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clinica ZANGARA - Terapia medica ragionata
Voi. Il - Malattie infettive ZIEGLER - Conoscenze attuali in nutrizione
GIANMARIO MARIUZZI

ANATOMIA
PATOLOGICA
E C O R R E L A Z IO N I A N A T O M O -C L IN IC H E

Volume I
Anatomia patologica generale
Malattie infettive e parassitarle
Sistema emopoietico e sangue periferico
Sistema immu nocompeten te
Sistema linfopoietico
Sistema endocrino
Apparato cardiovascolare
Mediastino e Apparato respiratorio

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ISB N 88-299-1769-9

Stampato in Italia

© 2006 by Piccin Nuova Libraria S.p.A., Padova - wwiv.piccin.it


Prefazione

L'obiettivo primario, che gli autori hanno ogni singolo caso, all'anatomia patologica
assunto per questo nuovo testo di Anatomia spetta il compito di:
Patologica, è stato il recupero della tradizione - organizzare la dialettica che possa far
italiana, che da sempre affida alla disciplina il cogliere i rapporti che legano i danni ai
ruolo di conferire, al pensiero ed alla prassi segni clinici, umorali e strumentali;
medica, le basi concrete ed oggettive, perché - indirizzare la riflessione clinica verso per­
visibili e misurabili, delle alterazioni comun­ corsi logici consolidati.
que riscontrate e che, nel loro insieme, com­
Obiettivo che può essere colto disponendo
pongono il quadro anatomo-patologico di ogni
anche di conoscenze dettagliate circa l'ulterio­
malattia in ogni singolo individuo. Obiettivo,
re, possibile, evoluzione dei danni, dei sintomi
la cui validità, anche i più recenti progressi di
e del quadro clinico nel suo complesso.
conoscenze, non solo non sfumano, ma di certo
Per lo scopo della formazione clinica, l'ap­
rimarcano.
prendimento dell'anatomia patologica è, e non
L'Anatomia Patologica ha il compito, essen­
può essere altro che un'acquisizione continua,
ziale per la formazione del medico che dovrà
graduale e sempre più complessa, la quale, a
curare le malattie, di:
partire dall'anatomia patologica generale, pro­
- fornire sostanza concreta al ragionamento ceda con l'acquisizione delle conoscenze pro­
clinico; prie delle patologie d'organo e di sistema, non­
- dare al pensiero clinico le certezze di dati ché dei modi della loro eventuale evoluzione.
oggettivi riscontrati, comunque raccolti; In questo cammino, all'anatomia patologi­
- sostanziare nel medico, con i fatti constatati ca compete il ruolo istituzionale di fornire al
ed applicando tutte le indagini necessarie e discente il supporto dei dati reali, possibilmen­
proprie della disciplina, la dialettica intima te quantificati, che consentano l'interpretazio­
che deve comporre il profilo della malattia. ne da dare ai segni clinici, umorali e strumen­
tali, perché:
Il percorso dell'insegnamento di una disci­
plina, che privilegia i dati di fatto tangibili, può - il ragionare clinico possa avere i riscontri
procedere soltanto per passi graduali, a partire sui quali fondare la logica indispensabile;
dalle nozioni basilari concernenti la struttura, - la formazione clinica, proceda per acquisi­
visibile ed intima, di ogni organo, tessuto e cel­ zione progressiva della conoscenza delle
lula; proseguire con l'apprendimento delle patologie d'organo e di sistema;
modalità con cui i vari agenti patogeni altera­ - tenendo conto che l'evoluzione dei singoli
no la normalità; stabilire, alla fine del percorso eventi patologici ha condizionamenti che
investigativo, i rapporti fra le alterazioni comportano modalità diversificate, spesso
riscontrate, gli agenti causali ed i danni delle plurime, di progressione.
funzioni; e formulare una prognosi che indiriz­ Per acquisire un'abitudine: la prassi del
zi la terapia. confronto e della discussione collegiale,
Sono proprio le alterazioni cellulari, tessu­ momenti tutti necessari per stabilire le correla­
tali, d'organo e di sistema che causano i sinto­ zioni patologico-cliniche e quindi per formula­
mi, che sostanziano la malattia. Per la quale, in re l'epicrisi.
VI ^ Prefazione
La formazione del discente, potrà progredi­ riale bioptico e/o citologico. Indagini estempo­
re e perfezionarsi se basata sulla constatazione ranee come quelle per ago-aspirazione, che
dibattuta dei dati di fatto, su cognizioni, con­ non è atto chirurgico ma prassi ambulatoriale,
cetti, fatti ed esperienze che facilitino: con il pregio dell'esecuzione immediata; quel­
- la presa d'atto del substrato reale di ogni le per-operatorie, bioptiche, da assumere come
lesione e dell'insieme delle lesioni compo­ momento diagnostico oggi irrinunciabile e che
nenti il quadro, complesso ed individuale, forniscono substrati sufficienti per indagini
ulteriori di ordine chimico, isto-cito ed iirnnu-
del processo morboso sofferto dal soggetto
indagato; no-cito-chimico, nonché di morfologia moleco­
- la correlazione dei danni riscontrati con i lare e genetiche. Metodi in continua espansio­
rilievi raccolti in sede clinica; ne, che portano l'osservazione e lo studio entro
- l'analisi insistita affinché ogni evento, ogni le funzioni cellulari più elementari. Sono
sintomo, possa avere una logica giustifica­ apporti concreti il cui valore risolutivo, deve
zione ed ogni interrogativo, ima risposta. essere conosciuto dallo studente che, per uti­
lizzarli in modo corretto, dovrà possedere con­
Metodo, certamente il più formativo, da tezza del significato e del valore pratico di ogni
perseguire sempre: perché nessun dubbio, nes­ sussidio utilizzabile.
suna incertezza, nessun evento, in qualche Anatomia patologica comunque, e sempre,
modo trascurato, possa creare fragilità logiche ancillare e disponibile:
insanabili - ed anche esiziali - nella organizza­
zione del pensiero clinico, delle conclusioni e - per consentire allo studente un apprendi­
dei provvedimenti da assumere. mento continuo e sostanziato;
Una cultura, che si strutturi su basi raziona­ - per dare al medico il sussidio di dati ogget­
li, agevola la memoria che, all'atto della rifles­ tivi e di grande dettaglio;
sione clinica, possa utilizzare al meglio i dati - per rassicurare il paziente che avrà disponi­
ed i fatti via, via acquisiti e facilita il ragiona­ bili tutti i vantaggi di una medicina sempre
più affidabile.
mento, difficile e complesso, che diagnosi, pro­
gnosi e terapia richiedono. Ma anche perché tutti, docenti, discenti,
Apprendimento essenziale e propedeutico a patologi e clinici colgano, giorno dopo giorno,
quello clinico, perché si avvale della visione le severe lezioni di umiltà, che sempre il meto­
unificante, propria della disciplina anatomo- do del riscontro oggettivo diretto impartisce.
patologica; visione più che mai indispensabile Il medico che abbia acquisito, in astratto o
proprio perché la tendenza ad un insegnamen­ indirettamente, conoscenze, anche buone ed
to, subito specialistico, nell'attività pratica può aggiornate/su tecniche di indagine clinica, chi­
sfumare il profilo reale, di fatto l'essenza, del mica e strumentale; che possegga le conoscen­
processo morboso oggetto dell'attenzione. ze più avanzate della terapia, non può essere,
Oggi, ed ogni giorno di più, l'Anatomia per questo soltanto, un buon medico. Potrà
Patologica esplora ed applica strumenti e esserlo certamente con il possesso dei fonda­
modalità d'indagine e di valutazione oggettiva menti del ragionamento anatomoclinico.
delle lesioni organiche, cellulari, subcellulari, Disponendo cioè della formazione che lo ren­
biochimiche, molecolari e genetiche. dano capace di saper discriminare, fra una
L'apporto dei continui progressi di cono­ somma di informazioni, quanto è essenziale
scenza sulla struttura e sulle funzioni degli per le conclusioni cui tende.
organi, dei tessuti, delle cellule, degli organuli, L'anatomia patologica è così viatico indi­
anche submicroscopici, fino a quelli dei geni e spensabile per intraprendere il lungo viaggio
delle molecole codificate, rende veramente di ima professione molto impegnativa: curare
arduo il compito dell'insegnare dimostrando. e lenire le sofferenze dell'uomo e le cause delle
Negli sviluppi del percorso diagnostico sarà sofferenze.
sempre necessario ricorrere al sussidio sostan­ Anche nell'àpologìà dell'efficienza, dell'as­
ziale di tutte le indagini possibili, e che non soluto scientismo e del pragmatismo esasperato
possono essere ignorate, da eseguire su mate­ corrente, l'atto di curare l'uomo che soffre deve
Prefazione & Vii

essere sentito e vissuto come "impegno nobile", tico. Strumento che vuole rendere disponibile,
incessante, esclusivo ed incondizionato. non solo una ricca e congrua iconografia, ma
Per aderire ai fini prefissati, la stesura di che intende offrire anche modalità adeguate
ogni capitolo segue uno schema generale, per rauto-controllo del grado di apprendi­
necessariamente non troppo rigido, che preve­ mento.
de sintesi essenziali di nozioni di anatomia, Nuovo testo che si inserirsce proprio nel­
istologia e fisiopatologia, basi indispensabili l'indirizzo della tradizione, tutta itàliana, e col­
per rapportare il danno riscontrato con lo stato tivato da Giovanni Lanza con perseveranza
di normalità. costante: indirizzo o filo della medicina ogget­
La trattazione dell'anatomia patologica sarà tiva, già profilato dal " Vidi et Tetigi" di Anto­
volutamente contenuta, comunque in grado di nio Benivieni, medico che, alla fine del quat­
far sempre cogliere, al discente, l'essenziale tordicesimo secolo, compose il primo vero
che comprende anche i richiami alle correlazio­ testo di correlazioni anatomocliniche, il "De
ni anatomo-cliniche. abditis nonnullis ac mirandis morbo rum et
Se per curare chi soffre sono necessarie abili­ sanationum c a u s i s testo pubblicato postumo
tà tecnica, conoscenze scientifiche, comprensio­ nel 1507.
ne umana e molta saggezza, con l'imperativo di Filo assunto poi da M alpighi (1628-1694)
seguire ogni giorno l'evoluzione tumultuosa con i suoi apporti anatomopatologici, altrettan­
delle conoscenze mediche, è facile desumere to fondamentali (la cirrosi epatica), ed avendo
che un medico non può che essere un "forzato", intuito il ruolo essenziale deirindagine micro­
compensato, quando accade, dalla gratitudine; scopica.
che è pur sempre compenso inestimabile.
Ben consolidato, alla fine dai contributi
Gratitudine di solito proporzionata al grado
basilari di Morgagni (1682-1771) che ha assun­
di dedizione e attenzione ai problemi del
to, come sistematica, la prassi delle correlazio­
paziente. Avendo certezza che il successo deri­
ni clinico-patologiche, elaborate al tavolo
verà, non solo dalla qualità delazione medica
autoptico; contributi che sono documentati
ma, in buona misura, anche dalle parole che il
dalla sua opera, fondante la disciplina: il "De
medico curante saprà pronunciare e dal grado
sedibus et causis morborum per anatomen
di partecipazione con cui verranno dette.
Tenendo sempre presente che, oltre alla ogget­ indagatis" del 1761.
tività dei segni, il paziente esprime anche un Proprio il filo seguito da "Giovanni
qualcosa di più di quanto l'occhio dell'oggetti- Lanza": maestro davvero unico dell'anatomia
vità riesca a cogliere. patologica applicata alla clinica - " Without
In conclusione sono tenuto a sottolineare You I couldn't have managed even my w eakest
che l'intento predominante, di tutti gli autori o f lines" (Auden W.H.: A Thanksgiving).
di questo testo, è stato quello di aderire con Maestro che ha improntato, con rigore di
cura al difficile e gravoso impegno degli stu­ metodo, con cultura impareggiabile e perse­
denti che perseguono l'obiettivo, nobile, del­ guendo, sempre e con infaticabile dedizione, la
l'essere medici. migliore formazione possibile per le molte
Al Dott. Massimo Piccin, contiguo alla generazioni di medici che hanno seguito le sue
nostra Anatomia Patologica fin dai lontani lezioni.
anni '50 del secolo appena trascorso, sento il Infine, ma non certo marginale, un ringra­
dovere di esprimere molta gratitudine per ziamento vivissimo, e molto sentito, ai tanti
aver voluto riprendere, con questo nuovo colleghi, collaboratori valenti, operatori tecni­
testo, l'antico filo italiano dell'anatomia pato­ ci, amici: tutti compagni incomparabili, lungo
logica. Ma anche per avere aderito al proposi­ la via, che hanno reso possibile l'edizione di
to, e di averne suggerito il progetto, di perse­ quest'opera.
guire finalità educative, più sostanziali, attra­
verso il complemento di un sussidio informa­ G.M. M ariuzzi
Obiettivi del corso integrato
di Anatomia Patologica
G.M. M ariuzzi

Il corso di Anatomia Patologica per la lau­ fase dello studio clinico del singolo caso;
rea in Medicina e Chirurgia si propone di far - il ruolo e il peso reale dei dati oggettivi che
acquisire agli studenti la conoscenza sistemati­ lo studio, condotto con il metodo e le tecni­
ca delle malattie più rilevanti, la loro nosogra­ che deH’anatomia patologica, può (e deve)
fia, la etiopatogenesi, la storia naturale ed i fornire per una corretta diagnosi;
quadri macro e microscopici delle lesioni d'or­ - il valore pratico: dei diversi possibili meto­
gano o di sistema, nonché le modalità della di di studio; delle indagini che possono
loro genesi e della evoluzione. Obiettivo da essere espedite per risolvere problemi dia­
perseguire con lo studio e la dimostrazione gnostici, prognostici e della prevenzione;
pratica di casi bioptici ed autoptici secondo il dei rilievi anatomo-patologici ricavati; dei
metodo proprio della disciplina: referti da formulare a conclusione delle
indagini effettuate in ogni singolo caso.
- quadri anatomo-patologici, ivi comprese le
alterazioni sub-cellulari, cellulari, tessutali, Lo studente dovrà anche imparare a compi­
d'organo e di sistema, che sostengono e lare le richieste per gli esami anatomopatologi-
caratterizzano le varie e possibili patologie ci, che riterrà necessari per risolvere i problemi
che abbiano rilievo pratico; la loro evoluzio­ clinici nelle singole osservazioni, tenendo pre­
ne e gli esiti possibili; sente la necessità di fornire sempre, per cia­
- le modalità da seguire e i dati anatomo- scun quesito proposto, le informazioni più
patologici (macroscopici, microscopici, isto- importanti, o comunque quelle utili al patolo­
chimici, di morfologia e di biologia moleco­ go, per formulare il programma delle indagini
lare e genotipici) da assumere (e quindi da espedire e per la elaborazione delle conclu­
necessari o irrinunciabili) per l’inquadra­ sioni diagnostiche.
mento diagnostico e nosografico di ogni Dovrà infine assistere ad un certo numero
singola osservazione; di riscontri diagnostici per esercitarsi a ricono­
- le correlazioni, dimostrabili con documenti scere le modificazioni macroscopiche che si
oggettivi, fra le varie patologie osservate, e accompagnano alle più comuni situazioni di
fra queste e il complesso dei dati del quadro malattia, ma soprattutto per partecipare alla
clinico e di quelli ricavati dal laboratorio e discussione clinico-patologica ed all'atto fon­
dalle indagini strumentali, raccolti nella damentale della formulazione dell'epicrisi
Collaboratori

RACHELE ALBERTI DELFINA BIFANO


Già Dirigente Medico, Servizio di Citopatologia Sezione di Anatomia Patologica e Citopatologia
Azienda Ospedaliero-Universitaria Dipartimento di Scienze Biomorfologiche
Ospedali Riuniti di Ancona e Funzionali
Università degli Studi di Napoli "Federico II"
VIVIANA ALLOCCA
Medico frequentatore della Cattedra di Audiologia BRUNO BONETTI
Facoltà di Medicina e Chirurgia Professore Associato di Neurologia
della Seconda Università dì Napoli Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione
Università degli Studi di Verona
GUGLIELMO ANTONUTTO
Professore Associato di Fisiologia Umana FRANCO BONETTI
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine Sezione di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia
ADOLFO APICELLA Università degli Studi di Verona
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi" ERMANNO BONUCCI
A.S.L, Nal - S.U.N., Napoli Professore Emerito di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
GIUSEPPE BARBOLINI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica CESARE BORDI
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia e Medicina
DARIO BATOLO di Laboratorio
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Parma
Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Messina GIUSEPPE BUONGIORNO
Dirigente Medico, Unità Ospedaliera
ITALO BEARZI Complessa di Otorinolaringoiatria
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Azienda Ospedaliera S. Andrea, Roma
Sezione di Anatomìa Patologia
Dipartimento di Neuroscienze ROSSANA BUSSANI
Università Politecnica delle Marche, Ancona Professore Associato di Anatomia Patologica
Unità Clinica Operativa di Anatomia
ANTONIO PAOLO BELTRAMI Patologica, Istologia e Citodiagnostica
Istituto di Anatomia Patologica Università degli Studi di Trieste
Università degli Studi di Udine
MARIO CAMPANACCI t
CARLO ALBERTO BELTRAMI Già Direttore della I Clinica Ortopedica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna
Istituto di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine CARLO CAPELLA
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
FRANCO BERTONI Università degli Studi dell'Insubria, Varese
Già Professore Associato di
Anatomia Patologica PAOLA CAPELLI
Università degli Studi di Bologna Dirigente Medico, Sezione di Anatomia Patologica
Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona
PAOLO BIANCO
Professore Ordinario di Anatomia CLAUDIA CASSANDRO
e Istologia Patologica Medico frequentatore della Cattedra di Audiologia
Dipartimento di Medicina Sperimentale Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Roma "La Sapienza" della Seconda Università di Napoli
X ^ Collaboratori
GIANCARLO CASTAMAN ELIO DANIELE
Dirigente Medico Professore Associato di Anatomia Patologica
Dipartimento di Terapie Cellulari ed Ematologia Dipartimento di Patologia Umana
Ospedale San Bortolo, Vicenza Università degli Studi di Palermo

TIZIANA CAVALLARO MICHELE DE NICTOLIS


Dirigente Medico Dirigente Medico,
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione Unità Operativa di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Verona Azienda Ospedaliero-Universitaria
Ospedali Riuniti di Ancona
LUIGI CAVAZZINI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica GAETANO DE ROSA
Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche
Università degli Studi di Ferrara
e Funzionali
MARCO CHILOSI Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
CARLA DI LORETO
Sezione di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona Istituto di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine
GIUSEPPE CIANCIA
Sezione di Anatomia Patologica e Citopatologia FRANCESCO DI MARCO
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali Medico frequentatore della Cattedra di Audiologia
Università degli Studi di Napoli "Federico II" Facoltà di Medicina e Chirurgia
della Seconda Università di Napoli
MAURIZIO COLAFRANCESCHI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica VINCENZO EUSEBI, FRC Path
Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia Professore Ordinario
Università degli Studi di Firenze Sezione di Anatomia, Istologia
e Citologia Patologica "M. Malpighi"
MAURIZIO COLECCHIA Università degli Studi di Bologna
Dirigente Medico, Dipartimento di Patologia,
Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori GUIDALBERTO FABRIS
di Milano Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Sezione di Anatomia Patologica
GUIDO COLLINA Dipartimento di Neuroscienze
Dirigente Medico Università Politecnica delle Marche, Ancona
Titolare alta professionalità Citopatologia
Sezione di Anatomia, Istologia ALBERTO FAGGIONI
e Citologia Patologica "M. Malpighi" Professore Ordinario di Patologia Generale
Università degli Studi di Bologna Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
VINCENZA COLUCCINO
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia
TULLIO FARAG GIANA
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi"
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli
Dipartimento di Medicina Sperimentale
GIULIA d'AM ATI Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Professore Associato di Anatomia Patologica
Dipartimento di Medicina Sperimentale SERGIO FERRARI
Università degli Studi di Roma "La Sapienza" Dirigente Medico
Dipartimento di Scienze Neurologiche
LUIGI D'ANGELO e della Visione
Professore Straordinario, Università degli Studi di Verona
Otorinolaringoiatra, Audiologo
Dipartimento di Patologia della Testa e del Collo, MARIA PIA FOSCHINI
del Cavo orale e della Comunicazione Audio-Verbale Professore Straordinario, Sezione di Anatomia,
Facoltà di Medicina e Chirurgia Istologia e Citologia Patologica "M. Malpighi"
Seconda Università degli Studi di Napoli Università degli Studi di Bologna
Collaboratori ^ XI

VITO FRANCO FRANCESCO LANZA


Professore Ordinario di Anatomia Dirigente Medico, Sezione di Ematologia
e Istologia Patologica Università degli Studi di Ferrara
Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Palermo PAOLO LANZETTA
Professore Associato, Clinica Oculistica
CARLA FRESCURA Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Specialista in Pediatria e Cardiologia Università degli Studi di Udine
Istituto di Anatomia Patologica
STEFANO LA ROSA
Università degli Studi di Padova
Dirigente Medico, Anatomia Patologica
Ospedale di Circolo, Varese
EZIO FULCHERI
Professore Associato di Anatomia Patologica MARIA LENTINI
Dipartimento di Discipline Chirurgiche Morfologiche Ricercatore, Dipartimento di Patologia Umana
e Metodologie Integrate Università degli Studi di Messina
Università degli Studi di Genova
MAURIZIO LESTANI
SALVATORE GALATIOTO Dirigente Medico, Sezione di Anatomia Patologica
Professore Associato Dipartimento di Patologia
Dipartimento di Patologia Umana Università degli Studi di Verona
Università degli Studi di Messina
LEILA MAGARÒ
ANDREA B. GALOSI Dirigente Medico, Sezione di Reumatologia
Dirigente Medico, Clinica Urologica Azienda Sanitaria di Firenze
Azienda Ospedaliero-Universitaria
Ospedali Riuniti di Ancona MARIO ANTONIO MAGARÒ
Professore Ordinario f.r. di Reumatologia
ANTONIETTA MORENA GATTI Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Docente dì Biomateriali, Università di Modena
GAETANO MAGRO
e Reggio Emilia
Professore Associato di Anatomia Patologica
Membro Task Force Europea sui Test in vitro di Bio- Dipartimento di Anatomia Patologica "G.F. Ingrassia"
compatibilità, Joint Research Center ISPR Università degli Studi di Catania
GAIA GOTERI ERMINIA MANFRIN
Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica Ricercatore Universitario, Anatomia Patologica
Dipartimento di Neuroscienze Università degli Studi di Verona
Università Politecnica delle Marche, Ancona
GIANMARIO MARIUZZI
ENRICO GRANDI Professore Ordinario f.r. di Anatomia Patologica
Professore Associato di Anatomia Patologica Università degli Studi di Verona
Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica
Dipartimento di Medicina Sperimentale LAURA MARIUZZI
e Diagnostica Professore Associato di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Ferrara Istituto di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine
SEBASTIANO GRASSO
Professore Ordinario di Anatomia Patologica MARIA LIVIA MARIUZZI
Dirigente Medico, Clinica Odontoiatrica
Dipartimento di Anatomia Patologica "G.F. Ingrassia"
Università degli Studi di Padova
Università degli Studi di Catania
GUIDO MARTIGNONI
MARIA GUIDO
Professore Associato di Anatomia Patologica
Dirigente Medico, Sezione di Anatomia Patologica
II Unità Operativa di Anatomia Patologica Dipartimento di Patologia
Azienda Ospedaliera di Padova Università degli Studi di Verona
GIUSEPPE IANNACI ROBERTA MAZZUCCHELLI
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi" Dipartimento di Neuroscienze
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli Università Politecnica delle Marche, Ancona
XII Collaboratori
MAURO MELATO PIERO PARCHI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Ricercatore, Dipartimento di Scienze Neurologiche
Unità Clinica Operativa di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Bologna
Istopatologia e Citodiagnostica
Università degli Studi di Trieste GIANMARIA PENNELLI
Specialista in Anatomia Patologica
FABIO MENESTRINA II Unità Operativa di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Istituto Oncologico Veneto IOV-IRCCS
Sezione di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia GUIDO PETTINATO
Università degli Studi di Verona Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche
ALDO MOMBELLO e Funzionali
Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona ANDREA PICCIN
Specialist in Haematology
MARIA CRISTINA MONTESCO PhD fellow, Haematology Dept.
Dirigente Medico, St Jame's Hospital, Dublin, Ireland
Unità Operativa di Anatomia Patologica
Azienda Ospedaliera di Padova ACHILLE PICH
Professore Associato di Anatomia Patologica
RODOLFO MONTIRONI Dipartimento di Scienze Biomediche
Professore Ordinario di Anatomia Patologica e Oncologia Umana
Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Torino
Dipartimento di Neuroscienze
Università Politecnica delle Marche, Ancona RENZO RANALDI
Dirigente Medico,
LUIGI MONTONE Unità Operativa di Anatomia Patologica
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia
Azienda Ospedaliero-Universitaria
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi"
Ospedali Riuniti di Ancona
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli
DANIELA REGHELLIN
VINCENZA MORELLO
Sezione di Anatomia Patologica
Ricercatore, Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia
Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Verona
Università degli Studi di Palermo

ROBERTO MORI ANDREA REMO


Già Professore Associato di Nefrologia Sezione di Anatomia Patologica
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona
SIMONE MORI
Istituto di Medicina Interna/Medicina del Ricambio CRISTINA RIVA
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Professore Associato di Anatomia Patologica
Università degli Studi deirtnsubria, Varese
BRUNO MURER
Direttore Unità Operativa di Anatomia Patologica NICOLÒ RIZZUTO
Ospedale Umberto I, ASL 12 Ve, Mestre, Venezia Professore Ordinario di Neurologia Clinica,
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione
ROBERTO NAVONE Università degli Studi di Verona
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Scienze Biomediche FRANCESCO RODEGHIERO
e Oncologia Umana Direttore del Dipartimento di Terapie Cellulari
Università degli Studi di Torino ed Ematologia
Ospedale San Bortolo, Vicenza
VITO NINFO
Professore Ordinario di Anatomia Patologica GIULIO ROSSI
Sezione di Anatomia Patologica Specialista in Anatomia Patologica
Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche Dirigente Medico, Struttura Complessa di Anatomia
e Terapie Speciali Patologica
Università degli Studi di Padova Università di Modena e Reggio Emilia
Collaboratori ^ XIII

RAFFAELE ROSSIELLO LUIGI MARIA TERRACCIANO


Professore Straordinario di Anatomia Patologica Professor of Pathology
Facoltà di Medicina e Chirurgia Institute of Pathology
Seconda Università degli Studi di Napoli University Hospital of Basel, Switzerland
Professore Associato di Anatomia Patologica
CORRADO RUBINI Facoltà di Medicina e Chirurgia
Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi del Molise, Campobasso
Dipartimento di Neuroscienze
Università Politecnica delle Marche, Ancona GAETANO THIENE
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
MASSIMO RUGGE Istituto di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Padova
Università degli Studi di Padova
ROSA MARIA TOMASINO
GRAZIA SALERNO Professore Ordinario di Anatomia e
Dirigente Medico, Istologia Patologica
Dipartimento di Otorinolaringoiatria Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Napoli "Federico II" Università degli Studi di Palermo

PATRIZIA SAPERE LUIGI TORNILLO


Dirigente Medico, Servizio di Anatomia Institute of Pathology
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi7’ University Hospital of Basel, Switzerland
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli
STEFANIA UCCINI
ALDO SCARPA Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia
Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona GIANLUCA VAGO
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
MARINA SCARPELLI Azienda Ospedaliera - Polo Universitario
Professore Ordinario di Anatomia Patologica "Luigi Sacco"
Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Neuroscienze
Università Politecnica delle Marche, Ancona DANIELE VERITTI
Clinica Oculistica,
FAUSTO SESSA Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Udine
Università degli Studi deil'Insubria, Varese
GIUSEPPE ZAMBONI
FURIO SILVESTRI Professore Associato di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Verona
Unità Clinica Operativa di Anatomia Servizio di Anatomia Patologica
Patologica, Istopatologia e Citodiagnostica Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (Verona)
Università degli Studi di Trieste
ALBERTO ZAMÒ
LUCIANNA SPARANO Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica
Sezione di Anatomia Patologica e Citopatologia Dipartimento di Patologia
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali Università degli Studi di Verona
Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Indice generale
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VOLUME I

Prefazione (G.M. Mariuzzi) V a La fissazione 55


a Analisi macroscopica e campionamento 56 1
1
m Analisi microscopica 59
SEZIO N E 1 n Analisi molecolari 61 1
Anatomia patologica generale a Applicazioni diagnostiche delle tecniche mré

molecolari 72
a Bibliografia essenziale
Qualche notizia sulla storia delTanatomia 73 é
patologica (G.M. Mariuzzi) 3 li
1.5 Nanopatologia (G. Barbolini, A.M. Gatti) 75
!
1.1 Introduzione all'anatomia patologica d Bibliografia essenziale 80
generale (A. Scarpa) 9 ii
1.6 Citopatologia generale i
(E. Manfrin, A. Remo, D. Reghellin, ■i
M
1.2 Patologia della cellula
E Bonetti) 81 I
(A. Scarpa, A. Zamò, A. Mombello) 13 w
a Introduzione 81
d Risposte cellulari reversibili 13 ■4
a Casistica relativa alla diagnostica citologica •|f
o Patologie da accumulo 15
di patologie di organi superficiali 85
■ Alterazioni cellulari irreversibili: la morte
■ Esame citologico di lesioni profonde 90
della cellula 16 ■f!
m Bibliografia essenziale 99
a Bibliografia essenziale 22
1
1.7 Malattia aterosclerotica (G. d'Amati) 101 . |i
1.3 Patologia del ricambio cellulare e ruolo ;||
delle cellule staminali 23 ■ Struttura dei vasi 101
a Fisiopatologia 101 9
■ Introduzione (G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi) 23
a Epidemiologia e fattori dì rischio 103 -SÌ
a Le cellule staminali (A. Beltrami) 30
a Morfopatologia 104
a Modalità del ricambio cellulare
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi) a Patogenesi 109
43 1
a Aterosclerosi accelerata 110
n Patologie da alterazioni del rinnovamento i
cellulare ■ Arteriolosclerosi 110
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi, C. Rubini) 44 ■ Bibliografia essenziale 110
■ Bibliografia essenziale 51
1.8 Patologie da alterata perfusione dei tessuti
1.4 Metodi e tecniche deiranatomia patologica (G. d'Amati) 113
(A. Scarpa, A. Mombello, A. Zamò) 53 a Iperemia e congestione 113
■ Le domande alle quali risponde l'anatomia a Trombosi 114
patologica 53 ■ Embolia 118
n I materiali oggetto di indagine a Infarto 120 ;ì
anatomo-patologica 53 a Shock 122
■ Modalità di recapito dei materiali 55 a Bibliografìa essenziale 125
XV i® Indice generóle
1.9 Patologia iatrogenica b Neo-angiogenesi tumorale (R. Ranaldi) 171
(C. Rubini, L. Mariuzzi) 127 ■ Neoplasia ed immunità (R. Ranaldi) 172

Introduzione e generalità 127 s La diffusione delle neoplasie e la sua


valutazione clinica: la stadiazione
Genetica delle reazioni avverse ai farmaci 128 (A. Scarpa, A. Mombello) 172
Basi molecolari del polimorfismo genetico ■ Invasività e metastasi (R. Ranaldi) 175
del CYP2D6 129
■ Lesioni preneoplastiche: definizione
Nosografia delle patologie indotte soggettiva ed oggettiva del grado della
da farmaci 130 malignità; lo screening di massa
Quadri morfologici-istopatologici (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, L. Mariuzzi) 175
nelle reazioni da farmaci con interessamento b Bibliografia essenziale 182
cutaneo 131
ADR responsabili di patologie dell'apparato 1.11 Sindromi paraneoplastiche
cardiocircolatorio 133 (L. Mariuzzi) 183
ADR dell'apparato respiratorio 133
■ Principi generali 1S3
ADR dell'apparato emopoietico 133
■ Le sindromi paraneoplastiche endocrine 183
ADR dell'apparato urinario 134 b Le sindromi paraneoplastiche neurologiche 185
ADR deirapparato gastroenterico 135 h Le sindromi paraneoplastiche ematologiche 185
ADR delle mucose del cavo'orale 136 ■ Le sindromi paraneoplastiche
Conclusioni 136 dermatologiche 185
Bibliografia essenziale 137 ■ Bibliografia essenziale 185

Processi neoplastici 139


SEZIONE 2
m Definizione e genesi dei tumori
Malattie infettive e parassitarle
(G.M. Mariuzzi) 139
a Le neoplasie possono essere benigne 2.1 Malattie infettive: generalità
o maligne (A. Scarpa, A. Mombello) 139 (G. Pettinato, G. Ciancia) 189
■ Genetica delle neoplasie (A. Scarpa, ■ Introduzione e principi generali 189
A. Zamò) 141 b Interrelazione ospite-parassita 190
■ Basi molecolari delle neoplasie (R. Ranaldi) 152 m II ruolo dell'anatomia patologica nella
¡s Alterazioni morfologiche delle cellule diagnosi delle infezioni 191
maligne: "grado di malignità" m Risposte tessutali all'infezione 192
(A. Scarpa, A. Mombello) 154 ■ Dimostrazione microscopica degli organismi
■ Nomenclatura e classificazione patogeni 194
delle neoplasie (A. Scarpa, A. Mombello) 155 m Bibliografia essenziale 197
■ Cancerogenesi umana: generalità
ed eziologia (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, 2.2 Malattie virali nell'uomo
L. Mariuzzi) 158 (A. Faggioni, S. Uccini) 199
a La teoria "multistadio" della progressione ■ Introduzione alla virologia medica 199
tumorale (R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi) 160 ■ Vie di trasmissione dei virus, replicazione
■ Progressione neoplastica (A. Scarpa, virale e propagazione nell'ospite 199
A. Mombello) 161 m Meccanismi utilizzati dai virus per sfuggire
■ Anatomia patologica della progressione alle difese dell'ospite 212
neoplastica {G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi) 162 ■ Metodi diagnostici delle infezioni virali 214
■ Cinetica della crescita neoplastica ■ Prevenzione delle malattie virali: le
(R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi) 166 vaccinazioni 217
a Valutazione della crescita neoplastica ■ Malattìe virali emergenti e rischio
e significato clinico (A. Scarpa, di pandemie 220
A. Mombello) 168 ■ Sindrome da immunodeficienza acquisita
■ Criteri morfologici generali per la diagnosi (AIDS) 222
delle neoplasie (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi) 170 ■ Bibliografia essenziale 229
Indice generale
m Problemi morfo-diagnostici delle malattie b Malattie causate da protozoi luminali 305
virali umane (G. Barbolini) 229 ■ Malattie causate da protozoi ematici 309
■ Bibliografia essenziale 234 s Malattie causate da protozoi intracellulari 312
a I prioni - encefalopatie spongiformi
Malattie da elminti 319
trasmissibili - (G. Barbolini, P. Parchi) 234 m Bibliografia essenziale 323
n Bibliografia essenziale 236

Malattie batteriche SEZIO N E 3


(G. Barbolini, G. Rossi) 237 Sistem a em opoietico
b Enteriti batteriche acute 237 e sangue periferico
a Adesione batterica con produzione di
3.1 Midollo osseo
enterotossine 238
(C. Di Loreto) 327
b Tossinfezioni alimentari 239
■ Adesione batterica con danno dei microvilli 240 a Cenni di anatomia, di organizzazione
strutturale e di morfologia funzionale 327
b Invasione mucosa con proliferazione

batterica intracellulare o Bibliografia essenziale 329


240
b Invasione mucosa con proliferazione

batterica nella lamina propria e nei 3.2 Sangue e funzioni delle varie popolazioni
linfonodi regionali 241 cellulari (E Lanza) 331
b Invasione e traslocazione mucosa con b Funzioni delle varie popolazioni cellulari 331
possibile diffusione sistemica 242 ■ Cenni sull'emopoiesi 331
b Polmoniti batteriche acute 243 a Serie eritroide 333
m Linfonoditi necrotizzanti da batteri a Serie granulo-monodtopoietica 335
e cl amidie 250
b Serie monocitaria 337
a Malattie da spirochetali 257
b Serie megacariocitaria 340
a Malattie da actinomicetaceae 262
n Serie linfocitaria 342
b II polmone dell'agricoltore 266
b Bibliografia essenziale 348
b Bibliografia essenziale 266
b APPENDICE "Lista dei CD (clusters of

designation)" 349
Malattie micobatteriche
(G. Barboìini, G. Rossi) 269
3.3 Anemie (E Lanza) 355
Tubercolosi 269
a
b
Anemie microcitiche 357
b Tubercolosi primaria e post-primaria 272
sa Emoglobinopatie 359
b Tubercolosi extrapolmonare 279
n Emoglobinosi 365
b Lebbra 281
b Anemie delle malattie croniche 367
a Micobatteriosi 283
■ Anemie normocitiche 368
b Sistematica essenziale delle principali
infezioni da MOTI 285 m Anemie rigenerative 368
b Anemie emolitiche 369
a Malattie a sospetta eziologia micobatterica 288
b Bibliografia essenziale 289 ■ Anemie emolitiche immuni 371
h Anemie ipogenerative 376
Malattie da miceti a Anemie macrocitiche 376
(G. Pettinato, D. Bifano) 291 s Bibliografia essenziale 380
b Micosi superficiali 291
3.4 Malattie emorragiche e dell'emostasi
a Micosi sottocutanee e sottomucose 292
(G. Castaman, A. Piccin, E Rodeghiero) 381
b Micosi sistemiche 293
b Bibliografia essenziale 301 b Introduzione 381
b Emostasi primaria 381
Malattie da protozoi e da elminti ■ Coagulazione 383
(G. Pettinato, G. Ciancia) 303 a Le sindromi emofUiche 385
Malattie da protozoi 303 a Deficit di altri fattori plasmatici della
b Patogenesi e patologia delle infezioni coagulazione 388
protozoarie 303 a Malattia di von Willebrand (VWD) 389
XVII ^ Indice generale
Porpore piastrinopeniche 390 3.9 Discrasie delle plasmacellule e gammopatie
Porpora piastrinopenica idiopatica 391 (R. Navone, A. Pich) 475
Piastrinopenie secondarie 395 a Plasmocitosi reattive del midollo osseo 475
Porpora trombotica trombocitopenica a Mieloma 476
di Moschowitz: TTP 395 a Gammopatie monoclonali di significato

Piastrinopenia da eparina 396 indeterminato (MGUS) 480


Piastrinopatie 398 a Plasmocitoma 480
b Mieloma osteosclerotico (sindrome POEMS) 480
Sindrome da coagulazione intravascolare
disseminata 399 ■ Macroglobulinemia di Waldenstrom 481
Malattie emorragiche da difetti vasali 40.0 ■ Malattie delle catene pesanti 482
Bibliografia essenziale 404 a Bibliografia essenziale 482

3.5 Sindromi mielodisplastiche


(G.M. Mariuzzi, F. Lanza, L. Mariuzzi) 405
SEZIONE 4
Sistema immunocompetente
■ Definizione 405
■ Classificazione 406 4.1 Sistema immunocompetente
b Anatomia patologica 407 (M. Chilosi) 485
■ Citogenetica 410 a Cenni di anatomia 485
b Quadri anatomo-clinici 411 h Organi centrali (o primari) del sistema
immunitario 485
■ Sindromi mieloproliferative/mielodisplastiche
(SMP/MD) 417 n Organi e tessuti linfoidi periferici
(o secondari) 486
a Diagnosi delle SMD 418
a Bibliografia essenziale 486
b Prognosi 420
b Bibliografia essenziale 422 4.2 Timo (M. Chilosi) 489
a Anatomia, istologia ed embriogenesi 489
3.6 Malattie mieloproliferative croniche
a Fisiologia — il microambiente timico 492
(C. Di Loreto) 423
m Patologia timica 493
a Leucemia mieloide cronica 424 n Bibliografia essenziale 500
b Leucemia neutrofilica cronica 426
b Leucemia eosinofilica cronica 426 4.3 Immunodeficienze primitive (genetiche)
b Policitemia vera 427 (M. Chilosi) 501
b Mielofibrosi cronica idiopatica 428 m Definizione e classificazione 501
■ Trombocitemia essenziale 430 a Immunodeficienze combinate 502
■ Malattìa mieloproliferativa cronica, a Deficit dell'immunità umorale 504
inclassificabile 430 a Forme ben definite di immunodeficienza 505
a Bibliografia essenziale 431 a Deficienze dei geni che codificano y-Interferone,
interleuchina 12 e loro recettori 506
3.7 Leucemie acute (F. Lanza, L. Cavazzini) 433 ■ Sindrome linfoproliferativa legata
a Leucemie acute mieloblastiche 435 al cromosoma X 506
■ Immunodeficienze da difetto della funzione
a Leucemie acute linfoblastiche 444
dei fagociti 506
a Correlazioni anatomo-cliniche 447
a Bibliografia essenziale 507
b Bibliografia essenziale 455
4.4 Patologia autoimmune (M. Chilosi) 509
3.8 Disordini linfoproliferativi cronici h Classificazione delle malattie autoimmuni 510
(F. Lanza) 457
b Malattie autoimmuni organo specifiche 511
a Leucemia linfatica cronica (LLC) 457 a Malattie autoimmuni sistemiche 513
a Leucemia prolinfocitica 464 a Bibliografia essenziale 521
a Leucemia a «grandi linfociti granulari» 465
a Adult T-cell leukemia 467 4.5 Amiloidosi (R. Ranaldi) 523
a Hairy celi leukemia (HCL) 468 m Definizione e caratteristiche generali 523
a Bibliografia essenziale 473 s Classificazione 524
XVIII ss Indice generóle
a Quadri d'organo e manifestazioni cliniche 529 B Anomalie congenite 613
■ Aspetti clinici fondamentali 533 a Cisti spleniche 613
e Bibliografìa essenziale 533 ■ Processi infiammatori e infettivi della milza 614
B Istiocitosi 616
4.6 Sarcoidosi (M. Chilosi) 535 m Alterazioni in corso di anomalie delle cellule
■ Bibliografia essenziale 542 ematiche circolanti e nei disordini
autoimmuni 616
4.7 Fibrosi retroperitoneale (M. Chilosi) 543 ■ Splenomegalie congestizie 618
b Infarto splenico 618
a Patogenesi 543
m Noduli di Gamna-Gandy 618
a Diagnosi differenziale 543
a Peliosi 618
■ Bibliografia essenziale 545
b Atrofia splenica 618
■ Amiloidosi 619
4.8 Allotrapianto di organi solidi
(M. Rugge, G. Pennelli, M. Guido) 547 m Neoplasie 619
■ Bibliografia essenziale 626
■ Introduzione 547
m II patologo nella attività trapiantologica 547
■ Patologia dell'allotrapianto 550 SEZIO N E 6
■ Bibliografía essenziale 560 Sistem a endocrino

Generalità (G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini,


SEZIONE 5 L. Mariuzzi) 629
Sistema linfopoietico
5.1 Linfoadeniti (F. Men estrina, M. Lestani) 563 Ipotalamo - Neuroipofisi e regione sovra
sellare (G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini,
h Introduzione 563
L. Mariuzzi) 633
m Linfoadeniti aspecifiche 563
m Linfoadeniti specifiche 565 Sistema ipotalamo-neuroipofisi 633
m Cenni di anatomia e morfologia funzionale 633
■ Bibliografia essenziale 576
m Cenni di fisiologia 635
b Lesioni vascolari 638
5.2 Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali
e periferici: linfomi non-Hodgkin ■ Processi infiammatori 638
(M. Lestani) 577 b Neoplasie 639
b Quadri anatomo-dinici dì patologia
■ Introduzione 577
ipotalamo-neuroipofìsaria 641
a Linfomi non-Hodgkin a cellule immature
("precursor B or T cell neoplasm") 582 Regione sovrasellare e peduncolo ipofisario 648
m Interruzione del peduncolo 648
a Linfomi non-Hodgkin B a cellule mature
"peripheral B cell neoplasm") 585 m Lesioni cistiche e teratomi 649
m Linfomi non-Hodgkin T a cellule mature a Bibliografia essenziale 649
("peripheral T cell neoplasm") 598
m Bibliografia essenziale 600 6.3 Adenoipofisi (G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini,
L. Mariuzzi) 651
5.3 Linfoma di Hodgkin (F. Menestrina) 601 b Cenni di anatomia, citologia e fisiologia 651
b Note storiche e classifìcative 601 m Alterazioni dello sviluppo, cisti 656
■ Linfoma di Hodgkin classico 602 b Alterazioni di circolo 657
m Linfoma di Hodgkin a prevalenza linfocitaria b Processi infiammatori 659
nodulare 609 ts Modificazioni citologiche correlative e
h Bibliografia essenziale 610 funzionali dell'adenoipofisi 660
b Tumori a cellula adenoipofìsarìe 662
5.4 Milza (G. Fabris, G. Goteri) 611 b Quadri clinico-patologici correlati con le

a Anatomia e fisiologia 611 anomalie di secrezione delle varie tropine


tu Stati disfunzionali della milza: ipofisarie 674
iposplenismo ed ipersplenismo 612 b Bibliografia essenziale 681
XIX S5 Indice generale
6.4A Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-cli- a Alterazioni circolatorie 769
nici (G.M. Mari uzzi, R. Alberti, m Processi regressivi - Cisti 771
L. Mariuzzi) 683 a Processi infiammatori 772
■ Cenni di fisiopatologia 683 a Iperplasie 774
w Quadri di patologia connessi con lo stress 690 a Tumori 778
■ Bibliografia essenziale 693 a Quadri anatomoclinici 783
a Bibliografia essenziale 792
6.4B Correlazioni endocrino-immunologiche
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi) 694 6.9 Midollare surrenale e paragangli
a Bibliografia essenziale 696 (L. Cavazzini, L. Mariuzzi,
G.M. Mariuzzi) 795
6.5 Epifisi, o ghiandola pineale (corpo pineale)
iG.M. Mariuzzi. L. Cavazzini. Midollare surrenale 795
a Cenni di anatomia e di istologia 795
L. Mariuzzi) 697
a Cenni di fisiologia 795
a Cenni di anatomia e istologia 697 a Aplasia, ipoplasia, disturbi di circolo,
m Cenni di fisiologia 699 infiammazioni 799
ss Anomalie congenite - cisti 701 a Processi iperplastici 799
■ Tumori 701 a Tumori 800
m Quadri anatomoclinici 704 a Quadri anatomoclinici 808
■ Bibliografia essenziale 704 Paragangli extrasurrenalici 809
a Cenni di anatomia e di istofisiologia 809
6.6 Tiroide (G. Martignoni, L. Cavazzini, a Iperplasia 810
G.M. Mariuzzi) 707 a Tumori 810
b Cenni di anatomia e di morfologia a Quadri anatomoclinici 812
funzionale 707 a Bibliografia essenziale 812
n Cenni di fisiologia 709
a Alterazioni di sviluppo 711 6.10 Disordini della differenziazione sessuale
■ Processi infiammatori 712 (L. Cavazzini, G.M. Mariuzzi) 815
■ Processi iperplastici 718
a Sviluppo delle gonadi e differenziazione
a Processi neoplastici 721 sessuale 815
■ Citologia tiroidea 736
a Disordini della differenziazione sessuale
a Correlazioni anatomocliniche 740 associati con un assetto cromosomico
m Bibliografia essenziale 743 apparentemente normale 817
h Disordini della differenziazione sessuale
6.7 Paratiroidi (L. Cavazzini, L. Mariuzzi, associati a cromosomi sessuali anormali 821
G.M. Mariuzzi) 745
a Bibliografia essenziale 824
a Cenni di anatomia e istologia 745
a Cenni di fisiopatologia 747 6.11 Sistema endocrino diffuso
a Alterazioni di sviluppo 749 (C. Bordi) 825
a Alterazioni circolatorie - Atrofia 749
a Cenni morfo-funzionali 825
a Processi infiammatori 750
a Sindromi da iperfunzione endocrina 826
a Processi iperplastici 750
■ Processi neoplastici 752 a Iperplasie 827
■ Quadri anatomoclinici di patologia delle a Tumori carcinoidi 828
paratiroidi 757 a Neoplasie endocrine multiple 828
a Bibliografia essenziale 763 e Bibliografia essenziale 830

6.8 Corteccia surrenale (G.M. Mariuzzi, 6.12 Pancreas endocrino


L. Cavazzini, G. Martignoni, L. Mariuzzi) 765 (C. Bordi) 831
a Cenni di anatomia e istologia 765 a Cenni di anatomia, istologia e fisiologia 831
a Cenni di fisiopatologia 767 a Diabete mellito 832
a Malformazioni congenite 768 a Tumori del pancreas endocrino 840
a Atrofìa 769 a Bibliografia essenziale 841
XX ^ Indice generale
SEZIONE 7 ■ Tumori perivascoìari o pericitari 992
Apparato cardiovascolare a Bibliografia essenziale 994

7.1 Cuore (C.A. Beltrami) 845


■ Cenni di embriologia 845 SEZIONE 8
■ Generalità sul cuore 849 Mediastino e Apparato respiratorio
■ Pericardio 855
■ Matrice extracellulare cardiaca 857 8.1 Vie aeree superiori
■ Circolo coronarico 858 (L. D'Angelo, R. Rossiello) 997
■ Insufficienza cardiaca (IC) 875 Naso e seni paranasali
i» Miocarditi e cardiomiopatie 879 (L. D'Angelo, R. Rossiello, G. lannaci, P. Sapere, G.
a Endocarditi 886 Salerno, G. Buongiorno) 997
a Tumori cardiaci 893 b Processi infiammatori 998
■ Bibliografìa essenziale 895 a Malattie granulomàtose croniche 1003
a Lesioni epiteliali benigne 1004
7.2 Cardiopatie congenite a Tumori maligni 1006
(C. Frescura, G. Thiene) 897 a Lesioni fibrose 1009
a Lesioni ossee e cartilaginee 1010
h Definizione 897
Rinofaringe
b Incidenza ed epidemiologia 897
(L. D'Angelo, R. Rossiello, V. Coluccino, V. Allocca,
m Patogenesi ed eziologia 899 G. Salerno, G. Buongiorno) 1010
■ Storia naturale 901 a Malattie infiammatorie 1011
a Embriologia cardiaca 902
a Lesioni espansive benigne 1012
a Classificazione delle cardiopatie congenite 909
b Carcinoma del rinofaringe 1014
n Cardiopatie congenite con iperafflusso
Laringe
polmonare 910
(L. D'Angelo, R. Rossiello, L. Montone,
n Cardiopatie congenite con ipoafflusso E Di Marco, G. Salerno, G. Buongiorno) 1016
polmonare 920
a Malformazioni congenite, cisti, laringoceli 1017
■ Cardiopatie congenite con flusso polmonare
a Disturbi di circolo 1019
normale 924
a Malattie infiammatorie 1019
■ Cardiopatie congenite incompatibili con
la vita extra-uterina 930 a Neoformazioni benigne 1022
b Laringiti croniche specifiche 1024
■ Altre cardiopatie congenite complesse 938
h Correzione chirurgica e cause di insuccesso a Laringiti granulomatose 1025
dell'intervento 944 a Interessamento deña laringe in corso di
a Bibliografia essenziale 947 patologie infiammatorie croniche 1027
a Lesioni epiteliali benigne 1027
7.3 Arterie (G. Magro, S. Grasso) 951 a Tumori benigni 1028
b Tumori maligni 1033
■ Cenni istologici 951
a Stenosi laringee 1046
■ Vasculiti (arteriti) 954
a Bibliografia essenziale 1048
■ Arteriectasie, aneurismi 966
a Bibliografìa essenziale 974
8.2 Patologia mediastinica (G.M. Mariuzzi,
M. Lestani, R. Mori, L. Mariuzzi) 1051
7.4 Vene e vasi linfatici
(D. Batolo, M. Lentini) 975 a Cenni di anatomia 1051
a Metodi di indagine per imaging con esami
m Vene 975
cito-istologici estemporanei 1053
h Vasi linfatici 983 a Malformazioni congenite 1055
a Bibliografia essenziale 986 a Patologie acquisite 1057
a Processi infiammatori 1058
7.5 Tumori vascolari h Mediastini te fibrosante o fibrosi
(G. Magro, S. Grasso) 987 mediastinica 1060
a Tumori benigni 987 a Masse mediastiniche 1061
a Tumori a malignità intermedia 990 a Neoplasie primitive del mediastino 1061
a Tumori maligni 991 a Sindromi mediastiniche 1071
XXI íí Indice generale
h Quadri anatomo-clinici 1071 ■ Procedure diagnostiche nelle malattie
m Bibliografia essenziale 1074 polmonari 1101
■ Malattie polmonari neonatali, perinatali
8.3 Parete toracica (B. Murer) 1075 e malformative 1103
■ Anomalie del torace 1075 ■ Polmoniti 1112
b Traumi della parete toracica 1078 e Patologia polmonare nei pazienti
immunocompromessi e nella sindrome
■ Tumori della parete toracica 1078 da immunodeficienza acquisita (AIDS) 1154
b Patologia polmonare da trapianto 1155
8.4 Pleura h Polmoniti da aspirazione 1156
(G. Barbolini, A.M. Gatti, B. Murer) 1081
■ Atelettasia e collasso polmonare 1158
■ Anatomia ed istologia della pleura 1081 ■ Broncopneumopatie croniche ostruttive 1160
■ Patologia non neoplastica 1081 ■ Danno Alveolare Diffuso (DAD) 1169
a Malattie benigne della pleura asbesto ■ Pneumopatie interstiziali diffuse 1171
associate 1087 a Vasculiti polmonari 1186
h Tumori 1088 m Pneumoconiosi 1190
a Bibliografia essenziale 1097 h Disturbi di circolo e malattie vascolari 1199
m Processi dismetabolici e tesaurismosi 1212
8.5 Trachea, bronchi e polmoni (B. Murer) 1099 ■ Malattie ad eziologia incerta 1220
mAnatomia ed istologia del polmone ■ Tumori dei bronchi e dei polmoni 1222
e vie aeree 1099 ■ Bibliografia essenziale 1250

CO NTENUTO DEL VOLUME II

SEZIONE 9 SEZIONE 13
Apparato digerente Apparato tegumentario

S E Z IO N E 10
Apparato uropoietico SEZIONE 14
Apparato locomotore
SEZIONE 11
Apparato riproduttivo maschile
SEZIONE 15
SEZIONE 12 Sistema nervoso
Apparato riproduttivo femminile Occhio
e Mammella Orecchio
SEZIONE I

Anatomia patologica
generale
Qualche notìzia sulla storia dell'anatomia 1.9 Patologia iatrogenica
patologica (G.M. Mariuzzi) (C. Rubini, L. Mariuzzi)
b introduzione e generalità
1.1 Introduzione all'anatomia patologica generale
b Genetica delle reazioni avverse ai farmaci
(A. Scarpa) b Basi molecolari del polimorfismo genetico dei
1.2 Patologia della cellula CYP2D6
(A. Scarpa, A. Zamò, A. Mombello) s Nosografia delle patologie indotte da farmaci
■ Risposte cellulari reversibili b Quadri morfologici-istopatologici nelle reazioni
■ Patologie da accumulo da farmaci con interessamento cutaneo
b Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula b ADR responsabili di patologie deíl'apparato
cardiocircolatorio
1.3 Patologia del ricambio cellulare e ruolo b ADR dell'apparato respiratorio
delle cellule staminali b ADR dell'apparato emopoietico
b introduzione (G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi] b ADR dell'apparato urinario
■ Le cellule stamina!! (A. Beitrami) b ADR dell'apparato gastroenterico
b Modalità del ricambio cellulare (G.M. Mariuzzi,
b ADR delle mucose del cavo orale
L. Mariuzzi)
b Conclusioni
■ Patologie da alterazioni del rinnovamento cellulare
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi, C. Rubini) 1.1 0 Processi neoplastici
1.4 Metodi e tecniche dell'anatomia patologica b Definizione e genesi dei tumori (G.M. Mariuzzi)
(A. Scarpa, A. Mombello, A. Zamò) b Le neoplasie possono essere benigne o maligne
■ Le domande alle quali risponde l'anatomia (A. Scarpa, A. Mombello)
patologica b Genetica delle neoplasie (A. Scarpa, A. Zamò)
■ ì materiali oggetto di indagine b Basi molecolari delle neoplasie (R. Ranaldi)
anatomo-patologica b Alterazioni morfologiche delle cellule maligne:
■ Modalità dì recapito dei materiali "grado di malignità" (A. Scarpa, A. Mombello)
■ La fissazione b Nomenclatura e classificazione delle neoplasie
■ Analisi macroscopica e campionamento (A. Scarpa, A. Mombello)
■ Analisi microscopica b Cancerogenesi umana: generalità ed eziologia
m Analisi molecolari (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, L. Mariuzzi)
a Applicazioni diagnostiche delle tecniche molecolari b La teoria "multistadio" della progressione tumorale
1.5 Nanopatologia (R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi)
a Progressione neoplastica (A. Scarpa, A. Mombello)
(G. Barbolini, A.M. Gatti)
b Anatomia patologica delia progressione
1.6 Citopatologia generale neoplastica (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi]
(E. Manfrìn, A. Remo, D. Reghellin, F. Bonetti) b Cinetica della crescita neoplastica
■ Introduzione (R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi)
a Casistica relativa alla diagnostica citologica di b Valutazione delia crescita neoplastica
patologie di organi superficiali e significato clinico (A. Scarpa, A. Mombello)
b Esame citologico di lesioni profonde b Criteri morfologici generali per la diagnosi
delie neoplasie (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi)
1.7 Malattia arterosclerotica b Neo-angiogenesi tumorale (R. Ranaldi)
(G. d'Amafi) b Neoplasia ed immunità (R. Ranaldi)
h Struttura dei vasi b La diffusione delle neoplasie e la sua valutazione
s Fisiopatologia clinica: la stadiazione (A. Scarpa, A. Mombello)
■ Epidemiologia e fattori di rìschio
b Invasività e metastasi (R. Ranaldi)
■ Morfopatologia
b Lesioni preneoplastiche: definizione soggettiva ed
h Patogenesi
oggettiva del grado della malignità. Lo screening
b Aterosclerosi accelerato
di massa (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, L. Mariuzzi)
■ Arterioloscierosi
1.8 Patologie da alterata perfusione dei tessuti 1.11 Sindromi paraneoplastiche
(G. d'Amati) (L. Mariuzzi)
b Iperemia e congestione b Principi generali
b Trombosi b Le sindromi paraneoplastiche endocrine
b Embolia b Le sindromi paraneoplastiche neurologiche
b Infarto b Le sindromi paraneoplastiche ematologiche
b Shock b le sindromi paraneoplastiche dermatologiche
Qualche notizia
sulla storia
dell'anatomia
patologica
G.M. Mariuzzi

La prima indicazione sulle finalità dell'insegna- centrale dell'intelletto, sulla scorta non solo di spe­
mento dell'anatomia patologica ci viene da Antonio culazioni filosofiche ma anche di rilievi anatomici
Benivieni (Firenze 1440-1502): l'anatomia patologica ha da lui eseguiti. E rasistrato, nipote di Aristotele,
la finalità di dare ragione, con dati difatto concreti, visibi­ medico durante il 111 secolo a.C., famoso anche per
li, e tangibili, delle manifestazioni patologiche (pathos- aver curato la malattia misteriosa che affliggeva
logos) delle varie malattie. Antioco, figlio primogenito di Seleuco Nicatore,
Oggi potremmo aggiungere che essa ha anche lo effettua certamente le prime osservazioni anatomo-
scopo di studiarne con continuità le alterazioni cel­ patologiche, fra le quali proprio quella relativa alla
lulari e subcellulari, morfologiche, citologiche, chi­ cirrosi epatica; in particolare è sua una prima ipote­
miche e molecolari con lo scopo di far cogliere ai si sul ruolo delle anormalità circolatorie, secondo la
discenti quanto sostanzia: ogni singolo danno cellu­ quale è la pletora sanguigna a causare alterazioni
lare, tessutale, d'organo e di sistema; ogni malattia nutritive dei parenchimi.
in ogni singolo paziente. Di trovare spiegazioni con­ In questa prima era, l'anatomia patologica è ri­
crete delle azioni degli agenti causali e delle condi­ scontro e descrizione di anormalità dell'anatomia
zioni che ne favoriscono l'azione; delle modalità con degli organi. Nel II secolo dopo Cristo (129-201) ini­
cui si istituisce il danno e le conseguenze distrettua­ zia il metodo dell'osservazione sistematica che con­
li e sistemiche che i più diversi enti patogeni produ­ sentì a G aleno di identificare le basi morfologico-
cono, in modo da poter assumere i comportamenti strutturali di alcune malattie come l'apoplessia e la
medici idonei per controllare e contrastare ogni esito paralisi. E, se le sue opere non fossero state distrut­
negativo prevedibile. te in gran parte dall'incendio del tempio della Pace,
Nei confronti dell'anatomia patologica, soprat­ oggi sarebbe ancora più evidente il suo sostanziale
tutto delle sue applicazioni in sala anatomica, ha apporto nel far sì che "la nuit vivante se dissipe à la
pesato a lungo, ed ancora vive, il preconcetto che, clarté de la mori" (M. Foucault, Naissance de la. clini-
secondo Leon ardo da Vinci (1452-1519), stava nella que).
"paura d'abitare nelli tempi notturni in compagnia di Se dopo Galeno "La sphère du del est considérée
tali morti squartati o scorticati e spaventevoli a vedere", comme limite absolu", ciò è dovuto non agli apporti
Ma non si può rimuovere il dato di fatto che la
storia dell'anatomia patologica è stata scritta nei
secoli proprio grazie al "convivere in compagnia di
tali morti squartati e scorticati" (Fig. 1). Il riscontro
diagnostico (è stato stabilito, dopo secoli d'impiego
del termine, che non si chiama più autopsia) non è
mai soltanto un atto tecnico, ma fatica dolorosa, pro­
prio perché la ricerca e l'analisi delle piaghe viene
condotta, di necessità, alla presenza muta del sog­
getto umano che le esibisce e non nel nitore di un
laboratorio asettico.
L'istanza di conoscere la fabbrica, che ci fa vivere,
nasce con l'intento tutto filosofico di scoprire Dio
nell'uomo, di capire di quale substrato l'infinito
abbia dotato il finito intelligente. È stata una delle
prime esigenze sentite dalla mente umana, atto che
si perde all'origine del pensiero. A lcm eone da Cro­
tone, verso il sesto secolo prima di Cristo, aveva
proposto il cervello, anziché il cuore, quale sede Fig. 1
4 ® Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica
reali della sua autorità indiscutibile, ma alla predi- Nel 1500 L eon ardo, sulla scorta di una lunga
lezione assunta dai successori per le sue costruzio­ esperienza settoriale, fornisce la prima descrizione
ni filosofico religiose, alla anteposizione delle teorie del substrato anatomico di una malattia importante
ai fatti, all'orientamento al "meditari sine materia", e frequente come è l'arteriosclerosi: "Quando le vene
che durò oltre 1000 anni. Nacquero così costruzioni s'invecchiano, esse si destruggan la loro rettitudine nelle
e rappresentazioni fantastiche deiranatomia nelle lor ramificazioni, e si fan tanto più flessuose, ovver ser­
quali ricorre con insistenza il "divinum in morbo" ed peggianti, e di più grossa scorza, quanto la vecchiezza è
il criterio teologico per cui la "natura non fa nulla a più abbondante d'anni"; "Come nelli pomeranci, alti
caso". quali tanto più ingrossa la scorza e diminuisce la midol­
Atteggiamento mentale, questo, che V esalio la, quanto più si fanno vecchi".
(1514-1564) condanna con fermezza: "Costoro, come Nel 1600 M arcello M alpighi (1628-1694) adotta
fanno le cornacchie, affidano quelle cose cui mai si sono di G alileo (1564-1642) non soltanto il metodo, ma
accostati, ma che solamente imparano a memoria dai libri anche lo strumento che diventerà il mediatore
degli altri... e... gracchiano dall'alto delle cattedre con costante del futuro progresso. Il microscopio ottico
rara presunzione". potenzia le possibilità deirosservazione ed apre
La lunga notte, legata anche al peso dell'autori- nuove vie al progresso. Malpighi diviene il fonda­
tà di Galeno, s'interrompe con il Rinascimento ed il tore dell'anatomia microscopica. Ma il suo genio va
manifesto della rinascenza della anatomia patologi­ raccogliendo, in un libro di appunti, ancora oggi
ca si trova nel pensiero di L eon ardo da Vinci, che, poco noto, una serie di osservazioni relative a
con l'anatomia, vuole ora superare la semplice riscontri effettuati per sole finalità diagnostiche. Se
osservazione della staticità del cadavere senza vita, Bologna è la città dove nel 1302 viene eseguita con
rimuovere preconcetti e l'abitudine all'asserire ufficialità la prima autopsia, probabilmente è anche
aprioristico, per cercare invece ogni conclusione la sede dove è iniziata, con Malpighi, la pratica, oggi
soltanto nei fatti derivabili dall'esperienza diretta. in pericoloso declino* del riscontro diagnostico siste­
P a ra celso , dopo Leonardo, aggiunge che: matico.
"Pochissimi medici hanno cognizione esatta delle malat­ "Il compito dell'anatomia risiede nella considerazio­
tie e delle loro cause: ma i miei libri non sono scritti ne delle cause, delle sedi, della struttura e del moto della
copiando da Ippocrate o da Galeno; li ho invece composti materia morbosa": è il pensiero di M alpighi che di
fondandomi sulla esperienza che è la più grande mae­
stra" (Filippo Teofrasto Bombasto Paracelso da Hohen-
heim; 1493-1541).
Via sistematicamente seguita nella seconda metà
del 1400 da A ntonio Benivieni (Firenze 1440-1502)
che raccoglie una serie di casi della sua attività di
medico: casi prima studiati nella loro evoluzione
clinica e, dopo il decesso, indagati con l'autopsia. È
un'indagine sistematica basata appunto sui fatti cli­
nici raccolti all'atto della cura e poi raffrontati con i
dati "quos ego v id i et tetigi". Il primo testo di ana­
tomia patologica e di correlazioni clinico-anatomi­
che è quindi il "De abditis nonnullis ac mirandis mor-
borum et sanationum causis", pubblicato postumo dal
fratello Girolamo Benivieni nei primi anni del 1500
(Fig- 2).
Benivieni, L eon ardo, Vesalio e P aracelso del
rinascimento anatomico esprimono l'aria nuova
che pervade le antiche sale settorie: con il metodo
sperimentale ora si vogliono scoprire i meccanismi
che muovono le macchine divine. Ma la scintilla era
già scoccata nel cuore del Medioevo ed espressa
dall'aforisma di A belardo (1079-1142): "il dubbio è la
via per scoprire".
L'anatomia si fa, così, ricerca sperimentale. Le
conclusioni vengono assunte per deduzione, si pri­
vilegia il rilievo obiettivo, le osservazioni si somma­
no, i dati di fatto si stratificano. Nel lento procede­
re, che può essere segnato soltanto dalla ricerca
incessante del miglioramento indefinito dell'ap­
prossimazione, la storia respira e si va costruendo
l'edificio dottrinale dell'anatomia patologica. Fig. 2
Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica ^ 5

Morgagni precorre anche le associazioni verbali: è vere conspectis, cum iis quae morbus praegressa sunt;
l'atto che conferisce dignità ufficiale alla prassi haud ita difficile erit plerumque internoscere quae vitia
adottata da Benivieni, l'atto ufficiale fondante la morbum effecerint, ab iis quae a morbo effecta sint".
disciplina dell'anatomia patologica. Pensiero com­ L'apporto di Morgagni risiede nella organizza­
piuto di patologia clinica e che pervade le sue rac­ zione della nuova disciplina medica, ancora oggi
colte di casi autoptici fra i quali deve essere ricorda­ fondamentale; nella formulazione di nosografie
ta la prima descrizione esauriente della cirrosi epa­ basate sui rilievi patologici, sui complessi anatomo-
tica: "In sesto corpore abdomen turgebat aquae, iecur clinici e sui sintomi; nella identificazione di un
totum diminutum erat, et asperum, exterius coloris sub­ metodo nuovo che è sperimentale.
flavi [...] Exterius referebat congeriem granorum et emu- Metodo che indica come irrinunciabile la ricerca
labatur parotidem [...] Totum iecur repraesentabat race- costante, in ogni malato dunque, delle cause delle
mum uvae malattie; delle conseguenze dell'azione dell'agente
Nel 1700 G iovanni B attista M orgagni (1682- lesivo; dell'evoluzione nel tempo del danno prodot­
1771) coglie la necessità di un nuovo, distinto, indi­ to; ed ancora dell'entità e delle modalità dei disor­
rizzo autonomo, per la dissezione effettuata con dini correlati, anche plurimi e sempre complessi,
finalità cliniche; comprende che la clinica si può che le lesioni prime comportano.
fondare soltanto sull'apporto dell'osservazione È Morgagni infatti che intuisce il compatire degli
anatomica; intravede l'istanza urgente di capire organi sotto l'influsso di umori alterati e la necessi­
cosa muova le malattie; e compie lo sforzo geniale tà di impiegare l'indagine autoptica sistematica per
dì integrare tutte le informazioni note, e le sue per­ rimuovere errori e dubbi: "Sed illud quod dicebam, in
sonali, innumerevoli, in un vero trattato di anato­ quo omnes convenimus, multorum uno eodemque morbo
mia patologica: il De sedibus, et causis morborum per extinctorum dissectio, praecipuum est, ut cunctae
anatomen indagatis (Fig. 3), sintetizzandone lo spiri­ dubitandi, en an diqu e occasion es tollantur".
to nella prefazione: "Comitantur vero sintomata: quo­ Nel rapido cammino lungo gli antichi percorsi
rum singulorum natura, series, ordo, constantia si atten­ dell'anatomia patologica, dopo Morgagni, altro
te animadvertantur, conferanturque cum vitiis in cada- vero genio è R u d o lf Virchow.
Ancora una volta la storia ci meraviglia perché
fra l'opera di Malpighi - anatomia microscopica - e
quella di Virchow - anatomia patologica microscopica
- j o .: b :a e t ì s 't i : - trascorrono due secoli: ben duecento anni prima
che fosse adottata l'osservazione microscopica ini­
■Vi i . A '• I ziata da Malpighi. La ragione risiede nella diffiden­
za verso il nuovo strumento, il microscopio, ancora
imperfetto. Del quale il B ich a t (1771-1802) esprime­
■■ D .£■■ S E T ) I B U S v CT. : CÀ; i J S k va il suo radicale rifiuto: "Parce que quand on regarde
dans l'obscurité, chacun voit à sa manière et suivant
qu'il est affeeté"; anche Morgagni stesso, ispirando
; . PER: ANATOMEN-' INDAGATISI mia sua biografia, pare abbia fatto dire all'autore
L ! E Si l ¿1 V I N 0 E.
che: "ebbe un lodevole timore dei microscopi troppo
acuti".
Malpighi dunque fonda nel 1600 l'anatomia
Muìtiplcx prafixus cft Iadex rcrumJ'& nominun) microscopica e descrive il glomerulo renale; Hooke
. : accuratjflìmus nel 1665 scopre la struttura " a celles" del sughero;
r e . ' u •> P H ; V U % ma è soltanto nel 1858 che Virchow dà alle stampe
B U 03 V a ! O R E V c O K T l N.£ NS L I B R.t’£. la sua Cellularpathologie. Un lungo silenzio di 200
anni è quindi il prezzo pagato dal progresso per la
diffidenza di due grandi verso il nuovo rivoluzio­
nario strumento inventato da Galileo!
L'apporto di Rudolf Virchow (1821-1905) sta nel-
l'aver colto il ruolo che ha il danno delle cellule -
unità elementari della vita capaci di riprodursi
(omnis cellula a cellula) - nella produzione delle sof­
ferenze degli organi e quindi delle malattie dell'uo­
mo. Il passo nuovo fatto dall'anatomia patologica
può essere colto nelle parole dello stesso Virchow:
"Il pensiero anatomico non è più legato alle alterazioni
visibili che il coltello dell'anatomico rende constatabili,
ma si allaccia direttamente alle funzioni stesse della
vita".
Fig. 3 L'opera sulla Cellularpathologie viene pubblicata
6 is Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica
a Berlino nel 1858 (Fig. 4) e, con l'avvento delle these circumstances it was diagnosed that thè ulcer ivas
nuove scoperte, diventerà subito possibile identifi­ not malignant" (Bennet J.M.: Lancet 1, 517, 1845). E
care lo sconcerto che gli agenti patogeni causano dopo di lui Donaldson che, nel 1853, poteva scrive­
entro le cellule costituenti gli organi. È questo il re “We ourselves have been able to diagnose cancer in thè
grande passo per il quale ha il suo avvio la costru­ living subjects" (Donaldson F.: Am. J. Med. Se. 25,43,
zione della moderna patologia la quale, ben presto, 1853).
dopo Virchow, ma per merito suo, s'interessa di tra­ Ma se Virchow aveva sbagliato, il fatto poteva solo
sferire il patrimonio di conoscenze accumulato alla indicare che la biopsia era pratica diagnostica da conside­
ricerca microscopica sul soggetto vivo; nasce, così, rare del tutto inaffidabile!
la pratica della biopsia con la finalità di comprende­ E così, ed ancora una volta, l'autorità di una
re meglio e meglio diagnosticare le malattie, anche grande personalità riesce ad arrestare l'evoluzione
e soprattutto per poterne meglio adeguare la tera­ del progresso.
pia. Quelli a cavallo fra il 1800 e il 1900 sono anni di
Proprio a Virchow, nel 1887, sir Morell Macken- attività intensissima dell'anatomia patologica,
zie, chiamato al letto del kaiser Federico III, chiede durante i quali si stratificano continui apporti di
di effettuare la diagnosi microscopica di una lesio­ grandi studiosi; l'anatomia patologica va compo­
ne del laringe dalla quale era stato rimosso un pic­ nendo il suo corpo di dottrina con la raccolta, in
colo frammento. La diagnosi di Virchow fu rassere­ tempi relativamente brevi, di tutti i dati e le infor­
nante, ma il kaiser morì l'anno seguente proprio per mazioni necessarie al riconoscimento delle più
un carcinoma laringeo. Il fatto segnò non solo la diverse malattie di tutti gli organi ed apparati del­
rovina professionale di Mackenzie, ma soprattutto l'uomo.
rallentò il cammino della pratica bioptica alla quale Con questo bagaglio culturale specifico il pato­
già Bennet, prima di Virchow, era ricorso nel 1845 logo viene di nuovo chiamato ad operare nella cli­
per capire la natura di una lesione mammaria: nica, al letto del malato; e concorre con l'attività
"Another woman, 50years ofage [...] ofcachectic appea- bioptica alla formulazione delle diagnosi; almeno
rance, hadfor six months an ulcer in thè left breast. From di quelle diagnosi in cui dubbi o incertezze rendes­
sero in qualche modo difficoltoso il procedere del
cammino clinico. Nel 1961 Chang ricorre al criosta­
to per ottenere preparati microscopici in tempi bre­
vissimi e nasce la diagnostica peroperatoria: il chirur­
go può ora conoscere, in pochi minuti e mentre
opera, la natura e la reale gravità delle lesioni che,
con l'atto chirurgico, sta curando.
Ma al patologo ricercatore la morfologia, intesa
come rilievo di immagini statiche, ben presto risul­
terà insufficiente. Egli vuole, deve poter cogliere
con il microscopio gli equivalenti visibili delle fun­
zioni tessutali e cellulari e soprattutto le loro modi­
ficazioni indotte dalle cause patogene, nonché il
divenire progressivo delle alterazioni, per com­
prendere gli squilibri complessi e multiformi che
sono le malattie.
Il grande libro dell'anatomia patologica si può
fino ad oggi articolare in quattro capitoli basilari
che sono:
1) quello relativo alle osservazioni casuali di anor­
malità anatomiche degli organi e scritto in circa
2000 anni dal 600 a.C. al 1400 d.C.;
2) quello della finalizzazione dell'indagine macro­
scopica autoptica alla ricerca delle cause delle
malattie e delle condizioni patologiche correlate
che spiegano il quadro clinico, capitolo scritto in
gran parte dal Morgagni nel 1700;
3) il capitolo affascinante sulle basi cellulari e tes­
sutali delle malattie promosso dall'impiego del
microscopio, prima da parte di Malpighi e poi di
Virchow, scritto soprattutto da quest'ultimo nel
Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica ; 7

4) infine quello che ora i patologi stanno scrivendo che entrano neU'organizzazione strutturale e fun­
dopo aver scoperto gli artifizi tecnici per porta­ zionale delle cellule e degli organuli subcellulari
re l'indagine fisica, chimica, molecolare e geneti­ nonché le tappe di tutte le trasformazioni che agen­
ca entro le cellule ed i tessuti. ti patogeni riescono a causare.
L'applicazione di queste tecniche ai cromosomi
Capitolo, quest'ultimo, nelle nostre mani, una ad esempio, fece subito prevedere che, in un arco
lettura compiuta del quale va rimandata al tempo ragionevole di tempo, si sarebbe potuto conoscere
futuro, perché ancora molte sono le pagine da com­ non solo la disposizione di tutti i geni entro i singo­
pletare. li cromosomi, ma anche cogliere e dimostrare le
Con il secolo appena scorso è nata la morfologia anormalità di collocazione e di struttura e le even­
funzionale e subito si è sentita la necessità di supe­ tuali disfunzioni geniche all'atto del trasferimento
rarne i limiti. Gradualmente, ed airesordio molto dei messaggi specifici. Così quanto scrivevano
lentamente, è stato studiato quanto di chimico e di Kirsch e Broder nel 1986: 'Tt is possible that patholo-
biochimico sottende le variazioni dell'organizza­ gists zoili report Information about rearrangements,
zione strutturale. Negli anni quaranta l'indagine amplifications and aberrant expression o f various onco-
ultrastrutturale è stata applicata ai vari organuli che genes in tumor biopsy specimens and that an oncologist
muovono le attività funzionali delle cellule e si è zoili then use sucii Information to define prognosis or
compreso quanto le modificazioni delle strutture design a regimen o f therapy" (Kirsch I.R., Broder S.J.;
visibili siano correlate con le funzioni cellulari. Clin. Oncol. 4: 271, 1986), è già diventato attuale.
Nel 1941 Albert Coons intuisce la possibilità di L'esigenza di oggettività è antica nel patologo
sfruttare la specificità del legame fra antigene ed come documentano gli armamentari di referenti,
anticorpo per rendere visibili, entro le cellule, com­ ancora oggi conservati in qualche sala anatomica:
posti chimici ben definiti (ormoni, enzimi, protei­ sono oggetti vari, frutta secca, vegetali, polveri ed
ne). Le modificazioni via via apportate al metodo altro che servivano come campioni perché fosse
originale hanno consentito una amplificazione tale oggettiva la descrizione dei reperti anatomopatolo-
del segnale di presenza di un substrato che è diven­ gici: "Neoformazione delle dimensioni di una noce
tato possibile il rilevamento di un numero così avellana e del colore dello zafferano", si diceva
basso di molecole che nessun'altra tecnica nota può dopo aver confrontato la lesione con i campioni
svelare. " Today zve may perhaps venture to ask thè que- d'archivio. Ora calcolatori e sistemi esperti possono
stion whether by thè use o f immunocytoehemistry we essere impiegati per misurare ogni carattere cellula­
might discover antigens that are so scarce in concentra- re, normale o patologico; e solo la valutazione
tion and distribution that other biochemical tecniques oggettiva delle deformazioni strutturali e chimiche,
cannot disclose them" (Sternberger: Immunocytoche- che le tecniche attuali hanno reso possibile, è in
mistry; Polak, Van Noorden Ed.; Wright, PSG, Bristol grado di dare il passo veloce commisurato alla
1983). velocità del progresso.
Ed oggi il grande salto è compiuto perché il rile­ Finalità perseguibile soltanto con l'entusiasmo,
vamento e la localizzazione di semplici sequenze la dedizione, la capacità di fede, la fantasia libera
aminoacidiche o di acidi nucleici, anche nelle parti dei giovani che vengono insensatamente tenuti lon­
più intime della organizzazione cellulare, è stato tani dai nostri laboratori.
attuato. L'anatomia patologica non è quindi scienza di
Il tumultuoso progresso della nostra epoca nelle orrori, già tutta esplorata; è invece strumento di
conoscenze deH'immunologia, della biologia mole­ progresso futuro lungo le vie senza fine della cono­
colare e della genetica ha messo infatti a disposizio­ scenza del più intimo della misteriosa e meraviglio­
ne dei patologi un cospicuo volume di conoscenze sa fabbrica che permette, ad ognuno di noi, di cam­
e soprattutto di tecniche estremamente raffinate per minare verso mete differenti e diversamente vissu­
produrre "marcatori" capaci di identificare, con te; - En las entranas de las cosas - y no fuera de ellas -
altissima sensibilità e specificità, sostanze chimiche están lo eterno y ¡o in fin ito 'Miguel De Unamuno'.
Introduzione
1.1 all'anatomia
patologica
generale
A. Scarpa

L'anatomia patologica studia le alterazioni di dell'agente eziologico e il conseguente processo che


cellule e tessuti provocate dalle malattie, allo scopo si innesca (Fig. 1).
di identificarne cause e conseguenze. I concetti basilari per la comprensione della
Il processo che porta allo sviluppo di una malat­ patologia sono due: eziologia e patogenesi.
tia comprende essenzialmente due fasi: l'azione

EZIOLOGIA

im \
Danno Danno
reversibile

P Cellula
A normale
T
0
G Risposta
E cellulare
N Accumuli anomali
£ Ipertrofia
S Iperplasia
1 Displasia

Risposta Non risposta


tissutaie tissutaie
Infiammazione acuta
Infiammazione cronica
Fibrosi

Fig. 1 - Eziologìa e patogenesi.


Un agente nocivo, estrinseco o originato all'interno dello stesso organismo, può danneggiare la cellula. Il danno che ne deriva
dipende dall'intensità dell'insulto e può essere reversibile o irreversibile. Se l'entità dell'insulto supera la soglia sopportabile dai
sistemi di difesa messi in atto dalla cellula, questa muore. La morte della cellula può avvenire secondo due meccanismi: la necrosi
o l'apoptosi. La morte necrotica coinvolge sempre gruppi di cellule, consiste nella distruzione delle membrane e riversamento del
contenuto cellulare nel tessuto, evocando quindi una risposta infiammatoria. La morte apoptotica coinvolge singole cellule: si tratta
di un processo rigorosamente controllato in cui la cellula viene frammentata in particelle circondate da membrane. Queste ultime
sono corredate di recettori che ne permettono la fagocitosi e la eliminazione da parte dei macrofagi fissutali o persino dalle cellule
epiteliali adiacenti. Nella morte per apoptosi non vi è alcuna reazione infiammatoria, in quanto il contenuto cellulare trattenuto nei
frammenti circondati da membrane non viene a contatto con la matrice extracellulare, in alcuni casi la morte apoptotica può
coinvolgere molte cellule contemporaneamente, ma anche in questo caso ogni cellula muore singolarmente. Un esempio di tale
fenomeno è lo sfaldamento dell'endometrio al termine del ciclo mestruale.
10 Introduzione all'anatomia patologica generale
Eziologia: la causa di una malattia. 4. Genetiche: ereditarie e acquisite
Le malattie insorgono per cause diverse, che pos­
5. Fisiche: traumatiche, termiche, elettriche, baro­
sono essere raggruppate nelle seguenti categorie:
metriche, radiazioni
1. Infettive: batteri, fungili, virus, parassiti
6. Chimiche: ipossiche/anossiche, metaboliche,
2. Parassitarle: protozoi e metazoi tossiche (esogene e endogene), carci-
nogene, teratogene
3. Immunologiche: allergiche e autoimmuni

Fig. 2 - Esempio di un processo diagnostico nel caso di una malattia infiammatoria.


In a è mostrato un esempio di stomaco normale. In b, c e d sono esemplificate le fasi del processo diagnostico che
l'anatomopatologo segue nel caso di una biopsia gastrica prelevata ad un paziente sintomatico.
a) Nella biopsia di stomaco normale sono riconoscibili le strutture delia mucosa gastrica, owero le foveoie, le ghiandole, costituite
da elementi epiteliali e lo stroma connettfivale {lamina propria).
b) L'osservazione del quadro istologico del preparato colorato con ematossiiina-eosina permette di riconoscere che è in atto una
patologia a patogenesi infiammatoria. La mucosa è interessata da un processo infiammatorio cronico, io stroma è invaso da cellule
flogistiche, prevalentemente granulociti neutrofili ma anche linfociti e plasmacellule. La lesione qui osservata viene definita "gastrite
cronica attiva", ove l'attività del processo è dimostrata dal reperto di granulociti che stanno aggredendo l'epitelio gastrico e
distruggendo progressivamente le ghiandole.
c) La colorazione con Giemsa evidenzia che l'agente eziologico della malattia infiammatoria è un batterio. Nella maggioranza dei
casi è i'Helicobacter pylori (minuscoli bastoncini blu).
d) L'Aician-PAS colora le mucine e permette di evidenziare che la risposta cellulare all'insulto consiste in questo caso nella
trasformazione metaplastica dell'epitelio gastrico {secreto PAS positivo, rosso) in epitelio di tipo intestinale (secreto Alcian positivo,
blu). La metaplasia è reversibile se si eradica I'Helicobacter pylori con opportuna terapia. In caso contrario, tutta la mucosa gastrica
diventa metaplastica, con depauperamento progressivo della componente ghiandolare. La fase estrema di questo processo è
l'atrofia della mucosa gastrica.
introduzione all'onofomia patologica generale 11

Fig. 3 - Esempio di un processo diagnostico nel caso di una malattia neoplastica.


a) L'esame macroscopico evidenzia la presenza di una neoformazione, di colorito biancastro, nella parete del piccolo intestino che
sporge nel lume del viscere.
b] L'esame microscopico evidenzia che la neoformazione è costituita da cellule a fisionomia prevalentemente fusiforme, con atipie
nucleari e presenza di mitosi (frecce). Il quadro istologico orienta verso la diagnosi di una neoplasia di origine mesenchimale.
c] La positività della colorazione immunoistochimica con anticorpo monoclonale CD117, che riconosce il recettore tirosin-chinasico
di membrana KIT, permette di diagnosticare la neoplasia come "tumore stromaìe gastrointestinale". La espressione del recettore KIT
differenzia infatti questa neoplasia da tutte le altre neoplasie mesenchimali.
Si impone a questo punto una indagine molecolare del gene KIT. Una mutazione attivante dì questo gene è infatti alla base dello
sviluppo del /umore stromale gastrointestinale. L'importanza di identificare la presenza di mutazione, nonché il tipo e la sua sede
all'interno del gene KIT, risiede nel fatto che sono disponibili farmaci molecola-specifici capaci di inibire l'attività tirosinchinasica del
KIT. Il tipo e la sede della mutazione identificano i casi responsivi o resistenti al trattamento specifico.
d) Ricerca di mutazioni del gene KIT. Nella parte sinistra è reso evidente al risultato dell'esame PCR-SSCP (vedi capitolo 1.4) del
DNA estratto dal tumore (T) e da tessuto normale (NJ dello stesso paziente. Le bande addizionali nel DNA tumorale, rispetto a quelle
ottenute dal DNA del tessuto normale, indicano la presenza di una mutazione. Nella parte destra della figura sono mostrate le
sequenze dei DNA da tessuto normale a neoplastico. Si osservi la delezione di una base (citosina) nel DNA tumorale.

Patogenesi: il meccanismo o processo attraverso il - valutare il danno prodotto dal processo patologico,
quale un agente eziologico produce una malattia. - esprimere una valutazione prognostica, ovvero
Le malattie possono essere ricondotte a tre mec­ le probablità evolutive della lesione,
canismi patogenetici di base:
- indirizzare le scelte terapeutiche,
1. Infiammatorio: infezioni, malattie autoimmuni
- offrire le tecnologie a sua disposizione per il fol­
2. Degenerativo: ischemia, encefalopatie spongi- low-up.
formi
L'attività diagnostica dell'anatomopatologo può
3. Neoplastico: carcinomi, sarcomi
essere sinteticamente illustrata utilizzando due
Il compito deiranatomopatologo è di analizzare esempi riportati nelle figure 2 e 3. La figura 2 illu­
cellule e tessuti prelevati da pazienti con la finalità stra il processo diagnostico di una malattia infiam­
di ottenere tutte le informazioni necessarie per: matoria. La figura 3 illustra il processo diagnostico
- formulare una diagnosi, ovvero identificare il di una malattia neoplastica.
processo patologico in atto,
ti
I

í
|1
1.2 Patologia
della cellula
A. Scarpa, A. Zamò, A. Mombdlo

In questo capitolo vengono trattate le modifica­ cellulare. Essa può essere fisiologica, come nel
zioni adattative che la cellula mette in atto in rispo­ caso dell'aumento del volume delle mammelle
sta ad insulti subletali, pertanto reversibili, qualora in corso di gravidanza e allattamento o dell'en­
la noxa venga rimossa. Vengono poi descritti i feno­ dometrio nella fase estrogenica del ciclo
meni della morte cellulare, ovvero le alterazioni mestruale. Esempi di iperplasia patologica sono
irreversibili che portano alla morte della cellula e l'aumento del volume della prostata o della
alla sua definitiva distruzione (vedi Fig. 1 Capito­ tiroide (Fig. 1).
lo 1.1). • Metaplasia. Sostituzione di un tipo cellulare dif­
ferenziato con un altro tipo di cellula differen­
ziata. Una cellula matura viene sostituita da
[3 Risposte cellulari reversibili un'altra cellula matura, ma di diverso tipo
(Fig. 2). La metaplasia è dovuta a modificazioni
Un danno di entità non letale provoca modifica­ del programma di differenziazione cellulare, è
zioni cellulari reversibili. sempre patologica e può essere reversibile.
#- Ipertrofia. Un aumento delle dimensioni ài cellule e • Displasia. Il termine displasia indica una mor­
in genere della massa del tessuto che compren­ fologia cellulare anomala, in particolare una per­
de quel tipo cellulare. Questa può essere fisiolo­ dita di maturazione e di orientamento delle cel­
gica, quale l'aumento del volume di un muscolo lule cui si accompagna una alterazione della
sottoposto ad esercizio, o patologica come l'au­ architettura tissutale (Fig. 3). La displasia è
mento del volume del muscolo cardiaco dovuto dovuta a modificazioni dei programmi sia di
a ipertensione arteriosa. proliferazione che di differenziazione della cel­
® Iperplasia. Un aumento del numero di cellule, che lula. In altri termini, la displasia è sia una lesio­
può anche comportare l'aumento della massa ne citologica: la cellula displastica non porta a
del tessuto coinvolto. L'iperplasia è dovuta a compimento il processo di differenziazione, che
modificazioni del programma di proliferazione una lesione tissutale: disordine nella organizza-

Fìg. 1 - Esempio di iperplasia. Nelia figura si possono osservare ie caratteristiche macroscopiche (a) e microscopiche (b) di un
gozzo tiroideo (struma nodulare delia tiroide). Tale patologia è una iperplasia diffusa delle cellule ghiandolari tiroidee, i tireociti.
L'aumento numerico dei tireociti determina il conseguente ingrossamento, di solito a carattere nodulare, della ghiandola intera o
parte di essa. ! tireociti sono completamente differenziati e producono grande quantità di colloide.
14 ; Patologia della cellula

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Fig. 2 - Esempi di metaplasia. Metaplasia squamosa dell'epiteiio bronchiale (a e b). Metaplasia intestinale della mucosa gastrica
(c e d). La mucosa bronchiale normale, rivestita da epitelio cilindrico monostratificato aliato (a), sottoposta a irritazione cronica da
fumo di sigaretta o inalazione di sostanze inquinanti diverse, va incontrò a trasformazione metapíastica in epitelio pavimentoso
composto (b) del tutto simile a quello che riveste il cavo orale e ia faringe. La mucosa dell'antro gastrico contiene cellule mucipare
che producono mucine neutre cne si colorano in rosso con il PAS (c). L'infiammazione cronica determina ia sostituzione di questo
epitelio con un epitelio di tipo intestinale con cellule mucipare che producono mucine acide che si colorano in blu con il colorante
Alcian Biue (d).

Fta. 3 - Esempi di displasia. L'infezione


dell'epitelio pavimentoso composto che
riveste il collo dell'utero (a) da parte di
alcuni ceppi del virus del papiiloma umano
(HPV) ne determina la trasformazione
displastica. In b è mostrato un esempio di
displasia di basso grado , in cui le cellule
epiteliali pur assumendo caratteristiche ati­
piche conservano un aspetto abbastanza
simile alle cellule normali, inoltre ia struttu­
ra dei tessuto viene sufficientemente conser­
vata, assieme a una discreta maturazione
delle cellule dallo strato basaie allo strato
superficiale. Nella displasia di alto grado
(c) è difficile tracciare il confine con un car­
cinoma in sita; è una lesione in cui le atipie
cellulari sono assai marcate. Vi è perdita
compieta' della maturazione, il rapporto
nucleo citoplasma è assai aumentato e i
nuclei sono atipici, discromici e dismorfici.
Nella displasia di alto grado ia architettura
del tessuto viene completamente sovvertita;
gli strati del normale epitelio squamoso non
sono più riconoscibili, le mitosi sono nume­
rose e diffuse fino alla superficie.
Patologie da accumulo ]5

Fia. 4 - Esempio di atrofìa


del piccolo intestino da
intolleranza al glutine.
Tratto digiunale del piccolo
intestino con villi ben rap­
presentati (a). La atrofia
[scomparsa] dei villi è
dovuta alia infiammazione
cronica linfoplasmacellula­
re con associata compo­
nente granulocitaria. Si
notino anche i linfociti che
aggrediscono i'epitelio (b).

zione tissutale. La displasia è sempre patologica, ste anomalie del metabolismo cellulare ai testi di
anche se può essere reversibile. Alcune alterazioni patologia generale e alle parti di questo testo
displastiche possono infatti regredire dopo che relative ai vari organi nei rispettivi capitoli.
gli stimoli siano rimossi. In altre occasioni, la • Pigmenti endogeni. Ad eccezione della lipofu-
displasia può progredire e portare allo sviluppo scina e melanina tutti i pigmenti endogeni deri­
di una neoplasia. vano dalla emoglobina.
© Atrofia. Riduzione delle dimensioni o del Lipofuscina. È un pigmento citoplasmatico gra­
numero delle cellule di un tessuto. La riduzione nulare giallo marrone (il termine latino "fuscus"
del volume delle cellule si riscontra nei muscoli, significa bruno). Essa è anche definita lipocro-
negli organi sessuali, cuore e cervello. E in gene­ mo, ceroide, o pigmento da "invecchiamento". E
re dovuta all'assenza di fattori trofici. Nei formata da residui indigeriti di vacuoli autofagi-
muscoli è legata ad esempio a denervazione o ci che contengono lipidi, fosfolipidi e proteine e
immobilizzazione prolungata. Nelle ovaie è derivano da anomali processi di lipoperossida-
legata alla menopausa. Nel caso del cervello è zione. Si trova nella maggioranza dei casi in cel­
legato a invecchiamento fisiologico o patologico, lule che vanno in degradazione lenta, perciò
in quest'ultimo caso in corso di malattie quali sono abbondantemente depositate in età avan­
l'Alzheimer. La riduzione del numero delle cellule zata specie nel cuore, nel fegato e nel cervello
è invece sempre patologica ed è legata a fenome­ con selettività per l'ippocampo. L'accumulo di
ni di distruzione da ischemia o danno tissutale . lipofuscina si accompagna di solito a diminuzio­
persistente ad esempio in corso di malattie ne di volume dell'organo, maggiore di quella
infiammatorie croniche (Fig. 4). parafisiologica senile. Esiste una lipofuscmosi
genetica da difetto enzimatico che compare in
età giovanile. Si evidenzia con le colorazioni
U Fotoiogie da accumulo dette Sudan.
Emosiderina. Pigmento granulare cristallino deri­
• Accumuli anomali. L'accumulo intracellulare di vato dall'emoglobina di colore variabile da gial­
diverse sostanze è dovuto ad alterazioni del lo-oro a bruno. È costituita da aggregati di
metabolismo cellulare. Le sostanze immagazzi­ micelle di ferritina die si formano quando vi sia
nate possono essere: i) metaboliti normali, quali un eccesso locale o sistemico di ferro. Normal­
carboidrati, proteine o lipidi prodotti in eccesso mente se ne può osservare qualche microdeposi­
o non catabolizzati; ii) prodotti anomali del meta­ to nelle cellule di Kupffer epatiche e nel midollo
bolismo, conseguenti in genere a malattie gene­ osseo. Gli eccessi locali sono rappresentati
tiche dovute a carenza di un determinato enzi­ sostanzialmente da emorrragie. Gli eccessi siste­
ma; iii) sostanze pigmentate indigeribili per la cel­ mici comprendono molteplici patologie sia
lula e con diverso significato patologico. Le genetiche che acquisite. Ne sono esempi l'emo-
varie forme di glicogenosi, la galattosemia, le cromatosi ereditaria e le forme secondarie da
iperlipoproteinemie e le tesaurismosi sono solo trasfusioni o in corso di anemie emolitiche. Si
alcuni dei possibili esempi. Si rimanda per que­ evidenzia con la colorazione di Perl.
16 & Patologia della cellula
Bilirubina. Pigmento di colorito variabile dal
verde al giallo-bruno. È il principale pigmento
La morte naturale della cellula: apoptosi |
della bile. L'ittero è la manifestazione clinica del Durante lo sviluppo e la vita di ogni individuo |
suo accumulo, e si rinvia per questo al capitolo sono attivi processi che coordinano la crescita e la é
sulla patologia epatica. divisione cellulare (eventi propri del ricambio cel- |
e Pigmenti esogeni. Carbone. Uantracosi è la lulare), e processi opposti, che coinvolgono la rego- -f
lazione negativa della proliferazione. Questo equi-
forma più comune di pigmentazione esogena ed
è la norma nei polmoni. È accentuata nei fuma­ librio adegua la rigenerazione cellulare alle perdite
tori e può coinvolgere anche i linfonodi ilari. ed alle esigenze dell'accrescimento dell'individuo.
Calcio. Depositi patologici di calcio si trovano Inoltre, la precisa regolazione della morte cellulare, %
normalmente nelle aree di necrosi. anche in termini spazio-temporali, contribuisce a f
Metalli. Gli accumuli di mercurio, piombo e rame mantenere la forma (fenotipo) dell'individuo che è J
possono essere causati da forme genetiche o per determinata dalla sua individualità genetica. In ter- f
esposizione ambientale. Gli accumuli di berillio mini puramente speculativi, per lo scopo sarebbe |
sono sempre da esposizione ambientale e sono però sufficiente per un individuo l'arresto compie- :lf
to della proliferazione cellulare una volta ottenuta |
causa di patologia polmonare simil silicosi.
Polveri minerali. Gli accumuli di silicio e asbesto la forma finale. Nella realtà attuale, però, essendo ;J
l'individuo costituito da popolazioni cellulari |
derivano da esposizione lavorativa e sono asso­
ciati a patologie polmonari. diverse con esigenze molto differenti nei termini di |
ricambio cellulare, l'arresto definitivo degli eventi 4
di proliferazione cellulare sarebbe assolutamente ;f|
H Alterazioni cellulari irreversibili: incompatibile con la vita nell'ambiente disponibile. |
la morte della cellula Infatti, negli individui adulti la maggior parte dei f|
tessuti è soggetta ad un continuo rinnovamento cel- |
La cellula muore per morte naturale o violenta. I lulare, con velocità variabile da tessuto a tessuto. Si I
due processi sono definiti rispettivamente apoptosi può pensare che questo processo sia evolutivamen- \I
e necrosi (Fig. 5). te vantaggioso perché esegue una sorta di "lavag-

Fig. 5 - Alterazioni cellulari nella apoptosi e nella necrosi. Nell'apopiosi le alterazioni iniziali consistono nella frammentazione
cromatinica, seguita dalla disaggregazione della cellula in frammenti circondati da membrana che vengono poi eliminati median­
te fagocitosi da macrofagi residenti o dalle cellule adiacenti. Nella necrosi le alterazioni iniziali consistono nel rigonfiamento deila
cellula e dei suoi organelli, seguito dalla formazione di bolie e. infine, dalia rottura delle membrane con fuoriscita del contenuto
cellulare, quest'ultimo fenomeno provocherà poi una risposta infiammatoria. Le modificazioni nucleari nella necrosi vanno dall'ad­
densamento nucleare alla picnosi (rimpicciolimento) e carioressi (frammentazione) e cariolisi (scomparsa).
Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula » 17

gio genetico", sostituendo le cellule che vengono Cause dell'apoptosi. Esistono probabilmente centi­
diversamente danneggiate con cellule derivate da naia di cause di apoptosi, ma possono essere tutte
altre, a loro volta situate in "santuari genetici" (i siti ricondotte a pochi principi unificanti. In sintesi, l'a­
del ricambio cellulare in cui operano le cellule sta­ poptosi può essere causata da:
minali). Esistono perciò processi che controbilancia­
1. mancanza di fattori trofici per la cellula;
no i danni con miracolosa esattezza mediante la
proliferazione-rigenerazione cellulare. Processi 2. "baci della morte" causati da interazioni specifi­
questi necessari per compensare la morte cellulare che ligando/recettore (ad es. FASL/FAS e
programmata, o apoptosi. TNF/TNFR1);
In realtà, l'apoptosi è attiva anche in condizioni 3. induzione tramite enzimi citotossici da parte di
diverse da quelle della eliminazione delle cellule cellule specializzate (in particolare linfociti T o
"usurate", o danneggiate da eventi patologici. Per • NK);
essere più precisi, l'apoptosi è uno degli attori cel­ 4. stimoli nocivi fisici, chimici o microbiologici, di
lulari più importanti nel mantenimento dell'omeo- entità superiore a quelle tollerate dai processi di
stasi tìssutale, intesa come processo dinamico di adattamento cellulare, ma non tali da provocare
mantenimento dello stato stazionario di un tessuto. necrosi.
Ciò include non solo il numero di cellule e la loro
disposizione, ma anche la loro integrità funzionale, Queste cause agiscono in situazioni differenti, di
indispensabile per le finalità differenziate dei vari cui in seguito verranno considerati alcuni esempi.
tessuti. L'apoptosi interviene anche nei fenomeni di Tutte queste cause attivano cascate di eventi mole­
adattamento, quando la richiesta funzionale a cari­ colari, che, in ultima analisi, portano alla morte cel­
co di un tessuto viene meno e diviene superflua lulare attraverso due vie principali: la via intrinseca
una quota cellulare; oppure quando sia aumentata e quella estrinseca, descritte nel prossimo paragrafo.
per esigenze, anche estemporanee, com'è caratteri­ Oggi è nota l'esistenza di altre vie in grado di atti­
stica degli adeguamenti anatomico-funzionali delle vare l'apoptosi, e che la via intrinseca e quella
ghiandole endocrine. Oltre all'apoptosi fisiologica esi­ estrinseca possono comunicare tra loro; tuttavia per
ste una apoptosi patologica, che avviene in seguito a esigenze di semplificazione verrà seguita questa
stimoli nocivi, o per alterazione dei suoi meccani­ distinzione.
smi di regolazione. Meccanismi molecolari dell'apoptosi. I due termi­
Criterio importante per comprendere l'apoptosi ni, apoptosi estrinseca ed apoptosi intrinseca hanno
è che, essendo un fenomeno fisiologico, si è selezio­ significato patogenetico e non eziologico. Infatti fat­
nato in modo da essere il meno dannoso possibile. tori esterni alla cellula, come la carenza di fattori di
La cellula si condensa, si frammenta senza rottura crescita, possono attivare la via intrinseca. Può esse­
delle membrane cellulari, ed i frammenti vengono re utile quindi ricordare che in generale la via
rapidamente fagocitati senza evocare alcuna reazio­ intrinseca è mediata dai mitocondri (interni alla cel­
ne infiammatoria. Se volessimo comparare la socie­ lula), mentre la via estrinseca prevede l'attivazione
tà di cellule deU'individuo ad una società politica, di un recettore da parte di un ligando (esterno alla
troveremmo un interessante parallelo con la società cellula).
giapponese dei samurai, dove il suicidio a scopo Sia la via intrinseca che la via estrinseca si basa­
sociale era accettato ed onorato, od alla società no sull'attivazione sequenziale di proteasi specifi­
eschimese dove gli anziani si lasciavano morire di che, dette caspasi. Il nome delle caspasi deriva dalla
freddo ritenendosi superflui per la vita familiare. composizione di due proprietà: "c" deriva dal fatto
Allo stesso modo l'apoptosi è una forma di suicidio che queste proteasi fanno parte della famiglia delle
cellulare, spontaneo o su "ordine" di altre cellule. cisteina-proteasi (proteasi con un residuo di cisteina
Come quasi tutti i suicidi, è un fatto individuale, che nel sito attivo); "aspasi" dal fatto che tagliano i loro
non intacca la fisiologia delle cellule circostanti bersagli dopo un residuo di aspartato. Nell'uomo
quando queste non vengano sottoposte agli stessi sono state descritte 11 caspasi, che vengono funzio­
stimoli apoptogeni. Ciò differenzia profondamente nalmente divise in iniziatrici ed esecutrici, secondo
l'apoptosi dalla necrosi: fenomeno che provoca l'ordine con cui sono attivate. Tutte le caspasi sono
un'esplosione cellulare, con reazione infiammatoria presenti in forma inattiva (zimogeni), cosa sensata
e coinvolgimento delle cellule circostanti, "spettatri­ considerato l'effetto letale della loro attivazione, e
ci innocenti", che vengono loro malgrado uccise. vengono attivate mediante un taglio proteolitico. Le
Anche l'apoptosi però può essere evento collettivo, caspasi iniziatrici (nell'uomo le caspasi-2, -8, -9 e -
se esiste uno stimolo "di campo" che la incida con­ 10) sono in grado di auto attivarsi (anche se i mecca­
temporaneamente su più cellule, come ad esempio nismi di questo processo sono ancora poco noti),
accade per deprivazione di un fattore di crescita. Il mentre le caspasi esecutrici (nell'uomo le caspasi-3,
dettaglio degli aspetti di questa morte silenziosa, -6, e -7) devono essere attivate dalle caspasi iniziatri­
che avvengono su un piano morfologico e biochimi­ ci. Sia l'attivazione delle caspasi iniziatrici che quel­
co, saranno considerati più oltre, essendo necessario lo delle caspasi esecutrici sono meccanismi auto-
analizzare prima le cause, o stimoli che la inducono. amplificanti, perché ogni caspasi attiva può attivar­
18 & Patologia della cellula
ne altre e queste altre ulteriori, in un processo ad L a via estrinseca d ell'ap op tosi è iniziata dal
andamento esponenziale a cascata. Sia che l'apop to­ legame di un ligando letale (come ad es. FASL o
si venga iniziata attraverso la via intinseca, sia attra­ TNF) ad un recettore specifico sulla superficie di
verso la via estrinseca, le caspasi effettrici costitui­ una cellula bersaglio (ad es. FAS o TNFR1). I recet­
scono sempre la via finale comune dell'apoptosi, tori formano oligomeri attivi in seguito al legame
responsabile degli effetti sulla cellula. con il ligando e, grazie ad un dominio chiamato
La via intrinseca d ell'apoptosi è attivata da un significativamente dominio di morte, attivano a loro
grande numero di condizioni che causino danno al volta una proteina citoplasmatica chiamata FADD,
DNA, come radiazioni, tossine e radicali dell'ossi­ anch'essa contenente il dominio di morte. FADD
geno, o anche dalla mancanza di fattori di crescita. recluta numerose molecole di caspasi-8 che si auto-
Abbiamo già detto che la via intrinseca passa dai attivano e, a loro volta, attivano le caspasi esecutri­
mitocondri. Più precisamente il fattore chiave è la’ ci (Fig. 7). Questa via può essere inibita dalla protei­
traslocazione nel citosol di proteine normalmente na FLIP, che lega la caspasi-8 e ne impedisce l'atti­
presenti nello spazio intermembranoso dei mito- vazione.
condri. Queste proteine comprendono il citocromo Un breve cenno merita la famiglia di proteine
c, SMAC/DIABLO, AIF, EndoG e OMI/HTRA2. La IAP che comprende otto membri, in grado di inibi­
proteina meglio nota è sicuramente il citocromo c, re le caspasi-3, -7, e -9, bloccando quindi sia la via
che, nel citoplasma, lega ed attiva la proteina finale comune delle caspasi esecutrici che la via
APAF1, inducendo così la formazione di un com­ intrinseca.
plesso molecolare noto come apoptosoma. L'apopto- La via finale comune dell'apoptosi è indipen­
soma è poi in grado di attivare la caspasi-9 (una dente dal tipo di stimolo iniziale, e prevede l'attiva­
caspasi iniziatrice) che, a sua volta, attiva le caspasi zione delle caspasi effettrici, come la caspasi-3 e la
effettrici (ad es. la caspasi-3 e -7) (Fig. 6). La via caspasi-7. Queste agiscono su una serie di bersagli
intrinseca è principalmente regolata dalle proteine cellulari che vanno da proteine del citoscheletro e
della famiglia di BCL2, che comprende più di della matrice nucleare, a proteine coinvolte nella
20 membri con funzioni sia anti-apoptotiche che trascrizione, nella replicazione del DNA e nella
pro-apoptotiche. I membri anti-apoptotici più noti riparazione del DNA. Una delle proteine tagliate
sono BCL2 e BCL-XL che, di norma, risiedono sulle dalla caspasi-3 è un inibitore di una nucleasi, che,
membrane esterne dei mitocondri ed inibiscono la libera daìi'inibizione, frammenta il DNA tagliando­
traslocazione del citocromo c nel citoplasma; inibi­ ne i segmenti internucleosomiali; ciò causa una
scono inoltre l'attivazione di APAF1 nel citoplasma. caratteristica molecolare nota come disposizione a
L'attivazione dell'apoptosi dipende dal rapporto scaletta del DNA, che verrà considerato più avanti.
tra queste molecole ed i membri pro-apoptotici Per effetto delle molteplici azioni proteolitiche delle
della stessa famiglia, come BAK, BAX e BIM. caspasi, la cellula si frammenta nei corpi apoptotici,

Mitocondrio

CASPASJ-9

Fig. 6 - La via intrinseca dell'apoptosi è legata all'alterazione delia permeabilità mitocondriale. Sulla membrana mitocondriale
esterna, un dinnero di bcl2 è associato a un dimero di bax. Qualunque stimolo inneschi questa via provoca la dissociazione del
dimero bax e la formazioe di canali nella membrana mitocond riale, con fuoriuscita de! citocromo c. Quest'ultimo lega ed attiva la
proteina APAF1, formando il complesso molecolare noto come apoptosoma. L'apoptosoma attiva la caspasi-9 che, a sua volta, atti­
va le caspasi effettrici.
Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula ^ 19

Fig. 7 - La via estrinseca deli'apoptosi inizia con il legame di un ligando di morte ad un recettore specifico sulla superficie di una
cellula bersaglio. Nell'esempio il FAS ligando determina la trimerizzazione dei recettori FAS di membrana. Tale complesso lega e
attiva la proteina citoplasmatica FADD; questa recluta numerose molecole di caspasi-8 che si auto-attivano e, a loro volta, attiva­
no le caspasi esecutrici.
a b c
che sono l'equivalente morfologico di questa azione
scissoria.
Aspetti biochimici deli'apoptosi. Le modificazioni
biochimiche legate all'apop tosi possono essere rias­
sunte in:
1. proteolisi;
2. frammentazione del DNA;
3. alterazioni delle membrane cellulari.
La proteolisi è l'effetto deirattivazione delle
caspasi effettrici, ed interessa proteine vitali della
cellula, tra cui anche le proteine strutturali, con per­
dita delle strutture di sostegno e condensazione del
nucleo e del citoplasma.
La frammentazione del DNA avviene in un primo
momento per grossi frammenti di 50-300 kbasi, e
successivamente per i tipici frammenti multipli di
180-200 basi, fenomeno noto come disposizione a
scaletta del DNA, visualizzabile su gel di agarosio Fig. 8 - Frammentazione del DNA nella morte necrotica o
tramite colorazione con bromuro di etidio (Fig. 8). apoptotica. Elettroforesi in gel di agarosio del DNA estratto da
Bisogna ricordare però che questo fenomeno è biopsie osteomidollari fresche o congelate. Il DNA ottenuto da
tipico ma non specifico deli'apoptosi, poiché può biopsia con composizione cellulare normale è ad alto peso
molecolare (a); il DNA ottenuto da tessuto in preda a fenomeni
essere presente anche in alcune cellule necrotiche. di necrosi si presenta come una strisciata continua, in quanto la
Le alterazioni delle membrane permettono un rapi­ frammentazione enzimatica è operata in maniera casuale dalle
do riconoscimento delle cellule in apoptosx da parte DNAsi attivate (b); ii DNA ottenuto da tessuto osteomidollare
di fagociti che provvedono alla loro eliminazione
con fenomeni di apoptosi presenta il caratteristico aspetto a sca­
letta, dovuto al taglio del DNA nelle sue parti libere internucleo-
senza innescare gli eventi dell'infiammazione. Uno somiche (c).
dei fenomeni più precoci in questo senso è la traslo­
cazione della fosfatidilserina dallo strato interno
allo strato esterno della membrana cellulare. Un'al­ Aspetti morfologici deli'apoptosi. Gli aspetti mor­
tra molecola, espressa da alcune cellule destinate fologici deli'apoptosi sono meno evidenti di quelli
all'apoptosx, è la glicoproteina trombospondina. della necrosi per tre motivi:
20 s Patologia della cellula
- primo motivo, l'apoptosi non evoca infiamma­ nimento di un numero costante di cellule nei tes­
zione di accompagnamento; suti in rinnovamento, come accade anche per le
cellule dell'epitelio intestinale o quelle della cute;
- secondo motivo, l'apoptosi può coinvolgere sin­
gole cellule; • l'apoptosi che interviene nell'eliminazione di
linfociti T o B autoreattivi oppure di linfociti con
- terzo motivo, l'apoptosi richiede da 2 a 4 ore per bassa affinità per l'antigene;
compiersi, ed i detriti cellulari sono rapidamen­
• infine l'apoptosi indotta da linfociti T citotossici
te rimossi dai fagociti, per cui solo poche cellu­
in cellule infettate da virus o in cellule neoplasti­
le in un singolo istante presentano i caratteri
che; questa apoptosi può utilizzare la via estrin­
morfologici tipici, anche se un numero maggio­
re di cellule in realtà sta subendo il processo. seca (FAS/FASL) o la via intrinseca, tramite la
secrezione da parte dei linfociti di una molecola
Tecniche più avanzate, come la colorazione con in grado di formare pori sulla superficie cellula­
annessina V che riconosce la fosfatidilserina, o tec­ re, la perforina, e di un enzima detto granzyme
niche che rilevino la rottura a doppio filamento del B, in grado di penetrare nella cellula ed attivare
DNA, mostrano un quadro più realistico della le caspasi.
situazione.
Gli aspetti morfologici deirapoptosi possono Esempi di apoptosi in condizioni patologiche sono:
essere così sintetizzati: • l'apoptosi indotta da stimoli nocivi, di tipo chi­
1. implosione della, cellula, con diminuzione delle mico, fisico o microbiologico, di entità inferiore
dimensioni, addensamento del citoplasma, a quella necessaria a causare necrosi; di solito
impacchettamento degli organelli; questi stimoli provocano danni del DNA con
attivazione della via intrinseca dell'apoptosi;
2. condensamento della cromatina, che si raccoglie
alla periferia del nucleo in masse condensate di © la morte cellulare in alcune malattie virali, come
forma e dimensione variabili; il nucleo stesso si l'epatite virale;
può frammentare in due o più pezzi; • l'apoptosi che causa atrofia del parenchima pan­
3. formazione dei corpi apoptotici, che sono frammen­ creatico o delle ghiandole salivari in seguito
ti cellulari rivestiti da membrana integra, conte­ all'ostruzione del dotto escretore;
nenti citoplasma condensato, organelli, e talora ® infine, molti tumori presentano un elevato tasso
frammenti nucleari; di apoptosi, di solito proporzionato al tasso di
4. fagocitosi delle cellule o dei corpi apoptotici da parte crescita, ma anche in seguito a terapie farmaco-
di fagociti, generalmente macrofagi, con rapida logiche. Vale la pena di ricordare qui che l'insen­
degradazione nei lisosomi; sibilità all'apoptosi, specialmente alla via intrin­
seca, è una delle caratteristiche del cancro.
5. migrazione delle cellule circostanti sino alla coper­
tura dello spazio liberato dalle cellule apoptoti-
che. Talora si può verificare un processo limite La morte violenta della cellula: Necrosi
tra necrosi e apoptosi, nel qual caso all'implosio­ Un danno esogeno irreversibile causa la morte
ne cellulare può sostituirsi un rigonfiamento. di più cellule. Il complesso di modificazioni morfo-
All'esame istologico con colorazioni standard
(ematossilina ed eosina) le modificazioni si rendo­
no evidenti in singole cellule o piccoli gruppi cellu­
lari, con condensazione e frammentazione del
nucleo, ed una colorazione intensamente eosinofila
del citoplasma. Spesso sono visibili i fagociti conte­
nenti i corpi apoptotici (Fig. 9).
Esempi di apoptosi. Di seguito sono considerati
alcuni esempi reali di processi in cui interviene l'a­
poptosi, sia in ambito fisiologico che patologico.
Esempi di apoptosi fisiologica sono:
• l'embriogenesi, praticamente in tutte le sue fasi,
dove popolazioni selezionate devono scompari­
re per permettere il normale sviluppo dell'indi­
viduo;
• l'apoptosi da deprivazione ormonale nell'adulto,
come nella regressione dell'epitelio della mam­ Fig. 9 - Aspetto istologico della morte apoptofica. Si noti la
mella dopo lo svezzamento o nell'atrofia della sepimentazione abbozzata della cellula in cui si vanno forman­
prostata dopo castrazione, è deputata al mante­ do Ì corpi apoptotici.
Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula ^ 21

logiche cui vanno incontro i gruppi di cellule morte aumento delle dimensioni e formazione di bolle,
e il tessuto in cui tali cellule si trovano viene defini­ rigonfiamento degli organelli e disaggregazione dei
to necrosi. La necrosi è quindi riconoscibile solo a ribosomi; 2) il citoplasma appare più intensamente
distanza di tempo dalla morte cellulare. Il fenome­ eosinofilo alla colorazione con ematossilina-eosina,
no più importante della morte violenta della cellu­ sia per diminuzione della basofilia legata alla perdi­
la è la rottura delle membrane e la conseguente fuo­ ta di RNA ribosomiale che per il legame più inten­
riuscita del contenuto cellulare, che provoca una so della eosina alle proteine denaturate; 3) addensa­
risposta infiammatoria del tessuto. In altri termini, mento della cromatina e alterazioni nucleari progres­
le modificazioni macroscopiche e istologiche del sive dalla picnosi alla carioressi e cariolisi. Gli even­
processo di necrosi si instaurano su cellule che ti che completano il processo di necrosi comprendo­
muoiono in un tessuto vivente. Esso va distinto dal no: 4) la distruzione completa della cellula e il riversa­
fenomeno della autolisi postmortem, che è la mento del suo contenuto nel tessuto circostante;
degradazione delle cellule ad opera dì enzimi liso- 5) la infiammazione acuta con richiamo di granulociti.
somiali intacellulari. Gli aspetti morfologici del tessuto contenente la
massa delle cellule necrotiche sono diversi a secon­
Cause delia necrosi da della eziopatogenesi. Si possono distinguere due
tipi fondamentali di necrosi: coagulativa e colliqua­
Le cause della morte necrotica sono sempre tiva. Nella prima prevalgono i fenomeni di denatu­
patologiche, di aggressione esogena alla cellula di razione proteica, nella seconda dominano i fenome­
entità tale da provocare un danno irreversibile. Esse ni di digestione enzimatica. Nella prima l'architet­
comprendono principalmente danni ischemici, fisi­ tura generale del tessuto viene conservata almeno
ci o chimici, da agenti infettivi o tossici. inizialmente, nella seconda la colliquazione delle
cellule morte rende irriconoscibile il tessuto coin­
Meccanismi molecolari della necrosi volto. A distanza di tempo adeguato, con l'instau­
rarsi della risposta infiammatoria tissutale, anche la
La necrosi è il risultato della denaturazione delle
necrosi coagulativa diviene colliquativa.
proteine intracellulari e della digestione enzimatica
della cellula. Gli enzimi che agiscono in questo pro­ Necrosi coagulativa. Degradazione delle cellule a
cesso derivano sia dalle stesse cellule morte (autolisi) causa di acidosi intracellulare che denatura le pro­
die dai Iisosomi dei granulociti (eterolisi) della rea­ teine sia strutturali che enzimatiche della cellula. Il
zione infiammatoria che si instaura. Questi processi blocco di queste ultime fa si che non vi siano feno­
l'ichiedono ore per svilupparsi e, quindi, non siamo meni di autolisi. Le cellule necrotiche vengono poi
in grado di riconoscere istologicamente la morte eliminate dai granulociti della risposta infiammato­
delle cellule se non dopo diverse ore dall'evento. ria, che si instaura in un secondo tempo. Il processo
della necrosi coagulativa è caratteristico della morte
Aspetti biochimici della necrosi ipossica da ischemia in tutti i tessuti (Fig. 10). L'uni-
Le modificazioni biochimiche legate alla necrosi
sono: 1) proteolisi; 2) frammentazione del DNA;
3) alterazioni delle membrane cellulari.
La proteolisi è indiscriminata ad opera di varie
proteasi. Essa si instaura immediatamente nel caso
della necrosi colliquativa o segue il processo coagu­
lativo nel caso della necrosi ischemica. La frammen­
tazione del DNA avviene in maniera aspecifica in
frammenti delle più variabili dimensioni (Fig. 8). Le
alterazioni delle membrane sono grossolane e consisto­
no nella distruzione vera e propria sia della mem­
brana citoplasmatica che delle membrane degli
organelli citosolici. Tali rotture provocano il rilascio
del contenuto cellulare nel tessuto evocando inevi­
tabilmente una risposta infiammatoria acuta.

Aspetti morfologici della necrosi


Gli aspetti morfologici della necrosi sono legati
Fig. 10 - Necrosi coagulativo. Sezione del piccolo intestino in
cui si nota la necrosi coagulativa a tutto spessore della parete.
alla morte di gruppi di cellule e alla conseguente Questa è stata causata da trombosi aterosclerotica dei vasi arte­
infiammazione nell'ambito del tessuto coinvolto. riosi mesenterici. La ischemia conseguente provoca la cognazio­
Gli aspetti morfologici della necrosi possono ne delle sostanze proteiche del citoscheletro, pertanto la architet­
essere sintetizzati in eventi precoci e tardivi. Gli tura generale del tessuto appare conservata sebbene le cellule
siano morte. In alcuni villi, l'ischemia ha provocato la morte mas­
eventi precoci sono: 1) alterazioni delle membrane cel­ siva anche degli endoteli, per cui si osserva uno stravaso emati­
lulari conseguenti al rigonfiamento della cellula con co con conseguente infarcimento emorragico.
22 - Patologia della cellula
ca eccezione è il cervello, ove la necrosi ischemica è
colliquativa. Il termine gangrena viene utilizzato in
clinica per indicare la necrosi ischemica degli arti,
se questa si infetta e si trasforma in necrosi colliqua­
tiva si parla di gangrena umida.
Necrosi colliquativa. In questo tipo di necrosi prevale
la degradazione delle cellule ad opera di enzimi
lisosomiali dei neutrofili (Fig. 11). Il tessuto è com­
pletamente digerito e trasformato in una massa
liquida viscosa. È la necrosi tipica delle infezioni
batteriche o fungine localizzate. L'ascesso è il proto­
tipo di questo tipo di necrosi.
Esistono due tipi particolari di necrosi, la necrosi
caseosa e la steatonecrosi.
Necrosi caseosa. È un tipo particolare di necrosi
coagulativa associata a infezione da micobatteri
della tubercolosi e della lebbra. Fig. 1 1 - Necrosi colliquativa. Linfonodo ascessualizzato in cui
non è più riconoscibile la struttura. Le cellule linfonodali sono
Steatonecrosi. È un termine utilizzato in clinica che si state completamente distrutte e sostituite da materiale necrotico
riferisce alla distruzione focale del tessuto adiposo frammisto a una ricca componente granulocitaria.
causato da lipasi rilasciate a seguito di danno pan­
creatico e dall'instaurarsi di pancreatite acuta.
parte dei granulociti e macrofagi. Se i detriti necro­
tici non vengono eliminati rapidamente e compieta-
Esiti della necrosi
mente, possono causare la precipitazione di sali di
Le cellule necrotiche e i loro detriti vengono eli­ calcio o altri minerali e divenire calcifici. Questo
minati per digestione enzimatica e fagocitosi da fenomeno è definito calcificazione distrofica.

Aspetti distintivi delia morte cellulare per apopiósi e per necròsi

ÀpoptÒSÌ Necrosi v-v. o vv '


Cause -M orte fisiologica o in particolari condizioni pato­ - Sempre patologica
logiche - Ischemia
- Carenza di fattori trofici - Aggressione da granulociti
- Segnali specifici da cellule T o NK - Danni fisico-chimici o tossine (alte dosi)
- Danni fisico-chimici o tossine (basse dosi)
Istologia Cellule singole Aggregati di cellule che muoiono insieme con la
distruzione delia struttura tissutale
Alterazioni - Nuclei picnotici ~ Carioressi e ca n'olisi
della cellula - Addensamento del citoplasma con organelli intatti — Rigonfiamento citoplasmatico e degli organelli,
- Membrane citoplasmatiche e degli organelli formazione di bolle e distacco ribosomi
intatte con formazione di corpi apoptotici (fram­ - Membrane citoplasmatiche e degli organelli
menti cellulari circondati da membrana) distrutte con disgregazione completa della cellula
Effetti tessutali Assenza di infiammazione Infiammazione acuta c danno tissutale
Fagocitosi da cellule adiacenti
Non danno tissutale

| Bibliografia essenziale
Danial N.N., Korsmeyer SJ.: Cell death: criticai control Riedl S.J., Shy Y.: Molecular mechanisms of caspase regu­
points. Cell. 2004 Jan 23; 116(2): 205-19. lation during apoptosis. Nat Rev Mol. Biol. 2004 Nov;
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Brawn J.M., Attardi L.D.: The role of apoptosis in cancer
development and treatment response. Nat Rev Can­ Pontieri G.M., Russo M.A., Frati L.: Patologia generale III
cer. 2005 Mar; 5(3): 231-7. ed., Piccin, Padova, 2005.
Patologia del
1.3 ricambio cellulare
e Ruolo delle
cellule staminali

Attualmente il problema del ricambio cellulare è


¡§j introduzione in evoluzione, anche in rapporto con le conoscenze
G.M. Marìuzzi, L. Mariuzzi che si vanno accumulando sulle conoscenze concer­
Il ricambio, o rinnovamento, cellulare è il proces­ nenti le cellule staminali (si veda oltre).
so biologico fondamentale con il quale, nella mag­ Nei tessuti a cellule labili, queste si autorinno-
gior parte dei tessuti, vengono sostituite - rimpiazza­ vano e sono quindi inesauribili finché dura la vita
te - le perdite cellulari che, oltre ad essere continue e dell'individuo; talora la moltiplicazione cellulare
correlate con l'invecchiamento cellulare fisiologico, avviene in siti, o nicchie mesenchimali (Figg. 1 e 5),
sono anche occasionali per eventi patologici definibili siti del ricambio cellulare: sono strutture
destruenti come le necrosi cellulari, comunque indot­ mesenchimo-epiteliali deputate a sostituire le cellu­
te, le flogosi, i processi regressivi, le compressioni e le le che hanno terminato il loro ciclo vitale, il quale
asporatazioni chirurgiche parziali e terapeutiche. può essere anche di 100 ore circa per le cellule della
Il ricambio cellulare rappresenta la condizione mucosa enterica; ma deputate anche a recuperare le
di maggior rilievo per provvedere alla normale e perdite cellulari connesse con eventi patologici. Le
continua sostituzione (norma! turnover) fisiologica cellule epiteliali costituenti le nicchie, o comparti,
delle cellule che, terminato il loro ciclo vitale - per del ricambio cellulare, all'atto della cariocinesi,
invecchiamento - vanno perdute: quindi per il danno origine ognuna a due differenti citotipi: uno
ricambio, normale e necessario, affinché, nell'omeo- destinato alla differenziazione strutturale e funzio­
stasi tessutale, sia mantenuta costante la nale appropriata, l'altro alla conservazione del
massa/volume cellulare propria - programmata - comparto staminale.
dei vari tessuti ed organi. Infatti se si escludono le Le possibilità di un adeguamento estemporaneo
cellule nervose e le fibre muscolari, comprese quel­ del ricambio cellulare alle esigenze attuali, anche
le miocardiche, le cellule per la maggior parte molto pressanti, in tessuti a cellule stabili, trova
hanno tempi di vita limitati, anche molto limitati, documentazione significativa nelle risposte, non
come sono quelli dei globuli bianchi, dei granuloci- necessariamente sempre urgenti, che sono proprie
tici in particolare e dell'epitelio della mucosa delle ghiandole endocrine (Figg. 2 e 3). Il surrene in
gastroenterica; tempi che sono dell'ordine di 70-100 particolare può attuare, in tempi rapidi, aumenti
ore per le cellule epiteliali delle mucose dell'appa- della sua massa cellulare anche cospicui, tesi ad ade­
rato gastro-enterico; mentre le cellule epiteliali del guare le prestazioni funzionali alle esigenze create da
rene, del fegato, vivono anche qualche mese e circa situazioni di emergenza, quelle dello stress in parti­
120 giorni i globuli rossi; alcuni linfociti pare possa­ colare. Adeguamenti caratterizzati appunto da inne­
no restare vitali per anni. Si tratta quindi di funzio­ sco pronto di evènti proliferativi: così che, in tempi
ne che varia, almeno nei tempi e nelle modalità del­ brevi, la massa cellulare della corteccia surrenale può
l'attuazione, per i diversi tessuti ed organi. aumentare oltre il 100% soltanto per aumento delle
Differenze già colte, e descritte da B izzozero cellule della zona fascicolata; potendo le singole cel­
(1888, 1892, 93, e 94), che proprio in rapporto alle lule della zona fascicolata, almeno nelle fasi iniziali
differenze riscontrate nei diversi tessuti aveva della risposta a stress intensi, essere anche di volume
distinto gli organi, a seconda del ciclo vitale delle ridotto per il rilascio estremo di steroidi.
loro cellule, in: Data l'esistenza, dimostrata, di un ricambio, o
rinnovamento, continuo delle cellule usurate o in­
- quelli costituiti da cellule con ciclo vitale breve,
vecchiate, soprattutto nei tessuti e organi a cellule
o molto breve, (tessuti a cellule la b ili);
labili, ed in armonia con un tempo vitale program­
- quelli dotati di un rinnovamento lento o molto mato, parrebbe almeno ipotizzabile per organi ed
lento (tessuti a cellule s ta b ili); organismi un tempo di vita senza tempo, come sup­
- quelli in cui non aveva riscontrato equivalenti di posto da Carrel all'inizio del secolo appena trascor­
proliferazione cellulare (tessuti a cellule perenni). so; ma l'esperimento sulle culture di cellule miocar-
24 ® Patologìa del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

Fig. 2 - in a) tiroide normale di cavia non trattata (Emat. Eos.


150x); in b) ¡perpiasia ed ipertrofia delle cellule tiroidee prodot­
ta con somministrazione di ormone tìreotropo (Emat. Eos. 150x);
ine) attivazione delia proliferazione delle cellule tiroidee ottenuta
con somministrazione di ormone tìreotropo (Emat. Eos. 1OOOx}.

Fig. 1 - Mucosa gastrica di cavia: nei contesto delie ghiandole


gastriche la sede delie nicchie di cellule staminali che provvedono
al ricambio cellulare, contìnuo e molto rapido, è segnato dalle
metafasi "bloccate" con colchicina. (Emat. Eos. a) 150x, b) 400x).
diche, "eternizzate con succo embrionale", è poi risul­
tato essere un falso; a meno che le condizioni speri­
mentali attuate non avessero attivato cellule stami­ Fig. 3 - La somministrazione di un antìmitotico (TEM) inibisce
nali, allora ignote. Oggi, comunque, si è preso atto soprattutto la risposta iperplastìca delle cellule tiroidee allo stimo­
dell'esistenza, progressiva ed irreversibile, dell'in-
lo tìreotropinico. (Emat. Eos. 150x); il riquadro in alto a sinistra
documenta meglio ¡'inibizione della risposta iperplastìca.
vecchiamento anche del ricambio cellulare: cioè del
sistema composito, ad es. quello che avviene nelle
nicchie mesenchimali/ siti del ricambio e che prov­ attenua sempre, ed in tutti i tessuti dotati di attività
vede al rinnovamento delle perdite cellulari. cambiali; attenuazione graduale nel tempo e ten­
Infatti l'attività del normale ricambio cellulare si dente all'estinzione, condizione definita da Hay-
Introduzione ss 25

flick senescenza replicativa. Essendo il criterio del­


l'estinzione da assumere con molta cautela, e forse
da rifiutare, resta valido invece il principio della
senescenza replicativa e quindi dell'invecchiamen-
to, e quindi del progressivo rallentamento/cedi­ Tessuto a cellule labili
mento del rinnovamento cellulare.
Pertanto il ricambio cellulare è processo di adat­ Reintegro dell’organizzazione
tamento della biologia di tessuti ed organi, commis­ anatomo-funzionale
sionato per la sostituzione, comunque sollecitata,
delle cellule che hanno terminato il loro ciclo vitale
e di quelle morte per i più diversi eventi patologici
possibili, compresi quelli prodotti dalle terapie. Rinnovo delle perdite cellulari
Pur attivo in tutti i tessuti ed organi a cellule
labili ed anche in quelli a cellule stabili, è deputato Perdita continua di cellule
a mantenerne la loro integrità organica e funziona­ postmitotlche
le. Tuttavia è diversificato nei vari tessuti/organi e che hanno raggiunto il termine di
le diverse capacità e modalità di attuazione condi­
vita programmato (cellule labili)
zionano le possibilità, l'entità e le modalità del
recupero /riparazione delle perdite cellulari.
Nei tessuti/organi a cellule labili, essendo que-
st'ultime, quando differenziate, elementi postmito-
Neoformazione di cellule labili
nei comparti della rigenerazione
tici vegetativi, incapaci di riproduzione e con ciclo (neoformazione equicellulare
vitale breve, il loro ricambio richiede una genera­ corrispondente alle perdite reali)
zione continua e molto attiva di nuove cellule
(Tabb. 1 e 2) processo che avviene per lo più in
distretti o nicchie tessutali ben definite, le nicchie Recupero delle perdite cellulari fisiològiche
mesenchimo-epiteliali, siti dotati di cellule staminali
adulte programmate per il tessuto cui appartengo­
no e dotate di mesenchima specializzato. Questo
comprende anche cellule staminali mesenchimali
Integrità anatomica e funzionale del tessuti
capaci a loro volta di autoriprodursi per adeguarsi a cellule labili
alle esigenze del rinnovamento epiteliale.
In questi tessuti le cellule labili differenziate,
avendo un periodo vitale programmato molto
breve, vanno rapidamente incontro ad apoptosi,
nella mucosa enterica in particolare. La loro perdita
Perdita continua, fisiologica od Recupero integrale
occasionalmente patologica di delle perdite cellulari
viene esattamente compensata, qui come altrove, cellule labili differenziate
dal ricambio che è equicellulare; la costanza del
volume cellulare totale dipendendo da un esatto
rapporto - 1/1 - fra entità della morte apoptotica
ed entità della rigenerazione. Equilibrio che si ade­
gua alle variazioni fisiologiche, ma soprattutto
patologiche, della perdita cellulare. Attivazione, nei siti/comparti Produzione di nuove
del ricambio cellulare, delle- cellule labili, commisurata
I tessuti!organi classificati “a cellule stabili" cellule staminali all’entità della perdita
erano stati considerati privi di siti, o distretti/nicchie,
capaci di funzioni dedicate alle esigenze del ricambio
cellulare o, comunque di cellule in grado di replicar­ massa parenchimale residua. Aumento legato in
si e di compensare eventuali perdite occorse. Nella particolare all'attivazione estemporanea della proli­
norma, infatti, questi tessuti sono dotati di cellule a ferazione di cellule staminali residenti, ma anche di
ciclo vitale protratto, o molto protratto, così che la elementi staminali circolanti che vengano "cattura­
funzione cambiale, recentemente documentata, è ti". Così le cellule derivate possono provvedere ad
inapparente all'osservazione microscopica usuale: un recupero adeguato, a rigenerare cioè la massa
funzione inapparente e comunque discontinua. cellulare comunque perduta (Tab. 3).
Nelle condizioni nelle quali sia invece richiesto Le sedi in cui, in queste condizioni, di norma si
un aumento cospicuo di prestazioni, per eventi di riscontrano le mitosi sono ancora i comparti che
distruzione parenchimale consistente, connessi con provvedono alle esigenze del ricambio/rinnovamen­
asportazione chirurgica, nefrectomie o epatectomie to cellulare, quindi anche la sede delle cellule stami­
parziali, ad es., l'attivazione del ricambio cellulare nali, che, per il fegato ad esempio, corrispondono ai
ha evidenza morfologica non solo nell'incremento canali di Hering, cioè le microstrutture che connetto­
delle figure mitotiche, ma anche nell'aumento della no i canalicoli biliari con le travate epatocellulari.
26 ;; Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

|I recupero delle perdile cellulari-tessutali nei tessuti à cellule stàbili

Tessuto a cellule stabili

Perdite cellulari patologiche Reintegro delle Rinnovamento


Occasionali o periodiche perdite cellulari cellulare

Perdita cellulare Produzione cellulare


fisiologica continua- proporzionata alle perdite
Invecchiamento

Comparto tessutale
Danni tessutali diretti del ricambio cellulare o
Chirurgici, traumatici, tossici ecc. comparto cambiale con
cellule staminali

Perdita cellulare
complessiva
Danni tessutali indiretti:
immunitari, _______
autoimmunitari, flogistici,
ischemia, lesioni destruenti,
neoplasie: infiltrazione, compressione

In questa categoria di tessuti a cellule stabili, o in ziate ed incapaci di replicarsi, hanno le loro stami­
un suo sottogruppo, vanno collocati anche i tessu­ nali a contatto con la membrana basale dei tubuli
ti/organi nei quali l'intensità del ricambio dipende seminiferi, quindi nello strato basale dell'epitelio
da momenti, o eventi fisiologici, che sono disconti­ seminifero: sono elementi staminali che hanno i
nui ma periodici come ad es. il tessuto osseo in cui caratteri morfologici degli spermatogoni A. La pro­
l'osteopoiesi è commisurata alle variazioni del cari­ duzione delle cellule differenziate passa attraverso
co o ad eventi occasionali come sono le fratture; la un seconda serie di spermatogoni, morfologica­
mucosa uterina che deve essere ricostruita dopo mente diversi da quelli staminali, gli spermatogoni
ogni mestruazione o dopo ogni gravidanza; oppure B, da cui derivano gli elementi terminali, gli sper-
periodici od occasionali come quelli delle ghiando­ matociti, la proliferazione dei quali non ha funzioni
le endocrine, e dei bersagli dei loro ormoni, la cui cambiali ma di adeguamento del corredo cromoso­
liberazione viene attivata a seconda delle esigenze mico alle esigenze della fecondazione.
attuali che sono discontinue per momenti ed inten­ La proliferazione cambiale degli spermatogoni
sità. Si consideri in proposito la variabilità di even­ staminali, pur continua, è sottoposta al controllo
ti, già richiamati, che possono attivare il ricambio ormonale, operato in particolare dagli ormoni
nella corteccia surrenale. androgeni che ne modulano l'intensità; è inibita in
Eventi, non fisiologici, di accelerazione del modo significativo o grave dagli stress intensi e
ricambio cellulare si attuano in organi diversi, ad protratti che compromettono tanto la funzione
es. per produzione inappropriata di ormoni stimo­ gonadotropa dell'ipofisi quanto quella della game­
lanti la secrezione di altri ormoni, come accade togenesi.
nella patologia paraneoplastica; ad es. per secrezio­ Quindi controllo modulato, anche quello della
ne di POMC e/o ACTH da parte di neoplasie pol­ gametogenesi, non solo in rapporto con l'età - sene­
monari o di CRH nelle risposte per attivazione di scenza del ricambio - , ma anche costante, sebbene
cellule del sistema ìmmunocompetente (si vedano i con modalità discontinue, per stimoli psichici, emo­
capitoli rispettivi); o ancora nella patologia iatroge- zionali, stress ed ormonali, soprattutto legato alle
nica quando i farmaci somministrati siano in grado variazioni nella liberazione di ormoni sessuali.
di evocare risposte cellulari proliferative. La categoria dei tessuti a cellule perenni era
Differente e peculiare è il ricambio cellulare considerata priva di ogni possibilità o capacità di
negli organi genitali, sopratutto per la loro funzio­ generazione/ricambio cellulare; essendo per essi
ne di gametogenesi. Nel testicolo in particolare la considerato unico evento riparativo possibile la
produzione delle cellule terminali labili, gli sper- sostituzione connettivale, quindi la cicatrice
matozoi, cellule che sono postmitotiche, differen­ (Figg. 4 e 5). La dimostrazione, anche in questi tes-
Introduzione ss 27

suti/organi, di cellule staminali (Tab. 4), riapre oggi


il problema, comunque mai chiuso, per resistenza
di neoplasie nervose e muscolari che la reale assen­
za di cellule capaci di proliferare rendeva diffìcile o
impossibile giustificare. Certamente le perdite
parenchimali cospicue di questi tessuti vengono
per lo più riparate dai tessuti di sostegno, cioè dallo
stroma connettivale nel miocardio e dalla glia nel­
l'encefalo.
Ma la loro dotazione, dimostrata, di cellule sta­
minali cambia almeno le prospettive di possibili ini­
ziative terapeutiche, oggi nel fuoco dell'attenzione
di molti ricercatori.
Infatti l'argomento del rinnovamento cellulare
comprende, oggi e soprattutto in prospettiva, anche
la M edicina R igenerativa - MR -, disciplina entra­
ta prepotentemente nell'ambito delle possibilità,
finora impensabili, o precluse, e connesse con la
prospettiva di attuare riparazioni di tessuti ed orga­
ni, mediante la rigenerazione cellulare possibile,
almeno in teoria, anche per tessuti ed organi, già
considerati stabili, quindi ritenuti privi di ogni pos­
sibilità di ricambio cellulare, come sono il tessuto
nervoso e quello miocardico (Figg. 4 e 5).
Al ricambio cellulare provvedono, dunque, oltre
alle cellule differenziate anche, o in particolare, le
cellule staminali, almeno nei tessuti in cui sono
sempre attive, come in quelli a cellule labili. Il pro­
cesso rigenerativo può recuperare il danno, e
ricomporre la normalità anatomica e funzionale di
Fig. 4 - Sostituzione connettivafe di focolaio di necrosi miocar­ molti organi, purché la perdita tessutale non sia
dica ischemica - infarto ischemico - con esito in riparazione
cicatriziale (Mallory 200). stata tale da compromettere le cellule staminali
stesse, in pratica i comparti del ricambio; non abbia
cioè prodotto alterazioni importanti e significative
delle strutture mesenchimali-epiteliali e quelle con-
nettivali di sostegno, in particolare negli organi a
cellule stabili (Tab. 4).
Infatti in tutti i tessuti le perdite di massa cospi­
cue, per danni severi chimici, fisici, meccanici, chi­
rurgici, ischemici, possono compromettere in larga
misura la trama connettivo vascolare. Lesioni quin­
di che siano estese, soprattutto nei tessuti a cellule
stabili o perenni, come può essere ad es. una larga
distruzione del miocardio, della cute per gravi
ustioni o per un danno ischemico, vengono, di
norma, riparate per cicatrizzazione (Figg. 6, 7 e 8).
Ogni processo rigenerativo, per poter ripristinare
la normale struttura e funzione di un tessuto/orga­
no, dipende anche dal fatto che il danno incidente
non alteri in modo significativo l'integrità dell'orga­
nizzazione anatomica e funzionale delle strutture di
sostegno.
La rigenerazione/ricambio cellulare avviene ad
opera di cellule staminali, che possono costituire in
stretto collegamento con il mesenchima, distretti o
nicchie o comparti cellulari definiti, com parti del
Fig. 5 - Coronarosderosi arteriosderotica, riduzione grave dei ricam bio cellulare o nicchie m esenchim o-epiteliali.
lume vascolare, responsabile delia cicatrice miocardica postin­ Sono strutture istologiche caratteristiche diversa-
fartuale di cui alla fig. precedente n° 4} (Mallory 200 X). (Le
Figa. 4 e 5 sono dovute alla cortesia della ar.ssa Nicoletta Fina­ mente collocate nei vari tessuti, come, ad esempio:
to dell'istituto di Anatomia Patologica dell'Università di Udine). il colletto delle cripte nelle ghiandole intestinali
28 Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

Modalità possibili di recupero delle perdite cellulari-parenchimali in tessuti a cellule stabili e pérenni

Perdite cellulari consistenti


con compromissione della
organizzazione dell’architettura
vascoio-stromale

Perdite cellulari limitate


1
Cause incidenti
senza compromissione - vascolari: ischemie, infarti, congestione
vascoio-stromale - flogistiche: acute o croniche destruenti
- immuni, autoimmuni
I

Cause incidenti
- chimiche, tossiche
- farmacologiche, antiblastiche in particolare
tossiche, farmacologiche,
flogistiche, acute in
particolare ipossiche
1
Lentità del danno preclude
la rigenerazione e il recupero
della normalità
Attivazione del ricambio
cellulare possibile ma limitato: rigenerazione
Ripristino sólo parziale della
I
Perdita perenchimale
normalità anatomo-funzionaie sostituita da lesione
cicatriziale

l
Conseguenze: Danno anatomico-funzionale
persistente e inemendabile.
Cicatrizzazione
Es.: fibrosi polmonare; cirrosi epatica;
nefrosclerosi; gliosi sostitutiva;
flogosi e fibrosi evolutive
come tbc cronica per flogosi,
autoimmune come tiroiditi croniche,
surrenaliti destruenti, ecc.

sede di produzione delle cellule che rivestono la rivestimento della cornea; le cellule del canale di
mucosa; l'istmo nelle ghiandole gastriche; il rigon­ Hering per gli epatociti.
fiamento o tubercolo epiteliale del follicolo pilifero H rinnovamento cellulare, continuo o disconti­
nella cute (Figg. 14 e 15); il limbo per l'epitelio dì nuo che sia, è legato alla produzione e liberazione,

Cicatrizzazione
Reinnervazione
Rigenerazione circolo
linfatico
Neovascolarizzazione
Rimozione del coagulo

Riepiteìizzazione
Coagulazione

Danno tissutaie cutaneo con perdita di sostanza


Fig.6 - Schema della cronologia degli eventi coinvolti nella riparazione delle lesioni dermo-epidermiche (Da Patologia generale di Pon­
tieri e coll., Piccin, 2005).
Introduzione 29

Epidermide:
strato corneo

Epidermide:
strato germinativo

D erm a

Ipoderm a
Ferita limitata a margini giustapposti, con
riparazione e reintegro della struttura
danneggiata e della normale integrità Ampia ferita a margini irregolari, tale da non consentire
anatomica e funzionale i! recupero della integrità sia anatomica che funzionale
Fig. 7 - Modalità deila riparazione di lesione cutanea con resti­ Fig. 8 - Schema che rappresenta la riparazione per sostituzio­
tutio ad integrum, o per prima intenzione: recupero dell'integri­ ne connettivale con cicatrizzazione - guarigione per seconda
tà anatomica e funzionale delle perdite cellulari e tessutali intenzione -, di una lesione cutanea estesa, o lacero-contusa,
quando limitate (Da Pontieri e coll., Piccin, 2005). con perdita consistente di epidermide e di derma
(Da Pontieri e coll., Piccin, 2005).
Riepiteiizzazione

Escara Angiogenesi

Attivazione R eclutam ento/


piastrine Reclutam ento proliferazione
leucociti fibrobiasti
Coagulo

Deposizione
coiìagene Ili

M aturazione - Cherati nizzazione


«(JLueiiniuK epiderm ide

Regressione
rete vascolare

©'■'■> / ' Form azione


Miofibroblasti/ S com parsa
delia
' retrazione lecucociti/
cicatrice
della ferita fibrobasti

> O c A W tf0 « { > C


- D eposizione
E n tro u n a s e tti m àn a D a lla s e c p n d à s e ttim a n a collagene 1 ,'V:D0pó’if p rìn jo m e s e ;

Fig. 9 - Rappresentazione schematica degii eventi che si susseguono nella riparazione cicatriziale di lesioni cutanee con perdita di
tessuto, come nelle ferite lacero-contuse.

correlativa, di fattori di crescita capaci di stimolare Anche i fattori, eventi, comunque le cause, che
direttamente la proliferazione cellulare o di attivare possono compromettere o arrestare il ricambio cel­
sulla loro superficie cellulare recettori per molecole lulare sono molte e riproducibili sperimentalmente,
che, a loro volta, avviano le sintesi dei metaboliti con farmaci capaci di arrestare o rallentare i proces­
necessari. Sono oggi una vera moltitudine i fattori si replicativi (Baserga, Mariuzzi: 1953-1957). Sono
di crescita, le citochine, i componenti della matrice condizioni, non solo sperimentali ma di facile
extracellulare che partecipano, condizionano o riscontro nella patologia umana e causate, soprat­
determinano il ricambio cellulare e gli eventi delle tutto, ma non solo, da farmaci attivi nel compro­
riparazioni cellulari ad essi connessi. mettere il ricambio cellulare e perciò responsabili di
30 & Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
Agente: ferenziano per dare origine, attraverso i precursori
di specifiche linee differenziate, alle cellule mature,
come sono quelle di superficie della mucosa intesti­
Morbo di nale o della cute.
Parkinson
Morbo di Una delle maggiori rivoluzioni scientifiche cui si
Alzheimer è assistito negli ultimi anni è stata l'estensione, oltre
A . t»
oorea 01 i limiti del sistema emopoietico, del concetto di
Huntington organizzazione gerarchica di proliferazione e matu­
Meningiti razione delle cellule contenute all'interno di un
ipossie/ /
ictus / / a organo, come a suo tempo suggerito da Baserga,
Mariuzzi e coll, per il ricambio cellulare della
______ s . mucosa intestinale.
•.Traumi
Il modello di riferimento assunto è quello del
midollo osseo, che non è l'unico sistema di cellule
staminali dell'adulto. Corollario dell'ipotesi di par­
tenza è stato il criterio che la generazione delle cel­
lule mature di un organo avviene a partire da ele­
menti immaturi, considerati fenotipicamente non
sempre identificabili e denominati progenitori o
precursori di linee cellulari specifiche. In sostanza
esistono differenti classi di cellule staminali, inte­
grate nei diversi organi, che sono commissionate
per la produzione di tutte le linee cellulari costi­
Fig. 10 - Schema che riassume i danni del sistema nervoso, tuenti l'organo in cui risiedono.
riparati per sostituzione gliale di perdite cellulari-tessutali
(Da Pontieri e coll., Piccin 2005). Se tale passaggio logico è avvenuto naturalmen­
te ed è stato accettato senza critiche nel caso di
quadri di patologia umana definibile come patolo­ organi ad alto turnover, quali intestino e cute,
gia arigenerativa iatrogenica. (Si veda oltre). altrettanto non si può dire per organi a basso ricam­
Le staminali, nel riparare le perdite cellulari, bio, quali il cuore e l'encefalo, in cui gli eventi del
possono recuperare anche l'organizzazione struttu­ ricambio cellulare, le mitosi, non sono affatto evi­
rale e funzionale propria del tessuto danneggiato, denti e neppure evidenziabili con i metodi citologi­
recupero che si attua con modalità diversificate nei ci usuali.
singoli tessuti. La dimostrazione del potenziale di crescita di
Molte e promettenti sono oggi le ricerche ed i tali organi, considerati per lungo tempo definitiva­
risultati già ottenuti; ricerche che vedono impegnati mente differenziati - stabili o a cellule perenni - , ha
ovunque ricercatori di quasi ogni disciplina. Sono richiesto l'accumulo di una notevole quantità di
ricerche finalizzate alla identificazione di metodi apporti sperimentali, alla fine decisivi.
che possano incrementare le già larghe possibilità di In seguito, ed in analogia col sistema emopoieti­
miglioramento delle terapie oggi disponibili, e che co, diversi ricercatori hanno potuto consolidare le
sono ritenute sufficienti per ogni evenienza patolo­ loro ipotesi mettendo a punto tecniche di trapianto
gica, anche se la sufficienza sembra debba restare un di cellule staminali per trattare quadri clinici di
obiettivo irraggiungibile, almeno quando si propon­ patologie per le quali era appunto richiesta una
ga di pervenire ad un qualche genere di "eternizza- rigenerazione cellulare per sostituire cellule termi­
zìone": si deve infatti tener presente che anche il nali differenziate: così è stata aperta la strada a
ricambio cellulare e le cellule staminali hanno, in quella branca della medicina che va oggi sotto il
concreto, la loro senescenza ed un termine. nome di medicina rigenerativa, termine consonante
con quello di patologia arigenerativa (si veda oltre).
La seconda scoperta cruciale, nell'ambito della
| Le cellule staminali fisiologìa del ricambio cellulare, è avvenuta proprio
grazie a questo genere di esperimenti. L'analisi dei
A. Beltrami risultati ottenuti dal trapianto di cellule staminali
Definizione ha dimostrato, infatti, che queste possiedono poten­
zialità differenzia tive più ampie del previsto, feno­
Le cellule staminali sono elementi poco rappre­ meno espresso dal concetto di "plasticità delle cel­
sentati nella composizione cellulare dei vari tessuti, lule staminali" .
il cui ciclo è per lo più protratto nel tempo; sono Concetti e scoperte salutate con entusiasmo per
capaci di dividersi asimmetricamente per generare due ragioni: da un lato il superamento di un dogma
altre cellule staminali (autorinnovo) nonché le cel­ biologico consolidato (che distingueva ì tessuti in base
lule destinate alla maturazione (progenitori). Que­ alla loro derivazione da un particolare foglietto
sti ultimi elementi proliferano rapidamente e si dif­ embrionale); dall'altro l'identificazione della possibi­
Le cellule staminali ® 31

lità.di ovviare ai problemi, anche complessi, inerenti direttamente dall'embrioblasto senza l'intervento
l'uso di cellule staminali embrionali, quale fonte cel­ di agenti immortalizzanti o trasformanti. Esse pos­
lulare da utilizzare in medicina rigenerativa, sfrut­ sono essere propagate come culture di cellule sta­
tando la plasticità propria dai tessuti dell'adulto. minali omogenee ed espanse senza limite apparen­
te, mantenendo un cariotipo euploide stabile. Tali
cellule restano pluripotenti e conservano anche la
Fisiologia delle cellule staminali
capacità di generare un intero embrione (placenta
Negli ultimi anni sono state date numerose defi­ esclusa) anche dopo culture prolungate e diverse
nizioni di cellu la stam in ale. Un completo accordo manipolazioni in vitro. Pertanto, esse sono capaci
non è stato ancora raggiunto, ma numerosi Autori di reintegrarsi interamente nell'embriogenesi,
sono disposti ad accettare criteri stringenti e rigoro­ dando luogo a tutti i tipi cellulari; ma solo se rei­
si: una cellula staminale è una cellula dell'embrione niettate in ima blastocisti. Proprietà che rappresen­
(ESC o E S), del feto (FSSC) o dell'adulto (ASSO che ha, ta il presupposto scientifico per la creazione di ani­
in certe condizioni fisiologiche o sperimentali, la capaci­ mali transgenici. Infatti le cellule staminali embrio­
tà di riprodurre se stessa per lunghi periodi o, nel caso nali non sono considerate di per sé embrioni. Esse
delle cellule staminali adulte, per tutta la durata di vita acquisiscono un'intensa potenzialità di crescita e di
dell'organismo. Infine, essa è m ultipotente, cioè una auto-rinnovamento grazie a particolari tecniche di
singola cellula staminale può dare orìgine a numerosi cultura in vitro, poiché, come menzionato in prece­
tipi di cellule specializzate. d e n z a , in condizioni fisiologiche, nell'embrione in
via dì sviluppo, l'embrioblasto si differenzia spon­
® Cellule stam in ali em brionali: la definizione di
taneamente. Cellule derivate da esso persistono in
cellula staminale embrionale comprende di fatto
uno stato indifferenziato solo in condizioni patolo­
due categorie di cellule: l'em brioblasto e le ES pro­
giche (teratomi e carcinomi embrionali).
priam ente dette o anche Cellule Stam inali Totipo­
tenti (CST) ovvero le linee cellulari ottenute in • Cellule stam in ali dell'adulto (CSA): sono ele­
vitro per disgregazione della blastocisti. menti che si ricavano da tessuti degli animali adul­
Durante la fase iniziale (pre-impianto) dello svi­ ti, ma che possiedono proprietà delle cellule stami­
luppo, lo zigote si divide generando cellule, i bla­ nali: possono trovarsi integrate nell'architettura
stomeri, che si organizzano a costituire una masse- degli organi (cellule staminali residenti) o circolare con
rella solida di embrioblasti, denominata morula (IV la corrente sanguigna (cellule staminali circolanti).
giorno post-fecondazione). I blastomeri /embrio­
• Cellule stam inali residenti (CSR): questa catego­
blasti sono cellule totipotenti capaci di generare
ria comprende un gruppo di cellule indifferenziate
tutti i tessuti dell'embrione (compresa la placenta).
rare, a ciclo lento, con elevate potenzialità clonogeni-
Dall'ingresso della morula in cavità uterina (al 4°
che (cioè capaci di formare colonie di cellule conte­
giorno dalla fecondazione, 8-16 blastomeri) all'inter­
nenti altre cellule staminali insieme a progenitori e
no della massa dei blastomeri compare ima fessura
precursori): si trovano in tessuti differenziati, si auto-
semilunare che si riempie progressivamente di
rinnovano, e contribuiscono al normale ricambio cel­
liquido (blastocele), si amplia rapidamente e viene
lulare degli organi nei quali risiedono; ad es. nella
delimitata da un unico strato di cellule più periferi­
mucosa ileale, che viene rinnovata con continuità in
che: il trofoblasto. Si forma così la blastocisti (5°gior-
poche ore. Le cellule staminali adulte possono, quin­
no post-fecondazione, 12 cellule), che al suo interno
di, dividersi asimmetricamente generando, assieme a
contiene una masserella (inner celi mass) di cellule
cellule indifferenziate dello stesso tipo, anche le cel­
pluripotenti da cui originano tutti gli organi ed i tes­
lule progenitrici proliferanti attivamente con restri­
suti dell'embrione (esclusa la placenta).
zione di linea differenziativa (lineage-restricted).
Il processo di sviluppo dell'embrione contìnua
Queste diventano precursori commissionati per
con la proliferazione, il commissionamento, la segre­
generare alla fine, e con arresto di crescita, cellule
gazione e la maturazione dei vari elementi derivati
con differenziazione terminale morfologica e fun­
dall'embrioblasto. Questo processo porterà alla for­
zionale (cellule di superficie o di rivestimento, sem­
mazione di cellule, tessuti ed organi, fra loro del tutto
pre nel caso della mucosa intestinale o delle muco­
differenziati, passando attraverso stadi intermedi di
se genitali). Una chiara dimostrazione dell'esisten­
maturazione: progenitori multipotenti, tripotenti,
za delle cellule staminali adulte residenti è stata
bipotenti fino allo stadio di precursori unipotenti.
ottenuta in diversi organi: midollo osseo, fegato,
La perdita progressiva della potenzialità diffe-
cute, rivestimento epiteliale del tratto gastrointesti­
renziativa da parte delle cellule dell'embrioblasto è
nale, delle vie genitali, limbus corneale, retina, cer­
un fenomeno complesso dove pare giochino un
vello, muscolo scheletrico, polpa dentaria, pan­
ruolo rilevante modificazioni epigenetiche quali la
creas, miocardio, ecc.
metilazione del DNA e l'acetilazione degli istoni e
la perdita dell'espressione di fattori trascrizionali • Cellule stam in ali m idollari (CSM): il modello
quali Oct-4 e Rex-1. valido per rappresentare caratteri, citotipi, ruolo e
Le ES propriamente dette, di contro, sono linee funzioni del sistema staminale è quello del sistema
di cellule stam in ali pluripotenti (C.S.P.) derivate ematopoietico.
32 s Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
E6.5 E8.5 .£ 1 0 .5 •:v: £ 1 2 .5 : E 14.5 ■ £ 1 6 . 5 E1S.5 Nascita
- I ■ ■Vi :

Fig. 11 - Rappresentazione
schematica delie modificazioni
dei maggiori siti emopoietici
durante lo sviluppo embriona­
le di mammiferi. L'ematopioesi
origina dal sacco vitellino (SV)
per spostarsi al fegato e da qui
al midollo osseo. Durante il
periodo di transizione fra emo­
poiesi extraembrionaria ed
intraembrionaria la zona
Aorto-Gonadica-Mesonefrica
(AGM) e la SplancnoPleura
Para aortica (PSp, non rappre­
sentata in figura} sono sede di
emopoiesi. Tratto da: Baron
'primitiva MH: Embryonic origins of
mammaiian hematopoiesis.
Experimental Hematology 31
'definitiva' (2003) 1160-1169.

Classicamente sono state identificate due classi - la zona A GM (zona Aorto-Gonadica-Mesonefrica).


di cellule staminali residenti nel midollo: a) le cellu­
Dairirdzio della sesta settimana predomina l'e­
le staminali emopoietiche e b) quelle mesenchimaìi.
matopoiesi epatica (periodo epatico); dalla dodicesi­
• Cellule stam in ali em atopoietiche. L'ematopoie- ma settimana, a questa, si affianca l'ematopoiesi
si è un sistema di proliferazione, commissionamen- splenica (periodo epato-splenico).
to e differenziazione cellulare generato a partire da Dalla ventesima settimana, infine, l'ematopoiesi
cellule staminali multipotenti. La cellula più poten­ raggiunge la sua sede definitiva nel midollo osseo
te di questo sistema è chiamata cellula staminale emo- (periodo midollare).
linfopoietica primitiva ed è capace di generare tutti gli
elementi cellulari maturi del sangue oltre ai linfoci­
ti e alle cellule dendritiche.
Il sistema ematopoietico, di derivazione meso-
dermica, si sviluppa nei vertebrati per eventi in suc­
cessione ed in diversi siti anatomici. Le cellule ema­ :f '■
topoietiche primitive sono le prime cellule differen­ ■*¡'fi-?■ •
? 4.$
ziate che si formano nell'embrione di mammifero. i. :
E il sistema meglio studiato e che può essere
assunto a paradigma del ruolo delle CS nella diffe­
renziazione delle varie popolazioni cellulari che
generano le diverse serie emopoietiche.
Nell'uomo, l'ematopoiesi primitiva inizia nel
sacco vitellino (Fig. 11) tra la seconda e la terza set­
timana di gestazione (periodo mesohlastico dell'emo­
poiesi). Successivamente, verso la quinta settimana
di gestazione, l'ematopoiesi extraembrionaria si
arresta ed inizia quella definitiva.
Durante il periodo di transizione tra ematopoie-
si extra-embrionaria ed intraembrionaria (ovvero
tra il ventisettesimo ed il quarantesimo giorno di
gestazione) il pavimento aortico (Fig. 11) e l'arteria
vitellina appaiono ricoperte da centinaia di cellule
Fig. 12 - Sezione trasversa di un'aorta embrionale al XXXII
ematopoietiche, mentre due zone intraembrionarie giorno gestazionale. CD34 è marcato in verde e CD45 in rosso.
divengono sede di ematopoiesi: I progenitori emopoietici appaiono gialli essendo CD34 e 45 posi­
tivi ea aderiscono ai pavimento aortico (freccia). Tratto da: Péault
- la zona PSp (splancnopleura paraaortica) e, più B et a!.: Emergence of hematopoietic stem cells in the human embr­
tardivamente, yo. C. R. Biologies 325 (2002} 1021-1026.
Le cellule sfaminoli & 33

L'ematopoiesi primitiva determina: la produzio­ poietiche emergono, nello sviluppo embrionario


ne di eritroblasti nucleati di grandi dimensioni, di precoce, in stretta associazione con le cellule endo-
qualche megacariocito e di monociti primitivi. teliali (Fig. 12), suggerendo una possibile origine
Non è stato ancora chiarito se questi diversi tipi comune tra questi due citotipi (possibilità suppor­
cellulari originino da uno o più progenitori primi­ tata anche dalla condivisione di un rilevante nume­
tivi. ro di geni: Flkl, CD34, Scl/Tall, F ltl, GATA2,
La quantificazione dei progenitori eritroidi pri­ Cbfa/R un xl/AML1 e PECAM1).
mitivi, a differenti stadi dell'embriogenesi, ha indi­ Il modello che meglio descrive l'emopoiesi è un
cato che la linea eritroide primitiva è transitoria. modello gerarchico (Fig. 13) ove poche cellule sta­
L'ematopoiesi definitiva è caratterizzata, invece, minali emopoietiche primitive si dividono asimme­
dalla produzione di tutte le linee ematopoietiche. tricamente per generare altre cellule staminali ed
Le cellule eritroidi primitive e definitive differisco­ elementi più maturi (progenitori). Tali cellule (sta­
no fra loro per sito embrionale di formazione, minali e progenitori) sono fra loro indistinguibili
dimensioni, morfologia ed espressione genica. dal punto di vista morfologico. Le ultime posseggo­
L'opinione corrente è che ematopoiesi primitiva no ancora una certa capacità di auto-mantenimen­
e definitiva rappresentino due linee cellulari distin­ to, ma al contempo si differenziano verso una o
te, ovvero che non vi sia, nel corso dello sviluppo poche linee maturative.
embrionale, una migrazione di cellule primitive dal L'ematopoiesi è un sistema di proliferazione,
sacco vitellino al fegato, prima, ed al midollo osseo, commissionamento e differenziazione generato a
poi; ma, piuttosto, che vi sia un avvicendamento fra partire da cellule staminali multipotenti. La cellula
cellule staminali primitive e cellule staminali defi­ più potente del sistema, denominata cellula stamina­
nitive. le emo-linfopoietica primitiva, è capace di generare
Nonostante ciò, alcuni Autori ritengono che tutti gli elementi cellulari maturi del sangue oltre ai
questi tipi cellulari possano condividere un proge­ linfociti ed alle cellule dendritiche.
nitore comune. Gli elementi più immaturi identificabili morfo­
E interessante sottolineare che le cellule emato­ logicamente sono chiamati precursori. Questi ultimi

LT-HSC £ Cellula
Staminale
Emopoietica
ST-HSC
£

1
Progenitore
MPP Multi potente
Mieloide Linfoide
[Progenitore ---------V Progenitore
CFU-GEMMflHpMieloide- Linfoide
Comune Comune Progenitore
f ..... ................... ..... I f ▼.........:
Commissionato
MEP GMP
T
BFU-E CFU-meg CFU-M CFU-G CFU-Eo CFU-Baso 1 Pre-B

CFU-E Megacariocito Cellule


Mature
^ Neutrofifo Eosinofilo Basofilo ®Cellula B CellulaT Cellula NK

▼ *

Eritrociti Piastrine Macrofagi


Cellula Denditrica

Fig. 13 - Gerarchia concettuale dì cellule staminali emopoietiche. LT-HSC: cellule staminali emopoietiche con capacità di auto­
mantenimento a lungo termine; ST-HSC: cellule staminali emopoietiche con capacitò di automantenimento a breve termine; MPP:
progenitore multipotente; CFU: unità formante colonia CFU-GEMM: CFU granuio-eritro-megacario-monocitica; MEP: progenitore
megacario-eritrocitico; GMP: progenitore granulo-monocitico; BFU-E: unità formante colonia con capacità di crescita esplosiva eri­
troide; CFU-E: CFU eritroide; CFU-Meg: CFU megacariocitaria; CFU-M: CFU monocito-macrofagica; CFU-G: CFU granulocito neu-
trofila; CFU-Eo: CFU granulocito eosinofila; CFU-Baso: CFU granulocito basofila.
34 Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
sono destinati a differenziarsi negli elementi eritroide oltre a rare cellule capaci di ricostituire
differenziati del sistema emolinfopoietico. l'emopoiesi in accettori secondari (Becker et al.
I meccanismi precisi che regolano l'auto-mante- 1963, Wu et al. 1968).
nimento delle cellule staminali, così come l'esisten­ In seguito la dimostrazione della clonogerdcità è
za e la natura delle cellule più primitive ed i rap­ stata ottenuta anche attraverso esperimenti di mar­
porti tra queste ultime ed altri tipi cellulari, sono catura tramite retrovirus. Negli anni è stata investi­
tutti problemi estremamente dibattuti e sui quali gata a lungo la possibilità di arricchire le cellule sta­
non esiste ancora un accordo unanime. minali con metodi diversi che si basavano su:
In assenza di eventuali, danni di rilievo, il pool dimensioni e densità (centrifugazione in gradiente
di cellule staminali ematopoietiche rimane piutto­ di densità ed elutriazione), iniezione di farmaci atti­
sto costante. Ciò implica che circa la metà delle vi sul ciclo cellulare (quali il 5-fluoro-uracile) ed
divisioni cellulari serve per l'auto-mantenimento immunofenotipo (citofluorimetria). Quest'ultimo
del citotipo. Sebbene alcuni studi abbiano dimo­ metodo, nel modello sperimentale murino oggi
strato la possibilità di indurre alla proliferazione in molto utilizzato, ha consentito di individuare
vitro cellule staminali emopoietiche primitive tra­ numerosi marcatori capaci di identificare la frazio­
mite particolari cocktail di citochine, nella maggior ne cellulare (Lin- /lG, c-Kit+, Sca-1+, T h y l.l10) con­
parte dei casi questo provvedimento conduce alla tenente tutte le cellule capaci di ematopoiesi.
differenziazione o alla morte delle cellule più pri­ Alcuni di questi dati sono stati facilmente ed
mitive. Recentemente, è stato tuttavia dimostrato utilmente traslati all'uomo; altri, purtroppo, non
che alcuni fattori chiave nella regolazione del desti­ sono direttamente trasferibili alla nostra specie. Ad
no cellulare (tra cui: Wnts, Notch e Sonic hedgehog esempio, il principale marcatore di cellule stamina­
-Shh-) sono capaci di espandere ex-vivo le cellule li nell'uomo (CD 34) è negativo o espresso ad inten­
più potenti. sità bassa (indeterminabile in citofluorimetria) nel
Lo studio e la separazione delle diverse classi di topo adulto. Molto importante è sottolineare che è
cellule staminali e progenitori si sono ottenuti tra­ stato identificato anche l'immunofenotipo della
mite una serie di saggi in vivo ed in vitro. progenie più differenziata delle cellule staminali
La natura della cellula staminale primitiva è, (progenitori e precursori) e ciò si è rivelato essere
infatti, talmente sfuggente che la definizione più un ausilio importante nello studio delle malattie
rigorosa è ancora funzionale più che morfologica o onco-ematologiche.
immuno-fenotipica. L'identificazione e la caratterizzazione di cellule
Nel 1949 Jacobson e collaboratori scoprirono che staminali emopoietiche umane è stata ostacolata
l'aplasia midollare fatale conseguente alLirradia- dalla mancanza di saggi ottimali, I test in vitro,
zione letale di un topo poteva essere evitata scher­ infatti, sono capaci di dimostrare solamente i pro­
mando la milza dell'animale (che continua ad esse­ genitori più attivati e le cosiddette long terni culture
re un organo ematopoietico anche nell'animale initiating cells (LTC-IC), ovvero i progenitori quie­
adulto). Nel 1951 i gruppi di Jacobson e Lorenz scenti capaci dì automantenimento e di differenzia­
dimostrarono che l'iniezione di cellule spleniche o zione multilinea. L'impossibilità dì utilizzare saggi
midollari potevano salvare animali irradiati con in vivo nell'uomo, per ovvi motivi etici, impedisce
dosaggi letali. La presenza di cellule staminali e di dimostrare, nelle cellule da analizzare, una capa­
progenitori ematopoietici era evidenziata anche cità di auto-mantenimento duratura ed una diffe­
dalla formazione di colonie miste clonogeniche renziazione multi-linea comprendente anche la
(composte da granulociti, macrofagi e cellule eri- linea T linfocitìca.
troidi) nella milza di topi irradiati ed iniettati con Si è perciò ricorso a xenotrapianti in modelli ani­
cellule midollari. Le cellule fondatrici di noduli mali dotati di due caratteristiche fondamentali:
splenici in questo modello sperimentale furono mancanza di rigetto e presenza di un microambien­
definite CFU-S (colony forming units-spleen). te permissivo per l'attecchimento e la differenzia­
Occasionalmente CFU-S si possono formare da zione multilinea. I primi modelli che sembravano
cellule ulteriormente trapiantabili e capaci di rico­ soddisfare queste caratteristiche erano i topi SCID
stituire il sistema ematopoietico in un secondo ani­ (che mostrano un difetto cellulare B e T) ed i topi
male irradiato. L'origine clonale delle cellule ema­ beige/nude/xid (bnx) (che hanno un difetto T, B ed
topoietiche fu dimostrata inizialmente da studi di NK). Tuttavia, in questi animali, i macrofagi e le cel­
Till, McCulloch, Wu e Becker tra il 1961 ed il 1963. lule NIC rimanenti potevano ancora rigettare le cel­
Nei loro esperimenti, markers cromosomici casua­ lule trapiantate. Per ovviare questo inconveniente,
li venivano generati a seguito dell'irraggiamento topi SCID furono incrociati con topi NOD, che
del midollo del donatore. Colonie di cellule figlie mostravano difetti in queste due ultime categorie di
(identificate grazie alla condivisione del marcatore cellule. Grazie alla capacità di attecchimento 10-20
cromosomico) generate da un singolo precursore volte migliore di quella osservata nei topi SCID e
clonogenico venivano ritrovate nella milza di grazie anche a diversi altri vantaggi pratici, il
accettori condizionati. Tali cellule contenevano modello NOD-SCID è quello più comunemente uti­
sempre cellule capaci di differenziamento mielo- lizzato per studiare l'ematopoiesi umana in model-
Le cellule staminali « 35

li in vivo. Le cellule dotate di capacità di attecchi­ in seguito all'attivazione (mobilizzazione con G-CSF
mento in questi animali sono chiamate "SCID repo- o 5-fluorouracile). E importante sottolineare che
pulating cells" o SRCs. notevoli differenze inter-specie esistono nella regola­
Un modello animale più vicino all'uomo è stato zione dell'espressione del CD34.
sviluppato da Zanjard e collaboratori: consiste nel­ Più di recente sono stati utilizzati altri marcatori
l'iniezione intraperitoneale di cellule ematopoieti­ capaci di identificare cellule più primitive e condi­
che umane in feti ovini non condizionati. I vantag­ visi tra uomo e topo (es.: la capacità di estrudere
gi offerti in questo caso sono: Io sviluppo di tutte le coloranti vitali e la positività per il CD133).
linee emo-linfopoietiche e l'attechimento duraturo
® Progenitori em atopoietici: l'esistenza di proge­
(fino ad alcuni anni).
nitori clonali commissionati in senso mieloide e lin­
Dalla sperimentazione animale si è quindi evin­
foide è stata a lungo ipotizzata, ed inizialmente
to che l'antigene CD34 è il principale marcatore dimostrata, nel modello murino. Nell'uomo, tutti i
positivo per le cellule staminali e per i progenitori progenitori bipotenti linfo-mieloidi sono compresi
umani. CD34 è anche espresso sulle cellule endote- nella frazione CD34+CD38- .
liali dei piccoli vasi ed è un ligando della selectina- L'immunofenotipo del potenziale progenitore
L (CD62L). La funzione biologica di questo antige­ comune linfoide (CLP) umano è: Lin_C D 34+
ne è ancora poco chiarita sebbene paia coinvolto CD38 CD10+. Secondo alcuni Autori le cellule
nell'adesione cellulare al microambiente. Di tutte le CD34+CD38 CD7+ sarebbero CLP ancor più pri­
cellule ematopoietiche midollari, la frazione espri­ mitivi; in questo caso non è però stata testata la
mente CD34 è lo 0,5-5%. generazione di linfociti T.
Delle cellule CD34+, solo la piccola frazione (1- Le cellule CD34+CD38_CD7+ possono essere
10%) che non esprime né marcatori di maturazione ulteriormente suddivise sulla base dell'espressione
(Lin~: CD3, CD4, CD8, CD19, CD20, CD56, C D llb, di CD10 ed IL-7Rcc. La frazione CD10[oIL-7Ra+ è
CD14 e CD15) né il CD38 contiene cellule clonoge- fortemente arricchita in progenitori linfocitari B clo­
niche capaci di differenziazione linfoide (B/NK) e nali.
mieloide in vitro. La maggior parte delle cellule Per la differenziazione mieloide precoce, si iden­
CD34 positive (90-99%), infatti, coesprime l'antige- tificano tre popolazioni cellulari:
ne CD38 e questo sottoinsieme contiene la maggior
parte dei progenitori commissionati. Le cellule - i progenitori mieloidi comuni (CMPs)
CD34+CD38~, invece, sono fortemente arricchite in CD45RA_IL-3Raio,
LTC-IC e SRCs. - i progenitori granulo-monocitari (GMPs)
Nonostante ciò, la frazione cellulare CD34+CD38_ CD45RA+IL-3Rafé ed
è piuttosto eterogenea per marcatori di superficie e
funzioni biologiche. Per tale ragione si è deciso di - i progenitori megacario-eritrocitari (MEPs)
indagare altri possibili marcatori. CD90 (Thy-1) è CD45RA“IL-3Ror
uno di questi: una singola cellula Lin CD34+CD90+ • I precursori em ato p oietici sono le cellule midol­
può generare linfociti B e cellule mieloidi in coltura, lari che possono essere identificate morfologica­
mentre sono necessarie solamente IO4 cellule dotate mente come facenti parte di una specifica linea dif-
di tale fenotipo per ottenere lo stesso effetto in topi ferenziativa ematopoietica.
SCID. In particolare vengono distinti:
La più alta attività LTC-IC e SRC è, invece,
descritta nella frazione di cellule midollari - precursori eritroidi: i precursori degli eritrociti o
CD34+KDR(VEGFR2)+. eritroblasti; esistono perlomeno cinque genera­
Sebbene sia noto che, perlomeno alcune cellule zioni di eritroblasti tra i progenitori eritroidi non
staminali ematopoietiche murine, siano CD34- /10, morfologicamente riconoscibili, oltre alle cellule
l'identificazione di cellule umane Lin_CD34“CD38_ mature. Gli eritroblasti si sviluppano in stretta
con attività SRC sorprese la maggior parte dei ricer­ prossimità con un macrofago i cui processi cito­
catori di base e clinici. Sebbene cellule plasmatici abbracciano i singoli precursori eri­
Lin_ CD34_ CD38_ non contengano progenitori troidi. Diverse generazioni di eritroblasti sono
maturi e precursori (colony foming cells o CFC), esse associate ad uno o più macrofagi e l'intero com ­
possono generare in vivo ed in vitro cellule CD34+ plesso di cellule è noto come isolotto eritroblastico.
capaci di generare CFC. Ciò suggerisce che le cellule Gli eritroblasti sono convenzionalmente suddi­
CD34~ siano a monte delle cellule CD34+ e potrebbe visi in quattro categorie: proeritroblasti, eritro­
far sorgere il dubbio che ai pazienti trapiantati con blasti precoci (o basofili), intermedi (o policro-
cellule positive non siano state somministrate abba­ matofili precoci) e tardivi (o policromatofili tar­
stanza cellule negative e che ciò possa essere la causa divi). Nella tabella 5 sono schematizzate le carat­
del mancato attecchimento tardivo. Le cellule emato­ teristiche citologiche degli elementi più immatu­
ri della linea differenziativa eritroide;
poietiche di topi normali giovani sono principalmen­
te CD34+, mentre quelle dell'adulto sono prevalen­ - precursori granulo citici, esistono perlomeno
temente negative. Esse, però, acquisiscono l'antigene quattro generazioni cellulari dal precursore
36 - Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

Cdralteri^ichèicìtòl^idié dègli èleniénH^più imniaturi della linèà d ifl^ n n q fi

• Dimensioni 'r '- Nucleo Citoplasma

Proeritroblasto 12-20 |.im Grande e rotondo con cro­ intensamente basofilo con un
matina granulare contenente alone pallido perinucleare
diversi nucleoli
Eritroblasto precòce. Minori dimensioni rispetto ai Rapporto nucleo/citoplasma Citoplasma i nten sa mente
o basofilo proeritroblasto (N/C) inferiore al proeritro­ basofilo; può essere presente
blasto; cromatina granulare alone perinucleare
senza nucleoli visibili
Eritroblasto intermedio : Di dimensioni ancora minori Rapporto N /C ancora infe­ Citoplasma meno basofilo. Più
o policromatofilo precoce rispetto al proeritroblasto riore rispetto-al proeritrobla­ numerosi degli eritroblasti
sto; cromatina azzollata precoci
senza nucleoli visibili
Eritroblasto tardivo ^ Di dimensioni ancóra minori Rapporto N /C inferiore Citoplasma solo debolmente
opolicromatofilotardivo e di numero maggiore ri spet­ rispetto agli intermedi; cro­ basofilo e debolmente roseo
to agli intermedi, solo poco matina più azzollata come conseguenza dell'accu­
più grande dei globuli rossi mulo di emoglobina
maturi
Reticolociti -l. DÌ dimensioni lievemente Assente Contiene ancora una piccola
maggiori rispetto agli eritro­ quota di sostanza basofila
citi maturi (RNA ribosomiale) che si colo­
ra con blu di metilene

Caratteristiche citologiche degli elementipiùimmaturi della linea differenziatìva granulocitica

Dimensióni • Nucleo : 7 . -v • Citoplasma

Mieloblasto 12-25 um, di Nucleo rotondo od ovalare, cromati­ Da debolmente a fortemente basofilo. Al
forma più irrego­ na fine ed omogeneamente dispersa microscopio ottico non si evidenziano granu­
lare rispetto ad un contenente diversi nucleoli lazioni, ma nel contesto della mielopoiesi
proeritroblasto patologica possono essere cellule granulate,
Promielocito 15-30 um Nucleo lievemente indentato, nucleo­ Lievemente basofilo. Contiene una zona di
lato ■■ . . Golgi e numerosi granuli primari 0 azzurrofi-
li; cominciano a comparire le granulazioni
specifiche. Positivi alla perossidasi, al Sudan B
ed alle esterasi
Mielocito 10-20 Nucleo rotondo od ovalare, parziale Citoplasma meno basofilo. Possono essere
condensazione cromatinicd ed chiaramente distinti granuli specifici neutrofili,
assenza dei nucleoli eosinofili e basofilt (ai color lilla, arancione 0
rosso e porpora, nei preparati colorati con il
May-Grùnwald-Giemsa)
Metamielocito 10-12 ^m Nucleo marcatamente indentato 0 Citoplasma con caratteristiche intermedie fra il
reniforme, cromatina addensata mielocito e le forme mature

monocito-granulocitario non riconoscibile mor­ cellule sono capaci di divisioni cellulari. Dai mie­
fologicamente al granulocito maturo. La prima lociti più maturi originano i metamielociti, cellu­
cellula granulopoìetica riconoscibile è il mielobla- le incapaci di divisioni mitotiche, da cui per diffe­
sto, cellula ancora capace di dividersi e dalla cui renziazione derivano i granulociti maturi. Il
maturazione deriva il promielocito. Anche queste midollo è la principale riserva di neutrofili matu­
ultime cellule sono capaci di dividersi e matura­ ri. Nella tavola 6 sono schematizzate le caratteri­
no in mielociti. Esistono almeno due generazioni stiche citologiche degli elementi più immaturi
di mielociti per cui perlomeno alcune di queste della linea differenzia ti va granulocitica.
Le cellule sfaminoli & 37

- precursori m ono citic i: i memoriti derivano da un te dai basofili per le caratteristiche nucleari e per il
progenitore in comune con i granulociti. Il più fatto che i granuli non oscurano mai il nucleo.
immaturo precursore riconoscibile morfologica­
® Precursori linfocitici: i linfociti B e T condivido­
mente è il monoblasto, una cellula più grande di
no un'origine comune fra loro e con le cellule mie-
un mieloblasto con un citoplasma più abbon­
ioidi. Il midollo contiene sìa precursori (più abbon­
dante, variabilmente basofilo e dotato di un
danti quelli della lìnea T) sia cellule mature (più
nucleo rotondo o lobulato.
abbondanti quelle della linea B).
I monoblasti sono capaci di dividersi e di matu­ I linfociti midollari sono cellule di piccole
rare in promonociti, cellule di dimensioni simili ai dimensioni con un rapporto N/C elevato, essendo
promielociti, dotate di granulazioni citoplasmati­ scarso il citoplasma basofilo. I nuclei mostrano un
che e di un certo grado dì lobulazione nucleare, I certo grado di condensazione cromatinica, ma que­
promonociti maturano in monociti che migrano sta appare più diffusa di quella dei linfociti perife­
rapidamente nel sangue periferico. I monociti rici. La presenza dì queste cellule nel midollo dimi­
hanno un diametro di 10-20 firn, sono dotati di un nuisce con l'età passando dal 30-50% delle cellule
nucleo lobulato e di un abbondante citoplasma nucleate dell'infanzia al 15-25% di quelle dell'età
debolmente basofilo, che può contenere un piccolo adulta. Se il sangue midollare non è contaminato da
numero di granuli azzurrofili. I monociti nel midol­ sangue periferico, essi rappresentano circa il 10%
lo maturano in macrofagi. delle cellule nucleate. Il sangue midollare di bambi­
Queste cellule sono di grandi dimensioni (20-30 ni con varie patologie può contenere un significati­
¡im), di forma irregolare, con un basso rapporto N/C vo numero di cellule immature con caratteristiche
ed abbondante citoplasma basofilo. Quando relati­ tipiche dei linfoblasti leucemici.
vamente immaturi, possono avere un nucleo ovale Le plasmacellule, invece, sono rare nel midollo
con cromatina finemente diffusa. Quando maturi, il normale (<1% delle cellule nucleate). Sono cellule
nucleo è più piccolo e condensato ed il citoplasma caratteristiche con dimensioni di 15-20 juim, nucleo
può contenere gocciole lipidiche, cellule in degene­ eccentrico e citoplasma basofilo con una zona di
razione e detriti amorfi. Sia i monociti che i loro pre­ Golgi paranucleare prominente. Il citoplasma può
cursori sono cellule piuttosto rare nel midollo. contenere vacuoli ed a volte si colora di rosa con il
® Precursori m egacariocitici: in un midollo nor­ May-Grünwald-Giemsa. La cromatina è azzollata
male la cellula più precoce della lìnea megacarioci- ed assume in istologia il caratteristico aspetto a
taria, morfologicamente riconoscibile, è lo stesso ruota di carro.
megacariocito. • Cellule stam in ali m esenchim ali. L'identificazio­
Fa eccezione l'ematopoiesi anormale: in questo ne della natura delle cellule coinvolte nella ripara­
caso può a volte essere identificato un precursore zione cicatriziale e nella guarigione delle ferite è
megacariocitario di. dimensioni e morfologia simile sempre stato argomento di estremo interesse scien­
ad un mieloblasto, un megacariocito. I megacarioci- tifico. Molto precocemente ci si accorse che in que­
ti vanno incontro a poliploidizzazione mentre sti processi erano coinvolte due classi di cellule:
maturano, fino a generare cellule di grandi dimen­ quelle ematiche ed i fibroblasti residenti.
sioni (30-160 |im) con un'ampia eterogeneità di Nel 1867 Cohnheim suppose che i monociti del
dimensioni cellulari e di ploidia. I megacariociti sangue periferico potessero generare i fibroblasti
possono essere classificati sulla base delle caratteri­ coinvolti nella riparazione cicatriziale. Nonostante
stiche nucleari e citoplasmatiche in tre stadi di sia passato più di un secolo dalla formulazione di
maturazione: i megacariociti del I gruppo hanno un questa ipotesi, la possibile origine midollare dei
citoplasma molto basofilo ed un rapporto N/C ele­ fibroblasti presenti nelle cicatrici continua ad essere
vato; i megacariociti del II gruppo hanno un cito­ a tutt'oggi motivo di dibattito. Negli anni '30 Hug-
plasma meno basofilo contenente alcuni granuli gins, studiando sperimentalmente l'osteogenesi,
azzurrofili e con un più basso rapporto N/C, i osservò la formazione di osso ectopico conseguente
megacariociti del III gruppo hanno un abbondante
al trapianto in sede vescicale di tessuto fasciale, sol­
citoplasma lievemente basofilo contenente molti
levando questioni circa l'origine delle cellule osteo-
granuli azzurrofili. Questo ultimo gruppo di cellu­
geniche.
le è costituito da cellule mature capaci di produrre
Naturalmente, con lo sviluppo di nuove tecni­
piastrine ed incapaci di sintetizzare DNA.
che e di nuovi metodi di studio, non solo tissutali,
• P recu rsori m astocitici: i mastocìti derivano ma anche cellulari e molecolari, le conoscenze sul
dalla cellula staminale mieloide multipotente. turnover cellulare si stanno ampliando enorme­
Negli strisci midollari esse appaiono come cellule mente. Ciò che appare sorprendente, però, è che già
ovali o allungate di dimensioni variabili da 5 a 25 all'inizio del XX secolo molti dei concetti e delle
|im. Il nucleo è centrale, relativamente piccolo e domande fondamentali circa la rigenerazione tissu-
rotondo od ovale. Il citoplasma è stipato di granuli tale, il de-differ