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Nella primavera del 1984, CIR - Compagnie Industriali Riunite di Carlo De Benedetti
diventa socio di maggioranza della Arnoldo Mondadori Editore. Nello stesso periodo,
Silvio Berlusconi inizia ad acquisire quote consistenti della società editrice, rimanendo
tuttavia socio di minoranza, e nel corso dell'anno diventa comproprietario, assieme alla
Mondadori (50% ciascuno), del canale televisivo Rete 4.
Nel 1987 muore Mario Formenton, presidente della Mondadori e gestore della casa
editrice dopo la morte di Arnoldo Mondadori (1971) e l'estromissione dall'azienda di
Giorgio Mondadori (1976), figlio di Arnoldo. Si apre così un periodo di contrasti per la
successione nella gestione dell'azienda di famiglia tra le due figlie di Arnoldo. La prima
figlia, Cristina, vedova di Mario Formenton, ha il figlio primogenito, Luca impegnato in
azienda e la seconda figlia, Laura, ha anch'essa il primo figlio attivo in azienda,
Leonardo.
Viene quindi organizzato un lodo arbitrale nel quale viene chiamato a decidere un
collegio di tre arbitri, scelti di comune accordo da De Benedetti, i Formenton/Mondadori
e la Corte di Cassazione e costituito da Pietro Rescigno (designato dalla CIR), Natalino
Irti (scelto dai Formenton Mondadori) e Carlo Maria Pratis, procuratore generale della
Repubblica presso la Cassazione (designato dal primo presidente della Corte di
Cassazione).
Il verdetto viene emesso il 20 giugno 1990 sancendo che l'accordo tra De Benedetti e i
Formenton è ancora valido a tutti gli effetti e le azioni Mondadori devono tornare alla
CIR; De Benedetti ha quindi il controllo del 50,3% del capitale ordinario e del 79% delle
azioni privilegiate della Mondadori. Come conseguenza Silvio Berlusconi lascia la
presidenza di Mondadori insieme ai suoi dirigenti Fininvest che vengono sostituiti da
quelli di De Benedetti (Carlo Caracciolo, Antonio Coppi e Corrado Passera).
Fonte: www.wikipedia.org
La corruzione del giudice Metta per il Lodo Mondadori costerà a Silvio Berlusconi 494
milioni di euro, al netto degli interessi su quanto aveva già pagato in più. Lo ha stabilito
la Corte di Cassazione che ha messo la parola fine sulla guerra di Segrate respingendo il
ricorso della Fininvest contro la Cir dei De Benedetti per il risarcimento del Lodo. Che
rimane quindi confermato, ma con un ritocco al ribasso: il taglio è di circa 23 milioni di
euro rispetto ai 564,2 milioni di euro che il Biscione aveva già versato nel 2011. Alla
somma da restituire, che fissa quindi il risarcimento in 541,2 milioni, vanno poi aggiunti
interessi e rivalutazioni, che portano il totale da sottrarre a quanto già pagato da
Fininvest a circa 70 milioni di euro e l’esborso complessivo di Berlusconi a favore di De
Benedetti a quasi 500 milioni. La decisione è emersa dalle motivazioni sul Lodo
depositate dalla Terza sezione civile della Cassazione relativamente all’udienza svoltasi
lo scorso 27 giugno.
Si tratta di un verdetto monumentale di 185 pagine nelle quali si legge tra il resto che
“la valutazione complessiva degli elementi ed argomenti di prova, condotta ai soli fini
civilistici, di ricondurre alla società Fininvest la responsabilità del fatto corruttivo
imputabile anche al dott. Berlusconi risulta correttamente motivata”. La Cassazione
sottolinea inoltre che la vicenda penale del Lodo Mondadori si è ormai “irrevocabilmente”
conclusa per Berlusconi, che è stato prosciolto per prescrizione.
Entrando nel dettaglio della sentenza, poi, la Suprema Corte, ha accolto solo, e in parte,
uno dei motivi della difesa Fininvest, il tredicesimo, inerente il reclamo per l’eccessiva
valutazione delle azioni del gruppo L’Espresso. Sul punto i supremi giudici hanno
“cassato senza rinvio il capo della sentenza di appello contenente la liquidazione del
danno in via equitativa, come stimata nella misura del 15% del danno patrimoniale già
liquidato” e subìto con l’annullamento, nel 1991 da parte della Corte d’Appello di Roma,
del lodo arbitrale favorevole a De Benedetti sul controllo della Mondadori.
In secondo grado, per i giudici, era stato stabilito che se il relatore non fosse stato
corrotto, la Mondadori sarebbe andata a De Benedetti. In primo grado, il giudice
Raimondo Mesiano aveva fissato un risarcimento di 749,9 milioni (poi ridotto di peso in
appello) sostenendo che la Cir aveva subìto un danno patrimoniale da perdita di chance.
Secondo la Cassazione (in linea con la Corte d’appello) invece, la corruzione da parte
della Fininvest del giudice romano Vittorio Metta, ha privato la Cir di De Benedetti “non
tanto della chance di una sentenza favorevole, ma, senz’altro, della sentenza favorevole,
nel senso che, con Metta non corrotto, l’impugnazione del Lodo sarebbe stata respinta”.
Nel motivo di ricorso di Fininvest che la Cassazione ha accolto si denunciava falsa
applicazione del criterio equitativo sul danno patrimoniale ulteriore. Confermata nel
resto l’impugnata sentenza.
A favore della Cir, la Cassazione ha anche liquidato 900.200 euro per le spese del
giudizio innanzi alla Suprema Corte. E la cifra poteva essere pari al doppio se la Corte
non avesse deciso di dimezzarle per “la complessità e la novità delle questioni trattate
(che emergono anche dalla operata correzione della motivazione della sentenza di
appello) e l’accoglimento di uno dei 15 motivi di ricorso” della Fininvest. Il verdetto è
firmato dal presidente del collegio della Terza sezione civile, Francesco Trifone, e dal
consigliere Giacomo Travaglino.
La notizia ha fatto fare un balzo in Borsa al titolo della holding dei De Benedetti che
viaggiava in parità ed è balzato del 6,89 per cento. A seguito della sentenza della Corte
d’appello di Milano depositata il 9 luglio 2011 che aveva condannato Fininvest al
risarcimento del danno causato da corruzione giudiziaria nella vicenda del Lodo
Mondadori, Cir aveva ricevuto da Fininvest il pagamento di 564,2 milioni, comprensivi di
spese legali ed interessi.
“Tale importo, secondo quanto previsto dai principi contabili internazionali (IAS 37), non
ha avuto e non avrà impatti sul conto economico del gruppo fino all’ultimo grado di
giudizio – si legge nell’ultimo bilancio di Cir -. Le maggiori disponibilità, iscritte a bilancio
a fronte di un debito finanziario di pari importo, non comportano alcun mutamento nella
strategia cui si ispira la gestione finanziaria del gruppo”, che ora invece, fatte le debite
sottrazioni, ne potrà disporre liberamente. Effetto opposto, ma più contenuto, per
Mediaset che da un andamento positivo è passata a uno negativo e ha ceduto lo 0,59
per cento, mentre Mondadori dopo un iniziale sbandamento ha chiuso in semi parità a
+0,09 per cento.
Fonte: www.ilfattoquotidianoit