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Catania capitale italiana dello street food

La tradizione dello street food catanese è notoria in tutto il mondo. Dal compianto Anthony  Bourdain,
all'istrionico Stanley Tucci, tutti hanno celebrato le grandi virtù del mangiare di strada del capoluogo
etneo. Per capire il successo di questa cosa, bisogna ispezionare il tessuto connettivo della città, davvero
unico, che la rende così speciale, nel bene e nel male. Catania è una città di commercio e di commercianti,
con uno degli scali portuali più importanti d’Italia e con un storico mercato ittico. Proprio qui e nella fiera
antistante, venne coniata l’espressione “fudda e mala vinnita”, letteralmente “confusione e cattivi affari”,
segno di un particolare vezzo caratteriale del catanese, da sempre festaiolo, che preferisce alla ricercatezza
riservata, luoghi di maggiore inclusione, spesso a buon mercato. Proprio per questa sua attitudine, la
ristorazione media della città maramaldeggia in uno stato di confusione, con pochi, ma luminosi virtuosismi,
a differenza invece di tutto il comparto street, che brilla di luce propria offuscando tutto il resto.

Catania vanta difatti, la più grande ristorazione diffusa all’aperto di tutta Italia, una cucina popolare completa
che si consuma rigorosamente per strada. Le buone regole per il cibo da strada sono sostanzialmente tre:
tradizione popolare, reperibilità urbana e costo contenuto. Ecco un prontuario indispensabile per districarsi
con destrezza fra le delizie (e le strade) della capitale dello street food italiano.

LA TAVOLA CALDA
Sicuramente i palati più delicati apprezzeranno il fiore all’occhiello dello street food catanese: la tavola
calda. Semplicemente irrinunciabile!
La specialità gastronomica catanese “da banco” più famosa e con la più grande scelta della Sicilia, se ne
contano circa trenta varietà. Una vera e propria istituzione!
Immancabile nei bar, nelle rosticcerie e nei panifici della città, spesso viene interpretato come uno spuntino
che può benissimo essere succedaneo del pasto, sempre pronto, dalla colazione alla cena.
Non solo gli arancini (in Sicilia orientale rigorosamente al maschile) farciti in mille modi, ma anche pizzette,
“bolognesi”, pizza coperta da uno strato di sfoglia e farcite con il classico ragù, i cosiddetti “paté”, che nulla
hanno a che vedere con creme spalmabili, sono in realtà dei grandi triangoli di mezza sfoglia, farciti con
prosciutto e provola. Altri prodotti golosissimi sono le “cipolline”, mezze sfoglie anch’esse, ripiene con
prosciutto, formaggio, pomodoro e cipolla cotta, le soffici “cartocciate” con funghi, melenzane, e salumi e le
bombe fritte, naturalmente.

I PANINI DEI CAMION


Sì, la dicitura corretta è proprio questa. Oltre all’onnipresente tavola calda, Catania è famosa anche per i
panini. Esclusivamente la sera, in molti angoli della città, ma soprattutto fra il lungomare e la stazione,
troverete dei camioncini pronti a servivi, fino alle prime luci dell’alba, gustosissimi panini con infinite
combinazioni di condimenti.
Da provare il panino con porchetta, formaggio e condimenti vari. Da notare che la porchetta, per com’è
intesa a Catania, non è la classica porchetta alla romana, bensì il suo salume, tagliato a fette.
ARRUSTI E MANGIA
Una sorta di cotto e mangiato in salsa wild. Se siete carnivori convinti, specie in materia equina, il vostro
posto è il centro storico della città. Il percorso che dagli Archi della Marina porta in via Plebiscito, senza
dimenticare la zona del Castello Ursino, trabocca di carnezzerie e piccole trattorie specializzate nel
famoso “Arrusti e Mangia”, che per il catanese è una filosofia di vita. Il caratteristico odore di brace e il
fumo bianco e denso che fuoriesce dai locali, vi introdurrà nel fantastico mondo della carne: bistecche e
gustosissime polpette di cavallo sono protagoniste. Filetti d’asina, involtini e braciole di vitello, puntine e
costate di maiale, condite, o per dirla alla catanese “benedette” con un generoso mazzo di rosmarino, intinto
in un pinzimonio di olio, limone, aceto e peperoncino, chiamato salmoriglio. A Catania sacro e profano si
miscelano irrimediabilmente.
Da provare obbligatoriamente la “cipollata”, un cipollotto avvolto in tenere fette di pancetta, ovviamente
cotto sulle braci roventi.
 
‘A QUAR ÙMI E ‘U SANG ÈLI:
Se amate infine le sensazioni forti e non siete facilmente impressionabili, la sezione “interiora” potrebbe fare
al caso vostro. La quarumi è un must eat di questa categoria. Quarumi significa “pietanza calda”, in italiano
“caldume”. Condita con sale, pepe, olio e limone, consiste in viscere di vitello di vario tipo, non solo la
trippa per intenderci, bollite con cipolle, sedano, carote, prezzemolo. Il tutto tagliato e servito nei tipici
banconi di marmo. Ne era ghiotto anche il poeta erotico catanese Domenico Tempio, detto Micio. In
pescheria, sotto gli archi della Marina, davanti la piazzetta dove i venditori di pesce urlano per attirare
l’attenzione, si trova uno degli ultimi venditori di “sangeli”. Il venditore di strada di prodotti culinari ha
un’origine millenaria che risale sin all’antica Grecia, e questi prodotti sono la conseguenza e l’arricchimento
delle varie culture che sono transitate in Sicilia. Si tratta di un sanguinaccio che viene prodotto utilizzando il
budello del maiale, riempito di sangue dell'animale, cotto nelle tradizionali pentole.
Da degustare con un bicchiere di zibibbo.

FRUTTI DI MARE E MAURU


Passando dalla carne al pesce, dentro il famoso mercato storico, vi attendono ricci e frutti di mare ancora vivi
e pronti per la “prova limone”. I venditori ve li porgeranno urlando tutta la loro freschezza al grido di “Vivu
vivu è!”. Insieme ai frutti di mare è possibile gustare il delizioso “mauru” (alga), che anticamente veniva
mangiato crudo, con l’aggiunta esclusiva di sale e limone.

CRISPELLE
Una categoria a se è rappresentata dalle crispelle, reperibili solo nei mesi freddi. Insieme alla tavola calda, il
prodotto da passeggio per antonomasia. Le crispelle catanesi, diverse dagli “sfinci” palermitani, sono fatte da
una soffice pastella lievitata, farcita in due versioni: con le acciughe e con la ricotta. Ne esiste anche una
versione dolce, chiamata diffusamente “zeppola” (da non confondere con quella napoletana) con riso cotto
nel latte, successivamente fritto e guarnito con miele, zucchero a velo e cannella.

COSI RUCI (cose dolci, dolcezze)


Differentemente dal classico dolce, la cosa ruci è sia un dolcetto da passeggio che un complimento. E anche
qui, la scelta è vasta: dal cannolo alle cassatine, passando per la colazione servita nelle panetterie, anche la
notte: iris, involtini e raviole di ricotta. A parte i dolci alla carta, ci sono anche quelli stagionali o che
seguono alcune festività, come le olivette e le Minnuzze di Sant’Agata, i biscotti a “S”, con semi di
finocchio, le Rame di Napoli, e i “mastazzola” o mustazzoli, biscotti secchi al vino cotto decorati con
sesamo e aromatizzati alla cannella, arancia e chiodi di garofano. Principalmente prodotti  già nel
Settecento nei conventi di clausura in occasione delle principali feste religiose, oggi consumati nel periodo
di San Martino.

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