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Caratteristiche dei disturbi di personalità:

- Difficoltà ad avere una vera e spontanea motivazione alla terapia


- Forte ambivalenza nei confronti della terapia: una parte di loro ne ha estremamente bisogno,
un’altra ne ha molta paura. Questo è legato al loro attaccamento.
- Si hanno aspetti emotivi molti forti. Il controtransfer è la sensazione di camminare sui vetri e
suscitare nel terapeuta una forte attivazione emotiva (sonno; rabbia; angoscia; colpa)

Nei pazienti con disturbi di personalità si verifica quello che viene chiamato ciclo interpersonale: il
paziente mette in atto dei comportamenti che lo tengono lontano da situazioni che teme ma hanno
l’effetto di far suscitare nell’altro azioni che portano a quella stessa situazione che cercano di
evitare. I narcisisti negano di sbagliare diventando critici nei confronti degli altri finché non portano
l’altro a volerlo umiliare.
Ogni volta che il terapeuta sente di voler agir in modo non terapeutico è perché si trova in un ciclo
interpersonale.

I disturbi di personalità hanno una compromissione delle capacità metarappresentativa:


- Differenziazione
Differenziare la realtà e la mia rappresentazione della realtà (es. dist paranoide della
personalità; disturbo borderline). Hanno quindi difficoltà nel pensiero ipotetico.
- Monitoraggio
Monitoraggio del mondo interno inteso come pensieri ed emozioni, differenziandole
(disturbo Evitante). Questo a causa di caregiver che non si sono interessati al mondo interno
del bambino. Può essere utile per svilupparla chiedere al paziente di entrare nel suo mondo
interno partendo dalle sensazioni fisiche o dalle azioni che avrebbe messo in atto od
utilizzare le tecniche immaginative in fase di assessment.
- Decentramento
Cogliere la mente dell’altro ed ipotizzare che l’altro possa avere un punto di vista e
motivazioni diverse dalle nostre. Avere una teoria della mente. distinguere sempre lo
scopo/il bisogno dall’effetto di un certo comportamento (es. tossicodipendente ha lo scopo
di stare bene ma l’effetto di uccidersi).
- Integrazione
La capacità di integrare è ci che mi permette di avere una idea integra di me e dell’altro.
Avere questa idea integra permette di dare coerenza al mio sentire e ai miei comportamenti
(cosa che non avviene, ad esempio, nel disturbo borderline). Quando il paziente si disintegra
può succedere che il terapeuta parli a solo quella parte del sé del paziente, ma questo non
deve succedere. Il terapeuta si deve ricordare di rivolgersi a tutte le parti del paziente,
nominandole e riprendendole.
- Regolazione emotiva (Mastery): si divide in tre livelli
 Agire sul corpo e sulle situazioni (es. evitando; abusando)
 Agire a livello mentale attraverso delle ingiunzioni o dei divieti (doc asse I)
 Fare operazioni mentali molto complesse a livello metacognitivo = capacità che
vuole sviluppare la psicoterapia
Attenzione a non intervenire precocemente, il paziente deve imparare a comprendersi e a conoscere
il suo comportamento interno prima di qualsiasi intervento altrimenti non avrà esito positivo.
Tranquillizzare il paziente e utilizzare validazione e il confronto empatico.
↓ ↓
Validiamo i bisogni sottostanti il comportamento disfunzionale del paziente e confrontiamo
empaticamente la disfunzionalità del comportamento.
Per comprendere ed intervenire bisogna mettere al primo posto l’esperienza emotiva del paziente,
soprattutto quella nel qui ed ora. Se il paziente aggrotta le sopracciglia o comincia a battere il piede
rapidamente, interrompere quello che si sta dicendo e indagare quello che sta vivendo il paziente.
Facendolo passa il messaggio al paziente che il terapeuta è attento a lui, non ha paura delle sue
emozioni ed allena il monitoraggio.

È importante costruire un contesto validante, prevedibile e sicuro. Dopo il primo colloquio,


leggendolo in ottica di bisogni emotivi primari che il paziente non è in grado di soddisfare e quale
funzione assolvono i comportamenti disfunzionali del paziente, spiegare quello che può succedere e
non succedere all’interno della terapia. Specificare che non leggiamo nel pensiero della gente e che
faremo cose che gli daranno fastidio/arrabbiare; se questo accade, dire al paziente di comunicarcelo.
Spiegare le fasi del processo. Attenzione: bisogna andare in profondità, non fermarsi alla superficie
ma arrivare al tema doloroso. Esplorare le macroaree (rapporto con se stesso, quanto è capace di
relazionarsi con gli altri) e ricostruire la storia del paziente (il paziente darà giudizi sui propri
genitori, accoglierli ma prenderli con le pinze e quindi approfondire con domande).
Aspetto importante è la psicoeducazione perché sono tante le cose che il paziente non sa.
Individuare i temi dolorosi, collegarli ai comportamenti e come questi confermino i temi dolorosi.
Questo richiede anche un lavoro cognitivo che ha lo scopo di ridefinire alcuni pensieri del paziente
attraverso ristrutturazione cognitiva e disputing. Ricordare di essere validanti anche nel dispunting
mostrando rispetto per l’idea del paziente, ricordandosi che è il paziente a dover dimostrare che la
sua idea è fondata e non noi che è falsa.
Chi sono due modi per fare dialogo socratico: lavorare sui dati di realtà o su quanto disfunzionale
sia quella idea, ergo sui processi (più efficace ed immediato).
Esistono delle semplicissime domande che hanno forte capacità metarappresentativa di
differenziazione. “Come ti sei fatto questa idea? Come sei giunto a questa idea? Quando lo hai
imparato?”

“Vali in base a quello che fai”


Ci ha questo pensiero disfunzionali, è, molto probabilmente, un soggetto iperperformante che si
attribuisce un determinato valore in base al valore di ciò che fa e forse attribuisce valore agli altri
sulla base dello stesso criterio. Avrà una tollerabilità bassa verso le persone non meritevoli in
posizioni di potere e di successo.
Chi ha questa idea, se fallisce si reputa un fallito, per cui il soggetto è il suo stesso nemico perché
quando si trova in fondo al baratro la sua voce interna lo farà restare li. Questo determinerà una
maggiore vulnerabilità a crisi depressive.
Queste persone avranno un ansia anticipatoria e da performance altissima che risulterà debilitante e
non permetterà alcuna esplorazione ma piuttosto porteranno all’evitamento.
Pensiero che consegue è "Se non valgo nulla allora non posso essere amato".
Ad esempio, un narcisista per piacere e cercare di essere amabile mette in atto la strategia di non
considerare l’altro ed adulare se stesso, cercando di eccellere sul lavoro. Questo porterà l’altro a non
voler continuare il rapporto con una tale persona andando a confermare il fatto che il narcisista non
è amabile (anche se le sue difese diranno che l’altro è uno stupido).
All’interno delle relazioni chi ha questa idea cercherà sempre di essere in una posizione superiore
all’altro, cercando di essere superiore a lui.
Con questa idea non si possono creare relazioni significative e intime, perché tale persona non si
aprirà mai a mostrare i suoi lati deboli e peggiori.
 Grande vulnerabilità perché quando sarò in difficoltà questa idea non mi aiuterà a superarle
ma mi rende vulnerabile alla depressione
 Grande ansia, sensazione di vivere sempre sotto esame, non ci sarà esplorazione
 Relazioni ne risentiranno perché sarò concentrato sulla performance e non si creerà intimità
con gli altri

Quali domande fare per far emergere al paziente questi inconvenienti?


Fare le domande nel modo più caldo possibile.
Monitorare sempre come il paziente si sente a queste domande e come si sente a rispondere.
Attenzione a come queste idee si attivano nel rapporto con il terapeuta.
Talvolta può essere utile utilizzare lo svelamento del terapeuta, ovvero raccontare e condividere
quello che stiamo provando per il paziente quando comunica i suoi stati interni. Talvolta può
capitare che portiamo il paziente ad esplorare la nostra mente (“come pensi che mi stia sentendo di
fronte a questa tua richiesta”)

- Se mai ti trovassi in grandi difficoltà, quanto ti sarà di aiuto questa idea? Quanto ti aiuterà ad
uscirne o a sprofondare?
- “Non capiterà mai” – Come fai a dirlo? Possiedi la sfera di cristallo? Come farai a superare
una grande difficoltà se tu ripeti a te stesso che fai schifo?
- 🡪 fa emergere come questa idea fa percepire le difficoltà come insuperabili e come sia poco
funzionale per lui.
- Questa tua ansia ti aiuta a dare il meglio di te? Ma com’è vivere sapendo che da un
momento all’altro potresti scoprire che non vali nulla? Quanto puoi permetterti di rischiare e
di tentare se nel caso fallisci poi pensi di essere una nullità? Quanto puoi permetterti di
provare piacere mentre fai una cosa se senti di avere un fucile alla testa pronto a sparare nel
caso sbagliassi?
- Quanto potrai permetterti quando non riuscirai a fare qualcosa di poter chiedere aiuto a
qualcuno? Quanto potrai permetterti di parlare con gli altri di ciò che non sai fare o hai paura
di fare? Quanto il tuo dover essere forte e capace ti permetterà di provare soddisfazione nei
rapporti umani?
- “Le persone non amano i falliti” – Capisco che per te questa idea sia molto forte, ma le
persone non solo hanno bisogno di ricevere cure e attenzioni ma anche di darle, e non amano
meno le persone quando sbagliano. Quando il tuo collega sbaglia al lavoro tu gli vuoi meno
bene? Quando tuo figlio sbaglia tu gli vuoi meno bene?

“Sono un fallito, sarò sempre un fallito”


- Quando hai iniziato a avere questa idea?
Questo pensiero genera un senso di inadeguatezza in ogni situazione della vita del soggetto; un
Senso di insicurezza rispetto alle proprie capacità e lettura della difficoltà come ostacoli impossibili.
Questo porta ad un senso di impotenza. Il paziente penserà che se fosse capace non incontrerebbe
difficoltà, mentre una persona equilibrata riconosce che le difficoltà sono insite nei cambiamenti e
nella vita.
- Quanto ti aiuterà questo pensiero a far fronte alle difficoltà e a superarle? Quanto tempo hai
passato a pensare di essere un fallito e quanto a pensare ad un modo per risolvere i
problemi?
Portare il paziente sui processi esaminando come una idea che lui ha di sé, influenza il suo
comportamento e come questo porti a dei risultati che confermano l’idea che il soggetto ha di sé.

“Se qualcuno ti ama c’è sempre per te 24/24”


Il paziente penserà che nessuno lo ama e che sarà sempre deluso dagli altri.
Una persona che è presente 24/24, però, è una persona che annulla se stessa, che ha un forte
disturbo dipendente di personalità, che non lavora, che non ha vita sociale, passioni o hobby;
fondamentalmente un satellite che ruota attorno alla pianeta che è il paziente. Per cui questa
presenza non è per amore ma per gravi disturbo psicologici.
Il soggetto con tale pensiero disfunzionale sente il bisogno di sapere che qualcuno lo pensa sempre
per sentire di essere amato da qualcuno.
- Lei quando ama, pensa a quella persona 24h su 24?
- Vorresti una persona che non ha amici, che non ha un lavoro, che non sa cosa le piace e
che sta tutto il giorno a pensare a te senza coltivare questi ambiti? Questa persona pensi
che ti possa rendere felice?

“Chi sbaglia merita di essere maltrattato”


Doppia pistola puntata alla testa: la propria ma anche quella degli altri.
Su di sé = ansia anticipatoria e di prestazione per la paura della punizione ad ogni minimo sbaglio.
Sugli altri = la persona è portata a maltrattare il mondo intero, il paziente avrà una scarsa capacità di
collaborazione e di instaurare relazioni portando gli altri ad allontanarsi.
Il paziente dovrebbe arrivare a sviluppare l'idea funzionale che non è possibile non sbagliare ma è
possibile fare buone riparazioni “questa cosa mi fa arrabbiare, lo sai, perché lo hai fatto?”.
- Se ogni volta che sbagli tu venissi maltrattato, come ti farebbe stare?
“Se sbaglio è giusto che mi maltrattino” - Questa cosa ti aiuterebbe ad ammettere il tuo
errore agli altri? come ti farebbe sentire?
- Quanto ti aiuta a cooperare con gli altri questa idea? Come reagiscono gli altri a questa idea?
Potrebbero esserci altre motivazioni per spingere gli altri a sbagliare di meno? Come si
possono sentire gli altri vicino a te se sanno che li maltratterai quando sbaglieranno? Quanto
è possibile costruire un rapporto intimo con questa idea? Quanto è rispettosa dell’essere
umano questa idea dal momento che l’essere umano non può non sbagliare mai? Perché fare
male all’essere umano quando sbaglia?

“Provare, esprimere emozioni è da deboli”


Una relazione perché sia soddisfacente ha bisogno di uno scambio di informazioni. Più esprimiamo
quello che proviamo, più comunichiamo e più rendiamo possibile una connessione con l’altro,
rendendolo più capace di aggiustare le sue azioni.
Basti pensare ai neuroni specchio che portano una persona a essere un po’ triste in presenza di una
persona triste, felice quando c’è una persona felice. Comunicare le emozioni attiva i neuroni
specchio dell’altro permettendogli di essere compassionevole e sintonizzato rispondendo in maniera
più efficace.
Le emozioni sono state date dall’evoluzione per fronteggiare l’ambiente, le risorse e le minacce. Le
emozioni sono la forza che ci permette di avere una connessione con l’ambiente e rispondere in
maniera più adeguata ad esso.
Questa idea disfunzionale porta il soggetto a fare una valutazione delle emozioni non reale. Se sente
ansia e pensa che sia un segno di debolezza, l’ansia salirà ed è possibile che possa addirittura
inficiare la prestazione.
La persona tenderà a non condividere le emozioni e dissociarle dentro di sé, determinando una
vulnerabilità ai disturbi psicosomatici. Se non riconosco ed esprimo le mie emozioni non imparo a
modulare la risposta di tale emozione, portando a tensioni corporee che se prolungate portano a
diverse patologie.
Se non mi concedo di provare ed esprimere tristezza non mi permetto di rispondere ai miei bisogni.
Molto spesso troveremo persone che con questa idea saranno incatenate in relazioni maltrattanti e
tenderanno ad auto invalidarsi perché hanno bisogno di quella relazione e non sentiranno il bisogno
di allontanarsi. Se quando sono triste, io penso di essere debole è molto più probabile che cada in
depressione perché non mi reputo capace di far fronte alla tristezza.
- Come ti rappresenti una persona che non prova emozioni? Come ti vedi non provando
alcuna emozione?
- Cosa ti serve/Quanto è utile/Quali sono gli effetti di non provare e non parlare delle tue
emozioni?
- È mai capitato che l’altro si sia lamentato?
- Come ti fa sentire quando le persone che ami non ti esprimono le loro paure e le loro
tristezze e si chiudono?
- Come ti sei fatto questa idea? Dov’è che l’hai imparata?
- Quando ti sei ritrovato a provare ansia e tristezza, quanto ti è stato utile pensare tutto questo?
Ti ha aiutato a regolare le tue emozioni o a disregolarle?
- Che succede quando provi un’emozione che non puoi permetterti di esprimerti?

“Non sono amabile perché nessuno mi ha mai amato”


- Quand’è che hai iniziato a pensare questa cosa?
Circolo vizioso nel quale questa idea determina comportamenti che suscitano negli altri risposte che
confermano questo pensiero. I comportamenti che posso mettere in atto sono
 Evito: no io delle donne non ne voglio sapere
 Mi arrendo: non ci provo neanche perché tanto andrà così
 Lotto: metto continuamente alla prova la persona che non reggerà il test

- Quali sono le cose che più spesso si lamentano le tue partner? Hai mai pensato di poterle
imparare?
- Quanto questa tua idea possa essere una profezia che si auto avvera impedendoti di
disconfermare tutto questo?
- Come mai hai pensato che essere rifiutati da alcune persone significasse non essere amabili?

"Mai fidarsi di nessuno"


Questa idea porta il soggetto a non riuscire ad instaurare relazioni intime; porta a sentirsi solo e
minacciato, molto vulnerabile e sempre all’erta. Tale idea nasce da una serie di motivazioni valide,
più volte nella sua storia potrebbe essere successo di essere stato fregato, ma sottintende un
immagine del sé molto fragile, inerme, che non riesce a fare fronte alle situazioni.
A livello comportamentale
 Ipercompensazione: divento io l’abusante
 Evito: mi chiudo e isolo
 Reso: mi arrendo a costruire relazioni con persone maltrattanti

- Come distingui tra chi si avvicina a te e ti vuole fregare e chi si avvicina a te perché ti vuole
bene?
- "Non puoi pesare, deludere, contrariare gli altri, se no, ti abbandonano. E' sempre successo"
- Persone che per paura di essere abbandonati possono essere super compiacenti e
accomodanti
- Per la persona con vissuto abbandonico, i rapporti e le relazioni sono fatti di cristalli e se
vengono rotti non possono essere riparati perché ormai in mille pezzi.
- Il tuo ideale di rapporto è quello in cui non puoi contare sull’altra persona, in cui non puoi
ricevere supporto dall’altra persona?
- Come ti sei fatto l’idea che tutti fanno così? Perché secondo queste idea le amicizie non
esistono mentre tu giustamente le ricerchi.
- Come questa idea ti permette di fare una giusta selezione degli altri?
- Secondo questa idea tu dovrai mettere una maschera con gli altri non riuscendo mai ad
essere autentico.
Importante è aiutarli a riconoscere che questa idea non permette di avere una visione realistica dei
rapporti umani.
"Non puoi arrabbiarti con chi ti ama, se lo fai sei una persona cattiva!"
Una persona con questa idea è incapace di tutelarsi dalle ingiustizie che sta vivendo.
Anche la rabbia, però, è manifestazione di un nostro bisogno e se non la si riesce ad esprimere in
modo equilibrato, non ci permette di esplorare a fondo la relazione con l'altra persona e come l’altro
riesca a rispondere a questo bisogno.
- Come ti sei fatto questa idea? Come sei giunto a questa conclusione?
- Le persone che hai accanto non si sono mai arrabbiate con te?
- Come fai a capire quanto una persona è disposta a mettersi in gioco con te se non hai
confronto con lei?
- Come fai a tutelare te stesso?
- C’è un modo in cui esprimere la rabbia che non ti faccia sentire cattivo?
Il paziente sta applicando un giudizio morale su una situazione normale e funzionale.
Importante è capire anche che modello di espressione della rabbia hanno, evidenziando come la
rabbia vada espressa e non agita.
Far capire ai paziente che hanno diritto di disturbare, di far preoccupare, di farsi aiutare dalle
persone che loro amano e dicono di amarli.

Provare a prendere altri significati disfunzionali che vengono in mente e iniziare a ragionare su
quali sono gli inconvenienti di questi significati.

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