificazione del carattere sperimentale della scienza è elementare: perché non sia
paragonabile alla fantasia, deve essere confrontata con il mondo umano. Il carattere
matematico, invece, si giustifica, secondo Galileo, perché il mondo è scritto in un linguaggio
matematico. Egli paragona l’universo a un libro, che può essere compreso solo comprendendo
la lingua in cui è scritto: egli sostiene che questa lingua sia un linguaggio matematica. La
matematica, quindi, per lui ha un carattere reale, e non è uno strumento di deduzione nato
nella mente dell’uomo. La matematica ha quindi una natura reale. La matematica può essere
legittimamente adattata alla fisica perché essa stessa obbedisce a leggi matematiche: dietro
Galileo c’è la vecchia legge pitagorica poi ripresa da Platone secondo la quale il mondo aveva
una struttura matematica (particolarmente visibile nel Timeo)
Distinzione tra proprietà oggettive e soggettive
Egli sostiene che le proprietà quantitative siano proprie dei corpi e utili perché misurabili. Le
qualità quantitative, invece, non sono proprie dei corpi, ma dipendono dai nostri organi di
senso. Quindi, il profumo di un fiore, il sapore di un cibo, non sono proprietà oggettivamente
misurabili, ma percepibili tramite i nostri organi di senso.
BRANO – PROPRIETÀ OGGETTIVE E SOGGETTIVE
Il caldo è una proprietà soggettiva: non è un’invenzione, infatti nel corpo percepiamo qualcosa,
che non è oggettivo, ma manifesta qualcosa di soggettivo. Fa l’esempio di una serie di
proprietà oggettive, che sono tali perché non possono essere separate dai corpi. Invece, se noi
non avessimo i sensi, probabilmente non immagineremmo neanche molte delle sensazioni
soggettive. Dipendono quindi dal corpo sensitivo: se noi togliessimo l’organo di senso
sarebbero eliminate anche queste caratteristiche. Nel caso del solletico, un altro esempio che
fa, il moto e il toccamento sono oggettivi, e lo sono per un umano come lo possono essere per
una statua. Quando si tocca un uomo, però, si aggiunge la sensazione del solletico: ma essa
dipende dall’organo di senso. Risiede in una parte sensibile della nostra pelle, ma dipende da
una proprietà oggettiva.
ULTIMI CAPISALDI
1. Applicazione della matematica, e la sua considerazione come linguaggio universale
(mathesis universalis)
2. Distinzione tra proprietà oggettive e soggettive e limitazione della scienza allo studio
delle prime, meno che le seconde
3. Fondamentale realismo di Galileo: egli è convinto che la scienza rispecchi la realtà,
cogliendola come propria del mondo stesso e non solo utile a spiegarlo. I teorici
moderni, invece, insistono molto sul concepire la scienza come interpretazione della
realtà, e non qualcosa che la rispecchi perfettamente. Una dimostrazione è la
differenza tra la relatività di Einstein e la concezione di Newton. Alla base del pensiero
di Galileo c’è un principio fondamentale enunciato da Parmenide, sulla base del quale si
fonda anche il resto della filosofia greca, e cioè che pensiero e realtà coincidono.
Gorgia è stato l’unico filosofo greco che ha avuto il coraggio di spezzare
quest’equazione. Bellarmino era un relativista, Galileo un realista: per la scienza
moderna ha ragione Bellarmino, nonostante Galileo sia considerato un martire.
4. Idea dell’immutabilità e dell’uniformità delle leggi naturali. Secondo lui la natura ha un
carattere universale, e un carattere immutabile nel corso del tempo. Hume non sarà
d’accordo con queste affermazioni.

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