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Il doping genetico è l’ipotetico utilizzo da parte di atleti di terapie genetiche durante eventi sportivi che

proibiscono questo tipo di tecnologia, non per scopi terapeutici ma per migliorare la loro performance
atletica. Fino ad Aprile 2015 non era stata trovata alcuna evidenza che questo tipo di pratica venisse
utilizzata come doping con l’obiettivo di migliorare le prestazioni sportive durante le competizioni. Il doping
genetico si basa sull'uso di un transfer genetico in modo da aumentare o diminuire l’espressione genica e la
biosintesi di specifiche proteine umane. Questo processo può essere svolto iniettando direttamente il
carrier genetico nel soggetto, oppure prelevando da esso alcune cellule, modificandole e iniettandole
nuovamente nella persona interessata.

I BERSAGLI DEL DOPING GENETICO

Le capacità di un atleta di eseguire specifici sforzi fisici sono determinate dai meccanismi adattativi
del sistema circolatorio e respiratorio, muscoli scheletrici e altri organi. L'efficacia di questi
meccanismi sono geneticamente determinati. La presenza di varianti geniche specifiche decide sulla
forza di tali caratteristiche fisiche come la velocità e la resistenza, la forza muscolare e il controllo
dell’emozione. I geni esogeni con più alta probabilità di essere utilizzati per il doping genetico (vedi
tabella sotto) includono: eritropoietina (EPO), ormone della crescita (GH), fattore di crescita
vascolare endoteliale (VEGF - A e VEGF - D), insulino- like growth factor 1 (IGF - 1) e gli
antagonisti della mio statina, come la follistatina (FST).
Il trasferimento genico come metodo per rafforzare le caratteristiche fisiche e fisiologiche
desiderate o migliorare il naturale fenotipo di un atleta è un modo per raggiungere il successo
nello sport per molti atleti. Per questo motivo, le indagini intensive sul potenziale uso di doping
genetico in molti sport sono oggi sempre più numerose.
STORIA

La storia di preoccupazione attorno al potenziale del doping genetico segue quella della terapia genetica,
ovvero l'uso medico dei geni per curare le malattie, testata per la prima volta clinicamente negli anni '90.
L'interesse della comunità sportiva venne particolarmente stimolato dalla creazione all'interno di un
laboratorio universitario di un 'topo più potente', ottenuto iniettando nell'animale un virus trasportatore
del gene che codifica l’IGF-1; il topo risultava più forte rispetto a topi non trattati, anche in assenza di
esercizio e con l’avanzare dell’età. Inizialmente il laboratorio era alla ricerca di cure per le malattie da
deperimento muscolare, ma quando il loro lavoro venne pubblicato, il laboratorio venne sommerso di
chiamate da parte di atleti e allenatori in cerca di cure. Nel 2007, uno degli scienziati del team dichiarò al
New York Times: "Devo ammettere che sono rimasto abbastanza sorpreso. Molte persone hanno cercato di
persuadermi con frasi come 'questo ti aiuterà a fare passi avanti nella tua ricerca'. Altri si sono addirittura
offerti di pagarmi". Lo scienziato ha inoltre ammesso che ogni qualvolta che una ricerca simile viene
pubblicata, riceve numerose chiamate e che pur provando a spiegare che anche qualora il trattamento
fosse pronto per l'uso sulle persone, (il che richiederebbe comunque anni) ci sarebbero in ogni caso seri
rischi, inclusa la morte; ma nonostante le sue spiegazioni gli atleti continuano a volerlo usare.

Nel 1999 lo sviluppo nel campo delle terapie genetiche subì un grande arresto in seguito alla morte di Jesse
Gelsinger, causata da una reazione avversa alla terapia durante una sperimentazione clinica. Questo
episodio spinse le autorità americane ed europee ad incrementare le misure di sicurezza durante le
sperimentazioni, in aggiunta a quelle già adottate per far fronte ai rischi legati all'uso di DNA ricombinante.
Theodore Friedmann, uno dei pionieri della terapia genetica, insieme a Johan Olav Koss, medaglia d’oro di
pattinaggio di velocità alle Olimpiadi, pubblicò nel Giugno 2001 il primo documento ufficiale che avvertiva
dei rischi derivanti da questo tipo di doping. Nello stesso periodo, un Gruppo di lavoro sulle terapie
genetiche, convocato dalla Commissione Medica del CIO, affermava "siamo consapevoli del potenziale
abuso di medicinali per terapia genetica e abbiamo intenzione di stabilire procedure e test all'avanguardia
per rilevare il possibile abuso da parte degli atleti".

Nel 2002 venne pubblicata una ricerca riguardante una terapia sperimentale con il Repoxygen, che forniva
la codifica per il gene dell’EPO, utilizzata come possibile trattamento per l’anemia. Gli scienziati di quella
compagnia ricevettero molte telefonate da parte di atleti e allenatori. Nello stesso anno l'Agenzia mondiale
antidoping (WADA) tenne il suo primo meeting per discutere il rischio di doping genetico nel quale il
Presidente del Consiglio di bioetica degli Stati Uniti presentò il doping genetico nel contesto del
potenziamento umano.

Nel 2003 nel campo delle terapie genetiche si fecero passi avanti e passi indietro: da un lato venne
approvato il primo farmaco per la terapia genetica, il Gendicine, utilizzato in Cina per la cura di alcuni
tumori, mentre dall'altro in Francia alcuni bambini trattati con cure sperimentali, poiché immunodepressi,
iniziarono a sviluppare la leucemia. Sempre nel 2003 l'Agenzia mondiale antidoping aggiunse alla lista dei
metodi proibiti il doping genetico e un simposio convocato dall'American Association for the Advancement
of Science si focalizzò sulla questione.

Nel 2004 una ricerca pubblicata da alcuni scienziati dimostrò che un topo al quale era stato iniettato un
gene modificato aveva quasi il doppio della capacità di resistenza di un topo non trattato e venne
soprannominato “topo maratoneta”; gli scienziati che condussero lo studio vennero contattati da numerosi
allenatori ed atleti. Sempre nello stesso anno la WADA iniziò a finanziare ricerche per individuare un
metodo efficace per rilevare l’uso di doping genetico, creando inoltre un gruppo di esperti incaricati di
studiarne i rischi.

Nel 2006 l’interesse da parte degli atleti per questo tipo di pratica ricevette una grande copertura mediatica
grazie alla sua menzione durante un processo contro un allenatore tedesco accusato, e ritenuto poi
colpevole, di somministrare ai suoi atleti, farmaci per migliorare le prestazioni a loro insaputa. Un'e-mail in
cui l'allenatore tentava di ottenere uno specifico farmaco, il Repoxygen, venne letta in aula dal pubblico
ministero divenendo di fatto la prima divulgazione pubblica riguardo l’interesse di alcuni esponenti del
modo sportivo nei confronti del doping genetico.

Nel 2011 venne approvato il secondo farmaco per questo tipo di terapia: il Neovasculgen, utilizzato in
Russia per il trattamento della malattia delle arterie periferiche.

Nel 2012 il Glybera divenne il primo farmaco approvato in Europa e negli Stati Uniti per il trattamento di
malattie ereditarie rare.

Più il campo delle terapie genetiche viene sviluppato, maggiore diventa il rischio che esse vengano utilizzate
per scopi dopanti.

Agenti
Esistono numerosi geni che possono essere utilizzati come agenti dopanti. Essi includono EPO, l’IGF-1,
ormone della crescita, miostatina, fattore di crescita endoteliale vascolare, fattore di crescita dei fibroblasti,
endorfina, encefalina e alfa-actinina-3. I rischi correlati al doping genetico sono simili a quelli delle terapie
genetiche: reazioni infiammatorie, cancro, morte; in tutti i casi i rischi vengono considerati sul breve
termine piuttosto che sul trattamento di malattie gravi.
Alfa-actinina-3

Si trova all'interno delle cellule del muscolo scheletrico umano e viene riconosciuta in diversi studi per
avere un differente polimorfismo in alcuni atleti a livello mondiale rispetto ad atleti normali. Una sua forma
che induce a produrre più proteine è stata rilevata nei velocisti ed è stata correlata a una maggiore
potenza; un'altra forma che causa invece una minore produzione di proteine è stata rilevata negli atleti che
praticano sport di resistenza. In questo caso il doping genetico può essere progettato secondo il
polimorfismo, oppure per gli atleti di endurance, costruendo delle piccole sequenze di DNA che
interferiscono con l’espressione genica.

Miostatine

Le miostatine sono delle proteine responsabili dell’inibizione della differenziazione e della crescita delle
cellule muscolari. Rimuovere il gene che codifica per le miostatine o limitarne la sua espressione significa
provocare una crescita muscolare e ottenere una maggiore potenza. Questo concetto è stato dimostrato
con un esperimento condotto su un topo da laboratorio, geneticamente modificato, soprannominato “Topo
Shwarzenegger”. Anche gli esseri umani nati con geni difettosi possono essere utilizzati come modelli per
dimostrare questo fenomeno: un bambino tedesco nato con una mutazione genetica con una doppia copia
del gene della miostatina, presentava sin dalla nascita dei muscoli sovra-sviluppati. Negli anni la rapida
crescita dei muscoli è continuata, tanto che all'età di 4 anni il bambino era già in grado di sollevare pesi da 3
kg. In uno studio pubblicato nel 2009, alcuni scienziati hanno somministrato tramite terapia genetica la
follistatina nei quadricipiti di alcuni primati, con il risultato di una crescita muscolare simile a quella del topo
citato in precedenza.

Eritropoietina (EPO)

L’eritropoietina è una glicoproteina ad azione ormono-simile, la quale ha il compito di controllare la


produzione di globuli rossi. Gli atleti da molti anni si iniettano EPO a scopo dopante (doping ematico).
Quando viene iniettato, L'EPO incrementa la produzione di globuli rossi in circolo, aumentando la quantità
di ossigeno disponibile per i muscoli e migliorando così le capacità di resistenza degli atleti.[6][22] Studi
recenti suggeriscono che sia possibile introdurre negli animali un altro gene dell’EPO in modo da
aumentarne la produzione endogena.[21] Questi geni sono stati testati con successo sui topi e sulle
scimmie, riscontrando un incremento dell’80% nei livelli di ematocrito di questi animali. Tuttavia,
nonostante questi risultati positivi, alcuni animali hanno in seguito sviluppato gravi anemie come reazione
avversa.

IGF-1

È una proteina coinvolta nella mediazione dell’ormone della crescita (GH). La sua somministrazione ha
prodotto una crescita muscolare nei topi da laboratorio e una rigenerazione più rapida di fibre muscolari e
nervose.[19][6] Il rischio negli atleti che lo utilizzano come agente dopante è quello di sviluppare malattie
cardiovascolari e tumori.
Altri agenti

Modulare il livello delle proteine che interferiscono anche a livello cerebrale e psicologico può essere
considerato utile per il doping genetico; per esempio la percezione del dolore dipende dalle endorfine e
dalle encefaline, la risposta allo stress dal fattore neurotrofico cerebrale; incrementare la sintesi dei
neurotrasmettitori mono amminici può migliorare il tono dell’umore negli atleti. Le encefaline sono state
somministrate tramite terapia genetica utilizzando un virus dell’Herpes incapace di replicarsi, il quale aveva
come target i nervi; questo processo ha fornito risultati abbastanza validi da essere poi inserito nella Fase 1
di una sperimentazione clinica per pazienti terminali con dolore incontrollato. L’adozione di tale approccio
negli atleti potrebbe tuttavia risultare problematico poiché l’attenuazione del dolore potrebbe essere
permanente. Il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) è stato sperimentato nei test clinici per
incrementare il flusso di sangue ed è stato considerato un potenziale agente dopante; nonostante ciò i
risultati a lungo termine hanno dato scarsi risultati.

Test antidoping

L'Agenzia mondiale antidoping è la principale organizzazione che regola i controlli anti-doping. Sono stati
sperimentati metodi sia diretti che indiretti. Per quanto riguarda i controlli diretti viene tracciata la presenza
di proteine ricombinanti o di alcuni vettori nel sangue, mentre per quanto concerne i metodi indiretti
vengono esaminati i cambiamenti fisici sospetti nell'atleta o le differenze strutturali tra proteine
ricombinanti ed endogene. metodi di rilevazione indiretta sono molto soggettivi e rendono più difficile
l’indagine in quanto ogni individuo ha delle proprietà biologiche diverse e uniche. Un esempio è
rappresentato dal campione olimpico di sci di fondo Eero Mäntyranta, il quale presentava una mutazione
genetica che permetteva al suo organismo di produrre un livello più elevato di globuli rossi. In un caso
come questo sarebbe stato molto difficile determinare se questi alti livelli di globuli rossi fossero stati
causati da una mutazione endogena o artificiale

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