Sei sulla pagina 1di 10

La diffusione della cultura letteraria ceca in Italia

I 1. t djffosìooc ddh cultura letteraria ceca in Italia


Writren b Dnrìo Mnssùni
Thursda . 12 ugust 2004 Ol :00

Qunndo i nffrontn il tema della diffiisione di tm'altra cultura nel proprio


p les , un m;petto ccntrd le è ovviamente quello della traduzione. Non Laurea lntcrpn·tariato
st>ntirete ccrt wm novità se dico che la traduzione in Italia non vanta grandi Iu hn it/La ur~a Ink rp rd ar~1 to
tmdizioni che ratt ·nzionc dedicata a questo aspetto dell'attività culturale è Interpretariato e Tradw.ione
st'mpre tata m'lfginnle. olo di recente, da poco più di un decennio, ci si è JULM Laurea Magistrale. Info
~omin iati n rendere conto appieno della notevole percentuale di traduzioni Online
ndk1 produzione editoriale italiana, e hanno cominciato a svilupparsi
iniziati , ia pubblich che private che pongono al centro dei loro interessi
In qunlità della traduzione: penso anzitutto alle scuole superiori per traduttori
e interpreti che ono nnte presso una serie di università, ai convegni
patrocinati dal Ministero per i beni culturali, alla scuola per traduttori letterari fondata a Torino da Magda
O livett~ al premio per la traduzione istituito sempre dal Ministero per i beni culturali La cultura italiana ha
irnpiegato un paio di secoli prima di rendersi conto appieno che quello che poteva offrire al mondo era diventato
infèriore a ciò che poteva o doveva acquisire da altre culture. Permettetemi quindi di citare, ad awio di questo
intervento, le parole con cui Cesare Cases ha aperto un convegno sulla traduzione che si è tenuto a Trieste nel
maggio del 1991: "... questo congresso è in qualche modo una svolta nell'interesse italiano per la traduzione, che
è indubbiamente tardivo, come tutto l'interesse, direi, per le lingue straniere e per le traduzioni da lingue
traniere. Fino a metà di questo secolo gli italiani erano convinti che le lingue straniere che avessero tma certa
dignità culturale fussero le lingue morte ... le lingue straniere erano una scelta vista con disdegno."

Noi questa sera ci troviamo a parlare della cultura letteraria ceca con questa pesante premessa alle spalle; la
traduzione, cioè lo strun-iento fundamentale per fur comunicare culture scritte o parlate in lingue diverse, in Italia
è stata per troppo tempo relegata in un angolo marginale e scarsamente considerato del mondo culturale. A
questa premessa, posta allora al convegno di Trieste e che io vorrei riproporre questa sera pressappoco negli
stessi termini è legata tutta una serie di altri problemi, che non è il caso di affrontare in questa sede, sullo status
del traduttore, sui suoi diritti e sul riconoscimento del suo ruolo nel mondo della cultura e nel rapporto con
f editoria, che pure costituirebbero altrettante piccole premesse al nostro discutere. Nel nostro caso, cioè nel
caso della letteratura ceca, è certo difficile trovare dei puri e semplici traduttori, perché chi traduce dal ceco è
spesso una persona che per proprio interesse, per passione o per attività lavorativa ha a che fare costantemente
con la letteratura ceca e spesso è lui stesso a proporre titoli da tradurre alle case editrici o a recensire traduzioni
di altr~ ma questo non toglie che comunque l'inadeguato trattamento economico e lo scarso rilievo che in genere
vengono riconosciuti al traduttore si riflettano negativamente sia sul numero delle traduzioni che sulla loro qualità.
Il ceco è una lingua sicuramente difficile, forse tra le più difficili per un italiano; ciò che di questa lingua si insegna
alruniversità è in genere solo propedeutico al vero apprendimento, che può awenire solo dove questa lingua la
si parla, e spesso la si apprende con modalità da autodidatti, e così s'impara (a volte anche bene) la lingua, ma
pur essendo questa una condizione necessaria, non è poi sufficiente per tradurre bene. Del resto gli studi sulla
teoria della traduzione in Italia non sono tm granché coltivati e per quanto ci riguarda non esiste neppure una
prassi trnduttoria dal ceco anche solo relativamente consolidata alla quale poter fare riferimento. Certo, di cose
egregie, dal punto di vista della resa in italiano, ce ne sono, ma bisogna andare a rintracciarle di qua e di Jà ed è
veramente difficile poter dire anche di una sola opera letteraria ceca che è stata tradotta tutta perfettamente, pur
con tutto il grado di discutibilità che può contenere un'idea di perfèzione in questo campo. Per chi volesse
v.Jg o.org/index~?IAel.IFarbcle&catid=95%3Atraduzioo&id= 211 %3AJa-diffusione-della-cultura-letteraria-ceca-in-italia&tl'flll =c0fr4)()nent&pri nt= 1&I a}Olrt=def...
La diffusione della cultura letteraria ceca in Italia
61'2Sr'13 . • . . . d. l' . . , tr d e tradurre e poi ancora tradw-re,
irqJarare a tradurre testi cechi m italiano, qum I, uruc~ nsors~ e a urr ' . . lo e nella iù fèlice
sperando poi di trovare qualcuno con cui confrontare il propno lavoro, correggerlo, rrnghorar P
delle ipotesi vederlo pubblicato da qualche parte.

Vorrei ora mettervi a parte ancora di un paio di cose prima di entrare nel merito del mio intervento; so~o solo
delle constatazioni e mi astengo quindi da ogni giudizio. Un programma europeo a sostegno della traduzione
letteraria, il programma Ariane, quindi un'eccellente iniziativa per la reciproca conosce~ tra l~ c~e europee,
nel 1998 ha visto un notevole incremento dei finanziamenti a traduzioni in italiano, ma tra 1 36 titoli che ha~o .
ottenuto un contributo non ce n'è neppure uno ceco. 11 premio per la traduzione istituito dal Ministero per 1 beru
cuhurali, lo scorso anno è stato assegnato alla professoressa Serena Vitale, che è stata premiata oltr~ c~e _Per~
ottirre traduzioni dal russo, anche per quelle, a mio avviso meno brillanti, dal ceco. In particolare dei pnrru libn
di Milan Kundera, dimenticando però che poi questi hbri sono stati ripubblicati dalla casa editrice Adelphi in una
traduzione rivista o completamente rifatta da un'altra giovane boernista, Alessandra Mura.

Quind~ segnali che contengono sicuramente un presupposto incoraggiante, ma sul cui esito bisogna riflettere
ancora, e soprattutto indicano che è necessario un maggiore impegno dei ''boernisti" per fare in modo che tutte
le possibilità che si offrono siano sfiuttate al meglio e con risultati più soddisfacenti. Dico questo, perché, come
penso risulterà anche da questa mia breve rassegna delle opere ceche tradotte in italiano in questo secolo,
dipende soprattutto da chi si occupa di questa letteratura determinarne i successi e gli insuccess~ la presenza o
!assenza nel nostro panorama culturale.

La professoressa Alena Wildova ha ben illustrato, al congresso mondiale di boemistica che si è tenuto a Praga
nel 199-5, lo stato e la storia degli studi italiani di boernistica. A questo suo intervento fàccio rifèrimento anch'io,
sebbene la mia attenzione qui sia dedicata prevalentemente alla immediata diffusione delle opere della letteratura
ceca tra il pubblico dei lettori e solo margina~nte agli studi di carattere scientifico e critico. La professoressa
Wildova fu risalire gli inizi degli studi di boernistica in Italia alla fine del secolo scorso, inizi segnati soprattutto dai
rapporti tra il poeta ceco Jaroslav Vrchlicky e il professor Emilio Teza, filologo dell'università di Padova. Ma
non si trattava ancora di un vero e proprio interesse specifico per la cultura ceca come tale, quanto piuttosto per
gli influssi di quella italiana su quella ceca. Vale solo la pena di ricordare che Jaroslav Vrchlicky, oltre ad essere
un grande poeta, fu un egregio traduttore di poesia e nel 1885 pubblicò un'accurata e ricca antologia di poeti
italiani dal 1782 al 1882, Poesie italska nové doby . Il vero inizio degli studi di boemistica in Italia, quind~ va
posto nella prima metà degli anni Vent~ nell'ambito dei primi studi di slavistica e della istituzione delle prime
cattedre urùversitarie in questa disciplina. Precedentemente finteresse italiano per i Paesi cechi aveva avuto lll1
carattere più politico che culturale, anche perché parte delfltalia apparteneva, così come la Boemia e la
Moravia, alla rmnarchia asburgica e durante la prima guerra rmndiale il senso di fratellanza e del comlllle
destino tra le due nazioni fu particolarmente forte. E' in uno spirito ancora risorgimentale che nel 1915 appare
per i tipi di una casa editrice di Catania, la Francesco Battiato, e nella collana La Giovane Europa , il volume
La nazione czeca del triestino Giani Stuparich, la prima trattazione che fornisce agli italiani un panorama
necessariarrente sintetico, ma preciso e molto ricco di infurrnazioni sulla vita politica, culturale ed economica dei
Paesi cechi dagli inizi del Risorgimento ai primi dieci anni di questo secolo. E' significativo che poi il volume
venne ripubblicato alfinizio degli anni Venti dal neocostituito Istituto per l'Europa Orientale, lo stesso Istituto che
nel 1925 pubblicherà una voluminosa opera miscellanea, La Cecoslovacchia, di oltre 500 pagine, dedicata
all'organizzazione politica. economica, culturale e alle grandi personalità del Paese. Un paio d'anni dopo la prima
La ciffuslone della C\Jtura lett6farla ceca in Italia
~dizione del hbro di Stuparich, e qUI11d1
13
. . . . . d. · traduzione il\: lun~ di Ed\'nrd
m piena Prnna guerra nxm ia1e. e ce m
e . . , che conteneva anc he l1f1 nnpo
· rta t amm di T.G. ~ln ank la
Benes La Boemia contro /'Austna-Unghena ne E:O'~_ . ••

futura Boemia, Un'altra curiosità che è il caso di ricordare, è lll1 libretto del 1913. ~ut re il gK>\'ane Bc.nrto
Mussolini, in quegli anni ancora socialista e anticlericale, dedicato a Jan Hus e alla Rifurma pr te tante m
Boemia, dal titolo Giovanni Huss il veridico.

La prima opera che quindi presenta il nuovo Stato cecoslovacco è il già citato L~ C cos~o 1 ·a~c~zia. ~el 1925.
con saggi, tra gli altri, dei profèssori Ettore Lo Gatto e Arturo Cronia. Sono propno qu~ t1 ~VJStt. a teme 8
Giovanni Maver, Luigi Salvini e Wol:fàngo Giusti, i primi ad occuparsi sistematicamente 111 Italia della cultura
anche letteraria ceca. I loro interess~ in tutta questa prima fàse, che durerà fino allo coppio della econda
guerra rmndiale, sono rivolti in special rmdo alla letteratura ottocentesca, alla ricerca anche dei momenti di
maggiore contatto con la cultura italiana, e coITlllf1que in un'ottica direi quasi comparatistica, in peci.al modo con
la letteratura russa. Una serie di riviste specialistiche ospitavano i loro saggi: la Rivista di letterature la\'e,
Europa orientale, e il Bollettino dell'Istituto italiano di cultura di Praga e la Rivista italiana di Praga.

E' stata una costante fino a buona parte degli anni Settanta che la letteratura ceca re ta e un po' ai margini
dell'attività di slavisti che al centro del proprio orizzonte avevano la filologia lava o altre culture nazionali, in
specie quella russa. E' da appena qualche decennio che chi, sia nelle università, sia nel mondo dell'editoria, i
occupa di letteratura ceca è llf10 specia~ta in priroo luogo di questa cultura. Questo non sigrùfica ancora eh la
boernistica abbia acquisito una maggiore rilevanza nel mondo della slavistica italiana o nel campo de lle traduzioni
dalle lingue slave, ha però stabilito una propria autonomia.

Fatto sta, comunque, che per circa un cinquantennio la situazione è st.ata questa, e ciò .furse spiega anche
perché dei quasi centottanta titoli di autori cecru tradotti in voltune dal 1925, più della metà ono tati pubblicati
negli ultimi diciannove anni.
Certo, dal 1925, anno in cui comparve la prima traduzione in volume di un'opera della letteratura ceca (La
nonna di Bozena Nemcova), fino alla Seconda guerra mondiale, quahmque proposta editoriale do e\'a
sottostare alle nonne della censura fàscista. Fino al 1938, in.fàtti, vengono pubblicati soprattutto libri di autori
dell'Ottocento: Bozena Nemcova, Karel Matej Capek-Chod, Jan Nenida, Julius Zeyer, tma prirna versione
poetica del ''Maggio", il grande poema di Karel Hynek Macha. Ma anche considerando tutte le lirrùtazioni
imposte dalla censura è evidente che da questa prima scelta restarono fuori nomi non meno importanti
delfOttocento letterario ceco, e penso ad esempio a Vitezslav Halek, a Karel Havlicek Borovsky, a Jiri
Karasek o a Jakub Arbes, le cui prime traduzioill, II diavolo alla tortura e U cen,ello di Newton . ono uscite
soltanto, rispettivamente, nel 1990 e nel 1995. Del resto, attraverso le maglie della censura, durante il ventennio
fàscista, riuscirono a passare, e con più di un titolo ciascuno, sia il democratico Karel Capek, che oltre ad
essere il grande scrittore che sappiamo, candidato al premio Nobei era amico e collaboratore di T.G.
Masaryk, presidente della democratica Repubblica cecoslovacca, e sia il comW1ista Ivan Oibracht. Di Karel
Capek va detto ancora che è lo scrittore ceco più longevo in traduzione italiana: i suoi venti titoli tradotti
coprono W1 arco di anni che va dal 1926 al 1996, sebbene la maggior parte sia concentrata negli anni Ottanta e
Novanta. Mentre però del pur dotato fratello Josefsi possono leggere solo alctn1e poe ie sul numero 3 del
1984 della rivi<ita In forma di parole e niente è stato tradotto delle opere da loro scritte a quattro mani

_ _!_
ino_
allo_scoppio della Seconda guerra mondiale, quind~ i lettori italiani possono conoscere sette autori cechi.
____________________________________! 1
&'29113 lJl dl!Ullono doli cui turo I ttor rio coc In Ili Ilo

considerando che tl1tti i saggi e gli orti Jj pubblicati in qu i quindici anni, proprio per l ro natura, circolavano
per lo più in una ristretto cerchi3 di spc ·i::ilistì. Tra i pionieri di questo primo periodo della traduzione dal ceco,
vanno ricordati la signora Jokmdo Torracn Ve ·eia, Tommaso Zulbcrt~ Marie Votrubova, Riccardo Selvi,
Umberto Urban~ e il prore sor Wolfungo Giusti.

Una delle vittirre più illustri, pare, della censura dcl regiin: fu Jaroslav I Jasek con il suo Svcjk. Il professor
Giusti gli dedica un capitolo di unn ua monogra fia apparsa nel J945, intitolata ancora semplicemente "La
Cecoslovacchia". Dopo aver ricordato che il hbro ero stato egnalato per la prima volta in Italia dalla ''Rivista di
letterature slave", che in seguito n cm statn messa in rilievo f in1portanz.a sulla "Critica" di Benedetto Croce, che
Renato Poggioli ne aveva poi scritto un breve ma ùnportante studio, che nel frattempo il libro era stato tradotto
in tutte le lingue del mondo, il Giusti crivc: " i troviamo dinanzi ad uno dci più caratteristici esempi della
situazione creata dal fuscismo ù1 Italia ul terreno della cttltura moderna. Si può dire che "Antieuropa" ab bia
davvero trionfuto per un ventennio; hbri che percorrevano l'Europa e il mondo dovevano fermarsi alla frontiera
italiana. Uno dei prin ipali compiti della cultura ila Liana nel presente difficile momento di iniziale ripresa, consiste
appunto nelfeliminazione dello pirito di "Antietu·opa", e concludeva il Giusti: ''Tutto lascia ritenere che lo Svejk
appaia presto in traduzione italiana. [... ] Ma an he quando ci aranno il traduttore e l'editore, il compito non
sarà certo :fàcile. Occorrerà infàtti tll1 traduttore che ia anche un grande artista: la traduzione dello Svejk resterà
insomma tra le grandi traduzioni". Ecco allora che, probabilmente, accanto alle difficoltà create dalla censura,
vanno poste quelle connesse alla ricerca di tll1 traduttore in grado di affrontare il libro e di un editore disposto a
pubblicarlo. Le previsioni di Giusti non si rivelarono troppo esatte per quel che riguarda i tempi, mentre erano
giuste le sue preoccupazioni circa f impegnativo compito che si sarebbe trovato ad affrontare i traduttore. Una
prima versione dello vejk apparve 'Olo trn il 1951 e il 1952 nella tradU?...ione di Venosto Vorlicek e con
prefazione di Luigi Salvini, il quale avvertiva: ''La diffusione dclf opera di Hasek, mentre comprova la validità del
messaggio ad essa affidato, non deve punto illudere sulla fucilità dei compiti che un traduttore coscienzioso deve
affrontare. La versione di un'opera siffàtta, che pare dedicata unicamente ai frequentatori di taverne e birrerie, ai
compagni di cella delle casenne, ai disertori in attesa di giudizio; di un'opera scritta in un pittoresco volgare
praghe e ricco di colore e denso di espressione, è impresa disperata. Tradur Folengo o Ruzzante in cinese
sarebbe fòrse una fàtica più lieve". E infàtti la traduzione del Vorlicek non resistette più di tll1 decennio. Nel
196 l usciva la prima parte di tma nuova versione, basata sull'edizione praghese del 1955 dello Svejk, tradotta
da Renato Poggioli e seguita da altre due parti, pubblicate nel 1963 e nel 1966, tradotte da Bruno Meriggi
Questa versione ha poi visto una serie di riedizioni sia nella stessa casa editrice, la Feltrinelli, sia in altre, come la
UTET o La nuova Ita1't che ne ha ratto una riduzione per ragazzi. Per olb·e trent'anni quindi, questa è stata
coraiderata la traduzione canonica dello Svejk in italiano, ma personahnente ritengo che sia ancora lontana
dairessere quella grande traduzione che auspicava Giusti, e sono convinto che è quanto mai necessario che i
boemisti italiani pongano alf ordine del giorno una nuova, più moderna traduzione di quest'opera, una traduzione
che le restituisca quelle tonalità di volgare. quel tono pittoresco e denso di espressione che aveva giustamente
individuato Sa !vini.

Ma tomiarro alla nostra periodÌZlllzione, nella quale potremmo definire come seconda fàse quella relativa agli
anni 1945-1968, nella quale comincia a rranifèstarsi una maggiore attenzione per gli autori contemporane~ pur
continuando rinteresse per quegli nutori deirOttocento su cui i erano concentrati gii slavisti nel prùno periodo, e
così il profèssor Lo Gatto ritraduce il "Maggio" di Macha e ''La nonna" di Bozena Nerocova, la signora Torraca
Vescia traduce un altro vo~ di Capek-Chod, "I due ladri", e Luigi Salvini, che nel 1942 aveva curato una
ri:ca antologia di poesia religiosa dal titolo '1T corallo di an Venceslao", traduce tll1a serie di racconti ancora
612!f13
La diffusione della cultura letteraria ceca In Italia

della Nemcova.

Sono 17 i nuovi autori contemporanei che vengono presentati in volume al lettore italiano in questi 23 anni, la
scelta del loro nome e del titolo (o dei titoh) da tradurre avveniva probabilmente sull'onda del successo che
avevano r5cosso in patria o all'estero e indipendentemente dai valori intrinseci delle loro opere. Perciò troviamo
tra loro, oltre a nomi che sono entrati nella storia della letteratura ceca, anche nomi che poi nel giro di pochi anni
sono stati dimenticati o il cui valore è stato notevolmente ridimensionato. Nell'immediato dopoguerra vengono
tradotti Miroslav Hanus ("C'è nebbia nella strada"), J. Janik ('L'uomo ha il volto nuovo"), JosefKnap ('La vite
sul muro'?, Frantisek Kozik ("Il più grande dei Pierrot'?, Frantisek Langer ("I fànciulli e il pugnale'?, Julius Fucile
("Scritto sotto la forca", già allora un classico in Europa della letteratura antifàscista e resistenziale, e tra l'altro il
primo libro ceco ad avere più edizioni in italiano), Tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta vengono invece
presentati per lo più nuovi titoli di autori già conosciuti in Italia, come Ivan Olbracht ("Anna" e '1 tristi occhi di
Hana'? e Karel Capek, del quale nel 196 1 vengono pubblicati ben tre libri: 'La guerra delle salamandre",
''Hordubal e altri", ''Racconti dall'una e dall'altra tasca". Oltre a loro, ai classici dell'Ottocento e alle due versioni
dello Svejk di cui si è parlato, in quegli anni vedono per la prima e l'ultima volta la luce in italiano (almeno in
volume) Vaclav Rezac con il hbro per l'infànzia "Scompiglio in via dei fàbbrì", Jan Otcenasek con un romanzo
dedicato all'esperienza della guerra, 'Romeo, Giulietta e le tenebre", ed Egon Hostovsky, una delle maggiori
personalità deJ.remigrazione ceca successiva al I 948, il cui hbro 'Le spie", venne tradotto dall'originale inglese lo
stesso anno, il 1958, in cui uscì negli Stati Uniti col titolo 'Midnight patient". Fino al 1968, po~ gli unici eventi di
rilievo sono tma raccolta di prose umoristiche di Hasek curata da A M. Ripellino e nella traduzione di Ela
Ripellino Hlochovà, "II tuono viola e altri racconti", ripubblicata parzialmente in anni successivi prima col titolo
'11 peccato del parroco Andrea" e più di recente col titolo ''La casa fèlice"; '1 minuti contati" di Jiri Fried; un
volume di poesie di Vladimir Holan, probabilmente il maggior poeta ceco del Novecento, ''Una notte con
Amleto e altre poesie", tradotto dal profèssor Ripellino, che già nel 1950 aveva curato in un'edizione quasi per
bibliofili (400 copie) una storia della poesia ceca contemporanea; il capolavoro di Jiri Langer sul mondo ormai
scomparso dell'ebraismo chassidico, 'Le nove porte"; e il primo volume in italiano di Bohumil Hrabal,
1
1nserzione per una casa in cui non voglio più abitare", tradotto da Eia Hlochova Ripellino (bisogna ricordare,
però, che la prima traduzione italiana di un racconto di Hrabal è stata di Luciano Antonetti, 'Una boccata d'aria
fresca", uscita a Praga nel 1966, nella raccolta della Orbis "Sette racconti per i giorni feriali'} Di questi ultimi
due autor4 Jiri Langer e Bohumil Hrabal, va detto che un vero successo tra il pubblico e la critica Io hanno
riscosso solo una decina d'anni più tard4 come dimostrano anche le ripetute edizioni di questi due titoli. Scarso
successo, invece, trovarono Josef Bor con 'Requiem per Terezin", forse uno dei migliori libri della letteratura sui
campi di stenninio nazisti, Cestmir Amort con 'Lo chiamavano A-54", tradotto dal francese, e Rudolf
Strobinger con "La spia di Praga".

Il dato rilevante di tutto questo periodo è la crescita costante sia nel munero di traduzioni, sia nel numero degli
autori proposti. Una notevole mole di lavoro in quegli anni venne svolta da Bruno Merim traduttore di ahneno
otto dei volumi di cui abbiamo parlato, nonché autore dell'unica, per il momento, storia della letteratura ceca,
quella uscita nel 1968 per la Sansoni, col titolo 'Le letterature ceca e slovacca, con un profilo della letteratura
serbo-Iusaziana", Ma in quegli anni, non tanto con il lavoro di traduzione, quanto piuttosto con la sua attività di
saggista, comincia ad imporsi la personalità del profèssor Angelo Maria Ripellino, che segnerà tutto l'inizio
dellultirna fuse della nostra periodi:zzazione, quella che va grosso modo dal I 969, cioè dalle conseguenze
delf invasione sovietica della Cecoslovacchia, e quindi dalla fine di tutte le spinte liberali:zzatrici che si erano
rranifestate anche nella cultura ceca, attraverso il crollo del regime totalitario, fino ad oggi.
JQ o.crg/irdex.~?\iew=éW1icle&catid=95%3Atraduzioni&id=211 %3AJa-di lfusione-def la-cunxa-letteraria-ceca-in-italia&fnl>I =~&print= 1&Ja~def... 5110
' t3

orrei ' lo ricordare che per J' intero deccnruo degli anni Sessanta tutta
p ìnli22at , ma anche quelle di più.vasta fruii.ione, con un ruqJi> arco sa
ad empio dal settimanale dcl Pci ''Rinascita" al "Convivium'' o aJJa "Fm ~._... . . . . .
egrete", dedicava una notevole attenzione a quanto stava avvenendo ne "
alcune hanno continuato a farlo, anche se in misura gradualrrente micre, pure per
ettanta e Ottanta.
ubito dopo rinvasione ovietica, accanto alle prese di posizione pofiti:he c!r
i manifèstano reazioni furme anche tra gli intellettuali e si rmhipli;aoo e ~~
cono cere e ragioni e le posizioni della cultura ceca durante la Primvera di Pra.=- V
almeno un paio di titoli, corre "La svolta di Praga", una raccolta di dOCt.lllJ!Dti
gli interventi di Kundera, Kohout, Kliment e altri al quarto congresso degli n ...........~ 11"'
prima delf invasione sovietica del 21 agosto 1968, ''Praga 1968. Le i:tee del a:D\O
(chiaramente uno pseudoniroo, mi pare di Antonin Liehm), che propone un'anp dJ
li<;ty'', la rivista degli scrittori che era stata in prirm linea nel tentativo di ~
cecoslovacca, il grazioso volumetto del nostro poeta GiJvanni Gmi:i "O~~
oltre a contenere poesie sue presenta una piccola antologia di poeti cechi e- poi
tace", una raccolta antologica delta protesta cecoslovacca a cura di Mrm . -e)\
Serena Vitale) e Giancarlo Vigorelli.

Bisogna anche dire che f esperimento politico della Primavera di Praga fu


simpatia dalfopinione pubblica italiana, sulla sua scorta si sono poi sviruppate ~ ·
ideologica, ed almeno ad ogni anniversario decennale si sono tenuti com-egni e dil ntì
anche esponenti dell'emigrazione ceca.
Sullo scorcio degli anni Sessanta e rinizio degli anni Settanta si tradix:ooo ak · pìì roar-·11'>.,...,-....-·" '
e originali della Primavera: Kundera, Skvorecky, Jan Prochàzka, Lacmbv F , Hmbal Lu:h · \ "
Fried, Ota Flip, Vera Linhartova, pressoché tutti rappresentanti della generaz.i>ne m m tra ~ run \''etti
Trenta. Restano però delle clamorose lacune: Arnost Lustig, Ivan Klirm (che aYrà i prì'ro ~n' tr..1\k 'Il
italiano, "Amore e spazzatura", che peraltro non è certo il suo libro migOOre. ok> at>I I QQ I) .~\J.J'ili' · kt ~
tanto per limitarci ad alcuni dei nomi più noti. Una delle ragioni che, penso. dete"rmnn-:.m:: b . ' Jì m .ni\:
piuttosto che di un altro, spesso non va ricercata nei valori letterari deIlautore o def l'Jlff;.1 tl':h.km:-..1. mM:
piuttosto nei rapporti di amicizia, di conoscenza o meno esistenti all'epoca tra UJX) • :rlt( re tra ·ht .i,
potuto proporlo ad un editore italiano. Ad esclusione di Kundera e in parte di Hrnbnl. ~ i tnlt ill-.lr.:l b~ t~
discorso a parte, di quasi nessuno del gruppo degli scrittori che o andarono Ì1 .. ~ "' 'hè-. : .1b Ìl J'Uru.
hanno più potuto pubblicare ufficialmente fino al 1989, sono state tradotte l)pçrt' P'"b " ..1~ l'k'I ' l'\'t ·
editoria non ufficiale o di quella ceca in esilio. Una delle poche eccezioni è rappres nt.it 1 b \ ·,1·h, H,,
t l
quale soprattutto una piccola casa editrice di Bologna, la CSEO (Centro tudi Eun,p.1 Ori.·ntù·) ~1t1 ~
gruppo politico cattolico di Comunione e Liberazione, tra il 1979 e il 198"' ha pubh&..·at ... '"itk:" ~n : il r.; .·n
teatrali che saggi, tra cui il ''Potere dei senza potere", un'opera fòndarrentak dd d" · ·ro) P') ~i· ~ 'UÌ\r...l •
cecoslovacco. Nell'insieme, considerando anche altri testi pubblicati prirrn d "I I tl,~IJ ~ ·uklk'ot\.' -r • ~ k-1
profèssor Gianlorenzo Pacini e quelli successivi alla sua elezione a Pre rlent~ d ·111 R :-pt~M~.\1. \ ·• 'll\ H,,, l
con dodici titoli, è tra gli autori cechi più tradotti in italiano.

.Ugo orgfl ndex.ptl)?liew=a-ticle&catid=95%3Alraduzioni&id=211 %3Ala-dif usion&-del a-rol l'~et eran•<:'eCft-tn-1_ wrç1. .~_ ~~'=--~
_ __:- J
612&'13 La diffusione della cuture letteraria ceca in Italia

Ma per comprendere meglio il retroterra su cui in Italia si è fondata a ricezione del.la letteratura ceca in questo
ultirm ventennio e ollre, dobbiamo rare un passo indietro. Nel 1973, il professor Ripellino, al quale va
riconosciuto tra l'altro il merito di aver presentato per primo in Italia poeti come Halas (''lmagena'') o Holan
(''Una notte con Amleto e altre poesie''), prosatori come Hrabal (''Inserzione per una casa in cui non vogli> più
abitare") e Fuks ("Il bruciacadaveri''), pubblica "Praga magica", un hbro che viene ancora generahrente
considerato il capolavoro del.la boemistica italiana, accolto subito da un grande successo che, viste le continue
ristampe, perdura tutt'oggi e che è stato tradotto anche in tedesco, ceco, inglese e francese. Personahrente bo
espresso le mie riserve e ho abbozzato qualche critica a questo libro un paio di anni fa in un incontro organizzato
dalfistituto Italiano di Cultura di Praga proprio su ''Praga magica", e non è il caso di riproporle in questa sede.
Qui vorrei solo ricordare che dietro buona parte del libro di Ripellino c'è un'opera ancora, dopo tanti anni,
sconosciuta in Italia, cioè la "Praha legend a skutecnosti" del professor Karel Krejc~ che viene sì citato nelle
note di ''Praga magica", ma non tanto da saldare il debito che il libro italiano ha nei confronti di quello ceco.
Solo un paio di osservazio~ ancora, da quel mio intervento; sono stati i poeti francesi Guillame Apollinaire e
André Breton i primi a costruire il mito di una Praga città magica, con Breton che la definì addirittura "capitale
magica d'Europa". L'in1fllagine che apre il libro di Ripellino, cioè rincontro su ponte Carlo tra JosefK.
accompagnato dai due funzionari del tribunale verso la cava di Strahov, dove verrà giustiziato, e Josef Svejk
scortato dai due soldati in direzione di Stare Mesto, la Città Vecchia, era stata utilizzata già un decennio prirra
dal filosofo Karel Kosik, che fece quell'accostamento tra i due scrittori praghesi per gillllgere al.la conclusione
che hanno entrambi oflèrto due visioni del m::mdo moderno, e che se Kafka ha raffigurato la reificazione
dell'uomo, cioè f estraniarsi dell'uomo da se stesso identificandosi con le realtà da lui prodotte fino a divenirne
strumento passivo, Hasek ha dimostrato che ruomo sta più in alto di ogni reificazione. A tutt'altra conclusione
arriva Ripellino, che scrive: "Mettiamo che Svejk sia Praga stessa, il suo popolo costretto a subire. (... )Che
conseguenze derivano da una siffatta sin troppo vera identificazione? E' presto detto: il teorema del.la fàlsa
obbedienza comporta un corollario avvilente: la propensione a curvare la schiena, il serviIBmo beffardo, la
rinunzia a ogni slancio, ad ogni impennata." Una conclusione che personalmente non condivido, anche perché
ritengo disdicevole pretendere l'eroismo da una nazione per poter soddisfàre il proprio senso estetico. Ma sto
scivolando troppo in una polemica forse fuori luogo, Quello che invece mi preme sottolineare è che in fondo in
fondo, la struttura e la composizione di ''Praga magica" mi sembrano tutte protese a creare più il mito di una
''Praga magica" libro che di una Praga magica città, e che se è vero quanto sostenuto dal.la profèssoressa
Wildova nel.la relazione citata all'inizio, e che cioè lo sforzo del.la prima generazione di slavisti negli anni Venti era
stato quello di presentare la letteratura ceca non più come qualcosa di vagamente esotico (perché tale allora la
considerava il pubblico italiano), bisogna dire che questa non era certo una preoccupazione del profèssor
Ripellino, che con questo libro finisce per offrire un'immagine della letteratura ceca più che esotica, addirittura
esoterica. Tant'è vero che i francesi nella loro traduzione hanno aggilmto il sottotitolo ''Viaggio iniziatico a
Praga". Per quanto possa essere suggestiva la lettura di "Praga magica", non si possono certo ridurre a questa
sorta di illuminazione surrealista quattro secoli di cultura boerra.

E' quindi sullo sfondo di questa visione di Praga e della cultura ceca che si vanno a porre, nella percezione del
lettore e del critico italiano, le opere letterarie che verranno tradotte da quel periodo in po~ e quasi non si
troverà recensione o articolo ri:fèrito alla vita culturale ceca che non rimandi all'idea di una Praga magica. C'è da
aggiungere, oltretutto, che ancora oggi sono estrernrurente scarse anche le cognizioni storiche e geografiche che
si hanno cormmemente in Italia dei Paesi Cechi ora e della Cecoslovacchia prima: quelle storiche non vanno
oltre gli eventi di un qualche rilievo per la storia europea che si trovano nei manuali scolastici (la defènestrazione
di Praga, la Guerra dei Trent'anni, il Trattato di Monaco, la Primavera di Praga; negli stessi testi scolastic~ tanto
<AJgo.orgftndex.php?\iew=article&catid=95%3Atraduzioni&id=211%3Ala-diffusione-della-cutura-letteraria-ceca-in-italia&lnlll=cooµinent&pnl1F1&l~def.. 7710

I
_J
6129.'13
La dìffuslone della cultura letteraria ceca In Italia ..
per fàre un esempio, si parla ancora della battaglia napoleonica di Austerlitz e nessuno immagina che questa
località si trova in Moravia, nei pressi di Brno, che il suo vero nome, non germanizzato, è Slavko ). Le
conoscenze geografiche, po~ non vanno molto più in là di quanto si può le~7ere nelle guide turistiche.

Si diceva, quind~ che tra la fine degli anni Sessanta e la prima parte degli anni Settanta sono soprattutto gli
scrittori della Primavera a venire tradotti Il primo hbro di Kundera, ''Lo scherzo", a mio parere il suo libro
migliore, esce nel 1969 e furse anche a causa della pessima traduzione non incontra grandi success~ né di
pubblico né di critica, a sorte non molto migli'ore vanno incontro anche "Amori ridicoli", nel 1973 ' "La vita è
altrove", nel 1976, "Il valz.er degli addii", nel 1977, e ''Il libro del riso e delfoblio", nel 1980, anno in cui esce
anche "La carnefice" di Pavel Kohout, runico altro autore in esilio a venire tradotto da noi Anche Ladislav
Fuks, con i due libri pubblicati nel 1972 ("II bruciacadaveri" e "Una bufià triste vecchina'), fu accolto con una
certa freddezza. Ricordo che quando, circa dieci anni fà, proposi alf editore Garzanti la traduzione di
'Vévodkyne a kucbarka" (La duchessa e la cuoca) un ottimo libro, furse solo troppo prolisso, ma emblematico
nella descrizione della fine di un'epoca (la narrazione è posta al tramonto delfimpero asburgico, e il libro uscì in
Cecoslovacchia nel 1983, solo pochi anni prima della caduta del regime), i responsabili della Garzanti mi
risposero cortesemente che Ladislav Fuks era una persona simpaticissima e squisita, ma che dei suoi precedenti
hbri pubblicati in Italia, buona parte era rimasta in magazzino. E così si è dovuto aspettare il 1997 prima di
vedere pubblicato un altro (vecchio) hbro di Fuks, ''Il signor Theodor Mundstock". E qui bisogna aprire un'altra
parentesi A parte il recupero di classici che per diverse ragioni non si sono potuti tradurre a loro tempo, un
dato negativo abbastanza costante in questo secolo è che, salvo pochi sporadici cas~ i libri cechi si sono sempre
tradotti con notevole ritardo rispetto alla loro apparizione in originale. Se è vero, come però abbiamo visto
finora non è sempre stato vero, che la distanza temporale può diventare una garanzia delle qualità letterarie di
llll'opera, altrettanto vero è che il tempo rischia di modificare troppo le capacità dei lettori di recepire
determinati messaggi che andavano ascoltati a tempo debito. Bisognerebbe forse essere più costanti e insistenti
con le case editrici nel proporre titoli nuovi, e furse per il futuro ci sarebbe bisogno di una struttura, di
llll'organizz.azione che fornisca con continuità e sollecitudine agli editori un servizio di informazioni sulle novità
librarie ceche.

Ma tomiarro al nostro discorso. II successo vero per Milan Kundera arriva solo nel 1985 con L'insostenibile
leggerezza dell'essere, un titolo che è diventato ormai quasi un fraserra della lingua italiana, grazie anche ad una
serie di circostanze fortunate, come la pubblicità che se ne fàceva all'epoca in una trasmissione televisiva rrolto
seguita. Sull'onda di questo successo si ritraducono e si ristampano negli anni a seguire i voltuni precedenti e
ogni libro successivo di Kundera sarà quasi un best-seller. In quegli anni lo scrittore era rrolto presente anche
sulla stampa e le sue opinioni erano sempre seguite con grande attenzione. L'apprezzamento per Kundera, però,
non si traduce in un ampliamento delrinteresse per la letteratura ceca nel suo complesso, questo furse perché
più che come un autore ceco Io si recepiva come un generico dissidente dei paesi dell'Est. E' vero, del resto,
che rran mino Kundera si è trasformato da scrittore ceco, con proprie peculiarità anche ambientali, in uno
scrittore "del rrondo", tant'è che gli ultimi suoi hbri non sono più neanche scritti in ceco, ma in francese. E di
fronte al caso di Kundera si pongono allora ahreno due quesiti Primo: la capacità della letteratura ceca di farsi
ascoltare, 0 meglio leggere, nel mondo, e quindi dobbiamo chiederci se per uno scrittore ceco sia necessario
rinunciare anche alla propria lingua per diventare universalrrente apprezzato. E' chiaro che se questo discorso lo
si vede nelle sue potenziali conseguenz.e, è grande il rischio di awiarsi su lUla strada davvero pericolosa se non
tragica. Secondo: come ricostnùre in un corpo unico le diverse parti che compongono la storia della letteratura
ceca di questi ultimi cinquant'anni, è ancora possibile considerare parte di questa storia delle opere solo
~g o.org/index.i:itll'New=article&catid=95%3Atraduzionl&id=211 %3Ala-diffusione-della-cultixa-letteraria-ceca-il'}-italia&~=CQITlXll'tE!ll!&pr1nt=1 &la)Ollt=def. · · 8/"
~13 La diffusione della cul tura letteraria ceca in Italia

basandosi sul dato anagrafico dei loro autori? E' possibile considerare "L'identità" di Kundera, il cui titolo
originale è "L'identité", parte della letteratw<l ceca? E ancora di più il problema si pone per scrittrici corre
Libuse Monfkovà o Sheila Ochovà che banno vissuto all'estero la maggior parte della loro vita e scrivono in
un'altra lingua. Dal canto mio ritengo che la diaspora della letteratw<l ceca rimarrà per buona parte una ferita
insanabile.

I Di diversa rilevanza, sebbene con minore successo di pubblico, sono le affèrmaz.ioni negli anni Ottanta delle
traduzX>ni di Jaroslav Seifèrt (dopo il premio Nobel vengono tradotti tre volumi di poesie, L'ombrello di
Piccadilly, La colonna delle p este, Vestita di luce, e il libro di ricordi Tutte le bellezze del mondo) e di
Bohurnil Hraba~ che dopo L'inserzione p er una casa in cui non voglio più abitare e V uole vedere Praga
d'oro ?, tradotti negli anni Settanta, conosce a partire dal 1982, con Treni strettam ente sorvegliati, un
costante aumento di consens~ specialmente tra la critica, ma conquistando anche una fetta di tutto rispetto di
lettori affèzionati Tra il 1982 e il 1998 si pubblicano tutte e sue opere più importanti (e anche, a dire il vero,
cose marginali e prive di valore, se non documentario, tipo le poesie) e spesso suoi racconti o interventi
compaiono su giornali e riviste, ed è ora in preparazione un volume di opere scelte che uscirà nella prestigiosa
collana dei M eridiani della Mondado~ quasi a sancire una sua presenza da classico della letteratura straniera
nella nostra cultura.
Gli ultimi venti anni, quind~ sono all'insegna di Kundera e HrabaL che per titoli tradotti e riedizioni
sopravanzano tutti gli altr~ ma il numero crescente di giovani boernisti e la nascita di case editrici con particolari
vocazio~ corre la romana E/O o, in misura minore per numero di titoli pubblicati e per diffusione, la piccola
, Aktis di Piombino, hanno fàtto sì che la scelta degli autori si ampliasse notevolmente. Così sono stati tradotti
finahnente due libri di Jakub Arbes che ho già ricordato, è stata pubblicata una grossa raccolta di poesie di
Viadimir Holan, un libro di Egon Bondy, mitico personaggio dell'underground praghese fin dagli anni '50, una
raccolta cli racconti incentrata sullangura il{abb1 LOw 1 ran e atRa, un vo mprosa Cli Vifezslav
NezvaL fautore più significativo (specialmente per la poesia) del surrealismo ceco, una raccolta di deliziosi
racconti di Ota PaveI, un volume di Milena Jesenska (la Milena delle lettere di Franz Kafka), due volumi di sua
figlia Jana Cerna Krejcarova (una biografia di sua madre e una raccoltina di testi underground degli anni '50), un
racconto del filosofo Ladislav Klima, due nuove raccolte di racconti di Jaroslav Hasek, la raccolta di fiabe
praghesi di Frantisek Langer un libro di Pavel Reznicek, uno degli ultimi surrealisti praghes~ un volume di Ota
Hofrnan, uno di Ivan Klima, uno di Vaclav Jamek (tradotto dal francese), e finalmente un libro di Viadislav
Vancura, e tra gli altri autori già conosciuti bisogna citare di nuovo Karel Capek, del quale in questi anni sono
usciti altri otto titoli tra nuovi e vecchi in una nuova traduzione, Jin WeiL JosefSkvorecky, il poeta Jiri Orten,
con un vo1wne ciascuno. Questo per quanto riguarda il Novecento, e anche qui bisogna. sottolineare che il
ritardo tra la prima edizione ceca e la traduzione italiana è, in genere, notevole. Per rOttocento compare
qualche nome nuovo: escono due volumi di diverse raccolte di fiabe di Karel Jarornir Erben e Bozena
Nèmcovà, uno di racconti di Alois Jirasek, due nuovi titoli di Karel Hynek Macha e i racconti di Mala Strana di
Jan Neruda vengono ripubblicati sia nella vecchia traduzione degli anni Trenta che in una nuova.

Per concludere, mi pare che grosso modo i quasi 180 titoli pubblicati in oltre settant'anni siano abbastanza
rappresentativi della letteratura ceca e della società in cui sono nati, sebbene manchino ancora delle intere
tendenze letterarie come f espressionismo, con autori come Frana Srarrek o Richard Weiner o scrittori a noi più
contemporanei e di riconosciuto valore come ad esempio Jiri Setola, Amost Lustig o Karol Sidon (tanto per
citare dei norru), e lacune ancora più grandi esistano per la poesia (ma la poesia in Italia si legge poco).

'go.org/index.~'NfNFarlicle&calid=95%3Atraduz1oo&id= 211 %3Ala-ciffusione-della-cultura-letteraria-ceca-in-italia&trll>l=conµinent&print=1&la}Ollt=def.. . 9110


6"2!:V13 La drl\JSione della culturo lottararlo ceca In Italia
.
Ma la lacuna maggiore, che rischia dì costringerci poi ancora una volta a tardive operazioni di recupero è •
costituita da questi ultimi dieci armi: rùente di quanto è stato scritto dopo il 1989 è stato ancora tradotto, eppure
oltre agli autori alf indice che dopo la rivoluzione di velh.Jto hanno potuto pubblicare liberamente quanto avevano
già scritto, o quanto hanno rirreditato delle loro esperienze, ci sono autori nuovi che anche sulle vicende del
totalitarismo hanno scritto in modo diverso, ed ho in mente ad esempio Bajecna !eta pod psa (Favolosi anni da
caru) di Michal Wievegh. o autori che stanno operando nuove sperimentazioni stilistiche, come Jiri Kratochvil
con il suo Medvedi roman (Il romanzo dell'orso). Sarebbe tll1 peccato continuare a non dare conto ai lettori
italiarù dell'evoluzione della letteratura nella Repubblica ceca o anche delle sue difficoltà nel riprendere un ruolo
finalmmte dimensionato alle sue fi.II1ZÌOni, senza essere sovraccaricata di responsabilità politiche o ideologiche
corre Io è stata per decenni. Non dobbiamo essere ancora tU'la volta noi a fare dei Paesi cechi un ''Biafra dello
spirito", e Io dico un po' provocatoriamente, perché anche dopo che Aragon ebbe con.iato quest'espressione,
quasi trent'anni fa, gli scrittori cechi nei venti anni della normalizzazione hanno continuato a scrivere e hanno
scritto delle cose stupende, solo che no~ gli occidenta~ paghi e soddisfatti di una definizione che ci esimeva da
ogni responsabilità, non erava100 più li ad ascoharli e a prestare loro la nostra lingua perché potessero essere
compresi anche da altri

tratto da la Nuova rivista italiana di Praga, n. l , 2000

<Prev Next>
Last Updated on Tuesday, 23 August 2005 15:33

jgo.arglirdex~'Ne.N=article&catid=95%3Alracilzicri&icF=211 %3Ala-dffusione-della-rull..l'a-letteraria-ceca-in-ital ia&lnl>l=~t&pri nt= 1&Ja)OU!=d.. . 10/1 o

Potrebbero piacerti anche