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clinica ZANGARA - Terapia medica ragionata
Voi. Il - Malattie infettive ZIEGLER - Conoscenze attuali in nutrizione
GIANMARIO MARIUZZI

ANATOMIA
PATOLOGICA
E C O R R E L A Z IO N I A N A T O M O -C L IN IC H E

Volume I
Anatomia patologica generale
Malattie infettive e parassitarle
Sistema emopoietico e sangue periferico
Sistema immu nocompeten te
Sistema linfopoietico
Sistema endocrino
Apparato cardiovascolare
Mediastino e Apparato respiratorio

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ISB N 88-299-1769-9

Stampato in Italia

© 2006 by Piccin Nuova Libraria S.p.A., Padova - wwiv.piccin.it


Prefazione

L'obiettivo primario, che gli autori hanno ogni singolo caso, all'anatomia patologica
assunto per questo nuovo testo di Anatomia spetta il compito di:
Patologica, è stato il recupero della tradizione - organizzare la dialettica che possa far
italiana, che da sempre affida alla disciplina il cogliere i rapporti che legano i danni ai
ruolo di conferire, al pensiero ed alla prassi segni clinici, umorali e strumentali;
medica, le basi concrete ed oggettive, perché - indirizzare la riflessione clinica verso per­
visibili e misurabili, delle alterazioni comun­ corsi logici consolidati.
que riscontrate e che, nel loro insieme, com­
Obiettivo che può essere colto disponendo
pongono il quadro anatomo-patologico di ogni
anche di conoscenze dettagliate circa l'ulterio­
malattia in ogni singolo individuo. Obiettivo,
re, possibile, evoluzione dei danni, dei sintomi
la cui validità, anche i più recenti progressi di
e del quadro clinico nel suo complesso.
conoscenze, non solo non sfumano, ma di certo
Per lo scopo della formazione clinica, l'ap­
rimarcano.
prendimento dell'anatomia patologica è, e non
L'Anatomia Patologica ha il compito, essen­
può essere altro che un'acquisizione continua,
ziale per la formazione del medico che dovrà
graduale e sempre più complessa, la quale, a
curare le malattie, di:
partire dall'anatomia patologica generale, pro­
- fornire sostanza concreta al ragionamento ceda con l'acquisizione delle conoscenze pro­
clinico; prie delle patologie d'organo e di sistema, non­
- dare al pensiero clinico le certezze di dati ché dei modi della loro eventuale evoluzione.
oggettivi riscontrati, comunque raccolti; In questo cammino, all'anatomia patologi­
- sostanziare nel medico, con i fatti constatati ca compete il ruolo istituzionale di fornire al
ed applicando tutte le indagini necessarie e discente il supporto dei dati reali, possibilmen­
proprie della disciplina, la dialettica intima te quantificati, che consentano l'interpretazio­
che deve comporre il profilo della malattia. ne da dare ai segni clinici, umorali e strumen­
tali, perché:
Il percorso dell'insegnamento di una disci­
plina, che privilegia i dati di fatto tangibili, può - il ragionare clinico possa avere i riscontri
procedere soltanto per passi graduali, a partire sui quali fondare la logica indispensabile;
dalle nozioni basilari concernenti la struttura, - la formazione clinica, proceda per acquisi­
visibile ed intima, di ogni organo, tessuto e cel­ zione progressiva della conoscenza delle
lula; proseguire con l'apprendimento delle patologie d'organo e di sistema;
modalità con cui i vari agenti patogeni altera­ - tenendo conto che l'evoluzione dei singoli
no la normalità; stabilire, alla fine del percorso eventi patologici ha condizionamenti che
investigativo, i rapporti fra le alterazioni comportano modalità diversificate, spesso
riscontrate, gli agenti causali ed i danni delle plurime, di progressione.
funzioni; e formulare una prognosi che indiriz­ Per acquisire un'abitudine: la prassi del
zi la terapia. confronto e della discussione collegiale,
Sono proprio le alterazioni cellulari, tessu­ momenti tutti necessari per stabilire le correla­
tali, d'organo e di sistema che causano i sinto­ zioni patologico-cliniche e quindi per formula­
mi, che sostanziano la malattia. Per la quale, in re l'epicrisi.
VI ^ Prefazione
La formazione del discente, potrà progredi­ riale bioptico e/o citologico. Indagini estempo­
re e perfezionarsi se basata sulla constatazione ranee come quelle per ago-aspirazione, che
dibattuta dei dati di fatto, su cognizioni, con­ non è atto chirurgico ma prassi ambulatoriale,
cetti, fatti ed esperienze che facilitino: con il pregio dell'esecuzione immediata; quel­
- la presa d'atto del substrato reale di ogni le per-operatorie, bioptiche, da assumere come
lesione e dell'insieme delle lesioni compo­ momento diagnostico oggi irrinunciabile e che
nenti il quadro, complesso ed individuale, forniscono substrati sufficienti per indagini
ulteriori di ordine chimico, isto-cito ed iirnnu-
del processo morboso sofferto dal soggetto
indagato; no-cito-chimico, nonché di morfologia moleco­
- la correlazione dei danni riscontrati con i lare e genetiche. Metodi in continua espansio­
rilievi raccolti in sede clinica; ne, che portano l'osservazione e lo studio entro
- l'analisi insistita affinché ogni evento, ogni le funzioni cellulari più elementari. Sono
sintomo, possa avere una logica giustifica­ apporti concreti il cui valore risolutivo, deve
zione ed ogni interrogativo, ima risposta. essere conosciuto dallo studente che, per uti­
lizzarli in modo corretto, dovrà possedere con­
Metodo, certamente il più formativo, da tezza del significato e del valore pratico di ogni
perseguire sempre: perché nessun dubbio, nes­ sussidio utilizzabile.
suna incertezza, nessun evento, in qualche Anatomia patologica comunque, e sempre,
modo trascurato, possa creare fragilità logiche ancillare e disponibile:
insanabili - ed anche esiziali - nella organizza­
zione del pensiero clinico, delle conclusioni e - per consentire allo studente un apprendi­
dei provvedimenti da assumere. mento continuo e sostanziato;
Una cultura, che si strutturi su basi raziona­ - per dare al medico il sussidio di dati ogget­
li, agevola la memoria che, all'atto della rifles­ tivi e di grande dettaglio;
sione clinica, possa utilizzare al meglio i dati - per rassicurare il paziente che avrà disponi­
ed i fatti via, via acquisiti e facilita il ragiona­ bili tutti i vantaggi di una medicina sempre
più affidabile.
mento, difficile e complesso, che diagnosi, pro­
gnosi e terapia richiedono. Ma anche perché tutti, docenti, discenti,
Apprendimento essenziale e propedeutico a patologi e clinici colgano, giorno dopo giorno,
quello clinico, perché si avvale della visione le severe lezioni di umiltà, che sempre il meto­
unificante, propria della disciplina anatomo- do del riscontro oggettivo diretto impartisce.
patologica; visione più che mai indispensabile Il medico che abbia acquisito, in astratto o
proprio perché la tendenza ad un insegnamen­ indirettamente, conoscenze, anche buone ed
to, subito specialistico, nell'attività pratica può aggiornate/su tecniche di indagine clinica, chi­
sfumare il profilo reale, di fatto l'essenza, del mica e strumentale; che possegga le conoscen­
processo morboso oggetto dell'attenzione. ze più avanzate della terapia, non può essere,
Oggi, ed ogni giorno di più, l'Anatomia per questo soltanto, un buon medico. Potrà
Patologica esplora ed applica strumenti e esserlo certamente con il possesso dei fonda­
modalità d'indagine e di valutazione oggettiva menti del ragionamento anatomoclinico.
delle lesioni organiche, cellulari, subcellulari, Disponendo cioè della formazione che lo ren­
biochimiche, molecolari e genetiche. dano capace di saper discriminare, fra una
L'apporto dei continui progressi di cono­ somma di informazioni, quanto è essenziale
scenza sulla struttura e sulle funzioni degli per le conclusioni cui tende.
organi, dei tessuti, delle cellule, degli organuli, L'anatomia patologica è così viatico indi­
anche submicroscopici, fino a quelli dei geni e spensabile per intraprendere il lungo viaggio
delle molecole codificate, rende veramente di ima professione molto impegnativa: curare
arduo il compito dell'insegnare dimostrando. e lenire le sofferenze dell'uomo e le cause delle
Negli sviluppi del percorso diagnostico sarà sofferenze.
sempre necessario ricorrere al sussidio sostan­ Anche nell'àpologìà dell'efficienza, dell'as­
ziale di tutte le indagini possibili, e che non soluto scientismo e del pragmatismo esasperato
possono essere ignorate, da eseguire su mate­ corrente, l'atto di curare l'uomo che soffre deve
Prefazione & Vii

essere sentito e vissuto come "impegno nobile", tico. Strumento che vuole rendere disponibile,
incessante, esclusivo ed incondizionato. non solo una ricca e congrua iconografia, ma
Per aderire ai fini prefissati, la stesura di che intende offrire anche modalità adeguate
ogni capitolo segue uno schema generale, per rauto-controllo del grado di apprendi­
necessariamente non troppo rigido, che preve­ mento.
de sintesi essenziali di nozioni di anatomia, Nuovo testo che si inserirsce proprio nel­
istologia e fisiopatologia, basi indispensabili l'indirizzo della tradizione, tutta itàliana, e col­
per rapportare il danno riscontrato con lo stato tivato da Giovanni Lanza con perseveranza
di normalità. costante: indirizzo o filo della medicina ogget­
La trattazione dell'anatomia patologica sarà tiva, già profilato dal " Vidi et Tetigi" di Anto­
volutamente contenuta, comunque in grado di nio Benivieni, medico che, alla fine del quat­
far sempre cogliere, al discente, l'essenziale tordicesimo secolo, compose il primo vero
che comprende anche i richiami alle correlazio­ testo di correlazioni anatomocliniche, il "De
ni anatomo-cliniche. abditis nonnullis ac mirandis morbo rum et
Se per curare chi soffre sono necessarie abili­ sanationum c a u s i s testo pubblicato postumo
tà tecnica, conoscenze scientifiche, comprensio­ nel 1507.
ne umana e molta saggezza, con l'imperativo di Filo assunto poi da M alpighi (1628-1694)
seguire ogni giorno l'evoluzione tumultuosa con i suoi apporti anatomopatologici, altrettan­
delle conoscenze mediche, è facile desumere to fondamentali (la cirrosi epatica), ed avendo
che un medico non può che essere un "forzato", intuito il ruolo essenziale deirindagine micro­
compensato, quando accade, dalla gratitudine; scopica.
che è pur sempre compenso inestimabile.
Ben consolidato, alla fine dai contributi
Gratitudine di solito proporzionata al grado
basilari di Morgagni (1682-1771) che ha assun­
di dedizione e attenzione ai problemi del
to, come sistematica, la prassi delle correlazio­
paziente. Avendo certezza che il successo deri­
ni clinico-patologiche, elaborate al tavolo
verà, non solo dalla qualità delazione medica
autoptico; contributi che sono documentati
ma, in buona misura, anche dalle parole che il
dalla sua opera, fondante la disciplina: il "De
medico curante saprà pronunciare e dal grado
sedibus et causis morborum per anatomen
di partecipazione con cui verranno dette.
Tenendo sempre presente che, oltre alla ogget­ indagatis" del 1761.
tività dei segni, il paziente esprime anche un Proprio il filo seguito da "Giovanni
qualcosa di più di quanto l'occhio dell'oggetti- Lanza": maestro davvero unico dell'anatomia
vità riesca a cogliere. patologica applicata alla clinica - " Without
In conclusione sono tenuto a sottolineare You I couldn't have managed even my w eakest
che l'intento predominante, di tutti gli autori o f lines" (Auden W.H.: A Thanksgiving).
di questo testo, è stato quello di aderire con Maestro che ha improntato, con rigore di
cura al difficile e gravoso impegno degli stu­ metodo, con cultura impareggiabile e perse­
denti che perseguono l'obiettivo, nobile, del­ guendo, sempre e con infaticabile dedizione, la
l'essere medici. migliore formazione possibile per le molte
Al Dott. Massimo Piccin, contiguo alla generazioni di medici che hanno seguito le sue
nostra Anatomia Patologica fin dai lontani lezioni.
anni '50 del secolo appena trascorso, sento il Infine, ma non certo marginale, un ringra­
dovere di esprimere molta gratitudine per ziamento vivissimo, e molto sentito, ai tanti
aver voluto riprendere, con questo nuovo colleghi, collaboratori valenti, operatori tecni­
testo, l'antico filo italiano dell'anatomia pato­ ci, amici: tutti compagni incomparabili, lungo
logica. Ma anche per avere aderito al proposi­ la via, che hanno reso possibile l'edizione di
to, e di averne suggerito il progetto, di perse­ quest'opera.
guire finalità educative, più sostanziali, attra­
verso il complemento di un sussidio informa­ G.M. M ariuzzi
Obiettivi del corso integrato
di Anatomia Patologica
G.M. M ariuzzi

Il corso di Anatomia Patologica per la lau­ fase dello studio clinico del singolo caso;
rea in Medicina e Chirurgia si propone di far - il ruolo e il peso reale dei dati oggettivi che
acquisire agli studenti la conoscenza sistemati­ lo studio, condotto con il metodo e le tecni­
ca delle malattie più rilevanti, la loro nosogra­ che deH’anatomia patologica, può (e deve)
fia, la etiopatogenesi, la storia naturale ed i fornire per una corretta diagnosi;
quadri macro e microscopici delle lesioni d'or­ - il valore pratico: dei diversi possibili meto­
gano o di sistema, nonché le modalità della di di studio; delle indagini che possono
loro genesi e della evoluzione. Obiettivo da essere espedite per risolvere problemi dia­
perseguire con lo studio e la dimostrazione gnostici, prognostici e della prevenzione;
pratica di casi bioptici ed autoptici secondo il dei rilievi anatomo-patologici ricavati; dei
metodo proprio della disciplina: referti da formulare a conclusione delle
indagini effettuate in ogni singolo caso.
- quadri anatomo-patologici, ivi comprese le
alterazioni sub-cellulari, cellulari, tessutali, Lo studente dovrà anche imparare a compi­
d'organo e di sistema, che sostengono e lare le richieste per gli esami anatomopatologi-
caratterizzano le varie e possibili patologie ci, che riterrà necessari per risolvere i problemi
che abbiano rilievo pratico; la loro evoluzio­ clinici nelle singole osservazioni, tenendo pre­
ne e gli esiti possibili; sente la necessità di fornire sempre, per cia­
- le modalità da seguire e i dati anatomo- scun quesito proposto, le informazioni più
patologici (macroscopici, microscopici, isto- importanti, o comunque quelle utili al patolo­
chimici, di morfologia e di biologia moleco­ go, per formulare il programma delle indagini
lare e genotipici) da assumere (e quindi da espedire e per la elaborazione delle conclu­
necessari o irrinunciabili) per l’inquadra­ sioni diagnostiche.
mento diagnostico e nosografico di ogni Dovrà infine assistere ad un certo numero
singola osservazione; di riscontri diagnostici per esercitarsi a ricono­
- le correlazioni, dimostrabili con documenti scere le modificazioni macroscopiche che si
oggettivi, fra le varie patologie osservate, e accompagnano alle più comuni situazioni di
fra queste e il complesso dei dati del quadro malattia, ma soprattutto per partecipare alla
clinico e di quelli ricavati dal laboratorio e discussione clinico-patologica ed all'atto fon­
dalle indagini strumentali, raccolti nella damentale della formulazione dell'epicrisi
Collaboratori

RACHELE ALBERTI DELFINA BIFANO


Già Dirigente Medico, Servizio di Citopatologia Sezione di Anatomia Patologica e Citopatologia
Azienda Ospedaliero-Universitaria Dipartimento di Scienze Biomorfologiche
Ospedali Riuniti di Ancona e Funzionali
Università degli Studi di Napoli "Federico II"
VIVIANA ALLOCCA
Medico frequentatore della Cattedra di Audiologia BRUNO BONETTI
Facoltà di Medicina e Chirurgia Professore Associato di Neurologia
della Seconda Università dì Napoli Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione
Università degli Studi di Verona
GUGLIELMO ANTONUTTO
Professore Associato di Fisiologia Umana FRANCO BONETTI
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine Sezione di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia
ADOLFO APICELLA Università degli Studi di Verona
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi" ERMANNO BONUCCI
A.S.L, Nal - S.U.N., Napoli Professore Emerito di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
GIUSEPPE BARBOLINI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica CESARE BORDI
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia e Medicina
DARIO BATOLO di Laboratorio
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Parma
Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Messina GIUSEPPE BUONGIORNO
Dirigente Medico, Unità Ospedaliera
ITALO BEARZI Complessa di Otorinolaringoiatria
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Azienda Ospedaliera S. Andrea, Roma
Sezione di Anatomìa Patologia
Dipartimento di Neuroscienze ROSSANA BUSSANI
Università Politecnica delle Marche, Ancona Professore Associato di Anatomia Patologica
Unità Clinica Operativa di Anatomia
ANTONIO PAOLO BELTRAMI Patologica, Istologia e Citodiagnostica
Istituto di Anatomia Patologica Università degli Studi di Trieste
Università degli Studi di Udine
MARIO CAMPANACCI t
CARLO ALBERTO BELTRAMI Già Direttore della I Clinica Ortopedica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna
Istituto di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine CARLO CAPELLA
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
FRANCO BERTONI Università degli Studi dell'Insubria, Varese
Già Professore Associato di
Anatomia Patologica PAOLA CAPELLI
Università degli Studi di Bologna Dirigente Medico, Sezione di Anatomia Patologica
Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona
PAOLO BIANCO
Professore Ordinario di Anatomia CLAUDIA CASSANDRO
e Istologia Patologica Medico frequentatore della Cattedra di Audiologia
Dipartimento di Medicina Sperimentale Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Roma "La Sapienza" della Seconda Università di Napoli
X ^ Collaboratori
GIANCARLO CASTAMAN ELIO DANIELE
Dirigente Medico Professore Associato di Anatomia Patologica
Dipartimento di Terapie Cellulari ed Ematologia Dipartimento di Patologia Umana
Ospedale San Bortolo, Vicenza Università degli Studi di Palermo

TIZIANA CAVALLARO MICHELE DE NICTOLIS


Dirigente Medico Dirigente Medico,
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione Unità Operativa di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Verona Azienda Ospedaliero-Universitaria
Ospedali Riuniti di Ancona
LUIGI CAVAZZINI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica GAETANO DE ROSA
Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche
Università degli Studi di Ferrara
e Funzionali
MARCO CHILOSI Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
CARLA DI LORETO
Sezione di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona Istituto di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine
GIUSEPPE CIANCIA
Sezione di Anatomia Patologica e Citopatologia FRANCESCO DI MARCO
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali Medico frequentatore della Cattedra di Audiologia
Università degli Studi di Napoli "Federico II" Facoltà di Medicina e Chirurgia
della Seconda Università di Napoli
MAURIZIO COLAFRANCESCHI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica VINCENZO EUSEBI, FRC Path
Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia Professore Ordinario
Università degli Studi di Firenze Sezione di Anatomia, Istologia
e Citologia Patologica "M. Malpighi"
MAURIZIO COLECCHIA Università degli Studi di Bologna
Dirigente Medico, Dipartimento di Patologia,
Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori GUIDALBERTO FABRIS
di Milano Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Sezione di Anatomia Patologica
GUIDO COLLINA Dipartimento di Neuroscienze
Dirigente Medico Università Politecnica delle Marche, Ancona
Titolare alta professionalità Citopatologia
Sezione di Anatomia, Istologia ALBERTO FAGGIONI
e Citologia Patologica "M. Malpighi" Professore Ordinario di Patologia Generale
Università degli Studi di Bologna Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
VINCENZA COLUCCINO
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia
TULLIO FARAG GIANA
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi"
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli
Dipartimento di Medicina Sperimentale
GIULIA d'AM ATI Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Professore Associato di Anatomia Patologica
Dipartimento di Medicina Sperimentale SERGIO FERRARI
Università degli Studi di Roma "La Sapienza" Dirigente Medico
Dipartimento di Scienze Neurologiche
LUIGI D'ANGELO e della Visione
Professore Straordinario, Università degli Studi di Verona
Otorinolaringoiatra, Audiologo
Dipartimento di Patologia della Testa e del Collo, MARIA PIA FOSCHINI
del Cavo orale e della Comunicazione Audio-Verbale Professore Straordinario, Sezione di Anatomia,
Facoltà di Medicina e Chirurgia Istologia e Citologia Patologica "M. Malpighi"
Seconda Università degli Studi di Napoli Università degli Studi di Bologna
Collaboratori ^ XI

VITO FRANCO FRANCESCO LANZA


Professore Ordinario di Anatomia Dirigente Medico, Sezione di Ematologia
e Istologia Patologica Università degli Studi di Ferrara
Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Palermo PAOLO LANZETTA
Professore Associato, Clinica Oculistica
CARLA FRESCURA Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Specialista in Pediatria e Cardiologia Università degli Studi di Udine
Istituto di Anatomia Patologica
STEFANO LA ROSA
Università degli Studi di Padova
Dirigente Medico, Anatomia Patologica
Ospedale di Circolo, Varese
EZIO FULCHERI
Professore Associato di Anatomia Patologica MARIA LENTINI
Dipartimento di Discipline Chirurgiche Morfologiche Ricercatore, Dipartimento di Patologia Umana
e Metodologie Integrate Università degli Studi di Messina
Università degli Studi di Genova
MAURIZIO LESTANI
SALVATORE GALATIOTO Dirigente Medico, Sezione di Anatomia Patologica
Professore Associato Dipartimento di Patologia
Dipartimento di Patologia Umana Università degli Studi di Verona
Università degli Studi di Messina
LEILA MAGARÒ
ANDREA B. GALOSI Dirigente Medico, Sezione di Reumatologia
Dirigente Medico, Clinica Urologica Azienda Sanitaria di Firenze
Azienda Ospedaliero-Universitaria
Ospedali Riuniti di Ancona MARIO ANTONIO MAGARÒ
Professore Ordinario f.r. di Reumatologia
ANTONIETTA MORENA GATTI Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Docente dì Biomateriali, Università di Modena
GAETANO MAGRO
e Reggio Emilia
Professore Associato di Anatomia Patologica
Membro Task Force Europea sui Test in vitro di Bio- Dipartimento di Anatomia Patologica "G.F. Ingrassia"
compatibilità, Joint Research Center ISPR Università degli Studi di Catania
GAIA GOTERI ERMINIA MANFRIN
Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica Ricercatore Universitario, Anatomia Patologica
Dipartimento di Neuroscienze Università degli Studi di Verona
Università Politecnica delle Marche, Ancona
GIANMARIO MARIUZZI
ENRICO GRANDI Professore Ordinario f.r. di Anatomia Patologica
Professore Associato di Anatomia Patologica Università degli Studi di Verona
Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica
Dipartimento di Medicina Sperimentale LAURA MARIUZZI
e Diagnostica Professore Associato di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Ferrara Istituto di Anatomia Patologica
Università degli Studi di Udine
SEBASTIANO GRASSO
Professore Ordinario di Anatomia Patologica MARIA LIVIA MARIUZZI
Dirigente Medico, Clinica Odontoiatrica
Dipartimento di Anatomia Patologica "G.F. Ingrassia"
Università degli Studi di Padova
Università degli Studi di Catania
GUIDO MARTIGNONI
MARIA GUIDO
Professore Associato di Anatomia Patologica
Dirigente Medico, Sezione di Anatomia Patologica
II Unità Operativa di Anatomia Patologica Dipartimento di Patologia
Azienda Ospedaliera di Padova Università degli Studi di Verona
GIUSEPPE IANNACI ROBERTA MAZZUCCHELLI
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi" Dipartimento di Neuroscienze
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli Università Politecnica delle Marche, Ancona
XII Collaboratori
MAURO MELATO PIERO PARCHI
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Ricercatore, Dipartimento di Scienze Neurologiche
Unità Clinica Operativa di Anatomia Patologica, Università degli Studi di Bologna
Istopatologia e Citodiagnostica
Università degli Studi di Trieste GIANMARIA PENNELLI
Specialista in Anatomia Patologica
FABIO MENESTRINA II Unità Operativa di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Istituto Oncologico Veneto IOV-IRCCS
Sezione di Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia GUIDO PETTINATO
Università degli Studi di Verona Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche
ALDO MOMBELLO e Funzionali
Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona ANDREA PICCIN
Specialist in Haematology
MARIA CRISTINA MONTESCO PhD fellow, Haematology Dept.
Dirigente Medico, St Jame's Hospital, Dublin, Ireland
Unità Operativa di Anatomia Patologica
Azienda Ospedaliera di Padova ACHILLE PICH
Professore Associato di Anatomia Patologica
RODOLFO MONTIRONI Dipartimento di Scienze Biomediche
Professore Ordinario di Anatomia Patologica e Oncologia Umana
Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Torino
Dipartimento di Neuroscienze
Università Politecnica delle Marche, Ancona RENZO RANALDI
Dirigente Medico,
LUIGI MONTONE Unità Operativa di Anatomia Patologica
Dirigente Medico, Servizio di Anatomia
Azienda Ospedaliero-Universitaria
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi"
Ospedali Riuniti di Ancona
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli
DANIELA REGHELLIN
VINCENZA MORELLO
Sezione di Anatomia Patologica
Ricercatore, Anatomia Patologica
Dipartimento di Patologia
Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Verona
Università degli Studi di Palermo

ROBERTO MORI ANDREA REMO


Già Professore Associato di Nefrologia Sezione di Anatomia Patologica
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona
SIMONE MORI
Istituto di Medicina Interna/Medicina del Ricambio CRISTINA RIVA
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Professore Associato di Anatomia Patologica
Università degli Studi deirtnsubria, Varese
BRUNO MURER
Direttore Unità Operativa di Anatomia Patologica NICOLÒ RIZZUTO
Ospedale Umberto I, ASL 12 Ve, Mestre, Venezia Professore Ordinario di Neurologia Clinica,
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione
ROBERTO NAVONE Università degli Studi di Verona
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Dipartimento di Scienze Biomediche FRANCESCO RODEGHIERO
e Oncologia Umana Direttore del Dipartimento di Terapie Cellulari
Università degli Studi di Torino ed Ematologia
Ospedale San Bortolo, Vicenza
VITO NINFO
Professore Ordinario di Anatomia Patologica GIULIO ROSSI
Sezione di Anatomia Patologica Specialista in Anatomia Patologica
Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche Dirigente Medico, Struttura Complessa di Anatomia
e Terapie Speciali Patologica
Università degli Studi di Padova Università di Modena e Reggio Emilia
Collaboratori ^ XIII

RAFFAELE ROSSIELLO LUIGI MARIA TERRACCIANO


Professore Straordinario di Anatomia Patologica Professor of Pathology
Facoltà di Medicina e Chirurgia Institute of Pathology
Seconda Università degli Studi di Napoli University Hospital of Basel, Switzerland
Professore Associato di Anatomia Patologica
CORRADO RUBINI Facoltà di Medicina e Chirurgia
Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi del Molise, Campobasso
Dipartimento di Neuroscienze
Università Politecnica delle Marche, Ancona GAETANO THIENE
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
MASSIMO RUGGE Istituto di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Padova
Università degli Studi di Padova
ROSA MARIA TOMASINO
GRAZIA SALERNO Professore Ordinario di Anatomia e
Dirigente Medico, Istologia Patologica
Dipartimento di Otorinolaringoiatria Dipartimento di Patologia Umana
Università degli Studi di Napoli "Federico II" Università degli Studi di Palermo

PATRIZIA SAPERE LUIGI TORNILLO


Dirigente Medico, Servizio di Anatomia Institute of Pathology
e Istologia Patologica "Luciano Armarmi7’ University Hospital of Basel, Switzerland
A.S.L. Nal - S.U.N., Napoli
STEFANIA UCCINI
ALDO SCARPA Professore Ordinario di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia
Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Dipartimento di Patologia
Università degli Studi di Verona GIANLUCA VAGO
Professore Ordinario di Anatomia Patologica
MARINA SCARPELLI Azienda Ospedaliera - Polo Universitario
Professore Ordinario di Anatomia Patologica "Luigi Sacco"
Sezione di Anatomia Patologica Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Neuroscienze
Università Politecnica delle Marche, Ancona DANIELE VERITTI
Clinica Oculistica,
FAUSTO SESSA Dipartimento di Scienze Chirurgiche
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Udine
Università degli Studi deil'Insubria, Varese
GIUSEPPE ZAMBONI
FURIO SILVESTRI Professore Associato di Anatomia Patologica
Professore Ordinario di Anatomia Patologica Università degli Studi di Verona
Unità Clinica Operativa di Anatomia Servizio di Anatomia Patologica
Patologica, Istopatologia e Citodiagnostica Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (Verona)
Università degli Studi di Trieste
ALBERTO ZAMÒ
LUCIANNA SPARANO Ricercatore, Sezione di Anatomia Patologica
Sezione di Anatomia Patologica e Citopatologia Dipartimento di Patologia
Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali Università degli Studi di Verona
Università degli Studi di Napoli "Federico II"
Indice generale
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VOLUME I

Prefazione (G.M. Mariuzzi) V a La fissazione 55


a Analisi macroscopica e campionamento 56 1
1
m Analisi microscopica 59
SEZIO N E 1 n Analisi molecolari 61 1
Anatomia patologica generale a Applicazioni diagnostiche delle tecniche mré

molecolari 72
a Bibliografia essenziale
Qualche notizia sulla storia delTanatomia 73 é
patologica (G.M. Mariuzzi) 3 li
1.5 Nanopatologia (G. Barbolini, A.M. Gatti) 75
!
1.1 Introduzione all'anatomia patologica d Bibliografia essenziale 80
generale (A. Scarpa) 9 ii
1.6 Citopatologia generale i
(E. Manfrin, A. Remo, D. Reghellin, ■i
M
1.2 Patologia della cellula
E Bonetti) 81 I
(A. Scarpa, A. Zamò, A. Mombello) 13 w
a Introduzione 81
d Risposte cellulari reversibili 13 ■4
a Casistica relativa alla diagnostica citologica •|f
o Patologie da accumulo 15
di patologie di organi superficiali 85
■ Alterazioni cellulari irreversibili: la morte
■ Esame citologico di lesioni profonde 90
della cellula 16 ■f!
m Bibliografia essenziale 99
a Bibliografia essenziale 22
1
1.7 Malattia aterosclerotica (G. d'Amati) 101 . |i
1.3 Patologia del ricambio cellulare e ruolo ;||
delle cellule staminali 23 ■ Struttura dei vasi 101
a Fisiopatologia 101 9
■ Introduzione (G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi) 23
a Epidemiologia e fattori dì rischio 103 -SÌ
a Le cellule staminali (A. Beltrami) 30
a Morfopatologia 104
a Modalità del ricambio cellulare
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi) a Patogenesi 109
43 1
a Aterosclerosi accelerata 110
n Patologie da alterazioni del rinnovamento i
cellulare ■ Arteriolosclerosi 110
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi, C. Rubini) 44 ■ Bibliografia essenziale 110
■ Bibliografia essenziale 51
1.8 Patologie da alterata perfusione dei tessuti
1.4 Metodi e tecniche deiranatomia patologica (G. d'Amati) 113
(A. Scarpa, A. Mombello, A. Zamò) 53 a Iperemia e congestione 113
■ Le domande alle quali risponde l'anatomia a Trombosi 114
patologica 53 ■ Embolia 118
n I materiali oggetto di indagine a Infarto 120 ;ì
anatomo-patologica 53 a Shock 122
■ Modalità di recapito dei materiali 55 a Bibliografìa essenziale 125
XV i® Indice generóle
1.9 Patologia iatrogenica b Neo-angiogenesi tumorale (R. Ranaldi) 171
(C. Rubini, L. Mariuzzi) 127 ■ Neoplasia ed immunità (R. Ranaldi) 172

Introduzione e generalità 127 s La diffusione delle neoplasie e la sua


valutazione clinica: la stadiazione
Genetica delle reazioni avverse ai farmaci 128 (A. Scarpa, A. Mombello) 172
Basi molecolari del polimorfismo genetico ■ Invasività e metastasi (R. Ranaldi) 175
del CYP2D6 129
■ Lesioni preneoplastiche: definizione
Nosografia delle patologie indotte soggettiva ed oggettiva del grado della
da farmaci 130 malignità; lo screening di massa
Quadri morfologici-istopatologici (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, L. Mariuzzi) 175
nelle reazioni da farmaci con interessamento b Bibliografia essenziale 182
cutaneo 131
ADR responsabili di patologie dell'apparato 1.11 Sindromi paraneoplastiche
cardiocircolatorio 133 (L. Mariuzzi) 183
ADR dell'apparato respiratorio 133
■ Principi generali 1S3
ADR dell'apparato emopoietico 133
■ Le sindromi paraneoplastiche endocrine 183
ADR dell'apparato urinario 134 b Le sindromi paraneoplastiche neurologiche 185
ADR deirapparato gastroenterico 135 h Le sindromi paraneoplastiche ematologiche 185
ADR delle mucose del cavo'orale 136 ■ Le sindromi paraneoplastiche
Conclusioni 136 dermatologiche 185
Bibliografia essenziale 137 ■ Bibliografia essenziale 185

Processi neoplastici 139


SEZIONE 2
m Definizione e genesi dei tumori
Malattie infettive e parassitarle
(G.M. Mariuzzi) 139
a Le neoplasie possono essere benigne 2.1 Malattie infettive: generalità
o maligne (A. Scarpa, A. Mombello) 139 (G. Pettinato, G. Ciancia) 189
■ Genetica delle neoplasie (A. Scarpa, ■ Introduzione e principi generali 189
A. Zamò) 141 b Interrelazione ospite-parassita 190
■ Basi molecolari delle neoplasie (R. Ranaldi) 152 m II ruolo dell'anatomia patologica nella
¡s Alterazioni morfologiche delle cellule diagnosi delle infezioni 191
maligne: "grado di malignità" m Risposte tessutali all'infezione 192
(A. Scarpa, A. Mombello) 154 ■ Dimostrazione microscopica degli organismi
■ Nomenclatura e classificazione patogeni 194
delle neoplasie (A. Scarpa, A. Mombello) 155 m Bibliografia essenziale 197
■ Cancerogenesi umana: generalità
ed eziologia (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, 2.2 Malattie virali nell'uomo
L. Mariuzzi) 158 (A. Faggioni, S. Uccini) 199
a La teoria "multistadio" della progressione ■ Introduzione alla virologia medica 199
tumorale (R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi) 160 ■ Vie di trasmissione dei virus, replicazione
■ Progressione neoplastica (A. Scarpa, virale e propagazione nell'ospite 199
A. Mombello) 161 m Meccanismi utilizzati dai virus per sfuggire
■ Anatomia patologica della progressione alle difese dell'ospite 212
neoplastica {G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi) 162 ■ Metodi diagnostici delle infezioni virali 214
■ Cinetica della crescita neoplastica ■ Prevenzione delle malattie virali: le
(R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi) 166 vaccinazioni 217
a Valutazione della crescita neoplastica ■ Malattìe virali emergenti e rischio
e significato clinico (A. Scarpa, di pandemie 220
A. Mombello) 168 ■ Sindrome da immunodeficienza acquisita
■ Criteri morfologici generali per la diagnosi (AIDS) 222
delle neoplasie (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi) 170 ■ Bibliografia essenziale 229
Indice generale
m Problemi morfo-diagnostici delle malattie b Malattie causate da protozoi luminali 305
virali umane (G. Barbolini) 229 ■ Malattie causate da protozoi ematici 309
■ Bibliografia essenziale 234 s Malattie causate da protozoi intracellulari 312
a I prioni - encefalopatie spongiformi
Malattie da elminti 319
trasmissibili - (G. Barbolini, P. Parchi) 234 m Bibliografia essenziale 323
n Bibliografia essenziale 236

Malattie batteriche SEZIO N E 3


(G. Barbolini, G. Rossi) 237 Sistem a em opoietico
b Enteriti batteriche acute 237 e sangue periferico
a Adesione batterica con produzione di
3.1 Midollo osseo
enterotossine 238
(C. Di Loreto) 327
b Tossinfezioni alimentari 239
■ Adesione batterica con danno dei microvilli 240 a Cenni di anatomia, di organizzazione
strutturale e di morfologia funzionale 327
b Invasione mucosa con proliferazione

batterica intracellulare o Bibliografia essenziale 329


240
b Invasione mucosa con proliferazione

batterica nella lamina propria e nei 3.2 Sangue e funzioni delle varie popolazioni
linfonodi regionali 241 cellulari (E Lanza) 331
b Invasione e traslocazione mucosa con b Funzioni delle varie popolazioni cellulari 331
possibile diffusione sistemica 242 ■ Cenni sull'emopoiesi 331
b Polmoniti batteriche acute 243 a Serie eritroide 333
m Linfonoditi necrotizzanti da batteri a Serie granulo-monodtopoietica 335
e cl amidie 250
b Serie monocitaria 337
a Malattie da spirochetali 257
b Serie megacariocitaria 340
a Malattie da actinomicetaceae 262
n Serie linfocitaria 342
b II polmone dell'agricoltore 266
b Bibliografia essenziale 348
b Bibliografia essenziale 266
b APPENDICE "Lista dei CD (clusters of

designation)" 349
Malattie micobatteriche
(G. Barboìini, G. Rossi) 269
3.3 Anemie (E Lanza) 355
Tubercolosi 269
a
b
Anemie microcitiche 357
b Tubercolosi primaria e post-primaria 272
sa Emoglobinopatie 359
b Tubercolosi extrapolmonare 279
n Emoglobinosi 365
b Lebbra 281
b Anemie delle malattie croniche 367
a Micobatteriosi 283
■ Anemie normocitiche 368
b Sistematica essenziale delle principali
infezioni da MOTI 285 m Anemie rigenerative 368
b Anemie emolitiche 369
a Malattie a sospetta eziologia micobatterica 288
b Bibliografia essenziale 289 ■ Anemie emolitiche immuni 371
h Anemie ipogenerative 376
Malattie da miceti a Anemie macrocitiche 376
(G. Pettinato, D. Bifano) 291 s Bibliografia essenziale 380
b Micosi superficiali 291
3.4 Malattie emorragiche e dell'emostasi
a Micosi sottocutanee e sottomucose 292
(G. Castaman, A. Piccin, E Rodeghiero) 381
b Micosi sistemiche 293
b Bibliografia essenziale 301 b Introduzione 381
b Emostasi primaria 381
Malattie da protozoi e da elminti ■ Coagulazione 383
(G. Pettinato, G. Ciancia) 303 a Le sindromi emofUiche 385
Malattie da protozoi 303 a Deficit di altri fattori plasmatici della
b Patogenesi e patologia delle infezioni coagulazione 388
protozoarie 303 a Malattia di von Willebrand (VWD) 389
XVII ^ Indice generale
Porpore piastrinopeniche 390 3.9 Discrasie delle plasmacellule e gammopatie
Porpora piastrinopenica idiopatica 391 (R. Navone, A. Pich) 475
Piastrinopenie secondarie 395 a Plasmocitosi reattive del midollo osseo 475
Porpora trombotica trombocitopenica a Mieloma 476
di Moschowitz: TTP 395 a Gammopatie monoclonali di significato

Piastrinopenia da eparina 396 indeterminato (MGUS) 480


Piastrinopatie 398 a Plasmocitoma 480
b Mieloma osteosclerotico (sindrome POEMS) 480
Sindrome da coagulazione intravascolare
disseminata 399 ■ Macroglobulinemia di Waldenstrom 481
Malattie emorragiche da difetti vasali 40.0 ■ Malattie delle catene pesanti 482
Bibliografia essenziale 404 a Bibliografia essenziale 482

3.5 Sindromi mielodisplastiche


(G.M. Mariuzzi, F. Lanza, L. Mariuzzi) 405
SEZIONE 4
Sistema immunocompetente
■ Definizione 405
■ Classificazione 406 4.1 Sistema immunocompetente
b Anatomia patologica 407 (M. Chilosi) 485
■ Citogenetica 410 a Cenni di anatomia 485
b Quadri anatomo-clinici 411 h Organi centrali (o primari) del sistema
immunitario 485
■ Sindromi mieloproliferative/mielodisplastiche
(SMP/MD) 417 n Organi e tessuti linfoidi periferici
(o secondari) 486
a Diagnosi delle SMD 418
a Bibliografia essenziale 486
b Prognosi 420
b Bibliografia essenziale 422 4.2 Timo (M. Chilosi) 489
a Anatomia, istologia ed embriogenesi 489
3.6 Malattie mieloproliferative croniche
a Fisiologia — il microambiente timico 492
(C. Di Loreto) 423
m Patologia timica 493
a Leucemia mieloide cronica 424 n Bibliografia essenziale 500
b Leucemia neutrofilica cronica 426
b Leucemia eosinofilica cronica 426 4.3 Immunodeficienze primitive (genetiche)
b Policitemia vera 427 (M. Chilosi) 501
b Mielofibrosi cronica idiopatica 428 m Definizione e classificazione 501
■ Trombocitemia essenziale 430 a Immunodeficienze combinate 502
■ Malattìa mieloproliferativa cronica, a Deficit dell'immunità umorale 504
inclassificabile 430 a Forme ben definite di immunodeficienza 505
a Bibliografia essenziale 431 a Deficienze dei geni che codificano y-Interferone,
interleuchina 12 e loro recettori 506
3.7 Leucemie acute (F. Lanza, L. Cavazzini) 433 ■ Sindrome linfoproliferativa legata
a Leucemie acute mieloblastiche 435 al cromosoma X 506
■ Immunodeficienze da difetto della funzione
a Leucemie acute linfoblastiche 444
dei fagociti 506
a Correlazioni anatomo-cliniche 447
a Bibliografia essenziale 507
b Bibliografia essenziale 455
4.4 Patologia autoimmune (M. Chilosi) 509
3.8 Disordini linfoproliferativi cronici h Classificazione delle malattie autoimmuni 510
(F. Lanza) 457
b Malattie autoimmuni organo specifiche 511
a Leucemia linfatica cronica (LLC) 457 a Malattie autoimmuni sistemiche 513
a Leucemia prolinfocitica 464 a Bibliografia essenziale 521
a Leucemia a «grandi linfociti granulari» 465
a Adult T-cell leukemia 467 4.5 Amiloidosi (R. Ranaldi) 523
a Hairy celi leukemia (HCL) 468 m Definizione e caratteristiche generali 523
a Bibliografia essenziale 473 s Classificazione 524
XVIII ss Indice generóle
a Quadri d'organo e manifestazioni cliniche 529 B Anomalie congenite 613
■ Aspetti clinici fondamentali 533 a Cisti spleniche 613
e Bibliografìa essenziale 533 ■ Processi infiammatori e infettivi della milza 614
B Istiocitosi 616
4.6 Sarcoidosi (M. Chilosi) 535 m Alterazioni in corso di anomalie delle cellule
■ Bibliografia essenziale 542 ematiche circolanti e nei disordini
autoimmuni 616
4.7 Fibrosi retroperitoneale (M. Chilosi) 543 ■ Splenomegalie congestizie 618
b Infarto splenico 618
a Patogenesi 543
m Noduli di Gamna-Gandy 618
a Diagnosi differenziale 543
a Peliosi 618
■ Bibliografia essenziale 545
b Atrofia splenica 618
■ Amiloidosi 619
4.8 Allotrapianto di organi solidi
(M. Rugge, G. Pennelli, M. Guido) 547 m Neoplasie 619
■ Bibliografia essenziale 626
■ Introduzione 547
m II patologo nella attività trapiantologica 547
■ Patologia dell'allotrapianto 550 SEZIO N E 6
■ Bibliografía essenziale 560 Sistem a endocrino

Generalità (G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini,


SEZIONE 5 L. Mariuzzi) 629
Sistema linfopoietico
5.1 Linfoadeniti (F. Men estrina, M. Lestani) 563 Ipotalamo - Neuroipofisi e regione sovra
sellare (G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini,
h Introduzione 563
L. Mariuzzi) 633
m Linfoadeniti aspecifiche 563
m Linfoadeniti specifiche 565 Sistema ipotalamo-neuroipofisi 633
m Cenni di anatomia e morfologia funzionale 633
■ Bibliografia essenziale 576
m Cenni di fisiologia 635
b Lesioni vascolari 638
5.2 Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali
e periferici: linfomi non-Hodgkin ■ Processi infiammatori 638
(M. Lestani) 577 b Neoplasie 639
b Quadri anatomo-dinici dì patologia
■ Introduzione 577
ipotalamo-neuroipofìsaria 641
a Linfomi non-Hodgkin a cellule immature
("precursor B or T cell neoplasm") 582 Regione sovrasellare e peduncolo ipofisario 648
m Interruzione del peduncolo 648
a Linfomi non-Hodgkin B a cellule mature
"peripheral B cell neoplasm") 585 m Lesioni cistiche e teratomi 649
m Linfomi non-Hodgkin T a cellule mature a Bibliografia essenziale 649
("peripheral T cell neoplasm") 598
m Bibliografia essenziale 600 6.3 Adenoipofisi (G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini,
L. Mariuzzi) 651
5.3 Linfoma di Hodgkin (F. Menestrina) 601 b Cenni di anatomia, citologia e fisiologia 651
b Note storiche e classifìcative 601 m Alterazioni dello sviluppo, cisti 656
■ Linfoma di Hodgkin classico 602 b Alterazioni di circolo 657
m Linfoma di Hodgkin a prevalenza linfocitaria b Processi infiammatori 659
nodulare 609 ts Modificazioni citologiche correlative e
h Bibliografia essenziale 610 funzionali dell'adenoipofisi 660
b Tumori a cellula adenoipofìsarìe 662
5.4 Milza (G. Fabris, G. Goteri) 611 b Quadri clinico-patologici correlati con le

a Anatomia e fisiologia 611 anomalie di secrezione delle varie tropine


tu Stati disfunzionali della milza: ipofisarie 674
iposplenismo ed ipersplenismo 612 b Bibliografia essenziale 681
XIX S5 Indice generale
6.4A Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-cli- a Alterazioni circolatorie 769
nici (G.M. Mari uzzi, R. Alberti, m Processi regressivi - Cisti 771
L. Mariuzzi) 683 a Processi infiammatori 772
■ Cenni di fisiopatologia 683 a Iperplasie 774
w Quadri di patologia connessi con lo stress 690 a Tumori 778
■ Bibliografia essenziale 693 a Quadri anatomoclinici 783
a Bibliografia essenziale 792
6.4B Correlazioni endocrino-immunologiche
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi) 694 6.9 Midollare surrenale e paragangli
a Bibliografia essenziale 696 (L. Cavazzini, L. Mariuzzi,
G.M. Mariuzzi) 795
6.5 Epifisi, o ghiandola pineale (corpo pineale)
iG.M. Mariuzzi. L. Cavazzini. Midollare surrenale 795
a Cenni di anatomia e di istologia 795
L. Mariuzzi) 697
a Cenni di fisiologia 795
a Cenni di anatomia e istologia 697 a Aplasia, ipoplasia, disturbi di circolo,
m Cenni di fisiologia 699 infiammazioni 799
ss Anomalie congenite - cisti 701 a Processi iperplastici 799
■ Tumori 701 a Tumori 800
m Quadri anatomoclinici 704 a Quadri anatomoclinici 808
■ Bibliografia essenziale 704 Paragangli extrasurrenalici 809
a Cenni di anatomia e di istofisiologia 809
6.6 Tiroide (G. Martignoni, L. Cavazzini, a Iperplasia 810
G.M. Mariuzzi) 707 a Tumori 810
b Cenni di anatomia e di morfologia a Quadri anatomoclinici 812
funzionale 707 a Bibliografia essenziale 812
n Cenni di fisiologia 709
a Alterazioni di sviluppo 711 6.10 Disordini della differenziazione sessuale
■ Processi infiammatori 712 (L. Cavazzini, G.M. Mariuzzi) 815
■ Processi iperplastici 718
a Sviluppo delle gonadi e differenziazione
a Processi neoplastici 721 sessuale 815
■ Citologia tiroidea 736
a Disordini della differenziazione sessuale
a Correlazioni anatomocliniche 740 associati con un assetto cromosomico
m Bibliografia essenziale 743 apparentemente normale 817
h Disordini della differenziazione sessuale
6.7 Paratiroidi (L. Cavazzini, L. Mariuzzi, associati a cromosomi sessuali anormali 821
G.M. Mariuzzi) 745
a Bibliografia essenziale 824
a Cenni di anatomia e istologia 745
a Cenni di fisiopatologia 747 6.11 Sistema endocrino diffuso
a Alterazioni di sviluppo 749 (C. Bordi) 825
a Alterazioni circolatorie - Atrofia 749
a Cenni morfo-funzionali 825
a Processi infiammatori 750
a Sindromi da iperfunzione endocrina 826
a Processi iperplastici 750
■ Processi neoplastici 752 a Iperplasie 827
■ Quadri anatomoclinici di patologia delle a Tumori carcinoidi 828
paratiroidi 757 a Neoplasie endocrine multiple 828
a Bibliografia essenziale 763 e Bibliografia essenziale 830

6.8 Corteccia surrenale (G.M. Mariuzzi, 6.12 Pancreas endocrino


L. Cavazzini, G. Martignoni, L. Mariuzzi) 765 (C. Bordi) 831
a Cenni di anatomia e istologia 765 a Cenni di anatomia, istologia e fisiologia 831
a Cenni di fisiopatologia 767 a Diabete mellito 832
a Malformazioni congenite 768 a Tumori del pancreas endocrino 840
a Atrofìa 769 a Bibliografia essenziale 841
XX ^ Indice generale
SEZIONE 7 ■ Tumori perivascoìari o pericitari 992
Apparato cardiovascolare a Bibliografia essenziale 994

7.1 Cuore (C.A. Beltrami) 845


■ Cenni di embriologia 845 SEZIONE 8
■ Generalità sul cuore 849 Mediastino e Apparato respiratorio
■ Pericardio 855
■ Matrice extracellulare cardiaca 857 8.1 Vie aeree superiori
■ Circolo coronarico 858 (L. D'Angelo, R. Rossiello) 997
■ Insufficienza cardiaca (IC) 875 Naso e seni paranasali
i» Miocarditi e cardiomiopatie 879 (L. D'Angelo, R. Rossiello, G. lannaci, P. Sapere, G.
a Endocarditi 886 Salerno, G. Buongiorno) 997
a Tumori cardiaci 893 b Processi infiammatori 998
■ Bibliografìa essenziale 895 a Malattie granulomàtose croniche 1003
a Lesioni epiteliali benigne 1004
7.2 Cardiopatie congenite a Tumori maligni 1006
(C. Frescura, G. Thiene) 897 a Lesioni fibrose 1009
a Lesioni ossee e cartilaginee 1010
h Definizione 897
Rinofaringe
b Incidenza ed epidemiologia 897
(L. D'Angelo, R. Rossiello, V. Coluccino, V. Allocca,
m Patogenesi ed eziologia 899 G. Salerno, G. Buongiorno) 1010
■ Storia naturale 901 a Malattie infiammatorie 1011
a Embriologia cardiaca 902
a Lesioni espansive benigne 1012
a Classificazione delle cardiopatie congenite 909
b Carcinoma del rinofaringe 1014
n Cardiopatie congenite con iperafflusso
Laringe
polmonare 910
(L. D'Angelo, R. Rossiello, L. Montone,
n Cardiopatie congenite con ipoafflusso E Di Marco, G. Salerno, G. Buongiorno) 1016
polmonare 920
a Malformazioni congenite, cisti, laringoceli 1017
■ Cardiopatie congenite con flusso polmonare
a Disturbi di circolo 1019
normale 924
a Malattie infiammatorie 1019
■ Cardiopatie congenite incompatibili con
la vita extra-uterina 930 a Neoformazioni benigne 1022
b Laringiti croniche specifiche 1024
■ Altre cardiopatie congenite complesse 938
h Correzione chirurgica e cause di insuccesso a Laringiti granulomatose 1025
dell'intervento 944 a Interessamento deña laringe in corso di
a Bibliografia essenziale 947 patologie infiammatorie croniche 1027
a Lesioni epiteliali benigne 1027
7.3 Arterie (G. Magro, S. Grasso) 951 a Tumori benigni 1028
b Tumori maligni 1033
■ Cenni istologici 951
a Stenosi laringee 1046
■ Vasculiti (arteriti) 954
a Bibliografia essenziale 1048
■ Arteriectasie, aneurismi 966
a Bibliografìa essenziale 974
8.2 Patologia mediastinica (G.M. Mariuzzi,
M. Lestani, R. Mori, L. Mariuzzi) 1051
7.4 Vene e vasi linfatici
(D. Batolo, M. Lentini) 975 a Cenni di anatomia 1051
a Metodi di indagine per imaging con esami
m Vene 975
cito-istologici estemporanei 1053
h Vasi linfatici 983 a Malformazioni congenite 1055
a Bibliografia essenziale 986 a Patologie acquisite 1057
a Processi infiammatori 1058
7.5 Tumori vascolari h Mediastini te fibrosante o fibrosi
(G. Magro, S. Grasso) 987 mediastinica 1060
a Tumori benigni 987 a Masse mediastiniche 1061
a Tumori a malignità intermedia 990 a Neoplasie primitive del mediastino 1061
a Tumori maligni 991 a Sindromi mediastiniche 1071
XXI íí Indice generale
h Quadri anatomo-clinici 1071 ■ Procedure diagnostiche nelle malattie
m Bibliografia essenziale 1074 polmonari 1101
■ Malattie polmonari neonatali, perinatali
8.3 Parete toracica (B. Murer) 1075 e malformative 1103
■ Anomalie del torace 1075 ■ Polmoniti 1112
b Traumi della parete toracica 1078 e Patologia polmonare nei pazienti
immunocompromessi e nella sindrome
■ Tumori della parete toracica 1078 da immunodeficienza acquisita (AIDS) 1154
b Patologia polmonare da trapianto 1155
8.4 Pleura h Polmoniti da aspirazione 1156
(G. Barbolini, A.M. Gatti, B. Murer) 1081
■ Atelettasia e collasso polmonare 1158
■ Anatomia ed istologia della pleura 1081 ■ Broncopneumopatie croniche ostruttive 1160
■ Patologia non neoplastica 1081 ■ Danno Alveolare Diffuso (DAD) 1169
a Malattie benigne della pleura asbesto ■ Pneumopatie interstiziali diffuse 1171
associate 1087 a Vasculiti polmonari 1186
h Tumori 1088 m Pneumoconiosi 1190
a Bibliografia essenziale 1097 h Disturbi di circolo e malattie vascolari 1199
m Processi dismetabolici e tesaurismosi 1212
8.5 Trachea, bronchi e polmoni (B. Murer) 1099 ■ Malattie ad eziologia incerta 1220
mAnatomia ed istologia del polmone ■ Tumori dei bronchi e dei polmoni 1222
e vie aeree 1099 ■ Bibliografia essenziale 1250

CO NTENUTO DEL VOLUME II

SEZIONE 9 SEZIONE 13
Apparato digerente Apparato tegumentario

S E Z IO N E 10
Apparato uropoietico SEZIONE 14
Apparato locomotore
SEZIONE 11
Apparato riproduttivo maschile
SEZIONE 15
SEZIONE 12 Sistema nervoso
Apparato riproduttivo femminile Occhio
e Mammella Orecchio
SEZIONE I

Anatomia patologica
generale
Qualche notìzia sulla storia dell'anatomia 1.9 Patologia iatrogenica
patologica (G.M. Mariuzzi) (C. Rubini, L. Mariuzzi)
b introduzione e generalità
1.1 Introduzione all'anatomia patologica generale
b Genetica delle reazioni avverse ai farmaci
(A. Scarpa) b Basi molecolari del polimorfismo genetico dei
1.2 Patologia della cellula CYP2D6
(A. Scarpa, A. Zamò, A. Mombello) s Nosografia delle patologie indotte da farmaci
■ Risposte cellulari reversibili b Quadri morfologici-istopatologici nelle reazioni
■ Patologie da accumulo da farmaci con interessamento cutaneo
b Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula b ADR responsabili di patologie deíl'apparato
cardiocircolatorio
1.3 Patologia del ricambio cellulare e ruolo b ADR dell'apparato respiratorio
delle cellule staminali b ADR dell'apparato emopoietico
b introduzione (G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi] b ADR dell'apparato urinario
■ Le cellule stamina!! (A. Beitrami) b ADR dell'apparato gastroenterico
b Modalità del ricambio cellulare (G.M. Mariuzzi,
b ADR delle mucose del cavo orale
L. Mariuzzi)
b Conclusioni
■ Patologie da alterazioni del rinnovamento cellulare
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi, C. Rubini) 1.1 0 Processi neoplastici
1.4 Metodi e tecniche dell'anatomia patologica b Definizione e genesi dei tumori (G.M. Mariuzzi)
(A. Scarpa, A. Mombello, A. Zamò) b Le neoplasie possono essere benigne o maligne
■ Le domande alle quali risponde l'anatomia (A. Scarpa, A. Mombello)
patologica b Genetica delle neoplasie (A. Scarpa, A. Zamò)
■ ì materiali oggetto di indagine b Basi molecolari delle neoplasie (R. Ranaldi)
anatomo-patologica b Alterazioni morfologiche delle cellule maligne:
■ Modalità dì recapito dei materiali "grado di malignità" (A. Scarpa, A. Mombello)
■ La fissazione b Nomenclatura e classificazione delle neoplasie
■ Analisi macroscopica e campionamento (A. Scarpa, A. Mombello)
■ Analisi microscopica b Cancerogenesi umana: generalità ed eziologia
m Analisi molecolari (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, L. Mariuzzi)
a Applicazioni diagnostiche delle tecniche molecolari b La teoria "multistadio" della progressione tumorale
1.5 Nanopatologia (R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi)
a Progressione neoplastica (A. Scarpa, A. Mombello)
(G. Barbolini, A.M. Gatti)
b Anatomia patologica delia progressione
1.6 Citopatologia generale neoplastica (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi]
(E. Manfrìn, A. Remo, D. Reghellin, F. Bonetti) b Cinetica della crescita neoplastica
■ Introduzione (R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi)
a Casistica relativa alla diagnostica citologica di b Valutazione delia crescita neoplastica
patologie di organi superficiali e significato clinico (A. Scarpa, A. Mombello)
b Esame citologico di lesioni profonde b Criteri morfologici generali per la diagnosi
delie neoplasie (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi)
1.7 Malattia arterosclerotica b Neo-angiogenesi tumorale (R. Ranaldi)
(G. d'Amafi) b Neoplasia ed immunità (R. Ranaldi)
h Struttura dei vasi b La diffusione delle neoplasie e la sua valutazione
s Fisiopatologia clinica: la stadiazione (A. Scarpa, A. Mombello)
■ Epidemiologia e fattori di rìschio
b Invasività e metastasi (R. Ranaldi)
■ Morfopatologia
b Lesioni preneoplastiche: definizione soggettiva ed
h Patogenesi
oggettiva del grado della malignità. Lo screening
b Aterosclerosi accelerato
di massa (G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi, L. Mariuzzi)
■ Arterioloscierosi
1.8 Patologie da alterata perfusione dei tessuti 1.11 Sindromi paraneoplastiche
(G. d'Amati) (L. Mariuzzi)
b Iperemia e congestione b Principi generali
b Trombosi b Le sindromi paraneoplastiche endocrine
b Embolia b Le sindromi paraneoplastiche neurologiche
b Infarto b Le sindromi paraneoplastiche ematologiche
b Shock b le sindromi paraneoplastiche dermatologiche
Qualche notizia
sulla storia
dell'anatomia
patologica
G.M. Mariuzzi

La prima indicazione sulle finalità dell'insegna- centrale dell'intelletto, sulla scorta non solo di spe­
mento dell'anatomia patologica ci viene da Antonio culazioni filosofiche ma anche di rilievi anatomici
Benivieni (Firenze 1440-1502): l'anatomia patologica ha da lui eseguiti. E rasistrato, nipote di Aristotele,
la finalità di dare ragione, con dati difatto concreti, visibi­ medico durante il 111 secolo a.C., famoso anche per
li, e tangibili, delle manifestazioni patologiche (pathos- aver curato la malattia misteriosa che affliggeva
logos) delle varie malattie. Antioco, figlio primogenito di Seleuco Nicatore,
Oggi potremmo aggiungere che essa ha anche lo effettua certamente le prime osservazioni anatomo-
scopo di studiarne con continuità le alterazioni cel­ patologiche, fra le quali proprio quella relativa alla
lulari e subcellulari, morfologiche, citologiche, chi­ cirrosi epatica; in particolare è sua una prima ipote­
miche e molecolari con lo scopo di far cogliere ai si sul ruolo delle anormalità circolatorie, secondo la
discenti quanto sostanzia: ogni singolo danno cellu­ quale è la pletora sanguigna a causare alterazioni
lare, tessutale, d'organo e di sistema; ogni malattia nutritive dei parenchimi.
in ogni singolo paziente. Di trovare spiegazioni con­ In questa prima era, l'anatomia patologica è ri­
crete delle azioni degli agenti causali e delle condi­ scontro e descrizione di anormalità dell'anatomia
zioni che ne favoriscono l'azione; delle modalità con degli organi. Nel II secolo dopo Cristo (129-201) ini­
cui si istituisce il danno e le conseguenze distrettua­ zia il metodo dell'osservazione sistematica che con­
li e sistemiche che i più diversi enti patogeni produ­ sentì a G aleno di identificare le basi morfologico-
cono, in modo da poter assumere i comportamenti strutturali di alcune malattie come l'apoplessia e la
medici idonei per controllare e contrastare ogni esito paralisi. E, se le sue opere non fossero state distrut­
negativo prevedibile. te in gran parte dall'incendio del tempio della Pace,
Nei confronti dell'anatomia patologica, soprat­ oggi sarebbe ancora più evidente il suo sostanziale
tutto delle sue applicazioni in sala anatomica, ha apporto nel far sì che "la nuit vivante se dissipe à la
pesato a lungo, ed ancora vive, il preconcetto che, clarté de la mori" (M. Foucault, Naissance de la. clini-
secondo Leon ardo da Vinci (1452-1519), stava nella que).
"paura d'abitare nelli tempi notturni in compagnia di Se dopo Galeno "La sphère du del est considérée
tali morti squartati o scorticati e spaventevoli a vedere", comme limite absolu", ciò è dovuto non agli apporti
Ma non si può rimuovere il dato di fatto che la
storia dell'anatomia patologica è stata scritta nei
secoli proprio grazie al "convivere in compagnia di
tali morti squartati e scorticati" (Fig. 1). Il riscontro
diagnostico (è stato stabilito, dopo secoli d'impiego
del termine, che non si chiama più autopsia) non è
mai soltanto un atto tecnico, ma fatica dolorosa, pro­
prio perché la ricerca e l'analisi delle piaghe viene
condotta, di necessità, alla presenza muta del sog­
getto umano che le esibisce e non nel nitore di un
laboratorio asettico.
L'istanza di conoscere la fabbrica, che ci fa vivere,
nasce con l'intento tutto filosofico di scoprire Dio
nell'uomo, di capire di quale substrato l'infinito
abbia dotato il finito intelligente. È stata una delle
prime esigenze sentite dalla mente umana, atto che
si perde all'origine del pensiero. A lcm eone da Cro­
tone, verso il sesto secolo prima di Cristo, aveva
proposto il cervello, anziché il cuore, quale sede Fig. 1
4 ® Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica
reali della sua autorità indiscutibile, ma alla predi- Nel 1500 L eon ardo, sulla scorta di una lunga
lezione assunta dai successori per le sue costruzio­ esperienza settoriale, fornisce la prima descrizione
ni filosofico religiose, alla anteposizione delle teorie del substrato anatomico di una malattia importante
ai fatti, all'orientamento al "meditari sine materia", e frequente come è l'arteriosclerosi: "Quando le vene
che durò oltre 1000 anni. Nacquero così costruzioni s'invecchiano, esse si destruggan la loro rettitudine nelle
e rappresentazioni fantastiche deiranatomia nelle lor ramificazioni, e si fan tanto più flessuose, ovver ser­
quali ricorre con insistenza il "divinum in morbo" ed peggianti, e di più grossa scorza, quanto la vecchiezza è
il criterio teologico per cui la "natura non fa nulla a più abbondante d'anni"; "Come nelli pomeranci, alti
caso". quali tanto più ingrossa la scorza e diminuisce la midol­
Atteggiamento mentale, questo, che V esalio la, quanto più si fanno vecchi".
(1514-1564) condanna con fermezza: "Costoro, come Nel 1600 M arcello M alpighi (1628-1694) adotta
fanno le cornacchie, affidano quelle cose cui mai si sono di G alileo (1564-1642) non soltanto il metodo, ma
accostati, ma che solamente imparano a memoria dai libri anche lo strumento che diventerà il mediatore
degli altri... e... gracchiano dall'alto delle cattedre con costante del futuro progresso. Il microscopio ottico
rara presunzione". potenzia le possibilità deirosservazione ed apre
La lunga notte, legata anche al peso dell'autori- nuove vie al progresso. Malpighi diviene il fonda­
tà di Galeno, s'interrompe con il Rinascimento ed il tore dell'anatomia microscopica. Ma il suo genio va
manifesto della rinascenza della anatomia patologi­ raccogliendo, in un libro di appunti, ancora oggi
ca si trova nel pensiero di L eon ardo da Vinci, che, poco noto, una serie di osservazioni relative a
con l'anatomia, vuole ora superare la semplice riscontri effettuati per sole finalità diagnostiche. Se
osservazione della staticità del cadavere senza vita, Bologna è la città dove nel 1302 viene eseguita con
rimuovere preconcetti e l'abitudine all'asserire ufficialità la prima autopsia, probabilmente è anche
aprioristico, per cercare invece ogni conclusione la sede dove è iniziata, con Malpighi, la pratica, oggi
soltanto nei fatti derivabili dall'esperienza diretta. in pericoloso declino* del riscontro diagnostico siste­
P a ra celso , dopo Leonardo, aggiunge che: matico.
"Pochissimi medici hanno cognizione esatta delle malat­ "Il compito dell'anatomia risiede nella considerazio­
tie e delle loro cause: ma i miei libri non sono scritti ne delle cause, delle sedi, della struttura e del moto della
copiando da Ippocrate o da Galeno; li ho invece composti materia morbosa": è il pensiero di M alpighi che di
fondandomi sulla esperienza che è la più grande mae­
stra" (Filippo Teofrasto Bombasto Paracelso da Hohen-
heim; 1493-1541).
Via sistematicamente seguita nella seconda metà
del 1400 da A ntonio Benivieni (Firenze 1440-1502)
che raccoglie una serie di casi della sua attività di
medico: casi prima studiati nella loro evoluzione
clinica e, dopo il decesso, indagati con l'autopsia. È
un'indagine sistematica basata appunto sui fatti cli­
nici raccolti all'atto della cura e poi raffrontati con i
dati "quos ego v id i et tetigi". Il primo testo di ana­
tomia patologica e di correlazioni clinico-anatomi­
che è quindi il "De abditis nonnullis ac mirandis mor-
borum et sanationum causis", pubblicato postumo dal
fratello Girolamo Benivieni nei primi anni del 1500
(Fig- 2).
Benivieni, L eon ardo, Vesalio e P aracelso del
rinascimento anatomico esprimono l'aria nuova
che pervade le antiche sale settorie: con il metodo
sperimentale ora si vogliono scoprire i meccanismi
che muovono le macchine divine. Ma la scintilla era
già scoccata nel cuore del Medioevo ed espressa
dall'aforisma di A belardo (1079-1142): "il dubbio è la
via per scoprire".
L'anatomia si fa, così, ricerca sperimentale. Le
conclusioni vengono assunte per deduzione, si pri­
vilegia il rilievo obiettivo, le osservazioni si somma­
no, i dati di fatto si stratificano. Nel lento procede­
re, che può essere segnato soltanto dalla ricerca
incessante del miglioramento indefinito dell'ap­
prossimazione, la storia respira e si va costruendo
l'edificio dottrinale dell'anatomia patologica. Fig. 2
Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica ^ 5

Morgagni precorre anche le associazioni verbali: è vere conspectis, cum iis quae morbus praegressa sunt;
l'atto che conferisce dignità ufficiale alla prassi haud ita difficile erit plerumque internoscere quae vitia
adottata da Benivieni, l'atto ufficiale fondante la morbum effecerint, ab iis quae a morbo effecta sint".
disciplina dell'anatomia patologica. Pensiero com­ L'apporto di Morgagni risiede nella organizza­
piuto di patologia clinica e che pervade le sue rac­ zione della nuova disciplina medica, ancora oggi
colte di casi autoptici fra i quali deve essere ricorda­ fondamentale; nella formulazione di nosografie
ta la prima descrizione esauriente della cirrosi epa­ basate sui rilievi patologici, sui complessi anatomo-
tica: "In sesto corpore abdomen turgebat aquae, iecur clinici e sui sintomi; nella identificazione di un
totum diminutum erat, et asperum, exterius coloris sub­ metodo nuovo che è sperimentale.
flavi [...] Exterius referebat congeriem granorum et emu- Metodo che indica come irrinunciabile la ricerca
labatur parotidem [...] Totum iecur repraesentabat race- costante, in ogni malato dunque, delle cause delle
mum uvae malattie; delle conseguenze dell'azione dell'agente
Nel 1700 G iovanni B attista M orgagni (1682- lesivo; dell'evoluzione nel tempo del danno prodot­
1771) coglie la necessità di un nuovo, distinto, indi­ to; ed ancora dell'entità e delle modalità dei disor­
rizzo autonomo, per la dissezione effettuata con dini correlati, anche plurimi e sempre complessi,
finalità cliniche; comprende che la clinica si può che le lesioni prime comportano.
fondare soltanto sull'apporto dell'osservazione È Morgagni infatti che intuisce il compatire degli
anatomica; intravede l'istanza urgente di capire organi sotto l'influsso di umori alterati e la necessi­
cosa muova le malattie; e compie lo sforzo geniale tà di impiegare l'indagine autoptica sistematica per
dì integrare tutte le informazioni note, e le sue per­ rimuovere errori e dubbi: "Sed illud quod dicebam, in
sonali, innumerevoli, in un vero trattato di anato­ quo omnes convenimus, multorum uno eodemque morbo
mia patologica: il De sedibus, et causis morborum per extinctorum dissectio, praecipuum est, ut cunctae
anatomen indagatis (Fig. 3), sintetizzandone lo spiri­ dubitandi, en an diqu e occasion es tollantur".
to nella prefazione: "Comitantur vero sintomata: quo­ Nel rapido cammino lungo gli antichi percorsi
rum singulorum natura, series, ordo, constantia si atten­ dell'anatomia patologica, dopo Morgagni, altro
te animadvertantur, conferanturque cum vitiis in cada- vero genio è R u d o lf Virchow.
Ancora una volta la storia ci meraviglia perché
fra l'opera di Malpighi - anatomia microscopica - e
quella di Virchow - anatomia patologica microscopica
- j o .: b :a e t ì s 't i : - trascorrono due secoli: ben duecento anni prima
che fosse adottata l'osservazione microscopica ini­
■Vi i . A '• I ziata da Malpighi. La ragione risiede nella diffiden­
za verso il nuovo strumento, il microscopio, ancora
imperfetto. Del quale il B ich a t (1771-1802) esprime­
■■ D .£■■ S E T ) I B U S v CT. : CÀ; i J S k va il suo radicale rifiuto: "Parce que quand on regarde
dans l'obscurité, chacun voit à sa manière et suivant
qu'il est affeeté"; anche Morgagni stesso, ispirando
; . PER: ANATOMEN-' INDAGATISI mia sua biografia, pare abbia fatto dire all'autore
L ! E Si l ¿1 V I N 0 E.
che: "ebbe un lodevole timore dei microscopi troppo
acuti".
Malpighi dunque fonda nel 1600 l'anatomia
Muìtiplcx prafixus cft Iadex rcrumJ'& nominun) microscopica e descrive il glomerulo renale; Hooke
. : accuratjflìmus nel 1665 scopre la struttura " a celles" del sughero;
r e . ' u •> P H ; V U % ma è soltanto nel 1858 che Virchow dà alle stampe
B U 03 V a ! O R E V c O K T l N.£ NS L I B R.t’£. la sua Cellularpathologie. Un lungo silenzio di 200
anni è quindi il prezzo pagato dal progresso per la
diffidenza di due grandi verso il nuovo rivoluzio­
nario strumento inventato da Galileo!
L'apporto di Rudolf Virchow (1821-1905) sta nel-
l'aver colto il ruolo che ha il danno delle cellule -
unità elementari della vita capaci di riprodursi
(omnis cellula a cellula) - nella produzione delle sof­
ferenze degli organi e quindi delle malattie dell'uo­
mo. Il passo nuovo fatto dall'anatomia patologica
può essere colto nelle parole dello stesso Virchow:
"Il pensiero anatomico non è più legato alle alterazioni
visibili che il coltello dell'anatomico rende constatabili,
ma si allaccia direttamente alle funzioni stesse della
vita".
Fig. 3 L'opera sulla Cellularpathologie viene pubblicata
6 is Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica
a Berlino nel 1858 (Fig. 4) e, con l'avvento delle these circumstances it was diagnosed that thè ulcer ivas
nuove scoperte, diventerà subito possibile identifi­ not malignant" (Bennet J.M.: Lancet 1, 517, 1845). E
care lo sconcerto che gli agenti patogeni causano dopo di lui Donaldson che, nel 1853, poteva scrive­
entro le cellule costituenti gli organi. È questo il re “We ourselves have been able to diagnose cancer in thè
grande passo per il quale ha il suo avvio la costru­ living subjects" (Donaldson F.: Am. J. Med. Se. 25,43,
zione della moderna patologia la quale, ben presto, 1853).
dopo Virchow, ma per merito suo, s'interessa di tra­ Ma se Virchow aveva sbagliato, il fatto poteva solo
sferire il patrimonio di conoscenze accumulato alla indicare che la biopsia era pratica diagnostica da conside­
ricerca microscopica sul soggetto vivo; nasce, così, rare del tutto inaffidabile!
la pratica della biopsia con la finalità di comprende­ E così, ed ancora una volta, l'autorità di una
re meglio e meglio diagnosticare le malattie, anche grande personalità riesce ad arrestare l'evoluzione
e soprattutto per poterne meglio adeguare la tera­ del progresso.
pia. Quelli a cavallo fra il 1800 e il 1900 sono anni di
Proprio a Virchow, nel 1887, sir Morell Macken- attività intensissima dell'anatomia patologica,
zie, chiamato al letto del kaiser Federico III, chiede durante i quali si stratificano continui apporti di
di effettuare la diagnosi microscopica di una lesio­ grandi studiosi; l'anatomia patologica va compo­
ne del laringe dalla quale era stato rimosso un pic­ nendo il suo corpo di dottrina con la raccolta, in
colo frammento. La diagnosi di Virchow fu rassere­ tempi relativamente brevi, di tutti i dati e le infor­
nante, ma il kaiser morì l'anno seguente proprio per mazioni necessarie al riconoscimento delle più
un carcinoma laringeo. Il fatto segnò non solo la diverse malattie di tutti gli organi ed apparati del­
rovina professionale di Mackenzie, ma soprattutto l'uomo.
rallentò il cammino della pratica bioptica alla quale Con questo bagaglio culturale specifico il pato­
già Bennet, prima di Virchow, era ricorso nel 1845 logo viene di nuovo chiamato ad operare nella cli­
per capire la natura di una lesione mammaria: nica, al letto del malato; e concorre con l'attività
"Another woman, 50years ofage [...] ofcachectic appea- bioptica alla formulazione delle diagnosi; almeno
rance, hadfor six months an ulcer in thè left breast. From di quelle diagnosi in cui dubbi o incertezze rendes­
sero in qualche modo difficoltoso il procedere del
cammino clinico. Nel 1961 Chang ricorre al criosta­
to per ottenere preparati microscopici in tempi bre­
vissimi e nasce la diagnostica peroperatoria: il chirur­
go può ora conoscere, in pochi minuti e mentre
opera, la natura e la reale gravità delle lesioni che,
con l'atto chirurgico, sta curando.
Ma al patologo ricercatore la morfologia, intesa
come rilievo di immagini statiche, ben presto risul­
terà insufficiente. Egli vuole, deve poter cogliere
con il microscopio gli equivalenti visibili delle fun­
zioni tessutali e cellulari e soprattutto le loro modi­
ficazioni indotte dalle cause patogene, nonché il
divenire progressivo delle alterazioni, per com­
prendere gli squilibri complessi e multiformi che
sono le malattie.
Il grande libro dell'anatomia patologica si può
fino ad oggi articolare in quattro capitoli basilari
che sono:
1) quello relativo alle osservazioni casuali di anor­
malità anatomiche degli organi e scritto in circa
2000 anni dal 600 a.C. al 1400 d.C.;
2) quello della finalizzazione dell'indagine macro­
scopica autoptica alla ricerca delle cause delle
malattie e delle condizioni patologiche correlate
che spiegano il quadro clinico, capitolo scritto in
gran parte dal Morgagni nel 1700;
3) il capitolo affascinante sulle basi cellulari e tes­
sutali delle malattie promosso dall'impiego del
microscopio, prima da parte di Malpighi e poi di
Virchow, scritto soprattutto da quest'ultimo nel
Qualche notizia sulla storia dell'anatomia patologica ; 7

4) infine quello che ora i patologi stanno scrivendo che entrano neU'organizzazione strutturale e fun­
dopo aver scoperto gli artifizi tecnici per porta­ zionale delle cellule e degli organuli subcellulari
re l'indagine fisica, chimica, molecolare e geneti­ nonché le tappe di tutte le trasformazioni che agen­
ca entro le cellule ed i tessuti. ti patogeni riescono a causare.
L'applicazione di queste tecniche ai cromosomi
Capitolo, quest'ultimo, nelle nostre mani, una ad esempio, fece subito prevedere che, in un arco
lettura compiuta del quale va rimandata al tempo ragionevole di tempo, si sarebbe potuto conoscere
futuro, perché ancora molte sono le pagine da com­ non solo la disposizione di tutti i geni entro i singo­
pletare. li cromosomi, ma anche cogliere e dimostrare le
Con il secolo appena scorso è nata la morfologia anormalità di collocazione e di struttura e le even­
funzionale e subito si è sentita la necessità di supe­ tuali disfunzioni geniche all'atto del trasferimento
rarne i limiti. Gradualmente, ed airesordio molto dei messaggi specifici. Così quanto scrivevano
lentamente, è stato studiato quanto di chimico e di Kirsch e Broder nel 1986: 'Tt is possible that patholo-
biochimico sottende le variazioni dell'organizza­ gists zoili report Information about rearrangements,
zione strutturale. Negli anni quaranta l'indagine amplifications and aberrant expression o f various onco-
ultrastrutturale è stata applicata ai vari organuli che genes in tumor biopsy specimens and that an oncologist
muovono le attività funzionali delle cellule e si è zoili then use sucii Information to define prognosis or
compreso quanto le modificazioni delle strutture design a regimen o f therapy" (Kirsch I.R., Broder S.J.;
visibili siano correlate con le funzioni cellulari. Clin. Oncol. 4: 271, 1986), è già diventato attuale.
Nel 1941 Albert Coons intuisce la possibilità di L'esigenza di oggettività è antica nel patologo
sfruttare la specificità del legame fra antigene ed come documentano gli armamentari di referenti,
anticorpo per rendere visibili, entro le cellule, com­ ancora oggi conservati in qualche sala anatomica:
posti chimici ben definiti (ormoni, enzimi, protei­ sono oggetti vari, frutta secca, vegetali, polveri ed
ne). Le modificazioni via via apportate al metodo altro che servivano come campioni perché fosse
originale hanno consentito una amplificazione tale oggettiva la descrizione dei reperti anatomopatolo-
del segnale di presenza di un substrato che è diven­ gici: "Neoformazione delle dimensioni di una noce
tato possibile il rilevamento di un numero così avellana e del colore dello zafferano", si diceva
basso di molecole che nessun'altra tecnica nota può dopo aver confrontato la lesione con i campioni
svelare. " Today zve may perhaps venture to ask thè que- d'archivio. Ora calcolatori e sistemi esperti possono
stion whether by thè use o f immunocytoehemistry we essere impiegati per misurare ogni carattere cellula­
might discover antigens that are so scarce in concentra- re, normale o patologico; e solo la valutazione
tion and distribution that other biochemical tecniques oggettiva delle deformazioni strutturali e chimiche,
cannot disclose them" (Sternberger: Immunocytoche- che le tecniche attuali hanno reso possibile, è in
mistry; Polak, Van Noorden Ed.; Wright, PSG, Bristol grado di dare il passo veloce commisurato alla
1983). velocità del progresso.
Ed oggi il grande salto è compiuto perché il rile­ Finalità perseguibile soltanto con l'entusiasmo,
vamento e la localizzazione di semplici sequenze la dedizione, la capacità di fede, la fantasia libera
aminoacidiche o di acidi nucleici, anche nelle parti dei giovani che vengono insensatamente tenuti lon­
più intime della organizzazione cellulare, è stato tani dai nostri laboratori.
attuato. L'anatomia patologica non è quindi scienza di
Il tumultuoso progresso della nostra epoca nelle orrori, già tutta esplorata; è invece strumento di
conoscenze deH'immunologia, della biologia mole­ progresso futuro lungo le vie senza fine della cono­
colare e della genetica ha messo infatti a disposizio­ scenza del più intimo della misteriosa e meraviglio­
ne dei patologi un cospicuo volume di conoscenze sa fabbrica che permette, ad ognuno di noi, di cam­
e soprattutto di tecniche estremamente raffinate per minare verso mete differenti e diversamente vissu­
produrre "marcatori" capaci di identificare, con te; - En las entranas de las cosas - y no fuera de ellas -
altissima sensibilità e specificità, sostanze chimiche están lo eterno y ¡o in fin ito 'Miguel De Unamuno'.
Introduzione
1.1 all'anatomia
patologica
generale
A. Scarpa

L'anatomia patologica studia le alterazioni di dell'agente eziologico e il conseguente processo che


cellule e tessuti provocate dalle malattie, allo scopo si innesca (Fig. 1).
di identificarne cause e conseguenze. I concetti basilari per la comprensione della
Il processo che porta allo sviluppo di una malat­ patologia sono due: eziologia e patogenesi.
tia comprende essenzialmente due fasi: l'azione

EZIOLOGIA

im \
Danno Danno
reversibile

P Cellula
A normale
T
0
G Risposta
E cellulare
N Accumuli anomali
£ Ipertrofia
S Iperplasia
1 Displasia

Risposta Non risposta


tissutaie tissutaie
Infiammazione acuta
Infiammazione cronica
Fibrosi

Fig. 1 - Eziologìa e patogenesi.


Un agente nocivo, estrinseco o originato all'interno dello stesso organismo, può danneggiare la cellula. Il danno che ne deriva
dipende dall'intensità dell'insulto e può essere reversibile o irreversibile. Se l'entità dell'insulto supera la soglia sopportabile dai
sistemi di difesa messi in atto dalla cellula, questa muore. La morte della cellula può avvenire secondo due meccanismi: la necrosi
o l'apoptosi. La morte necrotica coinvolge sempre gruppi di cellule, consiste nella distruzione delle membrane e riversamento del
contenuto cellulare nel tessuto, evocando quindi una risposta infiammatoria. La morte apoptotica coinvolge singole cellule: si tratta
di un processo rigorosamente controllato in cui la cellula viene frammentata in particelle circondate da membrane. Queste ultime
sono corredate di recettori che ne permettono la fagocitosi e la eliminazione da parte dei macrofagi fissutali o persino dalle cellule
epiteliali adiacenti. Nella morte per apoptosi non vi è alcuna reazione infiammatoria, in quanto il contenuto cellulare trattenuto nei
frammenti circondati da membrane non viene a contatto con la matrice extracellulare, in alcuni casi la morte apoptotica può
coinvolgere molte cellule contemporaneamente, ma anche in questo caso ogni cellula muore singolarmente. Un esempio di tale
fenomeno è lo sfaldamento dell'endometrio al termine del ciclo mestruale.
10 Introduzione all'anatomia patologica generale
Eziologia: la causa di una malattia. 4. Genetiche: ereditarie e acquisite
Le malattie insorgono per cause diverse, che pos­
5. Fisiche: traumatiche, termiche, elettriche, baro­
sono essere raggruppate nelle seguenti categorie:
metriche, radiazioni
1. Infettive: batteri, fungili, virus, parassiti
6. Chimiche: ipossiche/anossiche, metaboliche,
2. Parassitarle: protozoi e metazoi tossiche (esogene e endogene), carci-
nogene, teratogene
3. Immunologiche: allergiche e autoimmuni

Fig. 2 - Esempio di un processo diagnostico nel caso di una malattia infiammatoria.


In a è mostrato un esempio di stomaco normale. In b, c e d sono esemplificate le fasi del processo diagnostico che
l'anatomopatologo segue nel caso di una biopsia gastrica prelevata ad un paziente sintomatico.
a) Nella biopsia di stomaco normale sono riconoscibili le strutture delia mucosa gastrica, owero le foveoie, le ghiandole, costituite
da elementi epiteliali e lo stroma connettfivale {lamina propria).
b) L'osservazione del quadro istologico del preparato colorato con ematossiiina-eosina permette di riconoscere che è in atto una
patologia a patogenesi infiammatoria. La mucosa è interessata da un processo infiammatorio cronico, io stroma è invaso da cellule
flogistiche, prevalentemente granulociti neutrofili ma anche linfociti e plasmacellule. La lesione qui osservata viene definita "gastrite
cronica attiva", ove l'attività del processo è dimostrata dal reperto di granulociti che stanno aggredendo l'epitelio gastrico e
distruggendo progressivamente le ghiandole.
c) La colorazione con Giemsa evidenzia che l'agente eziologico della malattia infiammatoria è un batterio. Nella maggioranza dei
casi è i'Helicobacter pylori (minuscoli bastoncini blu).
d) L'Aician-PAS colora le mucine e permette di evidenziare che la risposta cellulare all'insulto consiste in questo caso nella
trasformazione metaplastica dell'epitelio gastrico {secreto PAS positivo, rosso) in epitelio di tipo intestinale (secreto Alcian positivo,
blu). La metaplasia è reversibile se si eradica I'Helicobacter pylori con opportuna terapia. In caso contrario, tutta la mucosa gastrica
diventa metaplastica, con depauperamento progressivo della componente ghiandolare. La fase estrema di questo processo è
l'atrofia della mucosa gastrica.
introduzione all'onofomia patologica generale 11

Fig. 3 - Esempio di un processo diagnostico nel caso di una malattia neoplastica.


a) L'esame macroscopico evidenzia la presenza di una neoformazione, di colorito biancastro, nella parete del piccolo intestino che
sporge nel lume del viscere.
b] L'esame microscopico evidenzia che la neoformazione è costituita da cellule a fisionomia prevalentemente fusiforme, con atipie
nucleari e presenza di mitosi (frecce). Il quadro istologico orienta verso la diagnosi di una neoplasia di origine mesenchimale.
c] La positività della colorazione immunoistochimica con anticorpo monoclonale CD117, che riconosce il recettore tirosin-chinasico
di membrana KIT, permette di diagnosticare la neoplasia come "tumore stromaìe gastrointestinale". La espressione del recettore KIT
differenzia infatti questa neoplasia da tutte le altre neoplasie mesenchimali.
Si impone a questo punto una indagine molecolare del gene KIT. Una mutazione attivante dì questo gene è infatti alla base dello
sviluppo del /umore stromale gastrointestinale. L'importanza di identificare la presenza di mutazione, nonché il tipo e la sua sede
all'interno del gene KIT, risiede nel fatto che sono disponibili farmaci molecola-specifici capaci di inibire l'attività tirosinchinasica del
KIT. Il tipo e la sede della mutazione identificano i casi responsivi o resistenti al trattamento specifico.
d) Ricerca di mutazioni del gene KIT. Nella parte sinistra è reso evidente al risultato dell'esame PCR-SSCP (vedi capitolo 1.4) del
DNA estratto dal tumore (T) e da tessuto normale (NJ dello stesso paziente. Le bande addizionali nel DNA tumorale, rispetto a quelle
ottenute dal DNA del tessuto normale, indicano la presenza di una mutazione. Nella parte destra della figura sono mostrate le
sequenze dei DNA da tessuto normale a neoplastico. Si osservi la delezione di una base (citosina) nel DNA tumorale.

Patogenesi: il meccanismo o processo attraverso il - valutare il danno prodotto dal processo patologico,
quale un agente eziologico produce una malattia. - esprimere una valutazione prognostica, ovvero
Le malattie possono essere ricondotte a tre mec­ le probablità evolutive della lesione,
canismi patogenetici di base:
- indirizzare le scelte terapeutiche,
1. Infiammatorio: infezioni, malattie autoimmuni
- offrire le tecnologie a sua disposizione per il fol­
2. Degenerativo: ischemia, encefalopatie spongi- low-up.
formi
L'attività diagnostica dell'anatomopatologo può
3. Neoplastico: carcinomi, sarcomi
essere sinteticamente illustrata utilizzando due
Il compito deiranatomopatologo è di analizzare esempi riportati nelle figure 2 e 3. La figura 2 illu­
cellule e tessuti prelevati da pazienti con la finalità stra il processo diagnostico di una malattia infiam­
di ottenere tutte le informazioni necessarie per: matoria. La figura 3 illustra il processo diagnostico
- formulare una diagnosi, ovvero identificare il di una malattia neoplastica.
processo patologico in atto,
ti
I

í
|1
1.2 Patologia
della cellula
A. Scarpa, A. Zamò, A. Mombdlo

In questo capitolo vengono trattate le modifica­ cellulare. Essa può essere fisiologica, come nel
zioni adattative che la cellula mette in atto in rispo­ caso dell'aumento del volume delle mammelle
sta ad insulti subletali, pertanto reversibili, qualora in corso di gravidanza e allattamento o dell'en­
la noxa venga rimossa. Vengono poi descritti i feno­ dometrio nella fase estrogenica del ciclo
meni della morte cellulare, ovvero le alterazioni mestruale. Esempi di iperplasia patologica sono
irreversibili che portano alla morte della cellula e l'aumento del volume della prostata o della
alla sua definitiva distruzione (vedi Fig. 1 Capito­ tiroide (Fig. 1).
lo 1.1). • Metaplasia. Sostituzione di un tipo cellulare dif­
ferenziato con un altro tipo di cellula differen­
ziata. Una cellula matura viene sostituita da
[3 Risposte cellulari reversibili un'altra cellula matura, ma di diverso tipo
(Fig. 2). La metaplasia è dovuta a modificazioni
Un danno di entità non letale provoca modifica­ del programma di differenziazione cellulare, è
zioni cellulari reversibili. sempre patologica e può essere reversibile.
#- Ipertrofia. Un aumento delle dimensioni ài cellule e • Displasia. Il termine displasia indica una mor­
in genere della massa del tessuto che compren­ fologia cellulare anomala, in particolare una per­
de quel tipo cellulare. Questa può essere fisiolo­ dita di maturazione e di orientamento delle cel­
gica, quale l'aumento del volume di un muscolo lule cui si accompagna una alterazione della
sottoposto ad esercizio, o patologica come l'au­ architettura tissutale (Fig. 3). La displasia è
mento del volume del muscolo cardiaco dovuto dovuta a modificazioni dei programmi sia di
a ipertensione arteriosa. proliferazione che di differenziazione della cel­
® Iperplasia. Un aumento del numero di cellule, che lula. In altri termini, la displasia è sia una lesio­
può anche comportare l'aumento della massa ne citologica: la cellula displastica non porta a
del tessuto coinvolto. L'iperplasia è dovuta a compimento il processo di differenziazione, che
modificazioni del programma di proliferazione una lesione tissutale: disordine nella organizza-

Fìg. 1 - Esempio di iperplasia. Nelia figura si possono osservare ie caratteristiche macroscopiche (a) e microscopiche (b) di un
gozzo tiroideo (struma nodulare delia tiroide). Tale patologia è una iperplasia diffusa delle cellule ghiandolari tiroidee, i tireociti.
L'aumento numerico dei tireociti determina il conseguente ingrossamento, di solito a carattere nodulare, della ghiandola intera o
parte di essa. ! tireociti sono completamente differenziati e producono grande quantità di colloide.
14 ; Patologia della cellula

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Fig. 2 - Esempi di metaplasia. Metaplasia squamosa dell'epiteiio bronchiale (a e b). Metaplasia intestinale della mucosa gastrica
(c e d). La mucosa bronchiale normale, rivestita da epitelio cilindrico monostratificato aliato (a), sottoposta a irritazione cronica da
fumo di sigaretta o inalazione di sostanze inquinanti diverse, va incontrò a trasformazione metapíastica in epitelio pavimentoso
composto (b) del tutto simile a quello che riveste il cavo orale e ia faringe. La mucosa dell'antro gastrico contiene cellule mucipare
che producono mucine neutre cne si colorano in rosso con il PAS (c). L'infiammazione cronica determina ia sostituzione di questo
epitelio con un epitelio di tipo intestinale con cellule mucipare che producono mucine acide che si colorano in blu con il colorante
Alcian Biue (d).

Fta. 3 - Esempi di displasia. L'infezione


dell'epitelio pavimentoso composto che
riveste il collo dell'utero (a) da parte di
alcuni ceppi del virus del papiiloma umano
(HPV) ne determina la trasformazione
displastica. In b è mostrato un esempio di
displasia di basso grado , in cui le cellule
epiteliali pur assumendo caratteristiche ati­
piche conservano un aspetto abbastanza
simile alle cellule normali, inoltre ia struttu­
ra dei tessuto viene sufficientemente conser­
vata, assieme a una discreta maturazione
delle cellule dallo strato basaie allo strato
superficiale. Nella displasia di alto grado
(c) è difficile tracciare il confine con un car­
cinoma in sita; è una lesione in cui le atipie
cellulari sono assai marcate. Vi è perdita
compieta' della maturazione, il rapporto
nucleo citoplasma è assai aumentato e i
nuclei sono atipici, discromici e dismorfici.
Nella displasia di alto grado ia architettura
del tessuto viene completamente sovvertita;
gli strati del normale epitelio squamoso non
sono più riconoscibili, le mitosi sono nume­
rose e diffuse fino alla superficie.
Patologie da accumulo ]5

Fia. 4 - Esempio di atrofìa


del piccolo intestino da
intolleranza al glutine.
Tratto digiunale del piccolo
intestino con villi ben rap­
presentati (a). La atrofia
[scomparsa] dei villi è
dovuta alia infiammazione
cronica linfoplasmacellula­
re con associata compo­
nente granulocitaria. Si
notino anche i linfociti che
aggrediscono i'epitelio (b).

zione tissutale. La displasia è sempre patologica, ste anomalie del metabolismo cellulare ai testi di
anche se può essere reversibile. Alcune alterazioni patologia generale e alle parti di questo testo
displastiche possono infatti regredire dopo che relative ai vari organi nei rispettivi capitoli.
gli stimoli siano rimossi. In altre occasioni, la • Pigmenti endogeni. Ad eccezione della lipofu-
displasia può progredire e portare allo sviluppo scina e melanina tutti i pigmenti endogeni deri­
di una neoplasia. vano dalla emoglobina.
© Atrofia. Riduzione delle dimensioni o del Lipofuscina. È un pigmento citoplasmatico gra­
numero delle cellule di un tessuto. La riduzione nulare giallo marrone (il termine latino "fuscus"
del volume delle cellule si riscontra nei muscoli, significa bruno). Essa è anche definita lipocro-
negli organi sessuali, cuore e cervello. E in gene­ mo, ceroide, o pigmento da "invecchiamento". E
re dovuta all'assenza di fattori trofici. Nei formata da residui indigeriti di vacuoli autofagi-
muscoli è legata ad esempio a denervazione o ci che contengono lipidi, fosfolipidi e proteine e
immobilizzazione prolungata. Nelle ovaie è derivano da anomali processi di lipoperossida-
legata alla menopausa. Nel caso del cervello è zione. Si trova nella maggioranza dei casi in cel­
legato a invecchiamento fisiologico o patologico, lule che vanno in degradazione lenta, perciò
in quest'ultimo caso in corso di malattie quali sono abbondantemente depositate in età avan­
l'Alzheimer. La riduzione del numero delle cellule zata specie nel cuore, nel fegato e nel cervello
è invece sempre patologica ed è legata a fenome­ con selettività per l'ippocampo. L'accumulo di
ni di distruzione da ischemia o danno tissutale . lipofuscina si accompagna di solito a diminuzio­
persistente ad esempio in corso di malattie ne di volume dell'organo, maggiore di quella
infiammatorie croniche (Fig. 4). parafisiologica senile. Esiste una lipofuscmosi
genetica da difetto enzimatico che compare in
età giovanile. Si evidenzia con le colorazioni
U Fotoiogie da accumulo dette Sudan.
Emosiderina. Pigmento granulare cristallino deri­
• Accumuli anomali. L'accumulo intracellulare di vato dall'emoglobina di colore variabile da gial­
diverse sostanze è dovuto ad alterazioni del lo-oro a bruno. È costituita da aggregati di
metabolismo cellulare. Le sostanze immagazzi­ micelle di ferritina die si formano quando vi sia
nate possono essere: i) metaboliti normali, quali un eccesso locale o sistemico di ferro. Normal­
carboidrati, proteine o lipidi prodotti in eccesso mente se ne può osservare qualche microdeposi­
o non catabolizzati; ii) prodotti anomali del meta­ to nelle cellule di Kupffer epatiche e nel midollo
bolismo, conseguenti in genere a malattie gene­ osseo. Gli eccessi locali sono rappresentati
tiche dovute a carenza di un determinato enzi­ sostanzialmente da emorrragie. Gli eccessi siste­
ma; iii) sostanze pigmentate indigeribili per la cel­ mici comprendono molteplici patologie sia
lula e con diverso significato patologico. Le genetiche che acquisite. Ne sono esempi l'emo-
varie forme di glicogenosi, la galattosemia, le cromatosi ereditaria e le forme secondarie da
iperlipoproteinemie e le tesaurismosi sono solo trasfusioni o in corso di anemie emolitiche. Si
alcuni dei possibili esempi. Si rimanda per que­ evidenzia con la colorazione di Perl.
16 & Patologia della cellula
Bilirubina. Pigmento di colorito variabile dal
verde al giallo-bruno. È il principale pigmento
La morte naturale della cellula: apoptosi |
della bile. L'ittero è la manifestazione clinica del Durante lo sviluppo e la vita di ogni individuo |
suo accumulo, e si rinvia per questo al capitolo sono attivi processi che coordinano la crescita e la é
sulla patologia epatica. divisione cellulare (eventi propri del ricambio cel- |
e Pigmenti esogeni. Carbone. Uantracosi è la lulare), e processi opposti, che coinvolgono la rego- -f
lazione negativa della proliferazione. Questo equi-
forma più comune di pigmentazione esogena ed
è la norma nei polmoni. È accentuata nei fuma­ librio adegua la rigenerazione cellulare alle perdite
tori e può coinvolgere anche i linfonodi ilari. ed alle esigenze dell'accrescimento dell'individuo.
Calcio. Depositi patologici di calcio si trovano Inoltre, la precisa regolazione della morte cellulare, %
normalmente nelle aree di necrosi. anche in termini spazio-temporali, contribuisce a f
Metalli. Gli accumuli di mercurio, piombo e rame mantenere la forma (fenotipo) dell'individuo che è J
possono essere causati da forme genetiche o per determinata dalla sua individualità genetica. In ter- f
esposizione ambientale. Gli accumuli di berillio mini puramente speculativi, per lo scopo sarebbe |
sono sempre da esposizione ambientale e sono però sufficiente per un individuo l'arresto compie- :lf
to della proliferazione cellulare una volta ottenuta |
causa di patologia polmonare simil silicosi.
Polveri minerali. Gli accumuli di silicio e asbesto la forma finale. Nella realtà attuale, però, essendo ;J
l'individuo costituito da popolazioni cellulari |
derivano da esposizione lavorativa e sono asso­
ciati a patologie polmonari. diverse con esigenze molto differenti nei termini di |
ricambio cellulare, l'arresto definitivo degli eventi 4
di proliferazione cellulare sarebbe assolutamente ;f|
H Alterazioni cellulari irreversibili: incompatibile con la vita nell'ambiente disponibile. |
la morte della cellula Infatti, negli individui adulti la maggior parte dei f|
tessuti è soggetta ad un continuo rinnovamento cel- |
La cellula muore per morte naturale o violenta. I lulare, con velocità variabile da tessuto a tessuto. Si I
due processi sono definiti rispettivamente apoptosi può pensare che questo processo sia evolutivamen- \I
e necrosi (Fig. 5). te vantaggioso perché esegue una sorta di "lavag-

Fig. 5 - Alterazioni cellulari nella apoptosi e nella necrosi. Nell'apopiosi le alterazioni iniziali consistono nella frammentazione
cromatinica, seguita dalla disaggregazione della cellula in frammenti circondati da membrana che vengono poi eliminati median­
te fagocitosi da macrofagi residenti o dalle cellule adiacenti. Nella necrosi le alterazioni iniziali consistono nel rigonfiamento deila
cellula e dei suoi organelli, seguito dalla formazione di bolie e. infine, dalia rottura delle membrane con fuoriscita del contenuto
cellulare, quest'ultimo fenomeno provocherà poi una risposta infiammatoria. Le modificazioni nucleari nella necrosi vanno dall'ad­
densamento nucleare alla picnosi (rimpicciolimento) e carioressi (frammentazione) e cariolisi (scomparsa).
Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula » 17

gio genetico", sostituendo le cellule che vengono Cause dell'apoptosi. Esistono probabilmente centi­
diversamente danneggiate con cellule derivate da naia di cause di apoptosi, ma possono essere tutte
altre, a loro volta situate in "santuari genetici" (i siti ricondotte a pochi principi unificanti. In sintesi, l'a­
del ricambio cellulare in cui operano le cellule sta­ poptosi può essere causata da:
minali). Esistono perciò processi che controbilancia­
1. mancanza di fattori trofici per la cellula;
no i danni con miracolosa esattezza mediante la
proliferazione-rigenerazione cellulare. Processi 2. "baci della morte" causati da interazioni specifi­
questi necessari per compensare la morte cellulare che ligando/recettore (ad es. FASL/FAS e
programmata, o apoptosi. TNF/TNFR1);
In realtà, l'apoptosi è attiva anche in condizioni 3. induzione tramite enzimi citotossici da parte di
diverse da quelle della eliminazione delle cellule cellule specializzate (in particolare linfociti T o
"usurate", o danneggiate da eventi patologici. Per • NK);
essere più precisi, l'apoptosi è uno degli attori cel­ 4. stimoli nocivi fisici, chimici o microbiologici, di
lulari più importanti nel mantenimento dell'omeo- entità superiore a quelle tollerate dai processi di
stasi tìssutale, intesa come processo dinamico di adattamento cellulare, ma non tali da provocare
mantenimento dello stato stazionario di un tessuto. necrosi.
Ciò include non solo il numero di cellule e la loro
disposizione, ma anche la loro integrità funzionale, Queste cause agiscono in situazioni differenti, di
indispensabile per le finalità differenziate dei vari cui in seguito verranno considerati alcuni esempi.
tessuti. L'apoptosi interviene anche nei fenomeni di Tutte queste cause attivano cascate di eventi mole­
adattamento, quando la richiesta funzionale a cari­ colari, che, in ultima analisi, portano alla morte cel­
co di un tessuto viene meno e diviene superflua lulare attraverso due vie principali: la via intrinseca
una quota cellulare; oppure quando sia aumentata e quella estrinseca, descritte nel prossimo paragrafo.
per esigenze, anche estemporanee, com'è caratteri­ Oggi è nota l'esistenza di altre vie in grado di atti­
stica degli adeguamenti anatomico-funzionali delle vare l'apoptosi, e che la via intrinseca e quella
ghiandole endocrine. Oltre all'apoptosi fisiologica esi­ estrinseca possono comunicare tra loro; tuttavia per
ste una apoptosi patologica, che avviene in seguito a esigenze di semplificazione verrà seguita questa
stimoli nocivi, o per alterazione dei suoi meccani­ distinzione.
smi di regolazione. Meccanismi molecolari dell'apoptosi. I due termi­
Criterio importante per comprendere l'apoptosi ni, apoptosi estrinseca ed apoptosi intrinseca hanno
è che, essendo un fenomeno fisiologico, si è selezio­ significato patogenetico e non eziologico. Infatti fat­
nato in modo da essere il meno dannoso possibile. tori esterni alla cellula, come la carenza di fattori di
La cellula si condensa, si frammenta senza rottura crescita, possono attivare la via intrinseca. Può esse­
delle membrane cellulari, ed i frammenti vengono re utile quindi ricordare che in generale la via
rapidamente fagocitati senza evocare alcuna reazio­ intrinseca è mediata dai mitocondri (interni alla cel­
ne infiammatoria. Se volessimo comparare la socie­ lula), mentre la via estrinseca prevede l'attivazione
tà di cellule deU'individuo ad una società politica, di un recettore da parte di un ligando (esterno alla
troveremmo un interessante parallelo con la società cellula).
giapponese dei samurai, dove il suicidio a scopo Sia la via intrinseca che la via estrinseca si basa­
sociale era accettato ed onorato, od alla società no sull'attivazione sequenziale di proteasi specifi­
eschimese dove gli anziani si lasciavano morire di che, dette caspasi. Il nome delle caspasi deriva dalla
freddo ritenendosi superflui per la vita familiare. composizione di due proprietà: "c" deriva dal fatto
Allo stesso modo l'apoptosi è una forma di suicidio che queste proteasi fanno parte della famiglia delle
cellulare, spontaneo o su "ordine" di altre cellule. cisteina-proteasi (proteasi con un residuo di cisteina
Come quasi tutti i suicidi, è un fatto individuale, che nel sito attivo); "aspasi" dal fatto che tagliano i loro
non intacca la fisiologia delle cellule circostanti bersagli dopo un residuo di aspartato. Nell'uomo
quando queste non vengano sottoposte agli stessi sono state descritte 11 caspasi, che vengono funzio­
stimoli apoptogeni. Ciò differenzia profondamente nalmente divise in iniziatrici ed esecutrici, secondo
l'apoptosi dalla necrosi: fenomeno che provoca l'ordine con cui sono attivate. Tutte le caspasi sono
un'esplosione cellulare, con reazione infiammatoria presenti in forma inattiva (zimogeni), cosa sensata
e coinvolgimento delle cellule circostanti, "spettatri­ considerato l'effetto letale della loro attivazione, e
ci innocenti", che vengono loro malgrado uccise. vengono attivate mediante un taglio proteolitico. Le
Anche l'apoptosi però può essere evento collettivo, caspasi iniziatrici (nell'uomo le caspasi-2, -8, -9 e -
se esiste uno stimolo "di campo" che la incida con­ 10) sono in grado di auto attivarsi (anche se i mecca­
temporaneamente su più cellule, come ad esempio nismi di questo processo sono ancora poco noti),
accade per deprivazione di un fattore di crescita. Il mentre le caspasi esecutrici (nell'uomo le caspasi-3,
dettaglio degli aspetti di questa morte silenziosa, -6, e -7) devono essere attivate dalle caspasi iniziatri­
che avvengono su un piano morfologico e biochimi­ ci. Sia l'attivazione delle caspasi iniziatrici che quel­
co, saranno considerati più oltre, essendo necessario lo delle caspasi esecutrici sono meccanismi auto-
analizzare prima le cause, o stimoli che la inducono. amplificanti, perché ogni caspasi attiva può attivar­
18 & Patologia della cellula
ne altre e queste altre ulteriori, in un processo ad L a via estrinseca d ell'ap op tosi è iniziata dal
andamento esponenziale a cascata. Sia che l'apop to­ legame di un ligando letale (come ad es. FASL o
si venga iniziata attraverso la via intinseca, sia attra­ TNF) ad un recettore specifico sulla superficie di
verso la via estrinseca, le caspasi effettrici costitui­ una cellula bersaglio (ad es. FAS o TNFR1). I recet­
scono sempre la via finale comune dell'apoptosi, tori formano oligomeri attivi in seguito al legame
responsabile degli effetti sulla cellula. con il ligando e, grazie ad un dominio chiamato
La via intrinseca d ell'apoptosi è attivata da un significativamente dominio di morte, attivano a loro
grande numero di condizioni che causino danno al volta una proteina citoplasmatica chiamata FADD,
DNA, come radiazioni, tossine e radicali dell'ossi­ anch'essa contenente il dominio di morte. FADD
geno, o anche dalla mancanza di fattori di crescita. recluta numerose molecole di caspasi-8 che si auto-
Abbiamo già detto che la via intrinseca passa dai attivano e, a loro volta, attivano le caspasi esecutri­
mitocondri. Più precisamente il fattore chiave è la’ ci (Fig. 7). Questa via può essere inibita dalla protei­
traslocazione nel citosol di proteine normalmente na FLIP, che lega la caspasi-8 e ne impedisce l'atti­
presenti nello spazio intermembranoso dei mito- vazione.
condri. Queste proteine comprendono il citocromo Un breve cenno merita la famiglia di proteine
c, SMAC/DIABLO, AIF, EndoG e OMI/HTRA2. La IAP che comprende otto membri, in grado di inibi­
proteina meglio nota è sicuramente il citocromo c, re le caspasi-3, -7, e -9, bloccando quindi sia la via
che, nel citoplasma, lega ed attiva la proteina finale comune delle caspasi esecutrici che la via
APAF1, inducendo così la formazione di un com­ intrinseca.
plesso molecolare noto come apoptosoma. L'apopto- La via finale comune dell'apoptosi è indipen­
soma è poi in grado di attivare la caspasi-9 (una dente dal tipo di stimolo iniziale, e prevede l'attiva­
caspasi iniziatrice) che, a sua volta, attiva le caspasi zione delle caspasi effettrici, come la caspasi-3 e la
effettrici (ad es. la caspasi-3 e -7) (Fig. 6). La via caspasi-7. Queste agiscono su una serie di bersagli
intrinseca è principalmente regolata dalle proteine cellulari che vanno da proteine del citoscheletro e
della famiglia di BCL2, che comprende più di della matrice nucleare, a proteine coinvolte nella
20 membri con funzioni sia anti-apoptotiche che trascrizione, nella replicazione del DNA e nella
pro-apoptotiche. I membri anti-apoptotici più noti riparazione del DNA. Una delle proteine tagliate
sono BCL2 e BCL-XL che, di norma, risiedono sulle dalla caspasi-3 è un inibitore di una nucleasi, che,
membrane esterne dei mitocondri ed inibiscono la libera daìi'inibizione, frammenta il DNA tagliando­
traslocazione del citocromo c nel citoplasma; inibi­ ne i segmenti internucleosomiali; ciò causa una
scono inoltre l'attivazione di APAF1 nel citoplasma. caratteristica molecolare nota come disposizione a
L'attivazione dell'apoptosi dipende dal rapporto scaletta del DNA, che verrà considerato più avanti.
tra queste molecole ed i membri pro-apoptotici Per effetto delle molteplici azioni proteolitiche delle
della stessa famiglia, come BAK, BAX e BIM. caspasi, la cellula si frammenta nei corpi apoptotici,

Mitocondrio

CASPASJ-9

Fig. 6 - La via intrinseca dell'apoptosi è legata all'alterazione delia permeabilità mitocondriale. Sulla membrana mitocondriale
esterna, un dinnero di bcl2 è associato a un dimero di bax. Qualunque stimolo inneschi questa via provoca la dissociazione del
dimero bax e la formazioe di canali nella membrana mitocond riale, con fuoriuscita de! citocromo c. Quest'ultimo lega ed attiva la
proteina APAF1, formando il complesso molecolare noto come apoptosoma. L'apoptosoma attiva la caspasi-9 che, a sua volta, atti­
va le caspasi effettrici.
Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula ^ 19

Fig. 7 - La via estrinseca deli'apoptosi inizia con il legame di un ligando di morte ad un recettore specifico sulla superficie di una
cellula bersaglio. Nell'esempio il FAS ligando determina la trimerizzazione dei recettori FAS di membrana. Tale complesso lega e
attiva la proteina citoplasmatica FADD; questa recluta numerose molecole di caspasi-8 che si auto-attivano e, a loro volta, attiva­
no le caspasi esecutrici.
a b c
che sono l'equivalente morfologico di questa azione
scissoria.
Aspetti biochimici deli'apoptosi. Le modificazioni
biochimiche legate all'apop tosi possono essere rias­
sunte in:
1. proteolisi;
2. frammentazione del DNA;
3. alterazioni delle membrane cellulari.
La proteolisi è l'effetto deirattivazione delle
caspasi effettrici, ed interessa proteine vitali della
cellula, tra cui anche le proteine strutturali, con per­
dita delle strutture di sostegno e condensazione del
nucleo e del citoplasma.
La frammentazione del DNA avviene in un primo
momento per grossi frammenti di 50-300 kbasi, e
successivamente per i tipici frammenti multipli di
180-200 basi, fenomeno noto come disposizione a
scaletta del DNA, visualizzabile su gel di agarosio Fig. 8 - Frammentazione del DNA nella morte necrotica o
tramite colorazione con bromuro di etidio (Fig. 8). apoptotica. Elettroforesi in gel di agarosio del DNA estratto da
Bisogna ricordare però che questo fenomeno è biopsie osteomidollari fresche o congelate. Il DNA ottenuto da
tipico ma non specifico deli'apoptosi, poiché può biopsia con composizione cellulare normale è ad alto peso
molecolare (a); il DNA ottenuto da tessuto in preda a fenomeni
essere presente anche in alcune cellule necrotiche. di necrosi si presenta come una strisciata continua, in quanto la
Le alterazioni delle membrane permettono un rapi­ frammentazione enzimatica è operata in maniera casuale dalle
do riconoscimento delle cellule in apoptosx da parte DNAsi attivate (b); ii DNA ottenuto da tessuto osteomidollare
di fagociti che provvedono alla loro eliminazione
con fenomeni di apoptosi presenta il caratteristico aspetto a sca­
letta, dovuto al taglio del DNA nelle sue parti libere internucleo-
senza innescare gli eventi dell'infiammazione. Uno somiche (c).
dei fenomeni più precoci in questo senso è la traslo­
cazione della fosfatidilserina dallo strato interno
allo strato esterno della membrana cellulare. Un'al­ Aspetti morfologici deli'apoptosi. Gli aspetti mor­
tra molecola, espressa da alcune cellule destinate fologici deli'apoptosi sono meno evidenti di quelli
all'apoptosx, è la glicoproteina trombospondina. della necrosi per tre motivi:
20 s Patologia della cellula
- primo motivo, l'apoptosi non evoca infiamma­ nimento di un numero costante di cellule nei tes­
zione di accompagnamento; suti in rinnovamento, come accade anche per le
cellule dell'epitelio intestinale o quelle della cute;
- secondo motivo, l'apoptosi può coinvolgere sin­
gole cellule; • l'apoptosi che interviene nell'eliminazione di
linfociti T o B autoreattivi oppure di linfociti con
- terzo motivo, l'apoptosi richiede da 2 a 4 ore per bassa affinità per l'antigene;
compiersi, ed i detriti cellulari sono rapidamen­
• infine l'apoptosi indotta da linfociti T citotossici
te rimossi dai fagociti, per cui solo poche cellu­
in cellule infettate da virus o in cellule neoplasti­
le in un singolo istante presentano i caratteri
che; questa apoptosi può utilizzare la via estrin­
morfologici tipici, anche se un numero maggio­
re di cellule in realtà sta subendo il processo. seca (FAS/FASL) o la via intrinseca, tramite la
secrezione da parte dei linfociti di una molecola
Tecniche più avanzate, come la colorazione con in grado di formare pori sulla superficie cellula­
annessina V che riconosce la fosfatidilserina, o tec­ re, la perforina, e di un enzima detto granzyme
niche che rilevino la rottura a doppio filamento del B, in grado di penetrare nella cellula ed attivare
DNA, mostrano un quadro più realistico della le caspasi.
situazione.
Gli aspetti morfologici deirapoptosi possono Esempi di apoptosi in condizioni patologiche sono:
essere così sintetizzati: • l'apoptosi indotta da stimoli nocivi, di tipo chi­
1. implosione della, cellula, con diminuzione delle mico, fisico o microbiologico, di entità inferiore
dimensioni, addensamento del citoplasma, a quella necessaria a causare necrosi; di solito
impacchettamento degli organelli; questi stimoli provocano danni del DNA con
attivazione della via intrinseca dell'apoptosi;
2. condensamento della cromatina, che si raccoglie
alla periferia del nucleo in masse condensate di © la morte cellulare in alcune malattie virali, come
forma e dimensione variabili; il nucleo stesso si l'epatite virale;
può frammentare in due o più pezzi; • l'apoptosi che causa atrofia del parenchima pan­
3. formazione dei corpi apoptotici, che sono frammen­ creatico o delle ghiandole salivari in seguito
ti cellulari rivestiti da membrana integra, conte­ all'ostruzione del dotto escretore;
nenti citoplasma condensato, organelli, e talora ® infine, molti tumori presentano un elevato tasso
frammenti nucleari; di apoptosi, di solito proporzionato al tasso di
4. fagocitosi delle cellule o dei corpi apoptotici da parte crescita, ma anche in seguito a terapie farmaco-
di fagociti, generalmente macrofagi, con rapida logiche. Vale la pena di ricordare qui che l'insen­
degradazione nei lisosomi; sibilità all'apoptosi, specialmente alla via intrin­
seca, è una delle caratteristiche del cancro.
5. migrazione delle cellule circostanti sino alla coper­
tura dello spazio liberato dalle cellule apoptoti-
che. Talora si può verificare un processo limite La morte violenta della cellula: Necrosi
tra necrosi e apoptosi, nel qual caso all'implosio­ Un danno esogeno irreversibile causa la morte
ne cellulare può sostituirsi un rigonfiamento. di più cellule. Il complesso di modificazioni morfo-
All'esame istologico con colorazioni standard
(ematossilina ed eosina) le modificazioni si rendo­
no evidenti in singole cellule o piccoli gruppi cellu­
lari, con condensazione e frammentazione del
nucleo, ed una colorazione intensamente eosinofila
del citoplasma. Spesso sono visibili i fagociti conte­
nenti i corpi apoptotici (Fig. 9).
Esempi di apoptosi. Di seguito sono considerati
alcuni esempi reali di processi in cui interviene l'a­
poptosi, sia in ambito fisiologico che patologico.
Esempi di apoptosi fisiologica sono:
• l'embriogenesi, praticamente in tutte le sue fasi,
dove popolazioni selezionate devono scompari­
re per permettere il normale sviluppo dell'indi­
viduo;
• l'apoptosi da deprivazione ormonale nell'adulto,
come nella regressione dell'epitelio della mam­ Fig. 9 - Aspetto istologico della morte apoptofica. Si noti la
mella dopo lo svezzamento o nell'atrofia della sepimentazione abbozzata della cellula in cui si vanno forman­
prostata dopo castrazione, è deputata al mante­ do Ì corpi apoptotici.
Alterazioni cellulari irreversibili: la morte della cellula ^ 21

logiche cui vanno incontro i gruppi di cellule morte aumento delle dimensioni e formazione di bolle,
e il tessuto in cui tali cellule si trovano viene defini­ rigonfiamento degli organelli e disaggregazione dei
to necrosi. La necrosi è quindi riconoscibile solo a ribosomi; 2) il citoplasma appare più intensamente
distanza di tempo dalla morte cellulare. Il fenome­ eosinofilo alla colorazione con ematossilina-eosina,
no più importante della morte violenta della cellu­ sia per diminuzione della basofilia legata alla perdi­
la è la rottura delle membrane e la conseguente fuo­ ta di RNA ribosomiale che per il legame più inten­
riuscita del contenuto cellulare, che provoca una so della eosina alle proteine denaturate; 3) addensa­
risposta infiammatoria del tessuto. In altri termini, mento della cromatina e alterazioni nucleari progres­
le modificazioni macroscopiche e istologiche del sive dalla picnosi alla carioressi e cariolisi. Gli even­
processo di necrosi si instaurano su cellule che ti che completano il processo di necrosi comprendo­
muoiono in un tessuto vivente. Esso va distinto dal no: 4) la distruzione completa della cellula e il riversa­
fenomeno della autolisi postmortem, che è la mento del suo contenuto nel tessuto circostante;
degradazione delle cellule ad opera dì enzimi liso- 5) la infiammazione acuta con richiamo di granulociti.
somiali intacellulari. Gli aspetti morfologici del tessuto contenente la
massa delle cellule necrotiche sono diversi a secon­
Cause delia necrosi da della eziopatogenesi. Si possono distinguere due
tipi fondamentali di necrosi: coagulativa e colliqua­
Le cause della morte necrotica sono sempre tiva. Nella prima prevalgono i fenomeni di denatu­
patologiche, di aggressione esogena alla cellula di razione proteica, nella seconda dominano i fenome­
entità tale da provocare un danno irreversibile. Esse ni di digestione enzimatica. Nella prima l'architet­
comprendono principalmente danni ischemici, fisi­ tura generale del tessuto viene conservata almeno
ci o chimici, da agenti infettivi o tossici. inizialmente, nella seconda la colliquazione delle
cellule morte rende irriconoscibile il tessuto coin­
Meccanismi molecolari della necrosi volto. A distanza di tempo adeguato, con l'instau­
rarsi della risposta infiammatoria tissutale, anche la
La necrosi è il risultato della denaturazione delle
necrosi coagulativa diviene colliquativa.
proteine intracellulari e della digestione enzimatica
della cellula. Gli enzimi che agiscono in questo pro­ Necrosi coagulativa. Degradazione delle cellule a
cesso derivano sia dalle stesse cellule morte (autolisi) causa di acidosi intracellulare che denatura le pro­
die dai Iisosomi dei granulociti (eterolisi) della rea­ teine sia strutturali che enzimatiche della cellula. Il
zione infiammatoria che si instaura. Questi processi blocco di queste ultime fa si che non vi siano feno­
l'ichiedono ore per svilupparsi e, quindi, non siamo meni di autolisi. Le cellule necrotiche vengono poi
in grado di riconoscere istologicamente la morte eliminate dai granulociti della risposta infiammato­
delle cellule se non dopo diverse ore dall'evento. ria, che si instaura in un secondo tempo. Il processo
della necrosi coagulativa è caratteristico della morte
Aspetti biochimici della necrosi ipossica da ischemia in tutti i tessuti (Fig. 10). L'uni-
Le modificazioni biochimiche legate alla necrosi
sono: 1) proteolisi; 2) frammentazione del DNA;
3) alterazioni delle membrane cellulari.
La proteolisi è indiscriminata ad opera di varie
proteasi. Essa si instaura immediatamente nel caso
della necrosi colliquativa o segue il processo coagu­
lativo nel caso della necrosi ischemica. La frammen­
tazione del DNA avviene in maniera aspecifica in
frammenti delle più variabili dimensioni (Fig. 8). Le
alterazioni delle membrane sono grossolane e consisto­
no nella distruzione vera e propria sia della mem­
brana citoplasmatica che delle membrane degli
organelli citosolici. Tali rotture provocano il rilascio
del contenuto cellulare nel tessuto evocando inevi­
tabilmente una risposta infiammatoria acuta.

Aspetti morfologici della necrosi


Gli aspetti morfologici della necrosi sono legati
Fig. 10 - Necrosi coagulativo. Sezione del piccolo intestino in
cui si nota la necrosi coagulativa a tutto spessore della parete.
alla morte di gruppi di cellule e alla conseguente Questa è stata causata da trombosi aterosclerotica dei vasi arte­
infiammazione nell'ambito del tessuto coinvolto. riosi mesenterici. La ischemia conseguente provoca la cognazio­
Gli aspetti morfologici della necrosi possono ne delle sostanze proteiche del citoscheletro, pertanto la architet­
essere sintetizzati in eventi precoci e tardivi. Gli tura generale del tessuto appare conservata sebbene le cellule
siano morte. In alcuni villi, l'ischemia ha provocato la morte mas­
eventi precoci sono: 1) alterazioni delle membrane cel­ siva anche degli endoteli, per cui si osserva uno stravaso emati­
lulari conseguenti al rigonfiamento della cellula con co con conseguente infarcimento emorragico.
22 - Patologia della cellula
ca eccezione è il cervello, ove la necrosi ischemica è
colliquativa. Il termine gangrena viene utilizzato in
clinica per indicare la necrosi ischemica degli arti,
se questa si infetta e si trasforma in necrosi colliqua­
tiva si parla di gangrena umida.
Necrosi colliquativa. In questo tipo di necrosi prevale
la degradazione delle cellule ad opera di enzimi
lisosomiali dei neutrofili (Fig. 11). Il tessuto è com­
pletamente digerito e trasformato in una massa
liquida viscosa. È la necrosi tipica delle infezioni
batteriche o fungine localizzate. L'ascesso è il proto­
tipo di questo tipo di necrosi.
Esistono due tipi particolari di necrosi, la necrosi
caseosa e la steatonecrosi.
Necrosi caseosa. È un tipo particolare di necrosi
coagulativa associata a infezione da micobatteri
della tubercolosi e della lebbra. Fig. 1 1 - Necrosi colliquativa. Linfonodo ascessualizzato in cui
non è più riconoscibile la struttura. Le cellule linfonodali sono
Steatonecrosi. È un termine utilizzato in clinica che si state completamente distrutte e sostituite da materiale necrotico
riferisce alla distruzione focale del tessuto adiposo frammisto a una ricca componente granulocitaria.
causato da lipasi rilasciate a seguito di danno pan­
creatico e dall'instaurarsi di pancreatite acuta.
parte dei granulociti e macrofagi. Se i detriti necro­
tici non vengono eliminati rapidamente e compieta-
Esiti della necrosi
mente, possono causare la precipitazione di sali di
Le cellule necrotiche e i loro detriti vengono eli­ calcio o altri minerali e divenire calcifici. Questo
minati per digestione enzimatica e fagocitosi da fenomeno è definito calcificazione distrofica.

Aspetti distintivi delia morte cellulare per apopiósi e per necròsi

ÀpoptÒSÌ Necrosi v-v. o vv '


Cause -M orte fisiologica o in particolari condizioni pato­ - Sempre patologica
logiche - Ischemia
- Carenza di fattori trofici - Aggressione da granulociti
- Segnali specifici da cellule T o NK - Danni fisico-chimici o tossine (alte dosi)
- Danni fisico-chimici o tossine (basse dosi)
Istologia Cellule singole Aggregati di cellule che muoiono insieme con la
distruzione delia struttura tissutale
Alterazioni - Nuclei picnotici ~ Carioressi e ca n'olisi
della cellula - Addensamento del citoplasma con organelli intatti — Rigonfiamento citoplasmatico e degli organelli,
- Membrane citoplasmatiche e degli organelli formazione di bolle e distacco ribosomi
intatte con formazione di corpi apoptotici (fram­ - Membrane citoplasmatiche e degli organelli
menti cellulari circondati da membrana) distrutte con disgregazione completa della cellula
Effetti tessutali Assenza di infiammazione Infiammazione acuta c danno tissutale
Fagocitosi da cellule adiacenti
Non danno tissutale

| Bibliografia essenziale
Danial N.N., Korsmeyer SJ.: Cell death: criticai control Riedl S.J., Shy Y.: Molecular mechanisms of caspase regu­
points. Cell. 2004 Jan 23; 116(2): 205-19. lation during apoptosis. Nat Rev Mol. Biol. 2004 Nov;
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Brawn J.M., Attardi L.D.: The role of apoptosis in cancer
development and treatment response. Nat Rev Can­ Pontieri G.M., Russo M.A., Frati L.: Patologia generale III
cer. 2005 Mar; 5(3): 231-7. ed., Piccin, Padova, 2005.
Patologia del
1.3 ricambio cellulare
e Ruolo delle
cellule staminali

Attualmente il problema del ricambio cellulare è


¡§j introduzione in evoluzione, anche in rapporto con le conoscenze
G.M. Marìuzzi, L. Mariuzzi che si vanno accumulando sulle conoscenze concer­
Il ricambio, o rinnovamento, cellulare è il proces­ nenti le cellule staminali (si veda oltre).
so biologico fondamentale con il quale, nella mag­ Nei tessuti a cellule labili, queste si autorinno-
gior parte dei tessuti, vengono sostituite - rimpiazza­ vano e sono quindi inesauribili finché dura la vita
te - le perdite cellulari che, oltre ad essere continue e dell'individuo; talora la moltiplicazione cellulare
correlate con l'invecchiamento cellulare fisiologico, avviene in siti, o nicchie mesenchimali (Figg. 1 e 5),
sono anche occasionali per eventi patologici definibili siti del ricambio cellulare: sono strutture
destruenti come le necrosi cellulari, comunque indot­ mesenchimo-epiteliali deputate a sostituire le cellu­
te, le flogosi, i processi regressivi, le compressioni e le le che hanno terminato il loro ciclo vitale, il quale
asporatazioni chirurgiche parziali e terapeutiche. può essere anche di 100 ore circa per le cellule della
Il ricambio cellulare rappresenta la condizione mucosa enterica; ma deputate anche a recuperare le
di maggior rilievo per provvedere alla normale e perdite cellulari connesse con eventi patologici. Le
continua sostituzione (norma! turnover) fisiologica cellule epiteliali costituenti le nicchie, o comparti,
delle cellule che, terminato il loro ciclo vitale - per del ricambio cellulare, all'atto della cariocinesi,
invecchiamento - vanno perdute: quindi per il danno origine ognuna a due differenti citotipi: uno
ricambio, normale e necessario, affinché, nell'omeo- destinato alla differenziazione strutturale e funzio­
stasi tessutale, sia mantenuta costante la nale appropriata, l'altro alla conservazione del
massa/volume cellulare propria - programmata - comparto staminale.
dei vari tessuti ed organi. Infatti se si escludono le Le possibilità di un adeguamento estemporaneo
cellule nervose e le fibre muscolari, comprese quel­ del ricambio cellulare alle esigenze attuali, anche
le miocardiche, le cellule per la maggior parte molto pressanti, in tessuti a cellule stabili, trova
hanno tempi di vita limitati, anche molto limitati, documentazione significativa nelle risposte, non
come sono quelli dei globuli bianchi, dei granuloci- necessariamente sempre urgenti, che sono proprie
tici in particolare e dell'epitelio della mucosa delle ghiandole endocrine (Figg. 2 e 3). Il surrene in
gastroenterica; tempi che sono dell'ordine di 70-100 particolare può attuare, in tempi rapidi, aumenti
ore per le cellule epiteliali delle mucose dell'appa- della sua massa cellulare anche cospicui, tesi ad ade­
rato gastro-enterico; mentre le cellule epiteliali del guare le prestazioni funzionali alle esigenze create da
rene, del fegato, vivono anche qualche mese e circa situazioni di emergenza, quelle dello stress in parti­
120 giorni i globuli rossi; alcuni linfociti pare possa­ colare. Adeguamenti caratterizzati appunto da inne­
no restare vitali per anni. Si tratta quindi di funzio­ sco pronto di evènti proliferativi: così che, in tempi
ne che varia, almeno nei tempi e nelle modalità del­ brevi, la massa cellulare della corteccia surrenale può
l'attuazione, per i diversi tessuti ed organi. aumentare oltre il 100% soltanto per aumento delle
Differenze già colte, e descritte da B izzozero cellule della zona fascicolata; potendo le singole cel­
(1888, 1892, 93, e 94), che proprio in rapporto alle lule della zona fascicolata, almeno nelle fasi iniziali
differenze riscontrate nei diversi tessuti aveva della risposta a stress intensi, essere anche di volume
distinto gli organi, a seconda del ciclo vitale delle ridotto per il rilascio estremo di steroidi.
loro cellule, in: Data l'esistenza, dimostrata, di un ricambio, o
rinnovamento, continuo delle cellule usurate o in­
- quelli costituiti da cellule con ciclo vitale breve,
vecchiate, soprattutto nei tessuti e organi a cellule
o molto breve, (tessuti a cellule la b ili);
labili, ed in armonia con un tempo vitale program­
- quelli dotati di un rinnovamento lento o molto mato, parrebbe almeno ipotizzabile per organi ed
lento (tessuti a cellule s ta b ili); organismi un tempo di vita senza tempo, come sup­
- quelli in cui non aveva riscontrato equivalenti di posto da Carrel all'inizio del secolo appena trascor­
proliferazione cellulare (tessuti a cellule perenni). so; ma l'esperimento sulle culture di cellule miocar-
24 ® Patologìa del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

Fig. 2 - in a) tiroide normale di cavia non trattata (Emat. Eos.


150x); in b) ¡perpiasia ed ipertrofia delle cellule tiroidee prodot­
ta con somministrazione di ormone tìreotropo (Emat. Eos. 150x);
ine) attivazione delia proliferazione delle cellule tiroidee ottenuta
con somministrazione di ormone tìreotropo (Emat. Eos. 1OOOx}.

Fig. 1 - Mucosa gastrica di cavia: nei contesto delie ghiandole


gastriche la sede delie nicchie di cellule staminali che provvedono
al ricambio cellulare, contìnuo e molto rapido, è segnato dalle
metafasi "bloccate" con colchicina. (Emat. Eos. a) 150x, b) 400x).
diche, "eternizzate con succo embrionale", è poi risul­
tato essere un falso; a meno che le condizioni speri­
mentali attuate non avessero attivato cellule stami­ Fig. 3 - La somministrazione di un antìmitotico (TEM) inibisce
nali, allora ignote. Oggi, comunque, si è preso atto soprattutto la risposta iperplastìca delle cellule tiroidee allo stimo­
dell'esistenza, progressiva ed irreversibile, dell'in-
lo tìreotropinico. (Emat. Eos. 150x); il riquadro in alto a sinistra
documenta meglio ¡'inibizione della risposta iperplastìca.
vecchiamento anche del ricambio cellulare: cioè del
sistema composito, ad es. quello che avviene nelle
nicchie mesenchimali/ siti del ricambio e che prov­ attenua sempre, ed in tutti i tessuti dotati di attività
vede al rinnovamento delle perdite cellulari. cambiali; attenuazione graduale nel tempo e ten­
Infatti l'attività del normale ricambio cellulare si dente all'estinzione, condizione definita da Hay-
Introduzione ss 25

flick senescenza replicativa. Essendo il criterio del­


l'estinzione da assumere con molta cautela, e forse
da rifiutare, resta valido invece il principio della
senescenza replicativa e quindi dell'invecchiamen-
to, e quindi del progressivo rallentamento/cedi­ Tessuto a cellule labili
mento del rinnovamento cellulare.
Pertanto il ricambio cellulare è processo di adat­ Reintegro dell’organizzazione
tamento della biologia di tessuti ed organi, commis­ anatomo-funzionale
sionato per la sostituzione, comunque sollecitata,
delle cellule che hanno terminato il loro ciclo vitale
e di quelle morte per i più diversi eventi patologici
possibili, compresi quelli prodotti dalle terapie. Rinnovo delle perdite cellulari
Pur attivo in tutti i tessuti ed organi a cellule
labili ed anche in quelli a cellule stabili, è deputato Perdita continua di cellule
a mantenerne la loro integrità organica e funziona­ postmitotlche
le. Tuttavia è diversificato nei vari tessuti/organi e che hanno raggiunto il termine di
le diverse capacità e modalità di attuazione condi­
vita programmato (cellule labili)
zionano le possibilità, l'entità e le modalità del
recupero /riparazione delle perdite cellulari.
Nei tessuti/organi a cellule labili, essendo que-
st'ultime, quando differenziate, elementi postmito-
Neoformazione di cellule labili
nei comparti della rigenerazione
tici vegetativi, incapaci di riproduzione e con ciclo (neoformazione equicellulare
vitale breve, il loro ricambio richiede una genera­ corrispondente alle perdite reali)
zione continua e molto attiva di nuove cellule
(Tabb. 1 e 2) processo che avviene per lo più in
distretti o nicchie tessutali ben definite, le nicchie Recupero delle perdite cellulari fisiològiche
mesenchimo-epiteliali, siti dotati di cellule staminali
adulte programmate per il tessuto cui appartengo­
no e dotate di mesenchima specializzato. Questo
comprende anche cellule staminali mesenchimali
Integrità anatomica e funzionale del tessuti
capaci a loro volta di autoriprodursi per adeguarsi a cellule labili
alle esigenze del rinnovamento epiteliale.
In questi tessuti le cellule labili differenziate,
avendo un periodo vitale programmato molto
breve, vanno rapidamente incontro ad apoptosi,
nella mucosa enterica in particolare. La loro perdita
Perdita continua, fisiologica od Recupero integrale
occasionalmente patologica di delle perdite cellulari
viene esattamente compensata, qui come altrove, cellule labili differenziate
dal ricambio che è equicellulare; la costanza del
volume cellulare totale dipendendo da un esatto
rapporto - 1/1 - fra entità della morte apoptotica
ed entità della rigenerazione. Equilibrio che si ade­
gua alle variazioni fisiologiche, ma soprattutto
patologiche, della perdita cellulare. Attivazione, nei siti/comparti Produzione di nuove
del ricambio cellulare, delle- cellule labili, commisurata
I tessuti!organi classificati “a cellule stabili" cellule staminali all’entità della perdita
erano stati considerati privi di siti, o distretti/nicchie,
capaci di funzioni dedicate alle esigenze del ricambio
cellulare o, comunque di cellule in grado di replicar­ massa parenchimale residua. Aumento legato in
si e di compensare eventuali perdite occorse. Nella particolare all'attivazione estemporanea della proli­
norma, infatti, questi tessuti sono dotati di cellule a ferazione di cellule staminali residenti, ma anche di
ciclo vitale protratto, o molto protratto, così che la elementi staminali circolanti che vengano "cattura­
funzione cambiale, recentemente documentata, è ti". Così le cellule derivate possono provvedere ad
inapparente all'osservazione microscopica usuale: un recupero adeguato, a rigenerare cioè la massa
funzione inapparente e comunque discontinua. cellulare comunque perduta (Tab. 3).
Nelle condizioni nelle quali sia invece richiesto Le sedi in cui, in queste condizioni, di norma si
un aumento cospicuo di prestazioni, per eventi di riscontrano le mitosi sono ancora i comparti che
distruzione parenchimale consistente, connessi con provvedono alle esigenze del ricambio/rinnovamen­
asportazione chirurgica, nefrectomie o epatectomie to cellulare, quindi anche la sede delle cellule stami­
parziali, ad es., l'attivazione del ricambio cellulare nali, che, per il fegato ad esempio, corrispondono ai
ha evidenza morfologica non solo nell'incremento canali di Hering, cioè le microstrutture che connetto­
delle figure mitotiche, ma anche nell'aumento della no i canalicoli biliari con le travate epatocellulari.
26 ;; Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

|I recupero delle perdile cellulari-tessutali nei tessuti à cellule stàbili

Tessuto a cellule stabili

Perdite cellulari patologiche Reintegro delle Rinnovamento


Occasionali o periodiche perdite cellulari cellulare

Perdita cellulare Produzione cellulare


fisiologica continua- proporzionata alle perdite
Invecchiamento

Comparto tessutale
Danni tessutali diretti del ricambio cellulare o
Chirurgici, traumatici, tossici ecc. comparto cambiale con
cellule staminali

Perdita cellulare
complessiva
Danni tessutali indiretti:
immunitari, _______
autoimmunitari, flogistici,
ischemia, lesioni destruenti,
neoplasie: infiltrazione, compressione

In questa categoria di tessuti a cellule stabili, o in ziate ed incapaci di replicarsi, hanno le loro stami­
un suo sottogruppo, vanno collocati anche i tessu­ nali a contatto con la membrana basale dei tubuli
ti/organi nei quali l'intensità del ricambio dipende seminiferi, quindi nello strato basale dell'epitelio
da momenti, o eventi fisiologici, che sono disconti­ seminifero: sono elementi staminali che hanno i
nui ma periodici come ad es. il tessuto osseo in cui caratteri morfologici degli spermatogoni A. La pro­
l'osteopoiesi è commisurata alle variazioni del cari­ duzione delle cellule differenziate passa attraverso
co o ad eventi occasionali come sono le fratture; la un seconda serie di spermatogoni, morfologica­
mucosa uterina che deve essere ricostruita dopo mente diversi da quelli staminali, gli spermatogoni
ogni mestruazione o dopo ogni gravidanza; oppure B, da cui derivano gli elementi terminali, gli sper-
periodici od occasionali come quelli delle ghiando­ matociti, la proliferazione dei quali non ha funzioni
le endocrine, e dei bersagli dei loro ormoni, la cui cambiali ma di adeguamento del corredo cromoso­
liberazione viene attivata a seconda delle esigenze mico alle esigenze della fecondazione.
attuali che sono discontinue per momenti ed inten­ La proliferazione cambiale degli spermatogoni
sità. Si consideri in proposito la variabilità di even­ staminali, pur continua, è sottoposta al controllo
ti, già richiamati, che possono attivare il ricambio ormonale, operato in particolare dagli ormoni
nella corteccia surrenale. androgeni che ne modulano l'intensità; è inibita in
Eventi, non fisiologici, di accelerazione del modo significativo o grave dagli stress intensi e
ricambio cellulare si attuano in organi diversi, ad protratti che compromettono tanto la funzione
es. per produzione inappropriata di ormoni stimo­ gonadotropa dell'ipofisi quanto quella della game­
lanti la secrezione di altri ormoni, come accade togenesi.
nella patologia paraneoplastica; ad es. per secrezio­ Quindi controllo modulato, anche quello della
ne di POMC e/o ACTH da parte di neoplasie pol­ gametogenesi, non solo in rapporto con l'età - sene­
monari o di CRH nelle risposte per attivazione di scenza del ricambio - , ma anche costante, sebbene
cellule del sistema ìmmunocompetente (si vedano i con modalità discontinue, per stimoli psichici, emo­
capitoli rispettivi); o ancora nella patologia iatroge- zionali, stress ed ormonali, soprattutto legato alle
nica quando i farmaci somministrati siano in grado variazioni nella liberazione di ormoni sessuali.
di evocare risposte cellulari proliferative. La categoria dei tessuti a cellule perenni era
Differente e peculiare è il ricambio cellulare considerata priva di ogni possibilità o capacità di
negli organi genitali, sopratutto per la loro funzio­ generazione/ricambio cellulare; essendo per essi
ne di gametogenesi. Nel testicolo in particolare la considerato unico evento riparativo possibile la
produzione delle cellule terminali labili, gli sper- sostituzione connettivale, quindi la cicatrice
matozoi, cellule che sono postmitotiche, differen­ (Figg. 4 e 5). La dimostrazione, anche in questi tes-
Introduzione ss 27

suti/organi, di cellule staminali (Tab. 4), riapre oggi


il problema, comunque mai chiuso, per resistenza
di neoplasie nervose e muscolari che la reale assen­
za di cellule capaci di proliferare rendeva diffìcile o
impossibile giustificare. Certamente le perdite
parenchimali cospicue di questi tessuti vengono
per lo più riparate dai tessuti di sostegno, cioè dallo
stroma connettivale nel miocardio e dalla glia nel­
l'encefalo.
Ma la loro dotazione, dimostrata, di cellule sta­
minali cambia almeno le prospettive di possibili ini­
ziative terapeutiche, oggi nel fuoco dell'attenzione
di molti ricercatori.
Infatti l'argomento del rinnovamento cellulare
comprende, oggi e soprattutto in prospettiva, anche
la M edicina R igenerativa - MR -, disciplina entra­
ta prepotentemente nell'ambito delle possibilità,
finora impensabili, o precluse, e connesse con la
prospettiva di attuare riparazioni di tessuti ed orga­
ni, mediante la rigenerazione cellulare possibile,
almeno in teoria, anche per tessuti ed organi, già
considerati stabili, quindi ritenuti privi di ogni pos­
sibilità di ricambio cellulare, come sono il tessuto
nervoso e quello miocardico (Figg. 4 e 5).
Al ricambio cellulare provvedono, dunque, oltre
alle cellule differenziate anche, o in particolare, le
cellule staminali, almeno nei tessuti in cui sono
sempre attive, come in quelli a cellule labili. Il pro­
cesso rigenerativo può recuperare il danno, e
ricomporre la normalità anatomica e funzionale di
Fig. 4 - Sostituzione connettivafe di focolaio di necrosi miocar­ molti organi, purché la perdita tessutale non sia
dica ischemica - infarto ischemico - con esito in riparazione
cicatriziale (Mallory 200). stata tale da compromettere le cellule staminali
stesse, in pratica i comparti del ricambio; non abbia
cioè prodotto alterazioni importanti e significative
delle strutture mesenchimali-epiteliali e quelle con-
nettivali di sostegno, in particolare negli organi a
cellule stabili (Tab. 4).
Infatti in tutti i tessuti le perdite di massa cospi­
cue, per danni severi chimici, fisici, meccanici, chi­
rurgici, ischemici, possono compromettere in larga
misura la trama connettivo vascolare. Lesioni quin­
di che siano estese, soprattutto nei tessuti a cellule
stabili o perenni, come può essere ad es. una larga
distruzione del miocardio, della cute per gravi
ustioni o per un danno ischemico, vengono, di
norma, riparate per cicatrizzazione (Figg. 6, 7 e 8).
Ogni processo rigenerativo, per poter ripristinare
la normale struttura e funzione di un tessuto/orga­
no, dipende anche dal fatto che il danno incidente
non alteri in modo significativo l'integrità dell'orga­
nizzazione anatomica e funzionale delle strutture di
sostegno.
La rigenerazione/ricambio cellulare avviene ad
opera di cellule staminali, che possono costituire in
stretto collegamento con il mesenchima, distretti o
nicchie o comparti cellulari definiti, com parti del
Fig. 5 - Coronarosderosi arteriosderotica, riduzione grave dei ricam bio cellulare o nicchie m esenchim o-epiteliali.
lume vascolare, responsabile delia cicatrice miocardica postin­ Sono strutture istologiche caratteristiche diversa-
fartuale di cui alla fig. precedente n° 4} (Mallory 200 X). (Le
Figa. 4 e 5 sono dovute alla cortesia della ar.ssa Nicoletta Fina­ mente collocate nei vari tessuti, come, ad esempio:
to dell'istituto di Anatomia Patologica dell'Università di Udine). il colletto delle cripte nelle ghiandole intestinali
28 Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

Modalità possibili di recupero delle perdite cellulari-parenchimali in tessuti a cellule stabili e pérenni

Perdite cellulari consistenti


con compromissione della
organizzazione dell’architettura
vascoio-stromale

Perdite cellulari limitate


1
Cause incidenti
senza compromissione - vascolari: ischemie, infarti, congestione
vascoio-stromale - flogistiche: acute o croniche destruenti
- immuni, autoimmuni
I

Cause incidenti
- chimiche, tossiche
- farmacologiche, antiblastiche in particolare
tossiche, farmacologiche,
flogistiche, acute in
particolare ipossiche
1
Lentità del danno preclude
la rigenerazione e il recupero
della normalità
Attivazione del ricambio
cellulare possibile ma limitato: rigenerazione
Ripristino sólo parziale della
I
Perdita perenchimale
normalità anatomo-funzionaie sostituita da lesione
cicatriziale

l
Conseguenze: Danno anatomico-funzionale
persistente e inemendabile.
Cicatrizzazione
Es.: fibrosi polmonare; cirrosi epatica;
nefrosclerosi; gliosi sostitutiva;
flogosi e fibrosi evolutive
come tbc cronica per flogosi,
autoimmune come tiroiditi croniche,
surrenaliti destruenti, ecc.

sede di produzione delle cellule che rivestono la rivestimento della cornea; le cellule del canale di
mucosa; l'istmo nelle ghiandole gastriche; il rigon­ Hering per gli epatociti.
fiamento o tubercolo epiteliale del follicolo pilifero H rinnovamento cellulare, continuo o disconti­
nella cute (Figg. 14 e 15); il limbo per l'epitelio dì nuo che sia, è legato alla produzione e liberazione,

Cicatrizzazione
Reinnervazione
Rigenerazione circolo
linfatico
Neovascolarizzazione
Rimozione del coagulo

Riepiteìizzazione
Coagulazione

Danno tissutaie cutaneo con perdita di sostanza


Fig.6 - Schema della cronologia degli eventi coinvolti nella riparazione delle lesioni dermo-epidermiche (Da Patologia generale di Pon­
tieri e coll., Piccin, 2005).
Introduzione 29

Epidermide:
strato corneo

Epidermide:
strato germinativo

D erm a

Ipoderm a
Ferita limitata a margini giustapposti, con
riparazione e reintegro della struttura
danneggiata e della normale integrità Ampia ferita a margini irregolari, tale da non consentire
anatomica e funzionale i! recupero della integrità sia anatomica che funzionale
Fig. 7 - Modalità deila riparazione di lesione cutanea con resti­ Fig. 8 - Schema che rappresenta la riparazione per sostituzio­
tutio ad integrum, o per prima intenzione: recupero dell'integri­ ne connettivale con cicatrizzazione - guarigione per seconda
tà anatomica e funzionale delle perdite cellulari e tessutali intenzione -, di una lesione cutanea estesa, o lacero-contusa,
quando limitate (Da Pontieri e coll., Piccin, 2005). con perdita consistente di epidermide e di derma
(Da Pontieri e coll., Piccin, 2005).
Riepiteiizzazione

Escara Angiogenesi

Attivazione R eclutam ento/


piastrine Reclutam ento proliferazione
leucociti fibrobiasti
Coagulo

Deposizione
coiìagene Ili

M aturazione - Cherati nizzazione


«(JLueiiniuK epiderm ide

Regressione
rete vascolare

©'■'■> / ' Form azione


Miofibroblasti/ S com parsa
delia
' retrazione lecucociti/
cicatrice
della ferita fibrobasti

> O c A W tf0 « { > C


- D eposizione
E n tro u n a s e tti m àn a D a lla s e c p n d à s e ttim a n a collagene 1 ,'V:D0pó’if p rìn jo m e s e ;

Fig. 9 - Rappresentazione schematica degii eventi che si susseguono nella riparazione cicatriziale di lesioni cutanee con perdita di
tessuto, come nelle ferite lacero-contuse.

correlativa, di fattori di crescita capaci di stimolare Anche i fattori, eventi, comunque le cause, che
direttamente la proliferazione cellulare o di attivare possono compromettere o arrestare il ricambio cel­
sulla loro superficie cellulare recettori per molecole lulare sono molte e riproducibili sperimentalmente,
che, a loro volta, avviano le sintesi dei metaboliti con farmaci capaci di arrestare o rallentare i proces­
necessari. Sono oggi una vera moltitudine i fattori si replicativi (Baserga, Mariuzzi: 1953-1957). Sono
di crescita, le citochine, i componenti della matrice condizioni, non solo sperimentali ma di facile
extracellulare che partecipano, condizionano o riscontro nella patologia umana e causate, soprat­
determinano il ricambio cellulare e gli eventi delle tutto, ma non solo, da farmaci attivi nel compro­
riparazioni cellulari ad essi connessi. mettere il ricambio cellulare e perciò responsabili di
30 & Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
Agente: ferenziano per dare origine, attraverso i precursori
di specifiche linee differenziate, alle cellule mature,
come sono quelle di superficie della mucosa intesti­
Morbo di nale o della cute.
Parkinson
Morbo di Una delle maggiori rivoluzioni scientifiche cui si
Alzheimer è assistito negli ultimi anni è stata l'estensione, oltre
A . t»
oorea 01 i limiti del sistema emopoietico, del concetto di
Huntington organizzazione gerarchica di proliferazione e matu­
Meningiti razione delle cellule contenute all'interno di un
ipossie/ /
ictus / / a organo, come a suo tempo suggerito da Baserga,
Mariuzzi e coll, per il ricambio cellulare della
______ s . mucosa intestinale.
•.Traumi
Il modello di riferimento assunto è quello del
midollo osseo, che non è l'unico sistema di cellule
staminali dell'adulto. Corollario dell'ipotesi di par­
tenza è stato il criterio che la generazione delle cel­
lule mature di un organo avviene a partire da ele­
menti immaturi, considerati fenotipicamente non
sempre identificabili e denominati progenitori o
precursori di linee cellulari specifiche. In sostanza
esistono differenti classi di cellule staminali, inte­
grate nei diversi organi, che sono commissionate
per la produzione di tutte le linee cellulari costi­
Fig. 10 - Schema che riassume i danni del sistema nervoso, tuenti l'organo in cui risiedono.
riparati per sostituzione gliale di perdite cellulari-tessutali
(Da Pontieri e coll., Piccin 2005). Se tale passaggio logico è avvenuto naturalmen­
te ed è stato accettato senza critiche nel caso di
quadri di patologia umana definibile come patolo­ organi ad alto turnover, quali intestino e cute,
gia arigenerativa iatrogenica. (Si veda oltre). altrettanto non si può dire per organi a basso ricam­
Le staminali, nel riparare le perdite cellulari, bio, quali il cuore e l'encefalo, in cui gli eventi del
possono recuperare anche l'organizzazione struttu­ ricambio cellulare, le mitosi, non sono affatto evi­
rale e funzionale propria del tessuto danneggiato, denti e neppure evidenziabili con i metodi citologi­
recupero che si attua con modalità diversificate nei ci usuali.
singoli tessuti. La dimostrazione del potenziale di crescita di
Molte e promettenti sono oggi le ricerche ed i tali organi, considerati per lungo tempo definitiva­
risultati già ottenuti; ricerche che vedono impegnati mente differenziati - stabili o a cellule perenni - , ha
ovunque ricercatori di quasi ogni disciplina. Sono richiesto l'accumulo di una notevole quantità di
ricerche finalizzate alla identificazione di metodi apporti sperimentali, alla fine decisivi.
che possano incrementare le già larghe possibilità di In seguito, ed in analogia col sistema emopoieti­
miglioramento delle terapie oggi disponibili, e che co, diversi ricercatori hanno potuto consolidare le
sono ritenute sufficienti per ogni evenienza patolo­ loro ipotesi mettendo a punto tecniche di trapianto
gica, anche se la sufficienza sembra debba restare un di cellule staminali per trattare quadri clinici di
obiettivo irraggiungibile, almeno quando si propon­ patologie per le quali era appunto richiesta una
ga di pervenire ad un qualche genere di "eternizza- rigenerazione cellulare per sostituire cellule termi­
zìone": si deve infatti tener presente che anche il nali differenziate: così è stata aperta la strada a
ricambio cellulare e le cellule staminali hanno, in quella branca della medicina che va oggi sotto il
concreto, la loro senescenza ed un termine. nome di medicina rigenerativa, termine consonante
con quello di patologia arigenerativa (si veda oltre).
La seconda scoperta cruciale, nell'ambito della
| Le cellule staminali fisiologìa del ricambio cellulare, è avvenuta proprio
grazie a questo genere di esperimenti. L'analisi dei
A. Beltrami risultati ottenuti dal trapianto di cellule staminali
Definizione ha dimostrato, infatti, che queste possiedono poten­
zialità differenzia tive più ampie del previsto, feno­
Le cellule staminali sono elementi poco rappre­ meno espresso dal concetto di "plasticità delle cel­
sentati nella composizione cellulare dei vari tessuti, lule staminali" .
il cui ciclo è per lo più protratto nel tempo; sono Concetti e scoperte salutate con entusiasmo per
capaci di dividersi asimmetricamente per generare due ragioni: da un lato il superamento di un dogma
altre cellule staminali (autorinnovo) nonché le cel­ biologico consolidato (che distingueva ì tessuti in base
lule destinate alla maturazione (progenitori). Que­ alla loro derivazione da un particolare foglietto
sti ultimi elementi proliferano rapidamente e si dif­ embrionale); dall'altro l'identificazione della possibi­
Le cellule staminali ® 31

lità.di ovviare ai problemi, anche complessi, inerenti direttamente dall'embrioblasto senza l'intervento
l'uso di cellule staminali embrionali, quale fonte cel­ di agenti immortalizzanti o trasformanti. Esse pos­
lulare da utilizzare in medicina rigenerativa, sfrut­ sono essere propagate come culture di cellule sta­
tando la plasticità propria dai tessuti dell'adulto. minali omogenee ed espanse senza limite apparen­
te, mantenendo un cariotipo euploide stabile. Tali
cellule restano pluripotenti e conservano anche la
Fisiologia delle cellule staminali
capacità di generare un intero embrione (placenta
Negli ultimi anni sono state date numerose defi­ esclusa) anche dopo culture prolungate e diverse
nizioni di cellu la stam in ale. Un completo accordo manipolazioni in vitro. Pertanto, esse sono capaci
non è stato ancora raggiunto, ma numerosi Autori di reintegrarsi interamente nell'embriogenesi,
sono disposti ad accettare criteri stringenti e rigoro­ dando luogo a tutti i tipi cellulari; ma solo se rei­
si: una cellula staminale è una cellula dell'embrione niettate in ima blastocisti. Proprietà che rappresen­
(ESC o E S), del feto (FSSC) o dell'adulto (ASSO che ha, ta il presupposto scientifico per la creazione di ani­
in certe condizioni fisiologiche o sperimentali, la capaci­ mali transgenici. Infatti le cellule staminali embrio­
tà di riprodurre se stessa per lunghi periodi o, nel caso nali non sono considerate di per sé embrioni. Esse
delle cellule staminali adulte, per tutta la durata di vita acquisiscono un'intensa potenzialità di crescita e di
dell'organismo. Infine, essa è m ultipotente, cioè una auto-rinnovamento grazie a particolari tecniche di
singola cellula staminale può dare orìgine a numerosi cultura in vitro, poiché, come menzionato in prece­
tipi di cellule specializzate. d e n z a , in condizioni fisiologiche, nell'embrione in
via dì sviluppo, l'embrioblasto si differenzia spon­
® Cellule stam in ali em brionali: la definizione di
taneamente. Cellule derivate da esso persistono in
cellula staminale embrionale comprende di fatto
uno stato indifferenziato solo in condizioni patolo­
due categorie di cellule: l'em brioblasto e le ES pro­
giche (teratomi e carcinomi embrionali).
priam ente dette o anche Cellule Stam inali Totipo­
tenti (CST) ovvero le linee cellulari ottenute in • Cellule stam in ali dell'adulto (CSA): sono ele­
vitro per disgregazione della blastocisti. menti che si ricavano da tessuti degli animali adul­
Durante la fase iniziale (pre-impianto) dello svi­ ti, ma che possiedono proprietà delle cellule stami­
luppo, lo zigote si divide generando cellule, i bla­ nali: possono trovarsi integrate nell'architettura
stomeri, che si organizzano a costituire una masse- degli organi (cellule staminali residenti) o circolare con
rella solida di embrioblasti, denominata morula (IV la corrente sanguigna (cellule staminali circolanti).
giorno post-fecondazione). I blastomeri /embrio­
• Cellule stam inali residenti (CSR): questa catego­
blasti sono cellule totipotenti capaci di generare
ria comprende un gruppo di cellule indifferenziate
tutti i tessuti dell'embrione (compresa la placenta).
rare, a ciclo lento, con elevate potenzialità clonogeni-
Dall'ingresso della morula in cavità uterina (al 4°
che (cioè capaci di formare colonie di cellule conte­
giorno dalla fecondazione, 8-16 blastomeri) all'inter­
nenti altre cellule staminali insieme a progenitori e
no della massa dei blastomeri compare ima fessura
precursori): si trovano in tessuti differenziati, si auto-
semilunare che si riempie progressivamente di
rinnovano, e contribuiscono al normale ricambio cel­
liquido (blastocele), si amplia rapidamente e viene
lulare degli organi nei quali risiedono; ad es. nella
delimitata da un unico strato di cellule più periferi­
mucosa ileale, che viene rinnovata con continuità in
che: il trofoblasto. Si forma così la blastocisti (5°gior-
poche ore. Le cellule staminali adulte possono, quin­
no post-fecondazione, 12 cellule), che al suo interno
di, dividersi asimmetricamente generando, assieme a
contiene una masserella (inner celi mass) di cellule
cellule indifferenziate dello stesso tipo, anche le cel­
pluripotenti da cui originano tutti gli organi ed i tes­
lule progenitrici proliferanti attivamente con restri­
suti dell'embrione (esclusa la placenta).
zione di linea differenziativa (lineage-restricted).
Il processo di sviluppo dell'embrione contìnua
Queste diventano precursori commissionati per
con la proliferazione, il commissionamento, la segre­
generare alla fine, e con arresto di crescita, cellule
gazione e la maturazione dei vari elementi derivati
con differenziazione terminale morfologica e fun­
dall'embrioblasto. Questo processo porterà alla for­
zionale (cellule di superficie o di rivestimento, sem­
mazione di cellule, tessuti ed organi, fra loro del tutto
pre nel caso della mucosa intestinale o delle muco­
differenziati, passando attraverso stadi intermedi di
se genitali). Una chiara dimostrazione dell'esisten­
maturazione: progenitori multipotenti, tripotenti,
za delle cellule staminali adulte residenti è stata
bipotenti fino allo stadio di precursori unipotenti.
ottenuta in diversi organi: midollo osseo, fegato,
La perdita progressiva della potenzialità diffe-
cute, rivestimento epiteliale del tratto gastrointesti­
renziativa da parte delle cellule dell'embrioblasto è
nale, delle vie genitali, limbus corneale, retina, cer­
un fenomeno complesso dove pare giochino un
vello, muscolo scheletrico, polpa dentaria, pan­
ruolo rilevante modificazioni epigenetiche quali la
creas, miocardio, ecc.
metilazione del DNA e l'acetilazione degli istoni e
la perdita dell'espressione di fattori trascrizionali • Cellule stam in ali m idollari (CSM): il modello
quali Oct-4 e Rex-1. valido per rappresentare caratteri, citotipi, ruolo e
Le ES propriamente dette, di contro, sono linee funzioni del sistema staminale è quello del sistema
di cellule stam in ali pluripotenti (C.S.P.) derivate ematopoietico.
32 s Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
E6.5 E8.5 .£ 1 0 .5 •:v: £ 1 2 .5 : E 14.5 ■ £ 1 6 . 5 E1S.5 Nascita
- I ■ ■Vi :

Fig. 11 - Rappresentazione
schematica delie modificazioni
dei maggiori siti emopoietici
durante lo sviluppo embriona­
le di mammiferi. L'ematopioesi
origina dal sacco vitellino (SV)
per spostarsi al fegato e da qui
al midollo osseo. Durante il
periodo di transizione fra emo­
poiesi extraembrionaria ed
intraembrionaria la zona
Aorto-Gonadica-Mesonefrica
(AGM) e la SplancnoPleura
Para aortica (PSp, non rappre­
sentata in figura} sono sede di
emopoiesi. Tratto da: Baron
'primitiva MH: Embryonic origins of
mammaiian hematopoiesis.
Experimental Hematology 31
'definitiva' (2003) 1160-1169.

Classicamente sono state identificate due classi - la zona A GM (zona Aorto-Gonadica-Mesonefrica).


di cellule staminali residenti nel midollo: a) le cellu­
Dairirdzio della sesta settimana predomina l'e­
le staminali emopoietiche e b) quelle mesenchimaìi.
matopoiesi epatica (periodo epatico); dalla dodicesi­
• Cellule stam in ali em atopoietiche. L'ematopoie- ma settimana, a questa, si affianca l'ematopoiesi
si è un sistema di proliferazione, commissionamen- splenica (periodo epato-splenico).
to e differenziazione cellulare generato a partire da Dalla ventesima settimana, infine, l'ematopoiesi
cellule staminali multipotenti. La cellula più poten­ raggiunge la sua sede definitiva nel midollo osseo
te di questo sistema è chiamata cellula staminale emo- (periodo midollare).
linfopoietica primitiva ed è capace di generare tutti gli
elementi cellulari maturi del sangue oltre ai linfoci­
ti e alle cellule dendritiche.
Il sistema ematopoietico, di derivazione meso-
dermica, si sviluppa nei vertebrati per eventi in suc­
cessione ed in diversi siti anatomici. Le cellule ema­ :f '■
topoietiche primitive sono le prime cellule differen­ ■*¡'fi-?■ •
? 4.$
ziate che si formano nell'embrione di mammifero. i. :
E il sistema meglio studiato e che può essere
assunto a paradigma del ruolo delle CS nella diffe­
renziazione delle varie popolazioni cellulari che
generano le diverse serie emopoietiche.
Nell'uomo, l'ematopoiesi primitiva inizia nel
sacco vitellino (Fig. 11) tra la seconda e la terza set­
timana di gestazione (periodo mesohlastico dell'emo­
poiesi). Successivamente, verso la quinta settimana
di gestazione, l'ematopoiesi extraembrionaria si
arresta ed inizia quella definitiva.
Durante il periodo di transizione tra ematopoie-
si extra-embrionaria ed intraembrionaria (ovvero
tra il ventisettesimo ed il quarantesimo giorno di
gestazione) il pavimento aortico (Fig. 11) e l'arteria
vitellina appaiono ricoperte da centinaia di cellule
Fig. 12 - Sezione trasversa di un'aorta embrionale al XXXII
ematopoietiche, mentre due zone intraembrionarie giorno gestazionale. CD34 è marcato in verde e CD45 in rosso.
divengono sede di ematopoiesi: I progenitori emopoietici appaiono gialli essendo CD34 e 45 posi­
tivi ea aderiscono ai pavimento aortico (freccia). Tratto da: Péault
- la zona PSp (splancnopleura paraaortica) e, più B et a!.: Emergence of hematopoietic stem cells in the human embr­
tardivamente, yo. C. R. Biologies 325 (2002} 1021-1026.
Le cellule sfaminoli & 33

L'ematopoiesi primitiva determina: la produzio­ poietiche emergono, nello sviluppo embrionario


ne di eritroblasti nucleati di grandi dimensioni, di precoce, in stretta associazione con le cellule endo-
qualche megacariocito e di monociti primitivi. teliali (Fig. 12), suggerendo una possibile origine
Non è stato ancora chiarito se questi diversi tipi comune tra questi due citotipi (possibilità suppor­
cellulari originino da uno o più progenitori primi­ tata anche dalla condivisione di un rilevante nume­
tivi. ro di geni: Flkl, CD34, Scl/Tall, F ltl, GATA2,
La quantificazione dei progenitori eritroidi pri­ Cbfa/R un xl/AML1 e PECAM1).
mitivi, a differenti stadi dell'embriogenesi, ha indi­ Il modello che meglio descrive l'emopoiesi è un
cato che la linea eritroide primitiva è transitoria. modello gerarchico (Fig. 13) ove poche cellule sta­
L'ematopoiesi definitiva è caratterizzata, invece, minali emopoietiche primitive si dividono asimme­
dalla produzione di tutte le linee ematopoietiche. tricamente per generare altre cellule staminali ed
Le cellule eritroidi primitive e definitive differisco­ elementi più maturi (progenitori). Tali cellule (sta­
no fra loro per sito embrionale di formazione, minali e progenitori) sono fra loro indistinguibili
dimensioni, morfologia ed espressione genica. dal punto di vista morfologico. Le ultime posseggo­
L'opinione corrente è che ematopoiesi primitiva no ancora una certa capacità di auto-mantenimen­
e definitiva rappresentino due linee cellulari distin­ to, ma al contempo si differenziano verso una o
te, ovvero che non vi sia, nel corso dello sviluppo poche linee maturative.
embrionale, una migrazione di cellule primitive dal L'ematopoiesi è un sistema di proliferazione,
sacco vitellino al fegato, prima, ed al midollo osseo, commissionamento e differenziazione generato a
poi; ma, piuttosto, che vi sia un avvicendamento fra partire da cellule staminali multipotenti. La cellula
cellule staminali primitive e cellule staminali defi­ più potente del sistema, denominata cellula stamina­
nitive. le emo-linfopoietica primitiva, è capace di generare
Nonostante ciò, alcuni Autori ritengono che tutti gli elementi cellulari maturi del sangue oltre ai
questi tipi cellulari possano condividere un proge­ linfociti ed alle cellule dendritiche.
nitore comune. Gli elementi più immaturi identificabili morfo­
E interessante sottolineare che le cellule emato­ logicamente sono chiamati precursori. Questi ultimi

LT-HSC £ Cellula
Staminale
Emopoietica
ST-HSC
£

1
Progenitore
MPP Multi potente
Mieloide Linfoide
[Progenitore ---------V Progenitore
CFU-GEMMflHpMieloide- Linfoide
Comune Comune Progenitore
f ..... ................... ..... I f ▼.........:
Commissionato
MEP GMP
T
BFU-E CFU-meg CFU-M CFU-G CFU-Eo CFU-Baso 1 Pre-B

CFU-E Megacariocito Cellule


Mature
^ Neutrofifo Eosinofilo Basofilo ®Cellula B CellulaT Cellula NK

▼ *

Eritrociti Piastrine Macrofagi


Cellula Denditrica

Fig. 13 - Gerarchia concettuale dì cellule staminali emopoietiche. LT-HSC: cellule staminali emopoietiche con capacità di auto­
mantenimento a lungo termine; ST-HSC: cellule staminali emopoietiche con capacitò di automantenimento a breve termine; MPP:
progenitore multipotente; CFU: unità formante colonia CFU-GEMM: CFU granuio-eritro-megacario-monocitica; MEP: progenitore
megacario-eritrocitico; GMP: progenitore granulo-monocitico; BFU-E: unità formante colonia con capacità di crescita esplosiva eri­
troide; CFU-E: CFU eritroide; CFU-Meg: CFU megacariocitaria; CFU-M: CFU monocito-macrofagica; CFU-G: CFU granulocito neu-
trofila; CFU-Eo: CFU granulocito eosinofila; CFU-Baso: CFU granulocito basofila.
34 Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
sono destinati a differenziarsi negli elementi eritroide oltre a rare cellule capaci di ricostituire
differenziati del sistema emolinfopoietico. l'emopoiesi in accettori secondari (Becker et al.
I meccanismi precisi che regolano l'auto-mante- 1963, Wu et al. 1968).
nimento delle cellule staminali, così come l'esisten­ In seguito la dimostrazione della clonogerdcità è
za e la natura delle cellule più primitive ed i rap­ stata ottenuta anche attraverso esperimenti di mar­
porti tra queste ultime ed altri tipi cellulari, sono catura tramite retrovirus. Negli anni è stata investi­
tutti problemi estremamente dibattuti e sui quali gata a lungo la possibilità di arricchire le cellule sta­
non esiste ancora un accordo unanime. minali con metodi diversi che si basavano su:
In assenza di eventuali, danni di rilievo, il pool dimensioni e densità (centrifugazione in gradiente
di cellule staminali ematopoietiche rimane piutto­ di densità ed elutriazione), iniezione di farmaci atti­
sto costante. Ciò implica che circa la metà delle vi sul ciclo cellulare (quali il 5-fluoro-uracile) ed
divisioni cellulari serve per l'auto-mantenimento immunofenotipo (citofluorimetria). Quest'ultimo
del citotipo. Sebbene alcuni studi abbiano dimo­ metodo, nel modello sperimentale murino oggi
strato la possibilità di indurre alla proliferazione in molto utilizzato, ha consentito di individuare
vitro cellule staminali emopoietiche primitive tra­ numerosi marcatori capaci di identificare la frazio­
mite particolari cocktail di citochine, nella maggior ne cellulare (Lin- /lG, c-Kit+, Sca-1+, T h y l.l10) con­
parte dei casi questo provvedimento conduce alla tenente tutte le cellule capaci di ematopoiesi.
differenziazione o alla morte delle cellule più pri­ Alcuni di questi dati sono stati facilmente ed
mitive. Recentemente, è stato tuttavia dimostrato utilmente traslati all'uomo; altri, purtroppo, non
che alcuni fattori chiave nella regolazione del desti­ sono direttamente trasferibili alla nostra specie. Ad
no cellulare (tra cui: Wnts, Notch e Sonic hedgehog esempio, il principale marcatore di cellule stamina­
-Shh-) sono capaci di espandere ex-vivo le cellule li nell'uomo (CD 34) è negativo o espresso ad inten­
più potenti. sità bassa (indeterminabile in citofluorimetria) nel
Lo studio e la separazione delle diverse classi di topo adulto. Molto importante è sottolineare che è
cellule staminali e progenitori si sono ottenuti tra­ stato identificato anche l'immunofenotipo della
mite una serie di saggi in vivo ed in vitro. progenie più differenziata delle cellule staminali
La natura della cellula staminale primitiva è, (progenitori e precursori) e ciò si è rivelato essere
infatti, talmente sfuggente che la definizione più un ausilio importante nello studio delle malattie
rigorosa è ancora funzionale più che morfologica o onco-ematologiche.
immuno-fenotipica. L'identificazione e la caratterizzazione di cellule
Nel 1949 Jacobson e collaboratori scoprirono che staminali emopoietiche umane è stata ostacolata
l'aplasia midollare fatale conseguente alLirradia- dalla mancanza di saggi ottimali, I test in vitro,
zione letale di un topo poteva essere evitata scher­ infatti, sono capaci di dimostrare solamente i pro­
mando la milza dell'animale (che continua ad esse­ genitori più attivati e le cosiddette long terni culture
re un organo ematopoietico anche nell'animale initiating cells (LTC-IC), ovvero i progenitori quie­
adulto). Nel 1951 i gruppi di Jacobson e Lorenz scenti capaci dì automantenimento e di differenzia­
dimostrarono che l'iniezione di cellule spleniche o zione multilinea. L'impossibilità dì utilizzare saggi
midollari potevano salvare animali irradiati con in vivo nell'uomo, per ovvi motivi etici, impedisce
dosaggi letali. La presenza di cellule staminali e di dimostrare, nelle cellule da analizzare, una capa­
progenitori ematopoietici era evidenziata anche cità di auto-mantenimento duratura ed una diffe­
dalla formazione di colonie miste clonogeniche renziazione multi-linea comprendente anche la
(composte da granulociti, macrofagi e cellule eri- linea T linfocitìca.
troidi) nella milza di topi irradiati ed iniettati con Si è perciò ricorso a xenotrapianti in modelli ani­
cellule midollari. Le cellule fondatrici di noduli mali dotati di due caratteristiche fondamentali:
splenici in questo modello sperimentale furono mancanza di rigetto e presenza di un microambien­
definite CFU-S (colony forming units-spleen). te permissivo per l'attecchimento e la differenzia­
Occasionalmente CFU-S si possono formare da zione multilinea. I primi modelli che sembravano
cellule ulteriormente trapiantabili e capaci di rico­ soddisfare queste caratteristiche erano i topi SCID
stituire il sistema ematopoietico in un secondo ani­ (che mostrano un difetto cellulare B e T) ed i topi
male irradiato. L'origine clonale delle cellule ema­ beige/nude/xid (bnx) (che hanno un difetto T, B ed
topoietiche fu dimostrata inizialmente da studi di NK). Tuttavia, in questi animali, i macrofagi e le cel­
Till, McCulloch, Wu e Becker tra il 1961 ed il 1963. lule NIC rimanenti potevano ancora rigettare le cel­
Nei loro esperimenti, markers cromosomici casua­ lule trapiantate. Per ovviare questo inconveniente,
li venivano generati a seguito dell'irraggiamento topi SCID furono incrociati con topi NOD, che
del midollo del donatore. Colonie di cellule figlie mostravano difetti in queste due ultime categorie di
(identificate grazie alla condivisione del marcatore cellule. Grazie alla capacità di attecchimento 10-20
cromosomico) generate da un singolo precursore volte migliore di quella osservata nei topi SCID e
clonogenico venivano ritrovate nella milza di grazie anche a diversi altri vantaggi pratici, il
accettori condizionati. Tali cellule contenevano modello NOD-SCID è quello più comunemente uti­
sempre cellule capaci di differenziamento mielo- lizzato per studiare l'ematopoiesi umana in model-
Le cellule staminali « 35

li in vivo. Le cellule dotate di capacità di attecchi­ in seguito all'attivazione (mobilizzazione con G-CSF
mento in questi animali sono chiamate "SCID repo- o 5-fluorouracile). E importante sottolineare che
pulating cells" o SRCs. notevoli differenze inter-specie esistono nella regola­
Un modello animale più vicino all'uomo è stato zione dell'espressione del CD34.
sviluppato da Zanjard e collaboratori: consiste nel­ Più di recente sono stati utilizzati altri marcatori
l'iniezione intraperitoneale di cellule ematopoieti­ capaci di identificare cellule più primitive e condi­
che umane in feti ovini non condizionati. I vantag­ visi tra uomo e topo (es.: la capacità di estrudere
gi offerti in questo caso sono: Io sviluppo di tutte le coloranti vitali e la positività per il CD133).
linee emo-linfopoietiche e l'attechimento duraturo
® Progenitori em atopoietici: l'esistenza di proge­
(fino ad alcuni anni).
nitori clonali commissionati in senso mieloide e lin­
Dalla sperimentazione animale si è quindi evin­
foide è stata a lungo ipotizzata, ed inizialmente
to che l'antigene CD34 è il principale marcatore dimostrata, nel modello murino. Nell'uomo, tutti i
positivo per le cellule staminali e per i progenitori progenitori bipotenti linfo-mieloidi sono compresi
umani. CD34 è anche espresso sulle cellule endote- nella frazione CD34+CD38- .
liali dei piccoli vasi ed è un ligando della selectina- L'immunofenotipo del potenziale progenitore
L (CD62L). La funzione biologica di questo antige­ comune linfoide (CLP) umano è: Lin_C D 34+
ne è ancora poco chiarita sebbene paia coinvolto CD38 CD10+. Secondo alcuni Autori le cellule
nell'adesione cellulare al microambiente. Di tutte le CD34+CD38 CD7+ sarebbero CLP ancor più pri­
cellule ematopoietiche midollari, la frazione espri­ mitivi; in questo caso non è però stata testata la
mente CD34 è lo 0,5-5%. generazione di linfociti T.
Delle cellule CD34+, solo la piccola frazione (1- Le cellule CD34+CD38_CD7+ possono essere
10%) che non esprime né marcatori di maturazione ulteriormente suddivise sulla base dell'espressione
(Lin~: CD3, CD4, CD8, CD19, CD20, CD56, C D llb, di CD10 ed IL-7Rcc. La frazione CD10[oIL-7Ra+ è
CD14 e CD15) né il CD38 contiene cellule clonoge- fortemente arricchita in progenitori linfocitari B clo­
niche capaci di differenziazione linfoide (B/NK) e nali.
mieloide in vitro. La maggior parte delle cellule Per la differenziazione mieloide precoce, si iden­
CD34 positive (90-99%), infatti, coesprime l'antige- tificano tre popolazioni cellulari:
ne CD38 e questo sottoinsieme contiene la maggior
parte dei progenitori commissionati. Le cellule - i progenitori mieloidi comuni (CMPs)
CD34+CD38~, invece, sono fortemente arricchite in CD45RA_IL-3Raio,
LTC-IC e SRCs. - i progenitori granulo-monocitari (GMPs)
Nonostante ciò, la frazione cellulare CD34+CD38_ CD45RA+IL-3Rafé ed
è piuttosto eterogenea per marcatori di superficie e
funzioni biologiche. Per tale ragione si è deciso di - i progenitori megacario-eritrocitari (MEPs)
indagare altri possibili marcatori. CD90 (Thy-1) è CD45RA“IL-3Ror
uno di questi: una singola cellula Lin CD34+CD90+ • I precursori em ato p oietici sono le cellule midol­
può generare linfociti B e cellule mieloidi in coltura, lari che possono essere identificate morfologica­
mentre sono necessarie solamente IO4 cellule dotate mente come facenti parte di una specifica linea dif-
di tale fenotipo per ottenere lo stesso effetto in topi ferenziativa ematopoietica.
SCID. In particolare vengono distinti:
La più alta attività LTC-IC e SRC è, invece,
descritta nella frazione di cellule midollari - precursori eritroidi: i precursori degli eritrociti o
CD34+KDR(VEGFR2)+. eritroblasti; esistono perlomeno cinque genera­
Sebbene sia noto che, perlomeno alcune cellule zioni di eritroblasti tra i progenitori eritroidi non
staminali ematopoietiche murine, siano CD34- /10, morfologicamente riconoscibili, oltre alle cellule
l'identificazione di cellule umane Lin_CD34“CD38_ mature. Gli eritroblasti si sviluppano in stretta
con attività SRC sorprese la maggior parte dei ricer­ prossimità con un macrofago i cui processi cito­
catori di base e clinici. Sebbene cellule plasmatici abbracciano i singoli precursori eri­
Lin_ CD34_ CD38_ non contengano progenitori troidi. Diverse generazioni di eritroblasti sono
maturi e precursori (colony foming cells o CFC), esse associate ad uno o più macrofagi e l'intero com ­
possono generare in vivo ed in vitro cellule CD34+ plesso di cellule è noto come isolotto eritroblastico.
capaci di generare CFC. Ciò suggerisce che le cellule Gli eritroblasti sono convenzionalmente suddi­
CD34~ siano a monte delle cellule CD34+ e potrebbe visi in quattro categorie: proeritroblasti, eritro­
far sorgere il dubbio che ai pazienti trapiantati con blasti precoci (o basofili), intermedi (o policro-
cellule positive non siano state somministrate abba­ matofili precoci) e tardivi (o policromatofili tar­
stanza cellule negative e che ciò possa essere la causa divi). Nella tabella 5 sono schematizzate le carat­
del mancato attecchimento tardivo. Le cellule emato­ teristiche citologiche degli elementi più immatu­
ri della linea differenziativa eritroide;
poietiche di topi normali giovani sono principalmen­
te CD34+, mentre quelle dell'adulto sono prevalen­ - precursori granulo citici, esistono perlomeno
temente negative. Esse, però, acquisiscono l'antigene quattro generazioni cellulari dal precursore
36 - Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

Cdralteri^ichèicìtòl^idié dègli èleniénH^più imniaturi della linèà d ifl^ n n q fi

• Dimensioni 'r '- Nucleo Citoplasma

Proeritroblasto 12-20 |.im Grande e rotondo con cro­ intensamente basofilo con un
matina granulare contenente alone pallido perinucleare
diversi nucleoli
Eritroblasto precòce. Minori dimensioni rispetto ai Rapporto nucleo/citoplasma Citoplasma i nten sa mente
o basofilo proeritroblasto (N/C) inferiore al proeritro­ basofilo; può essere presente
blasto; cromatina granulare alone perinucleare
senza nucleoli visibili
Eritroblasto intermedio : Di dimensioni ancora minori Rapporto N /C ancora infe­ Citoplasma meno basofilo. Più
o policromatofilo precoce rispetto al proeritroblasto riore rispetto-al proeritrobla­ numerosi degli eritroblasti
sto; cromatina azzollata precoci
senza nucleoli visibili
Eritroblasto tardivo ^ Di dimensioni ancóra minori Rapporto N /C inferiore Citoplasma solo debolmente
opolicromatofilotardivo e di numero maggiore ri spet­ rispetto agli intermedi; cro­ basofilo e debolmente roseo
to agli intermedi, solo poco matina più azzollata come conseguenza dell'accu­
più grande dei globuli rossi mulo di emoglobina
maturi
Reticolociti -l. DÌ dimensioni lievemente Assente Contiene ancora una piccola
maggiori rispetto agli eritro­ quota di sostanza basofila
citi maturi (RNA ribosomiale) che si colo­
ra con blu di metilene

Caratteristiche citologiche degli elementipiùimmaturi della linea differenziatìva granulocitica

Dimensióni • Nucleo : 7 . -v • Citoplasma

Mieloblasto 12-25 um, di Nucleo rotondo od ovalare, cromati­ Da debolmente a fortemente basofilo. Al
forma più irrego­ na fine ed omogeneamente dispersa microscopio ottico non si evidenziano granu­
lare rispetto ad un contenente diversi nucleoli lazioni, ma nel contesto della mielopoiesi
proeritroblasto patologica possono essere cellule granulate,
Promielocito 15-30 um Nucleo lievemente indentato, nucleo­ Lievemente basofilo. Contiene una zona di
lato ■■ . . Golgi e numerosi granuli primari 0 azzurrofi-
li; cominciano a comparire le granulazioni
specifiche. Positivi alla perossidasi, al Sudan B
ed alle esterasi
Mielocito 10-20 Nucleo rotondo od ovalare, parziale Citoplasma meno basofilo. Possono essere
condensazione cromatinicd ed chiaramente distinti granuli specifici neutrofili,
assenza dei nucleoli eosinofili e basofilt (ai color lilla, arancione 0
rosso e porpora, nei preparati colorati con il
May-Grùnwald-Giemsa)
Metamielocito 10-12 ^m Nucleo marcatamente indentato 0 Citoplasma con caratteristiche intermedie fra il
reniforme, cromatina addensata mielocito e le forme mature

monocito-granulocitario non riconoscibile mor­ cellule sono capaci di divisioni cellulari. Dai mie­
fologicamente al granulocito maturo. La prima lociti più maturi originano i metamielociti, cellu­
cellula granulopoìetica riconoscibile è il mielobla- le incapaci di divisioni mitotiche, da cui per diffe­
sto, cellula ancora capace di dividersi e dalla cui renziazione derivano i granulociti maturi. Il
maturazione deriva il promielocito. Anche queste midollo è la principale riserva di neutrofili matu­
ultime cellule sono capaci di dividersi e matura­ ri. Nella tavola 6 sono schematizzate le caratteri­
no in mielociti. Esistono almeno due generazioni stiche citologiche degli elementi più immaturi
di mielociti per cui perlomeno alcune di queste della linea differenzia ti va granulocitica.
Le cellule sfaminoli & 37

- precursori m ono citic i: i memoriti derivano da un te dai basofili per le caratteristiche nucleari e per il
progenitore in comune con i granulociti. Il più fatto che i granuli non oscurano mai il nucleo.
immaturo precursore riconoscibile morfologica­
® Precursori linfocitici: i linfociti B e T condivido­
mente è il monoblasto, una cellula più grande di
no un'origine comune fra loro e con le cellule mie-
un mieloblasto con un citoplasma più abbon­
ioidi. Il midollo contiene sìa precursori (più abbon­
dante, variabilmente basofilo e dotato di un
danti quelli della lìnea T) sia cellule mature (più
nucleo rotondo o lobulato.
abbondanti quelle della linea B).
I monoblasti sono capaci di dividersi e di matu­ I linfociti midollari sono cellule di piccole
rare in promonociti, cellule di dimensioni simili ai dimensioni con un rapporto N/C elevato, essendo
promielociti, dotate di granulazioni citoplasmati­ scarso il citoplasma basofilo. I nuclei mostrano un
che e di un certo grado dì lobulazione nucleare, I certo grado di condensazione cromatinica, ma que­
promonociti maturano in monociti che migrano sta appare più diffusa di quella dei linfociti perife­
rapidamente nel sangue periferico. I monociti rici. La presenza dì queste cellule nel midollo dimi­
hanno un diametro di 10-20 firn, sono dotati di un nuisce con l'età passando dal 30-50% delle cellule
nucleo lobulato e di un abbondante citoplasma nucleate dell'infanzia al 15-25% di quelle dell'età
debolmente basofilo, che può contenere un piccolo adulta. Se il sangue midollare non è contaminato da
numero di granuli azzurrofili. I monociti nel midol­ sangue periferico, essi rappresentano circa il 10%
lo maturano in macrofagi. delle cellule nucleate. Il sangue midollare di bambi­
Queste cellule sono di grandi dimensioni (20-30 ni con varie patologie può contenere un significati­
¡im), di forma irregolare, con un basso rapporto N/C vo numero di cellule immature con caratteristiche
ed abbondante citoplasma basofilo. Quando relati­ tipiche dei linfoblasti leucemici.
vamente immaturi, possono avere un nucleo ovale Le plasmacellule, invece, sono rare nel midollo
con cromatina finemente diffusa. Quando maturi, il normale (<1% delle cellule nucleate). Sono cellule
nucleo è più piccolo e condensato ed il citoplasma caratteristiche con dimensioni di 15-20 juim, nucleo
può contenere gocciole lipidiche, cellule in degene­ eccentrico e citoplasma basofilo con una zona di
razione e detriti amorfi. Sia i monociti che i loro pre­ Golgi paranucleare prominente. Il citoplasma può
cursori sono cellule piuttosto rare nel midollo. contenere vacuoli ed a volte si colora di rosa con il
® Precursori m egacariocitici: in un midollo nor­ May-Grünwald-Giemsa. La cromatina è azzollata
male la cellula più precoce della lìnea megacarioci- ed assume in istologia il caratteristico aspetto a
taria, morfologicamente riconoscibile, è lo stesso ruota di carro.
megacariocito. • Cellule stam in ali m esenchim ali. L'identificazio­
Fa eccezione l'ematopoiesi anormale: in questo ne della natura delle cellule coinvolte nella ripara­
caso può a volte essere identificato un precursore zione cicatriziale e nella guarigione delle ferite è
megacariocitario di. dimensioni e morfologia simile sempre stato argomento di estremo interesse scien­
ad un mieloblasto, un megacariocito. I megacarioci- tifico. Molto precocemente ci si accorse che in que­
ti vanno incontro a poliploidizzazione mentre sti processi erano coinvolte due classi di cellule:
maturano, fino a generare cellule di grandi dimen­ quelle ematiche ed i fibroblasti residenti.
sioni (30-160 |im) con un'ampia eterogeneità di Nel 1867 Cohnheim suppose che i monociti del
dimensioni cellulari e di ploidia. I megacariociti sangue periferico potessero generare i fibroblasti
possono essere classificati sulla base delle caratteri­ coinvolti nella riparazione cicatriziale. Nonostante
stiche nucleari e citoplasmatiche in tre stadi di sia passato più di un secolo dalla formulazione di
maturazione: i megacariociti del I gruppo hanno un questa ipotesi, la possibile origine midollare dei
citoplasma molto basofilo ed un rapporto N/C ele­ fibroblasti presenti nelle cicatrici continua ad essere
vato; i megacariociti del II gruppo hanno un cito­ a tutt'oggi motivo di dibattito. Negli anni '30 Hug-
plasma meno basofilo contenente alcuni granuli gins, studiando sperimentalmente l'osteogenesi,
azzurrofili e con un più basso rapporto N/C, i osservò la formazione di osso ectopico conseguente
megacariociti del III gruppo hanno un abbondante
al trapianto in sede vescicale di tessuto fasciale, sol­
citoplasma lievemente basofilo contenente molti
levando questioni circa l'origine delle cellule osteo-
granuli azzurrofili. Questo ultimo gruppo di cellu­
geniche.
le è costituito da cellule mature capaci di produrre
Naturalmente, con lo sviluppo di nuove tecni­
piastrine ed incapaci di sintetizzare DNA.
che e di nuovi metodi di studio, non solo tissutali,
• P recu rsori m astocitici: i mastocìti derivano ma anche cellulari e molecolari, le conoscenze sul
dalla cellula staminale mieloide multipotente. turnover cellulare si stanno ampliando enorme­
Negli strisci midollari esse appaiono come cellule mente. Ciò che appare sorprendente, però, è che già
ovali o allungate di dimensioni variabili da 5 a 25 all'inizio del XX secolo molti dei concetti e delle
|im. Il nucleo è centrale, relativamente piccolo e domande fondamentali circa la rigenerazione tissu-
rotondo od ovale. Il citoplasma è stipato di granuli tale, il de-differenziamento e la mobilizzazione di
che assumono color viola con la colorazione di cellule residenti quiescenti erano state già poste.
Romanowsky. Queste cellule possono essere distin­ Come descritto nel precedente paragrafo, gli
38 & Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
esperimenti sui trapianti di midollo dimostrarono capacità di differenziarsi, in maniera non ortodossa,
che le cellule staminali ematopoietiche risiedevano verso linee maturative ectodermica ed endodermi-
nella frazione cellulare non-aderente. Altri studi ca. Questa proprietà, ancora controversa delle cel­
effettuati fra gli anni '50 e '60 dimostrarono inoltre lule staminali e che prende il nome di plasticità,
il rimarchevole potenziale osteogenico di cui sono verrà affrontata alla fine e più approfonditamente
dotate le cellule midollari qunado trapiantate in un in un apposito paragrafo.
sito ectopico.
Le cellule dotate di tale attività furono descritte @ Cellule stam in ali dell'intestino. Il turnover delle
inizialmente dai lavori pioneristici di Friedenstein cellule epiteliali del tratto gastrointestinale è un pro­
che dimostrò la formazione, a partire da colture di cesso costante che porta, in condizioni basali, alla
midollo intero, di colonie di cellule aderenti alla completa sostituzione del rivestimento epiteliale
plastica, cellule fibroblastoidi (Colony Forming intestinale in 2-7 giorni. Tale processo è regolato
Unit-Fibroblast o CFU-F). Tali cellule potevano dalla presenza di una classe di cellule staminali
essere espanse estensivamente in vitro e generava­ multipotenti, capaci di generare i quattro principali
no osso in vitro ed in vivo. tipi cellulari epiteliali presenti nel tratto gastrointe­
L'isolamento e la crescita di cellule staminali stinale (le cellule colonnari, le cellule secementi
mesenchimali fu effettuato in maniera metodica da mucina, le cellule endocrine e le cellule diPaneth).
Caplan verso la fine degli anni '80, ciò grazie anche Sia l'esatta natura che la localizzazione delle cel­
ad una revisione delle procedure impiegate nell'i- lule staminali intestinali sono ancora sfuggenti ed
solamento e nei saggi utilizzati per ricercare la pre­ oggetto di dibattito. Dall'analisi delTorigine del
senza di questa rara popolazione di cellule stamina­ flusso, cellulare, nelle ghiandole gastriche e nelle
li in piccoli aspirati midollari. cripte, si è potuta evincere la localizzazione delle
Una volta identificate le condizioni ottimali di cellule staminali nei diversi tratti intestinali. In par­
crescita, la relativa facilità di espansione di tali ticolare: nello stomaco, visto che la migrazione
popolazioni cellulari in vitro ha fatto sì che nume­ delle cellule differenzianti è bidirezionale a partire
rosi Autori se ne interessassero, operando tanto su dall'istmo, esse sarebbero localizzate in questo
modelli animali che sulTuomo, giungendo a defini­ distretto (Fig. 1); neirintestino tenue esse sarebbero
re la cellula staminale mesenchimale come: la cellu­ alla base delle cripte ed, infine, nel colon ascenden­
la residente in diversi tessuti dell'adulto che può essere te sarebbero localizzate nella porzione intermedia
clonata ed espansa in vitro fino ad un milione di volte, delle cripte, mentre si troverebbero alla base delle
mantenendo la capacità di differenziarsi secondo nume­ cripte del tratto discendente.
rose linee mesenchimali. Vi sono diverse ipotesi anche sul numero di cel­
I caratteri immunofenotipici della popolazione lule staminali presenti in una cripta: secondo la
cellulare espansa in vitro hanno dimostrato rasset­ cosiddetta "teoria unitaria" le cellule epiteliali del
to antigenico schematizzato in tabella 7. tratto gastrointestinale sono popolazioni clonali
Negli ultimi cinque anni, infine, l'attenzione del derivate da ima singola cellula staminale, mentre
mondo scientifico è stata particolarmente attratta secondo altri studi all'interno di una cripta vi pos­
da questa classe di cellule staminali per la loro sono essere fino a 16 cellule staminali. Probabil­

Immunofenotìpo di cellule staminali mesenchimali

Recettori Recettori
Marker Recéttori
di matrice per fattori Altri recettori: Assenza di: Altrimarkers:
di superfìcie: di cifochine:
extracellulare di crescilo: :

STRO-1, CD 13, IL-IR, 1L-3R, . I C A M - 1 , bFGFR, IFNyR,TGF|31R, CD14, CD34, Actina muscolo
CD29, CD44, IL-4R, IL-óR, 1 C A M - 2 , PDGFR, TGFJ32R, TNFR CD45, vWF, liscio, metavin-
CD49a,b,c,e,f, 1L-7R V C A M - 1 , NGFR selettinaP culina, miosina
CD51/CD54, ALCAM, Endo- muscolo liscio,
CD58, CD71, alin, recettore trombospondi*
CD73, CD90, aelló ialurona- na-1, variante
CD 102, CD 105, to, Integrine di fibronectina
CD 106, CDv/119, a l, a2, a3, comprendente
CD120a, CD120b, aA, aV, p i, (32, il dominio di
CD123, CD 124, [53, (34 splicing EDb e
CD126, CD 127, la laminino (32
CD140a, CD1Ó6,
P75, H1A A,B,C,
SSEA-3,
SSEA-4, D7
Le cellule staminali & 39

mente il numero di cellule staminali può fluttuare • Cellule stam in ali cutanee. La cute è un tessuto
durante il "ciclo criptico" ed esiste un valore soglia ad alto turnover, tantocché nel topo l'intero proces­
al di sopra del quale si assiste alla "fissione della so differenziativo, che porta le cellule dallo strato
cripta", cioè alla generazione di una nuova cripta. basale fino alla loro differenziazione terminale ed
Le cellule staminali gastrointestinali possono alla desquamazione, dura 10-14 giorni. La cute
essere dimostrate funzionalmente tramite la loro umana si rigenera più lentamente ma le cellule sta­
abilità di rigenerare intere cripte e, conseguente­ minali epiteliali devono fornire una progenie suffi­
mente, i villi a seguito di un danno da radiazioni. cientemente numerosa per alimentare una superfi­
Inoltre, intere cripte monoclonali sono state dimo­ cie di 1-2 m2 di cute per un tempo di alcune decadi.
strate in questa maniera, sostenendo, almeno nel Una delle premesse fondamentali alla scoperta
modello di danno, la teoria unitaria per cui una sola delle cellule staminali cutanee è stata la precoce
cellula staminale può rigenerare cripte intere. osservazione della possibilità di ottenere colture di
Anche in animali chimerici e mosaici (topi chimeri­ cheratinociti epidermici. Un'analisi attenta del
ci XX/XY o B6/SWR) studi di clonalità hanno potenziale proliferativo dei cheratinociti umani in
dimostrato che le ghiandole gastriche e le cripte coltura ha rivelato l'esistenza di tre differenti tipi di
sono strutture monoclonali. Studi su rari casi di chi- cellule capaci di generare colonie di dimensioni
merismo umano hanno ulteriormente supportato variabili: gli olocloni (formati da cellule dotate di
questa ipotesi (Fig. 14). un notevole potenziale proliferativo), i merocloni
Come la maggior parte delle cellule staminali (costituiti da cellule dotate di un potenziale di cre­
conosciute, anche questa classe è racchiusa in nic­ scita più ridotto) ed i paracloni (composti da cellu­
chie, strutture specializzate che forniscono un le capaci di una proliferazione e di un'espansione
microambiente ottimale per il mantenimento della molto limitata).
staminalità. La nicchia si pensa sia costituita da cel­ Studi compiuti negli anni '70 avevano rivelato
lule mesenchimali della lamina propria e dalla che l'epidermide è organizzata in colonne formate
membrana basale da loro secreta. Idealmente, ogni da foglietti di cellule in via di maturazione costitui­
nicchia possiede tre costituenti: le cellule di suppor­ ti da circa dieci cellule.
to, i fattori secreti da queste e le stesse cellule stami­ Studi di sopravvivenza all'esposizione a radia­
nali. Grazie alla precisa collocazióne topografica zioni ionizzanti suggerirono che le cellule stamina­
delle cellule staminali all'interno del sistema li dovevano rappresentare il 2-7% delle cellule dello
gastrointestinale, questo rappresenta un ottimo strato basale dell'epidermide.
modello per lo studio delr apporto fra cellule stami­ Diverse prove sperimentali sono state utilizzate
nali e microambiente. per identificare le cellule staminali cutanee, prove

origine monoclonale di cripte coliche umane: mucosa colica norma­


Fig. 14 - Origine clonale di cripte e villi intestinali umani, a)
le in un mosaico XO/XY. L'ibridazione in situ con una sonda specifica dimostra la presenza del cromosoma Y. Nell'immagine si
osserva una cripta XO (centrale) circondata da due cripte XY. b) I villi dello stesso paziente ricevono cellule da più di una cripta e
mostrano un pattern policlonale. Nonostante ciò, a parte alcune cellule infiammatorie positive per il cromosoma Y (spot rossi), la
maggioranza delle cellule del villo di destra sono XO (spot verdi), mentre quelle del villo di sinistra sono XY (spot verdi e rossi).
Novelli MR, Williamson JA, Tomlinson IP, et al. Polyclonal origin of colonic adenomas in an XO/XY patient with FAP. Science 1996;
272: 1187-90.
40 : Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
che hanno consentito di prospettare un modello 10 del follicolo pilifero, mentre solo una minima
sempre più raffinato e preciso del sistema. parte di queste cellule si trovava nello strato basale
Il primo metodo utilizzato era basato sulla mar­deirepidermide. Oggi si ritiene che questa sia la
catura della popolazione in vitro e sul successivo vera nicchia in cui sono raccolte le cellule staminali
utilizzo della stessa in esperimenti di ricostituzione cutanee e che da questa zona le cellule siano capaci
del tessuto epidermico in vivo. Secondo tali esperi­ di migrare verso la radice del pelo, le ghiandole
menti, il 10-12% delle cellule dello strato basale sebacee e lo strato basale dell'epidermide (Fig. 15).
sarebbero cellule staminali. Un'altra tecnica molto ® Cellule stam in ali m u rali. Mentre la dimostra­
elegante si basava sulle caratteristiche proliferative zione dell'esistenza di cellule staminali residenti in
delle cellule staminali. Queste ultime sono cellule organi dotati di un alto turnover non suscitò gran­
lentamente ciclanti che incorporano nel loro DNA di dibattiti, essa fu di certo molto più discussa per
analoghi delle basi (quali la bromo-deossi-uridina) gli organi ritenuti differenziati, quelli cioè definiti a
e li ritengono molto a lungo dopo la sospensione cellule stabili. Il sistema nervoso centrale è, in tal
della somministrazione degli stessi. Da questi espe­ senso, un esempio emblematico. Il dogma dell'im­
rimenti emerse.negli anni '80 un modello di omeo­ possibilità di generare nuovi neuroni nella vita
stasi cutanea per cui la divisione periodica di cellu­ adulta è perdurato fino alla fine del secolo scorso ed
le staminali lentamente ciclanti, presenti nello stra­ 11 riconoscimento della presenza di aree cerebrali
to basale deirepidermide, dava origine alle cosid­ con capacità rigenerativa neurogenica è avvenuto
dette "transiently amplifying cells", che popolava­ in seguito all'accumularsi di evidenze sperimentali.
no, in due o tre divisioni, la maggior parte dello All'inizio del 900 alcuni Autori avevano già
strato basale e poi differenziavano in cellule matu­ riportato la presenza, nei cervelli di mammiferi
re migrando verso la superficie. adulti, di aree con attività proliferativa localizzate
Negli anni '90, utilizzando la timidina tritiata negli strati subependimali della porzione anteriore
come analogo delle basi, è stato dimostrato che la dei ventricoli laterali. Ciò nonostante fu solo a metà
maggior parte delle cellule capaci di ritenere la degli anni '60 che, tramite l'utilizzazione della timi-
marcatura si trovava nella "bulge region", tuberco- dina tritiata e dell'autoradiografia, Altman e coll,
furono in grado di cogliere, nel ratto, cellule cere­
brali neoformate e di dimostrare l'esistenza di
numerose aree cerebrali capaci di neurogenesi post­
natale.
Nel 1983 Nottebohm e coll, hanno poi dimostra­
to che, in uccelli adulti, nel nucleo del controllo
Strali della voce erano attivi eventi di neurogenesi a par­
epidèrmici tire da precursori localizzati nel sottostante distret­
to ventricolare.
La piena accettazione dell'esistenza di un rinno­
vamento cellulare neurale si raggiunse solamente
all'inizio degli anni '90, quando furono utilizzati
nuovi metodi di marcatura delle cellule proliferan­
ti quali la bromodeossiuridina (BrdU) ed i retrovi-
rus. Gli studi di Luskin, Seki e di Arai e coll, aiuta­
rono a confermare l'esistenza di una rigenerazione
continua di neuroni anche durante l'età adulta in
alcune zone del sistema nervoso centrale. In parti­
colare, sembravano essere due le zone sicuramente
neurogeniche dell'adulto: il bulbo olfattivo (BO) ed
il giro dentato (GD) dell'ippocampo. Le nuove cel­
'Papilla lule neurali vengono originate da progenitori neu-
Dermica
rali localizzati nella parete anteriore della zona sub­
ventricolare (ZSV) in un distretto limitato, localiz­
zato nella parete anteriore dei ventricoli laterali. Le
cellule progenitrici neurali migrano (nei mammife­
ri adulti e nei primati) nel bulbo olfattivo tramite la
Fig. 15 - Diagramma del follicolo pilifero e delle linee cellulari
generate da parte delle cellule staminali epidermiche. Un com­ cosiddetta corrente migratoria rostrale (CMR)
partimento di cellule staminali multipotenti si trova a livello del (rostromigratory stream RMS), dove avviene la dif­
tubercolo pilifero, localizzato nello strato radicolare esterno ferenziazione dei neuroni del BO.
giusto al di sotto delie ghiandole sebacee. Le cellule muitipoten- La neurogenesi avviene anche nel GD di mam­
ti generano le linee cellulari dei follicolo pilifero, della ghiando­ miferi adulti (uomo compreso). Le cellule neurali
la sebacea e dell'epidermide. Laura Alonso and Eiaine Fuchs
11830-1Ì835 Proc Noti Acad Sci USA September 30, 2003 del GD adulto sono generate nella zona subgranu­
voi. 100 suppl. 1. lare del GD e si differenziano in cellule neurali e
Le cellule storninoli - 41

gliali. La figura 16 schematizza le aree contenenti modelli animali e nell'uomo, paiono supportare l'e­
cellule staminali neurali nel cervello murino. sistenza di una capacità rigenerativa delle fibre
L'evidenza di un rinnovamento cellulare dei miocardiche.
neuroni nell'adulto sollevò la questione dell'esi­ Infatti sia nei modelli animali che nell'uomo si
stenza di vere e proprie cellule staminali neurali assiste ad un aumento del numero dei miociti dopo
niultipotenti capaci di generare neuroni e glia. la nascita. Questi dati, ottenuti con metodi morfo-
Le prime cellule dell'adulto, che dimostrarono metrici ben convalidati, dimostrano che l'aumento
un comportamento da cellula staminale in vitro, della massa cardiaca durante la crescita fisiologica,
furono isolate nel 1992 da Reynolds e Weiss ed non può essere spiegato con la sola ipertrofia delle
erano di origine murina. fibre del miocardio.
In seguito venne accertato che tali cellule aveva­ Nonostante non ci sia ancora un unanime con­
no caratteristiche di clonogerdcità, autorinnovò, senso sull'entità e sui meccanismi di morte dei m io­
multipotenzialità e capacità di rigenerare tessuto citi (apoptosi, necrosi, combinazione dei due even­
dopo un insulto. Il marcatore caratteristico, che per ti), l'applicazione di sonde molecolari sensibili
molti anni le ha definite, era l'espressione del fila­ associata all'utilizzo della microscopia confocale,
mento intermedio nestina. ha reso accettabile il concetto che la morte miocitica
Dall'insieme delle conoscenze acquisite in mate­ sia un parametro quantificabile, in cuori normali e
ria si è giunti alTattuale teoria secondo la quale le patologici, sia nell'uomo che nei modelli animali. È
vere cellule staminali neurali sono alcuni astrociti della sorprendente che, anche considerando i valori più
zona sottoventricolare. consolidati, in assenza di rigenerazione miocardi­
Ancora controversa è, di contro, la possibilità di che, il cuore normale perderebbe gran parte della
neurogenesi nella corteccia cerebrale adulta. Sebbe­ sua massa in poche decadi e il cuore senile o scom­
ne alcuni Autori l'abbiano descritta in alcune aree pensato scomparirebbe al massimo nel giro di
cerebrali di macachi adulti, altri AA. hanno negato pochi anni.
queste possibilità. Negli anni '60, Linzbach fu il primo Autore a
notare un incremento nel numero dei miociti in
© Cellule stam in ali del m uscolo cardiaco. Analo­
cuori umani con marcata ipertrofia. Nel 1964,
gamente a quanto accaduto per il SNC, si sta facen­
Rumyantsev osservò che una piccola percentuale
do faticosamente strada l'ipotesi che anche il cuore
di miociti ventricolari adulti poteva rientrare e
sia un organo dotato di turnover regolato da un
completare il ciclo cellulare. Più recentemente il
compartimento di cellule staminali presenti nell'or­
nostro gruppo ha documentato l'attivazione del
gano e commissionate a produrre le diverse linee
macchinario del ciclo cellulare, l'incorporazione di
cellulari cardiache (pool staminale residente).
BrdU e l'espressione di Ki67 nei miociti. La dimo­
Diverse evidenze, indirette e dirette, ottenute da
strazione del fuso mitotico, l'identificazione dell'a­
nello contrattile tra le due cellule dividentisi, la
cariocinesi e la citocinesi hanno inequivocabilmen­
te dimostrato che un sottoinsieme di miociti si può
replicare. L'identificazione di progenitori e della
proliferazione miocitica nei cuori trapiantati e
post-infartuali, così come l'espressione di fattori di
trascrizione e proteine citoplasmatiche cardio-spe-
cifiche, in cellule scarsamente differenziate, ha sug­
gerito l'ipotesi dell'esistenza di una cellula cardia­
ca primitiva residente.
La presenza del cromosoma Y nei miociti, nelle
cellule muscolari lisce, in quelle endoteliali ed in
quelle con caratteristiche fenotipiche di "staminali-
tà", dei cuori di donatori di sesso femminile tra­
piantati in pazienti maschi, ha ampliato ulterior­
mente lo scenario. Questa capacità di auto-ripara-
zione del cuore, ha spostato l'attenzione su due fat­
tori: l'origine delle cellule reclutate e la capacità del
Fig. 16 - Nicchie di cellule staminali neurali ne! sistema ner­ microambiente cardiaco di richiamare, ospitare e
voso centrale di topi adulti. A Ippocampo. B. Sezione longitu­
dinale di un cervello murino in cui sono indicate la Zona Sotto indurre la differenziazione di queste cellule "ripa­
Ventricolare (ZSV) e la CMR. CB: cervelletto. Bottai et al. JOUR­ ratrici".
NAL OF HEMATOTHERAPY & STEM CELL RESEARCH 12: 655- La dimostrazione inequivocabile dell'esistenza
670 (2003). Modified from Gage, FH. (2000). Mammalian di una popolazione primitiva residente nel cuore è
neural stem cells. Science 287: 1433-1438, originally appea­ stata ottenuta, su cellule murine c-Kit+. Tali cellule
ring in Garera-Verdugo, JM et al. (1998). Architecture ana cell
types of the adult subventricular zone: in search of the stem ceils. hanno dimostrato le principali caratteristiche di sta-
J Neurobiol 36(2): 234-248. minalità: auto-mantenimento, multi-potenzialità
42 Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

><

X ' V.

■■

K
Fig. 17 - Cuore di ratto infartuato iniettato con cellule staminali cardiache e sacrificato dieci giorni dopo l'infarto. Le cellule stami­
nali sono state marcate in coltura con un retrovirus per inserire il gene della proteina fluorescente verde (EGFP). Nel riquadro K si
può osservare come le cellule marcate (fluorescenza verde) si vadano a localizzare lungo tutta l'area infartuata. La fluorescenza
rossa indica una reattività per ['anticorpo contro la miosina cardiaca. L'area compresa nel rettangolo è visualizzata ad un maggio­
re ingrandimento in L. Le cellule iniettate (fluorescenza verde) dimostrano una positività per ia miosina cardiaca (riquadro M,TTuo'
rescenza rossa), nonché la capacità di integrarsi in capillari ed arteriole, generando in vivo cellule endotelio!i (riquadro N, von Wil-
lebrand Factor, fluorescenza violetta) e cellule muscolari lisce (riquadro 0 , actìna muscolo liscio, fluorescenza violetta). Beltrami et
al.: Celi, Voi. 114, 763-776, September 19, 2003.

(differenziamento endoteliale, muscolare liscio e nel corso della vita adulta e che esse non possono
miocitico) e capacità di ripopolare funzionalmente il derivare da cellule terminalmente differenziate.
cuore quando trapiantate in un organo danneggiato.
• Cellule staminali circolanti. Alexander Maxi-
In topi di 3 mesi di età è stata dimostrata la pre­
mov nel 1909 postulò l'ipotesi che fra i linfociti del
senza di cellule indifferenziate esprimenti c-Kit,
sangue periferico circolasse ima popolazione di
MDR1 e Sca-1. Questi antigeni erano anche presen­
cellule staminali comuni (Gemeinsame Stammzel-
ti in progenitori e precursori, che esprimevano,
len), che avevano, o potevano riacquisire, una plu-
rispettivamente, fattori di trascrizione e proteine
ripotenzialità. Questo studioso russo probabil­
citoplasmatiche e di membrana specifiche dei nuo­
mente non poteva immaginare che sarebbe occor­
citi, di cellule endoteliali e di cellule muscolari lisce.
so più di mezzo secolo prima che il potenziale
Sono state altresì identificate nello stesso modello
terapeutico del suo postulato potesse essere sfrut­
murino nicchie caratterizzate dalla presenza di cel­
tato per le malattie ematologiche. Fu il fondamen­
lule primitive e di progenitori e precursori. Un long-
tale studio di Goodman e Hodgson, a dimostrazio­
term labeling assay ha dimostrato desistenza di una
ne che cellule staminali circolanti potevano salva­
produzione di cellule primitive, commissionate ed
re topi irradiati con dosi letali, a gettare le basi per
infine mature. La figura 17 illustra il potenziale
la raccolta delle cellule staminali ematopoietiche
rigenerativo e differenziativo di cellule staminali
dal sangue periferico.
cardiache.
Occorse tuttavia circa un secolo prima che lo
• Altri organi. Abbiamo fin qui riassunto i caratte­ stesso concetto fosse esteso alle malattie non-ema-
ri principali delle cellule staminali residenti meglio tologiche. Ora, 100 anni dopo quell'intuizione
documentate. Inoltre sono numerosi gli studi che visionaria, l'idea di riparare vari òrgani con l'impie­
stanno estendendo a diversi organi solidi (fegato, go di cellule staminali che circolano nel sangue
muscolo scheletrico) il modello gerarchico di diffe­ sembra molto attuale. Infatti, è molto recente la sco­
renziazione, maturazione e ricambio cellulare in perta di cellule staminali, diverse da quelle emato­
analogia a quello ben consolidato e caratterizzato poietiche, che circolano nel sangue: vi sono incluse
del sistema emopoietico. Inoltre, in numerosi orga­ le cellule staminali mesenchimali, i progenitori
ni sono state identificate cellule che possiedono il delle cellule endoteliali (EPCs) e, ciò che è più rile­
solo marker che accomuna tutte le cellule stamina­ vante, ima nuova classe di cellule che sembra ricor­
li, cioè la proprietà di estrudere il colorante fluore­ dare quelle postulate da Maximov. È anche impor­
scente Hoechst 33342, e ciò suggerisce che cellule tante notare che questo pool circolante aumenta in
staminali residenti sono presenti in ogni organo. alcune condizioni patologiche. Ad esempio, i livelli
Per molti altri visceri, come il pancreas, l'identi­ di EPC circolanti aumentano nei pazienti con alto
ficazione di una cellula staminale putativa resta elu­ rischio di accidenti cardiovascolari e dopo un infar­
siva, ma sappiamo che nuove cellule sono generate to miocardio.
Modalità del ricambio cellulare & 43

Plasticità delle cellule staminali lule staminali capaci di sostenere il normale ricam­
bio cellulare dei più diversi tessuti.
Il termine plasticità definisce la proprietà delle Il rapporto fra cellule staminali ematopoietiche e
cellule staminali di un adulto di generare cellule cellule staminali residenti non è ancora compieta-
differenziate di un tessuto anche non correlato mente chiarito per i diversi tessuti, ma ciò che
embriológicamente a quello di origine. appare chiaro è che la terapia cellulare basata sul-
Questo termine venne coniato a seguito di espe­ l'utilizzo di cellule staminali è, seppur in una fase
rimenti che avevano dimostrato la possibilità di uti­ pionieristica, molto promettente.
lizzare cellule staminali di origine midollare per
rigenerare diversi organi dell'adulto. Numerose
teorie sono state formulate per spiegare questo
fenomeno sorprendente. (O Modalità del ricambio cellulare
Una prima teoria ipotizza che le cellule stamina­ G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi
li siano capaci di de-differenziarsi, riprogrammarsi
Essendo le perdite cellulari dipendenti da cause
e ri-differenziarsi in risposta agli stimoli ambientali
diverse, gli eventi per la loro sostituzione (Tab. 8) -
deirorgano che le accoglie
ricambio cellulare - possono essere:
Alcuni anfìbi quali gli Urodeli sono capaci di
rigenerare interi arti ed il meccanismo coinvolto è - costanti e rapidi come accade nei tessuti dell'e-
il de-differenziamento ed il ri-differenziamento. In matopoiesi, nella maggior parte delle mucose,
un certo qual modo in linea con queste scoperte è dell'apparato digerente in particolare, nella
la teoria "chiaroscuro stem celi" formulata da cute, negli organi della gametogenesi: sono tes­
Quesenberry e collaboratori. Secondo questi Auto­ suti che hanno un ciclo vitale breve - ore o gior­
ri più che un'organizzazione gerarchica esiste un ni - e richiedono quindi un ricambio cellulare
continuum fluttuante: cellula staminale/progeni­ oltre che costante anche rapido (Tabb. 1 e 2);
tore. La propensione di una cellula a differenziarsi
è strettamente legata alla fase del ciclo cellulare in - discontinui e di adattamento propri dei tessuti
cui essa si trova: le cellule più quiescenti sono "più nei quali il ricambio cellulare, di base più o
staminali", mentre quelle in ciclo sono "più proge­ meno lento, o anche inapparente e che dipende
nitrici". dalle necessità fisiologiche attuali, come accade
Altra teoria chiamata in causa per spiegare il per le ghiandole endocrine, soggette appunto a
fenomeno della plasticità è l'esistenza di un "san­ richieste discontinue, ma talora improvvise ad
tuario midollare" contenente al suo interno diverse es. a seguito di stress, condizione che può richie­
classi di cellule staminali, ciascuna commissionata dere accelerazioni consistenti di neoformazione
verso una determinata linea differenziativa (ad delle cellule secementi dell'asse ipofisi-surreni;
esempio sono state identificate cellule staminali pri­ oppure per il tessuto osseo, in cui la struttura
mitive midollari esprimenti mRNA caratteristici di delle trabecole varia in rapporto alle variazioni
una differenziazione precoce in senso neurale, del carico e delle attività motorie della muscola­
muscolare ed epatico). tura scheletrica;
Una terza teoria spiega i risultati ottenuti negli - riparativi o rigenerativi propri di tutti gli orga­
esperimenti di plasticità attraverso il fenomeno ni che, di norma, può essere più o meno lento,
della fusione tra le cellule differenziate dell'ospite e ma attivabile, e comunque commisurato all'enti­
le cellule staminali del donatore. L'esistenza e la tà delle perdite cellulari, come accade alla muco­
rilevanza di questo fenomeno in vivo è stata dimo­ sa uterina le cui perdite cellulari, all'atto della
strata, ad esempio, nella riparazione sperimentale mestruazione, sono massicce ma episodiche ed
di una patologia epatica congenita (la tirosinemia in rapporto con i cicli della secrezione ovarica;
ereditaria di tipo I). Comunque l'argomento è anco­ ma anche in altri organi e tessuti, come fegato e
ra molto dibattuto. rene, endotelio vascolare, cute ed altri, in rela­
Una quarta teoria ipotizza l'esistenza aH'interno zione ad eventi patologici responsabili di perdi­
del midollo di una classe di cellule staminali molto te cellulari o a somministrazione di farmaci -
simili a quelle embrionali: cellule, denominate forme iatrogeniche - o per atti chirurgici di
"progenitori multipotenti" dell'adulto (MAPCs), asportazione, epatectomie parziali, nefrotomie,
parrebbero essere i progenitori comuni di cellule ad es. (Tab. 3);
staminali mesenchimali e cellule staminali emato­
poietiche. La loro enorme plasticità (partecipano - riparativi cicatriziali, propri soprattutto degli
alla costituzione praticamente di tutti i tessuti del­ organi a cellule perenni - muscolatura scheletri­
l'adulto se iniettate in una blastocisti) le rende par­ ca, miocardio, tessuto nervoso - (Tab. 4), nei
ticolarmente idonee come fonte da utilizzare nella quali le cellule staminali, di norma, inapparenti
terapia cellulare. o poco attive, sembrano in grado di sostituire
Si sta facendo sempre più strada l'ipotesi che singoli o pochi elementi cellulari. Tuttavia la
tutti i tessuti dell'adulto, compresi quelli un tempo riparazione per cicatriche si verifica anche negli
considerati differenziati, contengano un pool di cel­ organi a cellule labili o stabili, quando le perdite
44 « Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali

Lo schema métte in evidenza l'entità possibile di ricàmbio cellulare e dèlia riparazione di danni
operate dalrinnovamentocelluiare (in azzurro) e/o dalla riparazionecicatriziaÌe(i

Lo schema vuole rappresentare, in estrema sintesi, le differenze sostanziali della capacità/possibilità di riparazione delie perdite cellulari
nelle diverse categorie di tessuti. Sono differenze correlate e dipendenti dalle potenzialità attuali del loro ricambio cellulare proprio di ogni
categoria; nello schema espresso dall'intensità del colore azzurro: capocità infatti marcate per i tessuti a cellule labili; meno pronte ed effi­
caci nei tessuti a cellule stabili e molto limitate ed inapparente nei tessuti a cellule perenni.

cellulari /tessutali siano cospicue. In tutte queste


| Patologie da alterazioni
del rinnovamento cellulare
evenienze il danno viene riparato, in parte o del
tutto, da neoformazione di vasi sanguigni -
capillari - e dalle cellule stromali, connettivali o G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi, C. Rubini
gli ali che siano.
Un ricam bio cellulare inadeguato, o comunque
Sembra opportuno richiamare ancora il dato di rallentato, causa riduzione della massa cellulare di
fatto che le basi del ricambio cellulare sono state un organo/tessuto, cioè un'ipotrofia da ip op lasia:
poste, verso la fine deir800 - 1888,1894 - da Giulio questa può essere fisiologica come accade nell'invo­
Bizzozero cui fanno capo diverse Scuole dell'anato­ luzione programmata del timo, o nella senilità, molto
mia patologica italiana. evidente in alcuni organi, ma anche patologica.
Al ricambio cellulare, continuo o riparativo che Forma fisiologica paradigmatica è l'ipotrofia da
sia, provvedono in particolare le cellule staminali, già rallentamento severo del ricambio cellulare che
considerate. consegue a riduzione o sospensione di stimoli
Nella norma il volume della massa cellulare di endocrini per cessazione fisiologica di funzioni
un organo, o sistema, viene mantenuta da un soprattutto ipotalamo-ipofisarie come sono quelle
ricambio cellulare, rigenerazione, che è di intensità che regolano la gemetogenesi ovarica ma anche
variabile da tessuto a tessuto e commisurato alle delle mucose genitali, ad es. della mucosa uterina,
esigenze attuali di sostituzione delle cellule che, ter­ che diviene ipotrofica o dei testicoli (riduzione o
minato il loro ciclo vitale, vanno incontro agli even­ sospensione della gametogenesi ed ipotrofia secon­
ti di morte cellulare programmata - apoptosi - , ma daria dell'epitelio seminifero).
anche di quelle che vanno perdute per morte non La forma patologica comprende i processi pato­
programmata, cioè secondaria alle varie patologie. logici destruenti singole ghiandole endocrine, come
Ogni squilibrio in questi eventi complessi della le flogosi autoimmuni, tiroiditi, surrenaliti, le meta­
rigenerazione cellulare causa danni tessutali, anche stasi, le neoplasie primitive non funzionanti, le
rilevanti, che si esprimono da un lato con atrofia, ischemie, in sostanza tutte le patologie che compor­
ipotrofia, insufficienza funzionale e, dall'altro, con i tino perdita o ipotrofia del parenchima funzionante
quadri dell'iperplasia quando la neoproduzione di degli organi che sono bersaglio dei rispettivi ormo­
cellule avvenga in eccesso. ni: come sono la necrosi ipofisaria da parto o le
Patologie da alterazioni del rinnovamento cellulare « 45

gravi patologie ipotalamiche, cui consegue ipotro­ Perdite cellulari, soprattutto


fia di tutte le ghiandole endocrine dipendenti, recenti ed anche ripetute Perdite cellulari tessutali
soprattutto della tiroide e dei surreni (si veda siste­ cospicue protratte
ma endocrino). Queste ipotrofie endocrine sono in ed evolutive croniche
genere recuperabili con terapie che sostituiscano gli Esempio: gastrite acuta
ormoni carenti. anche erosiva

Esempio: ulcera
Patologia arigenerativa peptica cronica
Attivazione della rigenerazione
Ipotrofie sistemiche causate da compromissione
o blocco del ricambio cellulare, gravi o molto gravi,
associate anche con lesioni ulcerative delle mucose,
nei siti del ricambio cellulare
I
jr
1
C icatrizzazione
si attuano nei tessuti che di norma hanno un ricam­ R ecupero integrale de!
bio cellulare molto attivo, come sono il midollo dannò con restitutio ad integrum

osseo, le gonadi, le mucose dell'apparato gastroin­


testinale e le mucose in genere. Conseguono a tera­ Fig. 18 - Grafico che riassume la successione degli eventi ripa­
pie con farmaci antiblastici per il trattamento di pato­ rativi delle perdite cellulari e tessutali delia mucosa gastro-ente­
rica.
logie neoplastiche; ma sono anche connesse con
terapie immunosoppressive o radianti. Sono quadri
descritti da Baserga, Mariuzzi, Morsiani negli anni :R ifostedella
1953-1957 nel corso di ricerche, anche sperimentali, di variazioni ponderati in condizioni
condotte su ratti in particolare e suggerite da osser­
sperimentali di blocco formacplogico
vazioni cliniche, con lo scopo di studiare gli effetti
della proliferazione cellulare
generali dei farmaci antiblastici, soprattutto di
quelli che allora venivano introdotti nella pratica
clinica per la terapia delle neoplasie maligne. Si è Peso della ghiandola
potuto così documentare non solo l'entità e la Trattamehto : espresso in iriiili-
distribuzione dei danni causati da questi farmaci grammi per 100 gr percentuali
nei vari organi, ma soprattutto la correlazione stret­ di peso corporeo
ta fra entità dell'ipotrofia-atrofia e l'entità attuale -
del ricambio cellulare attivo proprio dei vari tessu­
Controlli 11,9 . . . ;

nessuno
ti indagati, quantitativamente valutato ed i rappor­
ti con il dosaggio dei diversi antiblastici sommini­ TSH 2 ó,l + 119,3
strati. Il danno tessutale di ipotrofia-atrofia è risul­
tato essere correlato sempre con l'entità attuale del Antimitotìco 8,6 -2 7 ,7
ricambio, molto diverso a seconda del rinnovamen­
Trì-Efilen-Mela-
mina (TEM)
to cellulare proprio di ciascun organo.
La compromissione dell'emopoiesi varia per le TSHeTEM f4,2 ! 15,1 { 87,5)
diverse serie cellulari, essendo precoce ed evidente
dopo pochi giorni quella della granulocitopoiesi;
relativamente tardiva quella della eritrocitopoiesi
(l'anemia è apprezzabile dopo diverse settimane). per i processi della gametogenesi (Figg. 20 e 21) che
Danni patenti si attuano soprattutto nei tessuti per il ricambio e la ristrutturazione postmestruale
con ricambio cellulare veloce, come nelle mucose della mucosa dell'utero nelle femmine e delle muco­
dell'apparato gastroenterico, nelle quali le altera­ se genitali, soprattutto delle vescichette seminali nei
zioni microscopiche sono sempre precoci e gravi, maschi. Nei surreni, il blocco della proliferazione
essendo già evidenti dopo 48-72 ore ore di tratta­ compromette la normale risposta iperplastica, men­
mento e dominate dall'atrofia (Fig. 19) e dalla con­ tre persiste quella ipertrofica.
seguente compromissione funzionale, nonché dalla
perdita del rivestimento epiteliale (Figg. 19 d, e).
Nella mucosa gastrica oltre all'atrofia si formano Iperplasia
anche lesioni mucose erosive, già patenti dopo L'ipeiylasia si attua quando le cellule staminali
poche ore di blocco del ricambio cellulare. o i progenitori di un organo o tessuto, con ricambio
Un effettivo danno di rilievo si è riscontrato negli cellulare attivo, vengano stimolate inducendo
organi endocrini nei quali il trattamento con antibla­ un'accelerazione nella produzione di cellule che
stici compromette, in senso negativo, le risposte gradualmente si differenziano; aumento di produ­
iperplastiche di norma indotte da stimoli specifici zione che finisce per determinare un incremento
(Tab. 9), come sono le risposte delle ghiandole peri­ della massa cellulare globale, appunto un'iperpla-
feriche allo stimolo delle tropine ipofisarie; effetto sia (si vedano ad es. l'iperplasia dell'ipofisi gravidi­
che ha particolare rilevanza negli organi genitali sia ca e quella del surrene per stress).
46 ■■■ Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule sfaminoli

M fe * "%►f& T i %■- 4- 4 ^ ^ 3 '.


J & V T i f I.
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Fig. 19 - Mucosa digiunale di topo: in a) quadro micro­


scopico di contrailo, aeil'apice di un villo normale e di una
cripta in b}, sede o sito delia rigenerazione deli'epitelio di
rivestimento, documentata dalle mitosi rese evidenti per
statmocinesi - blocco delle mitosi - da colchicina della
durata di 24 ore (Emat. Eos. 250x}; c, d) il danno deii'e-
pitelio di rivestimento della mucosa enterica per sospen­
sione del rinnovamento cellulare, dopo 72 ore di statmo­
cinesi ottenuta con antimitotìco - TEM -, è caratterizzato
. dail'atrofia deil'epiteiio di rivestimento e dalia rarefazione
ed atrofia di quello deile cripte comprese nei campo
microscopico (Emat. Eos. 250xj; e] dopo 100 ore di stat­
mocinesi, in tutti Ì distretti delia mucosa, manca il rivesti­
mento epiteliale a documento dei tempo di vita molto
breve delle cellule mucose enteriche - tempo di vita infe­
riore a 100 ore - (Emat. Eos. 250x).
Patologie da alterazioni del rinnovamento cellulare " 47

Fig. 20 - Ovaio di topina normale non sottoposta ad aicun


trattamento: a) follicoli oofori con struttura normale in cui
li oociti sono circondati dalle cellule della granulosa
isposte in più strati (Emat. Eos. 150x); b) Il trattamento
con ormone FSH ha indotto un cospicuo ingrandimento dei
follicoli oofori per iperplasia delle cellule della granulosa
(Emat. Eos. 150x); c) il blocco del ricambio cellulare delle
cellule della granulosa del follicolo ooforo con antimitotico
- TEM - protratto per 72 ore, priva il follicolo della rispo­
sta proliferativa delle cellule granulose (Emat. Eos. 150x).

I confini fra iperplasia ed ipertrofia sono incerti sintesi della tiroxina; ma che possono essere secon­
perché spesso l'aumento della massa di un organo darie anche ad iperproduzione, non correlativa, di
e/o di un tessuto è per lo più compensatoria, come fattori di stimolo come sono le tropine ipofisarie o i
accade ad es. a seguito di nefrotomie o di epatoto- mediatori prodotti dall'ipotalamo (si veda il cap.
mie. Infatti dopo asportazioni parziali di un organo della patologia endocrina) o ancora quelli sintetiz­
capace di rinnovamento cellulare la risposta cellu­ zati da eventuali tumori endocrini funzionanti (ad
lare, finalizzata al recupero della massa parenchi- es. adenomi ipofisari secernenti) o da altri tumori
male, è tanto iperplastica, cioè da aumentata pro­ (iperplasie paraneoplastiche). Si hanno anche iper­
duzione di nuove cellule parenchimali, che ipertro­ plasie primitive dei surreni, della paratiroide, per le
fica, per incremento della massa citoplasmatica quali non sono stati finora chiariti i meccanismi
delle singole cellule. delle genesi e che sembrano oggi avere rapporti con
Vanno considerare a parte le iperplasie di orga­ i processi neoplastici.
ni endocrini che possono essere certo compensato­ Infine le iperplasie dovute ad accelerazione del
rie come le iperplasie tiroidee - gozzi - evocate que­ ricambio cellulare, oppure al prolungamento del
st'ultime dall'impossibilità, comunque generata, di tempo di vita che possono precedere le neoplasie,
48 s Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
maligne in particolare, cioè le iperplasie atipiche, direttamente sulle cellule staminali d'organo. Le
sono considerate nei capitoli dedicati alle neoplasie citochine, IL6 sopratutto, sono essenziali per gli
maligne dei vari apparati e sistemi. eventi di rigenerazione, mentre i fattori di crescita
Iperplasia dì rilievo è quella che si riscontra nel stimolano la sintesi di DNA, che è già attiva nel giro
midollo osseo e che consegue alla riduzione nume­ di poche ore e necessaria per la formazione delle
rica e di massa degli eritrociti: sono le diverse ane­ nuove cellule.
mie dipendenti da emorragie, da sostituzione del
midollo osseo, autoimmuni, emolitiche, comunque
Ipertrofia
le forme per le quali venga attivata una modalità di
compenso. In questo caso essendo ben distinti nel L'ip ertrofia è adattamento cellulare usuale,
midollo osseo il compartimento rigenerativo e sostanziata dall'aumento del volume/massa delle
quello differenziato, la risposta proliferativa delle singole cellule sopravissute al danno parenchimale
cellule staminali ematopoietiche (HSC) è in genere eventuale o richiesto da adeguamenti funzionali.
ben identificabile ed anche quantificabile. Aumento cellulare volumetrico che deve essere:
Modello di studio deiriperplasia è quello che si "aumento di materia vivente, strutturalmente e
attua nel fegato a seguito di epatectomia parziale funzionalmente valida" - Pontieri e coll. 2005 -.
terapeutica nell'uomo o sperimentale nell'animale. L'ipertrofia consente un incremento di funzio­
In questi casi di perdita cellulare massiccia gli epa- ni/prestazioni, specifiche, delle singole cellule: è
tociti della rigenerazione entrano subito nella fase risposta praticamente istantanea che procede finché
G l del ciclo riproduttivo con variazioni sia geniche siano soddisfatte le esigenze funzionali attuali del­
che enzimatiche, già in atto entro poche ore, per l'organo o del sistema: possono comunque richie­
l'attivazione dei processi di cariocinesi. Per questi dere anche adeguamenti di massa funzionante per
eventi il recupero della massa epatica si completa in iperplasia.
pochi giorni, circa una decina. Queste risposte pro- Ipertrofie transitorie fisiologiche sono di riscon­
liferative sono attuate da una pronta liberazione di tro facile negli adeguamenti funzionali, anche
fattori di crescita, epatocitici in particolare (HGF: estemporanei, del sistema endocrino, il quale, in
Hepatocyte Growth Factor; FGF: Fibroblast Growth prima istanza, risponde sempre con l'ipertrofia,
Factor e TGF: Tanformìng Growth Factor) nonché come accade nei surreni per stress, nella tiroide
di citochine come TNFa e ILI e 6 che agiscono quando si abbassi sensibilmente la temperatura
Patologie da alterazioni del rinnovamento cellulare & 49

ambientale, o nelle paratiroidi per esigenze di ade­ Cardiomyopaty) sembrano legate all'attivazione di
guamento della calcemia; e, soltanto in seconda geni che codificano per miosina, troponina e tropo-
istanza, con l'iperplasia, qualora la risposta ipertro­ miosina e che entrano nella costituzione delle pro­
fica non attui l'adeguamento funzionale necessario teine sarcomeriche contrattili delle fibre muscolari
o sufficiente comunque richiesto. cardiache.
Organi che invece possono dare risposte funzio­ Altro modello di studio è l'ipertrofia epatica, o
nali solo ipertrofiche, o apparentemente soltanto meglio epatocellulare, che si caratterizza per incre­
tali, sono la muscolatura scheletrica ed il miocardio. mento di proteine nelle singole cellule e che si attua
L'ipertrofia cardiaca oltre che funzionale e compen­ come prima risposta alla richiesta di aumento delle
satoria, ad es. nei vizi valvolari e nell'ipertensione, prestazioni funzionali. È quindi riscontrabile nelle
concentrica o eccentrica che sia, si caratterizza per condizioni di iperplasia rigenerativa, come quella
aumento volumetrico delle singole fibre, fino al causata dalla epatectomia parziale, ma anche nei
doppio delle dimensioni normali. È ipertrofia trapianti di fegato quando la massa trapiantata non
dovuta ad aumento: sia adeguata alla massa somatica totale del sogget­
to ricevente. In queste situazioni la rigenerazione
- delle proteine contrattili in relazione con un comprende una somma di adeguamenti complessi,
aumento del DNA nucleare con poliploidia;
che non si limitano alla sola neoformazione di epa-
- dei mitocondri; tociti ma comportano anche la strutturazione delle
- del retìcolo endoplasmatico. cellule neoformate secondo il piano dell'organizza­
zione anatomica dell'organo.
Almeno per quanto concerne il miocardio que­ L'ipertrofia dei singoli epatociti, che occorre in
sto criterio, o canone, della impossibilità delle queste condizioni, cliniche e sperimentali, è caratte­
risposte proliferative sembra oggi superato o supe­ rizzata da:
rabile secondo gli apporti più recenti, (e già richia­
mati in questo capitolo da Beltranu A.), sulla dota­ - aumento di RNA citoplasmatico, necessario per
zione di cellule staminali e sulle possibilità di rige­ le neosintesi, legato anche all'incremento nume­
nerazione (Fig. 17) e di ricambio. rico dei poliribosomi;
Si conoscono anche condizioni di ipertrofia mio­ - riduzione degli eventi di degradazione delle
cardica congenita: sono i quadri clinici delle cardio­ proteine, tanto di quelle a lento che delle protei­
miopatie ipertrofiche. ne ad elevato ricambio; si ritiene oggi che questo
Le quali, come tutte le ipertrofie, possono causa­ meccanismo di economia biologica sia quello
re discrepanze, veramente critiche, fra le esigenze fondamentale nella ipertrofia epatocellulare,
metaboliche delle fibre muscolari ipertrofiche ed un essendo connesso con la inattivazione o la ridu­
apporto ematico e di metaboliti che sia adeguato zione di attività delle catepsine lisosomiali.
alle esigenze attuali del tessuto ipertrofico. Discre­
panze che sono connesse con le possibilità reali del Il rinnovamento cellulare neoplastico ed il ruolo
tessuto di rispondere alle nuove esigenze. Infatti le delle cellule staminali è trattato nel capitolo dei Pro­
possibilità di adeguamento si vanno progressiva­ cessi neoplastici.
mente riducendo a causa della sproporzione che si
attua fra l'incremento della superficie di scambio, Riparazione cicatriziale
membrana cellulare, e l'incremento del volume,
della massa totale delle singole cellule. La superfi­ La riparazione cicatriziale è la modalità con cui
cie cellulare infatti, nelle strutture sferiche, come si tutti i tessuti e gli organi riparano le perdite paren-
possono considerare le cellule, è funzione correlata chimali quando il danno, comunque causato, com­
al quadrato del raggio della cellula, mentre la porti perdite di massa parenchimale tale da com­
massa totale è funzione del cubo del raggio stesso. promettere tanto i siti del ricambio cellulare con per­
È sproporzione che finisce per causare deficit pro­ dita delle cellule staminali, ma anche l'organizza­
gressivi, e sempre più consistenti, nell'apporto dei zione anatomico funzionale delle strutture di soste­
metaboliti necessari con conseguenti danni struttu­ gno stromali: mesenchimali per gli organi epiteliali
rali e funzionali. e gliali per il sistema nervoso. Infatti, perdite paren-
Condizione che può essere ulteriormente aggra­ chimali di questa entità non consentono il ricupero
vata da un'insufficienza relativa dell'apporto ema­ dell'integrità anatomica, mentre almeno parte della
tico per un adattamento inadeguato della rete capil­ perdita funzionale può essere compensata dall'iper­
lare coronarica. La cui entità, in linea generale, è trofia delle cellule del parenchima residuo.
sempre inadeguata all'entità dell'espansione paren- L'evento della riparazione per cicatrizzazione è
chimale: così l'apporto di 0 2 e dei metabolici neces­ la modalità propria sopratutto della muscolatura
sari è, di regola, insufficiente. scheletrica, del miocardio e del tessuto nervoso;
Le cause di molte ipertrofie del cuore, come cioè dei tessuti ancora definibili, per esigenze prati­
sono le cardiomiopatie dilatative e le varianti che, a cellule perenni. Consegue a perdite parenchi-
restrittive, sono di natura infettiva e/o tossica; mali comunque determinate (flogosi, necrosi, trau­
mentre le forme ipertrofiche (HCM: hypertrofic mi, ferite, ischemie).
50 ; Patologia del ricambio cellulare e Ruolo delle cellule staminali
La riparazione cicatriziale è riscontrabile anche riparazione che avviene ancora per cicatrizzazione.
in altri tessuti quando i danni siano cospicui, ad es. La perdita parenchimale miocardica, consegue
per asportazioni chirurgiche o per altri gravi eventi soprattutto ad ischemia - infarto del miocardio - ,
come sono le estese ustioni cutanee. La riparazione ma anche a processi flogistici acuti o cronici, essen­
delle lesioni dermo-epidermiche, avviene secondo do in quest'ultima patologia più complesso in rap­
processi diversificati, che forniscono un modello porto alla natura, aÌL'etiologia ed all'entità della flo-
dei meccanismi, che concorrono alla riparazione gosi. Nel caso più comune della necrosi ischemica,
cicatriziale (Figg. 8 e 9). la riparazione del miocardio danneggiato per
Il processo riparativo in questa sede è differente necrosi coagulativa esordisce dopo 24-48 ore con
per le lesioni sterili e per quelle comunque infetta­ l'infiltrazione di garanulociti, monociti-macrofagi e
te; è inoltre condizionato dall'entità della perdita. di linfociti, che provvedono alla demolizione ed
Nella riparazione di lesioni sterili, di dimensioni alla fagocitosi del tessuto necrotico e quindi alla
limitate e non lacere - riparazione per prima intenzio­ deposizione di fibronectina, tenascina, collagene.
ne - , come sono quelle chirurgiche, terapeutiche o Cruciale è la partecipazione dei miofibroblasti.
estetiche - la perdita di tessuto nell'area della Questi, oltre a produrre collagene di tipo I e III, per­
discontinuazione viene occupata da sangue prima e mangono per molti anni attivi nel contesto della
poi dal coagulo, nel quale è presente la fibrina e la cicatrice conferendole capacità di funzione contrat­
fibronectina. In superficie, la lesione viene ricoper­ tile: funzione che permane attiva in virtù del TGF-
ta e protetta dalla formazione rapida, per essicca­ beta prodotto prima dai macrofagi e poi dagli stes­
mento del liquido siero-ematico, di un'escara-cro- si miofibroblasti. Questi ultimi formano un com­
sta. La perdita di tessuto sottostante, viene invece plesso funzionale, costituendo, entro il tessuto cica­
sostituita da una rete di fibrina che, oltre a ripristi­ triziale, una rete continua la cui attività contrattile è
nare la continuità del derma, costituisce la governata da mediatori diversi come l'angiotensina
base/guida per la neoformazione successiva della 2, l'endotelina 1 e le catecolamine. L'epressione
trama connettivo-vascolare (Fig. 7). Dopo circa un genica di queste molecole è significativamente
mese la riparazione per cicatrizzazione è completa. aumentata nel tessuto miocardio compromesso dal­
Il primo evento riparativo è comunque la proli­ l'infarto.
ferazione cieirepitelio di rivestimento, evento di Anche nel sistema nervoso centrale le perdite
rigenerazione che prende lo spunto dalle cellule parenchimali vengono di regola riparate non da
staminali specifiche prossime alla lesione e non rigenerazione ma da sostituzione cicatriziale, in
compromesse dalla ferita. La rigenerazione epite­ questo caso gliale.
liale, apprezzabile già dopo qualche ora soltanto, Le perdite di tessuto nervoso centrale dipendo­
sostituisce gradualmente la crosta e si compieta nel­ no da lesioni traumatiche del cranio e/o del midol­
l'arco di 40-50 ore. lo spinale, da eventi ischemici e/o emorragici, da
Il recupero della continuità dello stroma è processi degenerativi cronici e da eventi infettivi-
segnato dalla neoformazione di vasi sanguigni infiammatori acuti o cronici che siano.
capillari, che esordisce dopo circa 70 ore dal In estrema sintesi, le perdite di sostanza vengo­
momento del danno a partire dai margini rispettati no riparate ad opera delle cellule gliali e degli astro-
dalla lesione. Il sangue coagulato, a partire dal citi in particolare. Questi elementi, con la trama
terzo giorno circa, viene in prima istanza abitato da capillare da neoangiogensi, derivante dai margini
una rete di cordoncini cellulari solidi provenienti illesi del tessuto nervoso, sostituiscono in minima
da gemme endoteliali dei capillari dei margini della parte il tessuto necrotico o necrotico-flogistico:
lesione. Eventi questi indotti e governati da fattori depongono dapprima la glia in forma di proteina
angio-neo-genetìci prodotti da leucociti stimolati gliale fibrillare acida (GFAP: Glyal Fibrillar Acid
dall'ipossia. Segue la proliferazione fibroblastica, Protein) che finisce per costituire, in particolare, la
che contribuisce alla costituzione della nuova trama parete delle formazioni cistiche che residuano agli
reticolo- fibro-vascolo-connettivale del tessuto: un eventi destruenti per necrosi.
tessuto di granulazione quindi che sostituisce e In tutti i processi riparativi cicatriziali, che pos­
ripara le perdita. sono occorrere nei più diversi tessuti, ma soprattut­
Più complessa e meno rapida è la riparazone per to in quelli nei quali l'organizzazione del sistema
cicatrizzazione delle perdite parenchimali estese ed delle cellule staminali non risulta essere in grado di
eventualmente infettate, evento che viene definito ricostruire e ristrutturare la normalità anatomico
come guarigione per seconda intenzione. funzionale propria dell'organo danneggiato - i tes­
I passi sono sovrapponibili a quelli sopra men­suti/ organi a cellule perenni in particolare - è sem­
zionati. pre attiva la funzione della cicatrizzazione, che
La riparazione delle perdite cellulari parenchi­ ricompone la continuità del parenchima danneg­
mali dei tessuti muscolari, del miocardio in partico­ giato ma non ne ripristina le funzioni, o parte delle
lare, e del tessuto nervoso, tessuti nei quali le cellu­ funzioni; anche se si può attuare un'ipertrofia delle
le staminali, pur presenti, non sono in grado di rico­ cellule parenchimali residue che, comunque, può
stituire perdite parenchimali estese, è processo di non essere in grado di ripristinare la normalità delle
Bibliografia essenziale & 51

funzioni, come accade, ad es. e almeno fino ad oggi, Mariuzzi G.M.: Azione combinata di gonadotropine ed
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Il problema non si può infatti considerare defini­ Mariuzzi G.M.: Modificazioni istologiche dell'ovaio sotto
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pluripotenti possono generare cellule muscolari
cardiache mature, le quali sono state trovate, in Mariuzzi G.M., Bonora A.M.: Modificazioni istofunziona-
forma di elementi di piccole dimensioni, ai margini li della tiroide di cavie sottoposte a trattamento com­
dei focolai di necrosi ischemica: il problema che si binato di ormone tireotropo e di un antimitotico.
riapre oggi con prospettive entusiasmanti soprat­ Patologica: 48,158-167,1956.
tutto per i ricercatori dedicati a questo rilevante Maximov A.: Der Lymphozyt als gemeinsame Stammzel­
argomento (si veda il capitolo Cellule staminali). . le der verschiedenen Blutelemente in der embryona­
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j
Metodi e tecniche
1.4 dell'anatomia
patologica
A. Scarpa, A. Mombello, A. Zamò

Questi in base ai loro caratteri possono essere


U Le domande alle quali risponde distinti in:
l'anatomìa patologica ® Prelievi operatori
L'anatomia patologica è la branca della medici­ • Biopsie chirurgiche
na che si occupa dello studio delle modificazioni • Biopsie endoscopiche
indotte dallo stato di malattia su organi/ tessuti,, cel­ • Agobiopsie
lule e strutture sub-cellulari. Tali modificazioni, ® Campioni citologici
rilevate dallo studio morfologico e molecolare di
- I prelievi operatori sono di solito organi interi o
cellule e tessuti prelevati dalle lesioni/ vengono poi parti significative di essi asportati chirurgica­
giudicate in rapporto a sintomi e segni clinici. Lo mente a scopo terapeutico; si tratta in genere di
scopo finale è la formulazione di un giudizio il più strutture complesse dove è fondamentale osser­
preciso possibile su: varne la architettura anatomica e gli eventuali
1) la natura della malattia/ rapporti tra le varie parti che li compongono, per
2} lo stadio di sviluppo e le prospettive evolutive questo motivo i pezzi operatori devono venire
del processo morboso, esaminati a "fresco" e descritti accuratamente
3) indicazioni utili ai fini della scelta terapeutica. prima di essere idoneamente campionati (Fig. 1).

In altri termini, il patologo fornisce una dia­ - Le biopsie chirurgiche vengono eseguite dal
gnosi/ una fotografia dello stato attuale della Chirurgo a scopo diagnostico e/o terapeutico;
malattia in rapporto alla sua storia naturale, una anche esse devono essere esaminate a "fresco",
prognosi basata sulle prospettive evolutive della idoneamente descritte e campionate, anche se
lesione ed elementi utili per una scelta terapeutica spesso vengono incluse e analizzate compieta-
ragionata. mente (Fig. 2).
È fondamentale che esista un rapporto di dialo­
go aperto e collaborazione attiva tra il medico clini-
co e il patologo. Questo permette ad entrambi di
aver sempre chiaro quali domande sono possibili e
le procedure e metodologie da utilizzare per ottene­
re risposte adeguate. Nella maggior parte dei casi è
sufficiente al patologo l'osservazione al microsco­
pio ottico di sezioni istologiche di tessuti inclusi in
paraffina e colorati con ematossilina-eosina.
In un numero di casi più ristretto ma significati­
vo è necessario ricorrere ad altri metodi diagnostici
come colorazioni speciali, indagini immunoistochi-
miche, citometria a flusso, microscopia elettronica e
tecniche di biologia molecolare.

IH I materiali oggetto di indagine Fig- ,1 - Pancreasecfomia distale con splenectomia di necessità,


anatomo-patologica per lesione iatrogena del parenchima splenico da adenocarci­
I
noma mucinoso del corpo pancreatico {Casistica personale
materiali che giungono in una anatomia pato­ prof. D'Amico - Clinica Chirurgica I dell'Università degli studi
logica sono tessuti o cellule prelevati da pazienti. di Padova}.
54 Metodi e tecniche dell'anatomia patologica
- Le biopsie endoscopiche sono prelievi eseguiti vetrino, per cui non si riconosce alcuna architet­
in corso di indagini in cui, con appositi stru­ tura tissutale, ma si possono osservare molto
menti, vengono esplorati visceri cavi o cavità bene le caratteristiche citocariologiche e le even-
corporee (ad es. stomaco, vescica, peritoneo).
Comprendono le biopsie provenienti dall'endo­
scopia digestiva, dalla broncoscopia, dell'endo­
scopia urologica, in corso di laparoscopia esplo­
rativa e da altre metodiche endoscopiche. Nella
maggior parte dei casi sono piccole biopsie non
orientabili che pertanto vengono incluse com­
pletamente proprio per loro piccole dimensioni.
Esse comunque vengono contate e misurate.
- Le agobiopsie sono prelievi eseguiti con aghi di
"grosso" calibro che permettono di ottenere un
"cilindro" di tessuto, idoneo ad un esame isto-
patologico a tutti gli effetti, poiché viene conser­
vata l'architettura anatomica. L'agobiopsia, per
la relativa scarsa invasività è la metodica di
indagine diagnostica elettiva per alcuni organi
come per il fegato, la prostata, il midollo osseo
(cresta iliaca) (Fig. 3) il rene. Il suo utilizzo si va
oggi estendendo ad altri organi, perché che
come già detto possiede diversi aspetti positivi:
Fig. 3 - Agobiopsia osteomidollare. Si tratta di un cilindro di
ovvero una relativa scarsa invasività, la possibi­ tessuto prelevato con un ago di grosso calibro; a destra si pos­
lità di riconoscere l'architettura tissutale e le sue sono vedere le caratteristicrie istologiche del midollo emopoieti­
eventuali alterazioni e la possibilità di eseguire co contenuto negli spazi midollari.
multiple biopsie, anche ripetute nel tempo e/o
guidate stereotassicamente (mammotomie,
mappatura prostatica).
- Il materiale citologico viene prelevato con tec­
niche diverse; essenzialmente per esfoliazione
naturale o provocata o per agoaspirazione, con
ago "sottile", sia di lesioni superficiali che pro­
fonde, sotto guida ecografica o di altre metodi­
che radiologiche (tomografia assiale compute­
rizzata o risonanza magnetica nucleare). I pre­
lievi citologici permettono l'esecuzione di pre­
parati costituiti da sole cellule strisciate su un

Fig. 2 - Biopsia chirurgica. Si tratta di un linfonodo aumentato Fig. 4 - Preparato citologico ottenuto mediante agoaspirazio­
di volume prelevato a scopo diagnostico nel sospetto di una ne con ago sottile. Si tratta di una lesione papillare-cistica del
patologia linfoproliferativa. pancreas.
La fissazione ® 55
tuali alterazioni delle cellule. L'analisi citologica
B L a f is s a z io n e
è oggi assai utilizzata e diffusa per la relativa
facilità di esecuzione e la scarsa invasività per il Tutti i tessuti devono essere fissati prima di pro­
paziente e costituisce anche una branca nell'am­ cedere all'inclusione in paraffina e alla colorazione.
bito dell'anatomia patologica comunemente La fissazione serve a prevenire ed impedire i feno­
nota come citologia diagnostica (Fig. 4). I suoi meni di auto- ed eterolisi e ha lo scopo di preserva­
principali pregi sono: consentire molte diagnosi re tessuti, cellule e sostanze extracellulari nel modo
evitando metodiche di indagine più cruente, più simile possibile alla condizione vitale. In altri
essere ima metodica che si può definire in alcu­ termini, i componenti del tessuto vengono resi inso­
ni casi di "indirizzo" prima di intraprendere lubili nei vari reagenti a cui verranno di seguito
altre vie diagnostiche. La semplicità ed econo­ esposti, così da non venire spostati dalla loro posi­
micità dell'analisi citologica ha permesso il suo zione originale aU'intemo della cellula. H processo
utilizzo anche a scopi di diagnostica precoce e di fissazione è principalmente finalizzato alla pre­
di prevenzione; valga ad esempio lo screening servazione delle proteine sia semplici che comples­
citologico delle lesioni della cervice uterina. se come le lipoproteine o glicoproteine, rendendole
insolubili.

Modalità di recapito dei materiali Fissativi principali


Ogni prelievo istologico o citologico da inviare La maggior parte dei tessuti viene fissata con
ad un servizio di Anatomia patologica deve essere una soluzione a base di formalina; altri fissativi
accompagnato da una richiesta integralmente com­ alternativi vengono usati solo per necessità partico­
pilata firmata dal medico richiedente; di fatto essa lari. Esistono infatti diversi tipi di fissativi sia sem­
deve comprendere una serie di dati identificativi plici che sotto forma di miscele. Essi vengono divi­
del paziente e di dati clinici essenziali per la dia­ si in due gruppi a seconda delle diverse modifica­
gnosi. zioni che provocano nelle proteine, e sono quindi
Il materiale deve pervenire intatto ed intero, definiti coagulanti o non coagulanti. I fissativi pos­
senza dissezioni e tagli preliminari che possano sono inoltre essere classificati come "additivi" o
pregiudicare la completezza e la affidabilità della "non additivi" a seconda se vengono incorporati o
diagnosi. La migliore modalità è l'invio "a fresco" meno nelle proteine (Tab. 1).
entro un tempo ragionevole, comunque il più breve I l fissativo universalmente utilizzato per la
possibile, in base alle dimensioni e alle tipologie del routine anatomopatologica è la formaldeide. La
prelievo. Qualora ciò non sia possibile, in tempo formaldeide (HCHO) per la routine diagnostica è
idoneo (non oltre 10 minuti), i pezzi vanno posti in una soluzione satura della forma gassosa (nota
un congruo volume di fissativo (nella maggior come formalina) al 37-40% in acqua. Le soluzioni
parte dei casi formalina 10%. I ritardi nell'invio del commerciali contengono anche il 10% di metanolo,
materiale non posto in fissativo comportano feno­ aggiunto per inibire la polimerizzazione della for­
meni irreversibili di danno ai tessuti che possono maldeide a paraformaldeide. La concentrazione
pregiudicare il giudizio diagnostico. standard di formaldeide nelle soluzioni d'uso è al
Sul contenitore (e non sul coperchio) devono 4%, definita comunemente formalina al 10%, per­
essere applicate le etichette con i dati rilevanti. Inol­ ché ottenuta diluendo al 10% (volume/volume) la
tre di ogni prelievo inviato va fatto il riconoscimen­ soluzione commerciale di formaldeide al 40%. Il
to del materiale verificandone la corrispondenza principio chimico-fisico su cui si basa la fissazione è
con la richiesta allegata. la formazione dì legami crociati tra le molecole pro-
Tutto il materiale che giunge fresco deve essere
trattato il più presto dal Patologo, che a seguito di
un esame macroscopico preliminare, decide le ope­ Tipi di fissativi
razioni da eseguire. Queste comprendono, ove
opportuno, prelievi per crio-conservazione (conge­
lamento con azoto liquido e conservazione in frigo­
Additivi
riferi a -80 °C), allestimento di sospensioni cellulari Non coagulanti Formaldeide
per citofluorimetria o citogenetica, campionamenti Dicromato di potassio
per allestimento di colture cellulari o tissutali "in Coagulanti Acido cromico
vitro". Si procede quindi al trattamento di fissazio­ Acido picrico
ne standard dopo aver eseguito dei "tagli" che per­ Cloruro di mercurio
mettano una migliore "penetrazione" del fissativo.
La quantità ideale di fissativo da utilizzare corri­ Nonodditm
sponde a un volume di circa 10 volte quello del
campione biologico. L'esame macroscopico detta­
Non coagulanti Acido acetico
Coagulanti Etanolo
gliato e il campionamento si eseguono il giorno suc­ Acido tricloroacetico
cessivo.
56 s Metodi e tecniche dell'anatomia patologica
della sezione colorata su vetrino. La prima di que­
ste riguarda l'esame macroscopico e il campiona­
mento (Fig. 6).
Esame macroscopico. La descrizione dettagliata e
informativa, che si definisce come "esame macro­
scopico", di ogni prelievo chirurgico o bioptico
deve sempre accompagnare la diagnosi isto-patolo-
gica definitiva.
L'esame macroscopico e la relativa descrizione
viene sempre riportato nella diagnosi definitiva ed
è anche un fattore determinante per la garanzia di
qualità dell'intera procedura diagnostica. Infatti, il
quadro macroscopico non può essere ricostruito a
seguito del campionamento.
L'esame macroscopico, sempre molto accurato,
permette il successivo campionamento, ovvero la
scelta dei prelievi da eseguire sul pezzo in esame:
Fig. 5 - I prelievi che contengono tessuto osseo devono subire devono essere tali da consentire, con le indagini
un procedimento di decalcificazione per permettere il successi­ successive, di raccogliere tutti i dati necessari e suf­
vo taglio delle sezioni al microtomo. ficienti per la formulazione della diagnosi e della
prognosi.
teiche, con un processo reversibile. La formalina Pertanto l'esame macroscopico deve riferire:
preserva anche la maggior parte dei lipidi, mentre i
carboidrati possono essere perduti. Nella maggior • la descrizione del pezzo operatorio e delle lesio­
parte dei laboratori si usa la formalina tamponata a ni evidenti
pH neutro. Ogni fissativo ha un valore fisso detto k ® le dimensioni e peso
che ne rappresenta la capacità di penetrazione nei • l'aspetto al taglio
tessuti (valore di riferimento etanolo = 1), la forma­
• i rapporti anatomici con altri organi e strutture
lina ha un k di 0,78. Oggi su tessuti fissati in forma­
lina e inclusi in paraffina possono essere eseguite la ® le sedi di campionamento (separate e contrasse­
maggior parte delle indagini di immunoistochimica gnate da lettere diverse)
e di biologia molecolare mediante PCR. © il numero dei prelievi eseguiti, le sigle degli ope­
Gli altri fissativi non vengono qui trattati in ratori e la data di campionamento.
quanto sono utilizzati solo raramente o per scopi
Spesso si procede alla colorazione dei margini di
specifici. Si rimanda pertanto a testi specifici di tec­
resezione con inchiostro di china o a marcatura con
nica o alle descrizioni presenti nei capìtoli delle
inchiostri di vario colore dei diversi margini di rese­
patologie specifiche del presente libro.
zione chirurgica (Fig. 7). Questo serve per la valuta­
Fissazione in forno a micro-onde. L'applicazione zione "orientata" dei margini di resezione, in quan­
della tecnologia delle microonde rende possibile un to i colori restano anche sulle sezioni prelevate e
approccio differente alla fissazione, offrendo un7al­ permettono di riconoscere i diversi margini e quin­
ternativa rapida e non basata sull'uso di sostanze di la presenza della lesione in corrispondenza degli
chimiche. Sebbene attualmente sia ancora in via di stessi.
sviluppo, l'uso della fissazione con microonde Una volta descritti, nella maggior parte dei casi,
appare di grande interesse applicativo in istopato- i pezzi operatori vengono fotografati.
logia soprattutto per le tecniche di colorazione Gli scopi sono diversi:
immunoistochimica.
• costituire un archivio di foto macroscopiche a
Decalcificazione. I campioni che contengono tessu­ scopo didattico e/o di ricerca
to osseo necessitano di un procedimento di decalci­ • poter controllare ed obiettivare le sedi del pre­
ficazione per permetterne il taglio al microtomo. lievo
Molti sono gli agenti decalcificanti utilizzabili, tra
© contribuire alla diagnosi descrittiva
cui l'acido cloridrico, l'acido formico, l'EDTA (acido
etilen diammino tetraacetico). Il più comunemente @ rispondere alle istanze di eventuali o possibili
usato è quest'ultimo (Fig. 5). problemi medico legali.
Campionamento. Una volta eseguita la descrizione
H Analisi macroscopica macroscopica e l'eventuale fotografia si procede
alla scelta dei prelievi da eseguire, che verranno poi
e campionamento trattati per allestire il preparato (vetrino) istologico.
Una volta fissato, il campione subisce una serie La scelta dei prelievi è basata su schemi codificati
di procedure che si concludono con l'allestimento per ciascun organo e sull'esperienza dell'operatore.
Analisi macroscopica e campionamento 57

Fig. 6 - Esame macroscopico e campionamento: ogni campio­


ne deve essere accuratamente descritto (a) e campionato, que­
st'ultima è una fase molto delicata che consiste nella scelta del/i
frammento/i con maggior valenza ai fini diagnostici (b), i pre­
lievi vengono poi posti in appositi blocchetti (c).

Inclusione in paraffin a. La paraffina è il mezzo di


inclusione di uso nella pratica diagnostica di routi­
ne. Per arrivare all'inclusione in paraffina, i prelievi
vengono processati attraverso passaggi in soluzioni
scalari di alcool etilico a concentrazioni crescenti
(disidratazione) e in xilolo (chiarificazione); que-
st'utimo allontana l'alcool ed è un solvente della
paraffina. L'ultimo passaggio è l'immersione del
prelievo in paraffina liquida alla temperatura di
circa 58-60 °C, che penetra nel campione. Oggi tutto
questo processo viene eseguito da apparecchiature
automatiche gestite da computer, tali sistemi "chiu­
si" garantiscono al procedimento migliori condizio­
ni di sicurezza e di versatilità. I campioni infiltrati
di paraffina devono quindi essere inclusi in bloc­
chetti che permettano il successivo taglio al micro­
Fig. 7 - Esame macroscopico. Si tratta di una prostata i cui
margini sono stati colorati con tempere per evidenziarne i vari tomo (Fig. 8).
margini prima del campionamento; questo permetterà il loro Inclusione in resine. Le resine sono usate come
riconoscimento sulle sezioni che giungeranno all'esame micro­
scopico. mezzi di inclusione per la microscopia elettronica o
per applicazioni molto selezionate in microscopia
ottica, ad esempio nella preparazione di sezioni da
tessuto osseo non decalcificato.
I prelievi delle dimensioni massime di circa 2 cm
per 1 cm per 0,5 cm di spessore vengono posti in Taglio e co lorazion e. I blocchetti di paraffina solidi­
appositi cestelli nei quali subiranno il processo di ficati comprendenti i prelievi inclusi vengono
inclusione in paraffina (Fig. 6c). tagliati al microtomo (Fig. 9). Le sezioni di 5-6
58 « Metodi e tecniche deH'onotomio patologica

Fig. 8 - l cam pioni induriti d a ll'infiltrazio ne di p a ra ffin a vengono orientati opportunam ente spostandoli in una vaschetta trasparen­
te dove viene incluso in una colata di p a ra ffin a (a ), questo Blocchetto viene infine rimesso nella scatola con g rig lia (b) e una ulte­
riore colata di p a ra ffin a crea il blocchetto definitivo (a form a di parallelepipedo ) idoneo al taglio.

11^ ^ ^ ^ ^ Fig. 9 - Taglio, colorazione e allestimento dei vetrini, li bloc­


chetto in paraffina viene posizionato sui microtomo, ove viene
sgrossato per pianeggiare la superficie di taglio (a); vengono
poi ottenute sezioni delio spessore di circa 5 mm che vengono
"? : 0*^ i ►
ì' raccolte con un pennellino (b), poste in acqua tiepida e raccolte
sul vetrino (c); la sparaffinatura e la colorazione vengono poi
’f '' t &: m. it l> •• eseguite in un coloratore automatico. Le fasi di spa raffi natura e
k ^ ; :i p t e - : f c . colorazione possono essere eseguite manualmente (d). La pro­
cedura si conclude con l'apposizione di un vetrino copriogaetto
(montaggio) e la disposizione dei vetrini su apposite teche (e).
Analisi microscopica ® 59

Fig. 10 - Esempi di colorazioni speciali, a) Colorazione con Giemsa modificato atta a dimostrare la presenza di Helicobacfer pylo-
ri in una biopsia gastrica, b] Colorazione di Verhoeff che mette in evidenza tramite impregnazione argéntica le fibre elastiche nel
derma di un paziente affetto da elastosi.

micron di spessore vengono distese in acqua tiepi­ tuate mediante la colorazione combinata con ema­
da, poste su vetrino portaoggetto e collocate in stu­ tossilina ed eosina (Tab. 2). L'ematossilina è un pro­
fette a secco per facilitarne l'asciugatura e l'adesio­ dotto naturale estratta dalla pianta Hematoxylin
ne al vetrino. Infine, i vetrini con le sezioni adese Campechianum originaria dello stato messicano di
vengono sparaffinati e colorati con colorazione di Campeche che viene estratta con acqua calda e poi
routine, ovvero l'ematossilina-eosina, e all'occor- viene precipitata con una soluzione acquosa di
renza con alcune colorazioni speciali istochimiche urea. Di per sé l'ematossilina non è un colorante ma
(ad. esempio PAS, Giemsa, reticolo) (Fig. 10). lo il suo prodotto ossidato remateina. Un tempo
veniva ossidata attraverso un processo di matura­
zione naturale che durava mesi mediante esposi­
-Analisi microscopica zione aH'aria e alla luce, le ematossiline di Erlich e
Il percorso che porta alla diagnosi istopatologica di Delafield sono esempi di questo tipo. Oggi l'e-
attraverso l'osservazione microscopica prevede due matossilina viene ossidata con agenti chimici di e
deve essere "mordenzata" ovvero legata a sali com ­
fasi: il riconoscimento analitico di tutte le alterazio­
plessi di varia natura che contengono tutti cationi
ni dei parametri presenti nella lesione e delle loro
caratteristiche morfologiche e la valutazione com­ metallici (ferro, cromo, alluminio...) per poter esse­
re utilizzata come colorante istologico. H catione
parativa del loro valore diagnostico e prognostico
mordente-metallico conferisce una netta carica
in ima visione d'insieme in cui gioca un ruolo fon­
positiva all'emateina rendendola molto più idonea
damentale l'esperienza dell'osservatore.
a lagarsi ai siti anionici tissutali come gli acidi
Le premesse per riconoscere le alterazioni di cel­
nucleici. L'ematossilina perciò evidenzia in partico­
lule e tessuti sono: conoscere l'organizzazione strut­
lare i nuclei ed altre strutture acide presenti nella
turale di cellule e tessuti normali e i meccanismi
cellula. L'eosina è la colorazione usata più comune­
attraverso i quali tale organizzazione si realizza nel
mente in associazione con l'ematossilina per la faci­
corso dello sviluppo embrionale e del differenzia­
lità d'uso e per il buon contrasto cromatico del suo
mento; conoscere le caratteristiche morfologiche
colore rosso con il blu dell'ematossilina e per dimo­
essenziali dei sistemi, degli apparati, degli organi,
strare l'architettura generale di un tessuto essa è
dei tessuti, delle cellule e delle strutture subcellula­
molto valida nel distinguere i citoplasmi di diversi
ri dell'organismo, nonché i loro principali correlati
tipi cellulari/ i diversi tipi di tessuto connettivo e
morfo-funzionali. Ogni alterazione osservabile
della matrice extra-cellulare colorandoli con diver­
microscopicamente fornisce dati su cui il patologo
se sfumature di colore che vanno dal rosso al rosa.
fonda la sua ipotesi diagnostica, atrraverso la corre­
Tutte le eosine, derivate dallo xantene e più precisa-
lazione di quanto osservato al microscopio ottico
mente dalla fluoresceina, si dividono in due gruppi
con la descrizione macroscopica e i dati clinici
quelle in soluzione etilica (eosina S) e quelle in solu­
essenziali.
zione acquosa (eosina G). Nella pratica routinaria
C olorazion e con em atossilin a ed eosina: La mag­ sono di gran lunga preferite le eosine in soluzione
gior parte delle diagnosi istopatologiche sono effet­ etiliche.
I colorí della emafossiíma-eosina

Acidofilo Basofiio
Altro
(eosinofilo, rosa) (ematossiiinofiio, blu)
Nucleo 1
Nucleolo + +
Citoplasma .. + ■
,
Ribosomi ■+'
Mitocondri + ■■■.
Proteine f-
Corpi ialini (alcool)
Corpi di Russell 1
Grasso Chiaro,, gocce sferiche
Fluidi Chiaro, rigonfiamenti irregolari di lisosomi, mitocondri
Glicogeno Chiaro, accumuli irregolari nel citosol o lisosomi
Emosiderina Pigmento refrattile giallo-bruno
Lipofuscina Pigmento giallo-bruno correlato all'invecchiamento
(cuore, neuroni)
Melanina Pigmento marrone-nero (cute, melanoma)
Bilirubina Pigmento verde-bruno (epatociti)
Pigmenti antracotici Pigmento nero (polmone)
Cristalli Refrattili, polarizzabili
Calcio (precipitati) :'+
Colonie batteriche

Principali colorazioni istochimiche

Colorazione Fissativo e inclusione Sostanze e strutture evidenziate Noté . ^ V^


PAS Formalina, paraffina Glicogeno, mucine, glicoprotei­ Viene spesso usata in associazio­
ne, membrane basali, vari miceti ne con Alcian blue
(Candida albicans )
Alcian blue Formalina, paraffina Mucosostanze solfate
Rosso Congo Formalina, paraffina Amiloide Presenta birifrangénza verde alla
luce polarizzata
Perls Formalina, paraffina Emosiderina ed altri sali ed ossi­
di di ferro
Giemsa modificato Formalina, paraffina Helicobacter pylori, plasmòdi,
mastcellule
Verhoeff (fibre elastiche) Formalina, paraffina Fibre elastiche
Grocott (argento nitrato) Formalina, paraffina Funghi
Tricromica di Masson Bouìn, paraffina Collagene: verde-blu, muscolo: rosso
Van Gieson Formalina, paraffina Muscolo: giallo, collageno: rosso
Gomori Bouin, paraffina Muscolo: rosso, collageno: verde
Ziehl-Neelsen Formalina, paraffina Bacilli alcool-acido resistenti
Fontana-Masson Formalina, paraffina Granuli argentaffini e melanina
Reticolo Formalina, paraffina Reticolo stronfiale
Von Kossa Formalina, paraffina Depositi di calcio
Oil Red "O" Materiale congelato Lipidi Si può usare anche materiale fis­
sato in formalina/ma non incluso
in paraffina
Warthin-Starry Formalina, paraffina Spirochete (Treponema pallidum )
Analisi molecolari & 61

C olorazion i speciali. Le colorazioni "speciali" ven­ faticato ad affermarsi. Le metodiche in grado di


gono utilizzate per dimostrare più selettivamente coniugare l'analisi morfologica con la rivelazione di
particolari componenti cellulari o tissutali. Pur informazioni molecolari hanno al contrario goduto
avendo avuto una notevole importanza in passato, di un maggiore successo, e sono divenute ormai
tanto che ne furono messe a punto centinaia, queste parte indispensabile della pratica diagnostica. Que­
sono oggi state soppiantate largamente da colora­ ste tecniche di morfologia molecolare comprendono
zioni immunoistochimiche, certamente più sensibi­ l'immunoistochimica, l'ibridazione in situ degli acidi
li e specifiche. Tuttavia alcune di esse sono ancora nucleici, e la poco utilizzata PCR in situ. La citome-
oggi utilizzate ed importanti nella pratica diagno­ tria a flusso fa caso a sé, in quanto l'analisi morfolo­
stica. Nella tabella 3 sono elencate alcune tra le gica è indiretta, ma è conservata la possibilità di otte­
principali tuttora in uso. nere dati su popolazioni cellulari selezionate.
Si rimanda ai capitoli di patologie specifiche per
il loro uso nell'ambito della diagnostica di organi L'immunoistochimica utilizza gli anticorpi
particolari, di malattie specifiche o di diagnosi dif­
come "proiettili m agici" per rivelare \
ferenziali particolari.
l'espressione di molecole sp e c ifich e ^

\\_l Analisi molecolari Djurante gli anni .'70 del secolo scorso la possibi­
lità di ^ttenere.gj:andi.quantità di. anticorpi mono-
Le tecniche molecolari in anatom ia clonali.specifici (2) e lo sviluppo delle tecniche indi­
rette come il metodo Avidina-tfiotina permisero la
patologica rilevazione di anligeni tissutali in situ con relativa
Le anomalie morfologiche delle cellule e dei tes­ facilità, dando grande inipiilso all'inimunoistochi-
suti sono il risultato di alterazioni delle molecole di
cui sono composte e del complesso equilibrio tra di
esse. Un tempo ritenute metodiche ancillari, le tec­ l£a3U2Q£<£^ (Fig. Ì V ) ^
niche molecolari fanno oggi pienamente parte della La tecnica prevede il legame di un anticorpo speci-
Anatomia Patologica. Esse hanno diverse applica­ ficQ..per l'antigene in esame.(detto anticorpo prima­
zioni nella diagnostica di malattie sia infettive che rio) seguito dairincubazicme con un anticorpo
degenerative e neoplastiche. Prova ne è che le ano­ coniugato con . un. .sistema di rilevazione (detto
malie molecolari sono integrate nelle classificazioni secondario) che.si leghi alla frazione Fc del prima-
delle patologie dell'organizzazione Mondiale della
Sanità (1). corm m i^va^ Copiplesso Avidrna-
Le tecniche molecolari permettono al patologo
di raggiungere un livello di indagine submicrosco­ eliminano la falsa positività, .che può generarsi in
pico; infatti grazie ad esse è possibile avere infor­ tessuti ricchi di biotina endogena. Se. .la, molecola
mazioni qualitative e quantitative sulle macromole­ coniugata all'anticorpo secondario è. fluorescente si
cole che costituiscono le cellule e i tessuti: il DNA, parla di immunofluorescenza.. T.'elevafa specificità
l'RNA e le proteine. Nei processi patologici queste delle reazioni ha permesso di utilizzare, gli anticor-
possono presentare anomala distribuzione, quanti­ pi come "proiettili magici" per eyide^
tà, o qualità, e il rilevamento di tali anomalie ha Nel campo diagnosti­
spesso importanza diagnostica, prognostica e tera-^ co, l'immunoistochimica h a . spesso ridefinito le
peutica. 'classificazioni delle neoplasie, grazie alla capacità
Le tecniche molecolari possono essere s u d d i v i s a c i determinare in modo convincente la cellula di
ili tecniche di "biologia molecolare" e tecniche d i ^ origine, o l'espressione di molecole anomale.
"morfologia molecolare". Le prime riguardano l'a­
nalisi delle molecole purificate e quindi richiedono La citometria a flusso è una metodica
la disgregazione del tessuto. Le tecniche di morfo­ rapida ed accurata per determ inare
logia molecolare permettono un'analisi in situ delle
molecole e, preservando l'integrità tissutale, per­ il fenotipo m olecolare di una popolazione
mettono la loro localizzazione precisa in termini di cellulare
distribuzione tissutale e cellulare. La citometria a flusso utilizza tecniche in qual­
che modo simili all'immunoistochimica, ma richie­
La m orfologia m olecolare collega de la disgregazione di un tessuto sino ad ottenere
l'Anatom ia Patologica classica con l'analisi una sospensione di singole cellule. Queste vengo­
no marcate con anticorpi primari e secondari, che
m olecolare
sono generalmente coniugati a coloranti fluore­
La tecnica per eccellenza dell"Anatomia Patologi­ scenti. Le cellule marcate vengono poi analizzate
ca è l'analisi morfologica, e perciò non stupisce il con il citometro a flusso, che, in estrema sintesi,
fatto che le tecniche puramente molecolari abbiano consiste di un capillare entro cui far scorrere le cel­
62 : Metodi e tecniche dell'anatomia patologica

'¿ii

Fig. 11 - Immunoistochimica. (a) L'anticorpo primario si lega alla proteina contro cui è diretto e ¡'avvenuta reazione viene rivela­
ta, seguito-ddl'incubazione corì uri anticorpo secondario che si lega alla frazione Fc del primario. L'anticorpo secondario è coniu­
gato con una molecola enzimatica o, più raramente, fluorescente, (b) Biopsia osteomidollare colorata con anticorpo che riconosce
fa dtòchèratina 8. proteina non presente nelle cellule normali del midollo osseo, ma presente in cellule epiteliali. Le cellule-espr-i-
menti questa citocneratina sono riconoscibili per la colorazione marrone dei citoplasmi. Si tratta di una metastasi osteomidollare di
ùn carcinoma.d^la:mammella.

lule una ad una, ed una sorgente LASER in grado corpi marcati con fluorocromi diversi è possibile
di colpire le cellule. Se è presente un anticorpo analizzare contemporaneamente la presenza di più
fluorescente legato alla cellula colpita dal LASER, antigeni su ogni cellula. Ciò che si ottiene è un gra­
questa emetterà un segnale che verrà rilevato da fico di intensità in cui ogni evento (corrispondente
un apposito sensore (Fig. 12). Utilizzando più anti­ ad una cellula) è mostrato come un punto. Pur cau-

w r ~ PT“
1;S%

Focaiizzazione
idrodinamica
2. A C Q U IS IZ IO N E

Fig. 12 - Citometria a flusso. (1} Cellule in sospensione vengono marcate con anticorpi coniugati a coloranti fluorescenti. (2) Le cel­
lule vengono aspirate nello strumento e fatte scorrere in un capillare; quelle a cui l'anticorpo fluorescente si è legato, colpite dal rag­
gio LASER, emettono un segnale che viene rilevato da un sensore. (3) Ciò che si ottiene è un grafico in cui ogni cellula è mostrata
come un punto. Nell'esempio, sono mostrati due grafici ottenuti dalla sospensione cellulare di un linfonodo laterocervicaie marcata
con quattro diversi anticorpi: CD5, specifico per linfociti T; CD19, specifico per linfociti B; CD4 e CD8 che marcano sottopopolazio­
ni di linfociti T. Nella parte sinistra la doppia marcatura con anticorpi anti-CD5 e anti-CD19 mostra che il 35,2% delle cellule è rap­
presentata da linfociti T (nube dei CD5 positivi/CDì 9 negativi) e il 51,7% da cellule che esprimono ambedue gli antigeni (nube aei
CD5 e CD19). La coespressione di questi due antigeni è caratteristica di linfociti neoplastici del linfoma linfocitico/leucemia linfati­
ca cronica. La doppia marcatura con CD4 e CD8 mostra che la componente linfocitaria T del linfonodo in esame rappresenta il
40,5% della intera sospensione cellulare e che è prevalentemente composta da cellule CD4 positive (30%) o CD8 positive (10,5%).
Anolisi molecolari ? 63

sando la perdita di integrità del tessuto (ma non Le tecniche di m icrodissezione manuale
delle cellule), la citometria a flusso ha nella veloci­
e LASER-assistita collegano la morfologia
tà di esecuzione il suo punto di forza. In molti casi
una diagnosi può essere formulata in meno di tre m olecolare e la biologia m olecolare
ore dall'accettazione del campione. Permettendo Abbiamo già sottolineato come le tecniche di
una ricostruzione virtuale a posteriori del campio­ biologia molecolare forniscano un'informazione che
ne, di cui comunque viene mantenuta l'integrità riflette in modo statistico la composizione cellulare
cellulare, può essere inclusa tra le tecniche di mor­ del campione esaminato, ma non di singole cellule.
fologia molecolare. A titolo di esempio, volendo analizzare un campio­
ne tumorale, i dati che otterremmo da un'analisi in
L'ibridazione in situ utilizza sonde di acidi toto sarebbero la media ponderata delle informazio­
nucleici per individuare anom alie ni contenute nelle cellule tumorali, nelle cellule del
tessuto connettivo circostante (fibroblasti, macrofa­
crom osomiche, geniche o di espressione
gi, etc.), delle cellule dei vasi, delle cellule deH'infil-
L'ibridazione in situ utilizza la capacità di mole­ trato infiammatorio presente. Se la popolazione in
cole a singolo filamento di acidi nucleici di legare il studio è sufficientemente pura ed uniforme (mag­
filamento complementare. La tecnica per molti giore del 90% di cellule di interesse, omogenee tra
versi assomiglia all'immunoìstochìmica, con la dif­ loro), gli effetti di questa commistione possono esse­
ferenza che sia i "proiettili magici" sia i bersagli re trascurati. Se viceversa la popolazione di interes­
molecolari sono costituiti da acidi nucleici anziché se è minoritaria (come ad esempio nel linfoma di
da proteine (Fig. 13). Come neirimmunoistochimi- Hodgkin), un'analisi molecolare è impossibile, poi­
ca le sonde molecolari devono essere marcate in ché le informazioni ottenute riguarderebbero non le
qualche modo per poter essere visualizzate tramite cellule in studio ma quelle di accompagnamento.
un sistema di rivelazione, che può essere di tipo Sono state perciò sviluppate tecniche che permettes­
enzimatico o basato sulla fluorescenza. In quest'ul­ sero di ottenere popolazioni cellulari di purezza
timo caso si parlerà più precisamente di FISH accettabile per l'analisi considerata. Una delle tecni-
(Fluorescence in-situ hybridization); la CISH è ima che più utilizzate è stata la microdissezione manua­
tecnica simile alla FISH dove al posto della reazio­ le da sezioni istologiche (3). Questa tecnica prevede
ne fluorescente si utilizza una reazione cromogeni­ l'allestimento di una normale sezione istologica,
ca (Chromogenic in-situ hybridization). leggermente colorata (ma è possibile anche l'utiliz­
zo di colorazioni immunoistochimiche), e il succes­
sivo distacco e recupero della popolazione di inte­
resse da parte di un operatore che agisce sotto con-

Pia. 13 - ibridazione in situ fluorescente (FISH). La sonda di DNA (filamento rosso) marcato con un sistema di rivelazione (palli­
ni) si leaa al DNA delle cellule opportunamente denaturato (a singolo filamento). Nell'esempio si noti la presenza dell'amplifica­
zione dei gene in esame: ne osserviamo infatti numerosissime copie invece delle due copie attese, una ai origine paterna e una
materna. Si tratta dell'analisi FISH del gene del recettore tirosin-chinasico HER2/NEU in cellule di carcinoma della mammella. Que­
sto recettore è iperespresso nel 20% circa dei carcinomi mammari a causa proprio dell'amplificazione genica. Il reperto ha risvol­
ti terapeutici.
64 & Metodi e tecniche dell'anatomia patologica

D
Q

Fig. 14 - La microdissezione manuale consiste nel distaccare le cellule dal tessuto utilizzando normali sezioni istologiche. Sotto con­
trollo microscopico (A), ie cellule e/o l'area di interesse vengono identificate (B), asportate utilizzando un ago (C), e poste in una
provetta per procedere alla estrazione delle macromolecole desiderate.

trollo microscopico diretto (Fig. 14). Il distacco delle che permettono una precisione molto maggiore ed
cellule avviene tramite grattamento con ago sottile, una minore dipendenza dall'operatore (Fig. 15). A
ed il recupero tramite l'ago stesso o per aspirazione causa dell'elevato costo delle apparecchiature e dei
tramite pipetta. Il tessuto così ottenuto viene poi materiali di consumo queste tecniche si sono, affer­
digerito al fine di estrarre le macromolecole deside­ mate solo nei grandi laboratori di ricerca, e per ora
rate. Questa metodica ha il vantaggio del basso non vengono utilizzate nella routine diagnostica.
costo, ma la precisione ottenuta è dipendente dall'o­
peratore, e comunque in grado di operare solo sepa­
razioni relativamente grossolane (circa 1 mm). Tec­ Le tecniche di sep arazion e cellulare basate
niche simili, ma più raffinate, prevedono l'uso di un su anticorpi permettono di ottenere
micromanipolatore idraulico e di una micropipetta popolazioni cellulari di elevata purezza
per distaccare anche singole cellule (4), o uno micro­
scalpello oscillante a frequenze ultrasoniche (5). Un Due tecniche molto efficienti utilizzano anti­
punto di svolta nelle tecniche di microdissezione fu corpi per separare popolazioni cellulari di elevata
l'introduzione delle metodiche LASER-assistite (6), purezza: sono il separatore cellulare attivato dalla

Fig. 15 - La microdissezione laser utilizza un raggio infrarosso a basso voltaggio che scioglie uno speciale film in plastica che viene
deposto sul vetrino contenente il tessuto da microdissecare. Sotto osservazione microscopica viene azionato il raggio e la plastica
disciolta ingloba le cellule microdissecate, che vengono raccolte su un tappo di plastica, li tappo viene quindi deposto su una micro­
provetta contenente il tampone di lisi cellulare per procedere all'estrazione deile macromolecole di interesse.
Anolisi molecolari ® 65

flurescenza (fluorescence activated celi sorter - Le tecniche di citogenetica individuano


FACS) e la separazione magnetica. Il primo è
alterazioni numeriche e strutturali
simile ad un citometro a flusso, ma premette di
eluire separatamente le cellule che abbiano legato dei cromosomi
un particolare anticorpo; la separazione magneti­ Le tecniche citogenetiche individuano alterazio­
ca, più rapida e meno costosa, utilizza anticorpi ni grossolane dei cromosomi. Il livello di risoluzio­
legati a biglie magnetiche. L'utilizzo di un magne­ ne dipende dalla tecnica, e varia da 4-6 Mbasi nella
te permette di separare le cellule che hanno lega­ citogenetica classica con bandeggio, sino a 1 Mbase
to l'anticorpo da quelle che non l'hanno legato. per il cariotipo spettrale (spectral karyotyping -
Queste due tecniche permettono di studiare SKY) e 5 Mbasi per l'ibridazione genomica compa­
popolazioni cellulari virtualmente pure, ma ad rativa (comparative genomic hybridisation - CGH).
oggi vengono utilizzate principalmente nella La FISH, di cui abbiamo già parlato, rappresenta la
ricerca. tecnica citogenetica con la maggiore risoluzione,
ma risponde a quesiti più limitati, poiché non è una
tecnica che analizza tutto il genoma, ma solo picco­
Le tecniche di biologia m olecolare le porzioni di esso.
permettono un'analisi molecolare La citogenetica classica con bandeggio vanta
più approfondita delie anom alie una lunga storia neiranatomia patologica, e fu
infatti tramite questa tecnica che fu rilevata la
delle m acrom olecole prima traslocazione neoplastica specifica, la t(9;22)
Come abbiamo già detto, le tecniche di biologia della leucemia mieloide cronica. La tecnica si basa
molecolare classica prevedono che un tessuto sia sulla coltura a breve termine di cellule neoplastiche,
disgregato, e quindi precludono una indagine mor­ sul loro blocco in fase M tramite colchicina, e quin­
di sull'analisi dei cromosomi colorati con Giemsa o
fologica del medesimo campione. A questo proble­
altri coloranti. I coloranti conferiscono un caratteri­
ma si può ovviare analizzando frammenti specula­
stico aspetto zebrato ai cromosomi (Fig. 16), con
ri a quello disgregato, fissati in formalina e proces­
bande che si susseguono come in un codice a barre.
sati, o allestendo delle sezioni criostatiche di con­ Ogni cromosoma presenta un bandeggio caratteri­
trollo sul frammento in esame. stico, per cui è possibile ricostruire il genotipo delle
Queste tecniche, a fronte degli svantaggi descrit­ cellule, ed identificare eventuali anomalie.
ti, permettono di raggiungere un livello di analisi Lo SKY (7) è una tecnica che tramite l'uso di
non altrimenti ottenibile. Infatti è possibile avere pseudocolori permette di distinguere tutti i cromo­
informazioni precise su alterazioni genomiche e di somi con una risoluzione di 1-2 Mbasi (Fig. 17).
singoli geni, sino alle mutazioni puntiformi. Queste La CGH è una tecnica citogenetica "non-classi-
informazioni possono avere un significato progno­ ca" che permette di individuare amplificazioni o
stico, diagnostico o terapeutico. perdite cromosomiche, ma non traslocazioni, con

f ilit i m m u s i ¡ l > il> fi m in e j i


1 2 3 4 5 X

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6 7 8 9 10 11
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13 14 15 16 17 18

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19 20 21 22 Y mar

Fio. 16 - La citogenetica classica con bandeggio Giemsa (G-banding). Esempio di cariotipo ottenuto mediante G-banding di cel­
lule neoplastiche. Si notino le numerose anomalie numeriche e strutturali dei cromosomi.
66 ^ Metodi e tecniche dell'anatomia patologica
con enzimi di restrizione, la separazione dei fram­
menti in base alle dimensioni su gel di agaroso, il
trasferimento dei frammenti su una membrana di
nitrocellulosa o altro materiale, ed infine l'ibrida­
zione con sonde marcate. Il primo scopo della tecni­
ca è rivelare la presenza o assenza di determinate
sequenze di DNA, e tramite ibridazioni successive
la possibile comigrazione di frammenti ibridizzati a
sonde diverse. Per analogia al Southern blot la tec­
nica che anziché DNA genomico utilizza RNA tota­
le fu chiamata Northern blot. In questo caso si ana­
lizzerà la presenza o meno di specifici trascritti o
altri segmenti di RNA. La tecnica di Southern vanta
una lunga stòria nella diagnostica molecolare, come
sarà descritto nel paragrafo inerente le applicazioni
diagnostiche delle tecniche molecolari.

La PCR è una tecnica di am plificazione


Fig. 17 - Cariòtìpo spettrale (SKY). Esempio di preparato da
cariotipo spettrale di una linea cellulare tumorale. Normalmen­ degli acidi nucleici
te ad ogni cromosoma corrisponde un solo colore, mentre in La tecnica di reazione a catena della polimerasi
questo preparato esistono cromosomi di due o più colori, indi­
cativi della presenza di traslocazioni. (polymerase chain reaction - PCR), che procurò a
Kary B. Mullis il premio Nobel per la chimica nel
1993, è una tecnica di amplificazione, cioè una
una risoluzione di 5-10 Mbasi (Fig. 18). Ha il van­ metodica che permette di ottenere a fine reazione
taggio di non richiedere cellule in metafase, ed è un numero di copie di un determinato acido nuclei-
possibile utilizzare DNA estratto da tessuti fissati. co maggiore rispetto al numero di copie iniziale. La
Un sostanziale passo avanti in termini di informati­ metodica si basa sulla opportuna miscela di DNA
vità è stato ottenuto con l'introduzione dei CGH- polimerasi termostabile, oligonucleotidi iniziatori,
arrays (8), che sfrutta la possibilità di produrre e nucleotidi trifosfato. La reazione a catena avviene
microchip con alta densità di sonde specifiche, ana­ tramite cicli termici ripetuti di denaturazione,
logamente a quanto viene fatto per i cDNA'o oligo- appaiamento e polimerizzazione. Il limite pratico di
nucleotide-microarrays. La risoluzione dei CGH- amplificazione .della PCR è circa 2000 basi nella sua
arrays è inferiore a 1 Mbase. versione standard, e sino a 20-30kbasi utilizzando
protocolli modificati. Il prodotto finale è così
La tecnica di Southern è una metodica abbondante che può essere visualizzato diretta-
mente tramite coloranti che leghino il DNA, come il
di ibridazione degli acidi nucleici
bromuro di etidio o il Sybr Green (Fig. 19). Alcune
La tecnica inventata da E.M. Southern (9), comu­ varianti della PCR meritano di essere menzionate
nemente nota come Southern blot, prevede l'estra­ per la loro importanza: la RT-PCR e la "PCR quan­
zione del DNA da un campione, la sua digestione titativa".

DNA tumore
m jf ■
Marcati con 1 Im
fluorocromi

ss
DNA normale * u- s t -

Fig. 18 - Ibridazione genomica comparativa (CGH). Il DNA estratto da cellule normali e neoplastiche viene marcato con due diver­
si fluorocromi. Questi vengono poi ibridati su una preparazione cromosomica di un idividuo normale. La lettura computerizzata
dei segnali di ibridazione permette di rilevare le aree cromosomiche iper- o ipo-rappresentate nel DNA neoplastico. Nell'esempio
riportato si noti il prevalere del verde sul braccio corto del cromosoma 9, indicativo di amplificazione del DNA tumorale corrispon­
dente a questo braccio cromosomico. L'amplificazione del braccio corto dei cromosoma 9 è caratteristico del linfoma B mediasti-,
nico a grandi cellule da cui questo esempio è tratto.
Analisi molecolari & 67

300

200
S^&XVXlSi&ZliZ'S&'fé

100
Fig. 19 - Amplificazione PCR del gene per le catene pesanti delle immgnoglobuline. Questa analisi viene eseguita per ia deter
minazione di monoclonalità nell'ambito di una popolazione linfoide. L'immagine elettronica è stata ottenuta dalla elettroforesi su
microcqpiUari del prodotto della amplificazione PCR. La prima corsia contiene il marcatore di peso molecolare (espresso in paia di
basi), le altre corsìe i campioni in esame. ! campioni della terza e quarta corsia sono monoclonali, il campione nella prima corsia
è policionale. La quinta corsia è il controllo negativo.

La RT-PCR ha come materiale di partenza rRT-PCR in situ, poiché spesso è di maggior interes­
l'RNA, ed utilizza un processo di retrotrascrizìone se conoscere la presenza o assenza di un trascritto
per ottenere da questo il DNA complementare specifico piuttosto che di una sequenza di DNA
(cDNA). Questo viene poi amplificato con una clas­ che, in via teorica, dovrebbe essere presente in tutte
sica PCR. La RT-PCR permette perciò di rivelare la le cellule. La tecnica prevede l'amplificazione in
presenza di specifici trascritti. presenza di nucleotidi marcati (ad es. con digossi-
La PCR quantitativa, detta anche Real-time genina) ed una successiva incubazione con anticor­
PCR, permette di ottenere dati inerenti l'abbondan­ pi anti-nuclotide marcato, coniugati al sistema di
za nel campione di partenza di una specie di acido rivelazione (Fig. 20). La metodica sinora non ha tro­
nucleico. Se accoppiata alla retrotrascrizione, si vato ampio consenso, principalmente per problemi
possono avere informazioni sul livello di un tra­ legati a difficoltà tecniche e problemi di aspecificità.
scritto. La tecnica si basa in generale sul principio Inoltre il crescente numero di anticorpi disponibili
del legame stechiometrico di un colorante fluore­ rende spesso possibile ottenere le medesime infor­
scente con il DNA a doppia elica, o su altre tecniche mazioni con rimmunoistochimica. Nonostante ciò
che permettano una rilevazione precisa dell'abbon- può fornire informazioni non altrimenti ottenibili,
danza di un prodotto (ad es. le sonde Taqman). In come l'identificazione delle cellule di origine di
termini estremamente semplificativi, più prodotto è proteine secrete. La PCR in situ, pur discussa tra le
presente, maggiore sarà la fluorescenza. La fluore­
scenza viene misurata in modo continuo, cioè in
tempo reale, e di qui il nome. Creando un grafico
della fluorescenza, e sapendo che in teoria nella
prima fase della reazione il prodotto si raddoppia
ad ogni ciclo (fase esponenziale) è possibile inferire
la quantità iniziale di acido nucleico, sia in termini
relativi (rispetto ad un gene di riferimento) sìa in
termini assoluti (rispetto alla quantità di cDNA
nella reazione). La Real-time PCR è uno strumento
formidabile per rilevare e quantificare specie di
mRNA, e perciò ha guadagnato ampio consenso tra
i patologi molecolari, considerate anche le possibi­
lità di utilizzo in campo diagnostico.

La PCR in situ utilizza l'am plificazione


degli acidi nucleici consentendo ai tempo
stesso un'analisi morfologica
Fig. 20 - RT-PCR IN SITU. in questo esempio è mostrata la posi­
Le tecniche di amplificazione degli acidi nuclei­ tività di cellule di nervo surale per l'RNA del virus dell'epatite C.
ci come PCR e RT-PCR possono essere sfruttate per La retrotrascrizione dell'RNA virale e la sua amplificazione
rivelare la presenza di un bersaglio molecolare in sono state eseguite su sezione istologica in presenza di nucleo­
tidi marcati con digossigenina. Il prodotto aell'’amplificazione è
situ, visualizzando la reazione con enzimi o con stato rilevato con anticorpi anti-digossigenina coniugati a siste­
metalli (10). In generale la tecnica più utilizzata è ma di rilevazione avidina-biotina-perossidasi.
68 ^ Metodi e tecniche dell'anatomia patologica
tecniche di biologia molecolare per la sua attinenza richiede un'analisi di secondo livello degli elettrofe­
con la PCR, fa parte a tutti gli effetti della morfolo­ rogrammi o la separazione degli alleli tramite clo-
gia molecolare. naggio o PCR-SSCP.
Screening delle sequenze geniche. Diversi metodi per
L'analisi di sequenza del DNA permette individuare differenze puntiformi nella sequenza
di individuare anom alie genetiche del DNA evitano la necessità di ricorrere a costosi
non altrimenti identificabili sistemi di sequenziamento, che permettono inoltre
l'analisi rapida di un gran numero di campioni.
Come il morfologo può guardare le cellule mala­ Molte di queste tecniche utilizzano DNA amplifica­
te nel microscopio, così il patologo molecolare può to tramite PCR.
guardare il DNA di queste cellule attraverso gli
elettroferogrammi forniti dal sequenziatore di Screening di mutazioni puntiformi conosciute. L'ibri-
DNA. La tecnica prevede la purificazione del DNA dizzazione del DNA effettuata con sonde oligonu-
da esaminare ed una successiva amplificazione in cleotidiche marcate (oligonucleotidi allele-specifici,
presenza di un solo primer e di una miscela di ASO) è dotata di notevole capacità di discrimina­
nucleotidi terminatori marcati. L'amplificazione zione e può individuare differenze a livello delle
produce una miscela di frammenti di tutte le lun­ singole basi, purché si usino sonde di piccole
ghezze possibili, tutti contenenti all'estremità 3' il dimensioni e condizioni di alta stringenza.
nucleotide marcato che ha terminato la catena. Poi­ Quando la mutazione altera il sito di riconosci­
ché i quattro nucleotidi sono marcati con fluorocro- mento di una endonucleasi di restrizione, la dige­
mi diversi, separando i frammenti in base alle stione con questo specifico enzima del prodotto
dimensioni (tramite elettroforesi su gel o su capilla­ della PCR, seguita da elettroforesi su gel di agaro-
re) è possibile determinare la sequenza: infatti se i sio può essere usata per distinguere tra di loro
frammenti vengono adeguatamente separati, è pos­ diversi alleli o sequenze mutate e non mutate. In
sibile rilevarli automaticamente tramite un proces­ alternativa possono essere usati primers specifici
so emettitore-rilevatore in modo simile a quanto si per i vari alleli in studio per ottenere l'amplificazio­
fa con le cellule nella citometria a flusso (Fig. 21). ne selettiva di particolari alleli o mutazioni usando
Questa tecnica è in grado di definire con precisione alte stringenze di riassociazione (PCR allele-specifi-
una sequenza di DNA o cDNA, e di rilevare le sue ca). Nel metodo ARMS (amplification refractory
variazioni, in particolare polimorfismi e mutazioni mutation system), viene introdotto deliberatamente
puntiformi. Il rilevamento di delezioni o inserzioni un mismatch nella porzione terminale 3' di un pri-

Fig. 21 —Analisi di sequenza del DNA. Il frammento di DNA da esaminare viene amplificato in presenza di un solo primer. La
miscela di nucleotidi utilizzata contiene deile basi modificate che, una volta incorporati, impediscono ¡'allungamento ulteriore delia
catena neosintetizzata. L'amplificazione produce una miscela di frammenti di tutte le lunghezze possibili, ciascuno contenente all'e-
stremità 3' il nucleotide marcato che ha terminato la catena. Se i quattro nucleotidi terminatori sono marcati con fluorocromi diver­
si, la separazione elettroforetica in capillare permette la rilevazione automatica dei segnali mediante un sistema laser emettitore-
rilevatore.
Analisi molecolari ss 69
mer per aumentare la sua specificità. L'amplifica­ riferimento marcata e del DNA da analizzare; la
zione effettuata in presenza di primers allele/tipo- digestione viene effettuata con l'enzima single-
specifici premarcati con differenti fluorocromi con­ strand nuclease SI o, più efficacemente, con l'enzi­
sente di ottenere prodotti di differente colore. ma RNase A. Questo metodo richiede comunque la
Un metodo più recente, di grande sensibilità e sintesi della sonda RNA ed ha una sensibilità suffi­
specificità, prevede l'utilizzo della PCR Real-time, ciente solo per individuare segmenti di mismatch
con sonde Taqman specifiche per l'allele mutato o di ampia estensione.
per quello non mutato. La breve sonda è marcata Il metodo SSCP (single strand conformation
con un fluorocromo ad una estremità, mentre all'al­ polymorphism ) sfrutta la diversa mobilità elettro­
tra è presente una molecola bloccante che evita re ­ foretica di molecole di DNA a singolo filamento,
missione di fluorescenza dal flurocromo. La sonda differenti anche per una singola base. Il DNA a sin­
si lega solo alla sequenza complementare; la poli- golo filamento infatti assume diverse conformazio­
merasi durante il ciclo di estensione rimuove la ni che dipendono dalla specifica sequenza di basi (a
molecola bloccante e libera il fluorocromo che causa delle interazioni tra le basi), dalla temperatu­
emette un segnale, che viene opportunamente rile­ ra e dal pH e forza ionica del tampone in cui si
vato. In definitiva il segnale sarà presente solo se la trova. Spesso queste differenze di conformazioni
sonda si era legata alla sequenza specifica, sia essa sono sensibili al cambiamento di una singola base,
mutata o meno. La quantità di fluorocromo liberato il che forma la base della capacità discriminativa di
dipende dal numero di molecole con la specifica questa tecnica. In termini pratici la sequenza di
sequenza presenti ad ogni ciclo nella reazione di interesse è amplificata tramite PCR, denaturata e
PCR, che a sua volta dipende dal numero di mole­ fatta correre in un gel di poliacrilammide in condi­
cole inizialmente presenti. zioni non denaturanti. I filamenti singoli assume­
ranno quindi tutte le configurazioni possibili per le
Screening di piccole variazioni di sequenza non note. I
condizioni di corsa (temperatura e tampone), che
metodi sopradescritti sono utili solamente quando
possiedono diverse mobilità, e quindi vengono
il sito e la natura delle variazioni di sequenza sono
individuate come bande distinte. Il confronto con
noti. Sono diponibili altri metodi per ricercare e sco­
prire mutazioni e polimorfismi in DNA di cui non campioni di riferimento permette l'individuazione
di bande anomale, e quindi verosimilmente mutate.
sia nota la sequenza. Alcuni metodi sfruttano la
diversa mobilità elettroforetica di molecole di DNA Il rilevamento avviene grazie a traccianti radioatti­
a doppio filamento composte da filamenti con vi (nucleotidi marcati con 32P), con colorazione
sequenze diverse, chiamati comunemente eterodu- argéntica o fluorescente.
plex. Questi possono essere ottenuti denaturando il Questi metodi per individuare delle mutazioni
DNA e permettendo poi un riappaiamento a bassa sono più semplici dei metodi di sequenziamento
temperatura, in una miscela che comprenda delle singole basi e risultano particolarmente adatti
entrambi i tipi di DNA (di solito amplificati tramite per un primo screening di campioni di DNA.
PCR). Alcuni eteroduplex, particolarmente quelli
che comprendono delezioni che si estendono alme­ I profili di espressione genica permettono
no per diverse coppie di basi, possono migrare con di disegnare l'identikit m olecolare
mobilità minore in agarosio o in modo più eviden­
dei campioni in esam e
te, in gel di poliacrilamide in condizioni non dena­
turanti. Duplex privi di corrispondenza a livello di Le tecniche di delineamento di espressione geni­
una singola base possono essere separati usando ca (gene expression profiling) permettono di ottenere
particolari gel (Hydrolink). La diminuzione della informazioni sui livelli di moltissimi trascritti di
stabilità termica di un dominio che contiene un mRNAin un campione (11). La tecnica è in qualche
mismatch di basi viene utilizzata nel metodo DGGE modo un southern blot su cDNA miniaturizzato,
(denaturing gradient gel electroforesis) dove le dif­ dove però le sonde sono immobilizzate ad un pre­
ferenze di mobilità di omoduplex ed eteroduplex ciso punto del supporto e il cDNA è in sospensione
parzialmente denaturati vengono individuati su gel ed è libero di ibridarsi alle varie sonde. Se il cDNA
di poliacrilamide usando gradienti crescenti di è marcato sarà possibile avere delle informazioni su
denaturanti (formamide ed urea) o temperatura quali cDNA sono presenti nel campione in esame
(TGGE). L'analisi DGGE è stata impiegata nell'i­ (Fig. 22). Le tecniche di miniaturizzazione hanno
dentificazione di varianti polimorfiche di sequenza permesso di inserire decine di migliaia di sonde per
in DNA genomico con Southern blotting. singolo supporto in vetro, arrivando quindi ad un
Le differenze di suscettibilità alla lisi enzimatica livello di scala molto vicino alla totalità dei geni
o chimica del DNA a singola catena e di quello a presenti nel genoma umano. L'enorme complessità
doppia catena possono essere usate per individua­ dei dati forniti dall'analisi di questo tipo di esperi­
re le aree di mismatch in un eteroduplex. Per indi­ menti ha portato allo sviluppo di una disciplina
viduare mutazioni puntiformi si può anche ricorre­ nuova, la Bioinformatica, che si occupa dell'estra­
re alla digestione delle porzioni a singola catena zione di dati significativi dagli esperimenti e della
presenti in un duplex formato dalla sonda RNA di loro validazione statistica.
70 :: Metodi e tecniche dell'anatomia patologica

Normale
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• « : « • # ■

DNA/RNA Ç ■- *
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marcato con -ii-



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; «? • *
florocrom i • e

Tumore
iper-espresso nel tumore

o ipo-espresso^riel'tymore;-;

Fig, 22 - Analisi con microarray. Esempio di microarray a DNA per esperimenti di profilamento di espressione genica. L'immagi­
ne è ottenuta elettronicamente per somma delie immagini di due campioni. Ad ogni punto corrisponde una sonda di DNA o cDNA;
¡1 colore, variabile dal rosso, al giallo, al verde, indica il livello di differenza di espressione dell'RNA corrispondente nei campioni
che si vogliono confrontare.

L'analisi delle proteine presenta vantaggi Il W estern biotting utilizza anticorpi


e svantaggi rispetto all'analisi degli acidi per rivelare la presenza di specifiche
nucleici proteine
L'analisi dell'espressione proteica presenta alcu­ La tecnica più semplice per l'analisi di proteine
ni vantaggi rispetto a quella della trascrizione del (oltre alLimmunoistochimica) è sicuramente il
mRNA. In primo luogo le proteine sono gli effetto­ western blotting. Il nome deriva per analogia dal
ri finali nella cellula, per cui la loro sorte non è lega­ southern e northern blotting, e prevede la separa­
ta a traduzioni successive, come avviene per l'mR- zione delle proteine su un gel di poliacrilammide.
NA. In secondo luogo le proteine possono essere Poiché le proteine vengono denaturate e legate ad
studiate in situ con tecniche di immunoistochimica, un detergente carico (SDS), la loro migrazione nel
per cui la traslazione dei risultati dalla ricerca di gel sarà determinata principalmente dalla massa.
base alla morfologia molecolare è molto rapida. Un Le proteine dal gel vengono trasferite su una mem­
terzo punto di vantaggio è costituito dal fatto che brana e rivelate con sistemi analoghi a quelli dell'i-
molte proteine con attività biologica possono essere munoistochimica, che prevedono l'incubazione
inibite da farmaci specifici con immediate ricadute con anticorpi primari e successivamente con
nel campo clinico-terapeutico. Lo svantaggio prin­ secondari marcati. Il sistema di rivelazione è di
cipale di questa analisi è l'impossibilità di disporre solito di tipo chemioluminescente, e quindi richie­
di tecniche di amplificazione, che ha invece portato de l'esposizione di una lastra fotografica. La
innumerevoli facilitazioni nello studio degli acidi dimensione della proteina in esame può essere
nucleici, e conseguentemente ad un loro predomi­ determinata dal confronto con altre proteine di
nio nella letteratura scientifica pei' molti armi. Oggi peso molecolare noto, mentre una stima della
la tecnologia ha permesso però livelli di sensibilità quantità può essere ottenuta confrontando la pro­
tali che la proteomica (intesa come lo studio del teina in esame con una proteina strutturale (ad es.
patrimonio proteico di una cellula) sta riguada­ tubulina alfa).
gnando terreno nella ricerca scientifica, e promette
grandi sviluppi nei prossimi anni.
Analisi molecolari ss 71

La proteomica an alizza l'infero contenuto nica si basa sulla separazione sequenziale di una
miscela proteica dapprima in base al punto isoelet­
proteico di un cam pione
trico (pi), poi in base alla massa (Mr). Grazie alla
La separazione monodimensionaìe delle protei­ doppia separazione, ogni proteina assume una
ne ha dei chiari limiti risolutivi. Ciò non rappresen­ posizione sul gel corrispondente alle due coordina­
ta un problema se l'obiettivo è la ricerca di una spe­ te (ascissa: pi; ordinata.'Mr). In questo modo è pos­
cifica proteina tramite anticorpi, come nel western sibile separare migliaia di proteine su un unico gel.
blotting. Questo approccio richiede però una cono­ L'identità specifica di ciascuna proteina può essere
scenza a priori della proteina indagata, nonché l'e­ determinata tramite il taglio delle macchie protei­
sistenza di un anticorpo utilizzabile. Tecniche di che ed il successivo sequenziamento con spettrome­
separazione più discriminanti, come l'elettroforesi tro di massa (Fig. 23). La tecnica è quantitativa, poi­
bidimensionale su gel di poliacrilammide (2D- ché l'intensità di colorazione delle macchie è pro­
PAGE) furono inventate sin dalla metà dagli anni porzionale alla quantità di proteina presente nella
'70, ma il loro utilizzo rimase limitato sinché non macchia. Oltre all'identificazione delle proteine di
vennero integrate sia da tecniche di sequenziamen­ un campione è possibile inoltre analizzare le sue
to proteico di sensibilità sufficiente, sia dalla cono­ modificazioni post-traduzionali come fosforilazio-
scenza di un grandissimo numero di sequenze ne, glicosilazione, etc.. La 2D-PAGE presenta però
espresse fornita dal progetto Genoma Umano. Gra­ alcuni svantaggi: a) richiede grandi quantità di
zie a queste conoscenze, oltre allo sviluppo di piat­ campione; b) la preparazione dei gel, la loro analisi
taforme informatiche adeguate, la 2D-PAGÉ ha ed il successivo taglio delle macchie è un processo
avuto un notevole impulso negli ultimi anni. La tec­ lungo e tecnicamente complesso. A fronte di questi

è
Fig. 23 - Analisi proteomica mediante elettroforesi bidimensionale. Un estratto proteico totale stato sottoposto a d elettroforesi
bidim ensionale. O g n i m acchia corrisponde a d una proteina, la cui posizione sul gel elettroforetico dipen de dai suoi punti isoelet-
trico (pi, in ascissa) e massa (Mr, in ordinata). L'identità di una proteina può essere determ inata tram ite il taglio della m acchia ed
il suo sequenziam ento con spettrometro di massa, e i! confronto della sequenza ottenuta con quelle presenti nei datab ase proteici
internazionali accessibili in internet.
72 s- Metodi e tecniche dell'anatomia patologica
problemi, si sono sviluppate nuove tecniche proteo- marcatori sulla superficie cellulare; (b) quantifica­
miche, che in generale tendono ad eliminare la zione del contenuto di DNA e della proliferazione
separazione su gel, e perciò sono dette gel-free. cellulare. La citometria a flusso riveste un ruolo di
Queste tecniche, come l'elettroforesi capillare e il prim'ordine, anche se non strettamente indispensa­
SELDÍ (surface-enhanced LASER desorption-ioni- bile, nella diagnostica patologica. Il campo di appli­
sation) sono direttamente accoppiate ad uno spet­ cazione più classico è quello delTematopatologia,
trometro di massa e forniscono dati in modo molto dove può fornire indicazioni diagnostiche in circa
rapido anche se meno accurato rispetto alla 2D- due ore di tempo. Un campo di applicazione parti­
PAGE. La proteomica, per ora limitata ad ambiti di colare riguarda l'analisi della ploidia di un campio­
ricerca, promette sviluppi clinici a breve termine, ne, eseguibile peraltro anche su materiale fissato;
specialmente nella diagnosi precoce delle neoplasie trova anche applicazione nella diagnostica della
e neirindividuazione di marcatori utili in patologia. patologia trofoblastica, ove sia necessario distin­
guere una mola parziale (triploide) da una comple­

| Applicazioni diagnostiche ta (diploide).

delle tecniche molecolari Ibridazione in situ

Immunoislochimica L'ibridazione in situ "classica" (non fluorescen­


te) trova applicazione diagnostica nella ricerca di
Come già espresso, rapporto dell'immunoisto- virus, specialmente il virus di Epstein-Barr, dove la
chimica alla diagnostica patologica è enorme, anche ricerca degli RNA virali precoci (EBER) è probabil­
se variabile a seconda del tipo di patologia. In alcu­ mente la tecnica più sensibile.
ni campi, come l'ematopatologia, il processo dia­ L'ibridazione in situ fluorescente (FISH) e cro­
gnostico non si considera completo senza l'apporto mogenica (CISH) trovano numerose applicazioni
dell'immunoistochimica. Lo scopo dell'analisi nello studio dell'amplificazione genica e delle tras­
immunoistochimica in patologia è triplice: a) dia­ locazioni cromosomiche. Un esempio applicativo
gnostico; b) prognostico; c) terapeutico. consiste nell'analisi deiramplificazione delTonco-
L'insieme dei marcatori espressi costituisce l'im- gene Her2/neu nel carcinoma della mammella, che
munofenotipo di ima cellula neoplastica, che può permette di selezionare le pazienti candidate alla
essere assimilato alla "carta di identità" di una terapia con Herceptin, un anticorpo diretto contro
malattia. Questo può essere considerato la risultante Her2/neu. L'uso di multiple sonde per evidenziare
di due determinanti: il fenotipo della cellula di origi­ anomalie cromosomiche multiple nelle cellule del
ne e quello indotto dai danni genetici specifici della sedimento urinario (tecnica Urovision) è stato
cellula tumorale, quindi anomalo. Poiché fenotipo recentemente approvato dall'FDA in quanto mostra
della cellula di origine non è aberrante, saranno la sensibilità e specificità superiori all'esame morfolo­
morfologia e la distribuzione cellulare a suggerire gico.
un processo neoplastico. La suddivisione delle neo­ La dimostrazione della presenza di traslocazioni
plasie in base alla cellula di origine, se possibile, rap­ specifiche può avere un ruolo importante nella dia­
presenta il metodo più razionale di classificazione, gnostica, in special modo nel campo ematologico e
con ricadute clinico-terapeutiche di notevole entità. dei tumori dei tessuti molli.
La coespressione di molecole anomale (ad. es.
molecole del tessuto nervoso espresse nei linfociti)
Tecniche di citogenetica
è un indice molto forte di proliferazione neoplasti­
ca. Infatti spesso è un indice indiretto di traslocazio­ Lo studio del cariotipo ha un ruolo classico nel­
ne cromosomica. L'espressione di queste molecole l'analisi dei prodotti di aborti ripetuti o in feti mal­
generalmente contribuisce alla patogenesi, infatti la formati al fine di fornire ima consulenza genetica ai
permanenza di questa caratteristica in una popola­ genitori. In passato è stato ampiamente utilizzato
zione continuamente sottoposta a pressione seletti­ per rivelare anomalie cromosomiche non note, che
va, come la popolazione delle cellule neoplastiche, oggi possono essere agevolmente dimostrate trami­
è indice del fatto che quella caratteristica conferisce te FISH. Tecniche come lo SKY hanno reso più faci­
un vantaggio alle cellule che la possiedono. le l'interpretazione dei risultati e aumentato la
Poiché non esiste praticamente campo della capacità discriminativa. Il grande difetto della cito­
patologia che non abbia beneficiato dell'immunoi- genetica è quello di richiedere cellule vive ed attiva­
stochimìca, si rimanda alle singole sezioni per una mente proliferanti, quindi di materiale fresco in
descrizione dei marcatori immunofenotipici di adeguate quantità.
significato diagnostico, prognostico e terapeutico.
Southern blotting
Citometria a flusso
Il Southern blotting è oggi utilizzato ancora per
Le principali applicazioni della citometria a flus­ la determinazione di clonalità nella patologia linfo-
so sono due: (a) individuazione immunologica di proliferativa, dove costituisce la tecnica di riferi­
Bibliografia essenziale ^ 73
mento, e nella dimostrazione di traslocazioni cro­ (HPV), un virus potenzialmente oncogeno, in cam­
mosomiche. A causa del dispendio di tempo e della pioni di cervice uterina con modificazioni sospette
capacità tecnica necessaria viene però sempre più ma non diagnostiche per l'infezione, o anche per
spesso sostituito con tecniche alternative di più definire il sierotipo virale, informazione di notevo­
facile e rapida esecuzione, come la PCR o la FISH. le significato prognostico.

La reazione di polim erizzazione Nuove tecnologie


a catena (PCR) Abbiamo già introdotto i profili di espressione
La PCR è uno strumento versatile e veloce pos­ genica e la proteomica, tecnologie ad alta densità di
siede numerose applicazioni diagnostiche. Nella dati, che anziché focalizzarsi su una singola mole­
pratica patologica l'uso più comune è per la deter­ cola prendono uno sguardo d'insieme sulla patolo­
minazione della presenza di popolazioni monoclo­ gia. Queste tecniche sinora non sono entrate nella
nali nell'ambito di un infiltrato linfoide. Questo uti­ pratica diagnostica, ma le informazioni da essi for­
lizzo prende vantaggio dell'umcità dei riarrangia­ nite sono state di vitale importanza. Un esempio su
menti dei geni delle immunoglobuline o del recet­ tutti lo studio di espressione genica che definì come
tore per l'antigene delle cellule T nei linfociti. Uti­ l'entità conosciuta come linfoma diffuso a grandi
lizzando dei primers che siano in grado di amplifi­ cellule B (DLBCL) fosse in realtà costituita da tre
care tutte le famiglie di geni, è possibile ottenere un malattie differenti, che presentavano tre distinti
prodotto per ogni linfocita presente in un campio­ profili di espressione genica (13), Questo lavoro
ne. Se l'insieme dei linfociti è policlonale, gli ampli­ aprì la via a molti altri che utilizzando lo stesso
ficati saranno eterogenei per dimensioni (in quanto approccio hanno modificato le classificazioni esi­
composti da diverse combinazioni di geni V, D e J, stenti rendendole più razionali.
nonché per la diversità giurtzionale) ed appariran­ La proteomica sta fornendo dati altrettanto inte­
ressanti, specialmente per ciò che riguarda i bio­
no all'analisi su gel come ima scaletta od una stri­
marcatori, ad esempio nel campo della patologia
sciata. Se al contrario un clone diventa predomi­
ovarica (14) e prostatica (15). L'avvento di tecniche
nante, l'amplificato corrispondente diverrà percen­
rapide come il SELDI pare estremamente promet­
tualmente più rappresentato, divenendo visibile
tente per la scoperta di marcatori a significato dia­
come una banda dominante nell'ambito di una sca­
gnostico, prognostico e terapeutico, che potranno
letta o strisciata, o semplicemente come banda
essere facilmente rivelati tramite l'immunoistochi-
unica. Questo semplice approccio permette di otte­
mica.
nere una analisi di clonalità nel giro di poche ore.
Il futuro potrebbe riservare delle sorprese per
Può inoltre essere utilizzato per l'analisi della
queste tecniche, in quanto la loro elevata sensibilità
malattia minima residua nel follow-up dei pazienti
permetterà di utilizzare anche piccoli campioni
ematologici. Recentemente imo studio multicentri-
ottenuti con tecniche mini-invasive, divenendo così
co ha standardizzato i protocolli per l'analisi di clo­
vere e proprie metodologie diagnostiche.
nalità, ottenendo risultati precisi ed accurati (12).
La PCR è un ottimo strumento per rilevare tras­
locazioni cromosomiche, a patto che il punto di rot­
tura dei cromosomi non abbia variazioni significa­
tive. La tecnica si basa sull'utilizzo di primers
| Bibliografia essenziale
situati oltre i punti di rottura, quindi no su un cro­ 1. W HO Classification of Tumours: Pathology and
mosoma ed uno sull'altro. Se il punto di rottura Genetics. Lyon: IARC Press.
dovesse presentare un'ampia variabilità, sarebbe 2. Kohler G, Milstein C. Continuous cultures of fused
difficile disegnare dei primers che amplifichino cells secreting antibody of predefined specificity.
tutti i riarrangiamenti. Ad esempio nel linfoma a Nature 1975; 256 (5517): 495-7.
cellule del mantello il punto di rottura della 3. Zhuang Z,Bertheau P, Emmert-Buck MR, Liotta LA,
t(ll;14) può spostarsi nell'ambito di una zona di Gnarra J, Linehan WM, et al. A microdissection tech-
120 Kbasi, di conseguenza i primers, che sono dise­ nique for archival DNA analysis of specific cell p opu ­
gnati per rilevare i riarrangiamenti più comuni, lations in lesions < 1 mm in size. Am J Pathol 1995;
non riescono ad amplificare alcun prodotto in circa 146(3): 620-5.
la metà dei casi. 4. Kuppers R, Rajewsky K, Zhao M, Simons G, Lau-
Un altro utilizzo comune della PCR è il rileva­ mann R, Fischer R, et al. Hodgkin disease: Hodgkin
mento della presenza di virus e batteri. Infatti i and Reed-Sternberg cells picked from histological sec­
virus sono invisibili al microscopio (sono osservabi­ tions show clonal immunoglobulin gene rearrange­
li però modificazioni cellulari da essi indotte), men­ ments and appear to be derived from B cells at
tre i batteri sono visibili ma non identificabili. L'uso various stages of development. Proc Natl Acad Sci U
di primers specifici permette una diagnostica S A 1994; 91(23): 10962-6.
microbiologica anche su materiale fissato. Un esem­ 5. Harsch M, Bendrat K, Hofmeier G, Branscheid D,
pio è la ricerca del virus del papilloma umano Niendorf A. A new method for histological microdis­
74 ss Metodi e tecniche dell'anatomia patologica
section utilizing an ultrasordcally oscillating needle: tive monitoring of gene expression patterns with a
demonstrated by differential mRNA expression in com plem entary DNA m icro array. Science 1995;
human lung carcinoma tissue. Am J Pathol 2001; 270(5235): 467-70.
158(6): 1985-90.
12. van Dongen JJ, Langerak AW, Bruggemann M, Evans
6. Schutze K, Lahr G. Identification of expressed genes PA, Hummel M, Lavender FL, et al. Design and stan­
by laser-mediated manipulation of single cells. N at dardization of PCR primers and protocols for detec­
Biotechnol 1998; 16(8): 737-42. tion of clonal immunoglobulin and T-cell receptor
gene recombinations in suspect lymphoprolifera-
7. Schröck E, du Manoir S, Veldman T, Schoell B, Wien-
tions: report of the BIOMED-2 Concerted Action
berg J, Ferguson-Smith M A, et al. Multicolor spectral
BM H4-CT98-3936. Leukemia 2003; 17(12): 2257-317.
karyotyping of human chromosomes. Science 1996;
273 (5274): 494-7. 13. Alizadeh A A , Eisen MB, Davis RE, Ma C, Lossos IS,
Rosenwald A, et al. Distinct types of diffuse large B-
8. Inazawa J, Inoue J, Imoto I. Comparative genomic
cell lymphoma identified by gene expression profi­
hybridization (CGH)-arrays pave the w ay for identi­
ling. Nature 2000; 403(6769): 503-11.
fication of novel cancer-related genes. Cancer Sei
2004; 95(7): 559-63. 14. Zhang Z, Bast RC, Jr., Yu Y, Li J, Sokoll LJ, Rai AJ, et
al. Three biomarkers identified from serum proteomic
9. Southern EM. Detection of specific sequences among
analysis for the detection of early stage ovarian can­
DNA fragments separated by gel electrophoresis. J
cer. Cancer Res 2004; 64(16): 5882-90.
Mol Biol 1975; 98(3): 503-17.
15. Qu Y, A dam BL, Yasui Y, Ward MD, Cazares LH,
10. Stamps AC, Terrett JA, Adam PJ. Application of in
Schellhammer PF, et al. Boosted decision tree analysis
situ reverse trancriptase-polymerase. chain reaction
of surface-enhanced laser desorp tion /ionization
(RT-PCR) to tissue microarrays. J Nanobiotechnology
mass spectral serum profiles discriminates prostate
2003; 1(1): 3.
cancer from rioncancer patients. Clin Chem 2002;
11. Schena M, Shalon D, Davis RW, Brown PO. Quantita­ 48(10): 1835-43.
Nanopatologia
1.5 G. Barbolini, A.M. Gatti

La nanopatologia è una branca specialistica del- dal diametro inferiore a 1,5 mm entrino nel torren­
TAnatomia Patologica che consente là definizione te circolatorio si verifica per qualunque porta di
della composizione degli elementi (metalli, non entrata: respiratoria, gastro-enterica, cutaneo-
metalli e anfoteri) del particolato inorganico pre­ mucosa, iatrosìca, come evidenziato successiva­
sente nei tessuti patologici, anche su scala nanome­ mente nell'iconografia.
trica (*). Essa viene quindi ad affiancarsi e ad espan­ In precedenza (Guzzi et al., 1996) si era segnala­
dere l'istochimica per la parte inorganica (Pearse, to: il ruolo di "centralina biologica" della qualità
1989) analogamente a quanto avvenuto ad opera dell'aria svolto dai macrofagi polmonari; la correla­
dell'irnmunoistochimica per l'evidenziazione selet­ zione tra particolato solido endomacrofagico e ade-
tiva di proteine e strutture antigeniche. nocarcinoma polmonare (Fig. 1); la diversa compo­
Attualmente la nanopatologia (NP) è praticata sizione degli elementi del particolato solido in rap­
con una tecnologia caratterizzata da: rapidità di porto alle sue dimensioni con composizione per­
esecuzione, riproducibilità dei risultati, elevato centuale di taluni elementi crescente (Si) o decre­
grado di sensibilità e specificità (Barbolini, 2002; scente (P, S) da > 5 a < 2 |im di diametro.
Gatti et al., 2003). A questi risultati ottimali si è È da segnalare infine il ruolo patogeno di nano-
giunti nell'arco di qualche decennio con una storia particelle (ad es. silice cristallina) eventualmente
che vale la pena di ricordare brevemente anche per presenti in cosmetici e in prodotti di uso domestico
illustrarne gli aspetti applicativi. (Dumontet, 1991).

Nascita e sviluppo della nanopatologia M odalità di esecuzione


Nata inizialmente come microanalisi (Abraham, Le apparecchiature di ultima generazione (come
1980) è stata proposta qualche metodologia utile a quella operativa presso il Laboratorio di Biomate­
fini forensi (identità del particolato solido polmo­ riali deli'Università di Modena e Reggio Emilia)
nare in esame con quello presente nel luogo di
supposta esposizione ambientale) o diagnostici-
differenziali (sarcoidosi versus reazioni di tipo sar-
% 90
coidotico, come ad es., berilliosi). Un apporto indi­
retto ma fondamentale per lo sviluppo della NP è
75
stato quello fornito dal Gruppo di Korényi-Both
(2000) sulla patogenesi della cosiddetta sindrome
60
del Golfo, sinonimo di Al Eskan (dirty dust) disease.
Gli AA., nel corso di una ricerca sistematica sulle
45
sabbie dei deserti, si sono particolarmente soffer­
mati su quella di Al Eskan (località dell'Arabia
30
Saudita) specificando che si tratta di particelle ton­
deggianti, lisce, mediamente inferiori ad 1 micron 15
di diametro con un 18% circa del particolato com­
preso tra 0,1 e 0,25 \im (100-250 nm). Detto partico­ 0
lato costituisce il substrato elettivo di microimpre­ AG N
I CU TI N
AkM
G FE CA ZN GB Al_ V CL P S SI
Metalli Anfoteri Non metalli
gnazione con componenti di armi belliche, chimi­
che e biologiche. Per le sue minime dimensioni Fig. 1 - Quadro sinottico della distribuzione degli elementi del
può superare la barriera alveolo-capillare (1,5 mm particolato solido endomacrofagico ricavato da 791 misurazio­
di diametro) entrare nel torrente circolatorio ed ni relative a 78 casi. Si noti il progressivo incremento percen­
indurre una condizione di immunodeficienza tuale di taluni elementi (Si, Al, Ca) aaila normalità (colore gial­
acquisita, latente (fase I) o manifesta (fase II, con lo) alla patologia non neoplastica (colore rosso) alla patologia
espressioni localizzate pluriviscerali, tipiche della
neoplástico (colore grigio). Si noti inoltre la comparsa nei pol­
moni degli ultimi due gruppi di pazienti, di elementi (V. Zn, Cu,
sindrome del Golfo). La possibilità che particelle Ni, Ag) del tutto assenti nei polmoni normali di controllo.
ZNT - particolato solido endomacrofaqico di zona non tumo­
rale.
(*) 1 nanometro (nm) corrisponde a 0,001 micron (|.im). ZT - particolato solido endomacrofagico di zona tumorale.
76 - Nanopatologia
consistono, di un microscopio elettronico a scansio­ • La definizione di granulomi (perilesionali o a
ne di tipo ambientale (tipo ESEM-QUANTA) colle­ distanza) riconducibili a:
gato a microsonda a raggi X di uno spettrometro a - usura di impianti protesici (ad es., protesi
dispersione di energia (tipo EDAX). La ricerca di d'anca);
nanoparticelle può essere eseguita su materiale - eventi iatrosici (Figg. 2 e 3)
incluso in paraffina, omettendo le procedure inqui­ © L'agevole riconoscimento di minuti frammenti
nanti di carbonatura (grafite) e di doratura (oro-pal- fibrosi inorganici (ad es., asbesto, Fig. 4).
ladio) richieste dalle strumentazioni precedenti.
L'intero ciclo diagnostico è contenuto nell'arco di • La ricerca e la definizione elementale di partico­
poche ore (Gatti et al. 2002; Gatti, 2003). lato solido presente in tessuto neoplastico corre­
iabile col rischio occupazionale (Figg. 5 e 6).
Stalo dell'arte della diagnostica ® Il possibile ruolo patogeno di nanoparticelle, a
presenza inaspettata, riscontrabili in quadri mor­
nanopatologica
fologici granulomatosi o neoplastici (Figg. 7, 8, 9
Riguarda principalmente i seguenti campi di e 10).
applicazione.
• La ricerca di nanoparticelle patogene possibil­
• La diagnostica differenziale di granulomi di tipo mente presenti in cosmetici, prodotti di uso
sarcoidotico (ad es. berilliosi) domestico e generi alimentari (Figg. 11 e 12).

Fig. 2 - Esemplificazione di patologia aranulomatosa epatica iatrosica. Presenza di nanoparticelle di oro, in paziente trattato pre­
cedentemente con infiltrazioni di oro al ginocchio.

Fig. 3 - Presenza di nanoparticelle di bario in paziente sottoposto ad esame radiologico con mezzo di contrasto (solfato di bario).
Stato dell'arte della diagnostica nanopatologica 77

1.00 1.90 3.70 4.60 5 .SO 6.40

Fig. 4 - Minuto frammento di fibra di asbesto con il tipico aspetta a "vezzo di perla" conseguente alla sua frammentazione. Che
si tratti di un corpo dell'asbesto "vero", anziché "simile" (ad esempio da lana di vetro) è dimostrato dalla sequenza Mg, Si.

1.00 2.CO 3 .0 0 4.00 S.OO


i 6.00 7.00
jfL.
¿ .8 0

Fig. 5 - Adenocarcinoma polmonare (freccia) in paziente addetto per oltre 30 anni alla lavorazione dell'acciaio. Il sospetto della
presenza di particelle di acciaio indotto dal particolato PerSs-positivo {colore blu) è stato confermato dalla sequenza Cr, Fe, Ni.

4J0Ù 6.00 8.00 10.00

Fig. 6 - Carcinoma adenosquamoso polmonare. Presenza di nanoparticeile a diversa composizione elementóle, tra cui tantalio (Ta)
e wolframio (W).
78 ^ Nanopatologia

1.00 2J » 3.00 AM S.CO 6.B0 7^ 0 «.00 9.00 tt.OO 11.00 12.00

Fig. 7 - Esemplificazione del riscontro di nanoparticelle a presenza inaspettata. Presenza di mercurio nella milza di un paziente
affetto da granulomatosi, pluriviscerale non meglio definita, per la quale erano state però escluse una genesi infettiva, autoimmu­
ne e linfomatosa. ■

0.90 1.80 2 .7 0 3.60 4.50

Fig. 8 “ Presenza di antimonio nel contesto di tumore fibroso solitario della pleura.

0.40 1JC0 1.78 3.tS 4 J0 SM Ì3 K 7J20 t.10

Fig. 9 - Esemplificazione del riscontro di nanoparticelle a presenza inaspettata. Presenza di cobalto in un prelievo bioptico di car­
cinoma transizionale della vescica.
Stato dell'arte della diagnostica nanopatologica ® 79

Fig. 12 - Nanopartìcelie laviche su di una foglia di cavolo, coltivato nei bacino di eruzione etneo e venduto a Modena nel perio­
do della sua ultima eruzione (autunno 2002).
80 - Nanopotoiogia
Riforno applicativo: le nanotecnologie | Bibliografia essenziale
Il dato conoscitivo dell'esistenza di nanoparti- Pearse AGE. Costituenti inorganici e sostanze estranee,
celle ha indotto diverse prospettive di sviluppo nel in: Istochimica, Teoria e pratica. Edizione italiana a
campo delle nanotecnologie, in atto o in fase di spe­ cura di G. Barbolird, Vol. II, Piccin, Padova, 1173,
rimentazione. 1989.
Tra le più interessanti ricordiamo: Barbolini G. Patologia ambientale con particolare riferi­
mento agli aerosol atmosferici. Conferenza presso
© la produzione di bende antisettiche con argento
Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti di
nanocristallino; Modena, 5 dicembre 2002.
• la sorveglianza delle attrezzature impiegate nel­
Gatti AM, et al. (rivista telematica) "Le nanopatologie"
l'industria degli alimenti (food machinery, FM).
L'Archivio-Medicine http://m em bers.xoom .virgilio.it
Sotto la dizione di FM si comprendono tutte le /_XOOM71archivio /nanopatologie .him, 2003.
attrezzature con compiti di fatturazione, tritura­
zione, macinazione, omogeneizzazione che pos­ Abraham JL. Microanalysis of hum an granulomatous
sono cedere per usura micro e nanoparticelle lesions in: Sarcoidosis and other granulom atous
disease. Alpha Omega Publishing Ltd., Cardiff, 38,
contaminanti il cibo di uomini ed animali;
1980.
• la produzione di nanoparticelle iniettabili nel
torrente circolatorio caratterizzate da: Korényi-Both AL, et al. The role of the sand in chemical
warfare agent exposure among Persan Gulf War Vete­
- Time controlled delivery; rans: Al Eskan disease and "Dirty Dust." Military
- Lock and key binding specificity (ad es. endoteli medicine 165: 321, 2000.
in corso di neoplasia).
Guzzi R, et al. Contribution to the definition of an air
quality index by biological sampling of lung m acro­
Considerazioni conclusive phages: correlation with lung disease. Physica Medi­
ca 12: 271, 1996.
La disponibilità dell'uso di apparecchiature di
Dumontet C, et al. Acute silicosis due to inhalation of a
ultima generazione, oltre a colmare il vuoto cono­ domestic product. Am. Rev. Respir. Dis. 143: 880,
scitivo istochimico, offre all'Anatomo Patologo una 1991.
versatile metodologia che può essere utilmente
applicata in campo diagnostico differenziale o in Gatti AM, et al. Biocompatibility of micro- and nanopar­
altri campi (ricerca, epidemiologia, prevenzione, ticles. Part I in liver and kidney. Biomaterials, 23 (11):
2381, 2002.
inquinamento ambientale e alimentare).
Gatti AM. Biocompatibility of micro- and nano-particles
in the colon (part II) Biomaterials, 25 (3): 385, 2004.
Citopatologia
.6 generale
E. Manfrin, A. Remo, D. Reghellin, F. Bonetti

3 Introduzione pazienti e nelle campagne di screening per la pre­


venzione dei tumori, facendo proprio quanto speri­
L'esame morfologico di materiale citologico pre­ mentato in ginecopatologia con l'utilizzo del Pap-
levato da lesioni d'organo, palpabili e non, è dive­ test per la diagnosi del carcinoma del collo uterino
nuto strumento diagnostico importante nella prati­ da Papanicolau e Traut (1943).
ca medica quotidiana tanto da risultare, in numero­
si quadri clinici, procedura complementare, se non Principi di tecnica per il prelievo
sostitutiva, alla biopsia chirurgica diagnostica.
e l'allestimento di m ateriale citologico
L'esame microscopico delle cellule, prelevate
dall'organo malato del paziente o dalle effusioni Il materiale citologico da esaminare può essere
indotte dalla patologia in atto, ha rappresentato la ottenuto con diversi metodi di prelievo; la natura
modalità più diffusa d'indagine dei processi pato­ della lesione da indagare condiziona il tipo di tecnica
logici "in vivo" fino dagli ultimi decenni del 1800. da adottare. Indipendentemente dalle modalità del
In seguito furono pubblicati articoli e testi con det­ prelievo, il materiale citologico ottenuto viene depo­
tagliate descrizioni rito-morfologiche e manuali di sto su vetrino, strisciato in strato sottile e sottoposto a
tecnica di prelievo applicabile sia a liquidi da versa­ fissazione (etanolo 95%, metanolo, a secco) (Fig. la-b)
mento che a lesioni solide (Koss, 1992). Nel 1926, per essere poi colorato (Ematossilina-Eosina, Papani­
Martin Hayes, chirurgo presso il Memorial Hospi­ colau ed altre colorazioni/reazioni cui ricorrere
tal di New York, iniziò uno studio sistematico, con secondo le esigenze dettate dal caso indagato).
tecnica agoaspirativa di lesioni formanti massa, La tecnica di prelievo citologico per apposizione
spesso rappresentate da "tumori" voluminosi della prevede la raccolta di cellule spontaneamente
regione del capo e del collo, chirurgicamente diffi­ disperse nel medium siero-proteinaceo che si pro­
cili da asportare. In questa pubblicazione ed in altre duce nelle secrezioni spontanee, o provocate, di
successive nel 1934, lo stesso Autore propone i lesioni o di parti d'organo; classico è l'esempio
risultati di uno studio citologico eseguito su 280 della citologia per apposizione nelle secrezioni del
carcinomi della mammella, risultati che sono stati capezzolo e sulla superficie di lesioni erosive dell'u­
un importante punto di partenza per l'utilizzo del nità areola-capezzolo ( es. malattia dì Paget). L'a­
metodo agoaspirativo per la diagnosi ma anche per sportazione del materiale si ottiene con il semplice
lo studio dei tumori. appoggio (da cui "apposizione") del vetrino alla
Nei primi decenni del 1900 l'introduzione di fis­ superficie da esaminare (Fig. 2). Le sole forze elet­
sativi e coloranti tissutali favorì lo sviluppo e la dif­ trostatiche garantiscono l'adesione delle cellule al
fusione dell'esame istologico e dell'istopatologia. vetrino.
La nascita risale a Virchow che, avendo posto dia­ lì prelievo citologico per abrasione viene esegui­
gnosi errate al suo regnante, ha rafforzato l'opinio­ to strisciando, con una modesta pressione, la parte
ne francese: "Cosa si può ricavare guardando den­ smussa del bordo di un vetrino o il bordo non
tro quel tubo?" L'entusiasmo per questa nuova tec­ tagliente della lama di un bisturi sulla superficie di
nica coincise con il quasi totale abbandono degli lesioni erosive, non rivestite da cute integra; si pro­
studi citologici applicati alla patologia clinica; per voca così, contemporaneamente, il distacco e la rac­
una consolidata applicazione della tecnica citologi­ colta di materiale ricco di cellule (Fig. 3). Questa
ca nella diagnostica anatomo-patologica bisognerà tecnica può essere utilizzata sia su pazienti, ad
attendere fino agli anni'50-'60 quando, nei paesi del esempio per esaminare il materiale prodotto nel
nord Europa, Svezia in particolare, fu pubblicato un fondo di lesioni ulcerate del cavo orale; ma è molto
rilevante numero di lavori che sancirono l'impor­ utile anche per prelevare cellule da superfici di
tanza della citologia come esame poco invasivo e lesioni chirurgicamente asportate e per le quali sia
molto informativo, da applicare soprattutto nell'i­ necessario fornire in modo tempestivo una risposta
ter diagnostico pre-chirurgico, nel follow-up dei diagnostica. Questo è quanto succede non infre­
82 ss Citopatologia generale

Fig. la - Il materiale prelevato viene deposto sul vetrino. Fig. lb - Il materiale citologico viene strisciato. La sovrapposi­
zione di due vetrini ed un leggero attrito tra i due permetterà di
distribuire il materiale, ancora visibile come grosso deposito
ematico, omogeneamente sulla superficie del vetrino.

Fig. 2 - Citologia per apposizione.Una proliferazione endolu^ Fig. 3 - Citologia per abrasione. L'angolo smusso di un vetri­
minale in dotto galattoforo produce una secrezione al capez­ no ha raccolto materiale con il semplice passaggio sulla super­
zolo che viene raccolta da un vetrino per semplice contatto, ficie di una lesione.
apposizione.
quentemente in sala operatoria, momento in cui il bilità di aghi dì lunghezza e calibro variabili
chirurgo necessiti di risposte/diagnosi estempora­ (Fig. 5), l'esecuzione delle manovre agoaspirative
nee che sono quasi istantanee con esame citologico con il sussidio della visualizzazione ecografia o
e comunque più rapide di quelle possibili con 1' TAC delle lesioni (Fig. 6), hanno permesso di appli­
esame istologico estemporaneo al criostato. care la FNAC anche ad organi posti in sedi profon­
La necessità di esaminare citologicamente lesio­ de (fegato, pancreas, polmone, etc.). NeU'utilizzo di
ni, solide o liquide, poste sotto la superficie cutanea agM con calibro sottile, si è passati nel tempo da
integra, richiede l'utilizzo di aghi con i quali si aghi di 14-16 gauge a 20-22 gauge; è stato inoltre
supera la cute per raggiungere la lesione. Si esegue possibile limitare il numero già infrequente di com­
così un prelievo citologico con ago sottile o per plicanze (sanguinamente, insemenzamento delle
ago aspirazione (FNAC- Fine Needle Aspiration lesioni lungo il tragitto dell'ago), rendendo la tecni­
Cytology); se la lesione è solida, i movimenti appli­ ca agoaspirativa ancor più sicura e quindi applica­
cati all'ago posto al suo interno permettono la rac­ ta diffusamente.
colta di materiale entro il lume dell'ago (Fig. 4); se La FNAC ha anche il vantaggio di essere procedu­
la lesione è liquida l'aspirazione del liquido com­ ra diagnostica relativamente poco cruenta per il
porta la riduzione dimensionale della neoformazio­ Paziente che rimane vigile e partecipa attivamente,
ne. L'ago, se sottile (23-25-27 G) e non tagliente, seguendo le indicazioni impartite dal personale medi­
consente il prelievo di cellule soltanto. co operatore, all'espletamento dell'esame (Fig. 7).
Dapprima utilizzata per organi superficiali e per La FNAC, per il suo carattere poco invasivo,
lesioni palpabili, successivamente e per la disponi­ può essere ripetuta più volte nella stessa seduta
Introduzione & 83

Fig. 4 - Citologia per agoaspirazione. Una lesione Focale


posta sotto il piano cutaneo viene centrata dall'ago di prelievo,
i! materiale viene raccolto dalla parte cava deil'ago. A fianco
un vetrino citologico colorato.

Fig. 6 - Immagine di neoformazione nodulare sullo schermo


di un ecografo. Le linee tratteggiate indicano il percorso che
potrà seguire l'ago di prelievo, perpendicolare od obliquo,
Fig. 5 - Aghi per agoaspirazione di varia lunghezza utilizzati offrendo quindi aree diverse al campionamento.
per l'espletamento ai prelievi citologici.

diagnostica qualora il materiale del primo prelievo


risulti non adeguato o insufficiente. H passaggio
ripetuto dell'ago, in punti diversi di una lesione,
consente anche un campionamento ampio e appro­
fondito.
L'espletamento di un agòaspirato può essere ese­
guito " a mano libera" quando la lesione sia palpabi­
le (Fig. 8), oppure, se la lesione è non palpabile per­
ché piccola o profonda, è necessario riconoscere una
guida che la localizzi e permetta di seguire il tragitto
dell'ago fino a raggiungerla. In tale evenienza l'eco­
grafia, la mammografia, la TAC o la Risonanza
Magnetica sono i metodi di imaging che vengono
Fig. 7 - Paziente vigile sul lettino.È visibile il ponfo sottocuta­
usati come tecniche "guida" per il prelievo. Risulta, neo (freccia) prodotto dalla somministrazione di anestesia loca­
quindi, sempre più frequente la costituzione di equi­ le ne! punto d'entrata dell'ago di prelievo sulla cute.
pe diagnostiche, formate dalTAnatomopatologo e
dal Radiologo che, in condizioni ottimali di collabo-
razione, devono contemporaneamente visionare la
documentazione clinico-strumentale del Paziente la, linfonodi, ghiandole salivari, noduli sottocuta­
per procedere poi all'esecuzione dell'esame. nei, ecc.; comunemente non richiede la sommini­
L'agoaspirato è sistema di indagine elettiva per strazione di anestetici per la superficialità dell'orga­
lesioni di organi superficiali quali tiroide, mammel- no indagato e per il calibro molto sottile degli aghi
84 Ss Citopatologia generale

Fig. 8 - Prelievo citologico di lesione palpabile: una mano del­


l'operatore localizza ea immobilizza la lesione e l'altra mano
guida l'ago al prelievo.

Fig. 10 - Sonda ecografia con il supporto metallico per il pas­ Fig. 11 - Espletamento del prelievo citologico agoaspirativo;
saggio guidato dell'ago posta sul punto dell'addome scelto per sono visibili le mani dei medico Radiologo che mantengono la
l'accesso trans-cutaneo alla lesione. centratura della sonda ecografia sulla cute e le mani dei medi­
co Patologo che inserisce i'ago nella guida per eseguire il pre­
lievo.

che non producono dolore significativo. L'espleta­ cellule che siano omogeneamente distribuite.
mento del prelievo di una lesione superficiale Importante è provvedere ad un'adeguata e pronta
richiede dai 10 ai 15 minuti. fissazione (Fig. la-b).
Il prelievo di materiale citologico da lesioni in Virtualmente, ogni organo profondo, e quindi
organi profondi come sono il fegato, il pancreas, il ogni massa profonda addominale, può essere sotto­
rene, i linfonodi retroperitoneali, il polmone, è prece­ posto ad esame citologico agoaspirativo. I quesiti
duto da fasi preparatorie che comportano: la centra­ clinici più frequenti riguardano le lesioni epatiche
tura, ad esempio ecografia, della lesione (Figg. 9-10); singole o multiple, al fine di identificarne la natura
la somministrazione di anestesia locale sottocuta­ neoplastica rigenerativa o infiammatoria; nell'am­
nea per limitare il dolore nella zona d'impresso del­ bito delle neoplasie maligne epatiche, pancreatiche
l'ago (Fig. 7); la scelta del tragitto più sicuro da e ginecologiche frequente è la richiesta di definirne
seguire per raggiungere la lesione (Fig. 2). Sarà cura la natura primitiva o secondaria. L'utilizzo della
del Radiologo fornire una guida sicura a chi intro­ tecnica di agoaspirazione con ago sottile per lo stu­
duce l'ago per il prelievo, evitando organi e struttu­ dio di masse retroperitoneali e linfonodali consente
re vitali che potrebbero venirne danneggiati duran­ altresì di discriminare, non solo tra lesioni primiti­
te il passaggio. L'ago del prelievo viene posto all'in- ve o secondarie, ma anche tra neoplasie ad istotipo
temo di una guida montata sulla sonda ecografia epiteliale, mesenchimale o linfoide, fornendo così
che garantirà la fissità del tragitto scelto per arriva­ informazioni utili per pianificare il trattamento
re alla lesione (Fig. 11). Una volta ottenuto il mate­ terapeutico più adeguato che, nelle tre possibilità
riale, sarà compito del Patologo strisciarlo in modo presentate, risulta essere radicalmente diverso.
da ottenere un preparato citologico sottile con le In esami complessi quali il prelievo citologico di
Casistica relativa alla diagnostica citologica di patologie di organi superficiali ® 85

lesioni intra-addominali per i quali si richiede l'im­ gini ai problemi sollevati dal primo riscontro.
pegno professionale di un'equipe pluri - specialisti­ Nell'esperienza, ormai diffusa in moltissimi cen­
ca ed una, seppur breve, ospedalizzazione del tri, la citologia rappresenta un elemento essenziale
Paziente per escludere l'insorgenza improvvisa di per l'inquadramento clinico diagnostico di patolo­
gravi complicanze nelle ore successive il prelievo gie che, un tempo, venivano riconosciute solo al
(es. sanguinamente intra-addominale), è bene avere tavolo operatorio; è importante ricordare che, a
garanzia che il materiale ottenuto sia adeguato. Da fronte di un minimo costo economico e di un disa­
qui il pregio di disporre di una metodo come la gio molto limitato per il paziente, la citologia per­
citologia che, con un minimo supporto tecnico-stru­ mette non solo di evitare numerosi interventi chi­
mentale (Fig. 9), permette il controllo dell'allesti­ rurgici preliminari che avrebbero solo uno scopo
mento del materiale e la valutazione dell' adegua­ "esplorativo", con il fine ultimo di prelevare quel
tezza in tempo reale. Il Paziente rimane nelle sale materiale che con un ago trans-cutaneo si può pari-
diagnostiche per alcuni minuti (circa 30-40 minuti) menti ottenere, ma anche di consentire una pro­
fino a quando non si è certi di raccolto quanto serva grammazione accurata dell'ulteriore terapia.
per ima diagnosi ottimale. L'eventuale inadegua­ La presentazione e l'esplicazione di alcuni casi
tezza del campione impone la pronta ripetizione clinici può far cogliere meglio il possibile utilizzo
del prelievo, atto idoneo per ridurre disagio ed che, nella pratica clinica, viene fatto dell'esame cito­
ansia al Paziente, evitando inutili attese oltre all''al­ logico; sono esempi che favoriranno la comprensio­
lungamento dei tempi di ospedalizzazione.La cito­
ne sia delle motivazioni che portano alla scelta del
logia agoaspirativa con ago sottile può quindi offri­
metodo citologico rispetto ad altri, che i vantaggi e
re, con l'ausilio di metodi radiologici, un contribu­
limiti dell'esame citologico nel suo insieme.
to fondamentale nell'inquadramento diagnostico di
patologie primitive o secondarie a carico degli
organi addominali.
L'esperienza del Patologo, del Radiologo, assie­ | Casistica relativa alla diagnostica
me ad ima buona correlazione anatomo-clinica,
fanno della FNAC un cardine nella diagnostica
citologica di patologie di organi
preoperatoria delle masse addominali profonde, di superficiali
processi patologici di organi superficiali, di malat­
tie mielo-linfoproliferative attraverso gli aspirati C aso clinico 1 - C ito lo g ìa mammaria
midollari ossei e nel follow-up di pazienti ricono­ Paziente di 45 anni con una secrezione mono-orifiziale
sciuti già affetti da malattia e sottoposti a preceden­ brunastra del capezzolo. Mammografia negativa. Viene
ti trattamenti. eseguita una indagine citologica per apposizione.
L'informazione ottenibile con un esame citolo­ L'esame citologico delle secrezioni dal capezzo­
gico è influenzata molto dalla quantità di materia­ lo permette di riconoscere processi patologici che
le ottenuto; dalle caratteristiche morfologiche cel­ coinvolgono sia i dotti galattofori che i dotti mam­
lulari; dalla qualità dei preparati allestiti. Quando mari, di primo e secondo ordine, ad essi connessi.
il solo esame morfologico al microscopio ottico
L'ectasia duttale e, talvolta, la mastopatia fibro-
(M.O.) risulti non sufficiente per una corretta clas­
cistica producono secrezioni sierose, lattiginose o
sificazione di una lesione, è possibile utilizzare tec­
verdastre, mono o pluriorifiziali, in cui spesso l'uni­
niche di supporto diagnostico tra le quali l'immu-
co reperto citologico è rappresentato da macrofagi,
nocitochimica e la citochimica sono i sussidi tutto­
ma anche altre cellule infiammatorie, se è presente
ra più diffusi. Come per la diagnostica istologica,
ima infezione sovrapposta. Anche le proliferazioni
eventuali dubbi sollevati dall'esame morfologico
dei preparati citologici, si può ricorrere ad indagi­ duttali endoluminali dei dotti galattofori si manife­
ni supplementari per identificare markers citopla­ stano con una secrezione sierosa, ma più frequente­
smatici, di membrana o nucleari mediante metodi mente siero-ematica, mono-orifiziale e monolatera­
immunocitochimici che consentano la corretta le; le cellule raccolte per apposizione ne permettono
classificazione degli elementi che compongono la la diagnosi (Fig. 12).
lesione agoaspirati, epiteliali, linfoidi, mesoteliali L'esame citologico, nel caso in considerazione,
etc. e permetta di classificare la lesione come carci­ dimostra la presenza di globuli rossi e di numero­
noma, linfoma, sarcoma, ecc. Il materiale disponi­ se cellule epiteliali indicative di una proliferazione
bile nella pratica citologica, anche se di buona qua­ epiteliale dell'epitelio duttale, riconducibile ad una
lità, è sempre limitato dal numero di preparati stri­ "lesione papillare". L'esame citologico indica anche
sciati, non essendo disponibile, come avviene nella la necessità di proseguire con ulteriori indagini, per
pratica istologica, l'incluso di tessuto che rappre­ cui la paziente è stata sottoposta ad intervento chi­
senta una fonte, quasi illimitata, di materiale da rurgico.
studiare. Pertanto è sempre indispensabile formu­ La diagnosi istologica finale è stata: Papilloma
lare ipotesi diagnostiche fondate sullo studio mor­ intraduttale di un dotto galattoforo del capezzolo
fologico al M.O., così da adeguare le ulteriori inda­ (Fig. 13).
86 - Citopatologia generale
Caso 1 - Donna di 45 anni. Si presenta all'osservazione medica per una secrezione ematica mono-orifiziale del capezzolo.

Fig. 12 - L'esame citologico per apposizione documenta Fig. 13 - Al controllo istologico è visibile un dotto galattofo­
aggregati papillari di cellule epiteliali prive di atipia. Viene ro dilatato con una proliferazione papillare epiteliale che per­
consigliata la prosecuzione dell'iter diagnostico con esame mette di porre diagnosi di papilloma intradutiale.
istologico.

C aso clinico 2 - C ito lo g ia mammaria zione da questo tipo di lesione è ematico, ma molto
cellulato. Lo studio morfologico delle cellule otte­
Donna di 35 anni, asintomatica. Nel corso di un esame nute con una semplice manovra agoaspirativa per­
ecografico mammario di screening è riscontrata una mette di definire la natura benigna o non della
lesione cistica che viene agoaspirata. lesione; in caso di benignità sarà possibile proporre
alla paziente dei semplici controlli periodici, in caso
L'esecuzione di un esame citologico di lesioni
di neoplasia sospetta o di neoplasia certa sarà indi­
cistiche con lo studio dell'epitelio di rivestimento
spensabile procedere all'asportazione chirurgica.
della cisti permette di definire la natura della lesio­ L'esame citologico del materiale prelevato dalla
ne. Lesioni cistiche a parete liscia sono frequenti, ad cisti della paziente evidenzia un fondo con sparsi
esempio, in mammelle con mastopatia fibrocistica; macrofagi e linfociti assieme a cellule apocrine (Fig. 14).
in percentuale maggiore sono dovute o a distensio­ Questo è l'aspetto tipico del contenuto di cisti
ne di un dotto o agli esiti cistici di ascessi. Lesioni duttali in mastopatia fibrocistica.
cistiche della mammella con proliferazione dell'epi­ La mastopatia fibrocistica è patologia benigna
telio di rivestimento della parete, il più spesso rap­ della mammella in cui, tra altre modificazioni possi­
presentate dalle c.d. neoplasie papillari, sia benigne bili, si formano cisti duttali con metaplasia apocrina
che maligne, devono la loro strutturazione cistica, dell'epitelio di rivestimento.
ad eventi emorragici secondari a rottura degli assi Il caso non richiede ulteriori approfondimenti
papillari che sostengono l'epitelio proliferante. Fre­ chirurgici essendo sufficienti i controlli annuali di
quentemente, il materiale raccolto per agoaspira- routine.

Caso 2 - Donna di 35 anni, asintomatica, alla quale, in corso di un'ecografia mammaria di screening, si riscontra una formazio-
ne cistica.

Fig. 14 - La lesione cistica viene sottoposta ad esame agoaspi-


ratwo e si ottiene un materiale cremoso che citologicamente è
composto da aggregati epiteliali di cellule di tipo apocrino,
sparsi macrofagi e linfociti. E questo il quadro morfologico tipi­
co di una cisti duttaie apocrina in mastopatia fibrocistica. La
lesione è benigna e non è pertanto necessaria ¡'asportazione
chirurgica.
Casistica relativa alla diagnostica citologica di patologie di organi superficiali 87

Caso clinico 3 - C itologia tiroidea che, simil-papillari, cui si associano microcalcifica­


zioni (Fig. 16).
Donna di 27 anni sottoposta ad RX della colonna verte­ La presenza di microcalcificazioni è sempre un
brale per trauma; rilievo accessorio al trauma osteoarti- dato ecografico che suggerisce, ma talvolta impone,
colare del rachide cervicale, è la presenza di piccole calci­ un esame citologico perché, come nel caso in esame,
ficazioni in sede tiroidea. la microcalcificazione è una delle tre modificazioni
presenti nel carcinoma papillare della tiroide, asso­
L'esame ecografico del collo documenta piccolo ciate a nuclei tireocitici ovalari con incisure della
nodulo tiroideo che viene agoaspirato (Fig. 15). membrana e pseudoinclusi nucleari (Fig. 17).
Il materiale citologico è costituito da colloide e La paziente viene sottoposta a tiroidectomia con
da numerosi aggregati di tireociti, in parte organiz­ diagnosi istologica definitiva di CARCINOMA
zati in follicoli normali ed in parte in figure atipi­ PAPILLARE DELLA TIROIDE.

Caso 3 - Donna di 27 anni. In seguito ad una radiografìa delia colonna cervicale per trauma, si riscontrano calcificazioni tiroi­
dee per le quali viene eseguito agoaspirato ecoguidato.

Fig. 15 - L'area sospetta è visualizzata sul monitor dell'ecogra- Fig. 16 - L'esame citologico del materiale prelevato documen­
fo e viene anche documentato il centraggio dell'ago di prelie­ tala presenza di colloide, follicoli tiroidei e di numerosi aggre­
vo ali'interno della lesione. gati epiteliali in formazioni atipiche papillari. Questi aspetti
microscopici sono propri del carcinoma papillare della tiroide.
Viene richiesta l'asportazione chirurgica della lesione.
88 & Citopatologia generale
C aso clinico 4 - C ito lo g ia dei processi flo g is tic i bili numerosissimi granulociti polimorfonucleati e
detriti cellulari (Fig. 19).
Donna di 52 anni con massa dell'angolo mandibolare, Il quadro è quello di una RACCOLTA FLOGI­
dolente. STICA ASCESSUALIZZATA.
La lesione è presente da 10 giorni ed ha dimostra­ L'esame citologico ha chiarito la natura della
to un progressivo incremento volum etrico (Fig. 18). tumefazione. Esempio di circostanza in cui l'esame
L'agoaspirato raccoglie un materiale denso e citologico permette di definire la natura di ima
giallastro; all'esame al microscopio sono riconosci­ lesione senza ulteriori indagini.

Caso 4 - Donna di 52 anni. Si presenta all'osservazione medica per la comparsa da circa 10 giorni di una tumefazione in regio­
ne pre-aurico!are.

Fia. 19 - li prelievo citologico allestito su vetrino, mostra


Fig. 18 - Tumefazione in regione pre-auricolare con profilo abbondante fondo di detriti cellulari eosinofilia rosati, in cui
evidenziato dal segno rosso. La lesione è poco mobile, ben sono intrappolare cellule infiammatorie costituite nella quasi
evidente per il progressivo aumento volumetrico subito nel totalità da granulociti polimorfonucleati. La diagnosi citologica
tempo e dolente. è di raccolta flogistica ascessualìzzata. Le dimensioni della rac­
colta e la possibilità di una fistolizzazione cutanea potrebbero
consigliare ¡'asportazione chirurgica.

C aso clinico 5 - C ito lo g ia m am m aria ducibilì a cellule duttali morfologicamente modifi­


cate dalla trasformazione neoplastica (Fig. 20).
Donna di 64 anni con piccola area di consistenza aumen­ La diagnosi citologica è di carcinoma duttale
tata della mammella di destra, con retrazione della cute e della mammella.
dubbia interpretazione all'esame obiettivo. L'iter diagnostico e terapeutico in casi di mali­
Viene eseguita citologia agoaspirativa con la gnità certa impone l'asportazione chirurgica della
quale si ricavano cellule atipiche numerose, ricon- neoplasia (Fig. 21).

Caso 5 - Donna di 64 anni. Si presenta all'osservazione medica per una lesione palpabile, dì consistenza aumentata, alla mam­
mella destra; la cute che riveste la lesione appare retratta.

Fig. 20 - Il preparato citologico ottenuto dall'agoaspirato ese­


guito sulla neoformazione presenta numerosi aggregati di cel­ M i'
lule duttali con atipie citologiche di natura neoplástico. La dia­ Fig. 21 - L'esame del pezzo operatorio fa rilevare una neopla­
gnosi di malignità posta con l'esame citologico impone il con­ sia infiltrante il tessuto adiposo della mammella e la cute sovra­
trollo istologico. stante.
Casistica relativa alla diagnostica citologica di patologie di organi superficiali 89

La citologia in senoiogia Nel primo gruppo di pazienti il prelievo citolo­


gico può essere eseguito "a mano libera" con una
Esiste un consenso pressoché univoco nell7adot­ delle tecniche sopradescritte (Fig. 8); nel secondo,
tare la citologica agoaspirativa come strumento dia­ invece, va fatto un prelievo per agoaspirazione con
gnostico pre-operatorio delle masse palpabili (sen­ guida, ecografica o stereotassica, che "guidi"
sibilità del 96%, specificità del 99%, valore preditti­ appunto Lago proprio nell'area sospetta, non pal­
vo positivo del 99%, valore predittivo negativo di pabile (Fig. 23).
94%; efficienza complessiva di 97%) (Sneìge,1993) e Nella diagnostica delle lesioni mammarie, ven­
delle lesioni non palpabili, con prelievi eseguiti con gono indicate cinque categorie diagnostiche (Tab. 2)
guida ecografia o stereotassica ( sensibilità 88-92%, ognuna delle quali ha un significato diagnostico
specificità 95-100%, valore predittivo positivo 80- distinto ed esplicito, cioè comprensibile anche da
100%, valore predittivo negativo 90-98%) (Kaim- medici non specialisti. Questo sistema di refertazio­
phausen, 2003). ne ha permesso anche l'elaborazione di parametri
La semplicità nelle modalità di espletamento di qualità in citologia mammaria (Tab. 3) con i quali
dell'indagine, il basso costo complessivo dell'esa­ tutti i Laboratori si devono confrontare per garanti­
me, l'ottima compliance delle pazienti, l'alta quali­ re un servizio affidabile; il tutto ancor più necessa­
tà deirinformazione ottenibile (Tab. 1), rendono Te­ rio perché il razionale, che sottende ad un esame
sarne citologico adatto allo studio di tutte le lesioni citologico, è proprio un'informazione utile per
mammarie, tanto da consigliarne l'esecuzione ogni­ adottare o meno scelte terapeutiche chirurgiche.
qualvolta vi sia un dubbio clinico o radiologico. In L'adesione ai parametri di qualità dei Servizi di
ambito di patologia mammaria, l'esame citologico Citologia (Tab. 3), favorita anche da un modello di
rappresenta imo strumento poco invasivo, ma vali­ refertazione standard (Tab. 2), come indicato dalle
do per valutare il rischio di una lesione e richieder­ linee guida europee per il controllo di qualità in
ne un controllo istologico (Ozkara, 2002), limitando Anatomia Patologica nello screening mammografia
fortemente gli interventi chirurgici per lesioni beni­ co, e l'attività svolta da "equipe" diagnostiche com ­
gne che non lo necessitano. poste da Anatomo-Patologo e Radiologo-Senologo
Le lesioni mammarie da sottoporre all'esame hanno condotto, come risultato accertato, all'incre­
citologico appartengono a due gruppi di pazienti:
a) pazienti sintomatiche, in cui è presente un sinto­
mo, ad esempio la secrezione dal capezzolo, una
lesione rilevabile con la palpazione o già colta
dalla paziente.
b) pazienti asintomatiche, quindi prive di sintomi e
segni clinici, nelle quali le lesioni da indagare sono
riscontrate in corso di esami di screening senolo­
gico, mammografia (Fig. 22), ecografia e, più
recentemente, anche risonanza magnetica (RM).

Fig 22 - Lesione mammografica non palpabile: focolaio di


Rapida ed economica microcalcificazione documentate alla mammografia.
Refertazione in tempo reale
Altamente sensibile e specifica
Permette la documentazione di una lesione in più punti
Può essere l'unico mezzo per documentare lesioni piccole
non raggiungibili con altri strumenti poco invasivi

Operatore dipendente
Se non rigorosamente condotta è gravata da un
elevato numero di inadeguati
Non affidabile ne! distinguere Cr. in situ vs. Cr. infiltrante
Falsi positivi possibili in lesioni proliferative (FA, Iperplasie) Fig 23 - Prelievo citologico di lesione non palpabile: il foco­
Falsi negativi in lesioni sclerosanti (cr.lobulare, laio di microcalcificazioni viene centrato dallo strumento
tubuiare, scirroso) stereotassico e l'ago di prelievo viene condotto, attraverso
inadeguati in microcalcificazioni coordinate definite dallo strumento, alla profondità utile per
eseguire il prelievo.
90 & Citopatologia generale
mento di affidabilità dell'esame citologico. In questo ciò del rischio" basato sul confronto tra grado del
nuovo modello operativo l'esame citologico è parte sospetto citologico e grado del sospetto radiologico;
integrante di una triade diagnostica (Triple test) in la categoria citologica C2-benigna include lesioni
cui esame clinico, radiologia e citologia operano in quali il fibroadenoma, la mastopatia fibrocistica,
modo integrato a definire il grado di rischio di ogni estasia cistica, processi flogistici e solo raramente
singola lesione. I centri diagnostici che applicano richiede il controllo istologico; questo avviene quan­
questo sistema registrano gli standard diagnostici do la diagnosi di benignità citologica non sia in
migliori con il minor numero di falsi negativi (Vetto, accordo con il sospetto radiologico. Il campione ina-
1995; Schmidt,1997). deguato-Cl non è sinonimo di campione "negati­
11 razionale citologico nell'iter diagnostico delle lesio­vo"; questa categoria non risulta affatto diagnostica,
ni mammarie indica che siano da sottoporre a con­ o per scarsa cellularità o per incongruenza coi i dati
trollo citologico le lesioni sintomatiche, tutte le non clinico-strumentali e come tale non è in alcun modo
palpabili con sospetto radiologico moderato e seve­ in grado di chiarire il dubbio radiologico. Un cam­
ro ed anche una percentuale minore di lesioni nelle pione inadeguato impone quindi altri prelievi citolo­
quali il sospetto radiologico sia lieve, per conferma­ gici o apre la strada ad un approfondimento istolo­
re la loro benignità. gico o microistologico sulla base del grado del
Le cinque categorie diagnostiche indicate (Tab. 2) sospetto radiologico (Rubenchik, 1997).
vogliono distinguere, per gradi, i passi via via cre­
scenti della progressione del sospetto per lesione
maligna. Le categorie citologiche diagnostiche C4- B Esame citologico di lesioni
sospetto e C5-maligno, conducono obbligatoriamen­
te al controllo istologico della lesione; la categoria
profonde
C3-atipia citologica, probabilmente benigna, com­ I quesiti clinici che sorgono di fronte ad una
prende tutte le lesioni proliferative con basso sospet­ lesione intra-addo minale sono molteplici. Il primo
to (epiteliosi, papillomatosi, ecc.) per le quali il con­ è riferito alla natura istopatologica della lesione
trollo istologico è una scelta che risulta da un "bilan- identificata, se, cioè, la lesione identificata sìa neo­
plastica o meno. Una adeguata risposta a questo
primo quesito cambia radicalmente la gestione cli­
nica del Paziente; per un processo riconosciuto, ad
----- esempio, come infiammatorio sarà proposto ed
adottato un trattamento terapeutico profondamen­
te diverso rispetto al caso in cui ci si trovi di fronte
Categoria ad un processo neoplástico.
diagnostica : / Nel caso in cui la diagnosi citologica posta sìa di
CO citologia non eseguita neoplasia, il passaggio diagnostico successivo dovrà
CI inadeguato per un giudizio diagnostico chiarire se la neoplasia sia primitiva dell'organo in
C2 benigno cui è stata individuata, oppure rappresenti la localiz­
zazione secondaria, metastatica, di un processo neo­
C3 atipia probabilmente benigna * plastico insorto altrove e diffusosi per via linfo-ema-
C4 sospetto di malignità ** tica o per disseminazione diretta all'organo indagato.
C5 malignità *** Importante sarà, poi, chiarire Tistotipo della
*circa il 20% dei casi può essere maligno. neoplasìa. Tutte le cellule del nostro organismo (lin­
**ci rea 1'80% dei casi è atteso maligno. fociti, cellule epiteliali cutanee, cellule del rivesti­
***VPP > 99%. mento della mucosa gastrointestinale, epatociti, cel­
lule germinali delle gonadi, ecc., solo per fare qual­
& 2 X H B Parametri standard minimi di qualità che esempio) possono dare origine ad una neopla­
' in citologia agoaspirativa mammaria* sia. Il comportamento biologico di ima cellula epi­
teliale neoplastica è molto diverso da quello mani­
Sensibilità assoluta > 60% festato da una cellula linfoide neoplastica ed è pro­
Sensibilità completa > 80% prio su questa diversità biologica che si sono svi­
Specificità > 60% luppati protocolli terapeutici oncologici diversifica­
ti. Da qui l'importanza di definire, tutte le volte che
Valore predittivo positivo > 98% sia possibile farlo, Tistotipo della neoplasia e ciò
Falsi negativi < 5% permetterà l'adozione di terapie mirate.
Falsi positivi < }% La presentazione di alcuni casi clinici, esemplifi­
Inadeguatì < 25% ca come e quando la citologia agoaspirativa delle
Inadeguati in casi di carcinoma < 10 % masse addominali può essere utile nel dare risposta
a specifici quesiti clinici e quando, invece, l'esito di
Sospetto < 20%
un esame citologico sia il punto di snodo per l'ese­
*{European giudelines for quality assurance in mommo* cuzione di ulteriori procedure diagnostiche (indagi­
graphy screening). ni endoscopiche, approfondimenti bioptici, ecc.).
Esame citologico di lesioni profonde & 91

Caso clinico 6 - C itologia epatica I dati raccolti e descritti permettono di stabilire


con certezza la presenza di un adenocarcinoma
Uomo di 82 anni con neoformazioni epatiche multiple in mucosecemente in sede epatica. Non è però possi­
assenza di cirrosi e di epatopatia. Condizioni generali bile distinguere, con altrettanta certezza, se si tratti
precarie. di neoplasia ghiandolare primitiva epatica, il colan-
Il quesito clinico è se si tratta di lesione prolifera- giocarcinoma, o metastatica (ad es. primitivo gastri­
tiva epatica primitiva o di metastasi di neoplasia co o del colon). Alcuni aspetti morfologici, come la
primitiva in sede ignota. Con l'ausilio della guida necrosi abbondante e le caratteristiche citologiche
ecografica si esegue un agoaspirato sul nodulo epa­ delle cellule atipiche, ne suggeriscono la natura
tico che ha dimensioni maggiori (cm 2). I preparati metastatica e la possibile origine dal grosso intesti­
citologici, riccamente cellulati, hanno un fondo fatto no della neoplasia.
di materiale necrotico in cui sono riconoscibili epa- Sulla scorta di questi dati di fatto, il paziente è
tociti e cellule epiteliali atipiche (Fig. 24). La compo­ stato sottoposto a colonscopia. All'esame endosco-
nente epiteliale atipica è rappresentata sia da singo­ pico è stata riconosciuta una grossa lesione a placca
le cellule che da aggregati irregolari in cui sono pre­ della mucosa del grosso intestino che, all'esame
senti cellule con vacuoli intracitoplasmatici di istologico, è stata classificata come adenocarcinoma
mucosecrezione (Fig. 25a). A più forte ingrandimen­ (Fig. 26).
to le cellule atipiche mostrano occasionalmente un Diagnosi finale: Adenocarcinoma del grosso
nucleo voluminoso, molto atipico (Fig. 25b). intestino con metastasi epatiche.

Caso 6 - Uomo di 82 anni. Viene ricoverato per il riscontro di li epatiche multiple. Si esegue un agoaspirato ecogui-
dato su una delle lesioni epatiche.

Fig. 24 - Aggregato di epatociti privi di atipie (centro della Fig. 25a - Le cellule atipiche mostrano spesso aspetti di secre­
foto) in un fondo granuieggiante eosinofilo, dato dalla necrosi zione di mucina intracitoplasmatica ed aismorfismi nucleari di
cellulare, in cui si riconoscono sparse cellule epiteliali atipiche. grado severo.

Fig. 26 - A seguito della diagnosi citologica il Paziente esegue


Fig. 25b - L'esame citologico è conclusivo per adenocarcinoma una colonscopia che documenta una grossa lesione a placca
in sede epatica, verosimile metastasi di neoplasia primitiva del della mucosa del grosso intestino che, biopsiata,si dimostra
tratto gastroenterico. essere un adenocarcinoma.
92 k Citopatologia generale
C aso clinico 7 - C ito lo g ìa delia metastasi M.O., la diagnosi citologica dì adenocarcinoma a
cellule mucosecernenti "ad anello con castone", in
Donna di 49 anni con neoformazioni epatiche multiple. sede epatica.
Sintomatologia non significativa. La sede di origine della neoplasia non può esse­
Quesito clinico: lesione proliferatila epatica primi­ re certa ma, essendo il carcinoma a cellule "ad anel­
tiva o metastasi di neoplasia primitiva di sede ignota? lo con castone" più frequente in sede gastrica, è
Con l'ausilio della guida ecografica si esegue possibile avanzare il sospetto fondato che la pazien­
agoaspirato su diversi noduli epatici con dimensio­ te sia portatrice di un carcinoma gastrico metasta-
ni variabili tra 1 e 2 cm di diametro. I preparati cito­ tizzato al fegato (Fig. 28).
logici contengono numerosi epatociti non neopla­ Sulla base di questa ipotesi diagnostica la
stici, con vacuolizzazioni citoplasmatiche focali paziente è stata sottoposta a gastroscopia che ha
segno di steatosi o di fenomeni degenerativi cellu­ evidenziato una piccola lesione prepilorica gastrica.
lari (Fig. 27a); solo raramente si riconoscono ele­ La biopsia eseguita ha documentato un adenocarci­
menti epiteliali atipici con vacuolo di secrezione noma gastrico avente le stesse caratteristiche citolo­
intracitoplasmatico avente l'aspetto di cellula "ad giche osservate nel biopsia epatica.
anello con castone" (Fig. 27b). Diagnosi finale: Adenocarcinoma gastrico, con
Questi caratteri morfologici sono già abbastanza aspetti a cellule disperse "ad anello con castone",
caratteristici per suggerire, con il solo esame al con metastasi epatiche.

Caso 7 - Donna di 49 anni. Presenta neoformazioni epatiche multiple in assenza di sintomatologia clinica. Viene eseguito agoa­
spirato ecoguidato per definire la natura della lesioni.

Fig. 27a - il preparato citologico ottenuto con la manovra


agoaspirativa mostra un rilevante numero di epatociti privi di
atipie, con vacuoli degenerativi intracitoplasmatici.

Fig. 27b - Tra gli epatociti sono riconoscibili più rare cellule
epiteliali atipiche, non epatocitarie, con aspetto ' ad anello con
castone". Le cellule ad anello con castone sono tipiche di ade-
nocarcinomi privi di organizzazione ghiandolare e per questo
detti "a cellule disperse"; la primitività di queste neoplasie è più
spesso gastrica.

Fig. 28 - Preparato istologico di metastasi epatica di carcino­


ma a cellule disperse "ad anello con castone'. Lo studio morfo­
logico in questi casi è complesso per la stretta commistione di
cellule neoplastiche con citoplasmi vacuolizzati e nuclei nucleo­
lati che poco si differenziano dagli epatociti steatosici. In que­
sti casi sarà utile eseguire Se colorazioni per le mucine ed il gli­
cogeno che permetteranno di chiarire la natura delle vacuoliz­
zazioni.
Esame citologico di lesioni profonde ® 93

C aso clinico 8 ciata con nucleoli evidenti (Fig. 29b). La presenza di


aggregazioni cellulari simil-papillare suggerisce l'i­
Donna di 78 anni con voluminosa massa pelvico-addo-
potesi di una primitività' ovarica della neoplasia.
minale verosimilmente di origine dagli annessi uterini
Ipotesi diagnostica che trova ulteriore conferma
con aspetti di cavitazione cistica.
nella presenza di numerose calcificazioni talora
Quesito clinico: Neoplasia? Quale la sede di ori­ lamellare concentriche (corpi psammomatosi). La
gine? diagnosi citologica formulata È stata quindi di car­
Vengono eseguiti più prelievi citologici ecogui-
cinoma papillare di origine ovarica. L'esame istolo­
dati in aree diverse della massa, cercando di evita­
gico all'atto dell'intervento chirurgico di istero-
re le zone necrotiche o cistiche. I preparati citolo­
gici sono ricchi di cellule con presenza di numero­ annessiectomia bilaterale, ha confermato la presen­
si elementi epiteliali spesso singolarmente disper­ za di un carcinoma papillare sieroso dell'ovaio con
si e più raramente riuniti in aggregati voluminosi infiltrazione dell'utero, della parete addominale e
(Fig. 29a). dell'omento (Fig. 30). Diagnosi finale: Carcinoma
Le cellule mostrano anisomacrocariosì pronun­ papillare sieroso dell'ovaio.

Caso 8 - Donna di 78 anni. È presente voluminosa massa addomìno-pelvica che si ritiene origini dagli annessi uterini. L'esame
citologico viene espletato per accertare ia natura della lesione.

Fig. 29a - i preparati citologici mostrano aggregati lassi, ma Fig. 29b - La diagnosi citologica formulabile è di carcinoma
coesivi, di cellule neoplastiche in atteggiamento fogliaceo che, papillare sieroso ai origine ovarica. L'intervento chirurgico che
a più forte ingrandimento, si dimostrano avere significativa ne segue accerta la natura ovarica della neoplasia,
anisocariosi e nucleoli evidenti.
94 ss Citopatologia generale
C aso clinico 9 neoplasia. In casi nei quali i pazienti siano stati sot­
toposti ad altri interventi chirurgici in cui siano
Donna di 60 anni con neoformazione ipoecogena di cm. state asportate neoplasie, è sempre doveroso con­
I in piccolo bacino riscontrata in corso difoìlow-up eco­ frontare il materiale ottenuto dalle nuove lesioni,
grafico; pregressa asportazione di leiomiosarcoma uteri­ con quello relativo ai precedenti prelievi; questo
no 4 anni prima. per verificare se i nuovi riscontri possano far parte
Quesito clinico: recidiva di leiomiosarcoma ute­ o meno del quadro della neoplasia pregressa.
rino o seconda neoplasia? Nel caso della paziente in esame, la disponibili­
I preparati citologici, ottenuti dall7 agoaspirato tà dei preparati istologici relativi al sarcoma uterino
ecoguidato, mostrano una discreta cellularita' com­ asportato quattro anni prima, ha consentito di rile­
posta da aggregati coesivi di cellule atipiche fusate vare la somiglianza morfologica ed immunofenoti-
(Fig. 31a) con nucleo allungato e scarso citoplasma. pica delle cellule neoplastiche ottenute con l'agoa-
II quadro morfologico è quindi diagnostico per una spirato rispetto a quelle del sarcoma uterino dia­
neoplasia, forse di origine mesenchimale; tuttavia gnosticato in precedenza (Fig. 32); è stato così pos­
insufficiente per definirne con certezza l'istotipo e sibile formulare con certezza la diagnosi di recidiva
la primitività della lesione. Viene infatti posta la addominale di leiomiosarcoma uterino.
diagnosi differenziale tra una proliferazione Diagnosi finale: Recidiva addominale di leio­
mesenchimale ed una epiteliale a cellule fusate. La miosarcoma uterino.
complessità interpretativa del caso risulta aumenta­
ta anche dalla qualità non ottimale del preparato
ricco di artefattuali da schiacciamento delie cellule.
Indagini immunoistochimiche evidenziano positi­
vità intensa citoplasmatica delle cellule neoplasti­
che per l'anticorpo anti desmina (Fig. 31b) e negati­
vità per le citocheratine: indagini ICC che depongo­
no per l'origine mesenchimale, sarcomatosa, della

Caso 9 - Donna di 60 anni. Alla paziente, in precedenza sot­


toposta ad istero-annessiectomia bilaterale per leiomiosarcoma
uterino, viene riscontrato un nodulo ipoecogeno nella sede del
pregresso intervento, ne! corso di un esame ecografico addo-
mino-pelvico di controllo. Fig. 31 b - In casi come questo, in cui la morfologia può non
essere sufficientemente informativa, è di particolare aiuto l'e­
same immunocitochimico con anticorpi monoclonali. La positi­
vità delle cellule neoplastiche per anticorpi anti-cellula musco­
lare {desmina) ci permette di confermare l'origine leiomiosar-
comatosa della neoplasia.

.Tv:*: **'» t S Vj

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..........jt-.
Fig. 31a - Con l'esame citologico condotto con guida ecografica,
si ottenqono dalla lesione numerosi aqareqafi di cellule neoplasti­ & ì s •- - a ■■* Vi»'.
che. Le cellule neoplastiche, a fisionomia fusata, presentano artefat­
ti da schiacciamento dei nuclei; infatti, questi ultimi sono stirati,
deformati in strie di colore blu, tanto da risultare spesso non valuta­ :.Y W- *«
bili. Gli artefatti da schiacciamento sono dovuti ad una particolare
fragilità dei nuclei neoplastici che non resistono alla pressione eser­ Fig. 32 -L'esame istologico conferma la diagnosi di recidiva di
citata per strisciare il materiale in strato sottile. leiomiosarcoma.
Esame citologico di lesioni profonde - 95

Caso clinico 1 0 - C ito lo g ìa pancreatica che morfologiche delle cellule neoplastiche, alla
luce del pregresso carcinoma della mammella, sol­
Giovane donna di 39 anni, in apparente stato di benesse­ levano il dubbio diagnostico tra un carcinoma neu­
re, con neoformazione al corpo-coda del pancreas, iperva- roendocrino primitivo del pancreas e un carcinoma
scolarizzata alla TAC, con associato nodulo epatico. Ele­ lobulare metastatico dalla mammella, vista la stret­
vati i livelli sierici di gastrina. La paziente era stata ope­ ta somiglianza morfologica delle cellule che sono
rata per carcinoma lobulare della mammella 4 anni presenti in questi due tipi di neoplasia.
prima. La disponibilità dei preparati istologici relativi
Quesiti clinici: Metastasi epato-pancreatiche di al pregresso carcinoma della mammella permette di
carcinoma della mammella con sindrome endocri­ rilevare alcune, seppur minime, differenze tra il
na paraneoplastica? carcinoma della mammella e la neoplasia in sede
Neoplasia pancreatica con metastasi epatiche? pancreatica ed epatica; questo fatto rende meno
Neoplasia primitiva pancreatica e carcinoma probabile l'origine mammaria della neoplasia epa­
della mammella metastatico al fegato? tica e pancreatica.
Istotipo della lesione? L'indagine immunocitochimica, con utilizzo di
Viene eseguito un agoaspirato ecoguidato sia anticorpi specifici per le cellule neuroendocrine
della neoformazione pancreatica che dei noduli (cromogranina, CD56) hanno permesso di docu­
epatici. . mentare la presenza di differenziazione neuroendo­
Da entrambe le sedi il materiale prelevato è molto crina nella neoplasia sia della sede epatica che pan­
cellulato e rappresentato da una popolazione mono- creatica (Fig. 33b); gli stessi marcatori non erano
morfa di cellule epiteliomorfe di piccola e media espressi dal carcinoma della mammella. La diagno­
taglia,, con caratteristico aspetto "plasmacitoide", si citologica è stata quindi di doppia localizzazione
prodotto dallo spostamento del nucleo cellulare ad epatica e pancreatica di carcinoma neuroendocri­
un polo della cellula (Fig. 33). Non segni di necrosi. no. Viene eseguito l'intervento chirurgico di spleno-
Le cellule hanno atipie di basso grado, nucleolo pic­ pancreasectomia parziale associato all'asportazione
colo e cromatina a piccole zolle (Fig. 33a). del nodulo epatico (Figg. 35-36): è stata quindi con­
A questo punto le indagini clinico-strumentali, fermata la diagnosi.
hanno dimostrato che sia il pancreas che il fegato Diagnosi finale: Carcinoma neuroendocrino del
portano lo stesso tipo di neoplasia. Le caratteristi­ pancreas con metastasi epatiche.

Caso 10 - Donna 39 anni. Precedente asportazione di carcinoma lobulare della mammella. Attualmente neoformazione del corpo-
coda pancreatico con noduli epatici. La diagnosi differenziale è complessa considerando, quali ipotesi diagnostiche, un carcino­
ma pancreatico primitivo con metastasi epatiche, metastasi pancreatiche ed epatiche da carcinoma della mammella, associazione
di carcinoma pancreatico primitivo e metastasi epatiche di carcinoma mammario.
Viene eseguito l'esame citologico agoaspirativo delia lesione pancreatica ed epatica.

Fia. 33-34a - Le cellule neoplastiche, molto piccole e linfocito-simili, sono simili sia nei pancreas che nel fegato. Si tratta quindi
della stessa neoplasia che interessa pancreas e fegato.
96 & Citopatologia generale
Fig. 34b - Indagini immunocitochimiche si rendono necessarie
per differenziare cellule neuroendocrine da cellule epiteliali di
carcinoma lobulare. La positività a marcatori neuroendocrini
delle cellule neoplastiche consente di formulare la diagnosi cito­
logica di neoplasia neuroendocrina primitiva del pancreas con
metastasi epatiche.

Figg. 35-36 - La paziente viene sottoposta a splenopancrea-


sectomia parziale (a) e metastasectomia con asportazione in
toto della neoplasia (b).

C aso clinico 11 te granulare, ossifilo, con microvescicolazioni. Il


nucleo è vescicoloso con piccolo nucleolo (Fig. 38).
Uomo di 66 anni con massa retroperitoneale di 6 cm. e Complessivamente l'analisi morfologica evidenzia
con sospetto clinico-radiologico di neoplasia polmonare. una neoplasia scarsamente differenziata, ma non
Quesito clinico: Neoplasia polmonare con meta­ permette di definirne l'istotipo con certezza. Le
stasi? Linfoma? Altro? indagini immunocitochimiche hanno documentato
Con ausilio della guida ecografica è stato esegui­ una positività intensa per le citocheratine (Fig. 39),
to un agoaspirato su più parti della massa retrope­ ma è dato che non risulta comunque sufficiente per
ritoneale cercando di evitare le zone necrotiche o stabilire la primitività della neoplasia.
cistiche. La cellularita' ottenuta con la manovra È un caso in cui la FNAC dimostra i suoi limiti
agoaspirativa attuata risulta discreta, ma non otti­ che possono essere superati solo con approfondi­
male; è costituita da elementi singoli o strutturati in menti istologici sui prelievi resi possibili dall'inter­
microaggregati talora a fisionomia vagamente dut- vento chirurgico.
tulo-alveloare (Fig. 37). Diagnosi finale: Carcinoma scarsamente diffe­
Le cellule hanno un ampio citoplasma finemen- renziato in sede retroperitoneale di origine ignota.
Esame citologico di lesioni profonde ^ 97

Caso l ì - Uomo di 66 anni. Il paziente si sospetta essere affetto da neoplasia polmonare e si riscontra massa retroperitoneale
associata per la quale si chiede ai porre diagnosi differenziale tra una metastasi od un linfoma.

Fig. 37 - L'esame citologico del materiale ottenuto dalie mano­ Fig. 38 - Le cellule neoplastiche hanno nuclei a cromatina fine,
vre agoaspirative condotte sulla lesione retroperitoneale docu­ di aspetto vescicoloso, citoplasma finemente vacuolizzato.
menta aggregati di forma duttuIo-alveolare suggestiva per la
natura aaenocarcinomatosa. E visibile la struttura duttulo-
alveolare nell'organizzazione spaziale delle cellule che com­
pongono l'aggregato sottolineata dal tratto periferico colorato,
nero-duttulo, verde-alveolo.

Fig. 39 - La positività per l'antìcorpo anti-citocheratina delie


cellule neoplastiche, riievabile dall'intensa colorazione bruna
dei citoplasmi, conferma che le cellule neopiastiche sono di ori­
gine epiteliale e non linfoide; si esclude quindi la natura linfo-
matosa della formazione retroperitoneale. La diagnosi citologi­
ca è quindi di metastasi retroperitoneale di adenocarcinoma.

C aso clinico 1 2 - C ito lo g ia epatica ma impongono ulteriori approfondimenti diagno­


stici poiché con FNAC non è possibile caratterizza­
Donna di 68 anni con noduli epatici multipli in cirrosi. re meglio la lesione.
Quesito clinico: epatocarcinoma in cirrosi? Diagnosi finale: Carcinoma scarsamente diffe­
Il materiale ottenuto con Tagoaspirazione è renziato in sede epatica di verosimile natura meta­
costituito da sangue con una cellularita' discreta statica (sede ignota).
(Fig. 40) fatta di cellule epiteliomorfe organizzate in
aggregati lassi ed irregolari, associati spesso ad ele­ Nei casi clinici 11 e 12, l'approccio diagnostico
menti fusati fibroblasto-endotelio simili (Fig. 41). citologico non è stato sufficiente a chiarire in modo
Gli elementi epiteliomorfi non fissano l'anticorpo adeguato i quesiti posti e, necessariamente, i
antiepatocitario (Fig. 42) e sono focalmente positivi pazienti dovranno essere sottoposti ad altre indagi­
alla citocheratina AE1 (Fig. 43). L'insieme delle ni. Nella maggioranza dei casi è previsto un inter­
caratteristiche morfologiche ed immunocitochimi­ vento chirurgico per ottenere materiale adeguato
che escludono la possibilità' di un epatocarcinoma, per indagini istologiche che sono l'esame di scelta
vista la negatività per l'anticorpo anti-epatocitario, nei casi con quesiti non risolti con la sola citologia.
98 ■ Citopatologia generale
Caso 12 - Donna di 68 anni con noduli epatici multipli in cirrosi. Deve essere posta diagnosi differenziale tra epatocarcinoma e
noduli rigenerativi in cirrosi.

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Fig. 40 - Il preparato citologico ottenuto con manovre agoaspi- Fig. 41 - Le cellule atipiche hanno citoplasma a margini poco
rative è composto da una dicrota cellularità, rappresentata da definiti e nuclei ovalari con cromatina fine e modesta anisoca-
elementi atipici che si associano in aggregati irregolari scarsa­ riosi. Sono presenti anche cellule con nucleo fusato e citopla­
mente coesivi che rilasciano singole cellule nel fondo del vetri­ sma allungato. Il quadro morfologico è sospetto per una meta­
no. stasi di carcinoma poco differenziato.

Fig. 42 - Le cellule neoplastiche non fissano l'anticorpo anti-


epatocitarìo.
Fig. 43 - Le cellule neoplastiche fissano solo focalmente la cito'
cheratina. L'insieme dei dati raccolti permette quindi di esclude­
re un epatocarcinoma e di formulare una diagnosi di carcino­
ma metastatico poco differenziato.

Conclusioni re un certo quadro clinico, perché, come in ogni tec­


nica, vi è sempre una certa percentuale di casi che
La particolare versatilità di un esame come la sfuggono ai benefici di una data metodica. Se si
FNAC fa sì che, attualmente, solo una parte mino­ attuano i procedimenti di controllo in tempo reale
ritaria di casi giunge ad un intervento chirurgico del materiale agoaspirato, la percentuale di casi
senza una diagnosi, o priva di ipotesi diagnostiche, non risolti con una FNAC delle inasse addominali
fondate su un esame citologico; spesso l'esame cito­ è talmente contenuta che, l'esame citologico agoa-
logico è di per sé chiarificatore della natura di una spirativo deve essere considerato un esame fonda-
lesione, altre volte risulta, nonostante le tecniche di mentale nell'iter diagnostico pre-operatorio del
ausilio diagnostico applicate, insufficiente a chiari­ Paziente.
Bibliografia essenziale ® 99

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Malattia
1.7 aterosclerotica
G. d'Amati

• Arteriole: sono le ramificazioni terminali delle


[_j_ Struttura dei vasi arterie che alimentano i capillari; il loro calibro è
L'apparato .vascolare è formato da arterie, vene, compreso tra 300 e 50 ¡im. La tonaca media delle
capillari e sinusoidi Ognuno di questi condotti pre­ arteriole è formata da uno o due strati di cellule
senta caratteristiche morfologiche e funzionali muscolari lisce.
peculiari. In questo capitolo verranno fomiti cenni Infine, la tonaca avventizia rappresenta il rivesti­
di anatomia e fisiopatologia la cui conoscenza è mento esterno della parete vasale ed è costituita da
fondamentale per la comprensione della patogene­ un sottile strato di tessuto connettivo fibroso all'in­
si e dell'estrinsecazione morfologica e clinica delle terno del quale si trovano i vasa vasorum e le termi-
malattie vascolari. nazioni nervose.
^Arterie. La parete dei vasi arteriosi è strutturata in Vene. La struttura dei vasi venosi ne riflette la fun­
tre tonache: l'intima, la media e l'avventizia. In con­ zione di sistema collettore a bassa pressione per il
dizioni normali, la tonaca intima è formata a sua ritorno del sangue dai vasi capillari al cuore. La
volta dall'endotelio, dalla membrana basale e da tonaca intima è composta dall'endotelio e da un sot­
uno strato subendoteliale (di spessore variabile a tile strato di connettivo subendoteliale, delimitato
seconda della sede del vaso arterioso e dell'età del dalla membrana elastica interna; la tonaca media è
soggetto), ed è limitata sul versante mediale da uno sottile, formata da fascetti di cellule muscolari lisce
strato di fibre elastiche, che costituiscono la mem­ frammiste a connettivo fibroso, mentre l'avventizia
brana limitante elastica interna. Le cellule endote- fibrosa è più spessa di quella dei vasi arteriosi.
liali hanno un aspetto poligonale od allungato e
.I ..yasi capillari formano ima rete anasto-
sono connesse tra di loro tramite complessi giun-
,. motica di canali vascolari, il cui diametro varia dà 3
zionalx. All'esame ultrastrutturale il citoplasma
a 10 ¡.mi. L'endotelio poggia su una sottile membra­
delie cellule endoteliali contiene vescicole pinocito-
na basale, formata da collagene IV e circondata da
tiche ed organelli specializzati rivestiti da membra­
periati. La tonaca media è assente. In base alla
na (corpi di Weibel-Palade) deputati all'accumulo
,natura dell'endotelio si distinguono tre tipi di capil­
del fattore V ili della coagulazione. Lo strato suben­
lari: capillari continui, in cui le cellule endoteliali
doteliale è formato da matrice extracellulare e da
formano un rivestimento ininterrotto; capillari
un numero variabile di miofibroblasti. La tonaca fenestrati, in cui l'endotelio mostra pori o fenestra-
media è il principale contribuente allo spessore dei zioni, e sinusoidi, in cui il rivestimento endoteliale
vasi arteriosi, e ne condiziona le caratteristiche di è. discontinuo, e la membrana basale è parzialmen- _
elasticità e resistenza. In base alle caratteristiche te o totalmente assente. I capillari continui sono il^:';'
della tonaca media ed al calibro, i vasi del sistema tipo più diffuso, mentre i capillari fenestrati sono[/( ;
arterioso vengono distinti in tre tipi principali: localizzati nella maggior parte, delle ghiandole1
© Arterie elastiche: comprendono i principali vasi di endocrine, nei glomeruli renali e nel tratto gastroin­
distribuzione, come l'aorta, il tronco anonimo, testinale. I sinusoidi sono confinati al fegato, a lr^ .
l'arteria succlavia e le arterie polmonari. In que­ midollo osseo ed alla polpa splenica.
sti vasi la tonaca media è costituita principal­
mente da fibre elastiche e fibre muscolari lisce.
© Arterie muscolari: sono le principali ramificazioni | Fisiopatologia
del sistema arterioso; esempi sono le coronarie, atcrosclerosi è una malattia cronica, diffusa, ad
le arterie mesenteriche e le renali. La tonaca ..andamento progressivo, che interessa principal­
media di questi vasi è costituita da strati concen­ mente le arterie elastiche e muscolari. Le lesioni
trici di fibre muscolari lisce, mentre le fibre ela­ . precoci dell'aterosclerosi compaiono nell'età infan-
stiche si trovano solo a livello delle membrane . tile e progrediscono in maniera asintomatica
limitanti elastiche, interna ed esterna. durante la vita adulta. Dal punto di vista mortolo-
102 & Malattia aterosclerotica
gico, la malattia conclamata è rappresentata dalla Regolazione del tono vascolare. Le cellule endote­
placca fibroateromasica intimale. Il progressivo liali contribuiscono alla normale regolazione del
accrescimento di questa lesione porta ad un restrin­ tono vascolare e, di conseguenza, del flusso sangui­
gimento del lume arterioso e, nel caso delle arterie gno, tramite la secrezione di NO e di PG2- In segui­
elastiche, all'atrofia e fibrosi della tonaca media. La to a stimoli lesivi, l'endotelio produce sostanze ad
comparsa delle manifestazioni cliniche della malat­ azione vasocostrittrice, come l'endotelina.
tia aterosclerotica, come ad esempio le sindromi Regolazione del passaggio di molecole. L'endote­
coronariche, l'ischemia cerebrale o l'arteriopatia lio si comporta come una membrana semipermea­
periferica degli arti inferiori, è dovuta principal­ bile, regolando lo scambio di molecole tra i compar­
mente all'instaurarsi dei cosiddetti "eventi acuti di timenti intra - ed extracellulare. L'aumentata per­
placca", che corrispondono all'ulcerazione con meabilità alle lipoproteine da parte dell'endotelio
conseguente trombosi, oppure all'accrescimento disfunzionante è uno dei meccanismi iniziali nella
progressivo delle placche con stenosi del lume arte­ formazione delle lesioni aterosclerotiche.
rioso. La conoscenza dei fattori di rischio, delle
caratteristiche morfologiche e dei meccanismi Modulazione dei processi infiammatori. Le cellu­
patogenetici delle lesioni è di fondamentale impor­ le endoteliali rispondono a stimoli infiammatori
tanza per l'elaborazione di strategie di prevenzio­ andando incontro ad una serie di modificazioni che
ne e di terapia dell'aterosclerosi. Prima di trattare favoriscono l'adesione e la migrazione dei leucociti
questi argomenti, in maniera dettagliata, è oppor­
tuno accennare alla fisiopatologia dei due compo­
nenti principali della parete arteriosa, le cellule
endoteliali e le cellule muscolari lisce, che rivestono
un ruolo primario nella patogenesi della placca
Ànti-infiammatoria •; ••••’ Pro-infiammatoria
fibroateromasica.
Ossido nitrico Citochine (il-1-y, IL-I7 , M-
Cellule endoteliali. Dal punto di vista anatomico, CSF, GM-CSF)
l'endotelio è un singolo strato continuo di cellule,
che formano una barriera fisica tra il compartimen­ Prostaciclina Chemòchine {!L-8, MCP-1}
to intravascolare e quello tessutale; dal punto di EIAM (E,P-seiectine,
vista biologico, questa barriera esercita una grande Enzimi anti-ossidanti ICAM-1 ,VCAM-1, ligandi
varietà di funzioni che sono essenziali per la nor­ delle L-selectine
male omeostasi vascolare (1). L'alterazione delle Fattori regolatori del
cellule endoteliali è un meccanismo fondamentale complemento
alla base delle malattie vascolari, ed in particolar
modo, dell'aterosclerosi. Le principali molecole
Chininosi il
attraverso cui l'endotelio esplica le sue funzioni Antitrombotica Protrombotica
sono illustrate in tabella 1. Prostaciclina Fattore attivante le piastrine
Coagulazione e fibrinolisi. In condizioni normali, Trombomodulina Faltore tissutaie
la superficie endotelialé ha una funzione anticoa­ Proteoglicani eparina Fattore di Von Willebrand
gulante ed antitrombotica: le cellule endoteliali
Attivatore tissutaie Inibitore tipo 1dell'attivatore
secernono una varietà di molecole essenziali per il dei piasminogeno del piasminogeno
mantenimento del sangue circolante allo stato flui­
do. Le molecole che esercitano la più potente attivi­ Urochinasi Altri fattori della
tà antiaggregante piastinica sono la prostaciclina coagulazione
(PG2) e l'ossido nitrico (NO). L'endotelio quiescen­ inibitoria della crescita Stimolatoria della crescita
te promuove inoltre l'attività dei meccanismi anti­
TGF-jS bFGF
coagulanti, mediati principalmente dalla proteina C
e dalla proteina S, che inattivano i fattori Villa e Va Giicosaminoglicani con VEGF
della cascata della coagulazione. Infine, l'endotelio eparansolfato
partecipa alla fibrinolisi secemendo l'attivatore tes­ Trombospondina IGF
sutale della plasmina (t-TPA). Se le cellule endote­
Ossido nitrico PDGF
liali vengono attivate, come ad esempio in seguito
ad un danno vascolare o per l'azione di citochine, .yqsorflàssante • ;:
sono in grado di produrre molecole ad azione pro­ Prostaciclina Endotelina-1
trombotica, come ad esempio il fattore attivante Ossido nitrico
pìastrìnico (PAF) ed il fattore von Willebrand. Inol­
Angiotensina li
tre l'endotelio inizia a produrre il fattore tessutale, Altre sostanze derivanti PDGF
che attiva la via estrinseca della coagulazione, e l'i- dall'endotelio ad azione
nibitore della plasmina (PAI-1).
simile all'ossido nitrico
Epidemiologia e fattori di rischio 103

nello spazio extravasale. In seguito allo stimolo da scolari, in maniera apparentemente non correlata
parte di citochine o di altri fattori, le cellule endote- alla dose. La cessazione dell'abitudine al fumo
liali assumono quindi un "fenotipo proinfiammato­ riduce di circa il 50% il rischio di malattie cardiova­
rio", caratterizzato dall'espressione di molecole di scolari. Le sostanze tossiche principalmente respon­
adesione per i leucociti, come V-CAM ed I-CAM 1 e sabili dell'effetto nocivo del fumo di sigaretta sul­
selectina E, dalla produzione di molecole ad azione l'apparato cardiovascolare non sono state ancora
procoagulante e protrombotica, nonché di citochine individuate con chiarezza, mentre il loro principale
e di fattori di crescita. L'espressione di queste mole­ meccanismo di danno sembra consistere in un
cole in risposta ad un danno endoteíiale è uno dei aumento dello stress ossidativo e dell'aggregazione
meccanismi patogenetici fondamentali dell'atero­ piastrinica.
sclerosi, come vedremo in seguito.
Ipertensione arteriosa. L'ipertensione è un fattore
Cellule muscolari lisce. Le cellule muscolari lisce di rischio importante ed, in soggetti di età superio­
sono gli effettori della vasocostrizione e della vaso- re a 45 anni, ha un effetto proaterogeno più potente
dilatazione. Inoltre producono collagene, elastina e dell'iperlipidemia. Studi sperimentali suggeriscono
proteoglicani, e secernono fattori di crescita. In che lo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche inti­
seguito a stimolazione da parte del PDGF (prodot­ mali non sia causato direttamente, ma piuttosto
to dalle piastrine, ma anche dalle cellule endotelia- accelerato in presenza di ipertensione arteriosa.
li, dai macrofagi e dalle stesse cellule muscolari Infatti, l'aumento della pressione sanguigna favori­
lisce attivate) acquistano una capacità proliferativa sce il passaggio dei macrofagi nella tonaca intima,
e migrano nella tonaca intima. Questo fenomeno è probabilmente tramite l'azione dell'angiotensina II.
stimolato anche da altri fattori di crescita, come il Questo ormone favorisce inoltre la produzione di
fattore di crescita fibroblastico (b-FGF) e dalle cito­ radicali liberi dell'ossigeno, come l'anione superos-
chine, come l'interleuchina 1 (IL 1), ed è inibito dal­ sido, da parte delle cellule endoteliali e delle cellu­
l'ossido nitrico, dal transforming growth factor P le muscolari lisce, e provoca un aumento della pro­
(TGF (3) e dall'interieron-y (IFN-y). duzione di citochine e di molecole di adesione da
Proliferazione e migrazione delle cellule musco­ parte dell'endotelio (5,6). La terapia antiipertensiva
lari lisce hanno un ruolo importante nella riparazio­ riduce significativamente l'incidenza di malattie
ne del danno vascolare, ma anche in processi pato­ cardiovascolari correlate all'aterosclerosi.
logici come l'aterosclerosi. Iperlipidemia. L'iperlipidemia, ed in particolar
modo l'aumento delle lipoproteine a bassa densità
| Epidemiologia e fattori di rischio e del colesterolo, gioca un ruolo di primaria impor­
tanza nello sviluppo delle lesioni aterosclerotiche
Sebbene la mortalità associata alle complicanze (7), come è provato dalle seguenti linee di evidenza:
dell'aterosclerosi sia diminuita in maniera signifi­ • Il principale componente della porzione lipidica
cativa, grazie ai continui progressi terapeutici, la delle placche fibroateromasiche è rappresentato dal
malattia aterosclerotica rimane la principale causa colesterolo e dai suoi esteri provenienti dal plasma;
di morte in Europa e negli Stati Uniti. La ricerca
epidemiologica ha individuato un vasto gruppo di • Difetti genetici nel metabolismo delle lipoprotei­
fattori ambientali e genetici (circa trecento) associa­ ne sono associati ad un'incidenza precoce di atero­
ti ad un aumentato rischio di sviluppo dell'atero­ sclerosi con conseguente cardiopatìa ischemica. L'i-
sclerosi (2,3) ed ha permesso di identificarne i mag­ percolesterolemia familiare si caratterizza per un
giori. Tra i fattori di rischio potenzialmente controllabi­ deficit genetico dei recettori cellulari per le lipopro­
li vi sono il fumo di sigaretta, l'ipertensione arterio­ teine a bassa densità (LDL), con conseguenti eleva­
sa, l'iperlipidemia, il diabete mellito e la presenza ti livelli, ematici di queste lipoproteine. Mutazioni
di elevati livelli ematici di omocisteina, mentre i in altri geni coinvolti nel metabolismo delie lipo­
fattori di rischio costituzionali o non modificabili sono proteine, nonché di geni che codificano per apoli-
l'età, il sesso e la predisposizione genetica. Fattori poproteine (apo B-100 ed apo E) hanno un effetto
di rischio minori includono l'obesità, la mancanza analogo;
di esercizio fisico, lo stile di vita stressante, patolo­ @ La somministrazione di diete ad alto contenuto
gie infiammatorie da agenti infettivi (come la in colesterolo ad animali sperimentali provoca l'in ­
Chlamydia Pneumoniae) o su base autoimmunitaria, sorgenza di lesioni aterosclerotiche indistinguibili
come l'artrite reumatoide. L'analisi dei dati epide­ da quelle umane;
miologici indica inoltre come l'aterosclerosi vada • La riduzione dei livelli di colesterolo sotto 265
considerata ima malattia ad eziologia multifatto- mg/mi tramite agenti farmacologici o restrizioni
riale. dietetiche causa una diminuzione del rischio di
eventi cardiovascolari su base aterosclerotica.
Fumo di sigaretta. Il fumo di sigaretta appare cor­
relato alla patogenesi della malattia aterosclerotica Contrariamente alle LDL, le lipoproteine ad alta
e delle sue complicanze (4). Sia il fumo attivo che densità (HDL) esercitano un effetto protettivo nei
quello passivo predispongono ad eventi cardiova­ confronti dell'aterosclerosi. Questo effetto è dovuto
104 ss1 Malattia aterosclerotica
principalmente alla capacità delle HDL di rimuove­
M o r f o p o t o lo g ia
re l'eccesso di colesterolo dai tessuti periferici. Inol­
tre, le HDL hanno una capacità antiossidante. Lesioni iniziali. Studi autoptici effettuati su indivi­
Diabete mellito. Il diabete è un fattore di rischio dui deceduti in giovane età hanno permesso di
indipendente per l'aterosclerosi, ed il suo effetto è identificare le lesioni intimali che vengono conside­
potenziato dalla coesistenza dell'ipertensione siste­ rate i precursori della placca fibroateromasica. Si
mica e dell'iperlipidemia. Nei pazienti con diabete tratta delle strie lipidiche, che appaiono come
minute rilevatezze intimali, di forma rotondeg­
di tipo 2 od intolleranza al glucosio, la resistenza
giante od ovale e del diametro di 3-5 mm (Fig. 1).
all'insulina si associa spesso con altri fattori di
All'esame microscopico, le strie lipidiche corri­
rischio, come l'obesità, l'ipertensione e l'iperlipide-
spondono ad accumuli subendoteliali di macrofagi
mia. Il com p lesso di queste disfunzioni endocrine e
ingolfati di lipidi (macrofagi schiumosi), in assenza
metaboliche viene definito come "sindrome disme­
di una componente fibrosa (Fig. 2). L'evoluzione
tabolica", ed è associato ad un' aumentato rischio di delle strie lipidiche è variabile: non tutte infatti si
insorgenza e di progressione deiraterosclerosi (8). trasformano in placche fibroateromasiche ed alcu­
Omocisteina. La presenza di elevati livelli plasma­ ne possono regredire se diminuisce il livello emati­
tici di omocisteina favorisce l'insorgenza delle plac­ co delle LDL. Le strie lipidiche apparentemente più
che fibroateromasiche, attraverso un danno endote- prone alla progressione sono quelle che si trovano
liale, un aumento dell'aggregabilità piastrinica ed in corrispondenza di aree di ispessimento intimale
una proliferazione delle cellule muscolari lisce arte­ eccentrico, probabilmente secondarie ad un
riose. aumentato stress emodinamico locale. In questo
senso, anche l'ispessimento intimale può essere
Sesso. A parità di altri fattori, il sesso maschile pre­ considerato come un precursore della placca
senta un rischio maggiore per l'aterosclerosi. Dopo fibroateromasica.
la menopausa, il rischio è equivalente nei due sessi,
a dimostrazione di un effetto protettivo da parte Placca fibroateromasica. Le placche fibroateroma­
siche sono localizzate in modo preferenziale al
degli estrogeni. È stato infatti dimostrato che questi
livello delle coronarie, delle carotidi, dell'aorta
ormoni hanno un effetto anti-aterogeno, dovuto
infrarenale e delle arterie che irrorano gli arti infe­
principalmente alla loro azione antiossidante ed al
riori. All'esame macroscopico appaiono come lesio­
ruolo che rivestono nella regolazione del livello pia­
ni rilevate, di forma irregolare, a margini piuttosto
smatico delle lipoproteine (9).
netti, di diametro generalmente compreso tra 8 e 12
Età. L'età ha un'importanza determinante nello svi­ mm e di colorito biancastro (Fig. 3). Al taglio, nella
luppo di questa malattia, tanto che dai 40 ai 60 anni porzione centrale delle placche si osserva la presen­
l'incidenza dell'infarto del miocardio aumenta di za di una quantità variabile di materiale giallastro,
circa cinque volte. di consistenza poltacea, che corrisponde all'atero-
ma. A livello dei vasi di medio calibro le lesioni pos­
Predisposizione familiare. La nota predisposizio­ sono presentare una distribuzione circonferenziale
ne ereditaria allo sviluppo dell'aterosclerosi appare (placche concentriche) (Fig. 4) od interessare solo
nella maggioranza dei casi di natura poligenica e una parte della superficie intimale (placche eccen­
legata alla familiarità dì alcuni fattori di rìschio per triche) (Fig. 5). Istologicamente, le placche mostra­
questa condizione, come l'ipertensione arteriosa od no un cappuccio fibroso subendoteliale, di spessore
il diabete. In altri casi, la familiarità dell'aterosclero­ variabile, che le separa dal lume vasale (Fig. 6). La
si è legata alla trasmissione di mutazioni di geni
ben definiti, come quelli responsabili delle ipercole-
sterolemie familiari. In ogni caso, la suscettibilità su
base genetica a sviluppare l'aterosclerosi appare
condizionata dai fattori ambientali.
Infezioni. Le infezioni ìntravascolari possono forni­
re uno stimolo infiammatorio in grado di accelerare
l'eterogenesi (10). Studi recenti hanno dimostrato la
presenza di agenti infettanti, come la Chlamydia
pneumoniae, all'interno di lesioni aterosclerotiche
nell'uomo. La Chlamydia, tramite il rilascio di endo-
tossine, è in grado di stimolare la produzione di
mediatori deH'infiammazione da parte dell'endote­
lio vascolare (11). Tuttavia studi epidemiologici
hanno fornito risultati contrastanti sul rischio car­ Minute rilevatezze intimali di forma
Fig. 1 - Strie lipidiche.
diovascolare legato alle infezioni da Chlamydia. rotondeggiante od ovale dei diametro di 3-5 mm.
Morfopatologia & 105

Fig. 3 - Placche fibroateromasiche. Lesioni rilevate, di forma


irregolare, a margini piuttosto netti, di diametro generalmente
compreso tra 8-12 mm, di colorito biancastro.

porzione centrale delle placche, mostra una compo­


sizione piuttosto eterogenea. Si osserva una quanti­
tà variabile di ateroma, costituito da detriti cellula­
ri, cristalli di colesterolo e cellule schiumose, a volte
in associazione a fini depositi di sali di calcio
(Fig. 7). Le cellule schiumose sono di natura preva­
lentemente macrofagica, ed, in quota minore, deri­
vano dalle cellule muscolari lisce ingolfate di lipidi.
Nel contesto della placca e/o a livello del cappuc­
cio fibroso è spesso evidente un infiltrato infiam­
matorio cronico di entità variabile. Nel versante
mediale delle placche fibroateromasiche si osserva­
no vasi capillari neoformati, di probabile derivazio­
ne dai vasa vasorum avventiziali. La neoangioge-
nesi ha un ruolo molto importante nel favorire l'ac­
crescimento delie lesioni, e può essere fonte di
microemorragie, testimoniate dal frequente reperto
di depositi di emosiderina nel contesto dell'atero-
Fig. 2 - Strie lipidiche. Microscopicamente sono costituite da ma. Le placche fibroateromasiche aumentano di
accumuli subenaoteliali di macrofagi ripieni di lipidi (macrofa­ volume in modo progressivo, ma il loro accresci­
gi schiumosi) in assenza di una componente fibrosa.
mento in fase iniziale è bilanciato da una dilatazio-

Fig. 4 - Placca concentrica.La lesione fibroateromasica mostra Fig. 5 - Placca eccentrica. La lesione fibroateromasica interes-
una distribuzione circonferenziale del vaso. sa solo una parte della circonferenza del vaso.
106 K Malattìa aterosclerotica
mente. Tuttavia, Tincremento delle nostre cono­
scenze sulla fisiopatologia delTaterosclerosi e delle
sue complicanze ha portato al riconoscimento che la
composizione della placca è più importante del grado di
stenosi nel determinare la prognosi. Le placche fibroa-
teromasiche vengono quindi attualmente classifica­
te su base morfologica in placche stabili, che presen­
tano un basso rischio di complicanze acute, e plac­
che instabili o vulnerabili, che vanno più facilmente
incontro ad ulcerazione, con conseguente trombosi
occlusiva ed ischemia d'organo (12).
Placche stabili. Queste placche sono generalmente
multiple e sono spesso localizzate in corrisponden­
za dei punti di diramazione o di flessione delle arte­
rie. Nelle arterie di medio calibro, il loro progressi­
vo accrescimento provoca una stenosi significativa
(> 75%) di tipo concentrico del lume. Istologica­
mente le placche stabili mostrano uno spesso cap­
puccio fibroso, con frequenti depositi di sali di cal­
cio, mentre sia Tateroma che la componente infiam­
matoria sono relativamente scarsi.
Placche vulnerabili. Si tratta generalmente di plac­
che eccentriche, che istologicamente si caratterizza­
Fig. 6 - Placca fibroateromasica. Microscopicamente si osser­ no per la presenza di un voluminoso ateroma con
va un cappuccio fibroso subendoteliale di spessore variabile abbondanti cellule schiumose ed un cappuccio
che ricopre l'ateroma costituito da detriti cellulari, cristalli di fibroso generalmente sottile (Fig. 8), condizionanti
colesterolo e cellule schiumose. stenosi di grado moderato (50-75%) delle arterie
muscolari. Le placche vulnerabili possono ulcerarsi
anche prima di aver raggiunto un grado significati­
ne cronica della parete arteriosa, in modo tale che vo di stenosi, a conferma del fatto che l'instabilità di
Tarea del lume rimane sostanzialmente inalterata. queste lesioni non è necessariamente correlata al
Quando la placca arriva ad occupare il 50% del loro volume, ma piuttosto alla loro composizione
lume vasale, la dilatazione compensatoria non è più ed all'entità dei fenomeni biologici che in esse
efficace e la stenosi del lume progredisce rapida­ hanno luogo.

Cappuccio fibroso

C ellule muscolari lisce migrate


dalla m edia

Endotelio

Tessuto Capillari
fibroso neoformati

Cellule
muscolari
lisce

Fig.7 - La figura rappresenta una placca aterosclerotica avanzata con un core lipidico formato da cellule schiumose morte e iisa-
te, depositi di grassi e materiale fibroso. Il core lipidico è delimitato da una capsula formata da materiale fibroso e da cellule musco­
lari lisce che, in alcuni casi, sono cariche di lipidi. (Da G.M. Pontieri, M.A. Russo, L. Frati, Patologia generale, Piccin, 2005).
Morfopatoiogia ^ 107

ciate ad una prognosi peggiore. L'erosione dell'en­


dotelio che ricopre il cappuccio fibroso sembra
essere dovuta al danno cronico endoteliale, ed
anche, in parte, ad alterazioni della matrice extra­
cellulare subendoteliale. Nella sede dell'erosione si
deposita un piccolo trombo piastrinico, che viene
successivamente incorporato nel cappuccio fibroso
e contribuisce così airaccrescimento della placca.
Le fissurazioni di placca si verificano generalmen­
te in seguito ad un vasospasmo o ad una crisi iper-
tensiva, e sono localizzate allá periferia del cappuc­
cio, nel punto di transizione tra la placca e la por­
zione normale della parete arteriosa. A questo even­
to consegue la formazione di un trombo piastrinico
superficiale, generalmente non occlusivo (trombo
murale) (Fig. 9); inoltre alla fissurazione del cap­
puccio fibroso può far seguito l'ingresso di sangue
Fig. 8 - Placca fibroateromasica vulnerabile. Placca eccentrica
dal lume vasale all'interno della placca, con brusco
con voluminoso ateroma e cappuccio fibroso focalmente sottile. rigonfiamento emorragico di quest'ultima (Fig. 10).
L'ulcerazione riconosce come movente principale la
presenza di macrofagi e di infiltrati infiammatori
all'interno della placca. Infatti, i macrofagi attivati
Lesioni complicate. Questo termine definisce sia le producono enzimi proteolitici (come le metallopro-
complicanze acute che si instaurano durante l'evo­ teinasi) in grado di degradare il collagene del cap­
luzione della placca fibroateromasica (eventi acuti puccio fibroso; inoltre, il y interferon prodotto dai
di placca) che le calcificazioni ed, infine, lo sfianca- linfociti T presenti nella placca è in grado di inibire
mento progessivo della tonaca media che determi­ la sintesi di collagene da parte delle cellule musco­
na la formazione degli aneurismi aterosclerotici. lari lisce, limitando così lo spessore del cappuccio
fibroso. All'ulcerazione della placca consegue in
Eventi acuti di placca- Il cappuccio fibroso delle
genere una trombosi massiva, che può arrivare ad
placche può andare incontro ad erosione, fissura-
occludere il lume delle arterie muscolari, come le
zione, emorragia o ad ulcerazione con conseguente
coronarie. L'ulcerazione del cappuccio fibroso può
trombosi occlusiva. Come già accennato in prece­
esporre inoltre l'ateroma al torrente ematico, con
denza, le placche vulnerabili presentano un rischio
conseguenti piccole embolie distali. Quest'ultimo
elevato di complicanze acute, e sono pertanto asso-
fenomeno è particolarmente frequente a livello
delle lesioni complicate aortiche. L'emorragia
intraplacca fa seguito generalmente alla rottura dei
vasi capillari neoformati; tuttavia questo evento
non provoca un significativo rigonfiamento della
placca stessa, perché la fuoriuscita di sangue dai
capillari è contrastata dalla pressione che vige nel

Fig. 9 - Placca fibroateromasica complicata da fissurazione del Fig. 10 - Placca fibroateromasica complicata da fissurazione
cappuccio fibroso con conseguente formazione di trombo del cappuccio fibroso con conseguente brusco rigonfiamento
murale non occlusivo. emorragico della stessa placca.
108 S- Malattia aterosclerotica
lume arterioso. Emorragie più significative sono due tipi di aneurismi: fusiformi o cilindrici e saccula-
quelle che conseguono all'entrata del sangue nella ri. I primi, di gran lunga più frequenti, sono caratte­
placca in conseguenza della fissurazione del cap­ rizzati dalla dilatazione dell'intera circonferenza
puccio fibroso. della parete aortica (Fig. 11). Sono generalmente
confinati tra l'origine delle arterie renali e la bifor­
Calcificazione della placca. Le calcificazioni si
cazione aortica, ma possono interessare anche il
verificano in corrispondenza dei detriti cellulari nel
tratto iniziale delle arterie iliache od il tronco celia­
contesto dell'ateroma, oppure in altre sedi della
co. Gli aneurismi sacculari coinvolgono invece solo
placca, come il cappuccio fibroso. L'entità dei depo­
un segmento della parete aortica, e generalmente
siti calcifici è variabile, ed a volte è tale da conferire
comunicano con il lume tramite un colletto. La
alla parete vasale la consistenza duro-lignea. A dif­
superficie intimale mostra placche fibroateromasi-
ferenza delle altre complicanze della placca fibroa-
che, spesso ulcerate e rivestite da materiale trombo­
teromasica, le calcificazioni non determinano la
tico stratificato (Fig. 12). Istologicamente, la parete
comparsa di sintomi clinici. Tuttavia i pazienti con
gravi calcificazioni dell'albero coronarico presenta­ aneurismatica mostra un marcato assottigliamento
no un aumentato rischio di ischemia cardiaca. della tonaca media, associato a frammentazione
delle fibre elastiche, fibrosi ed atrofia delle cellule
Aneurismi aterosclerotici. Gli aneurismi ateroscle- muscolari lisce.
rotici si verificano pressoché esclusivamente in cor­ Una variante particolare dell'aneurisma atero­
rispondenza delle arterie elastiche, e quindi princi­ sderotico aortico è rappresentata dal cosiddetto
palmente nell'aorta. Alla base del progressivo sñan- "aneurisma infiammatorio", che presenta una loca­
camento della parete aortica vi sono la frammenta­ lizzazione analoga, ma è caratterizzato da un note­
zione delle fibre elastiche e la fibrosi ed atrofia della vole ispessimento della parete, che appare di colo­
tonaca media, secondaria alla compressione da rito biancastro. Istologicamente si osservano plac­
parte delle placche intimali ed all'azione delle che fibroateromasiche intimali ed atrofia della tona­
metalloproteinasi prodotte dai macrofagi della ca media, associate a marcata fibrosi e a flogosi cro­
placca. Gli aneurismi aortici sono molto frequenti, e nica avventiziale. La fibrosi spesso si estende ad
la loro rottura rappresenta la tredicesima causa di interessare gli organi adiacenti, in particolar modo
morte negli Stati Uniti. Possono essere unici o mul­ il duodeno, la vena cava inferiore e gli ureteri. La
tipli, e la loro sede più frequente è il tratto infrare- patogenesi di questi aneurismi è legata ad una
nale dell'aorta addominale. 11 sesso maschile è col­ risposta infiammatoria immunomediata ad alcuni
pito più frequentemente. Gli aneurismi aterosclero­ componenti della placca.
tici dell'aorta sono rari prima dell'età di 50 anni, si La complicanza più temibile degli aneurismi
accrescono lentamente ed in modo asintomatico; il aterosclerotici è la rottura improvvisa, con conse­
rischio di rottura arriva al 25% quando raggiungo­ guente shock emorragico. Altre complicanze inclu­
no un diametro di 5 cm. Studi recenti suggeriscono dono le embolie distali conseguenti ad ulcerazione
che queste lesioni siano a carattere familiare (13). delle placche ateromasiche (ateroemboli) e l'infe­
Dal punto di vista macroscopico, si distinguono zione della parete aneurismatica.
In conclusione, se prendiamo in considerazione

Fig. 11 - Aneurisma aterosclerotico deli'aorta addominale sof- Fig. 12 -Aneurisma ateroscierotìco dell'aorta addominale con
torenaie con dilatazione dell'intera circonferenza vasale. presenza di materiale trombotico stratificato endoluminale.
Patogenesi & 109

gli aspetti morfologici della malattia aterosclerotica endoteliale si concretizza in una disfunzione endo­
alla luce della sua espressione clinica, possiamo teliale cronica (15), sistemica e potenzialmente
riassumere la storia naturale delle lesioni in tre fasi: reversibile, che rappresenta il primum movens della
malattia aterosclerotica. La disfunzione endoteliale
Fase iniziale. Corrisponde alla formazione delle si estrinseca attraverso: a) la perdita della normale
strie lipidiche ed alla loro evoluzione in placche permeabilità; b) l'aumento dell'adesività per i
fibroateromasiche. In questa fase, la malattia è di monociti e linfociti T circolanti; c) l'aumento della
solito asintomatica, e l'intervento sui fattori di trombogenicità; d) l'alterata contrattilià vascolare
rischio può provocare la regressione delle lesioni (Fig. 13).
intimali o rallentarne la progressione. L'evento più precoce nella storia naturale dell'a­
Fase dell'adattamento. In questa fase, le arterie di terosclerosi consiste nel passaggio abnorme delle
medio calibro vanno incontro ad un progressivo LDL nella tonaca intima, dovuto ad un aumento di
rimodellamento per mantenere inalterata l'area del permeabilità dell'endotelio. Le LDL vengono tratte­
lume. Questo processo è efficace nel caso di placche nute nell'intima tramite l'interazione di un loro
fibroateromasiche eccentriche. Con il passare del costituente, l'apoproteina B, con i glicosaminoglica-
tempo, la crescita della placca eccede la capacità ni della matrice extracellulare; a livello intimale le
compensatoria della dilatazione arteriosa, e la ste­ LDL vanno incontro inoltre a fenomeni di ossida­
nosi progredisce rapidamente. E importante ricor­ zione e proteolisi (LDL modificate), che ne facilita­
dare che anche in questa fase di malattia, che gene­ no la captazione da parte dei macrofagi. Questi ulti­
ralmente è paucìsintomatica o asintomatica, posso­ mi derivano dai monociti circolanti, che, insieme ai
no manifestarsi i sintomi clinici dell'ischemia car­ linfociti T, penetrano nella tonaca intima grazie
diaca dovuta ad eventi improvvisi di placca. Infat­ all'aumento dell'espressione endoteliale di moleco­
ti, come già accennato in precedenza, anche le plac­ le di adesione, come VCAM-1 (che lega i monociti
che fibroateromasiche eccentriche moderatamente ed i linfociti T) ed ICAM-1.
L'adesione dei monociti e dei linfociti T all'en­
stenotiche (50-60%) sono a rischio di ulcerazione e
dotelio è una tappa fondamentale nella storia
trombosi.
naturale delle lesioni aterosclerotiche, la cui pato­
Fase sintomatica, Questa fase è caratterizzata dalla genesi ricalca le fasi della risposta infiammatoria
comparsa delle lesioni complicate dell'aterosclero­ cronica.
si, che si manifestano clinicamente con i sintomi di L'espressione endoteliale delle molecole di ade­
ischemia d'organo o, nel caso degli aneurismi del­ sione, nonché di fattori di crescita, come il macro-
l'aorta, con l'improvvisa rottura.
Alterazioni del flusso laminare
Citochine infiammatorie
Lipoproteine ossidate
L'aterosclerosi è attualmente considerata come Om ocisteina

risposta infiammatoria "specializzata" al danno cro­


nico endoteliale. Molti dei fattori di rischio per que­
sta malattia sono lesivi per l'endotelio attraverso
Aum ento attività Alterazione Aum ento
molteplici meccanismi: l'iperlipidemia, l'iperten­ procoagulante di delle giunzioni delle molecole
sione, il fumo di sigaretta ed il diabete sono associa­ m em brana di adesione
ti ad un aumento dello stress ossidativo endotelia­ e protrombotica leucocitaria Cellule
le; l'alterazione del flusso laminare sanguigno, evi­ endoteliali

dente a livello delle diramazioni arteriose ed accen­ Intima


Lamina
tuata dall'ipertensione sistemica, causa a sua volta basale
Aum ento
uno stress- biomeccanico locale dell'endotelio; infi­ dell’espressione
ne, le recenti acquisizioni sull'importanza dell'in­ di crescita e m itogeni
fiammazione nella patogenesi della malattia atero­ Vasospasm o Aum entata Aum ento
sclerotica hanno portato ad una rivisitazione di perm eabilità reclutam ento
alcuni fattori di rischio in questa chiave (14). Nel e trapping LD L
caso dell'ipertensione arteriosa si è osservato ad
esempio come l'angiotensina II stimoli la produzio­ Migrazione, proliferazione, produzione di matrice
ne di citochine infiammatorie da parte delle cellule extracellulare d a parte di cellule muscolari lisce
muscolari lisce nonché di molecole di adesione da
parte dell'endotelio. Anche l'obesità promuove l'in­
M edia Cellule
fiammazione, tramite la produzione di citochine da
SU*" m uscolari
parte del tessuto adiposo; questo effetto pro-atero- lisce
geno è quindi indipendente da altri fattori di
rischio associati all'obesità, come la resistenza Fig. 13 - Cause, meccanismi ed effetti della disfunzione endo­
all'insulina e l'iperlipidemia. L'effetto del danno teliale neil'instaurarsi delie lesioni aterosclerotiche.
110 s Malattia aterosclerotica
phage-colony stimulating factor (M-CSF) è stimola­ clinici hanno dimostrato un'associazione significa­
ta dalle LDL modificate. Grazie all'azione del M- tiva tra la presenza di elevati markers bioumorali
CSF i monociti che arrivano nella tonaca intima dell'infìammazione, come la proteina C reattiva
proliferano e si trasformano in macrofagi, in grado (PCR), la frazione solubile di ICAM-1 e l'IL-6 e l'in­
di esprimere i recettori per le LDL modificate e di cidenza della cardiopatia ischemica (16).
captarle. Si formano così le cellule schiumose che
caratterizzano le strie lipidiche. I macrofagi ed i lin­
fociti T producono inoltre un numero di citochine, | Aterosclerosi accelerata
IL-1, tumor necrosis factor (TNF), monocyte che- L'aterosclerosi accelerata è una variante della
moattractant protein-1 (MCP-1), che richiamano malattia aterosclerotica, che si caratterizza per l'in­
ulteriori cellule infiammatorie nell'intima, sorgenza precoce ed il rapido sviluppo delle lesio­
È importante ricordare che le strie lipidiche sono ni. Queste sono costituite istologicamente da una
in parte reversibili con l'abolizione dei fattori di iperplasia intimale concentrica e diffusa che deter­
rischio modificabili (dieta ricca di grassi, fumo di
mina restringimento del lume vasale che può pro­
sigaretta) o con la terapia (farmaci ipolipemizzanti, gredire fino all'occlusione, con conseguente danno
antiipertensivi). Se invece persistono le condizioni
ischemico dell'organo irrorato. Tale patologia inte­
che determinano la disfunzione endoteliale, si ha
ressa le arterie sottoposte ad un danno sia meccani­
l'evoluzione della stria lipidica verso la p lacca
co, come nelle procedure di angioplastica, che pres­
fib r o atero m asie a. Il ruolo principale in questo
sorio, come i vasi venosi usati in sede di bypass, o
fenomeno è rivestito dalla proliferazione delle cel­
ancora i vasi arteriosi di organi trapiantati (rigetto
lule m uscolari lisce della tonaca media, seguita
cronico). L'aterosclerosi accelerata differisce dall'a­
dalla loro migrazione nella tonaca intima, dove le
terosclerosi anche dal punto di vista patogenetico
miocellule sintetizzano e secernono fibrille collage­
in quanto molti studi documentano come al suo
ne e glicoproteine. La proliferazione delle cellule
sviluppo contribuisca oltre lo stimolo infiammato-
muscolari lisce è stimolata da vari fattori di cresci­
rio anche un concomitante meccanismo immuno-
ta: il fattore di crescita piastrinico (PDGF), il fattore
mediato.
di crescita per i fibroblasti (FGF) ed il transforming
growth factor |3 (TGF-^), prodotti dalle piastrine
aderenti all'endotelio disfunzionante, dai macrofa­
gi, dalle cellule muscolari lisce e dallo stesso endo­
| Arterioloscierosi
telio. U collagene secreto dalle cellule muscolari Quando il processo aterosclerotico interessa le
lisce va a costituire il cappuccio fibroso della plac­ piccole arterie e le arteriole viene chiamato arterio­
ca, al cui interno è presente una quantità variabile loscierosi. I vasi mostrano ispessimento della pare­
di detriti cellulari, lipidi e cellule schiumose, che te con restringimento concentrico del lume, che può
costituiscono l'ateroma. L'ateroma si forma in determinare un danno ischemico. Se ne riconosco­
seguito all'accumulo di lipidi ed alla morte degli no due varianti, la ialina e l'iperplastica. La prima
elementi cellulari che si trovano nella porzione più più spesso associata a patologie come il diabete
centrale della placca. L'azione delle LDL ossidate e mellito mentre la seconda, con le classiche arteriole
le condizioni di relativa ipossia nel centro della "a bulbo di cipolla" per un ispessimento intimale
placca promuovono infatti la morte cellulare per concentrico, all'ipertensione maligna.
necrosi ed apoptosi. L'accrescimento progressivo
della placca è un fenomeno dinamico, che coinvol­
ge la sintesi di matrice extracellulare da parte delle Il Bibliografia essenziale
cellule muscolari lisce, la neovascolarizzazione, e 1. Michiels C.: Endothelial cell functions. J Cell Physiol
l'incorporazione di minuti trombi superficiali 2003; 196: 430-443.
all'interno del cappuccio fibroso.
Per quanto riguarda la patogenesi degli eventi 2. Kannel W.B., McGee D., Gordon T.: A general cardio­
vascular risk profile: The Framingham study. Am J
acuti di placca, è ormai chiaro che l'infiammazione
Cardiol 1976; 38: 46-51.
non è responsabile unicamente della formazione
della placca fibroateromasica, ma anche deU'instau- 3. Castelli W.P.: Epidemiology of coronary artery disea­
rarsi delle sue complicanze acute. Abbiamo già sot­ se: The Framingham Study. Am J Med 1984; 76 (suppl.
tolineato come la produzione di metalloproteasi da 2A): 4-12.
parte dei macrofagi provochi un assottigliamento 4. Ambrose J.A., Barua R.S.: The pathophysiology of
ed un indebolimento del cappuccio fibroso, favo­ sigarette smoking and cardiovascular disease. An
rendone la rottura; i macrofagi schiumosi produco­ update. J Am Coll Cardiol 2004; 43:1731-1737.
no inoltre il fattore tissutale, che è un potente atti­ 5. Tummala P.E., Chen X.L., Sundell C.L., et al.: Angio­
vatore della coagulazione. La produzione del fatto­ tensin II induces vascular cell adesion molecole-1
re tissutale è a sua volta stimolata dalle citochine expression in at vasculature: a potential link between
infiammatorie, il che sottolinea il nesso causale tra the renin-angiotensin system and atherosclerosis. Cir­
l'infiammazione e la trombosi delle placche. Studi culation 1999; 100:1223-1229.
Bibliografia essenziale ® 111
6. Kranzhofer R., Schmidt ]., Pfeiffer C.A., et al.: Angio­ vascular endothelium, smooth muscle cells, and
tensin induces inflammatory activation of human macrophages. J Clin Invest 1999; 19: 972-978.
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resistance and increased cardiovascular (CV) morbi­ minal aortic anueiysm: consequences of a positive
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11. Kol A., Bourcier T., Lichtman A.H. et al.: Chlamidyal in the prediction of cardiovascular disease in women.
and human heat shock protein 60s activate human N Engl J Med 2000; 342: 836-843.
1.8
| Iperemia e congestione
I termini iperemia e congestione definiscono un
aumento della quantità di sangue all'interno dei
vasi di un determinato organo o tessuto.
Iperemia. L'iperemia è un processo attivo, dovuto
ad una vasodilatazione arteriolare, associata all'inva­
sione ematica dell'intero letto capillare. In condizio­
ni normali, l'iperemia si verifica in risposta ad un
aumento delle necessità metaboliche di un organo o
tessuto, come avviene ad esempio nel muscolo
durante l'esercizio fisico (iperemia funzionale). In con­
dizioni patologiche, l'aumentata capacità del letto
microcircolatorio si realizza nei processi flogistici
(iperemia infiammatoria) o per l'attivazione di connes­
sioni anastomotiche tra rami arteriosi diversi in
seguito all'occlusione di uno di essi (iperemia com­
pensatoria). Indipendentemente dall'eziologia, il
meccanismo alla base dell'iperemia attiva consiste
nella liberazione di mediatori vasoattivi da parte dei
tessuti o delle cellule infiammatorie ed endoteliali,
con conseguente dilatazione degli sfinteri precapil­
lari. Gli organi e tessuti iperemici presentano un
colorito rosso vivo ed un aspetto turgido.
Congestione. La congestione è un'alterazione circo­
latoria per la quale il sangue si accumula nei vasi
venosi e capillari di un organo a seguito di un ral­
lentamento della velocità di circolo. La congestione
può essere sistemica, come accade nell'insufficienza
ventricolare destra, oppure localizzata, come nel caso
dell'ostruzione del deflusso del sangue da un orga­
no, secondaria ad esempio ad una trombosi venosa.
L'aumento della pressione idrostatica nel letto capil­
lare determina la formazione dell'edema, che è spes­
so associato alla congestione; inoltre le pareti dei
capillari possono rompersi, con conseguenti microe­
morragie. Se la congestione venosa si protrae nel
tempo, il sangue si impoverisce di ossigeno e l'accu­
mulo di deossiemoglobina determina cianosi; l'ipos-
sia può determinare un danno cellulare irreversibi­
le, con formazione di piccoli focolai di necrosi, per­
sistendo gli eventi causali dell'aumento del tessuto
connettivo fibroso interstiziale.
Patologie da
alterata perfusione
dei tessuti
G. d'Amati

M orfologia
Il quadro morfologico della congestione passiva
acuta si caratterizza per un aumento del volume e del
peso dell'organo, che assume colorito rosso cianotico
ed un aspetto edematoso. A livello microscopico le
venule ed i capillari appaiono ingorgati di sangue, con
occasionali stravasi emorragici. La congestione acuta
polmonare, associata allo stravaso di fluidi nei setti
alveolari e nelle cavità degli alveoli (edema polmonare)
consegue all'insufficienza ventricolare sinistra ed è
spesso un evento terminale. È reperto molto frequen­
te all'autopsia.
Nella congestione cronica, all'incremento del
volume e del peso, si associa aumento della consi­
stenza degli organi, dovuto alla fibrosi. A livello pol­
monare si realizza il quadro noto come indurimento
bruno od ocraceo, dovuto alla coesistenza di conge­
stione capillare, fibrosi dei setti alveolari, emorragie
alveolari e presenza di macrofagi contenenti pig­
mento emosiderinico nei setti e nelle cavità alveola­
ri. Quest'ultimo reperto è una testimonianza di
emorragie pregresse, ed è responsabile del colorito
ocraceo o rugginoso del parenchima polmonare. Nel
fegato, la congestione cronica, conseguenza dell'in­
sufficienza ventricolare destra, si manifesta inizial­
mente con una dilatazione delle vene centrolobulari,
associata a steatosi e degenerazione su base ipossica
degli epatociti centrolobulari (o della zona 3 dell'aci­
no epatico). Con il protrarsi della stasi venosa si ha
perdita degli epatociti intorno alla vena centrolobu­
lare, dove si osservano inoltre stravasi emorragici e
macrofagi contenenti pigmento emosiderinico; infi­
ne, può comparire una fine fibrosi. Il quadro macro­
scopico del fegato da stasi cronica in fase iniziale è
caratterizzato dalla presenza di fini punteggiature di
colore rosso cupo (che corrispondono alle vene cen­
trolobulari congeste contornate da epatociti in dege­
nerazione) a loro volta circondate da aree giallastre
.(secondarie alla steatosi degli epatociti periportali).
Nelle fasi più avanzate, la formazione di sottili tral­
ci fibrosi determina una fine nodularità del paren­
chima epatico (cosiddetta cirrosi cardiaca). Gli aspetti
morfologici e fisiopatologici della congestione croni-
1 14 ® Patologie da alterata perfusione dei tessuti
ca polmonare ed epatica sono illustrati in dettaglio SISTEMA INTRINSECO SISTEMA ESTRINSECO
nei capitoli dedicati ai singoli organi. -Superfici negative -Trombina (Piastrine)
-Fattore XII -Fattore Xa
-HMWK -Fattore Xlla
-Precaliìcreina
H Trombosi Fattore VI I attivo Fattore V I I
La fluidità del sangue airinterno dell'apparato FattoreTxi Fattore XI attivo e F.tissutale
cardiovascolare è mantenuta dall'equilibrio tra fat­
tori procoagulanti, anticoagulanti e fibrinolitici (1).
Fattore IX Fattore IX attivo Fattore IX
Questo meccanismo omeostatico protegge l'organi­
smo sia dal rischio di emorragie che di trom bosi
intravascolari. Per facilitare la comprensione dei Fattore X Fattore X attivo Fattore X
meccanismi della trombosi è opportuno fare cenno
alla sua controparte fisiologica, l'emostasi.
Protrom bina
La normale emostasi si realizza in conseguenza
ad un danno vascolare e si sviluppa attraverso tre
stadi, qui di seguito esposti sinteticamente. Fibrinogeno Fibrina
Abbreviazioni:
a) Vasocostrizione temporanea. La vasocostrizio­ PL = fosfolipidi (necrosi)
HMWK = chininogeno ad aito PM
ne ha l'effetto di limitare la fuoriuscita di sangue Fibrina stabilizzata
dal vaso danneggiato e si realizza per la conco­
mitanza di un meccanismo neurogeno riflesso e di Fig. 1 - Illustrazione schematica delia cascata della coagulazio­
un aumento della liberazione locale di endotelina-1, ne.
che è un peptide ad azione vasocostrittrice pro­
dotto dall'endotelio.
insolubile: il trombo definitivo. Nelle maglie di
b) Adesione piastrinica. Il danno endoteliale espo­ fibrina rimangono intrappolati granulociti neu-
ne al flusso ematico la matrice extracellulare trofili ed emazie. In questa fase vengono inne­
intimale, alla quale aderiscono le piastrine atti­ scati meccanismi regolatori della coagulazione
vate. Questo fenomeno è mediato principalmen­
(il sistema fìbrinolitico, mediato dalla plasmina,
te dal fattore di von Willebrand, prodotto dal­
e l'inibizione della cascata della coagulazione,
l'endotelio, che favorisce il legame delle piastri­
esercitata dalla trombomodulina) per limitare
ne alle fibre collagene intimali (2). All'adesione
l'estensione del trombo alla zona di danno
segue il rilascio di granuli densi piastrinici con­
vascolare. Questi meccanismi partecipano anche
tenenti sostanze ad azione vasocostrittrice, come
alla rimozione del trombo, ima volta innescato il
il trombossano A2, nonché nucleotidi mediatori
processo di guarigione.
del richiamo e dell'aggregazione piastrinica
(ADP). Si forma così in brevissimo tempo un Sia la normale emostasi che la sua controparte
trombo piastrinico, o trombo primario, che è insta­ patologica, la trombosi intravascolare, dipendono
bile e può facilmente disgregarsi. quindi da tre componenti: l'endotelio, le piastrine
c) Attivazione della cascata della coagulazione e ed i fattori della coagulazione. Le funzioni trombo­
formazione del trombo definitivo. Il danno tiche ed antitrombotiche dell'endotelio sono state
endoteliale provoca anche l'esposizione del fat­ trattate in precedenza sono riassunte in tabella 1.
tore tessutale, che, insieme al complesso fosfoli- L'inibizione fisiologica della coagulazione intrava­
pidico 3 attivato della membrana piastrinica, scolare avviene attraverso quattro meccanismi,
promuove la cascata della coagulazione (Fig. 1), elencati in tabella 2.
che consiste in una reazione a catena di conver­ La trombosi è la formazione all'interno dell'apparato
sione da proenzimi ad enzimi e che culmina con cardiovascolare di una massa solida (trombo) derivante
l'attivazione della trombina. La trombina attivata dagli elementi del sangue circolante. La formazione del
a sua volta provoca la conversione del fibrinoge­ trombo consegue all'inappropriata attivazione dei pro­
no circolante in fibrina. Il fattore tessutale stimo­ cessi coinvolti nell'emostasi. I trombi si possono for­
la la via estrinseca della coagulazione, mentre mare ovunque nell'apparato cardiovascolare: nelle
quella intrinseca è stimolata dalla presenza del arterie, vene e capillari, sui lembi valvolari o sul­
trombo piastrinico aderente alla matrice intima­ l'endocardio che riveste le cavità cardiache.
le, oppure dall'azione del fattore XII, attivato
dalla callicreina. Entrambe le vie stimolano l'at­ Eziologia e patogenesi delle lesioni
tivazione del fattore X, che converte la protrom­
trombotiche
bina in trombina. La fibrina, che è il prodotto
finale di questa cascata di eventi, si deposita Nella patogenesi della trombosi sono implicati
sulla superficie intimale del vaso danneggiato, tre fattori, che, nell'insieme costituiscono la triade di
dove insieme alle piastrine forma un polimero Virchow:
Trombosi ^ 115

Principali funzioni antìtrombotiche Principali meccanismi inibitori della


è trombotiche dell'endotelio coagulazione intravascoiare

Àntitròmbotici ProtromboHci Diluizione dei fattori della Velocità del flusso


Prostaciclina Fattore attivante coagulazione sanguigno
le piastrine Inibizione dei fattori della Antitrombina (inibizione
Trombomodulina Fattore tissutale coagulazione della trombina e di altre
Proteoglicani, eparina Fattore di Von Willebrand proteasi, come i fattori
IXa, Xa, Xla e Xiia)
Attivatore del plasminogeno Inibitore tipo I dell'attivato­ Proteine C ed S (inattiva­
tissutale re del plasminogeno zione dei fattori V ed Vili)
Urochinasi Altri fattori della coagulazione
Fibrinolisi Attivazione del
plasminogeno in plasmino
Degradazione dei fattori Sistema monocito-macro-
della coagulazione . fagico polmonare ed
Lesione o disfunzione deirendotelio vascolare. È epatico
sicuramente il movente principale della trombosi. Il
danno endoteliale si verifica in corso di malattie
cardiovascolari, come ad esempio l'infarto del mio­ trombosi. L'alterazione della composizione del san­
cardio, l'aterosclerosi, le vasculiti, gli aneurismi o le gue può essere secondaria a malattie genetiche (defi­
tromboflebiti. Altre cause di danno vascolare inclu­ cit di antitrombina III, delle proteine C ed S, della
dono malattie sistemiche, come l'ipertensione, che fibrinolisi) od a fattori acquisiti (neoplasie, malattie
provoca un aumento dello stress parietale arterioso, autoimmuni, ecc) (3) e provoca uno stato di iper-
o le infezioni, tramite il rilascio di endotossine bat­ coagulabilità tramite un'aumento del numero e del­
teriche nocive per l'endotelio, o le reazioni immuni­ l'adesività delle piastrine, oppure del fibrinogeno o
tarie. H risultato della lesione endoteliale è l'adesio­ di alcuni fattori della coagulazione, o, infine, trami­
ne e l'attivazione delle piastrine, tramite l'esposi­ te una diminuzione della capacità fibrinolitica.
zione sulla superficie delle cellule dell'endotelio del
fattore tissutale e del fattore di attivazione piastrini- M orfologia e com posizione dei trombi
ca. L'eventuale esposizione della matrice subendo-
teliale al flusso sanguigno a seguito della perdita Composizione e architettura dei trombi sono
deirendotelio favorisce l'adesione delle piastrine al variabili, e dipendono sostanzialmente dalla veloci-
collagene intimale tramite il fattore di von Wille-
brand. Si attiva quindi la cascata della coagulazio­
ne, che porta alla formazione del trombo. Questo Principcli cause di trombosi
evento è favorito anche dalla diminuita produzione
di prostacicline (PG2) e di attivatore del plasmino- Cause locali ; '• ; v
geno (t-PA) di derivazione dall'endotelio, in qual­
che modo danneggiato. Ostruzione arteriosa
Alterazione del normale flusso sanguigno. Consi­ Placche fibroateromasiche complicate
ste nella perdita del normale flusso laminare, causa­ Trombosi
ta dal rallentamento del flusso sanguigno e dalla Embolia
formazione di turbolenze. Queste alterazioni si Spasmi
verificano per varie cause: a) modificazioni anato­ Compressione esterna
miche dell'apparato cardiovascolare, come nel caso Ostruzione venosa
degli aneurismi aortici, delle varici venose, delle Trombosi
stenosi valvolari, degli aneurismi cronici postinfar­ Varici
tuali del ventricolo sinistro o della dilatazione atria- Compressione esterna
le; b) aumento della viscosità del sangue, come nel Torsione, strozzamento erniario
caso della policitemia vera, che causa ima stasi Ostruzione capillare
ematica a livello dei piccoli vasi; c) insufficienza Trombi di fibrina
cardiaca cronica. Indipendentemente dalla causa, la Embolia lipidica
perdita del flusso laminare provoca la formazione Embolia gassosa
del trombo attraverso tre meccanismi: danno endote­ Rotture traumatiche
liale, ridotta clearance ematica dei fattori della coagula­
zione attivati ed aumento locale delle piastrine. ; Cause generali : v. -'
Modificazione dei componenti del sangue. È il fat­ i Ridotta gettata cardiaca
tore che meno frequentemente contribuisce alla
116 * Patologie da alterata perfusione dei tessuti
tà del flusso ematico che vige nel distretto in cui si
formano. Nelle arterie e nella cavità cardiaca il
flusso di sangue è rapido, con. focali rallentamenti e
turbolenze, come avviene in corrispondenza di
dilatazioni aneurismatiche o delle biforcazioni arte­
riose. La causa principale di formazione dei trombi
in queste sedi è un danno endoteliale. Nelle vene, la
causa principale di trombosi è la stasi ematica.
I trombi arteriosi si formano in conseguenza di
lesioni endoteliali, (ad esempio in corrispondenza
di placche fibroateromasiche, od in corso di vascu-
liti). Essi presentano caratteristicamente una por­
zione aderente alla parete vasale, di colorito bianco-
grigiastro e di aspetto friabile, costituita da piastri­
ne e da fibrina, in cui si depositano scarse emazie e
leucociti a causa della velocità del flusso sanguigno.
I trombi arteriosi tendono a crescere in direzione
Fig. 2 - Sezione istologica di arteria coronaria sede di trombo
retrograda rispetto al punto di formazione. La cre­ occlusivo.
scita avviene per ulteriore deposizione di fibrina,
nella cui rete rimangono intrappolate un numero
maggiore di emazie e di granulociti, per cui la zona trombi si formano come conseguenza di una dimi­
di accrescimento del trombo ha un colorito grigio­ nuita contrattilità cardiaca e di un danno endocar­
rossastro. Nelle arterie di medio calibro le trombosi dico (come ad esempio nell'infarto del miocardio).
arrivano frequentemente ad occludere il lume del Come per l'aorta, anche in questo caso si tratta di
vaso (trombosi occlusiva), con conseguente ischemia trombi murali, che possono complicarsi con embo­
degli organi a valle. lie sistemiche. La formazione di trombi può avveni­
I trombi endocavitari cardiaci ed aortici presenta­ re anche a livello delle valvole cardiache, come con­
no frequentemente un aspetto laminato (linee di seguenza di una lesione dell'endotelio valvolare in
Zahn), derivante dalla stratificazione di aree bian­ corso di endocardite infettiva. In questo caso si trat­
co-grigiastre, in cui prevale la componente piastri- ta di masse voluminose (vegetazioni trombotiche)
nica, e di aree di aspetto rossastro, ricche di fibrina (Fig. 3), estremamente friabili, che ospitano colonie
e di emazie (Fig. 2). A livello aortico, questi trombi di microorganismi e numerosi leucociti. Le vegeta­
si formano prevalentemente in corrispondenza di zioni trombotiche danno luogo frequentemente ad
aneurismi aterosclerotici. Essi non arrivano quasi emboli, sia per il continuo movimento cui sono sot­
mai ad occludere il lume aortico (trombosi murale), toposte durante l'apertura e la chiusura dei lembi
ma sono una fonte di embolie distali. Nel cuore, i valvolari che per l'effetto degli enzimi litici prodot­

Fig.3 - Sezione traversa delia parete di un aneurisma ateroscleroiico sede di un voluminoso trombo stratificato ed in parte orga­
nizzato.
Trombosi & 117

ti al loro interno dai micror ganismi e dai granulo- I trombi ialini sono molto frequenti nei capillari e
citi neutrofili dell'infiltrato infiammatorio. Altri fat­ nelle venule dei pazienti in stato di shock. Si tratta di
tori locali che predispongono alla trombosi sono le minute formazioni trombotiche, di colorito bianca­
stenosi valvolari acquisite e la presenza di protesi stro ed aspetto traslucido, formati principalmente da
valvolari meccaniche. Infine, condizioni di ipercoa- fibrina e da piastrine. Il meccanismo patogenetico
gulabilità del sangue possono provocare la forma­ alla base della loro formazione risiede nel danno del­
zione di piccoli trombi endocardici, come nel caso l'endotelio del microcircolo che si realizza nello
della cosiddetta endocardite trombotica abatterica shock. Se il paziente sopravvive, i trombi ialini vanno
0 dell'endocardite verrucosa di Libman-Sacks incontro a dissoluzione.
descritta i corso .di lupus eritematoso sistemico.
1 trom bi ven osi si formano prevalentemente in con­ Evoluzione del trombo
seguenza della stasi sanguigna, per coagulazione Una volta formato, il trombo evolve secondo
della colonna ematica all'interno del vaso. Essi modalità diverse.
occupano quindi l'intero lume venoso (trombi
occlusivi) e presentano generalmente una zona di Propagazione. Il trombo può aumentare di volume
adesione alla parete del vaso. I trombi venosi sono per progressivo accumulo di piastrine e fibrina,
fino ad occludere il lume del vaso. Questo evento
piuttosto lunghi, di forma grossolanamente cilin­
è frequente nel caso dell'ulcerazione delle placche
drica e tendono ad accrescersi nella direzione del
fibroateromasiche delle arterie di medio calibro.
flusso sanguigno, formando ima "coda" che non
aderisce alla parete vasale. Poiché la stasi favorisce Rimaneggiamento e lisi. I trombi di recente forma­
l'intrappolamento di un gran numero di emazie zione possono essere rimossi, con ricanalizzazione
nelle maglie di fibrina, i trombi venosi hanno un del vaso. La lisi avviene, verosimilmente, sia per
colorito prevalentemente rosso cupo, con variega­ l'attivazione del sistema fibrinolitico che degli enzi­
ture grigiastre corrispondenti ad aggregati di fibri­ mi lisosomiali dei granulociti neutrofili e delle pia­
na e piastrine. Le trombosi venose, o flebo trom bosi, strine che si trovano all'interno del trombo. La lisi
colpiscono principalmente le vene degli arti inferio­ del trombo viene effettuata anche farmacologica­
ri, ma anche i plessi periprostatici e periuterini. mente, tramite l'infusione di attivatori del plasmi­
Sono spesso asintomatiche, ma tendono a compli­ nogeno, ad esempio per limitare l'estensione del­
carsi con eventi embolici, favoriti dalla scarsa ade­ l'infarto del miocardio che consegue all'occlusione
sività della coda del trombo alla parete venosa. La coronarica trombotica. Poiché la fibrinolisi è effica­
complicanza più temibile delle flebotrombosi è la ce solo nei confronti dei trombi molto recenti, per
tromboembolia polmonare. La stasi venosa, negli arti ottenere risultati ottimali questo intervento va effet­
inferiori, è favorita a livello locale dall'insufficienza tuato entro un brevissimo tempo (entro due ore)
venosa profonda e dalla mancanza dell'azione pro­ dall'instaurarsi dei sintomi dell'infarto miocardico.
pulsiva esercitata sul flusso sanguigno dalla com­ Organizzazione. Se nella storia naturale non inter­
pressione ritmica delle pareti venose da parte dei viene precocemente la lisi, il trombo si organizza,
muscoli scheletrici. Quest'ultima condizione si rea­ con eventuale ricanalizzazione. L'organizazzione del
lizza, ad esempio, in caso di immobilizzazione for­ trombo consiste nell'invasione di quest'ultimo da
zata, in seguito a fratture o ad interventi chirurgici parte di fibroblasti e di vasi capillari, di probabile
complessi. Trombosi dei plessi ovarici o periuterini derivazione dai vasa vasorum awentiziali. Il trom­
possono essere causate da interventi ostetricogine­ bo assume così i caratteri di un tessuto di granula­
cologici. A livello generale, la stasi venosa è favori­ zione, che si trasforma quindi in tessuto fibroso
ta dalla diminuzione del ritorno venoso al cuore, denso, ricoperto dall'endotelio vasale. La ricanaliz­
come avviene nell'insufficienza ventricolare destra, zazione del trombo organizzato consiste nella persi­
o dalla riduzione della gettata cardiaca. Le trombo­ stenza e nella confluenza dei vasi capillari, che per­
si sono frequenti anche in seguito ad infiammazio­ correndo l'intera lunghezza del trombo possono
ne della parete venosa (tromboflebiti). In questo caso ristabilire una parziale comunicazione tra i segmen­
si manifesta una sintomatologia dolorosa. Infine, ti vasali a monte ed a valle dell'occlusione.
trombosi venose profonde si osservano all'autopsia
in circa il 50% dei pazienti con neoplasie maligne Embolizzazione. L'intero trombo o frammenti di
(4). All'esame autoptico i trombi venosi non vanno esso possono staccarsi dalla sede di formazione ed
confusi con i coaguli p ostm o rtali: questi ultimi essere trasportati dalla corrente sanguigna fino a fer­
sono di aspetto gelatinoso, di consistenza elastica e marsi in un vaso di calibro minore alle loro dimen­
presentano una porzione di colorito rosso cupo, sioni. Questo evento è favorito dai fenomeni di
rimaneggiamento del trombo stesso. La tromboem­
corrispondente alle emazie precipitate per gravità,
bolia verrà trattata in maniera più approfondita
ed una giallastra, formata dal plasma coagulato.
nella sezione seguente.
Infine, i coaguli postmortali non aderiscono in nes­
sun punto alla parete vasale, e vengono quindi Infezione. Durante la sua evoluzione, il trombo può
asportati con grande facilità. essere colonizzato da microrganismi. Questo evento
118 & Patologie da alterata perfusione dei tessuti

Fig. 4 - Endocardite infettiva. Valvola mitrale sede di vegetazioni trombotiche.

si realizza, ad esempio, nel caso dei piccoli trombi sta in un vaso di calibro inferiore alle sue dimensio­
che si formano sull'endocardio valvolare in seguito ni, provocandone l'occlusione. La conseguenza
ad alterazioni della coagulabilità ematica e che pos­ potenziale di questo evento è la necrosi ischemica del
sono successivamente infettarsi per batteriemie territorio a valle del vaso occluso. A seconda della
transitorie, dando luogo ad endocarditi infettive. loro composizione, gli emboli sono classificati in:
trom boem boli, che sono di gran lunga i più fre­
Coagulazione intravascolare disseminata quenti e sono costituiti da materiale trombotico;
emboli neoplastici, formati da cellule tumorali, che
La coagulazione intravascolare disseminata costituiscono la base per le metastasi ematiche;
(CID) consiste nella formazione di piccoli trombi em boli settici, costituiti da microrganismi; em boli
multipli e diffusi all'interno di vasi del microcirco­ colesterolici, generalmente multipli e di piccole
lo, che provoca un consumo di piastrine e fattori dimensioni, costituiti da frammenti dì ateroma
della coagulazione: consegue coagulopatia da consu­ derivante dall'ulcerazione delle placche ateroscle-
mo ed attivazione intravascolare dei meccanismi rotiche; em boli g assosi, em boli lipidici, em boli di
fibrinolitici, e quindi diatesi emorragica. Questa m id ollo em op oietico, secondari a fratture ossee, ed
grave sindrome può essere scatenata da numerose em boli di liquido am n iotico. Le embolie vengono
patologie, come ad esempio le sepsi o le neoplasie suddivise in venose e sistemiche in base alla sede di
maligne, può complicare il decorso postoperatorio di provenienza dell'embolo, qualunque sia la sua
interventi chirurgici o conseguire a trasfusioni di san­ composizione. Nel primo caso, l'embolo origina dal
gue incompatibile, al parto. I meccanismi che scatena­ circolo venoso o dal cuore destro e raggiunge i pol­
no la CID sono da ricondurre essenzialmente ad un moni tramite le arterie polmonari, mentre nel
danno diffuso endoteliale e/o alla presenza in circolo di secondo si forma nel circolo arterioso o nel cuore
fattori che favoriscono la coagulazione (endotossine sinistro e si arresta nelle arterie del circolo periferi­
batteriche, microvescicole di membrana rilasciate co, come le arterie renali, cerebrali o l'arteria spleni-
da tumori solidi). La sintomatologia clinica è poli­ ca. Occasionalmente, gli emboli che si formano nel
morfa, con sintomi ora prevalentemente emorragi­ circolo venoso raggiungono direttamente il cuore
ci, ora trombotici. Questa condizione verrà trattata sinistro ed il circolo sistemico. La condizione predi­
estesamente nel capitolo 3.4. sponente a questo evento, che è definito come embo­
lia paradossa, è la presenza di un difetto interatriale
o interventricolare, o anche di una pervietà funzio­
| Embolia nale della fossa ovale. Perché l'embolia paradossa si
L'embolo è una massa di materiale non disciolto realizzi occorre un aumento temporaneo della pres­
che viene trasportato dal flusso ematico in una sede sione nelle sezioni destre del cuore, con conseguen­
distante dal suo punto di origine, finché non si arre­ te shunt ematico verso il ventricolo sinistro.
Embolia - 119

Tromboembolia polmonare bolia polmonare verrà fornita nel capitolo 8.5 alla
voce "Embolia polmonare".
La tromboembolia polmonare consegue alla
migrazione di materiale trombotico dalle vene
sistemiche al circolo polmonare. La maggior parte
Tromboembolia sistemica
degli emboli proviene dalle vene profonde degli Gli emboli che partono dal cuore si possono for­
arti inferiori; la trombosi in questa sede viene favo­ mare all'interno dell'atrio sinistro, in pazienti con
rita dalla presenza di varici venose, dall'immobiliz­ fibrillazione striale o stenosi mitralica, oppure sulle
zazione in seguito a fratture o ad interventi chirur­ valvole mitrale ed aortica (ad es. in corso di endo­
gici, o dallo scompenso congestizio cronico: tutte cardite infettiva) od infine sulla superficie endocar­
queste condizioni hanno in comune un rallenta­ dica del ventricolo sinistro (a seguito di un infarto,
mento del flusso sanguigno all'interno del lume o nella cardiomiopatia dilatativa). Più raramente gli
venoso, che favorisce la trombosi. Altri fattori pre­ emboli provengono dalle arterie, in particolare dal­
disponenti alle trombosi venose sono le flebiti, le l'aorta, e sono conseguenza delle trombosi che com­
alterazioni della coagulazione su base genetica plicano l'ulcerazione delle placche fibroateromasi-
(mutazioni del fattore V di Leiden e della protrom­ che. Le manifestazioni cliniche sono legate alla sede
bina), e l'associazione dell'abitudine al fumo si in cui si realizza l'ischemia secondaria all'ostruzio­
sigaretta con l'uso dì contraccettivi orali. Meno fre­ ne embolica. Le arterie più colpite sono quelle che
quentemente la tromboembolia può originare dalle irrorano gli arti inferiori, l'encefalo, i reni, la milza
vene pelviche: questa evenienza si realizza special- e l'intestino. A volte, come nel caso delle tromboem­
mente in soggetti di sesso femminile, in seguito ad bolie secondarie ad endocarditi infettive, il materia­
interventi ginecologici o come complicanza del le trombotico embolizzato contiene microorganismi
parto. Infine, le tromboembolie possono originare patogeni, e di conseguenza nel territorio a valle del­
anche dal cuore destro, ad esempio come conse­ l'ostruzione embolica si può verificare la formazio­
guenza di un'endocardite infettiva dalla valvola ne di un ascesso.
tricuspide. Questo evento è piuttosto frequente nei
tossicodipendenti, e consegue airiniezione diretta
di microrganismi patogeni nel circolo venoso insie­
Embolia gassosa
me alle sostanze stupefacenti, favorita dal mancato Gli emboli gassosi conseguono all'ingresso di
rispetto delle norme per la sterilità. In questo caso, aria atmosferica nelle vene sistemiche (embolia da
si possono formare anche ascessi polmonari. aria) o al brusco passaggio alla fase aerea dell'azoto
L'embolia polmonare secondaria a trombosi disciolto nel sangue, che caratterizza la sindrome di
venose degli arti inferiori è un evento frequente e decompressione o malattia dei cassoni (6). L'embolia
potenzialmente letale. Studi condotti in Francia da aria insorge per lesioni di vasi venosi in corso di
hanno dimostrato, ad esempio, un'incidenza interventi chirurgici, di manovre ostetriche o come
annuale di 1.83 per 1000 nella popolazione adulta conseguenza di traumi. Piccole quantità d'aria non
generale (5). Questo evento ha un'incidenza circa causano sintomi clinici, perché le bolle che si forma­
venti volte superiore nei pazienti ospedalizzati, con no vanno ad occludere le diramazioni arteriolari
una percentuale di mortalità superiore al 10%. Le terminali del polmone, ed in ogni caso vengono
conseguenze cliniche della tromboembolia polmo­ rapidamente riassorbite. Quantità di aria superiori
nare dipendono principalmente dalle dimensioni a 100-150 cc, che raggiungono il ventricolo destro,
dell'embolo stesso: la manifestazione clinica più possono causare la formazione di schiuma-compri­
grave è la m orte im provvisa per insufficienza ven­ mibile che arresta, o quasi il passaggio del sangue
tricolare destra (cuore polmonare acuto), dovuta nell'arteria polmonare, causando anche l'instaurar­
all'occlusione embolica della biforcazione dell'arte­ si del cuore polmonare acuto.
ria polmonare; emboli di dimensioni minori occlu­ La sindrome da decompressione si può realizzare in
dono i rami di medio calibro delle arterie polmona­ soggetti sottoposti a rapide variazioni della pressio­
ri, con due possibili conseguenze: Vinfarto p o lm o ­ ne atmosferica, come i sommozzatori, i subacquei o
nare (10-15% dei casi di embolia) o l'em orragia gli individui a bordo di velivoli non pressurizzati. Il
alveolare. Perché si verifichi l'infarto polmonare volume di gas disciolti nel sangue è direttamente
deve coesistere una condizione di insufficienza proporzionale alla pressione atmosferica. In occa­
ventricolare sinistra cronica, tale da compromettere sione di una brusca diminuzione di quest'ultima,
il circolo anastomotico delle arterie bronchiali. Infi­ come avviene quando un subacqueo, o un pilota di
ne i piccoli emboli che occludono le diramazioni aereo non pressurizzato salgono troppo rapida­
terminali delle arteriole polmonari sono clinica- mente, l'aria in soluzione nel sangue viene liberata
mente silenti. Con il tempo, piccole embolie polmo­ e forma schiuma nelle cavità cardiache nei vasi e
nari multiple possono causare una condizione di nei tessuti. Mentre l'ossigeno e l'anidride carbonica
ipertensione polmonare, dovuta all'obliterazione vengono riassorbiti rapidamente, l'azoto permane
fibrosa del lume arteriolare, con conseguente ridu­ più a lungo sotto forma di bollicine che, confluen­
zione del letto vascolare. Una trattazione approfon­ do, possono occludere i vasi. La sintomatologia
dita degli aspetti clinico-patologici della tromboem­ dipende dal distretto vascolare colpito: le manife­
120 i Patologie da alterata perfusione dei tessuti
stazioni cliniche più comuni comprendono disp­ mente si assiste all'instaurarsi di una sindrome da
nea, dolori ossei e muscolari, confusione mentale. coagulazione intravascolare disseminata (CID), sca­
L'ostruzione dei vasi spinali può provocare la para­ tenata dai fattori protrombotici contenuti nel liqui­
plegia. La persistenza degli emboli gassosi nel siste­ do amniotico. L'esame istologico evidenzia la pre­
ma scheletrico può provocare focolai di necrosi senza di squame cornee e di altri elementi corpu­
ischemica, in particolar modo nel femore, nella tibia scolari del liquido amniotico a livello del microcir­
e nella testa dell'omero, che si manifestano con una colo polmonare.
sintomatologia dolorosa osteoarticolare e caratte­
rizzano la forma cronica della sindrome da decom­
pressione, o malattia dei cassoni.
L'infarto è una necrosi circoscritta conseguente alla
Embolia lipidica grave discrepanza tra le necessità metaboliche di un
In seguito a fratture ossee, globuli di grasso pro­ organo e l'apporto ematico di ossigeno e nutrienti. La
venienti dal midollo osseo possono penetrare nel causa principale di infarto è l'ischemia. Con il termi­
circolo venoso attraverso lacerazioni dei sinusoidi e ne di ischemia si definisce una condizione di insuf­
delle venule midollari. Questo fenomeno sembre­ ficiente apporto di sangue ad un tessuto, che può
rebbe favorito dall'aumento della pressione inter­ conseguire ad ima riduzione importante o alla ces­
stiziale rispetto a quella capillare secondario al sazione dell'apporto di sangue arterioso, ma anche
trauma. L'embolia lipidica si verifica frequente­ ad un rallentamento del deflusso venoso. L'ische­
mente in seguito a fratture del collo del femore, o mia causa un danno cellulare attraverso tre princi­
delle costole in seguito ad un massaggio cardiaco pali meccanismi: deficit di ossigeno, insufficiente
prolungato, m a è generalmente asintomatica. Nel apporto di sostanze nutritive ed accumulo locale di cata­
caso di traumi ossei multipli si può realizzare la sin­ boliti. L'entità del danno dipende dal grado e dalla
drome da embolizzazione lipidica multipla, che è durata dell'ischemia
data dall'associazione dei sintomi dell'embolia lipi­
dica polmonare, come dispnea grave, tosse, tachip- Fattori implicati nello sviluppo dell7infarto
nea, con quelli dell'embolia lipidica sistemica (altera­ da occlusione arteriosa
zioni neurologiche, rash petecchiale cutaneo) dovu­
ta al superamento del filtro capillare polmonare (7). I fattori che condizionano la gravità del danno
Questa condizione nel 10% dei casi porta al coma e ischemico da occlusione arteriosa sono: a) la rapidi­
poi alla morte. All'esame autoptico si notano nume­ tà di insorgenza dell1’ostruzione} b) l'anatomia del circo­
rose piccole emorragie (petecchie) nella sostanza lo arterioso collaterale; c) la vulnerabilità dell'organo
bianca cerebrale; sono invariabilmente presenti all'ischemia; d) il livello di ossigenazione del sangue
emboli lipidici nelle arteriole e nei capillari polmo­ arterioso
nari, nei glomeruli renali e nei capillari cutanei. Il Rapidità di insorgenza deirostruzione. Se l'occlu­
meccanismo dell'embolia lipidica non è compieta- sione arteriosa si instaura istantaneamente (per
mente chiaro. Indubbiamente l'ostruzione meccàni­ embolie) oppure rapidamente, come ad esempio
ca dei vasi gioca un ruolo fondamentale; molto nel caso di un'embolia sistemica, si instaura quasi
spesso l'entità delle fratture non è tale da giustifica­ inevitabilmente un infarto esteso all'intero territo­
re la gravità della sintomatologia: ad aggravare il rio irrorato dal vaso occluso. Nel caso di stenosi
danno concorre una disfunzione diffusa dell'endo­ arteriose ingravescenti, come per esempio nell'ate­
telio vascolare con conseguente aumento dell'ag­ rosclerosi dell'albero coronarico, la diminuzione
gregazione piastrinica, causata dagli acidi grassi della pressione di perfusione nel tratto di arteria a
rilasciati in circolo dai globuli lipidici. valle della stenosi provoca la dilatazione delle ana­
stomosi preesistenti con gli altri rami coronarici e la
Embolìa amniotica formazione di circoli collaterali che in questo caso
vicaria almeno parzialmente il deficit dipendente
L'embolia amniotica è una complicanza estre­
dalla coronaria stenotica; nel caso di occlusione
mamente rara ma potenzialmente fatale del trava­
improvvisa del ramo collaterale stenotico, per ulce­
glio del parto. Il passaggio del liquido amniotico
razione e trombosi di una placca, si verificherà
nel circolo venoso materno avviene per la lacerazio­
comunque un infarto, ma l'estensione della necrosi
ne delle vene uterine e cervicali. II liquido amnioti­
ischemica sarà relativamente limitata.
co contiene cellule squamose fetali sfaldate, vernice
caseosa, meconio, lanugine fetale e mucina di deri­ Anatomia del circolo arterioso collaterale. È un
vazione intestinale e polmonare, oltre a sostanze ad fattore che influenza profondamente la gravità del
azione protrombotica, come la tromboplastina tes­ danno ischemico. L'assenza o la scarsità di circoli ana-
sutale, e vasoattiva. L'embolia amniotica si manife­ stomotici comporta inevitabilmente insorgenza del­
sta clinicamente con l'improvvisa comparsa di cia­ l'infarto quando l'ostruzione riguardi un vaso arte­
nosi e dispnea, seguiti dalla rapida progressione rioso. Alcuni vasi, come le arterie interlobulari del
verso lo shock ipotensivo ed il coma. Frequente­ rene, le coronarie e le arterie spleniche sono forniti
Infarto ^ ] 21

di uno scarso circolo collaterale e sviluppano inva­ ria all'ostacolato deflusso venoso da organi con vasco­
riabilmente un infarto a seguito dell'occlusione larizzazione di tipo terminale, come nel caso della
arteriosa, specie se improvvisa. Il fegato ed il pol­ torsione del testicolo; b) in organi provvisti di una
mone, d'altro canto, sono provvisti di una doppia doppia circolazione, arteriosa e venosa, come il pol­
circolazione sanguigna, di tipo arterioso e venoso. La cir­ mone. Ricordiamo come l'infarto polmonare si veri­
colazione arteriosa polmonare è di tipo venoso, a fichi in seguito all'ostruzione di un ramo dell'arte­
carattere prevalentemente funzionale. L'occlusione ria polmonare, quando il circolo collaterale bron­
di un ramo distale dell'arteria polmonare non pro­ chiale non garantisca un'irrorazione sufficiente ad
voca quindi l'insorgenza di infarto, a meno che non evitare la necrosi. In questo caso, il sangue che pro­
sia compromesso il circolo vicariante bronchiale, viene dalle arterie bronchiali fuoriesce attraverso le
come avviene ad esempio nei pazienti con insuffi­ pareti dei capillari necrotici e si accumula nell'inter­
cienza ventricolare sinistra cronica. In maniera-ana­ stizio e negli alveoli. Questo fenomeno è favorito
loga, la vascolarizzazione del fegato dipende dal­ dalla struttura spugnosa del parenchima polmona­
l'arteria epatica e dalla vena porta. Nel caso di re, ed infatti non si verifica in caso di consolidamen­
trombosi di un ramo della vena porta, il parenchi­ to polmonare; c) nei tessuti intensamente congesti a
ma epatico viene irrorato dal circolo arterioso, per causa di un aumento della pressione venosa. Anche
cui non si realizza la necrosi ischemica. Se l'occlu­ gli infarti ischemici possono occasionalmente assu­
sione della vena porta si associa ad una diminuzio­ mere un carattere francamente emorragico. Questo
ne della vis a tergo del sangue circolante per contem­ fenomeno è conseguenza della riperfusione dell'area
poranea riduzione della pressione nell'arteria epati­ ischemica, di tipo spontaneo o, attualmente e in
ca, si realizza solo un'intensa congestione sinusoi­ maniera più frequente, iatrogeno, come avviene
dale con atrofia da compressione delle trabecole nella trombolisi coronarica postinfartuale. In questo
epatiche, in assenza di necrosi ischemica. caso il sangue che affluisce nell'area necrotica si
riversa neirinterstizio attraverso le pareti dei capil­
Vulnerabilità dell'organo all'ischemia. La sensibi­ lari irreversibilmente danneggiati.
lità alla carenza di ossigeno che si verifica in corso
di ischemia varia nei diversi organi e tessuti, in Morfologia dell'infarto. I caratteri specifici della
dipendenza dalla capacità di utilizzare la glicolisi necrosi ischemica nei vari organi verranno trattati
anaerobia, dalle necessità metaboliche e dall'uso nei relativi Capitoli. In linea generale, gli infarti
preferenziale di subitati energetici, come il glucosio presentano quasi sempre una forma grossolana­
o gli acidi grassi. Ad esempio, mentre il muscolo mente piramidale, con l'apice rivolto verso il vaso
scheletrico a riposo può essere sottoposto a periodi ostruito e margini irregolari, per l'effetto dell'irro­
di ischemia prolungata senza che si verifichi un razione marginale da parte dei circoli anastomotici.
danno cellulare irreversibile, la necrosi dei neuroni La necrosi ischemica negli organi solidi appare
dell'encefalo si realizza entro pochi minuti dall'in- inizialmente in forma di un'area pallida, a margini
staurarsi deH'ischemia. maldefiniti, che si evidenzia ad occhio nudo circa
24 ore dopo l'instaurarsi dell'ischemia. All'esame
Livello di ossigenazione del sangue arterioso. La istologico si evidenzia la necrosi coagulativa cellulare,
presenza di una bassa tensione di ossìgeno nel san­ caratterizzata dalla scomparsa del nucleo e da una
gue, come avviene ad esempio in caso di malattie marcata eosinofilia del citoplasma (Fig. 5). Nei 2-4
polmonari o di insufficienza cardiaca cronica, può giorni successivi, l'infarto assume colorito gialla­
contribuire all'instaurarsi di un infarto anche in
presenza di un'ostruzione arteriosa parziale, spe­
cialmente in caso di un aumento delle necessità
metaboliche dell'organo (ad esempio nel cuore
ipertrofico).

Tipologia dell'infarto. Gli infarti possono essere


suddivisi in infarti bianchi (od anemici) ed infarti
rossi (od emorragici). Gli infarti bianchi si verifica­
no generalmente nei parenchimi compatti, in segui­
to all'occlusione di un vaso arterioso terminale o
dotato di uno scarso circolo collaterale. In questo
caso la compattezza del tessuto consente la fuoriu­
scita di una quantità ridotta di emazie dai capillari
danneggiati, che vanno incontro in breve tempo a
lisi. Gli infarti emorragici contengono un'abbon­
dante quantità di emazie extravasate, che imparti­
scono al tessuto necrotico un colorito rosso cupo. Fig. 5 - Infarto ¡schemico renale. Necrosi coagulativa cellula­
Gli infarti a carattere emorragico si verificano in re, con marcata eosinofilia del citoplasma e scomparsa dei
diverse condizioni: a) quando la necrosi è seconda­ nuclei cellulari.
122 ss Patologie da alterata perfusione dei tessuti

stro omogeneo ed un aspetto opaco ed asciutto. I nuzione dell'apporto di ossigeno e nutrienti che, se
margini della lesione si evidenziano nettamente, e prolungata, può portare alla morte cellulare.
sono marcati da un sottile orletto iperemico-emor- Il mantenimento di una adeguata pressione di
ragico (Fig. 6). In questa fase avviene l'infil trazone perfusione arteriosa degli organi vitali dipende
dell'area di necrosi da parte dei granulociti neutro- dalla gittata cardiaca, che è il prodotto della frequen­
fili, con conseguente liberazione di enzimi proteoli- za cardiaca per il volume sistolico, dalla volemia e
tici e colliquazione della necrosi. Questo fenomeno si dalle resistenze vascolari periferiche. La diminuzione
completa entro 7-10 giorni. In fase di colliquazione della perfusione periferica può verificarsi quindi in
la zona infartuata diminuisce di consistenza. Dalla seguito a tre meccanismi:
decima giornata in poi l'area di necrosi viene sosti­
• Riduzione della gittata cardiaca
tuita da un tessuto di granulazione, di aspetto gri-
9 Riduzione del volume di sangue circolante
gio-roseo; istologicamente le cellule necrotiche sono
state rimosse, l'infiltrato interstiziale è polimorfo e ® Riduzione del tono vascolare
si caratterizza per la prevalenza dei macrofagi, e si Le patologie che possono causare una drastica
osserva ima proliferazione di fibroblasti e di vasi riduzione dell'apporto di sangue agli organi, sono
capillari. Il processo di guarigione cicatriziale si com­ molteplici, tanto che lo shock può essere classifica­
pleta in circa sei settimane con la formazione di una to in base all'eziologia in cardiogeno, ipovolemico,
cicatrice fibrosa, a margini netti, di aspetto bianco­ anafilattico, settico, neurogeno, endocrino ed
perlaceo. Un'eccezione a questa modalità di evolu­ ostruttivo. Tuttavia lo shock è un fenomeno molto
zione è rappresentata dagli infarti del sistema ner­ complesso, in cui spesso i diversi fattori eziologici
voso centrale, dove si realizza una liquefazione del si sovrappongono: ad esempio lo shock cardiogeno
tessuto cerebrale (rammollimento), che lascia il posto può complicarsi con una necrosi intestinale a cui
ad una cavità (pseudocisti post-malacica). consegue una sepsi, mentre lo shock anafilattico è
La necrosi emorragica in fase iniziale ha un colo­ associato ad una ipovolemia da aumento diffuso
rito rosso cupo. Con il passare dei giorni, l'area della permeabilità vascolare, in conseguenza della
infartuata assume una sfumatura rugginosa, per liberazione massiva di mediatori chimici dell'in­
l'accumularsi del pigmento emosiderinico derivan­ fiammazione da parte dei mastociti.
te dalla lisi delle emazie. E quindi più opportuno classificare lo shock in
Se l'ischemia si realizza in seguito ad un'embo­ ipovolemico, cardiogeno, da maldistribuzione e da
lia settica, come avviene ad esempio in corso di ostruzione extracardiaca, in base al meccanismo
endocardite infettiva, l'infarto che ne deriva viene patogenetico dell'ipoperfusione tessutale. Le cause
infettato dai germi embolizzati e va incontro ad principali di questi quattro tipi di shock sono elen­
un'ascessualizzazione (infarto settico). cate in tabella 4.

| Shock Meccanismi patogeneci e stadi evolutivi


Lo shock è una condizione clinica grave, speso
dello shock
mortale, che si instaura in maniera acuta a causa di In tutti gli stati di shock, indipendentemente
un'insufficiente perfusione tessutale da parte del dalla causa, si osserva una caduta della pressione
sistema cardiocircolatorio. Ne consegue una dimi­ arteriosa, una insufficienza della perfusione perife­
Shock ^ 123

rica la presenza di alterazioni reattive vascolari, che tensione, in associazione ai sintomi propri della
coinvolgono le arteriole, le venule ed i capillari. L'e­ condizione patologica che ha causato lo shock.
voluzione dello shock può essere distinta in tre fasi: Se in questo stadio di evoluzione le condizioni
di perfusione sistemica vengono ripristinate
Fase iniziale, o compensata. Durante le fasi inizia­
li dello shock, in risposta allo stimolo barorecetto- precocemente con la terapia, lo shock è comple­
riale l'organismo attiva meccanismi neuroumorali tamente reversibile.
di compenso nel tentativo di ripristinare la norma­ Fase di progressione. La persistenza della vasoco­
le pressione arteriosa e, quindi, la perfusione degli strizione determina una grave ipossia con inibizio­
organi vitali: ne della fosforilazione ossidativa mitocondriale e
costrizione delle arteriole e degli sfinteri precapillari deplezione di ATP. La riduzione di ossigeno attiva
a livello della cute, dei muscoli scheletrici, dei la glicolisi anaerobia, con conseguente acidosi dei
reni e dei visceri splancnici. Questo fenomeno è tessuti periferici. La riduzione del PH provoca una
dovuto all'attivazione del sistema simpatico ed dilatazione delle arteriole, con conseguente rista­
all'aumento delle catecolamine circolanti, ed ha gno di sangue nel microcircolo, che compromette
l'effetto di mantenere elevata la pressione di ulteriormente l'ossigenazione cellulare e causa un
perfusione cerebrale e cardiaca. Le coronarie ed accumulo locale di cataboliti nocivi, aggravando
i vasi cerebrali sono infatti meno sensibili all'ef­ così il danno ipossico tessutale. La vasodilatazione
fetto vasocostrittore determinato da questi mec­ ed il ristagno di sangue nel microcircolo causano
canismi, e mantengono un flusso di sangue una diminuzione del ritorno venoso al cuore, com­
sostanzialmente invariato. Le catecolamine cir­ promettendo ulteriormente la gettata cardiaca. In
colanti causano inoltre un aumento della fre­ questa fase la pressione sistolica scende sotto i 90
quenza cardiaca, che contribuisce a mantenere mm Hg e si instaurano la contrazione della diuresi
la gettata cardiaca. La diminuzione della perfu­ ed uno stato confusionale.
sione renale provoca l'attivazione del sistema
renina-angiotensina-aldosterone, mentre lo sti­ Fase del danno irreversibile. Nello stadio finale
molo dei barocettori atriali risulta in un aumen­ nell'evoluzione dello shock alla vasodilatazione diffu­
to in circolo dell'ormone antidiuretico (ADH). sa del microcircolo si aggiunge un aumento della per­
Ne consegue ritenzione di liquidi, volta a man­ meabilità capillare secondario al danno endoteliale
tenere inalterata la volemia. Questa fase clinica è da ipossia ed acidosi, oltre che alla presenza di cito-
dominata da segni generali come pallore, sudo­ chine e di eventuali tossine circolanti. Di conse­
razione, ipotermia cutanea, tachicardia ed ipo- guenza si verifica uno stravaso di fluidi dal com-

BW ^^^«^CÌQSsificazione'dello:-:scliQclcf

Shock ipovolémico ^ - i - ^ V - V: Shock daostruzioneextracardiaca S ^j ;


Da perdite esterne di liquidi Ostruzione al riempimento ventricolare destro
emorragie tamponamento cardiaco
vomito, diarrea compressione cavale acuta
perdite cutanee da ustioni estese pericardite
poli uria da diabete mellito, insipido Ostruzione al riempimento ventricolare sinistro
o da diuretici embolia polmonare massiva
Da perdite interne di liquidi ipertensione polmonare grave
emorragie interne Ostruzione all'eiezione ventricolare
ostruzione intestinale aneurisma dissecante aortico
ascite mixomi
reazioni anafilattiche Shock da maldìstribuzione ’
Shock cardiogeno ^ •••• Shock settico
Deficit di pompa cardiaca da germi Gram negativi
infarto acuto del miocardio da germi Gram positivi
cardiomiopatia dilatativa, miocardite Shock tossico
Aritmie gravi Shock neurogeno
lesioni del midollo spinale
Disfunzione meccanica anestetici
insufficienza valvolare massiva Shock endocrinologico
rottura del setto interventricolare feocromocitoma
ostruzione all'efflusso del ventricolo sinistro morbo di Addison
124 Patologie da alterata perfusione dei tessuti
partimento intravascolare all/interstizio, con ulte- Morfologia
riore diminuzione della volemia. Il danno delle cel­
lule endoteliali favorisce inoltre la formazione di Nei pazienti che muoiono in conseguenza dello
trombi di fibrina nei capillari, con conseguente shock, le alterazioni fondamentali sono quelle
diminuzione dei fattori della coagulazione e diatesi secondarie alla grave ipoperfusione tessutale
emorragica, analogamente a quanto si verifica nella (necrosi ischemica) ed al danno diffuso del micro­
CID. A questo punto si ha la compromissione irre­ circolo (emorragie, trombi di fibrina intracapillari).
versibile degli organi vitali. Lesioni cardiache. Nel miocardio all'esame istolo­
Un cenno a parte merita lo shock settico, che è la gico la lesione principale è costituita dalla presenza
prima causa di morte dei pazienti ricoverati in tera­ di piccoli focolai di necrosi ischemica miocellulare in
pia intensiva e che deriva dalla diffusione sistemica sede subendocardica, che tendono a confluire causan­
di un'infezione localizzata. Nella maggior parte dei do la formazione di infarti subendocardici estesi. Se
casi lo shock settico è causato dalle endotossine pro­ il paziente muore entro poche ore dall'instaurarsi
dotte da germi Gram negativi. Le condizioni clini­ dello shock/ sono evidenti solo gli aspetti morfolo­
che che predispongono alla diffusione delle infezio­ gici più precoci della necrosi ischemica, come l'on­
ni da germi Gram negativi includono il diabete mel­ dulazione delle miocellule, la picnosi nucleare e l'i-
lito, la cirrosi epatica, le malattie linfoproliferative per-eosinofilia del citoplasma (necrosi meglio evi­
ed altre cause di immunodepressione, le ustioni denziata con indagini citodinamiche). Frequente­
estese e la presenza di cateteri venosi. L'infarto inte­ mente si osservano focolai di necrosi a bande di
stinale, sia da ipotensione sistemica che da occlusio­ contrazione delle miofibre, che consiste nella pre­
ne arteriosa trombotica, favorisce la propagazione in senza di marcate striature eosinofile nel sarcópla-
circolo delle tossine dei batteri contenuti nel lume sma, dovute ad una ipercontrazione dei sarcomeri
del viscere e può quindi complicarsi con una sepsi. con conseguente addossamento delle strie Z le une
La più potente endotossina prodotta dai germi sulle altre. Questo fenomeno viene collegato con
Gram negativi è il lipopolisaccaride (LPS). Tramite il una risposta un aumento delle catecolamine circo­
CD14, il lipopolisaccaride si lega ai monociti circo­ lanti.
lanti, ai macrofagi ed ai granulocìti neutrofili. Que­ Lesioni polmonari. Le lesioni tipiche del polmone
sta interazione provoca il rilascio di citochine come da shock sono secondarie al danno diffuso dei
il TNFot e l'interleuchina-1, che attivano le cellule capillari alveolari e sono rappresentate dall'edema
infiammatorie, stimolano l'espressione di molecole interstiziale e dall'accumulo negli alveoli di un
di adesione e la produzione di ulteriori citochine da essudato ricco di leucociti e di fibrina, che si strati-
parte delle cellule endoteliali, aumentano la per­ fica sulle pareti alveolari determinando formazione
meabilità capillare e ad un tempo attivano i fattori delle cosiddette membrane ialine del danno alveola­
della coagulazione. Quando l'infezione è circoscrit­ re diffuso - DAD - . Si osservano infine stravasi
ta, questi eventi contribuiscono al reclutamento emorragici diffusi. Questo quadro morfologico si
locale dell'infiltrato infiammatorio ed all'elimina­
osserva frequentemente nello shock settico, trau­
zione dei germi. Nel caso di sepsi, la presenza di alti matico ed anafilattico, ma può essere conseguenza
livelli di endotossine provoca un'amplificazione di una lunga serie di condizioni, come ad esempio
della cascata delle citochine ed un'attivazione diffusa l'inalazione di gas irritanti o del contenuto gastrico
dell'endotelio vascolare, con conseguente produzione o la prolungata circolazione extracorporea in corso
di ossido nitrico e di prostaglandine, ad azione vaso- di interventi cardiochirurgici. Il quadro clinico che
dilatatoria, nonché di ulteriori citochine (IL-6 ed IL-
ne deriva è la sindrome da distress respiratorio dell'a­
8) e di fattore attivante piastrinico. Gli effetti di que­
dulto (9). (Si veda capitolo: Patologie polmonari)
sta cascata di eventi si concretizzano in una vasodila­
tazione sistemica, con conseguente ipotensione, in un Lesioni del tratto gastrointestinale. Le lesioni più
aumento della permeabilità vasale, che comporta ima comuni nel tubo digerente sono rappresentate da
riduzione della volemia, in una depressione della con­ emorragie mucose o da necrosi che coinvolgono le
trattilità del miocardio, ed in un'attivazione della casca­ tonache mucosa e sottomucosa, risparmiando la
ta della coagulazione, che culmina in una CID. tonaca muscolare che è più resistente all'ischemia.
Inoltre, il TNFa e l'IL-1 sono in grado di indurre La sede più frequente di queste lesioni è rappresen­
alcune delle alterazioni tipiche della sepsi, come la tata dalla flessura colica splenica e dal colon discen­
febbre e la leucocitosi. La patogenesi dello shock dente (enterite ischemica). La superficie mucosa
settico si differenzia, da quella degli altri tipi di appare cianotica ed ulcerata. All'esame istologico la
shock, in quanto il primum movens dell'ipoperfusio- porzione superficiale dell'epitelio delle cripte appa­
ne tessutale c la vasodilatazione, il cui movente prin­ re estesamente necrotica, a tratti ricoperta da un
cipale risiede nell'aumento della produzione di essudato fibrinoso. La tonaca propria della mucosa
ossido nitrico da parte delle cellule endoteliali (8). appare infiltrata da granulociti neutrofili, e si osser­
L'incremento dell'ossido nitrico causa inoltre una vano trombosi dei vasi capillari. A livello della
diminuzione della risposta vascolare agli agenti mucosa gastrica sono spesso presenti piccole ulce­
vasopressori, come le catecolamine e l'endotelina. razioni della mucosa (ulcere da stress). Il fegato può
Bibliografia essenziale « 125

presentare necrosi ed emorragie a livello centrolo­ che può causare anche una CID. La necrosi emorra­
bulare. Nel pancreas la necrosi delle cellule acinari gica dei surreni, in corso di sepsi da meningococco,
provoca il rilascio di enzimi litici, con conseguente prende il nome di sindrome di Waterhouse-Friede-
pancreatite acuta. richsen.
Lesioni renali. I reni mostrano all'esame macrosco­
pico pallore marcato della zona corticale, associato
a congestione della zona midollare. La lesione prin­
jjj§ Bibliografia essenziale
cipale a livello istologico è rappresentata dalla 1. Schenone M., Furie B.C., Furie B.: The blood coagula­
necrosi tubulare acuta su base ischemica che è alla tion cascade. Curr Opin Hematol 2004; 11: 272-277.
base dell'anuria e degli squilibri elettrolitici che si 2. Ruggeri Z.M., Ruggeri Z.M. Platelet and von Wille-
manifestano nella fase avanzata dello shock. L'epi­ brand factor interactions at the vessel wall. Hamosta-
telio tubulare dei tubuli contorti distali mostra des­ seologie 2004; 24:1-11.
quamazione cellulare e focolai di necrosi coagulati­ 3. Kearon C.: Epidemiology of venous thromboembo­
va. Occasionalmente si osserva l'interruzione o la lism. Semin Vase Med 2001; 1: 7-26.
scomparsa della membrana basale. Si osserva infine
4. Sutherland D.E., Weits I., Liebman H. A.: Thromboembo­
presenza di materiale proteinaceo, di aspetto ialino
lic complications of cancer: epidemiology, pathogenesis,
nel lume dei tubuli (cilindri ialini).
diagnosis, and treatment Am J Hematol 2003,72:43-52.
Lesioni delle ghiandole surrenali. La zona cortica­ 5. Goldhaber S.Z.: Pulmonary embolism. Lancet 2004;
le dei surreni mostra deplezione dei lipidi della 363:1295-305.
zona fascicolata con iperplasia quando l'esordio
6. Muth C.M., Shank E.S.: Gas embolism. New Engl J
dello shock risalga ad alcuni giorni. Questo aspetto Med 2000; 342: 476-482.
non è da considerarsi come l'espressione morfolo­
gica di un danno cellulare, ma piuttosto dell'attiva­ 7. Parisi D.M., Koval K., Egol K.: Fat embolism sindro­
zione delle cellule della corticale, che utilizzano i me. Am J Orthop 2002: 31: 507-512.
lipidi contenuti nei vacuoli citoplasmatici per la 8. Landry D.W., Oliver J.: The pathogenesis of vasodila-
sintesi degli ormoni. Una grave lesione del surrene tory shock. N Engl J Med 2001, 345: 588-595.
è invece l'emorragia apoplettica delfiniera ghiandola, 9. Chen H.I., Kao S.J., Wang D., Lee R.P., Su C.F.: Acute
reperto caratteristico delle sepsi fulminanti, in par­ respiratory di stress sindrome. J Biomed Sci 2003; 10:
ticolare delle sepsi meningococcica, conseguenza 588-592.
Patologia
1.9 iatrogenica
C. Rubini, L. Mariuzzi

| introduzione e generalità 0 insomma da eventi non sempre prevedibili


ma in ogni modo legati a modalità metaboli­
L'efficacia della medicina attuale dipende anche che, anche peculiari, in singoli soggetti (intol­
dai progressi notevoli della farmacologia e quindi leranza o risposte anormali rispetto a quelle
della terapia. Sono aumentate infatti la latitudine attese), effetti che possono essere evocati
deirapplicazione dei farmaci, le loro indicazioni in anche da dosaggi minimi, ad es. per allergia;
terapia e soprattutto il numero dei prodotti/ indu­
b) quanto i danni generati dalle molecole costitutive
striali e non, disponibili. Sono aumentate anche le
dei vari farmaci che, in qualche modo e per mecca­
ragioni dell'impiego insieme con una consuetudi­
nismi non sovrapponibili, ma soprattutto immuni­
ne, in espansione, all'autoprescrizione tanto dei
tari, causino eventi, anche esiziali, con meccanismi
prodotti da banco che di prodotti fitoterapici, con
patogenetici che differiscono per le singole mole­
preparati spesso non controllati.
cole e che sono in linea generale imprevedibili,
Infatti agli effetti utili ed attesi, in ogni terapia
instaurata, possono associarsi manifestazioni inat­ almeno sulla scorta delle attuali conoscenze.
tese e dannose, il cui quadro clinico può variare per Ha rilievo clinico importante il fatto che la
gravità fino all'esito letale. Inoltre può risultare sovrapposizione di una Sindrome Iatrogenica
anche molto complesso e di interpretazione non imprevedibile può alterare il quadro clinico, della
facile, per sintomi che possono sovrapporsi a quelli malattia di base in trattamento, in grado tale da
della malattia curata. indurre talora il curante in errori interpretativi con
Così l'incidenza del riscontro di patologie da far­ diagnosi errate, fondate sui nuovi sintomi inattesi
maci (Patologie Iatro-Geniche PIG) è oggi tutt'altro della SIG, e con conseguenze negative, sull'evolu­
che infrequente, perché sono ben 2 su 10 i pazienti zione della malattia di base, dipendenti anche da
che soffrono per reazioni avverse ai farmaci, avendo eventuali nuovi programmi terapeutici non con­
il 5% rilievo clinico significativo ed il 3% invece gruenti con la malattia di base.
grave; essendo la mortalità dell'ordine dello 0,5% Accade anche che la SIG sia generata dall'assun­
circa. Ad es. un'indagine condotta al proposito ha zione di farmaci, intrapresa dal paziente, che segua
fatto cogliere che nel 1994 in USA sono stati ospeda­ regimi terapeutici paralleli per autoprescrizione di
lizzati, per reazioni avverse gravi, circa 2 milioni di prodotti fitoterapici o da banco di cui il medico
pazienti con esito fatale per 160.000 soggetti. È quin­ curante non è a conoscenza. Ma anche quando ven­
di . patologia importante nella pratica, per lo più, gano impiegati farmaci di recente introdotti in com­
attualmente ineliminabile e non prevedibile, che mercio: per questo caso è da tenere presente il fatto
può comunque essere contenuta quando vengano che, per le ricerche richieste per l'introduzione di
seguite con cura le direttive della medicina ufficiale. nuovi farmaci nella farmacopea, vengono condotte
Il termine di reazioni avverse ai farmaci com­ prove su un numero limitato di soggetti che sono in
prende: genere esenti da patologie, quindi in condizioni che
a) tanto le manifestazioni, locali o generalizzate, da difficilmente possono far cogliere eventuali azioni
tossicità o da sovradosaggio di un farmaco, atti­ inattese o avverse.
nenti alle proprietà del farmaco stesso e quindi Si tratta in sostanza di patologia anche insidiosa
prevedibili. Escludendo i quadri di patologie non solo per le sue molteplici modalità di insorgen­
causate da iperdosaggio dei farmaci, (assunti za, ma anche per la concorrenza di momenti causa­
per esigenze cliniche programmate, oppure per li diversi ed anche plurimi.
errori, in eccesso, commessi spesso dai pazienti), SIG che, sia pure come circostanze eccezionali,
le reazioni avverse possono dipendere da tossi­ talora non sono affatto avverse ma solo inattese ed
cità nota dei farmaci: invece utili ed efficaci soprattutto per il trattamento
• da loro effetti collaterali; di processi morbosi diversi da quello per il quale il
@ da sinergismi con altre sostanze incluse nel farmaco era stato prescritto.
programma terapeutico; Sono esempi significativi la crescita di capelli,
128 Patologia iatrogenica
del tutto inattesa, colta in casi di soggetti trattati, resta la identificazione del farmaco che sostiene la
per ipertensione grave, con minoxidil; farmaco ora reazione avversa; con tutte le difficoltà connesse con
impiegato per trattare la calvizie. Altro esempio la sospensione o del farmaco o dei farmaci che pos­
pradigmatico è relativo al sildenafil, farmaco sono avere grande rilievo nel programma terapeuti­
antianginoso, risultato efficace per il trattamento co. Si pone anche il problema del riconoscimento del
delle disfunzioni dell'erezione (Reoden, 2005). meccanismo patogenetico attivato nel caso in esame,
A proposito dei casi connessi con iniziative di meccanismo che talora induce modificazioni del-
autoterapia, l'ipotesi dell'interferenza di una rea­ l'antigenicità che sono geneticamente determinate.
zione avversa a farmaci assunti dal paziente per Sono state infatti identificate alterazioni di geni che
sua iniziativa deve sempre essere considerata, per­ codificano per enzimi e per recettori attivi nel meta­
ché è evenienza tutt'altro che rara, potendo rag­ bolismo delle molecole di farmaci, modificazioni che
giungere in qualche casistica anche il 50% dei casi. incidono tanto nella sensibilità individuale al farma­
La maggior parte delle SIG imprevedibili è cau­ co ma anche nella genesi delle reazioni avverse.
sata da eventi immunologia e di ipersensibilità
rispetto a funzioni antigeniche, non attese, delle
molecole proprie del farmaco impiegato; oppure,
■ Genetica delle reazioni avverse
nel caso di terapie combinate evocati da uno solo ai farmaci
dei farmaci della terapia stabilita. La biotrasformazione costituisce probabilmente
Siccome la maggior parte dei farmaci sono pic­ la maggior fonte di variabilità nella risposta farma­
cole molecole di basso peso molecolare, la loro cologia e/o terapeutica. La trasformazione del far­
immunogenicità è, di norma, irrilevante. Ma può maco da liposolubile a idrosolubile richiede l'azio­
essere, ed è, conferita da legami, in qualche modo ne di enzimi specializzati, che catalizzano prevalen­
evocati, soprattutto nei casi di terapie con diversi, temente le reazioni di coniugazione. La quantità di
se non con molti farmaci, da legami indotti o favo­ enzimi localizzati negli epatociti viene regolata da
riti con proteine, acidi nucleici, e carboidrati. alcuni geni specifici. Da ciò consegue che la capaci­
Le manifestazioni morbose immuni derivano tà metabolica di ciascun soggetto dipende dal suo
(Tab. 1) tanto dall'attivazione di risposte immunita­ genoma e da una serie di caratteristiche, ambienta­
rie umorali che di quelle cellulari, quest'ultime in li o individuali, che potrebbero influenzare la rego­
gran parte dipendenti dall'attivazione di linfociti T lazione dell'espressione genica e per ciò la quantità
helper. Ma sono causate anche da liberazione di cito- di enzimi e/o la loro attività. Il termine di farmaco­
chine o di altri mediatori delle risposte. Le SIG genetica fu coniato da Kalov nel 1962 per indicare
immuni, in qualche modo legate alTantigenicità l'insieme degli enzimi coinvolti, il loro funziona­
acquisita dalle molecole dei farmaci dovrebbero mento e le conseguenze delle loro attività.
richiedere momenti pregressi di sensibilizzazione, Solo pochi di questi enzimi sono stati studiati
diretta o indiretta, più spesso supposti che dimostra­ completamente, sia per le difficoltà della ricerca cli­
ti (Tab. 1). Nei casi di terapie con più farmaci, - ricer­ nica sia per il fatto che le tecniche, con approccio di
cata e stabilita sempre l'eventuale iniziativa, da tipo molecolare al problema, sono state sviluppate
parte del paziente, di assumere farmaci aggiuntivi -, solo recentemente.
il problema fondamentale e certamente non facile, Anche i recettori cellulari responsabili delle atti-

Tab. 1 Modalità della fotogenesi delle sindromi iatrogeniche

Evento causale Danni cellulari e di organo C

Iperdosaggio programmato oppure causale Eventi degenerativi, flogistici, necrotici, anche estesi, come necrosi parenchima!!
Danni tossici anatòmici e/o funzionali Manifestazioni cutanee, renali, epatiche, shock, altre
Eventi immunopatologici Eventi citotossici come anemia emolitica, vasculiti, danni alveolari polmona­
- da anticorpi citotossici ri, LES, dermatiti, lesioni granulomatose
- da immunocomplessi
- da reazioni celluio-mediate
-a ltre
Liberazione di citochine, mediatori, ecc. Reazioni pseudoallergiche come anafilassi, orticaria, altre
Modificazioni del metabolismo del farmaco Emorragie, lupus, danni del midollo osseo
Antigenicità acquisita da molecole di far- Infarto miocardico per trattamento di ipertensione con antidiuretici
maci modificate da alterazione di geni
(Alfa-adducing gene variant, ad es.)
Basi molecolari del polimorfismo genetico del CYP2D6 & 129

vita dei farmaci presentano una struttura proteica e modo approfondito il polimorfismo genetico a cari­
la loro sintesi dipende dai geni; come risulta da co del CYP2D6.
numerosi lavori recenti si osserva che parte della
variabilità delle risposte farmacologiche risulta
essere collegata ad una modificazione dell'espres­ EH Basi molecolari del polimorfismo
sione genica di un recettore.
Dopo che il farmaco si è diffuso negli epatociti la
genetico del CYP2D6
parte che viene ogni volta metabolizzata dipende Il genotipo: il gene per il CYP2D6 è stato mappato
solamente dalla quantità e dall'attività degli enzimi sui cromosoma 22. Esso forma un cluster con due
epatici coinvolti. In questo modo i metaboliti gene­ pseudo-geni che sono il CYP2D8P ed il CYP2D7P,
rati possono perdere ogni attività, mantenere la stes­ situati a monte del CYP2D6P. Grazie a tecniche tra
sa attività del farmaco di origine, esibire un'attività cui la PCR e la SSCP, attualmente sono state identifi­
leggermente diversa o esercitare un effetto tossico. cate 48 mutazioni puntiformi lungo i 9 esorti e 8
Questa variabilità nella risposta ai farmaci può introni del gene. Le mutazioni possono essere asso­
essere dovuta ad un diverso metabolismo in parti­ ciate sullo stesso allele in modi differenti. A queste
colare legato alla superfamigìia di enzimi del cito­ mutazioni è connessa una variabilità per il fenotipo
cromo P450. CYP2D6, sulla base della quale i pazienti possono
I citocromi P 450 sono codificati da una superfa- essere classificati come metabolizzatori lenti per
miglia genica e mostrano una presenza ubiquitaria certi farmaci (con scarsa attività per CYP2D6) e
pazienti che hanno invece un'attività enzimatica e
sia nel regno animale che vegetale. Dieci isoforme di
che sono classificati in tre sottogruppi: metabolizza­
questo enzima sono responsabili del metabolismo
tori rapidi, metabolizzatori intermedi, e metaboliz­
ossidativo di molti farmaci, ognuno dei quali con
zatori ultrarapidi. Nel gruppo dei metabolizzatori
una specificità selettiva. La variabilità di tali enzimi
lenti si ha un incremento delle ADR indotte da quei
nei diversi pazienti riflette interazioni complesse tra
farmaci che sono inattivati dal CYP2D6 ed una ridu­
fattori ambientali e fattori dell'ospite (genetici e non
zione degli effetti di farmaci bioattivati dal CYP2D6.
genetici). E comunque la variabilità nel metaboli­
Il gruppo dei metabolizzatori ultrarapidi è associato
smo dei farmaci dipende soprattutto dalla struttura
ad una riduzione degli effetti (ADR) da farmaci che
dei geni che codificano per gli enzimi coinvolti e dai
sono inattivati dal CYP2D6.
fattori che sono in grado di modificare la regolazio­
Tale enzima è coinvolto nel metabolismo di circa
ne della loro espressione. Gli effetti del polimorfi­ 100 farmaci, tra cui beta-bloccanti, antiaritmid, anti­
smo genetico sull'attività catalitica è più prominen­ depressivi, neurolettici, e sostanze oppioidi. La
te per tre isoforme: CYP2C9, CYP2C19 e CYP2D6, distribuzione del fenotipo CYP2D6 varia tra le
che insieme raccolgono circa il 40% del metabolismo diverse razze: nella popolazione bianca il gruppo
dei farmaci mediato dal citocromo P450. dei metabolizzatori lenti è di circa il 5-10%, mentre è
II polimorfismo genetico può essere definito di circa l'l% nella popolazione cinese o giapponese.
come la simultanea esistenza, in una data popola­ In buona parte dei casi questa diversità fenotipica
zione, di due o più alleli di imo specifico locus può essere spiegata dalla natura polimorfa del gene
genetico con frequenze che non possono essere che codifica per il CYP2D6, che mostra più di 80
dovute solamente a mutazioni. distinte varianti alleliche.
Alla fine degli anni cinquanta fu scoperto che Inoltre in circa 1-8% della popolazione bianca (e
alcuni soggetti di una determinata popolazione in una percentuale molto più alta in alcuni gruppi
mostravano una incapacità di metabolizzare, per ace- etnici come Arabi Sauditi ed Etiopi) è stata identifi­
tilazione, l'isoniazide, un farmaco usato nella terapia cata, in una minima quantità, una copia addizionale
antitubercolare. Alcuni pazienti mostravano una resi­ del gene CYP2D6 come risultato di un processo
stenza al trattamento, mentre altri presentavano rea­ conosciuto come duplicazione o multiduplicazione.
zioni avverse nonostante la somministrazione di dosi Nonostante l'abbondanza di differenti varianti alle­
sovrapponibili. L'origine genetica di tali differenze è liche, quasi tutte queste varianti si osservano con
stata studiata e definita negli anni Sessanta. In questo bassa frequenza nella popolazione. I pazienti con
modo i soggetti possono essere classificati come ace- metabolismo lento possono essere identificati testan­
tilatori lenti e acetilatori rapidi. La metà circa della do solo le 5 mutanti alleliche prevalenti. D'altra
popolazione caucasica è portatrice del tratto genetico parte la decisione di testare un determinato allele
"acetilatore lento", con una trasmissione ereditaria di dipende dalla composizione razziale o etnica della
tipo autosomico recessivo. Questo tipo di polimorfi­ popolazione poiché la distribuzione di alleli mutati
smo genetico è stato considerato eccezionale sino alla varia nell'ambito di gruppi razziali ed etnici. Per
fine degli anni settanta, quando si è scoperto che il esempio, dato che la duplicazione del gene interessa
metabolismo ossidativo della debrisochina, della solo una frazione del fenotipo associato con il meta­
sparteina e della fenformina è CYP2D6-dipendente. bolismo ultrarapido (fino a circa il 40% dei casi),
Circa il 10% della popolazione caucasica è incapace di conoscere il genotipo non permette di confermare le
ossidare questi tre farmaci. informazioni fenotipiche. Inoltre il genotipo non
In questi ultimi 20 anni circa, è stato studiato in permette di discriminare soggetti che hanno diversi
130 Ss Patologia iatrogenica
livelli di attività catalitica nell'ambito del gruppo Nel secondo caso si ha un aumento della biotrasfor­
associato con un metabolismo normale, né tra la mazione della fenitoina da parte del CYP2C9.
popolazione con metabolismo normale e quella con Polimorfismo del CYP2E1. Questo enzima è indu-
metabolismo di tipo intermedio. Inoltre recenti sco­ cibile dall'etanolo e metabolizza quasi esclusiva-,
perte hanno permesso di trovare nuove varianti alle- mente composti di basso peso molecolare quali eta­
liche come il CYP2D6*41, che sembra modulare l'e­ nolo, acetone e nitrosamine. Sono state descritte
spressione del gene, ed il CYP2D6*35, che è associa­ numerose mutazioni, in gran parte localizzate sugli
to con un aumento dell'attività del CYP2D6, varian­ introni del CYP2E1, che comunque non sembrano
ti che potrebbero ridurre l'accuratezza del genotipo influenzare l'attività della proteina.
come modello predittivo per il fenotipo. Per quanto riguarda il CYP2A6 esso catalizza la
In ima maggioranza di casi il metabolismo che è 7-idrossilazione della cumarina ed è coinvolto nel­
mediato dal citocromo P-450 rappresenta un mec­ l'attivazione procancerogena e nel metabolismo
canismo di disattivazione. Per alcuni farmaci, l'os­ della nicotina.
sidazione riduce l'attivazione di un prefarmaco in Infine i casi, per i quali non siano stati ancora
un composto farmacologico attivo. Per esempio la chiariti i meccanismi patogenetici, vengono catalo­
codeina ed il tamoxifene vengono metabolizzati dal gati come idiopatici, termine soltanto provvisorio
CYP2D6, la ciclofosfamide dal CYP2B6. Per quanto che esprime soltanto la non conoscenza, tempora­
riguarda la codeina il maggior meccanismo meta­ nea, degli eventi causali.
bolico comporta una glucuronidazione e la N-
demetilazione. Oggi sappiamo che l'effetto del poli­
morfismo genetico nell'azione della codeina, varia | Nosografia delle patologie
da un effetto scarso o nullo nei pazienti con meta­ indotte da farmaci
bolismo lento ad effetti tossici severi nei pazienti
Il rischio di insorgenza di una SIG è legato al
con metabolismo ultrarapido.
numero di farmaci dettati dal programma terapeu­
Al contrario del CYP2D6 per il CYP2C19, la fre­
tico e, in media nei soggetti ospedalizzati, è dell'or­
quenza di PM è superiore tra gli asiatici (20%)
dine di circa 7-10%. È stato stabilito che le terapie
rispetto ai caucasici (3%). Il metabolismo di ami-
con 6 farmaci causano SIG in circa il 5% dei pazien­
trip tilina, clomipramina, diazapam, esobarbital,
ti, mentre l'impiego di 15 farmaci diversi, o più,
imipramina, mefobarbital, moclobemide, omepra- comporta un rischio di danni iatrogenici, per i sog­
zolo, propanololo, mefenitoina e proguanil. Que­ getti trattati, anche superiore al 40%.
st'ultimo farmaco è un antimalarico che viene tra­ La tabella 1 riassume le possibili modalità pato-
sformato per ciclizzazione dal CYP2C19 in un genetiche delle sindromi iatrogeniche, di quelle che
metabolita attivo. I soggetti PM non sono in grado sono state finora identificate o supposte.
di effettuare questa ciclizzazione, da ciò ne segue la Inquadramento nosografico che segue imposta­
ridotta efficacia di tale farmaco. Il problema si pone zioni che sono fra loro differenti essendo, quella che
in particolare nelle regioni malariche del Medio si fonda sulle molecole responsabili, la più logica ma
Oriente dove si trovano razze di origine mongola, anche quella più problematica, almeno al presente,
nelle quali più del 20% della popolazione è costitui­ perché il capitolo è in evoluzione e le conoscenze
ta da soggetti PM. Anche in campo oncologico si richieste non sono certo complete.
possono fare delle ipotesi interessanti anche se a Per esigenze anatomo-cliniche sembra invece
tutt'oggi non dimostrate. Ad esempio l'omeprazolo più utile la nosografia fondata sui danni di organo
che è un induttore di CYP1A2, è metabolizzato dal o di sistema, finora identificati con certezza, tenen­
CYP2C19, e quando lo si prescrive a soggetti che do sempre presente che il capitolo resterà aperto
risultano essere PM della mefenitoina, si potrebbe finché nuovi farmaci verranno introdotti per le esi­
avere un aumento della sua capacità induttiva. Si genze della terapia. Il divenire della quale è più che
potrebbe avere in questo modo un aumento del mai ampio per la ricerca del miglioramento degli
rischio di trasformazione degli idrocarburi polici­ effetti desiderati, utili e favorevoli, ma avendo
clici, componenti del fumo di sigaretta, dalla forma anche certezza che il rischio di sortire effetti avver­
precancerosa a quella cancerosa per azione proprio si prevedibili, ma soprattutto imprevedibili e dan­
del CYP1A2 indotto. Il collegamento tra l'uso del- nosi in grado variabile, sembra oggi ineliminabile.
l'omeprazolo ed un aumento del rischio di cancero- I quadri clinici della patologia iatrogenica sono
genesi è comunque un'ipotesi tutta da dimostrare. molti ed hanno caratteri peculiari per:
Per quanto riguarda il citocromo CYP2C9 esso
interviene nel metabolismo di alcuni farmaci tra cui: - essere inattesi e quindi imprevedibili nell'ambi­
tolbutamide, ibuprofene, diclofenac, naprossene, to della malattia che viene curata;
fenitoina/fluvastatina, piroxicam e acido mefenami- - modalità e momento dell'esordio non coinciden­
co. Sono state identificate numerose mutazioni pun­ ti con l'esordio della malattia in trattamento ed
tiformi a livello del locus di CYP2C9 con conseguen­ insorgenti, invece ed a breve, in rapporto con l'i­
ti modificazioni aminoacidiche, tra le quali due di nizio dell'assunzione del farmaco responsabile,
particolare importanza: -Argl44-Cys e Ile359-Leu-. nei casi di danno tossico;
Quadri morfologici-istopatologici nelle reazioni da farmaci con interessamento cutaneo ? 131

- più tardivo, anche di diversi giorni - 10,15 -, della somministrazione del farmaco causale; anche
quando l'evento iatrogenico dipenda invece da se è possibile avere reazioni di particolare gravità.
risposte immunitarie; Come in altri casi di reazioni da farmaci l'etiolo-
- non hanno relazioni con gli effetti propri del far­ gia può avere sia base immunologica che non
maco somministrato e neppure con la malattia immunologica. Per quanto riguarda i meccanismi
trattata; immunitari essi includono i tipi I, II, RI, e IV. Effetti
sinergici e cumulativi possono essere dovuti a far­
- mancanza di rapporti stretti con la posologia maci o ai loro metaboliti con reazioni avverse siste­
adottata;
miche e cutanee. Recentissime osservazioni prendo­
- possibilità di reazioni crociate con farmaci che no in considerazione il ruolo di infezioni concorren­
abbiano in comune strutture chimiche; ti con virus linfotropi ed effetti di farmaci che, in
- la regressione del nuovo complesso sintomatologi- situazioni di malattie sindromiche con interessa­
co, dopo sospensione della somministrazione, non mento connettivale sistemico, possono indurre un
è istantanea perché dipende dalle modalità pato- aumento della sopravvivenza dei linfociti con pro­
genetiche responsabili della SIG (ad es. i tempi gressiva acquisizione di specificità anticorpali. Que­
dell'esaurimento di una risposta immunitaria); ste situazioni si osservano in particolare nel lupus e
nelle reazioni da farmaci nelle infezioni da HIV.
- modificazioni della formula leucocitaria per
aumento dei granulociti eosinofili, in particolare;
- conferma certa della genesi immunitaria nel H Quadri morfologid-istopatologici
riscontro di anticorpi specifici per il farmaco
nelle reazioni da farmaci
causale.
Sono peraltro facilmente riconoscibili le forme
con interessamento cutaneo
caratterizzate da quadri sintomatologici che sono in • Eruzioni morbilliformi esantematiche. Rap­
armonia con le azioni proprie del, o di uno, dei far­ presentano circa il 95% di tutte le reazioni cuta­
maci, nonché delle terapie adottate come le manife­ nee da ADR. Il meccanismo patogenetico ipotiz­
stazioni emorragiche nelle malattie curate con anti­ zato nello sviluppo di reazioni morbilliformi o
coagulanti o i disturbi del ritmo nelle cure con digi­ esantematiche include una sovra regolazione di
tale. In linea generale quindi le forme, prevedibili, espressione di CD54 nelle cellule endoteliali e
che sono riconoscibih, non verranno considerate, nei cheratinociti, assieme ad un aumento dei
mentre verranno trattati in sintesi i quadri anato- livelli di IL-5, IL-6 e TNF-a.
mo-patologici delle SIC imprevedibili. Il quadro istopatologico mostra equivalenti di
Le reazioni cutanee da farmaci cosituiscono il dermatite con focolai di spongiosi e necrosi foca­
gruppo più frequente di ADR con una percentuale le delle cellule dello strato basale e lieve infiltra­
di incidenza nei pazienti ospedalizzati di circa il 3%. to linfoide perivascolare (Fig. 1) con occasionali
Per la loro immediata evidenza clinica, le lesioni eosinofili del derma superficiale.
della cute rappresentano l'organo che, con maggio­ Diagnosi differenziale: eruzione esantematica vira­
re facilità, viene messo in rapporto con reazioni le, graft-versus-host-disease di tipo acuto.
avverse ai farmaci. Anche perché esso è quello che @ Eruzione urticarioide. Per frequenza è la secon­
risulta più frequentemente coinvolto nelle reazioni da forma di reazione da farmaci dopo l'eruzione
allergiche ed in quelle pseudoallergiche. I possibili
quadri clinici sono molteplici. Nel caso di un'eruzio­
ne esantematica la diagnosi differenziale con un
esantema virale può non essere immediata, special­
mente nell'età infantile. Andranno valutati tutti i
dati obbiettivi quali: la simmetria delle lesioni e la
loro distribuzione (spesso nelle ADR è molto inte­
ressato il tronco), il colore, l'interessamento della
pianta del piede e del palmo della mano (in genere
meno frequente nelle ADR), ma anche la rapidità di
comparsa e la presenza o meno di prurito, quasi
costante nelle forme da farmaci. Proprio per la loro
somiglianza con quelli infettivi, gli esantemi da far­
maci si definiscono morbilliformi, scarlattiniformi e
rubeoliformi; talvolta si osserva anche un'enantema,
più o meno intenso. Normalmente l'evidenza della
lesione cutanea è tale che il paziente fa la diagnosi
da solo e sospende il farmaco. Le manifestazioni Fig. 1 - Eruzione morbiiliforme. Spongiosi e separazione dello
strato basale dell'epidermide e necrosi focale dei cheratinociti
cutanee vanno incontro a risoluzione favorevole basali. Concomita modesto infiltrato linfomonocitario del derma
nella maggior parte dei casi dopo la sospensione superficiale.
132 ^ Patologia iatrogenica

Fig. 3 - Eruzione lichenoide. Cute con infiltrato linfoide a


banda del derma superficiale con atrofia ed ipergranulosi del­
l'epitelio.
linfoide. L'orticaria vasculitica può essere diffe­
renziata dall'orticaria non-vasculitica se è pre­
sente una concomitante componente leucocito­
clastica con stravasi eritrocitari, con o senza
depositi vascolari di fibrina.
• Eruzioni lichenoidi. Possono esordire come il
classico lichen planus idiopatico. I farmaci più
frequentemente coinvolti sono: antibatterici,
antiistaminici, antimalarici, ACE inibitori, beta-
bloccanti, fenotiazine, agenti antitubercolari,
imatinib, carbamazepina, litio, oro, fenitoina,
diuretici.
Il quadro istopatologico è simile al lichen pla­
nus, con un infiltrato linfoide a banda nel derma
superficiale, CD4 e CD8 positivi, frammisto al
quale si possono osservare eosinofili ed istiociti.
L'epitelio può essere atrofico o acantosico con
ipergranulosi e discheratosi focale dei cheratìno-
citi (Fig. 3).
Recentemente è stata descritta una forma di
dermatite lichenoide granulomatosa secondaria
all'uso di antistaminici, ACE inibitori e idroclo-
rochina.
La diagnosi differenziale si pone con il lichen
planus e sindrome lichenoide in malattie del tes­
suto connettivo (CTD).
• Eruzioni fisse. I farmaci più frequentemente
responsabili sono le tetracicline, la nistatina, il
Fig. 2a-b-c - Dermatite-cronica-micosi fungoide-like da imati- trimetoprim-sulfametossazolo, antimalarici,
mìo. Cute con elementi linfoidi nella giunzione dermo-epidermi- cefalosporine, clindamicina, penicilline, derivati
ca, a fenotipo policlonale, positivi per CD4 e CD8. delle tetracicline, paracetamolo, naproxene,
acido acetilsalecilico, barbiturici, benzodiazepi-
morbilliforme e rappresenta il 5% delle eruzioni ne e oppiacei.
cutanee da farmaci, nella gran parte dei casi Il quadro istopatologico mostra aspetti simili
legata a somministrazione di salicilati, oppiacei all'eritema multiforme, con dermatite, vasculo­
e materiale per radiocontrasto. patia, cheratinociti necrotici e focale infiltrato lin­
Il quadro istopatologico mostra un infiltrato foide a livello della giunzione dermo-epidermica.
cellulare mononucleato interstiziale e perivasco­ DD: eritema multiforme.
lare con eosinofili ed edema dermico. Talora può • Eruzioni da fotosensibilizzazione. Circa il 10%
essere presente un infiltrato prevalentemente delle ADR cutanee rientrano in questo gruppo.
ADR dell'apparato respiratorio s 133

I farmaci più frequentemente usati sono: amio-


darone, acido nalidixico, fenotiazine, psoralene,
quinidina, sulfonamidi, tetracicline, diuretici
tiazidici. I meno frequentemente usati sono:
antidepressivi, anticonvulsivanti, antifungini,
antiistaminici, antimalarici, benzodiazepine,
beta-bloccanti, contraccettivi orali, retinoidi.
Il quadro istopatologico delle forme fotoaller­
giche include aspetti riferibili a dermatite ecze­
matosa, con spongiosi, esocitosi linfocitaria con
eosinofili e vescicole ricche in cellule di Langer-
hans; concomita edema ed ectasia del derma
superficiale, con infiltrato linfocitario ed eosino-
filo in sede perivascolare. Nelle forme fototossi­
che si possono trovare cheatinociti necrotici nei
vari strati epiteliali con edema del derma super­ Fig. 4 - Fibrosi polmonare. Parenchima polmonare con fibrosi
ficiale. È presente esocitosi neutrofila variabile
interstiziale associata a infiltrato focale flogistico cronico, lesio­
ne connessa con trattamento a base di metotrexate.
all'interno di zone con necrosi epidermica. Con­
comita ipercheratosi, ipergranulosi ed iperplasia
variabile. H ADR dell'apparato respiratorio
• Eruzioni pustolose da farmaci. La pustolosi Episodi di rinite possono far parte del ben più
acuta generalizzata esantematica costituisce una grave quadro sistemico dell'anafilassi, oppure esse­
rara forma di eruzione da farmaci. Clinicamente re scatenati, per azione irritante, dall'applicazione
è simile ad una psoriasi pustolosa. L'esame isto­ di alcuni prodotti di uso topico (ad es. aerosol o
logico evidenzia pustole spongiformi intraepi- spray). Molto più gravi sono invece gli episodi di
dermiche al di sotto. asma (talora anche fatali) dovuti alTimpiego di far­
maci. Da recenti studi epidemiologici si è desunto
• Reazioni eczematose da farmaci. Questa parti­ che episodi acuti di asma, riferibili a causa iatroge-
colare forma di eruzione da farmaci costituisce nica, potrebbero rappresentare una percentuale
un esempio di reazione allergica tipo IV. In alcu­ dalT8 al 10%. Il 70% di questi casi sembra dovuto
ni casi non esiste una storia documentata di ato- ad antinfiammatori non steroidei (FANS), e tra que­
pia o asma. I farmaci responsabili più frequente­ sti, della metà dei casi sarebbe responsabile l'acido
mente coinvolti sono: ipoglicemizzanti orali, acetilsalicilico (ASA), per il quale risultano intolle­
antiistaminici, aminofillina, eparina s.c e immu- ranti dal 4 al 20% dei soggetti asmatici.
noglobuline umane. Altri farmaci responsabili del restante 30% di
Il quadro morfologico è simile, e spesso indi­ episodi acuti di asma sono: i beta bloccanti (sistemi­
stinguibile, da una dermatite allergica da contat­ ci o topici), vari chemioterapici (bleomicina, metho­
to, con moderata o severa spongiosi, microvesci­ trexate,alcaloidi della vinca), antibiotici (tetracicli­
cole intraepidermiche ed esocitosi prevalente­ ne, cefalosporine, penicillina e derivati, nitrofuran-
mente linfocitaria, talora con neutrofili. Nel toina), miorilassanti, diuretici (idroclortiazide,
derma è presente edema con infiltrato periva­ triamterene) mezzi di contrasto radiografici ed
scolare linfoistioide ed eosinofilo. alcuni anestetici.
Gli ACE-irtibitori possono causare episodi di

B ADR responsabili di patologie tosse secca. È verosimile che in questo caso possa
essere implicata l'inibizione del catabolismo della
dell'apparato cardiocircolatorio sostanza P e della bradichinina, con possibile secon­
daria flogosi cronica polmonare.
A parte lo shock anafilattico, le azioni dei farma­ A carico dell'apparato respiratorio sono stati
ci a livello cardiocircolatorio sono costituite da anche segnalati casi di alveolite allergica estrinseca
scompenso cardiaco irreversibile dopo assunzione secondaria alTuso di estratti di ipofisi bovina e suina,
di antibiotici antraciclici, adriamicina e daunomici- ed infiltrati polmonari con eosinofilia dopo l'utilizzo
na (se usati ad alti dosaggi); ma in particolare se di vari farmaci come i sulfamidici, le tetracicline, le
usati con ciclofosfamide e methotrexate. In corso di penicilline, la bleomicina ed il methotrexate (Fig. 4).
terapia con antidepressivi triciclici, fenotiazine,
emetina e propellenti per aerosol, sono state
descritte anomalie all'ECG, con eventuali aritmie | ADR dell'apparato emopoietico
cicliche. Sono stati descritti casi di miocardite eosi- Molti farmaci possono evocare risentimenti o
nofila in corso di trattamento con sulfamidici ed eventi patologici del sistemna emopoietico con
antiipertensivi (alfa-metildopa) ed ancora casi di manifestazioni cliniche come anemie, trombocito-
pericardite secondari a procainamide e idralazina. penie, agranulocitosi.
134 s Patologia iatrogenica
Tra i casi di anemia idiopatica si possono distin­
guere:
Il ADU dell'apparafo urinario
• le forme dose dipendenti, e quindi prevedibili, Circa il 10% delle richieste di visite specialistiche
prevalentemente causate dal cloramfenicolo, nefrologiche sono riferibili a cause iatrogeniche,
farmaci alchilanti ed antimetaboìiti, derivati mentre circa un quarto delle insufficienze renali
arsenicali inorganici, acute sono secondarie all'uso di farmaci, in partico­
® le forme dose indipendenti. lare per danni tossici da antibiotici aminoglucosidici
o di chemioterapici antitumorali. II rene è infatti par­
Queste ultime non sono prevedibili e più fre­ ticolarmente sensibile ai farmaci, data l'estesa rete
quentemente vedono in causa il cloramfenicolo, i vascolare con conseguente abbondante perfusione
sulfamidici, il fenilbutazone, gli idantoinici ed i ematica; così che le concentrazioni delle sostanze
derivati arsenicali inorganici. attive nel parenchima sono tanto elevate da compro­
Le anemie immunoemolitiche da farmaci sono
mettere la sua funzione di emuntore. A parte la glo-
riconducibili a 3 quadri paradigmatici, per patoge­
merulonefrite che si ha nel contesto della malattia da
nesi e manifestazioni cliniche, definiti:
siero, la più tipica forma di danno renale da ipersen­
a) alfa-metildopa, sibilità ai farmaci è costituita dalla nefrite tubulo­
b) penicillina, interstiziale (Fig. 5), causata da antibiotici, sulfami­
c) quadro chinidina. dici, FANS, anticonvulsivanti e diuretici.
Il sospetto di nefrite tubulo-interstiziale acuta da
Nel quadro a, il farmaco modifica il fenotipo
farmaci va posta quando, nel corso di un trattamen­
antigenico della membrana eritrocitaria, determi­
nando la comparsa di neoantigeni, non riconosciuti to farmacologico, entro una settimana circa, com­
come self e pertanto non tollerati, con conseguente paiano febbre, esantema, artralgie, dolori addomi­
produzione di autoanticorpi. nali spesso in concomitanza con leucocituria, cilin-
Nel quadro b, il farmaco è un aptene che trova il druria, ematùria, riduzione della diuresi, associata
proprio carrier sulla membrana del globulo rosso, ad altre anomalie laboratoristiche della funzione
evento che induce la produzione di anticorpi contro renale, evidenziate con indagini di laboratorio.
il complesso antigenico completo (aptene e protei­ L'immunopatogenesi della nefrite tubulo-inter-
na carrier). stiz ia le da farmaci è stata ipotizzata sulla base di
Nel quadro c, il farmaco forma complessi con osservazioni in immunoflúorescenza, che hanno
strutture proteiche piasmatiche evento che induce evidenziato il gruppo aptenico dimetossifenilpeni-
la formazione di anticorpi. Il complesso farmaco­ cilloico adeso al parenchima renale dopo assunzio­
proteico con l'anticorpo si lega, per mezzo del fram­ ne di meticillina, sia a livello delle membrane basa­
mento Fc, a recettori specifici presenti sulla mem­ li tubulare che glomerulare: in questa sede il grup­
brana delle cellule della serie rossa; la successiva po aptenico troverebbe infatti la matrice proteica
attivazione del complemento determina Usi di glo­ atta a fargli acquisire valenza antigenica
buli rossi e piastrine. Meccanismi di tipo I (penicillina) e di tipo IV
Per quanto concerne le trombocitopenie, sono sembrano i momenti causali proprio per il riscontro
noti svariati farmaci responsabili (sulfamidici, aspi­ di elevati livelli sierici di IgE, precedentemente non
rina, cimetidina ecc.), alcuni con meccanismo di presenti. Oppure per il coinvolgìmento di linfociti T
tipo chinidinico, altri per mielodepressione (antitu­ nel parenchima renale, nel corso di alcune nefriti
morali, sali d'oro ecc.), per coinvolgimento della tubulo-interstiziali (Fig. 5), mentre in altre, il riscon-
linea megacariocitaria.
Mentre le neutropenie da agenti antitumorali
(busulfano, clorambucilciclofosfamide ecc.) sono la
regola, dato il loro meccanismo di azione, quelle
dovute ad altri farmaci sono sporadiche e dovute a
prodotti chimicamente tra loro eterogenei come
sono gli antinfiammatori non steroidei, gli anticon­
vulsivanti, gli antibiotici, i sulfamidici, gli antiroi-
dei ed i tranquillanti.
Il meccanismo è più comunemente di tipo tossi­
co, oppure dovuto ad un intervento del comple­
mento sul complesso farmacoproteico adeso ai leu­
cociti. In altri casi, per esempio con raminofillina, si
sono identificati anticorpi leucoagglutinanti, capaci
di determinare la lisi cellulare.
In caso di sospetta leucopenia iatrogenica si con­
siglia di monitorare il conteggio leucocitario,
sospendendo la terapia, quando il numero totale Fig. 5 - Nefrite tubulo-interstiziale. Prevalente fiogosi cronica
dei globuli bianchi, vada al di sotto dei 3000/mm3. interstiziale intertubulare.
ADR dell'apparato gastroenterico s 135

Fig. 6 - Diffusa steatosi epatocitaria a piccole e medie bolle. Fig. 7 - Epatite cronica. Spazi portali ampliati per fibrosi e fio-
gosi cronica.
tro bioptico di IgG e complemento deporrebbe per
un meccanismo di tipo III.

| ADR delt'cspparafo gastroenterico


Nel corso di terapie farmacologiche, anche se
con discreta frequenza, possono comparire disturbi
di tipo dispeptico, per lo più caratterizzati da nau­
sea, vomito, diarrea; sono eventi dovuti ad azione
irritativa o tossica dei farmaci. L/organo più interes­
sato da ADR in corso di trattamenti terapeutici è
senz'altro il fegato essendo l'organo che rappresen­
ta la principale sede metabolica di molte sostanze
esogene. Il danno epatico può essere rappresentato
da quadri lievi di steatosi, ma anche dalla cirrosi Fig. 8 - Epatite cronica. Gli spazi portali mostrano un infiltrato
(Figg. 6-7-8) (Tab. 2). flogistico cronico con formazione di setti fibrosi.

Forme di epatotossicità da farmaci

Tipo di lesione Farmaci responsabili


Steatosi Bleomicina, cisplatino, glicocorticoidi, salicilati, methotrexate, asparaginasi
Necrosi Acetaminofene, aiotano,alfa-meti(dopa, amiodarone; fenilbutazone, indometacina, isonia-
zide, sulfamidici, rifampicìna, ranitidina
Colestasi canaiicolare Tamoxifene, ormoni sessuali alchilati in C17
Colestasi flogistica Alloppinolo, antidepressivi triciclici, fenotiazine, eritromicina, ranitidina, fenilbutazone
Epatite cronica attiva Alfa-metildopa, isoniazidé, rifampicina, suifonamidi, acido acetil solicilico (ASA}
Colestasi cronica Ciorpromazina, tolbutamide
FosfolipicJosi/steatonecrosi Amiodarone
Epatite granulomatosa ASA, alfa-metildopa, alotanocarbamazepina, diazepam, isoniazidé, fenilbutazone, penicil­
lina, sulfamidici
Fibrosi Antiblastici, psoralene, vitamina A
Cirrosi Esiti di diversi eventi patologici iatrogeni
Sindrome di Budd-Chiari Antiblastici, contraccettivi orali
Malattia veno-occlusiva Azatioprina, antiblastici, contraccettivi orali
136 ; Patologia iatrogenica

e n | Farmaci responsabili di iperplasie gengivali diffuse

Meccanismi patogenetici ipotizzati Farmaci responsabili :

- Azione mitogenica sui fibrobiasti Immunosoppressivi: Ciclosporina


- Blocco metabolico della collagenasi per riduzione dei Anticonvuìsivanti: Acido valproico>difeni 1idantoi na
trasporto intracellulare di calcio Calcioantagonisti: Nifedipina,verapamil

| ADR delie mucose del cavo orale relato ad una azione mitogenica sui fibroblasti, la
cui sensibilità sembra essere geneticamente deter­
Esistono forme di iperplasie gengivali che si minata; il clone stimolato determinerebbe produ­
osservano principalmente in soggetti che assumono zione di notevoli quantità di collagene e di glicosa-
farmaci antiepilettici (difenilidantoina, ac.valproi- minoglicani, nonché di una collagenasi inattiva,
co, fenobarbital), farmaci immunosoppressivi indotta attraverso il blocco o la riduzione del tra­
(ciclosporina) e farmaci calcioantagonisti (nifedipi­ sporto intracellulare di calcio (Figg- 9-10-11).
na, felodipina, nicardipina, verapamil).
Uiperplasia gengivale nei pazienti in trattamen­
to con difenilidantoina si osserva in circa il 50% dei d Conclusioni
casi, nel 60% dei soggetti in trattamento con ciclo­
sporina; mentre rincidenza risulta più bassa in L'insieme dei dati finora acquisiti sugli effetti
pazienti trattati con nifedipina (20% circa). Clinica­ avversi e/o inattesi delle terapie impiegate per il
mente sia la gengiva marginale che quella aderente trattamento delle più diverse malattie pongono l'i­
risultano aumentate di spessore, con un incremento stanza irrefutabile di attuare sempre un controllo
correlato al dosaggio del farmaco. Il meccanismo molto attento e continuo degli effetti che le terapie
patogenetico, studiato maggiormente in pazienti farmacologiche producono su ogni paziente in trat­
trattati con farmaci antiepilettici, sembra essere cor­ tamento.

Fig. 9 - Iperplasia gengivale da nifedipina. Il corion


superficia- Fia. 10 - Iperplasia gengivale da ciclosporina A. Ispessimento
le e profondo mostrano un discreto incremento del tessuto col- del corion mucoso supemciale e profondo per aumento della
lagene. (Piero Mallory) matrice collagena. (Piero Mallory)
Bibliografia essenziale ■ ì 37

standing of the Pathology and Pathogenesis of C uta­


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Processi
1.10 neoplastici

H Definizione e genesi dei tumori I vari tumori si distinguono per la loro progenie
(cellule del fegato, delle mucose, della cute, ecc.),
G.M. Mariuzzi avendo ognuno un proprio ricambio cellulare e
Le neoplasie sono popolazioni cellulari abnormi o caratteri biologici e microscopici differenti a secon­
patologiche generate, in linea discendente, da una cellu­ da deirorigine, del grado di immaturità /anaplasia,
la staminale adulta (CSA), geneticamente trasformata - dello stadio di evoluzione/progressione (tumori
cellula staminale neoplastica, cáncer stem celi (CSC) - e benigni, lesioni premaligne, neoplasie maligne) e
capace di replicarsi autonomamente: cellula n eop lasti­ delle nuove capacità/proprietà che sostanziano
ca appunto. l'attività di aggressione/infiltrazione.
L'evento viene generato da una serie di muta­ Differenze che dipendono dall'entità attuale e
zioni riarrangiamenti genetici che, nell'evoluzione dalla natura delle mutazioni causali, dal numero di
progressiva,, si sommano fino a conferire una com­ geni riarrangiati e dalla natura ed entità delle fun­
pleta autonomia alla linea cellulare che ne deriva. zioni alterate. Mutazioni che conferiscono alla
Così, ed in linea generale, tutte le neoplasie sono nuova linea cellulare, abnorme, caratteri e proprie­
monoclonali ed ogni popolazione cellulare che tà diverse da quelle delle popolazioni cellulari ori­
abbia un qualche ricambio cellulare attivo, essendo ginarie, essendo possibile anche l'acquisizione di
dotata di cellule staminali, è passibile di trasforma­ attività funzionali nuove, come sono ad es. le secre­
zione neoplastica. zioni endocrine paraneoplastiche, responsabili di
Infatti, una cellula normale viene generata, si dif­ complessi clinici, anche patognomonici per produ­
ferenzia e muore seguendo un programma geneti­ zione di steroidi, di tropine, di metaboliti attivi
co, regolato dal proprio corredo cromosomico e sulle ghiandole endocrine, ad es. sulle paratiroidi.
dalla interazione con il microambiente nel quale
detta cellula si trova, e vive esplicando le sue fun­
zioni. U Le neoplasie possono essere
La cellula neoplastica invece, essendo stato altera­
to il suo genoma e quindi i suoi programmi di fun­
benigne a maligne
zionamento e di comunicazione, si caratterizza per A. Scarpa, A. Mombello
modificazioni: Benignità o malignità di una neoplasia sono
© dell'attività proliferativa che diviene autonoma; definizioni cliniche o, più precisamente, clinico­
© della differenziazione sempre compromessa in patologiche. Una neoplasia benigna non mette
tutti i suoi caratteri, compresi quelli morfologici; necessariamente a rischio la vita dell'ospite; una
neoplasia maligna distrugge i~tessuti dell'ospite e
• delle relazioni con il microambiente che dipen­ porta a morte. La crescita di una neoplasia benigna
dono sopratutto da modificazioni nella produ­ è generalmente lenta e autolimitantesi, Una neopla­
zione di fattori/molecole diverse da quelle pro­
sia maligna cresce rapidamente, illimitatamente, ed
prie della sua normalità, come sono quelle para-
è in grado di distruggere e superare barriere anato­
crine e quelle autocrine.
miche, infiltrare i tessuti circostanti e dare metasta­
Ogni neoplasia possiede anche una sua compo­ si. Le metastasi sono localizzazioni della neoplasia
nente connettivale e vascolare - lo stroma del tumo­ in organi distanti dalla sede in cui è insorta. Le dif­
re - che è in grado di rispondere alle esigenze pecu­ ferenze clinico-patologiche tra neoplasie benigne e
liari della proliferazione neoplastica. maligne sono riassunte nella tabella 1.
140 Processi neoplastia

Caratteristiche anafomo-cliniche delle neoplasie benigne e maligne

NEOPLASIE BENIGNE NEOPLASIE MALIGNE


CELLULA NEOPLASTICA
Proliferazione Mitosi rare e tipiche Mitosi frequenti e atipiche
Differenziazione Completa, con cellule mature spesso indistin­ Incompleta, con grado variabile di somi­
guibili dalle cellule normali corrispondenti glianza alla cellula normale corrispondente
Morte Rara e per apoptosi Frequente e per necrosi
ANATOMIA PATOLOGICA

Forma Regolare, ben circoscritta, con presenza fre­ Irregolare, con margini indistinti a causa
quente di capsula delh’nvasione dei tessuti circostanti
Vascolarizzazione Scarsa Variabile, frequentemente abbondante
Invasione tessuti circostanti Mai Presente
Metastasi Mai' ' Presenti .
CLINICA
Crescita Lenta Rapida
Manifestazioni cliniche Locali, sistemiche per secrezione ormonale Locali e sistemiche
Comportamento clinico Buono, infausto solo per particolari sedi quali l'encefaloj Invariabilmente infausto in assenza di terapia

Concetti chiave
H danno all'ospite può essere assente© legato aUe dimensioni, alla, sede
anatomica o alla produzione di orniam o altre molecole (sindromi para-
neoplastiche). Esempi di neoplasìe benigne sono: il nevo cutaneo, è la più
comune forma di neoplasia benigna e non comporta alcun disturbo ai
portatore; il leiomìoma uterino, può essere asintomatico o portare allo svi­
luppo di sintomi legati alla compressione dell'endometrio con successivo
sanguinamelo; il meningioma mimcranico, può danneggiare l'encefalo e
le sue funzioni per compressione; il neùrilemmmm intmrachidai, può
determinare paralisi per compressióne delle radici spinali anteriori; i
tumori benigni delle ghiandole endocrine com'è Yinsulinonm pancreatico,

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Fig. 1 - Neoplasie benigne, a) Aspetto macroscopico di un


fibroadenoma della mammella, si notino i contorni, ben deli­
neati b) Aspetto istologico del fibroadenoma mostrato in a, si
noti la gran componente fibrosa che ingloba e distarce la com­
ponente epiteliale, c) Melanoma piano: melanoma a diffusio­
ne superficiale li livello di Clark, spessore 0,3 mm, {Da A.
Glannetti, Trattato di Dermatologia, voi. IV, Piccin, 2002). d)
Aspetto istologico di un melanoma che evidenzia una prolife­
razione melanocitaria, sia diffusa che aggregata in nidi, che
interessa gli strati superficiali della cute, il caso delia figura
viene definito come nevo giuhzionale perché interessa sia l'e­
pidermide che il derma immediatamente sottostante.
Genetica delle neoplasie % 141

N eop lasie m aligne: crescono con relativa rapidità, diffondono localmente infiltrando e distruggendo i
tessuti circostanti e provocano morbilità e morte disseminandosi anche in organi distanti, attraverso; i
vasi linfatici ed ematici.o diffondendosi lungo le superfici sierose (Big. 2). La loro storia naturale si con­
clude inevitabilmente, se non adeguatamente trattate, con la morte dell'organismo ospite.

Fig. 2 - Neoplasia maligna, a) Aspetto macroscopico di un carcinoma infiltrante della mammella, il tèssuto neoplástico appa­
re biancastro e ha margini indistinti per l'infiltrazione neoplástico dèi tessuto circostante, b) Istologicamente si nota
una proliferazione di cellule con atipie cito-cariologiche e numerose mitosi.

N eop lasie a b asso g rad o d i m aligtìità: sono forme caratterizzate da un andamento progressivo molto
lento e con esito variabile. Esempi di neoplasie che rientrano in questa categorìa sono: diversi linfomi
B, eheharaio un decorso clinicamente blando sinché non si instauri una trasformazione in neoplasia
. altamente aggressiva; diversi tumori dei tessuti molli tra cui il liposarcoma ben differenziato e alcune
neoplasie epiteMaili, ;quali i carcinoidi è alcuni tumori delle ghiandole saUvari, in cui la neoplasia ha
uria crescita lenta^apparentemente indolente. Tuttavia a distanza di tempo possono comparire recidi­
ve o metastasi; in altri casi la neoplasia ha soltanto ima aggressivitàlocale, com eilcarcinom a basócel-
: luíais della cute, in cui la spiccata tendenza ad infiltrare rende spesso difficile ima asportazione chi­
rurgica completa, ma non genera mai metastasi.

I l Genetico deile neoplasie che delle cellule neoplastiche. Queste cellule erano
state trasformate dalla presenza di materiale geneti­
A. Scarpa, A. Zamò co proveniente dal tumore; perciò proprio in quel
Il dogma della genetica, secondo il quale il feno­materiale genetico dovevano risiedere i geni can-
tipo di una cellula è scritto nel suo genoma, fece cro-specifici. Analizzando il frammento di DNA
pensare che proprio le alterazioni geniche fossero assunto da queste cellule fu identificato il gene
alla base di quel fenotipo cellulare particolare che HRAS; successivamente sono stati identificati molti
gli eventi della trasformazione neoplastica genera­ altri geni. Con sorpresa, si scoprì inoltre che molti
no. Per questo assunto è iniziata la grande ricerca dei geni identificati con questi metodi erano identi­
sulla genetica del cancro. ci a quelli codificati dal DNA dei virus oncògeni.
Questi geni vennero chiamati oncogèni, in quanto
G li oncogèni. I primi esperimenti che dimostraro­ geni in grado di generare appunto il cancro. Fu
no l'esistenza di geni cancro-specifici furono esperi­ però chiaro sin da subito come questo termine fosse
menti di trasfezione su larga scala ed esperimenti inappropriato, perché sarebbe evolutivamente
con virus oncògeni. Gli esperimenti di trasfezione impossibile per un organismo possedere geni con la
sfruttano la possibilità di inserire geni esogeni in funzione di provocare il cancro. In effetti, a breve
cellule eucariotiche. Il DNA proveniente da cam­ venne dimostrato che questi geni capaci di provocare
pioni tumorali venne spezzettato in frammenti e il cancro non sono altro che la controparte mutata di
trasfettato in cellule in coltura. In questo modo cia­ geni normalmente deputati a regolare la crescita
scuna cellula assumeva un frammento diverso di cellulare: furono perciò denominati proto-oncogeni,
DNA tumorale. Si vide così che alcune cellule pre­ perpetrando l'errore nomenclativo iniziale, che
sentavano un'espansione clonale con le caratteristi­ ormai si era imposto nel linguaggio scientifico.
142 ;í Processi neoplastici
I geni oncosoppressori. Un secondo tipo di "geni te censimento dei geni del cancro, condotto con cri­
del cancro" fu identificato con una strategia diversa. teri restrittivi, ne ha individuati 291 (più dell'1% dei
Era noto da tempo come alcuni tumori, peraltro rari, geni del genoma umano codificanti per proteine),
si presentassero come sindromi familiari. Ciò sugge­ ma la lista è in continuo aggiornamento.*
riva che se si fosse colta la modalità per la quale il
Mutazioni geniche e cancro. Ciò che questi esperi­
DNA di questi pazienti era alterato, sarebbe stato
menti dimostrarono è che il cancro possiede lesioni
possibile capire le basi genetiche del cancro. Studi di
genetiche specifiche, cioè mutazioni. Ma tutte le muta­
genetica classica su uno di questi tumori, il Retino-
zioni provocano il cancro? Per la sopravvivenza di
blastoma, rivelarono che esisteva una regione cro­
una specie è necessario che il suo genoma, abbia un
mosomica deleta in tutte le cellule di questi pazien­
tasso ottimale di stabilità, o di instabilità, a seconda
ti. La regione risultava deleta anche nelle forme spo­
di come si interpretano i fatti. Questo tasso ottima­
radiche, non familiari, del tumore, ma solo nelle cel­
le di mutazioni è frutto della selezione naturale e
lule neoplastiche. La clonazione di questa regione
permette che i vantaggi ottenuti dalla precedente
portò all'identificazione del gene RB, che deve il suo
selezione non vengano annullati da una mutazione
nome appunto al retinoblastoma. Il fatto che questo
troppo rapida; consenta invece, allo stesso tempo,
gene fosse deleto in questo tumore fece però pensare
l'emergenza di nuove caratteristiche selezionate
subito che il meccanismo di azione doveva essere
dalle esigenze dì adattamento all'ambiente. Nelle
diverso rispetto agli oncogèni, come verrà conside­
cellule somatiche (o più raramente in quelle germi­
rato in seguito. Questi geni furono chiamati geni
nali), che sono la base "demografica" da cui si svi­
soppressori tumorali od oncosoppressori. Anche questi
luppano le lesioni precancerose ed il cancro, avven­
termini sono parzialmente errati, in quanto l'attività
gono casualmente delle mutazioni. Le mutazioni
di questi geni si esplica anche in condizioni fisiolo­
avvengono anche in assenza di cause specifiche,
giche nella regolazione della proliferazione e diffe­
per instabilità chimica, per errori di replicazione,
renziazione cellulare. Il termine anti-oncogèni è stato
per azione dei raggi cosmici e probabilmente anche
invece definitivamente abbandonato.
per molte altre cause ancora ignote.
Molti oncogeni e geni oncosoppressori sono
stati successivamente identificati con le strategie
sopra descritte e anche con altre tecniche. Un recen­ * http://www.sanger.ac.uJc/genetics/CGP/Census

^ ^ ^ ^ B Cquse endogene éd esogene di mutazione

Cause endogene Incorporazione di nucleotidi non corretti durante la replicazione del DNA
Deaminazione spontanea di adenina, guanina e citosina
Incorporazione di uracile in luogo di timina durante Sa replicazione del DNA:
Idrolisi spontanea del legame N-glicosi!ico tra purine o pirimidine e desossiriboso
Reazioni chimiche tra pirimidine e radicali dell'ossigeno
Cause esogene
Cause fisiche Raggi ultravioletti
Radiazioni ionizzanti
Cause chimiche Agenti alchilanti: p-propiolattone, dimetil solfato, diepossibutano, farmaci antineoplastici
(ciclofosfamide, cloramoucile, nitrosouree, e altri)
Agenti acilanti: 1-acetil-imidazolo, dimetilcarbamil cloruro
idrocarburi aromatici policiclici ed eterociclici: benz(a)antracene, benzo(a)pìrene,
dibenz[a,h)antracene, 3-metilcolantrene, 7,12-dimetiibenz(a)antracene
Amine aromatiche, amidi, coloranti: 2-naftilamÌna, benzidina, 2-acetilaminofluorene,
dimetilaminoazobenzene
Prodotti naturali fitoderivati e microbici: Anatossina Bì, griseofulvina, acasina, safrolo, noci di
Betel '
Altri: nitrosamine e amidi, cloruro di vinile, nichel, cromo, insetticidi, fungicidi, bifenilt
policlorinati, asbesto
Cause Virus a DNA: papiSlomavirus umano (HPV), virus di Epstein-Barr (EBV), virus del sarcoma di
. microbiologiche Kaposi (KSHV, noto anche come HHV-8), virus dell'epatite B (HBV), virus della leucemia T
umano (HTCLV)
Virus a RNA: virus dell'epatite C (HCV)
Batteri: Helicobacter pylori, Campylobacter jejunt, Chlamydia psittaci
Genetico delle neoplasie - 143

La tabella 2 riassume alcune delle cause di ma anche a modificazioni quantitative, per eccesso
mutazioni sia spontanee che esogene. o difetto, di una funzione.
Alcuni agenti chimici, fisici o microbiologici,
chiamati carcinogeni, sono in grado di accrescere la Il cancro com e malattia genetica
probabilità di queste mutazioni, e quindi, su scala
di popolazione, la loro frequenza. Le conseguenze Il cancro può essere considerato una malattia
delle mutazioni sono varie. Molte sono di fatto fun­ genetica? Una distinzione classica si basa sull'ezio­
zionalmente silenti. Infatti le mutazioni possono logia (cioè sulle cause prime) e separa le malattie in
colpire qualsiasi punto del genoma con la medesi­ . genetiche (causate da un danno del DNA) da quel­
ma probabilità; ma poiché solo il 10% circa del le ambientali (causate da un intervento patogeno
genoma è codificante, molte mutazioni di fatto non esterno rispetto alla cellula). Tuttavia, i limiti di
hanno effetti rilevabili. questa classificazione eziologica sono evidenti,
Anche nell'ambito del DNA codificante, muta­ perché la maggior parte delle malattie sono causa­
zioni che colpiscano il terzo nucleotide di ogni codo­ te da una commistione di cause genetiche e
ne hanno una scarsa probabilità di produrre effetti, ambientali. Gli esempi comunemente riportati
grazie alla ridondanza del codice genetico. Infine, (casi estremi di malattie da cause puramente gene­
anche se la mutazione dovesse effettivamente modi­ tiche, come le malattie monogeniche, e quelle da
ficare un residuo aminoacidico, non è detto che tale cause puramente ambientali, come le malattie
modificazione abbia effetti rilevanti sulla funzione infettive), sono in un certo senso emblematiche in
proteica. Esiste poi un certo numero di mutazioni quanto dimostrano come sia impossibile scindere i
che si rivelano letali per la cellula che ne è portatrice, due tipi di cause. Infatti, nel caso delle malattie
fatto che comporta una immediata selezione negati­ monogeniche, come ad esempio la fibrosi cistica,
va. Ciò può avvenire a causa del malfunzionamento un soggetto eredita il gene malato, ma ciò che lo
di geni basilari per l'omeostasi cellulare (ad esempio porterà alla malattia conclamata sono le infezioni
quelli deputati alla produzione di energia o alla sin­ recidivanti, che sono cause ambientali. D'altro
tesi proteica). È ancora possibile l'intervento di mec­ canto nelle malattie infettive, com'è l'infezione da
canismi che, rilevato il danno genetico come non M. tuberculosis, sebbene il patogeno provenga dal­
riparabile (questi meccanismi verranno considerati l'ambiente, la predisposizione del soggetto ad un
nell'ulteriore trattazione), attivano il meccanismo del determinato tipo di risposta può essere determi­
suicìdio cellulare, cioè l'apoptosi. Solo una piccola nante perché l'esito sia la guarigione o la malattia.
parte delle mutazioni, quindi, avrà un effetto rile­ Diviene perciò chiaro come una distinzione pura­
vante. La base per lo sviluppo del cancro è il danno mente eziologica delle cause di malattia sia poco
genetico subletale, e questo concetto sta alla base della coerente con i fatti reali. Una definizione più preci­
classificazione del cancro come malattia genetica. sa di malattia genetica si può dare spostando il
Qualunque sia la causa delle mutazioni (agenti livello di analisi sulla patogenesi, anziché sull'ezio­
chimici, fisici, microbiologici) ciò che è certo è che il logia. Potremmo allora definire una malattia genetica
cancro possiede geni mutati. Ciò però non è suffi­ come una malattia in cui vi sia una alterazione struttu­
ciente. Infatti non tutte le mutazioni e non di tutti i rale e funzionale dell'unità gene-proteina, evento deter­
geni provocano il cancro. Si è visto infatti come sia minante per la patogenesi. Alla base delle malattie
stata dimostrata l'esistenza di un sottogruppo speci­ genetiche sta quindi, e di certo, l'alterazione del
fico di geni che, se portatori di particolari mutazioni, gene, nota comunemente come mutazione, ma alla
possono causare il cancro o i suoi precursori. Volen­ estrinsecazione della patologia concorrono anche
do essere ancora più precisi, è necessario che almeno fattori ambientali. I principali tipi di mutazioni
due o tre (secondo autori più conservatori da quat­ sono elencati nella tabella 3.
tro a sette) di questi geni siano mutati contempora­ Un concetto molto importante nella genetica dei
neamente per provocare una espansione clonale, tumori è il fatto che nella crescita neoplastica il pro­
cioè la crescita di ima progenie di cellule tutte deri­ cesso darwiniano di mutazione/selezione si attua
vate dal medesimo precursore che ha subito per in tempi estremamente accelerati. La teoria sull'e­
primo le mutazioni nei "geni del cancro". L'effetto voluzione delle specie proposta da Darwin ha tro­
finale è ima popolazione di cellule che presenta un vato un fortissimo supporto nelle scoperte inerenti
tasso di crescita netto superiore a zero. la struttura del DNA e la sua funzione come magaz­
Ciò che oggi è noto è che le mutazioni nei "geni zino di informazione genetica. Nel cancro il proces­
del cancro" tendono a concentrarsi in alcuni punti so di mutazione e selezione si riproduce a livello
specifici del gene (e quindi in alcuni dominii fun­ cellulare anziché di individuo e specie.
zionali della proteina), i cosiddetti "punti caldi". Non essendo contagiosa, la crescita neoplastica è
Spesso questi punti caldi sono rappresentati da un insuccesso in termini genetici. Infatti insieme all'o­
dominii proteici filogeneticamente conservati, talo­ spite, il cancro porta a morte anche se stesso, e quin­
ra con funzione regolatoria sull'attività della protei­ di il suo genoma. Ciò conferma ancora una volta che
na. Queste mutazioni, come vedremo, possono por­ un tasso di mutazioni superiore all'ottimale è incom­
tare ad un guadagno o ad una perdita di funzione, patibile con la vita come quella che noi conosciamo.
144 * Processi neoplastici

Q y g B H |" Principali tipi di mutazioni

Tipo di mutazione Esito


Mutazione puntiforme missenso Proteina con alterazione funzionale
Mutazione puntiforme nonsenso Proteina tronca, perdita o alterazione funzionale
Inserzione di n nucleotidi con n multiplo di 3 Proteina con alterazione funzionale
Inserzione di n nucleotidi con n non multiplo di 3 Spostamento della cornice di lettura, perdita o
alterazione funzionale
Delezione di n nucleotidi con n multiplo di 3 Proteina con alterazione funzionale
Delezione di n nucleotidi con n non multiplo di 3 Spostamento delia cornice di lettura, perdita o
alterazione funzionale
Amplificazione genica Incremento della quantità del prodotto del gene
Delezione genica Assenza del prodotto del gene
Traslocazione di un gene in prossimità di un promotore attivo Trascrizione costituzionale del gene, con abnorme
presenza del prodotto
Traslocazione intragenica con formazione di gene chimerico Proteina chimerica con alterata funzione, se il gene
al 5' è costitutivamente presente, deregolazione
dell'attività del prodotto del gene ai 3'

Gli oncogèni agiscono per guadagno • fattori di trascrizione (MYC);


• regolatori diretti del ciclo cellulare (CCND1,
di funzione causato dalla mutazione
CDK4).
di un solo alíele
Una classe di oncogèni che alcuni autori separa­
Gli esperimenti di trasfezione del DNA tumora­ no dagli oncogèni "classici" sono gli in ibitori del-
le, o tramite l'analisi dei virus oncògeni, hanno con­ l'apoptosi (ad esempio BCL2); in definitiva, se atti­
sentito di individuare gli oncogèni, cioè geni che, vi in modo abnorme, i prodotti di questi geni evita­
aggiunti ad una cellula relativamente normale, sono no che la cellula vada incontro al normale processo
in grado di trasformarla, ovvero di conferirle le pro­ apoptotico. Le cellule neoplastiche che possiedono
prietà biologiche della cellula neoplastica. Questi mutazioni di questi geni possono avere tassi di cre­
geni si comportano perciò come geni con guadagno scita molto bassi, ma a causa della loro lunga
di funzione, sono cioè geni che conferiscono alla cel­ sopravvivenza tendono ad accumularsi in modo
lula neoplastica nuove funzioni non possedute indefinito.
dalla cellula normale. In realtà la nuova funzione è Le mutazioni presentì negli oncogèni sono tali da
una proprietà anomala conferita dalla mutazione causarne una attivazione incontrollata, oppure sem­
ad una proteina del proto-oncogène corrisponden­ plicemente da mantenerne l'attività in condizioni in
te. Poiché la proprietà anomala viene aggiunta a cui la forma non mutata sarebbe inattiva. Le muta­
quella normale presente nella cellula, è sufficiente zioni variano da piccole mutazioni puntiformi in
die uno solo dei due alleli del proto-oncogène sia residui critici per la regolazione dell'attività, sino a
mutato per produrre l'effetto. Gli oncogèni agiscono grossolane amplificazioni o traslocazioni cromoso­
perciò in maniera dominante. miche (Fig. 3). In questi ultimi casi, il gene potrebbe
Ma qual è la funzione che viene guadagnata essere paradossalmente non mutato, ma essere
negli oncogèni? Alcuni oncogèni con le loro pro­ deregolato a livello di espressione, a causa dell'au­
prietà principali sono elencati nella tabella 4. mento del numero di copie (nel caso deU'amplifica-
In generale, gli oncogèni sono promotori diretti zìone genica) o della vicinanza di un promotore atti­
della proliferazione cellulare; molti di essi infatti vo (nel caso di traslocazioni). Esempi caratteristici di
fanno parte di vie molecolari le quali hanno, come
queste situazioni sono l'amplificazione del gene N-
ultimo effetto, quello di mantenere la cellula in ciclo: MYC nel neuroblastoma, o la traslocazione
ciò comporta una replicazione cellulare continua.
IgH/BCL2 che pone il gene BCL2 sotto il controllo
Si hanno così oncogèni con funzione di:
dell'enhancer delle immunoglobuline. Poiché que­
• fattori di crescita (ad esempio TGFalfa, HGF); sto elemento regolatorio è attivo nei linfociti, la tras­
® recettori per fattori di crescita (KIT, PDGFRA, locazione è caratteristica di alcune neoplasie che
RET, ERB-B1, ERB-B2); derivano dalle cellule linfatiche (linfoma follicolare).
9 molecole coinvolte nella trasduzione del segna­ In termini statistici, gli oncogèni rappresentano
le (RAS, A B I, BRAF, CTNNB1); circa il 90% dei geni cancro-correlati finora identifi-
Genetica delle neoplasie M 145

Deiezione o Modificazione
funzionale della
proteina

Modificazione
quantitativa
della proteina

Modificazione
quantitativa della
proteina causata
dalla vicinanza
di un promotore
oppure attivo
DNA Proteina di
fusione con
attività anomala
RNA

Fig. 3 - Meccanismi di attivazione degli oncogèni.

Esempi di oncogeni, geni oncosoppressori e geni stabilizzatori

Cene . Via molecolare Tunràrì sporàdici. Sindrome familiare


Oncogèni ■ ' ■ ' .
PDGFB RTK Dermatofibrosarcoma protuberans NO
ERBB2 RTK Carcinomi squamosi del polmone, carcinomi NO
delta mammella, carcinomi dell'ovaio
KIT RTK, P13K Tumori dello stroma gastrointestinale (GIST)/ GIST multipli
seminomi, masfocitosi
PDGFRA RTK, PI3K Tumori dello stroma gastrointestinale (GIST) GiST multipli
RET RTK Carcinoma papillare delia tiroide MENU
MET RTK Carcinomi delio stomaco, deila testa-collo, Carcinoma papillare
del rene, del fegato, dei polmone, dell'ovaio del rene ereditario
HRAS/KRAS, NRAS RTK Carcinomi dei colon, polmone, pancreas, NO
vescica, rene, melanomi, neoplasie
ematologiche
ABU RTK Leucemia mieioide cronica NO
BRAF RTK Melanoma NO
ALK RTK Linfoma anaplastico a grandi cellule NO
CTNNB1 WNT Carcinomi del colon, del fegato, NO
medulloblastomi, pilomatricomi
MYC WNT Linfoma di Burkitt NO
CCND1 RB :-:r: ■
. . V ' linfoma a cèllule dei mantello NO
CDK4 RB Melanoma Melanoma
BCL2 APO Linfoma follicolare NO
PI3KCA PI3K Carcinomi dei colon, stomaco, SNC, mammella NO
{Segue)
] 46 ■ Processi neoplastici

. Esempi di oncogeni, geni oncosoppressorie geni stabilizzatori (Continuazione)


Gène Viamolecolare Tumori sporadici '¿inarome
Cin'ijrjimfi ¡animare
fnmiltnrn ' ^
Geni oncosoppressori
APC WNT Carcinomi de! colon, della tiroide, dello Poliposi adenomatosa
stomaco, del piccolo intestino familiare
VHL HIF1 Carcinomi del rene Sindrome di von Hippel-
Lindau
TP53 TP53 Moltissime neoplasie Sindrome di Li-Fraumeni
WTT TP53 Tumore di Wiims Tumore di Wilms familiare
PTEN PI3K Carcinomi della prostata, della mammel­ Sindromi di Cowden,
la, melanoma, carcinomi della cervice dì Bannayan-Zonana
uterina, dell'endometrio, della testa-collo e Bannayan-Riley-Ruvalcaba
TSCi , TSC2 PI3K Sclerosi tuberosa •
CDKN2A RB Melanoma, carcinoma del pancreas Melanoma familiare
CDK4 RB Melanoma Melanoma famiIidre
RB1 RB Retinoblastoma Retinobìasfoma familiare
NF1 RTK Neurofibroma Neurofibromatosi tipo 1
MENI SMAD Tumori endocrini del pancreas Neoplasie endocrine
multiple tipo 1
SMAD4/DPC4 SMAD Carcinomi del pancreas Poliposi giovanile
Geni stabilizzatori
.....
MUTYH BER Tumori del tratto gastroenterico Poliposi attenuata
(base excision
repair)
ATM Stabilità Linfomi e leucemie Atassia-telangectasia
cromosomica
BRCAl , BRCA2 Stabilità Carcinomi della mammella, ovaio, Carcinomi della mammella e
cromosomica pancreas:';';.. dell'ovaio ereditari
MSH2, MLH1 MMR Tumori del tratto gastroenterico Carcinoma del colon eredita­
(mismatch repair) rio non associato a poi iposi
XPA NER Carcinomi dell'ovaio, colon, polmone, Xeroderma pigmentosum
(nucleotide del cavo orale
excision repair)

cati. In realtà se si escludono i geni attivati per tras­ mente presenti nelle controparti normali. I geni
locazione (specialmente nei linfomi e nei tumori codificanti per le proteine effettóri di queste fun­
mesenchimali, che costituiscono solo il 10% dei zioni perdute sono stati denominati geni oncosop­
tumori maligni) la percentuale scende al 50% circa. pressori. Alcuni di questi geni sono elencati nella
Questo potrebbe significare che la traslocazione ha tabella 4.
reso più facile identificare l'oncogène, o permettere A differenza degli oncogèni, risulta più difficile
uno studio più agevole dei linfomi rispetto alle neo­ classificare gli oncosoppressori in sequenze logiche,
plasie epiteliali. perché costituiscono un insieme eterogeneo. Molti-
di essi sono regolatori negativi della proliferazione;
I geni oncosoppressori sono inattivati ad esempio il prodotto di RB, fisiologicamente,
da una com binazione di mutazioni forma un complesso con il fattore di trascrizione
E2F/DP1 e l'enzima istone-deacetilasi. Questo pro­
che colpiscono entrambi gli alieli voca da un lato l'inibizione trascrizionale di
Le neoplasie, oltre alle funzioni aggiunte, subi­ E2F/DPI, dall'altro la deacetilazione degli istoni,
scono anche la perdita di alcune funzioni normal­ condizione che mantiene condensata la cromatina
Genetica delle neoplasie ^ 147

(rendendola perciò inaccessibile alla trascrizione). tesi di Knudson: nella forma familiare i pazienti
La perdita di RB libera E2F1 /DPI e questo attiva la ereditano una copia del gene mutato da un genito­
trascrizione di geni stimolatori del ciclo cellulare e re, ed una del gene non mutato dall'altro. In queste
separa l'istone-deacetilasi dalla cromatina che divie­ condizioni lo sviluppo del tumore richiede sola­
ne più facilmente accessible (Fig. 4). Altro esempio è mente una mutazione (che colpisca l'allele sano);
costituito da TP53, un oncosoppressore mutato in questa sarà statisticamente probabile dal momento
più di metà delle neoplasie maligne dell'uomo, che che tutte le cellule dell'individuo possiedono già
attiva multiple funzioni in risposta a stimoli stres­ una copia del gene malato. Perciò i tumori si svilup­
santi per la cellula oppure in risposta ad un danno peranno in età precoce e spesso bilateralmente. Per
del DNA; sono funzioni che vanno dall'arresto cel­ un individuo che abbia entrambi gli alleli normali
lulare con trascrizione di geni per la riparazione del la probabilità dì sviluppare il retinoblastoma è inve­
DNA, sino all'induzione dell'apoptosi. ce molto più bassa, perché è necessario che casual­
Le mutazioni degli oncosoppressori agiscono in mente la stessa cellula subisca due mutazioni indi-
maniera opposta a quelle degli oncogèni, sono cioè pendenti, che colpiscano entrambi gli alleli.
mutazioni che portano ad una perdita di funzione. La mutazione biallelica dei geni oncosoppresso­
Classicamente si dice che se l'attivazione degli ri generalmente avviene per un meccanismo combi­
oncogèni corrisponde ad ima automobile con acce­ nato di una alterazione grossolana (come una dele­
leratore perennemente premuto, la lesione degli zione) di un allele e la mutazione intragenica più
oncosoppressori è simile ad un'auto che abbia i sottile dell'altro allele. Queste possono essere costi­
freni malfunzionanti. Il fatto che esistano due alleli tuite da mutazioni missenso, che sono in residui criti­
per ogni gene fa sì che, di norma, sia necessaria la ci per l'attività della proteina: sono mutazioni che
perdita di entrambi perché si produca un effetto inducono la produzione di una proteina tronca
netto: perciò i geni oncosoppressori agiscono in (mutazioni nonsenso o spostamento della cornice
maniera recessiva. Questa caratteristica è stata di lettura), delezioni, inserzioni, o silenziamento
sospettata inizialmente sulla base dell'epidemiolo­ epigenetico. Quest'ultimo meccanismo non è una
gia del retinoblastoma ed è nota come ipotesi di vera e propria mutazione, ma ha l'effetto netto di
Knudson, dal nome del suo formulatore. Il retino- una delezione "funzionale", tramite l'inattivazione
blastoma può infatti presentarsi sia come forma del promotore del gene (di solito a causa della sua
familiare che come forma sporadica. Nella forma ipermetilazione).
familiare il tumore si presenta in età più precoce e Il silenziamento epigenetico fa sì che si possa con­
talora bilateralmente. Questo è spiegabile con l'ipo­ travvenire alla regola della doppia mutazione, in

Istone deacetilasi

Nucieosoma |

Fosforilazione di RB da parte di Ciciina D/CDK4


<p) # JL Istone deacetilasi
; ▼

Fig. 4 - Meccanismo di azione del prodotto del gene RB.


148 ! Processi neopfastici
quanto la perdita completa della funzione del pro­ così una visione di insieme che ha reso chiaro il
dotto si può avere anche per la perdita di un solo fatto che oncogèni e oncosoppressori partecipano
allele, a patto che l'altro sia silenziato. Un tìpico spesso in vie comuni. Ad esempio la via molecolare
esempio di questa situazione si ha con CDKN2A di RB è deputata al controllo del passaggio G l-S del
(pl6INK4A), un inibitore della chinasi CDK2A, il ciclo cellulare (Fig. 5). In questa via troviamo china­
cui promotore risulta ipermetilato nella maggior si come CDK4, proteine regolatorie come CCND1 e
parte dei linfomi di alto grado. CDKN2A (che interagiscono con CDK4), fattori di
regolazione della trascrizione come RB. Tra questi,
CCND1 e CDK4, sono oncogèni attivati per muta­
La mutazione bi-allelica dei geni zione; mentre RB e CDKN2A sono oncosoppressori
stabilizzatori causa un alto tasso inattivati da mutazioni: tuttavia tutti intervengono
di mutazioni in altri geni nella stessa via biochimica. Il concetto di via mole­
colare si fonda sul principio di esclusività: nella sin­
Un terzo gruppo di "geni del cancro" non ha gola neoplasia un solo membro della via è mutato;
funzione né di promozione della crescita, né di con­ infatti la mutazione di più membri non porterebbe
trollo negativo. Questo gruppo di geni esercita inve­ alcun vantaggio aggiuntivo alla cellula che ne fosse
ce una funzione, stabilizzatrice sul genoma, e perciò portatrice. Questo concetto presuppone la non-pro-
si possono definire geni stabilizzatori o guardiani. In miscuità delle vie molecolari, fatto che non corri­
un certo senso sono simili agli oncosoppressori, poi­ sponde alla realtà, ma è molto utile dal punto di
ché nel cancro tendono a perdere le loro funzioni vista concettuale.
fisiologiche, ed inoltre sono necessarie mutazioni Un'altra via molecolare frequentemente alterata
bialleliche per inattivarli. Però il meccanismo con è la via di TP53 (Fig. 6). TP53 è un fattore di trascri­
cui i geni stabilizzatori, quando mutati, favoriscono zione che in caso di danno genetico induce il blocco
lo sviluppo del cancro, è completamente diverso. del ciclo cellulare, la trascrizione di geni di ripara­
Questi geni fisiologicamente sono deputati alla ripa­ zione del DNA, e l'apoptosi se il danno risulta non
razione di piccoli danni genetici che avvengono riparabile. TP53 è generalmente mutato per una
spontaneamente durante la replicazione del DNA combinazione di delezione di un allele e mutazione
(Tab. 2), o a causa dell'esposizione a carcinogeni. Si puntiforme dell'altro, eventi che rendono la protei­
stima che circa 25.000 basi per genoma e per cellula, na incapace di interagire con il DNA. Un effetto del
vengano in qualche modo modificate ogni giorno. tutto simile può essere ottenuto anche tramite una
Questo tasso di mutazioni sarebbe incompatibile amplificazione del gene il cui prodotto è deputato
con la vita, se non intervenissero meccanismi di alla degradazione di TP53, MDM2. In alternativa
riparazione. I geni stabilizzatori hanno appunto alcuni virus, come i sierotipi oncogèni dell'HPV,
questa funzione. Essi, a seconda del meccanismo di producono proteine con la capacità di inattivare
azione, sono classificati: in riparatori per escissione TP53. In realtà la maggior parte dei virus oncogèni
di oligonucleotidi (NER) o per escissione di basi producono proteine che inattivano sia RB che TP53;
(BER) e di riconoscitori di disaccoppiamento (MMR, si ritiene che praticamente tutti i tumori di origine
che agiscono per escissione di singoli nucleotidi). La epiteliale presentino alterazioni di queste due vie
mutazione di questi geni rende le cellule suscettibi­ molecolari.
li di tassi elevati di mutazioni spontanee o indotte Altre vie molecolari sono comunemente alterate
dall'ambiente; in questa evenienza, tutti i geni
saranno soggetti a mutazione, ma ancora una volta
solo le mutazioni dei "geni del cancro" saranno effi­
cienti nel favorire lo sviluppo di neoplasie.

I prodotti di geni diversi interagiscono


in vie molecolari com plesse
I genetisti sanno che mutazioni in geni diversi
possono produrre il medesimo fenotipo. Questo
perché i prodotti di questi geni fanno parte di una
via molecolare comune e, indipendentemente dal
livello di interruzione o attivazione della via, l'effet­
to finale è il medesimo. Come in una cascata di tes­
sere di domino, per far cadere l'ultima tessera sarà
indifferente se si opera sulla prima tessera, sulle
tessere intermedie, o sulla penultima. La compren­
sione delle funzioni biochimiche dei geni del cancro
ha perciò permesso di classificarli funzionalmente a
seconda della via molecolare di appartenenza. Si ha cine 10:789-799, 2004).
Genetica delle neoplasie ; 149

anomala di una proteina avrà effetto non solo su


tumori che abbiano anomalie di quella proteina, ma
WT1 anche su tutti quelli che abbiano anomalie di mole­
(h p v E6 ) cole a monte nella stessa via molecolare. Nell'esem­
pio del domino, se vogliamo evitare che l'ultima
tessera cada, sarà sufficiente bloccare la penultima,
indipendentemente da dove le tessere hanno inizia­
to a cadere, cioè dalla prima tessera o da qualsiasi
Degradazione altra tessera intermedia.

Nella genesi del cancro sono possibili


due modelli statistici di mutazione
La probabilità per una singola cellula di subire
contemporaneamente le multiple mutazioni che la
rendono neoplastica è piuttosto bassa. Sono stati
formulati due modelli per spiegare statisticamente
la possibilità di questo numero di mutazioni nella
cellula trasformata.
APOPTOSI Un primo modello è quello che prevede eventi
successivi di mutazione ed espansione. Il principio
Fig.ó - Meccanismi di attivazione e inibizione della p53 e sue alla base di questo modello è che, sebbene la proba­
funzioni. (Modificata da B. Vogelstein & K.W. Kinzler. Nature
Medicine 10:789-799, 2004). bilità della presenza contemporanea di tutte le
mutazioni necessarie sia piuttosto bassa, essa è
incrementata via via da successive espansioni clo­
nali della cellula portatrice della mutazione. In que­
GPC3 « WNT sto modello si alternano mutazioni di geni critici e
successive espansioni clonali, che aumentano la
"base demografica" su cui si instaurano le mutazio­
ni successive. Se una cellula va incontro a n cicli di
replicazione, la probabilità finale teorica p che
almeno una cellula figlia presenti una specifica
mutazione, con frequenza c\, sarà pari a p=q2n: quin­
di aumenterà in modo esponenziale rispetto al
numero delle replicazioni. Se si considera che dopo
la prima mutazione critica la cellula trasformata
possiede un vantaggio di crescita, si comprenderà
come la probabilità di successive mutazioni aumen­
ti progressivamente.
/
DEGRADAZIONE
Un secondo modello prevede invece che alla
base della trasformazione neoplastica vi sia l'instabi­
i lità genetica, processo dovuto all'alterazione di quei
a - catenina geni stabilizzatori (NER, BER, MMR) precedente-
mente citati. La perdita di funzione di questi geni
porterebbe il tasso di mutazioni cellulari a livelli tali
Actina Cidina Di) da rendere statisticamente accettabile la presenza
del numero di mutazioni necessarie per produrre
BMP4... una cellula cancerosa. Non è ancora chiaro quale
meccanismo sia prevalente, anche se alcuni studi
Fig. 7 - Via del segnale WNT-APC-Beta catenina. (Modificato dimostrano che il tasso di mutazioni di alcuni tumo­
da B. Vogelstein & K.W. Kinzler. Nature Medicine 10:789-799,
2004). ri non è più alto di quello di cellule normali che
abbiano subito un pari numero di replicazioni, ren­
dendo così meno verosimile l'ipotesi che l'instabili­
nei cancro umano. Queste comprendono le vìe dei tà genetica giochi un ruolo primario nei tumori spo­
recettori tirosina-chinasi (RTK), le vie di WNT radici. Al contrario, in molti tumori familiari sembra
(Fig. 7), HIF-1, PI3K (Fig. 8), SMAD, ed infine le vie che essa abbia un ruolo fondamentale.
molecolari che regolano l'apoptosi (Fig. 9). Esiste poi un altro tipo di instabilità, definita
La conoscenza delle vie molecolari del cancro ha instabilità cromosomica, che è praticamente ubiquita­
implicazioni pratiche oltre che teoriche. Infatti l'uso ria nei tumori solidi. Questa instabilità si rivela con
di farmaci specifici diretti a contrastare la funzione modificazioni cromosomiche importanti, che com-
150 & Processi neoplastici

Fig. 8 - Via dei segnale RTK-PI3K-AKT. (Modi­


ficata da B. Vogeistein & K.W. Kinzler. Nature
Medicine 10:789-799, 2004).

TNFOC FASL TRAJL

:ò5x0ri;5:3:i:'S5^-òx?x^
proteine con dominio BH3

^►Citocn C «APAF 1

!k(3 m NFKp------>-NFKj3 Caspasi 3, 6,7.

CICLINA D Fig.9 -V ia del segnaleapoptotico. (Modifica­


APOPTOSI
to da B. Vogeistein & K.W. Kinzler. Nature
Medicine 10:789-799, 2004).
Genetica delle neoplasie & 151

portano la perdita media del 30% degli alleli da


Esempi di geni soppressori di metastasi
parte della cellula, con punte sino al 75%. Genetica-
mente il risultato è che la cellula diviene aneuploi-
de, ma i meccanismi sottostanti sono in gran parte Gene Neoplasia in cui è stata accertata l'attività :
sconosciuti, anche se geni come ATM, BRACAI,
BRCA2 sono coinvolti direttamente nella genesi NM23 Melanoma, carcinoma della mammella,
carcinoma del colon, carcinoma squamoso
deirinstabilità cromosomica. de! cavo orale
MKK4 Carcinoma della prostata, carcinoma
Le lesioni genetiche che caratterizzano dell'ovaio
il processo metastatico sono poco conosciute KAI1 Carcinòma della prostata, carcinoma della
Nonostante gli estesi studi sui geni del cancro, si mammella
sa ancora molto poco su ciò che in definitiva porta BRMS1 Carcinoma della mammella, melanoma
a morte il paziente neoplastico, cioè il processo
della metastatizzazione. Uno dei motivi di questa KISSÍ ; Melanoma, carcinoma della mammella
mancata conoscenza è che lo studio delle metastasi RHÒGDI2 Carcinoma della vescica
rispetto al tumore primario è molto più difficile.
Ciò per due serie di motivi. Il primo è che un tumo­ CRSP3 ; Melanoma
re metastatico è di solito clinicamente inoperabile VDÜP1 : ó Melanoma
per cui le metastasi di solito non vengono asporta­
te. Il patologo è perciò privato del materiale di stu­
dio. Un secondo motivo è costituito dal fatto che
anche gli studi sperimentali sulle metastasi sono fornirà nei prossimi anni molte nuove informazioni
difficili da condurre. I test con cellule in coltura sulla sua specifica genetica, che potrà avere ricadu­
sono poco affidabili, mentre gli esperimenti in vivo te terapeutiche di rilievo. Sappiamo infatti che il
sono difficili, lunghi, e costosi. Ciò spiega in parte punto limitante il processo metastatico è la crescita
come, sino ad oggi, si sappia così poco sulla geneti­ in tessuti diversi da quello di origine, così, farmaci
ca del processo metastatico. Le prime scoperte in che bloccassero questo processo potrebbero essere
questo campo risalgono soltanto al 1988 quando fu efficaci anche in pazienti con malattia avanzata.
identificato NM23, il primo gene soppressore di meta­
stasi. Da allora solo circa una dozzina di questi geni L'effetto di specifiche mutazioni può essere
sono stati identificati, nonostante i progressi tecno­
logici. Alcuni di essi sono elencati nella tabella 5. tessuto- e tempo-dipendente
In analogia a ciò che avviene nei tumori primiti­ Una visione meccanicistica della genetica del
vi, oltre ai soppressori di metastasi, si sono cercati cancro porterebbe a pensare che le mutazioni dei
anche geni promotori della metastatizzazione. Gli geni del cancro abbiano gli stessi effetti indipen­
esperimenti sinora condotti si sono basati sull'ana­ dentemente dal tipo di cellula in cui avvengono. La
lisi comparativa dei profili di espressione genica di realtà dei fatti è che invece, per motivi pressoché
tumori primitivi e delle metastasi. Questi esperi­ sconosciuti, la penetranza delle mutazioni è estre­
menti hanno in effetti individuato alcune firme mamente diversa a seconda del tipo cellulare. Che
molecolari caratteristiche del processo metastatico. la genetica del cancro disobbedisse a principi m ec­
Sono esperimenti che hanno fornito anche una serie canicistici (o, se vogliamo, bioelettrici), fu chiaro già
di importanti informazioni. In primo luogo hanno dalla scoperta dei geni dei tumori familiari, come il
dimostrato, tramite esperimenti di isolamento di retinoblastoma. Infatti se tutte le cellule dell'indivi­
singole cellule del tumore primitivo, che questa duo possiedono una mutazione del gene RB, e que­
firma molecolare era già presente in subcloni dello sto ha una funzione ubiquitaria, perché nei portato­
stesso tumore. Inoltre, esperimenti di CGH hanno ri si sviluppa solo il retinoblastoma? Come già sot­
dimostrato che le metastasi non posseggono gros­ tolineato il motivo è, sino ad oggi, sconosciuto. Ciò
solane modificazioni genetiche aggiuntive rispetto che finora si conosce è l'esistenza di altre prove
al tumore primario. della tessuto-dipendenza di molte mutazioni. Oltre
Ciò che tuttavia non è stato possibile identificare al caso del retinoblastoma, potremmo citare il caso
con questi studi riguarda i geni che sono specifica­ di mutazioni ereditarie dei geni MMR. Una muta­
mente mutati nel processo metastatico. Gli studi sui zione in questi geni produce una instabilità geneti­
geni metastasi-soppressori precedentemente citati ca complessiva, estesa a tutte le cellule; ma i porta­
hanno evidenziato come questi siano resi silenti tori sviluppano tumori solamente nel colon e nel­
anziché deleti, come invece ci si potrebbe attendere. l'utero.
Al contrario nulla è noto sui fattori che determina­ Un esempio molto significativo, a livello mole­
no l'incremento di espressione dei geni identificati colare, è costituito dal gene KRAS2. Le mutazioni di
negli esperimenti di profilamento genetico. questo gene sembrano essere fra i primi eventi nella
Probabilmente lo studio del processo metastatico genesi del cancro duttale del pancreas, mentre nel
152 Processi neoplastia
colon, o nell'epitelio ovarico, portano a lesioni auto- La conoscenza della genetica funzionale
limitantesi. Al contrario se la mutazione di KRAS2
getta le basi per lo sviluppo di nuovi
avviene in una cellula epiteliale del colon, che abbia
già subito una mutazione di APC, può dare origine farmaci anti-neoplastici e per la scoperta
ad una espansione clonale che di solito procede di biom arcatori tumorali
verso il cancro. In questo caso è evidente che l'effet­
La conoscenza delle alterazioni molecolari spe­
to della mutazione è tempo-dipendente, cioè si modi­
cifiche dei tumori fa intravedere la possibilità che si
fica a seconda del momento in cui interviene. Infi­
possano sviluppare strategie terapeutiche in grado
ne, RAS può funzionare da oncogène o da soppres­
di correggere queste alterazioni. Alcuni successi
sore tumorale a seconda delle circostanze; un com­
sono già stati ottenuti, ad esempio con l'utilizzo di
portamento simile è stato evidenziato anche per
specifici inibitori di chinasi, come l'STI571 (com­
altri geni tra cui RUNX.
mercialmente noto come Gleevec), in grado di ini­
Grazie a queste conoscenze si è sostanziato il
bire la chinasi ABL nella leucemia mieloide cronica,
concetto che anche neirambito della cellula, le stes­ o la chinasi'KIT nei tumori stromali gastrointestina­
se molecole possano svolgere ruoli diversi in
li (GIST); entrambi bersaglio di mutazioni specifi­
momenti diversi. Purtroppo, le basi biochimiche di che. Il trastuzumab (Herceptin) è un anticorpo
questo comportamento sono oggi sconosciute. Un monoclonale diretto contro il prodotto del gene
secondo concetto da tenere presente riguarda la ERBB2, e viene correntemente utilizzato nei tumori
necessità di essere molto cauti nel trarre conclusio­ della mammella che presentano amplificazione di
ni da risultati ottenuti con modelli sperimentali, questo gene. Il gefitinib (Iressa) è un inibitore del
specialmente se le cellule utilizzate in un esperi­ prodotto del gene EGFR, e viene utilizzato nella
mento sono diverse da quelle di cui si vogliono terapia del cancro del polmone. Sembra che la
ottenere informazioni. Ad esempio dai modelli mutazione di questi geni sia un importante indice
murini abbiamo imparato che la mutazione degli di risposta alla terapia con farmaci specifici. Infatti,
stessi geni produce nel topo tumori diversi rispetto la presenza di mutazione indica un processo di
a quelli dell'uomo. selezione e, quindi, il fatto che la proteina è impor­
tante per la sopravvivenza del tumore. L'enorme
Molti geni coinvolti nel processo neoplastico mole di dati fornita da studi di genomica e proteo-
non sono di fatto mutati mica sta indicando un grande numero di bersagli
possibili per nuovi farmaci. Selezionare i bersagli
In tempi recenti l'introduzione di nuove tecniche utili ai fini terapeutici e sviluppare farmaci specifi­
ad alta densità di dati ha rivelato come centinaia di ci per queste molecole sarà la sfida della farmacolo­
geni o proteine differiscano nei campioni tumorali gia futura.
rispetto alla controparte normale. In realtà non è Anche se la conoscenza della genetica delle neo­
facile distinguere quali di questi geni abbiano un plasie dovesse fornire farmaci efficaci, sappiamo
ruolo causale del cancro e quali presentino invece che l'intervento migliore in termini di costo ed effi­
anomalie di espressione come sottoprodotto della cacia è la prevenzione. La conoscenza della geneti­
trasformazione neoplastica, o riflettano semplice­ ca del cancro non può prevenire l'esposizione a car-
mente il profilo di espressione della cellula di origi­ cinogeni, ma può dare un grande contributo alla
ne. In verità, la maggior parte di questi geni non diagnosi precoce, in fase pre-clinica, delle neopla­
sono mutati (dato il numero enorme di dati ottenu­ sie, cioè quando la malattia neoplastica è curabile
ti, per molti non sono state nemmeno ricercate con efficacia. Lo studio dell'espressione genica e
eventuali mutazioni). In assenza di mutazioni risul­ proteica di una neoplasia può permettere l'identifi­
ta difficile definire se questi geni siano stati o meno cazione dì proteine rilasciate nel sangue, che posso­
selezionati durante la genesi del cancro. Prove indi­ no essere individuate facilmente, e a basso costo,
rette si possono ottenere tramite studi funzionali in con nuovi metodi ultra-sensibili come ad esempio
vitro o nell'animale, ma quanto precedentemente la spettrometria di massa. Anche se meno spettaco­
detto sulla tessuto-dipendenza degli effetti deve far lare della terapia del cancro conclamato, la diagno­
prevalere la cautela nell'interpretazione dei risulta­ si precoce potrà salvare molte vite umane nel futu­
ti. Con un paragone poliziesco, potremmo dire che ro e fornire forse l'applicazione più efficace, in asso­
è molto difficile cogliere i colpevoli in flagranza di luto, delle conoscenze sulla genetica del cancro.
reato. Un esempio tipico è rappresentato dall'enzi­
ma telomerasi. Ci sono moltissime prove che coin­
volgono la telomerasi in processi strettamente cor­ | Basi molecolari delle neoplasie
relati alla crescita neoplastica, come l'immortalizza-
R. Ranaldi
zione e l'instabilità genetica. Nonostante ciò non è
ancora chiaro se la telomerasi giochi un ruolo di H genoma umano normale contiene geni regola­
primo piano nell'oncogenesi, o sia il riflesso del tori, deputati al controllo dell'attività proliferativa e
fatto che il cancro deriva da cellule staminali che della vita cellulare. Le sostanze cancerogene, per
esprimono fisiologicamente questa proteina. produrre il loro effetto, devono alterare strutturai-
Basi molecolari delle neoplasie & 153

mente e/o funzionalmente questi stessi geni (defi­ cellulare che è una tirosino-chinasi; quest'ultima
niti oncogèni) che vengono raggruppati nelle si attiva solo in presenza del legame recettore-
seguenti categorie: fattore di crescita e trasmette lo stimolo alle pro­
teine citoplasmatiche. I c-onc di questa categoria
1. Proto-oncogèni, che promuovono la crescita cel­
presentano in genere mutazioni, per cui codifi­
lulare.
cano per recettori attivati in modo permanente e
2. Anti-oncogèni, che inibiscono la crescita cellula­ costituzionale (cioè senza che sia necessario il
re. legame col fattore di crescita). Molti tumori
hanno questa anomalia; ad esempio si possono
3. Geni che controllano l'apoptosì. citare i "tum ori stromali gastrointestinali"
1) I primi proto-oncogèni ad essere identificati (GIST), entità nosologica di recente identifica­
fanno parte del genoma dei virus oncògeni; essi zione, in cui è mutato il gene c-kit;
provocano la trasformazione neoplastica integran­ © proteine transduttrici. Possono essere di vari tipi.
dosi nel DNA delle cellule infettate. Questi oncogè­ La proteina "abl" è una tirosino-chinasi citopla­
ni vengono chiamati "v-onc". Sorprendentemente, smatica posta in prossimità della membrana pia­
è stato poi scoperto che molti v-onc sono omologhi smatica; nelle leucemie mieloidi una traslocazio­
a tratti del DNA umano normale, e vengono deno­ ne cromosomica 9;22 ha come conseguenza la
minati proto-oncogèni. Se ciò rappresenti un retag­ sintesi di una proteina ibrida abl-bcr dotata di
gio filogenetico (si tratta di geni che vengono ben potente e persistente attività chinasica.
conservati durante l'evoluzione e nelle diverse Diverso è invece il meccanismo d'azione della
specie, forse proprio perché da essi dipende una proteina codificata dal gene "ras": quando atti­
funzione essenziale alla vita come è la proliferazio­ vata in conseguenza agli stimoli esterni, tale
ne cellulare) è argomento speculativo. Di fatto, un proteina si lega al GTP per trasmettere lo stimo­
loro difettoso funzionamento, dovuto a mutazione lo; l'attivazione è temporanea, poiché la protei­
o ad influenze ambientali, li trasforma in oncogèni na ras ha attività GTPasica; se però il gene ras è
cellulari (c-onc). mutato, la proteina perde l'attività GTPasica e
I proto-oncogèni attivano in modo controllato rimane costantemente attivata;
tutte le tappe biochimiche della proliferazione cel­
lulare. Queste tappe possono essere riassunte nei • proteine regolatrici localizzate nel nucleo. A titolo di
punti seguenti: esempio possiamo citare la proteina codificata
dal gene myc, che fa parte di una serie di geni
• legame di un fattore di crescita ad uno specifico
che controllano il ciclo cellulare. Un'alterazione
recettore di membrana;
del c-myc è stata documentata nel linfoma di
• attivazione transitoria del recettore, che trasmet­ Burkitt, nel neuroblastoma e nel carcinoma a
te il segnale sul dominio intemo della membra­ piccole cellule del polmone.
na piasmatica;
La trasformazione del proto-oncogène in c-onc
© attivazione di proteine citoplasmatiche tran- può essere dovuta sia ad alterazione strutturale del
sduttrici che fungono da secondo messaggero e gene, sia a modifica della sua espressione. Nel
trasportano il segnale nel nucleo; primo caso avremo la produzione di una proteina
© attivazione di fattori regolatori nel nucleo. anomala, nel secondo una produzione inappropria­
ta di proteina normale. Le alterazioni strutturali
Un qualunque difetto nel controllo di queste spesso consistono in mutazioni puntiformi (ad es.:
tappe induce aumento della proliferazione che a c-ras), più raramente in aberrazioni cromosomiche
volte è anche incontrollata: per ciò è sufficiente che (v. sopra: traslocazione 9;22). Le alterazioni dell'e­
uno solo dei due alleli del proto-oncogène sia alte­ spressione genica sono invece più spesso determi­
rato, ragione per cui i c-onc vengono definiti anche nate da traslocazioni cromosomiche (ad es.: 8;14 nel
oncogèni dominanti. linfoma di Burkitt, 18;14 nel linfoma follicolare) o
I c-onc, in base alla modalità d'azione che hanno da amplificazione genica (ad es.: c-erb B2 nel carci­
le proteine da essi prodotte ed in parallelo con le noma mammario, c-myc nel neuroblastoma e nel
tappe sovradescritte, possono essere classificati in: carcinoma polmonare a piccole cellule).
@ fattori di crescita. Si tratta per lo più di sovrae- 2) Gli anti-oncogèni hanno un'attività inibitoria
spressione (non di mutazione) del c-onc. Si può sulla proliferazione cellulare, e per questo vengono
verificare che la stessa cellula neoplastica produ­ chiamati anche geni soppressori tumorali. La loro
ca il fattore di crescita e lo specifico recettore, funzione fisiologica è quella di modulare la risposta
con un meccanismo di stimolazione autocrina; proliferativa in maniera congruente con gli stimoli
che l'hanno indotta. Affinché un loro malfunziona­
• recettori per i fattori di crescita. Il recettore norma­ mento si traduca in una crescita incontrollata neo­
le ha un dominio extracellulare che si lega allo plastica, è necessario che entrambi gli alleli siano
specifico fattore di crescita, ed un dominio intra- alterati; vengono pertanto definiti c-onc recessivi.
„154 Processi neoplastici
La perdita di funzione dei due alleli può avvenire
in due eventi/momenti ("hit") successivi.
Ü Alterazioni morfologiche
Appartengono a questa categoria i geni p53, Rb delle cellule maligne:
(gene del retinoblastoma), APC (adenomatosi fami­ "grado di malignità"
liare del colon), DCC ("deleted in colorectal cán­
cer" ), NF-1 (neurofibromatosi), WT-1 (tumore di A. Scarpa, A. Mombello
Wilms). La cellula di una neoplasia benigna ha analogie
Per molti di questi tumori esistono forme fami­ con quelle del tessuto di origine; la cellula maligna
liari, e ciò può trovare spiegazione proprio nel invece è in genere riconoscibile perché presenta:
carattere recessivo del c-onc: il soggetto eredita un
alíele mutato (first hit), che rimane clinicamente • alterazioni delle dimensioni;
silente; è aumentato tuttavia il rischio di trasforma­
• aumento del contenuto di DNA (colorazione
zione neoplastica, che avviene per mutazione
intensa dei nuclei);
somatica del secondo alíele (second hit). Per quan­
to riguarda il gene APC, la mutazione del primo • anomalie della disposizione della cromatina;
alíele non è silente ma provoca la crescita di tumori
benigni (polipi adenomatosi) nella mucosa intesti­ ® aumentato rapporto nucleo/citoplasma;
nale; successivamente altri eventi, tra cui la muta­
zione del secondo alíele, determinano la trasforma­ • perdita di polarità con crescita disordinata, a
zione maligna; il questo caso il c-onc viene definito causa delle alterazioni del rapporto sia tra le cel­
parzialmente dominante. lule neoplastiche stesse che tra queste e lo stroma;
Il meccanismo d'azione dei geni soppressori è
poco conosciuto, ma è verosimile che possa interes­ • mitosi frequenti.
sare le varie tappe della proliferazione cellulare,
L'entità delle alterazioni morfologiche delle cel­
modulando in ognuna l'azione del proto-oncogène.
lule neoplastiche e della loro organizzazione tissu-
Vengono riportati di seguito alcuni esempi:
tale sono alla base della 'gradazione' o 'grading'cito­
® Il gene NF-1 codifica per una proteina detta logico delle neoplasie maligne. Il grading viene
GAP (GTPase Activating Protein), che si lega quindi valutato su due parametri: l'aspetto citologi­
alla proteina ras attivata, ne aumenta Fattività co e quello istologico descritti di seguito.
GTPasica e determina il ritorno del ras stesso
alla forma inattiva. G radazion e cito log ica dei tum ori ('Grading' c ito lo ­
gico) è una misura della entità della alterazione
• Il gene Rb codifica per una proteina endonuclea- della differenziazione della cellula neoplastica. Il
re che blocca il ciclo cellulare impedendo il pas­ 'grading' si riferisce cioè al grado di perdita di dif­
saggio da G0/G1 alla fase S. ferenziazione della cellula neoplastica paragonata
• Il gene p53 codifica per una proteina endonu- al suo corrispettivo normale, e viene in genere
cleare che si accumula dopo che la cellula è stata espresso con un valore numerico da basso ad alto,
esposta ad un danno chimico o radiante; p53 con il numero più alto indicante il più maligno. In
blocca il ciclo in G l dando la possibilità di ripa­ molti casi il grado citologico di una lesione è co rre ­
rare il DNA; se poi il danno non è riparabile p53 lato con la prognosi, ma non è sempre così. Sulla
induce Fapoptosi. Per questa funzione, il gene base dell'aspetto delle cellule neoplastiche vengono
p53 è stato definito "guardiano del genoma". distinti quattro livelli di 'grading'. G l, neoplasia
Una proteina p53 anomala, non funzionante, ben differenziata; G2, neoplasia moderatamente
predispone genericamente a successive muta­ differenziata; G3, neoplasia scarsamente differen­
zioni e allo sviluppo di neoplasie. ziata; G4, neoplasia indifferenziata o anaplastica.
Nella realtà diagnostica quotidiana si adotta, nella
3) I geni che regolano l'apoptosi. L'individua­maggior parte dei casi, un grading costituito da tre
zione di questi geni e le loro implicazioni nei pro­ livelli, in cui i gradi G3 e G4 vengono unificati.
cessi di cancerogenesi sono acquisizioni recenti, per
cui anche il loro meccanismo d'azione è conosciuto G radazione istolog ica dei tum ori ('Grading' isto lo ­
solo in parte. gico) è una misura della alterazione strutturale del
Del gene p53 si è già trattato. Altro esempio è il tessuto neoplastico paragonato al suo corrispettivo
gene bcl-2, che codifica per una proteina con attivi­ normale (Fig. 10).
tà anti-apoptotica; nel genoma normale, il gene bcl-
2 è in posizione 18q21; nei linfomi follicolari si ha A n aplasia è un termine che indica assenza di diffe­
una traslocazione che sposta il locus 14q32 (conte­ renziazione, in generale. Il suo uso altresì è limitato
nente i geni per la sintesi delle catene pesanti delle ad alcuni tumori rari e particolari, costituiti da cel­
immunoglobuline) vicino a bcl-2; quest'ultimo lule poco differenziate associate a cellule bizzarre e
diviene sovraespresso e conseguentemente si ha il plurinucleate (Fig. 11), con nuclei voluminosi e
blocco dell'apoptosi. distribuzione anomala della cromatina.
Alterazioni morfologiche delle cellule maligne: "grado di malignità" s 155

Fig. 1 1 - Neoplasia epiteliale anaplastica: carcinoma anapla-


stico della tiroide. {E.e. 400 X). (Da Lanza: Tumori e precance­
rosi. Piccin Ed. 1989).

| Nomenclatura e classificazione
delie neoplasie
A. Scarpa, A. Mombello
c
Le neoplasie benigne hanno varie denomina­
Fig. 10 - Gradtng cito-istologico. Si riportano tre adenocarci- zioni che, in generale, sono formate da una prima
rsomi dei coion rappresentativi dei tre gradi di differenziazione parte che ricorda la cellula o tessuto di origine e
che si possono presentare e che vengono formulati nelle dia­ il suffisso -orna (Tab. 6). Le neoplasie maligne
gnosi anatomopatoloaiche, sulla base delle anomalie dto-archi-
tetturali. in a è un aaenocarcmoma ben differenziato in cui le invece vengono distinte in due tipi fondamentali,
cellule neopiastiche si organizzano a formare cripte ben ricono­ i carcinomi e i sarcomi. Infatti, nella maggior
scibili. In b, è mostrato un adenocarcinoma moderatamente dif­ parte dei casi le cellule neoplastiche hanno carat­
ferenziato in cui vanno notate le atipie nucleari evidenti. In c un teri morfologici che ricordano le cellule normali
carcinoma scarsamente diffrenziato in cui non è più riconosci­
bile una organizzazione in cripte o ghiandole e le atipie cellu­ del tessuto di origine; ciò rende possibile una
lari sono notevolmente accentuate (inserto) con aspetti riferibili prima distinzione tra neoplasie epiteliali e
a adenocarcinoma a cellule disperse mucosecernenti. mesenchimali.
156 s Processi neoplastici

WiWïMÊm Classificazione dèi tumóri

Derivazione epiteliale e neuroectodermica Tumóre benigno Tumore. maligno


Epitelio squamoso Papilloma squamocellulare Carcinoma squamoso
Epitelio ghia ndola re Adenoma Adenocarcinoma
Cistoadenoma Cistoadenocarcinoma
Epitelio a cellule transizionali Papilloma uroteiiale Carcinoma uroteliale
Epitelio dei plessi corioidei Papilloma Carcinoma
Tessuto neuroendocrino Adenomi Carcmomi neuroendocrini
Cellule nervose Gangìipglioma Neuroblastoma
Medulloblastoma
Tessuto cromaffine Tumore carotideo Varianri maligne
Feocromocitoma
Melanociti Nevi Melanoma
Derivazione mèsençhimqle ,\ ; •' • ÿ; /v ! ' ' • ' 'r;r'
Tessuto linfo-emopoietico Leucemie e Linfomi
Fibrocito Fibroma Fibrosarcoma
Adipocita Lipoma Liposarcoma
Condrocita Condroma Condrosarcoma
Osteocita Osteoma Osteosarcoma
Leiomiocita Leiomioma Leiomiosarcoma
Rabdomiocita Rabdomioma Rabdomiosarcoma
Endotelio vascolare Emangioma, linfangioma Angiosarcoma, linfangiosarcoma
Guaine nervose Neurofibroma, neurilemmoma Neurosarcoma
Sinovia Sinovioma Sarcoma sinoviale
Mesotelio Mesotelioma benigno Mesotelioma maligno
Meningi Meningioma Meningioma maligno
Glia Gliomi Gliomi maligni
Ependima Ependimoma Ependìmoblastoma
les^-germiiwlii • n; ' •' r'/ - - '■ // • v'r '• % '• .
Trofoblasto Moia idatidea Corioncarcinoma
Cellula totipotente Teratoma benigno Teratoma maligno
Cellula unipotente Retinoblastoma, neuroblastoma,
epatoblastoma, pancreoblastoma
Vestigia embrionali Craniofarinqioma, cordoma,
ameloblastoma
Tumori germinali j Seminoma, disgerminoma
Epitelioplacentare . V ‘-^::VT.
Trofoblasto Mola idatidea Corioncarcinoma

Carcinoma è ogni neoplasia maligna di origine D termine adenocarcinoma indica una neoplasia
epiteliale (Fig. 12); maligna epiteliale che forma ghiandole (Fig. 14). Le
Sarcoma è ogni neoplasia che origina da cellule leucemie e i linfomi sono 'sarcomi' che originano
di derivazione mesodermica (Fig. 13). dalle cellule del sistema emolinfopoietico.
Nomenclatura e classificazione delle neoplasie s 157

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Fig. 12 - Neoplasia epiteliale maligna: carcinoma papillare Fig. 13 - Neoplasia mesenchimale maligna: fibrosarcoma dei
(grado 3} della vescica. (E.e. 250 X). (Da Lanza: Tumori periostio con evidenti atipie nucleari. (E.e. 250 X). (Da Lanza:
e precancerosi. Piccin Ed. Padova 1989}. Tumori e precancerosi. Piccin Ed. 1989).

Fig. 14 - Neoplasia ghiandolare maligna: adenocarcinoma del y'


colon. (E.e. 200 X).
m
158 s Processi neoplastici

Concetti chiave
Carcinom i. Insorgono dagli epiteli di rivestimento della cute,'tratto gastrointestinale^ respiratorio,uro­
genitale e biliare, oppure dagli epiteli dei dotti mammari, pancreatici e delle ghiandole salivari. Le
ghiandole endocrine, comprese il testicolo e l'ovaio, possono dare origine a carcinomi. In generale, i.
carcinomi sono composti d i cellule poligonali. I carcinomi che formano configurazioni ghiandolari
sono definiti adenocarcinoini...
S arco mi. Insorgono dai cosidetti tessuti molli (tessuti connettivi quelli cartilagine, osso, mùscolo liscio
o striato, fasce tendinee, vasi linfatici ò ematici, rivestimenti di organi qualiim esoteli). In generale, i
sarcomi sono composti di cellule fusate.

In maniera più dettagliata, i tumori si classifica­ di studio. Numerosi studi di cancerogenesi chimica
no in base alla cellula di origine (Tab. 6). sperimentale hanno dimostrato che esistono:
• agenti inizianti: sostanze capaci di trasformare
| Cancerogenesi umana: cellule normali in cellule potenzialmente neo­

generalità ed eziologia plastiche,


• agenti promoventi: sostanze capaci di indurre la
G.M. Mariuzzi, R. Ranaídí, L. Mariuzzi crescita neoplastica di cellule già "iniziate".
La trasformazione cellulare che dà origine alla Sono studi che hanno permesso di delineare
proliferazione neoplastica è dovuta, come già molti dei concetti basilari tuttora validi sulla genesi
descritto, ad alterazioni del genoma. Queste altera­ delle neoplasie. È stato infatti osservato che per
zioni sono più spesso causate dall'interazione di completare la trasformazione neoplastica sono
agenti cancerogeni con cellule bersaglio o, di rado necessari eventi plurimi:
sono trasmesse ereditariamente. I carcinogeni pos­
sono essere di natura chimica, radiante, virale, • una dose appropriata di agente iniziante produ­
ormonale o semplicemente antigenica. ce alterazioni irreversibili del DNA delle cellule
I cancerogeni chimici sono quelli maggiormente bersaglio;
studiati: si tratta di composti elettrofili, molto reatti­ ® la promozione è essenzialmente uno stimolo
vi, che stabiliscono legami covalenti con gli acidi iperplasiogeno che permette alla cellula iniziata,
nucleici, alterandoli. L'effetto è molto spesso letale (una cellula staminale adulta dell'organo o tes­
per la cellula; solo una piccola percentuale di eventi suto interessato), di proliferare; stimolo che
sì traduce in una crescita neoplastica. Affinché que­ deve protrarsi sufficientemente a lungo per con­
sto avvenga, è necessario che l'interazione del cance­ sentire il completamento della trasformazione
rogeno con il DNA soddisfi i seguenti requisiti: neoplástica;
• deve interessare geni con particolari funzioni: • le cellule iniziate, stimolate a proliferare, tra­
oncogèni, geni soppressori, geni che regolano smettono le alterazioni del DNA alle cellule
l'apoptosi. Inoltre, deve interessare più di imo di fighe; di conseguenza la proliferazione neopla­
questi geni; stica è clonale;
• la lesione prodotta non deve essere riparata. La • le neoplasie maligne prendono origine proprio
cellula ha infatti un sistema di protezione che dalle Cellule Staminali Adulte (CSA) dei vari
permette di ricostituire il DNA alterato o, se il tessuti, - CSA che di norma sono collocate nelle
danno non è riparabile, di indurre l'apoptosi sedi del ricambio cellulare (Nicchie Epitelio-
della o delle cellule trasformate. La trasforma­ Mesenchimalì NEM) -.
zione neoplastica deve poter evadere questo
sistema di protezione; Conclusioni quest'ultime derivate da una serie
di osservazioni cliniche prima e da ricerche speri­
• la lesione prodotta deve essere trasmessa alle mentali poi. Infatti da tempo è stato accertato il
cellule figlie. Infatti, la cellula mutata potrebbe dato di fatto che le terapie dei tumori maligni, fon­
non essere in grado di riprodursi in modo effi­ date su farmaci antiblastici in grado di bloccare o
ciente; per la genesi del cancro è quindi necessa­ inibire la proliferazione cellulare, non sono risulta­
rio che avvenga almeno una replicazione cellu­ te efficaci per curare o spegnere l'attività prolifera-
lare affinché l'alterazione sia fissata nel genoma.
tiva delle cellule maligne.
Nonostante l'esperienza clinico-epidemiologica Inoltre ricerche cliniche e sperimentali, condotte
abbia permesso di identificare agevolmente ima serie durante il secolo appena trascorso, avevano dimo­
di agenti cancerogeni, la loro modalità di azione e gli strato che l'asportazione integrale delle lesioni neo­
effetti sul metabolismo cellulare sono ancora oggetto plastiche premaligne, displasie e ca. in situ, era
Cancerogenesi umana: generalità ed eziologia & 159
provvedimento terapeutico sicuramente efficace, e condizione della malignità attuale in quanto capaci
sufficiente, per eradicare del tutto la riproduzione di generare lesioni neoplastiche maligne, dapprima
delle cellule già maligne, ma non ancora dotate limitate nella loro sede di origine, lesioni che sono
della capacità di iniziare l'invasione. microscopicamente identificabili e che vengono
Infine i risultati, del tutto recenti, sulle cellule definite ¿^spiaste e carcinom i in situ (CIS).
stam in ali m aligne (CSM) o cancer stem cells (CSC) Con i risultati degli studi di Dick e di quelli di
hanno chiarito i problemi sollevati da queste osser­ Singh è stato acquisito il concetto nuovo che sono le
vazioni, appunto dei riscontri appena considerati mutazioni delle cellule staminali - spontanee o
(si veda anche in seguito). soprattutto quelle indotte da agenti chimici muta-
Il problema dei momenti che segnano i passi ini­ geni, da radiazioni ionizzanti, da virus ed da altri
ziali del processo della cancerogenesi è argomento fattori/condizioni ancora - gli eventi che stanno
complesso che viene affrontato in questi anni. La all'origine delle neoplasie maligne.
genesi, delle neoplasie maligne in particolare, è L'evoluzione della progressione neoplastica
caratterizzata da una catena di eventi che si succe­ maligna, a partire dal CIS, si caratterizza per l'inter­
dono in un tempo necessario perché si possano vento di ulteriori alterazioni genetiche che determi­
attuare trasformazioni genetiche tali da far assume­ nano o sostanziano, nelle CSM-CSCs, la proprietà
re alle CSA le proprietà biologiche peculiari delle di superare ì siti limitati delle lesioni iniziali prein­
cellule neoplastiche: che non sono più funzionali al vasive, appunto la condizione di ca. in situ, per
ricambio cellulare riparatLvo delle perdite, fisiologi­ invadere dapprima i tessuti contigui ed in seguito i
che o patologiche, ma che acquisiscono la capacità vasi sanguigni e generare così le metastasi: l'evento
di riprodursi in modo del tutto autonomo. che segna il completamento della condizione della
La trasformazione delle CSA, organo o tessu­ malignità attuale. Somma di alterazoni genetiche
to/specifiche, situate nelle NEM, - come sono le che viene favorita dalle varie condizioni che, in
cripte delle ghiandole mucose intestinali, quelle dei qualche modo, sono in grado di incidere sul ricam­
tubercoli dei follicoli piliferi per la cute, lo strato bio cellulare.
basale della mucosa della portio uterina e di altre Nella mammella, ad es., le continue modifica­
mucose, ecc., avviene per una somma di eventi zioni cicliche delle sue ghiandole, dipendenti dal
oncogenetici che sì succedono nel tempo e che cau­ succedersi dei cicli periodici e dagli eventi per gli
sano, nelle CSA, alterazioni/mutazioni in progres­ adeguamenti agli stimoli endocrini, inclusi quelli
sione, con riarrangiamentì del loro genoma. Modi­ legati alle gravidanze eventuali, accrescono il
ficazioni che finiscono per dare origine a linee cel­ rischio di mutazioni o riarrangiamenti genetici
lulari dapprima capaci di autonomìa proliferativa delle sue cellule staminali.
locale e poi in grado di attuare l'infiltrazione locale Modulazioni endocrine significative ed in grado
e, alla fine, di invadere il torrente circolatorio per di avviare o, almeno, di favorire l'iniziazione e la
insediarsi in altri distretti, generando le metastasi; progressione di modificazioni genetiche che, som­
insediamenti che non sembra possano essere consi­ mandosi, finiscono per generare cloni di cellule sta­
derati del tutto casuali. minali mutate autonome e capaci di attuare una
Eventi quindi che comportano l'emergenza, o la neoplasia.
selezione, di ima popolazione cellulare, anche esi­ L'accrescimento di massa di una neoplasia m ali­
gua, ma capace di costituire una "famiglia" cellulare, gna, che procede fino a rendere impossibile la vita
collaterale a quella che provvede al normale ricam­ del soggetto affetto, pur dipendendo dalle CSA
bio cellulare, continuo o discontinuo che sia. Fami­ mutate, è comunque sostenuto sopratutto da cellu­
glia collaterale, indipendente e, almeno apparente­ le che, pur derivate dalle CSA e come queste proli­
mente, priva di finalità, quindi del tutto autonoma; feranti afinalisticamente, sono in pratica cellule dif­
popolazione/famiglia che emerge quando le CSA, ferenziate che costituiscono la gran parte della neo­
mutate progressivamente, perdono la proprietà di plasia maligna, ma che, a differenza delle CSA,
adeguare il loro ricambio cellulare alle esigenze hanno una attività proliferativa intensa ed un ciclo
attuali del tessuto al quale appartengono. Per acqui­ vitale di breve durata.
sire, invece, con gradualità, e per sommazione di Dati di fatto dai quali si può desumere che una
riarrangiamenti genetici, la proprietà/capacità della terapia antineoplastica può essere efficace solo se,
proliferazione non finalizzata o afinalistica, costitui­ oltre all'eliminazione della massa neoplastica,
ta da cellule immature, non ancora identificabili con riesce ad eliminare anche le CSA, prima che queste
i mezzi, sopratutto microscopici, oggi disponibili. riescano ad acquisire le capacità:
Negli ultimi anni è stato dimostrato che le CSA, • di invadere il torrente circolatorio e
quando acquisiscano la proprietà/capacità biologi­
• di insediarsi in sedi diverse da quelle della loro
ca, nuova ed abnorme, della proliferazione autono­
origine, cioè prima del momento della metasta-
ma, incondizionata ed indefinita - o meglio duratu­
tizzazione.
ra finché dura la vita del soggetto portatore di una
neoplasia maligna - assumono così le proprietà bio­ In pratica si tratta del provvedimento terapeuti­
logiche della CSM o CSC. Cellule caratterizzanti la co che, per essere radicale, deve identificare e
160 « Processi neoplastici

rimuovere le lesioni neoplastiche premaligne: cioè, mutazioni del genoma si associa la selezione di
ed in linea generale, le displasie ed i carcinomi in cloni cellulari proliferanti localmente che si
situ (si veda oltre). esprimono nelle lesioni della displasia;
Lesioni la cui identificazione ed eradicazione è ® la progressione, evento che coincide con l'acqui­
appunto l'obiettivo attuale di un'azione preventi­ sizione, da parte delle cellule già iniziate e pro­
va/terapeutica efficace per le neoplasie maligne (si mosse, delle proprietà biologiche della maligni­
veda oltre). tà: capacità, acquisita per ulteriori mutazioni del
Le tappe della iniziazione e promozione sono dif­ genoma e per selezione dei cloni più aggressivi,
ficilmente documentabili in patologia umana. In capaci di infiltrare e di dare metastasi (Fig. 16).
natura esistono infatti molte sostanze che vengono
definite cancerogeni completi, ovvero fattori che agi­ È rilevante e auspicabile una migliore conoscen­
scono sia da inizianti che da promuoventi. Più esatta­ za della biologia dello stadio della iniziazione che
mente, molte di queste sostanze si trovano nell'am­ sembra infatti essere caratterizzato dall'attivazione
biente in forma inerte (procancerogeni); esse vengono persistente - immortalizzazione - delle cellule che
poi metabolizzate all'interno dell'organismo e trasfor­ di norma provvedono al ricambio, o recupero, degli
mate in cancerogeni attivi. La maggior parte di queste elementi che il tessuto perde per morte naturale
attivazioni metaboliche avviene nel fegato ed il siste­ delle cellule differenziate ma anche per eventi pato­
ma enzimatico coinvolto è quello del citocromo P-450. logici. Nei tessuti meglio indagati, come sono la
Come su accennato, il processo della canceroge- mucosa enterica o genitale, della portio ad esv l'e­
nesi segue fasi distinte di evoluzione delle lesioni sordio della trasformazione neoplastica - la prolifera­
cellulari; sono fasi che segnano i passi morfologici zione accentuata e persistente - si coglie proprio
microscopici della graduale progressione verso lo nelle sedi di rigenerazione, spesso negli strati basa­
stadio dell'aggressività compiuta della neoplasia li al di sopra della membrana basale, appunto nel
maligna, stadio segnato dall'invasione dell'organi- sito del ricambio cellulare, dove sono attive le cellu­
smo con gli eventi della diffusione metastatica. Per le staminali adulte della mucosa.
convenzione accettata ogni neoplasia maligna per­
corre tre stadi (Fig. 15): 1 La teoria "multistadio"
• la iniziazione, momento di durata indetermina­
ta, segnato dalle prime mutazioni che morfolo­
della progressione fumarole
gicamente si esprimono con attivazione del R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi
ricambio cellulare; Il dato fondamentale fornito dagli epidemiologi,
® la promozione, fase nella quale il sommarsi di secondo i quali la frequenza delle neoplasie aumenta

Popolazioni cellulari definite m orfologicam ente con gli acronim i D L (Displasia Lieve), D IN
(Displasia Interm edia), D G (Displasia G rave), C IS (C arcinom a In situ). (D a Mariuzzi:
La Patologia premaligna, in Lanza: Tumori e Precancerosi, Piccin, Ed. 19 89). Ogni
popolazione è m ista e contiene elem enti d e lla classe precedente e di quella successiva.

Fia. 15 - Schema degli eventi


della carcinogenesi: Iniziazione,
Promozione, Progressione.
Lo teorìa "multistadio" della progressione tumorale - 161

con l'età, ha storicamente confortato l'ipotesi che poliposi (HNPCC), lo Xeroderma Pigmentosum
fosse necessaria uria somma di più eventi per comple­ in cui i soggetti hanno una grande suscettibilità
tare il processo oncogeno. Le osservazioni degli ana- a sviluppare neoplasie cutanee per esposizione a
tomopatologi sulle lesioni precancerose erano concor­ luce ultravioletta.
di, descrivendo le alterazioni progressive dall'epitelio
normale ai vari gradi di displasia, fino al carcinoma in
situ e al carcinoma infiltrante (Fig. 15). B Progressione neopiasiica
Le conoscenze sugli oncogèni hanno fornito A. Scarpa, A. Mombello
ulteriori conferme alla "teoria multistadio"
H processo di progressione di malignità avviene
@ In vitro, nessun oncogène da solo è in grado di
per salti discreti, in cui una cellula acquisisce difetti
provocare la trasformazione neoplastica, ma
deve essere associato l'intervento di altri. genetici addizionali che si accumulano nel corso di
armi. Un adenoma del colon impiega in media 5-10
© Ogni neoplasia umana studiata rivela alterazioni anni per diventare un carcinoma, così come un micro­
genetiche multiple, cha vanno accumulandosi carcinoma della mammella impiega numerosi anni
durante la progressione neoplastica. per diventare un nodulo riconoscibile alla palpazione.
• Sindromi ereditarie caratterizzate da difetti in Una cellula maligna è in grado di crescere autono­
geni coinvolti nei sistemi di riparazione del mamente, invadere i tessuti circostanti, entrare nei
DNA, eventi che comportano quindi un rischio vasi linfatici o ematici, evitare sia le difese immuni­
elevato di mutazioni e predispongono alla com­ tarie innate e specifiche dell'ospite e infine formare
parsa di neoplasie. Esempi ne sono il carcinoma nuove colonie in organi distanti (Fig. 16). Le capaci­
ereditario mammario della mammella e ovaio tà che una cellula maligna deve acquisire sono
per alterazione dei geni BRCA1 o BRCA2, il car­ quindi molteplici, quali, a titolo di esempio, la capa­
cinoma colorettale ereditario non associato a cità di autonomizzarsi per gli stimoli proliferativi

Proteolisi delia
membrana basate

Membrana basate i
Recettori
per lamina MATRICE
e fìbronectina EXTRACELLULARE
(MEC)

Invasione
del droolo

Fia. 16 — ti grafico
schematizza gli eventi
che, in successione,
attuano la diffusio­
ne/ metastafizzazione
delle cellule di una
neoplasia primitiva
renale (ad es.) (Da
Mariuzzi, modificata).
162 * Processi neoplastia

Fig. 17 - Autonomizzazione aufocrina e paracrina della cellula neoplástico, a) Le cellule neoplastiche sono spesso in grado di pro­
durre fattori di crescita ed esprimere recettori per lo stesso, creando così un sistema di stimolazione autocrina, b} L'interazione tra cel­
lula neoplastica e cellule de! microambiente è reciproca e spesso le cellule del microambiente vengono richiamate e stimolate da fatto­
ri secreti dalla cellula neoplastica, che si avvale poi degli stimoli e segnali prodotti in risposta dalle cellule stromali.

Fig. 18 - Trasformazione e progressione neoplastìca nel caso dell'adenocarcinoma pancreatico. La progressione di malignità si
associa ad alterazioni morfologiche progressive che corrispondono all'accumuiarsi di anomalie genetiche. La sigla PanIN è in ingle­
se e sta per 'Pancreatic Intraepithelial Neoplasia'. Il PanIN-1 è una fase in cui le cellule sono iperpiastiche e presentano la muta­
zione attivante dell'oncogène K-RAS o l'amplificazione del gene HER2/NEU, la differenza tra PANIN-ì A e -1B sta nell'aspetto
papillare di quest'ultimo. La perdita del soppressore tumorale Piò e in seguito di P53 o altri si accompagna poi alla comparsa di
displasia ingravescente ed alla capacità invasiva. {Schema tratto da Wilentz et al.: Cancer Res 60: 2002-6, 2000).

(Fig. 17), la perdita dell'inibizione da contatto, la difetto genetico che le permette di ottenere un van­
capacità di muoversi, la produzione di enzimi che taggio selettivo rispetto alla popolazione iniziale.
degradino il connettivo, l'espressione di recettori Pertanto risulta evidente che una neoplasia è forma­
che le permettano di legarsi alle cellule endoteliali e ta da un clone originario e da diversi subcloni che
penetrare nei vasi. da essa derivano e che possono sostituire il clone
Tutte queste capacità non vengono acquisite in originario qualora acquisiscano vantaggi selettivi
maniera improvvisa e simultanea, ma vanno accu­ (Fig. 19). Il processo di sviluppo di nuovi cloni e la
mulandosi nel tempo, di pari passo con l'accumulo loro selezione continua durante l'ulteriore processo
di nuove anomalie geniche (Fig. 18). di crescita e dì progressione della neoplasia.
Da quanto suddetto deriva che una neoplasia è
composta, in ogni momento della sua evoluzione,
da diversi cloni, condizione definita "eterogeneità
neoplastica". Vale la pena qui di chiarire meglio
| Anatomia patologica
questo concetto. Una neoplasia origina dalla trasfor­ della progressione neoplástico
mazione di una singola cellula ed è pertanto sempre G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi
monoclonale. La trasformazione di questa cellula
avviene per acquisizione di un difetto genetico che Come già considerato, molti tumori sono geneti­
conferisce alla cellula un vantaggio selettivo rispet­ camente instabili e ciò favorisce la comparsa di
to alle cellule normali. Le fasi della progressione ulteriori alterazioni che si aggravano con il proce­
neoplastica rappresentano salti discreti in cui una dere del processo neoplastico. In successione posso­
cellula del clone originario acquisisce un ulteriore no essere:
Anatomia patologica della progressione neoplastica : - 163

• accumulo ulteriore di lesioni genetiche; somica t(9;22)(q34;qll); nelT80% dei casi di evoluzio­
• riduzione fino alla perdita della differenziazione ne in crisi blastica si riscontrano ulteriori alterazioni
cellulare; quali la trisomia del cromosoma 8 o l'inattivazione
dei geni p53 e RB. Nei linfomi follicolari che evolvo­
• aumento della attività proliferativa;
no in linfoma diffuso a grandi cellule compaiono
© eventi letali che contribuiscono alla perdita cel­ alterazioni del cromosoma 9, che si vanno ad ag­
lulare; giungere alla tipica traslocazione t(14;18)(q32;q21).
© emergenza di nuovi cloni cellulari con caratteri In modo simile, nel linfoma mantellare la tipica tra­
differenti da quello originario. slocazione t(ll;14)(ql3;q32) si associa ad ulteriori
alterazioni genetiche nei casi "blastoidi" e con decor­
Le differenze tra i cloni potranno riguardare la
so aggressivo (Fig. 20).
frazione di crescita, l'antigenicità, l'invasività e la
In molte neoplasie maligne è possibile valutare
capacità di metastatizzare, la responsività a fattori
il "grading", cioè esprimere in maniera semiquanti­
ormonali o a farmaci, oltre che il grado di differen­
tativa l'entità, o grado di compromissione, della dif­
ziazione istologica. ferenziazione istologica e (per converso) la compar­
Tutto questo viene classificato come eterogeneità sa di anaplasia cellulare. Il grading si applica alì'in-
tumorale. temo di un medesimo istotipo tumorale; ad es., car­
E intuitivo pensare che questi vari aspetti della cinoma squamocellulare ben differenziato, media­
progressione di malignità siano tra loro correlati, mente differenziato o scarsamente differenziato.
ma la valutazione di un insieme di variabili consen­ Il concetto di grading coincide con quello di pro­
te giudizi più accurati ed affidabili. gressione di malignità, anche se il grading fotogra­
Ad es. nel carcinoma colico la progressione degli fa l'aspetto della neoplasia al momento della dia­
eventi molecolari già descritti corrisponde a lesioni gnosi e non illustra l'evoluzione delle lesioni; tutta­
istologiche progressive, che a loro volta corrispon­ via, non è raro osservare, sul fronte dì infiltrazione
dono ad un diverso comportamento clinico. Infatti o nelle metastasi, equivalenti di maggiore anapla­
solo con la comparsa delTadenocarcinoma si ha la sia, suggerendo una progressione istologica a parti­
possibilità dì avere metastasi, mentre gli adenomi re da forme con grading più basso. In alcune neo­
sono lesioni premaligne. Altri esempi di una tale plasie maligne, come ad es. nel carcinoma della
correlazione si trovano sia in altri carcinomi che nella mammella, o nella maggior parte dei sarcomi, il
patologia ematologica. Ad esempio, la leucemia mie- grading ben si correla al comportamento clinico, ed
ioide cronica presenta la tipica traslocazione cromo­ è infatti un importante criterio prognostico. Ciò

%\ Trasformazione

Cellula Cellula
normale neopiastlca

fig. 19 - Formazione continua di nuovi doni neoplastici per accumulo progressivo (nello schema indicato del cambio di colore) di
lesioni/mutazioni genetiche e loro selezione. Una neoplasia maligna è formata in ogni momento della sua storia da diversi cloni
aventi anomalie genetiche, morfologiche e proprietà diverse.
164 Processi neoplastici
25
20 Normale
15
io
5
.nliumiNlinn
0 w a B « a L H i« in iititirti- uu„

25
20 Iperplasia semplice
15
10
5
0 h iln lllllllllH I n n !» .- I li.im llm i..!!.. i i i i .I i . . . . . 1 i . . . . m h i i I I i I i i i i i I1I h i

25
20 Iperplasia atipica
15
10
5
0 iLiv nil»._ ».i«

25
20 ] DC!S Comedo

15
10
Fig. 20 - Linfoma gastrico di tipo MALT, con evidente struttura
follicolare (a). La porzione più superficiale della neoplasia è 5
costituita da piccoli linfociti, con le caratteristiche lesioni linfoe- . J»ii( Uli».____ li»! ;li».li».ti! lIlUÉ.jllUllll U f i
piteliali (b). Nella parte profonda si osservano equivalenti di
evoluzione in linfoma di alto grado, composto da elementi più Aspetti. O.O. Aspetti Aspetti Aspetti
grandi e polimorfi (c). complessivi istogramma concomitanti estensivi compendiati

Fig. 21 - Modificazioni dei profili delle impronte nucleari -


d'altra parte non avviene in altri tumori: la progno­ nuclear signatures - nell'iperplasia semplice ed atipica e nel
si degli adenocarcinomi del tratto gastroenterico o comedo-carcinoma della mammella, rispetto alle impronte
dei carcinomi non a piccole cellule del polmone non
nucleari dei nuclei dell'epitelio normale. Le impronte nucleari
dei nuclei dell'iperplasia semplice, esente da atipie nucleari,
è influenzata in modo significativo dal grading, sono praticamente sovrapponibili a quelle dei nuclei normali,
mentre dipende in modo preponderante dall'entità mentre quelle delle lesioni atìpiche e del comedocarcinoma
dell'estensione del tumore, cioè dallo stadio (sta- sono molto modificate ed in rapporto con la gravità della lesio­
ging) della crescita tumorale. ne. E evidente che ia valutazione dell'entità attuale è desumibi­
Il carcinoma della vescica è un esempio di come
le dal grado delie modificazioni.
nuove conoscenze possano modificare la nostra
interpretazione dei fenomeni di progressione neo­ carcinomi papillari di alto grado sono invece quasi
plastica. L'esperienza istopatologica descrive nell'u- sempre aneuploidi, per la presenza di numerose
rotelio lesioni piane (iperplasia, displasia, carcinoma alterazioni (la più frequente è la mutazione del
in situ) o papillari (papilloma, neoplasia papillare ad gene p53) che si aggiungono a quelle del cromoso­
incerto potenziale di malignità, carcinoma papìllife- ma 9. Si ritiene così che le lesioni neoplastiche del-
ro di basso grado o di alto grado). Su questa base si Turotelio possano avere storie naturali differenti:
era ritenuto che la progressione di malignità inizias­ per la displasia ed il CIS sembra evidente una pro­
se con le lesioni piane per progredire poi ed evolve­ gressione di malignità, direttamente nel carcinoma
re in quelle papillari. Tuttavia i più recenti studi di alto grado.
molecolari hanno portato ad una ipotesi diversa.. Si è Per quanto riguarda il gruppo delle lesioni
visto infatti che alcune lesioni (iperplasia, papilloma, diploidi, alcune di esse sembrano stabili e senza
neoplasia papillare ad incerto potenziale di maligni' possibilità evolutive (papilloma), mentre le altre
tà, carcinoma papillifero di basso grado) hanno un potrebbero avere una relazione con la progressione
patrimonio genetico diploide, con modeste altera­ neoplastica che, nella maggior parte dei casi, si
zioni che per lo più riguardano il cromosoma 9. arresta al carcinoma papillifero di basso grado.
La displasia uroteliale, il carcinoma in situ ed i Inizialmente il termine di progressione neopla­
Anatomia patologica della progressione neoplastica % 165
stica è stato applicato soltanto alle lesioni infiltran­ emergono cellule tumorali con ima sempre maggio­
ti. Tuttavia, come già ampiamente discusso, è re aggressività. In questo senso la progressione di
necessaria una serie di modificazioni per passare malignità coincide con l'intera storia naturale della
dalla cellula normale ad una lesione dotata di mali­ malattia neoplastica.
gnità attuale (Figg. 18 e 19). Sembra pertanto del Le tecniche di valutazione oggettiva e quantitativa
tutto giustificato estendere il concetto di progres­ del grado attuale dì progressione di singole neopla­
sione anche alle lesioni premaligne. sie o di singole lesioni premaligne possono real­
In realtà, dal primo momento della iniziazione mente fornire informazioni oggettive per superare
fino alla morte dell'ospite si assiste ad un succeder­ la bassa riproducibilità, sia interpersonale che inter-
si di eventi molecolari e di cambiamenti fenotipici e laboratorio, che caratterizza le determinazioni sog­
biologici che, sotto la spinta della selezione clonale, gettive. Le figure 21 e 22 evidenziano bene le possi-

NORMALE

p 1 i l .

normale
cribriforme D C IS

niii.it.. lini- llll___Il ImlL Li

Fia. 22 - Modificazioni dei profili di impronte nucleari - nuclear signafures - riscontrate nelle diverse varianti del carcinoma dut-
taìe in situ, da cui si coglie if grado di progressione raggiunto da ciascuna delle varianti come oggettivamente espresso dal relati­
vo istogramma. Le immagini microscopiche sono relative a preparati colorati con ematossilina-eosina (400 X); nei riquadri: sono
visibili Te differenze nel disegno della cromatina cui si riferisce l'istogramma della relativa impronta.
(Da DCIS: Ductalcarcinoma in situ; CRIB: cribriforme; SOL!D: solido; CO: comedo).
166 & Processi neoplastici
bilità offerte oggi dai sistemi di analisi morfometri- attuale delle singole lesioni, nei singoli casi. E si
ca delle alterazioni cellulari che caratterizzano la ottengono dati che, essendo oggettivi, sono anche
progressione tumorale e la valutazione multivaria- riproducibili. Informazioni quindi che sono essen­
ta delle stesse. Nello studio relativo alle figure 21, ziali per la prognosi e per i programmi terapeutici
22, la valutazione delle alterazioni progressive della da assumere in ogni singolo caso.
tessitura della cromatina nucleare è stata eseguita
quantificando le modificazioni, strutturali e di den­
sità ottica della cromatina, con 93 distinte variabili,
§1 Cinetica dello crescilo neoplastìca
così da ottenere i valori dei -profili-impronte nucleari R. Ranaldi, G.M. Mariuzzi
specifici dei singoli casi. Ogni, neoplasia corrisponde allo sviluppo clo­
Metodo con il quale si hanno risultati eccellenti nale di una cellula mutata. In linea del tutto teorica,
in termini di discriminazione e determinazione questo sviluppo avviene in modo esponenziale per
oggettiva del grado/entità reale della progressione una serie di raddoppiamenti cellulari (Fig. 23);

Cellula neoplastica in
corso di duplicazione

dopo 30
Massa di 10 g
duplicazioni con 1010cellule
evidenziabile

dopo ulteriori
3,25
duplicazioni

dopo 6,25
duplicazioni
Massa minima
identificabile
di 1g con 10®
cellule che dà
segni diagnostici

Estensione della
massa neoplastica
con prognosi infausta
(1212cellule)

Fig. 23 - Rappresentazione grafica della progressione volumetrica di una neoplasia: un tumore solido che prende origine da una
prima cellula neoplastica va incontro a circa 30 raddoppiamenti per raggiungere il volume di 1 mm3; diviene clinicamente eviden­
ziabile dopo ulteriori 3/4 duplicazioni quando raggiunge il volume di 1 cm3 fi g); alla fine, quando raggiunge un volume pari a 1
dm3 con 12 12 cellule, dopo ulteriori 6/7 duplicazioni, entra nella fase clinica non più compatibile con la sopravvivenza.
Cinetica della crescita neoplastica & 167

occorrono circa 30 replicazioni per passare dalla


prima cellula ad un tumore di 1 grammo, che nella
pratica clinica corrisponde alla massa minima dia­
gnosticabile. Sono sufficienti ulteriori 10 replicazio­
ni per raggiungere il peso di 1 kilogrammo, che è in
genere situazione incompatibile con la vita. Questo
schema è ipotetico, ma è utile per sottolineare un
aspetto molto importante della storia naturale delle
neoplasie, e cioè che esse rimangono clinicamente
inapparenti per la maggior parte del tempo della
loro vita (Figg724, 25 e 26).
È già stato sottolineato che le neoplasie benigne
e quelle a basso grado di malignità crescono molto
lentamente; la crescita delle neoplasie maligne è
invece più o meno rapida, ma a volte tumultuosa
(Fig. 25). Le differenze dei tempi di raddoppiamen­
to non dipendono dalla durata del ciclo cellulare,
che sono gli stessi nelle varie neoplasie e nelle cel­ Fig. 25 - Curva relativa ail'accrescimento di una neoplasia a
lule normali. Sono invece collegate a differenze rapido sviluppo. (Da Berti G.: Aspetti biologici del processo
neoplastico, in Lanza G.: Tumori e precancerosi. Piccin Ed.
quantitative della frazione di crescita, cioè alla per­ Padova 1989).
centuale di cellule in ciclo.
Questa è una prima importante differenza
rispetto al modello di crescita esponenziale: non la crescita di una neoplasia è la perdita cellulare.
tutte le cellule del tumore sono in ciclo. La frazione Come già considerato, questa può avvenire per des­
di crescita varia considerevolmente da tumore a quamazione, nel caso di neoplasie che affiorino
tumore ed anche, nel tempo, nello stesso tumore. sulla superficie cutanea o nel lume di organi cavi;
All'inizio dello sviluppo neoplastico, la maggior ma soprattutto dipende dalla entità dei fenomeni
parte delle cellule è in ciclo, poi una certa percen­ necrotici; questi ultimi, in parte da ricollegare alla
tuale si differenzia ed entra in G0; al momento della risposta immunitaria contro gli antigeni tumorali,
diagnosi, anche i tumori il cui accrescimento è sono però provocati soprattutto da lesioni ischemi-
molto rapido hanno una frazione di crescita che è in che. Infatti, lo stroma connettivale interposto alle
media pari al 20%. cellule neoplastiche non sempre è in grado di assi­
Un secondo importante elemento che influenza curare un apporto ematico sufficiente alle loro esi-

ANDAMENTO DELLA PROGRESSIONE DEI TUMORI MALIGNI


Curva teorica: non considera le perdite cellulari per necrosi ipossica,
tossica, immunitaria, apoptosi, ecc

Tempi di raddoppiamento
C a mammella 95.82 giorni
C a coiorettale 632 Accrescimento evidente
10 raddoppiamenti
Melanoma 53.82 Diagnosi clinica
Linfomi di alto grado 26.82

10«

10b
Neoplasia
in situ“
.1 0 ° —

Diagnosi precòce possibile


Displasia (terapia efficace)

6 8 10 12 14
Unità di tempo
(variabili a seconda dei tempi di raddoppiamento)
Fig. 24 - Schema dell'andamento teorico della progressione di una neoplasia maligna: il tempo dell'evidenza clinica è circa quei
lo dell'intera progressione; quello della terapia efficace possibile è solo una quota limitata dell'ultimo quarto.
168 & Processi neoplastici
genze nutrizionali; più la massa neoplastica è gran­ durata del ciclo cellulare e la quota di morti cellulari.
de e più cresce velocemente, più si accentua la Esistono neoplasie ad alto tasso di crescita, in
carenza dell'apporto ematico; tanto che il riscontro cui la quota di cellule proliferanti è alta e di gran
macroscopico di aree di necrosi all'interno di un lunga maggiore dell'alta quantità di cellule che
tumore è nella grande maggioranza dei casi indice muoiono per apoptosi o necrosi. Un esempio è il
del grado della sua natura maligna. carcinoma a piccole cellule del polmone (Fig. 27).
Di conseguenza, la curva di crescita della mag­ Dall'altro lato dello spettro, esistono neoplasie a
gior parte delle neoplasie (in particolare di quelle basso tasso di crescita, in cui il fenomeno più
maligne) varia nel tempo: in ima prima fase si avvi­ importante è la mancata morte delle cellule. Un
cina alla curva teorica del raddoppiamento espo­ esempio è il linfoma follicolare (Fig. 28). Nella mag­
nenziale (Figg. 24 e 25), poi rallenta progressiva­ gior parte delle neoplasie, come il cancro del colon
mente per il passaggio di un maggior numero di o della mammella, il tasso di cellule proliferanti
cellule in GO e per l'aumento delle perdite cellulari. supera di solo il 5-10% il numero di morti cellulari.
La valutazione delle nascite e delle morti nel­
l'ambito di una popolazione n eoplastica è un com­
| Valutazione della crescita pito che l'anatomopatologo assolve con finalità
neoplástico e significato clinico applicative diverse: diagnostiche, prognostiche e di
indicazione terapeutica. Ritorneremo su questo
A Scarpa, A. Mombello punto dopo aver brevemente descritto le tecniche
È già stato sottolineato che la formazione di una che vengono applicate per definire il valore-tasso
massa neoplastica e Faumento progressivo del suo attuale della crescita tumorale.
volume sono legati ad un alterato equilibrio tra la Valutazione delle replicazioni. La definizione
proliferazione e la morte cellulare. L'aumento netto della quota di cellule proliferanti in una neoplasia
della popolazione neoplastica è dovuto al rapporto viene definita valutando Vindice di replicazione: che
tra le nascite e le morti, ovvero ad un aumento delle viene espresso come il numero di cellule in fase
nascite, che comunque sostiene la neoplasia, e/o alla proliferativa ogni 100 cellule. L'indice mitotico
diminuzione degli eventi di morte. La velocità con viene ottenuto mediante: i) la conta delle figure
cui la popolazione neoplastica aumenta dipende da mitotiche in un preparato istologico; questo valore
tre fattori: il numero di cellule in replicazione, la viene riferito in diagnosi come numero di mitosi

Andamento teorico della progressione (come aumento di volume)


per una neoplasia con tempo di raddoppiamento di 100 giorni

e perdita cellulare (apoptosi/ischemia) di un tumore con un tempo di replicazione di 100 giorni


Fig. 26 - Schema dell'andamento della progressione teorica del volume della massa neoplastica correlato al numero totale di cel­
lule neoplastiche, in una neoplasia con tempo di replicazione supposto pari a 100 giorni.
Valutazione della crescita neoplastica e significato clinico & 169

Fig. 27 - Esempio di una neoplasia anapiastica e ad alto tasso di proliferazione. Aspetto istologico di un carcinoma polmonare
scarsamente differenziato a piccole cellule (a), che ha un elevato numero di cellule in rase di replicazione (circa l'80%) dimostrato
dalla positività immunoistiocnimica nucleare con l'anticòrpo M1B1 (b).

Fig. 28 - Esempio di una neoplasia con ridotti eventi di morte cellulare. Aspetto istologico di un linfoma follicolare. I follicoli linfoi-
di sono riconoscibili come neoplastici in quanto presentano centri germinativi di dimensioni abnormi e perdita di polarità (a). La
colorazione immunoistìochimica con anticorpo anti-BCL2 mostra positività nella stragrande maggioranza delle cellule neoplastiche.
Il significato dell'iperespressione di auesto oncogène risulta nella inibizione dell'apoptosi, e pertanto le cellule neoplastiche di que­
sto linfoma, che ha bassissimi tassi ai proliferazione, si accumulano poiché non vanno incontro a morte (b).

osservate ogni 100 cellule; il) con marcatori immuno- Un ulteriore parametro che influenza la crescita
fenotipici, utilizzando anticorpi che riconoscono della popolazione neoplastica è la durata del ciclo cel­
proteine espresse specificamente nei nuclei delle lulare. Il tempo di raddoppiamento di una popola­
cellule in fase di replicazione, il più usato dei quali zione è infatti funzione sia del numero di cellule
è l'anticorpo monoclonale MIB1 o Ki-67; in questo proliferanti che della durata del ciclo cellulare. Que-
caso viene determinato il numero di cellule immu- st'ultima può essere misurata utilizzando colorazio­
nopositive osservate ogni 100 cellule; iii) con tecni­ ni speciali per gli AgNORs (argyrophilic nucleolar
che di citofluorimetria, tramite incorporazione nel organizer regions).
DNA delle cellule in replicazione dell'analogo piri- Tale determinazione si basa sul fatto che la
midirdco bromo-desossi-uridina (BrdU), che può domanda cellulare di RNA durante il ciclo è partico­
poi essere riconosciuto da anticorpi specifici e larmente elevata, per assicurare sia la crescita cito­
quantificato con metodi automatizzati. In alternati­ plasmatica che la produzione delle proteine struttu­
va è possibile utilizzare un colorante stechiometrico rali e funzionali per la replicazione del DNA. Il
del DNA, come lo ioduro di propidio, ed ottenere risultato è ima iperattività dei geni ribosomiali che
un grafico citofluorìmetrico del contenuto di DNA può essere rilevata evidenziando le proteine argiro-
di una data popolazione. Poiché questo cambia a file ad essi associate note come AgNORs. Nelle cel­
seconda della fase del ciclo cellulare, è possibile sta­ lule neoplastiche, le regioni di organizzazione
bilire la percentuale di cellule in ciascuna fase del nucleolare sono aumentate di numero e raggruppa­
ciclo (per cui anche di quelle in fase S). te rispetto alle cellule normali. Le relazioni tra dura­
170 & Processi neoplastici
ta del ciclo e AgNORs sono dimostrate dal fatto che sono attivi sulle cellule in fase di replicazione. I tumo­
la quantità di AgNORs aumenta durante la fase G l ri a lenta crescita, quali la maggior parte dei carcino­
e raggiunge il massimo nella fase S; questa quantità mi della mammella o del colon, sono relativamente
è inversamente proporzionale alla durata del ciclo resistenti a questi chemioterapici, che risulteranno
cellulare: più quest'ultimo è veloce più è elevato il molto efficaci nel caso di neoplasie a crescita elevata,
numero di AgNORs rilevabili. In molte neoplasie quali le leucemie o i carcinomi indifferenziati.
una elevata frazione di crescita (MIB1 elevato) è pro­ Purtroppo l'insorgenza continua di nuovi cloni
porzionale ad un altrettanto elevato numero di all'interno della popolazione neoplastica permette
AgNORs, tuttavia non pochi sono i casi in cui i due in genere la selezione di cloni resistenti ai chemiote­
valori sono assai discrepanti ovvero si trovano neo­ rapici utilizzati. È al di là degli scopi della presente
plasie ad alto indice replicativo con ciclo cellulare trattazione discutere i problemi correlati alla che­
lungo versus neoplasie a basso indice replicativo e mioterapia del cancro e si rinvia per questo ai testi
ciclo breve. Le colorazioni per AgNORs non vengo­ specialistici e ai corsi appropriati previsti nel corso
no in realtà utilizzate nella diagnostica quotidiana di laurea negli anni a seguire.
per due motivi, l'informazione non aggiunge para­
metri fondamentali nella pratica clinica e, soprattut­
to, nella stragrande maggioranza delle neoplasie la
durata del ciclo cellulare non è dissimile da quella
| Criteri morfologici generali
delle cellule normali corrispondenti. per fa diagnosi delie neoplasie
Valutazione delle morti. Le cellule neoplastiche G.M. Mariuzzi, R. Ranaldi
muoiono, come ogni cellula, per apoptosi o necrosi.
La definizione generale delle neoplasie, valida
La morte apoptotica è di gran lunga la più frequen­
te nelle neoplasie. Per quanto concerne i meccani­ nella maggior parte dei casi, non trova tuttavia
smi di apoptosi si rinvia al capitolo relativo e, per i applicazione in casi particolari: a titolo di esempio,
meccanismi che ad essa sottendono nelle neoplasie, molte neoplasie ematologiche non costituiscono un
alla sezione della genetica delle neoplasie. Si sup­ " tumore"; ed i linfomi di tipo MALT rimangono
pone che la necrosi che si può riscontrare in una responsivi, cioè possono regredire se viene allonta­
massa neoplastica sia legata a ipossia per lo squili­ nato lo specifico stimolo antigenico che li ha indotti.
brio tra la entità della proliferazione e l'insufficien­ Nella maggior parte dei casi le cellule neoplasti­
za relativa dell'apporto ematico per inadeguatezza che hanno caratteri morfologici che ricordano le cel­
della neoformazione vascolare. Possiamo acconten­ lule normali del tessuto di origine; ciò rende possi­
tarci di questa ipotesi semplicistica per ora, in atte­ bile una prima distinzione tra n eoplasie ep iteliali e
sa che la ricerca ci fornisca nuovi elementi per com­ m esenchim ali, possibilità legata alla "differenzia­
prendere meglio il fenomeno. Nella pratica diagno­ zione" che è alla base della classificazione istologi­
stica quotidiana solo la presenza e l'entità dei feno­ ca dei tumori.
meni necrotici, rilevati all'esame microscopico stan­ H contrario della differenziazione è la "anapla-
dard con ematossilina-eosina, vengono utilizzati a sia": alcuni tumori, soprattutto quelli maligni, sono
fini diagnostici e prognostici. costituiti da cellule poco differenziate, talora bizzarre
e plurinucleate (Fig. 11), con nuclei irregolari, volu­
Significato clinico della valutazione della dinami­ minosi e con distribuzione anomala della cromatina,
ca della popolazione neoplastica. Come preceden­ in sostanza polimorfi; anaplasia ed irregolarità strut­
temente accennato, la valutazione della entità delle turali possono essere talmente spiccate da impedire
nascite e morti cellulari nelle neoplasie ha un signi­ la definizione dell'istogenesi della neoplasia.
ficato diagnostico, prognostico e terapeutico. Ad Oltre alle cellule neoplastiche, la massa tumora­
esempio, la presenza di mitosi frequenti associate o le è costituita da uno stroma connettivo-vascolare.
meno a fenomeni di necrosi è criterio diagnostico Quest'ultimo può essere ricco di fibre collagene
differenziale per la diagnosi di malignità di una (stroma desmoplastico), conferendo al tumore una
proliferazione, ad esempio, di cellule muscolari consistenza duro-lignea ed un aspetto scirroso; in
lisce o di cellule endocrine. È ovvio che una diagno­ altri casi lo stroma è una delicata impalcatura di
si di malignità comporta un giudizio prognostico che vasi capillari con poche fibre: il tumore può allora
varia a seconda del tipo di neoplasia, della sua sede presentarsi molle ed encefaloide.
e delle sue peculiari possibilità evolutive. Si rinvia Lo stroma è essenziale per la crescita della neo­
per questo ai capitoli specifici riguardanti le neo­ plasia: le neoplasie maligne per carenza di stroma
plasie nei diversi organi. hanno un apporto ematico insufficiente; insufficien­
Per quanto concerne le indicazioni terapeutiche, za responsabile di fenomeni regressivi e necrotici.
la proporzione di cellule neoplastiche proliferanti ha A seconda dei loro caratteri morfologici e del
un notevole impatto sulla sensibilità della neoplasia loro comportamento clinico, le neoplasie vengono
ai chemioterapici antineoplastici. Gran parte dei far­ classicamente distinte in benigne e m aligne.
maci antineoplastici classici agiscono infatti interfe­ I caratteri generali delle neoplasie benigne sono
rendo con varie fasi del ciclo cellulare, e pertanto quelli di una crescita lenta ed espansiva, senza disse­
Criteri morfologici generali per la diagnosi delle neoplasie & 171

minazione locale o a distanza; rimangono clinica- • altre sostanze (agenti promuoventi) capaci di
mente silenti per molto tempo, finché non raggiun­ indurre la crescita neoplastica di cellule già "ini­
gano masse di dimensioni tali da causare segni dovu­ ziate".
ti alla compressione di strutture a loro circostanti.
Al contrario, le neoplasie maligne hanno un Per questi studi sono stati stabiliti, sia pure in
accrescimento più o meno rapido ed infiltrante che modo impreciso, molti dei concetti basilari, tuttora
consente loro di invadere i tessuti in cui crescono e validi, sulla genesi delle neoplasie. È stato infatti
la parete dei vasi ematici e linfatici o di raggiunge­ osservato che:
re eventuali superfici di rivestimenti sierosi come • per completare la trasformazione neoplastica
quello pleurico o quello peritoneale. Per questa pro­ sono necessari eventi plurimi;
prietà possono disseminare metastasi per la via del
• una dose appropriata di agente iniziante produ­
circolo del sangue (Fig. 16); oppure dare impianti di
ce alterazioni irreversibili del DNA delle cellule
cellule maligne in organi distanti, producendo altri
bersaglio;
noduli tumorali, appunto le metastasi, come sono
ad es. quelle epatiche dei carcinomi ovarici: meta­ • la promozione è essenzialmente uno stimolo
stasi che seguono la via della circolazione del liqui­ iperplasiogeno che permette alla cellula iniziata
do peritoneale. di proliferare. Tale stimolo deve protrarsi suffi­
La storia naturale delle neoplasie maligne (se cientemente a lungo per consentire il completa­
non adeguatamente trattate) si conclude, di regola, mento della trasformazione neoplastica;
con la morte dell'organismo ospite. • le cellule iniziate, stimolate a proliferare, tra­
Oltre alle neoplasie benigne e maligne esistono smettono le alterazioni del DNA alle cellule
anche neoformazioni tumorali con comportamento fighe; di conseguenza la proliferazione neopla­
clinico intermedio tra i due estremi citati: sono stica è clonale.
forme caratterizzate da un andamento progressivo,
• Le cellule staminali adulte, numerose, ubiquita­
ma molto lento; in questa categorìa possono rien­
trare molti linfomi B di basso grado. rie ed attive finché dura la vita, vanno più facil­
In altri casi la neoplasia ha soltanto ima aggres­ mente incontro a trasformazione neoplastica.
sività locale, ma non produce disseminazioni meta­
statiche: ad esempio si può citare il carcinoma baso-
cellulare della cute, in cui la spiccata tendenza ad
B Neo-angiogenesi tumorale
R. Ranaldi
infiltrare rende spesso difficile una asportazione
chirurgica completa, ma non genera metastasi. In La potenziale velocità di crescita di una neopla­
altri casi ancora la neoplasia ha una crescita lenta, sia è condizionata da una adeguata vascolarizzazio­
apparentemente indolente, ma a distanza di tempo ne dello stroma. La capacità angiogenetica è impor­
possono comparire recidive o metastasi: sono molti tante non solo per la crescita del tumore primitivo,
i tumori dei tessuti molli che hanno questo compor­ ma anche per l'attecchimento e la crescita delle
tamento (liposarcoma ben differenziato, dermatofi- metastasi. '
brosarcoma protuberans, cosiddetto leiomioma Sono stati isolati numerosi fattori angiogenetici:
metastatizzante dell'utero, tumori stromali essi possono essere prodotti dalle stesse cellule neo­
gastrointestinali-GIST, etc.), ed anche alcune neo­ plastiche, oppure da cellule infiammatorie che infil­
plasie epiteliali (carcinoide, alcuni tumori delle trano lo stroma tumorale. Tra i più studiati, vi sono
ghiandole salivari). Per tutte queste ultime entità è mediatori chimici che legano l'eparina e che stimo­
oggi accettata la definizione di "n eop lasia a basso lano la crescita dei fibroblasti (FGF); essi sono anche
grado di m alignità". chemiotattici e mitogeni per le cellule endoteliali e
La trasformazione cellulare che dà origine alla producono enzimi proteolitici che favoriscono la
proliferazione neoplastica corrisponde, come già penetrazione nello stroma dei capillari neoformati.
considerato, ad alterazioni del genoma. Queste alte­ Altri fattori angiogenetici sono il Tumour Growth
razioni possono essere trasmesse ereditariamente o Factor (TGF) a e [3, l'Epidermal Growth Factor
essere, più spesso, causate dall'interazione sporadi­ (EGF), il Platelet Derived Growth Factor (PDGF) e il
ca di agenti cancerogeni con cellule bersaglio. Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF). Non
Nonostante l'esperienza clinico-epidemiologica tutti i fattori angiogenetici agiscono sulle cellule
abbia permesso di identificare agevolmente una endoteliali; ad es., TGF-p è chemiotattico per i
serie di agenti cancerogeni, la loro modalità di azio­ macrofagi, che poi rilasciano FGF e TGF-a.
ne e gli effetti sul metabolismo cellulare sono anco­ Ancora molto incomplete sono le nostre cono­
ra in corso di studio. I primi esperimenti di cance-
scenze sui meccanismi che attivano l'angiogenesi;
rogcncsi chimica sperimentale hanno dimostrato
alcuni di questi fattori (ad es. FGF) sono il prodotto
che esistono:
di proto-oncogèni mutati. L'argomento è di notevo­
© sostanze (agenti inizianti) capaci di trasformare le interesse, perché apre la strada ad un possibile
cellule normali in cellule potenzialmente neo­ controllo farmacologico della crescita neoplastica,
plastiche, e attraverso l'inibizione dell'attività angiogenetica.
172 & Processi neoplastici

19 Neoplasia ed immunità potente attivatore dei macrofagi. Questi posso-


no così contribuire alla necrosi tumorale.
R. Rannidi Si è ipotizzato che la risposta immune sia efficace
La maggior parte delle neoplasie ha una compo­ anche nel prevenire lo sviluppo di una nuova neo­
sizione antigenica diversa da quella delle cellule plasia (immunosorveglianza). Il maggior argomento
normali del tessuto di origine. a favore del ruolo attuale dell'immunità è l'aumento
Alcuni antigeni sono denominati "tumore asso­ di incidenza di neoplasie negli stati di immunodefi­
ciati" (ATA); si tratta di proteine normali, ricono­ cienza. Non tutti gli Autori sono tuttavia del tutto in
sciute come "self" dall'organismo e quindi non in accordo con questa interpretazione, considerando
grado di evocare una risposta immune anti-tumora- che nei pazienti immunodepressi la forma più
le. Alcune di queste proteine vengono definite an ti­ comune di neoplasia è il linfoma B di alto grado.
geni on cofetali, perché sono espresse durante lo svi­ Quest'ultimo risulterebbe da una risposta immuno-
luppo embrionale ma non nell'organismo adulto; a proliferativa abnorme a particolari stimolazioni anti­
titolo di esempio possiamo ricordare il CEA (antige­ geniche (ad-es. virus) e non da una carente immuno­
ne carcino-embrionario) e l'alfa-feto-proteina. Altre sorveglianza; negli stessi pazienti non si ha infatti
proteine sono dette antigeni di differenziazione, aumento di incidenza delle neoplasie più comuni
perché espressi nello stadio in cui la differenziazio­ (carcinoma colico, polmonare o mammario).
ne del tumore si è bloccata; un esempio è fornito Che esista, o no, un efficace sistema di immuno­
dagli antigeni espressi nei vari istotipi di linfomi B. sorveglianza, le neoplasie che si sviluppano sono
Gli ATA sono importanti per un corretto inqua­ sicuramente in grado di eluderlo, forse grazie ad
dramento diagnostico delle neoplasie ed in alcuni ima loro scarsa antigenicità.
casi sono utili per il loro monitoraggio: ad es., ima Una tale proprietà potrebbe favorire anche la
elevata concentrazione ematica del CEA, a distanza selezione clonale per la progressione di malignità).
di tempo dall'asportazione chirurgica, corrisponde
con molta probabilità alla presenza di recidive o | La diffusione delle neoplasie
metastasi, comunque alla ulteriore progressione. e la sua valutazione clinico:
Altri antigeni vengono detti "tumore specifici"
(ATS); si tratta di proteine anomale, riconosciute la sfadiazione
come "non-self" e pertanto in grado di evocare una A. Scarpa, A. Mombello
risposta immune. Gli agenti cancerogeni possono Una neoplasìa maligna si diffonde dapprima
provocare mutazioni non solo negli oncogèni, ma localmente e poi a distanza (Fig. 29). La diffusione
anche in altri geni, tra cui quelli che codificano per le locale è definita in v a sion e, le localizzazioni a
proteine di istocompatìbilità. Queste ultime si legano distanza sono definite m etastasi.
nel reticolo endoplasmatico alle molecole MHC di
Invasione locale. La crescita di una neoplasia mali­
classe I e vengono trasportate sulla superficie cellu­
gna è accompagnata dalla progressiva infiltrazione,
lare. Per effetto della mutazione può accadere che la
invasione e distruzione del tessuto circostante. I mar­
proteina sia strutturalmente anomala, o che si leghi­
gini di crescita di una neoplasia maligna sono sem­
no al MHC-I proteine che di norma non lo fanno.
pre indistinti. Anche se talora sembrano macroscopi­
Poiché le mutazioni indotte, anche dal medesi­
camente demarcati, l'esame istologico spesso rivela
mo carcinogeno, sono variabili, ogni neoplasia avrà
la presenza di filiere o nidi di cellule neoplastiche che
un proprio profilo antigenico, che potrà ulterior­
si estendono nel tessuto circostante. E per questo
mente modificarsi per effetto della instabilità gene­
motivo che la resezione chirurgica di una neoplasia
tica propria delle cellule neoplastiche.
maligna deve sempre prevedere l'escissione di un
La risposta immune evocata dagli ATS è tanto
adeguato margine di tessuto apparentemente sano.
umorale che cellulo-mediata; quest'ultima riveste
la maggiore importanza ed è affidata alle seguenti Metastasi. Tutti i tumori maligni sono in grado di
cellule effettrici: metastatizzare nel corso della loro evoluzione.
Fanno eccezione solo i gliomi del sitema nervoso
• Linfociti T citotossici. Sembrano avere un molo centrale e il carcinoma basocellulare della cute che
soprattutto contro i tumori virus-associati (ad sono solo localmente invasivi. In generale, più gran­
es.: linfoma di Burkitt associato a EBV). de è il tumore, più rapidamente prolifera e più è
• Cellule Naturai Killer (NK). Sono linfociti capaci probabile che dia metastasi o le abbia già date. D'al­
di distruggere cellule tumorali di neoplasie tro canto tumori piccoli, ben differenziati e a basso
diverse (quindi in modo aspecifico), senza che tasso di proliferazione possono dare metastasi diffu­
sia apparentemente coinvolto un meccanismo di se mentre grosse neoplasie possono restare confina­
sensibilizzazione immunitaria. N on sono noti né te per anni. Si rinvia per i dettagli alla trattazione
gli antigeni bersaglio della cellula tumorale, né i delle singole neoplasie nei capitoli pertinenti.
corrispondenti recettori della cellula NK. La disseminazione delle neoplasie maligne può
• Macrofagi. I linfociti T sensibilizzati verso gli seguire una delle seguenti tre vie: i) linfatica, ii)
antigeni tumorali producono interferone-y, un ematica, iii) endocavitaria.
La diffusione delle neoplasie e la sua valutazione clinica: la stadiazione ^ 173

Adenocarcinoma
intramuscolo
Mucosa normale

Adenocarcinoma
infiltrante

Grasso
perivtscerale

Fig. 29 - Schematizzazione della progressione neoplástico nell'adenocarcinoma dei colon. Sono indicati i diversi stadi della pro­
gressione di malignità della neoplasia che vengono poi valutati nel processo clinicopatologico di stadiazione (Da Francesco Col­
pa ni, Ospedale Carlo Poma, Mantova, modificata).

La diffusione attraverso i linfatici è la più comu­ flusso linfatico. L'invasione venosa diretta è possibi­
ne via di disseminazione dei carcinomi, anche se i le per aggressione lenta e progressiva della parete
sarcomi possono utilizzarla pure. I tumori in gene­ vasale ed è più comune di quella delle arterie, pro­
re non contengono linfatici funzionali, ma questi babilmente a causa del minore spessore della parete
sono localizzati alla periferia del tumore. Il quadro di vasale. Perciò di solito gli emboli seguono le vie del
coinvolgimento linfonodale segue le vie naturali del dre­ flusso venoso (e perciò colpiscono con maggior fre­
naggio linfatico, pertanto le metastasi linfonodali quenza il polmone o il fegato). Solo se viene supera­
saranno riscontrate dapprima nei linfonodi adia­ to il letto polmonare le metastasi possono dissemi­
centi l'organo coinvolto o in quelli drenanti la sede narsi per via arteriosa. Alcuni tumori come i carci­
in cui la neoplasia si trova. nomi del rene o gli epatocarcinomi possono crescere
La diffusione ematogena è tipica dei sarcomi ed all'interno dei vasi venosi, formando trombi neopla­
è usuale anche nella stragrande maggioranza dei stici, che non necessariamente si accompagnano a
carcinomi. Le cellule neoplastiche raggiungono il metastatizzazione. La metastasi, infatti, è processo
torrente ematico sia direttamente per penetrazione biologico attivo e complesso, e non un semplice
attraverso i capillari che indirettamente attraverso il fatto meccanico.

Concetti chiave
Diffusione delle neoplasie maligne:
è invasione dei tessuti circostanti per estensione dirètta;
® diffusióne attraverso i canali linfatici ài lihfoiiòdi, tìpica'..dei carcinomi;:
• ■ diffusione per via emàtica ad organi distanti, tipica sia dei sarcòmi che dei carcinomi;
® impianti all'interno delle cavità sierose (peritoneo, pleura, pericard io).

Stadiazione. Nella valutazione clinica di un della neoplasia sul paziente dipendono dalla sede
paziente portatore di una neoplasia maligna una del tumore primitivo, dalle sue dimensioni, dalla
fase essenziale è quella di stabilire nel modo più entità della invasione locale e dalle localizzazioni
preciso lo stato della diffusione del tumore, sia secondarie (metastasi). Il procedimento attraverso
nella sede di insorgenza che nel resto deirorgani- il quale si ottengono queste informazioni è definito
smo. Infatti nella maggior parte dei casi gli effetti stadiazione.
174 - Processi neoplostici
La stadiazione di una neoplasia maligna defini­ ai linfonodi regionali e sulla presenza o assenza di
sce lo stato dell'evoluzione del processo neoplastico metastasi ematogene in organi distanti. Il sistema
nei singoli individui. Essa ha un significato clinico basilare in uso è quello sviluppato dalla Unione
sia prognostico che per la scelta dei provvedimenti Internazionale Contro il Cancro (UICC), che utiliz­
terapeutici più adeguati. za il sistema TNM, in cui T indica l'entità della
La stadiazione si basa sulle dimensioni della massa del tumore primitivo, N indica l'interessa­
lesione neoplastica originaria, sulla sua estensione mento dei linfonodi, ed M le metastasi.

T Concètti chidyé
La diffusione delle neoplasie maligne determina lo stadio:
In-situ, si riferisce alle neoplasie maligne epitehaH confmafe àfl'epiteììo/ senza ilìfiltrazione della
membrana basale. ' ’.. • .f v ; ‘ • ;, : i .
• Microinvasione, diffusione delle nèoplasie maligne epiteliali appena al di là del punto d i origine
con distruzione è invasione della Membrana basale.
• Invasione locale, diffusione a lf interno dell'organo di origine o a strutture contigue.
• Metastasi locale, idiiEfusióne nón^contigiià dèlia neoplasia^'interno :dèlTqirg^ò;di origine o ai lin-
fonodi più pròssimi all'organo di origine. ;; '• •:
Metastasi a distanza, diffusione ^d altri organi o a linfonodi di: stazióni distanti dall'organo di ori-;
■ s ine- : i - ■ -V : : - - - ' % :=./

Concetti chiave
Il sistema TNM è utilizzato per definire l'estensione anatomica di una neoplasia maligna ed è basa­
to sulla valutazione di tre componenti: ; :
• T che descrive io stato di avanzamento locale del tumore, quali le dimensioni nel caso di neo­
plasie di organi parenchimatosio la profondità deirinvàsioneloca:le nel caso <ii neoplasìe insor-
: genti in organi cavi; . . - ,: ' ; ■
® N che descrive lo stato di interessamento linfonodale, cioè l'assenza o presenza di metastasi ai
linfonodi regionali o distanti;
® M che descrive la presènza o l'assenza di metàstasi a distanza.

Il sistema TNM fornisce al clinico i dati oggetti­ Il ruolo delTanatomopatologo nel processo di
vi sui quali vanno fondati sia il giudizio prognosti­ stadiazione. La stadiazione di una neoplasia mali­
co che i provvedimenti da assumere. Nella pratica gna è dì pertinenza delToncologo o del clinico e
clinica, la sua applicazione necessita ovviamente di viene ottenuta con metodi di indagine, compren­
adattamenti "ad hoc", specifici per i diversi tipi di denti esami ecograficì, radiologici o scintigrafici. Il
neoplasie. Ogni singolo tipo di neoplasia viene sta- compito dell'anatomopatologo è di eseguire la sta­
diato infatti con varianti del TNM tradizionale. Ad diazione sul pezzo operatorio e i parametri in cui
esempio, nel melanoma le dimensioni del tumore l'anatomopatologo è impegnato sono il T e l'N:
hanno scarsa valenza, se intese come estensione ovvero la raccolta dei dati ricavati dall'esame del
radiale della neoplasia; mentre sono di estrema uti­ tumore primitivo (T) e dei linfonodi (N) locoregio­
lità prognostica se descrivono la profondità dell'in­ nali asportati con il tumore stesso. Egli è chiamato
vasione della neoplasia secondo i criteri descritti da in causa ancora nella conferma citologica o istologi­
Clark e da Breslow. ca di metastasi rilevate con altri esami e su cui
I parametri considerati da Clark sono basati siano state seguite biopsie.
sulla descrizione della estensione anatomica della Un ulteriore dato che l'anatomopatologo forni­
neoplasia negli strati della cute dalla superficie sce con l'esame istologico di un pezzo operatorio è
verso la profondità. Il sistema di Breslow descrive lo la valutazione dei margini di resezione. Tale parame­
stesso fenomeno ma con un metodo "quantitativo", tro è definito con la sigla "R " (da residuai disease).
in cui la profondità dell'invasione, a partire dall'epi- e viene riportato con una scala di tre livelli: R0y
dermide verso i vari strati del derma e dell'ipoder­ margini di resezione chirurgica liberi da infiltrazio­
ma sottostanti, viene misurato in millimetri. ne neoplastica; R I, imo o più margini con focolai di
microinfiltrazione; R2 uno o più margini coinvolti
massivamente dalla neoplasia.
Invasività e metastasi & 175

| Invasività e metastasi penetrare la membrana basale del vaso linfatico o


venoso per entrare nel lume vasale. Si forma così un
R. Ranaldi embolo neoplastico die viene trasportato con la cir­
La crescita di tipo infìltrativo e la capacità di dare colazione, fino ad un punto dove può arrestarsi;
metastasi definiscono una neoplasia come maligna: qui, le cellule neoplastiche devono essere in grado
i due fenomeni sono tra loro associati nella maggior di extravasare e dì attecchire nel nuovo microam­
parte dei casi. Esistono eccezioni a questa regola,, biente (Fig. 16).
che possono essere esemplificate dal carcinoma In ognuna dì queste tappe sono coinvolti media­
tori biochimici. L'adesione intercellulare dei tessuti
basocellulare della cute: questa neoplasia è dotata di
epiteliali è mantenuta da varie molecole, in partico­
spiccata invasività locale con frequenti recidive, ma
lare dalla E-Caderina, che è una glicoproteina tran­
solo eccezionalmente produce metastasi.
smembrana; si è visto che in molti carcinomi si ha
La probabilità della diffusione metastatica aumen­
ridotta espressione di E-Caderina. Le cellule neo-
ta con le dimensioni del tumore primitivo, la sua velo­
plastiche possiedono recettori per laminina e fibro-
cità di crescita ed il grading istologico, ma queste
nectina, che permettono loro di aderire alla mem­
associazioni non hanno una elevata significatività sta­
brana basale. Elaborano, direttamente o mediante
tistica. Si ritiene che nel singolo caso l'esame anato-
l'induzione di macrofagi e fibroblasti, enzimi pro-
mopatologico del tumore primitivo non consenta una
teolitici che agiscono sulla membrana basale: metal-
previsione affidabile dello stato metastatico.
loproteinasi, catepsina, urochinasi. Migrano nel
L'invasività è un requisito necessario (ma non
connettivo interstiziale sia producendo esse stesse
sufficiente, come già evidenziato) per la dissemina­
fattori di motilità (attivazione autocrina), sia attira­
zione metastatica (Fig. 16), perché permette alle cel­ te da fattori chemiotattici tissutali.
lule neoplastiche di venire a contatto con i vasi lin­ Una volta entrate nella circolazione linfo-emati-
fatici ed ematici, o con le superfici sierose. Vengono ca, le cellule neoplastiche sono estremamente vul­
in effetti distinte tre "vie" di metastatizzazione: nerabili rispetto alle difese dell'organismo, in parti­
• Diffusione per via linfatica. Nella maggior parte colare all'azione dei linfociti naturai killer. Infatti, la
dei casi i linfonodi vengono interessati dalle diffusione di cellule neoplastiche non comporta
metastasi secondo un ordine che corrisponde al necessariamente il loro attecchimento e la crescita
normale drenaggio linfatico. Può tuttavia acca­ di un nodulo metastatico; anzi, gli studi sperimen­
dere che i linfonodi più vicini al tumore siano tati suggeriscono come tale evento sia molto raro, in
esclusi dal circolo linfatico (ad es. per esiti fibro­ rapporto al grande numero di cellule neoplastiche
si di processi flogistici) e vengano così "saltati" che vengono immesse in circolo. Le cellule neopla­
dalle cellule neoplastiche, che attecchiscono in stiche tendono ad aggregarsi alle piastrine forman­
linfonodi più lontani (skip metastasis). do piccoli emboli, e sembra che ciò aumenti la loro
possibilità di sopravvivenza.
• Diffusione per via ematogena. Gli organi più fre­
Il punto in cui le cellule del microembolo neo­
quentemente interessati sono il fegato ed il pol­
plastico escono dal circolo per formare la metastasi
mone (come è logico attendersi), in quanto filtri
dipende innanzitutto dalla localizzazione anatomi-
del ritorno venoso rispettivamente portale e
ca-del tumore primitivo. Tuttavia, come già accen­
sistemico. Esiste poi una particolare predilezio­ nato, esiste una distribuzione metastatica preferen­
ne di certe neoplasie a metastatizzare in specifi­ ziale di ogni neoplasia maligna per determinati
ci distretti. distretti corporei. Ciò potrebbe dipendere dalla
• Diffusione per via celomatica. Via che avviene espressione di molecole di adesione, che sono diffe­
lungo il cavo pleurico e quello addominale; que­ renti per ogni neoplasia, e dalla distribuzione diffe­
st'ultimo è coinvolto con particolare frequenza rente dei rispettivi ligandi sulla membrana delle
durante la disseminazione dei carcinomi ovarici. cellule endoteliali dei vari distretti. Potrebbe inoltre
Una forma particolare di disseminazione perito­ dipendere dalla produzione dei fattori chemiotatti­
neale è quella delle neoplasie mucinose dell'ap­ ci tissutali, di cui si è fatto cenno: questi fattori sono
pendice, che realizzano il cosiddetto "pseudo- infatti differenti e potrebbero attirare in maniera
mixoma peritonei". selettiva cellule di determinate neoplasie.
I meccanismi biochimici che stanno alla base
dell'invasività e metastasi sono solo in parte cono­ H Lesioni
sciuti. I vari tessuti sono separati da una matrice
preneopiasfiche:
extracellulare (MFC), composta di collagene, glico­
definizione soggettiva
proteine e proteoglicani e che può essere struttura­ ed aggettiva dd grado della
ta in membrana basale o in connettivo interstiziale.
Affinché si possa produrre ima metastasi, le cellule
malignità;
I© screening di massa
G.M. Mariuzziy R. Ranaldi, L. Mariuzzi
neoplastiche devono distaccarsi dal tumore primiti­
vo, aprirsi una breccia nella membrana basale, Ogni neoplasia insorge a partire da una singola
attraversare il connettivo interstiziale, ed infine cellula (origine clonale): cellula mutata, che dà origi­
] 76 - Processi neoplastici
ne ad una progenie cellulare le cui componenti perché consentono di stabilire il momento attuale
vanno poi incontro ad ulteriori mutazioni, che com­ della evoluzione/progressione delle lesioni trovate
portano acquisizioni di nuovi caratteri abnormi che o ricercate dal clinico ed analizzate dal patologo. Il
via via si sommano per raggiungere, alla fine, una quale deve stabilire quindi il grado reale -gradin g -
autonomia proliferativa, non finalistica, caratterizza­ raggiunto nella progressione di malignità dalle sin­
ta da crescita illimitata nella sede di insorgenza gole lesioni identificate nei singoli soggetti che ne
prima e poi nei più diversi distretti ed organi, prossi­ sono portatori; di formulare cioè la diagnosi del
mi o distanti e che si conclude con la morte dell'orga­ loro grado attuale di malignità.
nismo ospitante (progressione tumorale o di malignità). Cognizione essenziale/irrinunciabile per for­
I provvedimenti oggi possibili per curare la mulare la prognosi e per stabilire un programma di
malattia neoplastica risiedono soprattutto nella terapia adeguato al singolo caso.
identificazione morfologica delle lesioni cellulari Infatti il tumore maligno è soggetto individuale,
d'esordio e di quelle che si succedono in progressio­ in parte anche autonomo, le cui cellule, oltre a proli­
ne (Figg. 18 e 19), lesioni definite preneoplastiche, ferare indefinitamente e senza finalità che siano
da ricercare nei soggetti a rischio e negli organi sede diverse dalla continua espansione, pertanto non utili
del rischio. per l'economia dell'organismo in cui crescono, hanno
Sono già molte, infatti, le ricerche sperimentali, acquisito la capacità/proprietà, distintiva, di invade­
gli studi clinico-patologici, morfologici e morfoge- re via via i tessuti in cui crescono e di diffondersi oltre
netici, che hanno dimostrato come le neoplasie le sedi di insorgenza a danno dei più diversi sistemi
maligne, nella fase iniziale della loro evoluzione - fino causare la morte del soggetto aggredito.
fase talora anche molto protratta nel tempo - siano Si tratta della generazione di una "proliferazio­
caratterizzate da eventi biologici di selezione di cel­ ne immortale", o della formazione di una "progenie
lule via via più abnormi e più aggressive - perfezio­ o popolazione cellulare immortale", ovviamente
namento di malignità fase definita con i termini di soltanto tendente all'immortalità, che di fatto è pre­
fase premaligna, precancerosa, o preneoplastica. clusa dalla inevitabile fine dell'ospite in assenza di
Si sono formulate molte definizioni per questa interventi medici. Ma non è affatto una progenie di
importante patologia, ma persistono tuttora contra­ cellule immortali, perché anche le cellule neoplasti­
sti ed incertezze. La World Health Organization nel che maligne hanno un ciclo vitale limitato nel
1972 aveva proposto di includere nella condizione tempo, anche molto breve, accanto a proprietà bio­
precancerosa lo stato clinico-patologico associato logiche e caratteri morfologici distintivi e varianti
con un rischio di evoluzione in cancro che sia supe­ nel corso dell'evoluzione.
riore a quello che comporta lo stato di normalità; È appunto sulle modificazioni progressive, ed
essendo da diagnosticare come precancerosa ogni evidenziabili, della morfologia e della biologia
anormalità morfologica tissutale/cellulare nella delle cellule costituenti le lesioni premaligne, sui
quale la possibilità di insorgenza di un tumore caratteri ed entità della loro atipia, che si fonda il
maligno sia più elevata che nel corrispondente tes­ riconoscimento e la classificazione delle lesioni pre­
suto normale. In seguito sono state suggerite altre neoplastiche (o precancerose, visto che la nostra
definizioni, anche troppo semplicistiche, come esperienza è in gran parte basata su osservazioni di
quella di Fox che considera ogni lesione premaligna neoplasie epiteliali, i carcinomi). Lesioni che sono
"a simply well differentiated carcinoma in situ". appunto quelle ancora limitate al distretto tessuta­
Gli apporti biologici, molecolari e genetici le di origine e prive delle proprietà biologiche del-
hanno poi chiarito qual è il complesso di alterazio­ l'invasività.
ni cellulari che conferiscono a cellule mutate le pro­ Esempio esplicativo è il carcinoma della mucosa
prietà attuali dell'invasività, compresa l'invasione della cervice uterina, nella quale l'esordio e l'evolu­
delle strutture vascolari, proprietà quest'ultima che zione della neoplasia diviene identificabile con i
giustifica le metastasi a distanza (Fig. 16). quadri della:
Lo stato attuale delle conoscenze ha infatti chiari­
to che lo stato della malignità attuale si caratterizza ® displasia lieve o di basso grado (Figg. 30 e 33a e b)
per alterazioni cellulari biologiche, morfologiche e che progredisce per incremento delle atipie nel
citochimiche, progressivamente ingravescenti, le quadro della:
quali segnano appunto i passi morfologici microsco­ • displasia severa o di grado elevato (Figg. 31 e 33c) e
pici degli eventi, appena richiamati, che si susseguo­ poi in quello del:
no nel processo dì eventi di evoluzione/selezione • carcinoma in situ (Figg. 32, 33d) ed ancora del:
cellulare; e che conducono appunto all'emergenza di
popolazioni cellulari, in continuo rinnovamento, • carcinoma infiltrante iniziale (Fig. 34), ed infine del:
sempre più atipiche ed aggressive; cioè capaci alla • carcinoma invasivo o infiltrante nel quale atipia ed
fine di aggredire il tessuto od organo di insorgenza anaplasia hanno acquisito, con la capacità di
e di dare disseminazioni metastatiche, quindi di invadere i tessuti prossimi e le strutture vascola­
aggredire l'intero organismo ospite. ri, i caratteri morfologici ed immunocitochimici
Eventi che vanno conosciuti nei loro de.ttagli della malignità attuale (Figg. 10 e 11).
Lesioni preneoplastiche: definizione soggettivo ed oggettivo del grado della malignità; lo screening di massa - 177

clinica - , è solo il riconoscimento istologico e citolo­


gico delle lesioni iniziali, delle displasie, che non
hanno raggiunto lo stato - stadio - biologico della
malignità attuale, che ne consente reradicazione.
Quindi è solo sulla esatta conoscenza dei passi
di questo processo evolutivo, segnato da alterazio­
ni biologiche delle singole cellule proliferanti, iden­
tificabili per specifici equivalenti morfologici, chi­
mici e molecolari, via, via sempre più marcati - pro­
gress ione tumorale microscopica genetica e molecolare - ,
che si fondano gli atti diagnostici de:

@ lo stadio di evoluzione, preinvasivo o invasivo;

Fig. 30 - Displasia lieve o di basso grado della mucosa della • il grado della malignità attuale delle cellule neo­
cervice uterina: il comparto proliferativo basale della mucosa è plastiche;
molto espanso con irregolarità del l'orientamento spaziale e
delia morfologia cellulare; la differenziazione pavimentosa è © l'entità reale della lesione neoplastica.
conservata negli strati superiori (E.e. 100 X). (Da Lanza G.:
Tumori e precancerosi. Piccin ed. Padova 1989). La definizione o diagnosi del grado della maligni­
tà attuale individuale si basa infatti, e per lo più, su
rilievi microscopici soggettivi - grading soggettivo -;
più raramente, oggi eccezionalmente, oggettivi -
grading oggettivo - (Figg. 21 e 22). Modalità diagno­
stica quest'ultima certamente più attendibile sia per
la maggior precisione del rilievo, che viene quanti­
ficato, sia per la riproducibilità dei rilievi.
Dal punto di vista clinico, è certo che le lesioni
premaligne o preinvasive, - essendo il termine pre­
cancerose da riservare alla patologia premaligna
delle neoplasie epiteliali -, costituisccono quindi un
precursore riconoscibile delle neoplasie maligne le
quali, se adeguatamente trattate in tempo utile, non
evolvono ulteriormente. Appunto perché la lesione
premaligna può essere compiutamente eradicata,
essendo doveroso il controllo microscopico della
Fig. 31 - Displasia severa o di alto grado, della mucosa della loro asportazione, di cui deve essere accertata la
portio: la mucosa è composta da cellule epiteliali indifferenzia­ rimozione completa.
te (E.e. 150 X). {Da Lanza G.: Tumori e precancerosi. Piccin ed.
Padova 1989). A titolo di esempio, è possibile citare ancora il
carcinoma squamocellulare della cervice uterina: lo
screening di massa per mezzo dell'esame citologico
- e con le conoscenze via via acquisite - ha permes­
so di ridurre in modo significativo la sua incidenza
attraverso il riconoscimento e l'asportazione chirur­
gica delle lesioni precancerose. Con ciò riducendo
la mortalità, ancora elevata dove non siano stati già
adottati i provvedimenti dello screening di massa e
di eradicazione delle lesioni premaligne.
Altro esempio è costituito dall'adenocarcinoma
del colon: anche qui l'asportazione endoscopica
delle lesioni precancerose (gli adenomi) previene lo
sviluppo della neoplasia infiltrante.
Trattare quindi la lesione precancerosa significa, in
pratica, curare, eradicandola completamente, la malattia
neoplastica quando è in una fase o stadio ancora guaribi­
Fig. 32 - Carcinoma in sìtu della portio uterina: La mucosa è le; e realizzare così una efficace prevenzione secondaria.
costituita da cellule indifferenziate con gravi atipie (E.e. 400 X}. Per le proliferazioni neoplastiche per le quali
(Da Lanza G.: Tumori e precancerosi. Piccin ed. Padova 1989). non siano ancora possibili indagini distrettuali ade­
guate, (anche perché insorgenti in sedi e con moda­
In questa successione di eventi - per la quale la lità che non consentano di stabilire la loro natura
maggior parte del tempo, di solito molti anni, è reale e lo stadio raggiunto da lesioni premaligne), la
necessaria perché la neoplasia raggiunga l'evidenza ricerca ed il loro riconoscimento ha comunque il
ì 78 s Processi neoplastici
significato di monitorare almeno il processo morbo­ - displasie (Figg. 30, 33b e c, 34b e c) e
so, fornendo importanti informazioni sulle scelte - carcinomi in situ (CIS) (Figg. 32, 33d, 34 e 35).
terapeutiche. È il caso delle sindromi mielodispla-
Ed è possibile documentare anche l'eventuale
stiche e dei disordini mieloproliferativi cronici che,
loro progressivo aggravamento o - incremento di
se non ricercati, identificati e trattati, possono evol­
malignità - sopratutto con rilievi morfometrici ripe­
vere in leucemia acuta.
tuti, che fanno cogliere, con grande dettaglio ogget­
Sulla natura/biologia delle lesioni preneoplasti-
tivo e quantitativo, modificazioni minime di diffici­
che, si possono form ulare le seguenti ipotesi:
le identificazione con l'osservazione soggettiva,
• la lesione premaligna è già costituita da cellule (come dimostrato, ad es., dagli studi di follow-up
maligne, che possono essere identificate nella delle lesioni premaligne della cervice uterina) e dai
fase preinvasiva del loro sviluppo; condizione rilievi morfometrici.
che è caratteristica dei carcinomi in situ cioè delle Il CIS rappresenta il massimo grado dell'altera­
lesioni ancora prive delle proprietà biologiche, zione premaligna: in questo stadio della progressio­
dei caratteri morfologici, citochimici, molecolari ne l'epitelio'è completamente sostituito da cellule
e genetici propri della malignità attuale che com­ morfologicamente indistinguibili da quelle del car­
porta la capacità in atto delTinvasività; cinoma (Figg. 3 2 ,33d, 34 e 35), che tuttavia non pos­
seggono ancora la capacità infiltrativa la quale
• la lesione è costituita, invece, da cellule alterate,
trova documento morfologico solo nelle lesioni del-
ma ancora prive della proprietà, delle alterazio­
Tinfiltrazione stromale iniziale (Fig. 34c e d) o nella
ni, che caratterizzano i carcinomi in situ, cellule
infiltrazione compiuta (Figg. 10,11).
aventi comunque caratteri microscopici peculia­
Le lesioni precancerose possono, devono essere
ri sufficienti per formulare un giudizio di lesioni
quindi graduate: i gradi più elevati esprimono il
premaligne, definite, in questo caso, displasìe e che
rischio attuale che una neoplasia infiltrante sia già
sono tuttavia passibili di ulteriori trasformazio­
presente nelle immediate vicinanze, oppure che
ni verso la malignità attuale.
possa svilupparsi in tempi brevi.
Il documento oggettivo, e certo, di questi assun­ A seconda dei diversi tessuti, ed in linea genera­
ti si trova proprio nelle osservazioni istopatologi- le, si possono usare sistemi di definizione del grado
che. Le lesioni precancerose, caratterizzate da alte­ di evoluzione, o di “grading", di ogni singola lesio­
razioni intermedie fra il tessuto normale e quello ne occorsa all'osservazione. Nella pratica per le
della neoplasia maligna corrispondente, nella dia­ lesioni precancerose vengono distinti quattro gradi
gnostica corrente sono riconosciute come: di evoluzione:

NORMALE DISPLASIA LIEVE

CE = compartimento esfoiiativo, CDto = compartimento differenziato,


CDvo = compartimento differenziativo, CR - compartimento rigenerativo

Fig, 33 - Schemi delle modificazioni strutturali e citologiche di lesioni premaligne della portio: in a} mucosa normale;
in d) displasia di basso grado o displasia lieve; in c) displasia di grado elevato; in d) carcinoma in situ.
Lesioni preneoplostiche: definizione soggettiva ed oggettiva del grado della malignità; lo screening di massa ® 179

1. la displasia lieve; I criteri generali per graduare le lesioni precan­


2. la displasia intermedia o media; cerose sono basati sulla conoscenza della struttura e
3. la displasia severa; della cinetica normali del tessuto di origine e sulle
4. il carcinoma in situ (CIS). modificazioni che gli eventi carcinogenetici induco­
oppure, e più praticamente, tre gradi che sono: no; modificazioni che possono essere riassunte nei
seguenti compiessi di alterazioni:
1. la displasia di basso grado (Figg. 3 0 ,34b);
2. la displasia di alto grado (Figg. 31, 34c); • alterazion i d ella proliferazion e. Nei tessuti labi­
3. il carcinoma in situ (Figg. 3 2 ,33d e 35). li (come la maggior parte degli epiteli) esiste un

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Fig. 34 - Caratteri istologici dell'infiltrazione straniale iniziale o ESI {Early Stromai fnvasion) nelia evoluzione/progressione del carcino­
ma delia portio: in a) l'ingrandimento limitato fa cogliere due focolai distinti di ESI che segnano l'infiltrazione iniziale (sui lato sinistro
80x); b) a maggior ingrandimento si cogiie la differenziazione delle cellule periferiche deir ESI che sono in contatto diretto con lo stro­
ma che mostra una densa infiltrazione linfocitaria (Emat. Eos. 250x); c) ulteriore immagine di infiltrazione stromale iniziale di ESI in cui
la differenziazione delle cellule infiltranti è all'esordio (Emat. Eos. 250x); in d) la marcatura (K 67) delle cellule in ciclo proliferativo indi­
ca una intensa attività proliferativa delie celiule che si trovano in continuità con auelle de! CiS, mentre le cellule in contatto diretto con
io stroma non sono marcate dai K 67 ed hanno una evidente differenziazione del citoplasma (K 67, 250x}.
180 - Processi neoplastia
rativo, le cellule maturano progressivamente fino
alla loro completa differenziazione morfologica e
funzionale, desumibile, quest'ultima, dalle pro­
prietà biologiche documentabili con indagini
immunocitochimiche. Alle quali compete la pos­
sibilità di evidenziare le funzioni specifiche del­
l'epitelio e quindi anche le loro eventuali altera­
zioni. La displasia si caratterizza per un difetto di
differenziazione per cui le cellule mantengono
un aspetto immaturo per gran parte, o per tutta,
l'estensione del distretto tessutale in cui di norma
si attua la differenziazione (Figg. 33c, d e 35).
© A tip ie cito lo g ich e che riguardano tanto il
nucleo, che ha conformazioni diverse dalla
norma o vere deformazioni morfologiche, quan­
to il citoplasma; le più significative essendo
anormalità:
- dei contorni nucleari che sono irregolari;
- della distribuzione spaziale e della confor­
mazione della cromatina;
- del contenuto della cromatina, che in genere
è aumentato - ipercromasia - o abnorme -
aneuploidia - ;
- dei nucleoli in genere ben visibili o anche
prominenti (Fig. 35);
- del citoplasma per riduzione della sua esten­
sione e che, per gradi, perde i suoi caratteri
differenziali e le sue attività di sintesi specifi­
che, come, ad es., la muco-secrezione, mentre
aumenta il contenuto di RNA in rapporto con
Fig. 35 - Carcinoma in situ delia mucosa gastrica con atipie le esigenze delle sintesi necessarie all'incre­
molto gravi nucleari, strutturali e delle mitosi. (E. eos. 400 X} mento della proliferazione cellulare.
L'importanza di stabilire in modo corretto, pos­
compartimento proliferativo che provvede al sibilmente oggettivo, il grado dell'evoluzione/pro-
normale ricambio cellulare. Nei processi iper- gressione delle singole lesioni della displasia e del
plastici (reattivi) il compartimento proliferativo
ca. in situ viene continuamente sottolineata anche
si espande, rimanendo tuttavia nella sua sede
dalla letteratura recente, per l'impatto clinico che
normale. Invece, nelle displasie, e nei carcinomi
ne deriva e che riguarda l'opportunità di inserire il
in situ con maggiore evidenza, la proliferazione,
paziente in un programma di controlli periodici, o
oltre ad essere più intensa/attiva, è anche disor­
la necessità di trattamenti immediati e differenziati.
dinata, con il riscontro di mitosi (Fig. 33):
Nello stabilire un grado di anormalità per qual­
- collocate al di fuori delle sedi del normale siasi alterazione, istologica e/o citologica, preneo-
ricambio cellulare o comparti proliferativi; plastica o neoplastica preinvasiva, si incontrano dif­
- disorientate rispetto alla normale disposizio­ ficoltà obiettive. Infatti, il giudizio soggettivo, ed
ne spaziale che, ad es., nelle mucose prevede anche semiquantitativo, ha i limiti già richiamati
un orientamento ortogonale del fuso dal che riguardano il loro rilievo per la pratica impossi­
quale dipende la collocazione a salire della bilità di stabilire e di quantificare, con la precisione
cellula destinata alla differenziazione propria necessaria, l'entità reale delle singole deviazioni o
del tessuto; anormalità specifiche di ogni condizione neoplasti­
- atipie di conformazione come sono le mitosi ca premaligna o maligna attuale, osservata e quindi
tripolari e quelle asimmetriche o comunque . del suo grado reale di progressione: in pratica il
abnormi. Particolare attenzione va dedicata grado reale o attuale della malignità, per ogni singola
alla lesione definita carcinoma infiltrante ini­ osservazione.
ziale o ESI, Early Stromal Invasion (Fig. 34),
Tale fatto ha stimolato vari ricercatori ad intro­
cui si riconosce il comportamento clinico del
durre sistemi di analisi oggettiva e quantitativa
CIS, ma che deve in ogni modo essere ricerca­
(morfometrica) con lo scopo di definire un grado
ta e diagnosticata (Mariuzzi L.)
affidabile, cioè riproducibüe, appunto oggettivo e
® alterazion i della differenziazione. Normalmente, quantitativo, ad ogni singola lesione premaligna
dopo essere state rilasciate dal comparto prolife- osservata; grado che, nella prassi quotidiana, viene
Lesioni preneoplastiche: definizione soggettiva ed oggettiva del grado della malignità; lo screening di massa - 181

genericamente stabilito per categorie convenziona­ no confermare un'ipotesi, basata sui rilievi morfolo­
li, fondate su rilievi poco riproducibili anche nella gici. Ipotesi che ritiene essere la displasia una lesio­
ripetizione del giudizio da parte di uno stesso sog­ ne in cui il processo cancerogenetico non è ancora
getto diagnosticante. completato; mentre in altre condizioni, com'è la
L'approccio ai rilievi oggettivi e quantitativi, che displasia della mucosa uroteliale, viene seguita l'i­
hanno il pregio sostanziale della riproducibilità, potesi che le cellule displastiche siano già maligne.
non è stato universalmente adottato; quindi non è Sembra possibile che queste lesioni non siano
entrato ancora nella pratica corrente, verosimil­ omogenee: oppure che non siano omogenei e ben
mente per il tempo che richiede oggi la valutazione definiti i criteri adottati per la loro valutazione. Pro­
oggettiva, ma anche perché si ritiene irrinunciabile blemi che comunque richiedono una soluzione pro­
la soggettività del giudizio come se in clinica venis­ prio per la loro grande importanza clinica.
se preferita la determinazione soggettiva, ad es. Considerando che i tempi di evoluzione, della
della glicemia o della glicosuria, fondata sulla displasia in neoplasia maligna, sono in genere lun­
degustazione del siero o delTurina del paziente, ghi, ed anche molto lunghi (diversi anni), le possi­
pratica in atto in secoli passati. bilità concrete di riconoscimento delle lesioni pre­
Gli studi che si basano sulle valutazioni oggetti­ maligne sono consistenti ed anche tali da consenti­
ve hanno suggerito, e continuano a proporre, tecni­ re una diagnostica precoce. Esistono cioè un margi­
che che possono far cogliere, in dettaglio, gli stadi ne di tempo notevole e le opportunità - da ricerca­
morfologici della progressione sulla scorta delle re ulteriormente - per attuare una efficace preven­
alterazioni reali delle cellule costituenti; e di stabili­ zione di una malattia, il cancro, altrimenti incurabi­
re quindi, per ogni osservazione, il grado reale, le. E di porre, in ogni singolo caso osservato, la dia­
attuale, della malignità. Superando così il limite gnosi, di formularne la prognosi e di impostare un
pesante, connesso con le valutazioni soggettive. adeguato programma di terapia.
Infatti il giudizio oggettivo e quantificato ha i pregi: Ovviamente, quanto descritto per sommi capi,
® del rilievo computerizzato che, vale insistere, circa la definizione del grado di malignità attuale
riesce a cogliere modificazioni che possono sfug­ delle lesioni premaligne, vale anche per le neopla­
gire o non possono essere apprezzate dall'occhio; sie che sono già maligne, perché prognosi e terapia
richiedono, anche in queste lesioni a malignità
• della valutazione quantitativa ed oggettiva del­ attuale manifesta, una definizione del loro grado,
l'entità reale delle alterazioni tessutali e cellulari cioè della bilogia attuale, che sia il più possibile fon­
presenti nei campioni indagati, proprio l'entità data ed attendibile, che sia cioè basata non solo, e
delle alterazioni reali. non tanto, sulla determinazione dell'istotipo.
Le figure 21 e 22 riportano un esempio della Le conoscenze del dettaglio delle modificazioni
capacità discriminante del metodo di analisi quan­ cellulari caratterizzanti l'evoluzione per gradi, con­
titativa adottato in una ricerca condotta per testare venzionalmente assunti, sono la base morfologica
la validità del metodo, che si fonda sulla quantifica­ microscopica su cui si fonda in gran parte la disci­
zione delle alterazioni/deformazioni della tessitu­ plina del, o degli, screening di massa.
ra, della densità ottica della cromatina nucleare e Si sono già richiamati i risultati ottenuti con la
della sua distribuzione: modificazioni valutate con ricerca citologica sistematica - screening di massa ~
93 distinte variabili. La figura 21 evidenzia bene le delle lesioni premaligne della portio uterina: un
diversità dei profili della tessitura nucleare in ima successo impressionante è che oggi la mortalità, un
serie di lesioni precancerose della mammella, tempo - gli anni 50 del secolo scorso - molto eleva­
soprattutto per i gradi di progressione dell'iperpla- ta, è oggi drasticamente ridotta.
sia atipica e del carcinoma in situ; e risulta anche Lo screening di massa concerne infatti l'identifi­
netta la differenza fra i profili dell'iperplasia sem­ cazione, che per poter essere efficace deve essere
plice e dell'iperplasia atipica. precoce, delle lesioni premaligne in soggetti peral­
La figura 22 mette in evidenza invece quanto tro asintomatici, ma considerati a rischio per una
siano differenti i profili dei vari carcinomi in situ e qualche neoplasia, sia per condizioni familiari o
come sia possibile valutare il grado attuale delle perché affetti da patologie a rischio, come l'nfezio-
loro deformazioni nelle singole osservazioni. ne genitale da HPV; essendo l'obiettivo la riduzio­
Si tratta di risultati incoraggianti, certamente ne della morbilità e della mortalità.
ancora indaginosi e tali da richiedere tempo ed assi­ È provvedimento sanitario tanto più efficace
duità di applicazione; ma di certo possono suggeri­ quanto più certa è la evidenziazione ed il riconosci­
re una via "nuova" per perseguire con tenacia l'o­ mento delle lesioni di esordio, cioè delle displasie
biettivo di una determinazione riproducibile ed in particolare.
affidabile. Per questa iniziativa sanitaria che viene, o deve
Valida anche per affrontare altri problemi di rilie­ essre, condotta su popolazioni esenti da sintomi,
vo, come quelli sollevati da studi recenti di biologia specifici o generici, di malattia neoplastica, è neces­
molecolare (si veda il cap. relativo), che in alcuni saria la previa identificazione delle popolazioni a
casi, come ad es. negli adenomi intestinali, sembra­ rischio per le varie neoplasie.
182 & Processi neoplastici
Attualmente lo screening viene esteso anche a Metodi di studio assunti per mettere in atto
neoplasie "interne" - tiroide, mammella, apparato misure di prevenzione delle neoplasie maligne,
gastro-enterico ed altri organi - ed i risultati sono provvedimenti di prevenzione secondaria, che si
già positivi ma sicuramente passibili di ulteriori propongono di modificare, interrompendola, l'evo­
progressi. luzione delle malattie neoplastiche maligne già ini­
E da sottolineare ancora che il problema è stato ziate - diagnosi precoce - , ma soprattutto di preve­
affrontato, con molto impegno, e quasi ovunque nirle identificando i soggetti "a rischio".
sono attivi ambulatori pubblici per la ricerca, la dia­ L'efficacia di queste iniziative, divenute presto
gnosi ed il trattamento delle patologie premaligne. provvedimenti sociali, si riscontra nei risultati pra­
Infatti l'efficienza delle indagini citologiche di tici com'è il caso, già più volte citato, del carcinoma
screening assunte per il riconoscimento, la identifi­ della portio uterina.
cazione e la diagnosi del grado attuale di progres­ In questa sede vale sottolineare ancora il grande
sione delle lesioni premaligne, è documentata da rilievo pratico degli screening di massa che si vanno
una storia già quasi secolare (Papanicolau 1925, via via estendendo almeno, e per ora, alle neoplasie
Traut 1943, Filder 1962, Schneiderman 1979, Tortora più frequenti e comunque non solo a quelle facil­
in Italia 1960). E l'applicazione pratica, che ne è mente controllabili perché sono in grado di rilascia­
derivata, ha trovato subito pronta esecuzione. Alla re cellule con gli eventi dello sfaldamento - portio,
fine estesa alla maggior parte delle neoplasie, alme­ polmone ad. es. ma anche ricorrendo a prelievi
no a quelle di maggior rilievo sociale come i carci­ tissutali minimi mediante tecniche di agoaspirazio-
nomi della portio e della mammella. Applicazione ne (mammella, tiroide, ad es.), in genere quando
di tecniche per il riconoscimento delle lesioni pre­ ricorrano gli estremi di un qualche sospetto.
maligne per la finalità sia della diagnosi precoce ma Molta è la strada finora percorsa ma di certo più
soprattutto della individuazione della popolazione lunga è quella che resta da percorrere.
"a rischio".

| Bibliografia essenziale
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pagg. 132-181. Piccin Ed. Padova 1989.
Sindromi
1.11 paraneoplastiche
L. Mariuzzi

Il meccanismo genetico alla base della produzio­


| Principi generali ne anomala di un ormone o di una proteina da
Le neoplasie benigne, maligne e le loro metastasi, parte di una cellula neoplastica è chiarito. Oncoge­
oltre a causare, negli organi e distretti dove si espan­ ni possono attivare altri geni (come quelli deputati
dono, alterazioni anatomiche e funzionali connesse alla sintesi di ormoni) che normalmente sono silen­
con l'effetto massa (compressione, ischemia, invasio­ ti; oppure indurre demetilazione di geni normal­
ne, ecc.)/ possono produrre anche danni di natura mente inattivi, ma che metilati, possono evocare la
biochimica, anatomopatologica e clinica, non di rado loro espressione nelle cellule proliferanti.
rilevanti, mediati da molecole sintetizzate e liberate Le sindromi paraneoplastiche possono essere :
dalle cellule neoplastiche. Si tratta di complessi pato- - di ordine generale: febbre, anestesia, cachessia;
logico-clinici che si sovrappongono a quelli propri di - di ordine specifico: endocrino, neurologico,
una neoplasia, per lo più maligna, che rendono più ematologico, dermatologico, ecc.
composito il quadro sintomatologico e che sono
denominate "Sindromi P aran eoplastiche”.
Il disordine genico, complesso, che inizia, fa| Le sindromi paraneoplastiche
evolvere e governa le anormalità della proliferazio­ endocrine
ne e differenziazione cellulare, le atipie appunto bio­ Le sindromi paraneoplastiche endocrine sono,
logiche e morfologiche, comporta anche alterazioni finora, le meglio conosciute perché le più studiate,
di attività funzionali, esse pure complesse, ed in non solo per la loro evidenza clinica patente, come
grado di causare o l'iperproduzione di molecole o quella del morbo di Cushing paraneoplastico, ma
proteine di norma sintetizzate ma in quantità mini­ anche per la loro frequenza, come è ñ caso della
ma; oppure di produrre e liberare nuove molecole ìpercalcemia maligna. Siccome le cellule neoplasti­
abnormi per la serie cellulare, da cui è derivata la che non hanno origine dal sistema endocrino, la
neoplasia. Quindi molecole che non sono proprie loro produzione di metaboliti ad azione ormonale
dei citotipi originari (secrezione paraneoplastica). viene definita produzione ormonale etiopica.

Sindromi paraneoplastiche end°crme

Ormone Quadro clinico-patologico Neoplasia


PTHrP ìpercalcemia maligna Ca. non a piccole cellule del polmone; Ca. mammario;
PTH Ca. renale; Tumori testa-coilo; Tumori vescicali; Mieioma
Vasopressina Sindrome da inappropriata Ca. a piccole cellule del polmone;
Atrial natriuretic secrezione di vasopressina, Tumori testa-collo
peptide ADH: SIADH
ACTH Sindrome di Cushing Ca. a piccole cellule e non a piccole cellule dei polmone;
CRH e Molecole analoghe Carcinoidi
GH Acromegalia Carcìnoidi; Tumori delie isole del pancreas; Ca. a piccole
GHRH cellule del polmone
HCG Ginecomastìa e Tumori del testicolo; Ca. a cell. germinali e del trofoblasto;
femminilizzazione nel maschio Ca. a piccole cellule del polmone
Insulina Ipoglicemia Sarcomi
IGF-2
184 ; Sindromi paroneopiastiche

Sindromi paroneopiastiche neurologiche

Fattori causali Quadro clinico-patologico Neoplasia


Anticorpi (Ac) Anti glicoProteina Encefalomielite limbica Ca. a piccole cellule del polmone
Associata alla Mielina Degenerazione cerebellare
AAPAM
Ac. Anti ChR ^ ■4 ■'
Miastenia grave Timoma
Ac. Anti Ri Encefalite del tronco Ga. mammella
Ga. ginecologici
Ac. Anti cellule Retinopatia da melanoma Melanoma
Bipolari della retina

Sindromi paroneopiastiche ematologiche

Fattori causali Quadro clinico- patologico

Eritropoietina Eritrocitosi Ca. renale; Epatoca rei noma; Emangioblastoma cerebellare


G-CSF Granulocitosi Ca. polmonare; Ca. gastrointestinale; Ca. ovarici; Ca. genitourinari
GM-CSF
IL-6
1L-Ó Trombocitosi Ca. polmonare; Ca. gastrointestinale; Ca. mammario; Ca. ovarico; Linfomi
IL-5 Eosinofilia Linfomi; Leucemie; Ca. polmonare
Non identificate Tromboflebiti Ca. polmonare; Ca. pancreatico; Ca. gastrointestinale; Ca. mammario;
Ca. genitourinari; Ca. ovarico; Ca. prostatico; Linfomi

SincIromiparaneoj »fastidie dermaMogiche \

K1 , . ■’ ..... " ....... — ---------


Quadro clinico-patologico Neoplasia , ;
Acantosis Nigricans Ca. gastrico
Papillomatosi cutanea florida
ittiosi acquisita Linfoma di Hodgkin
Prurito
Amiloidosi Mieloma multiplo
Osteo-artropatia ipertrofica (finger clubbing) Ca. polmonare
Eritema girato
Dermatite erpetiforme Linfomi non Hodgkin del piccolo intestino
Dermatomiosite Vari tumori
Eritema anulare centrifugo
Ipertricosi lanuginosa Ca. polmonare e colico
Vasculite leucocitoclastica Hairy cell Leukemia
Poliarferite nodosa
Pemfigo volgare e paraneoplastico Linfomi
Pioderma gangrenoso Leucemia mieloide acuta
Sindrome ai Sweet
Le sindromi paraneoplastiche ematologiche & 185

Ci sono tre classi principali di ormoni: gli steroi­


U Le sindromi paraneoplastiche
di, le monoamine e i peptidi/proteine. La produ­
zione ectopica di ormoni steroidei da parte di neo­ emafoiogiche
plasie maligne è rara, così come quella di monoami­ Le sindromi paraneoplastiche ematologiche,
ne, mentre la maggior parte delle sindromi para­
associate a tumori solidi, non hanno ancora avuto
neoplastiche endocrine è dovuta alla secrezione un inquadramento compiuto per il fatto che sono
ectopica di ormoni peptidici o proteici. tuttora molti i quadri per i quali non è stato ancora
L'Ìpercalcemia maligna è la sindrome paraneo-
identificato l'ormone o gli ormoni, le citochine o
plastica più comune: può essere dovuta alla produ­ comunque i meccanismi responsabili delle manife­
zione, da parte delle cellule dì un tumore, di un stazioni ematologiche associate. In linea generale la
peptide/ormone (PTHrP: ParaThiroid Hormon gravità delle manifestazioni ematologiche paraneo­
related Peptide) simile al paratormone, oppure plastiche procede di pari passo con il progredire del
essere causata da un'attività locale osteolitica
processo neoplastico che l'ha determinata. Anche in
(LOH: Locai Osteolytic Hypercalcemia), dalla queste forme l'incidenza delle sindromi paraneopla­
secrezione, da parte di tumori primitivi o seconda­ stiche varia in base al tumore; ad esempio l'eritroci­
ri in sede ossea, di fattori locali paracrini che pro­ tosi si verifica in meno del 5% dei carcinomi renali
muovono il riassorbimento osseo. ma in più del 15% dei glioblastomi cerebellari. È evi­
La produzione ectopica di ACTH è responsabile dente che in assenza di patologie ematologiche che
di circa il 15% delle sindromi di Cushing in pazien­
la possano giustificare, l'eritrocitosi diviene criterio
ti neoplastici.
rilevante per porre almeno l'ipotesi di una sindrome
La sindrome da secrezione ectopica di ACTH,
paraneoplastica e quindi di una neoplasia maligna.
nella maggior parte dei casi, è causata dal carcinoma La tabella 3 raccoglie alcuni quadri di sindromi
a piccole cellule del polmone (50% dei casi). In que­
paraneoplastiche ematologiche.
sto caso il metabolita in causa è un peptide, simile
per funzione, alla corticotropina, derivato da una
grossa molecola proteica, la pro-opiomelanocortina.
Mentre per i dettagli delle singole forme si
| Le sindromi paraneoplastiche
rimanda ai capitoli della patologia neoplastica dei dermatologiche
singoli organi, una sintesi schematica di questo
Molte lesioni cutanee possono essere associate a
complesso è raccolta nella tabella 1.
neoplasie e, come per le altre sindromi paraneopla­
stiche, quelle cutanee possono precedere la diagno­
Le sindromi paraneoplastiche
si o portare alla diagnosi del tumore stesso. Le sin­
| dromi paraneoplastiche cutanee si verificano in
neurologiche circa il 7-15% dei pazienti portatori di carcinomi.
Differenziare le lesioni dermatologiche secondarie
Alcune sindromi neurologiche sono la conse­ a neoplasia da quelle primitive può essere un pro­
guenza di neoplasie che non interessano l'encefalo
blema diagnostico: solitamente le lesioni seconda­
né come forme primitive e neppure secondarie. rie insorgono ed evolvono più rapidamente di quel­
Queste sindromi paraneoplastiche possono avere
le primitive.
insorgenza subacuta, con sintomi neurologici che
Le cause che determinano le lesioni cutanee
compaiono nell'arco di giorni o settimane e posso­
sono per lo più sconosciute. Comunque, visto che le
no precedere il riscontro della neoplasia di mesi o
lesioni cutanee paraneoplastiche sono, per la mag­
anni.
gior parte, di tipo proliferativo, si ritiene che siano
I tumori, più spesso associati alle sindromi para­ correlate alla produzione, da parte della neoplasia,
neoplastiche, sono i carcinomi del polmone (47%),
di fattori di crescita tumorali. Un'altra possibile via
dello stomaco (12%), della mammella (12%), dell'o­
patogenetica è quella autoimmune dovuta alla pro­
vaio e del colon.
duzione di antigeni da parte della neoplasia.
I meccanismi che determinano queste sindromi
La tabella 4 raccoglie alcuni quadri di sindromi
possono essere diversi come il rilascio, da parte
paraneoplastiche dermatologiche.
della neoplasia, di sostanze neurotossiche, la pre­
senza nella neoplasia di virus o retrovirus o anche
la risposta autoimmunitaria contro determinanti
antigenici comuni al tumore e alle cellule neurali.
15 Bibliografia essenziale
La tabella 2 raccoglie alcune delle forme più fre­ Darnell R.B., et al.: Paraneoplastic syndromes involving ner-
quenti. vous systhem. N. Engl. J. Med. 349,1543, 2003.
Mazzone P. et al.: Endocrine paraneoplastic syndromes in
lung cáncer. Curr. Op. Pulm. Med. 9, 313,2003.
SEZIONE

Malattie infettive
e parassitarie

2.1 Malattìe infettive: generalità ■ invasione mucosa con proliferazione batterica nella
(G. Pettinato, G. Ciancia) lamina propria e nei linfonodi regionali
■ introduzione e principi generali ■ Invasione e traslocazione mucosa con possibile
diffusione sistemica
s Interrelazione ospite-parassiics ■ Polmoniti batteriche acute
■ il ruolo dell'anatomia patologica nella diagnosi ■ Linfonoditi necrotizzanti da batteri e clamidie
delle infezioni ■ Malattie da spirochetali
a Risposte tessutali all'infezione ■ Malattie da actìnomicetaceae
■ Dimostrazione microscopica degli organismi
patogeni ■ il polmone dell'agricoltore

2.2 Malattie virali nell’uomo 2.4 Malattie micobatteriche (G. Barbolini, G. Rossi)
(A. Faggioni, S. Uccini) h Tubercolosi
■ introduzione alla virologia medica ■

Tubercolosi primaria e post-primaria
Tubercolosi extrapolmonare
■ Vie di trasmissione dei virus, replicazione virale e
propagazione nell'ospite ■ Lebbra
■ Meccanismi utilizzati dai virus per sfuggire alle a Micobatteriosi
difese dell'ospite ■ Sistematica essenziale delle principali infezioni da
■ Metodi diagnostici delle infezioni virali M orr
■ Prevenzione delie malattie virali: le vaccinazioni ■ Malattie a sospetta eziologia micobafterica
■ Malattie virali emergenti e rischio di pandemie
2.5 Malattie da miceti (G. Pettinato, D. Bifano)
■ Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)
■ Micosi superficiali
■ Problemi morfo-diagnostici deile malattie virali
umane (G. Barbolini) ■ Micosi sottocutanee e sottomucose
b Micosi sistemiche
■ I prioni - encefalopatie spongiformi trasmissibili -
(G. Barbolini, P. Parchi)
2.6 Malattie da protozoi e da elminti
2.3 Malattie batteriche {G. Barbolini, G. Rossi) (G. Pettinato, G. Ciancia)
■ Enteriti batteriche acute Malattìe da protozoi
■ Adesione batterica con produzione di enterotossine ■ Patogenesi e patologia delle infezioni protozoarie
■ Tossinfezioni alimentari ■ Malattie causate da protozoi luminali
m Adesione batterica con danno dei microvilli ■ Malattie causate da protozoi ematici
■ invasione mucosa con proliferazione batterica ■ Malattie causate da protozoi intracellulari
intracellulare Malattie da elminti
f
Malattie
2.1 infettive:
generalità
G. Pettinato, G. Ciancia

sato dal contatto con microrganismi esogeni che provocano


| Introduzione e principi generali malattia, o dal deficit dei meccanismi difensivi di superficie, o da
altre alterazioni nella costituzione del paziente.
Studiando questo capitolo sulle malattie infetti­ Il trattamento e la prevenzione delle malattie infettive coin­
ve e le infezioni, lo studente potrà proseguire i volge diverse strategie come l'alterazione della flora di micror­
seguenti obiettivi: a) conoscen za dell'equilibrio ganismi (igiene, antibiotici, chemioterapici) o delia costituzione
dinamico esistente tra l'uomo e i microrganismi; b) del paziente (dieta, vaccinazione, gamma-globuline); minimiz­
com prensione dei processi che influenzano questo zazione della risposta infiammatoria evocata dall'agente infetti­
vo (corticosteroidi, antistaminici); e trattamenti chirurgici come
equilibrio nello stato di salute e in quello di malat­ 10 svuotamento di ascessi e di essudati infiammatori cavitari.
tia e delle caratteristiche dei microrganismi che pro­
ducono la malattia; c) conoscen za delle ragioni per L'infezione è di solito il risultato di una contami­
cui si verificano le cornimi malattie infettive e come nazione, cioè del trasferimento di microrganismi da
esse possono essere controllate. un posto ad un altro. Fonti di contaminazione sono:
L'ecologia è la scienza delle relazioni tra le popolazioni di pazienti con malattìe infettive, portatori sani (per­
organismi e il loro ambiente. L'uomo vive in un ambiente conte­ sone portatrici di agenti patogeni senza esserne
nente un enorme numero di microrganismi come parassiti, fun­ ammalate), animali, insetti, suolo, cibo, acqua e
ghi, batteri e virus (Tab. 1).
I microrganismi che causano infezioni endogene appartengo­ bevande. Contagioso significa che il paziente o il
no alla flora residente della cute, bocca, albero respiratorio, vagi­ portatore diffonde il microrganismo causale nel­
na ed intestino. La flora residente è normalmente in equilibrio l'ambiente e che esso sopravvive nel trasferimento
dinamico con l'ospite. La composizione di una flora residente è
da un posto ad un altro al di fuori del corpo. La
infatti determinata da fattori selettivi come pH, concentrazione
di sali, tensione di ossigeno, umidità, intensità della luce, ele­ maggior parte, ma non tutte le malattie infettive,
menti nutritivi disponibili e anticorpi presenti in ima particolare sono contagiose. Esistono grandi variazioni nell'a­
parte del corpo. bilità delle specie di microrganismi patogeni a
Lo stato di salute dipende da un sistema ecologico bilanciato
sopravvivere al di fuori del corpo animale. Dal
dipendente dalia interrelazione tra l'organismo umano (costitu­
zione) e la flora dei microrganismi presenti sulla superficie cuta­ punto di vista epidemiologico l'habitat di un
nea e nei tratti respiratorio e gastrointestinale. microrganismo è di grande importanza, per esem­
La malattia infettiva si ha quando si verifica una rottura di pio, microbi che vivono nel suolo non possono esse­
questo sistema ecologico bilanciato. Il disordine può essere cau­
re esclusi dall'ambiente umano, ma organismi
come Corynebacterium diphtheriae o Neisseria gonor-
rhoeae si moltiplicano solo nel corpo umano e pos­
sono quindi teoricamente essere eradicati attraver­
A B B I neiPamb so vaccinazioni, antibiotici o isolamento.

Materiale Numero di microrganismi viventi


11 mutevole spettro delle malattie infettive
Aria 10°-IO 2 per litro
umane
Feci IO 10 per grammo Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, e
Epidermide umana IO 3-IO 6 per cm negli anni '50, si pensava che, con il miglioramento
Latte 1 06 per mi delle condizioni igieniche e l'introduzione di nuovi
vaccini e nuovi antibiotici, le malattie infettive, che
Latte (pasteurizzato) 2.5 x IO 4 per mi (massimo) colpivano così frequentemente e duramente il gene­
Saliva 109 per mi re umano, avrebbero cominciato presto a diminuire
Suolo 107- 10 10 per grammo e, eventualmente, a scomparire. Oggi, osservando i
fatti retrospettivamente, quelle speranze sembrano
Superficie dell'acqua ì 06 per mi per lo meno ingenue.
190 " Malattie infettive: generalità
D'altra parte, chi mai avrebbe potuto prevedere che la resi­ come era stata attenta per lungo tempo all'identifi­
stenza agli insetticidi e ai farmaci specifici non avrebbe permes­ cazione dei patogeni microbici.
so Teradicazione della malaria che ancora affligge vaste aree del
pianeta, o che ceppi di stafilococco diventati resistenti alla meti-
In questo capitolo sarà fatto un tentativo di cor­
cillina avrebbero rappresentato un serio problema per i nostri relare le conoscenze di microbiologia molecolare e
ambienti ospedalieri ad alta tecnologia? Ancora, chi avrebbe di immunologia al panorama costantemente mute­
potuto prevedere, a quel tempo, che trenta anni dopo una pan­ vole delle malattie infettive umane. Inoltre, le
demia causata da un nuovo retrovirus, l'AIDS, avrebbe terroriz­ modificazioni derivate dal comportamento dell'o­
zato il mondo come le più mortali pestilenze della storia? La
maggior parte dei pianificatori sanitari degli anni '50 era ben spite saranno sottolineate, per esempio, nuovi stru­
cosciente dei "fattori umani" che limitavano il controllo delle menti medici, terapie, interventi chirurgici, il ruolo
infezioni, ma pochi di essi davano credito al potere della varia­ dei viaggi transcontinentali e le migrazioni di
zione genomica microbica, un argomento di scarso interesse massa che mescolano persone e parassiti da ogni
prima dei pionieristici studi di Avery sulle mutazioni del DNA
angolo del pianeta; speciale attenzione sarà posta natu­
nei ceppi di pneumococco.
ralmente all'AIDS come evento modificatore maggiore
Durante le ultime decadi, gli spettacolari pro­ della patologia delle malattie infettive.
gressi della biologia molecolare hanno rivoluziona­
to il pensiero biomedico e la separazione tra la scien­
za del laboratorio e la pratica clinica si è ridotta di H Interrelazione ospite-parassita
molto. Noi oggi sappiamo che tutti i microbi sono La p atogen icità è la particolare abilità che una
capaci di variazioni ìntraspecifiche, così come le loro specie microbica ha nel causare una malattia infet­
specie ospiti; la velocità delle variazioni genomiche tiva in una particolare specie animale. In molti casi
è positivamente correlata al grado riproduttivo e i mediatori chimici della patogenicità non sono
negativamente alla complessità del ciclo riprodutti­ conosciuti e la patogenicità è quindi difficile da
vo. Le variazioni genomiche, quindi, e la moltiplica­ definire precisamente. Non tutti i ceppi di una spe­
zione veloce aiutano virus e batteri a superare le cie patogena hanno la stessa capacità di produrre
difese degli ospiti, e in particolare dei mammiferi. malattia e alcuni ospiti possiedono fattori costitu­
Infatti, è stato suggerito che, sotto condizioni di stress suble­ zionali che li rendono più resistenti di altri ad un
tale, i batteri siano capaci di mutazioni adattative piuttosto che particolare agente patogeno.
puramente casuali. Man mano che si sale la scala filogenetica
Molte malattie infettive si verificano in varie
verso i parassiti elminti, si può osservare che riproduzioni rapi­
de e le variazioni genomiche diminuiscono in favore di maggio­ forme, variando da moderate a severe. Ceppi
re longevità individuale e differenziazione sessuale. Questi ulti­ microbici isolati da casi severi sono definiti virulen­
mi sviluppi, a turno, conferiscono un vantaggio selettivo ai ti e la virulenza di ceppi isolati da casi moderati è
parassiti abili nel mantenere una relazione prolungata e stabile chiamata bassa. La severità di una malattia infetti­
con il loro ospite: così che la riproduzione è conservata e il danno
va è naturalmente determinata anche dalla resisten­
all'ospite è minimizzato. Infatti, sopravvivenze di lunga durata
di entrambi, parassiti ed ospiti, sono la norma nelle infezioni za dell'ospite, come si vedrà in seguito. Non c'è un
elmintiche endemiche, per esempio le filariasi. In termini più test in vitro per misurare la virulenza. La virulenza
generali, l'evoluzione filogenetica dei parassiti promuove una è quindi la competenza di ciascun agente infettivo
accomodazione ospite-parassita, più che un incremento della morbili­ a produrre effetti patologici come determinato dalla
tà dell'ospite. Anche nelle maggiori epidemie virali o batteriche,
tendenze "adattative" sono osservate, una volta che il loro picco
valutazione clinica della severità della malattia pro­
storico è passato. Infezioni sconosciute ad una data specie, ospi­ dotta dall'agente patogeno. Ceppi di microbi che
te o comunità tendono ad essere devastanti, al contrario di infe­ appartengono a specie patogene ma non causano
zioni endemiche a lungo stabilite tra la stessa popolazione. Que­ malattia sono chiamati avirulenti.
sta sequenza è stata chiaramente esemplificata nella storia della Nei nostri manuali, i meccanismi di difesa dell'ospi­
sifilide e può forse essere rilevante nel decorso futuro dell'attua­
le epidemia di AIDS.
te umano sono spesso categorizzati come a) fisiolo­
gici, b) infiammatori non-specifici, c) immunitari.
In parallelo con la microbiologia molecolare, la Un esempio di difesa f is i olog ica è la copertura pro­
nostra comprensione dei meccanismi immunitari tettiva mucociliare del tratto respiratorio; un mec­
umani nella patogenesi delle malattie infettive ha canismo di difesa in fiam m atorio è l'acquisizione di
fatto passi da gigante, e l'immunologia clinica ha materiale particolato da parte dei neutrofili; e un
cominciato a fiorire. Ad uno ad uno i difetti immuni­ meccanismo im m unitario è l'attivazione di cellule
tari genetici dell'infanzia sono stati chiariti; nello T-killer citotossiche antigene-specifiche.
stesso tempo, le immunodeficienze iatrogeniche Ciascuna categoria può essere ulteriormente
nella nostra popolazione ospedaliera adulta, indotte documentata da un reciproco stato di deficienza,
dalla chemioterapia o dalle radiazioni, si sono molti­ per esempio la sindrome di Kartagener per la catego­
plicate al punto che le infezioni nosocomiali, attual­ ria a); la malattia granulomatosa cronica dell'infanzia
mente, superano quelle acquisite nella comunità. per b); e la sindrome di Wiskott-Aldrich per c). Sfortu­
Quando l'AIDS ha invaso la scena, molte delle natamente questo approccio didattico lucido può
informazioni apprese, circa l'ospite umano alterato, essere applicato solo ad una piccola frazione di
hanno assunto connotati più chiari. Infatti, la medi­ ospiti compromessi che si incontrano nel mondo
cina delle malattie infettive è diventata più attenta reale della medicina pratica. Molto più comune­
ai meccanismi di difesa dell'ospite umano, così mente si ha a che fare con malattie o alterazioni che
Interrelazione ospite-parassita & 191

facilitano l'infezione in una maniera multifattoriale L'immunità indotta dalla vaccinazione, sebbene simile, di solito
o scarsamente definita. è in qualche maniera meno durevole e più debole.
Quando la resistenza dell'ospite è tanto consistente da pre­
Molto è stato scritto circa la modestia delle dife­ venire o superare la malattia attiva, ma non tale da sopprimere
se deirospite in utero e nella prima infanzia, nella l'invasore totalmente, l'infezione può perpetuare se stessa in
malnutrizione e nella vecchiaia. Altri esempi sono il forma latente, con o senza danno tessutale focaie. Organismi che
diabete, l'alcolismo o un difetto cardiaco congenito. causano infezioni latenti attraversano l'intero spettro microbico
dai virus ai parassiti animali e tutti condividono un potenziale
Nel linguaggio comune i termini immunodeficiente, per la riattivazione appena le difese dell'ospite si indeboliscono
compromesso, o alterato sono spesso usati come ter­ o rimmunità diviene inefficace. In molti di tali casi un difetto
mini intercambiabili, come parole codificate per sottostante dei linfociti T è responsabile della riattivazione, sia
indicare la scarsa difesa dell'ospite contro l'infezio­ per una scarsezza di attività helper sia per un eccesso di attività
suppressor. Così, le infezioni adulte causate dagli herpes virus
ne senza riferimento a qualsiasi specifico difetto umani ubiquitari rimangono indefinitamente asintomatiche; le
immunitario. D'altra parte, è utile distinguere, lad­ persone normalmente immunocompetenti possono sperimenta­
dove possibile, tra compromissione immunità re episodi sporadici di herpes, talvolta senza una causa scate­
cellulare, deficit di opsonizzazione e deficienze nel nante apparente; per contrasto, nei pazienti resi immunodefi-
cienti con irradiazione a mantellina e chemioterapia per linfoma
numero o nella funzione di leucociti effettori. Inol­
di Hodgkin, spesso infezioni da virus V-Z si presentano in forma
tre, persone che mancano della funzione splenica grave e disseminata.
sono soggette a speciali rischi infettivi. Le alterazioni delle difese dell'ospite modificano sia gli
Come regola generale, pazienti neutropenici aspetti patologici che clinici delle malattie infettive. Ospiti
compromessi immunologìcamente mostrano aspetti istologici
sono più facilmente aggrediti da batteri comuni e
abnormi o inusuali; per esempio, una infezione batterica da
funghi nel loro ambiente, mentre quelli con difetti germi piogeni, che dovrebbe normalmente causare la formazio­
deìYimmunità cellulare spesso cadono preda di ne di un ascesso, in un paziente granulocitopenico, può causare
infezioni endogene virali o granulomatose, che necrosi emorragica virtualmente priva di granulociti neutrofili.
nelle persone normali sarebbero rimaste latenti. Ancora, nella forma anergica, lepromatosa, della lebbra, i granu­
lomi a cellule epitelioidi vengono rimpiazzati da aggregati di
Pazienti con deficit di anticorpi o fattori del com­ macrofagi a citoplasma schiumoso contenente innumerevoli
plemento sono specialmente vulnerabili a batteri micobatteri. La capacità di difesa dell'ospite, pertanto, dovrebbe
extracellulari; pazienti con deficit di componenti essere sempre presa in considerazione quando si tenti di valuta­
tardivi del complemento sono selettivamente senza re una concordanza istologica-microbiologica. In parole povere:
considerate la condizione generale del vostro paziente quando
difese contro le neisseriae. Organismi con capsule osservate e valutate una lesione!
sottili costituiscono uno speciale pericolo per i
pazienti asplenici, assieme a quei parassiti che nor­
malmente nei seni splenici, sono filtrati dal sangue | 11 ruolo de!l'anatomia patologica
come i plasmodi. Meno trattabili sono i pazienti con nella diagnosi deile infezioni
difetti immunitari combinati afferenti ed efferenti;
così, nell'infezione avanzata da HIV/ l'AIDS, la Nella medicina delle malattie infettive, la dia­
deplezione delle cellule T-helper è combinata con gnosi etiologica costituirà sempre "il termine del
una disfunzione macrofagica e, in ultimo, con una gioco", ma le regole del gioco cambiano quando
depressione midollare e neutropenia. Questi intervengono nuove metodologie. La microscopia
ottica e le colture in vitro sono ancora ritenuti gli
pazienti con deficit difensivi cadono preda di
strumenti base per la diagnosi etiologica, ma recen­
numerose superinfezioni sempre meno sensibili
ti avanzamenti tecnologici hanno aggiunto parec­
alle terapie.
chie nuove potenti opzioni. I tests con ELISA e i
L'immunità naturale agii agenti infettivi è geneticamente radioimmunoassays hanno reso la diagnosi sierolo­
determinata e varia tra le specie dei mammiferi. Il fenotipo che
gica più sensibile e conveniente.
rende una determinata specie o razza permissiva per un partico­
lare agente solo raramente è stato identificato. Un esempio Intere liste di anticorpi biotinilati antigene-specifici e sonde
umano istruttivo è rappresentato dal fattore di gruppo sangui­ per ibridizazzione degli acidi nucleici costituiscono le nuove scel­
gno Duffy, come recettore di superficie obbligatorio per la pene- te dei cataloghi dei laboratori biotecnologici. Appena questi rea­
trazione del Plasmodium Vivax nel globulo rosso dell'ospite. Que­ genti entrano nel largo uso, dimostrano di essere in grado di sco­
sto illustra quanto sottile possa essere la base per rimmunità prire sempre minori quantità di microrganismi e sempre più velo­
naturale. In realtà, i progressi nello spiegare le differenze razzia­ cemente di prima; nello stesso tempo, la discriminazione tra una
li umane della suscettibilità alla tubercolosi o alla coccidioidomi- colonizzazione microbica e una infezione latente o attiva rischia
cosi, sono stati scarsi; gli sforzi per collegare la prevalenza di di diventare sempre più difficile. Chiaramente, la dimostrazione
infezioni croniche in una comunità al suo profilo di loci MHC di uno specifico microrganismo o della sua impronta genomica è
hanno prodotto risultati equivoci. Che cosa protegga quegli solo la prima di parecchie tappe nella catena dell'evidenza della
individui a rischio che rimangono in perfetta buona salute nel causalità. Quando vengono usati i moderni markers diagnostici, i
bel mezzo di travolgenti pandemie, resta ancora da chiarire. postulati di Koch possono non sempre essere soddisfatti e quindi
In contrasto, i meccanismi di difesa che intervengono nella diventa obbligatorio dimostrare che iJ processo di malattia, e il
resistenza acquisita, possono essere analizzati alla luce di prin­ suo putativo agente causale, sono inseparabili nella loro localizza­
cipi base dell'immunità cellulare e mediata da anticorpi. Infezio­ zione cellulare e nel decorso temporale. In questo contesto, il
ni naturali, curate, di solito evocano ima solida memoria. Per ruolo della diagnosi patologica tessutale resta cruciale.
esempio, la resistenza alla malattia streptococcica correlata all'e­ Uistopatologia diagnostica continua ad essere
tà si ritiene derivare da anticorpi cross-reagenti generati duran­
te episodi infantili espliciti o subclinici di infezioni delle alte vie momento essenziale della microbiologia clinica
respiratorie. Cellule T della memoria generate da tali esposizio­ perché essa serve a definire la configurazione cellu-
ni possono persistere per molti anni se non indefinitamente. lare delle reazioni dei tessuti dell'ospite; essa rende
192 ; Malattie infettive: generalità
possibile lo stabilire se una data reazione cellulare 1. Infiammazione essudativa
dell'ospite è concordante o discordante con l'agente 2. Infiammazione necrotizzante
causale designato. . 3. Infiammazione granulomatosa
La concordanza tra microbiologia e istopatologia comporta 4. Reazione a macrofagi schiumosi
un importante peso nella definizione delle cause, indipendente­ 5. Infiammazione interstiziale
mente dal fatto che l'agente sospettato sia stato visualizzato den­ 6. Modificazioni citopatiche/citoproliferative
tro lo stesso campione di tessuto o stia per essere identificato 7. Nessuna risposta cellulare
separatamente da una coltura o con altri mezzi. D'altra parte,
quando le tecniche di coltura o altri tests producano solo risulta­ Ciascuno di questi aspetti istologici, se corretta-
ti negativi o non plausibili e il tempo sia un fattore cruciale, il
mente interpretato, comporta messaggi differenti:
problema della diagnosi etiologica può cadere interamente sulle
spalle del patologo. Talvolta, in biopsie eseguite come ultimo 1. Infiammazione essudativa. È caratterizzata da
sussidio diagnostico, una tenace ricerca del microrganismo
viene tradizionalmente intrapresa, con l'aiuto di batterie di
aumentata permeabilità vascolare acuta e da leuco-
metodi di colorazione speciali come il PAS, Giemsa, Gram, tassi, prevalentemente rappresentata da neutrofili;
impregnazione argéntica, ed indagini immuno-citochimiche, il reclutamento dei neutrofili può comportare la
con grande dispendio di tempo e di energie. formazione di pus. Microrganismi extracellulari
Oggi, le tecniche di biologia molecolare sono che si dividono rapidamente, per esempio i cosid­
diventate insostituibili, soprattutto nei casi in cui i detti "batteri piogenici", tendono ad evocare que­
microrganismi non si possono coltivare, o crescono sta risposta (Fig. 1). Un organismo ospite che
lentamente, o sono scarsi in quantità. Marcatori mostri vigorose risposte essudative può avere nor­
evidenziati con immunofluorescenza o immunope- male granulopoiesi e chemotassi, segnalando capa­
rossidasi, e tecniche di ibHdizzazione degli acidi cità relativamente normale per una reazione acuta
nucleici con DNA o RNA specifici, sia su membra­ all'offesa batterica. .
ne di nylon che "in situ" direttamente nelle cellule, 2. Infiammazione necrotizzante. Quando un serio e
vengono applicati sempre più largamente a cam­ precoce danno tessutale viene causato da organismi
pioni tessutali critici e fanno ormai parte dell'arma- che producono tossine o leucocidine, per esempio
mentario diagnostico dei moderni laboratori di clostridi, la necrosi cellulare e/o l'emorragia diven­
anatomia patologica. Recentemente, molto efficace tano gli aspetti patologici dominanti essendo mini­
si è dimostrata l'analisi di sequenze e dominii di me le modificazioni essudative, fino al contenimen­
RNA ribosomiale 16S, che sono virtualmente dia­ to dell'infezione ed alla formazione di un tessuto di
gnostici di specifici raggruppamenti filogenetici tra
i procariociti e possono servire come "firme micro­
biche" di microrganismi che non possono essere
coltivati su mezzi artificiali. L'analisi delle sequen­
ze di DNA hanno permesso di identificare l'agente
causale della cosiddetta angiomatosi bacillare,
lesione frequente nell'AIDS, la Rochalimaea hanselae,
e della malattia di Whipple, il Tropìienjma whippelii.
Inoltre, un gran numero di infezioni possono esse­
re diagnosticate con queste tecniche anche in pre­
senza di una scarsa quantità di microrganismi,
come la tubercolosi, la toxoplasmosi e la lebbra. Le
applicazioni, i vantaggi e le limitazioni di queste
nuove tecniche sofisticate saranno sottolineate
nelle successive sezioni e il lettore dovrebbe presta­
re attenzione ai futuri avanzamenti, così rapidi in
questo campo.

I l Risposte tessutali all'infezione


In contrasto alla marcata diversità degli agenti
patogeni e dei loro prodotti, le risposte flogistiche
dell'essere umano sono limitate a solo poche linee
cellulari e sistemi di mediatori chimici: quindi, a
livello microscopico, i processi infettivi, special-
mente nel loro decorso precoce, condividono molti
aspetti comuni e "non specifici". Anche infezioni
pienamente sviluppate esprimono solo sette ampie Fig. 1 - Miocardite suppurativa in sepsi meningococcica. SÌ
"categorie" di quadri microscopici reattivi, e in par­ noti l'infiltrato di granuiociti neutrofili e la distruzione delle fibre
ticolare: miocardiche.
Risposte tessutali all'infezione ss 193

granulazione ai suoi bordi. Queste lesioni possono 4. Reazione nodulare a cellule macrofagiche schiumose.
quindi simulare una necrosi ischemica (Fig. 2). In Ospiti anergici, infettati da patogeni intracellulari,
ospiti con deficit di difese cellulari, microrganismi pro­ non formano granulomi a cellule epitelioidi; piutto­
liferanti, anche se di relativa, bassa virulenza, pos­ sto e frequentemente essi accumulano aggregati di
sono evocare le stesse modificazioni infiammatorie cellule schiumose mescolate con batteri o protozoi.
necrotizzanti. Questo aspetto indica quindi, sia una perdita di
immunità cellulare antigene-specifica, sia uno stato
3. Infiammazione granulomatosa. Questo aspetto, di immunosoppressione non selettivo, risultante in
dominato da aggregati circoscritti di fagociti mono- un basso grado di aggressione dei parassiti.
nucleati attivati ("epitelioidi") e cellule giganti mul-
5. Infiammazione interstiziale. Accanto ai loro distin­
tinucleate, è "normalmente" evocato da microrga­ tivi aspetti istologici, i processi infettivi cronici, o in
nismi abili a sopravvivere all'attacco dei granuloci- guarigione, spesso mostrano "infiammazione cro­
ti neutrofili, per esempio batteri intracellulari facol­ nica non-specifica", per esempio: infiltrati mononu­
tativi, micobatteri, funghi, microrganismi a lenta cleari interstiziali costituiti da linfociti, macrofagi e
proliferazione, e uova di elminti (Fig. 3). Con un plasmacellule. D'altra parte, quando infiltrati lin-
appropriato campionamento e con tecniche di colo­ foidi interstiziali diffusi originano acutamente e in
razione, i microrganismi nei granulomi possono forma pura, essi dovrebbero suggerire una infezio­
essere diagnosticati frequentemente con la micro­ ne virale o una precoce malattia treponemica o pro-
scopia ottica, ma possono essere scarsi. Bambini tozoaria. Inoltre i microrganismi causali spesso non
con funzione neutrofila deficitaria mostrano questo possono essere colorati, o altrimenti, identificati in
tipo di flogosi anche in risposta a ordinari batteri questi infiltrati, rendendo difficile la determinazio­
extracellulari catalasi-negativi. Granulomi da iper­ ne della loro etiología.
sensibilità sono mediati da linfociti T-helper antige- 6. Modificazioni citopatiche/citoproliferative. Quando
ne-specifici e dalle loro citochine. le modificazioni citopatiche precedono la distruzio­

Fig. 2 - Enterite pseudomembranosa. La mucosa intestinale è Fig.3 - Granuloma a cellule epitelioidi centrato da una cellula
completamente scomparsa e sostituita da uno strato aderente di gigante tipo Langhans; alla periferìa si notano linfociti.
fibrina e detriti necrotici.
194 ì* Malattie infettive: generalità
ne cellulare, per esempio la formazione di corpi
inclusi o di policariociti, di solito questo evento è
1 Dimostrazione microscopica
dovuto a organismi intracellulari obbligati, come degli organismi patogeni
un virus o una clamidia (Fig. 4). I virus possono L'analisi clinica della malattia infettiva di solito
anche stimolare la replicazione cellulare, così da comincia col definirne il decorso nel tempo e l'ap­
formare verruche o escrescenze papillomatose; parente localizzazione; nel laboratorio di microbio­
oppure stimolare la proliferazione di sottopopola­ logia gli approcci diagnostici sono dettati dal com­
zioni di cellule linfoidi com'è il caso della mononu-
portamento in vitro di sospetti patogeni; nella dia­
cleosi infettiva. In questi casi, l'estensione di cellule
gnosi istopatologica le dimensioni dei patogeni, e i
infiammatorie nelle lesioni è piuttosto variabile e
metodi di visualizzazione, assumono importanza
può essere in realtà minima.
massima (Tab. 2). Questi aspetti sono critici quando
7. La reazione "nuli". Una completa assenza di le informazioni cliniche siano scarse o incerte.
infiammazione attorno ad agenti patogeni in un tes­
suto implica che sia sostenuta da un ospite non reat­ Virus, M icoplasmi, Clamidie e Rickettsie
tivo o da un parassita adattato all'ospite. Più fre­
quentemente ciò riflette uno stato di anergia non­ Virus, micoplasmi, clamidie e rickettsie sono
selettiva dell'ospite, come si riscontra, per esempio, meglio visualizzati con microscopia elettronica a
nell'AIDS. Per converso, come sarà discusso, alcuni trasmissione, o utizzando tecniche anticorpali spe­
parassiti protozoari ed elminti sono abili a maschera­ cifiche con immunofluorescenza o immunoperossi-
re la loro antigenicità o a generare sostanze anti-infiam- dasi. Anticorpi classe- o specie-specifici, molti di
matorie, così da rimanere schermati rispetto all'attac­ essi monoclonali, stanno sempre più diventando
co delle cellule dell'ospite. disponibili per questo scopo. Inoltre, sonde per ibri-
dizzazione di acidi nucleici per parecchie specie
Aspetti di reazione infiammatoria dei tessuti si
virali sono ora ottenibili da fonti commerciali e da
sovrappongono spesso e solo raramente appaiono
investigatori individuali. Alcuni di questi reagenti
nella loro forma pura; è importante richiamare che
possono essere applicati direttamente in situ su
questi possono essere osservati in risposte tessutali
sezioni di tessuto congelato o in paraffina, o
ad agenti non infettivi e in malattie di etiología sco­
mediante PCR, con inoculi colturali, con Southern
nosciuta. D'altra parte, essi sono spesso parametri
blots o dot blots preparati da strìsci tessutali o omo-
diagnostici utili quando correlati con gli aspetti cli­
genati di materiale, come sarà dettagliato altrove. Il
nici e microbiologici del paziente.
DNA dei patogeni correlati può essere confrontato
attraverso l'analisi del poliformismo della lunghez­
za dei frammenti di restrizione. In mancanza di
questi strumenti sofisticati, molto può ancora esse-

I Range delle dimensioni dei patogeni


; umani v/'. ' •• ; •' ^

Submicroscopiche
Virus (20-300 nm)
Micoplasmi (125-350 nm)
ßorc/er/i’ne
Clamidie (200-1000 nm)
Rickettsie (300-1200 nm)
Microscopiche
Batteri (1-14 micron)
Funghi (2-200 micron)
Protozoi (1-50 micron)
Macroscopiche
Elminti (3 mm-10 mt)
(uova di elminti e larve sono di dimensioni microscopiche)
Fio. 4 - Caratteristiche inclusioni nucleari da citomegalovirus * nota la sovrapposizione tra le varie dimensioni di batteri,
nelle cellule epiteliali di un tubulo convoluto renale. funghi e protozoi più piccoli.
Dimostrazione miscroscopica degli organismi patogeni & 195

Fig. 5 ~ Corpi di Negri nel citoplasma di neuroni nella rabbia


umana (irecce).

re ottenuto dalla microscopia ottica, per esempio Fig. 6 - Mycobacterium avium in rosso con la colorazione
identificando le caratteristiche inclusioni nucleari o Ziehl-Neelsen nel citoplasma di macrofagi in una biopsia retta­
citoplasmatiche di certe infezioni virali (Fig. 5) o i
le di un paziente con AIDS.
corpi elementari delle clamidie; le rickettsie, ancora,
possono essere visualizzate da delicate colorazioni identificazione e tipizzazione dei batteri, diventan­
policrome; oggi, d'altra parte, la ricerca microscopi­ do mezzi usuali nella pratica del laboratorio dia­
ca per piccoli patogeni è largamente confinata a gnostico.
centri specializzati.
Funghi
Batteri I funghi sono spesso microscopicamente dimo­
I batteri, incluse le spirochete, i micobatteri e gli strabili e classificabili usando un obiettivo a secco a
streptomiceti, sono meglio evidenziati con un obiet­ forte ingrandimento, anche in sezioni di tessuto
tivo ad immersione in olio e con appropriati meto­ colorate routinariamente con ematossilina ed eosi­
di di colorazioni speciali (Fig. 6). Aggregati o colo­ na (Fig. 7) D'altra parte, alcune specie fungine
nie di batteri talvolta sono evidenti anche nelle richiedono colorazioni speciali, come dettagliato in
semplici sezioni colorate con ematossilina ed eosina seguito; ancora, si deve tenere in mente che le
in virtù della loro variabile colorazione basofilica forme delle varie fasi vitali dei funghi nei tessuti dei
bluastra, ma la maggior parte rimane invisibile. Per mammiferi sono relativamente primitive; ife o
spore di differenti specie possono somigliarsi tra
una visualizzazione adeguata, la colorazione tessuta­
loro e questo talvolta preclude una definitiva iden­
le Gram è ancora il singolo mezzo più affidabile;
tificazione istologica della specie, soprattutto quan­
d'altra parte, alcune specie batteriche possono esse­
do i campioni di tessuto siano piccoli e i microrga­
re visualizzate solo da colorazioni all'argento, acid-
nismi diventati scarsi per il trattamento antimicoti-
fast, o da metodi policromi modificati. Coloranti fluoro-
co. Colture fungine confermatone sono quindi sem­
cromi attivati dalla luce ultravioletta sono stati par­ pre opportune e talvolta indispensabili.
ticolarmente utili nell'evidenziare piccoli spot di
scarse quantità di micobatteri nei tessuti o in strisci.
Più recentemente, sono stati introdotti metodi di Protozoi
immunofluorescenza e di ibridizzazione del DNA I protozoi sono di solito riconoscibili nelle sezio­
per batteri, micobatteri e actinomiceti. ni tessutali colorate routinariamente, ma è richiesta
Questi metodi di ricerca originali hanno mostra­ una buona esperienza; talvolta colorazioni speciali,
to tutto il loro potenziale per una precisa e pronta immunofluorescenza e perfino la microscopia elettronica
196 Maloffie infettive: generalità

Fig. 8 - Amastigoti di Leishmania donovani nel citoplasma di


macrofagi. Striscio di milza.
Fig. 7 - Spore di Histoplasma duboisii in cellule giganti di un
nodulo granulomatoso subepidermico. {Cortesia Dr. L. Insaba-
to, Università di Napoli, Federico II)

sono necessari per ima precisa identificazione. attraverso l'analisi morfologica delle loro p rog lotti­
Alcuni protozoi, per esempio le entamebe, vengono di. Una considerevole esperienza è necessaria per
facilmente confusi con le cellule dell'ospite; altri, identificare specie elmintiche rare, zoonotiche e tro­
specialmente plasmodi e tripanosomi, sono virtual­ picali, le loro uova e le larve. Talvolta è auspicabile
mente invisibili nelle sezioni tessutali, a meno che mostrare ì campioni a consulenti più esperti.
non siano stati colorati e processati propriamente. I
protozoi si identificano più facilmente su materiale Impossibilità di dim ostrare agenti patogeni
strisciato fresco e colorato che nelle sezioni di tessuto;
in una lesione infettiva
questi strisci dovrebbero essere sempre preparati
prima della fissazione, nel momento in cui vengono Un problema frequente che l'istopatologo incon­
raccolti i campioni (Fig. 8). tra è l'impossibilità di dimostrare agenti patogeni
in una lesione infettiva, per esempio, quando un
Elminti adulti paziente ha ricevuto una terapia antibiotica empiri­
ca prima che il tessuto sia stato campionato; o quan­
Campioni intatti di elminti adulti sono facilmen­ do i microrganismi causali sono scarsi, come i bacil­
te classificabili dai loro caratteri morfologici macro­ li tubercolari. Oppure qualora possano essere
scopici; i criteri per l'identificazione delle specie visualizzati solo da singole tecniche speciali, anche
nelle sezioni istologiche di routine sono anche ben i bacilli della malattia da graffio di gatto richiedono
stabiliti. Lo stesso è vero per le comuni forme cisti­ metodi specifici. Può incidere anche la grandezza
che delle larve dei vermi', d'altra parte, vermi morti submicroscopica, per esempio le clamidie o i virus.
e calcificati o i loro residui chitinosi possono pre­ Per superare queste difficoltà, quando campioni di
sentare problemi diagnostici. Ancora, i criteri tasso­ tessuto stanno per essere prelevati da una lesione di
nomici delle più piccole larve dei n em atodi sono etiologia sconosciuta, è prudente congelare una
relativamente complessi e l'adeguatezza dei cam­ parte del campione, conservare una piccola porzio­
pioni di tessuto può quindi essere critica. U ova ne per coltura, preparare strisci, e fissare piccole
degli elminti più comuni possono di solito essere porzioni in liquidi adatti per lo studio elettromicro­
differenziate attraverso lo studio delle loro dimen­ scopico, così che importanti tecniche ancillari pos­
sioni, forma e strutture interne e le specie di vermi sano poi essere utilizzate, se necessario.
Bibliografio essenziaie ^ 197

| Bibliografio essenziaie Joachim H.: The pathology of granulomas. New York,


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si
Malattie virali
2.2 nell'uomo
A. Faggioni, S. Uccini

La trattazione delle malattie virali in un testo di I virus hanno dimensioni molto piccole (20-300 nanometri),
e contengono all'interno o RNA o DNA (mai entrambi, come
anatomia patologica non può comprendere in
nelle altre forme di vita più evolute). Il loro genoma codifica per
maniera esaustiva tutti gli aspetti relativi alle infe­ poche proteine necessarie alla replicazione virale, delle quali
zioni virali, in quanto lo studente affronta già alcune sono non strutturali (ad esempio le polimerasi), ed altre
ampiamente questo argomento nei corsi di Micro­ strutturali, cioè vengono incorporate nella particella virale e for­
mano parte del virione. Alcune di queste costituiscono il capsi-
biologia, Virologia, Patologia Generale e Malattie de, che racchiude aH'interno l'acido nucleico e che assume una
Infettive. Pertanto questo capitolo riassume le prin­ fonna poliedrica (generalmente icosaedrica), o può essere spira­
cipali caratteristiche delle interazioni del virus con le (simmetria ad elica). Inoltre, alcuni virus acquisiscono un ulte­
l'ospite, prendendo in esame i principali meccani­ riore involucro (envelope) lipoproteico in seguito alla fuoriusci­
ta (budding) attraverso la membrana piasmatica o nucleare della
smi utilizzati dai virus per sfuggire alle difese del­ cellula ospite: vengono chiamati virus con envelope. Le proteine
l'organismo. Verranno inoltre descritte le metodolo­ deli'envelope hanno generalmente una funzione di riconosci­
gie correntemente utilizzate per la diagnosi delle mento di recettori specifici per il virus durante le prime fasi di
infezioni virali, nonché le strategie preventive, quali adesione del virus alla membrana cellulare, e sono fortemente
antigeniche stimolando l'azione di anticorpi neutralizzanti o il
le vaccinazioni, che hanno un'importanza fonda- riconoscimento da parte di linfociti T citotossici.
mentale per il controllo delle infezioni. Infine, saran­
no presi in esame il rischio della comparsa di malat­ I virus vengono classificati in base al tipo di acido
tie causate da nuovi virus emergenti, o di nuovi epi­ nucleico (DNA o RNA), e successivamente dal
sodi di pandemie influenzali. numero di eliche dell'acido nucleico (DNA a doppia
Un cenno a parte meritano i tumori associati ad elica, RNA a doppia elica, RNA a singola elica), con
un orientamento positivo o negativo della singola
infezioni virali che rappresentano circa il 15-20% di
elica. I retrovirus sono una particolare categoria di
tutti i tumori dell'uomo. Verranno presi ad esempio
virus a RNA che necessitano di una trascrizione
i casi di due herpesvirus, il virus di Epstein-Barr
inversa del loro RNA in DNA e la successiva integra­
(EBV), e lo Human herpesvirus 8 (HHV-8), che sono,
zione del DNA nel genoma dell'ospite per permette­
rispettivamente, il primo e l'ultimo tra i virus onco­ re la replicazione virale, A tale scopo possiedono l'en­
geni dell'uomo a essere stati identificati, e che sono zima DNA polimerasi RNA dipendente (trascrittasi
tra quelli più studiati per una migliore comprensio­ inversa) come parte del virione. La rappresentazione
ne dei meccanismi operati dai virus per trasformare schematica dei virus, e alcune caratteristiche dei
la cellula in senso neoplastico. principali virus che infettano l'uomo, sono presenta­
te rispettivamente nella figura 1 e nella tabella 1.
B introduzione olio virologia
medica BR Vie di Immissione dei virus,
I virus sono un'associazione organizzata di replicazione virai©
macromolecole, che comprendono un acido nuclei- e propagazione nell'ospite
co racchiuso all'interno di un involucro protettivo La capacità patogena di un virus rappresenta
di origine proteica. Il virus può essere considerato una situazione anomala di nessun valore per il
un complesso biochimico inerte, in quanto non può virus, ed infatti la gran maggioranza delle infezioni
replicarsi al di fuori di una cellula vivente. Una virali sono asintomatiche, dette sub-cliniche. Per i
volta entrato in una cellula, il virus è in grado di virus patogeni, la natura della malattia da essi pro­
indirizzare i meccanismi della cellula ospite a sinte­ dotta è determinata da una serie di passaggi critici
tizzare nuove particelle virali infettive (virioni). importanti per la replicazione virale. Il primo sta­
Poiché i virus non possiedono un apparato locomo­ dio di qualsiasi infezione virale, a prescindere dalla
tore, sono totalmente dipendenti da fattori fisici patogenicità del virus, è rappresentato dal sito di
esterni che ne consentono il movimento e la diffu­ ingresso nell'ospite, che può influenzare la sinto­
sione ad altre cellule suscettibili. matologia indotta nel caso dei virus patogeni.
200 : Malattie virali nell'uomo

Possibili componenti strutturali


Proteine virali
Envelope della cellula ospite

Acido nucleico

ds DNA ss DNA +ss RNA -ss RNA + ss RNAr

Parvovirus
Picornaviridae Paramyxoviridae Retrovi ridae
(HIV);

Caìcivirus +ss RNA DNA


O rthomyxovi ridae i/ w v w
T
Pox virus
''W '
Togavirus Arenavirus Nuovo,
Rilavivi rus virus

Adenovirus Membrana
virali Rhabdovirìdae cellule ospite
1
Nuovo -ss RNA i ss RNA Virus con
virus - - —► envelope
Hepadnavirus
■ i
-ss RNA Q
: I *
Nuovo ___▼___ Proteine
virus virali

Fig. 1 - Classificazione dei virus.

Vie di trasmissione del virus e del virus della varicella-zoster, di varii poxvirus e
dei papillomavirus, in molti di questi casi la tra­
Le principali vie di trasmissione virale (Fig. 2) smissione attraverso la cute non sembra rappresen­
sono le seguenti: tare una via significativa di ingresso nell'ospite;
cute, l'epidermide è generalmente costituita in tratto respiratorio, la trasmissione virale attra­
superficie da cellule morte, che non sono in grado verso il tratto respiratorio dipende da particelle di
di permettere la replicazione virale. La maggior aerosol generate mediante la tosse o lo starnuto, o
parte dei virus che penetrano attraverso la cute da virus presenti nella saliva. Numerose patologie
necessitano di alterazioni della barriera costituita del tratto respiratorio superiore sono causate da
dalla cute, quali tagli o abrasioni, o utilizzano vetto­ infezioni virali che penetrano attraverso questa via,
ri animali, quali insetti ematofagi, per superare la come alcune infezioni virali sistemiche (es. morbil­
barriera cutanea. Nonostante l'infezione virale della lo, varicella). Il virus della rabbia rappresenta l'e­
pelle sia una caratteristica tipica di alcuni tipi di sempio più noto di trasmissione virale mediante la
infezione, quali quelle da virus del morbillo,, della saliva, infatti l'inoculazione del virus avviene pre­
rosolia, di alcuni enterovirus, degli herpes simplex valentemente mediante il morso di un animale
Vie di trasmissione dei virus, replicazione virale e propagazione nell'ospite s 201

Virus umani e malattie associate

Via Conseguènze
Malattia Conferma Patogenesi Vaccini Terapia
Virus primaria di , a lungo
principale dell'infezione antivirale
trasmissione termine r

Poliovirus Poliomielite Oro-fecale Autorità Viremia, Invasione OPVIPV Nessuna Paralisi/


+ss RNA sanitarie dei SNC, infezione Immunità
litica delle cellule
del corno anteriore
Virus dell'Epafite A Epatite Oro-fecale Sierologia Viremia, fegato inattivato Nessuna Immunità
1 ssRNA ilgM) come bersaglio
Virus Coxsackie Malattia della Oro-fecale Cultura del Viremia, Dissemi­ Nessuno in fase Danno
-f ssRNA mano piede liquido cère- nazione nel tessuto sperimen­ tissutale
bocca bro-spinaie bersaglio, morte tale o guarigione
Encefalite/ cellulare
Miocardite a
seconda
dei tessuto
bersaglio
Echovirus-Enterovi- Encefalite/Mi Oro-fecale Cultura del Viremia, Dissemi­ Nessuno in fase Danno tissu­
rus ocardiie a liquido cere­ nazione nel tessuto sperimen­ tale
+ssRNA seconda dèi bro-spinale bersaglio, morte tale o guarigione
tessuto ber­ cellulare
saglio
Rinovirus Raffreddore Respiratoria Clinica Infezione litica del­ Nessuno In fase Assenza di
i ssRNA comune l'epitelio respirato- sperimen­ immunità
rio tale protettiva ad
altri sierotipi
EEE, WEE and VEE Encefalite Puntura Sierologia Viremia, infezione Solo per i Nessuna Morte/immu­
(virus delj'encefalo' di zanzara del SNC infiamma­ cavalli nità (rara)
mielite equina) zione
+ssRNA, env.
(Togavirus)
Virus della rosolia Rosolia Respiratoria Sierologia Replicazione nel Vivo, atte­ Nessuna Immunità,
+ ssRNA, env. (più infettivo tratto respiratorio, nuato Sindrome
prima dell'e­ viremia, esantema MPR della rosolìa
santema) cutaneo congenita
Virus della febbre Febbre gialla Puntura Sierologia Viremia, replicazio­ Vivo, atte­ Nessuna Morte/lmmu-
gialla ' di zanzara Corpi ai ne estesa nel fega­ nuato nità
+ ssRNA, env. Councilman to, necrosi
Virus influenzali A, Influenza Respiratoria Clinica, Replicazione locale Inattivo Amantìdi- Reinfezione
B cultura, EIA nei tratto respi rato- (necessa­ na, inibi­ annuale
Segmenti di RNA, per influenza rio( necrosi di cellu­ rio tori della dovuta
env. A le epiteliali annual­ neuram- a shift
mente), minidasi antigenico
vivo,
attenuato
Virus della rabbia Rabbia Morso di Corpi dei Replicazione nel Virus Ig anti­ Morte
ssRNA, env. animali o Negri ed IF muscolo, ucciso rabbia
contatto con da biopsia diffusione dai nervi dopo l'e­
secrezioni nucale o al cervello sposizio­
sezioni di ne; nessu­
cervello na cura in
(post-mortem) corso di
malattia
202 Malattie virali nell'uomo

Virus umani e malattie associate [segue)


Via Conseguenze
Malattia Confermò Patogènesi Vaccini Terapia
Virus primaria di a lungo
principale dell'infezione antivirale
trasmissione tèrmine

Arenavirus Febbre Secrezioni Sierologia Viremia, infezione Nessuno Nessuna Morte/


- / + segmenti di emorragica, di roditori, dell'organo immunità
RNA, env. encefalite inalazione o bersaglio
contatto con
cute abrasa
Virus dell'encefalite Encefalite Puntura di Sierologia Viremia, infezione Nessuno Nessuna Immunità
della California zanzara del SNC
(Bunyavirus)
- / + segmenti di
RNA, env.
Hantavirus Sindrome Inalazione Sierologia Replicazione nel Nessuno Nessuna Morte/
—/+ segmenti di polmonare di secrezioni tratto respiratorio, immunità
RNA, env. di animali infiammazione,
infetti necrosi
(roditori)
Virus Eboìa Febbre Contatto con Clinica Viremia, Nessuno Nessuna Morte
—ssRNA, env. emorragica sangue o (o contattare replicazione virale
secrezioni OMS) in tutte le cellule
Virus della febbre Febbre/ Morso Sierologia Viremia, Nessuno Nessuna Immunità
da zecca del Colo­ esantema di zecca infiammazione
rado + RNA, env.
Rotavirus Diarrea Oro-fecale Antigeni Replicazione Nessuno Nessuna Causa mag­
Frammenti virali locale, giore dì mor­
di RNA ds nelle feci enterotossina talità infantile
nei paesi sot­
tosviluppati;
reinfezione
di minore
gravità
Virus Dengue Febbre Puntura Sierologia Viremia, febbre, Nessuno Nessuna Gravità
+ ssRNA emorragica di zanzara esantema maggiore se
infezione
precedente
con altro
sierotipo
Virus dell'epatite C Epatite Sangue Sierologia, Viremia, infezione Nessuno interfero- Epatite croni­
+ ssRNA, env. RT-PCR persistente ne e riba- ca/ carcino­
nel fegato virina in ma epatico
alcuni casi
Virus dell'encefalite Encefalite Puntura Sierologia Viremia, infezione Nessuno Nessuna Morte
di S. Louis di zanzara del SNC (rara)/
+ ssRNA, env. immunità
Virus del West Nile Encefalite, Puntura RT-PCR, Viremia, infezione Nessuno Nessuna Morte/
+ ssRNA meningite di zanzara sierologia del SNC immunità
(Flavivirus)
Coronavirus Raffreddore Respiratoria Clinica Replicazione loca- | Nessuno Nessuna Reinfezione
+ssRNA Gastroenteriti Oro-fecale Sierologia le, morte cellulare, con virus
SARS RT-PCR viremia? ricombinanti
Vie di trasmissione dei virus, replicazione virale e propagazione nell'ospite & 203

Virus umani e malattie assodate (segue)

Via ■Terapia Conseguenze


Malattia Conferma Patogenesi . Vaccini
Virus primaria di antivira­ a lungo
principale deH'infezione
trasmissione le termine

Virus Raffreddore, Respiratoria Ciinica, o Replicazione locale Nessuna Giuco- Assenza


parainfluenzali bronchiolite coltura dal nei tratto corticoidi di immunità
—ssRNA, env. nasofaringe respiratorio, duratura
necrosi epiteliale
Virus dei morbil­ Morbillo Respiratoria Clinica Replicazione nel Vivo Nessuna immunità
lo -ssRNA, env. (prima del­ tratto respiratorio, attenuato,
l'esantema) viremia, esantema MPR
Virus deila paro­ Parotite Respiratoria Clinica Repiicazione nei Vivo Nessuna immunità
tite -ssRNA, (orecchioni) (prima della tratto respiratorio, attenuato,
env. parotite) viremia e viruria MPR
Virus respiratorio Infezione Respiratoria Coltura, Replicazione Nessuno Ribaviri- Assenza
sinciziale respiratoria antigene iocaie nel tratto (prevenzio­ na (scar­ di immunità
-ssRNA, env grave de! virale respiratorio, ne con anti­ sa effica­ duratura
neonato necrosi epiteliale corpi mono- cia)
clonali anti­
virus)
Virus Norwalk Diarrea Oro-fecale Clinica, Replicazione vira­ Nessuno Nessuna Reinfezione
RNA RT-PCR le, lisi e rilascio di con altri
celiule epiteliali sierotipi
Astrovirus Diarrea Oro-fecale Clinica Replicazione vira­ Nessuno Nessuna Reinfezione
RNA le, lisi e rilascio di
cellule epiteiiali
Virus Herpes Vescicole Contatto Ciinica. PCR, Replicazione Nessuno Acyclovir Infezione
simplex 1DNA, labiali, liquido cere- neil'epitelio, laten­ latente,
env. encefalite bro-spinale te nei gangli dei ricorrente
trigemino
Virus Herpes Lesioni geni­ Contatto Ciinica, PCR Repiicazione Nessuno Acyclovir Infezione
simplex il DNA, tali Herpes liquido cerebro­ nell'epitelio, latente,
env. neonatale spinale, coitura latente nei gangli ricorrente
della cute o sacrali dell'adulto
delle lesioni
Citomegaiovirus Polmonite Contatto Patologia, Proliferazione Nessuno Gancy- infezione
DNA, env. post-tra pian­ nuclei ad occhio cellulare, clovir latente
to, infezioni di gufo, coitura infiammazione
neonataii "shell via!"
Virus Mononucieosi Respirato­ Sierologia Repiicazione e Nessuno Nessuna Carcinoma
di Epstein-Barr infettiva ria, sai iva persistenza in nasofaringeo,
DNA, env. linfociti B ¡inforna di Bur-
kitt, linfomi B
dell'ospite im-
munodepresso
Human herpesvi­ Exanthem Respiratoria Clinica Febbre elevata, Nessuno Nessuna Infezione
rus 6 DNA, env. subifum esantema latente
Human herpesvi­ Sarcoma di Sessuale, Sierologia Replica nelle celiu­ Nessuno Nessuna Infezione
rus 8 DNA, env. Kaposi Sindro­ saliva, le fusate latente/tumori
me di Castie- sangue associati nei-
man, linfomi l'ospite immu-
delle effusioni nodepresso
primarie
204 ; Malattie virali nell'uomo

Virus umani e malattie associate (segue)

Via ; . Conseguenze
Malattia Conférma • Patogenesi ; / Vacciniv Terapia
Virus ;primaria di: a iuhgo
principale dell'infezione antivirale
trasmissione termine

Virus Varicella Variceiia/ Respiratoria Clinica Replica nell'epi­ Vivo, Acyclovir Infezione
Zoster DNA, env. Fuoco di telio respiratorio, attenuato latente, ricor­
Sant'Anto­ latente nei gangli rente come
nio dorsali fuoco di
Sant'Antonio
Papillomavirus Verruche/ Contatto Clinica/lbridiz- Produzione virale In speri­ Nessuna Tipi 16,18
DNA carcinoma zazione (PAP legata al diffe­ mentazione e 31 carcino­
deila cervice test per renziamento cel­ ma della cer­
trasformazione lulare vice uterina
maligna)
Parvovirus Eritema Respiratoria Clinica/ Replica nel Nessuno Immunoqlo- Immunità
ssDNA infettivo sierologia PCR nucleo di precur­ buiine
(quinta sori endovena
malattia) eritroidi per la crisi
aplastica ;
in soggetti
immuno-
compro-
messi
Virus JC e BK Leucoencefa- ? : Radiologica, Progressiva Nessuno Nessuna Nessuna
DNA lopatia PCR, in AIDS
{poi iomavi rus) progressiva Liquido cere-
multifocaie bro-spinale
Adenovirus Sindromi Respiratoria Clinica/ Replicazione in Virus ucciso Nessuna Immunità
DNA respiratorie, coltura del cellule epiteliali, (soio i mili­
congiuntiviti rinofaringe viremia tari)
Virus del vaiolo Vaiolo Respiratoria Clinica Vi remia, eruzio­ Vivo, Nessuna Eradicato!
DNA, env. ne cutanea attenuato
Virus del mollu­ Mollusco Contatto : Clinica, lesioni Lesione indolore, Nessuno Nessuna Immunità,
sco contagioso perlacee 2-12 mesi per Persistenza in
contagioso guarigione pazienti con
DNA, env. AIDS
Virus dell'epatite Epatite Verticale, Sierologia + Trascrizione HbsAg Lamivudina Epatite
B ds DNA ematica/ antìgene inversa, persiste □combi­ Adefovir- cronica,
parziale, env. sessuale nelle cellule nante Dipivoxi! carcinoma
epatico
Virus dell'epatite Epatite Come il Sierologia Anti­ Co-infezione con HbsAg Lamivudina Epatite
deita RNA circo­ fulminante virus B gene anti-HD HBV, epatite ful­ ricombi­ Adefovir- cronica morte
lare, HbsAg, env. minante nante ■ Dipivoxil
Virus deli'epatite Epatite Orò-fecale Anamnèsi clini­ Simile a HAV Nessuno Nessuna Immunità
E +RNA (paesi in via ca, sierologia Alta mortalità
di sviiuppo) in gravidanza
HIV AIDS Come HBV Sierologia Deplezionc di In speri­ Inibitori Infezioni
(PCR su linfociti T CD4 mentazione della tra­ opportunisti­
sangue nel scrittasi che, sarcoma
neonato) inversa, ini­ di Kaposi
bitòri delle o linfomi,
proteasi morte
Vie di trasmissione dei virus, replicazione virale e propagazione nell'ospite ? 205

malato. Numerosi virus sono stati isolati nella sali­ trasmissione eterosessuale donna-uomo che nella
va, tra cui il virus di Epstein-Barr (che provoca la trasmissione verticale da madre a figlio;
mononucleosi infettiva, o malattia del bacio), il cito­ trasmissione mediante il latte, molti virus
megaiovirus, il virus HIV, gli herpesvirus umani (CMV, altri herpesvirus, morbillo, rosolia, HIV,
tipo 6,7 e 8, i virus epatitici; virus dell'epatite C) sono stati isolati nel sangue
tratto gastro-enterico, molti virus sono escreti umano ed animale o nel colostro, ed in alcuni casi è
con le feci. Questa via di trasmissione è cruciale nel stata dimostrata la trasmissione dell'infezione
caso degli enterovirus (es. polio), e si verifica anche attraverso il latte. Nel caso dell'epatite C, sembra
per i rotavirus e per il virus dell'epatite A. L'escre­ che il rischio di trasmissione con l'allattamento da
zione degli enterovirus nelle feci è prolungata, madre a figlio sia maggiore nel caso di madri infet­
aumentando il rischio di diffusione interpersonale. te sintomatiche rispetto a madri portatrici a sinto­
La trasmissione avviene generalmente per via oro­ matiche, spiegabile con il fatto che le madri sinto­
fecale, particolarmente frequente nei bambini. In matiche hanno un titolo virale estremamente più
particolari condizioni di assenza di igiene, anche gli elevato rispetto a quelle asintomatiche;
acquedotti possono essere contaminati da feci infet­ trasmissione verticale, la trasmissione da madre
te. Infine, alcune procedure diagnostiche, quali la a figlio può risultare da un'infezione intrauterina, o
colonscopia, sono state riportate quale possibile da infezione durante il parto, o daH'esposizione del
potenziale fonte di infezione da parte del virus del­ neonato a latte infetto. Tale via di trasmissione è
l'epatite C; ben documentata nel caso di HIV, virus dell'epatite
trasmissione sessuale, la trasmissione per via B e C , CMV, HSV, papillomavirus, varicella, morbil­
sessuale è critica per il propagarsi dell'infezione da lo, rosolia, parotite e parvovirus. Nel caso dei papil­
parte di HIV, HSV, dei virus papìlloma, e dei virus lomavirus, il rischio di trasmissione di infezione in
dell'epatite B e C . Nel caso dell'HÌV, il liquido semi­ caso di parto naturale può raggiungere il 30%. La
nale infetto sembra importante nella trasmissione rottura prematura delle membrane sembra rappre­
della malattia, ed il virus è stato riscontrato sia nel sentare un ulteriore fattore di rischio, poiché è stato
liquido seminale privo di cellule sia come virus riscontrato che il rischio di contrarre l'infezione è
intracellulare fino all'85% di maschi omosessuali. direttamente proporzionale al tempo intercorso tra
Inoltre, nel 35% delle infezioni da HIV, i titoli virali la rottura delle membrane ed il parto. Certamente
nel seme sono uguali o superiori rispetto a quelli l'esempio più studiato di trasmissione materno-
riscontrati nel plasma. In aggiunta, il virus può fetale è quello dell'HÌV, dove il rischio di trasmis­
essere rilevato nel seme di soggetti HIV sieropositi­ sione è direttamente correlato al titolo virale nella
vi sottosposti a terapia antiretrovirale (HAART), madre. Inoltre, è stata documentata la capacità di
anche in momenti in cui il virus nel plasma non è alcuni particolari ceppi virali di infettare la placen­
rilevabile, dimostrando che il tratto genitale può ta, ed in particolare uno studio ha dimostrato che la
rappresentare un serbatoio di virus residuo. Molti proteina p i 7 del sottotipo HIV B è sempre stata
virus, compresi HIV e HSV, sono stati isolati dalle riscontrata nelle madri che avevano trasmesso l'in­
secrezioni genitali e dalla cervice di donne infettate. fezione ai figli;
Tali secrezioni possono svolgere un ruolo sia nella trasmissione mediante trapianto d'organo, la
enorme diffusione dei trapianti d'organo ha rappre­
sentato un metodo totalmente nuovo di trasmissio­
Vie di uscita Vie di ingresso e uscita ne iatrogena delle infezioni virali. Midollo osseo,
reni, fegati e cuori trapiantati hanno fornito la fonte
per infezioni da parte di CMV, EBV, HHV-8, e di
retrovirus quali HIV e HTLV-1. Sono stati anche
riportati casi di tramissione di rabbia e di epatite B
in seguito a trapianti di cornea. Il rischio di poter
contrarre infezioni da parte di agenti infettivi di ori­
gine animale in seguito all'uso di organi derivati da
animali (xenotrapianto) è stato ipotizzato, anche se
ancora nessuna infezione di questo tipo è stata
riportata.

Replicazione virale
Dopo essere riuscito a penetrare nell'ospite, il
virus inizia l'infezione mediante l'ingresso in una
cellula suscettibile. La replicazione virale avviene
generalmente attraverso le seguenti tappe:
assorbimento, ì virus possiedono molecole sulla loro super­
ficie (capside o envelope) che interagiscono con recettori specifi­
ci presenti sulla membrana della cellula ospite. Generalmente si
206 ■ Maloffie virali nell'uomo
tratta di una reazione passiva (che non richiede energia), e la siedono frequentemente recettori per il virus, per­
specificità della reazione tra la proteina virale ed il recettore defi­ mettendo il passaggio del virus da una cellula
nisce e limita la specie ospite ed il tipo di cellula infettata (sebbe­
ne la transfezione di acido nucleico virale possa by-passare que­
all'altra.
sta limitazione ed estendere il raggio di ospite). Il danneggia­
mento di questi siti di legame, mediante calore o disinfettanti, o
il loro blocco mediante specifici anticorpi neutralizzanti, può Tipi di interazioni virus-cellula
rendere i virioni non infettivi;
penetrazione, dopo l'assorbimento, il rivestimento dei virus
e prop agazione nell'ospite
con envelope si può fondere con la membrana piasmatica della Le cellule che sono in grado di sostenere un'in­
cellula ospite e rilasciare i nucleocapsidi virali nel citoplasma
cellulare. Altri virus penetrano nella cellula mediante un proces­
fezione virale vengono chiamate permissive. L'infe­
so endocìtico, che prevede l'invaginazione della membrana pia­ zione di cellule permissive dà luogo solitamente ad
smatica e la formazione di vescicole endocitiche nel citoplasma; un'infezione di tipo produttivo, in quanto viene
scapsidizzazione, si riferisce alla fuoriuscita dei genoma prodotta una progenie virale infettiva. La maggior
virale dal capside protettivo per permettere al materiale geneti­
co del virus di raggiungere il DNA cellulare dove viene trascrit­
parte delle infezioni produttive vengono anche
to per formare nuove particelle virali; chiamate cito litiche, in quanto provocano la morte
replicazione del genoma, l'RNA messaggero è trascritto dal della cellula ospite. Le infezioni di cellule non per­
DNA virale (o formato direttamente da alcuni virus a RNA), e missive non producono virus, e vengono chiamate
codifica per proteine virali die vengono prodotte dalla cellula abortive. Quando il repertorio completo di geni
ospite. Le proteine virali precoci sono generalmente proteine
non strutturali (es. RNA o DNA polimerasi), mentre le proteine
virali necessari per la replicazione non è trascritto e
tardive (es. proteine del capside) rappresentano costituenti strut­ tradotto in prodotti funzionali, l'infezione è nota
turali del vinone. La replicazione dell'acido nucleico virale pro­ come restrittiva. Nelle infezioni persistenti il virus o
duce nuovi genomi virali che dovranno essere incorporati nei il suo genoma può rimanere indefinitivamente
nuovi virioni. In generale, i virus a DNA si replicano nel nucleo
e quelli a RNA nel citoplasma, ma vi sono eccezioni, come i pox-
nella cellula ospite, con o senza produzione di
virus, che sono virus a DNA ma si replicano nel citoplasma cel­ nuove particelle virali.
lulare; I virus oncogeni provocano la trasformazione
assemblaggio del virus, l'assemblaggio dei nucleocapsidi della cellula, ed il virus non uccide la cellula, ma
può avvenire nel nucleo (es. herpesvirus, adenovirus), nel cito­ induce una serie di modificazioni genetiche, biochi­
plasma (es. poliovirus) o a livello della membrana piasmatica
(es. influenza). L'accumulo dei virioni nel sito di assemblaggio miche, fisiologiche e morfologiche che possono cul­
può dar luogo ad inclusioni nucleari o citoplasmatiche, visibili al minare nell'acquisizione delle caratteristiche neo­
microscopio ottico su campioni colorati; plastiche.
rilascio del virus, la fuoriuscita dalla cellula dei nuovi vino­ II tipo di infezione virale e gli effetti sulla celllu-
ni infettivi rappresenta lo stadio finale della replicazione; molti
virus con envelope escono per gemmazione dalle membrane cel­
la indotti dal virus possono dipendere dal tipo di
lulari, sia dalla membrana nucleare che da quella piasmatica. In virus, dal tipo e dalla specie della cellula ospite, e
alcuni casi possono essere utilizzate le vie secretorie della cellu­ spesso dallo stato fisiologico della cellula stessa.
la, e le particelle virali vengono rilasciate all'esterno della cellu­
la in vescicole derivate dall'apparato del Golgi. Infine alcuni - Infezione litica: l'infezione di cellule permissive permette la
virus possono essere rilasciati in seguito alla disintegrazione e replicazione del virus, che comporta la morte della cellula
lisi della cellula infettata. ospite. I primi effetti descritti collegabili alla replicazione dei
virus citolitici sono stati quelli relativi alle modificazioni mor­
L'intero processo della replicazione virale deter­ fologiche della cellula ospite, noti come effetto dtopatico. La
maggior parte delle cellule in coltura in seguito alla infezione
mina generalmente il successivo sviluppo dell'infe­
virale subiscono variazioni strutturali, facilmente evidenziabi­
zione, che può rimanere localizzata nel sito di li in cellule non fissate e non colorate al microscopio ottico.
ingresso o divenire sistemica. La diffusione nell'o­ Alcuni virus causano effetti citopatici caratteristici, che vengo­
spite può avvenire mediante contatto diretto cellu­ no facilmente riconosciuti e rappresentano un valido aiuto per
la-cellula o attraverso il flusso sanguigno o il siste­ l'isolamento e l'identificazione virale. Esistono diversi tipi di
effetto citopatico; spesso il primo segnale d'infezione è l'arro­
ma nervoso. Successivamente il virus può circolare tondamento cellulare. In alcuni tessuti affetti, caratteristiche
libero nel plasma (Togavirus, Enterovirus),. o all'in- strutture intracellulari chiamate corpi inclusi compaiono nel
temo di globuli rossi (Orbivirus), piastrine (HSV), nucleo o nel citoplasma della cellula (Tab. 2). La loro compo­
linfociti (EBV, CMV, HIV) o monociti (lentivirus). sizione può essere spesso analizzata mediante l'osservazione
Una viremia secondaria, con titoli virali più ele­ al microscopio elettronico. In alcune infezioni da adenovirus,
per esempio, strutture cristalline di capsidi virali si accumula­
vati, si verifica in seguito quando il virus raggiunge no nel nucleo per formare un corpo di inclusione. Alternativa-
altri organi bersaglio o quando si replica diretta- niente, le inclusioni possono derivare da strutture cellulari
mente nelle cellule del sangue. Anche la diffusione modificate dal virus. In cellule infettate da reovirus, i virioni
attraverso il sistema nervoso è generalmente prece­ si associano ai microtubuli, dando luogo ad inclusioni perinu­
cleari. Altri virus provocano alterazioni specifiche del cito-
duta da una viremia primaria. In alcuni casi, la dif­
scheletro, quali le modificazioni dei filamenti intermedi
fusione procede direttamente per contatto con i durante l'infezione da citomegalovirus. Un particolare effetto
neuroni nel sito primario di infezione, in altri casi citopatico causato da alcuni virus consiste nella formazione di
attraverso il flusso sanguigno. Una volta raggiunti i sincizi, o policariociti, grandi masse citoplasmatiche conte­
nervi periferici, il virus può diffondersi al sistema nenti numerosi nuclei, prodotti generalmente dalla fusione
delle cellule infettate. La fusione viene indotta dall'interazio­
nervoso centrale mediante trasporto assonale lungo ne tra prodotti genici virali e la membrana della cellula ospi­
i neuroni (herpes simplex). I virus possono attra­ te, e può rappresentare un meccanismo con il quale il virus
versare le giunzioni sinaptiche poiché queste pos­ viene trasmesso dalla cellula infettata ad una nuova cellula.
V/e di trasmissione dei virus, replicazione virale e propagazione nell'ospite ® 207

Si può stimare che circa il 15-20% di tutti i tumo­


ri umani possano, direttamente o indirettamente,
essere associati con infezioni da parte di virus onco­
.-VìrUS.,. Nucleari Citoplasmatiche. geni. I tumori più frequentemente associati sono
Virus Herpes simplex X rappresentati dal carcinoma epatocellulare (virus
dell'epatite B e C), tumori del tratto ano-genitale
Virus Varicella Zoster X (papiUomavirus umani, HPV), alcune rare forme di
Citomegaiovirus X X leucemie e linfomi delle cellule T (HTLV), il linfoma
Adenovirus X di Burkitt ed il carcinoma nasofaringeo (virus di
Epstein-Barr, EBV), il sarcoma di Kaposi (Human
Poliomavirus X herpesvirus 8, HHV-8). Per una trattazione detta­
(JC e BK)
gliata dei virus oncogeni (si rim anda ai relativ i
Parvovirus B 19 X ca p ito li di sistem atica d'organo). Verranno di
Poxvirus X\;:. ;■ seguito descritte alcune delle principali caratteristi­
(corpi del Guarnieri) che delle infezioni da parte del virus di Epstein-
Virus del morbillo X Barr e dello human herpesvirus 8, due herpesvirus
-.■■■x umani che rappresentano, rispettivamente, il primo
Virus parainfluenzale X e l'ultimo virus oncogeno umano identificato.
Virus della rabbia x ■■
(corpi del Negri) Virus di Epstein-Barr (EBV)
Il chirurgo inglese Denis Burkitt, che svolgeva la
- Infezione persistente: alcuni virus sono in grado di sopravvi­ propria missione nell'Africa centrale, notò e
vere all'interno dell'ospite per un periodo più o meno lungo, descrisse, nel 1958, una peculiare forma di tumore
provocando le cosiddette infezioni persistenti. Queste si pos­
sono suddivire in:
che colpiva soprattutto bambini maschi di età com­
presa tra gli otto e i quattordici anni. Il tumore fu
a) infezioni latenti, caratterizzate da un'espressione limitata
del genoma virale integrato o episomiaìe, in cui i prodotti inizialmente descritto come un sarcoma, localizzato
genici virali sono assodati a scarse (o nessuna) modifica­ prevalentemente a livello della mandibola, e suc­
zioni della cellula infettata. Un aspetto tipico delle infezio­ cessivamente riconosciuto come linfoma (Linfoma
ni latenti (es. herpesvirus) è la possibile riattivazione del di Burkitt). Durante numerose spedizioni nell'Afri­
ciclo litico virale, spesso provocata da diversi stimoli
esterni quali il calore o le radiazioni ultraviolette; ca centrale, Burkitt individuò numerosi casi del lin­
b) infezioni croniche, in cui gli effetti sulla cellula sono gene­ foma, spesso presenti in gran numero negli stessi
ralmente simili a quelli provocate dalle infezioni acute, villaggi; le zone dove il tumore era endemico corri­
ma associati ad una più lenta produzione di nuove parti­ spondevano alla cosiddetta fascia della malaria.
celle virali, intermittente o limitata ad ima minoranza
Questa osservazione suggerì a Burkitt che il tumo­
delle cellule. Gli effetti patologici delle infezioni croniche
possono essere gravi a lungo termine, e condurre ad re potesse essere causato da un agente infettivo, e
immunosoppressione o a danni di tipo autoimmune nei che la zanzara, come per la malaria, ne potesse rap­
confronti dei tessuti danneggiati dall'infezione; presentare il vettore.
c) infezioni lente, caratterizzate da un periodo di incubazione
estremamente lungo, senza modificazioni morfologiche e In seguito, dopo aver presentato la sua teoria ad una confe­
fisiologiche significative della cellula infettata. Il danno renza a Londra, Burkitt iniziò ima collaborazione con un virolo­
cellulare può comparire a distanza di molti anni. go inglese, Anthony Epstein. Osservando al microscopio elettro­
nico campioni di linfomi di Burkitt, all'interno delle cellule
- Infezione trasformante: Oltre alle infezioni di tipo litico e
tumorali furono notate particelle virali morfologicamente com ­
quelle di tipo latente-persistente, alcuni virus, definiti virus
patibili con virus herpetici. In seguito ad un'ulteriore collabora­
oncogeni, sono in grado di trasformare in senso neoplastico
zione con i coniugi Gertrud e Werner Henle, di Filadelfia, che
la cellula bersaglio, e provocano tumori se inoculati in anima­
misero a punto un metodo di immunofluorescenza indiretta per
li da esperimento o nell'ospite naturale. I virus oncogeni a
l'identificazione del virus, si giunse nel 1964 alla scoperta che il
DNA hanno un comportamento diverso a seconda che la cel­
virus presente nelle cellule del linfoma di Burkitt era un nuovo
lula bersaglio sia suscettibile o meno alla replicazione del
virus. In cellule suscettibili essi danno luogo ad una normale herpesvirus, a cui fu dato il nome di virus di Epstein-Barr (EBV).
infezione di tipo litico, mentre in cellule non suscettibili gene­ Divenne presto evidente che il virus era l'agente eziologico di
ralmente il loro DNA si integra nel DNA cellulare, e l'espres­ una malattia linfoproliferativa benigna, la mononucleosi infetti­
sione genica virale è limitata a proteine con funzione immor- va, e che titoli elevati di anticorpi diretti contro il virus erano
talizzante o che permettono il mantenimento del genoma consistentemente presenti nei sieri di pazienti affetti da un
virale (integrato o episomiaìe) nella cellula. Al contrario, poi­ tumore raro nel mondo occidentale, ma molto frequente in alcu­
ché la replicazione dei virus oncogeni a RNA non provoca la ne zone del sud-est asiatico, il carcinoma nasofaringeo.
lisi della cellula, essi possono provocare la trasformazione di
cellule permissive. I virus oncogeni a DNA comprendono il Oggi, a quarant'anni di distanza, il virus di
virus dell'epatite B ed alcuni membri delle famiglie dei Epstein-Barr è considerato il primo virus oncogeno
PAPOVAVTRUS (Papiiloma, Polioma e Vacuoìante, o SV-40), umano, ed è sicuramente uno dei più studiati. EBV
degli Herpesvirus e degli Adenovirus. I virus oncogeni a appartiene alla sottofamiglia dei y-herpesvirus, ed è
RNA sono anche chiamati "retrovirus", in quanto necessitano
di un enzima, una DNA polimerasi-RNA dipendente, chia­ prevalentemente un virus linfotropico: infetta i lin­
mata "trascrittasi inversa", per trascrivere una catena di fociti B, utilizzando per il riconoscimento il CR2,
DNA complementare all'RNA virale. recettore per il frammento C3d del complemento.
208 Malattie virali nell'uomo
L'infezione "in vitro" di tali linfociti ne provoca la immorta- presenza 4.el DNA virale, è caratterizzato anche da
lizzazione, cioè la crescita incontrollata, e dà luogo a linee cellu­ traslocazioni cromosomiche (8:14, 8:2, 8:22) che
lari note come linee linfoblastoidi. Come tutti i virus oncogeni a
DNA, il virus può dar luogo ad una infezione replicativa, di tipo
comportano l'attivazione dell'oncogène c-myc. In
litico, o a una infezione di tipo latente (Fig. 3). Durante L'infezio­ questo caso il virus, provocando l'immortalizzazio-
ne litica, vengono espressi i prodotti dei geni che codificano per ne del linfocita B, rappresenterebbe l'agente inizian-
proteine strutturali del virione o per enzimi necessari per la repli­ te che favorirebbe ulteriori eventi genetici, quali la
cazione. L'infezione latente, che permette la persistenza del virus
traslocazione, a carico dei linfociti.
all'intemo dei linfociti dell'ospite, è caratterizzata dall'espressio­
ne dì un numero ristretto di geni: 6 antigeni nucleari, EBNA-1-6, La risposta immune citotossica è generalmente
tre antigeni latenti di membrana, LMP-1, LMP-2A e LMP-2B, e in grado di controllare la proliferazione delle cellule
due piccoli RNA abbondantemente trascritti, dalla funzione infettate, in quanto la maggior parte degli antigeni
ignota, EBERs. Nonostante la sua elevata capacità trasformante virali espressi (gli antigeni latenti descritti preceden­
"in vitro", ed il fatto che il virus sia ubiquitariamente presente
nella popolazione mondiale (circa il 90% della popolazione sana
temente) sono fortemente immunogenici. Tuttavia,
è EBV sieropositiva), il virus è scarsamente patogeno, e l'infezio­ come detto, in condizioni di grave immunodeficien­
ne è generalmente asintomatica durante i primi anni di vita. In za, i linfociti infettati possono dar luogo a diverse
adolescenti sieronegativi, l'infezione può dar luogo occasional­ forme di linfoma, tra cui il linfoma di Hodgkin, lin­
mente alla mononucleosi infettiva, che guarisce spontaneamente fomi immunoblastici e rare forme di linfomi di tipo
grazie al controllo da parte dei linfociti T dell'ospite.
T. Pazienti con AIDS, o con immunodeficienze con­
Le diverse forme tumorali associate alla infezio­ genite, o immunosoppressi in seguito a trapianto
ne insorgono generalmente in casi di grave compro­ d'organo o di midollo osseo, sono a rischio elevato
missione del sistema immunitario, od in seguito ad per l'insorgenza di malattie linfoproliferative EBV
altri eventi genetici concomitanti che contribuiscono associate. L'elenco delle patologie associate alla infe­
allo sviluppo di cellule neoplastiche. Nel caso del zione da EBV è riportato nella tabella 3, ed è desti­
carcinoma nasofaringeo, le cui cellule sono caratte­ nato ad allungarsi, dato che soprattutto le nuove
rizzate dalla presenza costante del DNA virale, si tecniche di amplificazione molecolare permettono
ritiene che fattori genetici ed ambientali possano oggi di identificare infezioni precedentemente non
rappresentare importanti cofattori. Il linfoma di rilevabili. Tra le forme tumorali non linfoidi in cui si
Burkitt, anch'esso invariabilmente associato alla sospetta che il virus di Epstein-Barr possa svolgere

INFEZIONE PRIMARIA INFEZIÓNE A LUNGO TERMINE


(es. mononucleosi infettiva) (es. adulti sani)
FARINGE
Virus rilasciato in saliva Virus rilasciato in saliva
Vie di trasmissione dei virus, replicazione virale e propagazione nell'ospite ® 209

un ruolo eziologico, le più recenti sono alcuni sotto­ tumori nell'uomo, ci si dovrà basare su evidenze
tipi istologici di carcinoma dello stomaco, ed alcune indirette.
forme aggressive di carcinoma della mammella. I Una possibile strategia basata sulla vaccinazione, qualora
dati relativi al carcinoma mammario sono tuttavia nella popolazione vaccinata scomparissero i tumori associati al
ancora contrastanti ed inconclusivi. virus, potrebbe rappresentare la migliore di queste evidenze
In conclusione, i dati a favore di un coinvolgi­ indirette. Tuttavia, nonostante intense ricerche in numerosi labo­
mento del virus di Epstein-Barr nei tumori umani ratori di tutto il mondo, non esiste ancora un vaccino efficace
contro il virus dì Epstein-Barr, e comunque, anche ammesso che
sono i seguenti: a) la capacità fortemente trasfor­ potessero essere vaccinati, ad esempio, tutti i bambini Africani in
mante del virus "in vitro"; b) la capacità del virus di quelle zone in cui è endemico il linfoma di Burkitt, bisognerebbe
provocare tumori (linfomi) in animali da esperi­ almeno attendere dieci-quindici anni prima di poter osservare
mento (scimmie del nuovo mondo); c) la presenza gli effetti della vaccinazione sulla eventuale diminuizione del­
costante del DNA virale nelle cellule prelevate dai l'incidenza del tumore.
tumori ad esso associati; d) relevato titolo di anti­
corpi diretti contro diversi antigeni virali nel siero Human Herpesvirus 8 (HHV-8)
di pazienti con linfoma di Burkitt o carcinoma naso­
faringeo; e) l'efficacia terapeutica o preventiva della Nei pazienti con AIDS è particolarmente eleva­
infusione di linfociti T citotossici EBV specifici in to il rischio di insorgenza di alcune forme tumora­
pazienti affetti da linfomi opportunistici EBV asso­ li. Tra queste, oltre ai linfomi opportunìstici asso­
ciati. Tuttavia, nonostante queste "prove indizia­ ciati alla infezione da EBV precedentemente citati,
rie", l'evidenza definitiva di un'azione diretta del la più frequente è rappresentata dal sarcoma di
virus come causa del tumore si potrebbe avere sola­ Kaposi. Il tumore, descritto inizialmente da Moriz
mente, secondo i postulati di Koch, osservando l'in­ Kaposi nel 1872, è una malattia angioproliferativa
sorgenza del tumore dopo aver inoculato il virus multifocale, caratterizzata da proliferazione di cel­
nell'uomo. Poiché, per o w ii motivi etici, non è pen­ lule fusate di probabile derivazione endoteliale
sabile di poter effettuare un esperimento di questo linfatica (Fig. 5), e da angioneogenesi ed infiamma­
genere, per il virus di Epstein-Barr, come per tutti zione. Successivamente sono state descritte quat­
gli altri virus oncogeni sospettati di provocare tro varianti cliniche diverse:

Fig. 4 - Rappresentazione schematica della infezione da citomegalovirus umano e dei meccanismi di evasione della risposta immu­
ne deli'ospite.
2ì0 ^ Malattie virali nell'uomo
Malattie EBV associate o disordini il sarcoma di Kaposi "classico", che colpisce
in pazienti immunologicamente prevalentemente maschi anziani del bacino del
Mediterraneo o dell'Europa orientale, e che si
compromessi
presenta tipicamente con lesioni cutanee delle
estremità inferiori (Fig. 6);
Mononucleosi infettiva
Neoplasie classiche:
Carcinoma nasofaringeo indifferenziato
Linfoma di Burkitt
Linfoma di Hodgkin
Altri tipi di neoplasie:
Carcinoma della tonsilla
Carcinoma tìmico
Carcinoma delle ghiandole salivari
Linfomi di tipo T
Carcinoma gastrico
Disordini in immunodeficienze primarie:
Linfoma maligno di tipo B
Malattia di Duncan
Sindrome di Wiskott-Aldrich
Immunodeficienza severa combinata
Sindrome di Chediak-Higashi
Disordini in corso di AIDS:
Leucoplachia buccole
Linfoadenopatia
Linfoma maligno B
Linfomi de! SNC
Polmonite interstiziale linfoide
Complicazione della mononucleosi infettiva:
Epatite
Rottura della milza
Sindrome emolitica
Anemia aplastica
Agranulocitosi

Fig. 5 - Cellula fusata del sarcoma di Kaposi, immunomarcata


con anticorpo monocionale diretto contro l'antigene LANA di
HHV-8. Fig. 6 a e b - Lesione iniziale ed avanzata del sarcoma di Kaposi.
Vie di trasmissione dei virus, replicazione virale e propagazione nell'ospite ' 211

- il sarcoma di Kaposi "endemico", prevalente in mente elevato rispetto agli altri herpesvirus la
Africa, caratterizzato da coinvolgimento linfo- cosiddetta "pirateria molecolare", in quanto pos­
nodale, oltre che dalle tipiche lesioni cutanee. siede numerosi geni omologhi a geni cellulari che
Questa variante si osserva spesso in individui controllano alcuni processi importanti per la proli­
HIV-si eronegativi e in bambini; ferazione cellulare, quali l'apoptosi, la risposta
- il sarcoma di Kaposi "iatrogeno", frequente in immune ed il ciclo cellulare (Tab. 4). In questo
soggetti sottoposti a trapianto d'organo (rene) e modo il virus è in grado di sfuggire alla risposta
a terapie immunosoppressive; immune dell'ospite, di sopprimere le attività anti­
virali dell'interferone, di bloccare i meccanismi di
- infine la variante associata all'AIDS, molto difesa basati stili'apoptosi e di indurre, grazie ad
aggressiva, identificata all'inizio degli anni omologhi virali di citochine e di chemiochine cellu­
ottanta in maschi omosessuali. lari, meccanismi autocrini e/o paracrini di trasdu­
Oltre al coinvolgimento cutaneo e linfonodale, zione del segnale per promuovere una crescita cel­
questa forma spesso si diffonde anche a livello pol­ lulare incontrollata.
monare. Quando l'AIDS-KS è stato inizialmente In Europa e nel Nord America l'epidemiologia
descritto, l'incidenza della malattia era di circa il dell'infezione da HHV-8 è molto simile a quella del
50% negli omosessuali maschi, ed è nettamente sarcoma di Kaposi. Anticorpi diretti contro il virus
diminuita negli ultimi anni grazie ai progressi sono presenti nei pazienti con il tumore, o in indivi-*
della terapia antivirale. dui ad alto rischio, quali gli omosessuali maschi
Che il sarcoma di Kaposi potesse essere causato HIV positivi, mentre sono generalmente assenti
da un agente infettivo era sospettato da tempo; in nella popolazione sana. Una sieroprevalenza eleva­
alcuni casi furono osservate in campioni tumorali ta si riscontra in alcuni paesi africani, ed intermedia
particelle virali simili ad herpesvirus, ed alcuni
sostennero che potesse trattarsi di citomegalovirus. ■'^ Gerii di HHV-8 omologhi a geni cellulari
La conferma si ottenne nel 1994, quando Chang e Moore, a
New York, mediante una tecnica basata sulla reazione polime-
rasica a catena e sequenziamento del DNA, identificarono in
Gène Prodotto Funzione putativa \: ' {
biopsie derivate dal tumore un nuovo herpesvirus, che fu chia­ virale protetto •
mato KSHV (Herpesvirus del Sarcoma di Kaposi). Successiva­ K1 - trasduzione del segnale, con­
mente fu designato Human Herpesvirus 8 (HHV-8), essendo
Lottavo membro della famiglia degli herpesvirus che infettano
trollo della crescita?
Luomo. Gli altri herpesvirus umani sono il virus herpes simplex ORF 4 proteina regolazione del complemento
di tipo I e II, il virus della varicella-zoster, il virus di Epstein- legante
Barr, il citomegalovirus, e gli herpesvirus di tipo 6 e 7. Come il
virus di Epstein-Barr, HHV-8 appartiene alla sottofamiglia dei y-
complemento
herpesvirus, e presenta una certa omologia di sequenza sia con K2 vi Là trasduzione del segnale pa-
EBV, che con un herpesvirus oncogeno della scimmia, Herpe­ racrino
svirus saimiri. Il DNA di HHV-8 è invariabilmente presente in
tutte le varianti di sarcoma di Kaposi, e si riscontra inoltre in K4 vMIP-ll agonista di CCR-3 - funzione
due rare malattie linfoproliferative, la malattia di Castleman angiogenica
multicentrica, e i linfomi delle effusioni primarie.
K4.1 vMIP-ill agonista di CCR-4 - Angioge­
Similmente a tutti gli herpesvirus, HHV-8 rima­ nica
ne latente *nella maggior parte delle cellule infetta­
K6 vMIP-1 agonista di CCR-8 - Angio-
te. Durante questa fase quiescente dell'infezione, il genico
virus è presente nel nucleo della cellula sotto forma
di DNA circolare episomiale. Un gene espresso in ORF16. bcl-2 regolazione dell'apoptosi
tutte le cellule infettate è il LANA-1 (antigene K9 vlRF-1 blocca l'attivazione trascrizio­
nucleare latente) (Fig. 5), che si ritiene possa svol­ nale mediata da IFN
gere un ruolo importante nella patogenesi dei K 10 vlRF-4 ...
tumori associati al virus. Tra le sue varie funzioni,
K IT vlRF-2 //
LANA-1 si lega alla proteina p53, inibendone l'at­
tività trascrizionale e la capacità di indurre apopto- K12 - proteina latente di membrana?
si, ed alla proteina Rb, abrogando l'arresto dell'in­ ORF71 vFUP inibisce l'apoptosi mediata
duzione del ciclo cellulare. La funzione di LANA- da Fas
1 potrebbe quindi essere equivalente a quella di
proteine oncogene di altri virus a DNA, quali ORF72 v'ciclina attiva cdkó, controllo della
EBNA-1 di EBV, l'antigene T del virus SV40 e le
crescita
proteine E6 e E 7 del papillo ma virus umano. Consi­ ORF73 - LANA, fattore di trascrizione?
stentemente, è stato dimostrato che LANA-1 pro­ ORF74 vGCPR trasduzione del segnale, lega
voca la trasformazione maligna di fibroblasti di IL-8
ratto in cooperazione con ¡'oncogene H-ras. Ma
HHV-8 è unico in quanto utilizza in modo insolita­
KÌ4 0X2 interazione cellula-cellula?
212 & Malattie virali nell'uomo
nei paesi del bacino del Mediterraneo, tra cui alcu­ La figura 4 mostra i principali meccanismi di
ne zone dell'Italia come la Sardegna, dove è fre­ evasione utilizzati dal citomegalovirus umano.
quente la forma di sarcoma di Kaposi classico. La
via principale di trasmissione del virus è mediante Inibizione della risposta immune umorale
contatto sessuale, ma sono state ipotizzate anche
altre vie di trasmissione, come quella orizzontale, Il virus deH'influenza rappresenta un esempio
particolarmente tra i bambini nelle zone endemi­ tipico di un virus che evade efficacemente l'immu­
che, o quella parenterale, in pazienti che ricevono nità umorale diretta contro il virus. Le infezioni da
numerose trasfusioni di sangue ripetute per tutta la parte del virus influenzale di tipo A possono porta­
vita, quali gli emofilici ed i talassemici. Infine è da re ad epidemie a livello mondiale, ciascuna causata
ricordare che i soggetti sottoposti a trapianto d'or­ da ima singola variante virale. Il sistema immune
gano sono notoriamente a rischio per lo sviluppo di può rapidamente eliminare il virus sviluppando
sarcoma di Kaposi, ed in alcuni casi è stato dimo­ una specifica risposta immune, soprattutto indiriz­
strato che la trasmissione del virus è avvenuta pro­ zando anticorpi neutralizzanti contro la proteina
prio mediante l'organo trapiantato. maggiore di'superficie del virus, l'emoagglutinina.
Dal canto suo, il virus ha sviluppato due forme di

H Meccanismi utilizzati dai virus variazione antigenica per prevenire la diminuzione


di ospiti potenziali. La prima, "antigenic drift"
per sfuggire alle difese (deriva antigenica), è provocata da mutazioni pun­
dell'ospite tiformi dei geni che codificano per l'emoagglutini­
na e la neuraminidasi. Queste portano all'incapaci­
La coesistenza tra virus e ospite ha imposto una tà degli anticorpi neutralizzanti di riconoscere
pressione evoluzionistica su entrambi: da un lato, varianti virali, impedendo il legame dell'anticorpo
l'ospite ha sviluppato un sistema immune capace di all'epitopo dovuto al cambiamento strutturale di
attaccare i virus e le cellule infettate, dall'altro i residui critici nel sito di interazione. Sebbene il
virus hanno messo a punto un insieme di strategie virus evada in questo modo la neutralizzazione
atte a sfuggire all'attacco del sistema immune per anticorpale, non si svilupperà una forma grave
permettere la sopravvivenza del virus e la persi­ della malattia fino a che gli epitopi non alterati
stenza dell'infezione. I virus con un genoma picco­ saranno ancora riconosciuti. La seconda, nota con il
lo, e dalla limitata capacità di codificare per protei­ termine di "antigenic shift"(spostamento antigeni­
ne virali, quali i picomavirus, i mixovirus ed i retro- co), prevede lo scambio di segmenti di RNA in un
virus, mutano costantemente le loro glicoproteine ospite secondario, che può condurre a mutamenti
dell'envelope, con il risultato di sfuggire al sistema maggiori nella proteina di emoagglutinina sulla
immune attraverso la restrizione di peptidi immu- superficie del virus. In tale caso, gli anticorpi pro­
nodominanti nel contesto di molecole di classe I del dotti in risposta ad infezioni precedenti non saran­
sistema maggiore di istocompatibilità. I virus con no in grado di riconoscere il virus, facilitando l'in­
un genoma più grande possono esprimere un più staurarsi di gravi pandemie di influenza.
ampio spettro di proteine con specifici effetti sul
riconoscimento immunitario e su altre funzioni
effettrici. Ad esempio, i poxvirus, gli herpesvirus e Inibizione della risposta immune cellulare
gli adenovirus utilizzano diversi meccanismi per La risposta immune cellulare, particolarmente
estendere la finestra temporale per la replicazione quella dei CTL CD8+, svolge un ruolo cruciale nella
virale e la diffusione delle particelle virali. Gli her­ eliminazione delle cellule infettate da virus. Perciò
pesvirus inoltre hanno l'ulteriore capacità di spesso i virus interferiscono con l'attivazione di lin­
nascondersi al sistema immune grazie alla loro abi­ fociti T CD8+ e CD4+ bloccando la presentazione
lità di stabilire un'infezione latente. dell'antigene nel contesto, rispettivamente, di mole­
I meccanismi dell'evasione dal sistema immune cole del sistema maggiore di istocompatibilità di
adottati dai virus possono essere raggruppati in tre classe I e di classe II. Ogni fase successiva dei pro­
categorie. Tali meccanismi includono: cessi di biogenesi e di trasporto intracellulare di tali
1) strategie che permettono al virus di evitare il molecole rappresenta un importante ed invitante
riconoscimento da parte del sistema immune bersaglio per la manipolazione da parte del virus.
umorale, ad esempio mutando i suoi epitopi — Interferenza con la degradazione nel proteasoma: i peptidi
immunodominanti, che vengono presentati nel contesto di molecole di HLA clas­
2) capacità di interferire con la funzione della se I sono il risultato della degradazione di proteine virali che
avviene nel citoplasma da parte dei proteasomi. Tale degra­
risposta immune cellulare, ad esempio impe­ dazione è dipendente dal clivaggio proteolitico di sequenze
dendo la presentazione di peptidi o annullando specifiche della proteina. Alterando parte del suo genoma, e
le funzioni delle cellule naturai killer, e quindi delle proteine virali, un virus può impedire il proces-
samento delle proteine in peptidi. Esempi di questo tipo sono
3) l'interferenza con funzioni effettrici immunita­ rappresentati dal virus della leucemia murina, in cui è stato
rie, quali l'espressione di citochine o il blocco dimostrato che un cambio di un singolo aminoacido in un
dell'apoptosi. sito di clivaggio proteolitico abolisce il processamento di un
Meccanismi utilizzati dai virus per sfuggire alte difese dell'ospite & 213

epitopo immunodominante dei CTL, o dal virus di Epstein- evita l'azione citotossica delle cellule NK esprimendo omolo­
Barr, in cui la presenza di sequenze ripetute di glicina e di ala- ghi di molecole MHC che interagiscono con recettori inibito­
nina nella molecola dell'antigene nucleare EBNA-1 permette ri sulle cellule NK, o, alternativamente, provocando una ove-
l'inibizione della proteolisi da parte del sistema proteasoma- respressione sulla superficie della cellula di una molecola
ubiquitina. O, ancora, l'espressione della proteina pp65‘della non canonica di HLA-E, in grado di inibire la lisi mediata da
matrice del citomegalovirus umano conduce alla fosforilazio- cellule NK. Un altro herpesvirus, lo human herpesvirus 6, è
ne di numerose altre proteine virali. In particolare la fosfori- in grado di infettare direttamente le cellule NK, provocando­
¡azione di residui di treonina di proteine precoci del virus ne la lisi.
può gravemente ridurre l'accesso delle stesse alla degrada­
zione nel proteasoma, o indirizzare la proteina verso ur\
diverso sistema di degradazione. Interferenza virale con funzioni effettrici
Interferenza con il trasporto peptidico da parte del sistema della risposta immune
di trasporto associato con la presentazione antigenica
(TAP): i peptidi attraversano la membrana del reticolo endo- - Inibizione dell'effetto dell'interferone. Una
plasmatico mediante traslocazione da parte del TAP, per l'as­
delle maggiori risposte dell'ospite rivolta al con­
semblaggio in complessi ternari di MHC di classe I. Numero­
si prodotti di herpesvirus, tra cui il prodotto del gene US6 del trollo delle infezioni virali è rappresentata dalla
citomegalovirus, la proteina citoplasmatica ICP47 del herpes produzione degli interferoni, componenti della
simplex di tipo I e li, ed alcune proteine dell'herpevirus bovi­ risposta immune innata. Gli interferoni (IFN) ven­
no di tipo I e del virus pesudorabies sono in grado di interfe­ gono suddivisi in due tipi, IFN di tipo I, che com ­
rire con il trasporto mediato da TAP.
prendono il vasto gruppo degli a-IFN leucocitari ed
Effetto dei virus sull'espressione di molecole di HLA classe I
e di classe IL alcuni prodotti virali sono in grado di impedi­
il singolo p-IFN fibroblastico, che agiscono legan­
re la maturazione ed il trasporto intracellulare in superficie dosi ad un comune recettore cellulare, e gli IFN di
delle catene pesanti di HLA di classe I. Ad esempio la protei­ tipo II (y-IFN o interferone immune), di cui ne esi­
na Nef di HIV-1 è responsabile della down-regolazione delle ste una singola specie che agisce mediante un recet­
molecole di HLA di classe I, e sembra coilegare direttamente
tore specifico (recettore per il y-IFN). La produzione
tali molecole con fossette rivestite di clatrina, coinvolte nel
processo di endocitosi, al sistema del trans-golgi. Con lo stes­ di interferone rappresenta un meccanismo di difesa
so meccanismo Nef sembra anche responsabile della down- precoce, che si manifesta prima dello sviluppo della
regolazione delle molecole di CD4. Anche la proteina Vpu di risposta immunitaria. Tutti i tipi di interferone svol­
HIV-1 sembra svolgere un ruolo nella down-regolazione di gono un ruolo importante nel controllo delle infe­
HLA di classe 1. Oltre alla ritenzione delle molecole di HLA
all'interno del citoplasma, alcuni virus, quali il citomegalovi­
zioni virali: utilizzando topi in cui i recettori dell'in­
rus, utilizzano anche un meccanismo più radicale, in grado di terferone sono stati geneticamente aboliti (topi
distruggere tali molecole. I prodotti genici US2 e US11 del knock-out) si è visto che gli animali privi di recetto­
citomegalovirus umano sono in grado di provocare la degra­ re per l'interferone, sia a-(3 che y, sono particolar­
dazione di molecole di HLA classe I nel sistema del proteaso-
ma. Inoltre, il prodotto E3 dell'adenovirus si lega ad alta affi­
mente suscettibili all'infezione da parte di numero­
nità con le catene pesanti di HLA di classe I nel reticolo endo- si virus, nonostante possiedano un sistema immu­
plasmatico, inibendo la loro glicosilazione terminale ed nitario intatto. L'importanza degli IFN come mecca­
impedendone la traslocazione sulla superficie cellulare. Infi­ nismo di difesa contro le infezioni virali è ulterior­
ne, più recentemente è stato dimostrato che il virus HHV-8
mente illustrata dalla scoperta che alcuni virus
codifica per due proteine, K3 e K5, che rimuovono le moleco­
le dì HLA classe I dalla superficie cellulare, provocandone codificano per prodotti genici che antagonizzano la
una rapida endocitosi. funzione degli IFN: nella maggior parte dei casi,
Meccanismi simili di down-regolazione e di degradazione queste proteine virali antagonizzano la via della
vengono anche utilizzati, in particolare dal citomegalovirus traduzione del segnale indotta da IFN, che compor­
murino ed umano, per l'inibizione del pathway di presenta­
zione antigenica nel contesto del MHC di classe II.
ta l'attivazione trascrizionale di numerosi (circa 30)
Induzione della paralisi funzionale di cellule dendritiche: le
geni cellulari responsabili delle attività biologiche
cellule dendritiche sono cellule presentanti Vantigene che degli IFN, o l'attività biochimica di alcune proteine
svolgono un ruolo cruciale nella generazione e nel manteni­ cellulari indotte dagli IFN responsabili dell'inibi­
mento della risposta immune. Le cellule dendritiche imma­ zione della replicazione virale.
ture riconoscono e processano gli antigeni virali nei tessuti
periferici, un evento che stimola il loro differenziamento in Possono essere citate come esempio le proteine EIA dell'a-
cellule dendritiche mature. Le cellule dendritiche mature denovirus, la proteina EBNA-2 del virus di Epstein-Barr, la pro­
hanno una ridotta capacità di processare l'antigene, ed ima teina C del virus Sendai, la proteina E6 del papillomavirus, che
aumentata espressione in superficie di molecole di HLA e di bloccano a stadi diversi la trasduzione del segnale indotta da
altre molecole co-stimolatorie. Inoltre l'espressione alterata IFN, o le proteine E3L del virus vaccinia, NS1 del virus dell'in­
di recettori per chemiochine facilita la loro migrazione nelle fluenza, l'antigene T grande del virus SV40, che bloccano la fun­
zone ricche di linfociti T dei linfonodi. Nuovamente, alcuni zione di una proteina chinasi RNA dipendente, indotta da IFN,
virus, in particolare il citomegalovirus murino, sono in la protein chinasi R (PKR). Inoltre il virus HHV-8 codifica per un
grado di infettare cellule dendritiche immature, inducendo omologo di un fattore di regolazione dell'interferone (ÍRF). Tale
una paralisi funzionale. Inoltre, cellule infettate da citome­ prodotto, codificato dall'ORF K9 di HHV-8, e denominato vIRF,
galovirus umano secernono fattori solubili, quali il TGFa, funziona come repressore dell'attività trascrizionale degli IFN, e
che interferiscono con la maturazione delle cellule dendriti­ svolge un ruolo potenzialmente importante nella patogenesi
che. delle infezioni da IIIIV-8 antagonizzando il controllo trascrizio­
Inibizione della funzionalità delle cellule naturai killer: que­ nale mediato da IFN e IRF.
sto processo è stato meglio studiato nel caso dei citomegalo­
virus murino ed umano, dove diversi meccanismi sono stati
- Inibizione dell'apoptosi. Il virus ha chiaramente
dimostrati in grado di diminuire la capacità citotossica delle interesse di prolungare la sopravvivenza della cel­
cellule naturai killer. Ad esempio, il citomegalovirus umano lula infettata, per permettergli una completa matu­
214 & Malattie virali nell'uomo
razione e disseminazione nell'ospite. D'altra parte,
l'apoptosi (o morte cellulare programmata) della
| | Metodi diagnostici
cellula infettata rappresenta una componente delle infezioni virali
importante della risposta antivirale dell'ospite. Per­ La diagnosi delle infezioni virali si basa su una
tanto non è sorprendente che numerosi virus codifi­ serie di metodi, alternative o complementari, che
chino per proteine virali che sono in grado di inibi­ permettono l'identificazione del virus responsabile
re il processo apoptotico. Esistono due principali vie di una determinata patologia, ed il monitoraggio
per l'induzione dell'apoptosi: la prima è conseguen­ del tipo e del decorso dell'infezione. Tali metodi
te all'interazione di una serie di recettori sulla mem­ includono l'isolamento del virus e la sua crescita su
brana piasmatica (appartenenti alla famiglia del colture cellulari, l'identificazione di antigeni virali
recettore del TNF), quali TNF-R17 Fas, DR4 e DR5 specifici, l'osservazione dell'effetto citopatico
con i loro rispettivi ligandi TNF-a, FasL e TRAIL. La indotto dal virus, l'osservazione delle cellule infet­
seconda via prevede la partecipazione dei mitocon­ tate mediante microscopia ottica ed elettronica, lo
dri ed è regolata da membri della famiglia di Bcl-2, studio della risposta immune umorale e cellulare
che comprendono le molecole antiapoptotiche bcl-2 nei confronti del virus, e l'analisi degli acidi nuclei­
o bcl-XL, e gli effettori proapoptotici bad, bax o bak. ci virali mediante tecniche di biologia molecolare.
Entrambe le vie utilizzano una serie comune di In questo paragrafo verranno riassunti gli aspetti
enzimi, le caspa si, che tagliano substrati cellulari essenziali di alcune di queste metodiche.
specifici, conducendo alla frammentazione del Coltura virale. Poiché i virus necessitano del complesso dei
DNA, tipica della morte apoptotica. I virus possono meccanismi cellulari per la replicazione, per la coltura virale
debbono essere utilizzati organismi viventi. A tale scopo veniva­
agire bloccando l'una o l'altra di queste vie che con­ no inizialmente inoculati animali o uova per la coltura e la pro­
ducono alla morte cellulare, o possono anche facili­ pagazione virale, ma queste metodiche sono state ormai sop­
tare il processo apoptotico, probabilmente per per­ piantate dall'uso delle colture cellulari nella maggior parte dei
mettere la fuoriuscita del virus dalla cellula e la sua laboratori di diagnostica virologica. La propagazione del virus
in coltura consente di amplificare la quantità dell'agente patoge­
diffusione. no putativo, facilitandone la rilevabilità e la caratterizzazione.
Ad esempio, il virus HHV-8 codifica per un inibitore virale Tra i vantaggi delle colture cellulari vi sono la possibilità di rac­
cogliere isolati virali che possono essere congelati e utilizzati per
chiamato vFLIP codificato dall'ORF71, che blocca il legame della
ulteriori analisi, e l'eventualità di riscontrare la presenza di
caspasi 8 al FADD (dominio di morte associato a Fas), inibendo
diversi tipi di virus, compresi alcuni non necessariamente
la morte cellulare indotta da Fas. Inoltre sia HHV-8, che il virus
sospettati al momento delTìnoculo delle colture. Questa caratte­
di Epstein-Barr, possiedono due geni altamente omologhi a bcl-2
ristica è in contrasto con i metodi diagnostici basati su saggi
(rispettivamente ORF 16 e BHFR1) che proteggono la cellula immunologici o molecolari, che generalmente permettono esclu­
dalla morte cellulare programmata, facilitandone la proliferazio­ sivamente di identificare il virus specifico verso cui il test dia­
ne incontrollata e la successiva trasformazione in senso neopla­ gnostico è diretto. Gli svantaggi delle colture cellulari come
stico. Il gene nef del virus HIV-1 inibisce l'apoptosi indotta da metodo diagnostico includono il costo elevato, la necessità di
Fas tramite un legame diretto con un membro della famiglia adeguate attrezzature e competenze, ed il tempo relativamente
delle MAP kinási (ASK-1), ed è anche in grado di fosforilare ed lungo necessario per l'identificazione del virus.
inattivare la proteina proapoptotica bad. Quindi HIV ha la capa­ Le colture cellulari possono essere primarie', semicontinue o
cità di bloccare entrambe le vie apoptotiche. Le proteine E1B e E3 stabilizzate. Le prime derivano direttamente dall'animale dopo
del'adenovirus bloccano il processo apoptotico mediato da p53, l'espianto, e sono tipicamente rappresentate dalle cellule primarie
e provocano l'internalizzazione di Fas dalla superficie cellulare e di rene di scimmia. E necessario in tali casi distinguere i virus deri­
la sua degradazione a livello dei lisosomi. vati dal campione da esaminare da virus endogeni dell'animale
eventualmente presenti. Le colture semicontinue più comune­
- Evasione dagli effetti antivirali del complemen­ mente utilizzate sono colture di fibroblasti umani. Infine le cellule
to. I virus hanno acquisito numerosi meccanismi continue o trasformate sono cellule immortali zzate che possono
essere mantenute in coltura senza limiti di tempo; possono essere
per evadere gli effetti distruttivi del complemento. di origine epiteliale, come le HeLa, le Hep-2, le A431, o di origine
Questi comprendono strategie passive, in cui pro­ emopoietica, che crescono in sospensione e vengono utilizzate per
teine cellulari regolatorie del complemento posso­ la crescita di virus linfotropici quali il virus di Epstein-Barr, gli
no essere incorporate nell'envelope del virus herpesvirus umani di tipo 6 ,7 ed 8, ed il virus HIV. I campioni bio­
logici che possono essere inoculati in coltura per l'isolamento vira­
durante il "buddìng" del virus a livello della mem­ le comprendono fluidi corporei sterili quali liquido cerebro-spina­
brana piasmatica, o strategie attive in cui alcuni le, urine, sangue, o campioni derivati dal tratto respiratorio o
virus codificano per proteine virali omologhe a genitale. La crescita del virus in coltura è spesso evidenziata dalla
comparsa di un effetto citopatico osservabile al microscopio: le
proteine regolatorie del complemento. Il primo caratteristiche di tale effetto citopatico sono spesso sufficienti per
processo è utilizzato, per esempio, da HIV, HTLV, l'identificazione del virus, ma in molti casi è necessaria un'ulterio-
HCMV e dal virus vaccinia, che fuoriescono dalla re analisi, quale rimmunofluorescenza, per confermare la presen­
cellula preferenzialmente in particolari dominii za del virus sospetto.
Alcuni virus, quali il virus dell'influenza, della parainfluen-
della membrana piasmatica arricchiti di proteine za e della rosolia possono produrre effetti citopatici minimi, ed
regolatorie del complemento, noti come "lipid in tal caso vengono solitamente rilevati mediante il test dell'e-
rafts", ed acquisiscono di conseguenza una prote­ moassorbimento, che consiste nella visualizzazione del legame
zione contro il complemento. Il secondo da alcuni specifico di eritrociti di alcune specie animali, quali la cavia, il
ratto o la scimmia, ad antigeni virali espressi sulla superficie
membri della famiglia degli herpesvirus e dei pox- delle cellule infettate.
virus. Un test diagnostico basato su ima modificazione di ima tee-
Metodi diagnostici delle infezioni virali £ 215

nica di coltura cellulare è rappresentato dallo shell vial assay, in


cui il campione viene centrifugato su un monostrato di cellule in
coltura, e la crescita virale viene osservata mediante il rileva­
mento antigenico a fluorescenza. Tale metodo è stato inizialmen­
te descritto per le infezioni da citomegalovirus, e viene applica­
to nel caso di molti altri virus, tra cui l'herpes simplex di tipo I,
il virus varicella zoster, virus respiratori ed enterovirus.

Microscopia elettronica. Occasionalmente, alcu­


ne infezioni virali possono essere diagnosticate utiliz­
zando la microscopia elettronica per la visualizzazio­
ne diretta di particelle virali nel campione da esami­
nare. L'uso della diagnosi ultrastrutturale è limitato Fig. 7 - Immunoelettronmicroscopia su cellule infettate con virus
ad alcioni casi particolari, dati l'alto costo e la necessi­
di Epstein-Barr.
tà dì un numero elevato di particelle virali richiesto
per la visualizzazione (da 10P a IO6 per millilitro).
L'osservazione al microscopio può essere effettuata su citocen-
Poiché nessuno dei possibili virus che causano gastroenteri­ trifugati di campioni prelevati da fluidi derivati da broncolavag­
ti virali (rotavirus, calicivirus, alcuni adenovirus, astrovìrus) è gio, che possono rilevare infezioni da HSV, CMV, adenovirus e
facilmente coltivabile "in vitro", la microscopia elettronica a tra­ virus dei morbillo, su strisci su vetrino di campioni freschi, quale
smissione viene utilizzata per la visualizzazione delle particelle la colorazione di Papanicolau che evidenzia, ad esempio la presen­
virali in seguito a colorazione negativa di campioni di feci dei za di modificazioni tipiche in cheratinociti della cervice uterina,
pazienti. In alcuni casi (calicìvirus) la visualizzazione è migliora­ note come coilocitosi, caratteristiche della infezione da papilloma-
ta con la tecnica della immunoelettronmicroscopia: in tal modo virus umani, o su citocentri fugati di campioni di urina che rivela­
la preincubazione del campione con siero immune permette la no la presenza di inclusioni nucleari indicative di infezioni da cito­
formazione di aggregati virali meglio visibili rispetto a particel­ megalovirus o da poliomavirus quali il virus JC e BK. Infine, l'esa­
le virali isolate. me istologico su tessuto fissato e colorato fornisce indicazioni utili
Altre applicazioni della microscopia elettronica comprendono sul ruolo dell'infezione virale nel produrre infiammazione o danno
l'esame di fluidi vescicolari, per discriminare infezioni herpetiche tissutale, e può permettere di discriminare tra un rilascio asintoma­
o da poxvirus, o l'identificazione di filovirus (virus Marburg ed tico del virus e una infezione clinicamente significativa. L'istopato-
Ebola) in campioni di siero o di urine. L'osservazione ultrastruttu­
logia può essere resa più specifica con l'uso dell'immunoistochimi-
rale può anche essere effettuata su tessuti patologici fissati, per
ca, per evidenziare antigeni virali, o dell'ibridizzazione in situ, per
confermare la diagnosi istopatologica, o per identificare virus che
evidenziare acidi nucleici virali (Figg. 5 ,8 e 9). La prima può esse­
crescono in coltura cellulare, quando questi non possono essere
re effettuata su campioni fissati in formalina, ma in alcuni casi si
identificati con aitri metodi. (Un esempio di immunoelettronmi­
ottiene una sensibilità maggiore su tessuti congelati. Infine può
croscopia su colture di cellule linfoidi è mostrato nella figura 7 in
essere utilizzata la tecnica della PCR in situ, che permette l'ampli­
cui particelle del virus di Epsteìn-Barr presenti in linfociti B in col­
ficazione diretta sul tessuto, ma che non è disponibile nella mag­
tura sono marcate con oro colloidale coniugato con Proteina A ed
gior parte dei laboratori diagnostici.
un anticorpo monoclonale diretto contro la glicoproteina
gp350/22G presente suU'envelope del virus). Rilevazione di antigeni virali. Il riscontro di
Microscopia ottica. I virus, con l'eccezione dei antigeni virali direttamente sui campioni è uno dei
poxvirus, non possono essere visualizzati diretta- metodi essenziali in virologia diagnostica. Tra i
mente al microscopio ottico, ma può essere rilevata vantaggi della rilevazione antigenica vi sono la
un'evidenza indiretta dell'infezione. I corpi inclusi, rapidità di esecuzione dei test, e la possibilità di
che sono composti da aggregati di virioni, e la presen­ effettuare il test in assenza di vitalità virale.
za di sincizi e di cellule multinucleate sono tra i segni Condizioni indispensabili per la rilevazione antigenica sono:
più tipici dell'infezione virale (Tab. 2). a) che l'antigene virale sia espresso e presente in un campione

Fig- 8 - Cellule di Reed-Sterberg di linfoma di Hodgkin immu- Fig. 9 - Linfoma di Hodgkin: rilevazione di trascritti del virus di
nomarcate con anticorpo monoclonale diretto contro LMP-1 di Epstein-Barr (EBER) mediante ibridizzazione in situ.
EBV.
21 ó & Malattie virali nell'uomo
accessibile; b) la disponibilità di un anticorpo appropriato, pos­
sibilmente monoclonale, e c) che l'antigene sìa sufficientemente
Sierólógia per la diàgnosi di infezioni
stabile da non essere degradato durante il trasporto o la prepa­ virali acute ^
razione del campione. Tutte le metodiche permettono l'identifi­
cazione della reazione antigene-anticorpo, e variano da metodi
di immunoblotting quali l'immunoprecipitazione ed il western-
Virus di Epstein-Barr0
blot, a reazioni di immunofluorescienza diretta ed indiretta, a Citomegalovirus (sindrome mononucleosica0)
reazioni di immunoperossidasi e a saggi immunoenzimatici
quali l'ELISA.
Virus epatitici (A-EJ-
Morbillo Rosolia Parotite0
Rilevazione di acidi nucleici virali. La diagnosti­
ca virologica è stata rivoluzionata dall'avvento di Parvovirus B19a
nuove tecniche di rilevamento di acidi nucleici. Virus encefalitici“
La descrizione metodologica delle varie tecniche esula dalle Rabbia
finalità del presente capitolo, ma è utile ricordare che, oltre ai meto­
di dassici di evidenziazione di acidi nucleici basati sulTibridizza- Febbre emorragica0
zione molecolare quali il Southern blot (DNA) ed il Northern blot Dengue0;
(RNA), la capacità di amplificazione della reazione polimerasica a
catena (PCR) ha permesso di evidenziare quantità di materiale
genetico precedentemente non rilevabile, ed ha portato inoltre
all'identificazione di nuovi virus precedentemente ignoti. Varia­
HTLV-I e II ■
■ ; / -V//"
zioni della metodica, quali la RT-PCR, che permette di rilevare tra­ aSaggi per evidenziare immunoglobuline M (IgM) virus specifiche
scritti virali, PCR quantitative e semiquantitative, e la reai time- bSaggi per evidenziare IgM virus specifiche sono utilizzati per il
PCR, che fornisce un'indicazione del numero di copie del genoma
virale (e quindi della viremia), vengono utilizzate non solo per la
virus dell'epatite A e B
diagnosi iniziale della infezione, ma anche per il controllo della
progressione della malattia, a scopo prognostico. Ad esempio, nel
caso della infezione da virus di Epstein-Barr, la real time PCR rap­ Sierologia utilizzata per determinare lo
presenta il metodo di scelta per monitorare il carico virale nel san­ stato immune
gue periferico, che può permettere di predire la comparsa di pato­
logie linfoproliferative (o ricadute nei pazienti già affetti) in sogget­
ti gravemente immunocompromessì quali pazienti con AIDS o
Varicella Zoster
pazienti sottoposti a trapianto d'organo o di midollo osseo. Virus Herpes simplex
Infine recenti tecnologie (microchip macroarrays and
microarrays) consentono di spottare da centinaia a migliaia di Virus di Epstein-Barr (IgG dirette contro l'antigene viro-
sonde di oligonucleotidi iñ un chip di silicone e di effettuare le capsidico VCA)
reazioni di ibridizzazione direttamente sul chip. La microscopia
confocale viene utilizzata per la rilevazione della reazione. Tale Rosolia
metodica ha il vantaggio di poter effettuare rapidamente e con­ Morbillo
temporaneamente l'identificazione di numerosi e diversi agenti
patogeni. La prima applicazione nella diagnostica virologica ha Parvovirus B19
riguardato la rilevazione di mutazioni del virus HIV associate
alla resistenza ai farmaci antiretrovirali.
Virus dell'epatite A (anticorpi totali)
Virus dell'epatite B (Anti-HB)
Sierologia. Il dosaggio degli anticorpi diretti
contro il virus è stato uno dei principali metodi uti­
lizzati per la diagnosi specifica delle infezioni vira­ La diagnosi sierologica in caso di re-infezione o di
li, e costituisce tuttora un approccio fondamentale riattivazione dell'infezione è più complessa di quella
per lo studio deir evolversi deirinfezione. La siero­ deirinfezione primaria, in quanto in entrambi i casi si
logia può servire per la diagnosi della infezione in verifica in un soggetto con anticorpi della classe IgG
atto, o fornire informazioni sullo stato immunologi- preesistenti, e non sempre compare una risposta di
co dell'ospite nei confronti di specifici agenti pato­ tipo IgM. L'aumento del titolo anticorpale può far
geni. (Tabb. 5 e 6). Viene particolarmente usata in sospettare una riattivazione virale (ad esempio nel
quelle infezioni in cui il virus è difficilmente colti­ caso delle infezioni latenti da herpesvirus). Infine
vabile in vitro. l'interpretazione della sierologia è unica per quei
La diagnosi sierologica si basa sulla cinetica della risposta virus che provocano tipiche infezioni croniche, come
anticorpale all'infezione virale. Anticorpi specifici sono assenti l'HIV ed i retrovirus umani correlati della famiglia
nei soggetti suscettibili all'infezione, ma divengono evidenziabi­ degli HTLV. Per questi agenti, la presenza di anticor­
li alcune settimane dopo il contatto con il virus. Anticorpi della
classe IgM sono spesso rilevabili per un breve perìodo, prima
pi specifici di qualsiasi isotipo (in assenza di immu­
della comparsa di anticorpi specifici della classe IgG. La risposta nizzazione artificiale) è sempre indicativa di infezio­
IgM tende a declinare nel giro di uno o due mesi, mentre gli anti­ ne in atto; nel caso del virus dell'epatite C, la presen­
corpi IgG durano molto più a lungo, spesso per tutta la durata za di anticorpi diretti contro il virus corrisponde ad
della vita. Conseguentemente, l'assenza di anticorpi (sia TgG che infezione attiva nell'85% dei casi.
IgM) sta a significare la suscettibilità all'infezione, la presenza di
anticorpi (IgM) specifici, in presenza o assenza di IgG, riflette I metodi più comunemente utilizzati per il dosaggio degli
un'infezione in atto, o molto recente, e la presenza di IgG in anticorpi sono test immunoenzimatici (ELISA), radioimmunolo-
assenza di IgM indica un'infezione pregressa, e quindi, nella gici (RIA) e l'immunofluorescenza indiretta (IFA). L'antigene
maggior parte dei casi, di immunità nei confronti di un'eventua- virale, che può consistere in cellule infettate dal virus, da virus
le infezione successiva da parte del medesimo agente. purificato o da una proteina virale ricombinante, viene fatto ade-
Metodi diagnostici delle infezioni virali & 217

Profilo sierologico degli anticorpi anti EBV in pazienti con malattie EBV associate
o in soggetti sani

- Anticorpi
Condizione o malattia VCA EA-D EA-R EBNA
IgM IgG IgA IgG IgA (IgG) (igG)
individuo non infetto - - - - -
Infezione primaria silente + _ + /— - + /-
Infezione pregressa + - + /- - ■ - +
Riattivazione con immunodeficienza ~/ ++ + /- ++ + /- + /- + /-
Mononucleosi infettiva ++ _ - . + /- _
Linfoma di Burkitt ++ - +/ - - ++ +
Carcinoma nasofaringeo 1! ■+ ' ++ • + .+ ■
I due +4- indicano un titolo anticorpale elevato.

rire su una superfìcie solida di una piastra o di una biglia di pla­ e non-B è stato usato per lo screening di una libreria di espres­
stica o su un vetrino da microscopio nel caso dell'IFA. Dopo rag­ sione di circa 1 milione di cloni possibili, con la scoperta di un
giunta del campione di siero, ed un appropriato periodo di incu­ clone esprimente un prodotto genico di HCV. Il sequenziamento
bazione seguito da alcuni lavaggi, viene aggiunto un secondo del suo acido nucleico ha consentito l'identificazione del nuovo
anticorpo diretto contro le immunoglobuline tonane, general­ virus come un flavi virus, e ha permesso la messa a punto del test
mente monoclonale o policlonale appartenente ad ima specie ani­ che viene utilizzato per controllare le unità di sangue utilizzate
male (capra, coniglio, cavia), coniugato con un enzima quale la per le trasfusioni. Tuttora HCV non è coltivabile "in vitro".
perossidasi (ELISA), ad una sostanza radioattiva (RIA) o ad un
fluorocromo (IFA). Diluizioni progressive del siero da esaminare La scoperta del virus "sin nombre", la causa
permettono di rilevare il titolo anticorpale. Un importante van­ della sindrome polmonare indotta da hantavirus, è
taggio di questi saggi sierologici è che permettono anche di rile­ iniziata con l'osservazione che nel siero di pazienti
vare anticorpi specifici delle classi IgM ed IgA, mediante l'uso di
anticorpí secondari isotipo-specìfici. Nella tabella 7 è mostrato il
affetti da tale patologia erano presenti anticorpi che
quadro sierologico tipico nelle diverse infezioni da parte del virus cross-reagivano con altri hantavirus umani noti.
di Epstein-Barr. È importante notare che in zone in cui è elevata La messa a punto di un saggio di RT-PCR utilizzando
l'incidenza del carcinoma nasofaríngeo, quali la zona costiera del rimers basati su sequenze conservate nei quattro tipi di
sud-est della Cina, lo screening della popolazione per la presenza antavirus noti e patogeni per l'uomo, ha portato al
di immunoglobuline A dirette contro antigeni precoci del virus di sequenziamento del prodotto di amplificazione e l'iden­
Epstein-Barr rappresenta un valido saggio diagnostico per l'indi­
tificazione di un nuovo hantavirus. Anche nel caso del
viduazione precoce di soggetti affetti dal tumore, che altr/menti
virus "sin nombre", la coltura del virus "in vitro" è estre­
viene solitamente diagnosticato in fase avanzata della malattia. mamente difficile.
Nella metodica del western blot, gli antigeni virali presenti
nella cellula infettata sono denaturati, separati mediante elettro- Infine, come accennato precedentemente, il
foresi su gel, trasferiti su membrana e fatti reagire con il campio­
ne di siero. Il legame con l'anticorpo viene rilevato mediante
virus associato al sarcoma di Kaposi (KSHV) o
l'uso di anticorpi marcati. La principale applicazione del human herpesvirus 8, è stato isolato grazie ad una
western blot nei laboratori diagnostici consiste nella conferma di modificazione della tecnica della PCR. Confrontan­
saggi precedenti meno specifici, come ad esempio nel caso delì'- do DNA estratto da tessuto tumorale del sarcoma
HTV, o per distinguere ñ sottotipo virale verso cui sono rivolti di Kaposi, con quello estratto da tessuto normale,
anticorpi anti herpes simplex.
sono state rilevate alcune sequenze uniche omolo­
Identificazione di nuovi virus. L'utilizzo di ghe ad altri noti gammaherpesvirus (virus di
metodologie diagnostiche più innovative e più sen­ Epstein-Barr, herpesvirus saimiri). Il nuovo virus è
sibili ha portato negli ultimi anni alla identificazio­ stato successivamente costantemente riscontrato in
ne di nuovi virus. In alcuni casi, nuovi virus sono tutti i casi di sarcoma di Kaposi (sia classico che
stati scoperti utilizzando tecniche convenzionali di associato all'AIDS), ed in alcune forme linfoprolife-
coltura virali, come nel caso del virus Hendra, un rative quali la malattia multicentrica di Castleman
nuovo paramixovirus che infetta l'uomo ed il caval­ ed i linfomi delle effusioni primarie (PEL). Questi
lo. In altri casi, tecniche basate sulla rilevazione di ultimi rappresentano ancora l'unica fonte per la col­
acidi nucleici hanno consentito l'identificazione di tura "in vitro" del virus.
virus che non possono essere coltivati.
L'applicazione di queste tecnologie consentirà certamente di
identificare un numero sempre crescente di nuovi virus negli
B Prevenzione delie malattie virali:
anni a venire. Il primo esempio di identificazione virale indipen­ le vaccinazioni
dentemente dalla coltura è stato quello del virus dell'epatite C.
Questo virus è stato identificato mediante clonaggio molecolare Le malattie virali hanno afflitto l'uomo sin dalle
di plasma infetto. Il siero di un paziente affetto da epatite non-A sue origini e gli effetti da loro provocati variano da
218 ^ Malattie virali nell'uomo
patologie lievi e temporanee a piaghe epidemiche soggetti non esposti precedentemente, e durante
che possono alterare il corso della storia. Analisi tale periodo il virus è escreto con le feci. In alcuni
molecolari su tessuti di mummie risalenti a migliaia casi, il virus abbandona l'intestino e provoca una
di anni fa hanno dimostrato resistenza di acidi forma di "malattia minore"con una sintomatologia
nucleici virali; lesioni riscontrate su mummie egizia­ simile a quella di molte infezioni virali comuni,
ne, come quella dei faraone Ramsete V, sembrano quali stanchezza e mal di gola. Se il virus invade il
ricordare gli effetti tìpici del vaiolo, mentre sono stati sistema nervoso, i sintomi della "malattia maggio­
scoperti alcuni graffiti egiziani in cui sono effigiati re" (paralisi infantile) si possono verificare da 8 a 30
uomini probabilmente affetti da poliomielite. Poiché giorni dopo l'infezione. Tali sintomi gravi si mani­
sono estremamente variabili le situazioni epidemio­ festano in meno dell'1% delle infezioni e dipendo­
logiche e la patogenicità dei virus, non esiste un sin­ no dal ceppo o dal tipo di virus. Esistono tre siero-
golo rimedio magico per controllare il diffondersi tipi virali (tipi 1,2 e 3), e l'infezione con un tipo non
delle infezioni. Ogni virus presenta una serie specifi­ conferisce la protezione nei confronti di un altro
ca di problemi. H controllo di possibili vettori ed il tipo. Il tipo 1 è quello più associato con l'induzione
miglioramento globale delle condizioni socio-sanita­ della paralisi, e quello tipo 2 il meno associato. L'in­
rie hanno contribuito grandemente a limitare le infe­ vasione da parte del virus dei neuroni motori del
zioni. Inoltre sono disponibili una serie di agenti ad midollo spinale inferiore provoca la paralisi agli
attività antivirale, tra i quali quelli con una certa effi­ arti inferiori - nota come poliomielite spinale -
cacia nei confronti di malattie molto gravi quali mentre l'invasione virale a livello del tratto supe­
l'AIDS. H progresso maggiore fino ad'oggi raggiun­ riore risulta in poliomielite bulbare e paralisi respi­
to è però rappresentato dall'utilizzo dei vaccini. ratoria. Si possono anche verificare casi di meningi­
Come è noto, il termine vaccinazione deriva dal- te asettica, nota anche come poliomielite abortiva, e
rutilizzo del virus vaccinico da parte di Jenner, in di encefaliti. Circa l'80% dei casi di malattia grave
Inghilterra, nel 1796, per prevenire la comparsa del provocano una paralisi permanente, 10% vanno
vaiolo. Htasso di mortalità del vaiolo è di circa il 25%. incontro a morte ed il restante 10% guarisce com­
I primi tentativi di controllo della malattia (intorno al deci­
pletamente. La presenza di anticorpi circolanti,
mo secolo) consistevano nella variolizzazione, in cui si utilizza­ derivati o dalla vaccinazione,, o acquisiti dalla
va il contenuto delle pustole di ima persona malata ma che non madre, previene la poliomielite mantenendo la
moriva per la malattia. Questa persona aveva una forma più replicazione virale confinata a livello dell'intestino.
lieve di vaiolo dovuta alla presenza di una variante virale natu­
La trasmissione virale si verifica più frequentemen­
rale; il materiale estratto dalla pustola veniva inoculato in un'al­
tra persona, che solitamente contraeva a sua volta una forma più te tramite la via oro-fecale. Nel ventesimo secolo vi
lieve della malattia. Se la persona non moriva, manteneva sono state numerose forme epidemiche della malat­
un'immunità nei confronti del vaiolo che durava per tutta la tia, in contrasto con i rari casi dì poliomielite
vita. Il tasso di mortalità della variolizzazione è di circa il 2%. La descritti in periodi precedenti. Tali epidemie si veri­
variolizzazione veniva comunemente utilizzata in Inghilterra
nel 1700, ed è stata usata in Pakistan, Etiopia ed Afganistan fino ficavano soprattutto nei paesi sviluppati, a causa
al 1970. La vaccinazione utilizzava il virus vaccinico, l'agente del delle migliori condizioni di igiene che facevano sì
cowpox. Era nozione diffusa a quel tempo che persone che con­ che x bambini venissero esposti alla infezione virale
traevano il cowpox (come le addette alla mungitura delle vac­ in un'età più avanzata, quando gli anticorpi mater­
che) sembravano acquisire una immunità protettiva nei confron­
ti del molto più grave vaiolo. Jenner effettuò un esperimento di
ni erano declinati ad un livello non in grado di con­
vaccinazione sul proprio figlio e su un amico con virus vaccìni­ ferire protezione.
co prelevato da una mucca di nome Blossom e successivamente
Il primo vaccino antipolio utilizzato è stato quello inattivato
inoculò loro il virus virulento del vaiolo. Entrambi ì vaccinati
di Salk, prodotto inattivando il virus con trattamento prolunga­
acquisirono la protezione. Da allora la vaccinazione anti-vaìolo è
to con formalina per rimuovere l'infettività senza distruggere
stata adottata con successo in tutto il mondo, ed ha portato alla
l'antigenicità, somministrato per via iniettiva. I) vaccino orale,
eradicatone della malattia: l'ultimo caso di vaiolo in Inghilterra
sviluppato da Sabin nel 1961, è un vaccino trivalente, costituito
si è verificato negli anni 30, negli Stati Uniti negli anni 40, e l'ul­
da una miscela di tre tipi di poliovirus attenuati. Il vaccino di
timo in assoluto è stato in Somalia nell'ottobre del 1977.
Sabin ha contribuito enormemente alla drastica riduzione della
Le ragioni del successo della vaccinazione anti­ poliomielite, ma è stato associato, sia pure in una minima per­
centuale, con casi di poliomielite dovuti a virus di derivazione
vaiolo sono numerose, e comprendono l'assenza di
vaccinale (VDPV). Dal 1999 in tutti i paesi occidentali (in Italia
serbatoi animali del virus, il fatto che la vaccinazione dal. 2002), per diminuire il rischio dei casi di paralisi vaccino­
conferisca un'immunità che dura tutta la vita, che associati, è stata sospesa la vaccinazione con il vaccino vivo
siano rari i casi di infezione subclinica, che vi è un orale, e vengono somministrate quattro dosi di vaccino inattiva­
unico sierotipo di virus del vaiolo, che il vaccino è to potenziato a tutti i bambini dal terzo mese al terzo anno di
vita. Dato il costo più elevato di questo tipo di vaccino, e le
efficace, e che vi sono stati sforzi diretti ad effettuare modalità dì somministrazione più difficili, nei paesi in via di svi­
la vaccinazione da parte di tutti i governi del mondo. luppo viene proseguito l'uso del vaccino orale.
Un'altra grave malattia virale che, grazie alla Nel 1988, tutti gli stati membri dell'Organizzazione Mondiale
vaccinazione, è vicina alla eradicazione è la polio­ della Sanità hanno votato un'iniziativa globale volta all'eradica-
mielite, causata dal poliovirus. La maggior parte zione della poliomielite entro l'anno 2000. Tale iniziativa ha rap­
presentato il maggior sforzo a livello di salute pubblica effettuato
delle infezioni da poliovirus sono asintomatiche, fino ad oggi su scala mondiale, ed ha consentito di eliminare la
con la crescita virale limitata all'intestino. La dura­ poliomielite endemica da tutti i paesi eccetto 6. (Fig. 10) In questo
ta dell'infezione è di circa 5-6 settimane nel 50% dei periodo circa 2 miliardi di bambini sono stati vaccinati grazie alla
Prevenzione delle malattie virali: le vaccinazioni » 219

a. Stato globale, 1988

b. Stato globale, 2004

Certificato libero d a polio

Fig. 10 - Diffusione globale del poliovirus nei 1988 e nel 2004.


cooperazione di più di 200 paesi e di 20 milioni dì volontari, soste­ sono essere prevenute e ridotte al minimo solo grazie al manteni­
nuti da un investimento intemazionale di oltre 3 miliardi di dolla­ mento di adeguati livelli di copertura vaccinale, prima di giunge­
ri. Al momento del lancio dell'iniziativa, l'infezione da poliovirus re alla decisione, concordata a livello intemazionale, di interrom­
era endemica in più di 125 paesi, e provocava la paralisi di più di pere definitivamente la vaccinazione antipolio, una volta accerta­
1000 bambini ogni giorno. Oggi il virus è rimasto in Nigeria, ta la eradicazione della malattìa. Si ricorda che, i criteri per la cer­
India, Pakistan, Niger, Afganistan ed Egitto. tificazione dell'eradicazione della poliomielite, definiti a suo
Purtroppo il ritorno, anche se in forma limitata, della polio­ tempo dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, possono esse­
mielite in paesi che da tempo erano polio-free, è un segno signifi­ re riassunti nei seguenti:
cativo del rischio di ripresa dell'infezione, le cui conseguenze pos­
220 & Malattie virali nell'uomo
- periodo intercorso tra l'avvio del processo di certificazione e La proporzione di persone infettate durante un determinato
l'ultimo caso confermato di poliomielite da virus selvaggio periodo di tempo è determinata da due caratteristiche dell'agen­
- intensità della sorveglianza, sia ambientale che della paralisi te infettivo, quali il tempo di duplicazione e la trasmissibilità. Un
flaccida acuta virus con un tempo di replicazione breve e ad alta trasmissibili­
- competenza e diligenza del Comitato Nazionale di certifica­ tà, quale il virus dell'influenza, si diffonde molto più rapida­
zione nella revisione dei dati fomiti dalle autorità sanitarie mente di un virus quale il poliovirus. Il tempo di replicazione e
- assenza di casi di polio - confermati virologicamente - per un la trasmissibilità riflettono la cinetica dell'infezione ed i titoli di
periodo di almeno 3 anni virus rilasciato, e questi parametri possono essere influenzati da
- assenza di poliovirus selvaggi in campioni di feci di bambini specifici geni virali. L'analisi dei determinanti genetici della tra­
sani ed in campioni di acque reflue. smissione di reovirus ha dimostrato, ad esempio, che la proteina
codificata dal gene L2 è un determinante maggiore della trasmis­
L'eradicazione della poliomielite potrà essere sibilità. Similmente, la trasmissione di un bunyavirus da parte
raggiunta solamente se si otterrà l'eradicazione del della zanzara vettore Aedes triseriatus è determinata da un seg­
poliovirus, che al momento non è certa, dato che il mento di RNA che codifica per le glicoproteine virali. Inoltre, un
fattore determinante del rapporto tra tasso di infezione e mani­
vaccino di Sabin, globalmente utilizzato, può favo­ festazione patologica è la virulenza virale. La maggior parte dei
rire ceppi virali virulenti e trasmissibili; sarà quindi virus esibisce notevoli variazioni naturali di virulenza. Un esem­
necessaria, per la prevenzione della malattia, anche pio classico è quello del vaiolo, che causava forme virulente di
Teradicazione dei ceppi vaccinali. Le difficoltà vaiolo in India ed in Africa, e forme molto più lievi (alastrim) in
Sud America. È anche noto da tempo che gli isolati naturali di
oggettive ancora esistenti (alti costi del vaccino poliovirus presentavano grandi differenze in termini di neurovi-
inattivato, assenza di incentivi commerciali per rulenza, e gli isolati attenuati sono stati il punto di partenza per
nuove terapie antipolio, resistenza di alcuni paesi, lo sviluppo di ceppi di vaccino avirulenti. La più recente analisi
quali la Nigeria, ad effettuare ima vaccinazione glo­ molecolare ha permesso di delineare i determinanti genomici
della virulenza, che sono localizzati sia nei geni strutturali che
bale), rendono purtroppo ancora lontano l'obiettivo
nella regione 5' non codificante del genoma. Questa variabilità
finale della eradicazione. naturale può essere stato un fattore determinante per la gravità
delle epidemie di poliomielite del passato.

(j Malattie virali emergenti Una epidemia come quella della SARS (sindro­
me respiratoria acuta grave) ha dimostrato come
e rischio di pandemie una malattia sviluppata in una zona remota (una
Nonostante le campagne di vaccinazione, l'effi­ provincia della Cina) può diventare un problema
cacia della ricerca sperimentale, e le condizioni globale, con 8000 casi stimati, 774 morti accertate e
sanitarie globalmente migliorate a livello interna­ 29 paesi del mondo coinvolti, in soli pochi giorni.
zionale, non possono essere sottovalutati i rischi Fortunatamente, nel caso della SARS, il ruolo della
della comparsa di epidemie da parte di nuovi collaborazione internazionale è stato fondamentale
virus, o della riemergenza di infezioni che si pen­ per il controllo dell'epidemia: il virus responsabile
sava fossero quasi scomparse. Tra i fattori che con­ (un coronavirus) è stato identificato grazie allo sfor­
tribuiscono alla diffusione di nuove infezioni vira­ zo comune di numerosi laboratori di tutto il
li vanno citati i frequenti spostamenti aerei di mondo, e l'Organizzazione Mondiale della Sanità
milioni di persone da un continente all'altro, la glo­ (OMS) sta lavorando per aggiornare una regola­
balizzazione, intesa come interscambio continuo di mentazione intemazionale per il controllo delle
merci e alimenti, la possibile comparsa di nuovi malattie infettive, al fine di fronteggiare le nuove
agenti virali per mutazioni o ricombinazioni gene­ possibili emergenze sanitarie. La SARS ci ha inse­
tiche e la resistenza ai farmaci. Particolare preoccu­ gnato che qualunque cosa accada anche nel più lon­
pazione deriva anche dal rischio del bioterrorismo: tano angolo del mondo può rappresentare un pro­
sebbene la guerra biologica sia vietata da tutte le blema globale, e la rigorosa adesione alle procedu­
convenzioni internazionali, la possibilità che grup­ ra di controllo delle infezioni, nonché la collabora­
pi terroristici utilizzino questo tipo di armi di zione con il mondo della ricerca a livello intemazio­
distruzioni di massa è purtroppo reale e deve esse­ nale sono gli strumenti necessari per affrontarlo.
re tenuta in considerazione. Una malattia che si presenta regolarmente in
forma epidemica, e della quale sussiste il rischio di
Proprio il rischio di bioterrorismo, ad esempio, è una delle
una nuova pandemia, è l'influenza. L'influenza è
remore che mette in dubbio la decisione di distruggere le scorte
di laboratorio di virus del vaiolo (ormai eradicato da anni), nel una malattia respiratoria acuta dovuta alla infezio­
timore che la distruzione non venga effettuata da tutti i paesi e ne da virus influenzali, di cui ne sono stati identifi­
che parte di esso venga utilizzata a scopi bellici. Malattie infet­ cati tre tipi, che costituiscono il genere Orthomixo-
tive quali la tubercolosi e la malaria rappresentano tuttora virus: i tipi A e B, responsabili della sintomatologia
emergenze a livello mondiale lontane dall'essere debellate. L'in­
fezione da HIV, soprattutto in Africa ed in Asia, è incontrastata
influenzale classica (febbre elevata, dolori ossei e
per la mancanza di un vaccino efficace e per l'elevato costo delle muscolari, mal di testa, mal di gola, raffreddore e
terapie antivirali. Patologie quali le malattie emorragiche da tosse non catarrale), ed il tipo C di scarsa rilevanza
virus Ebola e Marburg in Africa, la febbre del Nilo occidentale clinica, generalmente asintomatico. I virus di tipo A
negli Stati Uniti, la variante della malattia di Creutzfeld-Jacob in circolano sia nell'uomo che in altre specie animali, e
Gran Bretagna, e l'influenza dei polli a Hong Kong dimostrano
come agenti antichi si possano manifestare in nuove popolazio­
sono ulteriormente suddivisi in sottotipi in base
ni o in diversi gruppi di età e con un aumento della loro inci­ alle differenze tra le proteine di superficie emagglu-
denza. tinina (HA) e neuramminidasi (NA) nei confronti
Malattie virali emergenti e rischio di pandemie & 221

delle quali è diretta la risposta immune dell'ospite La prima, e più grave, pandemia influenzale si verificò nel
(soggetto infetto o vaccinato). 1918, ed è conosciuta con il nome di "spagnola". Vi furono più
morti causati dall'influenza in 6 mesi (oltre 20 milioni), che dal­
Ad oggi sono stati identificati 15 sottotipi di emagglutinina e l'intera prima guerra mondiale. I tassi di mortalità arrivavano
9 di neuramminidasi, di cui solo tre per l'emagglutinina (H i, H2 fino al 50%, nel caso di donne in gravidanza. I tessuti prelevati
e H3) e due per la neuramminidasi (NI e N2) sono stati riscon­ da persone morte durante la pandemia sono stati fortunatamen­
trati nell'uomo. L'emagglutinina facilita l'ingresso del virus nella te preservati, ed analizzati successivamente con metodologie più
cellula suscettibile mediante l'adesione all'acido sialico recetto- recenti che hanno consentito l'identificazione del ceppo virale
riale. Rappresenta il maggiore determinante antigenico dei virus responsabile appartenente al sottotipo H1N1 del virus influen­
di tipo A e B verso cui sono diretti gli antìcorpi neutralizzanti, ed zale A. La pandemia successiva si è verificata nel 1957 (Asiatica),
è il componente cruciale degli attuali vaccini antiinfluenzali. La con la comparsa di una nuova variante antigenica, H2N2, segui­
neuramminidasi, il secondo determinante antigenico, facilita il ta da un nuovo shift antigenico nel 1968 con la comparsa del
rilascio dei vinoni maturi dalla cellula infettata, e rappresenta un ceppo H3N2. Più recentemente, ad Hong Kong nel 1997, si è
importante bersaglio dei farmaci antivirali. Il comportamento verificato il primo caso documentato di infezione umana con
epidemiologico dell'influenza è correlato a due tipi di variazioni virus dell'influenza aviaria, il ceppo H5N1, che ha causato una
antigeniche delle sue glicoproteine, la deriva antigenica (antige- malattia respiratoria acuta in 18 persone, provocando 6 decessi.
nic drift) e lo spostamento antigenico (antigenic shift). La prima L'infezione degli esseri umani coincise con un'epidemia alta­
consiste in una graduale modifica della sequenza degli aminoa­ mente patogena, causata dallo stesso ceppo, nella popolazione
cidi che compongono le proteine immunogeniche, ed è responsa­ di pollame di Hong Kong, ed analisi, epidemiologiche e moleco­
bile delle epidemie stagionali. Gli anticorpi della maggior parte
lari stabilirono che il virus era stato trasmesso all'uomo diretta-
della popolazione non sono in grado di riconoscere queste nuove
mente dal pollame. La rapida distruzione, nell'arco di soli tre
varianti, ed un ampio numero di individui diviene suscettibile al
giorni, dell'intera popolazione di polli di Hong Kong (stimata in
nuòvo ceppo. L'antigenic shift è un fenomeno che riguarda solo
circa un milione e mezzo di esemplari) ha bloccato l'ulteriore tra­
i virus influenzali di tipo A, che comporta la comparsa nell'uomo
smissione del virus all'uomo, ed ha probabilmente scongiurato il
di un nuovo ceppo virale con almeno una proteina di superficie
rischio di una nuova pandemia influenzale. Allarmi successivi si
(H o N) diversa, in seguito a riassortimento genetico tra virus
sono verificati con ima nuova epidemia di influenza da virus
umani e animali (aviari o suini), o alla tramissione diretta di
virus non umani all'uomo (Fig. 11) H5N1 ad Hong Kong nel 2003, ed una, sempre nel 2003, in Olan­
da, causata dal sottotipo H7N7, e con la conferma della presen­
Questi cambiamenti di maggiore entità permet­ za del virus aviario H5N1 in casi di malattie respiratorie acute
tono la circolazione di nuovi antigeni che non sono nel Vietnam del Nord nel gennaio del 2004. In base alle tenden­
ze verificatesi nella storia, ci si può attendere che le pandemie
mai stati in contatto con l'uomo, e possono provo­ influenzali, in media, si verifichino tre o quattro volte in un seco­
care una infezione improvvisa di grave entità e su lo, e tutti gli esperti concordano che una nuova pandemia è ine­
scala mondiale/che prende il nome di pandemia. vitabile e possibilmente imminente. La rapida diffusione globa-

Celluia dell'epitelio respiratorio


Virus umano Virus
non umano

Virus riassortito

Fig. n - La natura segmentata del genoma del virus A delhnfuenza, che comprende otto geni, facilita il riassortimento genico, e
sono possibili fino a 256 combinazioni geniche tra virus umani e non umani. L'antigenic shift si può verificare quando geni che
codificano per aimeno una glicoproteina (emagglutinina) di superficie sono introdotti nella popolazione, mediante trasmissione
diretta di un virus aviario, come nel caso del virus H5N1, o dopo riassortimento genetico nel maiale, che consente la crescita sia
di virus aviari che umani.
222 § Malattie virali nell'uomo
le di una malattia infettiva come la SARS ci ha mostrato il grave Nello stesso periodo, particolarmente rilevanti furono i risul­
impatto di mia nuova malattia respiratoria umana che può esse­ tati ottenuti dai ricercatori del gruppo di Robert C. Gallo del labo­
re altamente contagiosa. Un nuovo ceppo influenzale è probabil­ ratorio di Virologia del National Institute of Health (NIH) (Bethe-
mente molto più trasmissibile del corona virus della SARS, e dif­ sda, USA) i quali isolarono dal sangue di un individuo omoses­
fìcilmente controllabile da misure come l'isolamento, la quaran­ suale ammalato di AIDS un nuovo retrovirus umano che fu chia­
tena, o il controllo dei viaggiatori negli aereoporti. Come nei casi mato HTLV-III (Human T Leucemia Virus-III). Il clonaggio del
precedentemente descritti per altre patologie virali, è indispen­ LAV ed il successivo sequenziamento del genoma virale compro­
sabile per contrastare gli effetti di questa nuova pandemia raf­ varono definitivamente l'appartenenza di LAV/HTLVIII alla
forzare i sistemi di sorveglianza e mettere a pulito le migliori famiglia dei retrovirus, specificamente al lentivirus, e che LAV ed
misure protettive: una priorità immediata è di bloccare all'inizio HTLV-III identificavano uno stesso virus die da quel momento fu
la diffusione ulteriore dell'epidemia nelle popolazioni di polla­ chiamato HIV-1 (Human Immunodeficiency Virus-1) (Fig. 12).
me accompagnata da vaccinazione, e da somministrazione di
farmaci antivirali a scopo profilattico, di persone ad alto rischio Queste evidenze consentirono di identificare
di esposizione a pollame infetto, e lo sviluppo di vaccini diretti una nuova malattia a patogenesi virale da HIV-1
contro i nuovi sottotipi di virus influenzali efficaci sia per Tuo-
mo che per gli animali. definita AIDS (Acquired Immunodeficiency Disea­
se Syndrome). Dal Giugno 1981 l'AIDS si è manife­
stata come malattia caratterizzata da grave immu-
I Sindrome do immunodeficienza nosoppressione ed associata ad infezioni opportu­
nistiche, e/o allo sviluppo di alcune neoplasie e/o
acquisita (AIDS) a manifestazioni neurologiche.
Nel giugno 1981, Gottlieb et al. segnalarono al Ad oggi, l'HIV-1 ha infettato più di 80 milioni di
CDC di Atlanta (Centers for Disease Control, USA) individui, un terzo dei quali è successivamente
5 casi di giovani uomini omosessuali di Los Ange­ deceduto per la malattia. Tuttavia, mentre negli
les affetti da polmonite da Peumocystis carimi asso­ Stati Uniti e nei paesi industrializzati tra i quali l'I­
ciata ad un severo deficit immunitario con deple- talia, si è riusciti a controllare la diffusione dell'in-
zione dei linfociti T, in totale assenza di patologie
che potessero giustificare questo grave stato di
immunodeficienza. Nello stesso periodo pervenne­
ro al CDC di Atlanta anche segnalazioni di casi di
sarcoma di Kaposì in giovani individui di sesso
maschile di Los Angeles e New York. In questo
caso, l'anomalia consisteva nel riscontrare un sarco­
ma di Kaposi in individui giovani essendo invece
noto che tale neoplasia colpisce prevalentemente
soggetti anziani, con una peculiare endemia in alcu­
ne aree geografiche quali l'Italia, la Grecia ed altri
paesi che affacciano sul bacino del Mediterraneo.
Apparve chiaro fin dall'inizio che ciò che acco­
munava i nuovi casi segnalati era uno stato di
immunodeficienza derivante da una significativa
riduzione dei linfociti T CD4+ circolanti. Si ipotiz-
zò che questo derivasse da un non meglio definito
comportamento "om osessuale", tuttavia questa
ipotesi fu prontamente rimossa quando furono
descritti casi di AIDS in soggetti tossicodipendenti,
emofilici ed emotrasfusi ed in individui che aveva­
no avuto rapporti sessuali con i soggetti apparte­
nenti ai "gruppi a rischio".
Sulla base di queste evidenze cliniche ed epidemio­
logiche si ipotizzò che la malattia potesse avere una
causa infettiva, e che l'agente infettivo, presumibil­
mente un virus, potesse essere trasmesso per via ses­
suale o attraverso trasfusioni di derivati del sangue.
La prova di ciò venne nel 1983 quando Francoise Barrè-
Sinoussi, del Laboratorio di Virologia dell'istituto Pasteur di Pari­
gi, coordinato da Lue Monta gnier, rivelò che un virus della fami­
glia dei retrovirus umani, non precedentemente isolato, e definito
LAV (Lymphadenopathy Associated Virus), poteva essere l'agen­ Fiq. 12 - Struttura deli'HiV-1: l'involucro è in parte costituito
te responsabile dell'insorgenza dell'AIDS. Il LAV fu isolato da un dalla membrana della cellula ospite ed in parte rivestito da pro­
linfonodo di un paziente tossicodipendente, affetto da una grave teine virus-specifiche quali la ap lóO, nelle sue due subunità la
forma di immunodeficienza con deplezione dei linfociti T CD4+ gpl20 e la gp4ì {inserto). All'interno ddl'involucro si trova il
associata ad un aumento di volume generalizzato di alcune sta­ nucleocapside con struttura troncoconica contenente due copie
zioni linfonodali, una condizione patologica successivamente del genoma ed i principali enzimi necessari alla replicazione
nominata PGL (Persistent Generalized Lymphadenopathy). virale.
Sindrome do immunodeficienza acquisita (AIDS) - 223

fezione da HIV-1 e la mortalità per AIDS, in altri HIV e meccanismi di interazione


paesi nelle aree più povere del mondo, quali quelli
dell'Africa sub-Sahariana, Cina, India, Est Europa virus-cellula ospite
ed Asia centrale, il numero di individui HIV-infetti L'HTV-l è un retrovirus della sottofamiglia dei
continua a crescere in modo esponenziale. lentivirus, composto per il 60-70% da proteine, per il
A tutt'oggi si conoscono due sottotipi di HIV: 30-40% da lipidi di derivazione cellulare, per il 2% da
HIV-1 diffuso principalmente in Europa e negli carboidrati e per l'l% da acido ribonucleico. Il virio-
Stati Uniti, e HIV-2 più comune nell'Africa Equato­ ne presenta ima struttura quasi sferica, con diametro
riale. compreso tra i 100 ed i 200 nm. In esso si può distin­
guere una parte più esterna fosfolipidica chiamata
involucro (envelope) ed una parte più interna costitui­
O rigine del virus ta dal nucleocapside (core) (Fig. 12).
La maggior parte degli autori ritiene che l'infe­ L'involucro è in parte costituito dalla membrana
zione nelLuomo abbia avuto origine in Africa cen­ della cellula ospite dalla quale il virione origina per
trale. Da studi sierologici condotti su soggetti afri­ gemmazione durante l'ultima fase della replicazio­
cani è stato possibile datare la comparsa del virus ne ed in parte da proteine virus-specifiche, oltre a
numerosi antigeni di superficie propri della cellula
negli anni 1955-1965.
ospite come ad esempio gli antigeni di classe II di
Ancora più incerti sono i dati relativi all'origine del virus. istocompatibilità e molecole di adesione (Fig. 14).
Alcuni autori ritengono che il virus sarebbe emerso da un serba­ All'interno della particella virale si trova il nucleo­
toio animale costituito da alcune specie di scimmie (Fig. 13).
All'inizio degli anni '60 circostanze particolari, non compieta-
capside che ha struttura troncoconica. All'interno di
mente chiarite, potrebbero aver causato la trasmissione del virus esso si trovano i componenti necessari alla replica­
dail'animale all'uomo. A questo proposito occorre sottolineare zione del virus: due copie del genoma, molecole di
che da un punto di vista filogenetico, l'HTV-2 è molto vicino al tRNA ed alcuni prodotti del gene poi rappresentati
SIV (Simian Immunodeficiency Virus), un retrovirus in grado di dalla trascriptasi inversa, la integrasi e le proteina-
indurre in alcune specie di scimmie una malattia molto simile si. I tRNA vengono utilizzati per l'avvio della repli­
all'AIDS.
cazione mentre le proteine codificate dal gene poi
Si è quindi ipotizzato che l'infezione da HTV si intervengono nella replicazione del genoma. L'HIV-
sia trasmessa all'uomo dalle scimmie per mutazio­ 1, come tutti i retrovirus, è dotato di un genoma
ni che hanno consentito la trasformazione del SIV diploide costituito da due filamenti identici di
in HIV-2 ed in HIV-1. RNA, lunghi approssimativamente 9200 basi, uniti
con legami idrogeno. Possiede tre geni strutturali
essenziali per la replicazione virale denominati gag
(group specific antigen), poi (polymerase) ed env
(envelope). I tre geni sono organizzati nei genoma
nell'ordine 5 '-gag-pol-env-31. Il gene gag codifica per
un precursore proteico che viene successivamente
scisso in tre polipeptidi pl7, p24 e p l5, componenti
rispettivamente dell'involucro e del nucleocapside.
H gene poi codifica per un precursore proteico da

Fig. 13 - L'infezione da HIV sembra aver avuto origine in Afri­ Fig. 14 - Fotografìa al microscopio elettronico di una particella
ca centrale in aicune specie di scimpanzè e che sia stata succes­ virale in fase di gemmazione dalla membrana delia cellula ospite
sivamente trasmessa all'uomo per mutazioni del virus che durante l'ultima rase delia replicazione virale.
hanno consentito la trasformazione del SIV in HÌV-1.
224 & Malattie virali nell'uomo
cui originano tre proteine. Una trascrittasi inversa, Variabile
una protessi che interviene durante l'assemblaggio
delle particelle virali ed una integrasi coinvolta nel­
l'integrazione del genoma virale in quello della cel­
lula ospite. Il ruolo della trascrittasi inversa è quel­
lo di trascrivere una copia di DNA da uno stampo
preesistente di RNA. Il gene env codifica un precur­
sore proteico altamente glicosilato, la gpl60.
Questa glicoproteina viene scissa da una endopeptidasi in
due glicoproteine a più basso peso molecolare; la proteina extra­
cellulare gpl20 e la proteina transmembrana gp41. La gpl20
svolge un ruolo prioritario nel riconoscimento della proteina
CD4 sulle cellule ospiti, mentre la gp41 è principalmente coin­
volta nella fusione dell'involucro virale con la cellula ospite.
All'estremità del genoma dell'HIV-l sono inoltre presenti
sequenze regolatrici chiamate LTR (Long Terminal Repeat) che si
formano nell'HIV-1 solo dopo l'ingresso del virus nella cellula
ospite e dopo la trascrizione in DNA. Una caratteristica peculia­
re del genoma dell'HIV-l, condivisa anche da altri retrovirus
umani, quali HTLV-I ed HTLV-II, è quella di possedere sequen­
ze geniche con più "schemi di lettura aperti" (Open Reading Fig. 15 - Struttura delia moiecola LESTR (leukocyte expressed
Frame, ORF) sovrapposti. Questa caratteristica permette al seven transmembrane domain receptor) o fusina che agisce da
genoma dell'HIV-l di codificare per altre sei proteine dette rego­ co-recettore insieme al CD4 nell'infezione dei linfociti T aa parte
latrici, definite tat, rev, nef, vif, vpr, vpu, che risultano essere di ceppi HiV-linfocitotropi.
coinvolte nella replicazione virale, nella infettività e rilascio delle
particelle virali mature, e nella integrazione del genoma virale
nella cellula ospite.
Le cellule bersaglio de!l'm fezione virale
L'adesione e la successiva infezione della cellula
Il numero di cellule CD4+ infette in forma pro­
bersaglio avviene attraverso un meccanismo a dop­
duttiva presenti nel sangue periferico è relativa­
pia chiave. Il contatto tra il vinone e la cellula ber­
mente basso specialmente nelle fasi precoci della
saglio è mediato dal legame tra la glicoproteina
malattia (0.01-0.1%). Ciò è dovuto al fatto che la
gpl20 dell'HIV-l e la molecola CD4 presente sulla
maggior parte delle cellule CD4+ infette si localiz­
membrana della cellula ospite. L'interazione tra la
za negli organi linfatici quali linfonodi, tonsille e
gpl20 ed il CD4 causa una modificazione confor-
milza. In essi, la maggior parte delle cellule infetta­
mazionale della glicoproteina virale responsabile te ospita il virus in forma latente. Sulla base di que­
dell'attivazione della proteina gp41 che a sua volta ste osservazioni è stato proposto che nelle fasi pre­
facilita la fusione dell'involucro virale con il doppio coci della malattia si verifichi una infezione massi­
strato fosfolipidico della membrana cellulare. Da va dei linfociti T CD4+ presenti nei linfonodi i
ciò ne deriva che l'HIV-1 è in grado di infettare sia quali verrebbero quindi a svolgere una funzione di
i linfociti T helper che i macrofagi in quanto "reservoir" virale.
entrambi esprimono sulla membrana cellulare là La progressiva deplezione di linfociti T CD4+,
molecola CD4. tipica dell'infezione da HIV-1, ha probabilmente
La seconda chiave è rappresentata da un recetto­ molte cause. Oltre alla morte cellulare dovuta all'a-
re chemiochinico che, per i macrofagi, è rappresenta­ zione diretta del virus sulle cellule T CD4+ infetta­
to dalla molecola CCR5 e, per i linfociti T, dalla mole­ te in forma produttiva (effetto citopatico), sono
cola LESTR (Leukocyte-Expressed Seven Transmem- anche stati descritti molti altri meccanismi indiretti
brane-domain Receptor) o fusina o CXCR4 (Fig. 15). tra i quali fenomeni apoptotici e la capacità del
Una volta all'interno della cellula, il genoma vira­ virus di indurre anergia nei linfociti T CD4+. L'in­
le va incontro a trascrizione inversa e ciò porta alla sieme di tali eventi porta ad una diminuzione mas­
formazione di cDNA (DNA provirale). Nelle cellule siva del numero dei linfociti T CD4+ con inversio­
T quiescenti, il cDNA dell'HIV-l può rimanere nel ne nel sangue periferico del rapporto CD4/CD8,
citoplasma in forma lineare episomica, mentre nelle che da un rapporto di circa 2, come nei soggetti
cellule T proliferanti il cDNA si circolarizza, entra nel sani, può raggiungere valori inferiori ad 1.
nucleo e viene integrato nel genoma della cellula Anche l'infezione dei monociti e macrofagi è di
ospite. In seguito a questa fase, il provirus può rima­ estrema importanza nella patogenesi dell'infezione
nere bloccato per mesi od anni e l'infezione può da HIV. Tuttavia, a differenza dei linfociti T, i macro­
diventare latente. In alternativa, il DNA provirale fagi infettati contengono moltissime particelle vira­
può essere trascritto con la costituzione di particelle li, essendo più resistenti agli effetti citopatici dell'-
virali complete che si formano per gemmazione HIV-1. Come per i linfociti T, la maggioranza dei
dalla membrana cellulare. Tale forma produttiva di macrofagi infettati da HIV-1 si trova nei tessuti dove
infezione, quando associata ad estesa gemmazione rappresentano vere riserve di virus la cui produzio­
di particelle virali, porta a morte la cellula (Fig. 14). ne rimane al sicuro dalle difese dell'ospite Inoltre, in
Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) ^ 225

lità (MHC) e le glicoproteine gpl20 e gp41 dell'env dell'HIV-1 ha


suggerito la possibilità dell'attivazione di un meccanismo
autoimmunitario. In accordo con queste ipotesi si è osservato che
anticorpi diretti contro gpl20 e gp41 reagirebbero anche contro
antigeni di classe II dell'MHC inibendo l'interazione tra la mole­
cola CD4 e le molecole di classe II dell'MHC, evento necessario
per una efficiente presentazione delTantigene nella risposta
immune. Inoltre, stante l'analogia strutturale tra le molecole di
HLA-DR e HLA-DQ e Yenv deU'HIV-1, la gpl20 potrebbe funge­
re da alloepitopo e di conseguenza la gpl20 legata alla molecola
CD4 potrebbe indurre ima risposta immunitaria di tipo allogeni-
co. Si è anche ipotizzato che l'interazione tra la molecola CD4 e
gli immunocomplessi costituiti da gp!20 ed anticorpi anti-gpl20
potrebbero trasmettere alla cellula un segnale negativo responsa­
bile dell'anergia funzionale dei linfociti T CD4 stessi.

Vie di trasmissione dell'infezione da HIV


Fig. 16 - Antigeni del core virale Ip24) legati alle cellule den­ Le tre principali vie di trasmissione del virus
dritiche di un centro germinativo di un linfonodo coinvolto da sono: i rapporti sessuali, la inoculazione per via
linfoadenopatia persistente generalizzata (PGL) (Immunoperos- parenterale ed il contagio matemo-fetale alla nascita.
sidasi anii-H]V-p24 x 100(5). La trasmissione sessuale rappresenta la principale
via di infezione in tutte le aree geografiche. Inizial­
particolari tessuti quali l'encefalo ed i polmoni è mente essa riguardava soprattutto omosessuali
stato dimostrato che una percentuale elevata di maschi; oggi, la trasmissione eterosessuale è la
macrofagi presenta una infezione produttiva. modalità più comune di infezione da HIV-1 ed è cer­
Un ulteriore serbatoio di HIV-1 è rappresentato tamente la dominante in Asia ed in Africa. I meccani­
dalle cellule follicolari dendritiche (FDRC) presen­ smi attraverso i quali essa si verifica, non sono anco­
ti nei centri germinativi degli organi linfatici. Tali ra completamente chiariti.
cellule hanno la funzione di presentare Tantigene È ben documentato che l'HIV-1 è presente ili alcune cellule
ai linfociti B con i quali interagiscono tramite i loro nel tratto genitale maschile e femminile e nei rispettivi fluidi bio­
lunghi prolungamenti ricchi di recettori per il logici.
Nel tratto genitale maschile le cellule del sistema immunità-
frammento Fc delle immunoglobuline, dove Tanti-
rio, prevalentemente linfociti e macrofagi presenti nell'uretra,
gene è esposto in forma opsonizzata. Di conse­ nella prostata e nelle vescicole seminali, sono il principale serba­
guenza, sebbene la maggior parte delle FDRC non toio virale. Non vi sono ancora sufficienti evidenze a favore, o
sia infettata dalTHIV-1, tuttavia esse hanno la contro, la capacità dell'HIV-1 di infettare gli spermatozoi. Per
capacità di trattenere per lunghi periodi anche quanto riguarda l'apparato genitale femminile, l'HIV-1 è stato
identificato nel secreto vaginale. La presenza di ulcere genitali
mesi ed anni, le particelle virali adese alla superfi­ quali quelle causate dall'infezione erpetica od in corso di sifilide
cie dei loro prolungamenti dendritici. Questa inte­ facilitano ulteriormente la trasmissione sessuale di HIV-1.
razione si realizza attraverso il legame tra il recet­
tore per il frammento Fc delle immunoglobuline La trasmissione parenterale dell'HTV-1 si verifica
ossia gli anticorpi anti HIV-1 e le particelle virali da prevalentemente in tossicodipendenti che assumono
essi riconosciute (Fig. 16). droghe per via endovenosa; in passato anche gli emo-
filici ed i soggetti trasfusi con sangue o suoi derivati
venivano infettati. Nei tossicodipendenti, la trasmis­
Effetto citopatico del virus sulla cellula ospite sione avviene mediante lo scambio di aghi e siringhe
L'effetto citopatico del virus si esplica mediante contaminati da sangue infetto. La trasmissione dell'-
l'uccisione diretta di singole cellule o attraverso la HTV-1 attraverso le trasfusioni di sangue o di emode-
formazione di sincizi per la fusione di più cellule. rivati è stata virtualmente eliminata grazie all'intro­
La morte di singole cellule può essere provocata da duzione di tre misure di igiene pubblica: il controllo
più cause tra cui l'accumulo di elevate quantità di del sangue e del plasma donato mediante la ricerca di
DNA virale non integrato, l'inibizione della sintesi anticorpi anti-HIV-1, il trattamento ad alte tempera­
proteica provocata dal virus o da sostanze rilascia­ ture dei concentrati di fattori della coagulazione, e la
te durante la replicazione del virus. La formazione selezione dei donatori in base all'anamnesi. Non­
di sincizi avviene in seguito alla fusione tra cellule ostante tutto ciò, ancora oggi tuttavia esiste il rischio
infettate e cellule sane. In vitro è stata dimostrata seppur basso, di contrarre l'AIDS attraverso le trasfu­
l'esistenza di ima correlazione diretta tra il potere sioni di sangue, qualora esso sia donato da un indivi­
citopatico del virus e la capacità di indurre forma­ duo risultato sieronegativo perché infettatosi solo di
zione di sincizi. Anche altri meccanismi sono stati recente con il virus e quindi prima che possa presen­
ipotizzati per spiegare la perdita di cellule CD4+ in tare anticorpi dosabili anti-HIV-1.
corso di AIDS. La trasmissione matemo-fetale rappresenta la
L'osservazione che esistono alcune omologie strutturali tra principale causa di AIDS pediatrico. Madri infette
gli antigeni di classe II del complesso maggiore di istocompatibi- possono trasmettere l'infezione in utero per via
226 > Malattie virali nell'uomo
transpla centare, durante il parto o dopo la nascita
attraverso il latte materno infetto.
L7infezione da HIV-1 non sembra essere trasmis­
sibile attraverso i contatti personali in casa, a scuo­
la o nel lavoro. Per quanto concerne gli operatori
sanitari, esiste un rischio estremamente basso di
contrarre l'infezione; le cause più frequenti di con­
tagio sono le ferite accidentali con materiale sporco
di sangue infetto e la esposizione massiva delle
mucose o della cute non integra a sangue infetto.
Decorso della malattia. Nelle fasi iniziali, l'infe­
zione da HIV-1 può essere totalmente asintomatica
oppure può manifestarsi con sintomi non specifici
che compaiono 2-6 settimane dopo il contagio e che
persistono per 14-21 giorni (infezione acuta o pri­ Fig. 1 7 - immagine istologica a piccolo ingrandimento di un lin­
maria). I sintomi sono simili a quelli di una sindro­ fonodo in corso di linfoadenopatia persistente generaiizzata
{PGL} in fase iperpiastìca con centri germinativi espansi e con­
me influenzale con cefalea, dolore retro-orbitario, fluenti {coiorazione E/E x 40).
malessere, astenia, sudorazione, febbre anche ele­
vata, artromialgie, linfomegalia, ed in alcuni casi un
esantema che interessa il tronco e successivamente
intercorrente tra l'infezione iniziale e lo sviluppo dell'AIDS è di
le estremità. In alcuni pazienti si può manifestare 10-12 anni, in assenza di terapie antriretrovirali efficaci. Tuttavia
candidiasi orale, diarrea e/o disturbi gastrointesti­ i tempi di progressione della malattia sono estremamente varia­
nali quali inappetenza, nausea e vomito. bili. Circa il 20% dei pazienti manifesta l'AIDS entro 5 anni dal­
Nel sangue periferico, ad una iniziale piastrino- l'infezione, per contro il 10% circa dei soggetti sieropositivi sem­
bra in grado di mantenere a livelli estremamente bassi la replica­
penia e linfopenia fa seguito un aumento del nume­ zione del virus e di conservare i valori di CD4 nei limiti della
ro dei linfociti totali soprattutto a carico dei linfoci­ norma per periodi maggiori di 10-15 anni; questi pazienti vengo­
ti CD8, mentre il numero dei linfociti CD4 diminui­ no definiti " long term non progressors".
sce con l'inversione del rapporto CD4/CD8. In que­
La progressione in AIDS è la diretta conseguen­
sta fase iniziale si riscontrano elevati livelli di vire-
za della progressiva perdita di linfociti CD4 con
mia e produzione di varianti di HIV-1 con compar­
funzione helper e della diminuita capacità di rispo­
sa di anticorpi specifici anti-HTV-1. In taluni casi, la
sta ad agenti patogeni anche di tipo opportunistico.
sieroconversione si realizza già a distanza di pochi
Tali infezioni sono causate da microrganismi ubi­
giorni dall'infezione, mentre nella maggior parte
quitari normalmente non patogeni in soggetti
dei casi essa avviene tra 2 settimane e 6 mesi dal
immunocompetenti, ma capaci di indurre manife­
contagio. In questo periodo il soggetto sieropositi­
stazioni patologiche anche gravi in soggetti immu-
vo è infetto e può trasmettere l'infezione. Successi­
nodepressi.
vamente nell'arco di. alcune settimane, la viremia
piasmatica decresce e si assiste allo sviluppo di una La classificazione dell'infezione da HIV-1 proposta dal CDC
nel 1993 si basa quindi sugli aspetti clinici sopra esposti e preve­
attiva risposta immune anti-virale.
de nove categorie di stadiazìone della malattia, basate su criteri
Nella quasi totalità dei casi, all'infezione primaria segue un clinici e di laboratorio. Come riportato nella tabella 8, il CDC ha
periodo di latenza asintomatico che può durare da mesi fino a identificato tre categorie cliniche, definite A,B e C e tre di labora­
diversi anni. Durante questo periodo, la replicazione virale con­ torio, a loro volta riferite come 1,2 e 3, basate sul numero di lin­
tinua negli organi linfatici, prevalentemente nei linfonodi, e fociti CD4+ con valori compresi tra più di 500 CD 4/m m c e
causa una progressiva diminuzione dei linfociti T CD4. Ogni meno di 200 / mmc. (Tab. 9) . Combinando le tre categorie clini-
giorno circa il 5% dell'intero comparto CD4 viene distrutto dal
virus, anche se per lungo tempo le cellule eliminate vengono
efficacemente sostituite dalla produzione di nuovi elementi.
Negli stadi più avanzati, lo scompenso tra cellule distrutte e cel­ Categorie cliniche dell'infezione
lule prodotte si acuisce e si osserva un numero sempre più ele­ da HIV-1 per adolescenti {< 13 anni)
vato di cellule infettate e quindi distrutte per un effetto ritopati-
ed adulti, identificate dalla
co diretto od indiretto. In questa fase di latenza clinica, l'unica
manifestazione della malattia può essere la linfoadenopatia per­ classificazione CDC-modificata
sistente generalizzata (PGL) che è caratterizzata da un aumento
di volume di linfonodi per lo meno in due sedi non contigue A. Infezione da HIV-1 asintomatica, oppure associata a
extra-inguinali, persistente da almeno tre mesi, e non attribuibi­ linfoadenopatia persistente generalizzata, oppure sin­
le ad altre cause. La linfoadenopatia è per lo più bilaterale e le
sedi più frequentemente interessate sono l'ascellare e la cervica­
tomatica per patolgie non-B e non-C
le posteriore. All'esame istologico, i linfonodi in corso di PGL B. Infezione da HIV-1 sintomatica, associata alié patologie
presentano una spiccata iperplasia follicolare che può essere opportunistiche riportate nel Gruppo B (Tab. 10}
seguita in tempi successivi da fenomeni involutivi a carico del
follicolo stesso (Fig. 17). C. Infezione da HiV-1 sintomatica, associata alle patolo­
Una percentuale elevata di pazienti è destinata a sviluppare gie opportunistiche e neoplastiche riportate nei Grup­
l'AIDS, come conseguenza della progressiva perdita di linfociti po C (Tab. 11) : :r ;
CD4 con funzione helper. Ad oggi si ritiene che il tempo medio
Sindrome do immunodeficienza acquisita (AIDS) ? 227

Class}ficazioneCÌXcleirinfe2Ìoneda HIV- Condizioni cliniche incluse nel


1: lo stadio delia malattia è definito Gruppo C della classificazione CDC-
incrociando le categorie A, B e C con il modificata dell'infezione da HIV-1
numerodeilinfociti CD4 circolanti (1,2 e 3)
Candidiasi dei bronchi,, trachea o polmoni
Numero di Categoria A Categoria B Categoria C Candidiasi esofagea
lifocitì T CD41 infezione da Sintomatica AIDS
HIV (Gruppo B) (Gruppo C)
Carcinoma della cervice uterina invasivo
asinfomafica Coccidiomicosi disseminata od extrapolmonare
1. >500/V! B1 Cryptococcosi extrapolmonare
Al CI
: Cryptococcosi cronica Intestinale (da > 1 mese)
2. 200-499/¡il A2 C2 Malattia da cytomegalovirus (altro che fegato, milza,
3. < 2 0 0 M A3 B3 C3 linfonodi)
Retinite da cytomegalovirus (con perdita della vista)
Encefalopatia HlV-correlata
Condizioni cliniche incluse nei Herpes simplex: ulcere croniche (> 1 mese di durata);
Gruppo B della classificazione CDC- oppure bronchite, polmonite od esofagite
modificata dell'infezione da HIV-1 Histopiasmosi disseminata od extrapolmonare
fsosporiasis cronica intestinale (> 1 mese)
Endocardite batterica, meningite/ polmonite o sepsi Sarcoma di Kaposi
Angiomatosi bacillare Linfoma di Burkitt
Candidiasi orofaringea Linfoma immunoblastico
Candidiasi vulvo-vaginale persistente, frequente o poco
responsiva alla terapia Linfoma primitivo del cervello
Displasia della cervice uterina {moderata o severa) Mycobatterium avium complex o M.kansasii disseminato
o carcinoma cervicale in situ oa extrapolmonare
Sintomi costituzionali quali febbre (> 38,5°C) o diarrea Polmonite da Pneumocystis carimi
da > 1 mese Polmoniti ricorrenti
Leucoplachia orale capellufa Leucoencefalopatia multifocale progressiva
Herpes zoster ricorrente (almeno due distinti episodi) Setticemia da Salmonella ricorrente
o multimetamerico {almeno due dermatomeri) Toxoplasmosi cerebrale
Porpora trombocitopenica idiopatica Wasting syndrome da HIV
Listeriosi
Malattia infiammatoria pelvica particolarmente se com­
plicata da ascessi tubo-ovarici
Neuropatia periferica

che con i tre livelli numerici di linfociti T CD4+ è possibile iden­


tificare nove categorie di stadiazione della malattia da HIV-1 con
stadi compresi tra A l e C3.
La categoria A identifica un paziente sierologicamente HIV-
1 positivo asintomatico oppure affetto da una linfoadenopatia
persistente generalizzata o da altre condizioni patologiche non
ascrivibili a quelle delle categorie B e C.
La categoria B identifica un paziente HIV-1 positivo sinto­
matico ed affetto da una delle patologie opportunistiche batteri­
che, fungine e virali, riportate nella tabella 10; tali condizioni
sono indicative di un difetto dett'ìmmunità cellulo-mediata.
La categoria C identifica un caso di AIDS e le patologie
infiammatorie e neoplastiche che consentono tale definizione
sono riportate nella tabella 11. Tra esse, oltre alle manifestazioni
patologiche infittirmia torie, sono stati inseriti anche alcuni tumo­
ri quali quelli definiti AIDS-associati, patologie che interessano il
sistema nervoso centrale quali la leucoencefalopatia multifocale
progressiva dovuta all'infezione del JC virus (Figg. 18-19), e l'en­
cefalopatia subacuta, definita AiDS-dementia complex, dovuta a
danno diretto della sostanza bianca cerebrale da HTV-1. Tra i
tumori AIDS-associati il più frequente è il sarcoma di Kaposi
(Fig. 20-21), seguito dai linfomi quali il linfoma di Burkitt, il lin­ Fig. 18 - Macrosezione cerebrale in cui la colorazione per la
foma immunoblastico ed il linfoma primitivo del sistema nervo­ mielina mostra una vasta area pallida di demielinizzazione
so centrale (Fig. 22) ed altre forme più rare quali il linfoma delle (Luxol Fast Blue).
228 Malattie virali nell'uomo

Fig. 19 - Imponente infiltrazione di macrofagi, evidenziati con


l'anticorpo anti-CD68, nell'encefalo di un paziente con AIDS in
corso di leucoencefalopatia multi focale progressiva (PML)
(immunoperossidasi X 400).

Fig. 22 - Immagine istologica di un linfoma primitivo cerebrale


costituito da aggregati di grandi cellule B CD20'positíve a tipo
immunoblasto, disposte concentricamente in posizione periva­
scolare (Immunoperossidasi X 160).

cavità pleuriche (PEL). Più recentemente, grazie all'efficacia dei


farmaci anti-virali attualmente utilizzati che consentono un
notevole allungamento della vita ai pazienti infettati da HIV-1,
sono stati anche annoverati tra i tumori AIDS-associati alcuni
carcinomi quali il carcinoma gastrico e quello della cervice uteri­
na precedentemente non inseriti nella definizione di caso di
AIDS perché ad insorgenza più tardiva.

Attuale diffusione nel mondo del virus HIV-1


Fig. 20 - Lesioni cutanee di sarcoma di Kaposi in un giovane Urta delle caratteristiche più rilevanti del virus
paziente con AIDS.
HIV-1 è la sua estrema variabilità genetica che gli
consente di eludere la risposta immunitaria dell'o­
spite e di favorire la selezione di varianti resìstenti
ai farmaci. Questa estrema variabilità è causata
dalla inefficienza della trascrìttasi inversa virale che
durante la replicazione del virus causa un continuo
accumularsi di mutazioni puntiformi. L'estrema
variabilità genetica di HIV-1 è documentabile anche
nello stesso individuo durante il decorso dell'infe-
zione, o perfino in organi diversi nello stesso
momento.
In base a divergenze nel genoma superiori al 50%, gli HIV
sono stati distinti in due tipi: HTV-1 e HIV-2. Tuttavia, mentre l'in­
fezione da HTV-2 è rimasta principalmente confinata in alcune
regioni del centro-est dell'Africa, l'infezione da HTV-1 si è rapida­
mente diffusa in tutto il mondo e principalmente in Europa, Stati
Uniti, Africa, Lidia, Thailandia.
Fig. 21 - immagine istologica a piccolo ingrandimento di una hi base al grado di omologia dei geni gag ed env degli isola­
lesione nodulare di sarcoma di Kaposi sita nel derma medio e ti primari di HTV-1, è stato possibile identificare almeno 9 sotto­
profondo, con elementi cellulari allungati disposti in fasci (colo­ tipi per l'HIV-1, designati con le lettere dalla A alla I. In Italia
razione E/E X 25). sono presenti prevalentemente virus appartenenti al sottotipo B
Sindrome do immunodeficienza acquisita (AIDS) ■■229
come nel Nord e Sud America, il sottotipo E in Thailandia, i sot­ generare un forte sospetto di malattia virale in base
totipi A e D nell Est Africa ed il sottotipo C nel Sud Africa. La
al quadro istocitopatologico (leucoplachia capellu-
presenza di tutti questi sottotipi è dovuta prevalentemente alla
elevata velocità con cui questo virus genera varianti quale non si ta, ipertrofia bilaterale della parotide con presenza
osserva in altre forme virali a RNA. di spazi cistici).
Non del tutto chiariti sono i meccanismi attraverso i quali la Inclusi cellulari. Come riportato nella tabella 2
diffusione dell'infezione da HIV-1 sia esplosa in alcuni paesi del precedente capitolo le inclusioni virali, distinte
mentre in altri si mantiene costante o regredisce. L'AIDS in Sud
Africa 15 anni fa riguardava esclusivamente omosessuali maschi
in citoplasmatiche e nucleari, possono essere ulte­
che avevano contratto la malattia durante viaggi effettuati negli riormente distinte in eosinofile ed ematossilinofile.
Stati Uniti, ora sono più di 4 milioni i Sud Africani affetti da Inclusi citoplasmatici eosinofili neuronali. Noti
AIDS e sono rappresentati da maschi neri, dorme e bambini. come corpi del Negri (Fig. 23) sono patognomonici
Questi dati non trovano spiegazione soltanto nelle condizioni
socio-economiche in cui queste popolazioni vivono in quanto in
dell'encefalite acuta da rabdovirus (rabbia). Si trat­
altri paesi africani quali ad esempio la Repubblica Democratica ta di piccole formazioni eosinofile a margini netti,
del Congo con infrastrutture ugualmente fatiscenti, la propor­ rotondeggianti od ovalari, uniche o multiple, dal
zione di individui HIV-1 infetti si è mantenuta stabile negli anni. diametro compreso tra 2 e 10 j.i, riscontrabili di
regola in cellule neuronali di grossa taglia come i
neuroni dell'ippocampo o le cellule di Purkinje del
Bibliografìa essenziale cervelletto. Ultrastrutturalmente i corpi del Negri
Grassly N.G., Garnett G.P.: The future of the HIV pande­ consistono di una massa compatta di nucleocapsidi
mic. Bull World Health Organ. 83: 378-82, 2005. virali circondata da una corona a "pallottola" (bui-
let-sbaped) di particelle virali emergenti dalle mem­
Horimoto T., Kawaoka Y.: Influenza: lessons from past
brane citoplasmatiche. La presenza dei corpi del
pandemics, warnings from current incidents. Nat Rev
Microbiol. 3: 591-600, 2005. Negri è documentabile nel 75% circa dei casi. In
caso di reperto negativo, il sospetto diagnostico
Knipe D., and Howley P., eds. Fields Virology.
Lippincott può essere confermato mediante tecniche immu-
Williams & Williams, Philadelphia, PA. (2001). noistochimiche od ultrastrutturali.
Lennette E. and Smith T.F.: Laboratory diagnosis of viral Inclusi nucleari eosinofili gliali. Si ritrovano in
infections. Marcel Dekker, New York, 1999. corso di encefalite da virus JC, da virus del morbil­
Levine A.J., Virus, Zanichelli, Bologna 1994.
lo e da virus erpetico.
Il virus JC (JCV), così denominato dalle iniziali
Minor P.D.: Polio eradication, cessation of vaccination della famiglia da cui è stato all'origine isolato,
and re-emergence of the disease. Nat. Rev. Microbiol. appartiene insieme ad altri virus (BKV, SV40) alla
2: 473-482, 2004.
subfamiglia dei poliomavirus, dei papoviridae. Il
Skowronski D.M., Astell C., Brurtham R.C., Low D.E., JCV è responsabile di una malattia demielinizzante
Petrie M., Roper R.L., Talbot P.J., Tam T., Bab ink L.: nota come PML (progressiva multifocale leucoence-
Severe acute respiratory syndrome (SARS): a year in falopatia) conseguente all'interessamento selettivo
review. Annu Rev Med. 56: 357-81, 2005. degli oligodendrociti (normali produttori della m ie­
Viejo-Borboila A., Schulz T.F.: Kaposi's sarcoma-associa­ lina). Il quadro morfologico è caratteristico con
ted herpesvirus (KSHV/HHV8): key aspects of epide­ reperto di inclusi tondeggianti eosinofili che occu­
miology and pathogenesis. AIDS Rev. 5: 222-9, 2003. pano gran parte del nucleo oligodendrocitario
Young L.S., Rickinson A.B.: Epstein-Barr virus: 40 years
(Fig. 24) e con presenza di aree di necrosi, demieli­
on. N at Rev Cancer. 4: 757-68,2004. nizzazione e gliosi e di macrofagi schiumosi. L'in­
dagine ultrastrutturale evidenzia caratteristici
accumuli nucleari "a spaghetti e/o a polpetta" (spa­
I Problemi morfo-diagnosiki ghetti and meatballs appearance) delle particelle virali.

delle malattie virali umane


G. Barbolini
Questo capitolo, complementare al precedente,
intende illustrare gli aspetti caratteristici di alcune •a-i'.;-":'- '..y. V ••• • -ri.’ '
infezioni virali che consentono una diagnosi eziolo­
gica nella pratica istopatologica mediante colora­
zioni routinarie o metodiche isfochimiche, immu-
noistochimiche e di ibridizzazione in situ.
Verranno inoltre considerati alcuni processi
patologici (ad es. lipodistrofia) indotti dalla terapia
antivirale.
- Colorazioni routinarie. La semplice ematossili-
na-eosina può consentire una diagnosi eziologica di
malattia virale per il riscontro di inclusi cellulari o Fig. 23 - ippocampo. Corpi del Negri.
230 ^ Malattie virali nell'uomo
immunosoppressiva a seguito di trapianti o di varie
patologie, si trasmette per via orizzontale (median­
te stretti contatti interpersonali) o per via verticale
(dalla madre al feto) con un presentazione clinica
varia e complessa che può interessare diversi orga­
ni e parenchimi (fegato, milza, intestino, parotide,
polmone, S.N.C., retina, ecc.). La diagnosi morfolo­
gica di infezione da CMV si basa sul riscontro pato-
gnomordco (Fig. 25) di inclusi nucleari em atossili-
n ofili, circondati da un alone chiaro, posti in cellu­
le di taglia nettamente maggiore rispetto a quella
degli altri elementi (non infetti) della stessa linea
cellulare, da cui il nome di CMV (virus della gran­
de cellula). Detti inclusi differiscono da quelli pre­
Fig. 24 - Inclusi nucleari eosinofili da JCV. cedentemente descritti non solo per essere ematos-
silinofili ma anche per essere evidenziabili in strut­
ture ep iteliali (dotti salivari, pneumociti di tipo 2,
Sono inoltre presenti astrociti giganti e bizzarri cellule ependimali, ecc.).
(gigantic bizarre astrocytes), possibilmente dotati di Reperti morfologici di base altamente sospetti in
figure mitotiche e di ampi nuclei irregolarmente senso virale. Oltre ai ben noti quadri morfologici
lobulati. La loro documentazione è correiabile con relativi al mollusco contagioso ed alle verruche
l'insorgenza di astrocitomi in pazienti affetti da virali, vale la pena di ricordare in questa sede quel­
PML (Shah., 2000). li relativi alle leucoplachia capelluta e •all'ipertrofia
II virus del morbillo può indurre la SSPE (subacu­ bilaterale della parotide con formazione di spazi
ta sclerosante panencefalite) a seguito di infezione cistici.
morbillosa persistente (da parziale soppressione La leucoplachia capelluta (hairy leu k op lak ia ) è ima
anticorpale), prevalentemente in bambini di lesione bianca del cavo orale indotta dal virus di
5-14 anni di età (1 caso ogni 300.000 infezioni mor­ Ebstein-Barr (EBV) che si presenta quasi esclusiva-
billose) o a seguito di vaccinazione antimorbillosa mente sul bordo linguale bilateralmente con proie­
con virus vivi. Gli inclusi nucleari eosinofili della zioni esofitiche leucoplasiformi da cui la dizione di
SSPE (noti anche come corpi di inclusione di Daw- hairy leukoplakia. La lesione è di più frequente riscon­
son), pur rassomigliando a quelli indotti da JVC, se tro in pazienti HlV-positivi. In caso di pazienti HFV-
ne differenziano in quanto: negativi, può essere correlata (od orientare la dia­
- evidenziabili anche negli astrociti e nelle cellule gnosi) a carcinoma nasofaringeo da EBV.
neuronali; Ipertrofia parotidea bilaterale da HIV (HIV-associa-
ted parotid gland disease). Già evidenziabile radiolo­
- non inducenti aumento dell'area nucleare, se gicamente alla TAC, costituisce un tipico reperto di
presenti negli oligodendrociti; infezione precoce da HIV. Sul piano morfologico la
- possibilmente presenti anche in sede citopla­ parotide appare interessata da una marcata infiltra-
smatica. zione linfoide con comparsa di centri chiari germi­
Il sospetto diagnostico di SSPE può essere util­ nativi e con presenza di spazi cistici (privi di rive­
mente confermato oltre che dai dati anamnestici da stimento epiteliale) di varia ampiezza. La lesione va
metodiche immunoistochimiche ed ultrastrutturali. posta necessariamente in diagnosi differenziale con
Gli Herpes Simplex Virus (HSV) di tipo 1 (HSV-1) la malattia policistica disgenetica della parotide.
e di tipo 2 (HSV-2) possono indurre encefaliti in età
adulta (prevalentemente HSV-1) o in epoca perina­
tale (prevalentemente HSV-2). L'encefalite da HSV
è l'encefalite sporadica acuta di più frequente
riscontro negli USA con un range di 500-1250 nuovi
casi per anno (Davis e Robertson, 1997). Gli inclusi
nucleari eosinofili riscontrabili in queste encefaliti
differiscono da quelli descritti in precedenza princi­
palmente per essere circondati da un alone chiaro
perinucleare e per essere presenti nell'ambito di un
quadro morfologico di base n e cro tico -e m o rra g ico .
Il citomegalovirus (CMV, Betaherpes virus HH5) è
un patogeno a diffusione ubiquitaria (presente
anche nelle foreste pluviali del Brasile) altamente
specie-specifico. L'infezione da CMV umano, che
predilige i pazienti affetti da AIDS o in terapia Fig. 25 - Polmonite da CMV.
Problemi morfo-diagnostici delle malattie virali umane s 231

- Istochimica, immunoistochimica, ibridizzazio- de transcriptasi inversa (NRTIs) e della proteasi


ne in situ. La splenomegalia da AIDS è un reperto virale (PIs) ha fortemente ridotto la durata della
tìpico (anche se poco noto) della malattia (Ansovini degenza ospedaliera e la mortalità dei pazienti
et.al., 1998), presente nel 70% dei casi di una serie di affetti da AIDS ma ha altresì indotto la comparsa di
85 autopsie consecutive (70 maschi e 15 femmine, tutta una serie di processi patologici, quali: lipodi-
età media 36 anni) con valori ponderali medi di 573 strofia, adiposità, diabete mellito insulino-resisten-
grammi, quasi raddoppiati in caso di superinfezio- te, dislipidemia, aumentato rischio cardiovascolare,
ne opportunistica (ad es. criptococcosi) Il quadro ipotestosteronismo, iposurrenalismo, ecc..).
morfologico di base (Fig. 26) evidenzia una marca­ Il danno da HAART appare particolarmente correiabile al
ta ipotrofia delle polpa bianca con espansione della perdurare immodificato della terapia anche quando la carica
polpa rossa e con presenza di accumuli di elementi virale risulta fortemente ridotta. L'ampia messe di studi in que­
istiocitari contenenti materiale di tipo emosiderini- sto campo ha inoltre evidenziato un modello di patologia spon­
co. L'esame sequenziale istochimico-immunoisto- tanea umana di regolazione adipocitaria-pancreatica.
U adiponectina, peptide ad azione ormonale prodotto dagli
chimico ha evidenziato (Fig. 27) la coesistenza nel adipociti, promuove e regola infatti la produzione e la liberazio­
citoplasma macrofagico di ferro-ferrico (Perls-posi- ne di insulina (Kinlaw e Marsh, 2004).
tivo) e di p 24 (marker specifico dell'infezione da È stata inoltre osservata in vitro l'inibizione dell'adipogenesi
HIV). La presenza di ferro ferrico è un reperto tipi­ e della lipodìfferenziazione (preadipociti murini 3T3-L1) ad
opera delle varie PIs con una risposta dose-dipendente a concen­
co e costante, indipendente dal sesso, dallo stile di
trazioni analoghe a quelle impiegate in terapia (Bei Zhang et.al.,
vita, dalla via di infezione e dalla terapia trasfusio­ 1999).
nale.
Iperplasia epiteliale cheratosica verrucoide con Anomalie di distribuzione del tessuto adiposo. Valu­
displasia. Si tratta di formazioni vegetanti a crescita tabili anche con la TAC, comportano una riduzione
esofitica a varia localizzazione (periorifiziale, cavo del grasso sottocutaneo, nota come lip od istrofia
orale, vie aeree superiori, laringe, ecc.) ed a diverso periferica, particolarmente evidente al viso, agli arti
rischio oncogeno, prelevate in genere biopticamen- ed alle natiche ed un possibile, anche contempora­
te con sospetto clinico dì neoplasia, che, in caso di neo, accumulo di tessuto adiposo a livello addomi­
localizzazione laringea (corde vocali) si presentano nale, mammario, epatico, muscolare e cervico-dor-
clinicamente con il classico sintomo di disfonia. sale. Quest'ultima sede conferisce una caratteristica
In considerazione anche del fatto che i margini gibbosità " a gobba di buffalo" (buffalo hump). Tali
di resezione bioptica possono cadere in area lesio­ anomalie di distribuzione del tessuto adiposo si
nale, è quanto mai opportuno accertare in questi presentano nel 20-35% dei pazienti dopo circa 12-24
casi ima possibile eziologia virale da HPV (human mesi di terapia (particolarmente in caso di associa­
papilloma virus) o da HSV, con conseguente rischio zione stavudine-didanosine). L'età avanzata, la
di evoluzione francamente carcinomatosa rispetti­ magrezza corporea all'inizio della terapia ed i bassi
vamente elevato o, al contrario, assai minore. L'in­ valori di T linfociti CD4-immunoreattivi si correla­
fezione da HPV è illustrata nelle figure 28, 29 e 30, no più frequentemente alla lipodistrofia periferica,
quella da HSV nelle figure 31,32 e 33. mentre l'adiposità è di più frequente riscontro nel
sesso femminile.
- Processi patologici iatrogenici (anomalie di
distribuzione del tessuto adiposo e metaboliche) In una recente magistrale rassegna sull'argomento Grin-
spoon e Carr (2005) riferiscono i risultati di uno studio prospet­
conseguenti alla terapia antiretrovirale. La terapia
tico relativo a pazienti sottoposti per la prima volta a terapia anti­
altamente attiva antiretrovirale (highly active antire- retrovirale. In detti pazienti il grasso sottocutaneo degli arti
troviral therapy, HAART) da inibitori della nucleosi- aumenta nei primi mesi di terapia per poi declinare progressiva-

Fig. 26 e 27 - Splenomegalia da AIDS. Il quadro morfologico di base (Fig. 26) è caratterizzato da un'espansione della polpa rossa
con accumuli di elementi istiocitari. L'accertamento sequenziale istocHimico-immunoistocliimico documenta la coesistenza citopla­
smatica di ferro ferrico (Perls-positivo, colore blu) e di p24 (colore rosso).
232 & Malattie virali nell'uomo

Fig. 28, 29 e 30 - Infezione da HPV a sede perianale. L'ema-


tossilina-eosina (Fig. 28) evidenzia un quadro di iperpiasia epi­
teliale cheratosica con presenza di figure mitotìche, di cellule
displastiche e di coilocitosi (alone chiaro prinucleare), presente
questuiti ma prevalentemente negii strati superficiali. L'ipotesi
diagnostica ai infezione da HPV è stata successivamente con­
fermata da metodiche immunoistochimiche (fig. 29) e di ibridiz-
zazione in situ (Fig. 30).

Fig. 31, 32 e 33 - Infezione da HSV dei cavo orale (Figa. 31 e


32) e laringea (Fig. 33). La coiiocisfosi da HSV ha una distribu­
zione più variabile (rispetto a quella da HPV) e ia reazione
immunoistochimica (Figg. 32 e 33) può essere documentabile
anche negli strati più profondi del rivestimento epiteliale o pre­
sentare una positività focale (Fig. 33).
Problemi morto-diagnostici delle malattie virali umane - 233

mente nei successivi tre anni (anche del 14% per anno). Per con­
tro l'accumulo di grasso, indicato collettivamente con la dizione
di truncalfat, aumenta inizialmente con l'inizio della terapia per
rimanere relativamente stabile nei successivi 2-3 anni.
Sul piano morfologico uno studio (Bastard et. al., 2002) condot­
to sul tessuto adiposo sottocutaneo addominale di 26 pazienti
(trattati con PIs e NRTIs) portatori di lipodistrofia periferica ha
evidenziato (rispetto ai 18 controlli HIV-1-sieronegativi): la pre­
senza di nidi adipocitari di piccola taglia, con diametro inferiore
rispettivamente a 50 e a 70 fi (contro i 94 dei controlli); una ridu­
zione dell'espressione di marker adipocitari-specifici (leptina)
ed una forte riduzione del fattore di trascrizione (e di differen­
ziazione) adipocitaria SREBP1 (Sterol-Regulatory-Element-Bin-
ding-Proteiniy, un incremento dell'espressione del fattore di
necrosi tumorale (TNFa). Questo studio conferma in vivo quan­
to già riscontrato in vitro circa la forte riduzione dell'espressio­
ne del SREBP1 Indotta dai PIs.

Anomalie dell'omeostasi del glucosio. Nei pazienti Fig. 34 - Splenomegalia da AIDS con superinfezione criptococ-
affetti da HIV, sia con lipodistrofia periferica che cica. il patogeno è ben riconoscibile per la caratteristica PAS-
positività e per la presenza di gemmazioni [budding). Può esse­
con accumulo di grasso, il diabete mellito è riscon­ re inoltre agevolmente evidenziato ricorrendo alla metacroma-
trabile nel 7% casi contro lo 0,5% dei controlli sani sia alcole-resistente da Azure A, pH 4,5 (inserto in basso).
(previo aggiustamento statistico dei valori relativi
ad età e ad indice di massa corporea). In questi
pazienti si riscontra inoltre frequentemente il feno­
meno dell'insulino-resistenza, particolarmente a
seguito di terapia con taluni PIs (indireavir, amprena-
vir, nelfinavir, ritonavir) capaci di indurre in vitro il
fenomeno.
Sono stati considerati anche altri meccanismi patogenetici
tra cui segnatamente la riduzione dei livelli di adiponectina. Il
meccanismo di accumulo lipidico intramiocitario è tutt'altro che
chiarito. Tra i vari momenti patogenetici proposti, ricordiamo
...
quello relativo ad una diminuita fosforilazione del glucosio
secondaria ad un aumento degli acidi grassi liberi o a una loro ♦ XvÌy:’;' ■vS
diminuita ossidazione, possibilmente collegata ad una diminu­
zione dei valori dì adiponectina. La trattazione di anomalie (ipo- H.............
testosteronismo, iposurrenalismo, ecc.) indotte occasionalmente
dalla HAART esula dalla presente trattazione in quanto insuffi­
cientemente chiarite o espressione di punti di vista conflittuali.

Infezioni opportunistiche in corso di AIDS


Collegate alla deplezione dei T linfociti CD4-
immunoreattivi riconoscono principalmente un'e­
ziologia virale (CMV, Fig. 25), fungina (criptococco­
si, pneumocistosi) e protozoaria (toxoplasmosi).
Criptococcosi. Il cryptococcus neoformans è un fungo a diffusio­
ne ubiquitaria, presente particolarmente nel suolo contaminato
da deiezioni di uccelli (piccioni). L'infezione, a porta di entrata
inalatoria, può interessare diversi organi e parenchimi (polmoni,
milza, encefalo, ecc.). L'infezione cerebrale è diagnosticabile
radiologicamente con un tipico reperto di encefalite "a bolle di
sapone". L'interessamento splenico può comportare la comparsa
di elevati valori ponderali (1100 grammi in un caso di nostra
osservazione) con agevole dimostrazione del patogeno (Fig. 34). Fig. 35 e 36 - Polmonite da PC documentabile citologicamente
Pneumocistosi. È un'infezione, anch'essa a porta di entrata su campioni di liquido di lavaggio broncoalveolare (BAL). La
inalatoria, dovuta al Pneumocystis carini (PC), considerato inizial­ figura 35 evidenzia l'essudato, comunemente riferito come
mente di natura protozoaria (simil-tripanosomiasica) ed attual­ "materiale proteinaceo" entro cui si ritrovano le cisti del pato­
mente di natura fungina (saccaromicetica), documentabile mor­ geno {Fig. 36}.
fologicamente (anche su campioni citologici) con due forme
principali: cisti e trofozoiti. L'infezione, pur potendo interessare
diversi organi e parenchimi (tra cui la milza), si presenta caratte­ bradizoiti (contenuti in cisti tessutali, note come cisti toxopla-
risticamente a livello polmonare sottoforma di polmonite con smosiche) e sporozoiti (contenuti in ovocisti). Solamente i tachi­
essudato endoalveolare contenente le cisti del patogeno Grocott- zoiti sono capaci di indurre invasione e distruzione tessutale. Le
positive (Figg. 35 e 36). cisti toxoplasmosiche costituiscono una riserva di tachizoiti e
Toxoplasmosi. È un'infezione dovuta al Toxoplasma gondii, sono responsabili della trasmissione dell'infezione e di infezioni
protozoo a crescita obbligata intracellulare a diffusione ubiquita­ latenti. 1 gatti séno gli ospiti definitivi. Le ovocisti prodotte nel
ria, di cui si conoscono tre forme: tachizoiti (forma asessuale), loro intestino sono disperse nel suolo e, dopo sporulazione,
234 - Malattie virali nell'uomo
Jakob iatrosica, Kuru), tutte riconducibili all'abnor­
. *v i ;^ ¥ me modificazione di una glicoproteina normalmen­
^''' ' V 'V V \ \ ‘\ ^ '' '' \ ' vi te presente nelle membrane cellulari e, segnatamen­
j^ v \^ .> y -v- te, nelle sinapsi cerebrali.
w , s \ i 4 s - 'V ,s *- w s >,v < OV * ' ^ 'VS!>
* k : \ - ■ ■% • . - í ^ Il termine prione (dall'inglese prion) è stato impiegato per la
prima volta da Stanley Prusiner (premio Nobel per la chimica
nel 1997) per indicare una particella infettiva proteica (proteina-
ceous infectious particle), risultata successivamente priva di acidi
.... $ ?. nucleici (DNA, RNA), considerati sinora come gli unici deposi­
t e 4 r '- & » f . tari e trasportatori dell'informazione biologica. La proteina prió­
nica cellulare (PrPC), ubiquitaria nei tessuti dei vertebrati e nor­
Kzwi* W V»r-\I^t malmente presente nei soggetti sani, è codificata da un gene
(PRNP) presente nel braccio corto del cromosoma 20: in forma
t ’* •V.<% matura nell'uomo ha 210 aminoacidi, un'ancora di glicolipidi a
wm- livello del terminale carbossilico, una sequenza ripetuta 5 volte
& % J él
di 8 aminoacidi e, non sempre, una o due catene laterali oligosac-
Fig. 37 - Toxoplasmosi cerebrale in corso dì AIDS. La freccia caridiche. Il passaggio della proteina priónica (Pr P) da normale
indica una cisti toxoplasmosica contenente bradizoiti (ematossi- (Pr PC) a patologica (Pr Psc o PR P-res)*** comporta, oltre all'in-
linofili). fettività, la comparsa di altre caratteristiche, tra cui:
© resistenza ai trattamenti inattivanti virus e acidi nucleici
(calore, formalina, radiazioni ionizzanti);
divenute infettive, possono essere ingerite dall'uomo. In pazien­
® inattivazione da agenti in grado di distruggere le proteine
ti immunodepressi l'infezione può presentarsi con una grave
(certe proteasi, certi detergenti, acidi forti).
forma di encefalomielite necrotizzante con reperto di tachizoiti
liberi e di cisti toxoplasmosiche (Fig. 37). In epoca perinatale può La distinzione abituale tra le due forme prioniche (patogena
esprimersi con un'infezione congenita devastante comportante e non patogena) - in caso di BSE (encefalite spongiforme bovina,
la triade: idrocefalo, calcificazioni cerebrali, corioretinite. comunemente nota come "malattia della mucca pazza" ) - si
basa sugli effetti della digestione proteasica (proteasi K), in
grado di demolire completamente la Pr PC ma non la Pr P-sc, di
| Bibliografia essenziale cui risulta documentabile, con la tecnica del western blot, un resì­
duo di 142 aminoacidi. Tale diverso effetto è dovuto al fatto che,
nella forma patologica, la regione avvolta ad elica (propria e
Ansovini R. et. al.: Splenomegalia da AIDS e problemati­ caratteristica della Pr PC) viene ad essere sostituita da foglietti
che siderotiche connesse. Patologica 90, 133,1998. beta in cui la catena aminoacidica assume un andamento para­
gonabile a quello di una lamiera ondulata, di cui gli enzimi pos­
Bastard J-P et. al.: Association between altered expression sono scindere solo l'estremità aperta.
of adipogénie factor SREBP1 in lipoatrophic adipose
tissue from HIV-1 infected patients and abnormal adi­ - Infettività e contagiosità delle proteine prioni­
pocyte differentiation and insulin resistance. Lancet che. Prima degli anni '80 del secolo scorso l'infezio­
359, 1026,2002. ne sporadica di pecore e capre, nota in Italia come
Bei Zhang et. al.: Inhibition of adipocyte differentiation capostorno ed in lingua inglese come scrapie, era
by HIV protease Inhibitors. J. Clin. Eridocr. & Met. 84, essenzialmente una curiosità della medicina veteri­
4274,1999. naria.
Davids RL. e Robetrtson D.M.: Textbook of neuropatho­ L'epidemia di encefalopatia spongiforme bovina (BSE), con
logy. 3° Ed. Williams e Wilkins, Baltimore 1997. un totale di 180851 casi comparsi (sino al 2001 compreso) nei
Paesi deH'Unione Europea, ha portato drammaticamente alla
Grinspoon S., Carr A.: Cardiovascular risk and body-fat ribalta il problema della contagiosità/trasmissibilità delle ence­
abnormalities in HIV-infected adults. N. Engl. J. Med. falopatie spongiformi. In particolare, per quanto attiene la Pr Pr
3521, 48, 2005. se umana, si è riscontrato che:
© tessuto cerebrale umano infetto può trasmettere la malattia a
Kenlaw W,B, Marsh B.: Adiponectin and HIV-Iipody-
scimmie, cani, gatti, criceti, topi e cavie;
strophy: taking HAART. Endocrinology 145,484,2004.
© tale trasmissione non si verifica in topi singenici con avvenu­
Shah K.V.: Polyoma viruses (JC virus, BK virus and ta rimozione del gene per la Pr P;
Simian virus 40) and human cancer. Cap. 26, pag. 462 • la Pr PC non provoca una risposta infiammatoria o immuni­
in: Infections causes of cancer (Edited by J.J. Goedert), taria quando trasmessa da un animale all'altro;
Humane Press, Totowa N.J. 2000. @ la Pr P-sc, quando incubata in un sistema cellulare con Pr PC,
determina un'interazione diretta proteina-proteina con indu­
zione di foglietti beta.

I I prioni - encefalopatie - Modalità di trasmissione. La porta di entrata


spongiformi trasmissibili classica è certamente quella alim en tare, come
dimostrato, in patologia spontanea umana, dal can-
G. Barbolini, P. Parchi nibalimo rituale (consistente in cena canrdbalica
Costituiscono un gruppo di gravi encefalopatie funebre di donne e bambini) della tribù Fore della
su base id iop atica (ad es. M. di Creutzfeldt-Jakob
sporadica), gen etica (ad es. M. Creutzfeldt-Jakob (*) Il suffisso se sta perscrapie,
il suffisso res sta per resisten­
famigliare) od acqu isita (ad es. M. Creutzfeldt- te alla digestione proteasica K.
I prioni - encefalopatie spongiformi trasmissibili & 235

Nuova Guinea, dove l'encefalopatia spongiforme


così contratta è nota come Kuru. La via alimentare
è anche quella in causa nella nuova variante della
M. di Creutzfeldt-Jakob associata alla BSE, in cui a
seguito deiringestione di carne bovina infetta, si
verifica la trasmissione della malattia dai bovini
all'uomo con superamento della barriera di specie.
Altra via di trasmissione attualmente accertata è
quella iatrosica che si verifica con diverse modalità: 21*
trapianto di dura madre o di cornea, uso di elettro­
di stereotassici, embolizzazione arteriosa con dura
madre liofilizzata, preparazioni ormonali (ormone
della crescita) estrattive e non sintetiche.
Si è inoltre ipotizzato circa una possibile tra­ Fig. 38 - il wesfern blot eseguito dopo trattamento con protea-
smissione per via salivare e per via ematica. Que- si K evidenzia nella Pr P-res tre bande principali rappresentan­
st'ultìma possibile evenienza ha portato in certi ti tre isoforme con differente grado di alicosilazione. la Pr P-res
Paesi a misure precauzionali nei confronti delle di tipo 1 {a sinistra) ha una massa molecolare relativa di circa
donazioni di sangue.
21 kD, la Pr P-res ai tipo 2 una massa molecolare relativa di
circa 19kD.
- Quadro morfologico di base. È caratterizzato da:
© perdita e rarefazione neuronaie; era considerata come riconducibile ad un evento
stocastico, favorito dall'invecchiamento dei mecca­
• degenerazione spongiforme (comparsa di
nismi di controllo cellulare e correlato all'avanzare
vacuoli di dimensioni variabili);
dell'età.
• risposta astrocitaria precoce;
In una serie di studi cooperativi (Parchi et al., 1999; 2000)
• possibili depositi di amiloide localizzata. sono stati evidenziati due diversi andamenti di migrazione elet-
troforetica (western blot) della Pr P-res, indicati come Pr P-res di
L'ipotesi diagnostica formulata su preparati tipo 1 e Pr P-res di tipo 2 e collegati a tre diversi genotipi (MM,
istologici con colorazioni routinarie è confermata MV, W ) determinati dalla presenza degli aminoacidi metionina
dairindagine immunoistochimica con anticorpi (M) e vaiina (V) nel codone 129 del gene Pr NP (Figg. 38-40).
La Pr P-res di tipo 1 è caratterizzata da:
anti-Pr-P-res.
® massa molecolare relativa di circa 21 kD;
- La malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJ) Sporadica.
• maggiore lunghezza peptidica;
Descritta nel 1929 da Heidenhain in tre pazienti con
@ presenza del segmento 82-230 della proteina prionica;
esordio caratterizzato da disturbi visivi, dovuti a
® presenza nella maggioranza dei soggetti omozigoti per la
gravi lesioni delle corteccia occipitale, e successiva­ metionina (MM).
mente con diverse sintomatologie collegate a parti­
colari localizzazioni anatomiche, non è stata ogget­ La Pr P-res di tipo 2 e definita da:
to di classificazioni sistematica per gran parte del • massa molecolare relativa di circa 19 kD;
secolo scorso. Inoltre, l'assenza di focolai epidemici • minor lunghezza peptidica;

Figg. 39 e 40 - Corteccia cerebrale di paziente affetto da G sporadica, omozigote per metionina al codone 129 e portatore di Pr
P-res di tipo 2. Sono evidenti vacuoli di faglia non uniforme circondati da depositi di Pr P-res documentati con metodica immunoi­
stochimica.
236 ® Malattie virali nell'uomo
9 presenza del segmento 97-230 deila proteina prionica; amiloidi multicentriche e di amiloidosi dei piccoli vasi. Nelle
• presenza nella maggioranza dei soggetti omozigoti per la famiglie colpite dalla malattia sono presenti mutazioni punti­
vaiina (W ). formi del gene PRNP, di cui la più nota è la sostituzione della
leucina nel codone 102.
È da rilevare peraltro che i soggetti omozigoti per la vaiina Insonnia fatale famigliare. La malattia a trasmissione eredi­
portatori di Pr P-res di tipo 1 (VV1) hanno un esordio clinico più taria dominante, si presenta in pazienti di età compresa tra i 35
precoce della CJ sporadica (al di sotto dei 40 anni). 11 decorso ed i 61 anni con disturbi del ritmo sonno/veglia e con insonnia
della malattia è risultato più breve nei soggetti MM1 e MV1. Nei
progressiva seguita da allucinazioni, stato stuporoso, coma.
controlli sani il genotipo MV è stato riscontrato in oltre la metà
Altre manifestazioni cliniche comprendono: iperidrosi, piressia,
dei casi.
La nuova variante della CJ associata alla BSE è stata osser­ tachicardia, respiro irregolare, mioclonia, disartria, segni di inte­
vata (poco meno di un centinaio di casi nel Regno Unito, tre casi ressamento piramidale. Le alterazioni morfologiche più marcate
in Francia, un caso in Irlanda) a seguito dell'epidemia di BSE, sono a carico dei nuclei talamici (anteroventrale e mediodorsale)
riferita in precedenza. Questa variante colpisce principalmente con perdita di oltre 50% dei neuroni ed astrocitosi reattiva. I
soggetti giovani con età media di esordio attorno ai 30 anni, con pazienti omozigoti per la metionina al codone 129 hanno un
manifestazioni cliniche iniziali consistenti, nella metà circa dei decorso più rapido (7-18 mesi) rispetto agli eterozigoti (20-35
casi, in: disturbi psichici, disturbi sensitivi, perdita della memo­ mesi). E presente una Pr P-res analoga a quella della CJ ma più
ria, disturbi dell'equilibrio, aumentato segnale bilaterale a livel­ glicosilata.
lo talamico (pulvinar) alla risonanza magnetica. Il quadro mor­ È da ricordare infine che encefalopatie spongiformi sporadi­
fologico riscontrato all'autopsia è caratterizzato da placche "flo­ che sono state descritte in numerosi altri mammiferi: visone,
ride" presenti nella corteccia cerebrale e cerebellare. Si tratta di cervo, daino, alce, gatto, mulo.
accumuli di sostanza amiloide formata da aggregati insolubili di
Pr P-res di tipo 2, circondati da una corona ricca di vacuoli. La
trasmissibilità della BSE dai bovini all'uomo trova riscontro
anche nella trasmissibilità della BSE ad altre speci (topo, scim­ | Bibliografia essenziale
mia).
Parchi P. et al.: Classification of sporadic Creutzfeldt-
Jakob disease based on molecular and phenotypic
Altre encefalopatie spongiformi trasmissibili
analysis of 300 Subjects. Ann. Neurol. 4 6 ,2 2 4 ,1 9 9 9 .
Comprendono la malattia di Gerstmann-
Parchi P. et. al.: Genetic influence on thè structural
Straussler-Scheinker (GSS) e l'insonnia fatale. _variantions of thè abnormal prion protein. Proc. Nat.
GSS. E una malattia che provoca demenza, spesso associa­ Acad. Sci. 1 7 2 ,1 6 8 , 2000.
ta ad atassia cerebellare, a carattere famigliare con trasmissione
verticale autosomica dominante. Il quadro morfologico di base Will R.G. et. al.: Diagnosis of new variant C-J disease.
è simile a quello della CJ con più frequente reperto di placche Ann. Neurol. 47, 575,2000.
Malattie
2.3 batteriche
G. Barbolini, G. Rossi

Le malattie batteriche sono un vasto gruppo di ® è la fonte di enzimi, normalmente attivi nel lume
malattie infettive, tristemente note in era preanti- intestinale;
biotica per l'elevata mortalità e per gli aspetti epi­ • promuove la comparsa dell'assetto morfostrut-
demici, passibili attualmente di efficace terapia e di turale definitivo intestinale (cellularità della
valida prevenzione. Per una più agevole compren­ lamina propria, sviluppo del tessuto linfoide
sione del quadro anatomoclinico di base, la loro associato alla mucosa intestinale);
trattazione è stata suddivisa nelle seguenti sezioni: • modula la funzionalità delle cellule neuroendo­
enteriti batteriche acute, polmoniti batteriche acute, crine intestinali;
linfonoditi necrotizzanti da batteri e clamidie,
malattie da spirochetali, malattie da actinomiceta- • contribuisce alla regolazione dei movimenti
ceae. peristaltici intestinali;
Le malattie batteriche ad andamento cronico • contrasta la colonizzazione di batteri patogeni
sono prevalentemente illustrate nel capitolo dedica­ con un meccanismo di antagonismo competitivo
to alle malattie micobatteriche. metabolico, riportato in Letteratura con diverse
Il progresso delle conoscenze di questi ultimi dizioni, tra cui principalmente: colonization resi­
anni in campo microbiologico ha comportato ripe­ stance e bacterial antagonism.
tute e significative variazioni nella tassonomia delle La modificazione di questo ecosistema per sov­
speci batteriche patogene per l'uomo. vertimento dell'equilibrio dinamico (espansione di
La presente trattazione segue i criteri classifica­ una specie o sottospecie nei confronti delle altre) o
tivi deWAmerican Society for Microbiology nonché per comparsa (e colonizzazione) di speci patogene
l'ortografia con cui vengono elencate le singole normalmente assenti dà l'avvio alla comparsa di
speci al fine di facilitare un'eventuale ricerca biblio­ enterite.
grafica su Science Citation Index, MedLine o Inter­
net. Interfaccia intestinale. Struttura e funzione
intestinale contribuiscono sinergicamente al mante­
nimento ottimale dell'ecosistema inibendo princi­
(f| Enteriti batteriche acute palmente l'accostamento e l'adesione dei batteri
agli enterociti. Questo meccanismo sinergico si rea­
Ecosistema microbico gastrointestinale. Il tratto lizza con la produzione di muco (che rivestendo gli
gastrointestinale (Gl), oltre ad essere un complesso enterociti ne minimizza le possibilità di contatto
apparato per la digestione e l'assorbimento delle batterico) di IgA secretorie, che inibiscono selettiva­
sostanze nutrienti, è anche un'ampia interfaccia tra mente l'adesione microbica al rivestimento epitelia­
l'uomo e l'ambiente. Privo di batteri alla nascita (e le, e con la motilità intestinale. Un rallentamento
paragonabile quindi al topo germ-free), il Gl viene del transito intestinale - anche su base farmacologi­
quindi colonizzato da un estremo all'altro da una ca - induce infatti una stagnazione che favorisce
"normale" flora microbica residente, specificamen­ una crescita eccessiva (overgrowth) batterica. Altri
te differenziata nei suoi diversi tratti. fattori stabilizzanti sono rappresentati dal rapido
La popolazione microbica enterica, che rag­ turnover degli enterociti e dalle proprietà antibioti­
giunge concentrazioni di IO12 cellule/ml di conte­ che del succo pancreatico e della bile. Per converso,
nuto intestinale contribuisce a mantenere lo stato un sito critico dell'interfaccia è rappresentato dalle
di benessere del soggetto ospitante nel modo cellule M, sovrapposte alle placche del Peyer ed ai
seguente: follicoli linfatici, intercalate agli enterociti, deputate
• è una cospicua massa biologica in equilibrio normalmente all'assorbimento di macromolecole
ma facilitanti anche l'adesione e il trasporto dei
dinamico, metabolicamente attiva, normalmen­
patogeni.
te responsabile della biotrasformazione di molte
sostanze (esogene ed endogene) presenti nel Scenario epidemiologico. Le enteriti batteriche
lume intestinale; acute (EBA) sono malattie ad ampia diffusione pia-
238 - Malattie batteriche
netaria, particolarmente in età pediatrica e in popo­ nella lamina propria e nei linfonodi regionali
lazioni in precarie condizioni socio-sanitarie, conse­ (Salmonella, Yersinia, Campylobacter);
guenti all'introduzione - con cibo e bevande - di 9 invasione e traslocazione mucosa con possibile
una massiva carica di batteri patogeni. Possono diffusione sistemica (S. typhy, S. parayphy).
comparire peraltro anche nei Paesi industrializzati
a seguito di tutta una serie di circostanze che com­
portano l'assunzione collettiva di cibo o bevande | Adesione batterica
contaminate (navi da crociera, picnic, fast-food,
accampamenti militari) o conseguono ad usanze
con produzione di enterotossine
locali (latte non pastorizzato, carne, frutti di mare, Il modello di adesione batterica mediata da
pesci mangiati crudi o insufficientemente cotti) o a ligandi (adesine), espressi sulla parete batterica e
produzioni locali su vasta scala (uova). specifici per recettori di superficie enterocitaria, si
Sono da ricordare inoltre le enteriti nosocomia­ riferisce principalmente alle infezioni da vibrioni e
li, prevalenti nei reparti pediatrici, nelle sezioni di da E. coli enterotossigena e, parzialmente, alle tos­
terapia intensiva, nei pazienti allettati od affetti da sinfezioni alimentari.
immunodepressione.
Tipica manifestazione clinica delle EBA è un Colera
esordio acuto con marcato incremento delle deie­
zioni intestinali, comunemente riferito come diar­ Il V. cholerae, scoperto da Roberto Koch nel 1884,
rea. Vale la pena di precisare al riguardo con Dam- è il più noto dei vibrioni patogeni per l'uomo, che
min (1976a) che i termini diarrea e dissenteria, comprendono anche: il V. parahaemólyticus (presen­
comunemente usati come sinonimi, esprimono te nelle acque giapponesi), il V hollisae (presente
però - se usati in senso stretto - condizioni anato- nelle ostriche) e il V. vulnificus (presente nei frutti di
mo-cliniche differenti. mare). I vibrioni sono batteri Gram negativi, mobi­
La diarrea è indotta da tossine batteriche (esem­ li, bastoncellari, caratteristicamente ricurvi "a vir­
pi tipici: vibrione del colera, stafilococco) ed è carat­ gola", presenti abitualmente nelle acque marine,
terizzata da inizio acuto, spesso afebbrile, con feci salmastre e costiere, anche in forma similsporigena
liquide, dolore addominale e tenesmo, e decorso (molluschi, crostacei, pesci, alghe).
relativamente breve. Questo dato spiega come il colera sia stato endemico per
La dissenteria (tipicamente indotta dal genere secoli nell'india orientale e nel Bangladesh, da cui la dizione di
Shigella) è ima forma a presentazione clinica più colera asiatico o di colera classico, e come le ultime epidemie
complessa, anch'essa ad esordio acuto ma febbrile, europee del XIX secolo siano avvenute a Londra (1848, 70.000
morti), a S. Pietroburgo (1848, 600.000 morti) e a Varna sul Mar
accompagnata da malessere generale, crampi, dolo­
Nero (1855, 7000 morti) negli accampamenti inglesi durante la
re addominale e tenesmo. L'emissione fecale è fre­ guerra di Crimea. L'ultima grande pandemia (1973-74) a prove­
quente ma con presenza di materiale generalmente nienza asiatica ha interessato anche l'Africa sub-sahariana, il
di piccole dimensioni, mucoso e striato di sangue e bacino del Mediterraneo, l'ItaHa meridionale, ia Sardegna e il
con reperto di essudato granulocitario ed anche, nei Portogallo.
casi più gravi, di fibrina e di frustoli di mucosa
Il quadro clinico varia da una condizione asinto­
necrotica. matica di portatore sano ad una grave malattia
M odelli p atogen etici di in terazion e enteromi~ diarroica con massiva perdita di liquido isotonico
orobica. La colonizzazione enterica di batteri pato­ (a basso contenuto proteico).
geni - al di fuori di condizioni favorenti, quali ad Dopo un periodo di incubazione di 6-48 ore, richieste per
es.: terapia antibiotica o antiblastica, neutropenia, una produzione sufficientemente adeguata dì enterotossina
immunosoppressione - avviene a seguito di un colerica (dal peso molecolare di circa 90.000), questa penetra
complesso di fattori batterici, variabile da specie a nella mucosa intestinale inducendo alti livelli di AMP-ciclico con
specie, riferito generalmente come virulenza che ne conseguente rilascio dal tenue di grandi quantità di liquidi,
aggravato dall7irisuffici ente riassorbimento idrico a livello del
modula l'adesione, l'invasività e la traslocazione e
grosso intestino.
la produzione di tossine. L'esordio è acuto con diarrea liquida "ad acqua di riso" che
Eziologia, patogenesi e morfologia delle EBA può raggiungere e superare la quantità di 1 litro/per ora nei casi
possono essere considerate globalmente con i più gravi con morte entro 3 /4 ore per shock ipovolemico, acido­
seguenti criteri classificativi, originariamente pro­ si metabolica ed insufficienza renale. In caso di tempestiva, ade­
posti da Levine et al. (1983): guata terapia reidratante la guarigione avviene in 2-7 giorni. Nei
casi non trattati la mortalità è compresa tra il 50 e il 75% dei casi.
• adesione batterica con produzione di enterotos-
sine (V. cholerae); Morfologicamente la mucosa intestinale mostra
una normale architettura con mucodeplezione e
© adesione batterica con danno dei micro villi (E.
dilatazione delle cripte.
coli enteropatogena);
L'infezione da V. vulnificus si presenta in genere
• invasione mucosa con proliferazione batterica a seguito di ferite accidentali (da cui la dizione di
intracellulare (Shigella); vulnificus) in addetti alla lavorazione di frutti di
9 invasione mucosa con proliferazione batterica mare. La malattia, caratterizzata da sintomi e decor­
Tossinfezioni alimentari ^ 239

so di minore gravità rispetto a quelli del colera, si domestica, contenente la neurotossina preformata
manifesta acutamente dopo un periodo di incuba­ di C. botulìnum (CB). Raramente la porta d'entrata è
zione di circa 24 ore con febbre, brividi, nausea, rappresentata da ferite infette. Ancora più raramen­
vomito, ipotensione, diarrea emorragica e manife­ te consegue alla massiva moltiplicazione del CB
stazioni cutanee. Queste ultime, tipiche della malat­ nell'intestino neonatale, relativamente privo di
tia, consistono in formazioni bollose emorragiche germi, anedotticamente a seguito dell'ingestione di
evolventi in ulcere necrotiche. miele contaminato.
La tossin a botu lin ica si lega alle vescicole sinap-
D iarrea infantile e diarrea del viaggiatore tiche colinergiche bloccando la liberazione di neu­
rotrasmettitori colinergici e quindi dell'acetilcolina.
Sono causate da una varietà patogena di Escheri- Ne deriva una paralisi discendente (dai nervi crani­
chia coli (E. coli), nota come E. coli enterotossigena ci alle estremità) che si manifesta in un periodo di
(ETEC). tempo compreso da poche ore sino ad 8 giorni. Una
L'infezione, conseguente al consumo di bevande
terapia intensiva di sostegno riduce drasticamente
o cibi contaminati ed anche a contagio interumano,
la mortalità con una sopravvivenza di circa l'85%
si manifesta acutamente con malessere, brividi,
dei casi. Il meccanismo d'azione della tossina botu­
dolori addominali, borborigmi, diarrea acquosa. Il
linica è quindi simile a quello della tossin a teta n i­
decorso può essere breve e favorevole (diarrea del
ca (tetanospasmina), che, a livello delle giunzioni
viaggiatore) o molto grave (diarrea infantile nei
presinaptiche blocca il rilascio di sostanza inibente
Paesi del Terzo Mondo). Ad adesione batterica
la trasmissione dando così origine allo spasmo
avvenuta, l'ETEC produce due tossine: una termo­
labile ad azione ederiforme ed una termostabile muscolare tetanico.
che attiva la guanilato ciclasi e potenzia il riassorbi­ In fezion e d a C. perfringens. Il C. perfringens
mento idrico a livello del colon. (CP), ampiamente diffuso in natura (suolo) è pre­
Analogamente a quanto riscontrato in corso di sente nelle feci dell'uomo e degli animali domesti­
colera, il quadro microscopico intestinale evidenzia ci (nel 2-20% dei campioni esaminati). Per contro,
villi con architettura sostanzialmente conservata. taluni ceppi di CP producono una tossina di tipo
enterotossico. I cibi contaminati (carne, pesce, pol­
lame, latticini) da detti ceppi non appaiono altera­
Tossinfezioni alimentari ti alla vista o al gusto. La presentazione clinica
varia da una forma autolimitantesi (con diarrea e
Sono indotte principalmente da stafilococchi e dolori addominali) della durata di 2-3 giorni ad
clostridi. una grave forma di enterite necrotizzante, che si
- La tossin fezion e stafilococcica, di tipo autoli- manifesta principalmente in piccoli pazienti di
mitantesx, è dovuta all'ingestione di cibo contami­ comunità endemicamente a dieta fortemente ipo­
nato da tossine stafilococciche in assenza di stafilo­ proteica a seguito di banchetti ricchi di carne
cocchi vitali. La presentazione clinica è quella di (enterite di Darmbrand, Pig bel). L'esordio è acuto
un'enterite diarroica acuta in genere di breve dura­ con dolori addominali, vomito, diarrea e disidra­
ta. Nei casi più gravi si osserva un quadro di ente­ tazione. Macroscopicamente, le anse intestinali si
rocolite aspecifica con intensa iperemia ed, even­ presentano dilatate, ispessite, rigide, fortemente
tualmente, necrosi e ulcerazione. congeste con prominenza delle valvole conniventi
- Tossinfezioni da clostridi. I clostridi costitui­ e interessamento segmentale "a tavola da bucato".
scono una vasta famiglia di batteri anaerobi, sporu- Il quadro istologico evidenzia necrosi emorragica
lanti Gram-positivi normalmente presenti nel gros­ con essudato fibrinoso, presenza di forme batteri­
so intestino di molti animali con conseguente dis­ che (Fig. 1) e scarsa risposta granulocitaria neutro-
seminazione di spore nei pascoli, nei parchi e nei fila.
giardini. Ben adattati al ciclo intestino-suolo, risul­ Nell'infezione riscontrata in Nuova Guinea a
tano patogeni per l'uomo solo in circostanze parti­ seguito di banchetti cerimoniali a base di maiale
colari che ne facilitano l'introduzione e l'attecchi­ (Pig bel) la carne può essere contaminata anche da
mento. C. w elchii con possibile sviluppo di gas e comparsa
Le tossinfezioni da clostridi si configurano con di gangrena.
due quadri anatomoclinici ben distinti riconducibi­ In fezion e da C. difficile. È essenzialmente un'in­
li o alla sola ingestione di spore (botulismo) o alla fezione nosocomiale conseguente all'azione pato­
colonizzazione di clostridi (C. perfringens, C. diffici­ gena (citotossica ed enterotossica) delle tossine pro­
le, C. septicum) con produzione di spore (infezione dotte dal clostridio esitante in diversi quadri pato­
da clostridi). logici (di gravità variabile). Il più tipico fra essi è la
Il B otu lism o è una grave malattia paralizzante colite pseudomembranosa, in cui l'essudato ade­
causata dall'ingestione di cibo inadeguatamente rente alla superficie mucosa si presenta con una
processato e inscatolato, spesso di preparazione protrusione fungiforme endoluminale.
240 " Malattie batteriche
Shigellosi
Nota per la sua sintomatologia sin dai tempi di
Ippocrate, e riferita anche come dissenteria b a c illa ­
re, la malattia deve la sua attuale denominazione al
primo isolamento del patogeno effettuato dal giap­
ponese Shiga nel 1897.
La malattia incide particolarmente in condizioni di sovraf­
follamento e di scarsa igiene personale come dimostrato da tutta
una serie di eventi storici, tra cui, ad es.: la guerra civile ameri­
cana (30% di tutti i casi di morte tra i combattenti dei due eserci­
ti) e la guerra franco-prussiana (2380 decessi nella sola armata
prussiana).
Fig. 1 - Enterite necrotizzante: quadro citologico necrotico-flo­ L'ultima grande epidemia, iniziata nell'America Centrale nel
gistico con presenza di C. perfringens. Assenza di granuiociti 1968 ed estesasi successivamente al Messico e agli stati meridio­
neutrofili. nali degli USA, ha evidenziato il ruolo preminente svolto dal
contagio interumano (mediato dal circuito oro-fecale) con possi­
bili fonti di infezione rappresentate da cibo e bevande (acqua,
latte) contaminati.
IH Adesione batterico con danno
dei microvilli Attualmente la malattia si presenta in modo
sporadico prevalentemente in Paesi tropicali o sub­
Il modello di riferimento patogenetico è rappre­ tropicali. Nei Paesi occidentali si manifesta occasio­
sentato dall'infezione da E. coli enteropatogena nalmente in reparti pediatrici o in ambienti sovraf­
(EPEC) e da E.coli enteroaderente (EAEC). Le esche- follati (centri residenziali per malati di mente, car­
richie (da Escherich, pediatra austriaco) sono batteri ceri).
Gram-negativi (ben evidenziabili col Giemsa) nor­ Le shigelle sono batteri Gram-negativi, ben evi­
malmente presenti nella flora intestinale di cui sono denziabili col Giemsa, anaerobi facoltativi, privi di
attualmente note 5 varietà patogene non distinguibi­ motilità, provvisti di una potente tossin a con effet­
li con i metodi routinari di colorazione e di coltura. ti citotossici, necrotossici ed entero-tossici, presenti
A differenza dall'E. coli enterossigena (considerata nell'intestino dei primati, altamente patogeni per
precedentemente), le rimanenti varietà (enteropato­ l'uomo, di cui si conoscono attualmente le seguenti
4 specie:
gena, enteroaderente, enteroinvasiva ed enteroe-
morragica) non producono tossine. • S. dysenteriae
Sia l'EPEC che l'EAEC aderiscono alla superficie • S. flexneri (presente particolarmente in pazienti
enterocitaria dando origine rispettivamente ad epi­ affetti da AIDS)
dem ie di gravi forme diarroiche disidratanti neona­ ® S. boyidii
tali, spesso fatali (in pazienti di età inferiore ai 2
• S. sonnei
anni di vita) nei Paesi del Terzo Mondo o a manife­
stazioni diarroiche meno gravi, ma più prolungate Quadrio clinico. Dopo un periodo di incubazione
in bambini di età più avanzata con un quadro clini- variabile da 1 a 3 giorni, la shigellosi si presenta
co che può simulare quello della celiachia (enterite acutamente con dolori addominali, diarrea, tene­
da intolleranza al glutine). smo e febbre (in caso di infezione da S. dysenteriae).
Il quadro microscopico evidenzia microulcera­ L'evacuazione intestinale è frequente (sino a 50 sca­
zioni e fenomeni regressivi dei villi, anche con pos­ riche giornaliere) con feci di piccole dimensioni
sibile atrofia (in caso di infezione da EAEC). costituite da muco, essudato purulento, fibrina,
L'infezione da E. coli enteroemorragica (EHEC) minuti lembi di mucosa necrotica, sangue.
si manifesta con colite emorragica e porpora trom- Nei casi più lievi, che possono simulare una tos­
bocitopenica. Quella da E. coli enteroinvasiva sinfezione alimentare, è presente diarrea acquosa.
Endoscopicamente la mucosa intestinale appare
(EIEC), riscontrata prevalentemente in Tailandia si
friabile, iperemica, ulcerata.
presenta con febbre, dolori addominali, diarrea
Reperti morfologici. Le lesioni, generalmente limi­
acquosa e tenesmo.
tate al tratto intestinale e concentrate nel colon,
variano da quadri di iperemia e friabilità della
| invasione mucosa mucosa ad ulcerazioni di varia profondità ed esten­

con proliferazione batterica sione ricoperte da pseudomembrane. In fase inizia­


le è presente un quadro di flogosi acuta a ricca com­
intracellulare ponente granulocitaria neutrofila con edema,
deplezione mucosa e presenza di numerose shigel­
Il modello di riferimento patogenetico è rappre­ le negli enterociti e nella lamina propria. Successi­
sentato dal genere Shigella. vamente compare necrosi ed ulcerazione della
Invasione mucosa con proliferazione batterica nella lamina propria e nei linfonodi regionali 241

mucosa, che viene ad essere ricoperta da essudato lesioni non specifiche (edema, iperemia, flogosi
purulento con formazione di pseudomembrane. Un focale a ricca componente granulocitaria neutrofila
orientamento diagnostico di shigellosi deve essere prevalentemente nella lamina propria). Nei casi
necessariamente confermato dalla coprocoltura. più gravi si apprezza un'infiltrazione flogistica
Complicanze. Nonostante la comparsa di ceppi della parete con formazione di ascessi criptici e con
antibiotico-resistenti, un'adeguata terapia antibioti­ presenza di aree di ulcerazione e di aree emorragi­
ca comporta in genere una rapida guarigione. Le che. Queste ultime sono particolarmente frequenti
complicanze, segnalate principalmente in caso di nei pazienti anziani (Fig. 2).
infezione da S. dysenteriae, sono rappresentate da: L'orientamento diagnostico di SA è confermato
batteriemia, sepsi, coagulazione intravascolare dis­ da accertamenti colturali e/o sierologici positivi. La
seminata, necrosi corticale renale e, più raramente, pratica di somministrare dosi subterapeutiche di
da sindrome emolitica uremica, anemia emolitica, antibiotici agli animali al fine di ottimizzarne la cre­
polmonite ed artrite. scita ha comportato la comparsa di ceppi di salmo-
nella antibiotico-resistenti. La mortalità è compresa
tra r i . 3 e l'8.4% dei casi.
| Invasione mucosa
con proliferazione batterica Yersiniosi
nella lamina propria È causata da due specie di batteri coccoidi
e nei linfonodi regionali Gram-negativi, anaerobi facoltativi, di provenienza
zoonotica, norm alm ente assen ti nell'uomo: la Y.
Questo modello patogenetico si riferisce partico­ enterocolitica (YE) e la Y. pseudotuberculosis (YP).
larmente alle infezioni da Salmonella, Yersinia e L'incidenza della malattia è maggiore nei mesi
Campylobacter. freddi dell'anno e nei climi freddi e, in Europa (Bel­
gio), il suo incremento è stato correlato al consumo
di carne cruda di maiale.
Salmonellosi La malattia si presenta con un ampio spettro di
La dizione di salmonellosi (SA) si riferisce con­ manifestazioni clinico-patologiche che vanno da
venzionalmente a tossinfezioni alimentari da sai- un'enterocolite autolimitantesi ad infezioni sistemi­
monelle (da Salmón, batteriologo americano) che si che potenzialmente fatali, presenti particolarmente
esprimono con un quadro anatomoclinico di in pazienti immunodepressi o in pazienti con accu­
gastroenterite ad esordio acuto ed in genere di muli di ferro (emocromatosi, siderosi post-trasfu­
breve durata, occasionalmente associato a batterie- sionali).
mia e batteriuria. La presentazione clinica più frequente, partico­
Le salmonelle sono batteri coliformi Gram- larmente nei piccoli pazienti, è con dolori addomi­
negativi a crescita facoltativa intracellulare, che nali, febbre non elevata, vomito e diarrea e può
penetrano nelle strutture intestinali a livello delle quindi simulare un'appendicite acuta. Peraltro,
cellule M (cfr. interfaccia intestinale). L'isolamento quando domina il quadro diarroico, le feci eviden­
colturale ha evidenziato il ruolo patogeno prepon­ ziano una ricca componente granulocitaria neutro-
derante svolto dalla S. enteritidis e quello occasio­
nale di S. typhimurium, S. argona, S. javiana e S. ora-
nienburg. La SA, prevalente nei mesi estivi, si con­
trae dopo ingestione di cibo o bevande contamina­
te e particolarmente di: uova, pollame, pesci, frutti
di mare, formaggi. Tartarughe domestiche ed
addetti alla preparazione di cibo possono risultare
portatori sani.
Quadro clinico. Dopo un periodo di incubazione
compreso tra 8 e 48 ore - nettamente inferiore cioè
a quello del tifo addominale - la SA si manifesta
acutamente con febbre, nausea, vomito, dolori
addominali e diarrea, talora emorragica. La dura­
ta della sintomatologia è compresa generalmente
tra 3 e 12 giorni. Anziani, immunodepressi e
pazienti affetti da anemia falciforme (drepanocito-
si) possono presentare complicazioni intestinali
(emorragiche) o extraintestinali (articolari, ossee, Fig.2 - Saimonellosi da S. enteritidis contratta a seguito di con­
meningee). sumo di uova contaminate. Paziente ultraottantenne ricoverato
in casa di riposo. Si noti l'impronta emorragica dell'infezione
Reperti istologici. Nei casi più hevi si osservano intestinale.
242 - Malattie batteriche
fila ed è inoltre presente una linfonodite mesente­ Una rara ma grave complicanza è la comparsa
rica. della Sindrome di Guillain-Barré dovuta ad una
Nelle forme a decorso più protratto il quadro reazione crociata tra antigeni neurali e antigeni di
macroscopico, caratterizzato da un'accentuazione C. jejuni.
delle pliche mucose (conseguente alla flogosi granu- Reperti morfologici. Macroscopicamente è presente
lomatosa della sottomucosa) e da ulcerazioni, focali un'enterocolite edematosa ed emorragica diffusa con
o diffuse, della mucosa può simulare il M. di Crohn. ulcere multiple ileali superficiali (con un diametro
Istologicamente si apprezzano aree nettamente massimo di 1 cm) raggruppate in prossimità della
circoscritte di iperplasia follicolare (con presenza di valvola ileo-ciecale o interessanti la valvola stessa.
ampi centri chiari germinativi) e focolai di flogosi Istologicamente si apprezzano lesioni segmentali
granulomatosa necrotizzante con le stesse caratteri­ di flogosi acuta e cronica non specifica. L'orienta­
stiche di quelli presenti a livello linfonodale a cui si mento diagnostico anatomoclinico è generalmente
rimanda (vedere oltre: linfonoditi necrotizzanti da confermato dall'isolamento colturale.
batteri e clamidie). La componente granulomatosa,
indotta sia da YE che, particolarmente da YP, può
simulare il M. di Crohn o un'infezione da MOTT | Invasione e fraslocazione mucosa
(aviumosi). con possibile diffusione sistemica
Enterite da cam pylobacter Il modello patogenetico si riferisce particolar­
mente al tifo addominale e possibilmente alla bru­
Il genere Campylobacter costituisce insieme ad cellosi.
altri generi (Helicobacter, Leptospira e Leptonema, Borre-
lia, Treponema e Spirochetas) il gruppo di batteri defi­
Tifo addom inale
niti daWAmerican Society for Microbioìogy come forme
bastoncellari ricurve e spiraliformi Gram-negative Il tifo addominale (TA) è causato dalla Salmonel-
(curved and spiral-shaped Gram-negative rods). la typhi, scoperta da Eberth nel 1880 e riferita in let­
Considerato inizialmente di natura vibrionica (Vibrio fetus), il
teratura con varie denominazioni: Bacterium typhi,
genere Campylobacter comprende numerose speci, di cui, al Eberthella typhi, Eberthella typhosa.
momento solo 3 risconosciute patogene per l'uomo: il C. jejuni, il Noto sin dai tempi di Ippocrate per il suo tipico quadro cli­
C. coli e il C. fetus. Dette specie, a diffusione assai variabile da nico - come evidenziato anche dall'etimologia (dal greco
regione a regione, inducono collettivamente un'enterite la cui fre­ Typhos, nebbia, obnubilamento) - il TA è noto con diversi sino­
quenza è risultata (nelle strutture sanitarie degli USA) uguale, se nimi: febbre enterica, ileotìfo, tifo storico, tifo classico. La dizio­
non superiore, a quella causata dalle salmonelle. ne di febbre tifoidea si riferisce più in generale ad infezioni cau­
La malattia si manifesta prevalentemente nei sate anche da S. paratyphi A a da S. sckotmulleri. Per la sua ele­
vata mortalità (15% circa dei casi) il TA è stato considerato un
mesi estivi in bambini e giovani adulti. La porta di triste flagello che si è abbattuto periodicamente sugli accampa­
entrata dell'infezione è varia: menti militari e sui campi di internamento sino al 1948, epoca in
• ingestione di acque (generalmente superficiali) cui si è cominciato a disporre del primo antibiotico (cloranfeni-
colo) terapeuticamente efficace.
contaminate;
• ingestione di latte, carne, pollame, vegetali con­ Attualmente i controlli sanitari esercitati sulle
taminati; reti di distribuzione idrica e sulla produzione e
• contagio interpersonale; distribuzione alimentare hanno comportato, nei
Paesi industrializzati, una drastica riduzione del­
• contagio da animali domestici (gatti e card). l'infezione da S. typhi di cui l'uomo costituisce l'u­
Il quadro clinico varia da forme di infezione nica risema nota , spesso localizzata nella colecisti
asintomatica a forme di enterite conclamata in dì portatori sani. Quadro anatomoclinico e decorso
genere, se indotte da C.jejuni, e più gravi, se indot­ sono stati drasticamente modificati dalla terapia
te da C. fetus. Dopo un periodo di incubazione com­ antibiotica. Nei casi non trattati, ad un periodo di
preso tra 1 e 7 giorni la malattia si manifesta acuta­ incubazione di circa 1 settimana (ma variabile da 5
mente con febbre e senso di malessere a cui fanno a 30 giorni) fanno seguito 2-3 settimane (settenari),
seguito nausea, vomito, dolori addominali, diarrea denominati rispettivamente invasione, fastigio e
con feci emorragiche, e, in taluni pazienti, cefalea e lisi.
mialgia. Possono essere evidenziati linfonodi Il primo settenario (invasione) è caratterizzato da
mesenterici ipertrofici. malessere, febbre con puntate vespertine progressi­
La malattia ha generalmente un decorso autoli- vamente crescenti "a scalino", anoressia, diarrea o
mitantesi anche se con recidive in un 20% circa dei costipazione, distensione addominale, vomito,
casi. Pazienti debilitati o immunodepressi possono cefalea, apatia, bradicardia e neutropenia, del tutto
essere soggetti a gravi complicanze, quali: sepsi, inusuali negli stati febbrili.
meningite, megacolon tossico, colite pseudomem­ Si ha inoltre: intumescenza delle strutture linfati­
branosa, massive emorragie intestinali, artrite, che e, segnatamente, delle placche del Peyer (Fig. 3)
endocardite, infezioni genito-urinarie. (con comparsa di ampi elementi macrofagici, noti
Invasione e traslocazione mucosa con possibile diffusione sistemica - 243

possibile comparsa di com plicanze fa ta li: perfora­


zione, massive emorragie intestinali, peritonite.
Altre complicazioni sono rappresentate da: ileo
paralitico, rottura di milza, osteomielite, polmonite
(generalmente da superinfezione batterica), dege­
nerazione (cerea di Zenker) dei muscoli retti addo­
minali. Nei casi non trattati con antibiotici, la mor­
talità si aggira intorno alTl% dei casi.

Brucellosi
La brucellosi è considerata brevemente in questa
sezione in quanto consegue generalmente all'inge­
stione di cibo costituito prevalentemente da lattici­
Fig. 3 - Tifo addominale. Mucosa ¡leale verso la fine del perio­ ni nei climi temperati e da midollo osseo crudo nei
do di invasione. Il tessuto linfatico è iperemico ed edematoso climi artici o subartici. La malattia è nota con diver­
con presenza di elementi macrofaaici. Si noti la disepitelizza-
zione enterocitaria che precede l'ulcerazione. si sinonimi: febbre ondulante, febbre di Malta, feb­
bre mediterranea, maltese. La sua attuale denomi­
nazione è collegata al primo isolamento del patoge­
come cellule tifoidi sive cellule di Mallory nella lette­ no effettuato (nel 1886 a Malta) dal colonnello
ratura anglosassone o come cellule di Rindfleisch David Bruce su di una milza di un paziente decedu­
nella letteratura europea); ipertrofia dei linfonodi to per maltese. Nella sua classica descrizione Bruce
mesenterici; epato-splenomegalia. L'emocoltura per (1889) segnala la presenza di iperemia duodeno-
S.typhi è in genere positiva (80-90% dei casi). digiunale in assenza di ipertrofia e ulcerazione
Nel secondo settenario (fastigio) la febbre perma­ delle placche del Peyer.
ne elevata con minime variazioni giornaliere e con Le brucelle sono coccobacilli Gram-negativi di
possibile comparsa nel tratto toraco-addominale di origine zoonotica in quanto strettamente associati
roseole (macule rossastre di pochi mm di diametro, ad una specie animale: B. melitensis (capra), B. abor-
che si scolorano sotto pressione). Nelle placche di tus (mucca), B. suis (maiale), B. canis (cane). Altre
Peyer compaiono ulcerazioni con diametro mag­ specie di brucella, patogene per l'animale ma non
giore orientato secondo Lasse intestinale. Coprocol- per l'uomo sono: B. ovis (pecora) e B. neotomae (topo
tura e urinocoltura iniziano ad essere positive. campagnolo).
Nel terzo settenario (lisi) la febbre scende pro­ Nei Paesi industrializzati, in cui l'introduzione
gressivamente "a gradino". Si ha distacco delle di adeguate misure igienico-sanitarie ha drastica­
escare ricoprenti le ulcere con loro riepitelizzazione mente ridotto l'incidenza della malattìa nella popo­
(a partire dai bordi) senza formazione di cicatrici. Si lazione generale, permangono a rischio di infezione
raggiungono x massimi valori di positività con la i lavoratori dell'industria alimentare, gli allevatori e
reazione di Widal. E da rilevare peraltro che, se da i veterinari.
un lato, il settenario precede la convalescenza e la Il quadro clinico, proteiforme e caratterizzato nei
guarigione, dall'altro, è il periodo più critico per la casi tipici da una febbre ondulante-ricorrente, è
stato distinto in: acuto, ricorrente e cronico-inter­
mittente.
I reperti morfologici sono caratterizzati da focolai
pluriviscerali di flogosi cronica granulomatosa non
necrotizzante (talora simil-sarcoidotica) (Fig. 4) o, più
raramente necrotizzante in caso di infezione da B. suis.
Un orientamento diagnostico di brucellosi deve
essere confermato dall'emocoltura e da altre indagi­
ni laboratoristiche.

B Polmoniti batteriche acute


La polmonite è un'infiammazione del polmone
riconducibile a tutta una serie di agenti patogeni
infettivi (batteri, miceti, virus, protozoi, parassiti) o
non infettivi: endogeni (ad es., polmonite uremica;
polmonite lipidica da accumulo di tensioattivo
Fig-4 - Brucellosi (8. melitense). Parenchima epatico con foco­ esausto conseguente ad ostruzione bronchiale), eso­
laio di flogosi cronica granulomatosa non necrotizzante. Dia­ geni (ad es., polmonite da aspirazione) o fisici (ad
gnosi confermata da accertamenti di laboratorio. es., radiazioni).
244 ss Malattie batteriche
Le polmoniti batteriche ad andamento cronico e geno e da una maggiore tendenza a indurre batte-
ad espressione granulomatosa sono trattate in altri riemia.
capitoli (malattie micobatteriche) o sezioni (malat­ Il potere patogeno dei diversi sierotipi è ricon­
tie da aciinomicetaceaé) di questo trattato. ducibile essenzialmente alla struttura della capsula
In questa sezione vengono considerate le pol­ polisaccaridica che può ostacolare la fagocitosi in
moniti batteriche acute caratterizzate dal riempi- assenza di adeguati anticorpi opsonizzanti anticap-
mento degli alveoli polmonari da parte di un essu­ sula (Fig. 5).
dato infiammatorio, fenomeno comunemente rife­ Epidemiologia. Come ben noto nella narrativa (letteraria e
rito come consolidamento polmonare. Esse incido­ cinematografica), l'incidenza della polmonite pneumococcica
no particolarmente agli estremi delle fasce di età (PP) è strettamente correlata nei climi temperati al freddo e agli
(bambini ed anziani) e rappresentano la più fre­ episodi di perfrigerazione come evidenziato dalla netta preva­
quente causa di morte su base infettiva nei Paesi lenza dei casi di PP nei mesi freddi/invernali rispetto a quelli
industrializzati. La cifra si eleva tragicamente in caldi/estivi. Il freddo agisce con diverse modalità:
caso di povertà, malnutrizione e carenze igienico- • incrementa il numero di portatori sani nella popolazione
sanitarie. E stato calcolato infatti che - a livello pla­ generale;
netario - non meno di 5 milioni di bambini muoia­ ® diminuisce le difese naturali delle vie respiratorie in conse­
no annualmente per polmonite e che il 96% di tali guenza della ventilazione di aria fredda;
morti avvenga nei Paesi del Terzo Mondo. • favorisce la comparsa di infezioni virali acute edemizzanti e
I criteri classificativi tengono conto di diverse deciglianti che facilitano la discesa pneumococcica dal rinofa-
variabili, tra cui: ringe ai bronchioli respiratori;
• può comportare un contagio interumano in caso di microepi­
• l'aspetto macroscopico/radiologico: forme loba-
demie locali, quando un portatore di sierotipi di SP, normal­
ri, forme lobulari (polmoniti a focolaio o bronco­ mente assenti in certe comunità locali, viene a ritrovarsi insie­
polmoniti), forme nodulari (o circoscritte); me agli abitanti di dette comunità, in ambienti sovraffollati.
® la modalità dell'infezione: forme individuali /
Quadro clinico-radiologico. Nella maggior parte
domiciliari, di comunità, nosocomiali;
dei casi la PP consegue ad un recente episodio di
© la secondarietà a precedenti patologie delle vie infiammazione delle vie respiratorie superiori e si
respiratorie (ostruzione bronchiale, broncoaspi­ manifesta acutamente con brividi, febbre elevata e
razione); comparsa di tosse produttiva e di dolore toracico
• le variabili individuali e i fattori di rischio. (su base pleuritica e omolaterale al lobo interessato)
che si esacerba col respiro profondo.
La tabella nella pagina seguente evidenzia i bat­
L'escreato è rugginoso e mucoide. Il reperto
teri di più frequente riscontro nelle diverse condi­
radiologico classico è quello di un'area di consoli-
zioni soprariferite.
Gli esiti fibrotici più gravi (cosiddetta carnifica­ dazione lobare (generalmente ai lobi inferiori) omo­
zione polmonare) conseguono alle polmoniti con genea, estesa sino alla pleura viscerale. In caso di
marcati fenomeni necrotici (segnatamente da stafi­ batteriemia è presente un quadro dì broncopolmo­
lococco e da klebsiella). I focolai broncopneumonici nite (con aree di consolidamento peri bronchiale o
possono evolvere in fibrosi con obliterazione bron- peribronchiolare) in imo o più lobi con possibile
chiolare e comparsa di formazioni micropolipoidi
endoalveolari costituite da tessuto di granulazione
mixoide (corpi di Masson). Tale evoluzione è comu­
nemente riferita nella letteratura di lingua inglese
come BOOP (acronimo di Bronchiolitis Obliterans
Organizing Pneumonia).

Polmonite pneum ococcica


E dovuta nella quasi totalità dei casi allo Strepto-
coccus pneumoniae (SP, pneumococco, diplococco),
coccobacillo Gram-positivo, catalasi-negativo, rico­
nosciuto quale agente patogeno della malattia da
Weischalbaum (1886) e, in meno d eiri% dei casi ad
altri streptococchi catalasi-positivi, beta-emolitici di
gruppo A (S. pyogenes), B (S, agalactiae), D (Entero-
coccus) e alfa-emolitici (S. viridans). Fig. 5 - Il potere patogeno di diversi sierotipi di S. pneumoniae
Si tratta essenzialmente di un'infezione endoge­ {riconducibile alla struttura della capsula polisaccaridica che ne
na dovuta a non meno di 90 sierotipi di SP, presen­ modula la fagocitosi} può essere saggiato anche in vitro. Nel
ti abitualmente nel nasofaringe e a diversa distribu­
caso esemplificato (SP a basso potere patogeno) sono evidenti
(♦)> catenelle iuxtamacrofagiche del patogeno, SP fagocitati
zione locale e comunitaria, alcuni dei quali caratte­ endomacrofagici [*) e fagoiisosomi macroragici testi rinomanti
rizzati (ad es., tipo 3) da un maggiore potere pato­ una pregressa fagocitosi.
Polmoniti batteriche acute ^ 245

jg Q n H H Quadro sinottico delle polmoniti batteriche acute

Patogeno Infezione Quadro macroscopico Modalità di infezione, fattori favorenti, stile di


prevalente secondarietà : vita, variabili cliniche
Streptococcus Individuale/ Polmonite lobare monola­ Etilismo, immunodeficienza
pneumoniae domiciliare terale (HIV), splenectomia
Mycoplasma Di comunità Bronchiolite Pazienti pediatrici, giovani
pneumoniae adulti
Haemophilus Di comunità/ Bronchiolite, polmonite COPD* Etilismo, diabete, HIV, mie-
influenzae nosocomiale lobulare loma multiplo
Legionella Di comunità Polmonite lobulare Etilismo, d¡abete, patologie
pneumophila croniche
Chlamydia Di comunità Bronchiolite Pazienti pediatrici
pneumoniae
Staphylococcus Nosocomiale Polmonite lobulare con COPD, batteriemia Tossicodipendenza, etili­
aureus cavitazione (prevalente ai smo, neutropenia, HIV
lobi inferiori), possibile
comparsa di empiema
pleurico
Klebsiella pneu­ Nosocomiale Polmonite lobare o lobula­ Spesso da aspirazione Etilismo, diabete, pazienti
moniae (e bat- re, aspetto giallastro anziani, debilitati con
teri enterici mucoide al taglio patologia cardiovascolare
Gram-negativi)
Pseudomonas Nosocomiale Flogosi broncocentrica o COPD, batteriemia Neutropenia, pazienti
aeruginosa vasocentrica, talora necro­ immunodepressi o con
tizzante neoplasia
Anaerobi Nosocomiale Polmonite necrotizzante Da aspirazione Perdita di coscienza, tera­
spesso complicata da pia intensiva
ascessi o empiemi

(*)= Acronimo di Chronic Obstructive Pulmonary Disease

comparsa di versamento pleurico. Raramente si asciutta e frammenti polmonari affondano nell'ac­


osserva ima formazione nodulare a margini irrego­ qua (docimasia positiva). E spesso presente pleuri­
lari, neoplastiforme. U aw io del processo di guari­ te siero-fibrinosa (responsabile del dolore toracico).
gione si manifesta acutamente, "per crisi", in caso di Persiste l'iperemia dei capillari. Gli alveoli mostra­
forma lobare, gradualmente, “per lisi”, in caso di no una rete di fibrina intra- e inter-alveolare con
forma broncopolmonare. presenza di granulociti neutrofili.
Quadro anatomo-patologico. In era preantibiotica il Epatizzazione grigia. Dopo 2-3 giorni il polmone
quadro della PP lobare era classicamente distinto presenta un cambiamento di colore (che inizia dall'i­
nei seguenti quattro stadi evolutivi in cui il termine lo per diffondersi perifericamente) e diviene rosso­
di ep atizzazion e (usato inizialmente da Morgagni e grigiastro o grigiastro in seguito a un ridotto flusso
da Laennec) stava ad indicare un aum ento di con si­ ematico e aH'infiltrato flogistico endoalveolare,
stenza del parenchima polmonare paragonabile a caratterizzato dalla comparsa di macrofagi (Fig. 6).
quella del parenchima epatico. La superficie di taglio è umida.
Congestione. E la fase iniziale di breve durata Risoluzione. Il polmone diviene nuovamente
(meno di 24 ore) caratterizzata da iperemia dei areato in seguito alla lisi della fibrina, verosimil­
capillari alveolari ed edema alveolare, ricco di SP, mente mediata dai macrofagi. Attualmente, in era
con presenza di rari elementi eritrocitari e granulo- antibiotica, si osserva in genere un'area di consoli-
citari. Dalla superficie di taglio fuoriesce un liquido dazione ad estensione lobare con infiltrato flogisti­
schiumoso tinto di sangue. co endoalveolare (circondato da edema) e presenza
Epatizzazione rossa. La superficie di taglio è in misura variabile di SP.
246 Malattie batteriche
L'escreato, mucoide e non purulento, presenta
un tipico quadro citologico (Fig. 7). Una seconda
categoria di soggetti che possono contrarre la PM è
quella di pazienti affetti da immunodeficienza,
immunosoppressione, mononucleosi infettiva, pato­
logia neoplastica (leucemie, sarcoma di Ewing).
Il quadro radiologico evidenzia bilateralmente
aree di consolidamento, segmentale o lobare, od
opacità "a vetro smerigliato" prevalentemente ai
lobi inferiori.
Quadro anatomo-patologico. La maggior parte dei
dati proviene da materiale autoptico e solo occasio­
nalmente da materiale bioptico in quanto general­
mente la PM evolve verso la completa guarigione. Il
Fig. 6 - Polmonite pneumococcica in fase di epatizzazione gri­ reperto più significativo è rappresentato dalla bron-
gia. chiolite a ricca componente neutrofila endolumina-
le con infiltrato flogistico cronico a ricca componen­
te plasm ocitaria della parete.
Complicanze. Sono in genere collegate alla batte- L'orientamento diagnostico morfologico di PM
riemia o alla setticemia e possono manifestarsi a può utilmente suggerire una conferma mediante
livello polmonare con necrosi e cavitazione (spesso accertamenti sierologici e colturali.
in caso di flora batterica mista). Un andamento fata­ Le possibili complicanze, di varia natura, sono
le iperacuto (cosiddetta ''polmonite fulminante") principalmente:
può manifestarsi in pazienti splenectomizzati.
Complicanze extrapolmonari. Coprendono l'endo­ • polmonari: fibrosi interstiziale, riduzione dlla
cardite acuta (con conseguente possibile induzione funzionalità polmonare, esacerbazione dell'a­
di ascesso cerebrale da embolo settico), la meningi­ sma bronchiale;
te, la peritonite e l'artrite pneumococcica. ® neuro-cerebrali: meningite asettica, meningoen-
cefalite, paralisi dei nervi cranici, mielite tra­
Polmonite da micoplasma sversale, atassia cerebellare;
• cardiache: disturbi del ritmo, insufficienza car­
La polmonite da micoplasma (PM), nota negli
diaca congestizia.
anni '30 come polmonite atipica primaria e conside­
rata di natura virale (Eaton agent) e successivamen­
te riferita a PPLO (acronimo di "pleuropneumonia- Polmonite da haemophilus influenzae
ìike" organisms) è causata dal Mycoplasma pneumo­ L'Haemophilus influenzae (HI), noto anche come
niae (MP). L'MP, che appartiene alla classe dei Mol- bacillo di Pfeiffer, è un piccolo batterio Gram-negati­
licuti comprendente i generi micoplasma o ureopla- vo, privo di motilità, pleomorfo (forme coccobacillari
sma, è un batterio di dimensioni molto piccole, e filamentosi brevi) presente abitualmente nel naso-
privo di parete cellulare ma circondato da una faringe di individui sani. In caso di polmonite l'HI
membrana piasmatica a triplice strato, provvisto di
proteina di adesione alle cellule cigliate bronchiali,
a crescita extracellulare e a diffusione ubiquitaria,
essendo presente negli animali (topi, ratti), nelle
piante e nel suolo.
Il contagio è di regola interumano (aerosol di
goccioline infette).
Dopo un periodo di incubazione variabile da 9 a
21 giorni, la malattia si manifesta acutamente in
comunità di bambini o di giovani adulti sani (scuo­
le, collegi-convitti, caserme) in forma microepide­
mica simil-influenzale (febbre elevata, malessere,
cefalea, otalgia, faringite, tosse secca). Tuttavia, a
differenza delle forme influenzali, la PM può mani­
festarsi in tutti i mesi dell'anno, è frequentemente
associata a disturbi uditivi (miringite bollosa) ed è
caratterizzata da rapido sfebbramento con terapia
antibiotica (eritromicina). In una metà circa dei casi Fia. 7 - Polmonite da micoplasma. L'escreato è caratterizzato
dalla presenza di abbondante materiale amorfo eosinofilo con
è inoltre positivo il test di emoagglutinazione a presenza di isolati macrofagi e di rarissimi granulociti neutro-
freddo.
Polmoniti batteriche acute « 247

può essere parte di flora batterica mista o rivestire il


ruolo di germe di sortita, ma può anch essre il pato­
geno primario. Quest'ultima evenienza si verifica
segnatamente in 2 classi di pazienti: bambini al di
sotto di 5 anni (che non hanno ancora sviluppato le
difese immunitarie contro la capsula delTHI) e adul­
ti ultracinquantenni affetti da varie patologie (Tab. 1).
La presentazione clinica nei pazienti pediatrici è di
tipo subacuto con tosse e febbricola persistente per
settimane. Nell'adulto consegue generalmente ad
un'infezione delle vie aeree superiori ed esordisce
acutamente con febbre elevata e tosse produttiva.
L'escreato è purulento,, vischioso, punteggiato
da piccoli ammassi di colore brunastro.
Il quadro radiologico presenta reperti di tipo bron­
copolmonare o lobare od anche una combinazione Fig. 8 - Malattia dei legionari. Evidenziazione in immunofluo-
di entrambi i tipi di reperti. Nel 40-50% dei casi è rescenza della Legionella pneumophila.
presente un versamento pleurico.
Il quadro anatomo-patologico è caratterizzato da
fenomeni di bronchiolite acuta e di broncopolmoni­ tori, fonti termali, fontane decorative, docce, rubi­
te. Bronchi e bronchioli contengono un essudato netti.
purulento a ricca componente granulocitaria neu- Il quadro clinico della febbre di Pontiac è caratte­
trofila, commista a detriti cellulari e a tralci di fibri­ rizzato da un breve periodo di incubazione e da
na con presenza di HI. una presentazione febbrile acuta autolimitantesi.
L'evoluzione della polmonite è strettamente cor­ Viceversa, nella polmonite da LP, il periodo di incu­
relata alla tempestività della diagnosi e alla terapia bazione è più protratto (sino a 10 giorni), i pazienti
poliantibiotica praticata con possibile risposta tera­ sono in genere ultracinquantenni con varie patolo­
peutica favorevole entro le 24 ore. gie di base e il quadro clinico è più vario e grave
La mortalità pediatrica è del 5% circa, quella con febbre elevata (sino a 40°C), letargia, cefalea,
fetale (in caso di infezione da HI durante la gravi­ tosse non produttiva, dolori toracici, nausea, vomi­
danza) di oltre il 50%, quella generale del 28% . to, dolori addominali, diarrea con iponatriemia e
ipofosfatemia.
L'escreato, mizialmente assente, è acquoso e
Legionellosi
successivamente purulento.
La dizione di legionellosi comprende tutta la Il quadro anatomo-radiologico è prevalentemente
patologia infettiva da legionella e, in particolare, la quello di una broncopolmonite diffusa con forma­
polmonite da legionella (o Malattia dei Legionari), zioni nodulari multiple giallastre peribronchiali
la polmonite di Pittsburgh e la febbre di Pontiac, la (talora estesamente confluenti con un pattern pseu-
forma meno grave senza interessamento polmona­ dolobare) e possibile comparsa di pleurite fibrino­
re. La prima identificazione del patogeno risale al sa. Nella polmonite di Pittsburgh l'interessamento è
1977, ad un anno dopo, cioè, l'epidemia che si era prevalentemente di tipo lobare. Gli alveoli interes­
verificata (con 34 decessi) tra i 4500 membri dell'A- sati presentano un infiltrato acuto fibrinopurulento
merican Legion partecipanti ad una Convenzione in leucocitoclastico con presenza di un gettito variabi­
un albergo di Philadelphia. Da allora sono state le di macrofagi e con possibili focali fenomeni
identificate oltre 50 specie di legionella (di cui circa vasculitici.
una metà patogene per l'uomo), rappresentate La LP resiste alla digestione endomacrofagica e
principalmente dalla L. pneumophila (85% circa dei può essere evidenziata con metodiche di impregna­
casi) e, in minor misura, dalla L. micdadei (8% circa, zione argéntica (Dieterle, Warthin-Starry) immu-
responsabile della polmonite di Pittsburgh) e dalla noistochimiche e di immunofluorescenza (Fig. 8).
L. longbeachae (1-3% circa dei casi). Anche in presenza di adeguata terapia antibioti­
La L. pneumophila (LP) è un batterio aerobio, ca, la mortalità è compresa tra il 5 e il 25% dei casi.
Gram-negativo, di piccole dimensioni (1-2 micron),
con un particolare profilo lipidico della parete cel­
Polmonite da chlamydia pneum oniae
lulare, presente in ambiente acquatico e a crescita
facoltativa intracellulare (macrofagi, cellule epite­ Le clamidie, note in passato come bedsonie,
liali alveolari). costituiscono un genere batterico a crescita intracel­
La polmonite da LP, che può presentarsi anche in lulare obbligata, che comprende 3 specie patogene
forma sporadica (in sìngoli individui) non si tra­ per l'uomo: la C. trachomatis, la C. psittaci (trattate
smette mediante contagio interumano ma con l'i­ nella sezione dedicata alle linfonoditi necrotizzanti)
nalazione di aerosol infetti a varia provenienza: e la C. pneumoniae. L'infezione indotta da quest'ulti-
condizionatori, umidificatori, evaporatori, respira- ma specie, identificata più tardivamente delle
248 ^ Malattie batteriche
prime due e responsabile in certe comunità del 10% Presentazione clinico-radiologica. L'esordio è carat­
di tutte le infezioni respiratorie, consegue a conta­ terizzato da febbre e tosse produttiva. Uescreato è
gio diretto interumano anziché a contagio ambien­ denso e purulento. Radiologicamente è presente un
tale (aviario), come nel caso della C. psittaci. Essa quadro di broncopolmonite bilaterale prevalente ai
presenta una distribuzione bimodale rispetto all'età lobi inferiori.
interessando principalmente bambini in età scolare Reperti morfologici. I polmoni presentano inizial­
ed anziani. Nei pazienti di quest'ultima fascia di età mente numerose formazioni nodulari, di colore
è stata inoltre prospettata una possibile relazione variabile dal giallo al marrone rossiccio e con una
con il processo ateromatoso. porzione centrale purulenta, a sede peribronchiale
L'infezione da C. pneumoniae (CP) ha una distri­ (in caso di infezione aerogena) o perivascolare (in
buzione geografica ubiquitaria ed è stata considera­ caso di infezione ematogena). Successivamente i
ta responsabile negli USA di circa il 10% dei casi di focolai broncopneumonici possono divenire con­
polmonite e di circa il 5% dei casi di bronchite. fluenti con formazione di cavità ascessuali multiple
Quadro cìinico-radiologico. L'esordio della polmo­ anche di diversi centimetri di diametro.
nite da CP, in genere caratterizzato da febbre e tosse Il quadro microscopico è caratterizzato da una flo-
non produttiva, è spesso preceduto da altre manife­ gosi a preminente componente granulocitaria neu-
stazioni acute (faringite, laringite, sinusite, bronchi­ trofila con presenza di colonie batteriche costituite
te) assumendo un quadro di grave infezione acuta da forme coccoidi disposte "a grappolo d'uva" (da
in piccoli pazienti affetti da drepanocitosi. Il quadro cui il nome di stafilococco).
radiologico evidenzia fenomeni di consolidamento Ascessi a localizzazione mantellare possono
alveolare e di opacità interstiziale con possibile svuotarsi nel cavo pleurico con conseguente com­
reperto di versamento pleurico. parsa di empiema che costituisce una frequente
Il quadro morfologico è caratterizzato principal­ complicanza della malattia (20% circa dei casi negli
mente da fenomeni di bronchiolite acuta e cronica adulti, 75% circa dei casi nei bambini). Nei piccoli
con possibile reperto (col Giemsa) di minuscoli pazienti (sino al 40% dei casi) e, in minore misura
corpi di inclusione (noti come corpi di Levinthal) negli adulti, il tessuto ascessuale può penetrare in
nelle cellule alveolari ipertrofiche. L'accertamento un bronco, dando origine, anche per effetto della
diagnostico è in genere condotto con metodiche sie­ ventilazione, ad una cavità delimitata da una sotti­
rologiche o colturali. Recentemente, è stata speri­ le parete fibrotica nota come pneumatocele, che può
mentata (Tong et al., 1999) una metodica di PCR andare incontro a rottura con conseguente forma­
multipla in grado di distìnguere l'infezione da CP zione di pneumotorace. La polmonite stafilococcica
da quella da C. psittaci. richiede una terapia antibiotica aggressiva (anche
Complicanze. La polmonite da CP, trattata con per via endovenosa) e mirata nei confronti dei
adeguata terapia antibiotica, decorre in genere in numerosi cep p i di S. aureus divenuti resistenti ai
modo favorevole. Tra le principali possibili compli­ vari antibiotici. La mortalità, che si colloca media­
canze figurano: meningoencefalite, S. di Guillain- mente tra il 25 e il 30% dei casi, può raggiungere
Barré, miocardite, artrite. l'80% se la polmonite è associata a batteriemia.

Polmonite stafilococcica Polmonite da klebsiella


La polmonite stafilococcica è una grave, anche La polmonite da Klebsiella, nota anche come
se relativamente infrequente, infezione polmonare polmonite di Friedländer è una grave infezione pol­
ad elevata mortalità, causata principalmente dallo monare ad elevata mortalità, che rappresenta il 30%
S. aureus e occasionalmente da altri stafilococchi (S. circa delle polmoniti nosocomiali - incidendo parti­
epidermis e S. saprophyticus). Si tratta di batteri colarmente in pazienti anziani, etilisti, diabetici,
Gram-positivi e catalasi-positivi, spesso presenti debilitati con patologia cardiovascolare - causata
nelle cavità nasali di portatori sani, capaci di pro­ dalla Klebsiella pneumoniae (KP). La KP, nota anche
durre ima varietà di tossine esitanti in danno tessu­ come bacillo di Friedländer, è un batterio, privo di
tale e dotati di un peculiare sinergismo con alcune motilità, fermentante il lattosio della famiglia delle
infezioni virali (influenza negli adulti, morbillo nei Enterobacterìaceae, Gram-negativo e provvisto di
bambini). In ambiente ospedaliero la percentuale di ima spessa capsula polisaccaridica PAS-positiva e
portatori sani (anche di ceppi resistenti ai comuni colorabile anche col mucicarminio. Presente nor­
antibiotici) supera il 50% ed è stato calcolato che la malmente nella flora intestinale, la KP può ritrovar­
polmonite stafilococcica assommi al 10% di tutte le si anche nel cavo orale di pazienti con scarsa igiene
polmoniti nosocomiali. L'infezione avviene per via orale o migrare a livello faringeo (per un meccani­
aerogena o, più raramente, per via ematogena. Nel smo di colonizzazione batterica eterotopa) in
primo caso si tratta in genere di pazienti affetti da pazienti sottoposti a protratta terapia antibiotica.
malattia ostruttiva cronica o da neoplasia polmona­ Presentazione clinico-radiologica. L'esordio è acuto
re o sottoposti ad intubazione, nel secondo caso di con febbre, brividi, dolore toracico e tosse produtti­
pazienti con endocardite cronica o portatori di pro­ va. L'escreato è denso, mucoide, rossastro, gelatino­
tesi vascolari o di tossicodipendenti. so, tipicamente a "gelatina di ribes". Il quadro
Polmoniti batteriche acute & 249

radiologico evidenzia, prevalentemente ai lobi - Forma batteriemica. Colpisce in genere


superiori, un consolidamento omogeneo con persi­ pazienti immunodepressi (da terapia steroidea o da
stenza dei broncogrammi aerei, ad estensione loba­ HIV) e, particolarmente, pazienti neutropenici da
re o lobulare, spesso monolaterale ma anche bilate­ chemioterapia antineoplastica, nonché pazienti
rale, con versamento pleurico (in circa il 70% dei estesamente ustionati o portatori di infezione da PA
casi) e possibile reperto di empiema. a livello urinario o intestinale. Anche in questa
Aspetti morfologici: Il lobo polmonare interessato forma l'esordio è acuto con febbre alta, dispnea,
appare rigonfio per un processo di polmonite loba­ tosse, stato confusionale, ma, a differenza della
re o lobulare confluente. La superficie di taglio ha forma precedente, l'escreato è generalmente scarso
un colorito giallastro ed uh aspetto mucoide per la e non purulento. Radiologicamente si apprezzano
presenza di aree necrotiche multicentriche, passibi­ noduli multifocali. Istologicamente, si evidenzia una
li di frequente evoluzione ascessuale (50% circa dèi colonizzazione batterica della parete vascolare con
casi) e di occasionale evoluzione gangrenosa. conseguente formazione di necrosi emorragica.
Microscopicamente si osserva un quadro di flo- L'interessamento vascolare può manifestarsi clini­
gosi acuta necrotizzante a ricca componente granu- camente con un quadro di pseudo-tromboembolia
locitaria neutrofila con presenza del patogeno a polmonare. In entrambe le forme l'orientamento
sede extra- ed intracellulare e con possibile reperto diagnostico di polmonite da PA è confermato dall'i­
di fenomeni di vasculite conseguenti all'infiltrazio­ solamento colturale.
ne granulocitaria della parete. Nonostante la tera­ Nonostante la terapia antibiotica la mortalità è
pia antibiotica, la mortalità varia tra il 25 e il 50% elevata (particolarmente nella forma batteriemica)
dei casi, risultando particolarmente elevata in risultando compresa tra il 36 e l'81% dei casi.
pazienti ricoverati in terapia intensiva.
Polmonite da anaerobi
Polmonite da pseudomonas
Le polmoniti da aspirazione sono emblematica­
La polmonite da pseudomonas è ima grave infe­ mente rappresentate dalla polmonite da anaerobi
zione polmonare causata prevalentemente dalla P. (PA). Si tratta di un'infezione polmonare che si
aeruginosa ed occasionalmente dalla P. pseudoalcali- esprime con una flogosi necrotizzante esitante fre­
genes e dalla P. cepacia. Quest'ultima specie, attual­ quentemente in ascesso polmonare con conseguen­
mente nota come Burkholderia cepacia, si riscontra te cavitazione. La PA, di regola assente in pazienti
particolarmente in pazienti affetti da fibrosi cistica. edentuli, si riscontra in genere in pazienti con scar­
La P. aeruginosa (PA) è un esile batterio, Gram- sa igiene orale e, particolarmente in pazienti con
negativo, delle dimensioni di 1.5-5.0 x 0.5-1.0 paraodontopatie. Nel cavo orale e nella faringe sono
micron, aerobico, produttore di ossidasi, dotato di infatti abitualmente presenti - in qualità di com­
motilità (da flagello polare) a distribuzione ubiqui­ mensali - gli anaerobi più frequentemente isolati
taria (acqua, vegetali, fiori, suolo) e resistente a (sino all'89% dei casi) in corso di PA, quali: il Fuso-
molti disinfettanti. La PA colonizza il tratto bacterium nucleatum, il Bacteroides melaninogenicus e il
gastrointestinale nel 5% degli adulti sani e nel 50% Bacteroides fragilis. È da rilevare peraltro che molti
dei pazienti ospedalizzati, particolarmente se affet­ casi sono riconducibili ad una flora polimicrobica
ti da neoplasia. con presenza anche di pepto-streptococchi, di cocchi
La polmonite da PA si manifesta con due differen­ microaerofili e di S. milleri.
ti form e anatomoclmiche, conseguenti alla via di infe­ La PA è indotta da un processo di broncoaspira­
zione (non batteriemica e batteriemica). zione favorito dalla perdita di coscienza e dall'abo­
- Forma non batteriemica (inalatoria). Si tratta lizione del riflesso della tosse, come si verifica in
in genere di pazienti anziani e debilitati (portatori diverse situazioni: ebbrezza alcolica, anestesia
di patologia cronica polmonare ostruttiva) con colo­ generale, traumi cranici, emorragia cerebrale, epi­
nizzazione faringea della PA a seguito di terapia lessia, coma (anche farmacologico o da overdose di
antibiotica protratta ed anche di tracheostomizzati stupefacenti). Altre condizioni predisponenti sono
o di pazienti sottoposti a ventilazione meccanica rappresentate dalla disfagia da patologia neurolo­
(con inadeguate procedure di sterilizzazione). gica od esofagea (acalasia, stenosi, diverticolosi) e
L'esordio è acuto con brividi, febbre e tosse produt­ dall'immunodepressione.
tiva. L'escreato è abbondante e purulento con presen­ Presentazione clinico-radiologica. Il quadro clinico è
za di numerosi esili batteri Gram-negativi. Radiologi­ caratterizzato da perdita di peso, febbre, sudorazio­
camente si evidenziano focolai multipli bilaterali di ne, alitosi, dispnea, tosse produttiva, risentimento
broncopolmonite prevalenti ai lobi inferiori con fre­ pleurico, L'escreato è abbondante e tipicamente di
quente riscontro di modesto versamento pleurico. odore fetido. Radiologicamente si riscontrano masse
Morfologicamente, i polmoni presentano focolai di focali o multifocali con presenza di cavità a parete
broncopolmonite a disposizione broncocentrica, mul­ sottile e a margini interni lisci.
tipli e ben demarcati, con aree di necrosi confluente, Reperti morfologici. Il quadro morfologico di base
di colore giallo chiaro sulla superficie di taglio, a pre­ è quello di una flogosi necrotizzante a massiva
minente componente granulocitaria neutrofila. componente granulocitaria neutrofila, spesso asces-
250 Malattie batteriche
© sottolineare la preponderante componente ezio­
logia batterica Gram-negativa;
© evidenziare il cammino che ha portato a ricono­
scere l'eziologia batterica dì condizioni conside­
rate in precedenza di natura virale.

M alattia da graffio di gatto


La malattia da graffio di gatto (MGG) è un pro­
cesso morboso su base infettivo-ambientale segna­
lato per la prima volta in Europa dal gruppo di
Debré nell'imminenza dello scoppio della II Guerra
Mondiale. L'MGG ha avuto vari sinonimi, tra cui:
linforeticulosi benigna da inoculazione, felinosi,
linfadenite regionale non batterica. Quest'ultima
dizione, ovviamente caduta in disuso, stava a
Fig. 9 - Cavità asessuale recente da polmonite da anaerobi. Si segnalare una supposta eziologia virale conseguen­
notino i bordi cavitari sottili e frastagliati. te alla mancata evidenziazione di forme batteriche
con le metodiche tradizionali. La dimostrazione
dell'eziologia batterica è avvenuta nel 1983 ad
suaìizzante con comparsa di una formazione cavi­ opera di Wear et al. con tecniche di impregnazione
taria contenente pus, delle dimensioni mediamente argéntica (Warthin-Starry). Il patogeno, considerato
di 2-6 centimetri. La parete cavitaria, esile e frasta­ inizialmente come Rochalimea e successivamente
gliata in fase iniziale (Fig. 9) diviene più spessa e come Afipia (Afipia felis), è attualmente identificato
fibrotica in fase evoluta. A differenza delle bron- come B arton ella (Bartonella henselae).
chiectasie suppuranti, l'area cavitaria da PA conse­ In precedenza, era stato segnalato che la diffusio­
gue alla distruzione (a "cross country") del parenchi­ ne della MGG era parallela all'espansione di areale
ma polmonare e comunica quindi con più termina­ di colombiformi (streptopelia decaocto, sive tortora dal
zioni respiratorie. collare orientale) (Fig. 10) e che il mancato stanzia­
L'orientamento diagnostico di PA va confermato mento di detti colombiformi in talune aree geografi­
mediante isolamento colturale condotto in anaero­ che italiane (Roma, Sardegna) - dove erano peraltro
biosi. presenti gatti e passeracei - corrispondeva alla man­
Le complicanze più frequenti sono rappresentate cata osservazione di casi di MGG da parte di uno
da empiema pleurico, emottisi e diffusione polmo­ degli Autori, che vi aveva soggiornato a lungo svol­
nare aerogena. Una rara, ma grave, complicanza è gendo la sua attività di pediatra.
la gangrena polmonare dovuta a trombosi di un
ramo dell'arteria polmonare.

S linfonodi!! necrotizzanti
da batteri e cSomidie
Le linfonoditi necrotizzanti riconoscono diversi
agenti eziologici, tra cui principalmente, micobatte-
ri, spirochetali e funghi (classicamente il criptococ­
co), considerati in altri capitoli (o sezioni) di questo
trattato.
Lo scopo di aver raccolto in questa sezione con­
dizioni apparentemente così diverse tra loro non è
stato certamente quello di trovare un "contenitore"
da riempire ma, al contrario, quello di:
© raggruppare le diverse patologie a modalità di
trasmissione sostanzialmente duplice: ambien­
tale o sessuale; Fia. 10 - L'espansione di areale (colore giallo) della tortora da!
® facilitare la diagnosi differenziale (Tab. 2) di collare coincide temporalmente con la comparsa di casi di
processi morbosi, assai diversi per evoluzione malattia da graffio di gatto in Italia ed in Europa occidentale. La
prognostica e terapeutica ma caratterizzati da
linea verde evidenzia l'habitat della tortora delle paime, quella
tratteggiata l'area di Artenkreise (letteralmente crocicchio di
quadri morfologici di base similari (o sovrappo­ speci}. La freccia rossa evidenzia il percorso stagionale degii
nibili); uccelli migratori.
Linfonodifi necrotizzanti da batteri e clamidie - 251

Aspetti comparativi di linfonodi necrotizzanti (da batteri* e clamidie)

Modalità Presentazione Stazioni linfono­


Malattia Microrganismo di do!! prevalente­ Morfologia Diagnosi
trasmissione iniziaie mente interessate
Bartonella Epitrocleari, ascel­ Necrosi stellari- Warthin-Starry.
henselae
M. da graf­ (Afipia Cute: papula, lari, capo e collo forme anche Metacromasia
felis
fio di gatto occasional­ Inoculazione nodulo crostoso (80%), inguinali alcole-resistente.
(20%) simil-caseosa Sierologia. PCR°
mente)
Linfogranu­ Papulo-vescicole Ànticorpi mono-
loma vene­ Chlamydia ulcerate; glande, Necrosi stellari- clonali. Isolamen­
reo Sessuale grandi labbra, inguinali, pelviche forme, possibile to colturale. Ibri-
(M. di Nico- trachomatis vagina fistolizzazione dizzazione in situ
las-Favre)
Zoonosi Cute, sacco con­ Fiogosi necrotiz­ isolamento
Francisella (scoiattoli, giuntivaie: lesioni Capo e collo, zante tubercoloi- colturale.
Tularemia tularensis topi, lepri). papu io-necrotiche ascellari, de, possibile fisto­ Sierologia, immu-
Punture di ulcerative mesenteriche lizzazione nofluorescenza
insetti

Ulcere suppurative: Fiogosi suppurati­ Agoaspirato


Cancroide Haemophilus Sessuale glande, prepuzio, Inguinali va (bubbone), (Gram). PCR.
ducreyi grandi labbra possibile rottura Isolamento
lìnfonodale colturale

Listeria Zoonosi Fiogosi granulo- Isolamento coltu­


Lisferiosi monocytoge­ (roditori, Episodi anginosi, Laterocervicali matosa necrotiz­ rale. Sierologia.
nes ruminanti); monocitosi zante, possibile Gram, Gomori,
latte fresco fistolizzazione Warthin-Starry

Linfonodite Yersinia énte- Zoonosi (pic­ Fiogosi granulo-


mesenterica rocolitica, cioni selvatici, Intestino: ileo termi­ Mesenteriche matosa necrotiz­ PCR. isolamento
(M. di : Y. Pseudofu- ratti), alimenti nale, appendice e cervicali zante, possibile colturale
Masshoff) berculosis e bevande decaie fistolizzazione
contaminate
Yersinia Pulci murine. Malattia febbrile Bubbone (4-8
pestis (sotto­ inguinali, iliache, cm). Fiogosi
Peste specie di Possibile con­ acuta. Comparsa di ascellari,
tagio interu­ bubboni necrotico-emorra- Giemsa.
mento
Isola­
colturale
Y. Pseudotu­ mano mediastiniche gica con possibile
berculosis) fistolizzazione
Zoonosi Fiogosi granulo- isolamento colturale.
Morva Pseudomo- (cavalli). Inci­ Cute: ascessi Tributarie matosa necrotiz­ DD: actinomicosì,
nas mallei dente di labo­ necrotizzanti zante nocardiosi, sporo-
ratorio tricosi
Ambientale
Pseudomo- (suolo, acque Cute, ossa, Necrosi stellari- Isolamento
Meiioidosi nas pseudo­ superficiali e polmoni: Tributarie forme colturale
mallei fangose). Tossi­ fiogosi suppurativa
codipendenza
Zoonosi Cute, capo, mani:
(ruminanti, papule-vescicole esi­ Ematossilina-eosi-
Bacillus
Carbonchio anthracis animali tanti in ulcerazioni Regionali, Necrosi acuta
emorragica na. Isolamento
domestici) crateriformi con for­ ilo-mediastiniche colturale
mazione di escara

(*)= Batteri Gram-negativi, ad eccezione di B. anthracis e di L. monocytogenes


(°)= PCR, Reazione polimerasica a catena con identificazione di sequenza specifica di DNA batterico
252 ® Malattie batteriche
Materiale ambientale infetto proveniente dagli
escrementi dei colombiformi (o di altri animali) può
penetrare la cute (innescando l'infezione) con varie
modalità: graffio di gatto o di altri animali (coni­
glio, volpe, toporagno), punture di spine o di rovi,
cadute a terra, ecc. La maggior frequenza dell'affe­
zione in età pediatrica è correiabile alla maggior
tendenza in tal età a toccare il suolo o a maneggia­
re oggetti caduti al suolo.
Il quadro clinico è caratterizzato (incostantemen­
te) da papule o noduli crostosi situati prevalente­
mente agli arti superiori con linfonodite locoregio­
nale. L'interessamento epitrocleare è altamente sug­
gestivo di MGG.
Il quadro microscopico evidenzia più frequente­
mente una tipica necrosi stellariforme (Fig. 11) da
porre necessariamente in diagnosi differenziale con Fig. 13 - Evidenziazione del patogeno (B. henselae) coi War-
la tularemia e il linfogranuloma venereo) o, meno tfiin-Starry (colore nero).
frequentemente, un quadro pseudotubercolare
(Fig. 12), da porre in diagnosi differenziale con le
linfonoditi tubercolari o da MOTT). sabile della cosiddetta febbre delle trincee, mentre la
L'orientamento diagnostico di MGG è confer­ B. bacilliformis è considerata l'agente patogeno della
mato dal reperto di piccole forme bastoncellari col febbre di Oroya.
Warthin-Starry (Fig. 13), dalla presenza di metacro-
masia alcole-resistente e dalla positività dei test sie­ Linfogranuloma venereo
rologici e di biologia molecolare (PCR, Mouritsen et
al., 1997). La linfoadenectomia, oltre a consentire la Il linfogranuloma venereo (LGV), riferito in lette­
diagnosi istopatologica, rappresenta in genere un ratura con diversi sinonimi (linfogranuloma ingui­
atto medico di valore terapeutico. nale, M. di Nicolas-Favre, sesta malattia, bubbone
Tra le rare complicazioni, su base setticemica, par­ climatico) è una malattia infettiva sessualmente tra­
ticolarmente in pazienti immunodepressi sono state smessa, a distribuzione ubiquitaria ma più frequen­
segnalate forme di: meningite, encefalite, linfonodi­ te in Asia, Africa e Sud America, dovuta a immuno-
te ilare e mesenterica, sinovite ed osteomielite. tipi (LI, L2, L3) di Chlamydia trachomatis (CLT). Le
La B. henselae, oltre ad essere il patogeno della clamidie sono organismi a crescita obbligata intra­
MGG, ha anche un ruolo eziologico nel determini­ cellulare che condividono peraltro molte caratteri­
smo dell' angiom atosi bacillare (angiomatosi epite- stiche comuni ai batteri (tra cui una discreta parete
lioide) consistente in una rara forma di proliferazio­ cellulare) di cui sono note al momento, oltre alla C.
ne vascolare riscontrata in pazienti affetti da AIDS. pneumoniae già trattata in precedenza, altre due
Altre specie di bartonella sono ritenute responsabili distinte speci: la Chlamydia trachomatis (CLT) e la
di patologie a presentazione clinica assai diversa da Chlamydia psittaci (CLP). Quest'ultima induce una
quella soprariferita. La B. quintana è ritenuta respon- polmonite (omitosi) trasmessa da uccelli infetti con

<;>’

Figg. 1 1 - 1 2 - Linfonodite necrotizzante da malattia da graffio di gatto con ii tipico aspetto di necrosi stellariforme
(Fig. ì 1) e con il più raro reperto di necrosi tubercoloide (Fig. 12).
Linfonoditi necrotizzanti da batteri e clamidie 253

possibile reperto di linfonodite peribronchiale local­ introflessione delle ciglia (trichiasi) e delle palpebre
mente necrotizzante. La CLT causa LGV, uretrite, (entropion), fusione dei margini palpebrali (sinble-
endometrite, malattia infiammatoria pelvica, sterili­ faron).
tà, tracoma. Analogamente ad altre malattie vene­
ree, il LGV è clinicamente distinto in tre stadi. La Tularemia
lesione primaria, transitoria e spesso impercettibile,
caratterizzata da papule, ulcere o vescicole erpeti- La tularemia (TM) deve la sua denominazione
formi (pene, grandi labbra, vagina) compare pochi alla contea di Tulare (California) dove fu riscontrata
giorni (o settimane) dopo il contagio. Lo stadio una setticemia mortale degli scoiattoli e successiva­
secondario, che si manifesta diverse settimane dopo mente di altri roditori (conigli, lepri). Nel 1914 fu
il contagio, è caratterizzato dalla linfonodite bubbo- segnalato da Wherry e Lamb il primo caso di infezio­
niforme nei linfonodi inguinali con possibile docu­ ne nell'uomo e, nel 1925, Edward Francis dimostrò la
mentazione del patogeno. Lo stadio terziario, di più trasmissione dell'infezione - veicolata da artropodi -
frequente osservazione nel sesso femminile, è con­ dai roditori all'uomo. La TM ha avuto molti sinoni­
trassegnato dalle sequele flogistiche: stenosi, fistole, mi, tra cui: febbre da coniglio, febbre da roditori, feb­
elefantiasi genitale da linfedema. bre da topo artico, M. di Francis.
La durata della malattia può essere prolungata La malattia è dovuta a un piccolo coccobacillo
nei pazienti HlV-positivi. Lfinfezione da CLT può Gram-negativo, denominato inizialmente Bacterium
decorrere, almeno inizialmente, in modo asintoma­ tularense, considerato poi appartenente (in succes­
tico in pazienti affette da infertilità. In questi casi, la sione) al genere Pasteurella, Brucella ed Yersinia,
diagnosi può essere effettuata (Fig. 14) su strisci cer- attualmente noto come Francisella tularensis (FT). La
vico-vaginali. La CLT è anche responsabile di un'in­ TM ha distribuzione ubiquitaria, pur essendo pre­
fezione del globo oculare, nota come tracom a (tra­ valente in Nord America, Russia e Scandinavia.
coma, dal latino scientifico tracoma, dal greco L'uomo viene infettato dalla puntura di vettori
trachys - aspro - , per l'asperità delle palpebre), che infetti (zecche o zanzare) o per contatto con conigli
costituisce la principale causa di cecità nei Paesi del o roditori infetti (topo muschiato, topo artico).
Terzo Mondo con trasmissione (in condizioni igieni­ Il quadro anatomoclinico è caratterizzato da
che scadenti) per contatto od occhio-a-occhio da forme cutanee, oculari e generalizzate.
zanzare. In caso di mancata igiene oculare o di tera­ Tularemia cutanea (ulcero-ghiandolare). La porta
pia antibiotica insufficiente o inadeguata, la lesione d'entrata dell'infezione (generalmente mano) è con­
oculare, contraddistinta inizialmente dalla compar­ trassegnata nel giro di pochi giorni da una papula
sa di follicoli linfatici nella congiuntiva, evolve in che può ulcerarsi e persistere per settimane (o, al
fasi successive caratterizzate da ipertrofia follicolare contrario, risolvérsi in breve tempo) con comparsa,
necrotizzante, ipertrofia papillare (da flogosi stra­
dopo qualche settimana, di linfangite ascendente
niale), tessuto di granulazione, fibrosi e fenomeni
con ipertrofia dolorosa dei linfonodi tributari.
cicatriziali, quali: ostruzione dei dotti lacrimali,
Il quadro istologico (Figg. 15 e 16) è quello di una
linfonodite granulomatosa necrotizzante tuberco-
loide con frequente reperto di cellule giganti tipo
Langhans. Il materiale necrotico è di tipo liquefatti-
vo piuttosto che caseoso e può contenere detriti cel­
lulari e nucleari ed anche elementi granulocitari
neutrofili ed istiocitari ben conservati. L'orienta­
mento diagnostico di TM deve essere ulteriormente
confermato da metodiche colturali o sierologiche
od anche da tecniche di immunofluorescenza
(Young et al., 1969). La diagnosi differenziale va
posta necessariam ente con le linfonoditi da mico-
batteri e da yersinie, con il LGV e con la MGG.
- Tularemia oculare (oculo-ghiandolare). La FT
può entrare in uno od entrambe i sacchi congiunti­
vali inducendo una congiuntivite acuta ulcerativa
con interessamento dei linfonodi parotidei, sotto­
mandibolari e laterocervicali profondi.
- Tularemia generalizzata. È caratterizzata da una
disseminazione miliariforme pluriviscerale e liuto -
Fig. 14 - Striscio cervico-vaginale di paziente affetta da linfo­ nodale a base setticemica. In questi casi, peraltro, il
granuloma venereo (in forma clinicamente asintomatica}. Sono sospetto diagnostico di TM può suggerire l'impiego
presenti i tipici corpi citoplasmatici. La diagnosi è stata succes­
sivamente confermata dall'ibridizzazione in situ e dall'isola­ terapeutico di streptomicina o di altri antibiotici
mento colturale. appropriati con effetto life-saving.
254 - Malattìe batteriche

Figg. 15- 16 - Linfonodite tuiaremica. Il quadro morfologico ricorda quello della linfonodite da graffio di gatto. La diagnosi è stata
confermata dagli accertamenti sierologici consigliati.

Cancroide (particolarmente in caso di mucche con mastite


listeriosica), assunzione di latte fresco (non pasto-
Il cancroide è una malattia infettiva sessualmen­ rizzato) od anche per contagio interumano ad
te trasmessa, dovuta all'Haemophilus ducreyi (HD). opera di portatori asintomatici. La LM colpisce pre­
La frequenza dell'infezione, in declino nei Paesi valentemente soggetti anziani o immunodepressì,
industrializzati, permane elevata in Africa, dove neonati e donne gravide con un quadro clinico pro­
rappresenta la causa principale di ulcere genitali e teiforme riconducibile sostanzialmente a forme lin-
favorisce la diffusione eterosessuale dell'HIV. Dopo fonoditiche, neonatali e sistemiche.
un periodo di incubazione di pochi giorni compaio­ - Linfonodite listeriosica. La presentazione clinica
no, nell'area genitale e nel perineo, ulcere dolorose, è quella di una linfonodite latero-cervicale "sempli­
uniche o multiple, a margini irregolari e non induri­ ce" o di linfonodite anginosettica (associata a tonsil­
ti (soft sore), talora di difficile diagnosi differenziale lite e/o faringite acuta) con un quadro clinic.o simi­
con il granuloma inguinale o con lesioni erpetiche. le a quello della mononucleosi infettiva, hi entram­
Citologicamente possono essere evidenziate bi i casi si tratta di pazienti adulti immunodepressì
forme bastoncellari Gram-negative disposte a for­ con monocìtosì nel sangue periferico.
mare catene parallele "a banchi di scuola". In una Il quadro istologico è quello di ima linfonodite
metà circa dei pazienti, la diffusione per via linfati­ necrotizzante (con possibile fistolizzazione) costi­
ca dell'HD induce una linfonodite suppurativa tuito da focolai granulomatosi a cellule epitelioidi
acuta dei linfonodi regionali (generalmente ingui­ centralmente necrotizzanti (e confluenti) con possi­
nali) con possibile interruzione della capsula, peri- bile reperto di cellule giganti, da porre n ecessaria­
linfonodite e fistolizzazione. Istologicamente, i lin­ m ente in diagnosi differenziale con il LGV, la MGG
fonodi presentano focolai di necrosi confluente a e le linfonoditì da yersinia. La porta di entrata cuta­
ricca componente granulocitaria neutrofila. La nea, ove presente, è caratterizzata da lesioni papu-
maggior estensione della necrosi e il più raro lari o pustolari con possibile documentazione endo-
riscontro di cellule epitelioidi e di cellule giganti macrofagica (Grani, Grocott, Warthin-Starry) del
depongono in favore del cancroide nella diagnosi patogeno.
differenziale con il LGV, da confermare peraltro con - Listeriosi neonatale (granulomatosi infantisetti-
ulteriori accertamenti (Tab. 2). ca). È trasmessa per via transplacentare (Figg. 17 e
18) al feto dalla madre, la cui infezione durante la
Lister ¡osi gravidanza può esprimersi con brevi episodi feb­
brili acuti o decorrere completamente asintomatica.
La listeriosi (LT) è una malattia infettiva dovuta La listeriosi neonatale è caratterizzata da papille
a un coccobacillo Gram-positivo, isolato a Cam­ rilevate (prevalenti nella regione dorso-lombare) e
bridge in uno stabulario di conigli da Murray et al. dalla disseminazione di noduli miliariformi (cen­
(1926), denominato inizialmente Bacierium monocy- tralmente necrotizzanti) biancastri o grigio-gialla-
togenes e successivamente Listeria monocytogenes stri (fegato, milza, linfonodi, surreni, faringe poste­
(LM) in onore di Lord Lister, celebre chirurgo ingle­ riore e tonsille, polmone, pleura, leptomeningi).
se. Successivamente, la LM è stata isolata in 35 spe­ - Listeriosi sistemica. Prevalente in pazienti anzia­
cie di mammiferi, in 17 specie di uccelli, nonché nel ni immunodepressi, consegue a batteriemia e pre­
latte e nel foraggio. La trasmissione della zoonosi senta localizzazioni cardiache e cerebrali oltre a
all'uomo avviene per contatto con animali infetti quelle soprariferite.
Linfonoditi necrotizzanti da batteri e clamidie ;■ 255

Figg. 17-18 - Placenfite listeriosica. Fig. 17. Fiogosi granulomatosa necrotizzante. Fig. 18. Evidenziazione del patogeno {colore
nero) mediante metodica di impregnazione argéntica (Wartfiin-Starry).

Linfonodite mesenterica Peste


La linfonodite mesenterica (sinonimi: M. di La peste (sinonimi: morte nera, plague, bubonic
Masshoff/linfonodite mesenterica peseudotuberco- plague) è una malattia infettiva ed altamente conta­
lare) è ima linfon odite gran u lom atosa necrotizzan­ giosa, passibile peraltro di guarigione con terapia
te ad esord io acu to, spesso diagnosticata come antibiotica (streptomicina, tetracicline, cloranfeni-
appendicite acuta,, che rappresenta circa il 30% di colo) tempestiva, dovuta ad una sottospecie di Yer­
ricoveri per addome acuto in Centri Chirurgici sinia pseudotuberculosis, precedentemente riferita
Pediatrici. La malattia, prevalente in bambini o in come Yersinia pestis o con altre dizioni (Pasteurella
giovani adulti che si ritrovano a vivere in condizio­ pestis, P. antiqua, P. mediaevalis, P. orientalis). Si tratta
ni precarie di igiene ambientale e personale, è di un coccobacillo Gram-negativo, a profilo rigon­
dovuta principalmente alla Yersinìa enterocolitica fio, privo di motilità, bipolare (col Giemsa o col
(YE) e, in misura assai minore, alla Yersinia pseudo- Wayson) e .dotato di endotossine inducenti collasso
tuberculosis (YP, nota in passato come Pasteurella vascolare periferico.
pseudotuberculosis). Epidemiologia e modalità di trasmissione. La peste
La YE è un organismo di provenienza zoonotica, silvana (o selvatica) è tuttora presente in aree remo­
normalmente assente nell'uomo. Individui apparte­ te e circoscritte di Asia, Africa ed America, dove il
nenti a famiglie o piccole comunità possono infet­ serbatoio di mantenimento della malattia è rappre­
tarsi con cibo contaminato o con comunanza con sentato da animali selvatici, ovviamente diversi da
animali domestici. Si ha quindi ima diffusione del­ area ad area (scoiattoli, lepri, marmotte, gerbilli,
l'infezione da persona a persona mediante il circui­ cani della prateria ed, eccezionalmente, cammelli).
to oro-fecale. Detti animali selvatici sono relativamente resistenti
Il quadro istologico evidenzia una linfonodite gra­ all'infezione ma in genere affetti da splenomegalia
nulomatosa a ricca componente macrofagica (epite- da considerare ai fini diagnostici ed epidemiologici.
L'uomo viene principalmente infettato dalla puntu­
lioide) con un'area centrale necrotica infiltrata da
ra di pulci (segnatamente Xenopsylla cheopis) prove­
granulociti neutrofili e con possibile fistolizzazione.
niente dagli animali infetti. Anche i ratti domestici
In caso di infezione da YE può comparire interessa­
possono infettarsi previo soggiorno nelle aree pre­
mento dell'ileo terminale (associato a diarrea) e del
dette portando quindi la malattia in aree urbane. In
tratto digestivo superiore con faringite e tonsillite
corso di epidemia si verifica anche il contagio inte­
suppurativa e linfonodite necrotizzante latero-cer-
rumano. La peste si manifesta con tre forme anato-
vicale. L'orientamento diagnostico di linfonodite
mocliniche principali: bubbonica, primitiva settice­
mesenterica deve essere confermato dall'isolamen­
mica, primitiva polmonare.
to colturale di YE o dalla PCR. - Peste bubbonica. E la forma più frequente. Dopo
In caso di quadro clinico simile, ma con reperto un breve periodo di incubazione (2-4 giorni), la
di linfonodite non necrotizzante, l'eziologia yersi- malattia si manifesta acutamente con brividi, febbre,
nica è altamente improbabile e si pone quindi nausea, vomito, oliguria, tachicardia e tachipnea,
comunemente la diagnosi di linfonodite mesenteri­ massiva leucocitosi ed emocoltura positiva nel 50%
ca acuta non specifica. dei casi. Al secondo-quinto giorno di malattia com­
pare la linfonodite dolorosa e di consistenza molle,
nota come bubbone, dal diametro compreso tra 4 e 8
256 & Maloffie batteriche
cm, a sede prevalentemente inguinale negli adulti, Meiioidosi
ascellare e laterocervicale nei bambini. In fase termi­
nale compaiono petecchie ed ecchimosi massive (da La meiioidosi (ME, sinonimi: M. di Whitmore,
cui il nome di morte nera, coniato in Europa nel Rangoon beggar's disease) è una malattia infettiva, di
XIVo secolo in occasione di una devastante epide­ difficile trattamento terapeutico e con un ampio
mia di peste, che ha comportato un marcato decre­ spettro di presentazioni cliniche, dovuta allo Pseu­
mento della popolazione e l'inizio del declino della domonas pseudomallei, piccolo batterio Gram-negati­
Serenissima Repubblica di Venezia). La peste mino­ vo, bastoncellare, mobile e bipolare, presente nelle
re (piagne minor) è una variante della precedente a acque stagnanti e nel suolo del Sud-Est asiatico e di
tossiemia minimale,, presente in pazienti ambulato­ altre zone tropicali. La prima descrizione della
riali, con modesto interessamento linfonodale. meiioidosi è dovuta a Whitmore e Krishnaswami
Istopatologm. In fase iniziale, i linfonodi appaiono (1912), che l'osservarono, nella sua forma più grave,
in mendicanti e tossicodipendenti di Rangoon,
zaffati di batteri con presenza di materiale proteico e
mentre indagavano su di un'epidemia di piccoli
polisaccaridico, in assenza di infiltrato flogistico.
quadrupedi ' da tiro, che ricordava quella della
Successivamente, l'architettura linfonodale viene
morva (da cui la dizione successiva di meiioidosi).
sovvertita per la comparsa di effusione siero-ematica,
Il contagio da animali (domestici e selvatici) all'uo­
emorragia e necrosi con estensione perilinfonodale.
mo è certamente possibile a differenza di quello
- Peste primitiva setticemica. E una forma rara (1%
interumano. Durante la guerra in Vietnam si sono
circa dei casi) verosimilmente dovuta a puntura
riscontrati molte centinaia di casi nei combattenti
(del vettore) penetrata direttamente in un vaso san­
(di entrambe i fronti) particolarmente in caso di
guigno, in genere rapidamente fatale e con interes­ protratto soggiorno nelle risaie o in luoghi paludo­
samento meningeo e polmonare. si o melmosi. Conseguentemente, il principale mec­
- Peste primitiva polmonare. È contratta per via canismo di trasmissione è considerato attualmente
inalatoria da pazienti infetti (tosse) o da cadaveri. quello am bientale. È da rilevare inoltre che la ME
Dopo 48-60 ore dall'infezione la malattia si manife- può presentarsi (acutamente) mesi od anni dopo
sta acutamente con brividi, febbre elevata, tosse e aver lasciato l'area endemica, da cui la dizione di
dispnea. L'escreato è acquoso, schiumoso, occasio­ "bomba vietnamita a tempo".
nalmente striato di sangue, pullulante di cocco- La ME (a great imitator) ha una presentazione cli­
bacilli. La morte sopravviene in genere nel giro di nica proteiforme, generalmente distinta in forme:
1-2 giorni con un quadro di insufficienza respirato­ inapparenti, localizzate e generalizzate.
ria acuta e di shock da endotossine. - Forma inapparente. E attualmente riconosciuto
Morfologicamente si riscontra una polmonite ini­ che, nelle aree endemiche, ad ogni caso di ME con­
zialmente lobulare, che diviene successivamente clamato corrispondono molti casi (documentati sie­
lobare o plurilobare con pleurite consensuale fibri- rologicamente) di infezione inapparente o lieve.
no-purulenta. In fase iniziale, gli alveoli appaiono - Forme localizzate (o d'organo o croniche). Sono
zaffati dal patogeno con presenza di materiale pro- quelle sottoposte più frequentemente a prelievo
teinaceo. Successivamente le pareti alveolari diven­ bìoptico con interessamento prevalente di linfono­
gono necrotiche e compare emorragia massiva. di, milza ed ossa.
Il quadro morfologico evidenzia una combinazio­
Morva ne di necrosi e flogosi granulomatosa con presenza
di cellule epitelioidi e di cellule giganti (tipo corpo
La morva (sinonimo: glanders) è una malattia estraneo o Langhans) con possibile delimitazione
infettiva degli equini, caratterizzata da adenopatie fibrotica periferica. In particolare, nei linfon odi la
multiple (cosiddetti noduli della morva della Medi­ necrosi appare in genere stellariforme, del tutto
cina Veterinaria) e dovuta allo Pseudomonas malici, simile a quella di altre lìnfonoditi necrotizzanti
precedentemente riferito con varie denominazioni (LGV, tularemia, MGG) ma può presentarsi anche
(Bacillus mallei, Malleomyces mallei, Loejflerella mallei, con un aspetto simil-caseoso tubercoloide.
Pfeifferella mallei). 11 rischio di contagio diretto (dal­ - Forme generalizzate (setticemiche acute). Sono
l'animale infetto) per l'uomo è basso mentre assai quelle osservate più frequentemente al tavolo
maggiore è quello di infezione in ambiente labora- autoptico con presenza di ascessi disseminati. Tutti
toristico. Il quadro anatomo-clinico dell'infezione nel­ gli organi possono essere colpiti ma le lesioni di
l'uomo è caratterizzato da ascessi presenti nella più frequente riscontro sono quelle a livello di pol­
cute e nel sottocutaneo ma anche nei muscoli sche­ mone, fegato, milza, midollo osseo, linfonodi e, in
letrici e lungo il decorso dei linfatici con interessa­ minor misura, di tratto gastroenterico e cervello.
mento dei linfonodi tributari. Istologicamente è Gli ascessi nelle varie sedi sono usualmente di pic­
presente una linfonodite granulomatosa a cellule cole dimensioni (0.5-3.0 cm di diametro), di colore
epitelioidi con un'area centrale suppurativa occu­ giallastro e di consistenza gommosa, con un esile
pata dalle colonie batteriche. L'orientamento dia­ alone emorragico periferico, ben demarcati dal
gnostico è confermato dall'isolamento colturale del parenchima circostante, con possibile successiva
patogeno. estensione (e confluenza). In quest'ultima forma, a
Linfonoditi necrotizzanti da batteri e clamidie ss 257

differenza delle precedenti, è frequente il reperto le proteinaceo, commisto ai BA, con scarsa reazione
batterioscopico del patogeno. infiammatoria. In caso di localizzazione gastroente­
In conclusione, vale la pena di sottolineare con rica si osservano ulcerazioni emorragiche serpigi­
Piggott (1976) l'opportunità di procedere ad accerta­ nose con linfonodite dei linfonodi tributari. La
menti sierologici per la ME in tutti i casi di diagnosi forma setticemica può essere inoltre caratterizzata
dubbia o controversa relativa a pazienti che abbiano da emorragia subaracnoidea e da splenite di colore
soggiornato in aree endemiche della malattia. nerastro (da cui il nome di Milzbrand).

C arbonchio
Il carbonchio (sinonimi: antrace, Milzbrand,
PI Malattie da spirochetali
Malattia di Bradford, malattia dei cenciaioli) è una L'ordine degli spirochetali (curved and spiral-sha-
malattia infettiva dovuta al B. anthracis (BA). Il BA ped Gram-negative rods) comprende diversi generi di
è stato il primo patogeno ad essere osservato al rilievo in campo medico, tra cui principalmente: le
microscopio e ad essere riconosciuto quale agente treponematosi, le leptospirosi, la borreliosi e la helico-
patogeno di malattia, passibile di vaccinazione. E bacteriosi.
un bacillo Gram-positivo, aerobio, privo di motilità,
ad estremità tipicamente squadrate (in coltura), di
Treponematosi
lunghezza variabile da 3 a 20 micron, produttore di
spore e di tossine, tra cui un'endotossina capace di Sono dovute all'infezione da Spirochete (Trepo­
inibire selettivamente i centri respiratori. Ampia­ nema pallidum e sue sottospecie) e comprendono: la
mente diffusa in Europa ai tempi di Koch, la malat­ sifilide, la frambesia e la pinta. Sono note attual­
tia è attualmente confinata in aree semiaride rurali mente altre speci di treponema, presenti nel cavo
subtropicali in cui il serbatoio dell'infezione è man­ orale (e collegate a malattia periodontale) e nelle
tenuto da animali (bovini, ovini, equini, suini). Le secrezioni sebacee della regione genitale, di incerto
spore, che non si sviluppano in organismi viventi, significato patogenetico.
provengono da carcasse di animali e si depositano
nel terreno dove possono rimanere vitali per diver­ Sifilide
se decadi, infettando successivamente il bestiame al
pascolo. Nell'uomo l'infezione è generalmente Comparsa in Europa alla fine del XV secolo
distinta in ima forma localizzata ed in una forma parallelamente al ritorno dei marinai di Cristoforo
setticemica. Colombo dal loro primo viaggio in America e com ­
- Forma localizzata. Consegue in genere ad una parsa in forma epidemica durante l'assedio e la
porta di entrata cutanea. Le lesioni cutanee si svi­ presa di Napoli da parte delle truppe di Carlo V ili,
luppano quando bacilli o spore (eventualmente è attualmente una malattia a diffusione ubiquitaria.
presenti in pellami, lana o setole di provenienza Si tratta di infezione sessualmente trasmessa, che
esotica) di BA penetrano in ima cute abrasa o può anche essere contratta per via non sessuale in
comunque traumatizzata. Il BA non è infatti in piccoli pazienti a contatto con adulti infetti (sifilide
grado di penetrare in una cute normale. La sede più blefotropica) o trasmessa per via transplacentare (sifi­
frequente è al viso, al collo e alle mani. Pochi giorni lide congenita).
dopo l'infezione compare una piccola papula che Il Treponema pallidum è ima spirocheta spiralifor-
cresce a diventare vescicola di 0.5-1.0 cm di diame­ me "a cavaturacciolo" di 4-15 micron di lunghezza
tro, circondata da eritema ed edema. L'accumulo di e di 0.25 micron di diametro, colorata selettivamen­
liquido, evolvente progressivamente in un colore te dalle tecniche di impregnazione argéntica (Leva­
scuro, bluastro, esita nella rottura della vescicola titi, Warthin-Starry) ma non dai comuni coloranti.
con formazione di un'escara scura (nerastra), cori­ Sensibile al calore e all'essicamento, non è colti­
acea, tipicamente non dolente, comunemente riferi­ vabile nei terreni artificiali o in colture cellulari
ta come pustola maligna. Brividi, febbre, senso di mentre può essere mantenuto in tessuti animali
malessere precedono l'interessamento dei linfonodi viventi (ad es., testicolo di coniglio). La presenta­
tributari che presentano un quadro di linfon odite zione clinica è generalmente suddivisa in 4 stadi: s.
acuta necrotizzante em oiragica. primaria, s. secondaria, s. latente e s. terziaria.
- Forma setticemica. Può complicare una forma - Sifilide primaria. Si manifesta, in genere entro un
localizzata o conseguire ad inalazione od ingestio­ mese dall'infezione, sottoforma di ulcera indurata e
ne del patogeno. I BA inalati sono fagocitati dai non dolente, nota come sifilom a, a margini netti, cir­
macrofagi alveolari e trasportati ai linfonodi regio­ condata da un alone infiammatorio, situata prevalen­
nali dove avviene la loro proliferazione con possibi­ temente a livello genitale o perianale, spesso associa­
le disseminazione ematogena via dotto toracico. ta a ipertrofia (dolente) dei linfonodi regionali. L'es­
Il quadro istologico è ancora quello di una linfono­ sudato sieroso proveniente dall'ulcera è ricco di spi­
dite acuta necrotizzante con presenza del patogeno rochete. L'ulcera va incontro a cicatrizzazione con
e con emorragie ed edema perilinfonodale ad esten­ formazione di una piccola cicatrice stellata. In circa la
sione mediastinica. Gli alveoli contengono materia­ metà dei casi la malattia evolve negli stadi successivi.
258 : Malattie batteriche
- Sifilide secondaria. Nei casi non trattati, dopo - Sistema cardiovascolare. I piccoli vasi ematici
circa 1-3 mesi, compaiono lesioni mucocutanee dis­ presentano a livello pluriviscerale un infiltrato lin-
seminate (viso, bocca, palmi delle mani, pianta dei foplasmacellulare periavventiziale a manicotto con
piedi), associate a varie manifestazioni (senso di rigonfiamento endoteliale. I principali bersagli
malessere, febbre, dolori muscolari, linfonoditi) e sono i vasa vasorum (e le loro diramazioni) dei trat­
ad alopecia focale (alopecia sifilitica). ti aortici ascendente e toracico con conseguente
Le lesioni mucocutanee sono generalmente di distruzione delle lamine elastiche e miocitarie e
tipo maculopapuloso od eritematoso, talora psoria- perdita dell'elasticità aortica esitante in dilatazione
siforme. Nei soggetti affetti da HIV possono mani­ locale e/o aneurismatica. Con l'estendersi del pro­
festarsi aspetti nodulo-ulcerativi o francamente cesso in senso prossimale può instaurarsi dilatazio­
necrotici (cosiddetta lue maligna). ne dell'anello aortico con insufficienza valvolare.
Il quadro morfologico è caratterizzato da infiltrato Sistema nervoso. Può essere interessato, più pre­
flogistico perivascolare dermico a ricca componen­ cocemente, a livello meningeo (sifilide meningo-
te linfocitaria (prevalentemente T CD8-immuno- vascolare) o, più tardivamente, a livello parenchi-
reattiva), con presenza di istiociti e di plasmociti in matoso (neurosifilide parenchimatosa).
numero variabile. Nelle fasi più evolute (late secon- Nella sifilide meningovascolare sono colpiti preva­
dary siphilis) l'infiltrato assume l'aspetto di granulo­ lentemente le leptomeningi della base, che appaio­
ma epitelioide non caseificante (Figg. 19 e 20), talo­ no rigonfiate ed ispessite con possibile reperto di
ra di tipo sarcoidotico. focolai di necrosi gommosa.
Il rivestimento epiteliale presenta fenomeni di - Neurosifilide parenchimatosa. Si manifesta con
acantosi con spongiosi e di iperplasia psoriasiforme. due quadri anatomo-clinici principali, noti come:
Un ricco infiltrato linfoide circostante i follicoli pili­ tabe dorsale e paresi generale dell'insano.
feri caratterizza l'alopecia sifilitica. Dopo pochi mesi La tabe dorsale (dal latino tabes, decomposizione)
sintomi e lesioni scompaiono, anche spontaneamen­ è ima degenerazione (di tipo walleriano) con demie­
te, e i pazienti non sono più a rischio di trasmettere linizzazione delle colonne posteriori del midollo
l'infezione. Si instaura un grado relativamente alto spinale conseguente a fenomeni di neuroradicolite.
di immunità cellulo-mediata e gli eventuali trepone­ Sul piano clinico è caratterizzata da perdita senso­
mi residui entrano in uno stato di latenza. riale e dì coordinazione (scomparsa dei riflessi ten­
- Sifilide latente. È caratterizzata dall'assenza di dinei profondi) e da una andatura incerta "a battu­
segni e sintomi della malattia e dal persistere della ta". La patogenesi del processo di demielinizzazio­
positività dei test sierologici. ne è tuttora incerta. Assai scarso il numero dei trepo­
- Sifilide terziaria. Si manifesta molti ani dopo l'e­ nemi documentabili con le comuni colorazioni.
sordio della malattia ed interessa prevalentemente La paralisi generale dell'insano è una forma di
il sistema cardiovascolare e il sistema nervoso con encefalite, attualmente di assai raro riscontro, che
due tipi di lesioni elementari: l'infiltrato peri- interessa principalmente i lobi frontali con marcata
avventiziale e la necrosi gommosa. Quest'ultima è atrofia della corticale. Microscopicamente, si osser­
una necrosi coagulativa, che può ricordare quella va rarefazione neuronaie, infiltrato linfoplasmacel-
caseosa, da cui si differenzia in quanto: (i) la zona lulare, prevalentemente perivascolare, con astroci-
centrale non mostra una completa obliterazione dei tosi reattiva e attivazione della microglia (associata
contorni cellulari e vascolari; (ii) esita in fibrosi con a deposizione di ferro). Nei casi non trattati è age­
grossolane cicatrici. vole la dimostrazione di treponemi particolarmen­

Fig. 19 - Sifilide secondaria evoluta. Granulomi dermici periva­ Fig. 20 - Stesso caso di cui alla figura precedente. Presenza di
scolari non necrotizzanti. tipici treponemi "a cavaturacciolo", argirofiii (Warthin-Starry).
Malattie da spirochetali - 259

te nei lobi frontali. Il quadro clinico è caratterizzato te nella III decade di vita con comparsa di maculo-
da modificazioni iniziali della personalità e delle papule eritematose, talora coalescenti. Successiva­
funzioni mentali, che - in assenza di adeguata tera­ mente, compaiono placche squamose di vario colo­
pia - evolvono verso la demenza completa. re (rosa, rosso, porpora, blu ardesia) - da cui la
- Sifilide congenita. La placenta offre valida pro­ dizione di pinta (dallo spagnolo pinta, pitturato) -
tezione verso un gran numero di infezioni batteri­ che evolvono nelle fasi finali in depigmentazione
che ma non verso quelle da treponemi e da listeria. tipo vitiligo. Il quadro microscopico è caratterizza­
La sifilide congenita è conseguente al passaggio to da infiltrati linfoplasmacellulari, spesso periva­
transplacentare, particolarmente in caso di elevata scolari, con presenza di TC neirepidermide, che
spirochetemia materna al 5° mese di gravidanza. A presenta ipercheratosi con possibili ascessi intraepi­
seconda della carica infettante si osservano quadri dermici.
morbosi diversi con diversa sequenza cronologica^
tra cui, inizialmente, aborti spontanei e feti nati Leptospirosi
morti, spesso in conseguenza di sifilide polmonare
(cosiddetta -pneumonía alba). Il genere Leptospira comprende numerose specie
La sifilide perinatale è caratterizzata da lesioni di cui solo alcune patogene per l'uomo ed altri
cutaneo-mucose ulcerate, ricche di treponemi. In mammiferi: L. icterohemorragiae (roditori ed alcuni
fase più avanzata il fegato presenta marcata fibrosi animali domestici), L. canicola (cane), L. pomona
con aspetto plurilobato (cosiddetto hepar lobatum ). (bestiame, suini). Si tratta di zoonosi a diffusione
L'interessamento metafisario ostacola l'ossificazio­ ubiquitaria, prevalente nel Sud-Est Asiatico.
ne encondrale con possibile comparsa di focolai di - Leptospirosi itteroemorragica. La malattia nota
ossificazione periostale di fratture incomplete e di con diversi sinonimi (M di Weil, febbre dei sette
deformazione ossea (tibia a s c ia b o la ). Altre mani­ giorni, febbre degli acquitrini, malattia dei porcari)
festazioni anatomocliniche sono rappresentate si contrae di regola mediante contatto con acque
dalla cheratite (corneale) sifilitica e da deformazio­ infette da urina di roditori (ratti e topi) portatori
ni dentarie, particolarmente evidenti a livello degli delLinfezione (generalmente L. icterohemorragiae,
incisivi (denti a cacciavite di Hutchinson). LI). Nei Paesi Occidentali i soggetti maggiormente
a rischio sono quelli addetti alla manutenzione
degli scoli urbani e delle tubazioni interrate. Dopo
Fram besia
un periodo di incubazione di 4-19 giorni si instaura
La frambesia (sinonimo: yaws) è un'infezione leptospiremia con esordio iperacuto: febbre sino a
non venerea, presente particolarmente in pianure 40 °C, cefalea (da meningismo), dolori muscolari (ai
tropicali ad elevata piovosità ed umidità, dovuta al polpacci), nausea, vomito, grave malessere genera­
Treponema pertenue che differisce per un singolo le. Durante la seconda settimana appaiono ittero e
nucleotide dal T. pallidum. Contratta generalmente petecchie emorragiche con comparsa - verso il deci­
nell'infanzia, la malattia evolve progressivamente mo giorno - di oliguria con possibile evoluzione in
con esacerbazioni e remissioni con una sequenza anuria. Le lesioni anatomo-patologiche interessano
caratterizzata da: papule in evoluzione ulcerativa principalmente fegato, reni, muscoli scheletrici ed,
alle gambe e alle natiche, loro diffusione ad altri occasionalmente, i polmoni.
distretti, ulcere croniche gommose al viso e in rap­ Fegato. Il quadro morfologico è caratterizzato da
porto alle ossa lunghe. travate di epatociti di dimensioni assai variabili,
Il quadro microscopico evidenzia iperplasia epite­ con frequente reperto di binucleazioni e di mitosi,
liale pseudoepiteliomatosa, ascessi intraepidermici, da presenza endosinusale di granulociti neutrofili e
ed infiltrati flogistici dermici caratterizzati dalla da cellule di Kupffer ipertrofiche contenenti emosi-
presenza di linfociti, plasmacellule, macrofagi, gra- derina e bile (Figg. 21, 22, 23). Altri reperti, non
nulociti neutrofili e rari granulociti eosinofili. A dif­ patognomonici, sono rappresentati da colostasi,
ferenza della sifilide, i treponemi sono dimostrabili generalmente centrolobulare, e dalla presenza di
col Warthin-Starry nel contesto dell'epidermide corpi acidofili. La ricerca di LI è positiva nel 25-30%
anziché nel derma. dei casi.
Reni Si apprezza un infiltrato linfoplasmacellu-
Pinta lare interstiziale senza interessamento glomerulare.
L'epitelio dei tubuli convoluti prossimali si presen­
La pinta (sinonimo: carate), considerata inizial­ ta necrotico o con aspetti di rigenerazione. General­
mente come una forma di micosi pigmentata, è una mente positiva risulta la ricerca di LI nel lume o nel­
treponematosi non venerea dovuta al Treponema l'epitelio dei tubuli con le comuni colorazioni (War-
carateum (TC). Confinata nelle aree tropicali del thin-Starry) o con anticorpi specifici.
Centro - e Sud America è stata considerata (Dooiey Muscoli scheletrici. Presentano, particolarmente
e Bindford, 1976) la più antica treponematosi quelli delle gambe, un caratteristico interessamento
umana. Le cimici possono ospitare il TC, peraltro focale caratterizzato da necrosi selettiva di isolate
senza chiara evidenza del loro ruolo di vettore. fibre muscolari (o di una loro porzione) con trasfor­
L'età media di presentazione clinica è generalmen­ mazione delle miofibrille in ammassi ialini e con pre­
260 Malattie batteriche
senza di infiltrato flogistico acuto e cronico. Negati­ co è rappresentato principalmente da modica sple-
va di solito - a livello muscolare - la ricerca di LI. nomegalia (300-400 grammi) con microascessi
Polmoni. Sono stati segnalati casi di polmonite miliariformi a sede follicolare o iuxtafollicolare ric­
da LI ad impronta emorragica. chi di borrelie. La maggior cura della persona, dif­
fusasi capillarmente negli anni anche nei Paesi non
Borreliosi industrializzati, ha ridotto drasticamente il numero
di nuovi casi.
Il genere Borrelia comprende diverse specie
patogene per l'uomo, tra cui principalmente: B. bur-
Borreliosi propriamente detta
dogferi, B. garinii, B. afzelii e B. duttoni veicolate da
zecche (del genere ixodes); B. recurrentis, veicolata Nota anche come m a la ttia di Lym e (dairomoni-
da pidocchi. Si tratta di spirochete elicoidali Gram- ma comunità del Connecticut, USA) è un'infezione
negative di 3-20 micron di lunghezza e di 0.2-0.5 attualmente presente nelle aree temperate di Euro­
micron di larghezza. L'infezione da borrelia si pa, Nord America ed Asia con un picco di presenta­
manifesta con due quadri clinici principali: la feb­ zione clinica tra giugno ed ottobre. Anche se conse­
bre recidivante e la borreliosi propriamente detta. guente nella maggior parte dei casi a morso di
zecca infetta, sono stati segnalati anche casi di infe­
Febbre recidivante zione per via transplacentare.
La malattia è stata paragonata alla sifilide in
Nota con diversi sinonimi (louse-borne relapsing quanto causata da spirochete, distinguibile in stadi
fever, recurrent fever) e riconducibile all'infezione da (tre) e passibile di interessamento pluriviscerale
B. recurrentis e B. duttoni, è caratterizzata da un (cute, articolazioni, cuore, sistema nervoso).
esordio acuto con episodi febbrili remittenti della Stadio I. Entro 3 mesi dal morso della zecca (par­
durata di 3-5 giorni associati a cefalea, mialgia, epi­ ticolarmente se questa è rimasta attaccata in situ per
stassi ed eventualmente ittero. Il quadro morfologi- oltre 24 ore) compare nell'area interessata (Figg. 24
e 25) un'ampia lesione cutanea (di 5-20 cm di dia­
metro), eritematosa, a margini netti e a diffusione
centrifuga, nota come eritem a cronico m igrante,
caratterizzata istologicamente da infiltrati a ricca
componente linfocitaria, con eosinofilia tessutale
prevalente nel sito del morso iniziale, e dalla evi­
denziazione di borrelie alla giunzione dermoepi-
dermica in circa la metà dei casi. La comparsa della
lesione eritematosa è generalmente associata a feb­
bricola, cefalea, artralgie, mialgie, ipertrofia dei lin­
fonodi regionali. Dopo 3-4 settimane la lesione
cutanea scompare pur potendo ricomparire succes­
sivamente.
Stadio II. Dopo un periodo di tempo variabile da
giorni a settimane, in assenza di terapia antibiotica
adeguata, l'infezione si diffonde per via ematica
Fìg. 21 - Leptospirosi epatica. Epatociti di taglia assai variabi­
le, taiora binucleati, con presenza endosinusale di granulociti con diverse manifestazioni cliniche, tra cui princi­
neutrofili. palmente:

Fig. 22 - Leptospirosi epatica. Ricchezza di mitosi epatocitarie. Fig. 23 - Ipertrofia delle cellule di v. Kupffer con accumulo di
ferro ferrico (colorato in blu dal Perls).
Malattie da spirocheta// s 261

© ricomparsa delle lesioni cutanee, Gastrospirillium hominis (GH) e YHelicobacter pylori


® neurite cranica (particolarmente a carico del (HP).
nervo facciale) e neuropatie periferiche, Il GH, di dimensioni circa doppie di quelle del-
l'HP (3.5-7.5 micron di lunghezza versus 3.0
9 cefalea associata ad incremento della quota linfo­
micron) e dotato di un maggior numero di flagelli
citaria del liquor senza segni palesi di meningite,
(12 versus 4-6), è incapace - a differenza dell'HP -
• blocchi atrioventricolari di varia gravità in un di aderire all'epitelio gastrico con conseguente
ristretto numero di pazienti (circa l'8%). (possìbile) induzione dì una gastrite di gravità assai
Stadio III. La presentazione clinica può manife­ minore. La presenza di GH è stata segnalata anche
starsi dopo mesi od anni dall'infezione iniziale con in altri mammiferi: cani, gatti, maiali, scimmie. L'in­
prevalente interessamento cutaneo, articolare e ner­ fezione da HP, a diffusione ubiquitaria, avviene per
voso. trasmissione da persona a persona e si correla con
La lesione cutanea tipica di questo stadio, nota condizioni socioeconomiche sfavorevoli (soprattut­
come acroderm atite cronica atrofica, è riconducibi­ to famiglìari) e sovraffollamento. La placca dentale
le prevalentemente al genotipo B. afzelii, presente costituisce la riserva naturale dell'HP, da cui posso­
endemicamente in Europa ma non nel Nord Ameri­ no provenire eventuali recidive dopo eradicazione
ca. La lesione esordisce con una manifestazione eri- delFinfezione gastrica. La presenza di HP, oltreché
tematosa che evolve in depigmentazione nel giro di nell'uomo, è stata segnalata nel cane, nel gatto, nel
qualche mese. furetto, nel maiale e nel coniglio.
Istologicamente, si apprezzano infiltrati linfocita- La localizzazione dell'infezione è a livello dell'e­
ri con atrofia del derma e perdita delle fibre elasti­ pitelio gastrico (tipicamente antro pilorico) ma
che e dei follicoli pilo-sebacei. Un ulteriore possibi­ anche di aree di metaplasia gastrica (duodeno, eso­
le evoluzione è quella nota come B orrelia-associa- fago) o, raramente, di epitelio gastrico eterotopo
to linfom a a cellule B. (diverticolo di Meckel, retto).
U artrite cronica interessa in genere le grandi arti­ Identificazione. Nei pazienti non trattati farmaco­
colazioni (ad es., il ginocchio) con un quadro mor­ logicamente si apprezzano forme batteriche ricurve
fologico di sinovite cronica aspecifica. Il sistema o spiraliformi, aderenti alla superficie epiteliale e
nervoso può essere interessato da encefalopatia sub­ presenti negli spazi intercellulari, ematossilinofile,
acuta con conseguenti manifestazioni cliniche di particolarmente evidenti con l'alcian giallo, il
disturbi cognitivi, dell'umore e del sonno, persi­ Giemsa e il Warthin-Starry (Figg. 26 e 27). Dopo
stenti anche per diversi anni. In questi casi, le lesio­ terapia antibiotica, l'HP assume una forma baston-
ni perivascolari evidenziabili alla risonanza magne­ cellare tozza o coccoide e la sua identificazione può
tica trovano conferma eziologica dalla presenza di richiedere l'impiego di anticorpi monoclinali. Dia­
anticorpi anti-borrelia nel liquor. gnosi non invasiva dell'infezione può essere ese­
guita rilevando nell'aria espirata (breath test) la
Helicobacferiosi presenza di carbonio marcato, conseguente alla
somministrazione orale di urea marcata ed alla scis­
Il genere Helicobacter, riferito nella trattatistica sione del legame urea 13C (o 14C) ad opera dell'u-
sino alla fine degli anni '80 come Campylobacter reasi helicobatterica.
pylori, comprende due specie spiraliformi patogene
per l'uomo, entrambe produttrici di ureasi: il

t
y.

25

Figg. 24 - 25 - Eritema cronico migrante da borreliosi in stadio 1 con evidenziazione del patogeno mediante immunofluorescen-
za indiretta.
262 & Malattie batteriche

Figa. 26 - 27 - Gastrite da HP. Presenza di forme batteriche incurvate e spiraliformi, evidenziate coi Giemsa ed il Warthin-Starry.
L'aderenza dell'HP alla superficie epiteliale risulta più evidente con quest'ultimo colorazione.

Quadro morfologico. L'infezione da HP inizia con L'AI è un batterio Gram-positivo anaerobio


un quadro di gastrite acuta a ricca componente gra~ costituito da sottili filamenti disposti a raggiera (di
nulocitaria neutrofila (prevalente nella regione 0.5-1.0 micron di lunghezza) che possono rompersi
delle cellule del colletto) che evolve successivamen­ facilmente in frammenti similbacillari. Presente abi­
te in flogosi cronica con comparsa di vari quadri tualmente in bocca, nelle cavità nasali, nelle tonsil­
istologici: gastrite cronica, gastrite cronica attiva, le e neirintestino, può dare origine a lesioni situate
gastrite follicolare, gastrite cronica atrofica con nel cavo orale, nella faccia, nel collo, nei polmoni,
metaplasia intestinale. nel torace, nel fegato, nel tratto ileocecale e nella
- Associazione con altri processi morbosi pelvi, favorite da scarsa igiene orale, consuetudine
Il 95% dei pazienti con ulcera duodenale ed il etilica ed AIDS. La presentazione clinica deU'acti-
70-93% dei pazienti con ulcera gastrica sono porta­ nomicosi può quindi manifestarsi con una grande
tori di infezione da HP che, incrementando la pro­ varietà di quadri clinici che possono simulare altre
duzione di acido gastrico e riducendo le difese infezioni o neoplasie.
strutturali della parete gastrica, facilita l'ulcerazio­ Tuttavia il dato anamnestico di un andamento
ne peptica. caratterizzato da remissioni ed esacerbazioni paral­
Una quota di cancro gastrico familiare, oltre a lelamente all'istituzione e alla sospensione di ima
riconoscere una predisposizione genetica, può terapia antibiotica (anche a base di penicillina)
risultare correlato ad infezione da HP, particolar­ dovrebbe indurre a sospettare una forma di actino-
mente se insorta in età giovanile ed esitata in gastri­ micosi. In molti casi di actinomicosi polmonare, che
te cronica con metaplasia intestinale. si presentano con febbre ed escreato mucopurulen­
La distribuzione dei follicoli linfoidi nella gastri­ to, è presente una flora batterica mista (streptococ­
te follicolare da HP ricorda quella dei linfomi primi­ chi, stafilococchi, anaerobi) che potenzia l'azione
tivi gastrici. Conseguentemente, questo istotipo è patogena degli actinomiceti.
considerato lesione a rischio di comparsa di maltomi Il quadro radiologico polmonare varia da un'area
(mucosa-associated lymphoid tissue-lymphomas). periferica di consolidazione, generalmente ai lobi
inferiori, ad un'ampia massa neoplastiforme a
reperti nodulari o miliariformi diffusi.
| Malattie da adinomicefaceae Morfologicamente, gli organi colpiti sono costella­
Comprendono i generi actinomices, nocardia, ti da ascessi cronici dalle dimensioni variabili da
rodococco nonché gli actinomiceti termofili. Classi­ pochi millimetri a qualche centimetro, che possono
ficate un tempo (non molto lontano) tra i funghi, le confluire tra loro ed estendersi e drenare nelle strut­
actinomicetaceae sono batteri che rispondono pronta­ ture adiacenti (bronchi, pleura, parete toracica).
mente alla terapia antibiotica ma non a quella anti- Entro tali ascessi possono ritrovarsi i cosiddetti
fungina. noduli sulfurei, riferibili a colonie di actinomiceti
circondate da materiale puruloide a ricca compo­
nente granulocitaria neutrofila (Figg. 28 e 29). Dette
Actinomicosi colonie sono costituite da filamenti a disposizione
L'Actinomices israelii (AI) è il patogeno di più fre­ radiale ematossilinofili, Gram- e Grocott-positivi,
quente riscontro nell'actinomicosi umana; altri con terminazioni claviformi di materiale eosinofilo
generi di più raro riscontro sono: l'A. bovis, VA. erik- (costituito da immunoglobuline, complemento e
sonii, l'A. naeslundi e l'A. propionicus. detriti cellulari) noto come fenomeno di Splendore-
Malattie da actinomicetaceae ^ 263

Fig. 28 - AcHnomicosi polmonare. Colonia di actìnomiceti cir­ Fig. 29 - Actinomicosi polmonare. La colonia di actinomiceti
condata da granulociti neutrofili e, più perifericamente, da flo- presenta perifericamente un rivestimento di materiale eosinofi-
gosi cronica granulomatosa non necrotizzante a cellule gigan­ lo (talora sottoforma di estroflessioni claviformi) noto come
ti, a ricca componente linfoplasmocitaria. fenomeno di Splendore-Hoepli.

Hoepli, caratteristico ma non patognomonico (in N. asteroides è stata isolata nell'80% circa delle lesio­
quanto possibilmente presente in corso di infezioni ni polmonari ed extrapolmonari. Gli altri casi sono
micotiche o parassitane). L'actinomicosi può essere riconducibili principalmente a N. brasilìensis e N.
occasionalmente complicata da amiloidosi. otitidiscaviarum.
Identificazione. Le nocardie appaiono come fila­
Nocardiosi menti di circa 1 micron di lunghezza con ramifica­
zioni denominate "a caratteri cinesi" o "a fronda di
Le nocardie si differenziano dagli actinomiceti palma" (Figg. 30 e 31), che possono rompersi in
per essere aerobie e dotate di alcole-acido resistenza, frammenti similbacillari (non ematossilinofili e
per non formare granuli sulfurei e per non essere pre­ PAS-negativi) (Tab. 3) evidenziabili col Gram, col
senti nell'uomo in qualità di batteri saprofiti/com- Grocott ed anche con lo Ziehl-Neelsen (eventual­
mensali. Conseguentemente, i processi patologici da mente modificato, noto come colorazione di
loro indotti riconoscono una porta di entrata esoge­ Coates-Fite).
na, in genere inalatoria, eccezionalmente riconduci­ Epidemiologia. La nocardiosi - la cui frequenza è
bile all'impiego di cateteri infetti. attualmente in espansione - si presenta più fre­
Isolate per la prima volta da Nocard (1888) da quentemente in adulti di sesso maschile con
bovini della Guadalupa affetti da farcino, le nocar­ depressione immunitaria (da AIDS o da terapia
die hanno una distribuzione ubiquitaria, prevalen­ immunosoppressiva) o affetti da leucemie e linfo­
temente in relazione a materiale organico o vegeta­ mi, endocrinopatie (Cushing) o da altre patologie
le in disfacimento. Tra le varie specie patogene, la (ad es., lipoproteinosi alveolare).

Figg. 30 - 31 - Nocardiosi bronchiale. Presenza di elementi fil ,i bastoncellari aicoie-acido resistenti (Fig. 30) e di elemen-
ti Grocott-positivi "a fronda di palma" (Fig. 31).
2 64 Malattie batteriche

ra g r fi Diagnosi differenziale di mòÌ^flÌ€^:.d|a' bqitteri

Batteri Ziehl-Neefsen Grocott PAS Necrosi


Nocardiosi Reazione positiva Reazióne positiva Reazione negativa Flogosi cronica
suppurativa
Rodococcosi Reazione positiva Reazione positiva Reazione positiva Flogosi granulomatosa
necrotizzante
Tubercolosi Reazione fortemente Reazione positiva Reazione negativa Costantemente presente
positiva (caseosi)
Micobatteriosi Reazione fortemente Reazione positiva Reazione positiva Possibile presenza
positiva

Presentazione clinica. L'esordio dell'infezione, di resistente di agevole, immediato riconoscimento


regola a livello polmonare, si manifesta con febbre, col Grocott e col Giemsa (Figg. 32, 33, 34, 35), a
perdita di peso, tosse produttiva (escreato purulen­ distribuzione ubiquitaria presente nel suolo, parti­
to nummulare, talora striato di sangue), astenia e colarmente se contaminato da feci equine (di pule­
malessere generale, caratteristicamente con periodi dri). Patogeno per cavalli, bovini, ovini e suini, il RE
(di giorni o settimane) di esacerbazioni e di remis­ può indurre prevalentemente in pazienti immuno-
sioni che possono ritardare la corretta definizione depressì (particolarmente in soggetti affetti da
diagnostica della malattia. In circa il 50% dei casi di AIDS con valori di CD4 inferiori a 200/mm3) una
polmonite da nocardia, l'infezione si diffonde ad grave forma di polmonite di diagnosi clinico-radio-
altri organi (cervello, cute, rene, ossa). logica tutt'altro che agevole in quanto può simula­
Il quadro radiologico presenta aspetti polimorfi: re ima patologia tubercolare od aviumosica. La
modesti infiltrati; aree di consolidazione, anche porta di entrata dell'infezione è strettamente in a la-
estese, generalmente iuxtapleuriche, spesso con toria.
evidenza di cavitazione; noduli multipli a contorni La presentazione clinica è quella di un'infezione
irregolari. Detti reperti si correlano in genere con lo subacuta con tosse, febbre e dispnea.
scarso interessamento linfonodale e con la rapida Radiologicamente si apprezza un'ampia area di
progressione delle lesioni nei pazienti immunode- consolidazione, con predilezione ai lobi superiori,
pressi. spesso in evoluzione cavitaria, con presenza di iso­
Il quadro morfologico è caratterizzato, mono- o late nodularità, associata ad ipertrofia dei linfonodi
bilateralmente, da flogosi cronica suppurativa con mediastinici.
formazione di ascessi multipli,, non raramente con­ Il quadro macroscopico è caratterizzato da ampie
fluenti tra loro e in evoluzione cavitaria, contenenti aree (sino ad 8 cm) di consolidazione di colore gial­
materiale puruloide verdastro. L'essudato alveola­ lastro con una porzione centrale necrotica e con
re, inizialmente ricco di fibrina e a preminente com­ nodularità disseminate perifericamente.
ponente granulocitaria neutrofila, è quindi caratte­ Microscopicamente, si apprezza centralmente
rizzato dalla comparsa di macrofagi e, successiva­ im'area di polmonite granulomatosa necrotizzante
mente, di cellule epitelioidi e di cellule giganti.
a ricca componente granulocitaria neutrofila, cir­
Raramente, l'infezione polmonare può assumere
condata da un denso infiltrato di istiociti con ampio
l'aspetto di nocardioma endocavitario o interessare
citoplasma eosinofilo (cellule epitelioidi) e PAS-
le vertebre con compressione midollare. Il neurotro­
positivo (cosiddette cellule di Hensemann). Fre­
pismo della N. asteroides può esitare nella comparsa
quentemente si ritrovano nel contesto istiocitario
di ascessi cerebrali o di meningite nocardiosica. Il
piccole formazioni rotondeggianti, a struttura
processo riparativo della polmonite nocardiosica
lamellare concentrica, ematossilinofile, positive al
può comportare sequele, tra cui principalmente
ferro ferrico (reazione di Perls) e al calcio (reazione
fenomeni dì bronchiolite obliterante e di fibrosi
metapneumonica (BOOP). Sono state descritte di Von Kossa) note come corpi di Michaelis-Gut-
anche forme di nocardiosi a localizzazione bron­ mann (MG) con un quadro di m alacop lach ia asso­
chiale, talora neoplastiformi, particolarmente in ciata all'infezione da RE. Nei casi di malacoplachia
caso di modificazioni strutturali (ad es., metaplasia polmonare non associata a RE i patogeni isolati
ossea) della parete bronchiale. sono stati: l'E. coli e YAcinetobacter. La microscopia
elettronica ha dimostrato che la PAS-positività
macrofagica (da porre in microscopia ottica in dia­
Rodococcosi gnosi differenziale con il M. di Whipple) è riferibile
La rodococcosi è un'infezione polmonare dovu­ ad ampi fagolisosomi contenenti detriti di RE. Detti
ta al Rhodococcus equi (RE), noto nella letteratura detriti a seguito di un processo di mineralizzazione
meno recente come Corynebacterium equi. Il RE è un danno origine ai corpi di MG. In considerazione
coccobacillo aerobio, Gram-positivo ed alcole-acido delle difficoltà diagnostiche clinico-radiologiche e
Malattie da actinomicetaceae > 265

Figg. 32, 33, 34, 35 - Rodococcosi polmonare riscontrata autopticamente in lavoratore extracomunitario non affetto da AIDS,
deceduto il giorno dopo ii ricovero per polmonite a focolai multipli e modesto versamento pleurico bilaterale con febbre, tosse pro­
duttiva ed insufficienza respiratoria. Il RE, già visibile con l'ematossilina-eosina (Fig. 32), appare colorato in rosso porpora dal
Giemsa e in nero dal Grocott. Erano presenti isolati corpi di Michaeiis-Gutmann.
di quelle terapeutiche (scarsa risposta agli antibioti- Termoactinomicosi
ci che può comportare l'indicazione ad un interven­
to chirurgico), è di particolare importanza giungere patologia polmonare indotta dagli actinomi-
in tempi brevi ad una diagnosi di certezza che può ceti termofili non è dovuta ad una'loro replicazione
essere condotta su materiale citologico (escreato, in ambito polmonare (analogamente a quanto già
liquido di lavaggio bronchiale) con la dimostrazio- riferito nelle sezioni precedenti) bensì ad ima con-
ne del patogeno. dizione di ipersensibilità occupazionale indotta da
Diffusione extrapolmonare. In caso di terapia (o di loro componenti antigeniche e riferita anche come
risposta terapeutica) inadeguata si possono instau- pneumoconiosi da polvere vegetale. Specie batteri­
rare ascessi cerebrali, prostatici ed intramuscolari o che, fonti inquinanti e presentazione clinica sono
quadri di endoftalmite. riportate nella tabella 4. Polmoniti occupazionali da

Provenienza antigenica Fonti inquinanti Malattia


M. faeni Fieno ammuffito Polmone dall'agricoitore
T. vuigaris Granaglie ammuffite Polmone dei lavoratore di granaglie
M. faeni, T. vulgaris Polveri di funghi e letame Polmone del coltivatore di funghi
T. sacchari Canna da zucchero ammuffita (bagasse) Bagassosi
T. vulgaris, T. thalpophilus Acqua contaminata Polmone da condizionatori
Abbreviazioni: M, Micropolispora; T, Thermoacfinomices
2 66 Malattie batteriche
ipersensibilità possono anche essere dovute ad altri terizzato da fibrosi, da aumento della componente
antigeni - vegetali (fungini) ed animali (deiezioni) - plasmocitaria (con comparsa di picchi di IgM) e da
la cui trattazione esula dal presente capitolo. ima parallela riduzione di linfociti e macrofagi.
In questa sede ci limiteremo alla breve trattazio­ Il PA è dunque una malattia occupazionale tipica
ne del m od ello patogen etico più studiato: il polmo­ di un'agricoltura condotta prevalentemente in
ne dell'agricoltore. maniera manuale in ambienti rurali ad elevata pio­
vosità ed umidità. L'industrializzazione dell'agricol­

| ! Il polmone dell'agricoltore tura sta svolgendo un effetto preventivo nei confron­


ti del PA, che ha risposto prontamente in un recente
passato alla terapia costicosteroidea e all'allontana­
Noto nella letteratura di lingua inglese come
mento dei pazienti dall'esposizione ambientale.
farm er's lung e con molte altre dizioni (poumon de
fermier, pulmon de granferò, Dresch Krankheit), è la più
antica fra le malattie occupazionali dell'uomo e la
prima ad essere inquadrata fra le polmoniti da iper­
^ Bibliogrofio essenziale
sensibilità in ambiente rurale. Inquadrato mirabil­ M urray P.R., et al.: Manual of clinical Microbiology. 7th
mente da Bernardino Ramazzini (1700), il polmone Edition. American Society for Microbiology. Washing­
dell'agricoltore (PA) è rimasto neiroblio per oltre 2 ton DC, 1999.
secoli per essere riproposto da Autori di lingua Uribe A., et al.: Microflora modulates endocrine cells in
inglese come farmer's lung nella prima metà del the gastrointestinal mucosa of the rat. Gastroentero­
secolo scorso. Negli anni '60 è stata dimostrata dal logy 107: 1259,1994.
gruppo di Pepys la presenza di precipitine (immu- Rollins S., et al.: Open lung biopsy in Mycoplasma pneu­
noglobuline di classe IgG) specifiche per M. faeni moniae pneumonia. Arch Pathol Lab Med 110: 34,
nei pazienti affetti da PA. La malattia, prevalente 1986.
nei non fumatori di sesso maschile, si presenta con
un quadro clinico iniziale asmatiforme e similgrippa- Farley M.M., et al.: Invasive Haemophilus influenzae
disease in adults. A prospective, population-based
le o con un quadro evoluto dispnoizzante.
surveillance. Ann Int Med 116: 806,1992.
Morfologicamente, si osservano in fase iniziale
focolai granulomatosi a cellule giganti (con tipiche Grayson J.T., et al.: Current knowledge on Chlamydia
fessure aghiformi otticamente vuote), minuti fram­ pneumoniae, strain TWAR: an im portant cause of
menti di cellulosa (vettori delle particelle antigeni­ pneumonia and other acute respiratory diseases. Eur
J Clin Microbiol Infect Dis 8 :1 9 1 ,1 9 8 9 .
che) e infiltrato flogistico cronico (Figg. 36 e 37). Nel
liquido di lavaggio alveolare (BAL) si evidenzia Jackson L.A., et al.: Specificity of detection of Chlamydia
un'alveolite linfocitaria con prevalenza dei T linfo­ pneumoniae in cardiovascular atheroma: evaluation
citi CD8-immunorattivi sui T CD4. In fase di evolu­ of the innocent bystander hypothesis. A m J Pathol
zione della malattia, il quadro morfologico è carat­ 150: 1785, 1997.

Figg. 36 - 37 - Polmone dell'agricoltore. Presenza di isolati focolai granulomatosi a cellule giganti tipo corpo estraneo con ampie
fessure aghiformi otticamente vuote (Fig. 36).
Minuti frammenti di cellulosa (vettori delle particelle antigeniche di M. faeni) caratterizzati da birifrangenza verde previa colora­
zione con Pagoda red (Fig. 37).
Bibliogrofio essenziale - 267

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Malattie
2.4 .L*

nJ
micobatteriche
G. Barbolini, G. Rossi

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/!

i/ordine batterico degli Actinomicetali compren­ tivamente il cosiddetto complesso tubercolare e condi­
de, oltre alle Micobactmaccae, le Aciinomicetaceae, le vidono ima sequenza del loro DNA patognomonica
Nocardiacm e,le Termomonosporaceae e ie Termoactino- per la diagnosi di tubercolosi in biologia molecola-
'miceiaceae^Uappartenenza di queste famiglie batte- re. I/MTB è un parassita infettivo obbligato per
riche ad uno stesso ordine spiega il loro pneumo- l'uomo, per i primati e per molti altri mammiferi
tropismo e la comunanza di talune caratteristiche (ad es. Falce) inducendo nella cavia la malattia
(ad es. l'alcole-acido-resistenza) intercorrenti tra tubercolare progressiva. Su strisci e sezioni, in caso
batteri di genere diverso (micobatteri, nocardie). di carica microbica adeguata, l'MTB si riconosce
Il presente capitolo è dedicato alla patologia da agevolmente per la sua alcole-acido-resistenza che
micobatteri tubercolari (MTB), da M. leprae e da consiste nel trattenere il colorante (carbol-fucsina,
micobatteri non tubercolari propriamente detti o blu vittoria, blu notte, ecc) penetrato a caldo attra­
M O TT (Mycohncteriuni Organisms Other Than Tuber- verso la parete (lipidica) anche dopo decolorazione
culosis). con alcole e acidi e controcolorazione con blu di
metilene od altri coloranti di contrasto. Il colorante
più comunemente usato è la carbol-fucsina - colo­
| Tubercolosi razione di Ziehl-Neelsen (ZN) - che evidenzia i
micobatteri sottoforma di bastoncelli lievemente
La tubercolosi è una malattia presente nel baci­ ricurvi, tipicamente giustapposti tra loro "ad ala di
no del mediterraneo da migliaia di anni - come uccello" (Fig. 1), di colore rosso brillante, di 2-4
testimoniato da reperti riscontrati in mummie egi­ micron di lunghezza e di 0.2-0.5 micron di larghez­
ziane risalenti al 3400 A.C. - che annovera molti za. È da rilevare peraltro che lo ZN evidenzia anche
illustri pazienti, tra cui: medici (Laennec), musicisti le lipofuscine in iniziale fase di ossidazione per cui
(Chopin, Catalani), pittori (Watteau), poeti e scritto­ il materiale ZN+ deve presentare una struttura
ri (Checov, Gozzano, Gorki). La natura infettiva (e chiaramente bastoncellare per essere riconosciuto
non ereditaria) della malattia venne riconosciuta da di natura micobatterica.
Robert Koch il 24 marzo 1882, a Berlino, in una cele­ Mentre è assodato che l'MTB non è in grado di
bre seduta della Società Fisiologica Berlinense con produrre e liberare esotossine, risulta evidente da
una relazione dal titolo: "Die Aetiologie der Tuber- molti studi che diversi ceppi di MTB possono avere
culose", in cui il bacillo da lui isolato soddisfaceva un diverso potere patogeno nelTindurre la malattia
ai 'suoi celebri postulati (presenza intr.alesionale; tubercolare e nel modificarne la progressione. Que-
isolamento e cultura; inoculazione e infezione nel­
l'animale da esperimento).
Detto bacillo, inizialmente riferito conre' bacillo
di Koch (BK), è attualmente menzionalo sotto la
dizione di micobacterium tuberculosis hominis o, più
semplicemente, di micobatterio tubercolare (MTB).

Identificazione m icobatterica
I micobatteri sono un vasto gruppo di forme
bastoncellari alcole-acido-resistenti, aerobiche o
microaerofile, asporigene e prive di motilità. Oltre
al principale patogeno - l'MTB - si ammette che
anche altri micobatteri quali il M. bovis, il M. africa-
num, e il M. microti, sia pure con frequenza assai
minore, possono essere responsabili di processi
tubercolari in quanto varietà di una medesima spe­ Fig. 1 - Micobatteri tubercolari alcole-acido resistenti giustap­
cie. In effetti, questi micobatteri costituiscono collet- posti tra loro "ad ala di uccello". (Ziehl-Neelsen).
270 Maloffie micobofferiche
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Fig.2 - Evidenziazione di M. bovis nell'infezione sperimentale


intracerebrale di topo con impregnazione argéntica (Grocott).
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Fig. 3 - Linfonodite tubercolare latero-cervicale. Presenza di


micobatteri endomacrofagici evidenziati con anticorpo specifi­
sto diverso comportamento, comunemente riferito co da 35 kD (freccia).
come "virulenza", dipende da componenti glicoli-
pidiche (fattore cordale, solfatidi) e lipopolisaccari-
diche (lipoarabinomannani), presenti in maniera È stato così riscontrato che MTB provvisti di fattore cordale
variabile nella parete batterica, che proteggono i sono immunoreattivi per proteine proapoptotiche (proteina
micobatteri dalla lisi endomacrofagica. La più nota BAX, kD 21) ma non per proteine antiapoptotiche (bcì-2).
di dette componenti è il cosiddetto fattore cordale E stato inoltre riscontrato che è possibile riconoscere il gene­
re micobatterico (MTB e MOTT) con anticorpi di 28 kD diretti
(trealosio-6-6'-dimicolato), che, se presente, com­
contro proteine cross-reattive e, specificamente, TMTB con anti­
porta la giustapposizione micobatterica in filiere corpi di 35 kD (Figg. 3, 4). La disponibilità di metodiche di bio­
simili a cordoncini. logia molecolare e di sonde molecolari per il DNA micobatteri­
A] tré metodiche di screening batterioscopico comportano co - quali la reazione poìimerasica a catena (POR) - praticabili su
l'impiego di fluorocromi (auramina-rodamina) o il ricorso a materiale incluso in paraffina e affidabili per riproducibilità, spe­
metodiche di impregnazione argéntica (NyKa, Grocott). Que- cificità e sensibilità ha consentito di evidenziare sequenze (di
st'ultima colorazione - comunemente impiegata nella ricerca di DNA micobatterico) specifiche per il riconoscimento delì'MTB e
forme fungine - è risultata sorprendentemente efficace nell'evi- di taluni MOTT (Fig. 5) come riferito oltre in tema di tubercolo­
denziare i micobatteri (Fig. 2) in corso di infezione sperimentale si paucibacìllare.
intracerebrale da M. bovis nel topo. L'avvento délY immunoisto-
chimica ha comportato la disponibilità di anticorpi monoclonali
diretti contro proteine regolatrici del ciclo cellulare e contro pro­
Epidemiologia
teine della parete micobatterica. La mortalità e la morbilità per tubercolosi, in
netto decremento nel Mondo occidentale sin verso
la metà degli anni '80 del secolo scorso a seguitò
dell'introduzione di farmaci antitubercolari, sono
il#' >«v. dì nuovo in progressivo e costante aumento ed
attualmente la tubercolosi è considerata come una
delle malattie infettive a più elevata mortalità nel
mondo. L'Organizzazione Mondiale della Sanità
mi stima che siano circa 8 milioni i nuovi casi per
fc anno e che 3 milioni di persone muoiano ogni
anno per questa malattia (WHO, 1996). Questi
dati si riferiscono particolarmente ai cosiddetti
Paesi in via di sviluppo dove le risorse alimentari,
sanitarie ed economiche sono estremamente ridot­
te e dove l'infezione da virus dell'immunodefi­
cienza acquisita (HIV) è tuttora endemica. Tutta­
Fig. 4- Micobatteri tubercolari in corso di fagocitosi macrofa- via è stato riportato che la quota di portatori del-
gica evidenziati con anticorpo specifico da 35 kD. l'MTB della popolazione mondiale sia compresa
Tubercolosi & 271

Più recentemente, è stato dimostrato come anche il


frequente e/o inopportuno utilizzo di farmaci
potenzialmente immunosoppressori, in particola­
re terapie con corticosteroidi a basso dosaggio,
possa rappresentare un importante fattore predi­
sponente per lo sviluppo di infezioni, compresa
quella da MTB.
Fasce di popolazione a rischio più elevato di
contrarre e sviluppare tubercolosi rispetto alla
media della popolazione residente sono rappresen­
tate da:

® Diabetici,
• Pazienti in terapìa con immunosoppressori,
© Pazienti affetti da AIDS,
• Pazienti esposti a particolato solido ricco in sili­
cio od affetti da silicosi,
• Pazienti sottoposti a gastrectomia,
• Immigrati da paesi extraeuropei,
Fig. 5 - Identificazione delia sequenza di inserzione IS6110 @ Detenuti in carceri sovraffollate e/o in campi di
patognomonica per il riconoscimento del complesso tubercola­ prigionia,
re (M. tuberculosis. M. bovis, A4. africanum) mediante PCR.
Detta sequenza è di 38 kD, molto vicina cioè al peso moleco­ • Personale ospedaliero, dentisti, personale scola­
lare dell'anficorpo specifico di. 35 kD. stico e degli asili-nido,
• Soggetti che frequentano dormitori pubblici e
pazienti psichiatrici. <rV'0 ' -
■. _ ‘ - - ' ; V.. O
y , u: - ì.
tra il 19 ed il 43% con conseguenti forti ripercus­
sioni mediche e sociali anche nei Paesi industria- Età di presentazione clinica della malattia k ^ j
lizzati in conseguenza dei flussi migratori. In Ita­
lia, i tassi di morbilità per tubercolosi per 100.000 Nei paesi ad elevata endemia tubercolare la
abitanti sono passati dagli 8 del 1995 ai 16 del 2000 tubercolosi si manifesta principalmente in soggetti
riscontrati in aree dell'Italia settentrionale dove molto giovani (bambini di età inferiore ai 5 anni) e
sono attivi programmi di sorveglianza della negli anziani. Nei paesi industrializzati la tuberco­
tubercolosi. losi incide più frequentemente in soggetti di media
Le cause di questa inversione di tendenza epide­ età ó di età avanzata, socialmente ed economica­
miologica sono molteplici. Anzitutto, l'estrema mente deboli, spesso malnutriti.
povertà del Paese di origine che comporta un'ali­ Modalità di trasmissione. Il contagio inter­
mentazione insufficiente, un sovraffollamento abi­ umano avviene principalmente mediante 3 mecca­
tativo, la scarsa disponibilità di strutture radiologi­ nismi: inalazione, ingestione, inoculazione. La pos­
che per una diagnosi precoce e/o tempestiva e la sibilità di un "incidente" di laboratorio (o di mecca­
comparsa di ceppi di MTB resistenti ai farmaci anti­ nismi ad esso assimilabili) è un'evenienza possibile
tubercolari (in conseguenza di un ciclo terapeutico anche se più rara. Di solito, il contagio avviene a
ridotto od abbreviato). seguito dell 'inalazione ripetuta di aerosol (goccio­
Una seconda causa di rilievo è rappresentata line) contenenti MTB, quanto più piccole tanto più
dall'aumento dei soggetti immunodepressi per patogene in quanto capaci di raggiungere l'alveolo
terapie adottate in corso di neoplasie e trapianti e, polmonare superando i meccanismi di difesa del
soprattutto, per AIDS. È stato riportato infatti che trasporto muco-cigliare. Tali aerosol sono prodotti
, in certe zone dell'Africa, il 40% circa delle morti mediante semplici atti espiratori, quali: tossire, star­
di pazienti affetti da AIDS sia dovuto alla tuberco­ nutire, sputare, cantare, ecc.
losi. Occorre infine ricordare tutta una serie di Pur essendo obbligato, il contagio inter-umano
altre cause favorenti. L'aumento di malattie croni­ può verificarsi per via aerea senza esposizione
che come le malattie polmonari croniche ostruttive diretta (a pazienti affetti da tubercolosi) in ambien­
e restrittive, principalmente legate all'abitudine ti chiusi corredati da sistemi di ventilazione e ricir­
tabagica, l'alcolismo, il diabete, le malattie auto im­ colazione deH'aria. È questo il caso di impiegati (ad
muni collageno-vascolari, le pneumoconiosi (con es. bancari) non in contatto diretto con il pubblico o,
particolare riferimento alle nanoparticelle ricche più specificamente, il caso aneddotico della epide­
in silicio), la fibrosi cistica e i tumori polmonari, mia tubercolare scoppiata a bordo della nave
costituiscono importanti fattori predisponenti Richard E. Byrd e dovuta ad un solo membro dell'e­
all'infezione da parte del MTB o di altri MOTT. quipaggio, riscontrato successivamente positivo
272 Malattie micobatteriche
all'esame batterioscopico. Le possibilità di contrar­ geografiche, sono state esposte al contagio molto
re Tinfezione per via inalatoria aumentano signifi­ più tardivamente.
cativamente in caso di pazienti bacilliferi non in È questo il caso delle tribù indiane d'America,
terapia antitubercolare; infatti dopo un paio di setti­ degli esquimesi e - notoriamente - dei senegalesi
mane di terapia, il rischio di contagio diminuisce combattenti nell'armata francese durante la prima
drasticamente. guerra mondiale in cui la prima infezione tuberco­
Il contagio per ingestione si verifica quando pic­ lare evolveva spesso in tubercolosi progressiva.
coli pazienti si mettono in bocca e succhiano mate­ Questi rilievi - unitamente alle considerazioni
riale infettato da MTB ed anche quando vengono che non tutti i pazienti esposti al contagio da MTB
alimentati con latte vaccino proveniente da animali sviluppano la tubercolosi - hanno portato a rove­
affetti da tubercolosi bovina con conseguente com­ sciare i termini del problema e quindi alla ricerca di
parsa della tubercolosi intestinale primitiva. un gene in grado di influenzare la suscettibilità
Altre modalità di contagio. Il contagio per ino­ all'infezione. In uno studio condotto su aborigeni
culazione si verifica classicamente in sala anatomi­ canadesi tale gene sarebbe stato localizzato nel cro­
ca quando il settore sì ferisce maneggiando organi mosoma 2q35 che comprende il gene del NRAMPI
affetti da tubercolosi con conseguente comparsa di (naturai resistance associateti macrophage protein T).
linfonodite satellite in sede atipica (generalmente
ascellare). Una seconda possibilità è quella dell'im-
piego di cateteri e/o di strumentari contaminati da V accinazione con BCG
MTB e non adeguatamente sterilizzati.
Ricordiamo infine che l'incidenza di tubercolosi Il bacillo di Calmette-Guérin (BCG) è un ceppo
nel personale di laboratori medici (particolarmente di M. bovis attenuato tramite 230 passaggi in brodi
di microbiologia o di anatomia patologica) è cinque di coltura contenenti glicerolo e bile di bue. Impie­
volte maggiore rispetto alla media generale della gata per la prima volta in Francia negli anni '20 del
popolazione di riferimento. secolo scorso, la pratica della vaccinazione con BCG
Un'ultima possibilità di trasmissione è quella si diffuse nei decenni successivi in Europa e negli
nota come tubercolosi congenita, che si verifica in USA. Si tratta di una pratica tuttora in corso ma di
parti da madri affette da tubercolosi con diffusione efficacia diversa nei diversi Paesi, passibile di com­
miliarica uterina. L'infezione del neonato avviene plicanze particolarmente nei soggetti immunode-
per via ematica (tramite le vene ombelicali) o per pressi. Per questi motivi sono in via di sperimenta­
aspirazione di liquido amniotico infetto. Si tratta di zione e/o d'impiego altri tipi di vaccinazione anti­
una triste evenienza con ridotte possibilità di tubercolare (Tab. 1).
sopravvivenza.

Immunità naturale ed etnia


| Tubercolosi primoria
e post-primaria
Anche se difficilmente distinguibile da altri fat­
tori concomitanti, socio-economici ed ambientali, la Anche se la tubercolosi può manifestarsi con
prima infezione tubercolare in popolazioni - come quadri anatomo-clinici proteiformi in diversi orga­
quelle mediterranee - esposte da millenni all'infe­ ni, è comunemente accettata la distinzione in forme
zione tubercolare decorre in modo più favorevole primarie e post-primarie. Oltre agli evidenti van­
rispetto a quella di popolazioni che, per ragioni taggi tassonomici, tale distinzione considera l'evo­
luzione della malattia: generalmente favorevole
nella Ia infezione tubercolare con possibilità di gua­
rigione spontanea anche in assenza di terapia speci­
Vaccinazioneantitubercolare fica, assai meno favorevole nella IIa infezione tuber­
colare in cui la guarigione è ottenibile solo previa
Rischio terapia, per il sovrapporsi di fenomeni
Tipo di Protezione allergici/iperergici a quelli immunitari.
di infezione
vaccinazione • % micobatterica • ;

M. Bovis Generalmente Possibile in Tubercolosi primaria


(BCG) immunodepressi,
> 70 ma anche 0* anziani, linfopenici La prima.infezione da MTB era menzionata-nel
secolo scorso anche con la dizione di tubercolosi del-.
M. Vaccae Generalmente . l'infanzia in quanto presente particolarmente in
buona bambini e adolescenti mentre attualmente si mani­
Immunogeni Totale Nessuno
festa in tutte le età, anche in soggetti anziani con
micobatterici sub-totale netto innalzamento dell'età media di presentazione
clinica. In tutti i soggetti il quadro clinico (non pato-
‘ india meridionale, Portorico, Georgia gnomomco) è caratterizzato principalmente da feb-
Tubercolosi primaria e post-primaria & 273

Fig. 7 - Linfonodite tubercolare ilare in corso di prima infezio­


ne tubercolare. Si noti il tipico colore giallo.
Fig. 6 - Complesso primario tubercolare di Ranke ne! polmone
destro caratterizzato da piccolo focolaio di Kuss-Ghon basila­
dast.ro da cui il termine di necrosi caseosa (dal lati­
re subpleurico, da caseosi massiva dei linfonodi ilo-mediastini-
no Caseum, formaggio) (Fig. 7). Si tratta di un tipo
ci e da strie linfangitiche. particolare di necrosi da coagulazione che richiede
obbligatoriamente la dimostrazione della presenza
di mic.obatteri tubercolari (in genere molto meno
bricola, dolori toracici ed, eventualmente, tosse numerosi rispetto a quanto riscontrabile nella
stizzosa. Nel caso più frequente di infezione per via tubercolosi post-primaria) per essere riconosciuta
inalatoria, la tubercolosi primaria si presenta classi­ come tale.
camente con il complesso di .Ranke, costituito dal Se l'infezione si è verificata mediante suzione di
focolaio parenchimale di Kuss-Ghon e da linfonodi- materiale infetto compare una linfonodite tuberco­
te.-sateUite ilare o ilo-mediastinica, con possibile lare iaterocervicale (Fig. 3) da porre o b b lig a to ria ­
interconnessione di strie linfangitiche (Fig. 6) ed m ente in diagnosi differenziale con altre patologie,
ispessimento pleurico focale. Il focolaio di Kuss- tra cui principalmente la linfonodite da MOTT (M.
Ghon (o tubercolo prim ario), di dimensioni gene­ scrofulaceum) e la cosiddetta malattia "da graffio di
ralmente non superiori al centimetro nel suo dia­ gatto".
metro massimo, è di regola a sede subpleurica (Fig. Fenomeni riparativi. Le aree di necrosi caseosa
6). Anche se tutti e cinque i lobi del polmone posso­ vengono circondate da un vallo fibroso ad opera di
no essere colpiti, le zone più frequentemente inte­ fibroblasti disposti, perifericamente ad esse; col
ressate sono quelle con maggiore tensione di ossi­ passare del tempo le fibre collagene prodotte dai
geno e relativa linfostasi come le metà posteriori dei fibroblasti avvolgono e penetrano le aree di caseo­
lobi superiori o il segmento apicale dei lobi inferio­ si impedendo le diffusione centrifuga dei MTB
ri. L'istopatologia del tubercolo primario è quella di residui ancora vitali. Successivamente, si possono
una fìogosi cronica granulomatosa necrotizzante a verificare fenomeni di calcificazione (ed anche
cellule giganti (vedere oltre). La sua evoluzione è ossificazione) distrofica con deposizione di calcio
favorevole in oltre il 90% dei casi con guarigione carbonato e calcio fosfato e con possibile sopravvi­
per fibrosi. venza di micobatteri (cosiddetti bacilli murati
11 reperto più caratteristico della tubercolosi vivi).
primaria è quello della linfonodite satellite tuber­ Fenomeni progressivi. In una piccola percen­
colare, di regola assen te nella tubercolosi post-pri­ tuale di pazienti (inferiore al 10% del totale), per
maria. I, .linfonodi interessati presentano una cause varie (terapia inadeguata, iponutrizione,
superficie di taglio asciutta, friabile, di colore gial- immunodeficienza, mancata identificazione/dia­
274 & Maloffie micobatteriche
gnosi), la tubercolosi primaria, anziché guarire per Dissem inazione per via a e re a
fibrosi in tempi relativamente brevi, perdura ed
evolve in quadri anatomo-clinici diversi (analoghi La progressione della tubercolosi primaria è
a quelli propri dell'infezione post-primaria) ricolle­ costantemente associata ad una estensione della
gabili tutti ad un'espansione della caseosi dovuta necrosi caseosa con produzione di materiale infetto
alla sopravvivenza ed alla moltiplicazione dei MTB semifluido che può riversarsi nelle vie aeree. Detto
nelle sue aree più periferiche con conseguente dis­ materiale, in gran parte espettorato, può diffonder­
seminazione per via bronchiale, trans-pleurica e si in altre parti del polmone in senso cranio-cauda­
le. Diffusione facilitata dalla profonda ispirazione
1info-ematica. .Inoltre, l'espansione .della caseifica­
susseguente agli accessi di tosse. La dispersione del
zione - particolarmente a livello linfonodale - si
MTB nel lume bronchiale può portare a quadri di
associa alla comparsa di fenomeni di ipersensibili-,
broncopolmonite tubercolare (cosiddetta tubercolosi
tà di cui l'epitubercolosi è un esempio paradigma­
galoppante), di interessamento tracheale e laringeo
tico. L'èpitubercolosi o tubercolosi st..gmi ni aria è carat­
od anche intestinale (a seguito di ingestione di
terizzata da un reperto radiologico di opacità seg­ MTB).
mentale (tipico della tubercolosi primaria) passibi­ In conclusione, il principale marker morfologico
le di regressione spontanea nell'arco di qualche della tubercolosi primaria è rappresentato dalla lin-
mese. L'ipotesi iniziale di atelettasia da compres­ fonodite tubercolare, assente di regola nella tuber­
sione linfonodale di un bronco segmentale è risul­ colosi post-primaria. Occorre ricordare inoltre -
tata plausibile in taluni casi ma non in molti altri in come emerso da molti studi svolti in Europa ed in
cui si verificano aree di consolidazione polmonare Nord America - che la tubercolosi primaria, pur
in seguito alla penetrazione nelle vie aeree di mate­ non conferendo un grado di immunità assoluta,
riale caseoso semifluido da perforazione bronchia­ conferisce un notevole grado di p rotezion e nei con­
le (conseguente a fistolizzazione linfonodale)- fronti dello sviluppo della malattia (in forma clini­
Attualmente, l'epitubercoiosi è .considerata rap­ camente evidente) in caso di successiva esposizione
presentare una reazione di ipersensibilità locale, al MTB.
come testimoniato da una risoluzione nettamente
accelerata indotta dalTaffiancamento di corticoste­
roidi, alla terapia anti-tubercolare convenzionale e Cutireazione e al ¡ergometria cutanea
da una rapida ricomparsa in caso di sospensione La vecchia tubercolina di Koch - filtrato di col­
intempestiva della terapia steroidea e di quella anti­ ture di MTB mantenute per sei settimane in brodo
biotica. L'esito finale varia da una risoluzione com­ glicerinato allo scopo dì ottenere un vaccin o anti­
pleta alla comparsa di fibrosi focale, di bronchiecta- tubercolare - fu presentata da Roberto Koch al Con­
sie ed, eccezionalmente, di diverticoli bronchiali. gresso Medico Internazionale di Berlino il 4 agosto
1890 quale efficace rimedio anti-tubercolare. L'anno
Altri quadri anatomoclinici successivo peraltro il grande patologo (ed avversa­
rio) Rodolfo Wirchow evidenziò il marcato aggra­
L'erosione della pleura ad opera di focolai caseo­ vamento della tubercolosi, riscontrato autoptìca-
si sottopleurici si esprime con fenomeni di versa­ mente, in pazienti sottoposti a tale terapia. Accerta­
mento pleurico, di tubercolosi della pleura e di ta l'inefficacia terapeutica, la vecchia tubercolina
empiema tubercolare con possibile comparsa di venne impiegata da Von Pirquet per saggiare,
pneumotorace. mediante scarificazione cutanea, l'avvenuta esposi­
zione all'MTB. La vecchia tubercolina venne impie­
Disseminazione em atogena gata fino agli anni '30 del secolo scorso quando
venne sostituita da un derivato proteico purificato
Una massiva bacillemia tubercolare induce la (Purified Protein Derivative o PPD) successivamente
diffusione di numerosissimi piccoli tubercoli, di depositato come standard internazionale (PPQ-S).
colore grigiastro e di dimensioni sensibilmente uni­ La cutireattività tubercolinica è stata proficuamente
formi, non superiori al millimetro, con un quadro impiegata anche nel valutare il rischio di contrarre
morfologico caratteristico noto come tubercolosi la tubercolosi in giovani operatori sanitari (medici e
m iliare (dal paragone con i grani di miglio, latino personale infermieristico) in ambiente ospedaliero.
milium). Gli organi più frequentemente interessati In uno studio condotto dal Prophit Fund Tuberculosis
sono i polmoni, i reni, la milza, l'encefalo, le menin­ Survey relativo al decennio 1933-1944 su di un cam­
gi, i surreni e, meno frequentemente, il fegato. Tale pione di 10.000 soggetti è stato evidenziato che il
massiva bacillemia è spesso conseguente all'infil­ rischio dei cutinegativi (al momento dell'assunzio­
trazione della parete vascolare di vasi circostanti i ne) era circa tre volte maggiore di quello dei cutipo­
focolai caseosi, particolarmente in caso di linfono- sitivi.
dite ilare in quanto la massa caseosa in accresci­ Modalità di esecuzione. La dose di PPD oggi
mento si sviluppa in prossimità delle grandi vene comunemente impiegata è di 0.00001 mg, pari a
del mediastino. 5 unità di tubercolina (5TU), che rappresenta il
Tubercolosi primaria e post-primaria ? 275

miglior compromesso tra sensibilità e specificità.


La tecnica più seguita è quella nota come intrader-
moreazione alla Mantoux, che consiste nell'iniezio­
ne intradermica di 0.1 mi di PPD (contenenti 5TU)
sulla superficie volare dell'avambraccio. Trattan­
dosi di ima reazione di ipersensibilità ritardata,
con conseguente comparsa di eritema ed induri­
mento cutaneo, la lettura viene eseguita dopo
48-72 ore con particolare attenzione all'estensione
della zona di indurimento (misurata in millimetri).
Uri indurimento dal diametro maggiore di 10 mm
conferma di solito un'iniezione tubercolare pre­
gressa o in atto. Altre metodiche (cutireazione alla
Heaf, fine test) prevedono l'impiego di dispositivi
automatici muniti di piccoli denti di acciaio rivesti­
ti di vecchia tubercolina (OT) con lettura più detta­
gliata.
I falsi positivi sono principalmente riconducibili
a vaccinazione con BCG o alla residenza in aree
con elevata endemia da MOTT. I falsi negativi rico­
noscono cause diverse, tra cui principalmente: ipo­
nutrizione, infezioni virali e batteriche, linfomi,
immunodepressione indotta da farmaci o dalla
stessa tubercolosi (miliare, meningite tubercolare).
Conseguentemente una cutireazione negativa non
esclude necessariamente una diagnosi di tuberco­
losi. Fig. 8 - Tubercolosi larvata di Omodei-Zorini. Il BAL dimostra
la presenza di MTB Ziehl-Neelsen-positivi giustapposti ad ele­
menti macrofagici.
Tubercolosi post-primaria
La tubercolosi post-primaria (o secondaria o II come "nevrasteniche" per la negatività riscontrata
infezione tubercolare) comprende forme anatomo- all'esame radiologico standard del torace. L'esame
clirdche con presentazione assai diversa tra loro, citologico del liquido di lavaggio broncoalveolare
comunemente distinte in tubercolosi polmonare ed (BAL) dimostra un quadro flogistico a ricca compo­
extra-polmonare. nente macrofagica con presenza di MTB (Fig. 8). La
- Tubercolosi polmonare. Consegue ad una rein­ terapia antitubercolare risulta particolarmente effi­
fezione endogena, di più frequente riscontro in sog­ cace con ritorno alla sensazione di completo benes­
getti immunodepressi, oppure con deficit immuni­ sere in un breve lasso di tempo.
tari temporanei per eventi morbosi transitori, affa­ Tubercolosi essudativa. Si presenta con una sin­
ticamento, stress ed altri. La reinfezione può essere tomatologia di malessere generale (astenia, calo
esogena, particolarmente frequente in aree ad ele­ ponderale) spesso associata a tosse stizzosa, gra­
vata endemia tubercolare. dualmente ingravescente nel giro di settimane o di
Si presenta con le seguenti forme anatomo-clini- mesi (comparsa di febbre e di sudorazioni nottur­
che: ne). Si manifesta di regola in prossimità dei lobi
• Tubercolosi larvata; superiori, in aree cioè ben vascolarizzate e con una
tensione di 0 2 relativamente elevata con i cosiddet­
• Tubercolosi essudativa (o ulcero-caseosa); ti focolai di Assmann caratterizzati da aspetti radio­
© Tubercolosi miliarica; logici di infiltrato riconducibili ad aree confluenti di
@ Tubercolosi areattiva; flogosi essudativa. In una fase più evoluta, il qua­
@ Tubercolosi bronchiale (o neoplastiforme). dro morfologico classico riscontrato con le comuni
colorazioni (Fig. 9) è quello di un'ampia area ton­
A queste cinque forme principali se n'è aggiun­ deggiante di necrosi eosinofila, priva di cellule e di
ta, del tutto recentemente, una sesta - la tubercolo­ vasi (cosiddetto deserto vascolare) circondata da un
si paucibacillare - di possibile riscontro, analoga­ vallo fibroso, perifericamente al quale sono posti
mente alla tubercolosi areattiva, anche nella tuber­ accumuli linfatici e, frequentemente, tubercoli satel­
colosi extrapolmonare. liti. Il marker citologico è costituito dalla presenza
La tubercolosi larvata (di Omodei-Zorini) si di cellule giganti con i nuclei disposti periferica­
manifesta tipicamente in giovani donne affette da mente "a ferro di cavallo" (derivanti dalla fusione
febbricola vespertina, faticabilità e sensazione di di elementi macrofagici), note come cellule giganti
malessere vago e mal definibile, spesso etichettate di Langhans.
276 o Malattie micobatteriche
1. La caseosi è caratterizzata dalla presenza di
detriti cellulari di granulociti neutrofili lisozi-
ma-immimoreattivi. Questo reperto concorda
pienamente con quello di alveolite granulocita-
ria documentabile citologicamente sul BAL
2. Immediatamente a ridosso della caseosi (e dei
MTB presenti nelle sue aree più periferiche) si
ritrova uno spesso strato granulomatoso ricca­
mente vàscolarizzato che circonda la caseosi
senza soluzioni di continuo con numerose intro­
flessioni che penetrano al suo interno sepimen-
tandola. Detto strato è costituito da macrofagi
CD68-immunoreattivi e da vasellini neoformati
immunoreattivi per CD31 e fattore VIII. Periferi­
camente ad esso (andando progressivamente
dall'interno verso l'esterno) esistono altri tre
Fig. 9 - Tubercolosi essudativa. L'ematossiiina-eosina dimostra strati costituiti rispettivamente da T-Iinfociti
un'ampia area di necrosi caseosa eosinofila apparentemente (CD4 e CD8-immunoréattivi), fibroblasti e fibro­
priva ai cellule e di vasi (cosiddetto "deserto vascolare"). citi, B-linfociti (CD20-immunoreattivi) commisti
a rari naturai killer (NK cells, NK). Nella nostra
esperienza, le lesioni simil-tubercolari da MOTT
L'immunoistochimica ha apportato conoscenze sono invece caratterizzate dall'assenza o estre­
di rilievo per la comprensione morfostrutturale ma povertà di T-linfociti CD4-immunoreattivi e
della lesione (e della sua evoluzione), riportate suc­ dalla presenza di numerosi NK
cessivamente, come segue: 3. In seno alla caseosi, nelle sue aree più periferi­
che o giustapposti ad essa si ritrovano ammassi
cellulari (prevalentemente macrofagici) interes­
sati da fenomeni di ap o p to si documentabile con
ibridizzazione in situ mediante TUNEL (TdT
bio/UTP nick-end labelling) o con la citometria a
flusso (Figg. 10,11).
In caso di biopsie bronchiali, ripetute in un
breve lasso di tempo per tubercolosi bronchiale
neoplastiforme, il gettito delle cellule apoptotiche
aumentava con l'avvenuto inizio della terapia anti­
tubercolare.

Hiskì - VAN0G4

Rj-Haghi

Fig. 10 - Tubercolosi essudativa. Evidente apoptosi macrofagi- Fig. 11 - Documentazione dell'apoptosi con altra metodica
ca particolarmente prevalente nelle aree periferiche documen­ (citometria a flusso): evidenza di tipico picco ipodiploide.
tata con ibridazione in situ mediante TUNEL (colore rosso).
Tubercolosi primario e post-primaria & 277

In caso di evoluzione sfavorevole, spesso conse­ sentarsi col quadro morfologico di tubercolosi
guente a terapia assente p inadeguata, ma anche ad areattiva.
altre cause (apporto ^alimentare insufficiente, Tubercolosi areattiva. È tipica di soggetti con
povertà, sovraffollamento) la compromissione depressione della immunità cellulo-mediata non­
delle difese immunitarie, comunque indotta può ché di soggetti anziani con infezione tubercolare
causare liquefazione del materiale caseoso che si misconosciuta. Le prime segnalazioni della lettera­
riversa nel lume bronchiale eroso dalla caseosi con tura si riferiscono a pazienti affetti da linfomi
cavitazione polmonare, nota come caverna tuber­ (segnatamente linfoma di Hodgkin) e da leucemia,
colare. Questtx.comp.orta un aumento della tensio­ in trattamento o meno con immunosoppressori.
ne di.O? che favorisce ulteriormente la crescita dei Una seconda categoria di pazienti, riscontrata più
MTB e la diffusione dell'infezione ad altri, distretti recentemente, è quella di soggetti affetti da AIDS.
polmonari con possìbile formazione di caverne La sintomatologia è vaga e non significativa. In
multiple o di polmonite tubercolare. I .a lenta pro­ caso di accertamenti ematologici possono essere
gressione del processo di caseificazione induce in evidenziate pancitopenia e reazioni leucemoidi,
genere un' arterite obliterante dei rami arteriosi spesso sopravvalutate e/o fuorvianti. Il quadro mor­
polmonari e bronchiali. Se^iemJ^-pi'ogr^sioiiejiei fologico è caratteristico: necrosi a stampo ricca di
processi obliteranti è più rapida, si forma, un aneu­ MTB, con risposta granulomatosa circostante forte­
risma (aneurisma,di .Rasm illen).per interessamen­ mente ridotta o del tutto assente senza evidenza di
to delle tonache elastica e/o muscolare sui tratto cellule giganti di Langhans. Un sospetto diagnosti­
contiguo alla caverna con possibile.rottura e com­ co di tubercolosi areattiva può trovare conferma
parsa di emorragia, nota come emottisi, he caver­ dalla ricerca di MTB su materiale di provenienza
ne di dimensioni superiori a 1-2 cm circondate da osteomidollare.
uno spesso vallo fibroso, anziché collabire ed esse­ È da rilevare infine l'accertata, rilevante possibi­
re obliterate per fibrosi, possono persistere indefi­ lità di contrarre l'infezione tubercolare da parte di
nitamente anche dopo la scomparsa deirinfezione personale tecnico o sanitario esposto al contagio di
tubercolare. hl-ialimi,...casi,-dette ca\àtà. presentano questa peculiare forma di tubercolosi senza le ade­
un rivestimento, epiteliale, che. ricorda quello delle guate precauzioni.
cisti epidermoidi con possibile insorgenza di carci­ Tubercolosi bronchiale. Si presenta con un qua­
noma squamocellulare. Dette cavità possono dive- dro clinico ed endoscopico (Fig. 12) neoplastiforme
nire sede di infezioni batteriche e di ascessi o di e con un quadro morfologico di tubercolosi essuda­
tiva (Fig. 13). Non raramente, viene instaurata una
colonizzazione, micotica, di cui è un tipico esempio
terapia anti-tubercolare ma, persistendo il dubbio
1 aspergilloma.
di una neoplasia con superinfezione micobatterica,
La tubercolosi che insorge in pazienti affetti da
viene eseguita una successiva biopsia endoscopica
silicosi è nota come silico-lubercolosi. Essa, è carat­
di controllo che documenta contemporaneamente
terizzata da un quadro radiologico inaspettato
l'assenza di neoplasia bronchiale e la marcata
rispetto ai precedenti controlli e da un quadro mor­
regressione della necrosi caseosa.
fologico di tubercolosi essudativa.
La tubercolosi essudativa di lunga data è fre­
quentemente associata a processi di pleurite croni­
ca fibrosante, focale o diffusa e di fibrosi polmona­
re densa.
Tubercolosi miliare. È dovuta a disseminazione
ematogena come già riferito in precedenza in tema
di tubercolosi primaria.
I tubercoli miliarici presentano un quadro isto­
logico caratteristico. L'area centrale è di solito
occupata da una cellula gigante tipo Langhans cir­
condata da macrofagi epitelioidi, perifericamente
ai quali è posta una corona linfocitaria. La caseosi -
inizialmente assente - compare nell'evoluzione
successiva del danno e parallelamente all'espan­
sione volumetrica del tubercolo. La miliare tuber­
colare generalizzata è criticamente correlata alla
terapia: rapidamente fatale (particolarmente per le
localizzazioni nel sistema nervoso centrale) in caso
di terapia assente o inadeguata; in rapida regres­
sione sino alla fibrosi o alla completa scomparsa
delle lesioni miliariformi evidenziata dai successi­
vi, ripetuti, controlli radiologici, in seguito a tera­ Fig. 12 - Immagine endoscopica di tubercolosi bronchiale neo-
pia adeguata. In casi particolari, la miliare può pre­ plastiforme.
278 ■ Maloffie micobatferiche
riferite. Nei casi in cui è stata praticata una terapia
anti-tubercolare classica si è ottenuta una completa
V- . , '■ . !" - Arj *\
guarigione in tempi brevi con piena soddisfazione
del paziente, inizialmente incredulo perché incapa­
ce di rintracciare la fonte del contagio.
- Immunità e ipersensibilità in corso di tuber­
colosi. Si tratta di due distinti fenomeni, che pos­
sono peraltro interferire tra loro, dovuti a modali­
tà della risposta immune che vedono impegnati
differenti sottotipi (subset) di T-linfociti, conse­
guenti all'interazione tra MTB ed ospite e ricondu­
cibili alle caratteristiche del ceppo infettante (viru­
lenza, farmaco-resistenza) e alle condizioni del
paziente infettato, tra cui lo stato nutrizionale ed
immunitario, gli antigeni di istocompatibilità
(HLA) e le proteine di membrana codificate dal
complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di
classe I (MHC I, HLA-A e B) e di classe II (MHC II,
HLA-D). Il complesso di interazione tra T-linfociti
e macrofagi - la risposta immune cellulo mediata -
determina - in associazione alle terapie - il quadro
clinico e l'evoluzione della malattia mentre i B-lin-
fociti svolgono un ruolo marginale. Le fasi iniziali
della caseosi sono riconducibili alla liberazione di
idrolasi lisosomiali successiva alla lisi cellulare
(granulociti neutrofili e macrofagi residenti) indot­
ta dalla fagocitosi inefficace di MTB. Se la prolife­
razione micobatterica viene scarsamente frenata
dalla fagocitosi endomacrofagica, i prodotti di
Fig. 13 - Tubercolosi bronchiale neoplastiforme di tipo essuda­ MHC I attivano i T-linfociti citotossici (CD8-immu-
tivo con presenza di numerosi micobatteri (Ziehl-Neelsen).
noreattivi), che vengono successivamente elimina­
ti da altri T-linfociti.
Se, viceversa, la fagocitosi procede in modo
Tubercolosi p au cibacillare. È una forma anato- adeguato, i prodotti di MHC II attivano i T-linfoci­
moclinica di recentissima identificazione, che colpi­ ti helper (Th), CD4-immunoreaativi, di cui sono
sce soggetti immunocompetenti, di entrambe i sessi noti: il tipo 1 (Thl) ed il tipo 2 (Th2), rispettiva­
ed in buone condizioni di nutrizione, in età medio­ mente in rapporto a processi immunitari (Thl) e di
avanzata, in sede polmonare ed extrapolmonare ipersensibilità (Th2). I T h l secernono interìeuchina
con un quadro clinico e radiologico misconosciuto (IL) 2 e la citochina attivante l'interferone / con-
(talora con pervicace orientamento clinico in senso conseguente aumento della distruzione micobatte­
oncologico). rica endomacrofagica e contenimento dell'infezio­
In una serie di 18 osservazioni personali (relati­ ne. Si ha inoltre modulazione da parte di una lin-
va a pazienti che non presentavano una storia nota fochina chemiotattica verso i macrofagi e di un fat­
di infezione tubercolare), la malattia si presentava tore di inibizione della migrazione (MIF) che, ini­
con interessamento polmonare in 5 casi, a livello bendo la migrazione macrofagica, riduce forte­
dei linfonodi latero-cervicali in 4 casi, nei tessuti mente, sino all'abolizione, l'interessamento linfo-
molli sottocutanei della regione mandibolare ed nodale. Per converso, i Thl stimolano anche i
inguinale in 2 casi, mentre, nei restanti 7 casi, risul­ macrofagi a produrre il fattore di necrosi tumorale
tavano interessati il parenchima renale, il testicolo, (TNF) contribuendo così alla necrosi da ipersensi­
il tessuto osseo femorale, il tessuto sinoviale del bilità indotta dai Th2 con produzione di IL (4, 5, 6,
ginocchio, il mediastino antero-superiore, la pleura 10) che predispone le cellule all'azione necrotiz­
parietale ed il peritoneo. zante del TNF secreto dai macrofagi attivati dai
Microscopicamente, si evidenzia un tipico qua­ Thl. Conseguentemente, l'effetto essenzialmente
dro di flogosi cronica granulomatosa necrotizzante protettivo dei Thl può diventare lesivo contri­
a cellule giganti (tipo Langhans o tipo corpo estra­ buendo all'insorgenza della ipersensibilità cellulo-
neo) con presenza di rare ed isolate forme ZN-posi­ mediata indotta dai Th2.
tive o di materiale sferulare alcole-acido resistente In tale gioco di interazioni delle opposte rispo­
endomacrofagico. La PCR con sonda specifica ste immunitarie che, in equilibrio variabile da caso
IS6110 ha confermato la diagnosi di tubercolosi a caso, determinano le modalità di evoluzione
paucibacillare (Fig. 5) in tutte le osservazioni sopra­ della malattia si inquadra il meccanismo di con­
Tubercolosi extrapolmonare » 279

trollo dell'apoptosi macrofagica, che svolge un della zona di unione tra sinovia e cartilagine artico­
ruolo cruciale, particolarmente in fase iniziale, nel- lare.
l'inibire la progressione della necrosi caseosa. Ana­ - Tubercolosi reno-ureterale. I reni, oltre a potere
logamente a quanto riscontrato in vitro con alte essere interessati bilateralmente in corso di miliare
cariche microbiche di MTB virulenti, l'apoptosi generalizzata, vengono di solito interessati monola-
rappresenta in vivo un metodo rapido ed efficace teralmente da una tubercolosi ad espressione mor­
per segregare i micobatteri nel citoplasma di fologica ulcero-caseosa, che si presenta in genere nel
macrofagi con fallimento di uccisione cellulare del rene destro, nella terza/quarta decade di vita. È
patogeno oppure controllando il ruolo distruttivo talora associata ad una localizzazione tubercolare in
di macrofagi attivati. altra sede (polmone), peraltro non evidenziabile
Evoluzione e terapia. Nei casi favorevoli i foco­ nella maggior parte dei casi. È stato quindi ipotizza­
lai di necrosi caseosa vengono obliterati per fibrosi to che la lesione renale sia la recrudescenza di un'in­
in un processo in cui la formazione di collageno è fezione latente (cosiddetto focolaio di Simon) conse­
preceduta da una deposizione di fibronectina. L'af- guente a batteriemia transitoria in corso di tuberco­
fiancamento controllato di corticosteroidi alla tera­ losi primaria, responsabile di localizzazini plurime
pia anti-tubercolare può essere indicato al fine di da cui, di solito, originano le forme secondarie di
limitare i fenomeni di ipersensibilità e, particolar­ parenchimi non iniettabili per via esogena (encefalo
mente, di prevenire una grave condizione di fibrosi ad es.).
post-tubercolare. Il processo granulomatoso caseificante inizia in
genere a livello degli apici piramidali per poi esten­
dersi successivamente verso la corticale o, in senso
Tubercolosi extrapolmon'are inverso, verso la pelvi e l'imbocco ureterale. Il con­
seguente ispessimento della parete ureterale, limi­
Interessa diversi organi ed apparati tra cui, tando il flusso urinario, induce dilatazione della
principalm ente, il sistem a osteo-articolare, il pelvi e dello stesso imbocco. In fase più avanzata si
sistema urogenitale e la cute. La tubercolosi extra­ ha fusione con cavitazione delle masse caseificanti,
polmonare compare più frequentemente in sog­ che vengono progressivamente ad occupare la
getti provenienti da Paesi extraeuropei ed è carat­ maggior parte del parenchima renale di cui rimane
terizzata dalla difficoltà di evidenziare le rare un esile strato sottocapsulare. In caso di occlusione
forme micobatteri che presenti. Non raramente ureterale il rene può eccezionalmente trasformarsi
consegue ad una reinfezione endogena, anche a in una sacca di materiale necrotico, friabile, che per
distanza di molti anni (5 ed oltre) dall'infezione riassorbimento idrico, può presentare una consi­
primaria. stenza paragonata al mastice (cosiddetto rene masti­
Tubercolosi osteoarticolare. La sede più fre­ ce). Un'adeguata terapia anti-tubercolare previene
quentemente interessata (30-50% dei casi) è la l'interessamento renale controlaterale e le più gravi
colonna vertebrale nel tratto dorso-lombare lesioni destruenti soprariferite.
(Morbo di Poti) immediatamente seguita dalle - Tubercolosi vescicale. Consegue ad una tuber­
articolazioni portanti (anca, ginocchio, caviglia) colosi renale con una frequenza compresa tra i due
ma ogni altra parte dello scheletro può essere coin­ terzi e i tre quarti di tutti i casi di tubercolosi rena­
volta, comprese le coste e le piccole articolazioni le, con una leggera prevalenza per il sesso femmi­
della mano e dei piedi. Sono state anche riportate nile.
localizzazioni multiple della malattia. La sintoma­ Le prime manifestazioni insorgono a livello
tologia di esordio è in genere aspecifica (dolore dello sbocco ureterale con formazione di noduli
localizzato seguito da rigidità e limitazione dei coalescenti che possono evolvere in ulcere sottomi­
movimenti) con conseguenti frequenti ritardi dia­ nate. Lo sbocco ureterale viene ad essere variamen­
gnostici. te deformato oppure rimanere rigidamente beante
La tubercolosi del tratto dorso-lombare compare (cosiddetto uretere "a buca di golf"). Il processo
inizialmente nel corpo vertebrale o può estendersi tubercolare può quindi estendersi al trigono e ad
successivamente ai dischi intervertebrali, al perio­ altre aree vescicali. La guarigione avviene per fibro­
stio e ai tessuti molli circostanti con possibile ulte­ si con possibile formazione - nei casi più evoluti -
riore evoluzione in fistolizzazione (cosiddetto di cicatrici che limitano la capacità vescicale.
ascesso freddo). Il quadro microscopico evidenzia - Tubercolosi uro-genitale. È una forma di
una marcata distruzione ossea dovuta a lesioni gra- tubercolosi ad espressione morfologica ulcero-
nulomatose caseificanti in assenza di fenomeni di caseosa secondaria a primitiva localizzazione rena­
osteoneogenesi. Tale distruzione del corpo verte­ le, che può estendersi ad interessare per via discen­
brale (nota anche come carie ossea) può portare ad dente ureteri e vescica e, per via discendente, anche
angolazione anteriore della colonna vertebrale epididimo, testicolo e prostata. I sintomi più fre­
(icifosi). quenti sono: pollachiuria disuria, dolore lombare,
Nelle ossa lunghe sono generalmente interessa­ nicturia ed ematuria asintomatica.
te le epifisi e la sinovia con possibile distruzione Un'anamnesi che evidenzi infezioni ricorrenti
280 Malattie micobatteriche
del tratto urinario con colture batteriche negative M. avium-intracellulare. Il quadro macroscopico è
può sostanziare il sospetto di tubercolosi, sospetto caratterizzato da papule multiple eritematose
da confermare mediante esame batterioscopico disposte a formare una placca, che alla diascopia
(ZN) del sedimento urinario, allergometria tuberco- presenta piccoli noduli "a gelatina di mela" con
linica ed urografia. possibile successiva comparsa di ulcere crostose o
- Tubercolosi genitale maschile. Interessa epidi­ di placche verrucose. La malattia ha un decorso cro­
dimo, testicolo e prostata. Esordisce in genere nico e può comportare la formazione di cicatrici
monolateralmente come epididimite tubercolare in deturpanti e, tra le complicanze tardive, la compar­
giovani adulti di età compresa tra i 20 ed i 40 anni sa di neoplasie: carcinoma squamocellulare (più
in oltre il 40% dei casi di tubercolosi renale, poten­ raramente basocellulare), melanoma maligno, lin­
do risultare bilaterale in un terzo circa dei casi di fomi cutanei.
epididimite tubercolare. L'infezione è mediata dal Microscopicamente, si osservano nel derma
transito di materiale infetto attraverso i deferenti. (medio e superiore) focolai granulomatosi con­
Si manifesta inizialmente come una formazione fluenti tubercoloidi e/o similsarcoidotici con pre­
nodulare che gradualmente aumenta di volume senza o meno di caseosi e di cellule giganti tipo
potendo interessare l'intero epididimo che diviene Langhans. I micobatteri possono essere dimostrati
duro, bozzoluto e di dimensioni tre/quattro volte in scarso numero o risultare del tutto assenti all'e­
superiori alla norma. Sulla superficie di taglio in same batterioscopico. Conseguentemente la dia­
fase iniziale le pareti dei tubuli appaiono ispessite gnosi dovrebbe essere confermata dalla biologia
con presenza di materiale puruloide nel loro lume. molecolare (PCR, cfr. tubercolosi paucibacillare).
Successivamente compare un'estesa caseosi che L'epidermide sovrastante i granulomi può presen­
può interessare il testicolo e le altre strutture adia­ tarsi atrofica o, al contrario, iperplastica, raramen­
centi dando origine così ad un'orchiepididimite te peraltro con i caratteri di iperplasia pseudoepite-
tubercolare con possibile fistolizzazione dello liomatosa.
scroto. - Tubercolosi verrucosa. E una rara forma di
La prostatite tubercolare è una rara evenienza, tubercolosi cutanea da inoculazione accidentale in
la cui porta d'ingresso è a livello dei dotti ghiando­ soggetti immunocompetenti a rischio professionale
lari, caratterizzata da un tipico quadro di tubercolo­ (sale autoptiche, macelli, laboratori). L'aspetto
si essudativa. macroscopico è quello di una placca verrucosa,
- Tubercolosi genitale femminile. La tubercolosi posta generalmente sul dorso della mano o delle
dei genitali femminili si presenta con sterilità (o dita. Il quadro microscopico evidenzia iperplasia ed
gravidanze extrauterine), malattia infiammatoria ipercheratosi delTepidermide, spesso di tipo pseu-
pelvica, ipermenorrea o amenorrea. L'età media è doepiteliomatoso, con granuloma caseificante e
tra i 30 ed i 40 anni. Nell'80% circa dei casi è docu­ presenza dì micobatteri nel derma sottostante.
mentabile una tubercolosi extragenitale. In tutte le - Tubercolosi orifiziale. E una forma di tuberco­
pazienti si ha interessamento delle salpingi (salpin­ losi contratta per autoinoculazione in pazienti con
gite tubercolare) con successivo coinvolgimento tubercolosi avanzata e già con immuno-deficienza
dell'endometrio (90% dei casi) e delle ovaie (20-40% tale da consentire impianto di bacilli in distretti o
dei casi). All'esame pelvico sono palpabili masse organi diversi da quello offerto dalla malattia. E
annessiali in circa la metà dei casi. L'orientamento stata infatti identificata e dimostrata una regola bio­
diagnostico di tubercolosi genitale deve trovare logica secondo la quale l'immunità cellulo mediata
conferma da accertamenti bioptici e colturali. Si evocata dalTinstaurarsi della malattia in un organo
ritiene possibile una tbc primaria genitale per infe­ (polmone ad es.) è in grado di impedire altri
zione contratta con rapporti sessuali. impianti in organi diversi, essendo un'eccezione il
- Tubercolosi cutanea. Comprende essenzial­ caso della miliare. Così la comparsa delle ulcere tbc
mente forme riconducibili all'infezione diretta sulla mucosa orale è segno di grave compromissio­
della cute ad opera dei MTB, quali il lupus vulgaris ne dell'immunità nella tbc cronica polmonare
e la tubercolosi verrucosa, ed eruzioni cutanee - (legge di Marfan-Reitano). Si presenta con ulcera­
note come tuberculidi - concomitanti a un focolaio zioni poco profonde della giunzione muco-cutanea
interno di tubercolosi. anche con localizzazione perianale. Il quadro isto-
- Lupus vulgaris. È la forma più frequente di patologico è quello di una ulcerazione sovrastante
tubercolosi cutanea che si manifesta prevalente­ un granuloma caseificante con presenza di MTB.
mente in giovani adulti con una localizzazione al - Tubercolosi cutanea disseminata. Consegue a
viso e alla regione del collo o, più raramente, con diffusione cutanea di MTB da altre sedi e si manife­
altre localizzazioni (arti, natiche, pene). Le lesioni al sta con papule, pustole e vescicole che necrotizzano
viso e al naso possono essere destruenti. E dovuta formando piccole ulcerazioni in bambini con
quasi esclusivamente al M. tuberculosis; isolate immunodeficienza congenita e con pustole multi­
osservazioni della letteratura correlano infatti la ple o papule eritematose in adulti affetti da AIDS.
patologia lupica alla presenza di M. bovis, alla vac­ La presenza di MTB è ben documentabile, partico­
cinazione con BCG o alla presenza del complesso larmente in fase iniziale.
Tubercolosi extropolmonare ¿ 281

Tuberculidi. Costituiscono un gruppo eteroge­ to diagnostico di peritonite tubercolare viene con­


neo di lesioni cutanee, di regola associate a tuberco­ fermato da un esame batterioscopico positivo per
losi (presente in altra sede), riscontrate in pazienti MTB su materiale citologico (versamento) o su pre­
con alto grado di immunità con prevalente ipersen­ lievi bioptici ottenuti in laparoscopia.
sibilità e, solo occasionalmente, anche in pazienti - Tubercolosi intestinale. Consegue all'ingestio­
con infezione da HIV. L'isolamento colturale è di ne di latte infetto da M. bovis (forma primaria) o alla
solito negativo mentre la PCR può risultare positi­ deglutizione di escreato infetto da M. tuberculosis
va. La risposta ai farmaci anti-tubercolari è general­ (forma secondaria). La forma primaria è pratica-
mente soddisfacente. Le forme anatomo-cliniche mente eradicata nei Paesi industrializzati in seguito
più note sono: l'eritema indurato, il lichen scrofulo- ad adeguate misure protettive (pastorizzazione,
sorum e il tuberculide papulo-necrotico. controlli veterinari). La forma secondaria può inte­
Eritema indurato di Bazin (sinonimo di erythema ressare qualunque tratto dell'intestino ma più fre­
induratum-nodular vasculitis). Si manifesta agli arti quentemente l'ileo terminale (analogamente al M.
inferiori e, segnatamente, al polpaccio in giovani di Crohn). La diagnosi è spesso formulata al tavolo
donne con disturbi circolatori ed eritrocianosi alle operatorio essendo l'orientamento clinico pre-ope-
gambe. L'esistenza di tubercolosi in altra sede è ratorio di appendicite acuta o di occlusione intesti­
dimostrabile in un certo numero di casi, ma non in nale. L'enterite si localizza inizialmente ai follicoli
tutti. Si presenta con placche di colore roseo-blua- linfatici e alle placche di Peyer con formazione di
stro, con vario grado di indurimento, che possono granulomi che evolvono verso la caseificazione e
esitare nei casi più gravi in ulcere croniche. Il qua­ l'ulcerazione. .
dro morfologico è quello di una panniculite granu- Il quadro macroscopico è caratterizzato da
lomatosa possibilmente complicata da endoarterite un'ulcera a disposizione trasversale (rispetto all'as­
obliterante. se longitudinale dell'intestino) con un andamento
Lichen scrofulosorum. E un'eruzione follicolare circolare che segue la linea di distribuzione dei lin­
che interessa caratteristicamente il tronco di bambi­ fatici. Si possono formare aderenze di anse intesti­
ni e giovani adulti sottoforma di papule talora nali con successiva fistolizzazione. L'ulcera esita in
squamose del diametro di 0.5-3 xnm. Di solito è fibrosi, che - nei casi più gravi - può portare a ste­
associato alla tubercolosi ossea o linfonodale. La nosi od occlusione intestinale, proprio per la dispo­
cutireazione alla tubercolina è generalmente positi­ sizione dell'ulcera tbc considerata.
va. Il quadro istologico è caratterizzato da un gra­ - Tubercoloma. E una massa caseosa a delimita­
nuloma non caseificante simil-sarcoidotico nella zione fibrotica, del diametro medio di qualche cm,
porzione superficiale del derma o attorno ai follico­ che può ritrovarsi in varie sedi ma particolarmente
li piliferi. nel sistema nervoso centrale (cervelletto, cervello,
Tuberculide papulo-necrotico. La presentazione cli­ nevrasse) e nel midollo spinale con sintomi da
nica è prevalentemente agli arti in forma di noduli compressione che possono simulare una neoplasia.
o papule duri e di colore bruno con possibilità di La lesione può permanere stazionaria per lungo
ulcerazioni esitanti in cicatrici permanenti. Micro­ tempo ed andare incontro a fenomeni di calcifica­
scopicamente, si osserva nel derma un quadro di zione o, al contrario, esacerbarsi con successiva
granuloma tubercoloide con presenza di necrosi espansione.
fibrinoide nella parete vascolare e di fenomeni di Le prospettive diagnostiche e terapeutiche sono
endoarterite obliterante. L'esame batterioscopico molto più favorevoli in caso di localizzazione extra­
per MTB è di regola negativo. midollare (subdurale o extradurale).
- Altre localizzazioni sono la peritonite tuber­ L'estrema variabilità di quadri anatomo-clinici,
colare, l'enterite tubercolare e il tubercoloma. quasi personalizzati della malattia dipende dal
- Peritonite tubercolare. Si può presentare in vasto spettro delle risposte immuni individuali e
forma localizzata o diffusa e rappresentare la com­ dai variabili equilibri fra risposte a prevalente resi-
plicazione locale di tubercolosi intestinale, linfono­ tenza o ipersensibilità, come già richiamato al capo­
dale mesenterica e salpingea o la disseminazione verso "immunità e ipersensibilità".
ematogena da altre sedi (es. polmone). Il peritoneo
presenta inizialmente piccoli tubercoli disseminati
che successivamente aumentano di dimensioni e
confluiscono tra loro a formare placche caseificanti.
L'essudato, emorragico o fibrinoso, è a ricca compo­ La lebbra (lebbra, dal latino tardo lepra, dal
nente linfocitaria; i quadri anatomoclinici sono greco lepra derivato da ìepein - squamare) (sinoni­
assai variabili cosi da configurare forme di peritoni­ mo di morbo di Hansen) è un'infezione cronica
te "secca" e/o èssudativa. In caso di evoluzione sfa­ scarsamente contagiosa dovuta al Micobacterium
vorevole possono formarsi fistole e aderenze con gli leprae (ML) osservato per la prima volta da Hansen
organi circostanti. La sintomatologia è caratterizza­ in Norvegia, tra il 1873 e il 1874 (qualche anno
ta da dolore e distensione addominale, febbricola, prima cioè del MTB), e noto anche come bacillo di
anoressia ed eventualmente vomito. L'orientamen­ Hansen (BH).
282 Malattie micobatteriche
La malattìa è stata probabilmente portata nel cutanee, i testicoli (nelle forme avanzate). D'altra
bacino del Mediterraneo dai soldati di Alessandro parte, la peculiare sensibilità dell'armadillo all'infe­
Magno di ritorno dall'india nel 327-326 a.c. per poi zione da ML è stata posta in relazione alla sua bassa
diffondersi in Europa (Balcani, penisola iberica, temperatura corporea, compresa tra i 32 e 35 °C.
Scandinavia, Paesi baltici, Polonia, Russia). Nelle aree ad elevata endemia, l'età prevalente
Citata nei vangeli (S. Matteo e S. Luca), la malat­ di presentazione clinica della malattia è nella IIIa
tìa incuteva nel Medio Evo una forte repulsione decade di vita. A differenza di quanto avviene in
principalmente in relazione ai suoi effetti deturpan­ corso di tubercolosi o di talune micobatteriosi, pol­
ti (lebbra lepromatosa) e alla non conoscenza dell'e­ moni, tratto gastrointestinale, cervello e midollo
poca della sua insorgenza (che può manifestarsi cli­ spinale non sono di regola interessati.
nicamente a distanza di 6 anni ed oltre dall'epoca Modalità di contagio. Il ML è caratterizzato da
del contagio); da allora il termine lebbra è stato una bassa infettività come testimoniato dalla bassa
usato anche in senso traslato per indicare un male incidenza di lebbra coniugale. La trasmissione della
morale. In realtà, si tratta di una malattia infettiva a malattia - previa stretta e prolungata esposizione -
bassa contagiosità e oggi ben dominabile con tera­ avviene per contatto diretto con il paziente (e con i
pie specifiche. suoi indumenti) o per inalazione di particelle infet­
Identificazione. Il M. leprae è un micobatterio a te in una percentuale di soggetti esposti stimata
crescita ob b lig ata intracellulare con conseguente intorno al 5-10%, particolarmente in soggetti predi­
impossibilità di isolamento colturale in vitro. Si pre­ sposti geneticamente.
senta abitualmente in forma bastoncellare con Vallergometria cutanea con lepromina (preparata
estremità polari rigonfiate; è Gram-positivo, osmio- da tessuti di pazienti lebbrosi), che può risultare
filo e provvisto di granuli metacromatici. La sua positiva anche in soggetti sani residenti in aree ad
alcole-acido resistenza è minore di quella del MTB elevata endemia lebbrosa, documenta una condi­
e di altri MOTT. Conseguentemente, si usa in gene­ zione di adeguata immunità cellulo-mediata nei
re imo ZN modificato ed attenuato noto come confronti del ML ed ha quindi valore prognostico
metodo di Wade-Fite (o Fite-Faraco) e, in caso di ma non diagnostico.
forme paucibacillari, la PCR con sonde specifiche Quadri anatomoclinici. La lebbra si manifesta
per il ML. con un ampio spettro di lesioni cutanee che si cor­
Il ML ha molti antigeni in comune con gli altrirelano con le sue componenti cellulari (cellule di
micobatteri ed un solo antigene specifico: il PGL1 Schwann, cellule endotelio-periteliali, cellule del
(phenolic glycolipid-1). Può crescere nel cuscinetto sistema monocito-macrofagico), con il quadro mor­
plantare del topo e nelle varie specie di armadillo fologico di base e con lo stato immunitario del
(mammifero insettìvoro dell'ordine degli edentati paziente.
con un areale compreso tra il Sud America e gli Stati Ad mi estremo dello spettro è posta la forma
meridionali degli USA). Quest'ultimo, insieme ad tubercoloide (TT) all'altro estremo la forma più
altri mammiferi (scimmie), può essere infetto spon­ grave: la lebbra lepromatosa (LL). Tra questi due
taneamente dal ML ed è stato considerato quale estremi sono poste le varie forme borderline, che
possibile fonte di contagio dei casi endemici pre­ possono spostarsi verso la LL in corso di instabilità
senti negli Stati meridionali degli USA. In base a immunitaria (ad es. gravidanza) o verso la TT in
queste considerazioni è stato prospettato di utiliz­ corso di terapia adeguata. In tutte le forme il qua­
zare l'armadillo per la realizzazione di un vaccino dro istologico è quello di una flogosi cronica granu-
anti-lebbra. lomatosa non necrotizzante a cellule giganti.
Epidemiologia. La lebbra, divenuta assai rara - Lebbra tubercoloide. Nota anche come lebbra paucibacilla-
nelle popolazioni occidentali, è tuttora presente nei re è caratterizzata da una o più placche rosso-brunastre, netta­
Paesi tropicali, particolarmente in India, nel Sud- mente demarcate ed anestetiche, distribuite in modo asimmetri­
co al tronco e agli arti, da tronchi nervosi superficiali ispessiti e
Est asiatico, nell7Africa centrale e nell'America cen­ da una cutireazione positiva alla lepromina.
tro-meridionale. La stima globale è di oltre 11 milio­ Il quadro ìstopatologico evidenzia nel derma focolai di flogosi
ni di soggetti infetti da ML. In India - dove si regi­ cronica granulomatosa non necrotizzante, che - a differenza
stra la maggior concentrazione di pazienti - i nuovi della LL - possono erodere lo strato basale dell'epidermide,
casi per anno permangono stabilmente su valori di costituiti da cellule epitelioidi, linfociti ed isolate cellule giganti
5 per 10.000 abitanti. La maggiore incidenza nei (talora tipo Langhans). Patognomonico è il reperto dell'interes­
samento delle terminazioni nervose (Fig. 14). I linfociti endole-
Paesi tropicali non è legata ai soli fattori climatici sionali sono principalmente T-helper (CD4-immunoreattivi)
ma principalmente alle condizioni socio-ambienta­ mentre i più rari T-suppressor (CD8-immunoreattivi) si ritrovano
li. Infatti, l'interessamento dei vari organi denota perifericamente ai granulomi.
una selettiv ità di tem peratura con interessamento - Lebbra lepromatosa. Nota anche come lebbra multibacilla-
prevalente di organi e tessuti relativamente freddi, re, è caratterizzata da lesioni simmetriche multiple (macule,
quali: le prominenze cutanee (e le loro terminazioni placche, noduli) a margini mal definiti. Noduli multipli al viso
conferiscono al paziente un aspetto bovino, generalmente asso­
nervose), le mucose del tratto respiratorio superio­ ciato a diradamento delle sopracciglia. L'interessamento mucoso
re (setto nasale, turbinati, laringe), il segmento ocu­ può portare ad ulcerazione del setto nasale mentre quello nervo­
lare anteriore, i linfonodi sentinella delle lesioni so esita in anestesia aerale con conseguenti deformazioni alle
Fig. 1 4 - Lebbra tubercoioide. La flogosi granuiomatosa infiltra Fig. 15 - Lebbra lepromatosa. Flogosi cronica granuiomatosa
ea interrompe la continuità di un nervo periferico S-100-immu- non necrotizzante a cellule giganti tipo corpo estraneo conte­
noreattivo (immunoistochimica, colore bruno}. nenti ammassi di M. leprae (cosiddetti globi ematossilinofili).

mani (ad es. "mano ad artiglio") e ai piedi. Possono comparire l'uomo mentre le rimanenti sono considerate abi­
autoanticorpi anticitoscheletro. tualmente saprofitarie (ad es. M. phlei).
Il quadro istopatologico dimostra la presenza, talora massi­
I micobatteri patogeni non tubercolari, riportati
va, di focolai granulomatosi variamente confluenti, che non inte­
ressano peraltro l'epitelio sovrastante per l'interposizione della in letteratura con varie dizioni (atipici, anonimi,
cosiddetta clear zone. Il granuloma è composto principalmente opportunistici, paratubercolari), sono attualmente
da macrofagi contenenti ML, che, nelle fasi più avanzate, presen­ indicati come MOTT (acronimo di Mycobacterium
tano un aspetto schiumoso (cellule di Vìrchow), e da rari linfoci­ Organisms Other Than Tuberculosis).
ti prevalentemente citotossici (CD8-immunoreattivi). Patogno- A differenza della lebbra e della tubercolosi, tri­
monico è il reperto di ammassi di ML (cosiddetti globi) nel cito­
plasma delle cellule giganti (Fig. 15), evidenziabili con le comu­
stemente note da millenni nel bacino del Mediterra­
ni colorazioni (ematossilina-eosina). neo, l'epoca di comparsa dei MOTT (e di accettazio­
Una forma di LL, non nodulare, prevalente in Messico, ne ufficiale del loro potere patogeno) risale al seco­
caratterizzata da ulcere emorragiche conseguenti a vasculite lo scorso anche perché le infezioni da loro veicolate
necrotizzante è nota come Lucio's phenomenon. escludono un contagio interumano. Si tratta infatti
La superinfezione tubercolare di pazienti lebbrosi è un'evenienza
di un m odello in espan sion e di p a to lo g ia am bien ­
possibile anche se eccezionale. Viceversa, particolarmente nell'A-
frica centrale, la superinfezione lebbrosa di pazienti affetti da AIDS
ta le, con infezione veicolata da: acque salmastre,
sembra essere evenienza più frequente e in possibile espansione. dolci stagnanti, di rubinetti o docce, scoli ospedalie­
ri, vegetali (ad es. rafano e sfagno), materiale orga­
nico in disfacimento. L'habitat prevalente è all'inter­
faccia acqua/aria, da cui la dizione di "anitre del
I Micobofteriosi mondo microbico". La porta d'ingresso dell'infe­
I micobatteri responsabili della tubercolosi e zione è generalmente rappresentata dalle vie respi­
della lebbra sono solamente due tra le varie decine ratorie e dal tratto gastrointestinale.
di speci micobatteriche attualmente note. Quaran­ Fattori predisponenti, tradizionalmente accetta­
tanove di esse (Tab. 2) sono ritenute patogene per ti sono: le varie condizioni di immunodepressione,
284 Malattie micobafferiche
Classificazione dei MOTT patogeni marinina, scrofuleina, xenopina, aviumina, gordo-
nina, chelonina, fortuitina.
(aggiornata al 2001} basata su quella
Identificazione. Sulle sezioni i MOTT sono rico­
inizialmente proposta da Runyon (1959) nosciuti in base alla loro alcole-acido resistenza e ad
una peculiare positività col PAS (del tutto assente
1° gruppo nel MTB) riconducibile a polisaccaridi neutri strut­
M. kansasii, M. marinum,
Fofocromogeni: colonie M . simiae, M. asiaticum, turali della loro parete. Per taluni di essi (ad es. M.
di colore giallo-rossastro A l intermedium, avium) sono inoltre disponibili sonde specifiche per
alfa luce per sintesi M. lentifiavum la PCR.
di pigménto carotenico Taluni MOTT (M. kansasii, M. avium, M. scrofula-
M. scrofulaceum, ceum) si presentano come forme bastoncellari di
il0 gruppo M. xenopi Al. gordonae, lunghezza non inferiore al MTB, mentre altri (M.
M. flavescens, M. szulgai, gordonae, M. malmoensc, M. haemophilum, M. chelo-
Scotocromogeni: colonie M.interjectum, nei) appaiono come forme coccobacillari. I MOTT
giallo-arancio al buio e M. bóhemicum, M. fusciae, soprariferiti sono inoltre caratterizzati dalla presen­
rosse alla luce A l kubicae, za di lipidi specifici.
M. heckeshornense Istopatologia. Il quadro morfologico è costituito
da uno spettro continuo di lesioni granulomatose,
M. avium-intracellufare, necrotizzanti e tubercoloidi ad un estremo dello
M. genavense, spettro (M. kansasii, M. avium e forme bastoncellari)
M.malmoense,
M. haemophilum, non necrotizzanti e senza caratteri di specificità
A l paratuberculosis, all'altro estremo (M. gordonae, M chelonei e forme
111° gruppo M. nonchromogenicum, coccobacillari).
Non cromogeni: piccole M. terrae, M. gastri, Il quadro tubercoloide è caratterizzato dal poli­
colonie lisce e circolari M. shimódei, M. bronderi, morfismo delle cellule giganti e, particolarmente da
debolmente pigmentale M. celatum, cellule giganti con vacu oli otticamente vuoti o con­
A l heidelbergense, tenti scarso materiale cellulare (Fig. 16) e dal possi­
M : cónspicuum, M. triplex, bile reperto di nidi di istiociti schiumosi.
M. tilburgi, A l neoaurum,
A l thermoresistibile,
Ai. doricum
Ai. ulcerans, M. chelonei,
Al. fortuitum,
Al. smegmatis,
IV° gruppo M. vaccae, A l borstelense,
Al. confluenti,
A rapida crescita: colonie M. mucogenicum,
rugose o lisce non A4, hassìacum,
pigmentate M. novocastrense,
M. wolinskyi, A4, godìi,
M. jepticum, A l elephantis,
M. immunogenum
N.B.: I MOTT in neretto sono quelli di più frequente riscontro. Ì
rimanenti MOTT (in corsivo) sono elencati in ordine cronologico di
identificazione anziché in ordine alfabetico.

la fibrosi cistica, le brónchiectasie e le bronchioliti,


gli esiti/postumi di patologia cronica, segnatamen­
te post-tubercolari e post-ascessuali. Attualmente
iniziano a manifestarsi peraltro infezioni paucibacxl-
lari granulomatose da MOTT (ad es. aviumosiche)
anche in soggetti immunocompetenti con anamnesi
negativa per precedenti infezioni, di riconoscimento
diagnostico non agevole con le comuni colorazioni.
Allergometria cutanea. La cutireazione tuberco-
linica può risultare falsamente positiva (positività
crociata) nel 30% circa dei pazienti, particolarmente
in caso di infezione da M. kansasii. Viceversa, del
tutto specifica, con una sensibilità intorno al 70% è «'■¿Nè WS,-.-'A . WS

la cutireazione con frazioni antigeniche specifiche Fig. 16 - Cellula gigante con vacuoli circondata da accumuli
(micobatterine o micobattine), quali: kansasina, epiteiioidi. Reperto tipico di micobatteriosi.
Sistematica essenziale delle principali infezioni da MOTT u 285
Il quadro granulomatoso non necrotizzante è
caratterizzato da una ricca componente macrofagica
epitelioide, dal polimorfismo delle cellule giganti,
spesso di piccola taglia, e dal possibile reperto di
nidi di istiociti schiumosi.
Risposta terapeutica. È in genere pienamente
soddisfacente anche se richiede una competenza
specifica in quanto la maggior parte dei MOTT non
è sensibile agli anti-tubercolari classici, bensì ad
altri farmaci (macrolidi e chinoionici) ed anche a
farmaci impiegati nella terapia della lebbra (clofazi-
mina).

U Sistematica essenziale
delle principali infezioni
da MOTT
- M. Kansasii (sinonimi: M. ludflavum, bacillo giallo di
Daddi). Ha 6 antigeni comuni con il M. tuberculosis da cui
discendono la sua parziale sensibilità agli anti-tubercolari classi­
ci e la sua (frequente) presentazione clinica di "tubercolosi in
miniatura". Per questi motivi è stato il MOTT di più frequente
isolamento in ambienti sanatoriali.
L'infezione da M. kansasii (MK) sì presenta generalmente
(Europa ed Australia) in adulti residenti in aree urbane ad eleva­
ta industrializzazione o sottoposti a notevole e prolungato
impolveramento. Negli USA l'infezione da MK appare circo-
scritta agii stati centrali e meridionali.
Le principali forme anatomocliniche sono: tubercoloide,
pseudolinfomatosa (con adenopatie multiple), silico-micobatte-
riosica, di complicazione. Quest'ultima forma si ritrova in neo­
plasie maligne epiteliali necrotizzanti trattate con chemio-radio-
terapia e in leucemie e linfomi.
Assai rara è la superinfezione da MK in pazienti affetti da Fig. 17 - Infezione da M. kansasii. Caratteristici campi conti­
AIDS.
gui di flogosi cronica granuiomatosa necrotizzante iubercoloi-
Ti quadro istopafologico è caratterizzato dall'alternanza, in
ae con flogosi non-necroti zzante di tipo sarcoidotico.
campi microscopici contigui, di focolai di flogosi cronica necro­
tizzante tubercoloide con altri di flogosi cronica non necrotiz­
zante sìmil-sarcoidotica (Fig. 17) con frequente reperto di nidi di
cellule schiumose. La popolazione linfocitaria circostante i foco­ micobatteri alcole-acido resistenti, spesso di lunghezza netta­
lai è rappresentata principalmente da T-linfociti citotossici (CD8- mente maggiore di quella del MTB.
immunoreattivi) e da numerosi NK. - M. scrofulaceum (sinonimi: M. marianum, M. paraffinicum).
I MK si presentano come forme bastoncellari allungate alco­ L'infezione da M. scrofulaceum (MS) è nota comunemente come
le-acido resistenti (Fig. 18) caratterizzate da stilature trasversali scrofola ed anche come male del Re {King's evil) per la credenza
(aspetto "zebrato" o "tigrato") e, talora, da un'appendice filifor­ medievale che la malattia potesse guarire con ¿imposizione delle
me (cosiddetto "segno della coda"). mani da parte del Re di Francia o del Re d'Inghilterra.
- M. Marinum. I vari sinonimi (bacillo della tubercolosi dei L'infezione, che predilige bambini e giovani adulti, consegue
pesci, M. baimi, M. platipoecilus) e le varie dizioni (granuloma verosimilmente a microtraumi della mucosa orofaringea con
delle piscine, affezione del dito dell'appassionato di pesci) stan­ successiva ipertrofia, in genere omolaterale, dei linfonodi latero
no a significare che il M. marinum (MM) è un patogeno primario cervicali, talora massiva cosi da conferire un aspetto "a collo tau­
dei pesci e di taluni vertebrati pecilotenrd con una crescita coltu­ rino", in assenza di segni di malattia sistemica. I linfonodi non
rale ottimale intorno ai 31°C. Questi dati concordano con la pre­ sono dolenti. La linfoadenectomia, altre a consentire una diagno­
sentazione clinica dell'infezione che interessa prevalentemente si di certezza, è curativa. Ove non praticata, compaiono fistoliz-
gli arti ma non gli organi interni. Abrasioni o piccole lesioni cuta­ zazioni seguite da cicatrici permanenti. Nel 10% circa dei casi
nee possono facilitare l'iniezione contratta con l'immersione in possono manifestarsi localizzazioni polmonari caratterizzate
piscine contaminate da MM o con l'accudimento di acquari radiologicamente da nodulazioni neoplastiformi.
domestici (contenenti pesci tropicali). Il quadro morfologico è caratterizzato da una flogosi cronica
L'infezione si manifesta con papule e noduli, unici o multi­ granuiomatosa necrotizzante tubercoloide (Fig. 19) con presenza
pli, a lento accrescimento e passibili di ulcerazione, localizzati di cellule giganti marcatamente polimorfe di piccola taglia e di
prevalentemente al gomito, alle mani, alle caviglie e al dorso dei una ricca componente plasmocitaria, del tutto assente in caso di
piedi. In quest'ultima localizzazione possono presentarsi forma­ infezione tubercolare (Hg. 20).
zioni verrucose, che possono essere scambiate per tubercolosi - M. xenopi (sinonimi: M. moeUeri, micobatterio termofilo
verrucosa anche perché l'infezione da MM comporta il viraggio INH-sensibile). La dizione di M. xenopi (MX) è legata al suo iso­
da negativa a positiva della cutireazione tubercolinica. lamento da lesioni cutanee del rospo (xenopus laevis); il MOTT
II quadro morfologico è caratterizzato da una flogosi granuio- è risultato patogeno anche per il pollo, il maiale e il gatto e può
matosa a lenta evoluzione necrotizzante con presenza di isolati coesistere con l'infezione tubercolare.
286 -ì Maloffie micobatferiche

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Fig. 19 -Infezione da A l scrofulaceum. Flogosi cronica granu­


iomatosa necrotizzante tubercoloide.

di strutture bastoncellari allungate ZN-, PAS, e Grocott-positive


Fig. 18 - Infezione da M. kansasii. Sono presenti forme mico- talora disposte "a fronda di ginepro" (Fig. 21). Nei soggetti
batteriche con aspetto "tigrato" e dotate di appendice filiforme immunocompetenti si possono ritrovare in varie sedi (turbinati,
(cosiddetto "segno deila coda"). gamba, gomito, epididimo) formazioni nodulari granulomatose
necrotizzanti (con un orientamento diagnostico pre-bioptico di
possibile neoplasìa) con presenza di tozze forme bastoncellari o
L'infezione da MX si manifesta generalmente nella ffi-IV di materiale sferulare PAS - e ZN-positivo. In questi casi la PCR
decade di vita e predilige soggetti affetti da fibrosi cistica o identificando la sequenza di inserzione IS1110 (specifica del MA)
immunosoppressi (ad es. per trapianto di midollo osseo). La sin­ consente di porre diagnosi di aviumosi (Fig. 22).
tomatologia d'esordio - prevalente nel periodo invemale-prima- - M. genavense (da Genava, antico nome di Ginevra). La
verile - è simil-tubercolare (febbre, tosse, sudorazioni notturne, grave patologia indotta da questo MOTT, isolato per la prima
possibili emottisi) con reperto radiologico di formazioni cavita­ volta in Svizzera, che interessa prevalentemente soggetti immu-
rie polmonari e con frequente interessamento extrapolmonare
(genito-urinario o articolare).
Il quadro morfologico è caratterizzato da una flogosi cronica
granuiomatosa a cellule giganti (spesso tipo corpo estraneo),
focalmente necrotizzante, con presenza di aree fibrino-ialine e di
forme micobatteriche lunghe, sottili, talora filiformi.
- M. avium (sinonimi: bacillo della tubercolosi dei polli, Bat-
tey-type bacillus). Pur trattandosi di specie distinte, comprese
peraltro nello stesso range di variabilità laboratoristica, viene in
genere raggruppato col M. intracellulare come complesso Avium
(MAC) o complesso Avium-Intracellulare (MAI) o, più semplice-
mente come aviumosi. Il M. avium (MA) può indurre infezioni
spontanee nel pollo e in altri volatili e in tutta una serie di mam­
miferi, tra cui segnatamente il maiale. Nell'uomo rappresenta
attualmente la micobatteriosi di più frequente riscontro, partico­
larmente in pazienti affetti da AIDS, con interessamento preva­
lente a livello polmonare, linfonodale e gastroenterico. La pre­
sentazione clinica è generalmente paucisintomatica nonostante,
ad esempio, il riscontro di cavitazioni polmonari o di granulo­
matosi broncocentrica.
Il quadro istopatologico in soggetti immunodepressi è caratte­
rizzato da aree necrotiche “a stampo" oppure da aree di flogosi Fig. 20- infezione da /VI. scrofulaceum. Perifericamente alla
cronica granuiomatosa necrotizzante delimitate da un esile vallo necrosi è presente un infiltrato fioqistico cronico ricco in pia-
fibroso entro cui si ritrovano ammassi micobatterici sotto forma smacelluie.
Sistematica essenziale delle principali, infezioni da MOTT 287

M . A vium
I Sino 97 bp
Fig. 22 - Aviumosi polmonare (PCR). Identificazione della
sequenza di inserzione [SI 110.

un netto pneumotropismo: quadro simil-tubercolare con ampie


cavitazioni biapicali, nodulazioni neoplastiformi e diffuse. Più
raramente, esordisce con quadri adenopatici.
Fig. 21 - Aviumosi polmonare. Presenza di /Vi. avium PAS-posi- Il quadro morfologico evidenzia focolai granulomatosi con
tivi "a fronda di ginepro". presenza di piccole forme micobatteriche cocco-bacillari ZN-
positive.
- M. haemophilum. L'infezione da m. haemophilum (MH) è
stata segnalata episodicamente in Europa, USA, Canada ed
nodepressi in età giovanile, è stata successivamente riscontrata Australia ed interessa prevalentemente soggetti in giovane età,
in altri Paesi europei, negli USA, in Canada ed in Australia. affetti da AIDS, portatori di trapianti o sottoposti a dialisi.
Quale possibile fonte di infezione sono stati segnalati gli uccelli L'infezione da MH si manifesta prevalentemente agli arti
domestici (canarini) e quelli degli Zoo. inferiori con interessamento cutaneo ed articolare o, più rara­
Si tratta di malattia grave, spesso a decorso progressivo o mente, con interessamento polmonare. Il quadro istopatologico è
ingravescente, di difficile terapia. Airesordio la sintomatologia caratterizzato da granulomi focalmente necrotizzanti con pre­
si manifesta con febbre, diarrea, dolori addominali, perdita di senza di forme micobatteriche, isolate o in ammassi, corte e lie­
peso e con possibile obiettività di anemia, epato-splenómegalia vemente incurvate, positive allo ZN ed al rosso neutro.
ed ascite. Questo tipo di presentazione clinica suggerisce che - M. ulcerans (sinonimo: M. burnii). È un'infezione endemi­
rintestino sia la porta di entrata da cui origina la successiva dis­ ca in aree tropicali, fluviali o paludose, scarsamente popolate, a
seminazione (fegato, milza, linfonodi, polmone), orientamento porta di entrata cutanea, che incide prevalentemente nella n-in
confermato dall'isolamento intestinale del MOTT in pazienti decade di vita.
imm uno competenti portatori di adenomi e neoplasie dei colon. L'infezione si manifesta inizialmente con la comparsa di una
Il quadro microscopico è caratterizzato da estesi granulomi o più masse agli arti, più raramente al tronco, dure, circoscritte,
confluenti non necrotizzanti costituiti da macrofagi rigonfi, pal­ non dolenti, mobili sui piani profondi, a lento accrescimento, che
lidamente eosinofili col citoplasma completamente repleto di in assenza di asportazione chirurgica, esitano in estese ulcerazio­
forme micobatteriche ZN-, PAS-, e Grocott-positive. ni. Il quadro clinico è inoltre caratterizzato dall'assenza di febbre
- M.malmoense. Isolato per la prima volta nella città di Mal- e di linfonodite regionale e dal fatto che i pazienti continuano ad
mòe in Svezia, è stato successivamente riconosciuto causa di accudire normalmente le loro attività abituali. Il quadro istopatolo-
infezione in diversi paesi europei - tra cui l'Italia - ed extraeuro­ gìco è caratterizzato da ima panniculite necrotizzante con presen­
pei. Il m. malmoense (MM) è un tipico patogeno ambientale pre­ za di ammassi di forme micobatteriche intensamente ZN-positive.
sente nelle acque e nel suolo. - M. chelonei. Isolato per la prima volta dalle tartarughe (da
L'infezione da MM predilige soggetti di età media, spesso cui la dizione di chelonei) dello Zoo di Berlino e ripetutamente
affetti da broncopneumopatie croniche, da patologia ematologi­ da campioni idrici, comprende due sottospecie: il M. chelonei che­
ca (mielodisplasia, tricoleucemia, leucemia mieloide cronica) o lonei (prevalente in Europa) ed il M. chelonei abscessus (prevalen­
portatori di trapianti. La presentazione clinica si manifesta con te in Africa e negli USA).
288 Malattie micobatferiche
-"a&. *
' ^
S Malattie a sospetta eziologia
& ' *'■,. i- ^ .’V "■ 'S;V A micohatferica
.,/ >• :' ••« .. .. -.. ■* . ■ :,%,;• "p Comprendono principalmente la malattia di
Crohn e la sarcoidosi.
** '* ' * '■" * M. di Crohn. È ima malattia infiammatoria cro­
« . •. %
„ >
#»■■■«fcV
■ "mi- _ * v"' ' * *, ' « 'f y . «- y t
x*- - nica, granuiomatosa e segmentarla (prevalente­
È ' ^ 2t:,„ . ,. '■ ->- T mente intestinale), che predilige soggetti di origine
europea in età giovanile (con aplotipo HLA-A2)
con una frequenza di circa 2.5 casi per 100.000 abi­
. ; f
* *:'*■' , i - r ''- ; tanti.
Il quadro macroscopico è caratterizzato inizial­
$ r\ ^ i . t * . % - mente da ulcere superficiali confluenti e serpigino­
• ». ■■■%.■■% ■ ,: :;•*<*:.. ■' u ' se, che, unitamente ad edema, fibrosi ed iperplasia
m* . * : .#'■ v;^ ■■■'. * v. 4 .'.- ’ ■*-':::"-\"-",'"v:^ linfoide, conferiscono alla mucosa intestinale un
■ ;K: 4.- •#• ' W * *V*>
- Ì ■■ " * ■ -V ■-. .'•■è'.-,,K&,:;
-'^■'■>■ aspetto "ad acciottolato". Successivamente, si for­
mano fissurazxoni transmurali con formazione di
tramiti fistolosi ed ispessimento della parete "a
manicotto rigido".
.' v; « .. * ■■-. - . ■* ■ ■ * •
. 'S . v ;,;# Il quadro microscopico è costituito di granulomi
' * i! ' • *. * * r » : ” tubercoloidi (non caseificanti) nello spessore della
V
parete intestinale e nei linfonodi regionali (si veda
anche il capitolo della patologia enterica).
:•
s*. •Ss' v :' Le principali localizzazioni/complicanze extrainte­
. stinali sono quelle polmonari, oculari, articolari e
cutanee (eritema nodoso).
L'eziologia della malattia è tuttora controversa e non accer­
-VV %■ o. ,:■!
tata. Tuttavia, appare del tutto verosimile che - almeno in una
parte dei casi, come già prospettato dallo stesso Crohn - sia di
si» -f origine micobatterica (MTB e MOTT). Oltre ad occasionali isola­
menti colturali di MTB, sono noti casi di M. di Crohn insorti - in
Fig. 23 - Infezione da M. chelonei. Granuloma riccamente pazienti tubercolino-cutinegativi - dopo vaccinazione con BCG
vascolarizzato, non necrotizzante con presenza di cellule e caratterizzati dalla positività alla FCR della sequenza di inser­
giganti di piccola taglia. zione IS6110 (specìfica per il complesso tubercolare) sui prelievi
bioptici intestinali. Particolare attenzione è stata rivolta al ruolo
patogeno del M. pamtuberculosìs. Si tratta di un MOTT, sottospe­
L'infezione interessa prevalentemente soggetti di età medio­ cie del M. avium, a lentissima crescita colturale, isolato da Johne
avanzata con precedenti patologici (dializzati, trapiantati, diabe­ e Frottingham nel 1895 (da cui il sinonimo dì M. Johnei), respon­
tici/ etilisti) residenti in aree urbane e si manifesta con due qua­ sabile deìl'adenogranulomatosi entero-mesenterica del bestiame
dri anatomoclirdci principali. a decorso fatale ed isolato dal latte e dai linfonodi soprannume­
Il primo si esprime con granulomi ascessualizzanti cutanei rari di vacche infette, nonché da numerosi altri mammìferi
(conseguenti a iniezioni, punture, traumi) o complicanti ferite chi­ (pecore, capre, equidi, scimmie) infetti.
rurgiche con impianto protesico in varie sedi.
Il secondo interessa prevalentemente l'apparato urogenitale In rapida sintesi, il ruolo patogeno del M. para-
(cistiti, pielonefriti, epididimiti, prostatiti). Il quadro istopatologico tuberculosis (MP) in corso di M. di Crohn si basa sui
evidenzia focolai granulomatosi non necrotizzanti con presenza seguenti dati:
di cellule giganti, polimorfe e di piccola taglia (Fig. 23), e di
forme cocco-bacillari ZN-positive. 1. isolamento colturale del MP da prelievi bioptici;
- M ; fortuitum (sinonimi: ni. ranae,frog baciìlus). Distinto in 2. positività alla PCR su prelievi bioptici della
tre sottospecie (M. fortuitum subsp. fortuitum, M. fortuitum subsp.
sequenza di inserzione IS900, specifica del MP;
peregrinum, M. fortuitum subsp. acetamidoìiticum), che costituisco­
no il M. fortuitum complex. 3. giovamento (sino alla guarigione) da farmaci
È un MOTT ubiquitario essendo stato isolato dal suolo, dal­ antitubercolari (INH-ETB-RAMP).
l'acqua, dai frigoriferi, dal latte pastorizzato, dai pesci e da mate­
riali protesici e biomedicali. E risultato patogeno per il ciprino Sarcoidosi (sinonimi: malattia della Signora
(pesce rosso), la rana, il topo ed il cane. Nell'uomo l'iniezione da Mortimer, malattia di Besnier-Boeck-Schaumann).
M. fortuitum si manifesta o come esito di fattori accidentali Descritta per la prima volta nel 1877, negli USA,
(microtraumi, traumi, morsicature di cani, iniezioni intramusco­ relativamente alle lesioni cutanee (sarcoidi) presen­
lari ed epidurali, impianti protesici, uso di cateteri, ecc.) o come ti sul viso della Signora Mortimer, la sarcoidosi è
interessamento polmonare in soggetti immunodepressi o affetti
stata considerata in epoca pre-radiologica come
da patologia polmonare cronica, tra cui principalmente la fibro­
si cistica o le bronchiectasie. ima malattia di interesse puramente dermatologico.
Il quadro morfologico è caratterizzato da flogosi cronica granu­L'avvento e la diffusione delle tecniche radiologi­
iomatosa focalmente necrotizzante con presenza di forme alcole­ che hanno viceversa documentato che si tratta di
acido resistenti. malattia ad interessamento pluriviscerale, tra cui
Malattie a sospetta eziologia micobatterica ; 289

principalmente: polmoni, linfonodi, milza, fegato, teine anti-apoptotiche tipo bcl-2.1 macrofagi secre­
cute, cuore, occhi, dita, SNC. tori producono un materiale a bassa opacità elet­
La malattia si manifesta con un esordio acuto (a tronica che sì riversa alla periferia del granuloma
prognosi più favorevole), spesso associato ad erite­ con formazione di ialinosi e fibroialinosi, la cui
ma nodoso, o con un esordio paucisintomatico entità aumenta con l'evoluzione cronologica del
("insidioso"), a prognosi meno favorevole, in gio­ granuloma.
vani pazienti, generalmente non fumatori, con una Nei granulomi e, particolarmente, nei linfonodi
frequenza assai variabile (da meno di 1 a 40 casi per che drenano il tessuto sarcoidotico, possono ritro­
100.000 abitanti): massima nei Paesi settentrionali, varsi piccole formazioni, rotondeggianti od ovalari
europei e nord-americani, minima in altre popola­ di colore giallo-bruno, alcole-acido resistenti, deri­
zioni (indiani americani, eschimesi, arabi, cinesi). vanti. da pigmento ceroide lisosomiale, note come
Studi epidemiologici hanno evidenziato che il corpi di Hamazaki-Wesemberg. I granulomi sarcoi-
rischio di contrarre la sarcoidosi da parte di immi­ dotici captano taluni radionuclidi (ad es., il gallio67)
grati in Paesi ad elevata incidenza sarcoidotica, pro­ e la loro formazione è inibita dai corticosteroidi.
venienti da aree a bassa incidenza sarcoidotica, è 10 La malattia ha una mortalità di circa il 5% dei
volte maggiore di quella dei Paesi di origine. Studi casi riconducibile principalmente ad interessamen­
epidemiologici condotti nell'isola di Man hanno to cardiaco (anche con un quadro di morte improv­
inoltre evidenziato che la sarcoidosi si diffonde con visa) o ad insufficienza respiratoria da fibrosi pol­
una trasmissione da persona a persona o come monare.
esposizione condivisa ad un agente ambientale. I È noto da tempo in letteratura che sezioni sería­
polmoni sono quindi ritenuti la porta di entrata del­ te di granulomi sarcoidotici possono rivelare la pre­
l'infezione con successiva diffusione agli altri orga­ senza di occasionali forme micobatteriche. Più
ni per via linfatica o linfo-ematica. recentemente è stata segnalata una PCR positiva
La presentazione radiologica polmonare assume per micobatteri (M. tuberculosis, M. avium). Questi
i caratteri di un quadro miliariforme, prevalente nei dati potrebbero risultare conflittuali sul piano assi­
lobi superiori, con ipertrofia, spesso simmetrica, dei stenziale in quanto la terapia della sarcoidosi è
linfonodi mediastinici o, più raramente, da un qua­ segnatamente diversa da quella della tubercolosi e
dro nodulare neoplastiforme. delle micobatteriosi. Ci sembra possibile ipotizzare
Il quadro morfologico è caratterizzato da granu­ che una parte di questi casi diagnosticati come sar­
lomi multipli non necrotizzanti, isolati o confluenti, coidosi fossero in realtà casi di tubercolosi o di
spesso giustapposti ai linfatici regionali, con un aviumosi paucibacillare (cfr. sezioni precedenti).
area centrale costituita da cellule epitelioidi (macro­ Nei casi rimanenti potrebbe trattarsi di residui
fagi eosinofili), da macrofagi secretori e da cellule micobatterici persistenti ed ancora provvisti di
giganti tipo Langhans e tipo corpo estraneo (con potere antigenico, anziché di micobatteri vitali. A
favore di questa ipotesi depone la positività di anti­
possibile reperto di minuta area centrale di necrosi
corpi diretti contro la cross-reactive 65 kD heat shock
non caseosa) e da una corona linfocitaria periferica.
proteìn, presente nei micobatteri.
Tipicamente assenti i granulociti eosinofili ed i
In conclusione, una corretta diagnosi di sarcoi­
mastociti. Le cellule epitelioidi, immunoreattive per
dosi deve tenere conto degli aspetti clinici, radiolo­
CD68, lisozima e orosomucoide, producono (Pert-
gici e morfologici ed escludere rigorosamente qua­
schuk et al, 1981) un enzima ad attività kininasica
dri sarcoidosimili su base infettiva (tubercolosi,
(EC3.4.15.1), comunemente noto come enzima con­
micobatteriosi, micosi, lue, ecc.) od occupazionali,
vertitore delTangiotensina (ACE) i cui alti livelli nel
nonché reazioni linfonodali di tipo sarcoidotico da
sangue e nel liquido di lavaggio endoalveolare
neoplasie e linfomi.
(BAL) sono caratteristici della sarcoidosi. Nel cito­
plasma delle cellule giganti possono essere eviden­
ziati corpi asteroidi (aggregati stellariformi di | Bibliografici essenziale
microtubuli e di microfilamenti di vimentina) e
corpi di Schaumann (residui lisosomiali concoidi Mazzolla R., et al.: Differential microbial clearance and
immunoresponse of Balb/ c (Nramp 1 susceptible) and
calcitici), presenti peraltro in altri granulomi (ad es.,
DBA2 (Nramp 1 resistant) mice intracerebrally infec-
da berillio o da lana di vetro). ted with mycobacterium bovis BCG. FEMS Immuno-
Sia nelle sezioni che nei preparati citologici logy and Medicai Microbiology. 32: 149,2002.
(BAL), la quota linfocitaria intralesionale è caratte­
rizzata da un'’espansione dei T linfociti (prevalen­ Barboimi G., et al.: Immunological analysis of mycobacte-
rial antigens by monoclonal antibodies in tuberculosis
temente Thl-helper) CD4-immuno re attivi con
and mycobacteriosis. Hum. Pathol. 2 0 :1 0 7 8 ,1 9 8 9 .
riduzione dei T linfociti citotossici (CD-8 immuno-
reattivi) che vengono quindi a ritrovarsi in eccesso World Health Organizalion. 1996. Groups of Risk: W HO
nelle sedi non interessate dalla sarcoidosi con con­ Report on thè Tuberculosis Epidemie World Health
seguente possibile risposta da ipersensibilità cellu- Organization, Geneve, Switzerland.
lo-mediata. Detta espansione appare correiabile American Thoracic Society and Centers for Disease Con-
alla mancata apoptosi dei CD4 da rilascio di pro­ trol: Diagnostic standards and classification of tuber-
290 Malattie micobatteriche
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2.5 Malattie
da miceti
G. Pettinato, D. Bifano

Solo poche della miriade di specie fungine esi­


stenti in natura sono capaci di infettare regolarmen­
| 1 Micosi superficiali
te i tessuti umani. Le infezioni da funghi sono chia­ Sono state distinte in due gruppi: micosi non
mate m icosi. I funghi sono eucarioti che crescono dermatofitiche e micosi dermatofitiche (dermato-
prevalentemente attraverso gemmazione (spore) o f itosi).
per éstensioni filamentose (ife). I funghi dim orfici
sono in grado di formare sia spore (a temperatura 1. Micosi superficiali non dermatofitiche
corporea) sia ife (a temperatura ambiente). Le cellu­
le micotiche sono più grandi e genomicamente più La classificazione comprende quattro tipi di
complesse dei batteri, le loro pareti sono ricche in infezioni: la pitiriasi versicolor e la linea nigra, che
polisaccaridi e i loro antigeni sono ricchi in glico­ interessano la cute limitatamente agli strati più
proteine. Come i batteri, essi sfruttano molecole di esterni del corneo, e la piedra nera e la piedra bianca,
adesione, radicali liberi, tossine e il vario armamen­ entrambe micosi dei peli con interessamento della
tario offensivo di altri microrganismi, sollecitando sola cuticola.
tutte le possibili reazioni tessutali essudative, Generalmente questi funghi superficiali, poiché
necrotizzanti e granulomatose di cui l'ospite è capa­ colonizzano tessuti non viventi, non innescano nel­
ce. Clinicamente le malattie determinate da questi l'ospite una risposta immunitaria e giungono all'at­
agenti spesso non sono ovvie e i metodi diagnostici tenzione dell'istopatologo solo quando le lesioni
sono generalmente basati sull'esame microscopico che producono sono atipiche e la storia clinica fa
così come sugli esami colturali. sospettare altre malattie.
Tradizionalmente viene fatta una distinzione
tra fun ghi endem ici capaci di infettare individui 2. Micosi superficiali dermatofitiche
normali in ambienti e aree determinate e funghi
opportu nistici che causano malattie principalmen­ Queste infezioni fungine sono malattie della
te o esclusivamente in ospiti con difese immunita­ cute, dei peli e delle unghie generalmente limitate
rie in qualche modo compromesse. La competenza agli strati cheratinizzati della cute e degli annessi. A
dei linfociti T e l'attivazione dei macrofagi, media­ differenza delle infezioni superficiali non dermato­
ta da linfochine, rappresentano armi di difesa cru­ fitiche, queste infezioni possono innescare risposte
ciali contro i miceti. Talvolta ospiti con difese alte­ immunitarie che causano modificazioni patologi­
rate rispondono con processi infiammatori abnor­ che nell'ospite. Sono causate da un gruppo omoge­
mi, spesso poco efficaci. Nei tessuti polmonari di neo di microrganismi strettamente correlati, noti
ospiti immunodeficienti si assiste caratteristica­ come dermatofiti del genere Epidermophyton, Micro-
mente a fungemie disseminate, ad invasione di sporum e Tricophyton.
vasi arteriosi da parte di ammassi di ife, con occlu­ Si tratta di malattie molto diffuse, ubiquitarie,
sione trombotica che causa anche necrosi infartua­ molto contagiose, indicate come Tricofizia o Tinea
le emorragica. (Tigna). ^
Le infezioni fungine sono arbitrariamente rag­ Le più comuni sono: tinea capitis (cuoio capellu­
gruppate in tre ampie categorie sulla base della to, sopracciglia, ciglia), tinea corporis, tinea cruris,
sede predominante di infezione: tinea pedis e tinea unguium.
Raramente le infezioni da dermatofiti possono
1. M icosi superficiali, infezioni limitate agli strati
essere diagnosticate con il solo esame obiettivo poi­
più esterni dell'epidermide e delle sue appendici;
ché, di solito, provocano solo lieve discolorazione o
2. M icosi sottocu tan ee e sottom u cose, infezioni desquamazione cutanea non specifica. Anche isto­
del derma, sottocute, muscoli e fasce; logicamente mostrano aspetti aspecifici di dermati­
3. M icosi sistem iche, infezioni usualmente ad ini­ te cronica o, nel caso di infezioni del fusto pilifero,
zio polmonare ma che possono diffondere a vari di perifollicolite cronica.
organi e tessuti. L'esame microscopico diretto della biopsia cuta-
292 ' Malattie da micetì
verrucosi, ulcerati o crostosi nel sito dì inoculazio­
ne del fungo, usualmente gli arti. All'esame istolo­
gico le spore fungine sono facilmente riscontrate
nel derma come cellule moriformi, brunastre, a
parete spessa (corpi sclerotici), circondate da una
reazione suppurativa o granujomatosa, con asso­
ciata acantosi ed iperplasia pseudoepiteliomatosa
dell'epidermide.
Tali aspetti morfologici sicuramente facilitano la
diagnosi di cromoblastomicosi, ma per l'identifica­
zione dei vari agenti è necessario procedere con
indagini colturali.
La cromoblastomicosi va distinta dalla cisti feoi­
fomicotica, lesione causata da un altro agente
dematiaceo, Phialiphora gaugeroti. Il fungo induce la
formazione di grandi granulomi cistici sottocutanei
senza interessamento cutaneo in cui le caratteristi­
che ife pigmentate, gemmanti e molto settate, ren­
dono il quadro microscopico patognomorrico.

Sporotricosi
È una micosi cronica, ubiquitaria, sporadica,
non contagiosa, dovuta a Sporotrix schenckii, fungo
dimorfico, saprofita del terreno e delle piante.
La forma clinica di gran lunga più frequente di
infezione è la sporotricosi linfocutanea, malattia
che si presenta come lesione nodulare, ulcerata
della cute degli arti con successiva comparsa di
noduli sottocutanei analoghi, disposti lungo il
Fig. 1 - Micosi superficiale. Nello strato corneo distaccato sono decorso dei vasi linfatici prossimali.
appena visibili ife fungine (frecce). L'esame bioptico di queste lesioni mostra, quan­
do rilevabili, solo scarse spore fungine nel contesto
di una reazione infiammatoria mista, suppurativa e
granulomatosa, comunque non specifica; pertanto,
nea o dello scraping cutaneo o del fusto pilifero la diagnosi di sporotricosi, già fortemente suggerita
conferma la diagnosi di infezione micotica, ma Te­ dalle caratteristiche cliniche, deve essere conferma­
sarne culturale è necessario per identificare Tagente ta dall'esame colturale.
etiologico (Fig. 1).
Malattia da lobo (blastomicosi cheioidale)
j§ Micosi sottocutanee È una rara micosi limitata all'America Meridio­
e soitomucose nale e a parte dell'America Centrale, caratterizzata
da noduli cutanei usualmente degli arti e del viso,
Queste infezioni sono dovute a funghi gene­ che ricordano le cicatrici cheloidali.
ralmente presenti nel suolo o nella vegetazione in L'agente etiologico, Loboa loboi, che misura fino
decomposizione, che accidentalmente invadono a 12 micron, non è stato isolato in cultura ma le
gli strati più profondi del derma, il tessuto sotto- spore del fungo sono abbondanti nel derma delle
cutaneo o sottomucoso e, solo occasionalmente, lesioni cutanee dove, riproducendosi per successi­
causano infezioni sistemiche. Sono infezioni rare, va gemmazione, assumono l'aspetto caratteristico
ad eccezione della Sporotricosi linfocutanea, e, di "fili di perle" interspersi tra sparsi neutrofili ed
per la maggior parte, presentano una crescita cro­ eosinofili. Una infezione spontanea da L. loboi si
nica, insidiosa che può estendersi all'epidermide. verifica nei delfini e Tagente è trasmissibile agli
animali di laboratorio, anche se non è stato colti­
Cromoblastomicosi e cisti feoifomicotica vato.

È una micosi a evoluzione cronica, indolente,


diffusa prevalentemente nei paesi tropicali e sub­
Rinosporidiosi
tropicali causata da alcuni funghi d em atiacei (pig- È una oscura micosi endemica in Asia meridio­
m entati) di cui Fonsecacea pedrosoi è l'agente più fre­ nale, ma casi sporadici sono ubiquitari. L'infezione
quente. È caratterizzata dallo sviluppo di noduli produce escrescenze polipoidi della mucosa nasale
Micosi sistemiche & 293

o congiuntivaie, ricoperte da epitelio non ulcerato,


spesso trattabili solo chirurgicamente. L'agente
etiologico Rhinosporium seéberi non può essere iso­
lato in cultura, pertanto la diagnosi della malattia è
affidata esclusivamente al riconoscimento delle sue
peculiari caratteristiche: i numerosi sporangi, in
vari stadi di maturazione, sono le forme fungine
più grandi trovate nell'uomo, misurando fino a 200
micron. I funghi sono immersi in un esuberante tes­
suto infiammatorio cronico, rivestito da uno strato
mucoso che mostra acantosi ed iperplasia pseudoe-
piteliomatosa.
Fig. 2 - Aspergilloma polmonare (fungus ball) nel lume di una
cavità bronchiectasica in un paziente di 10 anni con leucemia
acuta.
8BBÌ Micosi sistemiche
Le micosi sistemiche hanno usualmente un ini­
zio polmonare, da cui possono disseminare in altri Gli aspetti morfologici deU'aspergillosi differi­
organi. Le infezioni sono causate o da funghi ende­ scono nettamente tra le varie forme cliniche.
mici, caratterizzati da una distribuzione geografica Nelle forme broncopolmonari allergiche, gli
focale e dalla capacità di causare malattia sistemi­ aspetti patologici includono ipersecrezione muco­
ca cronica in ospiti sani, o da funghi opportunisti­ sa, infiltrazione eosinofila, bronchiolite e alveolite e,
ci, a distribuzione ubiquitaria e inducenti malattia nei soggetti con ipersensibilità ai prodotti fungini
principalmente in ospiti con difese immunitarie causa granulomi a cellule epitelioidi. In queste
alterate. lesioni le forme fungine sono frammentate, degene­
rate e comunque scarse per poter essere evidenzia­
te microscopicamente.
Aspergiilosi La forma colonizzante di aspergiilosi, l'aspergil-
L'Aspergillosi è una micosi dovuta a varie spe­ loma, è invece caratterizzata da vere e proprie
cie di Aspergillus, ma A. fumigatus e A. flavus sono masse proliferanti di elementi ifali settati, attorci­
quelle più frequentemente associate a malattia gliati e ramificati ad angolo acuto (Fig. 3). Queste
infettiva nell'uomo. "balls" miceliali possono indurre infiammazione
Sono microrganismi che non fanno parte della cronica e fibrosi di grado variabile o erosione della
normale flora microbica dell'uomo ma sono estre­ parete cavitaria, risultando in emottisi ricorrenti,
mamente comuni nell'ambiente e, come per i fun­ ma raramente diventano una sorgente di dissemi­
ghi del genere candida, il tipo di malattia provoca­ nazione.
to dipende dallo stato immunitario dell'ospite. L'aspergiilosi invasiva generalmente viene con­
Nell'ospite sensibilizzato gli aspergilli possono tratta de novo da sorgenti esogene per aspirazione
causare una varietà di manifestazioni polmonari ed è limitata ai pazienti severamente immunocom-
con quadri clinici diversi d&ÌYaspergiilosi allergi­
ca, sindrome asmatica per inalazione di spore
senza colonizzazione della mucosa bronchiale, e
dall'aspergiilosi bron copolm on are, bronchiolite e
alveolite da ipersensibilità al fungo, quando que­
sto colonizzi in modo superficiale la mucosa bron­
chiale.
L'ulteriore colonizzazione e la crescita del fungo
in una cavità polmonare preformata portano invece
alla formazione del cosiddetto aspergillom a p o l­
m onare (Fig. 2).
In contrasto a queste tre forme di infezione pol­
monare in cui Yaspergillus è un colonizzatore non
invasivo, Y aspergiilosi invasiva è caratterizzata
dalla penetrazione del fungo nei bronchi e nel
parenchima polmonare, disseminazione per via
ematica ed infiammazione necrotizzante in vari
organi. Questa forma è limitata ai pazienti severa­
mente immunocompromessi ed è malattia estrema-
mente grave, in genere fatale, se non diagnosticata Fig. 3 - Tipiche ife settate di Aspergillus che si ramificano carat­
e trattata precocemente . teristicamente a 45°.
294 ; Malattie da micetì

Fig. 4 - Aspergiliosi invasiva. Le ife invadono un ramo arterio­


so polmonare. Colorazione methenamine silver.

Fig. 5 - Mucormicosi rinocerebrale. Densa massa di ife fungine


promessi. Le ife proliferanti invadono le pareti a contatto con un lembo di mucosa etmoidale. Colorazione
delle vie aeree distali, riversandosi nelle vene e PAS.
arterie adiacenti (Fig. 4). L'invasione e l'occlusione
trombotica risulta in un caratteristico infarto nodu-
lare (lesione bersaglio) costituito da una zona cen­ comune. Questa infezione è particolarmente insi­
trale di necrosi ischemica, intermedia di essudato diosa, ha carattere distruttivo e progressivo, spesso
fibrinoso e periferica di emorragia parenchimale. In è unilaterale, e origina con invasione fungina mas­
circa il 25% dei casi, si sviluppa disseminazione siva della cavità nasale e dei seni paranasali. Il
ematogena con metastasi fungine a quasi tutti gli fungo induce necrosi tissutale locale ed invasione
organi incluso il sistema nervoso centrale. L'asper- delle pareti arteriose a cui segue la diffusione alle
gillosi rinocerebrale ricorda quella causata da Zigo- meningi e al cervello per via intravascolare e/o per
miceti (mucormicosi). estensione diretta (Fig. 5). Frequente è la trombosi
Sebbene le ife dell'aspergillus siano abbastanza dei seni venosi maggiori.
caratteristiche, possono essere confuse con quelle di Il coinvolgimento polmonare può essere secon­
altri funghi patogeni: pertanto la diagnosi istologi­ dario alla malattia rinocerebrale oppure primitivo,
ca di aspergiliosi deve sempre essere considerata tipicamente in pazienti terminali; le lesioni sono di
presuntiva e valutata alla luce dei dati immunoisto- tipo necrotico-emorragico, istologicamente simili a
chimici e microbiologici. quelle dell'Aspergiliosi invasiva, ma caratteristica­
mente sono interessati i rami polmonari arteriosi e
venosi maggiori.
Mucormicosi (Zigomicosi) Necrosi ed emorragia caratterizzano le rare
La m ucorm icosi, chiamata anche zigom icosi o forme gastrointestinale, vescicale e sottocutanea.
fico m ico si, è un'infezione opportunistica invasiva e Poiché non è sempre possibile l'isolamento del
sporadica provocata da funghi molto comuni nel­ fungo in cultura, la diagnosi si basa spesso sull'esa­
l'ambiente appartenenti al genere Mucor, Absidia, o me istopatologico, che si avvale di tecniche istochi-
Rhizopus. Occorre in soggetti immunodepressi, ma miche come la colorazione PAS e argento-metena-
ospiti particolarmente suscettibili sono pazienti con mina (metodo di Grocott). La caratteristica morfo­
acidosi diabetica, cirrosi ed emopatie maligne. L'en­ logia di questi microrganismi aiuta ad identificarli:
tità clinica definita "mucormicosi" comprende uno i filamenti ifali, infatti, crescono in modo meno
spettro di manifestazioni cliniche. compatto rispetto all'Aspergiliosi, sono nastriformi,
La m ucon nicosi rinocerebrale è la malattia più ampi ed irregolari e si dividono ad angolo retto.
Micosi sistemiche & 295

Criptococcosi
La criptoccocosi (blastomicosi europea) è un'in­
fezione ubiquitaria causata da Criptoccus neofor-
mans, fungo presente nel suolo e ritrovato in gran
quantità negli escrementi dei piccioni.
La malattia si presenta sia in persone apparente­
mente sane che in soggetti immunodepressi ed i fat­
tori predisponenti comprendono linfomi maligni
(particolarmente linfoma di Hodgkin), AIDS, ed in
generale condizioni che alterano l'immunità cellu-
lo-mediata.
Benché la porta di entrata dell'infezione sia l'ap­
parato respiratorio, la localizzazione polmonare è
spesso asintomatica. Il danno principale arrecato
dal C. neoformans è a livello del sistema nervoso
centrale, dove, probabilmente per l'assenza o l'inef­
ficienza dei normali meccanismi di difesa, si instau­
ra una meningo encefalite che, soprattutto nei
pazienti immunocompromessi, ha un inizio lento e
un decorso clinico subdolo.
Uinfezione criptococcica disseminata può
seguire l'interessamento localizzato, polmonare o
meningeo o può insorgere de novo come complican­
za fatale di una malattia di base.
L'intensità e il tipo di risposta infiammatoria
all'infezione criptococcica variano in relazione alle
condizioni dell'ospite e allo stadio di malattia: da
infiammazione assente o scarsa a reazione essuda­
tiva o granulomatosa. Fig. 6 - Criptococcosi disseminata. Numerose spore fungine
Il quadro istologico della meningoencefalite con spesso alone capsulare evidenziato dalla colorazione con
mucicarminio.
criptococcica, nel soggetto severamente compro­
messo, mostra assenza di cellule infiammatorie e
copiosa proliferazione di criptococchi. Masse gela­
tinose di spore di C. neoformans permeano le menin­ viene evidenziata con la colorazione per il Mucicar­
gi o proliferano negli spazi perivascolari cerebrali minio (Fig. 6); questo aspetto è considerato pato-
di Virchow-Robin (lesioni a bolla di sapone). Per gnomonico di criptococcosi, anche quando non è
contro, nei pazienti immunocompetenti si sviluppa possibile una conferma colturale. Nei casi in cui la
una spiccata reazione granulomatosa che invade le capsula sia scarsamente sviluppata, come frequen­
pareti vascolari, risultando in trombosi arteriose ed temente succede nei pazienti immunocompromes-
infarti corticali multipli. si, è richiesto l'esame colturale per una diagnosi
I focolai polmonari criptococcici (criptococco-definitiva.
mi) sono usualmente riscontrati in radiografie ese­
guite di routine. Sono generalmente solitari, ben Candìdiasi
circoscritti e costituiti da forme fungine per lo più
non vitali, circondate da reazione granulomatosa e La candidiasi è una micosi superficiale mucocu­
fibrosi. Nella criptococcosi disseminata, qualsiasi tanea e sistemica causata da diverse specie del
organo può essere interessato da spore proliferanti genere Candida di cui la C. Albicans è la specie più
di C. neoformans, senza alcuna reazione infiammato­ frequente. I funghi in piccole quantità usualmente
ria. colonizzano la cute e le mucose del cavo orale, del
La diagnosi di criptococcosi viene effettuata in tratto gastrointestinale e della vagina e, solo se libe­
base all'esame microscopico culturale dei fluidi e ri da competizione microbica, mostrano sovracre-
tessuti interessati dalla malattia. Il sedimento del scita superficiale. In soggetti sani ed immunocom­
liquor cefalorachidiano, strisciato e colorato con petenti tale crescita rimane localizzata; per contro,
inchiostro di china, permette di osservare le piccole ospiti debilitati, soprattutto immunosoppressi o
cellule sporiformi singole o gemmanti circondate neutropenici, sono ad alto rischio di candidiasi
da un alone chiaro dipendente dal fatto che le par­ invasiva o fungemia.
ticelle di inchiostro non vengono trattenute dal­ Lo spettro delle manifestazioni cliniche da can­
l'ampia capsula polisaccaridica. Nelle sezioni tessu­ dida è pertanto molto variabile.
tali, invece, il citoplasma fungino viene colorato in La candidiasi superficiale include malattìe della
rosso brillante con la colorazione PAS e la capsula cute e delle unghie somiglianti frequentemente a
296 ? Maloffie da miceti
quelle causate da dermatofiti, malattie della muco­ non specifico. Le lesioni cutanee sono di tipo ecze-
sa del cavo orale (mughetto) e infezioni della muco­ matoide e nelle forme croniche possono mostrare
sa vaginale. Queste lesioni generalmente guarisco­ una reazione granulomatosa; un infiltrato infiam­
no, ma nei soggetti con malattie endocrine o con matorio eosinofilo può essere prominente nelle rea­
anomalie dell'immunità cellulo-mediata tendono a zioni da ipersensibilità dermica in sedi lontane dal­
cronicizzare e diventano resistenti alla terapia; sono l'infezione (candididi).
forme che vengono raggruppate nella definizione Le forme gravi di candidiasi disseminata nei
di candidiasi mucocutanea cronica. pazienti immunosoppressi sono caratterizzate dalla
Nell'ospite immunocompromesso la candida presenza massiva di colonie fungine senza risposta
tende a colonizzare anche mucose dove normal­ infiammatoria. Nel 90% dei casi queste forme coin­
mente non è presente. Le sedi più frequentemente volgono il rene con lesioni miliari bilaterali, necro­
interessate sono esofago distale e giunzione esofa­ tiche ed ascessuali, diffuse nella midollare e nella
go-gastrica (Fig. 7) dove il fungo tende a colonizza­ corticale. Queste lesioni contengono spore ed ele­
re ulcere preesistenti, aumentando così il rischio di menti miceìiali.
disseminazione ematogena. Una copiosa crescita di L'endocardite da candida ricorda un endocardi­
pseudoife nelle lesioni esofagee, così come la pre­ te batterica acuta con grosse vegetazioni friabili,
senza di polmonite necrotizzante-emorragica, indi­ pertanto capaci di dare emboli. La candidiasi pol­
cano il passaggio dalla colonizzazione ad una inva­ monare ematogena è caratterizzata da noduli
sione fungina profonda. rotondi, necrotici, grigio-brunastri in entrambi i
Se la candida entra nel torrente ematico dei polmoni. Le lesioni cutanee sono papulari ed erite-
pazienti immunocompromessi, la candidemia risul­ matose con caratteristiche punteggiature centrali
ta in una disseminazione a qualsiasi organo ma par­ giallastre, segno della colonia fungina. Altri quadri
ticolarmente interessati sono cuore, rene e sistema sono rappresentati dalla meningite, ascessi intrace-
nervoso centrale. rebrali ed epatici, dall'artrite, dall'osteomielite; in
Le infezioni da candida della cavità orale, della ciascuna di queste localizzazioni il fungo evoca solo
vagina e dell'esofago producono placche e mem­ risposte infiammatorie.
brane biancastre sottese da infiltrato infiammatorio
Istoplasmosi
Uistoplasmosi è una micosi causata dall'inala-
zione di conidi o frammenti di ife di Histoplasma
capsulatum var. capsulatum, fungo che cresce su ter­
reni con alto contenuto di azoto specialmente in
aree contaminate da escrementi di pipistrelli e
uccelli.
È un'infezione ampiamente distribuita in tutto il
mondo temperato ma in certe aree è altamente
endemica come le valli delTOhio e del Mississippi
negli Stati Uniti e aree sparse, più ristrette, dell'A-
merica Centrale e Meridionale. L'infezione decorre
asintomatica in circa il 90% dei casi a giudicare dalla
reattività al test cutaneo con istoplasmìna; nel rima­
nente 10% si presenta con sintomi che configurano
quadri clinici acuti e cronici.
La maggior parte delle infezioni acute osserva­
te negli ospiti immunocompetenti si sono manife­
state con una sintomatologia simil-influenzale in
presenza di reperti radiografici di adenopatia ilare
con o senza opacità polmonari irregolari, bilaterali.
Queste forme acute polmonari generalmente gua­
riscono spontaneamente o senza lasciare traccia o
esitano in focolai miliariformi, calcitici, visibili
all'esame radiografico. Solo occasionalmente la
linfoadenopatia può essere così massiva da com­
primere trachea, bronchi ed esofago e, probabil­
mente per estensione deU'infezione dai linfonodi
stessi, può verificarsi pericardite essudativa.
Anche queste complicanze si risolvono di solito
Fig. 7 - Ife, pseudoife e blastospore di Candida raccolte dalla spontaneamente ma in rari casi, durante lo stadio
giunzione gastroesofagea di un paziente immunosoppresso. cicatriziale della malattìa, la fibrosi post-infiamma-
Colorazione PAS. toria può intrappolare le strutture mediastiniche,
Micosi sistemiche - 297

configurando il quadro della sclerosi mediastinica zione; il fungo in questi casi evoca una iniziale rea­
progressiva. zione essudativa che con il tempo diventa granulo-
Quando le difese dell'ospite sono compromesse matosa con evoluzione in necrosi caseosa ed in
e, solo in una minoranza di casi per inalazione mas­ lesioni calcificate.
siva del fungo in soggetti sani, Ì'H. capsulatura può Solo nella forma disseminata acuta, osservata
provocare infezione progressiva disseminata che, negli ospiti immunosoppressi, le spore fungine
dal punto di vista clinico, varia dalla istoplasmosi sono completamente libere di replicarsi nei
disseminata acuta, potenzialmente letale alla isto­ macrofagi dei vari tessuti ed organi senza alcuna
plasmosi disseminata cronica, lieve. La forma acuta reazione granulomatosa (Fig. 9).
è caratterizzata comunemente da febbre alta, epato- NelYistoplasmosi polmonare disseminata cro­
splenomegalia e anemia; nella forma cronica le nica, invece, solo sparsi e pochi granulomi sono
lesioni focali che dominano il quadro clinico sonò: presenti nei vari organi. Molto più complesso è il
ulcere mucose, morbo di Addison per distruzione quadro anatomopatologico dell'istoplasmosi pol­
surrenalica bilaterale; più raramente endocardite e monare cronica, per la presenza contemporanea
meningite. di lesioni granulomatose, interstiziali e ostruttive;
Lristoplasmosi polmonare cronica occorre inve­ incluse le dilatazioni bronchiali che quando inva­
ce prevalentemente in soggetti con difetti struttura­ se da funghì subiscono trasformazione cavitaria.
li polmonari che presentano una progressione gra­ Questi aspetti ricordano la tubercolosi polmonare
duale della sintomatologia mentre la radiografia cronica post-primaria.
del torace evidenzia infiltrati apicali fibronodulari La fase tessutale di H. capsulatum è contraddi­
mono o bilaterali (istoplasmomi) (Fig. 8). In un stinta da una piccola spora gemmante con una
terzo dei casi l'infezione si stabilizza o regredisce parete cellulare argirofila senza una vera capsula.
spontaneamente, negli altri mostra progressione Purtroppo queste cellule non sono identificabili con
subdola che può portare con gli anni all'exitus per l'istologia di routine, tranne nella forma dissemina­
cuore polmonare cronico, polmonite batterica o ta acuta quando i macrofagi, rigonfi di spore posso­
istoplasmosi. Tutte le lesioni cicatriziali dell'istopla- no essere identificati su strisci di sangue colorati
smosi tendono a calcificare; le calcificazioni gene­ con Ematossilina-Eosina o Giemsa.
ralmente sono multiple nel polmone e negli altri Poiché l'identificazione in coltura è indaginosa e
organi, al contrario del singolo complesso di Ghon può richiedere molto tempo, la biopsia e gli esami
della tuberolosi. sierologici assumono un ruolo importante per la
I microconidi di H. capsulatum per inalazione diagnosi.
raggiungono gli alveoli, vengono fagocitati dai
macrofagi che, nell'ospite immunocompetente,
acquistano capacità fungicida, limitando così l'infe-

Fig.8 - Lobectomia polmonare contenente un istoplasmoma che Fig. 9 - Infezione da Histoplasma capsulatum. Macrofagi
mostra la tipica laminazione fibrosa concentrica e calcificazio­ con citoplasma ripieno di numerosi microrganismi in un tessuto
ne centrale. infiammatorio-necrotico colorato con metodo di Giemsa.
298 : Malattie da miceti
Blastomicosi disseminazione ematogena dall'iniziale focolaio
polmonare; le sedi più frequenti sono bocca, naso,
La blastomicosi, anche definita come malattia di vie aeree superiori, cute e linfonodi.
Chicago, malattia di Gilchist, o blasto m icosi nord- Le tumefazioni edematose, ulcerate delle prime
am erican a, è un'infezione dovuta ad inalazione di vie aeree costituiscono le lesioni "hallmark" della
conidi di Blastomyces dermatitidis, fungo dimorfo paracoccidioidomicosi. Altrettanto indicativo è l'e­
geograficamente limitato al Nord America e a parte same istologico delle lesioni croniche, poiché gene­
dell'Africa. ralmente mostra abbondanti spore fungine, meglio
Solo in un piccolo numero di pazienti l'iniziale evidenziate dalla colorazione PAS, circondate da
infezione polmonare si manifesta come polmonite granulomi istiocitari con componente granulocita-
acuta autolimitantesi con febbre, tosse, malessere ria. I microrganismi, provvisti di parete cellulare a
generale ed infiltrati polmonari aspecifici all'esame doppio strato, sono caratterizzati dalla presenza di
radiografico. Nella grande maggioranza dei casi, la piccole, numerose cellule gemmanti intorno a una
blastomicosi presenta un esordio asintomatico e un grossa cellula matura (disposizione a "timone di
decorso cronico, progressivo, con disseminazione nave"). Questi aspetti, quando presenti, permetto­
ad altri organi preferenzialmente cute, osso e tratto no una diagnosi istologica inequivocabile di para­
genitourinario. coccidioidomicosi, ma, in loro assenza, è indispen­
Le lesioni blastomicotiche possono essere: localiz­ sabile l'esame colturale.
zate, sim il-tum orali, o sparse, m iliariform i, istologi­
camente costituite da una reazione infiammatoria
mista, prevalentemente suppurativa nelle lesioni gio­ Coccidioidomicosi
vani o prevalentemente granulomatosa nelle lesioni La coccid ioid om icosi è un'infezione prevalente­
di vecchia data. La necrosi caseosa e le calcificazioni, mente polmonare dovuta ad inalazione di artrospo­
al contrario deH'istoplasmosi, sono rare ma le cavita­ re del fungo dimorfico Coc-cidioides inmitis. La
zioni e le fistole si repertano frequentemente. malattia è endemica soprattutto in aree abbastanza
Nelle lesioni cutanee, usualmente degli arti, gli limitate a clima caldo ed arido degli Stati Uniti e
ascessi e i granulomi sono associati ad iperplasia dell'America Centrale e Meridionale, dove l'80%
pseudoepiteliomatosa florida dell'epidermide. Le della popolazione risulta infetta. Le manifestazioni
lesioni ossee sono tipicamente osteolitiche, ben cir­ cliniche sono variabili e comunque si osservano
coscritte, indolenti. L'epididimo e la prostata sono solo in una minoranza dei soggetti infettati.
le sedi urogenitali più frequenti. L'infezione polm on are prim aria acuta, cono­
La diagnosi di blastomicosi sì fonda sull'esame sciuta come "Volley fever", è la forma clinica più
microscopico di strisci del materiale patologico, comune e si manifesta con febbre, tosse, dolori tora­
sulla biopsia e sulla coltura del lavaggio bronchiale, cici con reperti radiografici di infiltrati spesso b ila -:
del liquor o del sangue. Nelle sezioni tessutali, il terali, adenopatia ilare e talora versamento pleuri­
B. dermatitidis appare come spora gemmante a sin­ co. Non infrequentemente compaiono reazioni di
gola cellula con base ampia; quest'ultima caratteri­ ipersensibilità ai costituenti micotici quali eritema
stica è d'aiuto nella diagnosi differenziale con altre nodoso e multiforme della cute. Questa infezione in
spore di dimensioni simili, come H. capsulatum e genere evolve verso la guarigione completa, sebbe­
C. neoformans. ne possa residuare all'esame radiografico un'opaci­
tà nodulare fibrotica (coccidioidoma); inoltre, l'ad­
Paracoccidioidomicosi densamento polmonare può persistere sotto forma
(blastomicosi sudam ericana) di polmonite cronica o avere un'evoluzione fìb r o -
cav itaria con tosse, emottisi, empiema ed altri
La paracoccidioidomicosi anche conosciuta aspetti comuni con la tubercolosi polmonare croni­
come blastom icosi sudam ericana, è un'infezione ca. La coccid ioid om icosi progressiva dissem in ata è
sistemica cronica, progressiva, dovuta ad inalazio­ la forma più temibile, sebbene rara, della malattia
ne di conidi del fungo dimorfico Paracoccidioides che si osserva preferenzialmente nelle donne gravi­
brasiliensis, di cui rimane sconosciuta la sorgente de e nei maschi non caucasici e può essere innesca­
naturale. La malattia, endemica in Sud America, ta da immunosoppressione, malignità o AIDS. Le
particolarmente in Brasile, Venezuela e Colombia, lesioni miliariformi disseminate possono coinvol­
colpisce più frequentemente maschi adulti, sebbene gere qualsiasi organo ma più frequentemente pol­
i risultati dei test cutanei indichino che le infezioni mone, sistema nervoso centrale, tessuto muscolo­
asintomatiche sono diffuse ed ugualmente distri­ scheletrico e cute. Questi stessi organi possono
buite in entrambi i sessi. Come per la blastomicosi diventare le sedi di infezioni localizzate croniche.
nordamericana, l'infezione polmonare sintomatica Le lesioni da C. inmitis mostrano un'iniziale rea­
è invece poco frequente, mostra una scarsa sinto­ zione microascessuale che, dopo la prima settimana
matologia ed è autolimitantesi. Di contro, le forme dall'infezione, diventa granulomatosa con necrosi
più comuni di malattia sono rappresentate dalle caseosa e presenza di cellule giganti contenenti i
lesioni avanzate, localizzate e croniche, dovute a microrganismi.
M/cos/ sistemiche 299

progressivo che può portare ad insufficienza respi­


ratoria ed a morte per anossia. Le modificazioni
patologiche sono largamente confinate ai piccoli
spazi aerei polmonari; lesioni di altri organi si
riscontrano in meno del 5% dei casi. L'agente pato­
geno, Pneumocystis carinii, è creduto essere un
microrganismo parassita di incerta classificazione
in alternanza tra forme trofozoitiche e forme cisti­
che, sebbene studi recenti di biologia molecolare e
di omologie a livello di rRNA e DNA pongano que­
sto microrganismo più vicino ai funghi. È questa la
ragione per cui descriviamo questa infezione in
questo capitolo. Bambini normali acquisiscono anti­
corpi specifici per il microrganismo a partire dal
secondo compleanno; in condizioni di deficienza
immunitaria, lo pneumocystis passa da uno stato
latente ad uno opportunistico e invasivo, pertanto
molte infezioni sintomatiche sono credute originare
da ima fonte endogena. In pazienti infettati da HIV,
la polmonite da P. carinii è spesso la manifestazione pato­
logica che definisce la condizione di AIDS; in questo
contesto la malattia può essere prevenuta con profi­
lassi specifica (aerosol con pentamidina) e si dimo­
stra relativamente trattabile rispetto ad altri agenti
patogeni che attaccano il paziente con AIDS.
- Quadri anatomo-clinici. La polmonite da
Pneumocystis non trattata progredisce rapidamen­
te da opacificazioni polmonari modeste, "a vetro
smerigliato" a totali "imbiancamenti" dei campi
Fig. 10 - Infezione da Coccidioides inmitis. Grandi sferule con polmonari (white-out) come documentato dalle
spessa parete, piene di endospore fungine; la sferula a sinistra
mostra rottura della parete e rilascio cff spore infettanti. (Corte­ radiografie. All'atto dell'autopsia i polmoni appaio­
sia del Prof. Edward C. Klatt, Web Patri, University of Utah, no diffusamente consolidati, spesso con aree di
USA} necrosi e di cavitazione con formazione di pseudo­
cisti (Fig. 11). Microscopicamente, gli alveoli sono
riempiti da un materiale amorfo, amfofilico, finemente
schiumoso, composto da parassiti proliferanti e
Nelle lesioni polmonari croniche la necrosi detriti cellulari. Questo essudato può essere scam­
caseosa, la fibrosi e la cavitazione possono essere biato per edema proteinaceo, ma ad un occhio alle­
così estese da simulare il quadro morfologico della nato immediatamente segnala la pneumocistosi
tubercolosi cronica. Nella meningite basale cronica polmonare. Dipendendo dalla durata e dall'esten-
caratteristico è il marcato ispessimento fibroso delle
meningi che circondano le arterie maggiori, fram­
misto a suppurazione e caseificazione.
La diagnosi di coccidioidomicosi si basa sull'os-
servazione diretta, o in coltura, del fungo: nell'e-
spettorato, materiale bioptico, essudato pleurico e
liquor. La forma tissutale di C. inmitis è una grande
sferula simil-cistica contenente centinaia di piccole
spore rilasciate per rottura della parete; queste
forme endosporulanti sono patognomoniche di
coccidioidomicosi (Fig. 10).

Pneumocistosi
(Polmonite da Pneumocystis Carinii)
La polmonite da Pneumocystis è una complica­
zione frequente e severa dell'AIDS e di molti altri
stati di deficienza immunitaria e nei neonati, sia
Fig- n - Polmonite da Pneumocystis carinii in un paziente con
essa di origine genetica o iatrogenica. E caratteriz­ AIDS, li polmone appare compatto e di aspetto carnoso, con
zata da consolidamento alveolare insidiosamente alcuni focolai confluenti di necrosi.
300 & Malattie da miceti
sione dell'infezione, e dalla capacità dell'ospite fluidi di lavaggio bronchiale, o nei prelievi bioptici
nella risposta, spesso si osserva proliferazione di bronchiali o di altri organi. Sono necessari metodi
pneumociti dì tipo 2 e un edema infiammatorio di colorazione speciali o metodi immunoistochimi-
interstiziale con infiltrazione linfoplasmacellulare e ci. I trofozoiti di P. carimi misurano fino a 6 micron
ispessimento dei setti (Fig. 12). Frequentemente si e possono essere visualizzati in strisci colorati con
riscontra superinfezione con altri agenti patogeni, blu di toluidina; nei preparati per microscopia elet­
specialmente CMV, Pseudomonas e Candida. Dopo tronica essi mostrano estensioni di filopodi attacca­
assistenza ventilatoria prolungata o ipotensione, gli ti all'epitelio alveolare. Quando i trofozoiti si divi­
alveoli possono mostrare la presenza di membrane dono, si trasformano in cisti che appaiono delimita­
ialine indicative di Sindrome da Distress Respirato- te in nero con la colorazione argento-metenamina
rio Acuto (ARDS), piuttosto che il caratteristico (metodo di Grocott) (Fig. 13). Le cisti misurano 4-6
essudato schiumoso da PCR In tali campioni, il micron e la maggior parte è a forma di "coppa" o di
parassita causale può essere dimostrato esclusiva- "barca"; alcune sono rotonde, con una o più pun­
mente con impregnazione argéntica o con l'immu- teggiature centrali scure che distinguono le cisti di
noistochimica. Microrganismi e lesioni sono state P. carimi da quelle di funghi come Histoplasma cap-
osservate nei linfonodi ilari e in altri organi lontani sulaium o Candida, Nelle cisti, hanno luogo ulteriori
incluso milza, tiroide e occhio di pazienti con AIDS divisioni cellulari e nuovi trofozoiti emergono per
o con altri stati di immunodeficienza. continuare il ciclo vitale. Nei pazienti con AIDS,
- Diagnosi. La polmonite da Pneumocystis deve secrezioni bronchiali indotte sono considerate ade­
essere sospettata in tutti i pazienti predisposti con il guate per la diagnosi; in altri pazienti a rischio tal­
quadro clinico di febbre, anossia e funzione polmo­ volta può essere necessario ottenere tessuto da
nare compromessa, anche se studi radiologici o biopsia transbronchiale o da biopsia polmonare
istopatologici di routine fossero risultati negativi o aperta.
non tipici. A causa della loro localizzazione negli In molti laboratori, attualmente, la diagnosi di
spazi aerei terminali, P. carimi sono raramente infezione da PC viene eseguita con l'uso di anticor­
dimostrabili nell'espettorato; essi vanno ricercati pi monoclonali e tecniche di immunoistochimica,
soprattutto nelle secrezioni bronchiali indotte, nei specialmente per screening in pazienti con AIDS. In
pneumocistosi trattate, cisti colorabili possono
ancora essere trovate per parecchie settimane dopo
che i trofozoiti sono morti, e la terapia deve quindi
essere monitorata principalmente seguendo criteri
clinici.

Fig. 12 - Polmonite da Pneumocystis carinii. 1 setti polmonari Fig. 13 - Forme cistiche di Pneumocystis carinii evidenziate nel-
sono edematosi e ispessiti da un infiltrato infiammatorio linfo­ l'essudato alveolare con la colorazione methenamine silver di
plasmacellulare, gli alveoli contengono un materiale amorfo Grocott. Nota la forma "a barca" di alcune cisti e la punteggia-
eosinofilo, finemente schiumoso misto a cellule desquamate. tura scura centrale.
Bibliogrofia essenziale s 301

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»

¡1
Malattie
2.6 da protozoi
e da elminti
G. Pettinato, G. Ciancia

Malattie da protozoi
espulsi nell'ambiente, essi semplicemente si trasfor­
Patogenesi e patologia mano in forme cistiche semidormienti capaci di
delle infezioni prolozoarie resistere a condizioni sfavorevoli fino a che un
nuovo ospite offre loro un rifugio per un ulteriore
I protozoi sono cause frequenti di malattia e
morte nei paesi in via di sviluppo; nelle aree svilup­ stadio proliferativo di trofozoite.
pate del mondo essi sono anche largamente preva­ I protozoi intracellulari sono più complessi: così, il Toxopla­
lenti ma meno spesso letali. Un esempio è dato dalle sma si riproduce sessualmente solo neirintestino dei gatti. Le
oocisti escrete danno origine a forme sessuate in molte altre spe­
infezioni malariche nei tropici, stimate in 200 milioni
cie animali, alcune delle quali si cibano di altre o, a tumo, ven­
di casi per anno che causano circa 10 milioni di morti gono mangiate dai felini.
annuali; per contro, in Francia, più del 70% delle per­ Le specificità dei protozoi per l'ospite sono generalmente
sone adulte sono sieropositive per Toxoplasma; tutta­ piuttosto ristrette ma alcune specie, per esempio il Tripanosoma
via la vasta maggioranza di queste infezioni rimane cruzi, hanno ospiti multipli e mostrano diversità genetica tra
indefinitamente latente. Solo neonati e persone con discendenti clonati da un singolo organismo. Quindi, anche com­
binazioni "accidentali" ospite-parassita possono talvolta risultare
immunodeficienza sono a rischio di malattia. Inoltre, in riproduzioni adeguate. Transizioni tra successivi stadi della vita
nella malaria cronica, persone con immunità acquisi­ di un protozoo sono anche geneticamente programmate. Pertanto
ta vanno, incontro a remissioni spontanee e possono e qualora i promastigoti della Leishmania, che si dividono Logarit­
rimanere asintomatiche per molti anni. micamente, raggiungono la maturità nella ghiandola salivare del­
Chiaramente, infezione da p rotozo i non è sin o­ l'insetto flebotomo, la loro superficie sensibile al complemento
diventa complemento-resistente e pronta per la sopravvivenza
nim o di m a la ttia da p rotozoi. nell'uomo. In maltiera analoga, quando il transito intestinale
I protozoi parassiti sono eucarioti e i loro mecca­ diventi lento, i trofozoiti delYEntamoeba histolytica progrediscono
nismi fisiologici adattativi, come le strategie ripro­ allo stadio di cisti per anticipare i rigori delle condizioni extrainte­
duttive, sono più complesse e varie di quelle degli stinali che sarebbero rapidamente letali per i trofozoiti nudi. Que­
ordini più bassi di patogeni. I molti cicli v itali dei ste cisti dormienti, quando ingerite e attaccate dal succo gastrico,
si aprono lungo la strada per Ü colon e danno origine a nuovi tro­
protozoi si alternano tra riproduzione sessuale e
fozoiti che riprendono la moltiplicazione per fissione. Solo due
asessuata e tra mammiferi ospiti specifici e vettori parassiti protozoari umani mancano di stadi vitali conosciuti
invertebrati. Per assicurarsi la sopravvivenza, con­ extra-mammiferi: il Trichomonas vagimlis trasmesso sessualmente,
tro fattori avversi, molti cicli includono stadi di e il parassita opportunistico di incerta tassonomia Pneumocystis
lunga durata o di automantenimento. carimi che si sviluppa interamente nel polmone dell'ospite.
Quindi, le forme sessuate di em oflag ella ti (per I protozoi assunti per la via oro-fecale, o trasmissione vene­
rea, normalmente si stabiliscono in un habitat luminale in cui
esempio il plasmodio della malaria) trovate nella essi possono sia rimanere confinati, sia progredire per invadere i
zanzara hanno vita corta e non possono trasmetter­ tessuti dell'ospite. Molti protozoi trasmessi per via parenterale
si tra gli insetti. I plasmodi, invece, beneficiano di (per il morso d'insetto o con un ago di siringa) diventano paras­
sopravvivenza a lungo termine nell'uomo con infe­ siti ematici e si moltiplicano per esempio dentro i globuli rossi,
zione cronica. Protozoi ordinariamente letali per nel plasma o nella linfa. Alcune importanti specie protozoarie si
riproducono largamente o esclusivamente in una nicchia intra­
l'uomo, come il Tripanosoma rodesiano mantengono
cellulare nella quale guadagnano l'accesso sia per penetrazione
infezioni a lungo termine, non letali, in "serbatoi" attiva o per "fagocitosi indotta". Parassiti flagellati, ciliati e ame­
(reservoir) animali, e alcuni prosperano ugualmen­ boidi fanno uso della loro motilità per raggiungere i loro siti resi­
te bene in due o più mammiferi ospiti, come nel denziali; le iniziali tappe di adesione che guidano i parassiti ai
caso della leishmaniosi viscerale. Di solito le infezioni loro specifici siti riproduttivi sembra interessino )e interazioni
recettore/ligando. Tuttavia sono solo pochi gli eventi molecolari
da protozoi sono più severe negli ospiti accidentali
caratterizzati chiaramente fino ad ora. Il Plasmodium vivax, l'agen­
che in quelli preferenziali. te della malaria terziaria benigna entra solo nei globuli rossi che
Molti p ro to z o i intestinali hanno cicli relativa­ possiedono Tantigene Duffy del sistema dei gruppi sanguigni; gli
mente primitivi e non richiedono vettori; quando individui Duffy-negativi sono quindi "naturalmente immuni"
304 Malattie da protozoi e da elminti
alla malaria da plasmodium vivax. Per contro, il recettore per il sintomatica, in genere quelle aggravate da nuove severe cariche
Plasmodium falciparum è la glicoforina, un costituente universal­ parassitarle e da alterate funzioni immuni o fagocitiche. I mecca­
mente distribuito sulla membrana dei globuli rossi. nismi immunitari protettivi contro i protozoi sono complessi e
vari; in molti casi sembrano essere impegnati entrambi, anticor-
I meccanismi patogenetici dei protozoi differisco­pali e celluìo-mediati. In poche malattie protozoarie, come in
no grandemente da specie a specie e la nostra cono­ certi tipi di leishmaniosi cutanea, può verificarsi guarigione
scenza di essi è lungi dall'essere completa. Al contra­ spontanea seguita da immunità sterile.
rio della maggior parte dei batteri, i protozoi non Più comunemente, nelle infezioni da protozoi, l'immunità
dell'ospite riduce i parassiti alla latenza in cui essi restano capa­
producono citotossine diffusibili. Quelli capaci di ci di reviviscenza se le difese dell'ospite si indeboliscono:
uccidere direttamente le cellule ospiti lo fanno attra­ pazienti immuni possono quindi continuare ad avere parassite-
verso un contatto di membrana, o dopo che sono mie episodiche e fungere come fonti di trasmissione protozoaria.
entrati nel citoplasma. Ceppi virulenti di Entamoeba Tuttavia essi raramente vanno incontro a superinfezione sinto­
matica dallo stesso parassita. Molti abitanti di zone malariche
histolytica generano una "proteina ameboporica" di
endemiche convivono con questo tipo di infezione cronica. Nei
superficie che induce pori nella membrana piasmati­ paesi sviluppati, l'infezione latente da Pneumocystis carimi è
ca della cellula ospite, sufficienti, per grandezza e diventata quasi universale a partire dal secondo anno di vita
carica, ad uccidere la cellula attraverso un improvvi­ postnatale. Un equilibrio ospite-parassita, relativamente stabile
so efflusso di soluti. D'altra parte, l'esecuzione del di questo tipo, favorisce la sopravvivenza e la perpetuazione di
"morso" letale dell'ameba sembra richiedere parec­ entrambi, parassita e ospite, e può essere visto come il risultato
di un co-adattamento millenario attraverso la selezione natura­
chi fattori di virulenza addizionali, per esempio enzi­ le. Nello stesso tempo, protozoi dormienti diventano agenti pri­
mi litici che aiutino l'entamoeba a superare il rivesti­ mari di infezioni opportunistiche in ospiti immunosoppressi;
mento di muco protettivo dell'intestino, e/o prodot­ come esempio, l'avvento dell'AIDS ha chiaramente sottolineato
ti simil-lectina che facilitino il contatto iniziale tra il l'endemicità silente dello Pneumocystis e del Toxoplasma nella
parassita e il plasmalemma della cellula ospite. popolazione generale. L'infezione attiva da questi protozoi è ora
considerata come un allarmante segno di possibile AIDS o di
I protozoi intracellulari possono uccidere le cel­altre immunodeficienze nascoste.
lule ospiti attraverso la moltiplicazione incontrol­ Ci sono pochi dubbi che i parassiti protozoari abbiano contri­
lata e la conseguente interferenza metabolica; buito al formarsi dell'evoluzione del sistema immune umano.
oppure con la distruzione di organelli cellulari Per converso, i protozoi hanno sviluppato parecchi meccanismi
essenziali. Questo tipo di evento può essere osser­ unici per evadere o sovvertire le risposte immunitarie dell'ospite.
Forse il più conosciuto di questi meccanismi è la variazione pro­
vato in vitro come un drammatico rigonfiamento, o grammata degli antigeni di superficie dei tripanosomi Africani,
scoppio, delle cellule infettate quando il numero di basata sulle modificazioni dei loro "Geni Variabili di Superficie"
endoparassiti superi il livello tollerabile. La malaria (VSGs). Ciascun successivo clone di tripanosomi è ricoperto da
esemplifica una variante di questa modalità: i un singolo prodotto genico antigenicamente distinto di glicopro­
merozoiti intraeritrocitari metabolizzano la protei­ teine. Questo permette a nuovi cloni di evadere le risposte immu­
nitarie dell'ospite contro i rivestimenti dei loro predecessori, e
na dell'eme per alimentare la loro crescita e divisio­ quindi di permettere ima prolungata successione di ondate
ne mentre il pigmento eme è degradato a pigmento parassitemiche. Variazioni antigeniche meno drammatiche sono
nero "emozoina". I nuovi schizonti allora lasciano i state dimostrate tra i plasmodi: durante parte del loro ciclo, questi
globuli rossi danneggiati a seguito di scoppio cellu­ ed altri protozoi ematici, evadono l'attacco immunitario dell'o­
lare, solo per entrare in un eritrocita vergine. spite cercando rifugi ("santuari") intracellulari. Quindi, la molti­
plicazione iniziale dei plasmodi malarici, la loro fase "esoeritrocì-
Un sostanziale effetto del danno cellulare dell'o­ tica", ha luogo dentro le cellule epatiche ospiti. In alcune specie
spite, osservato nelle infezioni protozoarie, è il risul­ di plasmodi le forme epatiche possono rimanere dormienti come
tato dell'attivazione di mediatori infiammatori e "ipnozoiti" e dare origine a recidive malariche solo a distanza di
del conseguente afflusso leucocitario, simile agli anni. Nello stesso modo, cisti dormienti di Toxoplasma gondii sono
eventi che si verificano nelle infezioni batteriche. rivestite da uno strato derivato da cellule ospiti morte, in cui il
protozoo si era formato, e rimangono così protetti alla reazione
La sensibilizzazione dell'ospite agli antigeni cellulare ospite, fino alla loro riattivazione. I protozoi intracellu­
protozoari può accrescere molto il danno tessutale lari possiedono la capacità di inibire la fusione fagolìsosomiale e
attraverso la produzione di linfociti citotossici, di inattivare la produzione di ossigeno nascente, aspetto condivi­
macrofagi attivati, e complessi immuni attivanti il so con altri più primitivi patogeni intracellulari.
complemento; la risposta infiammatoria viene così La nicchia riproduttiva adottata da una data specie di paras­
sita determina largamente le manifestazioni di malattia. Quindi,
accelerata ed aumentata con necrosi e formazione il comportamento dei protozoi luminali somiglia a quello dei
di granulomi. Antigeni parassitari che condividono batteri luminali, che possono agire come commensali, o come
epitopi con componenti tessutali dell'ospite posso­ patogeni, a seconda dello stato dell'equilibrio ospite-parassita.
no sollecitare infiammazioni particolarmente dan­ Entrambe l'Entamoeba histolitica e la Giardia lamblia possono colo­
nose. Quindi le infezioni protozoarie forniscono nizzare l'intestino umano senza causare una malattia evidente;
d'altra parte, l'invasione amebica con dissenteria avviene quan­
alcuni esempi classici di danno tessutale immuno- do un ceppo virulento di Entamoeba prende il sopravvento o
logicamente mediato: per esempio la sindrome quando la resistenza dell'ospite è compromessa, per esempio
nefrosica nella malaria dipendente da complessi per terapia corticosteroidea.
immuni e l'associazione della miocardite cronica Malattie causate da protozoi ematici come malaria o tripa­
con reazioni autoimmunitarie nella tripanosomiasi. nosomiasi africana, somigliano a condizioni batteriemiche, pre­
sentandosi con febbre, brividi e malessere generale; c'è rilascio
L'immunità protettiva dell'ospite gioca un ruolo importan­ di mediatori chimici potenti come interleuchine e TNF e, aumeh-
te, esemplificato dal fatto che solo una minoranza dei milioni di tando la parassitemia, si può attivare la cascata fibrinolitica
persone (o animali) infettati dai protozoi accusano una malattia risultante nella sindrome da Coagulazione Intravascolare Disse­
Maloffie causate da protozoi luminali - 305

minata (CID). Infezioni da protozoi intracellulari, come quelli tatto iniziale delle entamoebe con le cellule mucose
del genere Leishmania, condividono alcune delle caratteristiche produce necrosi focale e chemiotassi neutrofilica
delle malattie causate da batteri intracellulari obbligati: cronici­
tà, resistenza all'attacco fagolisosomico, e risposte per attivazio­
transitoria; in seguito si ha lisi delle cripte e pene-
ne macrofagica. Essi manifestano anche uno spettro di patologie trazione delle amebe nella lamina propria. Quando
che vanno dall'interessamento diffuso dei tessuti linfoidi nei poi si verifica ulcerazione mucosa franca, gli infil­
pazienti anergici a malattia granulomatosa ben circoscritta in trati infiammatori diventano più sparsi, predomi­
ospiti relativamente resistenti. nando le cellule mononucleate a causa della lisi
amebica e della rimozione dei detriti ad opera dei
leucociti. Questo tipo di danno tessutale "istolitico"
j | Malattìe causale ha ispirato l'aggettivo del parassita e contrasta con
da protozoi luminali le floride lesioni essudative della dissenteria batte­
rica. D'altra parte e occasionalmente, VE. histolytica
Questo gruppo include i protozoi intestinali pato­
può causare lesioni francamente essudative con
geni, le terramebae e il flagellato sessualmente tra­
esuberante tessuto di granulazione.
smesso, Trichomonas vaginalìs; tutti questi agenti
La maggioranza dei pazienti asintomatici "cyst-
colonizzano o penetrano i tessuti ospiti attraverso
le mucose (Tab. 1). passers" non presenta lesioni coloniche all'endo-
scopia o all'autopsia. Quelli con sintomi moderati
di solito mostrano ulcere mucose amebiche focali
Amebiasi più frequentemente nel cieco e nel colon ascenden­
L'entamoeba histolytica è acquisita per trasmissio­ te e con minore frequenza nel sigma, retto e appen­
ne oro-fecale e il definitivo habitat del parassita è dice; a parte queste ulcere " a stampo", la mucosa
costituito dal colon prossimale deiruomo. Comuni­ del colon appare normale.
tà con insufficienti controlli sanitari del cibo e Ulcerazioni e infiammazione mucosa essudativa
acqua, persone con scarsa igiene personale e omo­ diffusa si riscontrano solo nei casi più severi di dis­
sessuali promiscui mostrano alti tassì di infezione. senteria amebica. Questo tipo di interessamento dif­
Nella maggioranza sono persone infette "cyst-pas- fuso può simulare le lesioni della colite ulcerativa
sers by", in grado di trasmettere la infestazione idiopatica attiva o della dissenteria batterica; supe-
senza evidenza clinica di malattia. Soltanto un pic­ rinfeziord da batteri enterici sono infatti state riscon­
colo gruppo mostra episodi di diarrea alternati a trate, evolvendo in sepsi gram-negative letali.
costipazione; un gruppo ancora minore soffre di Le ulcere amebiche del colon sono chiamate "a
amebiasi invasiva sotto forma di dissenteria con fiasca": vista dalla superficie mucosa, l'ulcera appa­
tenesmo, dolori crampiformi addominali, ascessi re a margini netti e di piccole dimensioni; il suo
epatici o altre severe complicazioni. In alcuni paesi lume si restringe ulteriormente a livello della
endemici come il Messico, India e Colombia la mor­ muscularis mucosae, per espandersi di nuovo solo
bilità per amebiasi è altissima: si calcola che in que­ nella sottomucosa, così da sottominare il bordo,
sti paesi 500 milioni di persone risultino infettate, mucoso. Le entamoebe tendono ad aggregarsi in
con 40 milioni di casi di dissenteria e ascessi epati­ questi recessi, talvolta invadendo i vasi linfatici ed
ci; persone che viaggiano in questi paesi sono a ematici adiacenti. Con l'espansione profonda del­
rischio di sviluppare amebiasi invasiva anche l'erosione, la mucosa viene privata del suo apporto
molto tempo dopo il loro ritorno a casa con sinto­ sanguigno con conseguente distacco; i difetti muco­
matologia scarsa o assente. si diventano via via più larghi, con bordi raggiati e
- Patologia. Nelle infezioni sperimentali il con­ scoloriti e fondo rivestito da materiale necrotico.

Protozoi luminali

Specie Forma Manifestazione


Entamoeba histolitica Trofozoite 15-50 m Dissenteria, ascesso epatico
Naegleria fov/Jeri Trofozoite 10-20 m Meningoencefalite (ME)
Acanthamoeba sp. Trofozoite 10-30 m ME, congiuntivite
Giardia iamblia Trofozoite 11 -18 m Diarrea, malassorbimento ;
Balantidium coli Trofozoite 50-100 m Colite, dissenteria
Isospora belli Oocisti 10-20 m Enterite cronica
Enterocytozoan sp. Sporozoite 1 m Diarrea cronica
Cryptosporidium sp. Oocisti 5-6 m Diarrea, ma ¡assorbì mento
Trichomonas vaginalis Trofozoite 10-30 m Uretrite, vaginite
306 Malattìe da protozoi e da elminti
Ulcere amebiche coalescenti possono denudare - Diagnosi. Il colon umano ospita una varietà
ampie aree mucose, o penetrare in profondità fino di protozoi commensali, così come di parassiti, quin­
alla muscolare propria, causando perforazione, di la diagnosi di amebiasi richiede una buona
complicazione osservata principalmente in bambini conoscenza della flora intestinale e spesso sono
malnutriti ed in adulti immunosoppressi nei quali necessari campionamenti multipli di feci o di tes­
l'esito fatale può essere facile. Per converso, in quei suti.
rari casi in cui ulcere amebiche localizzate stimola­ Il trofozoite deli'Entamoeba histolytica è un orga­
no la formazione di un tessuto di granulazione esu­ nismo semplice che manca di mitocondri e di un
berante, la risultante massa, chiamata ameboma, reticolo endoplasmatico organizzato o dell'appara­
può restringere il lume del colon e simulare, radio­ to di Golgi; il nucleo è piccolo, vescicoloso e mostra
graficamente, ima neoplasia stenosante. Gli amebo- un piccolo cariosoma centrale, la membrana
mi possono lentamente regredire col trattamento nucleare è marcata da eterocromatina. Il citoplasma
an tiam ebico, ma la maggior parte resta indiagno- contiene glicogeno e quindi la reazione con l'acido
sticata fino a che il paziente non deve o doveva periodico Schifi (PAS) è positiva; in vacuoli fagoso-
ricorrere al chirurgo. Subito dopo l'invasione colo­ mici citoplasmatici si riscontrano eritrociti, batteri e
nica, i trofozoiti dell'entamoeba cominciano ad frammenti nucleari. Le amebe non patogene e gli
entrare nei rami tributari portali e raggiungono il ameboflagellati che abitano il colon differiscono
fegato, dove la maggior parte di essi muore. Epato­ dalTE. histolytica per sottili dettagli nucleo-citopla­
megalia e modeste alterazioni della funzionalità smatici e per assenza di eritrofagocitosi. Le cisti
epatica infatti spesso accompagnano l'amebiasi mature sono quadrinucleate con uno o multipli
colonica cronica, specialmente in pazienti malnutri­ corpi citoplasmatici cromatoidi a barra, mentre le
ti o con danni da alcool. cisti del commensale E. coli hanno 8 nuclei e cario-
Nella cosiddetta epatite am ebica cronica, focolai somi eccentrici. Attualmente per la diagnosi si
miliarici di necrosi epatocitaria sono stati occasio­ usano tecniche di DNA* ricombinante con sonde di
nalmente trovati nella biopsia; più frequentemente, cDNA** specifiche per E. histolytica.
si osservano infiltrati infiammatori portali non-spe-
cifici e/o steatosi. Non c'è dubbio, d'altra parte, che Terramebìasi
le entamoebe siano capaci di proliferare nel fegato
causando necrosi colliquativa. In pazienti immuno- La nostra conoscenza di infezioni umane da protozoi "free-
living" chiamate terramebìasi derivano da casi isolati; la loro fre­
compromessi, gli ascessi am ebici ep atici possono
quenza e distribuzione non sono state ancora determinate. L'a-
essere multipli, mentre nelle persone normali, di mebo-fiagellato Naegleria fowlerì, che abita gli stagni e le raccolte
solito, si osserva un ascesso singolo, frequentemen­ di acqua tiepida, comprende due specie di Acantamoeba: A. castel­
te nel lobo destro e in vicinanza della superfìcie lani e A. cuìbertsoni, residenti nel suolo e nelle piante, oltre l'ame­
convessa. Con l'agobiopsia, spesso viene aspirato ba leptomyxide che causano tutte meningoencefaliti; le due acan-
un abbondante fluido brunastro inodore, color cioc­ tamoebe, inoltre, sono causa anche di severe cheratocongiuntivi-
colato, pastoso; all'autopsia esso è frequentemente ti ed oftalmiti. In genere, le vìttime sono giovani persone, che
nuotano in acque infettate, che possono causare infezioni fulmi­
arancio-giallastro.
nanti del SNC. La malattia inizia improvvisamente con febbre,
Istologicamente, la lesione consiste di necrosi
cefalea, rigidità nucale, nausea o vomito e progredisce rapida­
liquefattiva con scarsa o assente risposta granuloci- mente verso il coma. II liquido cefalo-rachidiano mostra aumen­
taria; ima zona di demarcazione fatta da fibrina, to delle proteine, abbassamento della glicemia e molti globuli
macrofagi, cellule linfoidi e scarsi fibroblasti deli­ rossi; un gran numero di parassiti possono essere evidenziati
mita l'ascesso. Tale zona è più sottile e delicata insieme ai leucociti polimorfonucleati. Dal punto di vista patolo­
della banda florida di tessuto di granulazione che gico, l'essudato è localizzato alla base dell'encefalo; i trofozoiti
circonda gli ascessi epatici batterici. Si possono tro­ proliferano nelle leptomeningi del cervello e del midollo spina­
vare gruppi di entamoebe, ma queste in genere si le, invadendo la sostanza grigia e bianca lungo gli spazi di Vir-
chow-Robin con conseguente necrosi liquefattiva.
autolisano rapidamente a temperatura ambiente
rendendo negative anche le colture. D'altra parte,
ascessi amebici superinfettati da batteri possono Balantidiasi
diventare purulenti e fetidi. Dopo drenaggio per Nonostante l'alta prevalenza di parassiti enterici ciliati negli
aspirazione o trattamento medico, gli ascessi ame­ animali domestici e nelle scimmie, la balantidiasi umana è rara,
bici collassano e guariscono lasciando solo ima anche tra i soggetti esposti a severa contaminazione fecale. Il
cicatrice per lo più sottocapsulare e compressa dal parassita, Balantidiwn coli, è acquisito per ingestione della sua
parenchima epatico rigenerante. Se non trattati, gli forma cistica. Il trofozoite patogeno misura fino a 100 micron, è
indentato da uno stoma, possiede un macronucleo reniforme e
ascessi epatici possono accrescersi e propagarsi al
un piccolo micronucleo difficilmente evidenziabile nelle sezioni
polmone, pericardio, rene o peritoneo, dando ori­ tessutali. Il vacuolo digestivo è pieno di glicogeno e intensamen­
gine ad ulteriore distruzione tessutale. Ascessi
amebici polmonari, di solito, si formano per esten­
sione transdiaframmatica dal fegato, o dal circolo
ematico, potendo raggiungere anche l'encefalo e * DNA = Deoxyribonucleic acid
altri organi. ** cDNA = Complementary DNA
Malattie causate da protozoi luminali & 307

te colorato con il PAS*. Gli aspetti clinici e patologici della balan-


tidiasi riproducono strettamente quelli dell'infezione da Enta-
moeba histolytica. Il colon mostra ulcere a forma di fiasca che si
espandono e si fondono potendo evolvere in infezioni fulminan­
ti tali da interessare l'intera lunghezza ddl'intestino; d'altra
parte, al contrario delTamebiasi, le localizzazioni metastatiche
extraintestinali sono rare.

G iardiasi
Se vengono contati i casi sintomatici e quelli
silenti, il flagellato Giardia lamblia (duodenalis) è il
più comune parassita patogeno-intestinale nell'uo­
mo. Viene acquisito attraverso l'ingestione di cisti
presenti nell'acqua potabile contaminata dalle feci
dell'uomo o degli animali. Nello stomaco, i trofo-
zoiti sono liberati e si localizzano nel duodeno,
dove possono sia dividersi che incistarsi, per poi Fig. 1 - Trofozoiti di Giardia lamblia di aspetto falciforme che
essere espulsi con le feci e completare il ciclo. Nei rivestono l'orletto a spazzola della superficie epiteliale dei villi
paesi con acque potabili non sanificate, più del 50% duodenali.
della popolazione totale può essere infettata da
Giardia, inclusi molti bambini dopo l'età dello svez­ perdita di proteine, lipidi e vitamina B12 e possono
zamento. Nei paesi sviluppati, l'ncidenza negli risultare in una significativa perdita di peso o ritar­
adulti è bassa, eccetto che nella popolazione gay do dell'accrescimento nei bambini. Una Giardiasi
sessualmente promiscua; tuttavia la trasmissione è non trattata è particolarmente prolungata e severa in
attiva tra bambini nei centri per l'infanzia e nelle pazienti con AIDS, ma quasi mai è letale.
istituzioni di custodia. Nelle popolazioni ad alto - Diagnosi. Nei casi sintomatici, strisci colorati
rischio che soffrono di infezioni episodiche legate a delle feci o aspirati di succo duodenale possono
diversi patogeni enterici, possono essere trovati contenere trofozoiti dimostrabili, binucleati e a
molti portatori asintomatici di Giardia. Quindi la Giar­ forma di pera, con flagelli appena visibili; nelle
dia non può essere considerata con certezza come biopsie duodenali essi spesso appaiono con aspetto
causa di diarrea se prima non sono state eliminate falciforme con il piatto ventrale di adesione stretta-
altre possibili cause. Per contro, viaggiatori che mente attaccato ai microvilli dell'epitelio intestina­
bevono acqua contaminata, sono regolarmente le (Fig. 1). Le cisti sono ovali e retrattili e contengo­
affetti da diarrea. I sintomi da giardiasi sono gene­ no quattro nuclei scarsamente colorabili. Nei porta­
ralmente più prolungati delle comuni diarree virali tori sani le cisti fecali vengono riscontrate con bassa
o batteriche e sono caratterizzate da diarrea acuta o frequenza, mentre gli aspirati duodenali sono più
cronica, maleodorante, steatorrea o stipsi; alcuni frequentemente positivi. Il test ELISA**, per dimo­
pazienti vanno avanti per parecchi mesi con conse­ strare antigeni di giardia nei filtrati di feci, ha
guente malassorbimento intestinale. mostrato alta sensibilità e ha rimpiazzato la micro­
- Patologia. Nei paesi endemici le persone nor­ scopia fecale come procedura di screening.
mali sono frequentemente affette da questa infesta­
zione che causa appiattimento dei villi duodenali; Criptosporidiosi, Isosporidiosi
patologia della giardiasi è stata quindi studiata e Microsporidiosi
soprattutto nei viaggiatori ed in pazienti con prolun­
gata sintomatologia da malassorbimento. Il grado Prima dell'avvento dell'AIDS, la crip to sp orid io­
del danno tessutale osservato nelle biopsie duode­ si e le infezioni coccid iali erano soprattutto osser­
nali varia da aspetti quasi normali ad infiammazio­ vate in campo veterinario e i casi umani venivano
ne mucosa severa o atrofia dei villi indistinguibile considerati rarità aneddotiche. Quando comincia­
dalla sprue celiaca. Anche nella mucosa che appare rono ad apparire, tra i pazienti con AIDS, enteriti
normale, la microscopia elettronica rivela accorcia­ intrattabili da Cryptosporidium, divennero soggetto
mento e deformità dei microvilli degli enterociti che di interesse anche quelle piccole epidemie benigne
sono a contatto o in vicinanza col parassita. Nei casi che erano state riconosciute in ambiente rurale e
severi, simili alla sprue, si osserva infiltrazione nelle aree tropicali. Attualmente si ritiene che l'iso-
infiammatoria della lamina propria, atrofia mucosa spora belli e l'Enterocytzoon bieneusi infettino circa il
e iperplasia dei follicoli linfoidi intestinali; tuttavia 15% di tutti i pazienti con AIDS che si presentano
non è chiaro se queste modificazioni precedono o con il quadro di una se v e ra diarrea.
seguono l'infezione, comunque variano grandemen­ La Criptosporidiosi nei bambini rurali somiglia
te da caso a caso e non sono stati riprodotti in model­
li animali. Le modificazioni atrofiche mucose sono * PAS'. Periodic Acid-Schiff
spesso accompagnate da intolleranza per il lattosio, ** ELISA: Enzyme-Linked Immunoasorbent Assay
308 Malattie da protozoi e da elminti
alle epidemie di diarrea causate da Giardia. Di soli­ Trìchomoniasi
to la febbre è assente e la diarrea si esaurisce in
pochi giorni spontaneamente, ma l'escrezione di Il Trichomonas vaginalis è un comune flagellato
cisti può continuare per parecchie settimane anco­ luminale residente sulle mucose urogenitali di donne
ra. Per contro, nei pazienti con AIDS le enteriti da e uomini. Esiste solo sotto forma di trofozoite: è tra­
criptosporidi sono severe e prolungate. smesso attraverso i rapporti sessuali, e sopravvive
- Patologia. Nella biopsia duodenale i gameti e solo brevemente al di fuori del suo ospite. Il T. vagina-
gli schizonti appaiono come minute punteggiature lis causa cervicite nella donna e uretrite in entrambi i
bluastre distribuite lungo la superficie mucosa sessi; solo raramente interessa altri organi urogenita­
(Fig. 2). Essi variano in grandezza (fino a 5 micron) li prossimi. Dopo una fase acuta iniziale, le infezioni
e sono ancorati al brush border dell'epitelio assor­ da Trichomonas tendono a diventare croniche e sono
bente attraverso un sottile film della membrana frequentemente asintomatiche. La stima della fre­
cellulare. A causa delle loro piccole dimensioni e quenza della trichomoniasi nelle donne adulte dei
della struttura indistinta, essi possono essere facil­ paesi occidentali varia dal 10% al 30%. Dal momento
mente misinterpretati per gocciole di muco; le cisti che la trichomoniasi acuta può causare dolore o
mature scivolano nel lume intestinale e sono facil­ dispareunia, le usuali fonti di trasmissione venerea
mente dimostrabili negli strisci fecali colorati con sono costituite dai portatori cronici.
la fucsina. L'appiattimento dei villi mucosi e l'infil­ - Patologia. La cervicovaginite acuta da tricho­
trazione infiammatoria della lamina propria sono monas causa marcato arrossamento della mucosa
di solito moderati anche quando i sintomi clinici che appare punteggiata da focolai di essudato e
sono severi. petecchie focali, in genere descritta come "mucosa a
- Diagnosi. La diagnosi di criptosporidiosi fragola". L'essudato tende ad essere cremoso, più
dipende dal riscontro di forme cistiche del parassi­ che francamente purulento. Esso contiene abbon­
ta negli strisci fecali o nei preparati concentrati e danti parassiti insieme con leucociti inclusi i neu-
colorati con metodo acid-fast con fucsina acida. trofili (Fig. 3). Istologicamente si osservano, modifi­
Metodi di immunofluorescenza specifica sono stati cazioni infiammatorie sottomucose non specifiche.
messi a punto con buoni risultati. L'epitelio cervicale può mostrare modificazioni
displastiche da lievi a moderate, che di solito sono
reversibili dopo adeguato trattamento. Uretrite
anteriore acuta, simile all'infezione da clamidia,

Fig. 3 - Trichomonas vaginalis in uno strisdo vaginale colorato


Fig. 2 - Gameti e schizonti di Crypfosporidium allineati lungo con metodo PAP riconoscibile tra le cellule squamose e le cellu­
la superficie mucosa duodenale in un paziente con AIDS. le infiammatorie (frecce).
Malattie causate da protozoi ematici 309

causa bruciore e arrossamento mucoso con scarso malariae. Talvolta l'aumento di incidenza in comu­
essudato, contenente protozoi e leucociti. I sintomi nità non endemiche è legato a ceppi malarici impor­
tendono a scomparire spontaneamente nei maschi, tati da immigranti o viaggiatori e rari casi vengano
anche quando la colonizzazione da trichomonas trasmessi da zanzare nelle vicinanze dei traffici
continui; raramente può svilupparsi una prostatite aeroportuali o attraverso trasfusioni di sangue o
o funicoloepididimite caratterizzata dalla presenza aghi di siringhe infetti. Nella malaria endemica cro­
dei parassiti nel liquido prostatico. nica non trattata, le recidive e le complicazioni sono
- Diagnosi. Il T. vaginalis è un flagellato lungo dovute all'abbassamento delle difese dell'ospite;
fino a 18 micron con mi singolo nucleo, quattro fla­ per contro, farmaci antimalarici sono spesso resi
gelli anteriori ed un flagello terminale con una inefficaci dallo sviluppo di plasmodi farmaco-resi­
membrana ondulante e un assostilo. È dimostrabile stenti, così come da zanzare-vettrici resistenti agli
a fresco, in preparati non colorati di essudato cervi­ insetticidi. Oggi la ricerca valuta combinazioni di
cale o uretrale in virtù dei vividi movimenti del farmaci antimalarici per evitare la farmaco-resisteñ-
parassita. In campioni essiccati all'aria e colorati za, impiegando molecole che possano contrastare le
con una varietà di metodi, è riconoscibile principal­ modificazioni della permeabilità di membrana
mente in virtù della sua forma e dimensione. Tutta­ indotte dai plasmodi mutanti. Vengono oggi utiliz­
via non sono rari Pap test falsamente negativi. zate tecniche di ingegneria genetica per ottenere la
produzione di un vaccino. Vengono utilizzate
B Malattie causate
anche tecniche di ingegneria genetica nel controllo
dell'anofele, nonché la produzione di un vaccino
da protozoi ematici efficace.
Il termine malaria copre un largo spettro di
Molte specie di protozoi sono ospiti abituali del
manifestazioni cliniche, che vanno da una infezione
sangue di animali, ma solo pochi parassiti "emati­
inapparente a crisi febbrili maligne con shock o
ci" degli ordini Apicomplexa e Kinetoplastidia
coma cerebrale. I classici attacchi malarici si verifica­
sono capaci di cusare malattia nell'uomo. La fase
no più facilmente nelle persone adulte infettate per
riproduttiva sessuale del loro ciclo si realizza negli
la prima volta, specialmente in espatriati, viaggiato­
insetti; l'uomo, sebbene ospite più a lungo infettato,
serve solo come loro ospite intermedio (Tab. 2). ri o soggetti che hanno ricevuto trasfusioni di san­
gue. Per contro, ñeñe comunità oloendemiche dei
tropici, infezioni croniche inapparenti sono comuni
M alaria e pazienti con malattia attiva mostrano una miriade
La malaria è causata dal parassita intracellulare di manifestazioni cliniche, (tutte trattate con farma­
Plasmodium ed è un'infezione diffusa in tutto il ci antimalarici), come cefalea, febbre, vomito e diar­
mondo: causa la morte di un milione di persone rea, spesso senza alcuna efficacia terapeutica. Nelle
ogni anno, il 90% delle quali nell'Africa sub-Saha~ comunità tropicali povere, la malaria è una comune
riana, dove la malaria rappresenta la prima causa di causa di ittero, anemia cronica, o, nella malaria
morte tra i bambini al di sotto dei 5 anni. Nella quartana, di sindrome nefrosica. La malaria si com­
seconda metà del secolo scorso, le misure di con­ bina anche con deficienze nutrizionali nel causare
trollo della malaria hanno avuto successo nei paesi un'alta mortalità tra i bambini e frequentemente si
sviluppati, ma hanno fallito nelle vaste aree ende­ associa al decorso di altre malattie croniche come la
miche dell'Africa, Asia e America latina, dove le tubercolosi. Insieme al virus di Epstein-Barr, la
femmine della zanzara Anopheles sono largamente malaria gioca un ruolo patogenetico anche nell'on-
distribuite. Queste trasmettono il Plasmodium fal- cogenesi del linfoma di Burkitt africano.
ciparum, che causa malaria severa, oltre ad altre tre - Patogenesi. Le forme infettanti del parassita,
specie che infettano l'uomo: P. vivax, P. ovale e P. gli sporozoiti, vengono rilasciate nel sangue umano

Protozoi del sangue umano ;

Specie v .''Forma..-...'' : \ ‘ Manifestazione


Plasmodium vivax Intraeritrocitîco Malaria, terzana benigna
Plasmodium ovale Trofozoîti, 2-8 micron Malaria, terzana benigna
Plasmodium falciparum Schizontî Malaria, terzana maligna
Plasmodium malariae Gametociti Quartana benigna
Babesia microti Intraeritrocitîco Babesiosi
Trypanosoma brucei, Tripomastigoti Tripanosomiasi africana
rhodesîense e gambîense 14-33 micron
310 í Malattie da protozoi e da elminti ii
attraverso la saliva dell'anofele femmina quando
questa punga la cute per nutrirsi. Entro poco tempo
gli sporozoiti invadono gli epatociti attraverso il
legame recettoriale trombospondina/ properdina; si
moltiplicano rapidamente, al loro interno, fino a
quando circa 30.000 m erozoiti, forme asessuate
aploidi, non vengano rilasciati dalla rottura di cia­
scun epatocito infetto. I merozoiti si attaccano alla
membrana piasmatica dei globuli rossi umani attra­
verso un legame tra molecole simil-Iectirta del
parassita e i residui sialici della glicoforina eritroci­
taria. H parassita viene interiorizzato, per endocito-
si indotta, in un vacuolo digestivo parassitoforo
dove inizia la schizogonia. Esso metabolizza la por­
zione globinica deH'emoglobina riducendola a pig­
mento emozoinico, che è Perls-negativo e chimica­
mente simile al pigmento ematinico generato dal-
l'autolisi eritrocitaria. Il pigmento emozoinico è
avidamente immagazzinato nelle cellule di Kupffer
e in minore misura negli epatociti o in altri paren­
chimi. Dopo la lisi deireritrocito, i nuovi merozoiti
infettano ulteriori globuli rossi e alcuni di essi si
sviluppano in forme sessuate chiamate gametociti,
pronte ad infettare la prossima zanzara che succhie-
rà il sangue (Fig. 4). Il P. vivax invade globuli rossi
giovani, il P. malariae seleziona globuli rossi vecchi,
mentre il P. falciparum infetta globuli rossi di qual­
siasi età e quindi produce un'anemia severa. Il P.
falciparum genera polipeptidi che si inseriscono
nella membrana eritrocitaria inducendovi la forma­ Fig. 4 - Striscio di sangue periferico di un paziente affetto da
zione di profusioni (knobs) sulla membrana, che
malaria da Plasmodium vivax. La freccia indica un eritrocito
parassitato da una forma ad anello; tre altri eritrociti sono
aderiscono alle cellule endoteliali della microcirco­ anche infettati da trofozoiti ad anello, mentre a sinistra si osser­
lazione attraverso il legame con CD36, trombo­ va un gametocito. (Cortesia dei Prof. Edward C. Klatt, Web
spondina, VCAM-l/ICAM-1 e E-selettina. Vengo­ Path, University of Utah, USA)
no particolarmente danneggiati gli endoteli della
microvascolarizzazione dell'encefalo con esito in
ischemia e manifestazioni di malaria cerebrale, par­ fagociti è spesso l'aspetto microscopico più eviden­
ticolarmente grave nei bambini. Gli eritrociti infet­ te. Inizialmente si osserva congestione e ingrossa­
tati circolanti sono trattenuti nei seni splenici dove mento della milza, che può superare il peso di un
vengono liberati dai parassiti e distrutti dai macro­ chilogrammo. In genere i parassiti sono presenti nei
fagi; una volta che si è stabilita una condizione di globuli rossi e l'attività fagocitica dei m acrofagi
ipersplenismo, anche globuli rossi non infettati splenici è fortemente aumentata. Nell'evoluzione
sono trattenuti nella milza. I linfociti splerdci agi­ cronica, la milza mostra ipercellularità della polpa
scono come importanti modulatori della risposta rossa e alla fine fibrosi, con ispessimento della cap­
immunitaria e il ruolo della milza è centrale per la sula e delle trabecole fibrose. Il colore diviene gri­
difesa dell'ospite; la splenectomia attiva infezioni giastro o nero, per il fatto che le cellule fagocitiche
malariche latenti e può essere letale per persone contengono pigmento emozoinico scuro e granula­
infettate da P. falciparum in remissione clinica. re, associato a parassiti, eritrociti e detriti cellulari.
- Patologia. Le lesioni macroscopiche dellaIl fegato si ingrandisce progressivamente, anch'es-
malaria terzana maligna sono spesso minori di tutte so pigmentato, con le cellule di Kupffer ripiene di
le possibili modificazioni patologiche presenti nel­ pigmento malarico, parassiti e detriti cellulari; gli
l'organismo. Ipertermia critica, vasodilatazione, epatociti contengono minori quantità di pigmento.
spostamento di volume di fluidi sono causa di ipo­ Macrofagi pigmentali si possono ritrovare sparsi
tensione ortostatica, shock o CID con le gravi con­ nel midollo osseo, linfonodi, tessuto sottocutaneo e
seguenze che comporta. Sono eventi dipendenti polmoni. I piccoli vasi viscerali possono essere inte­
dalle crisi parossistiche malariche, poco evidenti ramente riempiti con globuli rossi parassitati, men­
all'autopsia: edema polmonare, ipertensione endo­ tre nelle vene più grandi questi sono concentrati
cranica, danni recenti ischemici cerebrali o miocar­ soprattutto vicino alle cellule endoteliali, mentre gli
dici, possono non essere evidenti. Nella malaria eritrociti, che si trovano nel flusso assiale, sono libe­
cronica, l'accumulo di pigm ento em ozoin ico nei ri da parassiti. Gli aspetti microscopici sono special­
Malattie causate da protozoi ematici « 31 1

mente evidenti nella malaria cerebrale letale e nel­ casi moderati, la parassitemia dei globuli rossi sempre-inferiore
l'edema polmonare. Nella malaria cerebrale mali­ al 5%. Infezioni più severe o parassitemie fatali sono state
descritte in individui debilitati o asplenici.
gna i vasi capillari cerebrali sono letteralmente zaf­
- Patologia. Nei pochi casi fatali descritti, gli aspetti morfo­
fati da globuli rossi parassitati, ciascuno contenente logici sono correlati allo shock e all'ipossia e includono necrosi
gramoli di pigmento emozoinico. Spesso attorno ai tubulare renale acuta, necrosi epatica e ittero, anossia cerebrale
vasi si osservano aloni emorragici o piccoli focolai sindrome da di stress respiratorio, emorragie viscerali e rara­
di necrosi ischemica circondati da cellule reattive mente miocardite.
microgliali, cosiddetti granulomi di Durck. Mag­ - Diagnosi. La diagnosi clinica è spesso ritardata poiché l'in­
cubazione è di circa tre settimane e i pazienti possono aver
giori danni ischemia portano a degenerazione neu­
abbandonato la zona endemica e non ricordarsi di un morso
ronaie e rammollimenti cerebrali. L'anossia relativa d'insetto o di un rash cutaneo. Ulteriore confusione può origina­
è il meccanismo responsabile delle manifestazioni re dal fatto che forme ad anello della B. microti possono essere
cliniche della malaria cerebrale. Nei pazienti mala­ scambiate con quelle del P. falciparum della malaria. Aspetti dif­
rici morti per edema polmonare, oltre all'estrema ferenziali utili sono l'assenza di emozoina e la presenza di tipi­
congestione capillare, presente anche nel rene di che tetradi (croce maltese) nei globuli rossi parassitati.
pazienti ematuria, il miocardio risulta compromes­
so in quelli la cui morte è conseguenza di aritmie o Tripanosomiasi africana
collasso circolatorio. Raramente si osserva una vera
I tripanosomi africani sono emoflagellati ende­
miocardite interstiziale.
mici in alcune specie di ungulati selvatici africani;
— Diagnosi. Gli strisci di sangue per la diretta
quando trasmessi al bestiame, possono distrugge­
visualizzazione dei plasmodi rappresentano ancora
re le greggi locali e affamare intere popolazioni tri­
il caposaldo della diagnosi, ma recentemente sono
bali che dipendono dal loro latte e dalla loro carne.
state sviluppate tecniche di biologia molecolare con
Le infezioni da T. brucei rhodesiense di solito cau­
l'uso di sonde cDNA specifiche e sensibili sia per le
sano una malattia letale acuta o subacuta, che è
forme presenti nell'insetto che per quelle nel san­
tipicamente acquisita dagli animali nelle savane e
gue; tecniche attualmente utilizzate specialmente
nelle paludi dell'Africa sud-orientale. Il T. brucei
per studi epidemiologici. Nei controlli di comunità
gambiense è del tutto adattato all'uomo e viene
un ruolo spetta anche ai test sierologici. Una volta
trasmesso, da persona a persona, tra le comunità
che la diagnosi venga eseguita, è di vitale importan­
semi-rurali dell'Africa occidentale, dalla mosca
za monitorare la parassitemia durante il corso del
tsetse del genere Glossina, causando la malattia
trattamento con lo studio di strisci seriati, per
del sonno africana. Questa ha un andamento cro­
dimostrare eventuali farmacoresistenze. Attual­
nico con periodi di remissione, ma il cui esito è
mente la scelta iniziale del farmaco antimalarico è fatale. I parassiti si moltiplicano nello stomaco
spesso basata sull'area da cui l'infezione ha avuto
della mosca e quindi nelle ghiandole salivari
origine, per esempio nel sud-est asiatico sono prima di svilupparsi in tripomastigoti che non si
diventate predominanti forme resistenti alla cloro­ dividono e che sono trasmessi all'uomo e agli ani­
china. Per valutare la sensibilità ai farmaci di ceppi mali.
geografici si possono utilizzare tecniche in vitro che La tripanosomiasi da T. rhodesiense spesso ini­
testano parassiti ematici nelle varie fasi; tuttavia la zia con una lesione cutanea in una estremità e nel
migliore guida continua ad essere la valutazione punto di inoculazione: la cute è arrossata, molle,
della risposta o della non-risposta della parassite­ con ulcerazione centrale (cancroide). Subito dopo
mia attraverso la conta diretta. inizia la parassitemia associata a febbre alta, ipo­
tensione e CID; nei casi dell'Africa orientale la m io­
Babesiosi cardite interstiziale è complicazione frequente;
Le Babesiae, come i parassiti malarici, appartengono al gran­ shock, insufficienza renale e coma rappresentano le
de ordine protozoario degli Apicomplexa. Essi infettano i globuli rapida sequenza terminale. Questa sindrome acuta
rossi di molti animali selvatici e domestici e vengono trasmessi si osserva raramente negli africani nativi, dove più
attraverso le zecche più che attraverso le zanzare. Alcune spècie spesso la malattia è subacuta, con febbre episodica,
come la B. bovis e la B. divergens sono responsabili di epidemie anoressia e astenia, linfadenopatia e splenomega-
letali nel bestiame, ma raramente queste specie infettano l'uomo. lia, anemia con varie manifestazioni neurologiche e
Responsabile dell'infezione umana è la B. microti, un parassita
enzootico di alcune specie di cervi e del topo di campagna, sco­
muscoloscheletriche. La tripanosomiasi da T. gam ­
perto nel 1969 nelle comunità lungo la costa atlantica degli Stati biense progredisce in maniera intermittente ed
Uniti. Da allora sono stati riportati parecchie centinaia di casi in insidiosa fino alle evidenti complicazioni neurolo­
individui con milza normale, in genere in età adulta. È stata giche. Una linfadenopatia cronica, soprattutto cer­
anche dimostrata evidenza sierologia di babesiosi subclinica in vicale posteriore e occipitale, è quasi patognomoni-
persone di ogni età viventi nel raggio della zecca vettore, Ixodes ca se osservata in zone endemiche (segno di Win-
dammini, responsabile anche della malattia di Lyme e della ehr-
terbottom). Una volta che si instaura una menin-
iichiosi granulocitica. In genere la sintomatologia è modesta,
rappresentata da febbre, sudorazione fredda, mialgie e cefalea
goencefalite, si ha cefalea cronica e letargia con o
manifesta suggerendo un "raffreddore estivo"; gli attacchi feb­ senza manifestazioni neurologiche focali, fino alla
brili possono somigliare a quelli malarici, ma la epatosplenome- progressione in uno stato vegetativo e coma termi­
galia e una franca emolisi in genere sono assentì, essendo, nei nale.
312 5 Malattie da protozoi e da elminti
- Patogenesi. Senza l'evento della evasione
immunitaria, dovuta alla variazione antigenica
geneticamente programmata, i tripanosomi africani
sarebbero prontamente vulnerabili agli attacchi leu­
cocitari. Infatti, ogni clone di tripanosomi è rivesti­
to da un singolo prodotto genico glicoproteico chia­
mato glicoproteina di supeificie variabile (ViSG).
Quando i parassiti proliferano nel sangue, l'ospite
sviluppa anticorpi VSG-specifici, sufficienti ad
uccidere la maggior parte dei tripanosomi e origi­
nando la puntata febbrile. Un piccolo numero di
parassiti va però incontro a riarrangiamento genico
dei circa 1000 geni VSG localizzati nei telomeri con
produzione di una differente glicoproteina di
superficie che evita la risposta immune dell'ospite
(evasione dalla aggressione immunitaria). In questa
maniera il paziente va incontro a successive ondate
febbrili fino a che i tripanosomi invadono il sistema
nervoso centrale.
- Patologia. La lesione cutanea mostra un gran
numero di parassiti nel tessuto edematoso sottocu­
taneo e nei linfatici; i tripomastigoti sono circonda­
ti da un denso infiltrato infiammatorio mononu-
cleato. In pazienti morti nella fase acuta della
malattia i riscontri d'autopsia sono quelli dello
shock e della CID. Nelle infezioni rodesiane croni­
che si osservano infiltrati linfoplasmocitari sparsi Fig. 5 - Striscio di sangue periferico di un paziente affetto da
in vari organi e tessuti, incluso il miocardio. I linfo­ Tripanosoma rhodesiense. Sono evidenti i tripomastigoti con
nodi e la milza mostrano iperplasia linfoide e
membrana ondulante e chinetoplasto anteriore.
macrofagica. I parassiti sono difficili da visualizza­
re e spesso si concentrano attorno ai piccoli vasi
capillari come quelli dei plessi corioidei e dei glo-
meruli renali. Le forme neuropatologiche dell'infe­ | Malattie causate
stazione gambiense sono caratterizzate da una lep- da protozoi intracellulari
tomeningite che si estende negli spazi di Virchow-
Robin, con una componente plasmacellulare tipica; Due dei protozoi intracellulari che infettano l'uo­
mo, i tripanosomi e le leishmanie appartengono
le plasmacellule contengono numerosi globuli gli-
all'ordine Mastigophora e sono trasmessi da artro­
coproteici (cosiddette cellule di Mott). Gli aspetti
podi vettori. Il terzo, il toxoplasma, è un parassita
finali sono quelli di una panencefalite demieliniz-
coccidiano dell'ordine Apicomplexa e penetra nel­
zante.
l'organismo umano attraverso la via orale (Tab. 3).
- Diagnosi. La dimostrazione microscopica dei
tripomastigoti contìnua ad essere il metodo di ele­
zione per la diagnosi della malattia; valida anche Tripanosomiasi am ericana
se sono state messe a punto tecniche di biologia (Malattia di C hagas)
molecolare con l'uso di sonde di cDNA altamente Tra la popolazione che vive fra la California e
sensibili. In strisci di sangue o in aspirati o in biop­ l'Argentina, più dì 50 milioni di persone sono infet­
sie di midollo osseo o in linfonodi i tripomastigoti tate dal Tripanosoma cruzi, la maggior parte delle
appaiono come organismi allungati, flagellati lun­ quali in Brasile e ogni anno molte migliaia di
ghi fino a 30 micron, con una membrana ondulata pazienti si ammalano o muoiono di miocardite cro­
e un piccolo chinetoplasto davanti al nucleo (Fig. nica chagasica. Inoltre, il T. cruzi causa lesioni della
5). Nell'infezione rodesiana acuta la parassitemia cute, organi linforeticolari, canale gastrointestinale,
è prontamente dimostrabile, mentre nei casi croni­ sistema nervoso centrale e periferico. I parassiti
ci gli aspirati linfonodali producono i migliori infettano molti animali, inclusi gatti, cani e roditori.
risultati. Nel materiale autoptico i protozoi tendo­ A differenza dei tripanosomi africani, i tripomasti­
no a concentrarsi nelle piccole anse capillari dei goti flagellati di T. cruzi non si moltiplicano nel
plessi corioidei e dei glomeruli renali. Un utile sangue, ma penetrano nelle cellule ospiti e si arro­
dato di laboratorio è dato dal riscontro di iper- tondano in più piccoli amastigoti che si dividono e
gammaglobulinemia M che nei casi cronici può proliferano, sviluppano flagelli per riemergere nel
essere marcata. sangue come tripomastigoti metaciclici. Da qui,
Malattie causate da protozoi intracellulari s 313

Protozoi intracellulari

Specie Forma Manifestazione


Tripanosoma cruzi Tripomastigote 20 micron Tripanosomiasi americana
(Malattia di Chagas)
Leishmania donovani Amastigote 2 micron Kala-azar
Altre specie Leishmaniosi cutanea
L. mucocutanea
Toxoplasma gondi Cisti fino a 40 micron Toxoplasmosi
Tachizoite À-6 micron

penetrano nelle cellule muscolari lisce, scheletriche miocardiche, cellule nervose e costituenti extracel­
e cardiache. Inoltre infettano insetti ematofagi tria- lulari dell'ospite come la laminina. Il danno delle
tomidi (“kissing bugs") di parecchie specie, diffe­ cellule miocardiche e del tessuto di conduzione car­
renti da regione a regione endemica. I triatomidi diaco rappresentano la causa della successiva car­
ospitano gli epimastigoti di T. cruzi nel loro intesti­ diomiopatia dilatativa.
no; essi di giorno si nascondono nelle crepe dei - Patologia. Lo chagoma istologicamente mostra
muri e dei mobili, mentre di notte succhiano il san­ una densa infiltrazione infiammatoria dermica da
gue di persone nel sonno. Nella sede dell'inocula- parte di cellule linfoidi e macrofagi, alcuni dei quali
zione talvolta si forma un transitorio nodulo contengono amastigoti di T. cruzi che misurano 2-4
infiammatorio eritematoso chiamato chagoma. Dalla micron e contengono due distinte masserelle basofi-
cute i parassiti si diffondono nel tessuto linforetico- le, delle quali le maggiori rappresentano il nucleo e
lare causando transitori ingrossamenti linfonodali o le minori il chinetoplasto.
splenomegalia moderata. Ben presto, però, si inse­ Nella miocardite chagasica acuta le alterazioni
diano nelle fibre cardiache causando la miocardite cardiache sono varie e diffuse. Gruppi di amastigo­
chagasica acuta, in genere moderata. La invasione ti causano rigonfiamento di fibre miocardiche indi­
delle fibre miocardiche è associata alle conseguenti viduali e costituiscono pseudocisti intracellulari.
modificazioni infiammatorie. La miocardite chaga­ Localmente si osserva necrosi delle fibre miocardi­
sica cronica si verifica nel 20% dei pazienti infetta­ che, accompagnata da una densa infiltrazione
ti e da 5 a 15 anni dopo l'infezione iniziale; ma, una infiammatoria interstiziale di tipo linfoplasmacellu-
volta che si è manifestata clinicamente, pochi lare.
pazienti sopravvivono due ulteriori anni. Nelle Nella miocardite chagasica cronica il cuore è
aree endemiche del Brasile la miocardite chagasica dilatato e di forma arrotondata, in genere aumenta­
è ancora più diffusa della malattia coronarica e to di volume e di peso. Ognuna delle quattro came­
della cardiopatia reumatica anche come causa di re può essere dilatata, più frequentemente il ventri­
morte. I tripanosomi’ mostrano anche neurotropi­ colo sinistro. Spesso sono presenti trombi murali,
smo, tanto che in neonati infettati in utero e in causa di manifestazioni emboliche sistemiche e di
pazienti con AIDS, può svilupparsi ima severa infarti. All'esame istologico si osservano infiltrati
meningoencefalite con esito in coma e morte. In infiammatori linfoplasmacellulari interstiziali diffu­
alcune aree endemiche la disfagia dovuta a megae­ si, che si estendono dall'epicardio all'endocardio,
sofago, e la stitichezza, dovuta a megacolon, sono concentrati maggiormente nel setto interventricola-
disturbi comuni in pazienti adulti con o senza sin­ re lungo la branca destra del fascio di His. Sono pre­
tomi di patologia cardiaca. senti anche piccole aree sparse di necrosi cellulare
- Patogenesi. E interessante notare che, a diffe­ miocardica e di fibrosi interstiziale, mentre nei casi
renza di altri parassiti intracellulari, che vengono protratti la fibrosi interstiziale può essere marcata e
danneggiati dai lisosomi intracellulari, il T. cruzi si transmurale, con ispessimento dell'endocardio e
avvale dell'attivazione dei fagolisosomi per stimo­ talvolta con aree di dilatazione aneurismatica. In
lare lo sviluppo degli amastigoti intracellulari. Inol­ questi casi gli amastigoti non sono dimostrabili.
tre, l'ambiente acido lisosomiale attiva emolisine, L'unico trattamento efficace della cardiomiopatia
che distruggono la membrana lisosomiale e rila­ cronica della malattia di Chagas è il trapianto car­
sciano gli amastigoti nel citoplasma. Mentre la diaco dopo trattamento efficace della malattia pro-
malattia acuta è chiaramente dovuta all'azione tozoaria. Nelle zone endemiche del Brasile del nord
diretta del T. cruzi, la patogenesi della malattia cro­ si osserva dilatazione dell'esofago e del colon,
nica è ancora dibattuta. La maggioranza delle ipo­ apparentemente collegati al danno dell'mnervazio-
tesi supporta un meccanismo patogenetico autoim­ ne intrinseca di questi organi.
munitario caratterizzato dall'azione di anticorpi e - Diagnosi. I tripomastigoti di T. cruzi possono
di cellule T, che cross-reagiscono contro proteine essere cercati negli strisci di sangue durante l'infe­
del parassita e contemporaneamente contro cellule zione acuta e riconosciuti dai grandi chinetoplasti.
314 Malattie da protozoi e da elminti
Il metodo usuale per confermare la diagnosi si basa cutanea. Geograficamente, le leishmanie sono divi­
sulla fissazione del complemento (test di Machado- se in specie del vecchio mondo trasmesse da vettori
Guerreiro) o l'equivalente ELISA o metodi di di tipi Stegomya e specie del nuovo mondo trasmes­
immunofluorescenza. È stato recentemente messo a se da flebotomi del tipo Lutzomya. La sede delle
punto un metodo ultrasensibile con tecnologia PCR lesioni, la loro distribuzione e la loro severità,
per la dimostrazione del DNA del T. cruzi. danno origine ad espressioni di malattia variabili e
spesso sovrapposte, ciò dipendendo anche dalla
Leishmaniosi costituzione genetica dell'ospite e dalla sua immu-
nocompetenza.
La leishmaniosi è una malattia infiammatoria - Patogenesi. Il ciclo vitale della Leishmania coin­
cronica che colpisce la cute, le mucose e anche gli volge due forme: il promastigote, che si sviluppa e
organi viscerali; è causata da un protozoo emofla-
vive al di fuori delle cellule, nel vettore flebotomo,
gellato, parassita intracellulare obbligato, trasmes­
e Yamastigote, una forma intracellulare obbligata
so all'uomo attraverso la puntura di un flebotomo
che si moltiplica solo all'interno dei macrofagi del­
infettato. La leishmaniosi è endemica nelle parti
l'ospite. L'insetto che punga uomini o animali infet­
calde del globo come il Medio Oriente, Asia meri­
ti, ingerisce anche macrofagi contenenti gli amasti­
dionale, Africa e America latina, dove affligge
goti, infettandosi a sua volta. Gli amastigoti si diffe­
soprattutto le popolazioni povere di quei paesi. Pic­
coli focolai persistono anche in paesi sviluppati, renziano in promastigoti e si moltiplicano nell'inte­
come quelli che costeggiano il bacino del Mare stino del vettore, migrano fino al faringe e vengono
Mediterraneo, tra cui l'Italia. In tutte queste aree iniettati assieme alla saliva quando il flebotomo
alligna il flebotomo vettore. Oltre all'uomo, altre punge la cute dell'uomo, infettandolo. I parassiti
specie animali condividono il ciclo vitale della sono fagocitati dai macrofagi dermici e, favoriti dal­
leishmania ed alcune costituiscono serbatoi per l'in­ l'ambiente acido dei fagolisosomi, si trasformano in
fezione umana, come cani, roditori e volpi. Gli amastigoti rotondi con un singolo mitocondrio con­
amastigoti della leishmania si propagano esclusiva- tenente DNA e chiamato chinetoplasto. Gli amasti­
mente dentro l'ambiente ostile dei fagolisosomi goti proliferano attivamente nei macrofagi infettan­
macrofagici. Sebbene morfologicamente identici, le do a catena altri macrofagi man mano che vengono
varie specie costituiscono un ricco mosaico biologi­ rilasciati. La diffusione dei parassiti e la loro distri­
co con manifestazioni patologiche anche molto buzione nell'organismo infettato dipende dalla spe­
diverse tra loro (Tab. 4). cie della Leishmania infestante. Inoltre, il tropismo
Le specie che si adattano alla temperatura cor­ delle varie specie appare essere collegato alla tem­
porea causano la leishmaniosi viscerale (lcala~ peratura ottimale per la loro crescita. I parassiti che
azar), mentre i microrganismi sensibili alla tempe­ causano malattia viscerale crescono in vitro a 37 °C,
ratura del corpo causano malattia cutanea o muco- mentre i parassiti che causano malattia mucocuta­

Maiaftie da Lèishmùniè

Tipo Locazióne Specie .


Viscerale, Vecchio e nuovo mondo
Kala-azar Europa, Àfrica orientale L. donovani
America latina L. chagasi
Cutanea, ulcerativa, Vecchio mondo
Moderata, localizzata Europa, Oriente, Africa L. minor
Severa Europa, Oriente, Africa L. major, L. tropica
Cutanea, ulcerativa, Nuovo mondo
Moderata, localizzata America latina L mexicana
America latina L. panamensis
Severa America latina L amazonensis
America latina L. braziliensis
L.guyanensis
Mucocutanea, Nuovo mondo
("Ufo", "Espundia") America latina L b. braziliensis
America latina L. peruana
Cutanea diffusa Vecchio mondo
Etiopia L. m. ethiopica
Cutanea diffusa Nuovo mondo
America latina L. amazonensis
Malattie causate da protozoi intracellulari & 315

nea crescono solo a temperature inferiori. La leish-


mania manipola le difese naturali dell'ospite per
facilitare la sua entrata e sopravvivenza nei macro­
fagi ospiti. Infatti, i promastigoti producono due
importanti glicoconiugati di superficie che sono
legati alla loro capacità di penetrazione e sviluppo.
Il primo è il lipofosfoglicano che forma un involucro
simile al glicocalice e protegge il parassita dentro i
fagolisosomi eliminando i radicali di ossigeno e ini­
bendo gli enzimi lisosomiali. Il secondo è una glico­
proteina di superficie, la gp63, una proteinasi zinco­
dipendente che ha azione antilisosomiale e pro­
muove l'adesione dei promastigoti ai macrofagi
legandosi ai recettori per la fibronectina. Anche gli
amastigoti della Leishmania producono molecole
che facilitano la loro sopravvivenza nei macrofagi,
come una ATPasi che mantiene il parassita intracel­
lulare a pH 6.5. Inoltre, la Leishmania evade il con­
trollo immunitario dell'ospite deviando l'azione dei
linfociti T helper CD4+, azione che inibisce l'attiva­
zione dei macrofagi.
- Patologia. Le leishmanie causano quattro dif­
ferenti lesioni nell'uomo: la forma viscerale (kala- Fig. 6 - Midollo osseo in Leishmaniosi viscerale (kala-azar). Gli
azar), quella cutanea, la forma mucocutanea e la amastigoti riempiono il citoplasma dei macrofagi.
cutanea diffusa. Nella Leishmaniosi viscerale la
sede cutanea di inoculazione rimane irrilevante, la pigmentata. Nelle forme cutanee severe, le lesioni
diffusione sistemica progredisce insidiosamente e persistono per mesi o anni, diventano sfiguranti e
spesso la malattia viene diagnosticata quando è già spesso si sviluppano focolai satelliti multipli. Isto­
progredita. I principali sintomi sono costituiti da logicamente le lesioni cutanee sono di tipo granulo-
febbre, perdita di peso, linfadenopatia, epatosple- matoso, con numerose cellule giganti e scarsi ama­
nomegalia con pancitopenia e ipoalbuminemia. stigoti; raramente i granulomi sono ben definiti
Gruppi di macrofagi contenenti amastigoti insieme (Fig- 7).
con infiltrati linfo-plasmacellulari si ritrovano in La Leishmaniosi mucocutanea è caratterizzata
molti organi, specialmente nella milza, fegato, da lesioni ulcerative che si sviluppano nelle giun­
midollo osseo (Fig. 6) linfonodi, intestino e polmo­ zioni mucocutanee, attorno al volto o al perineo. In
ni; reni, pancreas e testicoli sono pure colpiti. Veri e genere mostrano necrosi liquefattiva ed essudato
propri granulomi a cellule epitelioidi sono comun­ purulento e possono portare alla distruzione di
que rari. La milza può raggiungere il peso di 3 Kg, parti del naso, orbita o di strutture perineali. All'e­
la normale architettura è obliterata ed è presente same microscopico si osserva un infiltrato infiam­
una marcata congestione passiva. Nel fegato i matorio misto contenente scarsi macrofagi parassi­
macrofagi parassitati distendono i sinusoidi e com­ tati e,'solo tardivamente, si evidenzia un infiltrato
primono le lamine epatiche, provocando un certo granulomatoso. Spesso queste lesioni sono compli­
grado di fibrosi, che nelle forme avanzate può esse­ cate da infezioni batteriche o fungine.
re notevole. Spesso si osserva una pigmentazione La Leishmaniosi cutanea diffusa è una forma
della cute delle estremità, che è la causa dell'eponi- più rara di infezione dermica e somiglia alla forma
mo della malattia (in lingua Hindi kala-azar signifi­ nodulare di lebbra lepromatosa, per il fatto che
ca "febbre nera"). Nei reni si può riscontrare una causa molti focolai di accrescimento in sede subepi­
glomerulonefrite mesangioproliferativa dovuta alla dermica, simili a cheloidi o grandi verruche, rivesti­
deposizione di complessi immuni, e nei casi avan­ te da cute non ulcerata, ma contenenti vasti aggre­
zati, vi può essere deposizione di sostanza amiloi- gati di macrofagi riempiti di amastigoti. Le lesioni
de. Le infezioni secondarie e le emorragie dovute progrediscono lentamente fino alla cachessia; si
alla piastrinopenia sono frequenti cause di morte. hanno anche superinfezioni, in quanto i pazienti
La Leishmaniosi cutanea può manifestarsi in sono in genere non responsivi alla terapia.
una forma moderata, caratterizzata da una singola - Diagnosi. Dal momento che una parassitemia
lesione ulcerativa cronica sulla cute esposta nel è assente e che i tests cutanei e sierologici sono poco
volto o nelle estremità. Le ulcere cominciano come affidabili, la diagnosi di leishmaniosi viscerale si
nodulo indolore, che, nel giro di giorni o settimane, basa sulla dimostrazione microscopica degli ama­
viene eroso per formare un cratere ulcerato, a bordi stigoti intracellulari in strisci ottenuti da midollo
irregolari; questo tende lentamente alla regressione osseo o da puntato splenico. Gli amastigoti appaio­
spontanea, lasciando una cicatrice retraente, spesso no come corpicciuoli sferici di 3 micron e vagamen-
31 ó : Maloffie da protozoi e da elminti

Fig. 8 - Striscio di midollo osseo. Un macrofago contiene nume­


rosi amastigoti di Leishmania donovani; in qualcuno di questi è
visibile il corpicciuolo basale puntiforme.

si e la formazione di oocisti di T. gondii hanno


Fig. 7 - Leishmaniosi cutanea. Infiltrazione infiammatoria poli­
luogo esclusivamente nell'intestino dei felini ospi­
morfa del derma con cellule giganti plurinucieate e macrofagi
ti. Nelle lettiere dei gatti domestici, gli sporozoiti
pieni di numerosi amastigoti.
vengono liberati e possono infettare molte altre
specie oltre ai gatti, fra cui l'uomo e il bestiame; ma
te basofili nelle preparazioni ben colorate con Ema- in queste specie vengono formate solo forme ases­
tossilina-Eosina o Giemsa; il corpo basale puntifor­ suate del parassita, specialmente cisti contenenti
me è difficilmente evidenziabile nei tessuti e nelle bradizoiti dormienti. Nascoste nella carne o nelle
biopsie, ma può essere riconosciuto abbastanza carogne, le cisti passano lungo la catena alimentare
facilmente negli strisci (Fig. 8). Alternativamente, a molti carnivori o onnivori, incluso l'uomo. Dopo
può essere utilizzata una tecnica di ibridizzazione l'ingestione, esse liberano forme mobili che pene­
con sonde di DNA che sono specie-specifiche e trano nei tessuti dell'ospite e danno luogo a ima
richiedono scarsissime quantità di materiale dia­ nuova generazione di cisti. In questa maniera, il T.
gnostico. Le forme cutanee di Leishmaniosi sono gondii mantiene una riserva che si autoriproduce
familiari ai medici nelle zone endemiche, mentre gli per stadi asessuati clonati, che possiedono il poten­
aspetti istopatologici sono raramente diagnostici, ziale di differenziazione sessuale quando vengono
date le numerose variabili come la localizzazione, la assunti da roditori o da felini. Negli ospiti latenti
specie, la durata, le infezioni sovrapposte, i traumi, infettati, con resistenze immuni compromesse, le
ect. La diagnosi differenziale deve essere fatta con cisti vengono attivate, liberando tachizoiti mobili,
altre lesioni cutanee, soprattutto con micosi e mico- che producono danno cellulare e infiammazione,
batteriosi atipiche. generando la fase della toxoplasmosi clinica. L'in­
fezione umana può quindi essere orizzontale, per
Toxoplasmosi ingestione di cisti o di oocisti, e verticale dalla
madre al feto attraverso la placenta infetta. Gatti-
Il Toxoplasma gondii, protozoo dell'ordine coc­domestici e carne poco cotta sono a lungo state
cidia, infetta molte specie animali e l'uomo; rara­ riconosciute come fonti di infezione umana. Oggi,
mente nuoce ai suoi ospiti e la grande maggioran­ la sieropositività per T. gondii varia dal 20% al 85%
za delle infezioni umane rimane occulta durante il degli adulti.
corso della vita, provocando danno solo quando - Quadri clinici. I quadri clinici della toxopla­
l'immunità cellulare sia deficitaria. La gametogene- smosi sono i seguenti:
Malattie causate da protozoi intracellulari 1 317

1. la vasta maggioranza delle infezioni primarie mediatori della flogosi o complessi antigene-anti-
rimane clinicamente silente e indefinitamente corpo. Linfociti T citotossici CD8+ sono attivati
latente fino a quando viene mantenuta la com­ nella toxoplasmosi come avviene nelle infezioni
petenza immunitaria. Entro pochi giorni dall'in­ virali, anche se tali cellule non sono numerose nei
fezione i titoli di anticorpi anti-toxoplasma, IgM focolai di necrosi massiva. Nessun prodotto citotos­
e IgG, cominciano ad elevarsi e possono rimane­ sico direttamente rilasciato dal T. gondii è stato
re indefinitamente elevati. In questi ospiti identificato.
immuni le cisti di T. gondii non sono evidenzia­ - Patologia. I tachizoiti di T. gondii possiedono
bili istologicamente, ma i tessuti in cui in genere una estremità apicale penetrante (trebratorium) che
possono essere dimostrate sono il cuore, il li rende capaci di entrare in qualunque cellula del­
muscolo scheletrico, i linfonodi e l'utero; l'ospite, che sia fagocitica o no. Di conseguenza,
cervello, cuore, fegato e polmoni di neonati con
2. persone normali, in seguito alla loro prima espo­
malattia neonatale severa mostrano un gran
sizione post-natale, principalmente giovani
numero di tachizoiti, di cisti e di lesioni necrotiche.
donne, possono avere una linfadenite toxopla-
Nei neonati che sopravvivono, la densità dei paras­
smica acuta caratterizzata da febbre, ingrossa­
siti è minore, e le lesioni sono più pronunciate nel
mento linfonodale e un rash cutaneo, tutte
SNC, particolarmente in sede periventricolare e
manifestazioni che si risolvono entro poche set­
periacqueduttale dove si riscontrano vaste aree di
timane;
necrosi tipicamente incrostate con depositi di calcio
3. la toxoplasmosi adulta severa colpisce ospiti in sede periventricolare. L'ostruzione dell'acque­
con deficienza immunitaria, come pazienti con dotto causa idrocefalo interno. Nelle aree necroti­
AIDS, trapiantati e pazienti con cancro o linfo­ che l'infiltrato infiammatorio è scarso, prevalente­
ma, che ricevono trattamenti chemioterapici. La mente mononucleare e i tachizoiti e le cisti possono
toxoplasmosi severa è quindi per la gran parte riscontrarsi in piccola quantità e sono più facilmen­
una malattia nosocomiale e può presentarsi sia te rilevabili in piccoli noduli microgliali nella
come infezione sistemica, sia con manifestazio­ sostanza grigia corticale.
ni neurologiche predominanti; Al contrario della malattia neonatale, le lesioni
della linfadenite toxoplasmica adulta sono infiam­
4. il rischio di toxoplasmosi fetale e neonatale è
matorie e non destruenti; in genere autolimitante-
più alto quando la madre mostri sieroconversio-
si. Queste contengono pochi o nessun microrgani­
ne o contragga la malattia precocemente nel
smo toxoplasmico microscopicamente dimostrabi­
corso della gravidanza; in questo caso, sebbene
le. Fortunatamente, anche in assenza dei parassiti,
trattata, è molto alta la probabilità di un aborto
l'aspetto istologico della linfadenite toxoplasmica è
o di morte neonatale. Quando l'infezione venga
virtualmente diagnostico (linfadenite di Piringer-
contratta vicino al termine della gravidanza, il
Kuchinka). Essa consiste di: a) iperplasia follicola­
neonato può ancora sopravvivere, ma spesso
re con rispetto della normale architettura linfono­
manifesterà toxoplasmosi neonatale o durante la
dale; b) iperplasia paracorticale con presenza di
prima infanzia. Infezioni latenti materne non
grandi cellule linfoidi trasformate; presenza di pic­
sono trasmesse in via verticale anche se cisti
coli aggregati (microgranulomi di 12-15 cellule) di
toxoplasmiche sono indo vate nell'utero; invece,
istiociti epitelioidi, posizionati spesso sul bordo
ci può essere passaggio di anticorpi materni
esterno dei follicoli, o anche nei follicoli stessi
contro il T. gondii. Paradossalmente, la toxopla­
(Fig. 9); raramente si osservano piccoli focolai di
smosi perinatale non è più frequente nei paesi
necrosi.
altamente endemici, dove la prima esposizione
La toxoplasmosi adulta sistemica severa, negli
delle donne al toxoplasma è molto probabile che
individui con deficienza immunitaria, è potenzial­
avvenga prima dell'età riproduttiva;
mente una malattia fatale ed ha assunto una sem­
5. la corioretinite toxoplasmica nei giovani adulti pre maggiore importanza con l'epidemia globale da
origina da riattivazione endogena di una infe­ AIDS. U. sistema nervoso centrale è regolarmente
zione retinica neonatale silente o non rilevata. interessato, ma polmoni, cuore, fegato, surreni,
Essa procede verso la distruzione retinica e la midollo osseo e reni possono anche mostrare lesio­
cecità, senza manifestazioni sistemiche o neuro­ ni destruenti, responsabili di variabili manifestazio­
logiche e rappresenta una significativa causa di ni cliniche. L'infezione dell'encefalo da T. gondii è
cecità acquisita in senso assoluto. una delle cause più comuni di sintomi neurologici e
- Patogenesi. I meccanismi attraverso i quali il di morbilità nei pazienti con AIDS; l'incidenza
T. gondii causa danno tessutale sono ancora poco media di localizzazioni cerebrali in osservazioni cli­
conosciuti. I danni a cellule individuali può essere niche o autoptiche varia dal 5% al 30%. In genere ì
ascritto alla moltiplicazione intracellulare dei tachi- sintomi clinici si sviluppano in maniera subacuta e
zoiti. Le grandi lesioni cerebrali necrotiche dei bam­ possono essere sia focali che diffusi. Le indagini di
bini e dei pazienti con AIDS sono state attribuite a imaging (TAC, RMN) mostrano spesso lesioni mul­
danno endoteliale, probabilmente attraverso tiple con un anello periferico di "enhancing", aspet-
318 ' Maloffie da protozoi e da elminti

Fig. 10 - Encefalite toxoplasmica in un paziente immunosop-


presso, che mostra un focolaio necrotico nella regione dei nuclei
della base che appare rigonfia (freccia).

Fig. 9 - Linfadenite toxoplasmica. Notare i piccoli microgranu­


lomi rosa di cellule epitelioidi alla periferia e dentro i centri ger­
minativi dei follicoli finfoidi iperplastici.

Fig. 11 - Cisti toxoplasmica contenente numerosi bradizoiti nei


tessuto cerebrale umano.
to piuttosto costante, anche se non patognomonico.
L'encefalo mostra lesioni necrotiche focali della
sostanza grigia (corticale e nuclei della base) e bian­
ca (in vicinanza della corteccia), rotonde, con bordi
emorragici ben delimitati (Fig. 10). Istologicamente, matose ed infiltranti, che possono distruggere il tes­
si osserva necrosi centrale circondata da infiltrazio­ suto retinico.
ne flogistica, acuta e cronica, da infiltrazione - Diagnosi. In giovani pazienti, più spesso
macrofagica e da proliferazione vascolare. Tachizoi­ donne, con linfadenopatia latero-cervicale o
ti liberi e bradizoiti incistati si possono trovare retroauricolare, si può sospettare una origine toxo­
entrambi alla periferia dei focolai necrotici (Fig. 11). plasmica; prima di effettuare un esame bioptico,
I microrganismi sono visibili con i comuni metodi dovrebbe essere eseguito un toxo-test sierologico
di colorazione, ma sono facilmente riconoscibili con confermativo. Tecniche di immunoperossidasi, con
metodi di immunocitochimica, usando anticorpi l'uso di anticorpi monoclonali toxoplasma-specifi-
monoclonali specifici. Dopo il trattamento, le lesio­ ci, possono dimostrare facilmente parassiti nascosti
ni consistono di aree di necrosi coagulativa circon­ e non visibili con le indagini microscopiche di rou­
data da macrofagi schiumosi; in queste lesioni trat­ tine. L'accuratezza diagnostica è attualmente molto
tate, cisti e tachizoiti sono molto ridotti in numero o aumentata con la messa a punto di specifici cDNA,
addirittura assenti. Le lesioni croniche spesso da usare come sonde in situ o con metodo PCR.
mostrano spazi cistici contenenti macrofagi schiu­ Spesso, per instaurare una tempestiva terapia con
mosi circondati da gliosi reattiva. primetamina/ sulfanilamide, che può salvare la vita
Nella corioretinite toxoplasmica si possono di questi pazienti, è necessario eseguire una biopsia
osservare cisti di T. gondii e tachizoiti nella retina, cerebrale aperta o stereotassica per formulare una
con formazione di lesioni infiammatorie granulo- diagnosi definitiva.
Malattie da elminti ? 319

Malattie da elminti
Gli elminti sono tra i più grandi e più evoluti Questi nematodi prosperano nelle latitudini calde e
endoparassiti umani. Le manifestazioni di malattia nelle comunità che condividono bagni e toilettes.
da elminti dipendono dalle sedi di anrddamento o Le infezioni più severe si verificano quando il suolo
dalle vie di migrazione dei parassiti all'interno del­ è pervaso da questi agenti, come nei villaggi palu­
l'organismo ospite. Gli elminti luminali (intestina­ dosi dei tropici e nelle istituzioni di custodia. In
li) sono quelli i cui vermi adulti abitano dentro l'in­ genere, un'alta prevalenza di infezioni elmintiche
testino o l'albero biliare, sebbene le loro larve pos­ intestinali riflette condizioni di scarsa organizzazio­
sano aver migrato attraverso i tessuti dell'ospite ne sanitaria e, indirettamente, di scarso sviluppo
per raggiungere queste destinazioni finali. Nel caso economico. Il riscontro di uova di nematodi
degli elminti sangue-tessuto, lo stesso verme adul­ dovrebbe allertare la comunità e i medici a control­
to si annida in una localizzazione parenterale come lare l'esistenza di altre possibili infezioni trasmesse
il tessuto connettivo o in un vaso sanguigno oppu­ fecalmente e attraverso l'acqua, nonché la presenza
re in un organo parenchimale. Tassonomicamente, i di malattie nutrizionali. I nematodi intestinali adul­
parassiti elmintici appartengono ad una delle tre ti causano malattie severe solo quando sono pre­
maggiori classi: nematodi (vermi rotondi), cestodi senti in grande numero o quando si annidano in
(vermi piatti), e trematodi. I nematodi sono i più sedi inusuali o ectopiche. Tuttavia gli stadi larvali
grandi, caratterizzati da struttura segmentata, migratori dei nematodi intestinali possono dare ori­
forma rotonda, intestino completamente sviluppato gine a reazioni di ipersensibilità con sintomi locali e
e una cuticola chitinosa che ne copre il tegumento. anche sistemici.
Le filarie costituiscono una sottoclasse clinicamen­ L'infezione da Strongyloides stercoralis nelle
te importante dell'ordine dei nematodi. I cestodi ultime decadi ha acquisito una particolare impor­
adulti si attaccano alla mucosa intestinale dell'ospi­ tanza in pazienti con AIDS, in cui spesso si assiste
ad lina iperìnfezione da strongiloides praticamente
te attraverso una testa detta scolice, contenente un
inarrestabile, caratterizzata da una infestazione
apparato di suzione che, a turno, genera una suc­
sistemica di vari organi e apparati da parte del
cessione di segmenti piatti, le proglottidi, contenen­
verme. Questa inizia con distensione addominale,
ti gli organi riproduttivi maschili e femminili. Infi­
tosse, febbre alta e cefalea, seguita da rapido dete­
ne, i trematodi sono vermi relativamente primitivi,
rioramento e shock; i vermi si possono trovare nel­
senza segmentazione, hanno un intestino cieco e un
l'espettorato (Fig. 12). Di solito gli eventi terminali
tegumento sinciziale senza membrana chitinosa. I
sono costituiti da broncopolmonite emorragica e
parassiti elmintici raramente provocano al loro
sindrome da distress respiratorio.
ospite un danno tessutale critico diretto; in genera­
le, gli elminti, una volta insediati nel lume intesti­
nale o nei tessuti dell'ospite, sono sorprendente­ Malattie da nematodi tessutali
mente ben tollerati e richiedono solo un adattamen­ Si tratta di vermi che si adattano a ospiti anima­
to metabolico al loro habitat. D'altra parte, l'iper­ li selvatici o domestici e, nell'uomo, non maturano
sensibilità cellulare e/o umorale alle uova o larve è
responsabile della maggior parte dei danni infiam­
matori tessutali e della stessa malattia clinica, nelle
varie fasi della infezione elmintica. Non v'è dubbio
che gli eosinofili rivestano un ruolo maggiore nella
patogenesi delle reazioni da ipersensibilità indotte
dalle infezioni elmintiche.

M alattie da nematodi intestinali


I nematodi intestinali sono trasmessi all'uomo
attraverso contaminazione fecale senza interposi­
zione di ospiti intermedi o serbatoi animali signifi­
cativi. I tre più comuni nematodi intestinali, tra­
smessi per trasferimento fecale alla bocca attraver­
so mani contaminate non lavate, sono delle specie
Ascaris, Trichiuris ed Enterobius; si tratta di patolo­
gie endemiche tra i bambini in tutti i climi, culture
e livelli economici. Altre tre specie di nematodi,
Ankylostoma, Necator, e Strongyloides sono tra­ Fig. 12 - Larva rabtidoide di Strongyloides nell'espettorato di
smessi per penetrazione di larve attraverso la cute. un paziente con AIDS iperinfettato.
320 : Malattie da protozoi e da elminti
oltre il loro stadio larvale. Le larve elmintiche di Onchocerca volvulus, causa 1'oncocerchiasi, cono­
solito causano solo una malattia di breve durata, sciuta come "African river blindness". Essa è tra­
mentre i vermi che riescono ad adattarsi all'uomo smessa dalla mosca nera, specie Simulium, ed è
adulto possono rimanere in simbiosi per lunghissi­ responsabile di milioni di infezioni e di cecità nel-
mo tempo. I nematodi che invadono i tessuti, di l'Africa occidentale, Sud America e Yemen. Dal
solito, stimolano una persistente, significativa eosi­ nodulo primario cutaneo (oncocercoma), le microfi­
nofilia. Le loro uova o larve non sono dimostrabili larie invadono la cute, la cornea e la camera anterio­
negli escreti umani e possono essere difficili da re dell'occhio dove causano cheratite sclerosante,
reperire anche nel sangue o in campioni di tessuti. I iridociclite, glaucoma e cecità.
test sierologici sono quindi molto utili per diagno­
sticare queste infezioni occulte. Le principali infe­ Malattie da cestodi
zioni originate da queste specie di nematodi sono la
Toxocariasis (visceral larva migrans) causata da I vermi piatti adulti (cestodes) si insediano nel­
larve di Toxocara canis e T. cati, che caratteristica­ l'intestino del loro ospite definitivo e, attraverso la
mente provocano una sintomatologia respiratoria loro testa o scolice, si connettono alla mucosa ente­
simile all'asma, accompagnata da infiltrati polmo­ rica e generano una successione di proglottidi con­
nari eosinofili ("polmonite di Loffler"), e la Trichi­ tenenti uova fecondate ermafroditicamente. Le pro­
no si, causata da larve di Trichinella spiralis, che si glottidi più distali e le loro uo'va vengono espulse
incistano nelle fibre muscolari striate, dove possono con le feci. Quando queste uova vengono ingerite
rimanere silenti per molti anni ma in grado di dall'ospite intermedio, gli embrioni esacanti mobi­
riprendere il loro ciclo vitale. li, detti anche "oncosfere", riemergono nello stoma­
Le Filarie sono nematodi filamentosi le cui fem­ co, attraversano l'intestino e alloggiano negli orga­
mine fecondate rilasciano larve, dette microfilariae, ni dell'ospite per andare incontro a metamorfosi in
nella linfa, sangue o cute (Fig. 13). Esse sono tra­ una successione di larve cistiche. Infine, nuovi sco­
lici germogliano dalla membrana germinativa di
smesse da insetti, come le zanzare, che inoculano le
queste larve. Quando, ingeriti dall'ospite carnivoro
larve nell'ospite con la loro puntura. La Filariasi
definitivo, essi di nuovo si attaccano alla mucosa
linfatica, causata da due nematodi correlati,
intestinale per rinnovare il ciclo. Le infezioni
Wuchereria bancrofti e Brugia malayi, oggi colpisce
umane da vermi piatti, quindi, cadono in due
più di 90 milioni di persone nel mondo, essendo
distinte categorie: a) quelle in cui l'uomo si compor­
endemica, in America Latina, Africa sub-Sahariana
ta da ospite definitivo per un parassita adulto che
e Sud-Est Asiatico. La filariasi causa uno spettro di
risiede nel lume intestinale; e b) quelle in cui l'uo­
malattie che varia dalla microfilaremia asintomati­
mo rappresenta un ospite intermedio per le larve
ca a ima linfadenite cronica, con edema dei genitali
cistiche, che alloggiano al di fuori dell'intestino. Le
esterni ed elefantiasi delle estremità inferiori, fino
infezioni intestinali da cestodi risultano dal consu­
ad una sindrome simil-asmatica con eosinofilia,
mo di carne o pesce infettato da cisti, mentre la
chiamata eosinofilia tropicale polmonare. La più
cestodiasi cistica di vari organi è di solito acquisita
grande delle filarie umane (lunga fino a 50 cm),
da escreti contaminati da uova di animali portatori,
attraverso la via oro-fecale, essendo inconsistente
l'ipotesi di una trasmissione da uomo a uomo.
Molti cicli vitali dei cestodi si perpetuano tra ani­
mali predatori e prede, senza necessità dell'inter­
vento umano, come succede nel caso del ciclo del-
YEchinococcus granulosus, che si alterna tra cani e
pecore e solo accidentalmente interessa l'uomo.
Persone che coabitano con maiali, mucche, o peco­
re sono a rischio più alto di infezioni da cestodi;
cestodi di animali selvatici solo sporadicamente
infettano l'uomo. La cisticercosi è una malattia cau­
sata da cisti di Tenia soìium. L'uomo è l'ospite inter­
medio infettato dall'ingestione di cibo o acqua con­
taminata da uova; le larve attraversano la parete
intestinale, si disseminano per via ematogena e si
insediano in vari organi tra cui l'encefalo, causando
la formazione delle cisti, responsabili del quadro
clinico di convulsioni, ipertensione endocranica e
disturbi neurologici (neurocisticercosi). Le cisti si
riscontrano nelle meningi, nel centro ovale e in
regione periventricolare e periacqueduttale; hanno
Fig. 13 - Un esempio di Dirofìlaria tenuis nel tessuto infiamma- forma ovoide e colore biancastro; raramente sono
torio sottocutaneo. più grandi di 1.5 cm. (Fig. 14). Ogni cisti contiene
Malattie da elminti 321

Fig. 14 - CisHcercosi cerebrale. La parete della cistì mostra uno


strato cuticolare interno, uno cellulare intermedio e uno retico­
lare esterno. Fig. 15 - Cisti epatica da Echinococcus granulosus che mostra
una parete spessa e numerose cisti figlie.
invaginato uno scolice. Le cisti possono andare
incontro a degenerazione, evocare una risposta fuoriuscita di fluido cistico, per esempio nel perito­
infiammatoria, cicatrizzarsi e calcificarsi. La m a la t­ neo durante le manovre chirurgiche, o per un trau­
tia id atid ea o ech in ococcosi, è causata dalle larve ma, provoca nel paziente una infusione massiva di
idatidee del cestode canino Echinococcus granulosus. glicoproteine antigeniche del verme, che possono
L'uomo viene infettato per ingestione di cibo conta­ dare origine a serie reazioni di ipersensibilità e
minato con uova eliminate da cani e volpi, che si anche ad episodi di anafilassi mortale. Una compli­
schiudono nel duodeno e invadono fegato, milza, cazione è costituita dalla superinfezione batterica
polmone e ossa. Le cisti uniloculari sono causate da
E. granulosus, quelle multiloculari da E. multilocula-
ris. In più del 50% dei casi le cisti sono localizzate
nel fegato, dal 10% al 15% nei polmoni e il resto nel
rene, milza, mesentere, ossa ed encefalo. Inizial­
mente le cisti sono microscopiche ed evocano una
risposta infiammatoria acuta, ricca in eosinofili; in
seguito e progressivamente aumentano in grandez­
za (circa 1 mm al mese), fino a raggiungere dimen­
sioni che eccedono i 10 cm di diametro (Fig. 15). Le
cisti idatidee mature sono piene di un liquido opa­
lescente, delimitato da una membrana interna
nucleata detta m em brana germ inativa e una mem­
brana gelatinosa acellulata, multistratificata, detta
m em brana lam inata. Mentre la cisti si espande, la
sua membrana germinativa genera le cisti figlie,
contenenti scolici formati per gemmazione. Infine,
gli scolici possono ritrovarsi liberi nel liquido cisti­
co e, sedimentando, costituiscono la cosiddetta sa b ­
b ia id atid ea. Tutti questi aspetti sono utili per for­
mulare la diagnosi microscopica; anche piccoli
frammenti della caratteristica membrana laminata
o un singolo scolice o uncino costituiscono una evi­
denza diagnostica sufficiente (Fig. 16). AlTesterno
della parete cistica si forma ima reazione flogistica
reattiva ricca in fibroblasti, cellule giganti multinu-
cleate, istiociti ed eosinofili; col tempo, si sviluppa
una spessa capsula fibrosa. Con la crescita e l'invec­
chiamento, la parete della cisti idatidea tende a per­ Fig. 16 - Membrana laminata di una cisti idatidea contenente
dere liquido lentamente, mentre una improvvisa un caratteristico scolice di Echinococcus.
322 : Malattie da protozoi e da elminti
della cisti idatidea, che può simulare un ascesso ta da lumache ed è sempre più alta tra i lavoratori
epatico o polmonare; altra seria complicazione è la impiegati nell'agricoltura di irrigazione. La malat­
rottura della cisti con disseminazione "metastatica" tia colpisce circa 200 milioni di persone, uccidendo­
e impianto di cisti figlie nelle cavità sierose. ne circa 280.000 all'anno. Lo Schistosoma mansoni è
endemico in America Latina, Africa e Medio Orien­
Malattie da trematodi te, lo S. japonicum e S. mekongi in Asia Orientale.
Queste specie producono granulomi epatici e fibro­
I parassiti trematodi sono vermi piatti primitivi,si. Inoltre, lo S. haematobium dell'Africa causa
non segmentati, filogeneticamente correlati ai loro ematuria e malattia granulomatosa cronica della
antenati "free-living" di origine marina. Negli ospi­ vescica. Nell'uomo gli schistosomi migrano nei vasi
ti mammiferi definitivi si attuano gli stadi sessual­ periferici, attraversano il polmone e si annidano nel
mente differenziati fino alla formazione delle uova, sistema venoso portale o pelvico, dove, maturano
in quanto le parti asessuate del loro ciclo vitale in forme adulte sessuate. Le femmine producono
evolvono negli invertebrati acquatici. Le infezioni un numero impressionante di uova, attorno a cui si
da trematodi iniziano con l'ingresso per le vie orale formano granulomi e fibrosi. La schistosomiasi
o transcutanea delle cercarie pre-adulte o metacer- acuta, detta "febbre di Katayama", è caratterizzata
carie, che, successivamente, si trasformano in da sintomi gastrointestinali, epatosplenomegalia ed
vermi giovani. Queste migrano attraverso i tessuti eosinofilia. Può essere severa, ma in genere si esau­
dell'ospite alla ricerca delle loro sedi di annida- risce in poche settimane con esito favorevole. La
mento specie-specifiche, a cui si attaccano con schistosomiasi cronica si manifesta, di solito dopo
estremità atte alla suzione e crescono fino alla una fase subclinica di almeno 5 anni, con lesioni
maturità riproduttiva. Alcuni trematodi adulti severe e irreversibili. I granulomi intestinali o epa­
occupano un habitat luminale, altri alloggiano nei tici sono composti da macrofagi, linfociti, neutrofili
tessuti ospiti o nei vasi sanguigni. Le uova di tre- ed eosinofili e contengono nel loro centro un mira-
matode contengono una larva mobile, il miraci- cidium, che col tempo può degenerare e anche cal­
dium, che, una volta liberata nell'acqua cerca ed cificare. Nelle forme prolungate e severe il fegato si
entra nel suo ospite intermedio per iniziare la mostra bozzuto, e microscopicamente vi si osserva
riproduzione asessuata. Le cercarie sono di nuovo una fibrosi portale senza "bridging" o noduli di
liberate nell'acqua per infettare l'ospite definitivo o rigenerazione parenchimale (pipe-stem fibrosis);
possono trovare un secondo ospite intermedio evento che, a sua volta, è responsabile di severa
prima di completare il ciclo. splenomegalia congestizia, varici esofagee e ascite.
La Fascioliasi (liver fluke disease) è causata da
un trematode ermafrodito, la Fasciola epatica, che
invade l'albero biliare delle mucche, pecore o capre;
la parte asessuata del suo ciclo ha luogo nella luma­
ca acquatica o su piante di cui si cibano animali con
zoccoli. Il crescione (watercress) contaminato rac­
colto nei campi rappresenta la fonte usuale di infe­
zione umana. Due o tre mesi dopo l'esposizione, i
pazienti accusano febbre intermittente, sudorazioni
notturne, perdita di peso e dolore nel quadrante
superiore destro dell'addome, con o senza eosinofi­
lia periferica, rash cutaneo o asma. Se non ricono­
sciuta, l'infezione può avere ima latenza prolunga­
ta durante la quale può essere diagnosticata soltan­
to col ritrovamento delle uova nelle feci. Infine, si
ha una sintomatologia dolorosa che può simulare
ima ordinaria colecistite calcolosa, con ostruzione
intermittente del dotto cistico o comune. Non rara­
mente il chirurgo che esegue la colecistectomia si
trova di fronte la inaspettata sorpresa di un ammas­
so di parassiti neri simili a piccole foglie che riem­
piono la cavità dell'organo.
La schistosomiasi è causata da un trematode a
riproduzione sessuale digenetica che ha la sua resi­
denza nei vasi sanguigni. Le uova eliminate nell'ac­
qua rilasciano miracidia ciliati che parassitano
specifiche lumache d'acqua in cui, dopo due gene­
razioni di sporocisti, si sviluppano cercarie che Fig. 17 - Uova di Schistosoma haematobium nella parete vesci­
penetrano nell'ospite umano. L'endemicità quindi cole circondate da tessuto fibroso e sparse celluie infiammato­
dipende dal contatto dell'uomo con l'acqua infesta­ rie. Cortesia Dr. L. Insabato, Università di Napoli, Federico II.
Bibliografia essenziale s 323

Pazienti con schistosomiasi epatospìenica mostrano with AIDS caused by a newly recognized opportuni­
anche una aumentata frequenza di glomerulopatia stic pathogen. Arch Pathol Lab Med 115: 21,1991.
mesangioproliferativa o membranosa dovuta a Ockenhouse C.F. et al.: Identification of a platelet m em ­
depositi di immunoglobuline e complemento. Le brane glycoprotein as a falciparum malariae seque­
uova di schistosomi, che raggiungono il polmone stration receptor. Science 243: 1469,1989.
per la via portocavale, danno origine ad una arteri-
Mims C.: The pathogenesis of infectious disease. 5th ed.
te polmonare granulomatosa. Specialmente in Egit­
San Diego, CA, Academic Press, 2001.
to e nella popolazione infantile, si riscontra una
pseudopoliposi del colon contenente numerose Kaufmann S.H.E., Sher A., Ahmed R.: Immunology of
uova e granulomi la quale, se diffusa, può portare infectious diseases. Washington, DC, ASM Press,
ad enteropatia con perdita di proteine. 11 SNC può 2000 .
essere interessato dalla schistosomiasi, di solito per Chen Q., Schlichtherle M., Wahlgren M.: M oiecular
localizzazioni nel cervello o nel midollo spinale, aspects of severe malaria Clin Microbiol Rev 13: 439,
lesioni in forma di radicolite o per compressione 2000 .
midollare.
Magill A J.: Epidemiology of the leishmaniases. Dermatol
La schistosomiasi urinaria, causata da infezione
Clin 13: 505,1995.
severa da S. haematobium, si sviluppa insidiosamen­
te nel corso degli anni, durante i quali la sola Sacks D., Sher A.: Evasion of innate immunity by parasi­
espressione clinica può essere la "urina rossa". Le tic protozoa. Nat Immunol 3: 1041,2002.
lesioni precoci sono costituite da chiazze polipoidi Robinson N.P., Burman N., Melville S.E., Barry I.D.: P re­
della mucosa vescicale dovute ad esuberante tessu­ dominance of duplicative VSG gene conversion in
to di granulazione ed a granulomi sviluppati attor­ antigenic variation in African trypanosomes. Mol Cell
no alle uova (Fig. 17). In seguito i granulomi si tra­ Biol 19: 5839,1999.
sformano in tessuto fibroso, possono calcificare, e si
Andrews N.W.: Lysosomes and the plasma membrane.
può formare un aspetto "sabbioso" delle chiazze e
una immagine radiografica di "vescica calcifica". J
Trypanosomes reveal a secret relationship. Cell Biol
158: 389, 2002.
Una frequente complicazione della schistosomiasi
urinaria è rinfiammazione e la fibrosi delle pareti Porter S.B., Sande M.A.: Toxoplasmosis of the central n er­
ureterali, che può portare ad ostruzione, idronefro­ vous system in the acquired immunodeficiency siiv
si bilaterale e pielonefrite cronica con esito ili insuf­ }
drome. N E n g l Med 327: 1643, 1992.
ficienza renale. L'associazione dello S. haemato­ Hoberg E.P.: Taenia tapeworms: their biology, evolution
bium col carcinoma vescicale è stata ben documen­ and socioeconomic significance. Microbes Infect 4:
tata nelle aree ad alta endemicità, come nel delta del 859, 2002.
Nilo. La neoplasia si sviluppa in età relativamente
giovane e la maggioranza dei tumori è di tipo squa­ ].,
Zhang W., Li Me Manus D.P.: Concepts in immunology
and diagnosis of hydatid disease. Clin Microbiol Rev
moso.
1 6 :1 8 , 2002.

Ross A.G., Bartley P.B., Sleigh A.C. et al.: Schistosomiasis.


B Bibliografia essenziale N Engl J Med 3 4 6 :1 2 1 2 ,2 0 0 2 .

Samuelson J. et al.: DNA hybridization probe for clinica 1 Von Lichtenberg F.: Pathology of infectious diseases. N ew
diagnosis of Entamoeba histolytica. J Clin Microbiol York, Raven Press, 1991.
27: 617,1989.
Furrer H ., Fox C.: Opportunistic infections: an update. ]
Anzil A.P. et al.: Amebic meningoencephalitis in a patient HIV Ther 7: 2, 2002.
I
SEZIONE |

E l Sistema emopoietico
IS fl e sangue periferico

3.1 Midollo osseo 3.5 Sindromi mieiodìsplastiche


(C. Di Loreto) (G.M. Mariuzzi, F. Lanza, L. Mariuzzi)
' ■ Cenni di anatomia, di organizzazione strutturale ■ Definizione
e di morfologia funzionale ■ Classificazione
d Anatomia patologica
3.2 Sangue e funzioni delie varie popolazioni ■ Citogenetica
cellulari (F. Lonza) ■ Quadri anatomo-dinici
■ Funzioni delle varie popolazioni cellulari
■ Sindromi mieioproliferarive/mielodisplastiche
■ Cenni sull'emopoiesi (SMP/MD)
■ Serie eritroide ■ Diagnosi delle SMD
■ Serie granulo-monocitopoietica ■ Prognosi
■ Serie monocitaria
■ Serie megacariocitaria 3.6 Malattie mieloproliferative croniche
■ Serie linfocitaria (C. Di Loreto)
■ APPENDICE "Lista dei CD (clusters of designation)" b Leucemia mieloide cronica
3.3 Anemie (F. Lonza)
m Leucemia neutrofilica cronica
e Leucemia eosinofilica cronica
■ Anemie microbiche
■ Policitemia vera
■ EmoglobinopaKe
■ Mielofibrosi cronica idiopatica
b Emoglobinosi
■ Anemie delie malattie croniche ■ Trombocitemia essenziale
■ Anemie normocitiche ■ Malattia mieloproliferativa cronica, inclassificabile
■ Anemie rigenerative
3.7 Leucemie acute (F. Lonza, L. Cavazzini)
■ Anemie emolitiche
■ Leucemie acute mielobiastiche
m Anemie emolitiche immuni
■ Leucemie acute linfobiastiche
■ Anemie ipogenerative
■ Correlazioni anatomo-cliniche
■ Anemie macrocitiche

3.4 Malattìe emorragiche e dell'emostasi 3.8 Disordini linfoproliferativi cronici


(G. Castaman, A. Piccin, F. Rodeghiero) (F. Lanza)
a Introduzione ■ Leucemia linfatica cronica (ILC)
■ Emostasi primaria ■ Leucemia proiinfocitica
■ Coagulazione ■ Leucemia a «grandi linfociti granulari»
e Sindromi emofiliche ■ Adult T-cell leukemia
ts Deficit di altri fattori plasmatici della coagulazione ■ Hairy celi leukemia (HCL)
■ Malattia di von Wiilebrand (VWD)
b Porpore piastrinopeniche
3.9 Discrasie delle plasmacellule e gammopatie
h Porpora piastrinopenica idiopatica (R. Navone, A. Pich)
■ Piastrinopenie secondarie ■ Pbsmocitosi reattive del midollo osseo
s Porpora trombotica trombocitopenica e Mieloma
di Moschowitz: TTP b Gammopatie monoclonali di significato
■ Piastrinopenia da eparina indeterminato (MGUS)
■ Piastrinopatie ■ Plasmocitoma
■ Sindrome da coagulazione intravascolare ■ Mieloma osteoscierotico (sindrome POEMS)
disseminata ■ Macroglobulinemia di Waldenstròm
■ Malattie emorragiche da difetti vasaii ■ Malattie delle catene pesanti
3.1
IH Cenni di anatomia,
di organizzazione strutturale
e di morfologia funzionale
Il midollo osseo è il tessuto che occupa gli spa
delimitati dalle trabecole ossee. Il midollo osseo
può essere rosso, se costituto da tessuto emopoieti-
co/o giallo, se costituito prevalentemente o esclusi­
vamente da tessuto adiposo. Il midollo osseo rosso,
che nei bambini occupa la maggior parte delle ossa,
nell'adulto è localizzato nelle ossa piatte (cranio,
sterno, scapole, coste e pelvi)/ nelle vertebre e nella
parte prossimale delle ossa lunghe. La funzione del
midollo osseo rosso è quella di produrre cellule del
sangue mature, che avendo una vita abbastanza
breve devono essere continuamente rimpiazzate. Il
peso del midollo rosso è circa 1000 g. Quando è
richiesta una maggiore produzione di cellule del
sangue, c'è un'espansione del midollo rosso a spese
del tessuto adiposo, e in casi particolari, una ripre­
sa di funzione emopoietica in organi quali la milza,
il fegato e i linfonodi. Le cellule staminali circolano
nel sangue periferico e si insediano nel midollo
dove costituiscono il compartimento staminale plu-
ripotente, capace di autorinnovamento e di diffe­
renziazione in cellule progenitrici commissionate
alla eritro-, mielo- mono-, linfo- e megacariopoiesi.
Nel midollo avviene, inoltre, la maturazione dei lin­
fociti B e delle plasmacellule.
Nella valutazione istologica di una biopsia
osteomidollare bisogna considerare le trabecole
ossee, che costituiscono circa il 30% dell'area, il tes­
suto adiposo, che ne costituisce un altro 30% e il
parenchima emopoietico, che costituisce il rima­
nente 40%. In un midollo osseo normocellulare il
parenchima emopoetico e il tessuto adiposo hanno
un rapporto di circa 1,4/1. Il midollo osseo è costi­
tuito da parenchima emopoietico, rappresentato
dalle linee eritroide, mieloide e megacariocitaria,
dai precursori alle forme mature e dallo stroma,
rappresentato da cellule adipose, istiociti/macrofa-
gi, fibroblasti, vasi sanguigni e matrice intercellula­
re. Sono, inoltre, costantemente presenti linfociti,
plasmacellule e mastociti.
La cellularità midollare rappresenta la quantità
di parenchima emopoietico in rapporto al tessuto
adiposo. Un midollo si definisce normocellulare
quando il tessuto emopoietico occupa il 50-70%
della lacuna, ipocellulare se il parenchima emopoie­
tico è ridotto rispetto al tessuto adiposo e ipercellu-
Midollo osseo
C. Di Loreto

lare se è aumentato. Bisogna tener presente che la


cellularità midollare è legata all'età, in quanto una
fisiologica riduzione del parenchima emopoietico si
verifica con l'avanzare dell'età ed è maggiormente
evidente nelle lacune sottocorticali. Con l'invec­
chiamento,, inoltre, può verificarsi un aumento dei
linfociti, delle plasmacellule e dei mastociti.
Nelle lacune ossee il parenchima emopoietico ha
un'organizzazione strutturale ben precisa, con le
serie eritroide e megacariocitaria in stretta associa­
zione con i sinusoidi midollari al centro delle lacu­
ne e i precursori mieloidi disposti sulla superficie
endosteale delle trabecole e attorno alle arteriole e
le forme mature localizzate al centro delle lacune
(Fig. 1). I componenti dello stroma formano una
rete in cui i precursori emopoietici sono immersi,
ancorati a differenti componenti tramite molecole
di adesione o altre cellule. Attraverso la matrice
extracellulare dello stroma avviene il flusso di
sostanze nutritizie, fattori di crescita, citochine e
modulatori, che sono responsabili della regolazione
del ciclo cellulare, della differenziazione e della
morte cellulare programmata delle cellule em o­
poietiche. È questo microambiente che costituisce
un fattore essenziale per l'integrità e la normale
funzione del tessuto emopoietico.
Lo strom a m idollare è costituito dalle cellule
adipose, dai fibroblasti con le loro fibrille, dai vasi e
dalla matrice extracellulare. Le cellule adipose
hanno una funzione di riempimento e di supporto,
pur svolgendo alcune funzioni metaboliche quale
ad esempio l'aromatizzazione degli steroidi. I fibro­
blasti producono le fibre reticolari prevalentemente
associate ai vasi sanguigni e all'endostio e distribui­
te in piccola quantità nelle lacune. I fibroblasti pro­
ducono anche la matrice extracellulare, che è costi­
tuita da proteine, che comprendono molecole di
adesione cellulare, collageno, fibronectina, vitro-
nectina, proteoglicani e fattori di crescita coinvolti
nei complessi meccanismi che controllano l'emo­
poiesi.
Il sistema vascolare del midollo osseo è costitui­
to da arteriole e capillari, che spesso sono circonda­
ti da plasmacellule e comunicano con i sinusoidi, le
cui pareti sono costituite da cellule endoteliali cir­
condate da un'avventizia incompleta o da una
trama lassa di fibre reticolari. I sinusoidi drenano
nelle vene periosteali attraverso le venule postsinu­
soidali. L'endotelio sinusoidale contribuisce a rego­
lare il passaggio delle cellule mature nel sangue.
328 ì's Midollo osseo
Fisiologicamente una parte dei sinusoidi è collassa­ I linfociti fanno parte della popolazione cellulare
ta e l'espansione e la contrazione del sistema vasco­ del midollo di cui costituiscono fino al 15-20% delle
lare contribuiscono alle variazioni nella produzione cellule nucleate. Nei neonati costituiscono fino al
delle cellule del sangue che si verìfica nel midollo. 50% delle cellule nucleate midollari. La maggior
L'emopoiesi è il processo di produzione delle parte dei linfociti midollari sono linfociti T, pochi
cellule mature del sangue e ne è responsabile il sono B, analogamente a quanto si verifica nel san­
parenchima emopoietico. A garantire la continuità gue periferico: linfociti T 65-75%, linfociti B 10-15%
del processo, durante tutta la vita, sono le cellule naturai killer 10-20%. Nel midollo osseo dei bambi­
staminali emopoietiche pluripotenti, che hanno ni ci sono più precursori B e linfociti B. I linfociti
capacità di autorinnovarsi e la potenzialità di diffe­ sono dispersi tra le cellule emopoietiche e le cellule
renziare in più linee cellulari. Questo compartimen­ adipose o si aggregano a formare noduli linfatici la
to di cellule pluripotenti dà origine a cellule stami­ cui incidenza aumenta con l'età. A questi noduli lin­
nali commissionate verso la linea mieloide o linfoi- fatici sono associati capillari, istiociti, plasmacellu-
de. Le cellule staminali danno origine ad eritrociti, le, mastociti. I noduli linfatici sono costituiti da lin­
granulociti, linfociti, megacariociti, mastociti, fociti T e B con una prevalenza dei primi; possono
macrofagi ed osteoclasti, mentre i fibroblasti e gli essere di dimensioni variabili, avere contorni netta­
osteoblasti derivano da cellule mesenchimali. mente demarcati o irregolari ed essere provvisti di
Le cellule erìtroidi formano isolotti, più o meno centro germinativo. Si localizzano prevalentemente
grandi, costituti da eritroblasti, dal basofilo fino in zona centrolacunare e perivascolare.
agli ortocromatici. All'interno o in prossimità di tali Le plasmacellule costituiscono circa ì'1-4% delle
isole sono presenti macrofagi con i loro lunghi pro­ cellule nucleate del midollo. Ci sono due tipi di pla­
cessi citoplasmatici contenenti emosiderina e detri­ smacellule midollari: le plasmacellule tipo "Mar-
ti cellulari e nucleari, che rappresentano residui dei schalko" che rappresentano l'80% delle plasmacel­
nuclei estrusi degli eritroblasti ortocromatici. Il pro­ lule, sono ovali con nucleo eccentrico e cromatina
cesso di fagocitosi e lisi è molto efficiente e rapido. "a ruota", citoplasma basofilo e alone chiaro peri­
Il rapporto mielo/eritroide è di 1,5-3:1. Il processo nucleare, si localizzano attorno ai capillari e ai pic­
di eritropoiesi dall'eritroblasto basofilo al reticoloci- coli vasi singolarmente o in aggregati di due o tre
ta avviene in 5 giorni e può essere accelerato quan­ elementi; le plasmacellule linfoplasmocitoidi, che
do ci sono richieste maggiori. sono più piccole con una minore quantità di cito­
La serie mieloide o granulocitaria è costituita da plasma, hanno un nucleo meno eccentrico, sono
neutrofili, eosinofili, basofili e mastociti. Le forme disperse nel midollo e producono IgM.
mieloidi immature sono localizzate in sede paratra- I mastociti sono cellule rotondeggianti o fusifor­
becolare e periarteriolare, ma possono essere sparse mi, con nuclei rotondi od ovali e abbondante cito­
anche in altre zone. I granuli dei neutrofili, piccoli e plasma, in cui sono presenti granuli di colore violet­
quelli degli eosinofili, più grandi, sono riconoscibi­ to nelle sezioni colorate con Giemsa. Si localizzano
li anche nei mielociti. Tutte le cellule prodotte rag­ vicino alle cellule endoteliali dei sinusoidi, sulla
giungono il circolo migrando attraverso l'endotelio superficie endosteale delle trabecole, nella parete
dei sinusoidi. delle piccole arterie e sparse nel midollo e alla peri­
I megacariociti sono le cellule più grandi del feria dei noduli linfatici. Producono numerosi fatto-
midollo misurando da 12 a 150 |im, mostrano varia­
zioni di forma, di grandezza e di forma del nucleo.
Il nucleo è spesso multilobulato e la sintesi del
DNA procede con poliploidizzazione: il 95% dei
megacariociti ha un contenuto di DNA di 16-32n. I
megacariociti sono dispersi singolarmente nelle
lacune e tipicamente si proiettano entro i sinusoidi,
in modo che le piastrine vengono immesse diretta-
mente nel lume: megacariociti interi o porzioni del
loro citoplasma possono entrare nei sinusoidi e
frammentarsi nei vasi, nuclei nudi di megacariociti
si possono trovare nel midollo. I megacariociti sono
strettamente associati ai fibroblasti la cui prolifera­
zione è stimolata dal PDGF dal TGFJ3-1 secreti dai
megacariociti.
I monociii non sono facilmente riconoscibili nelle
sezioni istologiche in quanto sono confusi con i pre­
cursori granulocitari, con i quali condividono il
nucleo vescicoloso ed ovale, hanno abbondante
Fig. 1 - Biopsia osteomidollare: i! parenchima emopoietico è
normocitosico con la serie mieloide a disposizione peritrabeco-
citoplasma debolmente eosinofilo con nessuna o lare e la serie eritroide e i megacariociti a disposizione centro­
poche granulazioni. lacunare. E.E. TOOx.
Cenni di anatomia, di organizzazione strutturale e di morfologia funzionale 329

ri che influenzano la proliferazione e la differenzia­ vare macrofagi contenenti lipidi, con citoplasma
zione e la funzione di tutti i componenti del midollo schiumoso, istiociti "blu mare" con citoplasma
osseo e delle cellule ddl'osso. ripieno di detriti cellulari, che si colorano in blu con
I macrofagi sono cellule grandi con abbondante il Giemsa, ed istiociti tipo Gaucher con citoplasma
citoplasma, che può contenere granuli, vacuoli, lipi­ ripieno di fibrille PAS positive.
di, detriti cellulari e nucleari. I macrofagi midollari
contengono emosiderina e/o detriti cellulari. Que­
ste cellule fanno parte del sistema monocito-macro- H Bibliografia essenziale
fagico e sono responsabili della lisi dei globuli rossi Wickramasinghe S.N., McCullough J.: Blood and Bone
senescenti e del deposito del ferro. Ci sono circa 16 Marrow Pathology. Churchill Livingstone Ed., 2003.
macrofagi contenenti ferro per mm2 di midollo Frisch B., Bartl R.: Histology and immunohistology in
osseo, i depositi di ferro sono evidenziabili e quan­ paraffin and plastic. Biopsy interpretation of bone
tificabili colorando le sezioni istologiche con la and bone marrow. Arnold, London and Oxford Uni­
colorazione di Perls. Nel midollo si possono osser­ versity Press, NY, 1999.
T
Sangue e funzioni
3.2 delle varie
popolazioni
cellulari
F. Lanza

fra le varie classi leucocitarie (denominato formula leucocitaria)


3 Funzioni delle varie popolazioni è il seguente: granulociti neutrofili (50-75%), eosinofili (1-5%),
basofili (0.5-1%), linfociti (20-45%), monociti (4-9%). La formula
cellulari leucocitaria subisce però notevoli variazioni con l'età: nel neona­
Il sangue è costituito da una parte liquida, il pla­ to i linfociti prevalgono rispetto ai granulociti (60-70% i linfociti
rispetto ad un 30-40% di granulociti) e rimangono stazionari fino
sma, e da una parte corpuscolata contenente tipi al 3°-4° anno d'età, epoca in cui il tasso percentuale dei linfociti
diversi di cellule. Il rapporto tra queste due compo­ cala bruscamente per poi risalire nuovamente a livelli di 45-60%
nenti costituisce un indice di notevole rilevanza: l'e­ fino al 12° anno. In epoca neonatale anche il numero assoluto dei
matocrito. In condizioni fisiologiche il plasma rap­ leucociti è in genere aumentato (mediamente 714.00Q/[iL).
presenta il 55% della quantità totale di sangue, Il plasma, rappresentante la parte liquida del san­
mentre gli elementi figurati il 45%. Il sangue gue, è un fluido omogeneo costituito per un 90% da
(«blood» in lingua inglese, «sang» in lingua france­ acqua e per un 10% da sostanze solide: proteine
se, «sangre» in lingua spagnola, «blut» in lingua (albumine, globuline, proteine coniugate), lipidi, car­
tedesca; dal latino «sanguis») costituisce l'8% del boidrati, sali inorganici, vitamine, ormoni, anticorpi,
peso corporeo cosicché un individuo adulto di circa enzimi, composti organici azotati non proteici.
70 Kg di peso è dotato di 5-6 litri di sangue (70
ml/Kg). Tale quantità è leggermente superiore nel
maschio rispetto alla femmina e subisce variazioni | Cenni sull'emopoiesi
con l'età solo nelle fasi di accrescimento corporeo,
Una delle prime teorie concernenti l'emopoiesi
o, per contrasto, nelle fasi di involuzione senile. Esi­
è stata proposta dalla Scuola Italiana del Ferrata
ste quindi una stretta relazione fra volume del san­
nei primi decenni del 900; secondo questo Autore
gue circolante e massa corporea (il neonato contie­
tutte le cellule del sangue sarebbero derivate da un
ne 300 mi di sangue).
unico elemento progenitore, Yemocitoblasto. Que­
Numerosissime sono le funzioni esercitate dai sangue nel­ sto è stato descritto come una cellula del diametro
l'organismo umano: respiratorie (mediante il trasporto di 0 2),
di circa 16 fi, con grande nucleo con struttura cro-
nutritizia, emostatica, immunitaria, termoregolatrice, omeostati-
ca, di regolazione deil'equilibrio idrico e acido-base, escretrice matinica costituita da filamenti finemente intrec­
nei confronti di prodotti di degradazione. La parte corpuscolata ciati, 1-2 nucleoli, citoplasma omogeneo debol­
del sangue è costituita da globuli rossi o emazie o eritrociti («red mente basofilo sprovvisto di granulazioni. A sua
blood cells» in lingua anglosassone, termine a cui si fa costante volta l'emocitoblasto, derivato da un elemento
riferimento nella pratica laboratoristica), così denominati in
mesenchimale indifferenziato, Yemoistioblasto, è
virtù del loro contenuto in pigmento emoglobinico die dona a)
sangue il caratteristico colore rosso, globuli bianchi o leucociti cellula in grado di dar origine a tutte le cellule del
(«white blood cells» in lingua inglese; dal greco leukos = bian­ sangue e del connettivo. Questa teoria è stata rivi­
co), piastrine o trombociti (inglese: «plateiets»). I globuli rossi sitata nei decenni successivi, ma mantiene tutt'ora
sono presenti nel sangue dell'adulto in concentrazioni variabili una sua validità, anche se la terminologia, a cui si
tra i 4.5 ed i 5.6 milioni/(J,L nel maschio e tra i 4 ed i 5.2
milioni/jiL nella femmina; i globuli bianchi oscillano tra i 4000
fa oggi riferimento non parla più di emocitoblasto
ed i 10000/p.L e le piastrine tra i 150 ed i 400.000/¡iL. ma di «cellula staminale multipotente» o «urìcommit-
I globuli bianchi non costituiscono mi gruppo omogeneo ted Stem celi» a cui seguono cellule staminali diffe­
bensì sono suddivisìbili, in base alle caratteristiche morfologiche renziate o (committed) (Fig. 1).
e tintoriali evidenziabili al microscopio ottico dopo colorazioni La nomenclatura attuale è basata su criteri fun­
ematologiche degli strisci di sangue, in granulociti, linfociti e
monociti; a loro volta i granulociti (denominati anche polimorfo-
zionali più che morfologici. Molto utili a questo
nucleati) sono differenziabili in granulociti neutrofili, eosinofili e riguardo si sono dimostrati gli esperimenti di inne­
basofili. Nell'organismo adulto il rapporto percentuale relativo sto di cellule emopoietiche in animali (principal­
332 ; ■ Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari
mente topi nudi atimici, cosiddetti NOD-SCID) il sangue e definite cellule stam in ali («stem cells»), In
cui parenchima emocitoformativo era stato prece­ base a questi concetti e a questa nomenclatura di emato­
dentemente distrutto dalle radiazioni ionizzanti. Le logia funzionale, lo schema dell'emopoiesi viene oggi pro­
cellule inoculate sono in grado di ripopolare com­ spettato come nella figura 1.
pletamente i tessuti emopoietici dell'ospite, dimo­ Nell'organismo adulto le cellule del sangue
strando così che tra esse vi sono elementi capaci di vengono prodotte a livello del midollo osseo a
dar origine a tutte le cellule del sangue. Le proprie­ partire da ima cellula progenitrice denominata
tà funzionali delle cellule del sangue si sono potute "stem celi" (cellula staminale), la quale è dotata di
studiare in modo più completo sfruttando il meto­ 2 caratteristiche fondam entali, l'auto m anteni­
do deirinnesto di cellule emopoietiche nella milza mento ("self-renewal") e la capacità di differen­
di roditori: in queste condizioni si può osservare la ziarsi lungo le due principali filiere proliferative
comparsa di colonie cellulari composte da tutte le ematopoietiche: mieloide (inteso nell'accezione
cellule del sangue e da elementi a loro volta in panmieloide, includente sia la serie granulo-
grado di dar origine a nuove colonie. monocitaria che eritroide e megacariocitaria) e
Le cellule formanti colonie (C.F.U.: Colony Forming linfoide. La necessità di un rifornimento continuo
Units) per la loro dimostrata pluripotenza evolutiva e di cellule ematopoietiche deriva dal fatto che le
capacità di autoriprodursi vengono attualmente identifi­ cellule ematiche hanno una durata di vita limitata
cate con gli elementi precursori primitivi delle cellule del e quindi devono essere continuativamente sosti-

CELLULE STAMINALI
PLURIPOTENT!
w CELLULE “COMMITTED’; .(ORIENTATE)

Filiera T
CELLULE IN VIA .
DI MATURAZIONE CELLULE MATURE

Cellula
staminale
pluripotente

Megacariocfto

Fig. I - Genesi delle cellule del sangue nel midollo osseo. Schema semplificato con indicazione dei principali compartimenti cel­
lula ri implicati.
Cenni sull'emopoiesi & 333

tuite durante l'intero arco della vita. Recenti studi sostanze regolatrici dell'emopoiesi del tipo eitro-
di misurazione della lunghezza dei telomeri poietina, GM-CSF, CFS-Meg ecc. A questi fattori
hanno però evidenziato in modelli murini che la regolativi rispondono invece altre cellule, non più
capacità di autoreplicazione delle cellule stamina­ totipotenti ma già differenziate denominate cellule
li di midollo osseo non è infinita ma limitata a progenitrici "committed" o commissionati, "com-
circa 50 cicli replicativi. Nel midollo osseo vengo­ mitted CFU", progenitori oligo- uni-potenti. Da
no giornalmente prodotti IO9 leucociti/kg, 3-4 X questi elementi, riconoscìbili solamente in sistemi
IO9 globuli rossi/Kg, 1-2 x IO9 piastrine/Kg. Il di crescita in vitro (le cosidette "colony forming
midollo osseo ematopoietico rappresenta circa il units"- CFU), deriverebbero cellule già differenzia­
5% del peso corporeo totale, ed è distribuito pre­ te e riconoscibili morfologicamente come precurso­
valentemente nelle ossa piatte e lunghe in età ri immediati degli elementi circolanti (megacario-
pediatrica e giovanile, mentre in età adulta si blasto, proeritroblasto, mieloblasto, monoblasto).
dispone a livello delle costole, vertebre sterno, Le cellule del pool staminale già differenziate
bacino. hanno dimensioni maggiori rispetto alla vera cellu­
Le cellule staminali mutipotenti si annidano in la staminale multipotente, citoplasma più abbon­
nicchie delimitate dalle trabecole della spongiosa dante e basofilo (ricco in organuli), cromatina
ove trovano un microambiente ideale per la loro lassa, 1-2 nucleoli, e sono in fase attive del ciclo cel­
crescita e maturazione. Il microambiente midolla­ lulare (morfologia blastica).
re (stroma) è costituito da cellule reticolari, sinu­ Le cellule del compartimento staminale proge­
soidi (privi di membrana basale e delimitati da nitore sono riconoscibili per la presenza dell'anti-
cellule endoteliali), adipociti parasinusoidali, fibre gene CD34 (marcatore di superficie espresso da
reticolari, e matrice extracellulare costituita da tulle le cellule del compartimento staminale/pro­
proteoglicani, collageno, vitronectina, trombo- genitore multi- e uni-potente), il quale viene
spondina, emonectìna, ialuronato, fibronectina e espresso in maniera decrescente man mano che
laminina (proteine adesive). Il processo dell'emo­ questi elementi procedono a maturazione nel
poiesi è inoltre sotto il controllo di diversi fattori midollo osseo. Ma mentre la cellula staminale più
di crescita prodotti da cellule midollari apparte­ indifferenziata non coesprime altri marcatori di
nenti per lo più allo stroma o al sistema immunita­ filiera o di attivazione, le cellule progenitrici già in
rio (linfociti T, monociti-macrofagi ed in minor qualche modo commissionate esprimono anticorpi
misura linfociti B). Tra questi citiamo innanzitutto di classe 2 del sistema maggiore di istocompatibili-
i cosidetti CSF ("colony stimulating factors"): tà (HLA-DR), il CD38, incostantemente il CD90,
multi-CSF (anche nota come interleuchina 3, sti­ CD133, CD117, ed altri ancora (Fig. 2).
molante la crescita di progenitori di tipo GEMM: Per una trattazione più completa delle cellule
granulo- eritroide- monocita- megacariocitario), staminali si rimanda al Capitolo 1.3 pag. 30).
GM-CSF (che stimola la maturazione dei progeni­ Un elenco degli anticorpi monoclonali definiti
tori "committed" di tipo granulo-monocitario), G- nel corso dei diversi Workshops Internazionali
CSF (specifico per i precursori granulocitari), M- (Parigi, 1982; Boston, 1984; Oxford, 1986; Vienna,
CSF (progenitori monocitari), CSF- MEG (precur­ 1989, Boston, 1993; Kobe, 1996; Harrogate, 2000)
sori megacariocitari), eritropoietina (specifica per dedicati al riconoscimento delle classi di differen­
la differenziazione di progenitori commissionati ziazione («Clusters of Differentiation» - CD) è
in senso eritroide), trombopoietina (specifica per i riportato in appendice.
progenitori megacariocitari), "stem celi factor"
(anche denominato c-kit receptor), interleuchine
(IL) di diverso tipo: IL6, ILI, IL4, IL7, IL5, IL2, IL9,
IL11, e altre ancora.
| Serie eritroide
Esistono tutt'ora difficoltà per il riconoscimento Nell'ambito di questa serie sono state identifica­
morfologico di questa presunta cellula staminale, te almeno due classi di progenitori eritropoietici fra
la cui identificazione è ancora basata su osserva­ loro collegate in senso progressivo, designate come
zioni di ordine embriologico, cinetico- funzionale e Burst Forming Unit(s) (BFU-E) e, rispettivamente,
citofluorimetrico. Sì ritiene che le cellule staminali Colony Forming Unit(s) (CFU-E) (Fig. 2). In senso
più indifferenziate siano morfologicamente simili longitudinale le colonie derivate dalla crescita delle
al piccolo linfocita, dal quale si discosterebbero per BFU-E sono le più vicine alla cellula staminale plu-
la presenza di una trama cromatinica leggermente ripotente (CFU-S) e danno luogo, in vitro, alla for­
più lassa che talora lascia intavedere un piccolo mazione di macroaggregati cellulari («Bursts»). Il
nucleolo. Il citoplasma è povero in organuli, per complesso delle BFU-E può riconoscere ulterior­
effetto della ridotta sintesi proteica e del basso mente la presenza nel suo ambito di due soLtopopo-
indice mitotico di questi elementi. Il 90% circa di 1azioni a diverso grado di maturità (per quanto
queste cellule risiede stabilmente in fase di quie- attiene la sensibilità a stimoli umorali e l'attività
scienza (G0/G1), al di fuori del ciclo riproduttivo, replicativa), le «Primitive» BFU-E (P-BFU-E) e le
e non rispondono agli stimoli differenziativi delle «Mature» BFU-E (M-BFU-E). Quest'ultime rappre-
334 - Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari

Macrofago
HLA-DR
(CD 13)
(CD33)
(CD14)
CDHb)
(CD1)

Cellula
staminale'
mielo ide
HLA-DR
CD34
(TdT)
(CD13)
(CD33)
(CD7)
Megacarioblasto
immaturo
HLA-DR
CD34 MegacariGlasto Megacariocita
CD33 PPO PPO
PPO GP Illa GP Illa
(GP Illa) (GP Ila) GP Ila

Fig. 2 - Schema delia mieìopoiesi con indicazione dei principali marcatori immunofenotipici espressi nelle diverse fasi maturative.

senterebbero una terza categoria di precursori eri- troblasto, cellula rotondeggiante del diametro di 20-25 ¡i, facil­
tropoietici aventi il ruolo di raccordo tra le BFU-E mente individuabile per l'intensa basofilia del suo citoplasma.
Il nucleo è grande, rotondo, con cromatina disposta in un
vere e proprie (P-BFU-E) e le CFU-E. I passaggi dif­ reticolo delicato. Il citoplasma, poco esteso, disomogeneo, pre­
ferenziativi tra questi vari gruppi di cellule proge­ senta una zona chiara perinucleare.
nitrici sono regolati da alcuni fattori umorali quali Dal proeritroblasto deriva Veritroblasto basofilo, elemento
Veritropoietina (Epo). L'eriiropoietina (una glicopro­ del diametro di 10-14 l i , con citoplasma più esteso ed omogeneo,
intensamente azzurro. Nel nucleo la cromatina è disposta in
teina contenente acido sialico, esosamina ed esosi
masse grossolane ben definite, con aspetti spesso a raggio di
(P.M. 39.000 daltons) che aumenta dopo salasso e ruota: si osservano più nucleoli. La tappa successiva è rappresen­
diminuisce o scompare ad es. negli animali resi tata da.il'eritroblasto policromatofilo, nel quale il citoplasma
poliglobulici con trasfusioni o con ipoossia), è pro­ assume, per la comparsa dell'emoglobina, una tinta variabile dal
dotta in gran parte nel rene: la sua produzione è violetto al grigio rosa. Il nucleo appare più denso rispetto allo
stadio precedente, ma mantiene ancora il suo aspetto caratteristi­
regolata dalla tensione di ossigeno dei tessuti. L'eri- co a scacchiera. L'ulteriore stadio evolutivo è rappresentato da
tropoietina stimola la differenziazione e la matura­ un elemento noto come eritroblasto ortocromatico, che alcuni
zione delle cellule staminali eritroidi ed esplica un AA. preferiscono denominare policromatofilo li perché il suo cito­
effetto umorale a livello di elementi progenitori più plasma non è ancora perfettamente acìdofilo come quello deìl'e-
tardivi come le CFU-E ed in minor misura su ele­ ritrocito maturo: a questo stadio il nucleo appare picnotico. Dal­
l'eritroblasto ortocromatico, per espulsione del nucleo, deriva
menti intermedi come le M-BFU-E. In particolare una cellula di diametro leggermente superiore a quella dell'eri­
induce la differenziazione delle CFU-E in direzione trocito circolante, ancora lievemente policromatofila; il reticolocita
del compartimento eritroblastico, accelera la matu­ midollare. Elementi di questo tipo soggiornano abitualmente nel
razione degli eritroblasti ed influenza l'immissione midollo per imo-due giorni portando a termine la loro matura­
zione ad eritrociti; una piccola percentuale passa in circolo, e
dei reticolociti in circolo. Il passaggio dalle CFU-E molti possono essere immessi nel sangue periferico.
ai proeritroblasti dà inizio alla componente cellula­ Le ricerche ultrastrutturali hanno chiarito che l'intensa baso­
re eritroide più comunemente nota per la sua facile filia del citoplasma del proeritroblasto (fenomeno paradosso del
identificazione, a livello dei tessuti ematopoietici, Ferrata: presenza di materiale basofilo in un elemento destinato
ed in particolare del midollo osseo. a dar origine a cellule contenenti una sostarla acidofila come l'e­
moglobina) è dovuta alla presenza di ribonucleoproteine, neces­
La maturazione dal proeritroblasto al reticolocito avviene nel­ sarie per la sintesi del pigmento ematico. Nel citoplasma si tro­
l'arco di sette giorni, attraverso gli stadi intermedi dell’eritrobla­ vano infatti ribosomi e poliribosomi in grande quantità, oltre a
sto basofilo (due replicazioni), dell'eritroblasto policromatico, dell'eri­ scarso reticolo endoplasma tico: sono presenti anche numerosi
troblasto ortocromatico, cui consegue ì'estroflessione del nucleo. mitocondri, un centrosoma e molecole disperse di ferritina.
L'elemento progenitore di questa linea evolutiva è il proeri­ Col progredire della maturazione il numero dei poliriboso-
Serie eritroide ^ 335

mi e dei mitocondri diminuisce progressivamente e le molecole citaria e discostomatocitaria. Per altre immagini si è proposta
di ferritina si ammassano dando origine a formazioni (sideroso- l'introduzione di una nuova nomenclatura che si affianca a quel­
mi) visibili anche al microscopio ottico con l'impiego di' partico­ la classica e la completa. Si è cosi proposto (Bessis) il nome di
lari colorazioni. codociti per delle emazie a forma di campana (corrispondenti alle
cellule a bersaglio), di cheratocìti per delle emazie di volume nor­
In condizioni di disturbata e rallentata sintesi male fomite di una o più punte, a mò di coma (corrispondenti
del DNA, come si ha soprattutto nell'anemia perni­ alle bur o spur cells), di torociti per delle cellule a rima periferica
ciosa per il deficit di vitamina B12 e di acido folico, ispessita a mò di ciambella (corrispondenti agli artefatti che si
ottengono per essiccazione della parte iniziale dello striscio), di
vi è un mutamento della maturazione cromatinica,
enizociti o cellule scalfite per delle emazie triconcave, di dacrioci-
e mentre il volume cellulare diviene maggiore della ti per globuli rossi a forma di lacrima.
norma, il reticolo cromatinico si fa più fine e sottile;
questo tipo di evoluzione viene descritto come una - I g lobu li rossi sono i vettori dell'emoglobina
serie eritropoietica a sé (serie megaloblastica), a addetti al trasporto dell'ossigeno ai tessuti, alla
partire dal promegaloblasto, grossa cellula a nucleo rimozione dell'anidride carbonica ed alla regolazio­
cromatinico finissimo, attraverso gli stadi di megalo- ne dell'equilibrio acidobasico del sangue. Negli eri­
blasto baso/ilo, policromatofilo, ortocromatico, fino ai trociti sono contenuti numerosi enzimi, proteine,
megalociti (eritrociti più voluminosi e più intensa­ carboidrati, lipidi, anioni e cationi: le cellule sono
mente colorati dei comuni normociti. dotate di un'attività metabolica notevole che le
Gli eritrociti o globu li rossi, osservati a fresco, mantiene in uno stato funzionale ottimale. I globuli
appaiono come piccoli dischi color giallo citrino con rossi vivono in media 120 giorni.
una parte centrale più chiara; negli strisci fissati e Nei reticolociti, a differenza che nelle emazie
colorati appaiono di color rosa intenso con ima mature, sono contenuti ancora mitocondri, residui
parte centrale meno colorata: questi aspetti sono del corpo del Golgi e ribonucleoproteine: alla pre­
dovuti alla particolare forma a disco biconcavo del- cipitazione di queste per azione dei coloranti basi­
l'eritrocito. I globuli rossi sono privi di nucleo: ci si deve la formazione della sostanza granulo­
misurano in media 7.2-7.7 ji. Nel sangue si riscontra filamentosa.
una piccola quantità (1% circa) di eritrociti di dia­
metro un pò superiore alla media/ leggermente poli-
cromatofili/ che, colorati sopravitalmente con colo­ | Serie granulo-monocitopoietica
ranti basici. (brillant cresyl blau, blu di metilene, L'identificazione dei precursori della serie gra-
ecc.) palesano all'interno delle granulazioni azzurre nulomonocitopoietica è stata effettuata in base ai
unite da esili filamenti disposti a formare un retico­ rilievi delle colture in vitro in terreno semisolido.
lo più o meno compatto (cosiddetta «reazione gra­ Esse hanno dimostrato come la proliferazione delle
nulofilamentosa»): ad esse, per questa loro proprie­ cellule staminali della serie granulomonocitaria sia
tà, si dà il nome di reticolociti (proeritrociti, granu- regolata da fattori solubili prodotti da elementi cel­
ìofilociti). Il numero dei reticolociti, che vanno con­ lulari presenti in vari organi «Colony Stimulating
siderati come emazie giovanili/ aumenta considere­
Activity» (CSA). (Metcalf, Van Furth). Le cellule che
volmente in corso di accelerata eritropoiesi.
danno origine a colonie di elementi granulocitari e
In condizioni patologiche gli eritrociti possono
di monociti e macrofagi nello stesso tempo, sono
andare incontro a modificazioni: - delle dimensio­
state definite come Colony Forming Unit in Culture
ni (microciti, macrociti); - della forma (poichilociti)
(CFU-C) (vedi Fig. 1). In rapporto all'osservazione
e - del contenuto emoglobinico (ipo-ipercromia).
che la potenzialità di dare luogo a colonie granulo-
Forme particolari sono gli sferociti (emazie di
monocitarie contemporaneamente, oppure soltanto
piccole dimensioni e di spessore aumentato), i dre­
granulocitarie o monocitiche separatamente, è stata
panociti o i globuli rossi a falce, gli ovalociti, i lep-
dimostrata l'esistenza di cellule progenitrici «impe­
tociti (emazie appiattite), gli anulociti (forme ipo­
gnate» selettivamente lungo queste vie specifiche
cromiche con l'emoglobina disposta alla periferia),
(M-CFU/ GM-CFU, M-CFU).
gli stomatociti (con zona centrale chiara allungata),
I dati sin qui riferiti confermano come sin dalle
le cellule a bersaglio (con centro e periferia scuri
fasi iniziali le linee proliferative granulopoietica e
separati da un anello chiaro), gli schizociti o fram­
monocxtopoietica appaiano strettamente collegate
menti di globulo rosso ed i globuli rossi con spicu-
le variamente denominati «burr cells», «spur cells», nella loro genesi ed evoluzione.
«acantociti». Per quanto riguarda la serie granulopoietica essa
riconosce una serie di passaggi ben definiti dal lato
L'impiego del microscopio elettronico a scansione allo stu­ morfologico che vanno dal mieloblasto, al promieloci-
dio dei globuli rossi ha fornito una serie di immagini tridimen­
sionali che richiedono una corretta interpretazione: dell'argo-
to, al mielocito, al metamielocito, al granulocito matu­
mento se ne è occupato particolarmente Bessis. Alcune delle ro segmentato.
immagini ottenute non rispecchiano alterazioni strutturali carat­ La maturazione di questi elementi si effettua
teristiche, ma solo modificazioni transitorie e reversibili alle lungo un arco di tempo di circa 13 giorni ed è con­
quali ogni globulo rosso può andare incontro in condizioni
ambientali particolari (Ponder): è il caso della comparsa di forme
trassegnata da modificazioni nucleari (incremento
sferoidali con spicule (echinociti sec. Bessis) o di forme a scodella nel grado di compattezza cromatinica, incavamen-
(stomatociti): si parla in tal caso di trasformazione disco-echinc- to progressivo e lobulazione finale del nucleo) e
336 « Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari
citoplasmatiche (comparsa di granulazioni rispetti­ - I granulociti neutrofili sono cellule del dia­
vamente azzurrofile - o primarie o aspecifiche - nelle metro di 9-12 |im, facilmente riconoscibili per la
fasi precoci della maturazione e secondane o specifi­ forma del nucleo, che appare segmentato in lobi (in
che nelle fasi più avanzate dell'evoluzione matura­ condizioni normali non più di 5) uniti da esili ponti
tivi). Queste ultime contrassegnano la linea evoluti­ carioplasmatici. Il citoplasma, di colore rosato al
va granulocitaria in senso neutrofilo, basofilo ed Giemsa, contiene un numero variabile di granula­
eosinofilo a seconda della loro caratteristica confor­ zioni, piccole, fini, che si colorano con le miscele a
mazione. reazione neutra. Si ritiene che l'entità della segmen­
Gli elementi della serie granuloblastica ricono­ tazione nucleare dipenda dall'età della cellula e
scono nella loro maturazione una fase strettamente tenda ad aumentare con essa: ad una valutazione
midollare nella quale il granuloblasto che giunge quantitativa di questo fenomeno (formula nucleare)
sino all'elemento maturo neutrofilo (che entra a far si è attribuita importanza diagnostica e prognostica
parte della cosiddetta «quota marginata» pronta ad (formula di Arneth).
essere mobilizzata per esigenze difensive o reattive AI microscopio elettronico le granulazioni del neutrofilo
di varia natura), una fase di transito nel sangue circo­ appaiono eterogenee per forma e dimensioni: accanto a delle
lante (in cui gli elementi granulocitari si dispongo­ granulazioni ovali, specifiche, si riscontrano granulazioni più
no secondo due compartimenti, l'uno marginato e grandi, sferiche, che rappresentano il residuo di quelle azzurro-
file del promielocito. Le granulazioni sono ricche di enzimi idro-
l'altro circolante), ed infine ima fase tessutale ove gli
lasici e vanno considerate come dei lisosomi: nelle granulazioni
elementi leucocitari, migrati per diapedesi vasale, neutrofile si troverebbero tra l'altro Iisozkna, e fosfatasi alcalina.
esercitano le loro funzioni (chemiotassi fagocitosi). I granulociti neutrofili sono cellule dotate di mobilità ameboide
L'elemento progenitore è il mieloblasto, cellula e di capacità fagocitaria: la loro migrazione è determinata alme­
rotondeggiante del diametro di 20-25 \i, con un no in parte dall'attrazione esercitata da svariate sostanze (che­
miotassi), particolarmente sostanze batteriche e componenti del
nucleo grande, rotondo, con cromatina disposta in
complemento.
filamenti delicati o sotto forma di granuli. Il citopla­
sma è blu chiaro, disomogeneo, con ima zona chia­ Queste cellule intervengono nei processi di dife­
ra perinucleare; contiene granulazioni che si colora­ sa dell'organismo fagocitando e digerendo
no metacromaticamente in rosso violetto col Giem- microorganismi: svolgono anche un ruolo impor­
sa (granulazioni azzurrofile). tante nella dinamica del processo flogistico, liberan­
Da mieloblasto deriva il promielocito, elemen­ do sostanze che accelerano la flogosi, peptidi
to del diametro di circa 20 ¡im, fornito di un nucleo vasoattivi, istamina e varie altre sostanze attive.
ovalare; tra le maglie cromatiniche si possono talo­ - I granulociti eosinofili misurano in media
ra notare delle zone chiare che suggeriscono la 14-20 jim: il nucleo è per lo più bilobato, con i due
presenza di nucleoli. Il citoplasma tende a virare lobi uniti da un ponte carioplasmatico che talora si
dalla basofilia aH'acidofilia lieve: contiene accanto addensa nella sua parte centrale a costituire un
alle granulazioni azzurrofile quelle specifiche pro­ terzo piccolo lobo. La struttura cromatinìca è meno
prie dell'elemento maturo (neutrofile, acidofile, grossolana di quella dei neutrofili. Il citoplasma è
basofile). zeppo di granulazioni color rosso-arancio, più
Lo stadio maturativo seguente è rappresentato grandi di quelle dei neutrofili (diametro medio 0,5-
dal mielocito, cellula del diametro di 15-18 firn, con 1,5 jim) relativamente uniformi per dimensioni nel­
nucleo più piccolo rispetto alla forma precedente e l'ambito di una singola cellula.
cromatina disposta in masserelle ben distinte. Il Le granulazioni eosinofile appaiono al micro­
citoplasma è acidofilo e contiene pressoché esclusi­ scopio elettronico come formazioni provviste di
vamente granulazioni specifiche. Questa cellula una membrana, costituite da ima matrice densa,
evolve a metamielocito, die ne differisce solo per la omogenea o granulare, e da una struttura interna
forma del nucleo, che appare reniforme od a ferro cristalloide, identificabile forse con una mieloperos-
di cavallo, con la concavità corrispondente al cen­ sidasi specifica.
trosoma. Il metamielocito, per la comparsa di stroz­ I granulociti eosinofili sono cellule mobili, prov­
zature nucleari che determinano la segmentazione viste di potere fagocitario e dotate di proprietà che-
del carioplasma, evolve a granulocito circolante. miotattiche. Tra le varie sostanze che ne determina­
Al microscopio elettronico il mieloblasto risulta fornito dì no la migrazione (fattori batterici solubili, antigeni
numerosi sacchi di reticolo endoplasmatico granuloso e di estranei, complessi antigene-anticorpo) il ruolo
abbondanti ribosomi; l'apparato del Golgi è ben sviluppato. Il principale sembra spettare all'istamina. Si ritiene
promielocito presenta sempre uno due nucleoli ed un citopla­ che queste cellule intervengano nei processi di dife­
sma ricco di granulazioni eterogenee per forma e dimensioni.
Negli stadi maturativi successivi si assiste ad una diminuzione sa dell'organismo verso corpi estranei: si è dimo­
progressiva del reticolo endoplasmatico, dei ribosomi e dei mito­ strata la presenza di sostanze in grado di antago-
condri. nizzare l'azione dell'istamina, della 5-idrossi-tripta-
Le modalità con cui si effettua la granulogenesi non sono mina e della bradichinina.
state ancora chiarite, ma si ritiene che abbiano luogo due succes­
sive generazioni di granuli: la formazione delle granulazioni
- I granulociti basofili sono i più piccoli tra i
azzurrofile e di quelle specifiche si verificherebbe indipendente­ granulociti, misurando da 10 a 14 jim di diametro.
mente a livello dell'apparato del Golgi. II citoplasma è stipato da grosse granulazioni nero­
Serie granulo-monocitopoietica - 337

bluastre di forma irregolare, colorabili metacroma- un gruppo di cellule, dotate di varia morfologia, in
ticamente con i coloranti basici di anilina, idrosolu­ grado di esplicare funzioni difensive.
bili, che si estendono a ricoprire il nucleo. Questo Egli aveva distinto a questo riguardo due ordini di cellule, i.
appare omogeneo, non nettamente segmentato, con cosiddetti macrofagi presenti in tessuti quali l'omento, il fegato, la
aspetto approssimativamente a trifoglio. milza e costituenti i cosiddetti grandi mononucleati fissi o liberi
dei tessuti, ed i microfagi, rappresentati quasi esclusivamente dai
Al microscopio elettronico le granulazioni appaiono forma­ granulociti e, così designati, per la loro capacità di assumere sol­
te da lamelle disposte in blocchi o fascicoli. Studi citochimici tanto particelle di piccola dimensione, come i germi ed i parassi­
indicano che nei granuli sono contenuti istamina, sostanze chi­ ti. Ulteriori dati a conferma della unitarietà funzionale di talune
micamente correlate con l'eparina, serotonina, acido jaluronico e cellule dei tessuti connettivi (attività fagocitarla e producente
vari enzimi. anticorpi), sono venuti dagli studi contemporanei di Ranvier
(clasmatociti del connettivo lasso), di Marchand (cellule awenti-
I granulociti basofili sono cellule mobili dotate ziali), di Maximow (poliblasti). Una acquisizione fisiologica deci­
di capacità fagocitiche, ma in queste funzioni sono siva ha rappresentato, nell'ambito di questi studi, l'osservazione
complessivamente meno attivi degli altri granuloci­ che alcuni degli elementi erano in grado di colorarsi intravital-
ti. Si ritiene che possano svolgere un ruolo impor­ mente con coloranti acidi a micelia elettronegativa, quali il blu-
tante nelle reazioni allergiche: sono le cellule del pi rrolo. Fu così possibile effettuare una preliminare distinzione
fra cellule cromofile (granulopessiche) in grado di assumere le par­
sangue che maggiormente legano anticorpi IgE e, al ticelle di colorante, e le cellule cromofobe o non granulopessiche.
contatto con l'antigene, si degranulano rilasciando Spetta ad Aschoff (1924) il merito di aver sistematicamente
istamina. Vengono distinti dai granulociti basofili distinto quattro gruppi di cellule assumenti in vivo i coloranti (I
tessutali (o mastociti): i primi sono chiamati basofi­ e E: cellule endoteliali dei vasi e dei linfatici e fibroblasti a scar­
sa assunzione del colorante; III: cellule reticolari della milza e dei
li a granulazioni solubili ed i secondi basofili a gra­
linfonodi; IV: cellule delimitanti i sinusoidi del fegato, del midol­
nulazioni insolubili. lo, dei linfonodi e gli istiociti liberi della milza) e di aver prospet­
tato come soltanto le cellule dei gruppi III e IV potessero venir

[.j Serie monocitaria


incluse in un sistema funzionalmente omogeneo che egli deno­
minò «Sistema rcticoloendoteliale» (SRE), sia perché molti di
questi elementi sembravano coinvolti nella formazione del reti­
La serie monocitaria evolve dalla CFU-GM secon­ colo sia perché molti erano in posizione delimitante i sinusoidi
do le tappe rappresentate dal monoblasto, al promo- vascolari e linfatici.
La delimitazione del SRE data da Aschoff ebbe successiva­
nocito, al promonocito maturo. Gli aspetti morfologici mente a trovare un ampliamento concettuale ad opera di Volter­
inerenti a questi passaggi sono contrassegnati da un ra, il quale sulla scorta delle osservazioni dimostranti la presen­
progressivo incurvamento del nucleo sino ad assu­ za di cellule istiocitarie in sede periawentiziale dei capillari, in
mere un aspetto reniforme, con condensazione cro- qualunque distretto dell'organismo, prospettò la denominazio­
matinica nucleare, e da modificazioni citoplasmati­ ne, sostitutiva, a suo avviso più corretta, di Sistema reticolo-
istiocitario (SRI).
che caratterizzate soprattutto dallo sviluppo di atti­ Molte delle distinzioni sino allora effettuate non hanno retto
vità enzimatiche particolarmente importanti (a-naf- alla impostazione citologico-funzionale moderna, dal momento
til-acetato-esterasi, fosfatasi alcalina, lisozima). che si è potuto appurare come nel sistema di Aschoff fossero
La loro evoluzione maturativa degli elementi compresi elementi con funzioni e proprietà assai eterogenee.
Poiché è oggi riconosciuta la possibilità che molti elementi
monocitari comprende una fase midollare (dal mono­ facenti parte del SRE siano costituiti da cellule derivate dai
blasto al monocito) che include due cicli replicativi, monociti del sangue, a loro volta provenienti da precursori
una/ase di transito nel sangue circolante molto breve midollari, è stata prospettata da taluni AA. (Van Furth, 1971,
(1/2 ora) ed una fase tessutale, ove la migrazione 1975, Cline e Golde 1973) la costituzione di un sistema alternati­
degli elementi mononucleati dà luogo alla forma­ vo designabiJe come «Sistema dei Fagociti Mononucleati»
(SFM).
zione di cellule macrofagiche fisse.
A seconda dell'organo di insediamento, gli ele­ L'altro termine coniato da Foucar nel 1990 per
menti monocitari migrati assumono adattamenti indicare questo sistema cellulare è M -PIRES
funzionali diversi, con trasformazione in cellule (M ononuclear Phagocyte and Im m unoregulatory
dotate di caratteristiche particolari (cellule di Kupjfer System), che ha il pregio di inserire in questo grup­
a livello del tessuto epatico, macrofagi alveolari a po non solamente cellule macrofagiche ma anche
livello polmonare, elementi macrofagici in senso stret­ cellule immunologicamente attive quali le cellule
to a livello degli organi ematopoietici, cellule gliali a dendritiche.
livello del SNC, osteoclasti a livello del tessuto Comunque lo si voglia denominare, il sistema
osseo) (Tab. 1). cellulare istiocitico (sistema dei fagociti monomi-
cleati), così com'è attualmente concepito, risulta
Il sistema dei fagociti mononucleati costituito da una linea, progressivamente differen-
ziantesi, che prende origine in corrispondenza del
(inquadramento generale)
midollo osseo da elementi staminali relativamente
L'individuazione di un sistema biologicamente differenziati (monoblasti e promonociti), e che, dopo
unitario di elementi cellulari, ubiquitariamente aver lasciato questa sede, migrano come monociti
distribuiti nel tessuto connettivale di. vari organi, attraverso il sangue sino ai tessuti ove acquistano i
ma, in particolare del fegato, della milza e . del caratteri dei macrofagi. In questa fase i macrofagi
midollo osseo, è nato con le prime osservazioni di assumono configurazioni particolari a seconda
Metchinikoff, che aveva dimostrato l'esistenza di della sede ove si vengono ad insediare (cellule di
338 Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari
Kupffer, macrofagi alveolari, cellule della micro­ a) cellule follicolari dendritiche, con funzione di
glia), oppure si accumulano in corrispondenza dei presentazione dell'antigene alla classe linfocita­
luoghi di infiammazione o di reazione immunolo- ria B (sono situate a livello del centro germinati­
gica come macrofagi, cellule epitelioidi o cellule vo, e del mantello del follicolo linfatico dei linfo­
giganti. I macrofagi vengono ulteriormente distinti nodi);
in questa impostazione classificativa, in due tipi
b) cellule inter digitate, con funzione di presenta­
(liberi e fissi, A e B) le cui caratteristiche biochimico
zione dell'antigene alla classe linfocitaria T
funzionali sono alquanto differenti.
(situate nelle zone T dipendenti delle strutture
A questo sistema vengono oggi fatte rientrare
linfatiche dell'organismo);
anche le cosidette "antigen presenting cells" (APC),
dette anche cellule accessorie, le quali giocano un c) cellule di Langerhans, localizzate a livello del­
ruolo fondamemtale nella risposta immunitaria ed l'epidermide e contraddistinte da una morfolo­
in particolare nelle fasi di presentazione delTantige- gia peculiare (nucleo a chicco di caffè, citopla­
ne. Questi elementi sono privi di attività fagocitica sma eosinofilo dotato di numerose fini proiezio­
in senso classico, poveri in enzimi lisosomiali, e ni). Per loro capacità migratorie possono localiz­
hanno una morfologia caratteristica, possedendo zarsi in vari tessuti, in particolare nei linfonodi
proiezioni citoplasmatiche lunghe e sottili che per­ (Tab. 1).
mettono una adeguata interazione con le cellule L'ontogenesi delle cellule dendritiche non è ancora stata
immunitarie; la loro azione è sinergica con le altre chiarità in maniera definitiva; possono originare sia delle cellule
cellule del sistema monocito-macrofagico. La popo­ staminali CD34+, che dai monoriti; oggigiorno si ritiene che
lazione cellulare APC è costituita da elementi reti­ possano anche prendere avvio da elementi mieloidi e che possa­
no avere caratteristiche intermedie con il linfocita T e B. Alla luce
colari dendritici (riscontrabili in tutti i tessuti di ciò si ammette che esistano cellule dendritiche in senso stret­
del'organismo umano ad eccezione di quello cere­ to^ cellule dendritiche di tipo mieloide o linfoide T o B.
brale) suddivisibili in In condizioni normali, la maggior parte di questi elementi

Tipi ;c0 l|yìdrj appartenenti al sistema de! fagocito mononucleato in base alle attuali
conoscenzein tema di fisiopatologia

f F e g a to : c e ilu le di K u p ffe r
M id o llo o s s e o : is tio c iti
ANTIGEN M ilz a : is tio c itì
PRESENTING L in fo n o d i: is tio c iti

CELLS P o lm o n e : m a c r o fa g i a lv e o la r i

C a v ità s ie ro s e : m a c r o fa g i p le u r ic i e
SANGUE p e r it o n e a li

PERIFERICO
M AficW . T e s s u to o s s e o : o s te o c la s ti
. ìli..
T e s s u to n e r v o s o :c e ilu ie d e lla m ic r o g lia

MACRÒFAGO S in o v ia : c e llu le s in o v ia !) A
MATURO R e n e ¡c e llu le d e l m e s a n g io V
:: W: C u t e : c e llu le d e l L a n g e r h a n s
MONOCITOI TESSUTI M a m m e lla : m a c r o fa g i

P la c e n ta ¡m a c r o f a g i
\G r a n u i o m a : c e llu le g ig a n ti m u ltin u c le a t e

CELLULE
RETICOLARI
DENDRITICHE
ANTIGEN
PRESENTING
CELLULE
li
CELLS IN TERDIG ITATE

(APC)
111 CELLULE D I
LANGERHANS
Serie monocitaria ^ 339

Patologie derívate dal sistema monocito-macrofagico e dalle cellule dendritiche

DISORDINI PROLIFERATIVI DEL SISTEMA MONOCITO-MACROFAGICO


leucem ia monocitica acuta
leucem ia m ieiomonocitica cronica
istiocitosi m aligna
ìinfoma istiocitico

| m. di G aucher
MONOCITI-
MACROFAGI
(p TESAURISMOTIC1 m. di N icm an - Pick
| istiocitosi blu m are

da processi infettivi (tubercolosi, bruceila, istioplasmosi. criptococcosi,


m. di graffio di gatto)
REATTIVI da sostanze inerti (PVP, m ezzi di contrasto, silicosi, berilliosi)
a genesi multiple (sindrom e em ofagocitica familiare, infettiva, da farm aci)
da cause ignote (m. di Rosai- Dorfm an, M.di Kikuchi e Fujimoto)

CELLULE
INTERDIGITATE
NON NEOPLASTICHE (?):
G ranulom a eosinofilo,
M. di H and-Shuller Christian,
CELLULE CELLULE DI .V M. di Letterer-Siwe
DENDRITICHE
LANGERHANS

CELLULE
'■•A.
NEOPLASTICHE: linfomi istiocitari
FOLLICOLARI (istocitomi)

Classificazione proposta da "International Lymphoma Study Group" per categorizzare

NEOPLASIE ISTIOCITARIE:
a) Sarcoma istiocitario,
b) istiocitosi maligna sistemica (Linfoma istiocitico).
Le cellule neoplastiche esprimono i! CD68, li sozi ma, a l anti-iripsina, CD163, CD1 le, proteina Sì 00 e incostantemente
il HLA-DR; in ultrastruttura sono presenti numerosi lisosomi (TEM), frequenti figure di (emo)fagocitosi, la diffusione avvie­
ne attraverso i sinusoidi.
NEOPLASIE DELLE CELLULE DI LANGERHANS:
a) Istiocitosi di Langerhans tipica,
b) Istiocitosi di Langerhans atipica,
c) sarcoma a cellule di Langerhans.
Vi appartengono il Granuloma Eosinofilo, la malattia di Hand-Schiller-Christian e di Letterer-Siwe oltre a forme
dell'adulto. Le cellule tumorali esprimono il CDla, proteina SI 00, mentre sono assenti il CD21 ,CD35, CNA42; sono pre­
senti all'analisi elettron-microscopica ¡ granuli di Bierbeck; assenti figure di fagocitosi; si associa alia traslocazione t
(7;12)(q11.2;p13) .....V'■V ; ..: 0- ; ■ v >= ;;v
SARCOMI DELLE CELLULE DENDRITICHE INTERDIGITATE
Risultano lisozima+, CD68 l (origine midollare), S100i-, C D la—, CD21 , CD35- , CNA42—; sono presenti all'anali­
si elettron-microscopica desmosomi e giunzioni (TEM); la crescita è coesiva e fascicolata
SARCOMI DELLE CELLULE FOLLICOLARI DENDRITICHE
Le cellule tumorali hanno il seguente fenotipo: CD21+, CD35+, CNA42-!-; sono presenti all'analisi elettron-microscopi­
ca desmosomi e giunzioni; assentì i granuli di Bierbeck
* Questa classificazione è stata riproposta con minime modifiche dal gruppo WHO (Harris et al., 1999). Le entità non citate dal sistema
WHO sono state le seguenti: istiocitosi maligna sistemica e la istiocitosi di Langherans atipica.
340 ^ Songue e funzioni delle varie popolazioni cellulari
non esprimono marcatori linfoidi T, B o NK, mieloidi e monod- infiammatorie possono inoltre essere rilasciati agen­
tari (per questo motivo vengono definiti "lineage negative), ma ti ossidanti in grado di dare luogo alla ossidazione
possiedono marcatori fenotipici peculiari quali il CD80, CD83,
CD86, CDla, CD123 (recettore IL-3), C D llc, HLA-DR e recettori di gruppi tiolici negli enzimi, e di rompere i legami
per chemochine {CCR1, CCR5, CCR7). La loro maturazione a livello di proteine, lipidi, acidi nucleici.
dipende da citochine quali il TNFa, GM-CSF, IL4, IL 13, FLT-3. L'attività dei macrofagi sembra estendersi infine
Esistono due tipi di cellule mieloidi dendritiche (DCì e DC 2 dif­ ad altri campi della fisiopatologia umana, quali il
ferenziabili per funzione e caratteristiche immunofenotipiche).
rimodellamento dei tessuti, la guarigione delle feri­
Le DC1 si caratterizzano per il seguente immunofenotipo: CDlc
(BDCA-1), CD123 + / - , CD4, CD13, CD33, mentre le DC2 espri­ te, lo sviluppo degli ateromi nelle malattie vascola­
mono il BDCA3, CD llc + / — CD4, CD13 e CD33. Le cellule den­ ri, l'utilizzazione delle cellule in fase di senescenza.
dritiche plasmacitoidi si distinguono per la positività del BDCA-
4. A secondo del grado di differenziazione i marcatori delle cel­
lule dendritiche possono subire uria "up" o "down" regolazione. Inquadramento generale delle malattìe
del sistema m onocitico-m acrofagico
Funzioni del sistem a dei F agociti M ononucleati
(SFM o PIRS). Le funzioni che possono essere attri­ Van Furth et al. hanno avuto il merito di classifi­
buite alle sue cellule sono complesse e dipendenti care per primi i disordini del sistema dei fagociti
dalle sedi di dislocazione degli stessi (splerdca, Iin- mononucleati in base alla natura dei processi biolo­
fonodale, midollare). In ogni caso risulta comune a gici (infiammatori, neoplastici, di accumulo) in cui
tutte queste cellule la capacità di base di estrinseca­ tale sistema è coinvolto, sia in senso reattivo che in
re proprietà fagocitarle nei riguardi di sostanze forma di proliferazione patologica primitiva o fran­
diverse. In questo senso la funzione di «clearing», camente neoplastica. In questi ultimi anni, la classi­
sia che venga rivolta all'ingestione di germi o paras­ ficazione dei quadri patologici derivati da questo
siti o di particelle inerti come silice e carbone, sia che sistema cellulare ha subito una profonda rivisitazio­
venga adibita alla sequestrazione di elementi pato­ ne, alla luce delle nuove acquisizioni in tema di fisio­
logici per caratteristiche strutturali, rappresenta una patologia dei diversi elementi appartenenti a questo
attività fondamentale nei processi di difesa dell'or­ sistema cellulare; in particolare l'applicazione di tec­
ganismo. Più in generale questa funzione si riferisce niche di biologia molecolare e immiinoistochimica
non soltanto alla eliminazione di corpi estranei (pol­ ha permesso di enucleare nuove entità nosografiche
veri inerti) e di germi e parassiti, anche, in campo e di meglio stabilire Forgine tumorale o infiammato­
immunologico, attuando quei processi che sono alla ria di queste patologie (Tab. 2). Per quanto riguarda
base della presentazione degli antigeni, alla loro le proliferazioni leucemiche di derivazione mono-
elaborazione, ed alla trasmissione di informazioni blastica-monocitica si rimanda al capìtolo delle leu­
alle cellule linfoidi. Strettamente connessa con que­ cemie e dei disordini mieloproliferativi cronici.
sta funzione è l'attività citocateretica, che riveste par­ I dati biologìci-funzionali degli elementi appar­
ticolare importanza a livello di alcuni organi, come tenenti al sistema dei fagociti mononucleati così
precedentemente è stato detto, soprattutto la milza: come gli inquadramenti nosografici dei disordini
essa costituisce il mezzo principale per l'eliminazio­ ad essi riferentesi sembrano riconoscere una unità
ne delle cellule morte o senescenti. fìsiopatologica di vedute che ha consentito di chia­
Meno conosciute, ma fisiopatogeneticamente importanti rire la posizione nosologica di certi linfomi, attual­
sono altre due funzioni esplicate dal sistema cellulare istiocita- mente ricondotti a proliferazioni B linfocitarie, che,
rio, quali quella trofica c quella metabolica. La prima è legata alla
costituzione di stretti contatti fra elementi reticolari e cellule di
per ì caratteri di anaplasia venivano inseriti fra le
varia natura {eritroblasti, linfociti, plasmacellule) disposti attor­ proliferazioni del sistema istiocitario (Tab. 3).
no ad essi a formare figure particolarmente caratteristiche (iso­ In alcuni casi rimane ancora controversa la sepa­
lotti reticoloeritroblastici, isole reticolo-linfocitarie). Lo scopo di razione, nell'ambito del sistema dei fagociti mono­
queste associazioni consisterebbe nella trasmissione di materiale
nucleati, di quadri puramente reattivi da quelli che
nutritizio (rofeocitosi delle molecole di ferritina nel caso degli
isolotti reticolo-eritroblastici) o ancora nel passaggio di informa­ conseguono ad una proliferazione idiopatica, auto­
zioni necessarie alle funzioni dei singoli elementi nel caso delle noma, spesso neoplastica di questa linea differen-
isole reticololinfocitarie. ziativa.
La funzione metabolica è legata alla elaborazione da parte dei
macrofagi di numerose sostanze molte delle quali sembrano
intervenire soprattutto nei processi della risposta infiammatoria.
Fra i prodotti secreti più importanti sono da
| j Serie megacariocitaria
annoverare accanto al lisozima, le proteasi attive a La genesi delle cellule megacariocitarie ricono­
pH neutro (tra cui l'attivatore del plasminogeno che sce ima tappa a livello della cellula staminale pluri-
catalizza la formazione di plasmina dallo stesso). A potente (CFU-S - Pre-H-C) ed una successiva coin­
differenza della secrezione di lisozima che è intrin­ volgente la cellula staminale «committed» CFU-
secamente costitutiva della attività macrofagica, la Meg. In larga parte la formazione di megacariociti
sintesi di proteasi neutre può essere indotta e modu­ sembra influenzata da fattori microambientali
lata per varie vie estrinseche. I macrofagi inoltre sin­ (come appare negli studi sperimentali che dimo­
tetizzano e secernono numerosi fattori del comple­ strano una crescita prevalente delle colonie conte­
mento, legano il complemento attivato e lo degrada­ nenti megacariociti a livello della regione sottocap-
no attraverso l'azione di proteasi. In condizioni sulare splenica) e condizionata nella formazione di
Serie megocariocitario $ 341

piastrine dall'attività umorale di una sostanza I megacariociti maturi sono elementi poliploidi:
denominata «trombopoietina» (Fig. 3). in condizioni normali circa i due terzi hanno un cor­
Nella fase della maturazione dei megacariociti redo di DNA 16 nuclei, un sesto circa un corredo 8
morfologicamente riconoscibile sono stati distinti nuclei ed un altro sesto circa 32 nuclei.
tre stadi (I, II, III) corrispondenti a definite modifi­ La formazione di piastrine è morfologicamente
cazioni nucleari e citoplasmatiche (megacarioblasto, documentabile sin dallo stadio III di maturazione
proìnegacariocito, megacariocito granuloso) ed equiva­ dei megacariociti in corrispondenza di zone cito­
lenti a fasi già individuate nel passato (megacario­ plasmatiche ben delimitate dal sistema delle mem­
blasto, megacarioblasto linfoide, megacariocito gra­ brane di demarcazione («zone piastriniche prefor­
nuloso). Le acquisizioni di alcuni dati di cinetica e mate»),
di valutazione del contenuto in DNA nucleare II passaggio in circolo delle piastrine si effettua
hanno tuttavia modificato recentemente alcuni con­ ad opera di proiezioni citoplasmatiche dei megaca­
cetti inerenti alla progressione maturativa così riociti in posizione parasinusoidale che protrudono
come appare nella sequenza soprariferita,, che com­ attraverso l'endotelio dei sinusoidi stessi e danno
portava, di pari passo all'attività piastrinogenetica, luogo alla formazione di frammenti che preludono
anche un incremento del grado di ploidia cellulare. alla liberazione di singole piastrine nel sangue peri­
In effetti il concetto che poliploidizzazione cellu­ ferico.
lare e maturazione intervenissero simultaneamen­ Le piastrine sono i più piccoli fra gli elementi
te, è stato contraddetto dall'osservazione che il formati del sangue: sui preparati colorati col May-
fenomeno della poliploidizzazione è confinato pre­ Grunwald-Giemsa appaiono come corpiciattoli
valentemente agli elementi più immaturi in grado rotondi od ovali del diametro di 2-5 micron. In tali
di operare la sintesi di DNA, e che quindi la poli­ condizioni sì può distinguere nelle piastrine una
ploidizzazione in generale precede la differenzia­ zona periferica omogenea debolmente colorata in
zione citoplasmatica (Queisser). azzurro (ialomero) ed una parte granulare, intensa­
Secondo Penington, la differenziazione citopla­ mente colorata in violetto (cromomero o granulo­
smatica non sarebbe in particolare connessa con il mero). Le piastrine intervengono attivamente nei
grado di ploidia cellulare, bensì con il numero e processi emostatici grazie alla loro proprietà di ade­
l'entità delle membrane di demarcazione contenute rire alle fibre collagene del tessuto sottoendoteliale
nel citoplasma cellulare. e di aggregarsi quindi in corrispondenza della brec-

BFU-Meg CFU-Meg Megacarioblasto Promegacariocito Megacariocito granuloso

HLA classe II

HLA classe I

CD 34

CD 33

Leucosialina

Meg-A

Gp llb/flla

Gp ib
<4- -$!►
vWF

TSP

PR,

Fibrogeno

Fig. 3 - Genesi delle cellule megacariocitarie.


342 s Sangue e funzioni delie varie popolazioni cellulari
eia vasale dando origine al cosiddetto trombo bian­ hanno dimostrato la possibilità che i linfociti faccia­
co o piastrinico. Questi elementi contribuiscono no parte di un sistema complesso che ha i suoi
ulteriormente all'emostasi liberando fattori piastri- capostipiti nel midollo osseo e le cui fasi evolutive
nici della coagulazione e sostanze vasocostrittrici: comportano una serie di trasformazioni a seconda
sono inoltre indispensabili per la retrazione del di stimoli appropriati e del microambiente di svi­
coagulo. Durante l'aggregazione le piastrine vanno luppo.
incontro a modificazioni di forma (passaggio dalla Dopo stimolazione antigenica il linfocito si tra­
forma discoidale a quella sferica, addensamento dei sforma in elementi di grandi dimensioni (immuno-
granuli al centro, emissione di pseudopodi), note in blasti) che raggiungono 20-30 micron di diametro e
passato come «metamorfosi viscose» d e lle posseggono citoplasma fortemente basofilo, talora
piastrine. vacuolato. Il nucleo grande ed arrotondato possie­
de cromatina reticolare e nucleoli ben visibili. Il
Al microscopio elettronico le piastrine appaiono provviste di
ima distinta membrana all'esterno della quale si trova uno stra­ passaggio allo stadio di plasmacellula coincide con la
to amorfo: a questo strato aderirebbero fattori plasmatici della formazione di elementi di foggia ovalare con dia­
coagulazione. Immediatamente al di sotto della membrana si metro di 12-20 micron lungo l'asse maggiore. Il
trova un sistema di fibre e di microtubuli che gioca un ruolo nel nucleo è situato in posizione eccentrica, con croma­
mantenimento della forma discoidale e nell'espletamento delle
funzioni contrattili delle piastrine. Nello ialoplasma si trovano
tina a zolle compatte simulanti, per disposizione, il
numerosi organuli (mitocondri; lisosomi; granuli contenenti dorso di una tartaruga. Il citoplasma è particolar­
serotonina, catecolamine, fattori piastrinici della coagulazione, mente basofilo, con centrosoma chiaro in posizione
nucleotidi; occasionalmente ribosomi e siderosomi). Nelle pia­ paranucleare.
strine si trovano inoltre residui dell'apparato del Golgi, particel­
Dal punto di vista ultrastrutturale l'attivazione delle cellule
le di glicogeno, inclusioni lipidiche, vacuoli e vescicole. Nello
linfoidi si accompagna ad un incremento dell'attività degli orga-
ialoplasma sono presenti fibrille, che si ritengono corrispondere
nelli citoplasmatici. Nelle cellule immunoblastiche il nucleo si
alla proteina contrattile delle piastrine, la trombostenina.
schiarisce ed i nucleoli si ipertrofizzano. I mitocondri divengono
voluminosi e mostrano caratteristiche creste ravvicinate e paral­

£ Serie linfocifraria lele. Le cisterne del corpo di Golgi si moltiplicano ed occupano


la parte centrale della cellula. Incrementano pure i ribosomi e le
strutture del reticolo endoplasmatico. Infine anche le granulazio­
I linfociti rappresentano popolazione eterogenea ne azzurrofile aumentano di volume e numero in rapporto alla
di elementi leucocitari distribuiti in varie zone del­ esaltazione dell'attività lisosomiale ad esse connessa.
l'organismo. Nell'accezione classica essi risultano Nella fase di plasmacellula il reticolo endoplasmatico occu­
costituiti da piccoli elementi dotati di scarso cito­ pa pressoché tutto il citoplasma della cellula, ad eccezione della
regione centrosomìca. Esso è costituito da sacche appiattite e
plasma, con nucleo a cromatina picnotica; tuttavia disposte parallelamente fra loro con disposizione concentrica
attualmente la dizione di «cellule linfocitiche» attorno al nucleo. Queste formazioni sono circondate da nume­
tende a far riferimento all'intero complesso di ele­ rosi ribosomi. Il corpo di Golgi è molto ben sviluppato e non
menti che coinvolge i linfociti tradizionali (piccoli, contiene né ergastoplasma né ribosomi liberi. Il nucleo è rappre­
sentato da 6-8 zolle di cromatina aderenti alla membrana nuclea­
medi e grandi), i linfoblasti e le plasmacellule come re. I nucleoli sono rari e rappresentati da scarsi residui.
forme di attivazione di una definita categoria degli
stessi elementi. In condizioni fisiologiche, i linfociti sembrano
La maggior parte dei linfociti nel sangue perife­ una popolazione cellulare omogenea. In realtà, dal
rico è costituita da piccoli elementi di 7-8 ¡Limdi dia­ punto di vista funzionale, negli elementi linfoidi
metro (piccoli linfociti), mentre una quota minore sono compresi i linfociti T, linfociti B e linfociti
(10%) è rappresentata da elementi di 9-15 ¡o.m (medi della «terza sottopopolazione» (linfociti killer e
e grandi linfociti). naturai killer) così denominati in quanto non sicu­
I piccoli linfociti appaiono costituiti da un nucleo ramente riconducibili funzionalmente né ai linfoci­
con cromatina a zolle condensate, rotondeggiante o ti T né ai B.
appena indentato, privo di nucleoli visibili, occu­ In verità i linfociti naturai killer presentano una
pante tutta la cellula ad eccezione di un piccolo morfologia peculiare rispetto agli elementi T e B, in
lembo di citoplasma moderatamente basofilo; que­ quanto hanno dimensioni maggiori e citoplasma
sto nelle colorazioni panottiche, risulta privo di più abbondante, ricco in granulazioni azzurrofile.
strutture o presenta rare granulazioni azzurrofile. Nell'ambito dei linfociti T sono comprese almeno
due sottopopolazioni morfologicamente indistin­
Al microscopio elettronico i piccoli linfociti presentano un
nucleo con cromatina in ammassi, con piccolo nucleolo frequen­ guibili: i linfociti T helper (cooperatori) e linfociti T
temente contornato da zolle di eterocromatina, e circondato da suppressor-cytotoxic (soppressori).
una lamella di ergastoplasma delimitante uno spazio perinu- Il linfocita T helper, identificato già a metà degli
cleare. Nel citoplasma si osservano corte lamelle ergastoplasma- anni '70 per la presenza di un recettore di membra­
tiche, con pochi ribosomi. Il corpo di Golgi è scarsamente svilup­
pato e poco numerosi sono anche i lisosomi.
na per la porzione Fc della immunoglobulina IgM
(da cui deriva la denominazione T) o per l'assenza
Per lungo tempo il piccolo linfocito è stato con­ dell'antigene TH2, specifico della classe T suppres-
siderato elemento terminale non più capace di divi­ sor (ed identificato dalTeteroantisiero di Reinherz
sioni mitotiche, destinato come tale ad esaurire le ottenuto da coniglio); viene oggi individuato per la
sue funzioni; tuttavia i recenti dati di fisiopatologia positività all'anticorpo monoclonale CD4.
Serie linfocitaria & 343

Il linfocita «T suppressor-cytotoxic», identificato altri organi svolgono questa funzione: il sacco vitel­
negli anni '70 per la presenza della porzione Fc lino nei primi 3 mesi di gestazione e successiva­
della immunoglobulina IgG (da cui il nome Ty) e mente il fegato e la milza. Le tappe differenziative
per la espressione delTantigene di membrana TH2, che contraddistinguono la maturazione dei linfociti
risulta modernamente caratterizzato da un corredo T e B sono, però , totalmente diversificate e un con­
antigenico peculiare: positività nei confronti degli tributo sostanziale alla definizione delle stesse è
anticorpi monoclonali di classe di differenziazione derivato dalla applicazione di tecniche citofluori-
8 (CD8), oltre che di quelli caratteristici di tutti gli metriche e immunoenzimatiche in associazione
elementi linfocitari T maturi (CD3, CD2, CD5, aU'utilizzo di anticorpi monoclonali diretti contro
CD7). Svolge un'azione inibitoria nei confronti antigeni leucocitari di differenziazione ("cluster of
della risposta immunitaria B cellulare, ed è in grado designation"-CD). Queste strutture (normalmente
di esplicare un'attività citotossica nei confronti di glicoproteine espresse sulla membrana citopla­
diverse classi cellulari o di sostanze microbiche. smatica, o più raramente nel compartimento cito­
I linfociti killer naturali (NK), morfologicamente plasmatico e/o nucleo) sono dotate di specificità
sono distinguibili dalle altre sottoclassi linfocitarie per la classe linfocitaria (T o B) o per una o più fasi
per le loro maggiori dimensioni cellulari (12-17 di maturazione dei linfociti T o B. Va comunque sot­
micron di diametro), per il nucleo inciso, l'ampia tolineato il fatto che molti anticorpi monoclonali
rima citoplasmatica, e la presenza di granuli azzur- che fino a qualche anno or sono erano considerati
rofili (da cui deriva la denominazione anglosassone specifici per alcuni citotipi ematici, in realtà presen­
«large granular lymphocytes»). Sono così denomina­ tano un pattern di reattività complesso, reagendo
ti per la loro capacità di agire in assenza di ima pre­ anche con sottoclassi di altre classi cellulari.
cedente sensibilizzazione e rappresentano una bar­ Sia i linfociti B che T derivano da una comune
riera difensiva di prima linea nei confronti di aggres­ cellula staminale ubicata nel tessuto emopoietico
sioni infettive e neoplastiche. Esercitano una funzio­ midollare; le fasi successive di maturazione avven­
ne citotossica diretta e spontanea, e sembrano svol­ gono nel midollo osseo (fase midollare di matu­
gere un ruolo importante nel rigetto dei trapianti razione T e B linfocitaria), quindi a livello timico
midollari eterologhi, nella reazione GVH (graft ver­ per i linfociti T e ancora midollare per i linfociti B.
sus host disease) e nella regolazione del processo Le fasi conclusive dell'iter maturativo si compiono
maturativo emopoietico midollare e timico attraver­ invece negli organi linfoidi periferici (linfonodi,
so una azione citolitica diretta, o inibitoria sugli ele­ milza, tessuto linfatico dell'apparato digerente) ma
menti staminali. Sono in grado di produrre linfochi- in regioni anatomicamente differenti per le due
ne quali gli interferoni, sostanze a spiccate attività classi linfocitariei T e B (Fig 4).
antivirali e tumoricide, e interleuchine. - Linfopoiesi B. La maturazione dei linfociti B
I linfociti citotossici (killer, K), posseggono un'atti­ si compie in due tappe successive: la prima, di dif­
vità citotossica cellulare anticorpo dipendente ferenziazione centrale o midollare, denominata
(ADCC) in quanto esercitano la loro funzione "antigene indipendente",e la seconda, di differen­
immunitaria solamente su cellule rivestite da mole­ ziazione secondaria o periferica, chiamata "antige­
cole anticorpali IgG, alle quali si legano mediante ne dipendente". Questa seconda fase maturativa si
un recettore specifico per il frammento Fc delle IgG svolge negli organi linfoidi periferici (milza,linfo-
stesse. La conseguenza di questo legame è la lisi nodi,tessuto linfatico dell'apparato digerente: ton-
della cellula (da qui il nome killer). sille,placche di Peyer,appendice, o del sistema
Linfocita B. I linfociti B sono caratterizzati dalla respiratorio e genito-urinario).
presenza nella membrana di diversi antigeni di dif­
ferenziazione. In particolare l'elemento maturo, a) M aturazione antigene indipendente. I linfoci­
reperibile nel sangue periferico, presenta i seguenti ti B derivano da una comune cellula progenitrice
marcatori: recettori per le immunoglobuline le quali staminale totipotente situata nel midollo osseo in
sono costantemente presenti sulla superficie cellula­ grado di originare elementi appartenenti a tutte le
re; capacità di formare rosette EA (per la presenza filiere cellulari ematiche. Da questo elemento deri­
del recettore per il frammento Fc delle IgG) e EAC va una seconda cellula staminale commissionata in
(correlata alla presenza del recettore specifico per la senso linfoide in grado di originare probabilmente
frazione 3 del complemento: C3); espressione degli sia cellule indirizzate in senso T che B linfocitario. Il
antigeni di classe II del MHC; positività nei confron­ successivo stadio maturativo coinvolge una cellula
ti di anticorpi monoclonali di classe di differenzia­ staminale già orientata in senso B linfocitario.
zione 19-20-21-22-23-24; specifici dei linfociti B e Numerosi marcatori fenotipici e genotipici contras­
areattivi nei confronti degli elementi T. segnano questa primitiva fase maturativa. Ci rife­
riamo innanzitutto alla configurazione dei geni
delle immunoglobuline che riarrangiano in manie­
Linfopoiesi
ra specifica nei linfociti orientati in senso B linfoide,
Nell'organismo adulto, i linfociti sono prodotti e contrariamente alle altre cellule ematopoietiche e
vanno incontro ad una prima fase maturativa nel non (ivi compresi i linfociti T) i cui geni delie immu­
midollo osseo. Durante la vita embrionale, invece, noglobuline rimangono in una configurazione
344 « Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari

Cellula pro-B
TdT
HLA-DR Cellula Cellula B Cellula B Cellula B Immunoblasto Immunocita Plasmacellula
CD34 pre-B precoce intermedia matura HLA-DR HLA-DR (HLA-DR)
CD19 TdT HLA-DR HU-DR HLA-DR CD19 CD19 CD38
CD22 HLA-DR CD19 CD19 CD19 CD22 CD22 PCA-1
(CD9) (CD34) CD22 CD22 CD22 CD20 (CD20) Cylg
CD19 (CD9) (CD9) CD20 Y29/55 (Y29/55)
CD22 (ÒDIO) CD20 (CD21) FMC7 Smlg
CD9 CD20 CD21 Y29/55 Smlg Cylg
CD10 (CD21) Y29/55 FMC7 (Cyig)
(CD20) Y29/55 Smlg Smlg
Cellula weak Cyfi Smlg (CD6)
staminale
linfoìde
TdT Linfocita T
HLA-DR Protimocito heiper-maucer" attivato
CD34 TdT CD7
HLA-DR CD2
CD34 CD5
CD7 CD4
CD2 Timocito TcR-CD3
(CyCD3) immaturo HLA-DR
TdT CD26
CD7 Timocita comune
TdT
CD2 Linfocita T
CyCD3 CD7 . soppressore/
CD5 CD2 Timodta maturo Linfocita T citotossico
CyCD3 (TdT) soppressore/ attivato
CD5 CD7 citotossico CD7
CD1 CD2 CD7 CD2
CD4/CD8 (CgCD3) CD2 CD5
(TcR-CD3) CD6 CD8
(CD10) CD8 CD8 TcR-CD3
TcR-CD3 TcA-CD3 HLA-DR
(CD16) CD25
Fig. 4 - Ontogenesi dei linfocita B e T. (Tratta dal WHO).

"germiine" durante l'intero iter differenziativo. Dal diminuita o talora totalmente assente. Positivi risul­
punto di vista morfologico, queste cellule hanno un tano il CD19, CD24, HLA-DR, CD72, CD24, CD20 e
aspetto blastico e si caratterizzano per la presenza CD22 citoplasmatico.
di alcuni marcatori quali l'enzima TdT (terminal La fase successiva realizza la formazione del
desossinucleotidil transferasi), una DNA polimera- cosidetto linfocita "immaturo” o "vergine", così
si localizzata a livello nucleare, la quale può essere chiamato in quanto ancora tollerante nei confronti
identificata sia mediante tecniche immunologiche degli stimoli antigenici. Questo elemento può esse­
(attraverso l'uso di anticorpi monoclonali) che bio~. re ritrovato sia nel midollo osseo che nel sangue
chimiche. Questi elementi definiti come "pro-B" periferico o nei tessuti linfoidi periferici, e si carat­
esprimono inoltre il CD 19, CD72, antigeni di classe terizza per la presenza di ima catena immunoglo­
II del sistema maggiore di istocompatibilità (HLA- bulinica completa di tipo IgM sulla superfìcie della
DR), mentre non presentano immunoglobuline né cellula. Il linfocita B vergine può esprimere sia la
in superficie e né in citoplasma. In questa fase catena leggera kappa che lambda: nell'ontogenesi
maturativa i linfociti esprimono inoltre costante del linfocita B la sintesi di catene k precede quella
positività per l'antigene CD34, una proteina tran­ delle catene A,. Costante la positività per gli antige­
smembrana espressa in tutte le cellule progenitrici ni CD19, CD20,CD21 (recettore per il virus
staminali del sistema emolinfopoietico. EBV),CD22 di membrana,CD24, CD72. Assenti il
La fase successiva di maturazione (denominata CD10 (CALLA), TdT e il CD34.
"common B") si caratterizza per la presenza del-
l'antigene CD10 (noto anche come antigene b) Maturazione antigene dipendente. Questa
CALLA, in quanto espresso nella quasi totalità fase dì sviluppo del linfocita B si svolge negli orga­
delle leucemie linfoblastiche acute -LAL- del bam­ ni linfoidi periferici i quali vengono raggiunti dai
bino e nel 50% delle LAL dell'adulto). Altre moleco­ linfociti midollari attraverso il circolo ematico dopo
le identificabili in questa fase maturativa sono rap­ una fase di passaggio dal tessuto emopoietico al
presentati dal CD19, CD72, CD34, TdT, HLA-DR, e sistema vascolare midollare. Le fasi successive di
il CD22 solamente a livello citoplasmatico (cCD22). maturazione variano a seconda dello stimolo anti­
La tappa successiva di maturazione (denominata genico che ne ha evocato la differenziazione. Le
pre-B) è contraddistinta dalla comparsa di catene M tappe finali di trasformazione culminano, comun­
intracitoplasmatiche (clg), ma non dalla catena que, in tutti i casi nella produzione di linfociti B
immunoglobulinica completa. La reattività nei con­ altamente specializzati nella risposta immunitaria
fronti dell'antigene CD10 e della TdT è nettamente quali le plasmacellule e i linfociti B memoria. Il
Serie (infocifaria & 345

primo evento che sì realizza in seguito a stimolazio­ dalla espressione di SIg ad alta densità , CD10 e
ne antigenica è rappresentato dalla produzione di CD25 (recettore per l'interleuchina 2), tappa che
immunoglobuline di tipo IgD, che vengono assem­ prelude alla formazione della plasmacellula matu­
blate sulla membrana piasmatica del B linfocita. I ra, la quale si contraddistingue per la presenza di
linfociti B IgD+ generalmente coesprimono, alme­ notevoli quantità di immunoglobuline all'interno
no in una prima fase,anche le IgM e rappresentano del citoplasma (clg). Le plasmacellule sono inoltre
una tappa essenziale nello sviluppo linfocitario B positive per il CD38, CD78, HLA-DR, mentre man­
(denominato " linfocita intermedio"), in quanto cano dei tipici antigeni espressi dai linfociti B matu­
rendono il linfocita non più tollerante nei confronti ri ed immaturi. Alcuni linfociti B maturi, in seguito
degli stimoli antigenici. Successivamente compaio­ ad attivazione antigenica, assumono le caratteristi­
no anche gli altri tipi di catene pesanti (IgG e IgA) che di " linfocita B memoria", così denominato in
(fase di " linfocita B maturo") le quali in ima prima quanto rimane in uno stato di quiescenza in attesa
fase possono essere coespresse sulla superficie cel­ di riattivarsi in seguito al sopraggiungere di nuovo
lulare insieme alle catene IgM e IgD, per poi essere stimolo antigenico.
perdute in ima fase successiva di maturazione. Esi­ I marcatori immunologia più utilizzati per enumerare i lin­
stono, però, sottoclassi linfocitarie B mature che fociti B periferici sono rappresentati dal CD19 e il CD20. Nel
neonato il 70% dei linfociti B coesprime il CD5, e il 50% la L-
mantengono per lunghi periodi le catene pesanti selectina.
IgM e IgD unitamente alle IgG o IgA. Caratteristica La presenza del CD5 sembra identificare sia nel bambino che
dei linfociti B maturi è quella di presentare il feno­ nell'adulto (dove rappresenta il 20% dei linfociti B periferici)
meno del "capping" ovvero di raggruppare ad un quei linfociti con capacità di produrre un numero elevato di
autoanticorpi (linfociti autoreattivi CD5+). La L-selectina, inve­
polo della cellula le SIg; tale fenomeno è facilmente ce, identifica i linfociti B naive, ovvero quei linfociti che non
svelabile al microscopio a fluorescenza in seguito hanno ancora incontrato l'antigene (80% dei linfociti B dell'adul­
ad applicazione di antisieri anti-Ig. to) (Tab. 4).
L'ontogenesi del linfocita B si conclude con la - Geni delle immunoglobuline. L'ordine di comparsa
trasformazione immunoblastica, caratterizzata delle diverse classi di Ig nel corso dello sviluppo dei linfociti B è

Principali sottoclassi ìinfocitarie dèi sai ; periferico e loro frequenza distributiva


nell'uomo adulto :

Frequenza
Sottoclasse ììrifòcitària : ; ;' ■
; Fenotipo 7'V;;v • 'i percentuale
Linfocita T CD3+/CD2+ 75
Linfocita T «/(} CD3+/TCR+ ( a/p+ )
Linfocita CD4+ C D 3+/C D 2+/C D 4+/C D 8- v-44.;7'.--v:;-.-
Lìnfocita T CD8+ CD3-I-/CD2 i /C D 8 + /C D 4 -
Linfocita 7/5 CD3+/TCR !• (y/S+) : 3 ^ i'
T helper/ inducer CD4 1 CD3 t /CD4 i /CD29+,CD45RO 28
T suppressor/inducer CD4+ CD3 : /C D 4+/ CD45RA+ 16
Linfocita T "naive" CD4+ /CD45RA+ /L-selectina+ 35
Linfocita T con attività citotossca non-MCH ristretta CD3 I / CD57 !•
Linfocita T memoria CD3 I /CD4 I-/CD45RA-
Linfocita T soppressoria CD8-I- C D 8 + /C D llb t
Linfocita I citotossico CD8+ (MHC- ristretta) CD8 i / CD11b— 20
Linfocita T attivato CD25+ (recettore ¡L2)/ CD26 - / C D 38+/ v,;,:,.: .7
H LA -D R +/ CD30+
Linfocita naturai killer CD3-/CD21 / C D ló f / CD5 6 + / CD57 I / 13
Linfocita B CD19 I /CD20I 12
Linfocita B memoria CD19+/CD23+ 2
Linfocita B naive CD19 ! /L-selectina+ 8
Linfocita B attivato C D 19+/C D 23+/C D 38+/C D 30+/C D 78+ 3
Linfocita B autoreattivo CD19+/CD20+/CD5+ 3
346 - Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari
geneticamente predeterminato. Le molecole Ig sono elaborate ad formare rosette con emazie di montone (rosette E) e
opera di geni che codificano per catene pesanti e catene leggere la reattività nei confronti dell'antisiero policlonale
k e ^ situati nell'uomo,rispettivamente nei cromosomi 14,2 e 22.
Nella loro configurazione germinale ("germiine") i geni delle HUTLA ("human T lymphocyte antigen").
catene pesanti (esoni) sono separati da sequenze geniche non Fase midollare. È già stato ricordato come dal
codificanti (introni), il cui ruolo non è ben conosciuto, e codifica­ pool delle cellule staminali pluripotenti si sviluppa­
no per regioni variabili (VH), di giunzione (}H) e regioni costan­ no dapprima cellule progenitrici a duplice evoluti-
ti (CH). Le regioni costanti codificano per le diverse classi delle
vità in senso T e B e, quindi, cellule staminali orien­
catene pesanti e sono poste in successione sullo stesso cromoso­
ma nel seguente ordine: M-D-G3-Gl-G2b-G2a-E-A. tate in senso T. Il primo elemento cellulare identifi­
Analogamente i geni per le catene leggere sono divisi in cabile come appartenente alla serie linfocitaria T
regioni variabili (VL), di giunzione (JL) e costanti (CL). Nelle cel­ ("fase p ro -V ) si caratterizza per la presenza del­
lule non indirizzate alla produzione di Ig questi segmenti riman­ l'enzima TdT, e la espressione di molecole quali il
gono in una fase inattiva, contrariamente ai linfociti B avviati a
maturazione nei quali i geni codificanti per le catene pesanti pro­ HLA-DR, CD34 e talora CD38, CD7 e cCD3 (CD3
cedono ad un riarrangiamento con eliminazione delle sequenze citoplasmatico). Nessuna di queste molecole risulta
di introni e conseguente formazione di unità trascrizionali atti­ però specifica per i linfociti T (ad eccezione del
ve. Uno dei numerosi geni VH si unisce dapprima ad una regio­ cCD3). Per questo motivo il riconoscimento di lin­
ne specifica D e JH, e quindi ad una regione CH, la quale costi­
fociti T si deve basare su tecniche bio-molecolari,
tuisce ima unità trascrizionale completa codificante per una
catena pesante. Il primo gene attivato è quello delle catene M, in volte allo studio dei geni che sovraintendono alla
accordo con la nozione che durante l'iter differenziativo B linfo­ sintesi del "recettore per la cellula T" ("T-cell recep-
citario compaiono dapprima le catene M, quindi le catene legge­ tor" o TcR), struttura specifica del linfocita T appar­
re k o X e infine le catene pesanti D, G, E, A. Modalità di riarran- tenente alla superfamiglia delle immunoglobuline.
giamento assai simili si verificano anche per i geni che codifica­
no per le catene leggere. Le catene leggere e pesanti così forma­
Attualmente sono disponibili anticorpi monoclona­
tesi sono quindi assemblate ed inserite sulla membrana citopla­ li con reattività per il dimero alfa/beta del TcR,
smatica. In un singolo clone tutte le SIg hanno uguali VH, VL, dotati di una buona specificità. Sono inoltre in com­
CL, mentre il segmento CH può variare. Ciò permette la genera­ mercio reagenti in grado di riconoscere la catena
zione di molecole anticorpali, strutturalmente diverse ma con lo
beta citoplasmatica, la catena gamma o delta, o il
stesso tipo di catena leggera, la stessa specificità idiotipica e la
stessa attività anticorpale. Il processo attraverso il quale classi dimero y/S.
differenti di immunoglobuline derivano da linfociti B sintetiz­ Fase Umica. I linfociti midollari già orientati in
zanti IgM viene chiamato "class switching" e si compie a livello senso T migrano nel timo, colonizzando in un primo
molecolare attraverso la trasposizione di sequenze geniche momento solamente le aree sottocapsulari. Questa
VHDJ da una posizione adiacente alle catene M ad una zona
codificante per le altre catene pesanti (CH). Ad esempio la
fase, denominata "pretimocita", o "pre-T’ o di
coespressione di catene IgM e IgD sembra essere il risultato della "timocita immaturo" o di "grande blasto timico sot-
trascrizione di un RNA messaggero contenente unità trascrizio­ tocapsulare", si caratterizza per la espressione
nali attive per entrambi le catene pesanti. In una data cellula, la dell'antigene CD7, glicoproteina di peso molecolare
sintesi delle catene immunoglobuliniche avviene ad opera di
40 KD espressa su tutti i linfociti timici, CD2 (recet­
geni situati su uno solo dei due cromosomi (esclusione allelica),
mentre per la generazione delle catene leggere viene fatta anche tore per gli eritrociti di montone responsabile della
una selezione per la sintesi di catena kappa o lambda, che si rea­ formazione delle rosette E), CD38, TdT, e cCD3. I
lizza attraverso uri blocco della produzione di ulteriori catene pre-timociti rappresentano il 3-5% dei timociti, e si
leggere non appena si sia formata una unità trascrizionale attiva caratterizzano inoltre per la mancata reattività in
codificante o per kappa o per lambda.
vitro nei confronti di sostanze mitogeniche (fìtoe-
- Linfopoiesi T. La maturazione dei linfociti Tmagglutinina -PHA, concanavalina A (Con-A) carat­
si compie in tre fasi successive, e ciascuna delle teristicamente attive con i linfociti T maturi. Non­
quali si realizza in regioni anatomiche tra di loro ostante la positività per l'antigene CD2, questi linfo­
distinte. La prima fase maturativa avviene nel citi non sono ancora in grado di formare rosette E.
midollo osseo, organo che provvede durante l'inte­ Ciò sembra dovuto al fatto che l'antigene CD2, in
ro arco della vita ad un rifornimento continuo di questa fase maturativa, è ancora funzionalmente
cellule staminali in grado di maturare in senso T. La inattivo. E una fase di sviluppo, antigene indipen­
seconda fase si compie nel timo, organo che subisce dente, che si contraddistingue per la elevata attività
ima involuzione durante l'età adulta, il quale attra­ proliferativa. In una fase successiva (timocita corti­
verso la sintesi di ormoni specifici crea una situa­ cale o timocita comune) i timociti sottocapsulari
zione microambientale ideale per la maturazione migrano nella regione corticale dove acquisiscono
delle cellule T. I linfociti T, nella terza fase, migrano positività per il CD1, il quale viene espresso sola­
infine negli organi linfatici periferici ove giungono mente in questa fase differenziativa. I timociti corti­
a maturazione completa. cali esprimono inoltre il CD7, CD38, CD2, CD5
La caratterizzione immuno-fenotipica e bio­ (molecola espressa anche nei linfociti T maturi, e in
molecolare dei linfociti T ha dato un contributo una sottopopolazione di linfociti B) e coesprimono
sostanziale nella definizione di questa composita nella stessa cellula il CD4 ed ii CD8, le quali permet­
ed eterogenea classe cellulare. Ricordiamo che negli tono il risconoscimento delle due principali sottopo-
anni '70, ovvero prima dell'avvento dell'era degli laziord linfocitarie T mature ("T helpe?' e "T sup-
anticorpi monoclonali, solamente due marcatori pressor", rispettivamente). Circa il 70-80% della
identificavano la classe linfocitaria T: la capacità di popolazione timica globale è composta da timociti
Serie linfocitorio sì 347

cornimi, gran parte dei quali (circa il 90%) va preco­ si progressivamente nel bambino e assestarsi nell'a­
cemente incontro a morte nel contesto del timo e dulto attorno al 30-35%. Un'altro marcatore impie­
senza raggiungere mai una fase completa di matura­ gabile per identificare i linfociti "naive" sia di tipo
zione grazie al meccanismo di apoptosi regolato B che T, è rappresentata dalla L-seìectina (molecola
dalla proteina Bcl2. di adesione), la quale risulta espressa solamente nei
Fase peri/enea di maturazione con descrizione linfociti non stimolati (vergini).
delle principali sottoclassi linfocitarie T. In questa I linfociti CD8 + possono svolgere una attività
fase i linfociti T timici acquisiscono, sia dal punto di soppresssiva (C D 8+/C D llb+) o citotossica (MHC
vista funzionale che fenotipico, le caratteristiche ristretta: C D 8+/C D llb—) (Tab. 4).
proprie del linfocita T maturo circolante, dal quale Esiste inoltre una sottoclasse di linfociti CD3+ la
però se ne discostano per alcune caratteristiche quale coesprime il CD57 (marcatore NK associato)
(ridotta risposta mitogenica nei confronti dèi PHAe che si caratterizza per l'attività citotossica non
Con-A). Il " timocìta maturo", noto anche come MHC ristretta, del tutto sovrapponibile a quella dei
"timocita midollare", può esprimere sia un fenotipo linfociti NK (naturai killer), i quali caratterizzano la
CD4+ (tipico della sottopolazione linfocitaria "T- terza classe linfocitaria (non B non T) e che hanno
helper-inducer") o CD8+. Questi elementi si carat­ come attività funzionale specifica quella di esercita­
terizzano inoltre per la positività per l'antigene re una attività citolitica non correlato ad un ricono­
CD3 di superficie, struttura associata al "T-cell scimento di antigeni del sistema HLA.
receptor", che media la trasduzione di diversi Le cellule NK hanno un fenotipo CD3—, CD2+,
segnali biochimici all'interno della cellula. Essendo CD16+, CD56+, CD57+/—. Questi elementi rappre­
la molecola CD3 parte del TCR, il suo riconosci­ sentano il 20% dei linfociti del sangue periferico del
mento nei linfociti maturi riveste un ruolo diagno­ neonato e si riducono progressivamente con l'età.
stico essenziale e spesso insostituibile. L'antigene II 95% dei linfociti T CD3+ del sangue periferi­
CD3 citoplasmatico, diversamente da quello di co esprimono il dimero alfa-beta del TCR, mentre
superficie, è espresso, invece, anche nei timociti solamente il 4% dei linfociti T CD3+ presentano
corticali e talora sottocapsulari. Il timo svolge un positività per il dimero gamma-delta del TCR.
ruolo chiave nello sviluppo dei linfociti T, in quan­ Recentemente è stata messa a punto una nuova tecnica di
to crea condizioni microambientali per la matura­ biologia molecolare, denominata TREC ("TCR-rearrangement
zione dì queste cellule. Le cellule epiteliali timiche excisión circles"), che permette di identificare tutti i linfociti di
derivazione ti mica, denominati "recenti emigranti timici". Il
producono numerosi ormoni (timosina, timopoieti- metodo è basato sul fatto che i linfociti T riarrangiano i geni del
na, fattore timico ormonale-THF, fattore timico sie­ TCR con lo scopo di produrre le proteine che formano il com ­
rico) che interagiscono direttamente o indiretta­ plesso recettoriale TCR, che deve avere una grande variabilità
mente con recettori presenti sui linfociti T avviati a per permettere il riconoscimento di tutte le molecole antigeniche
con le quali i linfociti possono entrare in contatto. II riarrangia­
maturazione. Fase ematica e periferica di sviluppo.
mento implica l'eliminazione preventiva o escissione di fram­
Le fasi successive di sviluppo si compiono negli menti di DNA dal DNA genomico che assumono una forma cir­
organi linfoidi periferici in risposta a stimoli antige­ colare. Tale frammenti, chiamati TREC ("TCR-rearrangement
nici di vario tipo. I linfociti T timici attraverso il cir­ excisión circles") sono stabili, non vengono duplicati durante la
colo ematico colonizzano aree specifiche nei mitosi, e contraddistinguono il linfocita T che matura all'interno
del timo. Sono in grado di offrire una stima dei linfociti periferi­
linfonodi, milza, ecc. (cosidette aree "T-dipenden- ci di derivazione timica. Questo metodo offre enormi opportuni­
ti", ben separate da quelle B). Dopo contatto con tà in patologia e nel monitoraggio terapeutico in corso di tra­
antigeni i linfociti T acquisiscono alcuni marcatori pianto di cellule staminali periferiche, permettendo una accura­
di superficie (denominati di attivazione) quali il ta valutazione del danno linfocitario T e di ripresa della funzio­
ne timica dopo trapianti.
CD25 (recettore per IL2), CD26, CD38, HLA-DR,
CD30 (linfociti attivati). Negli anni '90 sono state identificate almeno due
I linfociti CD4 + (linfociti T helper) del sangue nuove sottoclassi di linfociti T helper, le quali gioca­
periferico esistono in due principali sottopopola­ no un ruolo chiave nei processi immunitari, indiriz­
zioni, tra loro distinguibili in base alla espressione zandoli nella risposta cellulo mediata in un caso o
di alcuni marcatori immunologxci: T helper!inducer in quella umorale nel secondo caso.
(CD4+, CD29+, CD45RO+), T suppressor! inducer Le cellule TH1 mediano la risposta cellulo
(CD4+, CD45RA+). mediata, fagocito-dipendente; possono essere iden­
I linfociti CD4+ /CD45RA - identificano inoltre tificate per la loro capacità di produrre IL2, IFN-y,
i linfociti T memoria, ovvero quella sottopopolazio­ TNF-jü, anticorpi opsonizzanti o fissanti il comple­
ne linfoide che ha g ià.incontrato l'antigene e che mento. Queste cellule stimolano la proliferazione di
quindi risponderà in marnerà più rapida e specifica linfociti T; dopo contatto antigenico attivano i
ad un secondo o più contatto antigenico. macrofagi, la citotossicità cellulare anticorpo dipen­
I linfociti CD4+ICD45RA + identificano i cosi­ dente e inducono resistenza alle infezioni. I linfociti
detti linfociti " naive" (linfociti T vergini che non TH1 attivati esprimono i LAG-3 (lymphocyte acti-
hanno ancora avuto contatti con antigeni). Questa vation gene-3) che appartengono alla superfamiglia
sottopopolazione linfocitaria T rappresenta il 90% delle immunoglobuline. I TH1 esprimono inoltre 2
dei linfociti T del cordone ombelicale, per poi ridur­ recettori per chemochine: CXCR-3 e CCR-5.
348 & Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari
I linfociti TH2 mediano la risposta di tipo umo­di IL2 con conseguente proliferazione linfocitaria;
rale fagocito-indipendente; si caratterizzano per la 2) produzione di sostanze anti- apoptotiche quali il
capacità di produrre IL4, ILIO, IL5, IL6 e IL13. Que­ Bcl-x; 3) secrezione di citochine specifiche per la
ste cellule hanno una funzione inibente nei confron­ maturazione T-linfocitica.
ti dei macrofagi, stimolano la sintesi di IgGl, IgG4, La maturazione in senso TH2 è regolata in parti­
IgE, attivano le plasmacellule e gli eosinofili e sono colare dal sistema B7-CD28, ovvero dal complesso
implicate nella suscettibilità alle infezioni. Contra­ CD86/B7-2, oltre che da ICOS, una molecola, que­
riamente alle cellule TH1, i linfociti TH2 attivati st7ultima, costimulatoria di recente scoperta, e da
esprimo la molecola CD307 la quale fa parte della una sostanza appartenente alla superfamiglia TNF
superfamiglia dei recettori del TNF, oltre che alcuni (tumor necrosis factor): 0X 40. Per quanto riguarda
recettori per chemochine: CXCR4, CCR-3, CCR-4, la differenziazione in senso TH1, sembrano essere
CCR-7, e CCR-8. attive: la molecola 4-1BB e la molecola CD80-B7-1,
Sia i linfociti TH1 che TH2 esistono in due prin­ attive, quest'ultima, anche nella maturazione TH2.
cipali sotttopopolazioni di linfociti CD4+: CD4+
a/{3+ e CD4+ y/5+
Una terza sottopolazione di linfociti è denomi­ U Bibliografia essenziale
nata THO: presenta caratteristiche intermedie tra i Buckley R.: Primary immunodeficiency diseases due to
TH1 e TH2. defects in lymphocytes. N Eng J Med, 2000, 343,1313-
Esiste una altra sottopopolazione linfocitaria, 24.
denominata THp, che identifica i linfociti T helper Castoldi G.L., Liso V.: Malattie del Sangue e degli Organi
à i tipo n aive: questi non hanno ancora incontrato emopoietici. 4 Edizione. Me Graw-Hill, 2004.
l'antigene e vengono identificati con il termine p
(precursori) in relazione alla loro relativa immaturi­ Cline M.J.: Monocytes and Macrophages. Function and
disease. Annals of Internal Med. 88,7887,1978.
tà rispetto ai linfociti T helper e soppressori maturi.
Dopo contatto con l'antigene ed in seguito ad inte­ Delves P., Róitt I.: The immune system: first of two parts.
razioni con altri elementi del sistema immunitario, N Eng I Med, 2000, 343, 37-51.
queste cellule vanno incontro ad un processo di dif­ Delves P., Roitt I.: The immune system: second of two
ferenziazione che culmina nella loro trasformazio­ parts. N Eng ] Med, 2000, 343, 108- 118.
ne in linfociti di tipo TH1, TH2 o THO. In questa
fase maturativa giocano un ruolo fondamentale le Lanza G.: Anatomia Patologica Sistematica li Edizione.
Piccin Editore, 1985.
molecole cosidette co-stimolatorie, che vengono
secrete durante i processi di interazione fra le cellu­ Naeim F. et al.: «Hairy celi» leukemia. Am. J. Med.
le presentanti l'antigene (APC) e le cellule naive 65,479487,1978.
THp. Durante questa fase, molecole del sistema Saliusto F-, Lanzavecchia A., Mackay C.: Chemokines and
HLA di classe II vengono presentate dalle cellule chemokine receptors in T-cell priming and TH1-TH2-
APC sulla superfice dei linfociti THp,ed in partico­ mediated responses. Immunol Today, 1998,19, 568-78
lare a livello del complesso TCR. Questa interazio­
Shapiro H.M.: Praticai Flow Cytometry. Alan R. Liss, Inc.,
ne attiva la cellula THp che, come conseguenza, New York, 2002.
esprime il recettore per la IL2, secerne IL2 e incre­
menta l'espressione del ligando per il CD40. Queste Zucker-Frankiin D., Grossi C.E.: Atlas of blood cells.
modificazioni portano da un lato ad un aumento Atlante. Ermes Ed. Milano, 2003.
della capacità del linfocita T di legare in maniera Williams W., Beutler E., Erslev A. et al.: Hematology, Me
costitutiva la molecola CD40 sulla superfice degli Graw Hill, 2003.
elementi APC; inoltre stimolano gli APC ad espri­
Hoffman: Haematology, Elsevier Ed, 2005.
mere dapprima i complessi CD86-B7-2 e quindi il
complesso CD80-B7-1. Quesi processi svolgono un Greer J., Foerster I-, Lukens J.: Wintrobès clinical haema­
ruolo chiave nel differenziamento della cellula THp tology. Ilth edition, Lippincott Ed, 2003.
e nella acquisizione di funzioni specifiche, a causa Lewis S.M., Bain B., Bates I.: Practical Haematology.
dei seguenti eventi: 1) incremento della secrezione Churchill Livingstone, 2001.
Appendice ® 349

Listò dei CD (ciusters of designation) definita nell'ambito dei Workshop Internazionali sugli
Antigeni Leucocitari di Differenziazione (1982-2000)

CD Nome deii'Antigene Peso molecolare (KD) Cellule reattive

CD la gp49 ; ■49 pre-T, REC, B sot


CDlb 16 45 pre-T, REC, B sot
CDlc gp43 43 pre-T, REC,B sot
CD2 LFA-2(rec CD58) ■'/■v :- ■50 pre-T,T
CD3 componente del TCR 29 pre-T,T
CD4 ree virus HIV . S 49 \ T sot, Mo
CD5 r gp67 : 67 pre-T,T, B sot
CD6 V gpioo ; : 100 T,: B sot
CD7 gp40 40 ; :. T : ' :
CD8 Ligando HLA classe 1 32 T suppressor/citotossici
CD9 . p24 24 :.■

■■ pre-B, Mo, pst
CD 10 ■. CALIA 100 pro-B,pre-B, centroblasti,
centrociti, G, pre-T
C D lla Catena a LFA-1 ,LEUCAMa 180-95 leucociti
C D llb CR3, LEUCAMb 155-95 Mo,G, NK
C D llc CR4, LEUCAMc 105-95 Mo,M, NK, B sot, G
CD12 : p90-l 20 90-120 Mo,G,pst
CD13 Aminoendopepfidasi N 150 Mo,G, prog mieloidi
CD] 4 ' gp55 : 55 Mo, M, G
CD 15 Aptene x 50-180 G, Mo, Reed-Sternberg
CD15s . SLe-X : Mo, E, att-G, G, att-L
CDÌ5u Forma sulfatata del CD15 (st. ca)
CD 16 : FcgRIII 48 NK, Mo, G
CDlób FcgRIllb 40
CD17 Lattosiiceramide G, Mo, pst
CD18 catena b del complesso CD11/CD18 leucociti
CD19 B4 : 95 pro-B, pre-B, B
CD20 p37/32 35 ■

■'
CD21 recett EBV/C3d-CR2 140 B
CD22 omologo gp associato Mieiinà 135 pre-B, B
CD23 recettore per IgE : 45-50 B sot, B, Mo att, Eo
CD24 gp 41/38 42 V pre-B, B
CD25a catena a ree 1L2 ■ 55 B att, T att, Mo
CD25b catena (3 ree !L2 70 B att, T att, Mo
CD26 dipeptidilpeptidasi IV 120 v ■T att :
CD27 p55 55 ■T sot
CD28 gp44 44 T sot 'V
CD29 VLA-B 130 T helper/inducer
CD30 KÌ1 120 B att, T att, Reed Sternberg
CD31 gpl40 140 > : Mo, G,B, T, pst
CD32 FcgRll 40 Mo, B, linee B, CD34+,
linee mieloidi
CD33 gp67 67 ; prog mieloidi,Mo, G,
CD34 gpl 15 115 prog midollari, cell stamin, E.
CD35 CRI 160-240 Mo, G, T, B, NK, centrociti
CD3Ó GplV ; 90 Mo, pst
350 : Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari

CD Nome deli'Antigene Peso molecolare (KD) Cellule reattive

CD37 (gp 52-40) 40-52 B, T, Mo


CD38 TI 0 45 pre-T, T att,B att, Piasm
CD39 70-100 B sot, Mo
CD40 ree NGF 50 B
CD41 Gpllb-IHa 140-95 pst :
CD42a GPIX 23 pst, att-pst, M
CD42b GPIB catena a 135-145 G, Mo,F, linee B, CD34+
CD42c GPIB catena ¡3 23 idem
CD42d GPV 85 pst
CD43 leucosiaiina 95 ' Mo, G, T |
CD44 H-CAM 80-90 att-L, pre-B, B, CD34+, E, G, Mo
CD44R CD44 Restricted epitope att-L, pre-B, B, G, Mo, prog
CD34+
CD45 LCA 180-200 leucociti
45RA 200 B, G, Mo, T suppressor/inducer
45RB 200 T so
45R0 180 B sot, G, Mo, T helper/inducer
CD46 cofattore (MCP) 66 /5 6 leucociti
CD47R Rh associato 47/52 leucociti
CD48 connesso al PI 44 ; leucociti
CD49a VLA-1 210 att-E, NK, F,att-B, att-T,
att-Mo
CD49b VLA-2 165 B/Mo,E,pst,F/CD34+ :
CD49c VLA-3 125 b ,t; m o , e, s
CD49d VLA-4 150-180 att-T,Tim, att-E, CD34+
CD49e VIA-5 135/25 T memoria, att-E, E, pst
CD49f VLA-6 120-125 att-T, NK, att-E, E, Mo, S
CD50 ICAM-3 124 NK, Mo, G, CD34+BS e MED,
att-E, att-pst
CD51/61 □V/b3 integrino att-T, pst, linee cellulari
ematologiche
CD52 CAMPATH-1 21-28 NK,T, Mo, B, S, CD34+AL,
CD34+MED, CD3+BS
CD53 MEM-53 32 leucociti
CD54 iCAM-1 e 2 85 prog, T, B, G att,endotelio
CD55 DAF 73 c.dendritiche
CD56 N-CAM 135-220 NK, Tsot
CD57 H-NK1 110 NK, T, B
CD58 LFA-3 45-60 leucociti
CD59 legato alPI 18-20 leucociti
CD60a,b,c GD3 gangliosidi (strutture carboidrati!) 120 T sot
CD61 Gpllla, integrino B3 114 pst
CD62E ELAM-1 115 att-E, linee B, pst,
Megacarioblasti
CD62L LAM-1 75-80 E, B, G, Mo, att-T
CD62P P-selectìna 150 G, Mo, att-pst
CD63 Granulare 53 pst att, Mo
CD64 FcRl 75 Mo, M
CD65 Fucoganglioside G, Mo
CDóóacde famiglia CEA 170-200 Eo, N, prog midollari
Appendice ì* 351

CD •’ j Nóme dell'Ánfigéne . Peso ; molécoldrè (KD) ; C è l l u l e V ;;

CDóóa BGP della famiglia CEA 180-200 G, prog midollari


CD66b CGM6 prodotto genico 95-100 G -'
(CD67)
CDóóc nca 90-95 G, Mo, Eo, linee B, linee E
CD66d CGM :3o
CDóóe molecola CEA 180-200 ■ G, Mo, S
CD67 connessa alPI 100
CDÓ8 macrosiaiina gpl 10 -:/-i io ^ M
CD69 32/28 B àtt,T sot
CDw70 ligando per CD27 ; 55,75,95,110,170 att-B, linee B, linee NK, linee
T, Tim
CD71 ree Transferrina ■ V 90 ; c.proliferanti, M, reticolociti
CD72 Lyl 9,2 Ly 32.2 Lyb-2 43/39 pro-B, pre-B, B
CD73 Ecto 5' nucleotidasi 69 : B, T sot ■':
CD74 porzione HLA 41/35/33 B,Mo
CD75 Lattosamine, p53 53 ;■■B, T sot
CD75s (struttuta carboiratica)
CD77 Globotriaosilceramide B att
CD79a MB-1 (mlgM) 33-40 B ristretti: dai pre-B alle Plasm
CD79b B29 (mlgM) 33-40 ■idem
CD80 ' B7/BB1 60 B proliferanti , B secernenti,
HTLV-l-T
CD81 ' 'TÀRA-1/;; ■
^ 22 att-B, att-T, linee cellulari
ematologiche, E
CD82 " R2 50-53 att-L, E, debolmente su prog
midollari CD34+
CD83 ■HB15A , 43: att-B, att-T,B splenici, REC, cellule
linfoblastoidi
CDw84 att-L, CD34+ AL e MED,
att-pst
CD85 Famiglia ILT/LIR ( VMP-55,GHI-75) 120-83 Mo, B, T
CD86 GRÓ5, FUN-1 so att-B, B, T, linee linfoblastoidi
CD87 UPA-R 50-65 att-G, att-Mo, G, Mo, F,
Megacarioblasti
CD88 : C5a-R ■■ att-G, G, Mo, Eo
CD89 ; igA-R 55-70 G, Mo, linee mieloidi e
monocitarie
CDw90 ; tim-1 25-35 HEV, linee T, Tim, F, CD34+
CD91 ' a2M-R . .■ 200 G, Mo, T, pst,F fetali, att-pst
CDw92 70 att-L, G, E, att-E, CD34+, linee
cellulari ematiche
CD93 120 G, Mo, Eo,linee NK, linee B, E
CD94 KP43 : : 43 NK, att-E
CD95 FAS, APO-1 . ; 43 G, Mo, L,linee mieloidi
CD96 Tattile 160 E, linee mieloidi
CD97 GR1 BL/KDD/Fl 2 74-80-89 G, Mo, linee B e T
CD98 4F2 80-40 T, Mo, E, linee mieloidi, linee T
CD99 MIC-? 32 T, NK, E, B
CD99R CD99 ristretto 32 att-T, Mo, E
CD 100 BB18;GR3 150 att-T, T, Mo
CDwlOl BB27;GR14 140 att-T, NK, Mo
352 s Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari

CD Nome dell'Antigene Peso molecolare (KD) Cellule reattive

CD102 ICAM-2 60 T, B, NK, Mo, E, att-G


CD103 HML-1 150-25 att-E, M
CD 104 b4 integrina 220 E, Mo, G, B fetali, 5
CD105 ENDOGUNA 95 CD34+, T, B, Mo, G
CD'106 VCAM-1 ;1NCAM-110 ; no linee B, linee NK,S
CD107a LAMPI 110 KG la , HL60, HUT78, pst
CD107b LAMP-2 120 pst, E; att-pst, att-E
CD108 GR2 80 B splenici, att-T, S
CD109 GR56;8A3;7D1 170-150 Tim, att-L, pst attivate e adese
CD110 Recettore trombopoietina 82-92 * Pst, Meg :
CD ì l i PPR1 /Nectin 1 75 '.:- .7 Mye •
CD 112 PRR2 72-64 Mye
CD114 HG-CSFR, G-CSFR — : 130 G, prog-G, M, KG1, HL60
CD 115 M-CSF-R 150 ’7 Mo, M, prog midollari, B fetali
CD116 GM-CSFR 75- 85 Prog Mo è G, Mo, G, B fetali, T
: fetali, KGla, HL60, U937 7 7 :
CDU 7 SCF-R 7 145;-., CD34+, linea Mast-cellulare, V
linee B, linee NK, E
CDwl 19 IFNgR 90 ,■ : Mo,M, CD34+, linee cellulari
ematiche
CD] 20a TNF-R tipo 1 ■ 55: Cellule epiteliali, linea
Mast-cellulare, S
CD120b TNF-R tipo II . ■ 75 ' G, Mo, B,T, NK, att-B, att-T,
att-NK, linee B, linee T, linee NK
CD121a IL-1R tipo 1 80 NK, linee NK, T, E, Tim, F :
CD121b IL-1R tipo 11 68 att-L, G, att-G, M o , :
CD 122 IL-2R catena (3 75 Linee NK, linee B
CDwl 23 lL-3Ra 70 7 M4, Eo, Ba, prog-G, CD34+
CD124 IL-4R 140 M, B fetali, pre-B, linee mieloidi ;
CDwl 25 lL-5a 60 Eo, B, prog-Mye
CD126 IL-6R a ■ 80 ■■G, Mo, CD4+, Plasm, EBV-B 7
CD127 1L-7R 75 Tim, pro-B,pre-B, att-L, CD34+,
■NK: ;
CDwl 28 IL-8R 58-67 B, linee B, S
CDwl 30 IL-6R p 130 att-E, E, NK, Mài pst, EBV-B, V
Plasm
CDwl 31 IL-3R, catena comune J3 95-120 CD34+, Mo,Eo, Ba, prog G
CDwl 32 catena comune g 64 T, B, prog linfoidi
CD 133 AC 133 Stem/prog
CD134 0X40 48-50 att-T, sot-T
C DI 35 FLT-3 130-150 CD34+, prog midollari
CDwl 36 MSP-r Mo, proteina stimolante R 180 Monociti, c. epiteliali
CDwl 37 4-1BB 30 T, att-T
CD138 Syndecan-1 85-92 B, Plasm
CD 139 B-031 209-228 B, Plasm, M, MA
CD140a PDGF-Ra 180 E
CD140b PDGF-Rb 180 E
CD141 Trombomodulina 100 E, HUVEC, Mye
CD 142 Fattore tessutale 45 E, M
CD143 ACE, enzima convertente la 170 E, M a
angiotensina
Appendice ^ 353

CD Nome de!!'Antigene Peso molecolare (KD) Cellule reattive

CD144 VE-caderina 135 E


CDwl 45 25-90-110 Pan-E
CD146 MUC18, S-Endo 113-118 ■ E, HEV, att-T, cellule dendritiche
CD147 neurotelina, basoglina 50-60 E, Mye
CD148 HPTP-eta, p260 260 NS
CDwl 49 MEM-133 t'-:y
CDwl 50 SLAM, 1PO-3 :y y . 75-95 B, T, Tim, cellule dendritiche
CD151 PETA-3 y-; ■ 27 -y- Pst, E, G
CD152 CTLA-4 (CD80-CD86 ligando) y - : ^ : / V; A / ;y att-T
CD153 CD30 ligando 40 7: - T . ^ y A ' :■ ■'
CD 154 CD40 ligando, T-BAM 32-39 att-CD4+
CDÌ55 ■ . PVR 60-90 NS (M, MA, Tim)
CD156a ADAM8 \ V 60 M, G, MA
CD 156b TACE/ADAM17 100-120 Molecole di adesione
CD 157 BST-1, MO-5 42-45 G, M, S, cellule dendritiche
CD 158 KIR famigtia 50-140
CD158a p58-i y 50-58 NK, sot-T
CD158b p58-2 50-58 NK, sot-T
CD159a NKG2A 43-70 NK
CD 160 BY55 27-80 y T'v'y.7:^^,::yA■y: ';‘y:':y;y ;
C D lól NKRP1A 60 NK, T
CD162 PSGL-1 (CD62Pligando) 120-250 M, G, T, sot-B
CD1Ó2R PEN5 ,;;. : y.y- 140-240 y'.' n k
CD 163 ; M I 30 110-130 M, M a
CD 164 MGC-24 80-160 M, G, T, B
CD 165 A !08 y.y. 37-42 Pst, T, NK, Tim
CD 166 ALCAM (CD6 ligando) 100-105 ■■
CD1 ó7a Dominio R deíla discoidina { DDR1} 52-62 Molecole di adesione
CD 168 RHAMM 84-88 Molecole di adesione
CD 169 Sialoadesina 180-200 Molecole di adesione
CD 170 Sigiec-5 ; 140 Molecole di adesione
CD171 ■L1 180-230 Molecole di adesione
CD172a SIRP alfa 85-120 Molecole di adesione
CD 173 Gruppo ematico H tipo 2 A'., y 170 : St.ca
CD174 Lewis Y y y y ;; 170 St.ca
CD 175 ■Tn :':yy; St.ca
CD175s Sialyl-Tn St.ca ;
CD 176 TF 120-198 St.ca
CD177 NB1 y y 49-64 Mye
CD178 Fas ligando 26-40 Citochina/Rec.chem
CD179a Vpre-B 16-18 B
CD179b Lambda 5 22 B
CD180 RP105/Bgp95 95-105 B
CD 183 CXCR3 41 v i Ree. citochina/Rec.chem
CD184 CXCR4 (fusina) 8-10 Ree. citochina/Rec.chem
CD195 CCR5 37-40 Ree. citochina/Rec.chem
CDwl 97 CCR7 90 Ree. citochina/Rec.chem
CD200 0X2 40-45 Non-lineage molecules
CD201 EPCR 25-49 E y :;
354 - Sangue e funzioni delle varie popolazioni cellulari

CD Nome deH'Antigene • Péso molecolare (KP) Cellule reattive

CD202b Tie2 (tek) 140 E


CD203c NPP3/PDNP3 150*270 Mye
CD204 Macrophage scavenger R 220 Mye
CD205 DEC205 200 Den
CD206 Mannosio R del macrofago 162-175 Den V
GD207 Langerina ..... 40 •• Den
CD208 DC-LAMP 70-90 Den
CD 209 DC-SIGN 44 : . . Den
CDw2ìO IL-10R 90 ' Citochina/Rec.chem
CD212 IL-12R 100 Citochina/Rec.chem
CD2T3a1 1L-13R alfa! 65 Citochina/Rec.chem
CD213a2 IL-13 alfa2 65 Citochina/Rec.che
CDw217 " |!--17R 120 Citochina/Rec.chem
CD220 Recettore insulina 230-400 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD221 IGF1R 230-250 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD222 Mannose-6-phosphate 230-300 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD223 LAG-3 36-61 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD224 Gamma-gJutamil transferasi 22-68 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD225 Leu 13 16-18 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD226 DNAM-Ì (PTA1) '65 T ./
CD227 MUC.1 220-700 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD228 Melanotransferrina ■ 40 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD229 Ly9 100-120 Molecole di tipo " Non-lineage" T
CD230 Proteina del prione 33-37 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD231 TALLA-1/A15 45-150 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD232 VESPR 200 Molecole di tipo " Non-lineage"
CD233 Banda 3 95-110 ■
■" Ery.'-.;
CD234 Fy-glycoprotein (DARC) 35-43
CD235a Giicoforina A 36 . 'Ery-
CD235b Glicoforina B 20 Ery
CD235ab Giicoforina A/B ‘ - Ery-
CD236 Glicoforina C/D 32 -■ Ery ;;
CD236R Giicoforina C : ■ 32 ■: try '
CD238 KeH :. : 93';
CD239 B-cam 80 Ery
CD240CE Rh30CE 30 ; ■Ery
CD240DCE Rh30D/CE anticorpi crossreattivi 30 ■Ery
CD241 RhAg . : 30 Ery
CD242 ICAM-4 40 Ery
CD243 MDR-1 180 Stem/Prog; Ery
CD244 2B4 70 NK
CD245 P220/240 220 T
CD246 Kinasi associata a! linfoma anaplasticc 200 T
Zeta chain T
CD247
: ià; : ;;
Legenda: Pst = piastrine; Mo = memoriti; G = granulociti; M = macrofagi; E - cellule endoteliali; F = fibroblasti; S = cellule stromaii;
Den = Cellule dentritiche; Ery = GR e precursori midollari; Meg = megacariociti; Eo = eosinofili; REC = cellule reticolo endoteliali; Tim =
timociti; Plasm = plasmaceli le; Mye = cellule mieloidi; L = cellule linfoidi; Ba = basofili att = attivati; prog = progenitori; sot = sottopo­
polazioni; GP = glicoproteina CD34+ AL = alta intensità, BS = bassa intensità; MED = media intensità; linee = linee cellulari; HEV =
high endothelial venules; ree = recettore; NS = non specifico; St.ca = Strutture simi! carboidrati; Rec.chem = recettori chemochine.
Anemie
F. Lanza

Il termine anemia indica la riduzione della massa valori normali; ad esempio, nel terzo trimestre di
o del volume eritrocitario totale, nonché del tasso di gravidanza l'aumento della volemia, dovuto ad
emoglobina (Hb) del sangue, al di sotto dei limiti un'espansione soprattutto del plasma, porta al rilie-
inferiori considerati normali per l'età, il sesso e per vo di una falsa anemia da emodiluizione: la massa
la popolazione di interesse. I valori eritrocitari di eritrocitaria totale e la quantità totale di emoglobi-
riferimento (chiamati impropriamente normali) na risultano infatti normali.
sono elencati in tabella 1. Per anni le anemie sono state classificate secon-
La massa eritrocitaria totale è espressa dall'ema- do criteri fisiopatologici; l'introduzione di analizza­
tocelo (Hct), che risulta dal rapporto tra la massa tori ematologici di nuova generazione ha permesso
eritrocitaria e il volume totale del sangue; nelle con- di distinguere le anemie su base morfologica,
dizioni anemiche si verifica una riduzione del vaio- tenendo conto dei diversi parametri laboratoristici
re Hct, una riduzione del numero di globuli rossi ottenuti, in particolare con i valori MCV, MCH e
(GR), e del valore di Hb. RDW.
Si possono osservare condizioni fisiologiche Entrambi gli approcci classificativi hanno subito
nelle quali il valore di Hb si riduce al di sotto dei in questi anni modifiche sostanziali, correlate al

Valori érilrocifari di riferimento

Unita Fattore Unità SI y


Ay s tradizionali ^ di conversione
Eritrociti uomo: 4,6-6,2 x IO6 |iL IO6 4,6-6,2 x 1012/L
donna: 4,2-5,4 X IO6 (iL IO6 4,2-5,4 x 1012/L
Ematocrito somatico uomo: 40-50% 0,40-0,50
oo
oo

donna: 38-43% 0,38-0,43


Valori derivati '■ -V; ■ -V-''’ v:.'v ^-y’ '-•'.'.'i’-:.'V.: '
MCV Ht (ematocrito) X 100
(volume corpuscolare medio) -76-90 ¡1 3 76-90 fL
Eritrociti, in milìoni/[jiL (femtolitri)
(Le prime due cifre)
MCH : Hb (g/dL)
(Hb corpuscolare media) “ 27-31 pg 27-31 pg
: Eritrociti, in milioni/j.lL
MCHC (concentrazione emogiobinica corpu­
scolare media) i1) H bl9/dt| x,0 0 -32-36 % (gr/dl) 0,32-0,36
Ht
RDW I ;
(ampiezza di distribuzione eritrocitario)!1} -11,5-14,5 7o
HDW (2) -2,20-3,20 g/dl
(ampiezza di distribuzione dell'emoglobina}
I1) Sistemi ematologici tipo Technicon serie H- Advia 120 sono in grado di determinare direttamente la concentrazione emoglobinica cor­
puscolare media (CHCM), in quanto impiegano come sorgente luminosa un laser elio-neon, e i globuli rossi, in uno specifico canale di let­
tura, vengono fissati e sfericizzazti mediante un opportuno trattamento. Si ottengono così grafici di distribuzione eritrocitaria per volume
e contenuto emoglobinico di notevole rilevanza clinica e laboratoristica.
(2) RDW: è un indice di anisocitosi eritrocitario, viene misurato sia dai sistemi Bayer (citochimica automatizzata) che Coulter (su base impe-
denziometrica).
356 y Anemie
Classificazione delle anemie su fckisé ; progressivo ampliamento delle conoscenze scienti­
fiche connesse a questi settori dell'ematologia clini­
fisiopatologica e cinetica
ca e labor aforistica.
Per quanto attiene gli aspetti dì fisiopatologia
Anemie relative o spurie (da emodiluizione) delle anemie, si ritiene che questa condizione pato­
® Gravidanza (2°-3° trimestre) logica possa derivare dall'intervento di uno o più
dei seguenti fattori:
0 Massiva splenomegalia
© Aumento della volemia secondaria a scompenso a) modificazioni del compartimento di cellule sta­
cardiaco congestizio, insufficienza renale con oligu­ minali multipotenti o "commilted" in senso eri­
ria, cirrosi epatica troide
o Macroglobuiinemia di Waldenstrom b) modificazioni del microambiente midollare a
© Carenze alimentari di grado severo contatto del quale si svolge il processo eritro-
■ Anemie assolute ■■ poietico
c) modificazioni dei processi di sintesi dell'emoglo­
Anemia da ridotta produzione eritrocitaria bina e/o. di proliferazione e differenziazione dei
Sindromi mielodisplastiche precursori midollari della serie eritroide (dalla
Anemia aplastica fase pro-eritroblastica a quella reticolocitaria)
Aplasia eritroide pura d) modificazioni del processo di emocateresi prin­
Neoplasie infiltranti il midollo osseo (anemia mieloftisica) cipalmente a livello spleno-epatico
Patologie secondarie a ridotta produzione di eritropoietina e) sviluppo di alterazioni delle pareti vasali con
® insufficienza renale conseguente iperdistruzione eritrocitaria; modi­
® malattie endocrine: ipotiroidismo ficazioni vasali possono anche intervenire a
Anemie diseritropoietiche croniche seguito di manovre chirurgiche invasive quali
Anemie a patogenesi multipla posizionamento di valvole cardiache o segmenti
9 malnutrizione di vasi artificiali.
® anemie delie malattie croniche In molte condizioni anemiche intervengono più
Anemie da alterata sintesi dell'emoglobina (ipocromiche): fattori, per cui si parla di anemie su base multifatto-
® da carenza di ferro ■ riale.
© da difettosa sintesi delle catene globiniche (talassemie) La tabella 2 riporta la classificazione delle ane­
® atransferrinemia congenita mie su base fisiopatologica.
« da difettosa sintesi dell'anello tetrapirroìico dell'eme Per quanto concerne gli aspetti morfologici, la recente intro­
(porfirie, intossicazione da piombo, anemia sidero- duzione di contatori elettronici di nuova generazione hanno for­
blastica congenita) nito al patologo clinico nuovi parametri di studio delle cellule
• da alterazione nella sintesi del DNA (anemie macro- ematiche. Particolare rilevanza ha assunto in quest'ottica il RDW
citiche) {Red Distrìbution Width; ampiezza di distribuzione dei GR, che
corrisponde alla curva di Price Jones dell'epoca pre-automatica),
® deficit di vitamina B12 che permette di discriminare le anemie microcitiche omogenee
0 deficit di fiolati (per es.: talassemie, caratterizzate da MCV ridotto e RDW nor­
Anemia da aumentata distruzione eritrocitaria o da émór- male) da quelle disomogenee (anemie ferro-carenziali, contrasse­
ragia gnate da MCV ridotto o normale e RDW sensibilmente aumenta­
to). Anche nell'ambito delle anemie da alterata maturazione
Anemie da cause intrinseche nucleare (secondarie a carenza di vitamina B12 o di acido folico)
«difetti di membrana (sferocitosi ereditaria, ellissoci- l'ìndice RDW si è dimostrato più affidabile rispetto all'MCV, nel­
tosi, acantocitosi, stomatocitosi ereditaria) l'identificazione dell'anemia. Anche la misura diretta della con­
» deficit enzimatici (glucosio 6-fosfato deidrogenasi- centrazione emoglobìnìca corpuscolare media (CHCM) ha per­
GóPD; piruvato ehinasi-PK, porfirie) messo una rivalutazione sostanziale di questo parametro, ritenu­
to fino ai primi anni Ottanta di notevole importanza laboratori-
® emoglobinopatie stica e recentemente caduto in disuso nella pratica clinica. Ciò si
® emoglobinuria parossistica notturna può spiegare con il fatto che i normali contatori automatici forni­
Anemia da cause estrinseche scono valori molto più attendibili di MCH rispetto all'MCHC; di
conseguenza la vecchia classificazione morfologica che suddivi'
0 meccaniche (emoglobinuria da marcia o degli spor­ deva le anemie in microcitiche ipocromiche, normocitìche nor-
tivi, da valvulopatie cardiache, microangiopaticne) mocromiche e macrocitiche ipercromiche, sulla base dei valori
• chimico-fisiche (sostanze tossiche, veleni, farmaci, MCHC e MCV risulta, alla luce delle attuali conoscenze, impre-
ustioni) cisa e poco riproducibile, e va integrata con i valori CHCM e
« infezioni (batteri, virus, protozoi) MCH e RDW laddove disponibili. Essendo però, il CHCM dispo­
nibile solamente in alcuni laboratori, una moderna classificazio­
© mediate da anticorpi (anemie emolitiche autoimmu­ ne su base morfologica deve essere impostata tenendo conto dei
ni da anticorpi calai o freddi, malattia emolitica allo seguenti indici: MCV, MCH e RDW (Tab. 3).
immune del neonato, anticorpi anti-farmaco cross­
reagenti con gli eritrociti) Il quadro a n a to m o -p a to lo g ic o delle anemie
© [persplenismo dipende dalla entità della perdita ematica, dalla
0 Anemia da emorragia acuta rapidità con cui essa si è stabilita e dalla sua dura­
ta, ed è anche largamente influenzata dai fattori
Anemie mìcrocitiche fe 357

etiopatogenetici responsabili. In linea generale nelle Alle lesioni morfologiche anossiche, si aggiun­
anemie acute (soprattutto in quelle post-emorragi­ gono spesso fenomeni, più o meno intensi, di emo-
che) prevalgono i fenomeni correlati alla severità siderosi quando il quadro dipende da estesa distru­
della anemizzazione della cute, delle mucose e zione di eritrociti (anemie emolitiche), o a seguito di
degli organi interni, con possibile comparsa di terapie marziali intensive, o di ripetute trasfusioni
lesioni da shock a livello soprattutto del rene. sanguigne. I depositi di emosiderina (già apprezza­
Nelle anemie croniche, oltre allo stato di deplezio- bili macroscopicamente per il colorito rugginoso
ne della massa eritrocitaria, sono presenti alterazio­ che gli organi assumono nei casi di più vistosa emo-
ni morfologiche conseguenti all'anossia tessutale. siderosi), hanno sede soprattutto nei macrofagi (del
Queste alterazioni consistono soprattutto in feno­ fegato, della milza, dei linfonodi, del midollo osseo
meni di steatosi e sono maggiormente evidenti nel e di altri tessuti); nei casi di più grave emosiderosi,
miocardio (ove l'estesa degenerazione delle fibre vengono interessate anche le cellule parenchimali
muscolari può portare al quadro del cosiddetto dei diversi organi (fegato, pancreas, miocardio, etc.)
«cor tigratum»), nel fegato (con steatosi in sede cen­ fino a quadri di siderocromatosi.
trolobulare), nel rene (ove la steatosi colpisce eletti­ II comportamento del midollo osseo dipende
vamente le cellule epiteliali dei lobuli contorti pros­ dalle sue capacità di risposta allo stimolo eritropoie-
simali) e nel sistema nervoso centrale (cellule ner­ tinico. Nei casi più frequenti esso va incontro ad
vose della corteccia cerebrale e dei gangli della iperplasia, specie a carico della serie rossa, con tra­
base), organi tutti le cui cellule sono particolarmen­ sformazione del midollo grasso in midollo rosso-
te sensibili airanossia. funzionante (anemie rigenerative); nei casi, invece,
in cui il midollo è incapace di reagire (anemie arige­
nerative), esso può apparire di aspetto grasso anche
Classificazione delle anemie subase a livello delle ossa spugnose normalmente provvi­
iia ; ste di midollo emopoietico (anemie aplastiche). Infi­
seguenti parametri: MCty RDW, e MCH, ne va ricordato il possibile reperto di focolai emo­
determinati in maniera automatica con i poietici extramidollari, specie nel fegato, nella milza
modemianalizzatoriématologici e nei linfonodi, in parte a significato compensatorio
e di più frequente riscontro in corso di emoglobino­
patie e forme anemiche ad insorgenza infantile.
Anemia microcitica omogenea. Per semplicità di esposizione i diversi quadri di
(MCV e MCH ridotti; RDW normale) anemia verranno suddivisi sulla base di criteri mor­
Beta talassemia minor (eterozigote) fologici integrando, laddove necessario, con para­
: Anemia della malattia cronica metri di ordine fisiopatologico, cinetico o laborato-
Anemia microcitica eterogenea ristico (Tab. 4 e 5).
(MCV e MCH ridotti, RDW elevato)
Anemia da carenza di Ferro
Anemia da frammentazione eritrocitaria f§¡ Anemie mìcrocitiche
Emoglobinopatie Sono comprese diverse varianti caratterizzate
Anemia normocitica omogenea dalla riduzione di massa e di volume degli eritrociti.
(MCV, MCH e RDW normale)
Anemia da perdite ematiche acute Anemia ferro carenziale
Sferocitosi ereditaria
Anemia da infiltrazione midollare La carenza di ferro non è subito seguita da una
Anemia normocitica eterogenea diminuzione della concentrazione ematica di emo­
(MCV e MCH normali, RDW elevato) globina: le riserve di ferro possono essere ancora
Anemia sideropenica in fase precoce sufficienti per mantenere un'emoglobinopoiesi ai
Mieiofibrosi idiopatica limiti della norma. Se la carenza di ferro perdura e
Anemia sideroblastica congenita si aggrava dopo l'esaurimento dei depositi, allora la
Anemia macrocitica omogenea concentrazione ematica di emoglobina incomincia a
(MCV e MCH elevati, RDW normale) diminuire. Si riducono il MCV ( < 7 5 fL) e MCH, il
Anemia aplastica valore di RDW è aumentato e nelle forme gravi di
Macrocitosi su base iatrogena (AZT, idrossiurea ecc) anemie ferro-carenziali può raggiungere valori
anche doppi rispetto ai limiti di normalità. Quando
Anemia macrocitica eterogenea conclamata, questa forma di anemia si caratterizza
(MCV, MCH e RDW elevati) quindi per i seguenti caratteri:
Anemia da carenza di folati e/o di vitamina B12
Anemia emolitiche autoimmuni a) sideremia diminuita;
Sindromi mieiodisplastiche b) transferrina aumentata (diminuzione della sua quota
satura sotto il 16%);
RDW = red dìstribution width (ampiezza di distribuzione dei GR) c) ferritinemia diminuita.
358 & Anemie
Anemie a MCV e MCH ridotti; ! Anemie a MCV ed MCH normali;
diagnostica differenziale basata ■ j diagnosi differenziale
valori della sideremia

Con sideremia diminuita Il conteggio dei reticolociti, il dosaggio dell'eritropoietina


® Con transferrina totale aumentata; diminuzione delia sierica e dell'eritrocìnetica, permettono di distinguerle in
quota satura (<Ì6%) e della concentrazione ematica di 1) forme rigeneratìve e 2) forme ipogenerative.
ferritina. Forme rigenerative
® Sospetta perdita di sangue per processi vari: 9 Periodi immediatamente successivi a un'emorragia
- in entrambi i sessi: per malattie del tubo digerente, acutissima (vi è solo ipovolemia, senza anemia appa-
del rene e delle via urinarie V rente)
- Nel sesso femminile: anamnesi per ipermcnorree, • Anemie emolitiche
parti, aborti, spirale; esame ginecologico per fibro­
mi e tumori maligni. Forme ipogenerative
- Sospetto di insufficiente apporto di ferro per: • Anemia aplastica globale:
- Deficit alimentare (allattamenti prolungati, anemie Costituzionale di Panconi
da latte di capra, diete speciali e carenzate) - Acquisita
- Insufficiente assorbimento intestinale ® Anemie secondarie a:
- ipocloridria - Esposizione ad agenti chimici e fisici (farmaci come
- Sindromi di ma lassorbi mento il eloramfenicoio, feniIbufazone, ticiopidina (ed altri
® Con transferrina totale diminuita, aumento della sua ancora}, etanolo, radiazioni)
quota satura e ferritina normale o più spesso aumentata - Infezióni (epatite virale, tubercolosi miliare)
- Anemie secondarie a processi infettivi cronici, artri­ - Cause immunità riè (anticorpi, graft versus, host
te reumatoide. disease); malattie endocrine (ipotiroidismo, ipoan-
drogenismo); insufficienza renale
Con sideremia aumentata: ® Emopatie gravi: la diagnosi richiede la biopsia midol­
® Sospetto di sindrome mielodisplasticà (ricerca dei lare che permette di distinguere i seguenti casi:
sideroblasti nel midollo osseo) - midollo invaso (mieioma, leucemìa linfatica cronica,
- Forme tossiche leucemie acute, smoùidering leukemia, metastasi
- Forme genetiche tumorali ctc.)
- Forme aa emopatie primitive .- midollo ricco (sindromi prè-leucemiche, anemie ■
diseritroblastiche primitive etc.)
Con sideremia normale: - midollo povero o vuoto (fibrosi midollare e osteo-
se MCV < 68fim/ pensare sempre alla microcitemia taias- mieloscierosi, anemie eritroblastiche pure, aplasia
semica midollare (da farmaci?)

Va sempre tenuto presente che, essendo il ferro di granuli bruni nei preparati non colorati e di
un elemento in pratica ad una sola via (entra nell'or­ granuli blu dopo reazione di Perls.,
ganismo e non ne esce che in minima quantità),
Dal 1942 (data dell'isolamento della ferritina epa­
nella donna una volta finito l'accrescimento o sospe­
se le perdite mestruali, il fabbisogno di ferro è mini­ tica ad opera di Granick) al 1972 la ferritina è stata
mo. Così, un'anemia iposideremica con una deple- considerata come una proteina dei tessuti, contenuta
zione delle riserve di ferro in un maschio adulto o in soprattutto nelle cellule epatiche, spleniche e midol­
una donna in postmenopausa è praticamente sem­ lari: una proteina (deputata all'immagazzinamento
pre secondaria ad una perdita di sangue; occasio­ del ferro) che non compariva in circolo se non in con­
nalmente può essere riconducibile ad un alterato dizioni eccezionali, per esempio dopo necrosi epati­
assorbimento enterico. Va sottolineato che Fassorbi­ ca. Solo nel 1972 l'impiego di nuovi metodi di ricer­
mento di ferro (trasformato in ferro bivalente dell'a­ ca ha permesso di accertare come la ferritina sia un
cido. cloridrico dello stomaco) avviene soprattutto componente normale del siero dei soggetti sani.
nel duodeno e nella parte superiore del digiuno. La ferritina è costituita da una guscio proteico cavo (chiama­
Il ferro dei depositi (macrofagi del midollo to apoferritina) che può contenere fino a 4.000 atomi di ferro. Da
osseo, della milza, del fegato) si trova in due forme. questa sfera (che gode delle proprietà delle proteine perché il
ferro non affiora alla superficie) gli atomi di ferro possono usci-
1. Ferritina (ferro + apoferritina): è un composto re (o entrare) tramite sei canali. I vari tessuti (quasi tutte le cellu­
idrosolubile che nei preparati per inclusione le sono capaci di sintetizzare ferritina) contengono ferritine leg­
scompare, appunto grazie a questa idrosolubilità. germente diverse (isoferritine) per la loro costituzione proteica,
che è possibile distinguere con metodi immunologie!.
2. Emosiderina (aggregato amorfo di molecole di Oggigiorno vi sono informazioni sufficienti per affermare
ferritina): composto insolubile che ha l'aspetto che esiste un rapporto direttamente proporzionale tra concentra­
Anemie microcitiche & 359

zione sierica di ferritina ed entità dei depositi di ferro nei tessu­ zioni emorragizzanti come le varici esofagee)
ti. In linea generale, ad 1 n g /L di ferritina corrispondono 8 mg
(esami radiologici e fibroscopici): neoplasie e
di ferro mobilizzato dai tessuti. Inoltre, la ferritinemia è ben cor­
relata con la quantità di ferro dimostrabile nelle biopsie midolla­ polipi, rettocolite emorragica.
ri con metodi biochimici; la stessa correlazione vale per le riser­ Il tenue va studiato se queste ricerche danno esito negativo.
ve marziali extramidollari evidenziabili in pazienti affetti da Le lesioni del tenue (neoplasìe varie, tra cui angiomi) spesso
sovraccarichi di ferro (tramite biopsia epatica). sfuggono all'esame radiologico di routine. Lesioni emorragi­
Esistono ancora degli ostacoli all'accettazione della ferritine- che possono anche derivare dall'apparato urinario (macro-
inia come spia delle riserve di ferro contenute nei tessuti in micro-ematurie) e dall'apparato respiratorio. Nella donna,
quanto questo parametro subisce un aumento anche significati­ oltre a queste possibili cause dì emorragia, sì dovranno pren­
vo (fino a concentrazioni di migliaia di n g/L ) in corso dì patolo­ dere in considerazione le gravidanze ripetute, ciascuna delle
gie infiammatorie/infettive sistemiche divario tipo, necrosi epa­ quali porta una perdita di ferro che è stata valutata in 400 mg
tica, processi tumorali. Questo avviene in quanto la ferritina è (1) di cui circa 280 vanno al feto, le cause di metrorragia
una delle "proteine di fase acuta” e aumenta dunque nelle fasi (discrinie, neoplasie, fibromi, mestruazioni ravvicinate, spi­
acute dei processi infiammatori e necrotici (per esempio, nei 3 rali). La perdita mestruale media di sangue sarebbe di 34 mL
giorni che seguono un infarto miocardio) oppure dopo un inter­ (però con una vasta variabilità, fino a 200 mL). Perdite
vento chirurgico: in questi casi però la transferrina tende a dimi­ mestruali dì sangue superiori a 60 mL porterebbero ad una
nuire. Per interpretare quindi correttamente il quadro di anemia, sideropenia. Si tenga presente che una terapia intensiva a
è dunque necessario escludere eventuali concause, studiando il base dì ferro può temporaneamente attenuare o far scompa­
contesto clinico e biochimico, prima di utilizzare il valore della rire il sintomo anemia, anche in affezioni parassitarie come
ferritinemia come indice delle riserve tissutalì di ferro. H signifi­
l'ankilostomiasi, e persino nei tumori del tubo digerente
cato clinico delle diverse isoferritine non è invece ancora stato
naturalmente senza che l'affezione principale si arresti, e
chiarito. Nella anemia ferrocarenziale, iJ valore della sieroferriti-
creare così una sensazione di falsa sicurezza nel paziente e
na scende sotto a 12 |xg/L; sopra 200 (xg/L questa diagnosi può
nel medico.
essere scartata. Una certa cautela va posta nella valutazione del­
l'assetto marziale di pazienti talassemici, ed epatopatici i quali - insufficiente apporto alimentare, come nelle
hanno aiti valori di ferritinemia; un brusco calo del valore di fer­
ritina può essere indice dì carenza marziale anche in presenza di
anemie da allattamento prolungato o da latte di
valori alti di questo indice laboratoristi co. L'indagine, semplice e capra nei bambini; le anemie che compaiono in
pratica, può essere usata per screening di massa su bambini; nel soggetti ad alimentazione largamente insuffi­
corso della gravidanza; sui donatori di sangue; su popolazioni a ciente o che seguono diete speciali, ecc.
dieta carente. I suoi risultati sono molto utili anche per monito­
rare un'eventuale terapia marziale. La concentrazione ematica di - malassorbimento e/o altri difetti digestivi, spes­
ferritina non presenta quelle oscillazioni che rendono difficile so accompagnati da ipocloridria
l'interpretazione sia della sideremìa che della trasferrinemia.

Un aumento della ferritinemia al di sopra dei


200 ng/L deve essere interpretata. Quando si è sicu­ 0B Emoglobinopafie
ri che il dato non è in rapporto con l'esistenza di Rappresentano un gruppo eterogeneo di patolo­
una neoplasia/ di una leucemia acuta o di un'epati­ gie eritrocitarie sia dal punto di vista morfologico
te acuta (o di un altro processo infiammatorio che patogenetico.
acuto), essa può indicare: Con il termine di emoglobinopatia vengono
1) un sovraccarico delle riserve di ferro secondario indicate le condizioni congenite ed ereditarie carat­
ad anemie aplastiche, emolitiche, sideroblastiche terizzate da una abnorme sintesi della componente
(con valori anche superiori a 2.000-7.000 ug/L; globinica dell'emoglobina. La sintesi di emoglobina
(Hb) è sotto il controllo di geni specifici, denomina­
2) l'esistenza di una malattia cronica (tipica l'artri­ ti «loci strutturali» che hanno il compito di sintetiz­
te reumatoide) in cui esiste un'iposideremia che zare la sequenza aminoacidica di ciascuna delle
non è indice di carenza di ferro. quattro catene polipeptidiche alfa, beta, gamma,
Le cause principali di carenza marziale sono le delta, mentre «loci regolatori» esercitano un con­
seguenti: trollo quantitativo sulla sintesi della proteina.
La patogenesi delle emoglobinopatie dipende
- emorragie digestive (utile la ricerca del sangue dai seguenti fattori:
occulto nelle feci dopo 2-3 giorni di dieta priva
di rame) causate da affezioni esofagee e gastri­ 1. sintesi di catene polipeptidiche strutturalmente
che quali ulcera peptica, neoplasie, varici esofa­ abnormi (emoglobinosi) per sostituzione o per per­
gee, specie in presenza di ipertensione portale; dita di uno o, raramente, più d'uno degli ami­
- ernie dello iato esofageo; noacidi che compongono la catena globinica;
- le parassitosi, in particolare l'anchilostomiasi, 2. deficiente sintesi di una o più tipi di catena globinica
che nelle regioni tropicali e in passato anche da normale (alfa, beta, alfa-beta; tipica delle talassemie);
noi, specie tra gli ortolani, era la causa più fre­ 3. sintesi di tetrameri costituiti da 4 catene polipeptidiche
quente di anemie ipocromiche (in questi casi è tutte dello stesso tipo (composti da globine struttural­
utile la rice rca d ei g ran u lo citi eosinofili n el san ­ mente normali o patologiche); questi tendono a
gue; dosaggio delle IgE nel siero; accurato precipitare o ad aggregarsi all'interno della cellu­
esame delle feci); la dando origine a tetrametri patologici e instabili.
- le affezioni colon rettali (emorroidi sanguinanti, 4. persistenza ereditaria di emoglobina fetale
(che però possono accompagnarsi ad altre situa­ (HbF).
360 ss Anemie
La trasmissione del gene patologico avviene secon­ no mediterraneo (in Italia sono frequenti nell'area
do le leggi dell'ereditarietà autosomica recessiva o del Delta Padano, in Sardegna, Sicilia, Puglia, Cala­
dominante. Le Hb strutturalmente abnormi note bria e Campania), Africa, India, e Medio Oriente.
sino ad oggi sono oltre 200; molte di esse sono L'alfa-talassemia, molto più rara tra le razze medi-
osservabili in singoli gruppi familiari o etnici, ma terranee, è diffusa invece nel Medio-Estremo Orien­
talune (come le talassemie e la drepanocitosi) sono te e tra i negri africani d'America.
presenti in milioni di persone con prevalenza in
B eta -tola ssem ia m aior. Denominata anche Morbo
gruppi etnici mediterranei, Africa centrale, India e
di Cooley rappresenta una grave forma di talasse­
regioni Medio-Orientali.
mia ad esito mortale, dovuta alla alterazione, allo
stato omozigote, del gene beta-globinico. In realtà
Sindromi talassemiche comprendono diverse condizioni patologiche a
Si tratta di un gruppo eterogeneo di emoglobi- secondo del tipo di alterazione globinica. Esiste una
nopatie dovute ad una diminuita o assente sintesi variante (3°, caratterizzata da mancata sintesi della
di una o più catene globiniche che entrano nella catena ¡3 globinica, e una variante (3+, caratterizzata
costituzione deirHb normale. La denominazione di da ridotta sintesi della catena globinica. In entram­
beta-, alfa-talassemia indica appunto il tipo di cate­ bi i casi le alterazioni genetiche sono eterogenee,
ne di cui è deficitaria la sintesi. potendo intervenire mutazioni puntiformi "non-
sense" (in grado di determinare l'arresto della tra­
Esistono anche forme miste (alfa-beta talassemia) o forme
scrizione di mRNA) a vari livelli della sequenza
caratterizzate dalla persistenza ereditaria del l'emoglobina fetale.
In corso di beta talassemia, le catene alfa lìbere tendono a preci­ genica (introni, esoni, geni promoter). A secondo
pitare airinterno della cellula eritroide, o talora ad aggregare del tipo di anomalie genica, si possono osservare
formando dei tetrametri anomali, insolubili che determinano quadri clinici di diversa gravità.
sofferenza cellulare e morte intramidollare. Nella talassemia In linea generale, l'elettroforesi dell'emoglobina
alfa, l'eccesso di catene beta induce le stesse alterazioni della
beta talassemia; a differenza di ciò che succede in corso di beta
pone in evidenza un'alta percentuale di Hb F (15-
talassemia, nella talassemia alfa le catene beta in eccesso risulta­ 90%), una quantità superiore alla norma (4-6%) di
no più solubili per cui si formano dei tetrametri ¡34 che permet­ Hb A2 e una ridotta percentuale di Hb A.
tono al globulo rosso di compiere per intero il processo matura- Nel sangue periferico si rileva marcata riduzio­
tivo (sia pure in presenza di una componente variabile di eritro­ ne del numero di GR (spesso inferiore ai
poiesi inefficace).
2.000.000/^L), valore Hb (3-7 g/100 dL), MCH (16-
L'anemia del talassemico quindi è riconducibile 20 pg); mentre solo modestamente ridotto è il
sia all'eritropoiesi inefficace, che ad una iperemolisi MCHC; l'anisopoichilocitosi è spiccatissima con
cronica (conseguente alla precipitazione intraeritro- presenza di frequenti cellule a bersaglio (target
citaria dei tetrametri anomali); ne consegue una mar­ cells), ellissociti, schistociti ed emazie dalle forme
cata e progressiva iperplasia eritroide midollare che più bizzarre (Fig. 1); sono presenti inoltre emazie
coinvolge il midollo osseo ed altri tessuti emopoieti­ policromatofile o con punteggiatura basofila o con
ci con conseguenti alterazioni scheletriche. corpi di Jolly, eritroblasti in vari atteggiamenti
Le emazie mostrano una iperresistenza osmoti­ maturativi (per lo più ortocromatici o policromato-
ca associata ad una abnorme fragilità di fronte agli fìlì, spesso con nucleo picnotico); l'eritroblastosi
insulti meccanici nel passaggio in circolo; a livello periferica può raggiungere valori molto alti (fino a
dei capillari dei visceri ne deriva una riduzione 100.000/jnL); discreto l'aumento dei reticolociti
della loro sopravvivenza. Quest'ultima caratteristi­ (fino al 5-15%); i contatori automatici rivelano una
ca non è propria però dell'intera popolazione eri­ marcata microcitosi e una riduzione del MCHC; il
trocitaria; sono infatti in genere distinguibili due valore RDW è in genere aumentato. Piuttosto rara
popolazioni: Luna con durata di vita breve, l'altra a la leucocitosi (fino a 50.000/jLiL) con passaggio in
vita normale; la prima si caratterizza per un ecces­ circolo di mieloblasti e mielociti, anche se i contato­
so di Hb F mentre la seconda per una quantità scar­ ri elettronici spesso rivelano una falsa leucocitosi
sa o assente di HbF. (secondaria alla presenza di eritroblasti in circolo,
L’iperplasia eritroblastica è diffusa a tutto il midol­ che vengono misinterpretati come leucociti). I valo­
lo (quello giallo compreso) ma anche in sede extra­ ri di bilirubinemia indiretta (sino a 4 m g / 100 mi) e
midollari (eterotopica), ed è sostenuta da uno stimo­ sideremia sono aumentati così come l'indice di
lo eritropoietinico secondario all'iperemolisi che saturazione della transferrina.
intervenendo sin dall'epoca neonatale induce l'e­ Il midollo osseo presenta una marcata iperplasia
spansione del tessuto eritropoietico anche al di fuori eritroide con presenza di proeritroblasti ed eritro­
delle normali lacune ossee. Una quota cospicua di blasti giganti (megaloblasti); le forme più mature
eritrobblasti e di eritrociti neoformati midollari va presentano talora un diametro inferiore alla norma
incontro a distruzione prematura intramidollare (eri­ (microeritroblasti). Nella maggior parte degli eri­
tropoiesi inefficace) per i motivi sopramenzionati. troblasti l'eccesso di catene alfa, che non trovano le
La talassemie in generale ed in particolare le corrispondenti catene beta per formare i tetrameri,
beta talassemie rappresentano l'emoglobinopatie dà luogo a precipitati intra-cìtoplasmatici con con­
più diffuse al mondo, con zone endemiche nel baci­ seguente eritropoiesi inefficace.
Emoglobinopatie « 361

?9* ? - Morbo di Cooley. Tipica facies pseudomongoloide


(bambino di 4 anni).

del lattante, con altissima percentuale di HbF nelle


emazie e decesso nei primi anni di vita; b) quella
cronica della seconda e terza infanzia, tipica, con
esito infausto in epoca adolescenziale; c) quella
Fig. ì - Talassemia. Quadro ematico periferico: emazie a ber­ «mite» dell'adulto, con aggravio più lento e possi­
saglio e globuli deformi. bilità di sopravvivenza sin verso i 30-40 anni.
La storia naturale della malattia è in questi ulti­
Il quadro clinico si caratterizza quindi per i mi anni profondamente mutata per effetto delle
segni dell'iperemolisi, eritropoiesi inefficace, danno terapie attuali che hanno permesso di allungare in
epatico che evolve verso la cirrosi pigmentaria maniera significativa la vita di questi pazienti e in
(secondario all'emocromatosi), sofferenza cardiaca taluni casi anche di guarirli. La terapia si basa su un
che porta sino all'insufficienza cardiocircolatoria regime trasfusionale costante e a precoce inizio
congestizia, alterazioni scheletriche di ordine clini­ (primi anni di vita) che si pone come obiettivo quel­
co-radiologico (caratteristici la «facies microcitemi- lo di mantenere valori di emoglobina costanti attor­
ca» di aspetto mongoloide ed il «cranio a spazzo- no a 10 g/di. Il secondo presidio terapeutico si basa
la»); dal ritardo dello sviluppo corporeo nel bambi­ su una corretta terapia ferrochelante che elimina o
no (Fig. 2-5). La gravità del quadro clinico dipende per lo meno attenua le patologie poliorgano secon­
dal periodo di insorgenza della malattia; a) quella darie alla siderocromatosi. Utile ai fini controllo

Fig. 3 - Morbo di Cooley. a) Facies pseudomongoloide (bambino di 4


anni): evidenti le deformazioni cranio'facciali. b) Tipico "cranio a spazzo­
la" immagine radiografica. (Da P. Lari zza, D. Furbetta, Compendio di
medicina interna e terapia, voi. t, Piccin Padova, 1993).
362 s? Anemie

Fig. 4 - Morbo di Cooley. a) Calotta enormemente ispessita; b) aspetto della sezione trasversa della calotta cranica (particolare)
in un tipico "cranio a spazzola".
della malattia è la splenectomia. Il trapianto midol- Il quadro anatomopatologico è stato anch'esso
lare allogenico, da eseguirsi in fase precoci della modificato per effetto delle terapie. Si caratterizza
malattia (prima che si instauri emocromatosi) è in per le alterazioni dovute a) all'anemia, con i conco-
grado di guarire una buona parte di questi pazienti. mitanti fenomeni di degenerazione grassa dei

Fin. 5 - Morbo di Cooley. A) Particolare della figura 4b (Osso macerato). Totale trasformazione spugnosa della calotta. Sono visi­
bili dall'alto in basso: a) ii tavolato esterno , sottile ed irregolare ma costituito da osso addensato; b} Pampio strato spugnoso a tra-
becole parallele e perpendicolari ai piano osseo ("struttura a spazzola"), delimitanti ampie cavità anch'esse orientate in senso lon­
gitudinale; c) la zona di passaggio allo strato d}, spugnoso, a maglie meno larghe e con lamelle orientate in senso orizzontale; e)
il tavolatointerno sottile ed incompleto. B) Aspetto istologico della calotta cranica. Si notano numerosi focolai di ossificazione negli
spazi midollari.
Emoglobinopatie & 363

parenchimi (fegato, reni e miocardio), b) alla emosi- aspetto similgaucheriane, oltre ad essere costante-
derosi sistemica di entità variabile, ma spesso mente presenti in maggiore o minore abbondanza
imponente, specie nei soggetti più a lungo soprav­ nella milza (e nel midollo osseo), differiscono, per
vissuti e che hanno ricevuto, nel corso della malat­ caratteri istochimici ed ultrastrutturali, dalle cellule
tia, ripetute trasfusioni sanguigne, c) alla splenome- tesaurosiche, simili ma non identiche, descritte in
galia, e d) alle lesioni osteomidollari. altre condizioni, quali la malattia di Gaucher, la leu­
La milza è sempre e molto ingrandita (spesso > cemia mieloide cronica, la porpora trombocitopeni-
1 Kg), e di consistenza aumentata; la capsula è ca idiopatica e la cosiddetta «sindrome degli istioci­
alquanto ispessita. Al taglio la polpa è iperplastica, ti blu». L'esatta natura del materiale accumulato
di colorito rosso scuro e ben trattenuta, mentre i fol­ nelle cellule tesaurosiche talassemiche è ancora
licoli linfatici sono per lo più scarsamente visibili. oggetto di studio, ma sembra trattarsi prevalente­
Istologicamente accanto alla ipertrofia dei follicoli mente di sialoglicoproteine.
linfatici e alla congestione dei seni, si riscontra iper- Jì fegato, ingrandito ed aumentato di consisten­
plasia delle cellule monocito-macrofagiche dei cor­ za, con frequenti degenerazione grassa, presenta
doni di Billroth (talora con figure di eritrofagocito- spesso colorito rugginoso per la intensa emosidero-
si) e delle cellule di rivestimento dei seni, ed iper- si, e non sono rari, nei soggetti venuti a morte tardi­
plasia delle fibre reticolari, maggiormente spiccata vamente, aspetti similcirrotici o francamente cirro­
nelle fasi avanzate della malattia. H deposito emosi- tici, per i quali non si può escludere la responsabili­
derinico è in genere modesto, salvo nei casi che tà delle emotrasfusioni quale veicolo di infezione
hanno subito ripetute trasfusioni. Estesi focolai di da virus-epatite. Istologicamente, accanto alla stea-
emopoiesi, ad impronta prevalentemente eritro- tosi centrolobulare, spicca l'intensa emosiderosi sia
poietxca, si riscontrano soprattutto nelle forme pre­ delle cellule di Kupffer, ipertrofiche e più numero­
coci e gravi del lattante (Fig. 6a). se che di norma, sia delle cellule epatiche specie
Infine la presenza nella polpa di grossi istiociti, della periferia lobulare; spesso esiste sclerosi più o
con citoplasma abbondante, eosinofilo, granuloso, meno notevole fino ai quadri similcirrotici. Si pos­
intensamente PAS-positivo ed in parte anche sono osservare vistosi focolai eritroblastici (Fig. 7).
alcian-positivo (Fig. 6b). Tali cellule tesaurosiche, di I linfonodi sono spesso modicamente ipertrofici,

Fig. 6 - a} Morbo di Cooley. Milza, a) Intensa emosiderosi


delle cellule di sponda e marcata iperplasia pulpare per atti­
vità eritropoiefica, particolarmente evidente in b); cj grossi
istiociti con citoplasma intensamente PAS-positivo nel lume
dei seni venosi (cellule talassemiche).
364 & Anemie

Fig. 8 - Morbo di Cooley. Midollo osseo (striscio). Cospicua iper­


plasia eritroblastica con prevalenza delle forme più immature.

(anche se non esclusivo) del M. di Cooley. Tali alte­


Fig. 7 - Morbo di Cooíey. Fegato, a) Marcata emosiderosi epa- razioni ossee di tipo iperostotico-porotico sono tra
tocitaria, kupfferiana e isfocitaria negli spazi portali; b) inten­ l'altro responsabili, attraverso l'ispessimento delle
sa e diffusa eritropoiesi intravascolare compensatoria.
ossa della faccia ed in particolare delle ossa zigoma­
tiche, della «facies orientaloide» dei cooleyani.
possono presentare fenomeni di emosiderosi, spe­ H cuore, specie nei casi di lunga durata, è ipertrofi­
cie quelli situati nell'ilo epatico. co in toto per aumento di volume delle fibre musco­
Il midollo osseo è intensamente iperplastico di lari riconducibile allo stato anossiemico; coesistono
colorito rosso vivo in tutte le sedi, con abituale più o meno gravi fenomeni di degenerazione grassa,
scomparsa del midollo adiposo. La iperplasia di sclerosi interstiziale e dì emosiderosi; non manca­
riguarda soprattutto la serie rossa e consiste in un no inoltre casi di gravissima siderocromatosi del mio­
netto aumento degli eritroblasti, specie di quelli più cardio ad esito letale se non trattata opportunamente.
immaturi e delle forme basofile (eritropoiesi ineffi­ Il pancreas, spesso aumentato di consistenza e di
cace). Coesiste una iperplasia delle cellule istiocita- aspetto rugginoso, presenta una intensa emosiderosi
rie, diffusa o ad isolotti, con frequenti aspetti di erx- del tessuto acinoso (con incostante e per lo più
trofagocitosi e di immagazzinamento nel citopla­ modesta partecipazione delle cellule insulari) ed un
sma di materiale PAS positivo (Fig. 8). ispessimento modesto del connettivo interlobulare.
Costanti e caratteristiche sono le lesioni dello Negli altri organi, ima emosiderosi, a volte cospi­
scheletro, che raggiungono la loro massima espres­ cua, si riscontra istologicamente negli epiteli ghian­
sione nella seconda e terza infanzia e nelle rare dolari del surrene (corticale), della tiroide, delle
forme dell'adulto. Sono presenti fenomeni di osteo­ paratiroidi e dell/ipofisi, e spesso anche negli epiteli
porosi diffusa, ma più spiccata a livello delle parti di rivestimento e ghiandolari dello stomaco e dell'in-
scheletriche a struttura spugnosa, e di neoformazio­ testino, nonché nelle cellule istiocitarie di ogni orga­
ne ossea di origine periostale, per cui le ossa inte­ no e tessuto, con aspetti complessivi a volte apparen­
ressate aumentano di spessore anche notevolmente. temente sovrapponibili a quelli della emocromatosi
Singolare è inoltre, a livello specie della calotta cra­ (o siderocromatosi) essenziale. Esenti da depositi
nica ispessita (ma a volte anche delle ossa lunghe), emosiderinici sono i muscoli striati. È probabile che
la tendenza delle trabecole ossee neoformate ad Fipoevolutismo somatico ed anche sessuale, specie
assumere un orientamento perpendicolare alla nei maschi, dipenda da lesioni delle ghiandole endo­
superficie dell'osso. Ne deriva il classico aspetto crine; a parte l'emosiderosi, queste sono però esenti-
radiologico del «cranio a spazzola», caratteristico di regola da alterazioni significative.
Emoglobinopatie ^ 3Ó5

L'exitus avviene in genere per malattie intercor­ 50% di HbS, è in genere asintomatica. I portatori
rènti, per siderocromatosi, insufficienza cardiocir­ omozigoti del gene HbS presentano la malattia con­
colatoria, accidenti cardio-vascolari. clamata; possibili doppie eterozigosi per il gene
Beta-talassemia Minor è la forma eterozigote della beta-talasse- HbS e per un'altra Hb patologica - C, D, E, G —o
mia. Esiste in diverse forme cliniche. La forma «asintomatica», per la talassemia) che possono avere una sintoma­
nota anche come «talassemia minima» o «microcitemia costitu­ tologia più o meno attenuata.
zionale», rappresenta la condizione di «portatore sano» della Nell'HbS la catena polipeptidica beta presenta
talassemia. Occasionalmente si rilevano anomalie della facies,
lieve osteoporosi diffusa, e alcune anomalie eritrocitarie (micro-
la sostituzione del normale residuo aminoacidico
citosi, anisopoichilocitosi, emazie a bersaglio, eritrocitosii); l'ane­ idrofilo in posizione 6 (glutamina) con la un radica­
mia è assente o lieve; è sempre presente eritrocitosi secondaria le idrofobo, la vaiina (HbS: 22s); questa alterazione
ad iperincrezione eritropoietinìca. La forma anemica (detta dona alla catena stessa una struttura ciclica che
anche M. di RiettiGreppi-Micheli o talassemia intermedia si rile­ modifica le proprietà chimico-fisiche dell'intera
va tardivamente (giovane adulto). I valori di Hb oscillano tra 7-
10 g/dl, è presente splenomegalia, alterazioni ossee sfumate,
molecola emoglobinica.
normale sviluppo fisico e sessuale. Il decorso è cronico e caratte­ La forma a falce degli eritrociti è visualizzabile in vitro qua­
rizzato da processi infettivi che inducono un quadro clinico lora il sangue viene incubato ili ambiente povero di ossigeno
alternante (aggravamenti e remissioni). (test al metabisolfito di sodio di Itano-Pauling); in vivo questa
condizione si realizza solamente nelle zone di bassa tensione
Alfa-talassemia maìor. Trattasi della condizione omozigote, che
parziale dell'ossigeno (capillari venosi, microcircolo) - o nelle
porta a morte in epoca fetale. È frequente in Asia e in alcuni paesi
fasi di acidosi metabolica. Tipiche erano le crisi di falcizzazione
del Mediterraneo, e può esistere in una forma a"1" o oP a seconda
nei piloti di aerei (di razza negra) della seconda guerra mondia­
che la sintesi di catene a sia ridotta o assente. Rarissime le forme
le in cabine mal pressurizzate. Altre condizioni predisponesti
compatibili con la vita; in questi casi la morte interviene nella
alle crisi di falcizzazione sono rappresentate dalla gravidanza,
prima o seconda infanzia; il quadro clinico riproduce il morbo di
specialmente nelle ultime settimane gestazionali, brusche espo­
Cooìey. Il quadro laboratoristico se ne differenzia per la presenza
sizioni al freddo ed episodi infettivi.
di Hb anomala di tipo Bart (y4) associata a tracce di Hb H.
Nella forma più severa con morte intrauterina la placenta è
Il processo di «sickling» è responsabile del cor­
ipertrofica e pallida, il feto (che muore in genere tra la 25a e la 40a
settimana) presenta: idrope, epatosplenomegalia con accumulo teo sintomatologico di questa forma di anemia ere­
emosiderinico, emorragie cutanee, grave anemia con focolai di ditaria compensatoria dell'abnorme emolisi e quin­
eritropoiesi eterotopica, anemia ed eritroblastosi periferica con di limitata alla linea eritroblastica peraltro morfolo­
numerose forme basofile. gicamente normale. È presente subittero, ittero che
Alfa-talassemia minor. Trattasi di una condizione generalmente si aggrava nelle crisi falcemiche, colelitiasi (calcoli
asintomatica derivata dalla delezione di 2 dei 4 geni alfa globini- bilirubinici), epatomegalia, ulcere malleolari, sple­
ci. Dal punto di vista ematologico, è presente una lieve anemia nomegalia progressiva con possibilità di formazio­
microcitica, ipocromica, e aumento del numero dei globuli rossi.
La diagnosi si fonda su test genetici, in quanto la Hb Bart è
ne di infarti e/o emorragie, priapismo, retinopatia
assente in queste forme. proliferativa, infarti ed emorragie con conseguenti
crisi dolorose a livello dei vari organi e da alterazio­
ni ossee in rapporto all'iperplasia del midollo. Il
Persistenza ereditario di Hb F
decorso della malattia è spesso complicato da acci­
È stata descritta in Grecia ed Italia e viene trasmessa come denti cerebro-vascolari, episodi infettivi talora
carattere dominante; comporta una abnorme sintesi di Hb F
anche gravi, necrosi della testa del femore e la cosid­
strutturalmente normale. Il gene responsabile deriva da una
mutazione che inibisce la sintesi di catene beta con conseguente detta "acute chest sindrome" dovuta all'occlusione
aumento di Hb F; sembra essere il risultato di un'iperfunzione dei vasi del microcircolo polmonare con frequente
compensatoria del locus gamma. complicazioni broncopneumoniche infettive.
Nello stato omozigote (rarissimo, e che comporta solo microd- L'anemia è di gravità medio-severa, di tipo nor-
tosi senza anemia) l'Hb F è presente in tutte le emazie al 100%
mentre negli stati eterozigoti, l'HbF rappresenta il 10-20% all'esa­
mocromico con 7-8 g/dL di Hb (con aggravamento
me eìettroforetico di Hb. Sono note doppie eterozigosi: Hb F/Hb nelle fasi di emolisi acuta), è presente anisopoichi-
C; Hb F/beta talassemia (con il quadro clinico di una talassemia locitosi con elementi tipo target-cells accanto alle
minor, Hb F per un 65-70%, Hb A2 aumentata); Hb F/H b S (pre­ tipiche emazie oblunghe con estremità appuntite,
senti con quote rispettive del 30 e del 70%: lin questo caso l'ecces­
corpi di Howell-Jolly. Sono presenti tutti i segni del­
so di Hb F inibisce la trasformazione falcemica deile emazie in vivo
per cui i pazienti risultarlo spesso paud-sintomatici. l'emolisi cronica. Nei limiti la velocità di eritrosedi­
mentazione è usuale il rilievo di leucocitosi neutro-
fila e di piastrinosi compensatoria.
Emoglobinosi Le alterazion i an atom op atolog ich e dell'anemia
drepanocitica, nella forma omozigote, sono stretta-
A nem ia fa lc ifo n n e o A nem ia drepan ocitica o mente correlate all'emolisi cronica delle emazie fal­
emoglobinosi S, si caratterizza per la presenza di ciformi, all'aumentata liberazione di emoglobina e
una caratteristica anomalia morfologica delle ema­ all'eccesso di formazione di bilirubina, anemia cro­
zie che assumono la forme di una falce (eritrociti nica e alle turbe circolatorie (stasi sanguigna e trom­
falciformi o drepanociti) dovuta alla presenza di bosi) specialmente a livello, dei piccoli vasi.
una Hb anomala, l'HbS (da sickle: falce).
Le conseguenze dell'iperemolisi e dell'anemia comprendo­
L'anomalia si riscontra soprattutto nella razza no la metamorfosi adiposa del miocardio, del fegato e dei reni, la
negra, ma è anche osservabile in altri gruppi etnici. emosiderosi sistemica, e la iperplasia del midollo osseo, riguar­
La forma eterozigote, contraddistinta da meno del dante soprattutto la serie rossa. L'iperplasia midollare, a sua
366 ® Anemie
volta, può provocare fenomeni di riassorbimento osseo e di neo- necrosi ischemica nella corticale, nella midollare e
formazione ossea periostale con aspetti simili a quelli ricordati nelle papille, che esitano in fibrosi o in calcificazio­
per l'anemia emolitica sferocitica ereditaria. Focolai di emopoie­
si extramidollare possono osservarsi nel fegato, nella milza e più ne. Nell'encefalo è frequente il reperto di focolai
di rado in altre sedi. L'aumentata liberazione di emoglobina può emorragici od anche malacici, per lo più di piccole
essere causa di colelitiasi. dimensioni, nei vari distretti. Nelle ossa, l'ingorgo
Le turbe circolatorie interessano soprattutto la milza, il rene, ematico dei sinusoidi midollari può sfociare in
il cervello, i polmoni, le ossa e la cute.
necrosi epifisarie asettiche. Occlusioni trombotiche
La milza, nelle fasi precoci della malattia, è sono segnalate anche nei vasi polmonari, con possi­
aumentata di volume a causa di una intensa conge­ bilità di un «cor pulmonale».
stione dei seni e dei cordoni di Billroth che appaiono Il ristagno sanguigno nel connettivo sottocuta­
ricolmi di emazie a falce. Questa stasi ematica a neo spiega infine la comparsa (nel 50% degli indivi­
lungo andare provoca trombosi ed infarti più o dui adulti) di ulcere torpide agli arti inferiori che
meno estesi a carattere ischemico od anche emorra­ sono invece eccezionali nei bambini.
gico, o quanto meno turbe trofiche ed anossiche tes­ Tra le doppie eterozigosi più sopra ricordate par­
sutali sfocianti in aree di necrosi. Ne consegue la for­ ticolare valore ha quella per il gene HbS e per quel­
mazione di un tessuto di granulazione ad esito cica­ lo beta-talassemico (ta la sso -d rep a n o d to si) o HbS-
triziale con comparsa anche di aree sclero-sideroti- Hb Lepore e quella HbS-F talassemia. Ciascun gene
che. Per effetto della sclerosi, la milza va progressi­ anomalo, di regola viene ereditato da uno dei geni­
vamente riducendosi di volume, fino a gradi di tori. Il quadro clinico, noto come m a la ttia m icrodre­
estrema atrofia. p an ocitica, è polimorfo ed analogo a quello di una
Il fegato, inizialmente ingrandito per la conge­ drepanocitosi appunto di gravità moderata-lieve
stione e l'iperplasia delle cellule di Kupffer fagoci­ (Fig. 10). Lo stato anemico è in genere modesto e di
tanti emazie, può ugualmente essere sede di aree di tipo ipocromico: la spiccatissima poichilocitosì risul­
necrosi ischemica la cui evoluzione cicatriziale sfo­ ta analoga a quella talassemica (cellule a bersaglio,
cia in sclerosi epatica a volte con il quadro della micro- e schistociti) poiché le emazie falciformi, pur
pseudocirrosi macronodulare (Fig. 9). Il rene pre­ sempre affioranti in vitro in condizioni d'ipossia,
senta fenomeni congestizi ed emorragici ed aree di sono invece difficilmente rilevabili sugli strisci di
Emoglobinosi 367

sangue essiccato. La resistenza osmotica eritrocitaria zigote (con quadro clinico quasi asintomatico e reperto associato
di cellule a bersaglio e di sferocitì in circolo). Sono descritti casi
è aumentata. Numerosi i reticolociti; rari invece gli
di doppia eterozigosi D-S e D-talassemia.
eritroblasti reperibili in circolo.La sideremia è eleva­
ta ed il test della desferrioxamina dimostra un L'emoglobinosi E, può esprimersi clinicamente solo nella forma
omozigote - peraltro rara - caratterizzata da modesta anemia nor-
aumento del ferro di deposito tissutale. mocromica e microcitica, alta percentuale di emazie a bersaglio,
E m oglobin osi C, si caratterizza per la formazione di resistenza osmotica eritrocitaria aumentata, contemporanea pre­
senza di notevoli quote di Hb E e di tracce anche di Hb F, incostan­
Hb C, in cui l'acido glutamico in posizione 6 della te e modesta splenomegalia. Sono pure note doppie eterozigosi E-
catena polipeptidica beta viene sostituito dalla lisi­ talassemia (simile sotto ogni aspetto al Morbo di Cooley) ed E-S.
na. La condizione eterozigotica («Hb C-trait»),
L'emoglobiniosi G, in cui l'anomalia può riguardare o la catena
descritta in Sicilia ed in Campania, anche se asinto­ alfa o la catena beta, giunge a rendersi clinicamente manifesta
matica comporta nel sangue periferico la presenza solo in doppia eterozigosi: in quella G-S, con il quadro di una
di cellule a bersaglio (60-100%). Tale dato è spropor­ moderata anemia drepanocitica, in quella G-talassemia, con i
zionato rispetto alla quota di Hb C che nelle emazie sintomi di una talassemia minor.
può variare tra il 25 ed il 40%. Anem ie em olitiche da Hb «instabili». Le Hb ano­
La condizione omozigote («Hb C-disease»), di rara osservazione male sono di tipo diverso (se ne conoscono almeno
e descritta anche in Sicilia, si contraddistingue per la presenza di 80 varianti cliniche, note con il nome delle città in cui
emazie microcitìche ed ipocromiche, aumento di Hb F accanto al sono state scoperte) ma accomunate da una partico­
caratteristico reperto di cristalli tetragonali di Hb C rilevabile
negli strisci con tecniche specifiche di preparazione. Sul piano
lare instabilità al calore, oltreché dalla tendenza spes­
clinico, essa si distingue per la lieve anemia, marcata spleno-epa- so a trasformarsi in metemoglobina. Le catene globi-
tomegalia e per la prognosi favorevole. niche anomale tendono a precipitare sotto lo stimolo
Esistono casi di doppia eterozigosi: quella HbCS (simile per di sostante ossidanti. Le emazie appaiono di foggia
quadro clinico all'anemia drepanocitica di grado moderato) è
diversa, è presente anisopoichilocitosi, sono fomite
contraddistinta in circolo da emazie sia «target» (20-85%) sia
«sickle»; quella Hb C-talassemia, riscontrata anche in Sicilia, con talora di punteggiatura basofila o di corpi di Heinz
presenza di cellule a bersaglio grandi e sottili e da schistociti, con in colorazioni adatte. Sono in genere presenti segni
presenza di Hb C (60-80%), F ed A, pur restando modesto il di iperemolisi; l'anemia varia da lieve a grave a
grado ddl'anemia che è di tipo ipocromico. seconda del tipo di Hb instabile. Esistono forme ad
Emoglobinosi D, (le cui multiple varianti sono caratterizzate da alta affinità ed altre ad affinità ridotta.
anomalie delle catene alfa e beta) è più frequente in forma etero- In una delle molteplici varianti cliniche è pre­
sente notevole splenomegalia.
M a la ttia da H b Lepore. Si tratta di un'Hb costi­
tuita da due catene alfa normali e da due invece
anomale perché fusione di un frammento di delta e
di uno di beta con possibilità di diverse varianti.
Lo stato omozigote si rivela con un quadro ana­
logo a quello del morbo di Cooley, ad eccezione del
notevole aumento del valore percentuale di Hb A
ed HbA2. Nello stato eterozigote, quasi asintomati­
co, la quota di Hb A2 è dimezzata. In Italia sono
state descritti solo doppie eterozigosi (Hb Lepore/
Beta-talassemia) che comportano invece una note­
vole anemia emolitica.

| Anemie delle malattie croniche


Sono anemie tendenzialmente microcitìche o
normocitiche di tipo disomogeneo, con valori di
sideremia diminuta, transferrina diminuita (con
quota satura aumentata), ferritinemia normale o
aumentata. Questa anemia si osserva nei pazienti
colpiti dai processi infiammatori cronici (tubercolo­
si, endocardite batterica subacuta, ascessi, colite
ulcerosa, enterite regionale, artrite reumatoide,
polimialgia reumatica, lupus eritematoso dissemi­
d ìo® ap 08 nato, neoplasie. Di fronte ad una sideremia bassa e
ad una bassa saturazione di transferrina in pazienti
„ 0 - ©?no .
affetti per es. da artrite reumatoide, una ferritina
ematica normale o aumentata permette di conclu­
Fia. 10 - Anemia microdrepanocitica. Tipico aspetto a falce dere per una normalità dei depositi di ferro.
delle emazie (Da Siivestroni e Bianco, 1955). La patogenesi di queste forme resta in parte sco­
368 £ Anemie
nosciuta, anche se in questi ultimi anni sono stati venza in circolo è aumentata, e ciò contribuisce ad aumentare la
fatti notevoli progressione nella comprensione delle concentrazione ematica dei reticolociti. Il dato andrebbe dunque
ridimensionato quando sullo striscio fossero presenti numerosi
cause alla base di questa forma di anemia. Tra le macrociti policromatofili. Per questo motivo è opportuno deter­
diverse cause ricordiamo l'attivazione del sistema minare anche il cosiddetto numero dei reticolociti "corretto"
monocito-macrofagico, e del compartimento linfoi- ovvero l'indice reticolocitario che si calcola nel modo seguente:
de con conseguente ipersecrezione di citochine e di
Indicereticolodtario = Reticolociti % x Htdeipaziente x 1/ 2
proteine della fase acuta; anche il metabolismo mar­
ziale subisce un notevole cambiamento con sbilan­ Ht normale (0,45)
ciamento del pool circolante a favore di quello tes­
• Se la concentrazione ematica di reticolociti è aumentata (più
sutale. È stata recentemente isolata una proteina del 2% dei globuli rossi o più di 100.000/m m 3 in valore assolu­
secreta dalle cellule epatocitarie (denominata epci- to), si è di fronte ad un'anemia iper-rigenerativa. Se invece, la
dina) la quale, per effetto dello stimolo flogistico, concentrazione di reticolociti è inferiore a tali valori, se ne deve
riduce la cessione di ferro da parte dei macrofagi e arguire un difetto di rigenerazione (tenere presente che in caso
riduce l'assorbimento intestinale del ferro. Un altro di anemizzazione recentissima, passano da 3 a 7 giorni perché si
abbia un aumento critico dei reticolociti: nei primissimi giorni di
fattore responsabile dell'anemia cronica sembra una anemizzazione acuta, quindi tale criterio non è decisivo). Se
essere rappresentata dall'aumentata secrezione di i reticolociti sono aumentati, siamo di fronte ad un'anemia rige­
lattoferrina da parte dei granulociti neutrofili; è noto nerativa, che può essere un'anemia da perdita oppure un'ane­
che la lattoferrina compete con la transferrina nel mia emolitica. Al giorno d'oggi, la conta retieoiocitaria può esse­
re effettuata con metodica automatizzata utilizzando citofluori-
legare il ferro circolante o quello ceduto dai macro­
metri in grado di quantificare con elevata sensibilità e specificità
fagi, ma non essendo in grado di cederlo agli eritro­ il numero di globuli rossi contenenti residui di RNA e DNA. Ciò
blasti lo dona nuovamente alle cellule del sistema è ottenibile impiegando adatti fiuorocromi capaci di legare in
del fagocito mononucleato perpetuando le anomalie maniera stechiometrica gli acidi nucleici.
del metabolismo del ferro. L'attivazione macrofagi- L'esame per agobiopsia o istopatologico del midollo osseo
risulta decisivo nel confermare la natura ipo o iperri generativa
ca induce anche un accorciamento della vita media dell'anemia.
eritrocitaria. Sembra inoltre che l'attivazione del
sistema monocito-macrofagico induca l'aumentata
sintesi di Interleuchina 1 (IL-1), TNF (tumor necro­
sis factor) e interferone gamma determinando una | Anemie rigenerative
ridotta risposta midollare eritroide allo stimolo del­ Le anemie normocromiche da perdita sono
l'anemia e una minore risposta eritropoietinica alla secondarie a emorragie acute o croniche in soggetti
diminuzione della pressione parziale di ossigeno, con riserve ottimali di ferro (altrimenti vanno clas­
causata da una diminuzione della sensibilità delle sificate come anemie ipocromiche, di cui si è parla­
cellule renali che producono l'ormone. to). In genere, le emorragie acute cadono nell'osser­
Queste forme si accompagnano inoltre ad eleva­ vazione diretta, soprattutto se l'emorragia è esterna
zione delle proteine della fase acuta e una riduzio­ (traumi, emoftoe, ematemesi, melena, emorragie
ne della concentrazione deiralbumina piasmatica. uterine, ematurie, ecc.). Le cause ginecologiche
Alla luce di tutti questi dati si può ritenere che l'a­ hanno notevole importanza (metrorragie, gravi­
nemia da malattia cronica riconosce una patogene­ danze extrauterine, ecc.).
si multifattoriale. Anche in questi casi, la constatazione clinica dì
un'anemizzazione acuta (pallore, tachicardia, aste­
| Anemie normocitiche nia da sforzo, tendenza a lipotimie e collasso, talvol­
ta brividi o sensazione di freddo) è diretta; imme­
Se l'anemia è normocitica (MCV compresa tra 76 diatamente dopo la perdita acuta di sangue, l'ema­
e 90-95 fL), o talora anche a volume globulare leg­ tocrito, la concentrazione erìtrocitaria ed emoglobi-
germente aumentato (macrocitìca), bisogna subito nica possono ancora risultare quasi normali, prima
orientarsi verso una prima differenziazione fra l'a­ che la volemia (rapidamente diminuita in seguito
nemia rigenerativa e l'anemia arigenerativa. Discri­ alla perdita di una parte della massa sanguigna)
minante, al riguardo, è il conteggio dei reticolociti venga riportata alla norma dall'afflusso di fluidi.
(analogo significato ha la concentrazione ematica di Quando invece l'anemia è cronica e non accenna
eritropoietina). È importante valutare il numero a diminuire con il passare delle settimane, il medi­
assoluto dei reticolociti per mm3 di sangue, più che co deve ricercare (anche se il valore globulare rima­
il loro valore percentuale, in quanto quest'ultimo, ne normale per la presenza di cospicue riserve di
in specie in condizioni di anemia, può trarre in erro­ ferro) tutte le cause di emorragia, soprattutto del
re; infatti, se la concentrazione ematica di eritrociti tubo digerente e dell'apparato urogenitale, di cui si
è molto diminuita, un aumento dei reticolociti, è parlato a proposito delle anemie ipocromiche.
anche molto elevato, può rappresentare, percen­ Le anemie emolitiche sono malattie relativa­
tualmente, una cifra non indifferente. mente rare. Spesso l'iperemolisi non provoca nep­
Bisogna inoltre tenere conto che se alcuni reticolociti sono
pure uno stato anemico, perché l'efficienza dell'eri­
stati liberati prematuramente dal midollo (come avviene di soli­ tropoiesi midollare può aumentare fino a 8 volte.
to quando l'eritropoiesi è accelerata), la loro durata di sopravvi­ Per esempio, se la durata di vita degli eritrociti
Anemie rigenerative & 369

scende da 120 giorni a una ventina di giorni, il emolitico sia intenso.


midollo osseo può ancora compensare questa ano­ 3. Se la capacità di questi vettori è soverchiata, l'emoglobina è
eliminata con l'urina spesso provocando danni renali. In tal
malia. Si parla allora di iperemolisi compensata. caso, parte dell'emoglobina è riassorbita dalle cellule tubula-
Il catabolismo dell'emoglobina che si libera dagli eritrociti ri, dove la globina e l'eme vengono catabolizzati. Il ferro resta
può predere diverse vie: depositato in queste cellule, sotto forma di emosiderina.
Quando le cellule tubulari infarcite di emosiderina si sfalda­
1. formare un complesso con Ì'aptoglobina (la quantità di apto- no, il ferro compare nel sedimento urinario (emosiderinuria).
globina contenuta in un dL di sangue può legare fino a 100 mg
di emoglobina): i processi emolitici sono caratterizzati dalla L'emoglobina captata dai macrofagi, subisce le seguenti tra­
diminuzione o dalla scomparsa dell'aptoglobina dal circolo e sformazioni: 1) digestione della globina, 2) ossidazione dell'anel­
quindi da un'attenuazione della banda a2 delle sieroproteine. lo tetrapirrolico a biliverdina (che sarà poi ridotta a bilirubina),
Il fenomeno però è complicato dal fatto che Ì'aptoglobina 3) liberazione del ferro
appartiene a quella frazione a2 (proteine di fase acuta) che La rottura dell'anello tetrapirrolico comporta la produzione
aumenta nel corso di processi infiammatori acuti e neoplasie. di una molecola di monossido di carbonio per ogni molecola di
Il complesso emoglobina-aptoglobina è rapidamente captato eme degradata.
dalle cellule reticolari: così il ferro emoglobinico viene ricicla­ Se il paziente non introduce monossido di carbonio in altro
to e non è perso con l'emoglobina per via renale; modo, la misura del monossido di carbonio prodotto può indi­
2. formare un complesso (dopo ossidazione e separazione della care l'entità dell'emolisi.
globina) con l'emopessina oppure con l'albumina (metemal-
bumina). Il dosaggio dell'emopessina può essere utile per
valutare l'entità dell'emolisi perché se oltre all'aptoglobina
diminuisce anche l'emopessina si suppone che il fenomeno
I Anemie emolitiche
Comprendono un gruppo eterogeneo di patolo­
gie, caratterizzate da valori di MCV, RDW e MCH
estremamente variabili. Per semplicità di trattazio­
iperemolisi. ne vengono discusse nel capitolo delle anemie nor-
mocitiche. I principali parametri di laboratorio che
Determinazione del tasso ematico di bilirubina indiretta devono essere utilizzati per accertare una iperemo­
(previa esclusione di altre cause di iperbilirubinemia). lisi sono riassunti in tabella 6. L'iperemolisi induce
Gli aumenti della bilirubinemia secondari a iper-emolisi un accorciamento della vita media degli eritrociti,
sonò sèmpre moderati, in quanto i! fegato ha enormi per cui si realizza anemia, ittero, iperplasia midol­
capacità di eliminare la bilirubina. Se la bilirubinemia lare eritroide, urine ipercromiche, e talora epato-
sùpera i 6,0 mg/dL, si deve pensare all'esistenza di un splenomegalia. La prima differenziazione va posta
epatopatia tra le anemie emolitiche da causa intraglobulare e
Determinazione delia sideremia (aumentata) quelle da difetto extraglobulare.
“ Sferocitosi ereditaria (ittero emolitico di Min-
Determinazione deii'aptogiobina (diminuita) kowski-Chauffard). La presenza di sferociti rappre­
Determinazione dell'attività LAD (LAD1 e LAD^) nei siero senta il criterio diagnostico cardine di questa pato­
logia a sfondo ereditario, che colpisce 1 soggetto
Determinazione della durata di sopravvivenza in circolo ogni 5000-10.000 persone. E più frequente tra le per­
di eritrociti marcati con 51Cr> che è un forte gamma emit­ sone di razza bianca. È un anemia emolitica da
tente (con un contatore di superficie è possibile accertare difetto intraglobulare, correlato ad anomalie nella
in quale organo si accumulano e vengono distrutti gli eri­ sintesi di proteine della membrana eritrocitaria
trociti marcati) (spectrina, anchirina banda 4.2, banda 3). Gli sfero­
Dosaggio dell'eritropietina (aumentata) citi sono eritrociti piccoli, rotondeggianti, senza la
zona chiara centrale e quindi con un aspetto iper-
Contegaio dei reticolociti (aumentato in percentuale, nume­ cromico. Di conseguenza, quanto più elevata sarà la
ro assoluto e come indice di produzione reticolocitario) percentuale di sferociti presente in un paziente,
tanto più gli indici eritrocitari risulteranno alterati
Biopsia del midollo osseo:
il rapporto M/E; cellule mieloidi ed eritroblasti si modifica (MCV ridotto, MCH e RDW aumentati). I reticolo-
(scende sotto a 2) citi sono aumentati, così come la sideremia, e LDH.
Caratteristica è la diminuzione della resistenza osmotica di
Studi cinetici con il radioferro: questi eritrociti: la lisi inizia a 0,6-0,7 g / dL). Il test dell'auto emo­
si studia la cinetica di scomparsa dal plasma (emivita abi­ lisi (test di Dacie) è molto importante. Per eseguirlo, si lascia a sè
tualmente di 1-2 h) e di ricomparsa nell'emoglobina eri­ il sangue per 48 ore a 37°C in condizioni di sterilità, con o senza
trocitaria (10 giorni per il 70-80% del nuclicle iniettato). l'aggiunta di glucosio. Al termine della prova, l'emolisi sponta­
Negli aplastici, l'emivita del 59Fé in iettato eccede le 4 h, nea, in un soggetto sano, non supera il 2% (lo 0,2% nei campioni
di sangue a cui è stato aggiunto glucosio). Nei pazienti affetti da
mentre nei sideropenici e nei pazienti affetti da anemie sferocitosi, l'autoemolisi può giungere al 30-40%, ma se ai cam­
emolitiche si riduce molto. Si tenga presente che in certi pioni di sangue è stato aggiunto glucosio, il fenomeno è molto
casi ¡1 fenomeno detto eritropoiesi inefficace può rendere più contenuto. Questo fenomeno non è specifico, perché si mani­
vano l'incremento emopoietico (talassemie, anemie mielo- festa anche nelle anemie da deficit di piruvato chinasi (dove
displastiche, deficit di vitamina B12); L'emivita del radio- però il difetto non è corretto dall'aggiunta di glucosio) e, in
ferro è diminuita (la elea rance è ottima) ma il marcatore misura molto minore, nei pazienti affetti da ellissocitosi eritroci­
non ricorripare'"-in circolo che in minima parte. taria o da deficit di G6PD.
Recentemente si è attribuita mia certa rilevanza diagnostica al
370 ® Anemie
test di lisi al glicerolo, che pare in grado di identificare questa (diminuzione della resitenza osmotica, autoemolisi
forma di anemia emolitica in percentuali prossime al 100% dei accentuata).
casi. L'esame si basa sulla osservazione che eritrociti sospesi in
glicerolo emolizzano in misura proporzionale alla capacità per-
La presenza di echinociti e di acantociti può indi­
meabilizzante della membrana eritrocitaria, la quale, a sua volta, rizzare verso alcune malattie. Spesso si fa confusio­
varia in stretta correlazione al contenuto lipidico della membra­ ne tra questi due tipi di cellule, e la terminologia
na stessa. Alcuni Autori hanno però messo in dubbio sia la spe­ anglosassone, con le sue spur cells ("cellule a spero­
cificità che la sensibilità di questo test.
ne") e burr cells ("cellule con sbavature a ricciolo")
La malattia evolve in crisi acute di anemizzazione non fa che complicare le cose. Gli echinociti sono
dovute non tanto a improvvise crisi di aplasia eritro- eritrociti normalmente conformati a disco ma che,
blastica, con scomparsa degli eritroblasti del midollo per varie ragioni, diventano irti di piccole promi­
e dei reticolociti dal sangue periferico, crisi che nenze. Può trattarsi di un artefatto; ma, in altri casi,
potrebbero avere un'eziologia virale (parvovirus). gli echinociti sono presenti nel sangue circolante
H quadro an atom o-patologico è quello caratteri­ come nel caso dei pazienti uremici (scompaiono
stico delle anemie emolitiche. In aggiunta al quadro dopo dialisi), nei deficit di piruvato-chinasi e dopo
di sofferenza anemica multiorgano si rileva l'aumen­ somministrazione di eparina (in rapporto con la
to di volume della milza, che può raggiungere pesi concentrazione ematica di NEFA)
superiori al chilogrammo. L'organo è anche più con­ Gli acantociti sono invece sferociti (senza zona
sistente che di norma, e presenta un ispessimento chiara centrale), piccoli, di forma irregolare, con
della capsula e delle trabecole; la polpa è congesta; i una decina di spicole irregolari: essi compaiono in
follicoli sono per lo più bene evidenti. Istologicamen­ circolo nella a-betalipoproteinemia (dove rappre­
te, si osserva l'intensa congestione del sistema lacu- sentano il 20-100% degli eritrociti circolanti) e in
no-sinusale associata a modesta iperplasia delle cel­ alcuni casi di cirrosi epatica alcolica.
lule monolito-macrofagiche dei cordoni di Billroth,
che possono contenere emazie fagocitate; anche le - Anemie enzimopeniche: Carenza di G6PD e
cellule di rivestimento dei seni sono ipertrofiche; PK eritrocitari
costante è il deposito negli istiociti e negli endoteli dei Le due anemie enzimopeniche più frequenti
seni di più o meno abbondante pigmento emosideri- sono quella dovuta a carenza di G6PD e quella
nico che può anche trovarsi libero nello stroma. I fol­ dovuta a carenza di piruvatochinasi.
licoli linfatici sono spesso ipertrofici e provvisti di Si calcola che nella popolazione mondiale esista­
grossi centri germinativi. no circa cento milioni di casi dovuti a carenza di
Nel fegato, anch'esso aumentato di volume e di
consistenza, spicca l'intensa emosiderosi delle cellule
di Kupffer ipertrofiche ed iperplastiche, ed in parte
anche degli epatociti; il connettivo periportale è
modestamente ispessito. La colecisti contiene bile
scura e almeno nel 50% esiste calcolosi a calcoli pig­
mentari, in conseguenza delTaumentata produzione
di pigmenti biliari derivati dalla iperemolisi.
Nei linfonodi può aversi iperplasia dei follicoli e
delle cellule reticoloistiocitarie dei cordoni della
midollare, con emosiderosi più o meno cospicua.
L'emosiderosi è presente anche nei reni (epiteli dei
tubuli contorti).
Il midollo osseo, abbondante e di colorito rosso­
scuro anche nelle diafisi, mostra una intensa iperat-
tività eritropoietica compensatoria (Fig. 11). In talu­
ni casi l'iperplasia midollare può provocare lesioni
osteoporotiche delle ossa a struttura spugnosa, con
eventuali fenomeni di apposizione ossea periostale,
che a livello della calotta cranica possono condurre
ad aspetti che vagamente ricordano il cranio a spaz­
zola dei soggetti talassemici. Generalmente la sple-
nectomia è in grado di attenuare e talvolta di annul­
lare il quadro emolitico pur persistendo la sferocito-
si e la ridotta resistenza osmotica delle emazie.
- Elissocitosi. La presenza di emazie ovali o ellit­
tiche nel sangue periferico orienta verso la diagnosi
di ovalocitosi o ellissocitosi, una malattia molto
rara, ereditaria, spesso asintomatica ma con le stes­ Fi9- ! ! - Anemia emolitica sferocitìca ereditaria. Ricchezza di
se stigmate descritte per la sferocitosi ereditaria eritroblasti nel midollo osseo.
Anemie emolitiche & 371

G6PD, che rappresenta un difetto dello shunt dei ra si rendono necessarie ricerche batteriologice (setti­
pentoso monofosfati. La malattia è trasmessa eredi­ cemia post-abortum). Le infezioni possono provoca­
tariamente con modalità recessiva; il gene difettoso re un'anemia emolitica sia indirettamente (ipersple-
si trova nel cromosoma X, cosicché l'anomalia si nismo secondario a tubercolosi miliare o endocardi­
manifesta solo nei maschi. I pazienti affetti da que­ te subacuta), che in seguito a lesioni tossiche (le set­
sta carenza enzimatica non sono anemici, ma se ticemie da Clostridium welchii sono caratterizzate
vengono a contatto con certi farmaci (antimalarici, da un'emolisi provocata da una fosfolipasi prodotta
come la primachina, sulfamidici, analgesici, ecc) o dal germe, che lede le membrane eritrocitarie). In
sostanze di vario tipo, capaci di ossidare l'emoglo­ certi casi, l'agente patogeno invade direttamente i
bina, questa si denatura e può precipitare e forma­ globuli rossi (plasmodio malarico; bartonella).
re i cosiddetti corpi di Heinz, insolubili, aderenti - Anemie emolitiche da "frammentazione". Da
alla superficie interna della membrana eritrocitaria. qualche tempo, sono meglio note le anemie emoliti­
La gravità dei processi emolitici, nei pazienti affetti da caren­
che da "frammentazione", caratterizzate da fatti di
za di G6PD, è varia. L'emolisi inizia entro 2-3 giorni dall'esposi­ emolisi intravasale con schistocitosi, emosiderinu-
zione all'agente ossidante e colpisce soprattutto gli eritrociti più ria. L'MCV è tendenzialmente ridotto, il RDW
vecchi, che sono quelli più poveri di G6PD. Dopo una settimana, aumentato.
uno stato di resistenza agli ossidanti sembra instaurarsi, ma ciò
Si dividono in:
deriva essenzialmente dalia presenza in circolo di una notevole
quantità di eritrociti giovani, nei quali la concentrazione di 1. Anemie emolitiche microangiopatiche:
G6PD è più elevata. Sono conosciute oltre 300 diverse alterazio­
ni geniche alla base di questa anomalia ed ad ognuna delle quali - da coagulazione intravascolare disseminata
corrisponde una forma clinica di gravità diversa, per cui sono (i vasi sono parzialmente ostruiti da filamen­
note emolisi ad esordio neonatale ed altre ad esordio tardivo nel­ ti di fibrina); lo stesso fenomeno si può osser­
l'adulto asintomatiche o paucisintomatiche. Gii alimenti da evi­
vare in emangiomi in cui si verifichino fatti
tare per questi soggetti sono le fave, e i piselli; altresì numerosi i
farmaci da evitare per non incorrere in crisi emolitiche acute. di coagulazione intravascolare e in casi di
La diagnosi delle carenze di G6PD si può fare utilizzando un porpora trombocitopenica trombotica;
dosaggio biochimico appropriato. In alternativa si può eseguire un - sindrome emolitico-uremica di Gasser (il
test di riduzione della metaemoglobina: si converte l'emoglobina
in metemoglobina mediante sodio nitrito; si aggiunge blu di meti­ trauma meccanico è rappresentato dalle alte­
lene; gli eritrociti normali riducono rapidamente la metemoglobi­ razioni dell'intima dei vasi renali);
na ad emoglobina, mentre gli eritrociti enzimopenid non riescono - da marcia (per compressione dei vasi planta­
a farlo (il sangue resta di colore bruno). Un test molto semplice è
quello che si basa sull'aggiunta di acetilfenildrazina al sangue, che
ri tra scheletro e calzature non morbide) o da
poi viene conservato a 37°C per 4 ore. Si allestisce poi uno striscio karaté (per lesioni dei vasi palmari), ecc.
e si ricercano i corpi di Heinz (assenti, se il sangue proviene da sog­ - da tumori metastatici, con alterazioni endo-
getti sani).
teliali;
Molto più rare sono le forme da carenza à i piru- - da vasculiti (collagenosi);
v ato chin asi (malattia trasmessa ereditariamente - da rigetto di omotrapianti renali.
con modalità recessiva autosomica). Rappresenta
un difetto della via glicolitica anaerobia di cui si 2. Anemie emolitiche da alterazione del cuore o
conoscono oltre 100 diverse mutazioni del gene dei grossi vasi per esempio da protesi valvolari
specifico. La forma eterozigote è asintomatica, men­ cardiache o aortiche.
tre gli omozigoti presentano il quadro caratteristico
di emolisi cronica. Anche in questo caso, come per
il deficit di G6PD, esistono forme ad esordio preco­
| | Anemie emolitiche immuni
ce ed evoluzione severa, ed altre a sviluppo tardivo Comprendono un gruppo eterogeneo di anemie
paucisintomatiche. La scarsa disponibilità di ATP caratterizzate da iperdistruzione eritrocitaria secon­
comporta alterazioni elettrolitiche con perdita di daria all'adesione alla membrana eritrocitaria di
potassio dalle emazie, che quindi assumono una immunoglobuline e/o complemento. La diagnosi
morfologia crenata. La resistenza osmotica è dimi­ viene posta generalmente sulla base della positività
nuita, soprattutto dopo incubazione (test di autoe­ per il test di Coombs.
molisi, di Dacie), ma l'aggiunta di glucosio non La presenza dell'immunoglobulina sulla super­
migliora la situazione! globuli rossi presentano un ficie eritrocitaria indica che un anticorpo, dotato
aspetto crenato, l'anemia è variabile. talora anche della capacità di fissare il complemen­
Il quadro anatomo-patologico di queste forme to, si è legato ad un antigene del globulo rosso. Si
riproduce quello descritto per altre patologie iper- parla di anemia emolitica autoimmune quando
emolitiche. l'antigene eritrocitario rappresentante il bersaglio
La diagnosi delle anemie em olitiche d a causa dell'anticorpo è un costituente antigenico normale
estrinseca è talora molto facile e basata sull'anamne­ dell'emazia; nel caso che sia un farmaco o una
si (intossicazione da arsenico, da rame; veleno dei sostanza chimica a legarsi alla membrana eritrocita­
serpenti; ustioni estese; terapia iperbarica che può ria e a suscitare una reazione immune si parla di
provocare una perossidazione dei lipidi delle mem­ anemia immunoemolitica farmaco-mediata.
brane eritrocitarie; incidenti post-trasfusionali). Talo­ - Anemia emolitica da autoanticorpi a caldo. È
372 & Anemie
la forma più frequente di anemia immunoemolitica. Si ricorda che in base alle modalità di azione in vitro, gli anti­
Gli anticorpi coinvolti sono generalmente IgG corpi vengono classificati in emolisine, (dotate di effetto litico
diretto sulle emazia, per lo più correlato all'attivazione del com­
(IgGl o più raramente IgG2, IgG3 o IgG4). plemento), agglutinine (che inducono agglutinazione degli eritro­
Gli anticorpi IgGl e lgG3 sono dotati di maggiore attività citi), opsonine (in quanto stimolano la eritrofagocitosi da parte dei
eritrolitica in quanto fissano più frequentemente il complemen­ granulociti e monoliti). Gli anticorpi che hanno la tendenza a pre­
to e hanno una maggiore affinità per il frammento Fc dei macro­ cipitare alle basse temperature vengono denominati crioglubuline.
fagi. Solo in casi sporadici sono dimostrabili anticorpi IgAo IgM. Le agglutinine a frigore possono essere mono-o policlonali;
La massima attività dell'anticorpo è a 37°C; nel 50% dei casi è le prime si associano più frequentemente a malattie del sistema
dimostrabile sulla membrana eritrocitaria la presenza di fattori linfopoietico o alle forme idiopatiche, mentre le seconde si trova­
del complemento. Gli antigeni eritrocitari a cui si trovano legati no spesso associate alle forme infettive. La presenza di autoanti­
gli anticorpi sono generalmente il Rh (più frequentemente il corpi a frigore può essere frequentemente evidenziata all'analisi
fenotipo e). L'emolisi è generalmente extravascolare (splenica). elettroforetica, in quanto determinano la comparsa di un picco di
Dal punto di vista clinico si identificano varianti idiopatiche e base più o meno stretta a seconda della natura poli o monoclo­
varianti secondarie, varianti acute e varianti croniche. Le patolo­ nale degli anticorpi.
gie che più frequentemente possono causare la comparsa di L'immunofissazione risulta dirimente nella identificazione
un'anemia immunoemolitica da autoanticorpi caldi sono le neo­ della natura e composizione della immunoglobulina. Il dosaggio
plasie (specialmente del sistema lirtfoide), collagenopatie, malat­ sierico delle àgglutinine deve essere effettuato a 4°C; il titolo
tie autoimmuni e processi infettivi. Talora nell'anamnesi di que­ oscilla da 1:20 a 1:10.000 o più. L'agglutinazione in molti casi si
sti pazienti si rileva l'assunzione prolungata di sotanze medica­ rende manifesta anche in provette provviste di anticoagulante o
mentose quali penicillina, alfa-metil-dopamina, stibofen. Dal all 'os servazione morfologica degli strisci di sangue, ove si for­
punto di vista laboratoristico si osserva un calo di Hb, un incre­ mano rouleax eritrocitari talora anche molto cospicui. Riscaldan­
mento di MCV, RDW e MCH, una iperbilirubinemia di tipo indi­ do il sangue prelevato a 37°C scompare l'agglutinazione.
retto associata a bassi livelli sierici di aptoglobina, emoglobinu- La terapia è differente per le forme secondarie o associate a
ria ed emosideruria. La sopravvivenza eritrocitaria, studiata emolinfopatie. I farmaci immunosppressori (ciclofosfamide, clo-
mediante impiego di globuli rossi marcati con Cr51, denota una rambucile) sono indicati nelle forme associate a neoplasie ema­
riduzione marcata della sopravvivenza con accumulo di emazie tologiche. Le trasfusioni sono da evitare ad eccezione di quei casi
nel distretto splenico epatico. Il test di Coombs diretto è positivo in cui vi sia un pericolo immediato di vita a causa della marcata
mentre quello indiretto è più frequentemente negativo. La tera­ anemia.
pia di scelta è rappresentata dai corticosteroidi; solo nei casi
refrattari ai trattamenti immunosoppressivi si attua la splenecto- Nel quadro an atom o-p atolog ico, accanto alle
mia. Le anemie immunoemolitiche secondarie a terapia con alfa- note comuni ad altre forme di anemia,, spicca anzi­
metildopa regrediscono dopo qualche mese dalla sospensione tutto l'aumento di volume della milza, che può rag­
del farmaco. La trasfusione di sangue in questi pazienti compor­
giungere pesi superiori al chilogrammo. L'organo è
ta rischi di gravi reazioni, in quanto è assai difficile reperire ema­
zie compatibili con il ricevente. Prima di eseguire una trasfusio­ anche più consistente che di norma, e presenta un
ne, è bene, inoltre, accertarsi se gli anticorpi sierici del paziente ispessimento della capsula e delle trabecole; la
siano allo o auto anticorpi. Questo perché gli alloanticorpi sono polpa, ben trattenuta è congesta; i follicoli sono per
in grado di attivare il complemento e quindi di provocare emo­ lo più bene evidenti. Istologicamente, si rileva
lisi intravascolare.
intensa congestione del sistema lacuno-sinusale
- Anemia emolitica da autoanticorpi a frigore. associata a modesta iperplasia delle cellule retico-
Gli autoanticorpi a frigore sono quasi sempre IgM e loistiocitarie dei cordoni di Billroth, che possono
reagiscono con gli antigeni eritrocitari del sistema contenere emazie fagocitate; anche le cellule di rive­
I/i, o Pr. Raggiungono la massima attività a tempe­ stimento dei seni sono ipertrofiche; costante è il
rature comprese fra 0 e 5-10°C, ma mantengono una deposito negli istiociti e negli endoteli dei seni di
capacità agglutinante o emolizzaznte fino a 31°C. più o meno abbondante pigmento emosiderinico
L'emolisi può avvenire anche in sede intravasco­ che può anche trovarsi libero nello stroma. I follico­
lare, contrariamente alla anemia emolitica da anti­ li linfatici sono spesso ipertrofici e provvisti di gros­
corpi caldi. Gli anticorpi a frigore nella maggior si centri germinativi.
parte dei casi legano le frazioni C3 e C4 del comple­ Nel fegato, anch'esso aumentato di volume e di
mento. L'azione litica del complemento in condizio­ consistenza, spicca l'intensa emosiderosi delle cellu­
ni normali è massima tra i 37°C ed i 40°C. Nelle ane­ le di Kupffer ipertrofiche ed iperplastiche, ed in
mie emolitiche criopatiche la massima attività eritro- parte anche degli epatociti; il connettivo periportale
litica esercitata dal complemento si realizza a 22 °C, è modestamente ispessito. La colecisti contiene bile
ma esiste un ampio range di temperatura entro il scura e almeno nel 50% esiste calcolosi a calcoli pig­
quale si può verificare emolisi. mentari, in conseguenza dell'aumentata produzione
Questa caratteristica diversifica le anemie immunoemolitiche di pigmenti biliari derivati dalla iperemolisi.
a frigore da quelle da anticorpi a caldo. I globuli rossi sensibilizza­ Nei linfonodi, appena tumefatti, può aversi iper­
ti dal complemento, però, spesso non muoiono all'interno dei plasia dei follicoli e delle cellule reticoloistiocitarie
vasi, ma vengono sequestrati soprattutto a livello epatico dove dei cordoni della midollare, con emosiderosi più o
vanno incontro a morte. Questa patologia può esordire acutamen­
te o presentare un decorso cronico; esiste in ima forma idiomatica meno cospicua. L'emosiderosi è presente anche nei
e ima forma secondaria che può intervenire in corso di malattie reni (epiteli dei tubuli contorti).
infettive (polmonite da mycoplasma pneumoniae, mononucleosi Il midollo osseo, abbondante e di colorito rosso
infettiva, influenze di natura virale), disordini linfoproliferativi, scuro anche nelle diafisi, mostra una intensa iperat-
Sarcoma di Kaposi, malattie del collageno. Le forme croniche si
tività eritropoietica compensatoria.
osservano più frequentemente nelle varianti idopatiche o associa­
te a disordini linfoproliferativi, mentre le forme acute sono spesso In taluni casi l'iperplasia midollare può provoca­
di origine infettiva. re lesioni osteoporotiche delle ossa a struttura spu­
Anemie emolitiche immuni * 373

gnosa, con eventuali fenomeni di apposizione ossea corso di anemie immunoemolitiche da anticorpi caldi. In questi
periostale, che a livello della calotta cranica possono casi è bene sospendere il farmaco; è buona norma inoltre non
trattare più nel futuro il paziente né con penicilline né con cefa-
condurre ad aspetti che vagamente ricordano il cra­ losporine.
nio a spazzola dei soggetti talassemici (v. più avanti). L'anemia immunoemolitica osservabile in pazienti in tratta­
Caratteristica l'efficacia della splenectomia che mento con alfametildopa è del tutto indistinguibile dalle forme da
cancella il quadro emolitico pur lasciando persiste­ autoanticorpi a caldo, ed anche il meccanismo immunologico non
se ne discosta in quanto gli anticorpi formatisi si legano ad antige-
re la sferocitosi e la ridotta resistenza osmotica delle ni eritrocitari normali. Del tutto peculiare l'anemia immunoemoli­
emazie e che quindi deve esser quanto più precoce tica secondaria al trattamento con chinidina, in quanto in questi
possibile. casi si osserva solamente una positività per il test di Coombs indi­
- Anemie immunoemolitiche da anticorpi retto.
bitermici. E stata descritta per la prima volta da - Malattia emolitica del neonato («MEN») col­
Donath e Landsteiner agli inizi del 1900. Si caratte­ pisce il neonato in conseguenza ad una crisi di iper-
rizza dal punto di vista clinico dalla comparsa di distruzione degli eritrociti fetali correiabile ad una
crisi emolitiche intravascolari associate ad emoglobi- incompatibilità matemo-fetale.
nuria, emoglobinemia ed emosideruria, scatenate Si instaura per formazione di isoanticorpi
dall'esposizione al freddo. L'anemia si manifesta con immuni di origine materna rivolti contro antigeni
brividi scuotenti, febbre cefalea, dolori addominali, presenti nelle emazie fetali con conseguente emoli­
alle gambe, e al rachide dorsale. Sono mediate da si; nel 90% dei casi si tratta di reazioni dirette con­
anticòrpi IgG con specificità per l'antigene eritrocita­ tro antigeni del gruppo Rh ed in particolare di quel­
rio P. L'emolisi si realizza dopo attivazione del com­ lo D.
plemento. L'anticorpo si lega al globulo rosso a basse L'incompatibilità materno fetale si attua per
temperature, ma l'azione litica mediata dal comple­ diversità tra le emazie paterne e quelle materne;
mento si realizza solamente a temperature elevate generalmente il padre è Rh+ e la madre R h -. Nelle
(37°C). L'emolisi è in genere intravascolare. fasi terminali della gravidanza ed in particolare
Gli anticorpi di Donath-Landsteiner causano l'e- durante il parto, si ha un passaggio di emazie fetali
moglobinuria parossistica a frigore, patologia di raro nel circolo materno attraverso i villi della placenta
riscontro. per emorragie anche minime (0,25 mi di sangue); in
La diagnosi si basa sulla dimostrazione della emolisina di conseguenza della potenza antigenica del gruppo
Donath-Landsteiner nel siero del paziente. Il test si pratica Rh e dell'intervallo che intercorre fra le emorragie
sospendendo il siero dei paziente contenente complemento con ed il parto, si instaura la crisi emolitica la severità e
eritrociti normali; il raffreddamento a 4°C ed il successivo riscal­
damento a 37°C permette di dimostrare la capacità litica per
tempo di insorgenza dipendono da questi due fat­
tutta l'ampiezza termica. II test di Coombs diretto risulta in tori.
genere debolmente positivo in presenza di IgG e fattori del com­ Gli anticorpi materni che si producono e che
plemento. Il titolo anticorpale non raggiunge livelli elevati (rara­ risultano in grado di passare la barriera placentare
mente oltre 1:64; media 1:32).
sono di tipo IgG. Poiché le emorragie feto-materne
Questa anemia viene moderatamente denominata anemia
emolitica di Donath-Landsteiner, e può in qualche caso essere avvengono per lo più nelle ultime fasi della gravi­
osservata in corso di virosi. Sono segnalati casi con andamento danza e gli anticorpi IgG si producono solo nell'am­
cronico, anche se più comunemente l'anemia esordisce in manie­ bito del periodo secondario dell'immunizzazione
ra acuta e parossistica. materna (fase tardiva della prima gestazione o
- Anemia immunoemolitica causata da anti­ gestazioni successive) la MEN in genere non insor­
corpi IgG farmaco-specifici. I farmaci con capacità ge mai alla prima gravidanza eterospecifica ma
immunogena, se somministrati per via endovenosa dalla seconda gravidanza in poi. Fà eccezione il caso
a dosi elevate, possono legarsi alla membrana eri­ in cui la madre sia stata precedentemente immuniz­
trocitaria e formare un complesso con spiccata atti­ zata contro l'antigene incompatibile mediante emo-
vità antigenica. Gli anticorpi anti farmaco di tipo trasfusioni effettuate in epoca pre-gravidanza. Si
IgG che si formano vanno a fissare la membrana ricorda inoltre che la MEN risulta più grave man
eritrocitaria con adesi questi complessi antigenici, mano che si procede con le gravidanze. L'emolisi è
scatenando ima reazione emolitica. Farmaco proto­ prevalentemente extra-vascolare con sequestro eri­
tipo di questa calsse di anemie è la penicillina. Il trocitario in specie a livello splenico.
test di Coombs è in genere positivo. La diagnosi si L'emolisi stimola nel feto la formazione di eritro-
fonda sulla dimostrazione in vitro della presenza, poietina con conseguente iperplasia eritroblastica
nel siero del paziente, di anticorpi con specificità nel midollo associata ad eventuale eritropoiesi etero-
anti-penicillina, in grado di reagire anche con eri­ topa nel fegato, milza, rene, polmone, linfoghiando-
trociti normali a condizione che questi vengano le e timo che si aggrava in base alla severità della
incubati in presenza della penicillina stessa. MEN. I reticolociti sono aumentati e il sangue perife­
rico fetale denota la presenza di eritroblasti. A
Per questo motivo il test di Coombs indiretto risulta caratte­ dispetto di questi meccanismi compensatori, l'ane­
risticamente negativo se viene praticato senza incubare preven­
tivamente le emazia con il farmaco che ne ha evocato la risposta
mia è ingravescente anche in conseguenza di un'al­
anticorpale. L'emolisi di queste forme è extravascolare e si realiz­ terata permeabilità dei capillari non solo a livello
za con modalità del tutto sovrapponibili a quelle osservabili in placentare ma anche di altri distretti che inducono
374 & Anemie
lesioni parenchimali plurime, in particolare a livello neurologici (kernicterus), oliguria, insufficienza
epatico e miocardico dove risulta maggiormente cardio-respiratoria e acidosi metabolica.
deficitaria la sintesi del complesso protrombinico e Nei casi conclamati il quadro laboratoristico si
tromboplastinico con conseguenti emorragie. L'ec­ caratterizza per l'anemia (valori di Hb < 9 gr/dl
cesso di bilirubina non coniugata e la insufficiente nel 50% dei casi) di tipo macrocitico con lieve o
capacità escretiva per quella già coniugata, determi­ assente eritroblastosi periferica e marcata retico-
nano un danno dei nuclei della base e cioè ittero locitosi.; la piastrinopenia è di lieve entità; sia
nucleare; a cui si associano ipoalbuminemia e squili­ l'attività protrombinica che il fibrinogeno sono
brio elettrolitico, scompenso emodinamico ipervole- diminuiti. Gli anticorpi IgG materni si legano
mico, edema della placenta, idramnios, anasarca agli eritrociti del feto e ne determinano un seque­
fetale.Inoltre, nel neonato, l'aumento della bilirubina stro splenico ed epatico con iperbilirubinemia.
indiretta secondaria alla emolisi, non essendo più Ne consegue una iperplasia compensatoria con
deviata per via transplacentare nel circolo materno, eritropoiesi eterotropa e epato-splenomegalia.
aggrava ulteriormente il quadro sintomatologico. L'ostruzione del circolo epatico, unitamente
Mentre la madre nel corso della gravidanza etero- all'anemia, causa insufficienza epatica e ipoalbu­
specifica mostra solo un utero più voluminoso ed minemia e deficitdi fattori_coagulativi.
una maggior facilità alla tossiemia gravidica, il danno Le emazie del sangue funicolare- risultano
al prodotto concepito può determinare quadri anato- fortemente positive per il test di Coombs diretto.
mo-clinici di diversa gravità: L'esito è infausto nell'80% dei casi non curati.
Nel 30% dei sopravvissuti residuano segni neu­
a) Morte intrauterina (tra la 25 e la 35 settimana di rologici da «ittero nucleare». Si ricordi che l'en­
gravidanza, nel 12% delle madri con anticorpi cefalopatia da MEN può essere sia precoce che
anti-Rh nel siero) correlata ad idramnios e ad un tardiva (anche mesi dopo la diagnosi di MEN).
ipoevolutismo fetale; il feto appare pallido, ede­
e) Anemia emolitica tardiva: costituisce la forma
matoso ma non idropico. Sono presenti i segni
meno grave di MEN; esordisce alla seconda-terza
anatomo-patologici e i sintomi di ima iperplasia
settimana di vita neòhatale, e causa ittero lieve,
eritroide con eritropoiesi eterotopica; il fegato si
modesta anemizzazione, eritroblastemia scarsa,
presenta fibrotico.
con segni evidenti di compenso eritropoietico
b) Idrope fetale universale; si osserva nel 5% circa dei (reticolocitosi periferica, iperplasia eritroblastica
casi di MEN) e si caratterizza per l'ipervolernià, midollare). La malattia va incontro a guarigione
idramnios, edema della placenta e lo spiccato spontanea nel corso di qualche settimana.
aumento della pressione venosa a cui consegue la In rari casi l'incompatibilità matemo-fetale si
formazione di ripetute emorragie a livello dei vasi realizza per incompatibilità nell'ambito del siste­
del cordone ombelicale reciso. I neonati, in genere ma ABO. In questi casi è presente una diversità
prematuri (7°-8° mese), risultano pallidi, presenta­ di gruppi ematici tra i genitori, l'immunizzazio­
no epato-splenomegalia, e un peso corporeo supe­ ne della madre verso un antigene eritrocitario di
riore alla norma in conseguenza dell'anasarca cui è priva e che invece è presente nel padre; il
disprotidemico; sono presenti manifestazioni passaggio nel feto degli anticorpi materni che
emorragiche diffuse sulla cute; il decesso avviene sono più spesso anti-A, che non anti-B (essendo
nelle prime ore della vita per un'insufficienza car­ la madre quasi sempre di gruppo 0). Nel sangue
diocircolatoria ed edema polmonare acuto. del neonato sono osservabili anticorpi incomple­
c) Pre-idrope fetale. Si osserva nel 5-10% circa dei casi ti adesi alle emazie o liberi nel siero. I casi che
di MEN. Il quadro è simile a quello descritto in richiedono emotrasfusioni sono estremamente
precedenza ma meno severo per cui il 50% dei rari, sia perché le isoagglutinine anti-A e anti-B
neonati riesce a sopravvivere. L'ìttero è comun­ sono di tipo IgM e quindi non passano la placen­
que marcato e la iperbilirubìnemia notevole (da ta, sia perché i determinanti gruppo-ematici A e
9 a 30 mg/ 100 mi, di tipo misto) per cui è neces­ B sono largamente distribuiti nel corpo umano.
saria una terapia in tempi brevi. Sia l'anemia che l'ittero sono di scarsa entità; le
d) Utero grave neonatale. È la forma clinica più fre­ resistenze eritrocitarie osmotiche sono diminui­
te, sono presenti numerosi sferociti ed eritrobla­
quente e con un tasso di mortalità più bassa tra
sti in circolo; il test di Coombs negativo o debol­
tutte le forme di MEN. Se trattata in maniera
mente positivo.
tempestiva e corretta può andare incontro a gua­
A differenza di quanto si nota nell'incompatibi­
rigione definitiva senza sequele per il bambino.
lità Rh, già la prima gravidanza eterospecifica
Il neonato, in genere a termine, è pallido, pre­
comporta quasi sempre MEN e quelle successi­
senta modesta epato-splenomegalia e manifesta­
ve non sono caratterizzate dal suo aggravarsi.
zioni emorragiche di varia severità; l'ittero si
- Anemie emolitiche acquisite da agenti infet­
instaura entro 12- 24 ore e tende ad aggravarsi
tivi. Sono evocate da infezioni batteriche, virali e
nei primi 5 giorni dalla nascita. La bilirubinemia
protozoarie.
può salire dai 2-7 mg della nascita sino a 20-30
mg. Parallelamente allatterò, compaiono segni a) I batteri che più facilmente causano emolisi sono:
Anemie emolitiche immuni $ 375
Diplococcus pneumortiae, Clostridium welchii, mie, iatrogeniche) con maggiore frequenza e in
Clostridium botulinum, alcuni piogeni, salmo- maniera per lo più dose-dipendente sono i seguen­
nelle, ecc. L'emolisi è di solito acuta e può esse­ ti: primachina, chinino, chinidina, aspirina, fenace­
re causata da eso- o endo-tossine di natura enzi­ tina, antipirina, piramidone, acido paraminosalicili-
matica (alfa-lectinasi ed altre ancora) che agisco­ co, idrazide isonicotinica, nitrofurantoina, sulfona-
no sulle strutture lipoproteiche dei globuli rossi, midici, cloramfenìcolo, penicillina, clorpromazina,
o per danno meccanico di questi da penetrazio­ alfametildopa, cloruro di metile, l'idrogeno arseni­
ne dei batteri nel loro interno oppure anche per cate, solventi vari e veleni dei serpenti.
via mediata, tramite l'iperplasia istiocitaria La patogenesi è riconducibile da un lato ad un'ipersensibili­
indotta dal germe. tà individuale condizionata da un difetto enzimopenico geneti­
b) I virus (come quelli della polmonite atipica pri­ co delle emazia (deficit di G6PDH ecc) e dall'altro da un proces­
so dì auto-immunizzazione in cui il farmaco induce la comparsa
maria, dell'epatite, della mononucleosi infettiva, di autoanticorpi antiemazie (sempre «caldi incompleti») o per­
della varicella e dell'herpes simplex, del morbil­ ché si lega ad una macromolecola piasmatica inducendo la pro­
lo, ecc.) agiscono con un meccanismo quasi sem­ duzione di anticorpi specifici che reagiscono in modo crociato
pre autoimmune. contro antigeni eritrocitari normali. Queste alterazioni rendono
l'emazia non più riconoscibile dal sistema immunitario come
c) I protozoi che nel caso della malaria, causano l'a­ «propria», con conseguente comparsa di cloni autoreattivi di cel­
nemia emolitica può esser acuta o anche acutis­ lule irninunocompetenti.
sima (specie nella forma da Plasmodium falcipa- Talora si realizza un processo di «immunizzazione semplice» in
cui, pur mantenendo la proprietà aptene del farmaco, ii danno
rum), per distruzione intravasale delle emazie
per gli eritrociti consegue ad un adsorbimento passivo sulla loro
da parte dei plasmodi che in esse svolgono una superficie dei complessi immuni «farmaco+anticorpo antifar­
parte del loro ciclo ne consegue emoglobinuria, maco».
ittero intenso e quadro midollare di iperplasia La rarità delle crisi emolitiche che insorgono per quest'ulti-
eritroblastica: salvo quando le crisi emolitiche si ma processo patogenetico, dipenderebbe dal fatto che l'aptene
sarebbe costituito non dal farmaco in sè ma da un suo metaboli-
facciano ripetute, divenendo allora responsabili ta prodottosi in maniera abnorme.
di uno stato mielo-inibitorio - con riduzione dei L'emolisi acuta può essere di tipo sia extra che intravasale, si
reticolociti in circolo come quello che è proprio accompagna talora anche ad emoglobinemia, ad emoglobinuria
delle forme croniche per il concorso anche di un e ad un quadro di insufficienza renale.
ipersplenismo. Anche la Leishmania donovani a) un'azione tossica, in tal caso diretta e costante, sulle emazie in
ha effetti sulTeritropoiesi, inducendo emolisi, circolo e talora anche sul midollo osseo (così agiscono anzi­
tutto il piombo la fenilidrazina, criogenina, cloruro di meti­
mieloinibizione e ipersplenismo. le, anilina, nitrobenzene, tricloroetilene, novarsenobenzolo,
- Anemie emolitiche acquisite da agenti fisici. toluilendiamina, alcuni solfoni, saponina, alcuni veleni di
serpenti che contengono una iecitinasi). L'entità dell'emolisi
Gli agenti fisici causali di fenòmeni emolitici sono i è direttamente proporzionale alla dose introdotta che deve
seguenti: essere comunque sufficientemente elevata; ma, a seconda
dell'agente tossico, all'emolisi si possono affiancare: aplasia
a) Ustioni, specialmente quelle di terzo grado ed estese al 15-20%
midollare, metemoglobinemia, sulfemoglobinemia e danno
della superficie corporea. Il calore agisce in senso emolitico
epatico, nell'ambito di una gamma dì quadri ciinid compre­
alterando la membrana delle emazie e rendendole così più
si tra forme leggere e transitorie senza reliquati e forme rapi­
facilmente sequestrabili nei sinusoidi spleniti;
damente fatali.
b) protesi cardiache valvolari: le pareti di queste, prive come sono
di un endotelio, diventano scabre per depositi di fibrina, e - Emoglobinuria parossistica notturna. L'emo­
giungono a distoreere o a frammentare le emazie durante il globinuria parossistica notturna, detta anche malat­
loro passaggio. L'iperemolìsi, che ne consegue è in genere
modesta e viene compensata da un'iperattività midollare,
tia di Marchiafava Micheli, è una forma di anemia
per cui l'unico segno laboratorìstico è in genere la elevata piuttosto rara, che oggi giorno viene classificata tra
reticolocitosi; nei casi in cui coesista un fattore di fragilità i disturbi della cellula staminale, il cui riconosci­
meccanica eritrocita ria può insorgere emoglobinemia, emo­ mento è divenuto negli ultimi anni più agevole gra­
globinuria ed emosiderinuria;
zie alla diffusione delle tecniche di citofluorimetria
c) mkroangiopatie (in corso di C1D- coagulazione intravascolare nei laboratori di ematologia. È una forma di emoli­
disseminata, porpora trombotica trombocitopenica, sindro­
me emolitico-uremica, ipertensione maligna, connettiviti,
si da cause intrinseche, di origine acquisita; l'emoli­
neoplasie disseminate, emangiomi giganti, eclampsia e si è soprattutto intravascolare e notturna; non si
rigetto di trapianto renale o di altri organi solidi), capaci di accompagna a ipersideremia, ma piuttosto a un
indurre con le irregolarità deila parete vasale lesioni mecca­ deficit di ferro. L'emoglobinuria si accentua dopo
niche delle emazie durante il loro tragitto;
sforzi fisici, interventi chirurgici, processi infettivi.
d) da marcia (prolungata) o da sforzi fisici protratti in posizione Il decorso della malattia si caratterizza per la fre­
eretta (maratona, suono di strumenti a percussione, karaté,
ecc.): l'emolisi di entità sempre molto scarsa, tanto che nella
quente comparsa di trombosi nel territorio delle
maggior parte dei casi mancano sia anemia che ittero, è di tipo vene mesenteriche e della vena porta e la perdita
intravasale, non è dovuta ad alterazioni intra- od extra-eritro- giornaliera di quantità non indifferenti di ferro sotto
citarìe ma sembra riferibile ad un danno meccanico delle ema­ forma di emosiderina. Per questo i pazienti vanno
zie durante il loro tragitto attraverso il microcircolo palmo­
incontro a una carenza di ferro. Sia le piastrine che
plantare. Costantemente presente l'emoglobinuria.
le emazie risultano abnormemente sensibili all'azio­
- Anemie emolitiche acquisite da agenti chi­ ne litica del complemento, senza necessità dell'in­
mici. I farmaci che possono causare emolisi (ane­ tervento di anticorpi. Essendo un disordine della
376 Anemie
cellula staminale, presenta potenzialità evolutive in virali (epatiti B e C, infezione da EBV,CMV, HIV,
senso leucemico. E patologìa correlata anche alla parvovirus B19) o batteriche (TBC), malattie meta­
aplasia midollare per cui in alcuni casi il quadro boliche (pancreatiti, gestosi gravidiche, endocrino-
delle due malattie non è facilmente distinguibile. patie), patologie del sistema immunitario o malattie
Dal punto di vista laboratoristico si caratterizza per il deficit
del sistema emolinfopoietico.
di fosfatasi alcalina a carico dei granulocitì, la carenza di acetil- Tra le sostanze farmacologiche, quelle che pos­
colinesterasi negli eritrociti, e una ridotta espressione di moleco­ sono scatenare l'insorgenza di un'anemia aplastica
le GPI quali il CD55, CD59 e il Decay Activating Factor (DAF) sia con maggiore frequenza sono il cloramfenicolo, il
nei globuli rossi che nei globuli bianchi. Tale anomalia è riscon­ fenilbutazone, i sali d'oro, la tolbutamide, la carba-
trabile solamente nel clone cellulare EPN, che colpisce ima fra­
zione minoritaria della popolazione cellulare totale. Utile il test
mezapazina, la fenintoina, la clorpropamide, la
di Ham: se si sospendono gli eritrociti in siero compatibile, fre­ ticlopidina, le sulfonamidi, l'acido acetilsalicilico e
sco (contenente complemento) a pH 6,4 (optimum per il comple­ Yacetofenetidina.
mento), si ottiene l'emolisi; non si ottiene se il siero è inattivato a Néll'ambito delle anemie ipo-a-rigenerative, il
56° C. Segno classico deiremolisi intravasale, che si verifica in
sintomo anemia può essere rilevato in corso di apla­
questi pazienti è la diminuzione delTaptoglobina. È spesso pre­
sente neutropenia più o meno severa e piastrinopenia. sia midollare o più specificamente in corso dell'a­
plasia eritroide pura ("pure red celi aplasia"). Que­
Il quadro clinico è estremamente eterogeneo, ed ste forme vengono oggi classificate come alterazioni
è in genere correlato alla iperemolisi, e all'insuffi­ da alterata differenziazione e proliferazione della
cienza midollare, e si caratterizza per le frequenti cellula staminale e presentano possibilità evolutive
trombosi (prevalentemente venose), ed episodi in senso leucemico. Presentano inoltre similitudini
infettivi. con le sindromi mielodisplastiche e la emoglobinu-
ria parossistica notturna. A seconda che l'insuffi­

H Anemie ipogenerative cienza midollare coinvolga tutte le filiere o solamen­


te la filiera eritroide, si parla di aplasia midollare o
Tra queste anemie rientrano le forme costituzio­ di aplasia eritroide pura.
nali (anemia di Panconi, malattia autosomica recessi­ I momenti patogenetici responsabili di queste
va caratterizzata da pigmentazione cutanea, ipo- forme sono di tre tipi: 1) difetto intrinseco di tipo
plasia renale, anomalie ossee e microcefalia; sindro­ acquisito delle capacità proliferative e differenziati-
me di Pearson; discheraiosi congenita; anemia di Black- ve della cellula staminale, ovvero di uno o più ele­
fan-Diamond) e le forme acquisite. Le forme acquisite menti appartenenti al pool delle cellule staminali-
sono osservabili dopo esposizione a sostanze chi­ progenitrici (multi-bi o unipotenti); 2) disregolazio­
miche (farmaci, benzene, alcool etilico o altri com­ ne immunitaria con danno immunomediato delle
posti tossici), agenti fisici (radiazioni), infezioni cellule staminali emopoietiche; 3) insorgenza di una
alterazione acquisita di uno o più elementi apparte­
nenti al cosiddetto "microambiente midollare".
II tessuto midollare presenta una estrema ipocel-
lularità con netta prevalenza di midollo grasso,
associato ad occasionali elementi linfocitari e stro­
ma lì (Fig. 12). La pancìtopenia periferica condizio­
na la sintomatologia, caratterizzata da anemia seve­
ra, piastrinopenia e leucoperda; frequenti gli episo­
di emorragici e infettivi.
Il sintomo "anemia" può comparire, inoltre,
nella maggior parte delle malattie ematologiche
sistemiche maligne, sia nella fase di esordio della
malattia, o nelle fasi evolutive delle stesse come nel
caso della policitemia vera che in percentuali eleva­
te dei casi evolve in una fase anemica o spenta,
dopo qualche anno dalle manifestazioni cliniche di
esordio.

| Anemie macrocifiche
Un aumento del volume eritrocitario (macroci-
Fig. 12 - A n e m ia aplastica idiopatica. N e lla sezione istologica tosi, MCV > 95 fL) si verifica nella maggior parte
di un fram m ento di m idollo osseo prelevato con i'a g o di dei casi per carenza di una delle due vitamine idro­
Jam shidi a livello della cresta iliaca, il norm ale tessuto em o ­
solubili che funzionano come coenzimi nella sintesi
poietico a p p a re sostituito d a vaste a re e di m ateriale adiposo;
perm an gon o solo dei rari e piccoli focolai di elementi eritro-
del DNA: la vitamina B12 e l'acido folico. Più rara­
poietici e linfoidi. (D a L a rizza , Trattato delle m alattie del san­ mente la causa di una anemia macrocitica è dovuta
gue, Voi. Il, Piccin, 1 9 9 1 ). ad una carenza congenita o acquisita del processo
Anemie macrocitiche & 377
di sintesi di DNA che può osservare nelle sindromi Cause di carenze di vitamina fiì2
mielodisplastiche acquisite, anemie sideroblastiche
congenite, malattie del metabolismo purinico e piri-
midinico, patologie metaboliche o dopo assunzione 9 Carenze alimentari (dieta vegetariana)
di farmaci che interferiscono con il metabolismo del « Condizioni che causano maiassorbimento:
DNA. - a livello gastrico (anemia perniciosa dell'adulto,
Vengono classificate tra le anemie macrocitiche anemia perniciosa del bambino, gastrectomia};
ipercromiche disomogenee, essendo in genere Principali condizioni che determinano deficienza di
aumentati i valori MCV, MHC e RDW. fattore intrinseco a livello intestinale:resezioni chirur­
Il termine anemia megaloblastica configura di
giche intestinali; patologie intestinali quali divertico-
losi, stenosi, fistole, sindrome dell'ansa cieca; sin­
conseguenza un aspetto morfologico che si caratte­ drome di Imerslund-malassorbimento selettivo con
rizza per la presenza di asincronie maturative proteinuria; sprue tropicale, parassitosi intestinale
nucleo/citoplasmatiche osservabili sia nella filiera da Botriocefalo causano un dismicrobismo con com­
eritroide che mieloide, secondarie ad una alterazio­ petizione biologica fra i diversi ceppi batteri.
ne nel processo di sintesi del DNA causate dalla - Malattie endocrine, insufficienza pancreatica, uso dì
carenza di cofattori essenziali nel metabolismo farmaci quali la neomicina, colcnicina, fenformina,
degli acidi nucleici (Fig. 13). composti arsenicati.
Le principali cause di carenza di vitam in a B12
sono elencate in tabella 7.
mina B12 In seguito ad ablazione dell'ileo termina­
La vitamina B12 il cui fabbisogno quotidiano
le, come pure in caso di ileite regionale o altre
minimo è 3-5 gamma, viene assorbita dall'intestino
malattie della zona (e lo stesso si può dire per la
dove si combina con il fattore intrinseco contenuto sprue tropicale) si ha un deficit di assorbimento
nel succo gastrico (1 molecola con 1 molecola); in tal della vitamina B12 I pazienti affetti da sindrome di
modo viene protetta dalla degradazione che altri­ Imerslund presentano un deficit congenito dei
menti subirebbe ad opera degli enzimi digestivi. recettori per il complesso fattore intrinseco + vita­
Recettori specifici situati nei microvilli dell'ileo ter­ mina B12 Le riserve (soprattutto epatiche) ammon­
minale captano il dimero fattore intrinseco + vita- tano in media a 3 mg. Se le riserve di vitamina B 12
non vengono più rifornite, esse si esauriscono al
ritmo dello 0,1% giornaliero: dopo gastrectomia
totale, per esempio, ci vogliono alcuni anni (fino a 7
anni) perché si manifestino i sintomi della carenza
di vitamina B12
L'acido folico, il cui fabbisogno minimo è di circa
100 y, viene assorbito nella parte superiore dell'inte-

• Carenze alimentari (etilisti, soggetti defedati; psicopati­


ci, invalidi, anziani, neonati). Si osserva spesso associa­
ta a carenza proteica e a deficit di altre vitamine.
© Maiassorbimento (morbo celiaco dell'adulto e del bam­
bino, sprue tropicale, maiassorbimento selettivo di fola-
ti, ampie resezioni digunali, gastrectomia, morbo di
Crohn, amiloidosi intestinale)
« Aumento del fabbisogno e/o delie perdite:
- patologie ematologiche (anemie emolitiche di diver­
sa origine)
- neoplasie solide e del sistema emolinfopoietico
- malattie infiammatorie croniche
- abnorme escrezione urinaria di folati in corso di insuf­
ficienza renale, cirrosi epatica, scompenso cardiaco
- uso dei farmaci ad attività antifolica (inibitori della
deidrofolato reduttasi quali il metótrexate o la piri-
metamina}
- in corso di gravidanza, allattamento, neonati pre­
maturi, rapido accrescimento corporeo in bambini
Fig. 13 - Anemia megaloblastica. Prevalenza di eritroblasti in indigenti.
fase basofila di dimensioni giganti.
378 s Anemie
stino (duodeno e digiuno). Le sue riserve dovrebbe­ te la situazione anemica, per alterare il quadro
ro ammontare a circa 10-15 mg. Se le riserve di folati midollare, facendo scomparire i megaloblasti tipici
non sono più rifornite, esse si esauriscono al ritmo e rendendolo non più patognomico. Sono forme
dell'1% al giorno; più rapidamente, se il metaboli­ che si osservano tutt'ora, con ima certa frequenza,
smo è aumentato (processi febbrili) se vi sono pro­ anche nei paesi a sviluppo industriale, e sono corre­
cessi emolitici e in gravidanza. Il rapido esaurirsi lati a diete carenti o squilibrate (povere in carne;
delle riserve spiega la precoce comparsa dei segni di diete vegetariane).
carenza: un'anemia da deficit di folati si manifesta La sintomatologia classica delle forme tipiche
entro 5 mesi dall'inizio della dieta carente. consiste nelle sindromi anemica, digestiva, e neuro­
Le principali cause di carenza di folati sono elen­ logica.
cate in tabella 8. 1. La sindrome anemica comporta, oltre al pallore a sfumatura
cerea, la cui intensità spesso contrasta con le condizioni di
Anemia m egaloblastica da carenza nutrizione ben conservate anche, i sintomi cardiocircolatori
dall'anemia (rumori a "trottola" sulle giugulari, soffi anemi­
di vitamina B12 (anem ia perniciosa ci valvolari molto pronunciati, ecc...), aumento della bilirubi­
di Addison-Biermer) na per l'aumento dell'eritropoiesi inefficace, che rappresen­
ta un evento rilevante deiranemia perniciosa.
L'esame ematologico pone in evidenza, oltre alla 2. La sindrome digestiva di ipotrofia epiteliale è già evidente a
diminuzione della concentrazione ematica di emo­ carico della mucosa boccale, soprattutto con glossopatia
globina e ad una diminuzione ancora più marcata atrofica, spesso sede di processi glossitici sopvrapposti (glos­
site di Hunter). Importante, in quanto centrale nella patoge­
del numero di globuli rossi, un aumento del volu­
nesi, è l'ipotrofia della mucosa gastrica, ben riconoscibile
me globulare (> 110 fL) e presenza di grandi eritro­ all'esame endoscopico, con achilia istamino-resistente, che
citi ipercolorati (megalociti) (Fig. 14a), leucopenia deve essere ricercata per confermare la diagnosi (vedi oltre).
con prevalente granulocitopenia e granulociti a 3. La sindrome neurologica comprende varie lesioni del sistema
nucleo polilobulato. La formula di Ameth presenta nervoso centrale, soprattutto la degenerazione dei cordoni
uno spostamento a destra, e sono presenti granulo­ midollari posterolaterali: nelle forme più pronunciate, que­
citi neutrofili giganti. Nel soggetto sano, i granulo­ sta può assumere il quadro della pseudotabe biermeriana,
della sindrome di Lichtheim. In genere, le lesioni neurologi­
citi con nucleo a più di 5 lobi non superano il 3%; che sono tardive, ma talora possono essere predominanti e la
nell'anemico pernicioso, questa percentuale scoperta del quadro anemico può seguire allo stadio delle
aumenta e si possono osservare anche granulociti lesioni neurologiche. Molto precoci sono le alterazioni della
con nucleo a 810 lobi (Fig. 14b). Vi può essere anche pallestesia. Talora la diagnosi è resa difficile dalla sovrappo­
sizione di altre malattie causali (infezioni croniche, cardiopa­
piastrinopenia con megatrombociti.
tie) o di associazione non casuale (carcinoma gastrico).
La biopsia del midollo osseo pone in evidenza la
presenza di megaloblasti (elementi a reticolo cro­ - Prove da eseguire per porre la diagnosi di
ma tinico a gomitolo molto fine, grandi, nucleolati) carenza di vitamina:
che, nella loro forma tipica, sono altamente signifi­ 1. La totalità dei pazienti con anemia megaloblastica da caren­
cativi; e inoltre, dei promielociti molto grandi, za di vitamina presenta una concentrazione sierica di vita­
sovente con nucleo già incurvato, mielociti e m eta-. mine molto bassa (inferiore a 100 pg/m L). Il dosaggio della
mielociti giganti (2-4 volte quelli normali). Per un concentrazione sierica di vitamina può essere eseguito con
ematologo esperto, l'aspetto midollare è altamente metodi microbiologici o più modernamente con tecniche
radioisotopiche. I metodi microbiologici forniscono risultati
diagnostico: si tenga presente che basta la sommini­ poco attendibili e per questo motivo sono stati sostituiti da
strazione di piccole dosi di vitamina B12 o di estrat­ quelli radioimmunologici che si basano sull'impiego di
to epatico, insufficienti a correggere completamen­ sostanze radiomarcate per il riconoscimento del fattore

Fig. 14 - a) Emazie macrocitiche; b) granulociti neutrofili ipersegmeniati in corso di anemia megatobiastica.


Anemie macrocitiche & 379

intrinseco o delle transcobalamine come proteine leganti la ci emocromocitómetrici evidenziano un significativo incre­
vitamina. I valori di riferimento oscillano tra 150 e 1000 mento di MCV (>95 ul), MCH, HDW e RDW. Per tale moti­
pg/m L. vo tale anemia viene classificata tra le anemie macrocitiche
2. Circa il 70% dei pazienti presenta nel siero anticorpi anti-fat- ipercromiche disomogenee. Spesso è presente leucopenia (2-
tore intrinseco rilevabìlì con opportuni dosaggi radioimmu- 2,5 x109/L), e allo striscio periferico si osservano granulociti
neutrofili iperlobati (possono essere presenti sino a 10 seg­
nologici.
mentazioni nucleari) e di dimensioni abnormi.
3. Lo studio della secrezione gastrica nelle forme classiche di
3. Solitamente si osserva un aumento del valore delle latticodei-
anemia perniciosa dimostra un'acloridria completa istami-
drogenasi (specialmente LAD1 e LAD2), un incremento della
no-resistente a cui corrisponde un aumento della concentra­
bilirubinemia e scomparsa dell'aptoglobulina dal plasma.
zione ematica di gastrina (valore di riferimento: 50 n g/L ). la
ricerca si fa oggi con due importanti modificazioni rispetto 4. L'analisi citologica del midollo osseo dimostra una iperpla-
al passato: sia eritroide con presenza di numerosissimi megaloblasti in
a) il pH del succo gastrico dei pazienti è oggi misurato
fase basofila che conferiscono al midollo un aspetto pato-
gnomìco (etichettato in passato con l'aforisma di "midollo
con il piaccametro e impiegando elettrodi idonei nei
blu"). A carico della serie mieloide si osservano anomalie
casi di acloricLria esso risulta pari a 7,0. e dopo even­
morfologiche caratterizzate da gigantismi cellulari e iperlo-
tuale stimolazione massimale, non scende sotto a pH
bulazioni dei nuclei. In particolare si evidenziano promielo-
6,0; al posto dell'istamina, oggi si usa la pentagastrina,
citi abnormi, metamielociti fino a 2.4 volte più grandi rispet­
che è il fattore stimolante specifico per la mucosa
to al normale, e granulociti con 4-6 e talora anche 10 segmen­
gastrica;
tazioni nucleari.
b) a differenza del pepsinogeno I, il pespinogeno II, pro­
dotto dalle ghiandole piloriche e dalle ghiandole di 5. Decisiva è anche la risposta terapeutica. Dopo la sommini­
Brunner, non diminuisce nell'anemico pernicioso. Per strazione di una dose massiva di estratto epatico o di vitami­
questo, il rapporto: pepsinogeno 1/ pepsinogeno II di na B12, in un paio di giorni il quadro midollare si modifica e
solito pari a 6, si dimezza nell'anemico pernicioso. La una normoblastosi, prima basofila, poi policromatofila ed
determinazione del fattore intrinseco dopo stimola­ ortocromatica, si sostituisce alla primitiva megaloblastosi;
zione con pentagastrina può essere effettuata con intanto, in circolo, si ha, tra il 3 e il 7 giorno di trattamento,
dosaggio radioimmunologico. Nei pazienti con ane­ un forte incremento dei reticolociti (crisi reticolocitaria); gli
mia megaloblastica da carenza di vitamina, non è eritrociti incominciano ad aumentare di numero con un
dosabile la concentrazione di fattore intrinseco. incremento fino a 200.000 (mm3 al giorno; l'emoglobina cre­
sce pure, ma in misura minore, cosicché il valore globulare si
La presenza di anticorpi diretti contro le cellule abbassa, avvicinandosi progressivamente all'unità. La side-
di rivestimento gastriche può essere dimostrata in remia (prima molto elevata) diminuisce nettamente; gli indi­
immunofluorescenza su preparati istologici di ci MCV, MCH, RDW tendono a normalizzarsi.
mucosa gastrica fresca. In seguito alla grande diffusione di farmaci contenenti vita­
mine, oggi è estremamente raro trovare casi di anemia pernicio­
1. Il test di Shilling {test di assorbimento della vitamina B12 mar­ sa pura da sottoporre a trattamento. La diagnosi dei casi, può
cata con sostanze radìoisotipiche) è il test più importante quindi risultare molto difficile e deve basarsi su alcune sfumatu­
ne^la diagnosi di questa anemia, ma la complessità nel re del quadro clinico (persistenza di qualche nota di ipotrofia lin­
dosaggio ne limita l'uso nella pratica clinica. Questo test guale, diminuzione della sensibilità vibratoria, ecc) e del quadro
rivela una riduzione nell'assorbimento delia vitamina, calo ematologico (persistenza di qualche megalocito, dello sposta­
che può essere ovviato dalla contemporanea somministra­ mento a destra della formula di Ameth di un valore elevato di
zione di fattore intrinseco. MCV e RDW); hanno invece ed ancora valore di accertamento
2. L'osservazione morfologica degli strisci di sangue periferico diagnostico il riscontro dell'achilia gastrica e la prova di Schil-
pone in evidenza la presenza di eritrociti di grandi dimen­ ling. Importante importante, sebbene diversamente valutata da j
sioni (megalociti) sprovvisti di zona chiara centrale. Gli indi­ vari Autori, la constatazione della presenza in circolo di anticor­

Fig. 15 - Anemia perniciosa, a) Fegato. Emosiderosi delle cellule epatiche (bleu di Prussia-rosso neutro), b) Rene. Emosiderosi degii
epiteli dei tubuli contorti (col. come sopra).
380 s Anemie
pi contro il fattore intrinseco (nel 70% dei casi di anemia pernicio­ mento enterico dei folati, quale si può osservare in soggetti dedi­
sa) o contro le cellule parietali delio stomaco (neU'85% dei casi). ti al vizio dell'alcool, o in indigenti. È sufficiente infatti anche un
Altri test diagnostici praticabili in centri specializzati inclu­ pasto normocalorico ricco in folati per ristabilire una normale
dono la identificazione citochimica della quantità di vitamina concentrazione sierica di folati in pazienti etilisti e malnutriti con
B12 presente airintemo degli eritrociti e degli eritroblasti. Il carenza cronica di folati. Nonostante ciò, la determinazione dei
metodo si basa sul presupposto che il deficit di vitamina B12 livelli di folati nel siero rappresenta l'esame di laboratorio più
blocca la mediazione dell'omocisteina in metionina, in quanto utile nella diagnosi di quest'anemia. Il dosaggio sierico dei fola­
l'enzima che catalizza la reazione è dipendente dalla vitamina ti viene eseguito con metodica radioimmunologica. Nella mag­
B]2. Questo test permette ima agevole diagnosi differenziale tra gioranza dei laboratori, concentrazioni sieriche dei folati inferio­
anemie megaloblastiche da carenza di vitamina B12 e folati. ri a 2-5 n g/m L sono da considerarsi patologiche e quindi sugge­
Il test di escrezione della vitamina B12 nell'urina è tecnicastive di una carenza di folati. Il dosaggio della concentrazione di
poco usata ma di valore diagnostico. Si basa sulla misurazione folati intraeritrocitari viene eseguito più raramente nella pratica
radioimmunologica della quantità di vitamina B12 marcata con laboratoristica pur rappresentando un indice più fedele del
57Co escreta con le urine dopo introduzione per via orale di vita­ metabolismo dei folati relativo agli ultimi mesi di un paziente.
mina B12 radiomarcata e di vitamina Bj 2 non marcata sommini­ Al contrario del dosaggio sierico, però, è un indice tardivo di
strata per via parenterale. In mancanza di fattore intrinseco, pre­ deplezione delle riserve di folati nell'organismo (si manifesta
vale nettamente la escrezione di vitamina B12 non marcata con alcuni mesi di ritardo rispetto al deficit di folati sierici). Una
rispetto a quella radiomarcata che a livello gastrico avrebbe concentrazione di folati intraeritrocitaria inferiore a 100 n g/m L
dovuto coniugarsi con il fattore intrinseco. deve essere considerata indicativa di carenza di folati. I livelli
LAD sono significativamente aumentati anche nei pazienti con
carenza di folati.
Anemia m egaloblastica da caren za di folati
Non è sempre facile differenziare le anemie Anemie m egaloblastiche che non rispondono
megaloblastiche da deficit di vitamina B12 da quel­
al trattamento con vitamina e folati
le dovute a deficit di folati, anche perché, se diver­
se per ciò che riguarda la patogenesi, sono correggi­ Tra le condizioni più frequentemente responsa­
bili però in modo incrociato (a parte le lesioni neu­ bili di anemia megaloblastica con meccanismo ezio-
rologiche da carenza di vitamina non ben correggi­ patogenetico (differente da uno stato di carenza di
bili con la somministrazione di folati). vitamina B12 e folati) vanno considerati:
In linea di massima, per la diagnosi delle caren­
- terapie con farmaci antitumorali (antiblastici,
ze di folati, ci si basa sui seguenti criteri. La quanti­
inibitori purinic.i o pirimidinici);
tà di folati fornita giornalmente da un'alimentazio­
ne ricca non è affatto elevata (circa 250 (ig e cioè il - malattie metaboliche congenite (orotico-aciduria
doppio del fabbisogno giornaliero): per questo, il ereditaria, errori congeniti di una delle tappe del
deficit di folati è relativamente frequente. Tra le metabolismo dei folati);
cause di una carenza di folati, accanto ai deficit ali­ - sindromi mielodisplastiche.
mentari e alle forme legate a un aumento del fabbi­
sogno di queste sostanze (processi febbrili, processi
emolitici, gravidanza), si citano alcune intossicazio­ j§ Bibliografia essenziale
ni (etanolo, difenilidantoina) e soprattutto la malat­
Castoldi G.L., Liso V.: Malattie del Sangue e degli Organi
tia celiaca, perché essa colpisce la parte superiore
emopoietici. 4 Edizione. Me Graw-Hill, 2004.
del tenue, dove avviene l'assorbimento dei folati
(Tab. 8). Lanza G.: Anatomia Patologica Sistematica U Edizione.
In questi casi, l'assorbimento della vitamina B12 Piccin Editore, 1985.
aw iene normalmente, dato che compete alla parte Zucker-Franklin D., Grossi C.E.: Atlas of blood celis.
distale del tenue. È nella sprue tropicale che l'assor­ Atlante. Ermes Ed. Milano, 2003.
bimento di entrambe le sostanze è compromesso,
essendo tutto l'intestino interessato dalla malattia. Williams W., Beutler E., Erslev A. et al.: Hematology, Me
Graw Hill, 2003.
- Test di laboratorio per la diagnosi dell'ane­
mia da deficit di folati Hoffman: Haematology, Elsevier Ed, 2005.

A differenza di ciò che si osserva nella carenza di vitamina Greer }., Foerster J., Lukens I.: Wintrobe's clinical haema­
B12, il dosaggio della concentrazione sierica di folati non rappre­ tology. Ilth edition, lippincott Ed, 2003.
senta un indice fedele di una carenza di folati nell'organismo
umano. Un basso livello di folati indica solamente che, nei gior­ Lewis S.M., Bain B., Bates I.: Practical Haematology.
ni precedenti al dosaggio, si è avuta una riduzione neirassorbi- Churchill Livingstone, 2001.
3.4 Malattie
emorragiche
e dell'emostasi
G. Castarnan, A. Piccin, F. Rodeghiero

permettono l'adesione delle piastrine al sito di


U Introduzione lesione (vedi Fig. la). Tuttavia, solo l'adesione al
L'emostasi comprende un insieme di processi fattore di von Willebrand rende il monostrato pia-
fisiologici, di risposta ad un danno endoteliale, strinico sufficientemente stabile e resistente alle
attraverso i quali: a) si forma un coagulo efficace a forze di scorrimento circolatorio (shear stress), per­
livello di una lesione vascolare, b) l'estensione del mettendo l'attivazione piastrinica con rilascio di
coagulo viene limitata alla sede della lesione e c) il mediatori (ad esempio Ì'ADP, il tromboxano A2),
coagulo viene successivamente lisato (vedi Tab. 1). che permettono l'esposizione del recettore glicopro-
La prevenzione della fuoriuscita del sangue dai teico Ilb/IIIa (o allbp3), sulla membrana piastrini­
vasi integri e l'arresto dell'emorragia dopo un trau­ ca, ed il reclutamento di altre piastrine. A questo
ma sono le due principali funzioni dell'emostasi. recettore si lega il fibrinogeno, permettendo la crea­
Mentre la prima funzione è garantita dall'integrità zione di ponti intercellulari fra le diverse piastrine,
anatomica della struttura dell'endotelio e della portando così alla formazione dell'aggregato pia-
parete vascolare, l'arresto delle emorragie, dopo strinico. La generazione di trombina e la presenza
traumi, vede coinvolta in prima istanza la vasoco­ del FVIII trasportato dal fattore di von Willebrand
strizione, dovuta all'azione di fattori neurologici e (vedi oltre) fanno sì che la coagulazione avvenga
muscolari, e successivamente l'adesione piastrinica, nel momento stesso in cui si sta formando l'aggre­
l'aggregazione piastrinica (em ostasi prim aria) ed il gato piastrinico e che essa rimanga localizzata nel
processo coagulativo vero e proprio (em ostasi sito di lesione endoteliale.
secondaria). Queste fasi non sono tra loro netta­
mente distinte e in genere esse cooperano mutual-
mente nel garantire la formazione di un coagulo
efficace. In questo processo entrano in gioco non
solo attivatori procoagulanti, come gli enzimi scri­
nici rappresentati dai fattori della coagulazione, ma Sequenza degii eventi secondari
anche una serie di inibitori naturali (es. antitrombi­ al danno vascolare : : •;■;
na, proteina C, proteina S) che garantiscono l'equi­
librio del sistema. Successivamente, la fibrinolisi • lesione endoteliale con esposizione del subendotelio
consentirà la dissoluzione regolata del coagulo, (Fattore tessutale, fattore di von Willebrand, collagene)
garantendo la completa restitutio ad integrum. La
tabella 1 e le figure la e lb riassumono i processi • adesióne piastrinica al subendotelio mediata dal fattore
fondamentali dell'emostasi e della fibrinolisi.
di von Willebrand (legame con la Glicoproteina lb della
membrana piastrinica)
• • aggregazione piastrinica mediata dal fibrinogeno
Emostasi primaria (legame con la Glicoproteina llb/ll!a della membrana
piastrini ca)
L'adesione piastrinica rappresenta la prima
risposta specializzata del sistema emostatico alla • • formazione dei complesso fattore tessutale- FVila ed atti­
lesione endoteliale. La lesione espone la matrice vazione dei fattori della coagulazione (via estrinseca)
sottoendoteliale, ricca di fattore tessutale, glicosa- • • formazione del trombo (fibrina solubile)
minoglicani, collagene e fattore di von Willebrand,
secreto nel lume vascolare dalle cellule endoteliali • • stabilizzazione del trombò mediata dal FXIII attivato
stesse. L'interazione del collagene e del fattore di dalla trombina (fibrina insolubile)
von Willebrand con recettori idonei della membra­ • • dissoluzione del trombo (fibrinolisi)
na piastrinica (Glicoproteina la, Glicoproteina Ib)
382 Malattie emorragiche e dell'emostasi

Lesione endoteliale
/ \
Adesione Attivazione della
piastrinica * coagulazione

l
Trombina ^_____ Rilascio di
Emostasi primaria mediatori

Fibrina Aggregato
piastrimco

siÌT i^ ei Ci K K E - E E E Ei Ì i ££ j ¡¿ *5 8 E£ 52 E2 65 Éi Z3

Trombo

1
Emostasi secondaria Fibrinosi
1
Frammenti di
degradazione
della fibrina

Fig. la - I processi fondamentali dell'emostasi primaria e secondaria.

Step di attivazione coagulativa e inibitori naturali

C ascata coagulativa

T F /V Ila

Attività della
trombina
Fibrinogeno ► Fibrina

Fig. 1b —I principali processi deila cascata coagulativa (in grigio) ed i naturali meccanismi inibitori (in verde chiaro). TF = fattore
tessutale; TFPI = inibitore delia via del fattore tessutale; EPCR = recettore endoteliale della proteina C; TM —Trombomodulina; APC
= Proteina C attivata; PS = Proteina S; AT = antitrombina.
Coagulazione & 383

Coagulazione Via intrinseca


Il processo coagulativo, secondo criteri già stori­ Xi! XI la 1Via estrinseca!

ci, avviene per attivazione della via intrinseca e


della via estrinseca. La via intrinseca prende il via
dall'attivazione del FXH su superfici, come il vetro
o grazie a sostanze chimiche come il caolino (cosid­
detta fase di contatto). Questa via viene oggi consi­
derata di scarsa importanza dal punto di vista fisio­
logico come risposta all'evento traumatico che pro­
voca l'emorragia. Questa ipotesi è suffragata dal
fatto che soggetti con carenza completa di FXII o
degli altri fattori della fase di contatto (prekallikrei-
na, chininogeno ad alto peso molecolare) non mani­
festano sintomi emorragici. La via estrinseca si
genera dalla disponibilità del fattore tessutale (TF),
che si lega con il FVII attivato (FVIIa) e và ad attiva­
re il complesso protrombinico ed il FIX. Quest'ulti­
mo a sua volta attiva il FVII garantendo così l'am­ Fig. 2 - Le vie di attivazione della cascata coagulativa (vedi
plificazione della reazione. testo).
L'evento chiave nella fase finale del processo
coagulativo è rappresentato dalla conversione della
I principali fattori plasmatici che partecipano al
protrombina in trombina ad opera del complesso
processo di coagulazione del sangue sono elencati
FVa-FXa-ioni calcio e fosfolipidi (Fig. 2). Questo
nella tabella 2.
complesso, chiamato anche protrombinasi, viene
generato in vivo in presenza del complesso TF- II ruolo delle piastrine nella coagulazione. Le pia­
FVIIa, o, in vitro, con l'intervento dei fattori pla­ strine cooperano alla formazione della protrombi­
smatici della fase di contatto (FXII, PrekaHikreina, nasi fornendo i fosfolipidi di membrana cellulare
chininogeno ad alto peso molecolare - HMWK), (fattore III piastrinico) e recettori per il FVa. Le pia­
fenomeno facilmente osservabile allorché il sangue strine inoltre contengono granuli alfa e granuli
prelevato coagula a contatto con superfici estranee. delta il cui contenuto può essere rilasciato dopo

della coagulazione

Attivitànecessaria
Peso Molecolare : Cohcenirqzioné
Fattore .r ^ r ^emòstasi delgene ; ^
(Dalfon) nel plasmò (}ig/ml)
(% del normale) {Cromosoma)
Fibrinogeno 330.000 3000 50-100 mg/dL Catene a 4q31.3
(Fattore 1) Catene (3 4q31.3
Catene y 4q32.1
Protrombina 72.000 100 20-30 11 pi 1.2
(Fattore II)
Fattore V 300.000 10 1q24.2
Fattore Vii 50.000 0,5 15-20 13q34
Fattore Vili 300.000 30-40 Xq28
Fattore IX 56.000 30-40 Xq28
Fattore X 56.000 10 15-20;.:; 13q34
Fattore XI 160.000 15-20 4q35.2
Fattore XII! 320.000 30 ; 2-5 , Subunità a 6p25.1
subunità b lq31.3
Fattore Xli 76.000 30 - 5q
PrekaHikreina 82.000 40 - 4q35
HMWK : 108.000 loo ;vK\v-- : - : 3q27
384 & Malattie emorragiche e dell'emostasi
attivazione della piastrina stessa, andando a coope­
Granuli piastrinici e lóro contenuto
rare all'amplificazione e alla modulazione dell'ade­
sione piastrinica e della formazione dell'aggregato
piastrinico e del coagulo di fibrina (il contenuto dei alfa granuli
granuli alfa e delta è riportato in Tab. 3). Il fattore 4, fattore von Wiliebrand
ad effetto antieparinico, contenuto nel sistema gra­ Fibrinogeno
nulare, viene da esso rilasciato nel corso della «rea­ PF4
zione di liberazione» conseguente all'attivazione Beta trombogtabu!ina
piastrinica; la serotonina, o 5-idrossi-triptamina, PDGF (Platelet - Derived Growth Factor)
che, assieme ad ATP e calcio ioni, forma complessi
fattore V
ad alto peso molecolare contenuti nei granuli densi
fattore XII!
fattore XI
e da essi liberata durante l'aggregazione piastrini­ Inibitore dell'attivatore de! plasminogeno (PAI-1)
ca, può esercitare il suo effetto vaso-costrittore sulla
delta granuli (granuli densi)
microcircolazione. La Beta-tromboglobulina diven­
ta misurabile nel plasma in varie situazioni patolo­ ADP-ATP ' .. ■
■■ :
giche come segnale di attivazione piastrinica in serotonina ;
vivo. ioni calcio

C Aa 66 KDa

JN N lL C Bß 52 KDa
A- "1
N N C y ; ; '■■■ 4 6 K D a

F ibrinop ep tide A

Fib rin o p ep tid e B

—— L e g a m e dì solfuro

A S ito di clivaggio d e lla trom bin a

Fibrinog en o

Trom bina Fibrinopeptide A


igi issi Fibrinopeptide B :

M o n o m e ro di Fibrina

Di m ero di Fibrina

FX1I1
Ca P olim ero dì F ib rin a stab ilizzata

Fig. 3 - (a) La molecola del fibrinogeno. La proteina è composta da due dimeri simmetrici, ognuno dei quali è costituito da 3 cate­
ne polipeptidiche (Aa, B(3 e y) collegate ciascuna con la sua controparte tramite ponti disolfuro alle estremità NH2-terminali. Alle
estremità Nh^-termìnali sono localizzati Ì fibrinopeptidi A e B clivati dall'azione della trombina. Le estremità COOH-terminali sono
collegate tra loro all'interno della stessa emimolecola tramite interazioni idrofobiche, (b) La fibrinoformazione e fibrinostabilizza-
zione. L'azione della trombina stacca i fibrinopeptidi A e B generando il monomero di fibrina. Dall'unione termino-terminale e late-
ro-laterale di diversi monomeri di fibrina si foma dapprima il dimero e poi ¡i polimero di fibrina. El polimero di fibrina formato è
ancora solubile e diviene insolubile grazie all'azione del FX111 (fattore fi bri nostabilizzante) che in presenza di ioni calcio introduce
legami covalenti y-glutammil-e-lisina fra le catene gamma e le catene alfa di differenti monomeri.
Coagulazione 385

Le piastrine contengono inoltre i fattori V, XI,


XIII, fibrinogeno, fattore von Willebrand, in parte
| Le sindromi emofiliche
da esse stesse sintetizzati o da esse assorbiti per Le sindromi emofiliche costituiscono un gruppo di
endocitosi dal plasma. Il fattore di von Willebrand, malattie emorragiche ereditarie a trasmissione
contenuto negli alfa granuli piastrinici e presente recessiva, legata al sesso, causate da una carenza o
nel subendotelio per secrezione abluminale da alterata funzione del FVIII (emofilia A) o del FIX
parte delle cellule endoteliali, può essere rilasciato (emofilia B). In base al grado di carenza del fattore
in seguito all'attivazione piastrinica, garantendone implicato, si distinguono una forma grave o severa
adeguate concentrazioni in sede di iniziale adesio­ con livello inferiore a 1%, una forma moderata con
ne piastrinica. In questo processo il fattore von Wil­ livello compreso fra 1 e 5% e una form a lieve con
lebrand riveste un ruolo rilevante (vedi sopra). livello compreso fra 5 e 30-40%. In genere i casi con
livelli di FVIII o FIX superiori a 30-40% sono com­
La fa s e fin a le d ella coagu lazion e e la fibrin olisi: in
pletamente asintomatici anche nel caso di traumi
seguito alla formazione della protrombinasi, la pro­
gravi.
trombina viene convertita in enzima attivo (trombi­
na), che agisce sul substrato fibrinogeno. Da que­ I geni per il fattore VIII ed il fattore IX sono loca­
st'ultimo vengono rilasciati i fibrinopeptidi A e B, lizzati nella parte terminale del braccio lungo del
consentendo l'iniziale polimerizzazione dei mono­ cromosoma X (Xq28). Pertanto i maschi portatori di
meri di fibrina (fibrina solubile). Il FXIII, a sua volta un gene difettivo sul loro unico cromosoma X risul­
attivato dalla trombina, inserisce legami tano invariabilmente affetti, mentre le femmine
y-glutammiì-c-lisinicì tra monomeri adiacenti, risultano portatrici e raramente esprimono la
dando luogo ai dimeri y-y e ai polimeri a delle cate­ malattia dal momento che possiedono un alíele nor­
ne del fibrinogeno, rendendo la fibrina resistente ed male sull'altro cromosoma X. I pazienti non tra­
insolubile (Fig. 3). smettono il gene difettoso ai figli maschi, mentre
In condizioni normali, dopo qualche tempo tutte le figlie, pur generalmente asintomatiche,
dalla avvenuta coagulazione, il coagulo comincia a risulteranno portatrici obbligatorie e statisticamen­
retrarsi staccandosi dalla parete vasale (retrazione te trasmetteranno a loro volta il gene difettoso a
del coagulo). Perché ciò avvenga è determinante il metà delle loro figlie, rendendole portatrici, e a
ruolo delle piastrine, ed in particolare del sistema metà dei loro figli che risulteranno emofilici.
actomiosinico piastrinico. Segue infine la fase della Circa il 70% dei casi di emofilia ha una storia
lisi del coagulo o fibrinolisi; anche questo è un feno­ familiare. Nei casi privi di precedenti familiari, si
meno complesso a cui partecipano attivatori e inibi­ parla di "emofilia sporadica", dovuta a mutazioni
tori (Fig. 4). La fibrinolisi in realtà inizia nel insorte de novo nella madre o in uno dei nonni
momento in cui avviene la formazione della fibrina, materni. I tipi di mutazione sono gli stessi in
che è in grado di adsorbire il plasminogeno inattivo entrambi i gruppi di pazienti.
e rattivatore tessutale del plasminogeno (t-PA), Le basi molecolari sono estremamente eteroge­
generando così l'enzima attivo, la plasmina. nee e sono state descritte centinaia di mutazioni dif­
ferenti. Si possono distinguere tre tipi principali di
difetti genici:
- difetti genici dovuti a grossolani riarrangiamenti del
DNA che danno invariabilmente luogo a emofi­
PAl-1 t-PA
u-PA
fibriria lia grave. Essi comprendono delezioni intrageni-
PAI-2 ""
che di varia entità coinvolgenti 100 o più nucleo-
I fidi o addirittura l'intero gene; inserzione di
plasm inogeno “► plasm ina
retrotransposoni; duplicazioni. Circa il 40% dei
casi di em ofilia A grave è dovuto all'inversione
FD P
dell'introne 22 nel gene del FVIII: Questa ano­
Attivatori alfa2-antiplasm ina malia è dovuta a un crossing-over fra regioni
intrageniche omologhe che causano una com­
Inibitori
© pleta inversione della sequenza genica fra Leso­
ne 1 e Lesone 22, con completa impossibilità di
sintetizzare FVIII. La seconda causa più fre­
Fig. 4 - La fibrinolisi. La fibrinolisi è un sistema regolato dall'in­ quente è data dall'inversione dell'introne 1, che
terazione di attivatori ed inibitori. Il plasminogeno adsorbito rappresenta circa il 3-5% dei casi di emofilia A
dalla fibrina viene convertito in enzima attivo, la plasmina, ad
opera dell'attivatore tessutale del plasminogeno (t-PA). Esiste severa. Le cause genetiche dell'em ofilia B sono
anche un attivatore di tipo urinario (u-PA) in grado di esercita­ estremamente eterogenee e non esiste una muta­
re tale azione. L'azione ael t-Pa viene regolata dall'inibitore del­ zione particolarmente rappresentata, come acca­
l'attivatore del plasminogeno di tipo 1 e 2 (PAH e PAI-2). La de per l'inversione dell'introne 22 nell'emofilia
plasmina determina la lisi della fibrina generando i frammenti A grave. Tuttavia, nell'emofilia B è stato dimo­
di degradazione della fibrina (FDP). A sua volta. L'azione della
plasmina viene regolata dal suo inibitore naturale a2-antipla- strato che delezioni parziali o totali del gene, o
più raramente mutazioni nonsenso, sono asso­
38Ó s Malattie emorragiche e dell'emostasi
ciate al rischio di sviluppare anticorpi inibitori in tutte le sedi dell'organismo, sproporzionate
contro il fattore trasfuso, con possibilità di gra­ all'entità dei traumi che le provocano, o anche
vissime reazioni allergiche, data la natura preci­ apparentemente spontanee.
pitante degli anticorpi Già alla nascita, anche se raramente, si possono
- mutazioni nonsenso, inserzioni, splice site o dele­ verificare emorragie cerebrali per il trauma durante
zioni di sequenze con meno di 100 basi, che in il passaggio nel canale del parto o gravi cefaloema­
genere danno luogo a proteine troncate o non tomi o ematomi clavicolari. Con la crescita comin­
secrete e degradate intracellularmente. In gene­ ciano a svilupparsi intensa facilità ecchimotica,
re, queste anomalie si associano a forme di emo­ ematomi sottocutanei, talora ematomi da suzione
filia grave nel lattante.
L'eruzione o la caduta dei decidui possono esse­
- mutazioni missenso, con possibilità di produrre
proteine in quantità pressoché normale, ma con re associate a sanguinamento o stillicidi prolungati.
Con l'inizio della deambulazione, nelle forme gravi
ridotta funzione, oppure in grado di determina­
inziano a verificarsi i sintomi tipici dell'emofilia: il
re una diminuita sintesi della proteina. Molte
forme di emofilia lieve sono dovute a questo sanguinamento intra-articolare (emartro) (Figg. 5,
tipo di mutazioni. Inoltre, recentemente è stato 5a, 6a e 6b) e gli ematomi muscolari. In genere la
dimostrato che la duplicazione dell'esone 13 del sintomatologia emorragica raggiunge il suo massi­
gene del FVHI è frequentemente responsabile di mo sviluppo durante il secondo decennio di vita.
casi di emofilia A lieve. Alcune mutazioni mis­ L'unica terapia possibile è la terapia sostitutiva con
senso permettono una sintesi e una secrezione i concentrati di fattore carente. Nel passato, questi
di FVIII o FIX con attività residua che risulta concentrati ottenuti da grandi pool di plasma da
assente o variabilmente ridotta. In questi casi nel donatori sono stati responsabili dell'infezione da
plasma del paziente si rinviene un FVIII o FIX HIV (virus deH'immunodéficienza umana) e della
anomalo, in grado di reagire con anticòrpi speci­ trasmissione di virus epatitici. L'introduzione delle
fici, ' denominato "eross-reacting m aterial" metodiche virucidiche applicate ai concentrati e
(CRM). I pazienti con CRM (CRM+), che rap­ impiegate già dagli inizi degli anni 1980 e lo scree­
presentano circa il 5% dei casi, non vanno in ning dei donatori con i test sierologici per questi
genere soggetti allo sviluppo di inibitori in virus ha portato alla pressoché totale eliminazione
seguito alla trasfusione con emoderivati conte­ del rischio di trasmissione di patogeni virali rile­
nenti FVffl o FIX. vanti. Inoltre, l'avvento di concentrati prodotti con
le tecniche dell'ingegneria genetica (FVIII e FIX da
Patogenesi. Il fattore Vili è sintetizzato dal fegato e DNA ricombinante) ha consentito una più larga
circola complessato con il fattore von Willebrand, disponibilità di prodotto per il trattamento o la pre­
che funge da vettore e lo protegge dalla precoce venzione degli episodi emorragici e l'eliminazione
inattivazione proteolitica da parte del sistema della del rischio di trasmissione virale legato all'uso di
proteina C attivata. Il fattore IX è un fattore vitami­ emoderivati umani.
na K-dipendente, come il F II, VII e X, e viene
anch'esso sintetizzato dagli epatociti. Mentre il FIX Anatomia patologica. Il quadro anatomopatologico
è dotato di attività enzimatica e va ad attivare il FX dell'emofilia è dominato dagli ematomi muscolari e
che entra nel complesso protrombinasi ed in parte il dagli emartri. Gli ematomi sottocutanei o intramu­
FVII, il FVHI agisce come cofattore accelerando dra­ scolari insorgono in seguito a contusione e a sforzi:
sticamente la velocità della reazione coagulativa. i muscoli più colpiti sono l'ileo-psoas, i glutei, i
Nei pazienti em ofilia si ha quindi una ritardata e gemelli, il quadricipite femorale, il bicipite, il gran­
limitata generazione di trombina, nonostante una de dorsale, i muscoli dell'addome, ecc. Grossi ema­
normale liberazione di fattore tessutale. Il comples­ tomi si possono trovare in sede di iniezioni intra­
so FVIIa-FT attiva direttamente sia il fattore X (FXa) muscolari. Talvolta, il muscolo infarcito può diven­
sia il fattore IX (FIX), che a sua volta contribuisce in tare fibrotico e dare contratture permanenti Ma le
modo sostanziale a un'ulteriore attivazione del FX. sedi delle alterazioni anatomopatologiche più
Poiché quest'ultima reazione dipende dal FVIII che comuni e frequenti sono le articolazioni. L'articola­
agisce come un cofattore essenziale nell'accelera- zione più colpita è quella del ginocchio: seguono
zione della reazione, nell'emofilia si ha un'insuffi­ quelle del gomito, della caviglia, dell'anca, mentre
ciente generazione di FXa. Pertanto, nonostante le dita della mano e del piede, le articolazioni clavi­
nelle sindromi emofiliche la via estrinseca sia com­ colari e vertebrali sono più raramente colpite.
pletamente funzionante, senza il contributo alla I versamenti emorragici delle articolazioni del-
generazione di FXa da parte del complesso FIX- l'emofilico evolvono secondo tre stadi:
FVIII non si ha sufficiente generazione di trombina.
1) lo stadio dell'emartro che si forma con grande
Clinica. Il quadro clinico deiremofilia è in genere rapidità, talvolta anche in 20-30 minuti, specie in
strettamente associato al grado di carenza del fatto­ occasione di sforzi, cadute, distorsioni, o talvol­
re implicato. Nelle forme gravi (FVIII/FIX < 1%) si ta senza causa apparente e che si rende subito
possono verificare emorragie severe e prolungate, evidente con una tumefazione accompagnata da
Sindromi emofiliche $ 387

Fig. 5 - Emartro del ginocchio destro in emofilico grave. Si noti


la marcata ipertrofia sinoviale.
Fig. 5a - Radiografie di ginocchia in un paziente emofilico con
grave artropatia. Si noti nel ginocchio sinistro il posizionamen­
to di protesi, mentre il ginocchio destro presenta i gravi segni
della rase finale dell'artropatia (osteofiti, abolizione dello spa­
zio interarticolare, rimaneggiamento osseo dei capi prossimali
della tibia e del femore, con rarefazione ossea).

Fig. 6a-b - Artropatia cronica polidistrettuale in


emofilico grave. Si noti l'ipotrofia degli arti inferiori
ed in particolare della gamba destra, con alterazio­
ni dei ginocchio, e ¡1 difetto estensorio dei gomiti con
deformità del gomito sinistro.
388 sì Maloffie emorragiche e dell'emostasi
impotenza funzionale. Spesso la comparsa clini­ Anche il rene può essere colpito dalle manifesta-
ca dell'emartro è preceduta dalla cosiddetta zioni cliniche dell'emofilia. La ricorrenza di episodi
"aura", la sensazione cioè dell'inizio del sangui- ematurici, anche senza chiaro trauma locale, pur
inamento nell'articolazione; non molto frequente, è presente nel 30% dei ragaz­
2) lo stadio dell'artrite, con caratteristiche alterazio­ zi e nel 70% degli adulti emofilici. La più grave,
ni sinoviali: la lesione sinoviale è caratterizzata anche se rara, complicazione a carico del rene è
da depositi di emosiderina e proliferazione un'uropatia ostruttiva, probabilmente secondaria
fibro-vascolare; quest'ultima può essere così alla formazione di coaguli negli ureteri.
spiccata da presentare aspetti angiomatoidi, Le emorragie a carico del sistema nervoso cen­
possibili cause di recidive emorragiche in loco, trale sembrano meno frequenti che in altre malattie
ed assumere il carattere di «sinovite cronica emorragiche, ma possono avvenire anche negli
ipertrofica», rilevabile all'esame scintigrafico emofilici. Talvolta si possono verificare emorragie
come ipercaptante (Fig. 7) e tale da far prendere faringee e laringee con ostruzione delle vie aeree.
in considerazione la sinoviectomia chirurgica La complicanza più temibile negli emofilici oggi
come terapia riabilitante; adulti, oltre all'infezione da HIV, ormai portata alla
cronicizzazione grazie all'uso dei farmaci anti-retro-
3) lo stadio cronico deU'osteoartrosi anchilosante, con virali, è l'epatopatia evolutiva, legata soprattutto
degenerazione jalina, fibrosi, assottigliamento, all'infezione da virus dell'epatite C trasmesso dagli
neoformazione o distruzione delle cartilagini, emoderivati non virus-intattivati prima degli anni
degenerazione pseudocistica con zone di ebur- 1980. La latenza dall'iniziale infezione, spesso sub­
neizzazione e di rarefazione ossea, formazione clinica, può esser molto lunga, anche 20-30 anni, ma
di osteofiti, che può portare ad un quadro di questa può evolvere in un numero consistente di
panartrosi anchilosante. casi in epatopatia cronica persistente, con cirrosi e
Questi quadri anatomo-patologici irreversibili rischio di epatocarcinomi. La moderna terapia anti­
sono, oggigiorno, più rari e sfumati nei bambini o virale con interferoni, ribavirina e/o lamivudina
ragazzi emofilici, data la maggior disponibilità di (quest'ultima per il virus B) na consentito la guari­
concentrati anti-emofilici, la terapia domiciliare che gione completa in una discreta percentuale di emo­
consente la somministrazione tempestiva del far­ filia. Tuttavia, spesso i genotipi di virus C (soprat­
maco in caso di emorragie da parte dei familiari tutto la e lb) identificati nei pazienti emofilici, sono
opportunamente istruiti, l'incremento della profi­ resistenti a tale approccio terapeutico.
lassi, cioè l'infusione periodica, ad intervalli stabili­
ti, dei concentrati, riducendo così il rischio e la fre­
quenza delle emorragie. ■ Deficit di altri fattori plasmatici
della coagulazione
Le carenze ereditarie severe di altri fattori pla­
smatici della coagulazione sono condizioni rare,
con prevalenza di circa 1 caso ogni 1.000.000 di abi­
tante per ciascun fattore coinvolto, trasmesse per
via autosomìca recessiva ed esprìmenti una diatesi
emorragica dì variabile gravità, spesso presente già
in età neonatale. Seppur rare, queste malattie com­
portano una grave alterazione della qualità di vita e
richiedono l'assistenza per la diagnosi e la terapia
da parte di centri altamente specializzati. Tipica­
mente gli eterozigoti sono asintomatici o paucisin-
tomatici. Negli ultimi anni si sono identificate le
basi molecolari di queste malattie rare, per lo più
dovute ad omozigosi per mutazioni non senso
(stop codon, delezioni, etc.) o eterozigosi composite
con mutazioni missenso.
La carenza pressoché totale dì fibrinogeno (afi-
brinogenemia) è patologia rara ereditaria, trasmessa
come carattere autosomico recessivo, con recessivi-
tà a volte incompleta e possibilità di riduzione par­
ziale, e di lieve entità, negli eterozigoti. Le mutazio­
ni responsabili del difetto possono essere presenti
in ciascuno dei tre geni che codificano per le catene
Fig. 7 - Scintigrafia delie articolazioni delie ginocchia in un
caso di emofilia. E evidente, in sede di artropatia per emartri oc, P, y della molecola matura.
recidivanti al ginocchio destro, l'ìperaccumuio del radioisotopo Il quadro clinico evidenzia la possibilità di san-
legato alla sinovite ipertrofica. guinamenti dal cordone ombelicale, emorragie
Deficit di altri fattori plasmatici della coagulazione - 389

cerebrali anche spontanee, abortività: in genere la Il deficit di fattore XI (o emofilia C), a differenza
gravità delle emorragie è minore di quella che teo­ delle sindromi emofiliche vere, è trasmesso per via
ricamente sarebbe da attendersi data la marcata autosomica, ed è caratterizzato da manifestazioni
alterazione dei test in vitro, probabilmente perché cliniche eterogenee, solitamente lievi. Il difetto è
la formazione del trombo piastrinico può in questi molto frequente negli ebrei Ashkenazi, in cui due
pazienti essere vicariata dal fattore di von Wille­ mutazioni geniche legate ad un "founder effect"
brand, che compete con il fibrinogeno nel legame risultano spiegare la gran maggioranza dei casi.
con la Glicoproteina Ilb/IIIa sulla membrana pia- La deficienza ereditaria di fattore XIII, o fattore sta­
strinica. bilizzante della fibrina, presenta una sintomatolo­
Le ipofibrinogenemie, oltre che espressione di gia, anche precoce, caratterizzata da emorragie tar­
un'anomalia ereditaria dovuta a mutazioni nei geni dive per formazione di coaguli particolarmente fra­
del fibrinogeno, sono spesso acquisite ed associate gili e sensibili al dissolvimento da fibrinolisi, e da
a deficit sintetico, come accade nelle malattie epati­ anomala e/o ritardata cicatrizzazione delle ferite.
che o dovute alla somministrazione di farmaci Pressoché costanti nelle donne gli aborti precoci,
come la asparaginasi nelle leucemie acute linfobla- dato il ruolo del FXIII nell'impianto in utero dell'o-
stiche, o anche per consumo accelerato come nella vocita fecondato. Si possono verificare sanguina­
coagulazione intravascolare disseminata. Le disfi- menti dal cordone ombelicale o emorragie intrace-
brinogenemie, caratterizzate dalla presenza nel pla­ rebrali o retroperitoneali spontanee.
sma di un fibrinogeno a costituzione chimica ano­ La deficienza di fattore XII (fattore Hageman) è
mala e perciò funzionalmente difettosa, sono condi­ caratterizzata da uno spiccato allungamento del
zioni il più spesso congenite, trasmesse ereditaria­ tempo di tromboplastina parziale attivata, con
mente e come carattere autosomico dominante. La assenza di sintomi emorragici. Queste caratteristiche
gran parte di queste anomalie non creano sintoma­ sono osservate anche nei più rari difetti di prekalli-
tologia clinica significativa. In una minoranza di kreina e di chininogeno ad alto peso molecolare.
cas^ la presenza di particolari molecole anomale
può associarsi a quadri emorragici o, più raramen­
te, trombotici. Sono state descritte situazioni clini­ M Malattia di von Willebrand
che come le epatiti croniche o repatocarcinoma, in (VWD)
cui vi è la sintesi di molecole di fibrinogeno anoma­ È la diatesi emorragica ereditaria più frequente
lo (disfibrinogenemie acquisite), probabilmente per ed è dovuta ad una carenza o alterata funzione del
un aumento del contenuto di acido sialico, come fattore von Willebrand (VWF).
avviene nel fibrinogeno fetale. Questa è una larga proteina adesiva sintetizzata
Anatomia patologica. Nella afibrinogenemia, nelle cellule endoteliali e nei megacariociti, ed è
gli emartri, anche se rari, possono essere associati a presente negli a granuli piastrinici. Il VWF maturo,
gravi alterazioni della cartilagine articolare (soprat­ si presenta nel plasma e nelle piastrine come una
tutto delle ginocchia e caviglie), con reazione serie di polimeri di grandezza progressivamente
infiammatoria pressoché assente. Possono verifi­ crescente. Questa proteina multimerica è costituita
carsi episodi di emoperitoneo per rottura del corpo da varie subunità legate da ponti disolfuro. La sin­
luteo con emorragia associata. I sanguinamenti gola subunità, costituita da 2050 aminoacidi (aa),
mucosi (es. menorragie) sono dovuti alla difettosa contiene diversi siti funzionali (domini), responsa­
capacità delle piastrine di formare un aggregato bili dell'attività biologica che coinvolge l'interazio­
emostatico resistente agli elevati shear stress circo- ne con le altre molecole quali fattore Vili, eparina,
latori. Sono invece caratteristiche di quest'ultima le glicoproteina (GP)Ib, collageni, sulfatidi e GPUb-
grandi emorragie negli organi cavitari e le emorra­ Illa (allbf33). Il VWF, gioca un ruolo essenziale nella
gie cutanee a larghe chiazze (ecchimosi vaste), men­ regolazione dei processi emostatici e/o trombotici,
tre le piccole emorragie cutanee a tipo purpurico facilitando l'adesione e l'aggregazione delle piastri­
sono più rare. ne alle proteine, della matrice sottoendoteliale,
La carenza di fattore V, di fattore VII e di FX sono, esposte in seguito a un danno vascolare. Questi
clinicamente e anatomopatologicamente, simili eventi sono influenzati dalle forze emodinamiche
all'emofilia dalla quale si differenziano, oltre che presenti all'interno dei vasi: le alte forze di scorri­
per la differente patogenesi, anche per la minor mento tendono a spingere le piastrine verso la
severità e frequenza delle emorragie, per la ridotta superficie vasale dove aderiscono quando trovano
frequenza delle emorragie intraarticolari, per la una soluzione di continuo. La rapida formazione di
costante espressione emorragica dopo procedure uno strato iniziale di piastrine (adesione) coinvolge
invasive (es. chirurgia) e per la trasmissione gene­ il legame tra i collageni di vario tipo, le altre com­
tica. Il difetto omozigote di FU sembra essere incom­ ponenti della matrice (proteoglicani, trombospon-
patibile con la vita ed i pazienti riscontrati affetti dine, laminine, fibronectine, etc), da un lato, e recet­
presentano sempre livelli misurabili di protrombi­ tori della membrana piastrinica dall'altro (GPIba e
na, essendo in genere affetti da ipodisprotrombine- allb(33). Il contributo del VWF, presente nella matri­
mie. ce sottoendoteliale oppure adsorbito dal plasma
390 : Malattie emorragiche e dell'emostasi
circolante, è determinante, in condizioni di forze di zata dalle manifestazioni emorragiche da difetto
scorrimento elevate, quali quelle che si riscontrano dell'emostasi primaria, sia spontanee (frequenti
nelle piccole arterie, nelle arterie stenotiche e/o sono le epistassi recidivanti e le metrorragie) sia
arteriosclerosi. indotte da piccole lesioni traumatiche, avulsioni
È stato recentemente dimostrato che le forze dì dentarie, tonsillectomia o adenoidectomia. A diffe­
scorrimento elevate convertono il VWF da una renza di quanto si osserva nell'emofilia, rari sono
struttura globulare (caratteristica della forma pia­ gli ematomi sottocutanei profondi e intramuscolari,
smatica) ad una struttura a catena estesa. Questa e gli emartri possono verificarsi solo in casi gravis­
transizione strutturale dovrebbe quindi esporre un simi con spiccata riduzione del VWF. Tuttavia, la
maggior numero di dominii intracellulari, orientati clinica della malattia di von Willebrand è estrema­
secondo la direzione delle forze di scorrimento e in mente eterogenea. In genere, i pazienti con tipo 3
grado di interagire con i recettori piastrinici. possono manifestare, anche se con frequenza mino­
Il fattore von Willebrand svolge quindi mi ruolo re, sintomi paragonabili a quelli osservati nell'emo­
cruciale nel l'adesione piastrinica, ancorando le pia­ filia A grave (ematomi muscolari, emartri, emorra­
strine alla matrice sottoendoteliale e contribuendo gie gastroenteriche), mentre molti pazienti con
assieme al fibrinogeno alla loro aggregazione, e nella forme lievi di tipo 1 possono manifestare sintomi
coagulazione, per il suo ruolo di carrier del fattore sfumati, tali da non richiedere alcuna terapia o pro­
Vili. Pertanto, in genere un calo del fattore von Wil­ filassi specifica. Di interesse è l'associazione tra
lebrand si associa ad un allungamento del tempo di varianti di tipo 2 e angiodisplasie gastrointestinali,
emorragia e ad un calo del fattore Vili. talora difficili da documentare con metodiche stru­
Della malattia di von Willebrand (VWD) si mentali, con anemizzazioni severe e necessità tra­
distinguono tre varianti o tipi: sfusionali talora molto impegnative.
- il tipo 1 rappresenta la forma più frequente
(circa il 70% dei casi) ed è caratterizzata da una
carenza quantitativa parziale di fattore von Wil­
Q Porpore piasfrinopeniche
lebrand circolante; Sono sindromi emorragiche causate da significa­
- il tipo 2 raggruppa i difetti qualitativi di fattore tiva diminuzione della conta piastrinica. In genere,
von Willebrand dovuti ad anomalie strutturali viene definita come piastrinopenia un calo della
della proteina ed è ulteriormente sottoclassifica- conta piastrinica < 130.000/jlìI. Tuttavia, è ben noto
to in vari sottotipi (A, B, M, N) sulla base di che una conta piastrinica ridotta fino a 50.000/¡al
peculiari caratteristiche di laboratorio; non si accompagna a manifestazioni emorragiche
spontanee o traumatiche significative, a meno che
- il tipo 3 è molto più raro, anche se clinicamente non vi sia associata una piastrinopatia o una coagu-
il più rilevante, caratterizzato dalla pressoché lopatia acquisita clinicamente importante (es.
totale assenza di fattore von Willebrand circo­
coagulazione intravascolare disseminata - CID -).
lante.
L'inquadramento nosologico delle piastrinope-
A parte le diverse caratteristiche fisiopatologi- nie comprende essenzialmente due grossi gruppi,
che, questa classificazione trova soprattutto ragione le piastrinopenie da ridotta produzione e quelle da
nel tentativo di categorizzare i pazienti anche a au m entata distruzione periferica (Tab. 4).
seconda della loro risposta alla desmopressina. Le forme da ridotta trombocitopoiesi midollari
Questo farmaco ha la capacità di rilasciare il fattore includono piastrinopenie congenite ereditarie, in
von Willebrand dai depositi endoteliali correggen­ genere rare, e forme acquisite, molto frequenti (da
do così transitoriamente la carenza di fattore V ili e aplasia, selettiva o globale, secondarie a mielopatie
di fattore von Willebrand e controllando o preve­ invasive, ad agenti aplastizzanti chimici o fisici, a
nendo la sintomatologia emorragica di questi infezioni, ecc.), oppure a piastrinopoiesi inefficace
pazienti. I pazienti con malattia di von Willebrand (soprattutto da carenze vitaminiche).
di tipo 3 non rispondono alla desmopressina perché Negli ultimi anni sono state chiarite le basi
la proteina è assente dai depositi endoteliali, men­ molecolari di numerose forme di piastrinopenia
tre i pazienti di tipo 2 possono avere una risposta ereditaria. Tra queste, va richiamato un gruppo di
estremamente eterogenea. patologie legate a mutazioni del gene MYH9 che
I pazienti non responsivi alla desmopressina omappa sul cromosoma 2 2 q ll, a trasmissione auto-
con controindicazioni all'uso della stessa richiedo­ somica dominante. Questo gruppo include l'ano­
no il trattamento con i concentrati di fattore Vili ric­ malia di May-Hegglin, la sindrome di Fechtner/la
chi di fattore von Willebrand. In alcune situazioni sindrome di Epstein e la sindrome di Sebastian. In
in cui si preveda la necessità di mantenere livelli genere, vi è una macropiastrinopenia lieve o mode­
elevati e prolungati di FVIII/VWF la desmopressi­ rata, paucisin toma tica, talvolta con stimmate sin-
na non risulta particolarmente idonea per l'insor­ dromiche ben definite, come la cataratta, nefrite e
genza della tachifilassi ad infusioni ripetute e ravvi­ disordini neurosensoriali. Di rilievo, per la sua fre­
cinate nel tempo. quenza più che per la sua morbidità, è la macro-
La sintomatologia clinica della VWD è caratteriz­ trombocitopenia Mediterranea, dovuta a mutazioni
Porpore piastrinopeniche & 391

sia globale, mentre in quelle da piastrinopoiesi inef­


Classificazione delle piàsfrinopenìe
ficace (carenze vitaminiche, mielodisplasie) la serie
megacariocitaria è presente, alcune volte anche
I. Da ridotta produzione abbondante, ma con alterazioni qualitative (gigan­
Conseguenti a difetti midollari ereditari tismo, iper-diploidia nucleare, irregolarità delle
® ipopiasia megacariocitica congenita figure di campeggiamento, con presenza di prò-
• Sindrome TAR (assenza del radio)
® Anemia di Panconi ' megatrombociti).
• Piastrinopenie congenite ereditarie Le piastrinopenie da eccessiva distruzione peri­
Conseguenti a difetti midollari acquisiti ferica possono riconoscere, quali meccanismi etio-
® Anemia aplastica : patogenetici e eventi immunologici o, in assenza,
® Infiltrazione midollare (Mielodisplasie, carcinomi, un meccanismo autoimmunitario evidente. Tra le
etc.) forme a meccanismo immunologico, la porpora
® Radiazioni ionizzanti piastrinopenica idiopatica, assume particolare rilie­
• Infezioni virali: ; vo per la sua maggior frequenza ed importanza.
® Farmaci-:' ■
® Difetti nutrizionali (vit B12, acido folico, ferro)
II. Da distruzione periferica H Porpora piastrinopenica
su base immunologica idiopatica
•; Pórpora Trombocitòpenica Idiopatica (Morbo di
Werlhof o ITP) È la più frequente causa di piastrinopenia, su
® Eparina indotta (HIT):. base immunologica e si differenzia nelle fo r m e
» Infezióne da HIV acute e croniche. Viene anche chiamata morbo di
« Porpora post trasfusionale Werlhof.
su base non immunologica La forma acuta è piuttosto frequente in età
0 Porpora Trombotica Trombocitopenica (Sindr. Di pediatrica; ha insorgenza improvvisa con piastrino-
Moschowitz o TTP) penia severa (spesso attorno alle 10.000/fxl) e con
® Sindrome Emolitico-Uremica (HUS) chiare manifestazioni emorragiche (petecchie, bolle
® Emangiomi (Sindr. Di Kasabach Merritt) emorragiche al cavo orale, epistassi); spesso insorge
®: Turbolenza circolatoria (stenosi aortica, by-pass dopo un episodio infettivo virale. La malattia è, di
cardiopolmonare)
® Coagulazione intravascolare disseminata solito, autolimitante e guarisce spontaneamente nel
80-90% dei casi, talora anche senza l'ausilio di tera­
IV. Da sequestro pia steroidea o con immunoglobuline aspecifiche
® Ipersplenìsmo : per via endovenosa.
V. Da emodiluizione La forma cronica predilige l'età adulta ed il sesso
® Da trasfusione massiva cori emazie concentrate femminile, l'esordio è insidioso, raramente guarisce
conservate a 4 'C spontaneamente e richiede spesso l'adozione di
: • ; Piastrinopenia gestazionale misure terapeutiche specifiche (terapia steroidea,
VI. Pseudopiastrinopenia da EDTA immunoglobuline, splenectomia).
- Patogenesi. La diagnosi di piastrinopenia autoim­
mune è diagnosi per esclusione. Non esistono tutto­
ra marcatori specifici per la diagnosi e la ricerca
a carico del gene GP1BA (cromosoma 17), che codi­
degli anticorpi antipiastrine adesi o presenti nel
fica per la glicoproteina Ib della membrana piastri-
siero, non è in genere d'aiuto per la loro bassa spe­
nica, il cui difetto è responsabile della sindrome di
cificità. È quindi caratterizzata da aumentata
Bernard-Soulier (vedi oltre).
distruzione periferica, documentata dalla riduzione
Nel gruppo delle piastrinopenie congenite ere­
della durata di vita delle piastrine in circolo, marca­
ditarie legate al cromosoma X si ricorda la sindro­
te con radioisotopi (dagli 8-10 giorni di norma fino
me di Wiskott-Aldrich, caratterizzata da micropia-
a 2-3 giorni od anche a poche ore). Il frequente rilie­
strinopenia, infezioni ricorrenti, eczema. La malat­
vo nella forma acuta di precedenti infettivi virali
tia è dovuta ad alterazioni del gene localizzato sul
può essere interpretato come innesco del fenomeno
cromosoma X p ll.22-qll.23, che codifica per la pro­
immunitario antipiastrinico, attraverso alterazioni
teina WAS, che riveste un ruolo importante nella
delle strutture cellulari tali da renderle antigeniche.
regolazione e organizzazione dell'actina del rito-
Le piastrine opsonizzate dagli autoanticorpi vengo­
scheletro delle cellule emopoietiche.
no distrutte precocemente dal sistema reticolo-
Il quadro anatomopatologico, oltre alle lesioni
endoteliale, soprattutto a livello della milza.
caratteristiche dell'insufficienza piastrinica qualora
sia di entità rilevante (emorragie cutanee e mucose - Quadro clinico. Nelle forme severe è caratterizza­
di tipo petecchiale, etc.), mette in evidenza nel to da emorragie che, in genere, insorgono senza
midollo osseo, e nelle forme da ridotta produzione causa apparente, per lo più in forma di petecchie
midollare, una riduzione più o meno marcata dei diffuse (porpora), ossia macule rossicce o violacee
megacariociti, isolata o parte del quadro dell'apla­ che non scompaiono alla digito-pressione. Non è
392 » Malattie emorragiche e dell'emostasi
rara la comparsa di manifestazioni emorragiche gica rilevante) della matrice eritropoietica, sotto
mucose importanti, come la menorragia e l'emorra­ forma di nidi di normoeritroblasti immaturi con
gìa gastroenterica. Negli anziani non va trascurato qualche figura mitotica. Ma soprattutto il midollo
il rischio di possibili emorragie intracraniche. Rile­ osseo è ricco di megacariocìti, con aumento del loro
vanti possono essere le epistassi. numero. I megacariocìti, aumentati di numero e
Il quadro ematologico fondamentale è costitui­volume, sono in rapporto inverso con il numero
to da piastrinopenia di vario grado, spesso isolata delle piastrine. Nel midollo prevalgono le forme più
ed in assenza di altre anomalie emocromocitometri- giovani dei megacariocìti, indicando così un aumen­
che (a parte le possibili anemie secondarie alle to del turnover megacariocitario, con conseguente
emorragie recenti o in atto), e che non va sempre di aumento del numero di piastrine prodotte nell'uni­
pari passo con l'intensità della sintomatologia tà di tempo. Il riscontro di figure di endomitosi
emorragica. Fondamentale è Tesarne dello striscio megacariocitarie, rarissimo nel soggetto normale, ne
periferico per la verifica, soprattutto nei casi asinto­ è testimone; mentre la rarità di figure di campeggia­
matici, della presenza di una possibile pseudopia- mento è legata all'aumentata velocità di immissione
strinopenia da EDTA, dovuta ad Ig G-tempo dipen­ in circolo delle piastrine neoformate. Le capacità di
denti che causano agglutinazione piastrinica nella compenso del midollo osseo risultano così aumenta­
provetta, senza che vi sia un reale calo in vivo. Inol­ te (fino a 8 volte rispetto al normale) (Figg. 8 e 9).
tre, l'esame dello striscio potrà documentare la pre­ Il quadro anatomopatologico della milza nel
senza di schistociti. (emazie frammentate), tipici morbo di Werlhof, è stato oggetto di molti studi
delle piastrinopenie associate a microangiopatie essendo facile l'esame di questo organo in seguito a
trombotiche, come la porpora trombotica tromboci- splenectomia. Le sue dimensioni non sono aumen­
topenica (vedi oltre). tate e una splenomegalia anche modica può mette­
Anatomia patologica. II quadro anatomopatolo- re in dubbio la diagnosi. Istologicamente, la capsu­
gico del morbo di Werlhof è dominato dalle mani­ la e la architettura trabecolare dell'organo non sono
festazioni della diatesi emorragica. Già all'esame alterate; variabilità notevole si riscontra invece a
della cute si osservano delle petecchie diffuse su livello dei follicoli linfatici, che si presentano a volte
tutto il corpo. L'ampiezza delle singole petecchie è aumentati dì volume, con centri germinativi iper-
molto variabile: spesso si tratta di punticini emorra­ plastici e ricchi di grandi cellule istioidi a citopla­
gici finissimi, appena visibili, le cosiddette emorra­ sma chiaro, e mantello linfocitario allargato e sotti­
gie a puntura di pulce; altre volte le singole petec­ le. Questo aspetto era particolarmente evidente in
chie hanno le dimensioni di una capocchia dì spillo passato; attualmente, nella maggior parte dei casi la
o di una lenticchia; accanto a queste si trovano talo­ terapia cortico-steroidea pre-operatoria sembra
ra macchie emorragiche isolate, molto più grandi, responsabile, attraverso il suo effetto lìnfocitolitico,
fino a raggiungere diametri di 5-10 cm. In alcuni della riduzione sìa del numero che della grandezza
casi le singole emorragie cutanee hanno una vasta dei follicoli linfatici spl-enicì (Fig. 10).
estensione con l'aspetto di ecchimosi giganti. Nella polpa rossa splenica, a parte un certo grado
Per importanza - le emorragie mucose a carico di congestione (almeno in parte, nei reperti da sple­
delle narici (epistassi); a carico delle gengive, talora nectomia, riferibile al ristagno da legatura intraope-
con veri ematomi; a carico delle labbra, della lin­ ratorxa del peduncolo vascolare) si nota un aumen­
gua, del palato, talora solo con bolle emorragiche to notevole della quota istiocitaria, con accumulo
all'interno delle guance, del palato e delle gengive. lipidico, in piccoli ammassi o disposti ad alone attor­
Soffusioni petecchiali possono riscontrarsi anche no ai follicoli linfatici (Fig. 11). Questa tesaurismosi
sulle sierose, specie sul peritoneo, e pìccole emorra­ istiocitaria, in genere di natura fosfolipidica (cito-
gie circoscritte in tutti gli organi. Le emorragie in chimicamente dimostrata), si ritiene connessa con
altre sedi possono riguardare l'apparato respirato- la fagocitosi di corpi o aggregati piastrinici captati
rio, con emoftoe, il tubo digerente con ematemesi dalla milza. A carico dei vasi intrasplenici, sono evi­
ed enterorragie, l'apparato urinario con ematurie denziabili segni di sclerosi soprattutto a livello
sine materia. Frequente è il reperto di menorragie, delle arteriole centrofollicolari; immagini di fibrosi
mentre cause dirette di morte possono essere le perìarteriolare con aspetto a «bulbo di cipolla » rap­
emorragie del sistema nervoso centrale. presentano secondo alcuni A A. un segno non tanto
AlTinfuori del quadro emorragico, spesso pluri- di morbo di Werlhof tipico quanto di una piastrino­
viscerale, l'anatomia patologica del morbo di Werl­ penia facente parte di un più diffuso processo di
hof si deve focalizzare soprattutto sul midollo osseo autoimmunizzazione quale il Lupus eritematoso
e sulla milza. Infatti, mancano di regola alterazioni sistemico. È da ricordare infine che un attento
d'organo (fegato, rene, polmone, linfoghiandole, esame della milza da morbo di Werlhof evidenzia
ecc.) direttamente correlate con la malattia. una frequente presenza di megacariocìti soprattut­
H midollo osseo, nei casi tipici, è normalmente cel- to nella polpa rossa (Fig. 12), più raramente nei cen­
lulato, altrimenti può mostrare un aumento relativo tri germinativi follicolari. Il significato di questa
della quota plasmacellulare o di quella eosinofila o «metaplasia megacariocitaria» della milza potrebbe
(specie in caso di pregressa sintomatologia emorra­ essere messa in relazione con l'esaltata ed esube-
Porpora piastrìnopenica idiopatica " 393

Fig. 8a - Midollo osseo in caso di M. di Werihof. Spicca la rie- Fig. 8b ~ Midollo osseo da morbo di Werlhof. Intensa megaca-
ehezza di megacariodtì (x 800). riocitosi con elementi a nucleo rotondo provvisto di fine reticolo
cromatinico (x 1200}.
394 ìc Malattie emorragiche e dell'emostasi

p s - .ll ~ Fluorescenza spontanea in ammassi,


lipidico in milza da morbo di Werlhof.

f i W:

Fig. 10 - Aspetti istologici dì milze da splenecfomìa in morbo di


Werlhof, a) follicolo con iperplasia del centro germinativo e
mantello linfocitario ben rappresentato; b) centro germinativo
arteriolare, dopo trattamento corticosterai deo; c) atrofia delle
strutture follicolari per diminuzione della componente linfocita-
ria, dopo trattamento cortìcosteroideo protratto a forti dosi.

rante megacariocitopoìesi midollare sopradescritta.


Terapia. La terapia consiste nel minimizzare i
rischi di emorragia/ evitando l'uso di farmaci anti-
piastrinici (ad esempio l'aspirina e i FANS) e le pro­
cedure invasive senza adeguata preparazione,
mantenendo dei buoni valori di pressione sangui­
gna, trattando le condizioni morbose concomitanti
(ad esempio i disordini epatici e renali) e contenen­ UX'~ ^
do situazioni a rischio. Il trattamento dipende dalla M
severità della piastrinopenia, dalla concomitanza
con altre patologie e dalla presenza di emorragie in Fig. 12 - Milza da morbo di Werlhof: presenza di
riocito nella polpa congesta ed iperplastica.
Porpora piastrìnopenica idiopatica - 395

atto. Nel caso di pazienti asintomatici, sani, con una Il quadro anatomopatologico di queste forme è
conta piastrinica superiore alle 50.000/fiL, non è analogo a quello delle forme idiopatiche. Special-
richiesta alcuna terapia. 11 trattamento è indicato mente nella forma, particolarmente grave, che com­
nel caso di pazienti con conta piastrinica plica la setticemia meningococcica (sindrome di
< 20.000/¡aL, anche in assenza di emorragie, e in Waterhouse-Friderichsen o porpora fulminante
pazienti con emorragie o con un rischio significati­ meningococcica) è patognomonico il reperto,
vo di emorragia e con conta piastrinica inferiore accanto alle petecchie cutanee e alle altre manifesta­
alle 50.000/ |xL. La terapia di prima linea negli adul­ zioni emorragiche, di gravi emorragie del surrene
ti è il prednisone ad una dose iniziale di 1 («apoplessia surrenalica»),
mg/kg/die per 3 settimane, a scalare lentamente
una volta che la conta piastrinica si sia normalizza­
ta, o comunque dopo almeno 2-3 settimane di tera­ | Porpora trombotica
pia. Nel caso di pazienti che non rispondano alla
terapia steroidea, la terapia alternativa principale è
trombocitopenica di Mosehowitz:
la splenectomia. Nel caso di emorragie gravi con m
rischio per la vita, la terapia consigliata è quella ste- E ima particolare forma di porpora piastrinope-
roìdea ad alte dosi (metilprednisolone 1-2 g/die e.v. nica clinicamente caratterizzata da un esordio
per 2-3 gg), con l'aggiunta o meno dì immunoglo- acuto, con una sintomatologia sindromica polimor­
bulìne e.v. Se necessario si può ricorrere alla trasfu­ fa comprendente febbre, interessamento renale, sin­
sione di concentrati piastrinici o immunoglobuline; tomi neurologici, anemia emolitica microangiopati-
la sommistrazione di piastrine infatti, dopo la ca, piastrinopenia. Colpisce in prevalenza il sesso
prima dose di entrambi i farmaci, in genere offre femminile. Nel caso in cui l'interessamento renale
migliori risultati. sia predominante, si parla di sindrome emolitico-
Altri farmaci vengono usati nei casi refrattari, uremica o di Gasser.
tra questi citiamo il recente utilizzo di anticorpi Negli ultimi anni si è venuta chiarendo la pato­
monoclonali anti CD 52+ e anti CD 20+, il cui ruolo genesi della TTP, ed in particolare del ruolo del fat­
rimane ancora da essere stabilito, nonché il già noto tore von Willebrand. Si è infatti dimostrato che i
utilizzo di farmaci immunosoppressori (azatiopri- pazienti con TTP presentano, nel loro plasma, mul-
na, ciclofosfamide, ciclosporina, etc.). timeri del fattore von Willebrand ad elevato peso
La splenectomia trova indicazione nei casi molecolare, normalmente contenuti nelle cellule
refrattari o con fabbisogno cronico di steroidi, pre­ endoteliali e nelle piastrine. Di regola, prima della
via vaccinazione contro il meningococco, pneumo- loro immissione in circolo, questi multimeri vengo­
cocco ed Haemophilus Influenzae. no olivati a forme, di peso molecolare inferiore, sulla
superficie delle cellule endoteliali da una metallo-
proteasi denominata ADAMTS 13 (A Disintegrin
O Piastrinopenie secondarie And Metalloprotease with ThromboSpondin Type 1
Oltre alla piastrinopenia c.d. idiopatica si posso­ motif), zinco e calcio-dipendente, che scinde i lega­
no avere piastrinopenie, non sempre meno gravi mi peptidici tra tirosina e metionina in posizione
della precedente, secondarie ad altre malattie od a 1605-1606 nella subunità matura del fattore di von
cause note. Le porpore piastrinopeniche da sostanze Willebrand. È stato dimostrato che questa attività è
chimiche (farmaci, composti chimici industriali, ecc.) praticamente assente nel plasma dei pazienti con
possono insorgere sia come conseguenza di un TTP. Nelle forme familiari, la causa è dovuta a muta­
effetto centrale mielotossico (antimitotici, alcuni zioni del gene della ADAMTS 13, con episodi ricor­
antibiotici come il Cloramfenicolo) con il già ricor­ renti di TTP, mentre nelle forme acquisite è stata
dato quadro dell'aplasia midollare, sia di un mecca­ documentata la presenza di un inbitore verso questa
nismo periferico immunoallergico, in cui i farmaci metalloproteasi. La malattia, fatale nell'80% dei casi
(specialmente composti piramidonici, barbiturici, prima degli anni '80, presenta ora una prognosi
chinidinici, antiepilettici, diuretici, antireumatici, favorevole grazie all'utilizzo (della plasmaferesi,
ecc.) agendo da apteni, in unione con fattori pla­ meglio nota anche come plasma-exchange). La pia­
smatici possono costituire complessi immuno-aller- strinopenia risulta causata da un aumentato consu­
gici piastrinolesivi. mo periferico, dovuto alla capacità dei multimeri ad
Porpore piastrinopeniche secondarie ad emopatie elevato peso molecolare del fattore von Willebrand
varie, possono insorgere nelle leucosi acute, talora di agglutinare in vivo le piastrine. La lesione fonda-
all'esordio la porpora può essere secondaria in mentale è rappresentata da una vasculite occluden­
varie malattie infettive (tifo, brucellosi, influenza, te, con trombi costituiti prevalentemente da piastri­
malaria, tubercolosi, vaiolo, difterite, malattie vira­ ne e raramente da fibrina. Pertanto, non vi è solita­
li, sia del tipo esantematico infantile che del tipo mente consumo dei fattori della coagulazione e del
endemico come la febbre emorragica da zecche, la fibrinogeno, come nella vera coagulazione intrava-
Dengue e varie altre forme diffuse in alcune zone scolaxe disseminata, bensì una piastrinopenia che si
del Sud America e dell'Asia Sud-orientale, ecc.). associa ad anemia emolitica da frammentazione.
396 - Malattie emorragiche e dell'emostasi
Lo striscio periferico evidenzia la presenza di tempo compreso fra i 5 ed i 14 giorni dall'inizio
emazie frammentate (schistociti) dovute alla rottu­ della terapia con eparina (di qualsiasi tipo e
ra durante il passaggio nei microvasi resi stenotici peso molecolare, più spesso con l'eparina non
dal depositarsi dei trombi piastrìnici. Sembrano frazionata), è caratterizzata da un nadir piastri­
particolarmente colpite, oltre alle strutture micro­ nico di 50.000/¡il e persiste finché continua la
circolatorie arteriose della milza, le arteriole termi­ somministrazione di eparina. La comparsa di
nali ed i capillari, soprattutto i vasi del cuore, della piastrinopenia può tuttavia essere più rapida ed
corticale renale, della sostanza grigia cerebrale, del importante se il paziente è già stato esposto ad
pancreas e della zona capsulare surrenale. un trattamento con eparina ed ha sviluppato
una piastrinopenia asintomatica nei precedenti
tre mesi. La HIT tipo II non si accompagna a sin­
B Piastrinopenia da eparina tomi emorragici, al contrario si può caratterizza­
re per la comparsa di trombo-embolia venosa
È un effetto collaterale della terapia eparinica
e/o trombosi arteriosa paradossa.
che talvolta è paradossalmente associata a trombo­
si venosa e/o arteriosa con esiti fatali. L'incidenza Patogen esi H IT tipo II. La HIT tipo II insorge
del fenomeno varia a seconda delle situazioni clini­ con un meccanismo rmmunomediato, dovuto alla
che e del tipo di eparina usata. L'eparina di origine formazione di anticorpi (IgG in >80% dei casi), con­
porcina determina più frequentemente la compli­ tro un complesso formato dal Fattore Piastrinico
canza rispetto all'eparina bovina. L'uso dell'eparina (PF4), un tetramero glicoproteico contenuto negli
non frazionata invece determina una frequenza del alfa granuli delle piastrine, e l'eparina (vedi Fig. 13).
3% nella chirurgia ortopedica, tale frequenza si Il PF4 viene rilasciato dalle piastrine in condizione
abbassa all'1% con l'uso dell'eparina a basso peso di attivazione (processi infiammatori, traumi, inter­
molecolare. Recentemente, è stato dimostrato che in venti chirurgici, circolazione extracorporea) e si lega
ambito intemistico, sia l'eparina non frazionata che all'eparina in dipendenza del suo grado di solfora­
l'eparina a basso peso molecolare hanno ima simile zione e, quindi, del peso molecolare. Perché l'antige-
incidenza di piastrinopenia da eparina, stimata ne venga espresso e quindi avvenga la formazione
attorno allo 0,8-1% dei casi. Bisogna ricordare che degli anticorpi, occorre che il PF4 e l'eparina si tro­
risultano più a rischio di tale complicanza i pazien­ vino in un preciso rapporto stechiometrico, il che
ti già precedentemente trattati con eparina. spiega la variabilità del fenomeno. Gli anticorpi
Si distinguono due forme di piastrinopenia in sono transitori, si formano dopo almeno 5 giorni di
corso di eparina: somministrazione eparinica e scompaiono dal circo­
lo in circa cento giorni dal termine dell'esposizione.
- piastrinopenia non immune associata all'eparina o Non necessariamente si riformano se avviene una
non immune HAT (Heparin Associated thrombocy- nuova esposizione all'eparina.
topenia), meglio conosciuta come piastrinopenia Gli anticorpi sono in grado di legarsi, mediante
indotta da eparina o HIT (Heparin Induced la loro porzione variabile, al complesso eparina-PF4
Thrombocytopenia) di tipo I: è quadro relativa­ che è presente sulla superfìcie piastrinica, endote-
mente comune e si osserva prevalentemente nei liale e leucocitaria. La porzione costante dell'immu-
primi giorni (in genere 1-2 giorni dall'inizio) di noglobulina (Fc), legandosi al recettore di tipo due
terapia con eparina non frazionata. È caratteriz­ per la porzione costante dell'anticorpo (FcgRII),
zata da lieve piastrinopenia (PLT usualmente induce l'attivazione e l'aggregazione piastrinica;
non inferiori alle 100.000/mmc), e tende a risol­ questa determina la comparsa dì una piastrinope­
versi spontaneamente con la prosecuzione della nia da consumo, la liberazione dagli alfa granuli, di
terapia senza alcuna conseguenza clinica. Il nuovo fattore PF4 pronto a legarsi all'eparina; nel
fenomeno è legato all'effetto pro-aggregante contempo, innesca la cascata coagulativa determi­
dell'eparina sulle piastrine, a cui essa si lega nando la generazione dì trombina. Durante il pro­
mediante interazioni di tipo elettrostatico. L'e­ cesso di attivazione piastrinica le microvescicole
parina, carica negativamente, in dipendenza del che si generano (chiamate anche microparticles)
suo peso molecolare e della densità di carica, si hanno la caratteristica di esporre fosfatidilserina
lega sulle piastrine, cariche positivamente, sulla loro membrana e sono quindi procoagulanti,
determinandone un'attivazione moderata con contribuendo così ad amplificare il processo trom­
conseguente lieve piastrinopenia relativa. botico. La continua generazione di trombina gioca
- Piastrinopenia indotta da eparina o HIT (Heparin un ruolo fondamentale nell'insorgenza delle com­
Induced Thrombocytopenia) di tipo II: è, al contra­ plicanze tromboemboliche. Il PF4 si lega anche
rio, caratterizzata da una piastrinopenia (defini­ all'eparan solfato endoteliale, formando complessi
ta come conta piastrinica inferiore alle locali a cui gli anticorpi possono legarsi inducendo
150.000/(il) o da un calo piastrinico di almeno il un'attivazione endoteliale ed espressione di fattore
50% del valore basale (definito all'inizio della tessutale che a sua volta interverrà tramite la via
somministrazione di eparina). La HIT di tipo II estrinseca della coagulazione ad amplificare il pro­
si manifesta tipicamente in un intervallo di cesso trombotico.
Piastrinopenia da eparina ^ 397

Fig. 13 - Patogenesi della piastrinopenia indotta da eparina di tipo II. Gli anticorpi si legano a! complesso eparina-PF4. forman­
do un immunocomplesso {TJ. Il complesso si localizza suda superficie piastrinica (2) legandosi ai recettore FtgRII. In tal modo le
piastrine vengono attivate (3) e determinano una serie di eventi che portano alla attivazione della coagulazione con generazione
di trombina.

Quadri clinici della HIT di tipo II sono: il 10 ed il 30% dei casi. Si distinguono complicanze
trombotiche venose ed arteriose:
- la piastrinopenia: ogni paziente con calo progressi­
vo della conta piastrinica tra il quinto ed il quattordi- - Trombosi venosa profonda degli arti inferiori:
cesimo giorno dall'inizio della terapia eparinica (gior­ è la manifestazione trombotica più frequente
no 0), dovrebbe essere considerato a rischio di HIT con un rapporto di circa 4:1 rispetto alia trombo­
tipo H a meno che non vi siano altre cause evidenti di si arteriosa ed è spesso bilaterale. Quando com­
piastrinopenia. La piastrinopenia deve essere confer­
pare all'arto superiore è usualmente situata dal
mata da almeno un altro emocromo.
lato di un catetere venoso centrale.
- manifestazioni trombotiche, sono complicanze
trombotiche progressive o ricorrenti che insorgono - R it i boli a polmonare.
in circa il 30-50% dei pazienti con HIT dimostrata e - Trombosi dei seni della dura madre.
con significativa morbidità e mortalità. Una compli­
canza trombotica comporta la perdita di una arto - Infarto emorragico delle ghiandole surrenali e
nel 10% dei casi circa ed una mortalità variabile fra conseguente insufficienza surrenalica.
398 « Malattie emorragiche e dell'emostasi
- Trombosi arteriosa aortica o ileo-femorale con muovendo così l'adesione piastrinica al suben­
ischemia/infarto degli arti inferiori o ischemia dotelio. La pseudo-malattia di von Willebrand,
del midollo spinale. caratterizzata da una anomalia della glicoprotei­
- Ictus ischemico. na Ib che paradossalmente presenta una aumen­
tata affinità per il fattore von Willebrand pia­
- Infarto miocardico.
smatico. La malattia è caratterizzata da una tra­
- Trombosi cardiaca intra-atriale o intraventricolare. smissione autosomica dominante, diatesi emor­
- Trombosi delle arterie splancniche (renali, ragica di variabile entità, riduzione parziale del
mesenteriche). fattore von Willebrand e dei suoi multimeri a
più alto peso molecolare nel plasma, aggrega­
- L esioni cutanee. La comparsa di placche cutanee zione piastrinica indotta anche da basse concen­
eritematose, talora dolenti o pruriginose o di necro­ trazioni di ristocetina. Il difetto della glicoproteina
si cutanea (escara nera centrale con alone di cute la, (recettore per il collagene), è una forma auto­
eritematosa ed indurita) in sede di iniezione sotto- somica recessiva, rara, caratterizzata da un
cutanea di eparina, sono un segno di HIT indipen­ allungamento marcato del tempo di emorragia e
dentemente dalla presenza di piastrinopenia. incapacità da parte delle piastrine di aggregare
La comparsa di necrosi cutanea alle estremità in presenza di collagene
degli arti (venous limb gangrene), o meno frequen­
temente, al torace o all'addome (necrosi cutanea 2) da altera ta secrezione e reazione di rilascio
centrale) è una complicanza correlata alla trombosi («release reaction») piastrinica: l'alterazione più
associata alla HIT, che si presenta in corso di tratta­ frequente risiede in una carenza dei nucleotidi
mento con dicumarolici. (ATP, ADP) immagazzinati assieme alla seroto­
La comparsa di segni e sintomi infiammatori nina nei granuli densi (delta Storage pool disease),
(febbre, brivido, rush cutanei), cardio-respiratori a volte associata ad albinismo nella sindrome di
(tachicardia, ipertensione, tachipnea, dolore toraci­ Hermansky-Pudlak, od in una deficienza del mec­
co), gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea) e canismo enzimatico che presiede alla stessa
neurologici (cefalea, amnesìa globale transitoria) «release reaction» (deficit congenito di ciclo-ossige-
entro 5-10 minuti dalla somministrazione endove­ nasi), simile a quello indotto dalla somministra­
nosa di eparina (bolo) deve far sospettare una rea­ zione di acido acetil-salicilico, per cui è detta
anche «Aspirin-like Sindrome», oppure nel deficit
zione sistemica acuta. Essa si accompagna invaria­
di trombossano-sintetasi. La trasmissione genetica
bilmente a rapido calo piastrinico e ad una recente
è di solito autosomica dominante e la diatesi
esposizione ad eparina (inferiore ai cento giorni).
emorragica che ne risulta è di lieve o moderata
entità.
| | Piastrinopcsfie 3) da alterazion i dell'aggregazione p iastrin ica: la
tromboastenia di Glanzman, trasmessa in m o d o
In questo capitolo sono comprese forme morbo­ autosomico recessivo, in cui è stata messa in evi­
se, congenite od acquisite, in cui il difetto piastrini- denza un'alterazione o ima grave carenza delle
co è qualitativo pur con conte piastriniche normali componenti del complesso glìcoproteico Ilb/IHa
(sebbene a volte si accompagni anche una modica della membrana piastrinica, responsabile della
piastrinopenia così da potersi parlare di piastrino- deficiente aggregazione in risposta a tutti gli
peno-patia). agonisti usualmente utilizzati, a parte la ristoce­
tina, e del mancato legame del fibrinogeno alla
Piastrinopatie congenite membrana stessa. La diatesi emorragica è seve­
ra e, come nella sindrome di Bernard-Soulier, la
Sono attualmente classificabili,a seconda dell'al-
terapia consiste nella trasfusione di concentrati
terazione funzionale indotta, in tre gruppi, in base
piastrinicì da donatore.
al tipo di difetto piastrinico:
4) da altera ta d isp on ibilità del fa tto r e piastrin i-
1) da alterazion i d ella adesion e p iastrin ica: la sin­
co 3: sindrome di Scott malattia congenita rara,
drome di Bcrnard-Soulier è una malattia emorragi­
trasmessa come carattere autosomico recessivo,
ca severa, caratterizzata da emorragie mucose
caratterizzata dalla normale aggregazione pia­
(epistassi, menorragie, gastroenterorragie) dì
strinica in risposta a tutti gli agonisti, ma ridotta
notevole rilevanza ed è trasmessa in modo auto-
capacità di consumare la protrombina durante
somico recessivo. La sindrome è caratterizzata
la coagulazione. L'anomalia è dovuta a una alte­
da piastrinopenia con presenza di macrotrom­
razione strutturale dei fosfolipidi della membra­
bociti (fino a 10-20 micron di diametro), con
na piastrinica.
caratteristiche "pseudolinfocitiche" e assenza di
aggregazione alla ristocetina. La causa è dovuta Il quadro anatomopatologico non è specifico per
a mutazioni del gene della glicoproteina Ib, con alcuna di queste forme, limitandosi alla presenza,
assente o alterata funzione della stessa, ed inca­ più o meno estesa, delle emorragie mucose o d'or­
pacità di legare il fattore von Willebrand pro­ gano da insufficiente emostasi.
Piostrinopatie " 399

Piostrinopatie acquisite Tuttavia, la causa più frequente di piastrinopatia


acquisita è dovuta all'assunzione di farmaci. Tra
Molte condizioni morbose si accompagnano a questi vanno ricordati l'acido acetilsalicilico, la
sintomatologia emorragica, la patogenesi in genere ticlopidina, il clopidogrel. Le manifestazioni clini­
è complessa. Possono intervenire infatti vari fattori, che non sono in genere rilevanti.
spesse volte interagenti o p otenziatisi a vicenda,
quali fenomeni vasculitici, deficienze o alterazioni
emocoagulatorie o del sistema fibrinolitico, presen­ Sindrome da coagulazione
za di anticoagulanti od anticorpi circolanti, interes­
samento del midollo osseo, ecc.
iiifrovascoSore disseminata
Si vengono così a configurare disordini emorra­ La coagulazione intravascolare disseminata
gici complessi, in cui la componente piastrinopatica (CID) è una sindrome clinico-laboratoristica, inva­
può essere più o meno prevalente. È questo il caso riabilmente secondaria, che si può associare a
della piastrinopatia in corso di cirrosi epatica, di ure­ numerosi ed eterogenei stati patologici. L'evento
mia, di lupus eritematoso sistemico; frequente è l'inte­ patologico cardine è un'incontrollata generazione
ressamento piastrinico in malattie ematologiche, quali intravascolare di trombina.
le sindromi mieloproliferative, le anemie megalo- La patogenesi può essere schematicamente rias­
blastiche, ecc. Un particolare interesse riveste la pia­ sunta in cinque stadi:
strinopatia da disprotidemia monoclonale (mielorrd,
morbo di Waldenstròm) in cui accanto alla compo­ 1) attivazione intravasale di fattori della coagula­
nente vasculitica con deposito dì materiale proteico zione, con sindrome di ipercoagulabilità;
ed airiperviscosità piasmatica, concorre alla patoge­ 2) produzione secondaria di microtrombi in tutto
nesi della porpora, il difetto dì funzionalità piastri- l'albero vasaìe;
nica dovuto al depositarsi delle proteine abnormi 3) consumo delle piastrine e dei fattori della
sulla stessa membrana piastrinica (Fig. 14). coagulazione (fase della coagulopatia da consu­
L'anatomia patologica delle piastrinopatie acquisite mo propriamente detta) con conseguente ipo­
si identifica con quella delle malattie fondamentali coagulabilità piasmatica, e sindrome emorragica
con la eventuale aggiunta del rilievo dei focolai secondaria;
emorragici cutanei, mucosi o d'organo, propri della
4) intervento di una reazione fibrinolitica seconda­
deficiente funzione emostatica delle piastrine.
ria (sindrome da iperfibrinolisi), con aumento
dei prodotti di degradazione della fibrina, ed
aggravio ulteriore dei fenomeni emorragici;
5) se questi fenomeni di fibrinolisi non sono effica­
ci, a valle dei trombi, che possono estendersi a
vasi più grossi, si possono formare degli infarti,
appunto per le persistenze dei trombi.
Le cause che possono determinare l'insorgere
delle sindromi da coagulazione intravascolare dis­
seminata sono molte. Tra le principali ricordiamo:
a) cause ematologiche (le leucemie acute, specialmen­
te la leucemia promielocitica, i reticolosarcomi, la
porpora fulminante e le crisi emolitiche acute com­
prese quelle post-trasfusionali b) cause neoplastiche
(cancri polmonari, pancreatici, prostatici, ovarici
ecc. ed in particolare gli adenocarcinomi mucose­
cretori); c) cause ostetriche (abruptio placentae, feto
morto ritenuto, aborto settico, sepsi postpartum,
embolismo di liquido amniotico, mola idatiforme);
d) cause operatorie (specie dopo grandi interventi sul
polmone, sullo stomaco, sul pancreas, sulla prosta­
ta, e nella chirurgia con circolazione extracorporea;
e) infezioni, specialmente setticemie da germi gram-
negativi; f) stati di shock settico, emorragico, anafi­
lattico, traumatico, da grandi ustioni; g) stati
autoimmuni, collagenosi, ecc.
Tutti i momenti patogenetici sopra ricordati
sono in grado di scatenare, attraverso la produzio­
Fig. 14 - Porpora ad elementi confluenti agli arti inferiori in ne di fattore tessutale sia il processo emocoagulato-
morbo di Waldenstròm. rio intravasale che conduce alla trombosi dissemi­
400 s Malattie emorragiche e dell'emostasi
nata, sia l'inizio della fibrìnolisi. L'esaltazione della cessiva fibrinolisi reattiva. Da alcuni anni è possibi­
fibrinolisi ed il danno microvascolare conseguenti a le misurare in modo altamente specifico il D-dime-
queste interazioni complicano ed aggravano a loro ro. Si tratta di un prodotto di degradazione della
volta il quadro sia clinico che anatomopatologico fibrina che si forma in seguito all'azione proteoliti-
della coagulazione intravascolare disseminata. ca della plasmina sulla fibrina stabilizzata. La sua
Oltre che con un decorso clinico acuto, a volte presenza presuppone pertanto la formazione di
drammatico, con evidenziazione sia della fibrinoli­ monomeri fibrinici e la loro successiva stabilizza­
si che della coagulopatia da consumo, la coagula­ zione da parte del fattore XIII attivato. È importan­
zione intravascolare disseminata può presentarsi te a fine diagnostico considerare le situazioni, indi'
anche com e forma cronica latente, con intervento più pendenti dalla CID, nelle quali si può trovare un
o meno efficace di meccanismi di compenso, eve­ aumento lieve o moderato del D-dìmero, come per
nienza spesso documentata in corso di epatopatie esempio dopo chirurgia recente, in presenza di
croniche, ateromasia diffusa, o stati neoplastici vari. ematomi in via di riassorbimento, trombosi venosa
Quasi sempre concomitantemente a questi fatto­ profonda o embolia polmonare, cirrosi epatica,
ri patogenetici si assiste a una reazione infiammato­ insufficienza renale. Aumenti marcati (superiori a
ria generalizzata legata alla patologia di base (infe­ 2000 jj.g/ml) sono in genere specifici della CID.
zioni, traumi, shock) o innescata e favorita dall'atti­ Il quadro an atom op atolog ico è caratterizzato,
vazione stessa del sistema emostatico (tumori, leu­ oltre che dalle manifestazioni di diatesi emorragica
cemia acuta promielocitica, abruptio placentae) con comuni a tutte le gravi porpore, dalla presenza di
liberazione di pioteasi endocellulari e produzione microtrombi piastrinici, fibrinici, cellulari e misti.
di citochine qual* interleuchina-1, interleuchina-6 e Essi possono essere arteriolari, capillari o venulari, e
tumor necrosis factor alfa (TNF alfa). Queste cito­ le sedi più frequenti sono i polmoni, i surreni, il
chine contribuiscono ad attivare ulteriormente la fegato, i reni, l'encefalo, il tubo digerente, la milza,
coagulazione aumentando la generazione di fattore l'utero, l'ovaio. Di solito i trombi sono piccoli, non
tessutale, a inibire i meccanismi naturali di anticoa­ aderenti all'endotelio vascolare, e per la loro forma­
gulazione riducendo l'espressione di trombomodu- zione recente di solito non sono organizzati. Se la
lina sull'endotelio e inibendo la risposta fibrinoliti- reazione fibrinolitica è stata molto intensa, i micro­
ca, attraverso un aumento deH'inibitore dell'attiva­ trombi possono non riscontrarsi più all'autopsia, e si
tore del pìasminogeno di tipo 1 (PALI). possono talora trovare zone infartuate a valle di
L'incontrollata generazione di trombina provoca trombi, anche se ormai lisati. Nella forma cronica
un eccessivo consumo dei suoi substrati naturali, invece, le alterazioni riferibili a coagulazione intra­
quali il fattore V e il fattore Vili e la trasformazione vascolare disseminata possono essere di difficile
interpretazione (microtrombi diffusi in varia fase di
del fibrinogeno in fibrina. Gli inibitori naturali
quali l'antitrombina, la proteina C con il suo cofat- organizzazione, danni microvasculitici diffusi),
oppure confondersi con quelle della patologia prin­
tore proteina S e l'inibìtore della via estrinseca
cipale d'organo, od anche essere del tutto assenti.
dipendente dal fattore tissutale risultano insuffi­
cienti a controllare il fenomeno e vengono consu­
mati nel processo coagulativo. Si assiste infine a | Malattie emorragiche da difetti
una deposizione di fibrina nei piccoli vasi con
intrappolamento delle piastrine, con aggravamento vessali
della piastrinopenia. In presenza di monomeri dì Sono sindromi emorragiche prevalentemente
fibrina e di t-PA il pìasminogeno viene convertito in dovute ad un difetto della componente vascolare
plasmina. Si sviluppa pertanto una fibrinolisi dell'emostasi. Questo difetto è riportabile ad una
secondaria, peraltro talora insufficiente a prevenire perdita dell'integrità anatomica o funzionale della
l'occorrenza di fenomeni trombotici nelle arteriole parete vasale, che dà luogo a sintomatologia emor­
o nei vasi arteriosi di piccolo o medio calibro. Dal­ ragica apparentemente spontanea o causata da
l'azione prevalente della trombina e della plasmina, traumi che di norma non sono emorragipari (specie
dettata a sua volta dalla patologia dì base, deriva il microtraumi), prevalentemente nella sede della
quadro clinico prevalentemente trombotico o emor­ microcircolazione (arteriole, capillari, venule).
ragico. Le porpore possono essere intravascolari o extra­
Quando alla generazione di trombina si accom­ vascolari. Le prime hanno la caratteristica di scom­
pagna un massivo consumo dei fattori emostatici e parire con la digito pressione, dando il caratteristi­
delle piastrine con concomitante attivazione del co color bianco della cute. Se invece le emazie sono
processo fibrinolìtìco, le emorragie dominano il oramai fuoriuscite dai vasi, la digitopressione non
quadro clinico. In questo caso si parla di coagulopa­ altera il colore rosso scuro delle lesioni, nella mag­
tia da consumo o sindrome da defibrinazione. gior parte dei casi tali lesioni sono rilevate e palpa­
La dimostrazione di un aumento dei prodotti di bili. Questo caratteristico fenomeno viene chiamato
degradazione della fibrina è fondamentale per la blanching dagli autori anglosassoni, e può facilmen­
diagnosi. Infatti, essi testimoniano sia l'avvenuta te essere dimostrato effettuando la compressione
generazione intravascolare di trombina, sia la suc­ con un vetrino e osservando il fenomeno con una
Malattie emorragiche da difetti vaselli & 401

lente. Il blanching aiuta nella diagnosi differenziale ri della coagulazione, come nel caso delle emofilie.
con l'eritema e la teleangiectasia. Talvolta sono necessari ulteriori studi, come nella
Le petecchie, sono piccolissime lesioni, definite malattia di Von Willebrand. Alcuni difetti possono
anche "a capocchia di spillo" del diametro massimo essere dovuti ad anomalie della funzionalità pia-
inferiore ai 2 mm Lesioni più grandi, spesso date strinica, e solo richiedendo specifici esami di labo­
dalla confluenza di più petecchie sono chiamate ratorio tali difetti possono essere riconosciuti (ad
porpora (diametro 2mm-l cm). Lesioni ancora mag­ esempio il PFA-100 o l'aggregazione piastrinica). È
giori, spesso di tipo traumatico dal colorito rosso opportuno inoltre eseguire uno striscio di sangue
verdastro (dovuto al catabolismo dell'eme) sono periferico perché alcuni disordini come la sindrome
chiamate ecchimosi. di Moschowitz (TTP) e la Sindrome emolitico ure­
La fuoriuscita di emazie dal letto vascolare può mica (HUS) possono essere diagnosticati grazie a
essere spiegata da tre fattori: un possibile difetto questo semplice esame (malattia emolitica microan-
emostatico nel controllo delle lesioni traumatiche giopatica). Anche il dosaggio del fibrinogeno e del
dell'endotelio dei vasi, un consitente incremento D-Dimero possono contribuire alla diagnosi diffe­
della pressione transmurale, un difetto strutturale renziale con la CID.
dell'endotelio e dei tessuti viciniori.
La classificazione delle porpore è riportata in 1 ) Porpore associate a malattie del connettivo
tabella 5.
Esami di laboratorio. È importante escludere la La sindrome di Ehlers-Danlos, è l'esempio para­
presenza di difetti specifici dell'emostasi. Tali disor­ digmatico di malattia del connettivo da difetti ere­
dini possono essere evidenziati da allungamento ditari dei geni deputati alla sintesi del collagene. La
del PT e del aPTT, che guidano all'identificazione clinica è caratterizzata da cute soffice, lassa, con
del difetto specifico attraverso il dosaggio dei fatto- ipermobilità articolare, cicatrici anomale e tendenza
emorragica.
La predisposizione ad ematomi spontanei è
S S M S H B Classificazione delle porpore su base fenomeno frequente. Sono stati descritti 10 sottoti­
fisiopatoiògica pi. Le manifestazioni cliniche, compresi eventi fata­
li da rotture vascolari, sono più evidenti nel sottoti­
po IV. Nella maggior parte dei casi sono state iden­
1) Malattie del connettivo tificate mutazioni a livello dei geni del collagene di
A) Ereditarie
tipo III. La diagnosi viene in genere posta su biop­
- Sindrome di Ehler Danlos sia della cute.
- Sindrome di Marfan
- Pseudoxanthoma Eiasticum La sindrome di Marfan è dovuta invece ad un
B) Acquisite difetto nella formazione delle fibrille (mutazione
- Porpora senile o di Bateman del gene della fibrillina-1). Le manifestazioni sono
peculiari: dislocazione del cristallino, aneurisma
2) Anomalie dell'endotelio
A) Ereditarie
dell'aorta, dissezione aortica, anomalie scheletriche
- Teleangiectasia emorragica ereditaria (morbo come Taracnodattilia e arti allungati. Il danno del
di Renau-Osler) tessuto connettivo si associa con facilità agli emato­
- Anaiomatosi viscerale multipla di von Hippel- mi spontanei. I comuni test della coagulazione sono
Lindau nella norma.
B) Acquisite Lo pseudo xantoma elastico è un'altra patologia
- Sarcoma di Kaposi del tessuto connettivo con degenerazione delle
- Angiomi fibre elastiche. Esso è stato associato a emorragie
3} Da occlusioni vascolari delle mucose.
- Embolismi Porpora senile o di Bateman. L'eziologia di que­
- Infezioni sto tipo di porpora và ricercata nella atrofia del tes­
- Disprotidemie suto connettivo, scomparsa del tessuto adiposo e
4) Metaboliche degenerazione delle fibre collagene ed elastiche
- Scorbuto dell'anziano. Si presenta con emorragie vaste che
- Farmaci steroidei formano ematomi sottocutanei di varia forma ed
- Aciduria etilmalonica estensione, spesso triangolari, localizzata al dorso
5) Da infiammazioni
delle mani ma talora anche alla faccia estensoria
- Pórpora allergica o di Schònlein Henoch degli avambracci e alle gambe.
- Vasculite leucocitoclastica
6) Da Traumi o aumento pressorio 2) Anom alie dell'endotelio: angiomi
- Accidentali e teleangectasie
- Fittizia
- Tosse, Vomito Alcune di queste lesioni sono delle semplici
- Altitudine malformazioni vascolari, come nel caso delle chiaz­
ze vinose o della sindrome di Klippel-Trénaunay-
402 £ Malattie emorragiche e dell'emostasi
Weber (chiazze vinose, vene varicose e crescita state trattate con successo con embolizzazione
eccessiva dell'osso o dei tessuti molli). (angiografia interventistica). All7autopsia è talora
Altre forme di teleangectasie congenite più possibile trovare telengectasie sulla parete dello
gravi, comprendono la teleangiectasia viscerale di stomaco, della mucosa bronchiale o nel bacinetto
von Hippel-Lindau, con localizzazioni cerebrali e renale. Queste localizzazioni sono alla base delle
cerebellari (a volte fatali), retiniche e cutanee, e l'as­ eventuali emorragie a carico degli organi interni,
sociazione di angioma gigante congenito con pia- rare, ma pericolose.
strinopenia o sindrome di Kasabach-Merritt, del Teleangiectasie sono state osservate anche a
neonato. livello della retina e del cervello, a volte con forma­
La forma più frequente è la malattia di Rendu- zioni di fistole artero-venose
Osler.
Angiomatosi emorragica familiare di Rendu- 3) Da occlusioni vascolari
Osler. La teleangiectasia generalizzata emorragica
ereditaria, meglio nota come malattia di Rendu- Porpora infettiva. La patogenesi di questo tipo
Osler, è una sindrome autosomica ereditaria, carat­ di lesioni è complessa. Spesso vi è una diretta inva­
terizzata dalla triade: ereditarietà, teleangiectasie sione vascolare da parte dell'agente infettivo. Que­
multiple, emorragie cutanee e mucose. Negli etero­ sto tipo di vasculiti può manifestarsi come coagula­
zigoti, le teleangiectasie non vengono ereditate zione vasale disseminata, porpora fulminante,
rezione di Schwartzmann, o vasculite da immuno-
come tali, ma viene trasmessa solo la tendenza ad
un'angiopatia neoformativa di teleangiectasie cir­ complessi. Inoltre tutti gli agenti infettivi possono
essere causa di diminuzione della conta piastrinica
coscritte, che di solito si manifestano dopo i tren-
e conseguente comparsa di petecchie cutanee. Altro
t'anni.
Il difetto genetico sembra interessare la produ­
tipo di lesioni sono quelle da batteri Gram negativi
come la Pseudomonas Aeruginosa o la Klebsiella
zione di proteine responsabili del segnale di trasdu­
enterocolitica. Le lesioni iniziano come eritema ed
zione associato con il transforming growth factor |3
evolvono poi in placche fino ad un vero e proprio
(TGF-p). In particolare, mutazioni a livello del cro­
eritema nodoso. Le malattie infettive più comune­
mosoma 9, specifiche per il gene della endoglina
mente chiamate in causa sono la rìckettsiosi, la
sono responsabili per il sottotipo HHT-1, mentre le
Neisseria Meningitidis, lo Streptococcus Pneumo­
mutazioni a livello del cromosoma 12q 13 a livello
niae, l'Haemophilus influenzae, gli ECHO virus e le
del gene per Tactivina receptor like kinase (ALK-1),
malattie del complesso TORCH (vedi Fig. 15).
sono responsabili per il sottotipo HHT-2. L'ALK-1
La sepsi da meningococco spesso associata a
costituisce il recettore di tipo I per il TGF-J3, mentre CID, tra le porpore infettive è quella più eclatante.
l'endoglina il recettore di tipo ftl. Essa si caratterizza per la comparsa di lesioni erite-
Le alterazioni vascolari sono molto più gravi mato papulose, successivamente associate a petec­
negli omozigoti, nei quali sono già presenti alla chie disseminate e a lesioni purpuriche. La presen­
nascita e possono condurre a morte nei primissimi za dì rash è stata associata con il rischio di morte. La
mesi di vita. condizione sembra dovuta a una diminuzione di
La lesione è data dalle teleangiectasie, dilatazio­ alcune proteine regolatrici della coagulazione come
ni dei vasi terminali. la Proteina C e la proteina S, ma anche l'antitrombi-
Lo studio istologico delle dilatazioni teleangiec- na III.
tasiche mostra che le pareti sono lasse e deboli, i Raramente le infezioni virali possono presentar­
capillari appaiono giganteschi e dilatati. Le telean­ si con porpora vascolare. Alcuni casi di infezioni da
giectasie si manifestano sotto forma di macchie Parvovirus B19, da Herpes virus 6 o da Coxsackie
puntiformi rosse o violacee o rossestellate facili a
rompersi, con localizzazioni cutanee e mucose. Le
sedi più frequenti sono al volto, fronte, mento, orec­
chie, ma anche ascelle, mani, e, mucose, delle lab­
bra, cavo orale e vagina
Le epistassi sono il sintomo più frequente. Il sot­
totipo ALK-1 è stato associato con vasoocclusioni
polmonari e malformazioni (talora fistole) arterove-
nose polmonari. Malformazioni arterovenose sono
state descritte, specialmente a livello cerebrale, ma
anche epatico, con formazione di aneurismi, di
fistole e di angiomi cavernosi. A livello oculare sono
descritte emorragie retiniche e congiuntivali. Danni
neurologici e danno delle funzioni cognitive sono
spesso presenti (emboli, emorragie).
La terapia è prevalentemente di contenimento.
Lesioni cerebrali con tendenze emorragiche sono Fig. 15 - Porpora da infezione da meningococco.
Maloffie emorragiche da difeffi vasali ^ 403

Virus sono associati con eritemi purpurici o petec­ articolazioni più colpite sono quelle del ginocchio e
chiali. del calcagno, qualche volta anche i gomiti e più
raramente le piccole articolazioni interfalangee.
4) Porpore di origine m etabolica A carico delLaddome si possono avere delle
Queste sono state associate con: ipoproteinemia manifestazioni purpuriche soprattutto sulla tonaca
sierosa dell'intestino, con talvolta coliche violente,
(come nel caso dei dializzati), deficit di Vitamina C
(scorbuto) e abuso di farmaci steroidei, ipotiroidi- con transitori episodi di deiezioni muco-sanguino­
lente. Sono anche riportate pancreatiti e colecistiti, e
smo.
casi di intussuscezione. A carico del sistema nervo­
Il deficit di Vitamina C è responsabile della man­
so centrale, paresi transitorie degli occhi, neuropa­
cata idrossilazione dei residui di lisina e prolina con
tie periferiche e raramente emorragie cerebrali. A
conseguente immaturità delle fibrille di collagene e
livello dell'apparato respiratorio, emorragie, effu­
conseguente danno vascolare. Il quadro anatomo-
sioni pleuriche, edema allergico, con edema della
patologico dello scorbuto è rappresentato da gengi­
vite interdentaria emorragica con caduta dei denti e glottide.
Anche l'infarto cardiaco è stato descritto in asso­
ammassi fetidi gengivali, da petecchie cutanee pre­
ciazione con questa patologia. Le alterazioni renali,
valentemente attorno ai follicoli piliferi e da emato­
quando presenti, sono rappresentate da una glome-
mi sottoperiostei, sottofasciali o intramuscolari e
spesso da anemia post-emorragica. La varietà dello rulite parcellare di tipo membranoso, molto simile a
quella riscontrabile nel lupus eritematoso, con ema­
scorbuto nei lattanti/ o morbo di Moeller-Barlow, si
turia; in alcuni casi vi è una glomerulite focale con
differenzia per la scarsità delle manifestazioni gen-
microematuria, fino a una vera e propria nefrite dif­
givitiche e stomatitiche e invece si caratterizza per
fusa. All'immunofluorescenza è possibile mettere
la gravità delle emorragìe sottoperiostee ed ìntraos-
in evidenza depositi granulari di immunoglobuline
see con epiiisiolisi, fratture spontanee e ingrossa­
a livello mesangiale. L'aspetto anatomopatologico è
menti subperiostei post-emorragici.
quello di una glomerulonefrite diffusa acuta e sub­
I fa rm a c i steroidei sembrano inibire la produ­
acuta.
zione del collagene stesso a livello del suo mRNA.
Tra le porpore di origine metabolica, vale la
pena di ricordare Yaciduria etihn alon ica, una sin­
drome associata con un difetto delle cellule musco­
lari di citocromo C ossidasi. Tale sindrome si pre­
senta con ematomi e petecchie.
Anche ramilo ido si può essere causa di queste
lesioni. I depositi di amiloide infatti possono infil­
trare l'endotelio vascolare e il derma, aumentando
la fragilità dei vasi stessi.

5) Porpora allergica o di Schònlein-Henoch


Questa porpora è tipica del bambino. Vi è ima
certa preferenza per il sesso femminile. La sua etio-
patogenesi non è, nota. In generale, viene conside­
rata un disordine da immunocomplessi, ed è asso­
ciata ad infezioni streptococciche, ma anche epatite
B, infezioni da EBV e da CMV. Anche i farmaci
(penicillina, sulfamidici, allopurinolo, cimetidina) i
prodotti chimici (insetticidi), oltre alle malattie neo­
plastiche e autoimmuni sembrano essere agenti
causali.
A livello cutaneo, la porpora è polimorfa asso­
ciata con eritema, urticaria ed edema e è diffusa su
tutto il corpo. Inizialmente vi sono ondate di mac­
chie eritematose, in un secondo tempo emorragie
vere e proprie.
Le dimensioni delle macchie sono in genere
modeste, al massimo della grandezza di una lentic­
chia. L'eruzione è polimorfa con vescicole e eritemi,
e le macchie sono spesso confluenti.
La sintomatologia articolare è caratterizzata da
artralgie reumatiche e gonfiore locale, talvolta con
tumefazione delle articolazioni, accompagnate da Fig. 16 - Porpora confluente delle gambe in un caso di porpo­
edema e a volte stravasi emorragici (Fig. 16). Le ra di Schoniein-Henoch.
404 - Maloffie emorragiche e dell'emostasi
È interessante notare che, in alcuni di questi von Willebrand's disease in the year 2003: towards the
pazienti, è stata rilevata la presenza di multimeri ad complete identification of gene defects for correct dia­
elevato peso molecolare del fattore di von Wille- gnosis and treatment. Haematologica 2003; 88: 94-102.
brand, espressione dello stimolo endoteliale. Il fat­ D.B. Cines, V.S. Blanchette: Immune thrombocytopenic
tore XIII, inoltre può essere diminuito (del 30-50%) purpura. N Engl J Med 2002; 346: 995-1008.
ed è a sua volta correlato con la gravità della malat­
D.M. DiMichele, S. Seremitis: Hemophilia-factor VIII
tia. Altro reperto frequente è la presenza di un
deficiency. In J. Loscalzo, A J. Schafer (eds.). Throm­
aumento delle IgA, spesso causa di danno mesan- bosis and Hemorrhage. 3rd edition, Williams & Wil­
giale. kins, Baltimore 2002; 560-574.

R.I. Handin: Inherited platelet disorders. Hematology


6) Porpora da traumi 2005; 396-402.
Le porpore di origine meccanica, sono dovute a M. Levi, H. ten Cate: Disseminated intravascular coagu­
rottura dei capillari con stravaso di emazie nel lation. N Engl J Med 1999; 341: 586-592.
derma.
La rottura dei capillari può avvenire per una D. Lillicrap: The molecular basis of haemophilia B. Hae­
mophilia 1998; 4: 350-357.
eccessiva pressione, come nel caso di indumenti
(reggiseni, cinture, calze) molto stretti, sforzi inten­ K.G. Mann, S. Butenas, K.
Brummel: The dynamics of
si (petecchie al volto dopo conati intensi), oppure in thrombin formation. Arterioscl Thromb Vase Biol
seguito a barotraumi, come nel caso di piloti di jet. 2003; 23:17-25.
Nella maggior parte dei casi di porpora fittizia P.M. Mannucci, S. Duga, F. Peyvandi: Recessively inheri­
sono documentabili disordini di tipo psichiatrico. ted coagulation disorders. Blood 2004; 104:1243-52.
Possono anche essere dovuti a credenze religiose
come nel caso di lesioni tipo stigmate autoindotte. I-L. Moake: Thrombotic microangiopathies. N Engl Med J
2002; 347: 589-600.
Altre volte le lesioni purpuriche hanno la forma di
oggetti, come nel caso degli abusi autoindotti o subiti. P. Prandoni, S. Siragusa, B. Girolami, F. Fabris, for the
BELZONI Investigators Group: The incidence of

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Sindromi
3.5 mielodisplastiche
G.M. Mariuzzì, F. Lanza, L. Mariuzzi

te dalle modificazioni genetiche causali: eventi che


| Definizione comportano un aumento in circolo di eritroblasti,
II con cetto di «sindrom i m ielod isp lastich e» eritrociti granulociti e piastrine funzionalmente
(SMD) nasce dall'esigenza di applicare criteri noso- efficienti.
grafici, strigenti ed adeguati, ad un gruppo eteroge­ Confini che comunque non sono, o non possono
neo di disordini ematologici contrassegnati, soprat­ essere, oggi, netti perché si riscontrano anche forme
tutto negli anziani, da: di sovrapposizione o in qualche modo intermedie
come sono in particolare le sindromi mieloprolife-
- citopenia periferica (anemia, leucopenia, trom- rative/mielo-displastiche (SMP/MD) che verrano
bocitopenia) con anormalità morfologiche, e considerate dopo la descrizione delle SMD.
quindi biologiche, di una -o più- serie cellula­ Uno degli aspetti più controversi di questa pato­
ri, essendo reperibili anche cellule ad abito Ma­ logia sta nella risposta al quesito se le manifestazio­
stico; ni mielodisplastiche rappresentino una prolifera­
- quadri midollari, centrali, abitualmente caratte­ zione clonale di fatto e, fin dall'esordio, maligna;
rizzati da ipercellularità delle cellule del midol­ oppure costituiscano una condizione atta a favorire,
lo emopoietico; sono manifestazioni patologiche in sequenza, l'attivazione di altri meccanismi onco-
in genere derivate da alterazioni delle cellule genetici, adeguati a rendere possibile una loro ulte­
staminali multi o totipoteni; riore progressione anche in forme più severe, per
caratteri della malignità attuale - leucemie
- alterazioni genetiche passibili di progressione e
In sintesi le SMD sono quadri di patologia ema­
tali da compromettere non solo l'attività prolife-
tologica sostenuti da eventi che:
rativa -ipercellularità-, ma anche i processi di
maturazione/differenziazione morfologica e - compromettono la differenziazione delle cellule
funzionale; immature deireritro-granulo-monocito-piastri-
- eventi alla fine responsabili della compromissio­ no-poiesi;
ne ed insufficienza delle funzioni proprie delle - si esprimono come complessi clinici caratteriz­
cellule terminali delle distinte serie coinvolte sia zati da aumento della cellularità midollare
eritrocitica che granulocitica, monocitica e pia- essendo, tuttavia ed in genere, più o meno inef­
strinica. ficace l'emopoiesi;
Molte di queste forme morbose possono poi - comportano un incremento dei processi di apop-
evolvere verso quadri anatomoclinici di leucosi tosi;
acuta, evento per il quale, in passato, questa patolo­ - causano citopenia del sangue circolante;
gia è stata strategicamente inclusa nelle «sindromi - possono compromettere non solo una ma due o
preleucemiche», o preleucemie. più delle linee o file cellulari, form e multifilari:
Da qui la ricerca di criteri adeguati per distin­ eritropoietica, granulocitopoietica, monocito-
guere le SMD dalle forme mieloproliferative (SMP) poietica, piastrinopoietica;
e sopratutto dalla leucemia acuta (LA), di solito - possono evolvere in leucemia acuta;
mieloide (LAM) ma anche, seppure di rado, linfo-
- con ogni verosimiglianza hanno un'incidenza
blastica (LAL): eventi, entrambi, giustificati, e pos­
sibili, perché il clone da cui derivano le due serie superiore a quella segnalata in letteratura, pro­
cellulari origina da una cellula staminale pluripo- prio perché caratterizzate da elevata mortalità,
quando non diagnosticate in tempo utile, cioè
tente, che è un precursore tanto delle cellule della
precocemente;
serie mieloide che di quella linfocitica.
Uno dei caratteri distintivi delle SMD rispetto - colpiscono sopratutto l'età presenile (55-60
alle SMP risiede nel dato di fatto che, in quest'ulti- anni);
me forme, l'ematopoiesi è associata anche con pro­ - possono essere idiopatiche-primitive o anche
lungamento della durata di vita delle cellule altera­ secondarie.
406 ;- Sindromi mielodispiastiche
fondamentali propri delle singole forme e varianti.
j j Classificazione In particolare gli esperti della Organizzazione
L'evoluzione delle conoscenze circa le SMD ha Mondiale della Sanità (OMS o WHO) nel 2001,
comportato, nel tempo, il succedersi di nosografie riconsiderando le varianti dell'Anemia Refrattaria
che, già a partire dagli anni 30 del secolo scorso, (AR) isolate dal gruppo di studio FAB, ha preso atto
venivano diagnosticate come quadri di anemia pri­ che fra l'AREB t e la leucemia mieloide acuta non
mitiva refrattaria e di preleucemie, eponimo indica­ può essere stabilito un confine preciso, fatto che
tivo dei rapporti di questa patologia con la leucemia rende arbitraria ogni separazione nosografica. Per­
acuta. ciò la classificazione WHO inquadra queste due
In seguito (1983) il g ru p p o d i s tu d io F ranco- varianti nell'ambito delle leucemie acute, mentre
A m e ric a n o -B rita n n ic o FAB (French-American-Bri- colloca la LMMC fra le Sindromi Mielo-Proliferati-
tish Cooperative Group) ha isolato criteri clinica- ve/Mielo-Displastiche, SMP/MD.
mente utili per distinguere le SMD dalle leucemie Infine la classificazione WHO riconosce l'auto­
acute, definendo le prime come sindromi dismielo- nomia nosografia delle anemie con alterazioni
poietiche comprendenti l'anemia refrattaria con dismorfiche della sola serie eritrocitica così come
eccesso di blasti e la Leucemia Mielo-Monocitica quella delle anemie in cui siano coinvolte anche
Cronica (LMMC) (Tab. 1): sindromi alla fine deno­ altre linee cellulari.
minate come SMD, denominazione accettata, nel Vale ripetere ancora il criterio che l'acronimo
2001, anche dal gruppo di esperti d e lla O rg a n iz za ­ SMD riunisce un gruppo di patologie acquisite del
zione M o n d ia le d e lla S a n ità (O M S ) -W o rld H e a lth midollo emopoietico, caratterizzate essenzialmente
O rg a n is a tio n (W H O ), secondo la quale (Tab. 2) da: emopoiesi displastica, inefficace e progressiva, legata
sono da includere entro la categoria delle SMD alla proliferazione di un clone cellulare abnorme il quale,
anche le varianti nelle quali:
espandendosi progressivamente, finisce per sostituire,
- la blastosi midollare non superi il 10% nell'A- nel midollo osseo, il tessuto emopoietico, essendo il
REB 1, oppure il 20% nell'AREB 2; essendo inve­ riscontro di micro-megacariociti reperto indicativo, se
ce da diagnosticare come forme leucemiche non patognomonico.
quelle nelle quali i blasti midollari siano rappre­ Nella categoria delle SMD sono da distinguere le
sentati in ragione del 20% o più; forme primitive, o idiopatiche, da quelle secondarie:
- la blastosi sia anche inferiore al 20% ma solo per quesi'ultime per lo più connesse con chemio-terapie
i casi con t (8.21)(q22.q22)/t (15;17) (q22;q21), citotossiche, radianti ed anche con esposizione a tossici
inv. (16)(pl3p22) o t(16;16)(13;q22); ambientali. Condizioni comunque caratterizzate sem­
- siano riconoscibili i criteri FAB delle Leucemie pre da un'ematopoiesi inefficace e displastica. Forme
Mielo-Monocitiche Croniche -LMMC; tutte che derivano sempre dalla progressione/espan­
sione di un clone cellulare abnorme con occupazione
- la piastrinosi superi il valore di 600 X 109/L.
graduale del midollo emopoietico.
Le tabelle 1 e 2 riproducono le classificazioni In questo capitolo verranno alla fine descritte
FAB e WHO con una sìntesi dei caratteri distintivi anche le forme "intermedie" SMD/MP.

Classificazione delle sindromi mielodispiastiche secondo la FAB {French-American-Britìsh)

Sangue periferiferico MidoHoósséo


Blasti % Blasti %
ANEMIA REFRATTARIA (AR) o citopenia refrattaria Blasti pari a: 1 % o meno Blasti < 5%; Sideroblasti
- (40%) - Refractory Anaemia (RA) ad anello <15%
degli eritro-biasti
ANEMIA SIDEROBLASTICA IDIOPATICA ACQUISITA (ASIA) Blastì pari a: 1 % o meno Blasti > 5%; Sideroblasti
con sideroblasti ad anello - (20%) - degli eritroblasti: RA ad anello > 15% degli
with Ringed Sideroblasts (RARS) eritroblasti
AR CON ECCESSO DI BLASTI (AREB) Blasti > 1 % oppure < 5% Blasti > 5% oppure fino
- (20%) - (RA with Excess of Blasts) (RAEB) a! 20%
LEUCEMIA MIELO-MONOCITICA CRONICA (LMMC) Blasti < 5% con monociti Blasti oltre il 20% con
- (10%) - (Chronic Myelo-Monocitic Leyicemia - CMML -) oltre 1x10 alla 9; aumen­ aumento anche di pro-
to granulociti monociti
AREB-t (AREB in trasformazione) Blasti > 5 % Blasti: >20% ma < del
- (10%) - (RA with Excess of Blasts in transfornation) (RAEB) e corpi di Auer 30% e corpi di Auer
Classificazione ^ 407

Sistema classìficatìvo elaborato dal WHO per le sindromi mielodìsptasfiche

Tipo di malattia Sottogruppo Sangue periferico Midollo


Senza Anemia Solo displasia eritroide
Sideroblasti ad Assenza o rara presenza di Blasti < 5%
ANEMIA anello Blasti < 1 Sideroblasti ad anello < 15%
REFRATTARIA (AR) AR monociti < 1 0 0 0 /mmc
O
REFRACTORY AR con Anemia Solo displasia eritroide
ANAEMIA-(RA) Sideroblasti ad Assenza o rara presenza di Sideroblasti ad anello > 15%
Anello Blasti < 1%, Blasti < 5%
ARSA o ASIA monociti < 1 00 0/mmc
Senza Citopenia (bi-pancifopenia) Displasia in> 10% delle cellule
Sideroblasti ad Assenza o rara presenza di blasti in 2 ó più linee mieloidi
CITOPENIA REFRATTARIA anello monociti < 1 x 1 09/L Blasti < 5%
CON DISPLASIA CRDM No corpi di Auer
MULTIFILARE No corpi di Auer Sideroblasti < 1 5 %
O
REFRACTORY CRDM con Citopenia (bi-pancitopenia) Displasia in > 10% delle cellule
CYTOPENIA WITH Sideroblasti ad Assenza o rara presenza di blasti in circolo
MULTI LINEAGE Anello monocitì < 1 x 109/L In 2 o più linee mieloidi
DYSPLASIA (RCMD) CRDM-SA Sideroblasti ad anello >15%
Blasti < 5%
No corpi di Auer No corpi di Auer

ANEMIA REFRATTARIA Anemia refrattaria Citopenia Displasia uni o multifilare


CON ECCESSO con eccesso di Blasti < 5% Blasti 5-9%
DI BLASTI (AREB) blasti di tipo 1 monociti < 1 x 109/L
O AREB-Ì No corpi di Auer in circolo No corpi di Auer
REFRACTORY Anemia refrattaria Citopenia Displasia uni o multifilare
ANAEMIA con eccesso di Blastì da 5-19 % Blasti 10-19%
WITH EXCESS blasti di tipo 2 Corpi di Auer (non costanti) Corpi di Auer (non costanti)
OF BLASTS (RAEB) AREB-2 monociti < 1 x 1 09/L
Citopenia Displasia unifilare in granuiociti o
MIELODISPLASIE
Blasti assenti o rari megacariociti
NON
Blastì < 5%
CLASSIFICABILI
No corpi di Auer No corpi di Auer

MIELODISPLASIA
Anemia Megacariociti, con nuclei ipoloba-
ASSOCIATA A
tì: normali o aumentati
Blasti < 5 % Blasti < 5%
DELEZIONE
No corpi di Auer
ISOLATA (5q-)
Piastrine normali o aumentate Delezione di (5q-)

Da: Jaffe Es et al. (eds), Pathology and Genetics of Tumors of Haematopoietic and Lymphoid Tissues, Lyon, IARC Press, 2001

senti nel midollo osseo emopoietico che possono


Anatomia patologica essere a loro volta caratterizzate da:
La sindrome mielodisplastica è processo morboso - ipercellularità di una o più serie emato­
che coinvolge una o più linee cellulari: eritropoietica, poietiche (Fig. 1);
granulocitopoietica, monocitopoietica, essendo meno
frequente il coinvolgimento della serie megacariociti- - depositi di ferro intracellulare (Fig. 4) a
ca. Tuttavia è comune il riscontro di varianti in cui conformare i "sideroblasti”, oppure anche
sono coinvolte due o più serie o linee cellulari. Inoltre, intercellulare in forma di grossolane granu­
essendo patologia che incide nell'età presenile, alTat- lazioni irregolari collocate anche entro i
to di pome la diagnosi è sempre necessario valutare macrofagi, i siderofagi;
con molta cura il grado del danno midollare attuale anormalità strutturali dell'organizzazione
utilizzando tutte le indagini oggi disponibili e neces­ anatomo-funzionale del midollo osseo per
sarie e considerando, in particolare, l'età del paziente. dislocazione centrale p a ra tra b e co la re del­
Il quadro anatomopatologico, istologico è com­ l'eritropoiesi essendo invece centrale o
posto dalle: paracentrale quella della granulocitopoesi;
©■ alterazioni primitive citologiche e istologiche, - iperplasia di una sola serie cellulare e/o di
quindi funzionali, qualitative e quantitative pre­ due e più serie: forme mono, bi o pluri filari;
408 * Sindromi mieiodisplastiche
midollo osseo: alterazioni che possono essere
riassunte schematicamente come nella tabella 3.
In genere il danno midollare è caratterizzato da
ipercellularità fino alla scomparsa della componente
lipocitica, di norma invece ben rappresentata; iper-
celiularità (Fig. 1) che di solito si associa con citope­
nia periferica, nel sangue circolante; incidendo i casi
con ipocellularità midollare solo per il 10% circa.
Sebbene la citopenia periferica sia il fatto/danno
caratterizzante la SMD, è tuttavia possibile il riscon­
tro, occasionale, di varianti con leucocitosi neutrofi-
la, monocitosi e/o piastrinosi: sono, questi, i casi che
meritano valutazioni accurate, tenendo presente l'e­
sistenza accertata di forme miste o Sindromi Mielo-
Pro HferativeìMielo-Displastiche (SMP/ SMD).
Si deve ancora sottolineare il fatto che eventi di
emopoiesi con displasia non sono esclusivi delle
SMD potendo essere, anche, secondari e reversibili;
Fig. 1 - Midollo osseo: quadro morfologico istologico delia alte­ generati da trattamenti farmacologici, da deficienze
razione strutturale causata dalla ipercellularità caratteristica
delle mielodisplasie {Emat. Eos., lOOx). (Osservazione del prof. alimentari, da assunzione insufficiente di acido foli-
L. Cavazzini). co e da eventi tossici ed infettivi come quelli con­
nessi con l'infezione da HIV.
Le diverse serie cellulari, granulocitopoietica,
eritropoietica, piastrinopoietica e monocitopoietica
• alterazioni secondarie e dipendenti, in gran
si caratterizzano anche per frequenti e peculiari
parte, dal danno anatomo-funzionale del midol­
anomalie che sono:
lo: tutte le sindromi mieiodisplastiche si caratte­
rizzano per una estesa serie di anormalità mor­ • morfologiche:
fologiche, nucleari e citoplasmatiche, sia delle - iposegmentazione dei nuclei dei granulociti
cellule del sangue periferico che delle cellule del - pseudo Pelger - oppure segmentazione sol-

Anomalie morfólogiche di riscontro più frequente nelle SMD

c^lülafe Sdngue jperìferico ■-‘rì ^ ^^ ^ Midollo osseo ;•


Granulocitica Granulociti: neutrofili ipogranulati o agranula­ Promielocitì con granuli primari sparsi o assenti
ti; bilobati o monolobati (tipo "Pelger-Huet); Mieloeiti e metamielocitì
ipersegmentazione nucleare a grossi lobi ipo-o-agranularti — dismieiopoiesi
Eritroide Emazie: macro o microcìtiche; anisó-poichilo- Sideroblasti ad anello (> 15% in ASIA); vacuo­
citotiche; poli-cromatiche; con basofilia punta­ li citoplasmatici; ségni di diseritropoiesi nuclea­
ta; dimorfiche; normocromiche, ipocromiche re e citoplasmatica;
ipercromiche - iperplasia eritroide globale in specie delle
forme immature
Megacariocitica Piastrine giganti; frammenti di megacariociti Micromegacariociti con nuclei ipolobati;
macromegacariociti: mononucleatì o con nuclei
piccoli e plurimi;
dismegacariocitopoiesi;
ipoplasia megacariocitica
Monocitica Monociti (> 1.000/mmc) nella LMMC, nuclei Presenza di promonociti e monociti con le stes­
iper-segmentati; nuclei a lobi allungati; con se alterazioni descritte nel sangue periferico
granuli azzurrofìli; promonociti
Blastica Alterazioni reperibili nel midollo osseo
- blasti di tipo 1: mononucleatì, di piccole - blasti di tipo II: Cellule mononucleate con
dimensioni e granulati (simili al mieloblasto) alcuni granuli citoplasmatici (< 20); rapporto
- blasti dì tipo IH: simili al basto tipo 11 da! N /C spostato a favore dei nucleo; nucleo cen­
quale si differenziano per il numero ai granu­ trale come nel tipo 1con 1-2 nunucleoli; possi­
li citoplasmatici (> 20); il nucleo é centrale o bile la presenza di corpi dì Auer
talora spostato ad un polo cellulare
Anatomia patologica - 409

tanto irregolare; riduzione o anche mancanza sari, per le esigenze non solo diagnostiche, ma
di granulazioni citoplasmatiche specifiche e anche di quelle prognostiche che debbono guidare i
di quelle azzurrofile; provvedimenti terapeutici.
- anormalità evidenti degli elementi della serie Questa classificazione si fonda, in particolare, su
eritrocitaria, caratterizzate in particolare da criteri morfologici relativi alle cellule del sangue
micro o macrocitosi, da ipo o ipercromia circolante e del midollo osseo, nonché sulla eviden­
delle emazie, dairaccumulo intracitoplasma- ziazione citochimica del ferro; sono considerati fon­
tico ed extracellulare di ferro; damentali i seguenti caratteri:
- alterazioni morfologiche sia nucleari di seg­ - numero dei blasti,
mentazione che strutturali dei megacariociti - presenza dei corpi/bastoncini di Auer.
(micro-megacariociti in particolare e megaca­
riociti giganti); Così, (si veda la Tab. 2):
m e citochimiche (Fig. 5): - nell'Anemia Refrattaria (Ai?) o (Refractory
- difetto di mieloperossidasi o della fosfatasi Anaemia RA), ha rilievo diagnostico il riscontro,
alcalina leucocitaria; nel sangue periferico, di un numero di blasti
uguale o inferiore alTl% e di monociti inferiore
- modificazioni neirespressione della positivi­
o uguale all' 1 X 10 alla nona/L;
tà alla doppia colorazione esterasica;
- nella Anemia Refrattaria con Sideroblasi ad
- positività alla reazione di Pearls connessa
Anello (ARSA) o (Refractory Anaemia with
con la presenza e l'accumulo intracitopla- Ringed Sideroblasts: RARS) in circolo si trovano
smatico di ferro (Fig. 5). blasti in numero inferiore o uguale all'1%, men­
In base al riscontro di alcune o di tutte le anor­ tre nel midollo i blasti sono meno del 5% ed i
malità microscopiche considerate, queste anomalie sideroblasti ad anello possono superare il 15%;
citomorfologiche e funzionali hanno portato alla - nella Anemia Refrattaria con Eccesso di Blasti
formulazione della classificazione FAB, (Tab. 1) (AREB) o (RA with Excess of Blasts: RAEB) il
intesa alla definizione nosografica di distinti quadri riscontro, negli strisci, di un numero di blasti in
anatomopatologici, istologici, citologici e citochimi- circolo può raggiungere eccezionalmente il 5%,
ci e quindi anatomoclinid e dei relativi sottogruppi, essendo i monociti di numero pari o inferiore
fra loro distinguibili, e quindi utili, o meglio neces­ all'l X 1 0 alla nona/L;

10 11 12

é ,

13 14 15 16 17 18

19 20 21 22
« Y
Fig. 2 - Mappa cromosomica in un caso di AREB con monosomia 7. (Da A. Notorio, R. Invernizzi, Le sindromi mielodisplastiche,
in Trattato di Medicina Interna di P. Larizza Voi. I, Tomo II, Piccin, 2005).
410 « Sindromi mieíodisplostiche
- mentre sono da classificare come L eucem ie ® la variante -5;
M ielo-M on ocitiche-C ron iche (LMMC) o (C hro- • la variante 5q-;
nic M yelo-M on o ci tic L eu kem ia: CMML) le © la variante -7;
forme di AR in cui il numero di monociti circo­
• la variante 7q-;
lanti superi TI X 109/L ed il numero dei blasti
midollari raggiunga o superi il 20%, fino al 30%, © la variante -y;
con aumento evidente delle cellule promonociti- @ la variante 20q-;
che; 9 la variante 9q-
- infine la variante di A nem ia R efrattaria con essendo la variante -5 quella di più facile riscontro
Eccesso di B lasti in tra s/orm azione : AREB -t, nelle SMD secondarie.
segnata da un numero di blasti in circolo superio­ Va comunque ricordato che, oltre alla anormali­
re al 5%, essendo quello dei blasti midollari supe­ tà qui richiamate, ne sono state finora identificate
riore al 20 %, con corpi di Auer tanto in circolo altre e numerose, ma di osservazione poco frequen­
che in sede midollare fino al 30% (Tabb. 1 e 2). te ed alcune eccezionali.
Al momento attuale viene seguita la nuova clas­ È opinione diffusa che la maggior parte dei casi
sificazione formulata nel 2001 dalla O rgan izzazio­ di SMD insorgano per mutazioni subentranti di
ne M ondiale per la Sanità (OMS) o W orld H ealth una cellula staminale toti o multi-potente, la quale
O rganization (WHO), (Tab. 2) con le integrazioni è in grado di generare citotipi precursori di tutte le
qui richiamate. serie emopoietiche, eritrocitica, granulocitica,
monocitica e piastrinica (Tab. 3). Serie che non sono
tutte, e obbligatoriamente coinvolte, condizione che
| Citogenetica giustifica la variabilità e la molteplicità delle diver­
se forme clinico-morfologiche.
La patologia proliferativa displastico/neoplasti­ È anche verosimile che una cellula staminale
ca del midollo emopoietico, propria delle sindromi solo pluripotente possa generare serie cellulari dif­
mielo-displastiche, progredisce per accumulo di ferenti, mieloide o linfatica. Deduzione ricavata
anormalità citogenetiche che, a partire da un'inci­ dalla ricerche sugli alloenzimi della glucoso-6-
denza del 30% nella AR, cresce progressivamente fosfato-deidrogenasi e sulle mutazioni dell'oncoge-
fino a valori del 60% nella RAEB e nella LMMC, in ne RAS, nonché dalle analisi citogenetiche.
cui i riarrangiamenti genetici si fanno più comples­ In conclusione è da tener ben presente che le
si e frequenti; essendo, i dati relativi al tasso ed alla SMD sono legate ad eventi patogeni instabili, fatto
complessità delle alterazioni genotipiche, fattori di per cui è sempre possibile, o anche facile, l'avvento
rilievo, anche clinico pratico, appunto per i fini di eventi di evoluzione clonale in grado di genera­
della prognosi e della terapia. Prognosi relativa­ re, sempre, ulteriori anormalità del cariotipo
mente buona nei casi con sindrome da monosomia (Fig. 2). Anormalità che sono tali da produrre una
5q- e più severa invece quando si addizionino la insufficienza progressiva dell'emopoiesi, associata
monosomia 7 e/o la trisomia 8. con la produzione di blasti e che può anche sfocia­
Infatti le anormalità citogenetiche più frequenti re in leucemia acuta, di solito mieloide ed eccezio­
associate con le SMD sono: nalmente linfoblastica (Tab. 4).

Fig, 3 - Aspirato di Midollo Osseo (AMO). Midollo osseo di Fig. 4 - Aspirato di midollo osseo (AMO) di soggetto con AR:
soggetto con Anemia Refrattaria (AR): iperplasia eritroblastica ¡perplasia della serie eritropoietica con cellule megaloblastoidi
ea accentuata diseritropoiesi (MGG, óOOx). (MGG, 1200x).
Citogenetica ® 411

Schema di possibile sequenza degli eventi genoparici che occorrono nelle


evoluzione/progressione delle sindromi mieiodisplastiche

Eventi di progressione, molto complessi, e tali numeriche e biologiche delle cellule emopoietiche
da giustificare i quadri, non comuni ma certi, di tanto del sangue circolante che del midollo em o­
forme di difficile inquadramento come sono: poietico.
La nuova classificazione (Tab. 2) distingue infat­
- la sindrome associata a monosomia 7 (-7), di
ti otto differenti varianti dell'anemia refrattaria, che
norma inclusa nelle SMP, è caratterizzata anche
sono:
da segni della mielodisplasia;
- la variante ARSA o ASIA della AR che si caratte­ - Anemia Refrattaria senza sideroblasti ad anel­
rizza per la produzione efficiente di piastrine, lo, AR, o (Refractory Anaemia; RA);
così che manca la piastrinopenia mentre può - Anemia Refrattaria con Sideroblasti ad Anello,
essere evidente la piastrinosi; ARSA o ASIA, o (RA with Ringed Sideroblasts
- pazienti portatori della sindrome 5q- che posso­ RARS);
no avere iperproduzione di piastrine con piastri­ - Citopenia Refrattaria con Displasia Multifila­
nosi, anziché piastrinopenia. re, senza■ sideroblasti ad anello, CRDM, o
Infine sono molto indicative dei rapporti di con­ (Refractory Cytopenia with Multilinear
tinuità fra le SMP e le SMD i quadri di passaggio Dysplasia - RCMD
definiti come sindromi mieloproliferative/mielodi- - Citopenia refrattaria, displasia multifilare, con
splastiche. Sideroblasti ad Anello, CRDM-SA o (RCMD
and Ringed Sideroblasts - RS - RCMD-RS
- Anemia Refrattaria con Eccesso di Blasti tipo 1,
| Quadri anaiomo-clinici AREB 1, o (RAEB1);
- Anemia Refrattaria con Eccesso di Blasti tipo 2,
L'OMS (WHO) nel 2001 ha proposto una classi­ AREB 2, o (RAEB2);
ficazione più adeguata alle esigenze attuali, clini­
che, prognostiche e terapeutiche; esigenze che - mielodisplasie Non Classificabili, SMDNC; o
richiedono informazioni raccolte con il maggior (MDS Unclassified: MDS-U);
dettaglio possibile e tali da fornire dati concernenti - mielodisplasia associata a delezione isolata del
soprattutto la natura e l'entità delle modificazioni 5q-, SMD 5q- o (MDS 5q~)
412 : Sindromi mielodisplosfiche
L'OMS formulando questa classificazione ha con aumento percentuale delle forme immature.
preso atto che fra l'AREB - t e la leucemia mieloide Le cellule blastiche midollari non eccedono il 5%
acuta non può essere posto un confine preciso, per mentre quelle circolanti risultano sempre inferiori
cui il distinguere queste due forme è da considera­ all'1%. Il midollo nell'insieme è normo o ipercellu-
re atto diagnostico del tutto arbitrario: ragione per lato. L'incremento della cellularità, evidente in par­
cui, attualmente, esse vengono collocate nell'ambi­ ticolare nei preparati istologici di midollo (Fig. 1),
to della leucemia mieloide acuta, come sue varian­ contrasta con l'anemia e l'oligocitemia periferica;
ti; inoltre, e sempre l'OMS, suggerisce per la Leuce­ da qui l'aforisma elaborato per etichettare queste
mia Mielo Monolitica Cronica (LMMC) gli stessi forme: «anem ie a m id ollo ricco». Generalmente
parametri diagnostici assunti per l'inquadramento sono prive di alterazioni quali-quantitative della
delle SMD collocandola fra le SMP/MD. serie granulocitica e di quella megacariocitica. Il
Di seguito vengono riassunti i caratteri che
termine di anemia refrattaria non risulta del tutto
distinguono le diverse varianti delle sindromi mie­
adeguato al complesso dei caratteri di questa condi­
lodisplastiche secondo i criteri della classificazione
zione patologica ma, in attesa di ulteriori apporti, il
WHO - OMS - del 2002.
suo impiego è utile ai fini classificativi.
Le emazie generalmente hanno difetti enzimati­
1) Anemia Refrattaria (AR) ci relativi a: piruvato chinasi (PK), acetilcolinestera-
senza sideroblasti ad anello si (analogamente alla emoglobinuria parassitica
R appresenta d al 5 a l 10% delle SMD. L'anemia notturna), delta-ala sintetasi, emesintetasi; di solito
è il sintomo principale di questa condizione che col­ la G6PDH eritrocitaria è aumentata: difetti questi
pisce in particolare soggetti di età superiore ai 50 che comportano compromissioni di funzioni eritro­
anni. Le alterazioni reperibili negli elementi del citarie. Altre anomalie, di frequente riscontro, sono
sangue periferico sono: reticolocitopenia, macroci- rappresentate da modificazioni del corredo antige­
tosi delle emazie, anisopoichilocitosi, basofilia pun­ nico degli eritrociti (increménto dell'antigene i,
tata. Lo studio microscopico del midollo mette in decremento di A 1 e H I, conversione del gruppo A
evidenza segni, più o meno marcati, di diseritro­ in gruppo 0) nonché da anomalie strutturali dell'e­
poiesi nucleare e citoplasmatica, associata ad iper- moglobina (aumento della HbF e comparsa del-
plasia midollare della serie eritroide (Figg. 3 e 4), l'HbH).

Fig. 5 - Quadri microscopici di ARSA: a) sezione istologica di midollo osseo in soggetto con RARS: la reazione istochimica per il
ferro evidenzia depositi diffusi (Pearls, 150x); b) l'indagine citologica relativa al caso a) fa cogliere immagini di sideroblasti ad
anello (Pearls, 1000x); c) aspirato midollare ai soggetto con RARS: evidenti in verde i depositi diffusi dì ferro, anche in sede intra-
cellulare realizzanti l'aspetto di sideroblasti ad anello (Pearls, 10OOx); d) Strìscio di midollo di soggetto con ARSA nel quale la rea­
zione di Pearls evidenzia l'accumulo di ferro negli eritroblasti anche con la morfologia ad anello, soprattutto nella parte inferiore
dell'immagine. (Casi osservati dal prof. L. Cavazzini).
Quadri anatomo-clinici € 413

2) Anemia refrattaria con sideroblasti 3) Citopenia Refrattaria con Displasia


ad anello (ARSA) o Anemia multifilare (CRDM) o Refractory
Sideroblastica Idiopatica Acquisita Cyfopenia with Multiiineage Dysplasia
(ASIA); - Refractory Anaemia with (RCMD)
Ringed Sideroblasts (RARS) - La classificazione dell'OMS - WHO - considera
Si differenzia dall'anemia refrattaria per la pre­ due distinte varianti di questa forma: una priva di
senza di sideroblasti ad anello (ringed sideroblasts) sideroblasti ad anello e la seconda con sideroblasti
(Fig. 5). ad anello.
Il sideroblasto è un eritroblasto che presenta gra­ - La Citopenia Refrattaria con Displasia Multi-
nuli di ferro evidenziabili con la colorazione al bleu lineare (CRDM), priva di sideroblasti ad anello è la
di Prussia. I sideroblasti ad anello sono eritroblasti
variante che rappresenta circa un quarto delle
in cui l'accumulo di ferro, in forma di microgranu­
SMD, essendo caratterizzata da:
li, si dispone a corona lungo il contorno della mem­
brana nucleare configurando il tipico aspetto ad - citopenia bilìneare, o bifilare;
anello. Questo aspetto deriva dalla deposizione del - pancitopenia con alterazioni displastiche alme­
ferro nelle strutture mitocondriali: in seguito alle no nel 10% dei casi.
procedure di fissazione e colorazione questi orga­
nuli aderiscono alla membrana nucleare generando La citopenia si esprime con anemia, granulocito-
così l'aspetto caratterizzante il sideroblasto ad anello penia neutrofìla e piastrinopenia che risultano esse­
(Fig. 5b): carattere patognomonico della condizione re variamente associate in circa il 10% dei casi:
che si verifica quando quantità abnormi di ferro si Il midollo osseo di solito è:
accumulino nell'eritroblasto, essendo in condizioni - ipercellulato in due o tre linee/file cellulari:
normali reperibile solo qualche piccolo granulo
siderinico/ mai oltre ai 2 o 3 granuli per cellula. Il - i blasti sono rappresentati in misura inferiore al 5%;
midollo osseo normale può contenere rari sidero­ - i sideroblasti sono meno del 15%.
blasti. Ma nell'ASIA o RARS i sideroblasti ad anel­ Alterazioni del genotipo si riconoscono nella
lo possono essere rappresentati per oltre il 15% metà circa dei pazienti e possono essere complesse.
delle cellule della serie eritroide del midollo osseo. La sopravvivenza media è breve e, nel 10% circa dei
Nel sangue periferico si documenta anemia ed è casi, il quadro clinico-patologico evolve in leucemia
spesso presente un dimorfismo cellulare: infatti è mieloide cronica.
usuale il riscontro di due distinte popolazioni di
globuli rossi: - La Citopenia Refrattaria, con Displasia in più
- una normocromica di solito normocitica essen­ linee cellulari - Multifilare - e con Sideroblasti ad
do possibile trovare anche emazie macrocitiche; Anello (CRDM-SA) o (RCMD and Ringed Sidero­
blasts: RCMD-RS), rappresenta circa il 15% dei casi
- l'altra ipocromica.
di SMD e differisce dalla forma precedente per il
Si tratta di condizioni che sono legate a varie e carattere della eritropoiesi che comporta la forma­
differenti anormalità del processo di emoglobiniz- zione di sideroblasti ad anello, cellule il cui numero
zazione delle emazie e, probabilmente, a cloni diffe­ supera il 15% di tutti gli eritroblasti midollari. In
renti.
questa variante l'evoluzione in leucemia mieloide
Sia nella AR che nella variante ASIA il difetto di
acuta è leggermente superiore a quella della forma
maturazione è confinato alla serie eritroide. E que­
sto un carattere che differenzia queste varianti dalle precedente essendo dell'ordine del 13%.
altre forme di SMD. Entrambe le condizioni, AR e
ASIA, possono essere tanto primitive che acquisite, 4) Anemia refrattaria con eccesso di blasti
quest'ultime dipendenti dalla esposizione a radia­ (AREB) o (RA with Excess of Blasts RAEB)
zioni, a somministrazione di farmaci capaci di com­
promettere l'eritropoiesi, a processi infiammatori, Per questa forma di anemia refrattaria la classifi­
tumorali o a deficit di apporti alimentari (in specie cazione dell'OMS propone due distinte varianti che
vitaminici). sono in rapporto al numero dei Blasti circolanti che:
La patogenesi di queste anemie sembra essere - nell'AREB-l è inferiore al 5% delle cellule circo­
connessa con la eritropoiesi inefficace, ovvero con lanti;
quella condizione per cui ima larga quota degli eri­
- neìl'AREB-2 i blasti in circolo vanno dal 5 al
troblasti midollari non raggiunge la maturazione
19%, e ciò a prescindere dal numero dei blasti
completa, fino alla strutturazione dell'eritrocita;
midollari.
quota che, avendo ridotto il tempo di vita, va incon­
tro a distruzione precoce, cioè nelle prime fasi della Nell'AREB-1, mentre i blasti circolanti rappre­
sua differenziazione. sentano meno del 5%, quelli presenti nel midollo
414 ? Sindromi mielodisplosfiche
osseo variano dal 5 al 9%; inoltre nel midollo ed in taria), possono essere rinvenuti nel sangue periferi­
circolo non si riscontrano corpi di Auer. co in cui sono reperibili anche altre, e diverse, alte­
NeWAREB-2 con blasti in circolo pari al 5-19%, razioni morfologiche/displastiche a carico sia dei
prescindendo dall'entità della blastosi midollare precursori della serie rossa, degli elementi blastici,
che va da 10 al 19%; i corpi di Auer sono reperibili che delle cellule terminali differenziate della serie
soprattutto nel midollo. bianca (Fig. 9).
La tabella 2 riassume nei particolari i caratteri Il midollo osseo è sempre iperplastico (Fig. 7)
citologici delle due forme di AREB. con aumento significativo tanto delle cellule della
Nelle due varianti il quadro clinico è sovrappo­ serie rossa, eritroblasti (Fig. 8), che dei granulobla-
nibile: sti. In aggiunta alla diseritropoiesi sono presenti, e
dimostrabili, eventi di dis-mielopoiesi e dis-mega-
- colpisce soggetti in età avanzata, come la AR e cariocitopoiesi..
l'ASlA; Le cellule blastiche midollari possono essere di
- può rappresentare il quadro d'esordio di una due tipi differenti:
sindrome mielodisplastica;
- blasti di tipo I che sono cellule di dimensioni
- può essere quadro di evoluzione della AR o dell' piccole e/o medie, assimilabili morfologicamen­
ASIA. te al mieloblasto: in genere sono privi di granuli
Le alterazioni m orfolog ich e non son o più confi­ primari o azzurrofili, presentano una trama cro-
nate alla serie eritroide (Fig. 6), coinvolgendo anche matinica lassa, nucleolo ben visibile, rapporto
le serie granulocitica e megacariocitica. Insita nel nucleo/citoplasmatico elevato (0.8);
concetto dell' AREB è anche la presenza di un - blasti di tipo II che sono elementi di dimensio­
numero di cellule blastiche che eccede il limite del ni maggiori, possono possedere qualche gra­
5%, tasso fisiologico per il compartimento midolla­ nulo citoplasmatico o anche corpi di Auer;
re normale. hanno un rapporto nucleo/citoplasmatico più
Elementi blastici, fino al 5% (in formula leucoci­ basso rispetto al blasto di tipo I. Il loro nucleo
Quadri anatomo-dinici & 415

Ha-? - AMO in soggetto con AREB: a) oltre a due eritroblasti


binucleati si riconoscono granulociti privi di granulazioni {al
centro dell'immagine) con segmentazione nucleare abnorme ed
una cellula blastica ai tipo 1 nel cui citoplasma sono presenti
soltanto scarsi granuli azzurrofili {MGG, 1200x); b) si ricono­
scono due blasti di cui un proeritroblasto il cui citoplasma com­
prende piccoli vacuoli ed un granuíobiasto (MGG, 1200x); c)
eritroblasto con citoplasma intensamente basofilo e contenente
molti vacuoli; si riconoscono anche aranuloblasti il cui citopla­
sma contiene solo rare granulazioni (MGG, Ì200x).

ha un disegno cromatinico delicato, il nucleolo cleati, difetto correlato con la presenza, nello stesso
bene evidente è disposto al centro della cellula cromosoma, del gene che sovraintende alla produ­
(Figg. 9 a, b, c). zione della glicoproteina di membrana - 130 - , pro­
pria dei granulociti neutrofili. Sono pazienti che
La progressione delle lesioni dell'AREB è ulte­
vanno incontro ad episodi infettivi ricorrenti.
riormente segnata dai quadri di AREB con Localiz­
L'esistenza di aberrazioni cromosomiche pluri­
zazione Abnorme di Precursori Immaturi - AREB-
me, non casuali, rappresenta un fattore prognostico
LAPI - (Figg. 10 a, b, c), o RAEB-ALIP che, nei casi
sfavorevole nelle SMD; sono presenti, più spesso, in
relativi alle figure, era caratterizzata anche da un'i-
forme che evolvono più precocemente in leucemia.
perpìasia tale da obliterare completamente le lacu­
La leucemia mielo-monocitica cronica (LMMC),
ne del midollo osseo (Figg. 10a e 10c).
in base ai criteri classificativi assunti di recente dal-
Le anomalie del cariotipo sono frequenti: in
l'OMS - WHO - , è stata inclusa e viene descritta nel
linea generale sono assai più elevate rispetto alle
capitolo delle sindromi mieloproliferative/mielodi­
altre sindromi mielodisplastiche precedentemente
splastiche croniche.
descritte. Meritano di essere segnalate almeno le
seguenti anormalità:
- la trisomia del cromosoma 8 (+8);
AREB in trasformazione (AREB-t)
È una delle forme considerate nella classificazio­
- la monosomia dei cromosoma i 7 (-7) o 5 (-5);
ne FAB che incide per il 5, 10% delle SMD, come
- la delezione del braccio lungo del cromosoma 5 quadro intermedio tra la RAEB e la leucemia acuta
(5q-), che si associa ad un quadro di MDS carat­ mieloide e che merita di essere considerato proprio
terizzato da anemia macrocitica, ipoplasia eri- perchè espressione di evento indicativo della pro­
troblastica midollare; gressione verso la malignità attuale, rappresentata
- delezione del cromosoma 11 (llq-), o 20 (20q-); dalla leucemia acuta.
- traslocazione 8-21 (t(8:21)); Si caratterizza per:
- isocromosoma 17 (i(17)) cioè replicazione ano­ - la densa ipercellularità del midollo (Fig. Ila);
mala di questo cromosoma in senso trasversale - il riscontro di micro-megacariociti (Fig. Ile);
invece che longitudinale.
- una quota di blasti midollari (Fig. llb ) che supe­
I casi con monosomia 7 si distinguono per un ra il limite del 20%, essendo però inferiore al
deficit dell'attività chemotattica dei polimorfonu- 30%; limite, questo, assunto per esigenze noso-
41 ó ; Sindromi mielodisplosfiche

Fig. 10 - Quadri istopatologici e citologici


di paziente portatore di AREB con Localiz­
zazione Abnorme di Precursori Immaturi
(LAPI): a) cospicuo l'aumento/densità della
celluiarità ed if disordine strutturale (Emat.
Eos., lOOx); bì celluiarità aumentata con
focolaio di mielopoiesi centrale e paracen-
trale (Emat. Eos., 150x); c) nel campo
microscopico paracentraie sono affollati
precursori tanto eritroidi che mieìoidi (Biu dì
toluidina, 250x). (Casi osservati dal prof. L.
Cavazzini).

grafiche tese a distinguere questo quadro da In questa variante i blasti, nel sangue circolante
quello della ulteriore progressione verso la leu­ e nel midollo osseo, sono meno del 5%; affatto
cemia; nella quale la quota di blasti appunto caratteristico è anche il reperto di megacariociti
raggiunge o supera il 30%, e verso la leucemia giganti con nucleo poco, o per nulla, segmentato
mieloide acuta in particolare. La condizione (Fig. 12).
AREB t è gravata da una percentuale di trasfor­ Colpisce più spesso soggetti di sesso femminile
mazione/progressione leucemica sensibilmente nella maturità o in vecchiaia. Nel sangue periferico
superiore rispetto a quella delle altre forme. dei pazienti affetti da questa sindrome si riscontra:
- anemia macrocitica, associata talora a tromboci-
Sindrome mielodisplastica associata alla tosi;
delezione del cromosoma 5: - Sindrome5q - - midollo ipercellulato per iperplasia eritroide;
È quadro clinico-patologico legato alla delezio­ - eritropoiesi con caratteri evidenti di displasia;
ne del braccio lungo del cromosoma 5, appunto 5q, - possibile è anche il riscontro di sideroblasti;
che rappresenta l'anomalia citogenetica, la seconda - anormalità della piastrino-poiesi per riduzione
per incidenza, che ricorre in associazione con ima della lobatura dei megacariociti che sono
forma grave di SMD oppure di ima forma già pro­ aumentati di numero ed anche di volume,
gredita allo stadio di neoplasia in atto: perciò defi­ potendo i diametri essere pari a 30-40 micron,
nita con l'eponimo di sindrome 5q-, essendo l'ano­ caratteri che sono propri dei megacariociti
malia citogenetica prevalente (5)(ql3ql3). giganti (Fig. 12).
Quadri anatomo-clinici 417

Fig. 12 - AMO di soggetto con sindrome -5q: megacariocita


gigante non segmentato {MGG, 1200x).

(H Sindromi mieloproliferative/
mielodisplasHche (SMP/MDj
Questa categoria riunisce le forme "di passag­
gio", cioè i quadri clinico-patologici caratterizzati
da eventi di progressione che si possono considera-
re intermedi le SMP e le SMD; comunque comples­
si sintomatologici di classificazione problematica,
perché caratterizzati da alterazioni più pronunciate
di quelle canoniche per le SMP, ma non ancora tali
da soddisfare i criteri richiesti per la loro inclusio­
ne nelle SMD (Tabb. 2 e 5).
Le varianti finora incluse nella categoria delle
SMP/MD sono:
- la leucemia mielo-monocitica cronica (LMMC) e
la sua variante con eosinofilia;
- il disordine /mieloproliferativo/mielodisplasti-
co associato con t(5;12)(q31-33;pl3);
- la leucemia mieloide cronica atipica;
- la leucemia mielomonocitica giovanile
1) Leucemia Mielo-Monocitica Cronica
(LMMC) - Chronic Mielo-Monocytic Leukaemia
Fig. 11 - Quadri istologici e citologici in soggetto con AREB in (CMML). Questa variante, nella nosografia FAB,
trasformazione {AREBt): a) cospicua i'iperceilularità per aumento rappresenta circa il 15% di tutte le SMD/MP; si
di blasti. (Osservazioni del prof. L. Cavezzini). b) AMO in sog­
getto portatore di AREBt: si riconoscono granuioblastì privi di gra­ manifesta con quadro clinico di anemia incostante e
nulazioni citoplasmatiche specifiche e dotati di granuli azzurrofi- soprattutto con i segni della leucemia cronica:
li (MGG, 1200x); c) AMO di soggetto portatore di AREBt: si rico­ epato-splenomegalia, versamenti sierosi, linfoade-
noscono al centro due micromegacariociti mononucleati e con
scarsi granuli citoplasmatici (MGG, 1200x). nomegalia; possono essere associati anche infiltrati
cutanei. Il criterio diagnostico specifico è rappre­
sentato dalla monocitosi periferica, essendo il
Accanto alle forme considerate si conoscono
numero dei monocitici circolanti di solito superiore
altri quadri che non rientrano nelle categorie
descritte: si tratta di varianti caratterizzate da piastri- all'uno per IO9. I monociti leucemici possono pre­
nopenia e neutropenia, con displasia evidente: forme sentare anormalità morfologiche come ipersegmen-
che, per questo, vengono incluse nella categoria delle tazione, segni di immaturità come basofilia citopla­
citopenie considerate nella classificazione FAB. smatica pronunciata ed accentuazione delle granu­
Forme che attualmente, e forse solo provvisoriamen­ lazioni citoplasmatiche.
te, sono incluse nella categoria delle Sindromi Mieto In estrema sintesi, e secondo i criteri della FAB,
-Displastiche Inclassificabili (SMDI). vanno diagnosticate come forme di LMMC quelle
418 k Sindromi mielodisplosfiche
Rapporti che intercorrpno fra le 5MP de due distinte varianti clinico/citologiche che
e le SMD e loro quadri sono:
clinico/ematologici maggiori secondo • la LMMC-1: con blasti circolanti in numero infe­
la classificazione WHOy comprese le riore al 5% e con blasti midollari oltre il 10%;
forme "intermedie" delle SMP/ MD 9 la LMMC-2: con blasti circolanti e midollari a
(Da BJ. Bain: Leukemia Diagnosis tassi superiori a quelli della variante 1.
Blackwell 2003)
2) II d isord in e m iei o-prò l ifera ti voìm ie lo -
d isp lastico con t(5;12) (q31-33%f!3) comprende le
forme nelle quali la anormalità citogenetica eponi-
S M D ;V
mica si accompagni al quadro della LMMC con
/ LMC / s M P / M D ^ 1 A R V:■■
’’■■’ ■ eosinofilia - tasso di eosinofili circolanti superiore a
MFSC LMML iA R S A ] 1.5 X 10 alla none/L -. Si riscontra in particolare in
\ PV 1 D M P-M D ,f CRDM : 1
V LM CA / A R EB / soggetti màschi con età media di 42 anni; i quali
\ TE
\ L M M O / SM D 5q-/ oltre aireosinofilia presentano anche epato-spleno-
megalia.
3) L a leucem ia m ieloide cronica atip ica si carat­
Legenda terizza soprattutto per il riscontro di anemia con
Sindromi Mielo-Proliferative (SMP): splenomegalia e quadro periferico di leucemia mie-
- LMC = Leucemia Mieloide Cronica ioide cronica con un numero di monociti in circolo
- MFIC = Mielo Fibrosi Idiopatica Cronica
- PV = Poiicitemia Vera dell'ordine del 3-10% e di blasti inferiore al 30%.
- TE = Trombocitosi Essenziale 4) L a leu cem ia m ielo -m o n o citic a g io v a n ile,
Sindromi Mielo-Displastiche (SAIO): variante rara riscontrabile anche nei bambini che
- AR = Anemia Refrattaria
- ARSA = Anemia Refrattaria con Sideroblasti ad Anello appunto possono essere affetti da sindromi mielo-
- CRDM = Citopenia Refrattaria con Displasia Multifilare proliferative/mielodisplastiche. Il quadro clinico
- AREB = Anemia Refrattaria con Eccesso di Blasti ematologico ha differenze significative rispetto alle
- SMD5q- = Sindrome Mielo-Displastica 5q-
Sindromi Mielo-Proliferative/Mielo-Displastiche (SMP/MD): forme degli adulti: infatti può conseguire o dipen­
- LMMC = Leucemia Mielo/Monocita Cronica dere da terapie con farmaci citotossici; oppure può
- DMP/MD = Disordine MP/MD complicare ima sindrome di Down o anche altre
- LMCA = Leucemia Mieloide Cronica Atipica malattie sostenute da altre alterazioni genetiche.
- LMMG = Leucemia Mielo/Monocitica Giovanile.
Sono più frequenti nei bambini di sesso maschi­
le ed il quadro clinico è caratterizzato da febbre,
in cui il quadro ematologico sia caratterizzato da: spesso associata a tonsillite o a bronchite, da eruzio­
ni cutanee, da epato-spleno-megalia e da ingrossa­
- presenza in circolo di granulocitì in numerò mento dei linfonodi. Peculiari sono le alterazioni
superiore alla norma;
del quadro ematico periferico che risulta segnato,
- aumento di blasti circolanti < 20%; oltre che dall'anemia con presenza di eritrociti
- aumento dei blasti midollari < 20%; nucleati, da leucocitosi neutrofila e, soprattutto, da
- un numero di promonociti superiore alla norma. un aumento significativo dei monociti circolanti.
Invece, nella classificazione proposta dal gruppo
della WHO, sono da classificare come LMMC i qua­
dri nei quali siano riscontrabili i seguenti caratteri:
- un tasso di monociti circolanti superiore all'l X Da quanto esposto si desume che la diagnosi
IO9; delle sindromi mielodisplastiche si fonda su una
- aumento dei blasti midollari inferiore al 20%; somma di valutazioni, tutte indispensabili, e valide,
- presenza di promonociti sia nel midollo che nel perché fondate su criteri oggettivi ed anche quanti­
sangue circolante; ficati per quanto attualmente possibile. La tabella 6
riporta uno schema di algoritmo diagnostico utiliz­
- casi che non abbiano alterazioni cellulari signifi­
zabile per l'applicazione della classificazione WHO
cative di displasia in due o più serie midollari
(OMS) nel formulare la diagnosi differenziale in
mieloidi, ma siano caratterizzati da anomalie soggetti portatori di SMD.
citogenetiche o da monocitosi persistente alme­
no per due, tre mesi ed in assenza di altre cause • I rilievi m orfologici istop a tolog ici e citologici
evidenziabili in grado di poter evocare una relativi alle manifestazioni dis-eritro e dis-gra-
monocitosi. nulo-poietiche sono generalmente meglio osser­
Sulla scorta di questi criteri la LMMC compren­ vabili nei preparati ottenuti per aspirato midol-
Diagnosi delle SMD & 419

Immaturi» (ALPI), cioè di mieloblasti e promie-


Algoritmo diagnostico
lociti, nelle aree centrali del tessuto midollare e
precursori deireritropoiesi in sede prossima alle
Nei casi con storia clinica di trattam ento trabecole ossee, di norma occupate dai precurso­
con farm aci antileucemici e quadro di S M D
ri della granulocitopoiesi.
Reperto questo che ha valore prognostico
S lt : f NO negativo nel giudizio sulla sopravvivenza dei
Terapie per S M D S e sindrom e accertata 5q-con blasti, pazienti con SMD: valore che può essere defini­
in circolo e nel midollo, m eno del 5 % to in termini quantitativi sia dal numero di aree
interessate che daìi'entità attuale dell'occupa­
Si . ; ■f NO; ; : zione delle diverse aree/zone intratrabecolari.
Sindrom e 5q - S e corpi di Auer con blasti L'analisi citogenetica rientra certo fra le indagi­
midoiiari pari al 10 -1 9 % o in ni, utili o valide, che hanno contribuito ad un
circolo pari al 5 -1 9 % ' ■ approfondimento delle caratteristiche biologi­
che dei diversi sottogruppi di pazienti affetti da
SI i r NO/ SMD; attualmente sono anche indispensabili
AREB 2 S e blasti midollari pari a 5 -9 % non solo per la diagnosi ma anche per la formu­
con blasti in circolo m eno 5% lazione della prognosi.
Inoltre ranalisi delle anormalità è divenuta
provvedimento oggi necessario per perseguire l'o­
Si f ' :: NO
AREB 1 S e sideroblasti ad anello biettivo di un ulteriore progresso nella definizione
: pari alm eno al 15% di quadri incerti e di quelli definiti inclassificabili.
Infatti aU'incirca il 60-80% dei pazienti con
; ; :;Si. t ,. . . ^ NO SMD presenta aberrazioni cromosomiche. Ma è
A R S A (ASIA) RAoCRDM probabile che la maggior parte dei pazienti con
o C R D M -S A SMD sia portatrice di un clone patologico. Non
è tuttavia infrequente il caso in cui questa varia­
bile non viene valutata, o non possa esserlo, a
S e displasia in alm eno il 10%
causa di varie difficoltà, o disponibilità, delle
delie cellule ed in alm eno 2 serie mieloidi
tecniche di analisi citogenetica dei tessuti o sulle
cellule prelevate al paziente.
SI f f NO In linea molto generale, gran parte delle ano­
C R M D -S A A R S A (A SIA ) malie cromosomiche reperibili, e finora riscon­
oCRDM o AR
trate, in corso di SMD, sono simili a quelle osser­
vate nelle leucemie acute mieloidi: t(l;3)
Algoritmo diagnostico per le forme SMD secondo WHO:
AR = Anemia Refrattaria; (p36;q21); t(2;ll) (p21;q23); 3q-; 3q+; inv(3q);
AREB = AR con eccesso di blasti; t(3;5); +4; 5; 5q-; -7; 7q-; t(6;9); t(9;22); +11;
ARSA = AR con siderobìasti ad anello; inv(16); + 18. Questo aspetto non è sorprenden­
CRDM = Citopenia Refrattaria con Displasia Multipare; te se si considera che molte SMD possono rap­
CRDM-SA = Citopenia Refrattaria con Displasia Muitifìlare e Sideroblasti presentare stadi precoci di una forma di LAM e
ad Anello (CRDM-SA). Da BJ. Bain: Leukaemia Diagnosis,
modificato. quindi che le SMD, piuttosto che costituire «con­
dizioni preleucemiche», documentino invece, di
fatto e sin dall'esordio, la natura progressiva di
lare; invece la determinazione della cellularità un processo proliferativo clonale già maligno
midollare, il numero dei megacariociti e soprat­ cioè di reale progressione di malignità (Tab. 4).
tutto il grado della fibrosi, sono elementi che si E tuttavia ben noto che alcune anomalie cro­
possono rilevare, ed anche quantificare, quindi mosomiche reperite nelle leucemie acute non
con maggiore accuratezza, con Tesarne delle linfatiche (LANL) non sono mai state rilevate in
sezioni istologiche di biopsie midollari. Rilievi corso di SMD, come ad es. la t(8;21) e la t(15;17).
diagnostici, ed anche prognostici, importanti, si Comunque sembra probabile che alle aberrazio­
raccolgono con la valutazione dell'entità reale ni si debba attribuire significato di manifestazio­
del sovvertimento strutturale del midollo, par­ ni preleucemiche fra loro distinte e riunibili in
tendo dal presupposto che, in condizioni nor­ due gruppi:
mali, la granulopoiesi procede in posizione
para-osteale, mentre la eritro-megacariocito- - quello delle alterazioni genotipiche che pos­
poiesi occupa la aree centrali delle aree infratra- sono indicare un evento in atto che precede
becolari del midollo osseo. un quadro "preleucemico" di mielodisplasia;
Nelle mielodisplasie, a differenza di quanto - quello delle anormalità il cui esordio non
descritto come normale, è possibile ritrovare consente di considerarle già indicative di un
una «Abnorme Localizzazione di Precursori evento certamente «preleucemico».
420 ff:: Sindromi mielodisplastiche
Le aberrazioni cromosomiche in questione Studi inerenti la valutazione del fenomeno
documenterebbero invece possibili meccanismi dell 'apoptosi in corso di SMD, hanno evidenzia­
di «attivazione oncogenetica» che potrebbero to che, tanto le cellule staminali emopoietiche
indicare lo stadio di evoluzione/progressione quanto le cellule più differenziate, vanno incon­
della neoplasia nelle sue differenti condizioni tro ad apoptosi in percentuale nettamente supe­
cliniche. riore rispetto alle cellule emopoietiche normali,
Nella letteratura specialistica, concernente le confermando l'assunto che questo evento, di
aberrazioni citogenetiche in corso di SMD, molti norma, si associ, o dipenda, da disturbi matura­
sono, infatti, gli apporti che sostengono l'assun­ tivi più che proliferativi, almeno nelle fasi di
to che nessuna alterazione sia in grado di con­ esordio o nelle lesioni che non vengano conside­
traddistinguere, in modo certo e specifico, cia­ rate "a rischio" di ulteriore evoluzione.
scuna delle singole varianti delle SMD. @ Culture cellulari: nelle SMD sono state docu­
Dato di fatto che lascia presumere come, nel­ mentate numerose anomalie di accrescimento
l'ambito di queste manifestazioni, un qualche delle colonie eritroidi, granulocitiche, monociti-
clone neoplastico possa essere in grado di espri­ che e megacariocitiche. In particolare lo studio
mersi con manifestazioni che vanno dalla anemia della crescita delle colonie CFU-GM ha mostrato
refrattaria sino alla leucemia acuta conclamata. aspetti, in linea generale normali, nelle forme di
Le singole aberrazioni cromosomiche, finora ASIA, di AR e di sindrome 5q-, mentre ha posto
identificate, - ma nuove acquisizioni continuano in evidenza una crescita abnorme nei pazienti
ad essere segnalate -, pur non avendo un impatto con oltre il 5% di blasti midollari (AREB). Le cul­
prognostico definito, sono ritenute utili comple­ ture a lungo termine inoltre confermano, in que­
menti per la diagnosi dei quadri di AREB, AREB- ste condizioni, la natura displastica della prolife­
t e della LMMC: appunto i quadri clinici nei quali razione cellulare. In effetti pur avendo, i pazien­
si rinvengono, con maggior facilità, alterazioni ti affetti da AREB, un midollo ipercellulato, l'ac­
citogenetiche (frequentemente di tipo complesso) crescimento di colonie delle loro cellule è ridotta
associate alla presenza di cloni molteplici e sog­ o assente oltre la 2a-4a settimana.
giacenti alle leggi della evoluzione clonale.
Si ritiene oggi che in un quarto circa dei | Prognosi
pazienti con SMD si attui, e si renda manifesta, Se da un lato la classificazione FAB ha avuto il
una evoluzione verso la leucemia acuta. I princi­ pregio di introdurre criteri strettamente morfologi­
pali tipi di evoluzione sono stati descritti con ci per la identificazione e la classificazione dei sin­
particolare ricchezza di dettagli sia per le SMD goli sotto-gruppi clinici, numerosi altri fattori, non
in generale, sia per la sottovariante specifica solo morfologici, sono stati recentemente ricono­
rappresentata dalla sindrome del 5q-. sciuti quali elementi utili per integrare non solo il
quadro nosografico, ma anche il giudizio progno­
Studio della Ploidia e dell'apoptosi: l'osserva­ stico, formulabile per i singoli pazienti. Un apporto
zione che in alcune SMD si riscontri una perdita significativo in questo settore è stato fornito dall'e­
frequente di cromosomi con perdita del caratte­ laborazione, da parte di un gruppo di esperti del-
re delTeupliodia, cioè una condizione in atto l'International Prognostic Index (Tabb. 7 e 8). Le
dell'aneuploidia, ha suggerito ad alcuni AA. la principali caratteristiche ematologiche considerate
necessità di valutare, a livello midollare, il signi­ valide per la prognosi di queste forme sono rias­
ficato della presenza di precursori emopoietici sunte nella tabella 7: gli aspetti principali e di novi­
ipodiploidi (misurazione del contenuto in DNA tà di questo sistema, oggettivo e quantitativo, risie­
delle cellule midollari mediante citometria a dono nel definire con dati oggettivi il numero di
flusso, ma anche su materiale midollare fissato blasti midollari, l'entità delle anormalità citogeneti­
ed incluso mediante analisi citofotometrica). I che ed il grado reale della citopenia
pazienti con cellule midollari ipodiploidi hanno La sintesi dei dati esposti indica che, nelle SMD, è
in genere una sopravvivenza significativamente coinvolta una cellula staminale che, per opera di
ridotta rispetto ai pazienti con cellule che sono varie noxae patogene (virus, sostanze chimiche,
euploidi o soltanto iperdiploidi. radiazioni), è in grado di generare cloni portatori dì
Sulla base di questi dati è apparso pertanto sug­ anomalie genetiche. Gli stessi dati sono a favore del
gestivo il concetto che la progressione verso la concetto die le SMD, insorgono per effetto di una
fase leucemica possa intervenire nei pazienti con serie di eventi multipli (Tab. 4), piuttosto che a segui­
«SMD a cellule midollari ipodiploidi», soprattut­ to di un solo evento genopatico (Drmer et al. 1987). I
to se sono tali per la perdita accertata di «anti­ risultati delle indagini cromosomiche inoltre dimo­
oncogeni»: cioè di geni implicati nel controllo e strano che in molte circostanze il processo morboso
nella soppressione di cloni cellulari neoplastici della evoluzione clonale è tale da giustificare le modi­
fin dal loro esordio. Ma resta sempre da definire, ficazioni del quadro morfologico ed istopatologico.
con la precisione necessaria, il significato del Non sono noti i siti delle lesioni genetiche specifi­
rilievo della condizione di aneuploidia in atto. che che sono all'origine della produzione dei cloni
Prognosi ss 421

lo della crescita che di norma agiscono per provvede­


Classificazione delle sindromi
re alla normale differenziazione, morfologica e fun­
| mielòdisplastiche secóndo la FAB
zionale, dei pracursori delle cellule dell'emopoiesi.
| (French-Àmericàn-Brifish) Corifórence Le SMD vanno tenute separate dalle SMP nelle
quali l'emopoiesi permane per lo più efficace con
BlasH ":ii. Punteggio produzione eccessiva di eritroblasti, eritrociti, pia­
<5% 0 strine e granulociti - per definizione è infatti pato­
logia ancora proliferativa che può precedere quella
5-10% 0,5 displastica Fra le due forme, che hanno entrambe
11-20% 1,5 autonomia nosografia, si riscontrano quadri di pas­
21-30% 2,0 saggio e di sovrapposizione come sono:
Citogenetica - i casi di RARS in cui la produzione di piastrine è
Favorevole (NN, delezióne (5q), del. (20q) 0,0 efficace e mancano quindi le conseguenze della
piastrinopenia;
Intermedia 0,5
- i casi di sindrome associata a monosomia 7, qua­
(+8, coinvolgimento di 1 o 2 cromosomi) dro considerato come SMP, caratterizzato però
Sfavorevole 1'0 ; da segni propri delle mielodisplasie;
(-7/det. (7q), cariotipo complesso) - le sindromi mieloproliferativo/mielodisplasti-
Citopenia {GB<1800, HbclO, Piastrine <100000 che.
Le cause di morte non sono infatti legate solo
alla insufficienza midollare ma anche alla evoluzio­
2 /3 {0,5 ne in leucemia acuta, per lo più mieloide.
Una somma di dati che, nell'insieme ed in linea,
Determinazione delia classe attualmente solo generale, possono configurare una
prognòstica da assegnare alle singole patologia segnata da - eventi che, in successione,
osservazioni sulla base del punteggio evolvono/progrediscono in quadri clinico-patolo­
totale attenuto dall'applicazione dei gici sempre più atipici e gravi per incremento di
criteri richiamati nella tabèlla 7 malignità, fino alla leucemia acuta (Tab. 4).
Interpretazione che trova evidenza anche nei
Punteggio 0 Tempo . tempi medi di sopravvivenza che sono di circa 50
Gruppo a basso rischio mesi per le RARS, e di 19,12 e 5 mesi rispettivamen­
te per le LMMC, per le RAEB e per le RAEB t: dati
Sopravvivenza mediana 5,7 anni raccolti in una casistica di 1660 casi, riportata da
25% progressione in LAM 9,4 anni Bain (2003).
Punteggio 0,5-2,0 In questi ultimi anni la terapia delle SMD ha
Gruppo a rischio intermedio t compiuto discreti progressi, specialmente nei sog­
getti giovani, mentre negli anziani esistono tutt'ora
Sopravvivenza mediana 3,5 anni difficoltà oggettive per un trattamento teso alla nor­
25% progressione in LAM 3,3 anni malizzazione del clone displastico. Particolare
Punteggio 1,5-2,0 attenzione è stata rivolta all'utilizzo di sostanze
Gruppo a rischio intermedio I! ; capaci di agire stimolando la differenziazione dei
precursori emopoietici bloccati nelle fasi più preco­
Sopravvivenza mediana 12 mesi ci della maturazione. Meno utili per il controllo
25% progressione in LAM 12 mesi della malattia, in fase precoce, sono risultati i far­
maci ad azione citostatica, in specie se utilizzati ad
Gruppo ad alto rischio u :; alte dosi o in associazioni poli-chemio-terapiche.
Fra gli agenti promoventi la differenziazione sono
Sopravvivenza mediana 4,5 mesi stati tentati, con risultati incerti, agenti come: l'in­
75% progressione in LAM 4,5 mesi terferone (alfa e gamma), l'acido 13 cis-retinoico; la
citosina arabinoside (Ara C) impiegato a basse dosi
(10 mg/die per cicli di 21 giorni), l'l,25idrossi-vita-
patologici con vantaggio proliferativo rispetto a quel­ mina D3 (calcitriolo).
lo della cellule emopoietiche generatrici di cloni nor­ Il quesito fondamentale, che concerne la genesi
mali. Vantaggio proliferativo allo stesso tempo in delle mielodisplasie, non ha finora avuto risposte
grado di far procedere una proliferazione in qualche risolutive, anche perché il problema principale, che
modo anormale. È possibile che l'anomalia indotta riguarda la natura di queste patologie, permane
possa coinvolgere la produzione di un fattore di cre­ aperto, anche se pare accettato l'assunto di una
scita essenziale o che le stesse cellule mutate non eziopatogenesi legata ad eventi causali plurimi.
risentano più l'influenza/azione di fattori di control­ I quali, nonostante i progressi di conoscenza
422 ì Sindromi miefodisplastiche
raggiunti con gli studi più recenti, non si possono Castoldi G.L., Liso V.: Malattie del Sangue e degli Organi
ritenere ancora, e del tutto, definiti così da poter emopoietici. 4a Edizione. Me Graw-Hill, 2004.
stabilire quali siano, o possano essere, i rapporti che Greer J., Foerster J., Lukens J.: Wintrobe's Clinical Hae­
intercorrono fra SMP, SMP/MD, SMD e gli eventi matology. Ilth edition, Lippincott Ed, 2003.
decisamente maligni come le leucemie.
In linea molto generale, essendo complessi clini­ Harris N ., Jaffe E., Diebold J. et al.: World Health Organi­
co-patologici di eventi proliferativi abnormi con­ zation Classification of neoplastic diseases of the
Hematopoietic and lymphoid tissues: Report of the
nessi con alterazioni clonali, a loro volta dipenden­
Clinical Advisory Committee Meeting - Airlie House,
ti da danni genomici che si vanno accumulando in
Virginia, November 1997; I Clin Oncol 17: 3835,1999.
progressione, finiscono per dare sostanza clinica ad
una progressione di malignità alla quale corrispon­ Hoffman: Haematology, Elsevier Ed, 2004.
de una compromissione, via via più pronunciata, lacobson R J.: Aenogenic myeloid metaplasia. Blood 51,
delle funzioni proprie dell'emopoiesi. 189193.1978.
Danni genomici che, per lo più, sono causati dal­
l'azione mutagena di radiazioni ionizzanti o di farma­ Jaffe E.S.: Pathology and genetics of tumors of Haem ato­
ci o sostanze radiomimetiche, che sono in genere far­ poietic and Lymphoid Tissues. Lyon IARC Press 2001.
maci antiblastici alchilanti; ancora da eventi di ane­ Koeffler H. Ph. and Golde D.W.: Chronic myelogenous
mia aplastica acquisita secondaria a terapie immuno- leukemia. New Concepts. New England J. Med. 304,
soppressive; o indotti anche da infezioni virali. pag. 1021 (1 parte) e 1269 (2 parte), 1981.
Compromissione dell'emopoiesi che, all'esor-
Lanza G.: Anatomia Patologica Sistematica II Edizione.
dio, dipende da alterazioni genetiche di cellule sta­
Piccin Editore, 1985.
minali totipotenti, o di precursori pluripotenti, in
grado di fare emergere proliferazioni clonali che si Lanza G.: Tumori e Precancerosi. Piccin Editore, 1989.
esprimono a carico di una o più delle filiere che ne Lewis SM, Bain B, Bates I: Practical Haematology. Chur­
derivano, con un vantaggio di crescita rispetto all'e­ chill Livingstone, 2001.
mopoiesi normale.
L'espansione clonale di popolazioni con danno Naeim F. et al.: «Hairy cell» leukemia. Am. J. Med. 65,
funzionale non rilevante o relativamente modesto e 479487.1978.
con variabile tendenza alla progressione in forme Notario A., Invemizzi R., Le sindromi mielodisplastiche.
leucemiche acute (crisi Mastiche) o in compromis­ In Nenci G.G. et al.: Malattie del sangue e degli orga­
sione midollare (mielofibrosi), configura le sindro­ ni emopoietici, Tomo II pag. 699. Piccin, Padova, 2005.
mi mieloproliferative.
Orfao A., Schmitz G., Lanza F. et al.: Standardization
L'emergenza di cloni con deviazioni fenotipiche
Committee on Clinical Flow Cytom etry of the Inter­
e funzionali più marcate (eritropoiesi inefficace,
national Federation of Clinical Chemistry. Clinically
citopenie) e dotate rispetto alle popolazioni norma­ useful information provided by the flow cytometric
li di elevata instabilità genetica con maggior rischio immunophenotypmg of hematological malignancies:
di trasformazione maligna, configura le sindromi current status and future directions. Clin Chem 1999;
mielodisplastiche. 45:1708-1717.
Le sindromi mieloproliferative-mielodisplasti-
che, infine, sono caratterizzate da cloni neoplastici Shapiro H.M.: Pratical Flow Cytometry. Alan R. Liss, Inc.,
con deviazione fenotipica più contenuta ma asso­ New York, 2002.
ciata ad un elevato rischio di progressione in leuce­ Vardiman J.W., Brunning R.D., Harris N.L.: Chronic mie­
mia acuta. loproliferative diseases and M yelodisplastic/myelo-
proliferative disorders. In Jaffe et al.: World Heallth
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1783-86. Atlante. Ermes Ed. Milano, 2003.
Malattie
3.6 mieloproliferative
croniche
C. Di Loreto

Le malattie mieloproliferative croniche sono che inizia la proliferazione avviene nella cellula sta­
disordini clonali della cellula staminale emopoieti­ minale emopoietica, ma da un vantaggio proliferati-
ca caratterizzati dalla proliferazione di una o più vo solamente a una o più linee emopoietiche, ben­
lineé emopoietiche (mieloide, eritroide o megaca- ché tutte, e persino i linfociti B e T, derivino dal
riocitaria) nel midollo osseo, in assenza di uno sti­ clone neoplastico. L'evento genetico iniziante non è
molo identificabile. La proliferazione è associata a ancora stato identificato nella maggior parte di que­
una maturazione normale ed efficace, con iperpro- ste malattie, tuttavia è ipotizzata un'attivazione
duzione di uno o più elementi, che causa un delle vie di trasduzione del segnale dipendenti dalla
aumento dei granulociti, eritrociti e/o piastrine nel tirosin-chinasi. Nella leucemia mieloide cronica, l'e­
sangue periferico. In questi disordini sono frequen­ vento trasformante è la traslocazione reciproca 9, 22
ti la splenomegalia e l'epatomegalia, dovute a infil­ che forma il gene di fusione BCR/ABL, che codifica
trazione da parte del clone neoplastico, ad accumu­ per una proteina a elevata attività tirosin-chinasica.
lo di cellule del sangue ed a emopoiesi extramidol­ Questa proteina aumenta l'attività proliferativa del
lare. Le cellule staminali emopoietiche si mobilizza­ clone trasformato e riduce l'apoptosi cellulare
no e migrano dal midollo al sangue e colonizzano aumentando la trascrizione di MYC e BCL-2, che
milza ed altri organi, dando origine a emopoiesi
proteggono la cellula dall'apoptosi. Processi analo­
extramidollare. Il microambiente splenico è partico­
ghi sono stati descritti negli altri disordini mielopro-
larmente adatto alla sopravvivenza e alla prolifera­
liferativi cronici.
zione dei progenitori emopoietici, in quanto i fibro-
Una delle caratteristiche più importanti di que­
blasti splenici esprimono e producono molecole di
adesione, fattori di crescita e citochine, rilevanti per ste malattie è la presenza di fibrosi midollare di tipo
il mantenimento dell'emopoiesi normale. Tutte reticolare o collagena che è associata alla progres­
queste malattie possono evolvere in leucemia acuta sione della malattia. La fibrosi è considerata un
o possono complicarsi con fibrosi midollare e con­ fenomeno secondario, non è legata alla trasforma­
seguente insufficienza midollare. Un carattere zione clonale dei fibroblasti, come si credeva in pas­
peculiare delle malattie mieloproliferative croniche sato, ma è causata dalla produzione e secrezione
è la frequente sovrapposizione di caratteri clinici, di eccessiva di citochine e fattori di crescita come il
laboratorio e morfologici, tra le differenti entità con PDGF (platelet-derived growth factor) e il TGF-(3
confini sfumati tra di loro. Esclusa la leucemia mie- (trasforming growth factor-(3) da parte dei megaca-
ioide cronica per la quale la presenza del gene di riociti e di altre cellule del midollo, che stimolano la
fusione BCR/ABL costituisce un marcatore specifi­ proliferazione dei fibroblasti e la sintesi di fibronec-
co, mancano marcatori molecolari specifici per le tina e collageno.
altre entità, per cui la diagnosi e la corretta classifica­ Dal punto di vista prognostico, sono malattie
zione dipendono dalla correlazione dei caratteri morfolo­ che, se opportunamente trattate, sono associate a
gici con i caratteri clinici e di laboratorio. Una biopsia sopravvivenze di diversi anni, dipendenti dal tipo
osteomidollare è essenziale per la diagnosi e per la di malattia.
formulazione di ima prognosi. Quando non è pos­ La classificazione è basata sulla linea emopoieti­
sibile una classificazione precisa, in attesa di una ca che prolifera maggiormente e sulla rilevanza
migliore definizione è opportuno designare il disor­ della fibrosi, insieme ai caratteri clinici e di labora­
dine come "inclassificabile". torio. La classificazione WHO (2001) comprende le
Sono tutte malattie deir età adulta con un'inci­ seguenti entità:
denza di 6-9/100.000/anno.
Questi disordini sono dovuti a una proliferazio­ m leucemia mieloide cronica (cromosoma di Filadel­
ne incontrollata e a un'espansione dei progenitori fia, t(9;22)(q34;qll), BCR/ABL positiva)
mieloidi nel midollo osseo; l'alterazione genetica @ leucemia neutrofilica cronica
424 » Malattie mieloproliferative croniche
• leucemia eosinofilica cronica (e sindrome ipereosi- te cronica, seguita da una fase aggressiva che può
nofila idiopatica) presentarsi come fase accelerata e/o fase blastica.
® poUcitemia vera o policitemia rubra vera Nella fase cronica, il midollo osseo si presenta
macroscopicamente molto iperplastico; istologica­
• mielofibrosi cronica idiopatica (con emopoiesi
mente è ipercitosico per aumento della serie mieloi­
extramidollare) o mielosclerosi con metaplasia mie-
de che mostra ima maturazione conservata: le cellu­
ioide
le mieloidi immature sono disposte in file, fino a 5-
• trombocitemia essenziale 10, in posizione paratrabecolare e periarteriolare con
• malattia mieloproliferativa cronica, inclassificabile. numerosi neutrofili segmentati disposti nelle aree
intertrabecolari (Fig. 1). I blasti rappresentano meno

H Leucemia m ieloide cronica


La leucemia mieloide cronica (LMC) è una
malattia mieloproliferativa cronica caratterizzata
dalla proliferazione di cellule mieloidi e costante-
mente associata al cromosoma di Filadelfia e/o al
gene di fusione BCR/ABL. Dal punto di vista clinico
è una malattia bifasica: c'è una fase iniziale indolen-

Fimidollo
s-, - diafisario
Leucemia mieloide cronica, a) aspetto macroscopico di
femorale con marcata iperplasia del tessuto
midollare e scomparsa del tessuto adiposo; b) aspetto istologi­
co di biopsia osteomidollare di LMC: il parenchima emopoieti­ Fig. 2 - Leucemia mieloide cronica, a) splenomegalia cospicua
co è ipercitosico con scomparsa del tessuto adiposo, per proli­ con aspetto omogeneo e uniforme sulla superficie di sezione; b)
ferazione della serie mieloide che mostra maturazione e infarto recente a caratteristico profilo cuneiforme; c) il fegato
aumento degli eosinofili. La serie eritroide e i megacariociti presenta fine reticolatura biancastra dovuta alla proliferazione
sono notevolmente ridotti. E.E. lOOx leucemica intralobulare.
Leucemia mieloide cronica ® 425
del 5% delle cellule midollari. Gli eosinofili sono ti blu-mare che sono espressione di un aumentato
aumentati. I megacariociti sono piccoli e hanno un turnover delle cellule midollari. Circa il 40% dei
nucleo iposegmentato e quantitativamente, possono pazienti ha un aumento delle fibre reticolari che si
essere normali o lievemente diminuiti, ma nel associa a un aumento dei megacariociti, a splenome-
40-50% dei casi sono aumentati. La serie eritroide è galia ed anemia più marcate.
ridotta. Una caratteristica è la presenza di istiociti La splenomegalia è dovuta ad un aumento della
con l'aspetto delle cellule di Gaucher o degli istioci- polpa rossa per infiltrazione da parte di cellule mie-

Fig.3 —Leucemia mieloide cronica. Traslocazione {9;22)(q34;ql 1) con riarrangiamento BCR/ABL evidenziato con FISH ( Fluore­
scent In Situ Hibridization): a) FISH in Metafase. A sinistra, immagine in DAPI con segnali rossi identificanti i geni in condizioni
"cjermline" di ABL; a destra la stressa metafase in modalità "DAPI reverse" in cui è visìbile uno pseudo-bandeggio cromosomico,
b) FISH in Metafase: riarrangiamento BCR/ABL. I "segnali di fusione" sono indicati da frecce bianche e identificano i derivativi 22
e 9 della traslocazione t(9;22}(q34;ql 1).
426 í« Malattie mieloproliferative croniche
Ioidi in vàri stadi di maturazione (Fig. 2); può com­ esame del sangue routinario. I sintomi, all'esordio,
plicarsi con infarti. È presente anche epatomegalia sono aspecifici e rappresentati da stanchezza, per­
di grado variabile per infiltrazione sinusoidale di dita di peso, anemia, sudorazione notturna e sple-
cellule leucemiche. nomegalia.
Nel sangue periferico c'è leucocitosi (media dei Un dato di laboratorio significativo per la dia­
globuli bianchi: 170 X 109/L) per aumento dei gra- gnosi è l'assenza della-fosfatasi alcalina leucocitaria
nulociti neutrofili e dei loro precursori (mielociti e che, invece, è elevata nelle reazioni leucemoidi e in
metamielociti), con un numero di blasti inferiore al altre malattie mieloproliferative croniche dalle
2%, con associata basofilia ed esosinofilia. È presen­ quali deve essere differenziata.
te una lieve anemia normocitica normocromica, le La storia naturale della malattia è la progressio­
piastrine sono normali o moderatamente aumentate. ne verso ima fase accelerata e/o una fase blastica.
Nella fase accelerata c'è un aumento di mielo- Se adeguatamente trattata, la sopravvivenza media
blasti nel midollo (10-19%) o nel sangue periferico a dei pazienti è di 5-7 anni. Sono stati proposti
cui si associa, nel midollo osseo, displasia della modelli prognostici che stratificano i pazienti in
serie mieloide e presenza di nidi di piccoli megaca­ gruppi a rischio basso, intermedio ed alto, basando­
riociti atipici con fibrosi marcata. si sui seguenti parametri, rilevati al momento della
Nella fase blastica, i blasti nel midollo o nel san­ diagnosi: età del paziente, grandezza della milza,
gue periferico sono uguali o superiori al 20%; nel numero di blasti e di basofili nel midollo osseo e nel
70% dei casi sono di tipo mieloide (mieloblasti e/o sangue periferico e grado di fibrosi midollare.
monoblasti) inclusi eritroblasti e megacarioblasti,
mentre nel 20-30% dei casi sono linfoblasti (B e T). In
alcuni casi, i blasti coesprimono marcatori mieloidi ¡ 8 Leucemia neufrofi licci cronica
e linfoidi. Nel midollo, i blasti formano ampi nidi e
La leucemia neutrofilica cronica (LNC) è una
possono proliferare in sedi extramidollari, quali
malattia mieloproliferativa cronica molto rara,
cute, linfonodi, milza e sistema nervoso centrale.
caratterizzata da una proliferazione di cellule mie-
Al momento della diagnosi, 90-95% dei casi di
ioidi della serie granulocitaria nel midollo, da una
LMC presentano una caratteristica anomalia gene­
granulocitosi neutrofila nel sangue periferico e dà
tica nota come cromosoma di Filadelfia (Ph1), origi­
epatosplenomegalia, in assenza del gene di fusione
nato da una traslocazione bilanciata t(9;22)(q34;qll)
BCR/ABL.
che comporta la fusione del gene BCR presente sul
La biopsia osteomidollare mostra un midollo
cromosoma 22 con regioni del gene ABL presente
ipercitosico per aumento delle cellule della serie
sul cromosoma 9 (Fig. 3). Gli altri casi hanno
granulocitica neutrofila senza un aumento percen­
varianti di traslocazione o una traslocazione cripti­
tuale dei blasti mieloidi e dei promielociti. La serie
ca che non può essere evidenziata nelle analisi cito­
eritroide e i megacariociti possono essere aumenta­
genetiche; in ogni caso il gene di fusione BCR/ABL
ti. La fibrosi è rara.
è presente e può essere evidenziato con tecniche di
Nel sangue periferico è presente una leucocitosi
biologia molecolare (FISH, RT-PCR o Southem-
neutrofila (> 25 X 109/L) con granulociti mostran­
blot). A seconda del punto di rottura del gene BCR,
ti granuli anomali e presenza di forme mieloidi
il gene di fusione BCR/ABLr da origine a proteine di
immature in numero, di solito, inferiore al 5%.
fusione di diverso peso molecolare che influenzano
Nella maggior parte dei casi non ci sono altera­
il fenotipo della malattia. La forma più frequente di
zioni cromosomiche, in una minoranza di pazienti
proteina di fusione è la p210 che ha un'aumentata
sono state segnalate alterazioni del cariotipo: triso-
attività tirosin-chinasìca. I pazienti con una protei­
mia 8 e 9, del (20q) e del (llq ).
na di maggior peso molecolare, p230, hanno una
La malattia è rara e il segno più costante è la sple-
maggiore maturazione dei neutrofili. La proteina
nomegalia; sono stati riportati emorragie mucocuta­
pl90 è associata a leucemie acute linfoblastiche Ph1
nee, gotta e prurito. È associata a mieloma multiplo.
positive e a LMC con numerosi monociti. Studi
genotipici hanno dimostrato la presenza del cromo­ È una malattia lentamente progressiva, con una
sopravvivenza variabile da 6 mesi a più di 20 anni
soma di Filadelfia in tutte le linee emopoietiche,
e può evolvere in leucemia acuta.
nelle cellule linfatiche B e anche in quelle T confer­
mando che la trasformazione neoplastica avviene
in una cellula staminale pluripotente.
La leucemia mieloide cronica è il disordine mie-
| Leucemia eosinofilica cronica
loproliferativo più frequente con un'incidenza di 1- La leucemia eosinofilica cronica (LEC) è una
1.5/100.000/anno, è ima malattia dell'età adulta malattia mieloproliferativa cronica rara caratteriz­
con esordio nella 5a-6a decade e con una lieve pre­ zata da una proliferazione clonale dei precursori
valenza nei maschi. eosinofili con aumento dei granulociti eosinofili nel
La diagnosi, nella maggior parte dei casi, viene sangue periferico e in vari organi. La conta degli
fatta nella fase cronica: 20-40% dei pazienti sono eosinofili nel sangue periferico deve essere uguale o
asintomatici e la leucocitosi è evidenziata in un superiore a 1,5 X 109/L e per diagnosticare la
Leucemia eosinofilica cronica - 427

malattia è necessario dimostrare la clonalità degli ne cationiche eosinofile) che inducono fibrosi in
eosinofili o un aumento dei blasti nel sangue vari organi soprattutto cuore (endocardite di Lof-
(> 2%) o nel midollo osseo (> 5%, ma < 20%). La fler), polmoni, sistema nervoso centrale, cute e trat­
distinzione tra la leucemia eosinofilica cronica e la to gastroenterico.
sindrome ipereosinifilica idiopatica è problematica. La malattia non è associata ad alterazioni gene­
Quest'ultima condizione viene definita come tiche specifiche; sono state descritte alcune anoma­
un'eosinofilia persistente (5:1,5 X 109/L), di durata lie cromosomiche: traslocazioni 8p ll come (8;13),
superiore a 6 mesi, ad etiología sconosciuta con (8;9), (6;8), trisomia 8 e i(17q).
patologia d'organo secondaria all'infiltrazione La malattia è rara, prevale nei maschi con il
degli eosinofili. I casi in cui non è possibile dimo­ picco di incidenza nella 4° decade di vita. Il 10% dei
strare la clonalità degli eosinofili e non c'è aumento pazienti è asintomatico; i sintomi più frequenti
dei blasti devono essere classificati come sindrome sono sistemici e comprendono febbre, stanchezza,
ipereosinofilica idiopatica. angioedema, prurito, dolori muscolari. All'esordio
Il midollo osseo è ipercitosico per aumento delle e durante il decorso della malattia, compaiono sin­
cellule della linea eosinofila che mostra una tomi d'organo: cardiomegalia restrittiva dovuta alla
sequenza maturativa ordinata, senza aumento dei fibrosi endomiocardica, trombosi intracardiaca con
blasti; la serie eritroide e magacariocitaria sono nor­ possibilità di embolizzazione, neuropatia periferi­
mali; può essere presente fibrosi (Fig. 4). ca, disturbi del sistema nervoso centrale, sintomi
Nel sangue periferico, i granulocitì eosinofili sono polmonari dovuti alla fibrosi polmonare e manife­
aumentati con presenza di rari mielociti. o promielo- stazioni reumatologiche. La leucemia eosinofilica
citi eosinofili. Gli eosinofili presentano alterazioni cronica e la sindrome ipereosinofilica idiopatica
morfologiche quali granulazioni grandi, sparse, con devono essere distinte dalle ipereosinofilie reattive
aree di citoplasma chiaro, vacuolizzazione del cito­ secondarie a malattie infettive e parassitarie, aller­
plasma, ipo o ipersegmentazione dei nuclei. Queste giche, malattie del collageno, malattie cutanee
alterazioni non sono diagnostiche in quanto sono (iperplasia angiolinfoide, malattia di Kimura), lin­
state segnalate anche nelle ipereosinofilie secondarie. fomi e a mastocitosi sistemica. Bisogna, inoltre, dif­
Gli eosinofili infiltrano i tessuti periferici e rila­ ferenziarle da malattie mieloproliferative in cui gli
sciano citochine (proteina basica eosinofila e protei­ eosinofili sono aumentati, ma fanno parte del clone
neoplastico quali la leucemia mieloide cronica, le
sindromi mielodisplastiche e alcune forme di leuce­
mia mieloide acuta. È stata riportata una ipereosi-
nofilia dovuta alla secrezione di citochine da parte
di una popolazione di linfociti T a fenotipo aberran­
te, che deve essere eclusa prima di diagnosticare la
malattia mieloproliferativa.
La sopravvivenza è variabile, con una media di
sopravvivenza a 5 anni dell'80%.

| Policiiemia vera
La policitemia vera (PV) è una malattia mielo­
proliferativa cronica che origina da ima cellula sta­
minale emopoietica ed è caratterizzata da un'e­
spansione della serie eritroide con aumentata pro­
duzione di eritrociti, a cui si accompagna una proli­
ferazione delle celléle mieloidi e dei megacariociti.
Le cellule progenitrici, nella policitemia vera,
richiedono piccole quantità di eritropoietina ed altri
fattori di crescita per proliferare. Questo dato per­
mette la diagnosi differenziale con le forme secon­
darie di policitemia in cui i livelli di eritropoietina
sono elevati. La malattia ha due fasi: una fase ini­
ziale proliferativa o "policitemica" caratterizzata da
un aumento della massa eritrocitaria e una fase
"spenta" o postpolicitemica con pancitopenia peri­
ferica, per riduzione dell'emopoiesi dovuta a fibro­
si midollare, emopoiesi extramidollare e splenome-
% 4 - Leucemia eosinofilica cronica, a) Midollo osseo estre­ galia. La malattia può evolvere, sebbene in una
mamente occupato da granulociti eosinofili prevalentemente bassa percentuale di casi, verso una leucemia acuta.
maturi; b) milza: evidente infiltrazione eosinofila senocordale. Nella fase policitemica (Fig. 5), il midollo osseo
428 s: Malattie mieloproliferative croniche
infatti, con la fibrosi midollare e si associa a un qua­
dro leucoeritroblastico nel sangue periferico carat­
terizzato dalla presenza di precursori eritroidi e
granulocitari.
Nel sangue periferico, oltre alla leucoeritroblastosi,
si verificano una normalizzazione e riduzione della
massa eritrocitaria e poichilocitosi dei globuli rossi.
La malattia non ha marcatori genetici specifici,
le anomalie genetiche più frequenti +8, +9, del
(20q), del (13q) e del (lp) sono presenti solo nel
10-20% dei pazienti, alla diagnosi. Durante la pro­
gressione di malattia queste anomalie cromosomi­
che aumentano di frequenza fino ad interessare
l'80-90% dei casi.
L'incidenza della policitemia ha variazioni geo­
grafiche, in Europa è di 0,8-1 caso/lOO.OOO/anno
con una lieve prevalenza nei maschi ed un'età
media di 60 anni alla diagnosi.
La sintomatologia è dovuta all'ipertensione e
alle trombosi vascolari, venose ed arteriose, causate
dall'aumento della massa eritrocitaria. Altri sintomi
sono prurito, eritromelalgia, gotta ed emorragie del
tratto gastroenterico. La splenomegalia è presente
nel 70% dei pazienti, l'epatomegalia nel 40%. Le
principali cause di mortalità e morbilità sono le
complicanze della trombosi: infarto del miocardio,
infarto cerebrale ed embolia polmonare.
Se adeguamente trattata, la sopravvivenza
Fig. 5 - Policitemia vera, fase policitemica: il parenchima emo­ media è di 10 anni, il rischio di evoluzione in una
poietico è ipercitosiso per aumento di tutte le serie emoformati-
ve. E.E. lOOx leucemia acuta è del 2-3%, ma il rischio aumenta al
10% nei pazienti trattati con chemioterapia (32P o
appare ipercellulato per aumento delle cellule della agenti alchilanti). La mielodisplasia può precedere
serie eritroide, delle serie mieloide e megacariocita- la fase leucemica.
ria, con prevalenza delle cellule eritroidi e dei
megacariociti. L'eritropoiesi è normoblastica e la
granulopoiesi è morfologicamente normale. I
| Mielofibrosi cronica idiopatico
megacariociti sono numerosi, tendono a disporsi in La mielofibrosi cronica idiopatica è una malattia
gruppi e nidi attorno ai sinusoidi o vicino alle tra- mieloproliferativa clonale caratterizzata dalla proli­
becole ossee; sono polimorfi con grandezza variabi­ ferazione di cellule della serie megacariocitaria e
le da micromegacariociti a forme giganti e hanno mieloide, associata a fibrosi midollare e a emopoie­
nuclei iperlobati. In questa fase, solo nel 30% dei si extramidollare. La malattia ha una fase iniziale
casi è presente fibrosi midollare di grado variabile. prefibrotica o "cellulare" caratterizzata da un
I depositi di emosiderina sono assenti, si possono midollo ipercellulato con minima fibrosi a cui segue
osservare noduli linfatici reattivi. una fase fibrotica con marcata fibrosi reticolare e
Milza e fegato sono moderatamente aumentati a collagena midollare e osteomielosclerosi.
causa della congestione. Nella fase cellulare (Fig. 6), il midollo osseo è
Nel sangue periferico i globuli rossi, normocromi- ipercitosico, per aumento della serie mieloide e dei
ci e normocitici, sono aumentati, insieme ai neutrofili, megacariociti. Nella serie mieloide prevalgono le
ai basofili e alle piastrine. L/aumento della massa eri­ forme mature con pochi mieloblasti (< 10%). I
trocitaria che deve essere superiore al 25% del valore megacariociti sono aumentati e riuniti in nidi in
medio normale è responsabile dei sintomi clinici. prossimità dei sinusoidi e delle trabecole osse. Sono
Nella fase spenta, il midollo osseo è caratterizza­ di grandezza variabile, ma con prevalenza delle
to da una fibrosi reticolare e collagena con riduzio­ forme grandi e giganti. Il carattere più evidente dei
ne della serie eritroide e granulocitica, che si posso­ megacariociti è l'atipia citologica e questo rappre­
no trovare all'interno dei sinusoidi. Nidi di megaca­ senta il segno diagnostico più importante. I mega­
riociti con nuclei atipici ed ipercromatici sono fre­ cariociti mostrano un aumento del rapporto
quenti. Si può anche verificare osteosclerosi. nucleo/citoplasma, nuclei con lobulazioni anoma­
La splenomegalia e l'epatomegalia, in questa le, cromatina addensata e asincronie maturative tra
fase, sono dovute all'emopoiesi extramidollare. Lo il nucleo e il citoplasma. Sono presenti nuclei nudi
sviluppo dell'emopoiesi extramidollare si correla, megacariocitari. La serie eritroide è generalmente
Mielofibrosi cronico idiopatico ® 429

Fig. 6 - Mielofibrosi cronica idiopatica, fase cellulare: i! parenchima emopoietico è ipercitosico per aumento delle serie emofor-
mative. i megacariociti formano nidi e sono atipici. E.E. lOOx La trama reticolinica è ispessita (b).

ridotta. La fibrosi, di tipo reticolare, è minima o


assente e localizzata attorno ai vasi. Si osservano
inoltre proliferazione vascolare e noduli linfoidi.
Nel sangue periferico i parametri ematologici
sono variabili, tuttavia si osservano modesta ane­
mia normocromica normocitica, modesta leucocito­
si e trombocitosi.
Nella fase fibrotica (Fig. 7), il midollo osseo è
occupato da fibre reticolari e collagene tra cui sono
presenti nidi di cellule emopoietiche, talora imma­
ture. I sinusoidi sono aumentati e dilatati con pre­
senza di cellule emopoietiche nel lume. Le cellule
più evidenti sono i megacariociti atipici raccolti in
ampi nidi. Si osservano numerosi capillari neofor­
mati. Negli stadi avanzati della malattia il midollo
è completamente fibotico con residui di cellule
emopoietiche nei sinusoidi e presenza di trabecole
ossee ispessite e neoformate.
Il sangue periferico è caratterizzato da anemia,
presenza di dacrociti e leucoeritroblastosi. I neutro-
fili e le piastrine possono essere normali, aumenta­
ti o ridotti.
La splenomegalia e l'epatomegalia sono cospi-

Fig. 7 - Mielofibrosi cronica idiopatica, fase fibrotica: le lacune


ossee sono occupate da tessuto fibroso in cui residuano nidi di
cellule emopoietiche. Ci sono trabecole osse neoformate con
numerosi osteoblasti. E.E. lOOx
430 & Malattie mieloproliferative croniche
cue; la milza è caratterizzata da un'espansione della
polpa rossa per presenza di cellule della serie eri­
troide, mieloide e megacariocitaria nei seni. I cordo­
ni sono fibrotici. L'emopoiesi extramidollare si loca­
lizza nei sinusoidi epatici e altri organi quali linfo­
nodi, reni, surreni, meningi, tratto gastroenterico,
polmoni e cute.
La malattia non ha marcatori genetici specifici,
le anomalie genetiche più frequenti, del (13q), del
(20q), parziale trisomia lq , sono presenti in circa il
60% dei pazienti.
L'incidenza non è nota, si stima intorno all'0,5-
1/100.000/anno con un picco nella 7a decade di
vita, senza differenze di sesso.
Circa il 30% dei pazienti è asintomatico. Quando
presenti, i sintomi sono stanchezza, dispnea, perdi­
ta di peso, sudorazione notturna, febbricola ed
emorragie. La splenomegalia è presente nel 90% dei
pazienti, l'epatomegalia nel 50%.
La sopravvivenza media è di 3-5 anni dalla dia­
gnosi. L'evoluzione in una forma acuta è stata
riportata nel 5-30% dei casi.

| Trombocitemia essenziale
La trombocitemia essenziale (TE) è una malat­
tia mieloproliferativa che interessa prevalente­
mente i megacariociti con trombocitosi nel sangue
periferico.
Il midollo osseo è normocitosico o moderata-
mente ipercitosico con proliferazione di megacario­ Fig. 8 - Trombocitemia essenziale: ¡1 parenchima emopoietico è
citi grandi o giganti che sono isolati o riuniti in
normocitosico, i megacariociti sono aumentati, hanno grandi
dimensioni e nuclei iperlobati. E.E. lOOx
gruppi. Hanno un citoplasma abbondante e maturo
con nuclei iperlobulati, ma a contorno liscio. La
serie eritroide e la mieloide possono essere lieve­
mente aumentate. La trama reticolinica è normale o La malattia ha un decorso lungo e indolente
lievemente aumentata. I depositi di emosiderina (sopravvivenza media 10-15 anni), cosicché essen­
sono presenti nel 40-70% dei pazienti. Nella milza, do ima malattia dell'età media avanzata, non modi­
sia nei seni, che nei cordoni, vengono sequestate fica l'aspettativa di vita dei pazienti. L'evoluzione
una grande quantità di piastrine; l'emopoiesi extra­
in una forma acuta è inferiore al 5% dei casi.
midollare è raramente presente e in scarsa quantità.
Il sangue periferico mostra trombocitosi (> 600
X 109/L) con piastrine grandi e polimorfe, i leuco­ | Malattia mieloproliferativa
citi sono normali o moderatamente aumentati.
Non ci sono marcatori genetici specifici della cronica, inclassificabile
malattia e anomalie cromosomiche varie +8, +9 e Questa definizione deve essere applicata a quei
del (13q22) sono descritte solo nel 5-10% dei casi che hanno caratteri clinici, di laboratorio e mor­
pazienti.
fologici di malattia mieloproliferativa cronica, ma
L'incidenza non è nota, si stima intorno all'l-
non soddisfano i criteri di ciascuna entità o si pre­
2,5/100.000/anno con un picco nella 5-6a decade dì
sentano con caratteri di sovrapposizione tra le varie
vita, senza differenze di sesso. Un altro picco di
incidenza si verifica nelle femmine, nella 3a decade entità. Non c'è gene di fusione BCR/ABL o cromoso­
di vita. ma di Filadelfia. La maggior parte dei casi rientra in
Circa il 50% dei pazienti è asintomatico e la due gruppi: stadi iniziale della policitemia vera,
trombocitosi viene evidenziata in un esame routi­ della mielofibrosi idiopatica o della trombocitemia
nario del sangue. Quando presenti, i sintomi sono essenziale in cui le caratteristiche non sono eviden­
legati a trombosi arteriosa, venosa o del microcirco­ ti alla presentazione, stadio avanzato di un disordi­
lo o ad emorragie mucose. Modesta splenomegalia ne mieloproliferativo cronico in cui la fibrosi midol­
è presente in circa il 50% dei pazienti, l'epatomega­ lare o la trasformazione in una forma aggressiva
lia nel 15-20%. oscurano la malattia iniziale.
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Leucemie acute
3.7 F. Lanza, L.Cavazzini

Le leucemie acute sono affezioni neoplastiche - negli animali esistono leucosi trapiantabili con
delle serie leucopoietiche caratterizzate dallo svi­ sospensioni cellulari (come nel caso della leuce­
luppo di un clone cellulare che sovverte la struttura mia mieloide cronica, o della leucemia promie-
degli organi emopoietici, si insedia anche in organi locitica);
e tessuti abitualmente non emopoietici, comporta - esistono modelli sperimentali animali di leucosi
arresti di maturazione ed atipie e immette nella cir­ trasmissibili con sospensioni prive di cellule e
colazione sistemica elementi immaturi e atipici. molte forme sicuramente virali; tra i virus impli­
Accanto alle varietà di leucemie propriamente cati in leucemie/linfomi nell'uomo ricordiamo
dette, caratterizzate da un aumento del numero dei l'EBV nel linfoma e nella leucemia linfoblastica
globuli bianchi con presenza di elementi leucemici tipo Burkitt e nei linfomi associati ad AIDS,
in circolo, esistono anche varietà di leucemie leucope- l'HTLV-1 nelle leucemie/linfomi T dell'adulto
niche (forme aleucemiche o oligoblastiche), nelle quali (frequente nel Giappone), l'HIV nei linfomi
in circolo compaiono occasionali elementi immatu­ insorti in pazienti con AIDS; l'HHV-8 nei linfo­
ri e atipici, con riduzione del numero totale dei glo­ mi delle grandi cavità sierose.
buli bianchi in periferia. - nell'uomo e negli animali le radiazioni possono
Dalle leucemie vanno distinte le reazioni leuce- indurre l'insorgenza di leucemie;
moidi secondarie che, come reazione a gravi stati
- sostanze chimiche possono indurre leucemie:
morbosi di altra natura, comportano l'ingresso in
essendo il benzolo la più nota sostanza leucemo-
circolo di cellule alquanto immature e atipiche
gena; sono descritte leucemie evocate da altre
senza proliferazione clonale e senza sovvertimento
sostanze chimiche quali i pesticidi, solventi
degli organi emopoietici. organici; tra azione della noxa ed insorgenza
Le leucemie acute sono caratterizzate da ele­ della leucemia deve passare un periodo estre­
menti altamente immaturi ed atipici e abitualmente mamente lungo di tempo (vari anni);
hanno decorso rapido, a differenza delle forme cro­
niche che presentano disturbi meno accentuati - con frequenza sicuramente significativa, cause
della maturazione e della differenziazione cellulare morbose rare si associano primitivamente alle
leucemie, specialmente forme con patologia cro­
ed il cui decorso è più lento. Differenze queste oggi
mosomica di vario tipo, come la sindrome di
meno nette per gli effetti dei trattamenti chemiote­
Down, e le sindromi con labilità cromosomica,
rapici.
come l'anemia di Fanconi;
Nell'ambito di ciascun gruppo si possono ricono­
scere varie forme in base al tipo predominante di leu­ - le leucemie acute mieloidi possono evolvere da
cociti presenti: si distinguono così leucemie mieloidi e quadri di mielodisplasia, in cui si accumulano
linfoidi. Rare le forme miste mieloidi-linfoidì (anche anomalie geniche, e alterazioni cromosomiche
denominate ibride o bifenotipiche o bilineari). fino allo sviluppo di un quadro leucemico acuto.
L'eziologia delle leucemie è ancora in gran parte Oggigiorno sono stati fatti enormi progressi in
sconosciuta; in passato si era cercata un'eventuale questo settore, e la biologia molecolare ha dimostra­
causa infettiva, mai dimostrata. Oggi molti sforzi to un numero elevatissimo di anomalie genetiche in
sono concentrati nei tentativi di isolamento di even­ pazienti affetti da leucemie; le varie cause agiscono
tuali virus leucemogeni nell'uomo, come è stato in modo diverso nelle differenti forme di leucemia:
dimostrato per molte forme leucemiche degli ani­ ad es. fattori familiari soprattutto nelle leucemie lin­
mali, ma tuttora senza risultati definitivi, se non per fatiche croniche e le irradiazioni, soprattutto nelle
alcune entità rare. Le ipotesi virali delle leucemie, forme di leucemia mieloide cronica.
distinguono le forme virali propriamente dette, e Classificazione. La dizione di "leucemia acuta"
quelle che ipotizzano nell'eventuale virus la causa va intesa per definizione per indicare, più che i pro­
prima della trasformazione leucemica. In comples­ cessi leucemici a durata particolarmente breve,
so oggi il problema dell'eziologia delle leucemie soprattutto le forme ad immaturità molto pronun­
per la maggior parte degli studiosi rientra in quello ciata; la storia naturale di queste forme è stata pro­
più generale, e controverso, dell'eziologia dei fondamente modificata negli ultimi decenni per
tumori. Comunque per le leucemie si conoscono già effetto dell'impiego di farmaci antiblastici e del tra­
fatti certi: pianto di cellule staminali che ha permesso di prò-
434 - Leucemie acute
lungare in maniera significativa la sopravvivenza morfologiche (rapporto nucleo-citoplasmatico,
di questi pazienti, che in taluni casi raggiungono la numero di nucleoli, presenza di granulazioni nel
guarigione definitiva della leucemia. citoplasma). Si possono così distinguere diversi tipi
Attualmente la diagnosi di leucemia acuta deri­ di leucemie acute. Nelle forme mieloidi gli elemen­
va da un approccio multidisciplinare basato su tec­ ti immaturi (mieloblasti) hanno dimensioni che
niche morfologiche (colorazioni panottiche, May- variano da elementi di poco superiori ad un linfoci­
Grunwald Giemsa), citochimiche, citogenetiche, ta maturo a cellule più ampie di un monocito, cito­
immunofenotipiche, colturali e molecolari. Oltre plasma variamente abbondante più o meno inten­
allo studio del sangue periferico e dell'aspirato samente basofilo contenente granulazioni azzurro-
midollare, trova utile impiego la biopsia osteomi- file in numero variabile, e nucleo voluminoso,
dollare che consente una più precisa valutazione rotondo o ovalare, con cromatina finemente granu­
della cellularità e l'individuazione di una eventua­ losa, plurinucleolato; di significato diagnostico il
le fibrosi. Per quanto attiene agli studi morfologici, riscontro dei corpi di Auer che corrispono a granuli
l'appartenenza degli elementi leucemici (per defini­ azzurratili atipici e sono specifici delle leucemie
zione presenti in quantità superiore al 5% nel sangue mieloidi: hanno aspetto filiforme bastoncellare, si
periferico, ed al 20% nel midollo) all'uno o all'altro sti­ colorano in rosso con May-Grunwald Giemsa e
pite midollare viene stabilita in base alla presenza sono perossidasi-positivi (Fig. 5). Nelle forme lin-
concomitante di elementi più maturi, facilmente foidi, i blasti (linfoblasti) hanno dimensioni in
riconoscibili, con la valutazione di caratteristiche genere più ridotte rispetto ai mieloblasti (da 8-10 ji

Classificazione morfologica e citochimica delie leucemie acute mieloidi (LAM) in base ai


criteri definiti dal gruppo FAB

Morfologìa MPO CAE a-NAE NaF PAS


Blasti agranulari e sènza Corpi di Auer <3% + +
MO
(promielociti <30%) (+) ■ +/- + /-

MI
Blasti per lo più agranulari e senza Corpi di Auer, >3%+ i/- ■' + ■
' '+ '
rari bfasti con granuli azzurrofili (promielociti <10%) (+)

M2
Blasti spesso granulati, promielociti >10%; >30% + +. ! 1 +- '
eritroblasti senza atipie <50%
Maggioranza cellule con caratteristiche del promie-
M3 locita (grossolane granulazioni e Corpi di Auer, + + H- ■i i •; ■+ +
nuclei irregolari)
M3m
Promielociti con pochi granuli o granulati, e nucleo +++ + ++ ■+ + +■
a manubrio (aspetto monocitario) ■

M4
Cellule monocitarie (mature e immature) >20%; ++ . ++ +++ + + /+ . + + /.+ ■
mieloblasti e promielociti <20%
M4eos
Presenza eosinofili maturi e immaturi con granuli
abnormi per volume e caratteristiche citochimiche
M5a
Prevalenza di monoblasti, rari promonociti e +/ — + /- ++/+
monociti; blasti mieloidi <20% + /- ■■ + + + : ■

M5b
Prevalgono promonociti; componente mieloide +/-;■ + /— +++ + /- ++/+
<20%
Cellule eritroidi >30% con diseritropoiesi spiccata, + + /+ +
M6 o mieloblasti e promielociti >30% e cellule eritroidi - - - -
>50%
M7
Cellule ad elevato rapporto N /C con gemmazioni - ++ ++ -f- 4-
del contorno citoplasmatico + ++*
M I: LAM senza segni di maturazione [indifferenziata); M2: LAM con maturazione; M3: leucemia acuta promieiocitica; M3m: leucemia
acuta promieiocitica microgranulare; M4: leucemia acuta mielo-monocifaria; M4eos: leucemia acuta mielomonocitaria con eosinofilia;
M5a: leucemia acuta monoolastica; M5b: leucemia acuta monocitica; M6: leucemia acuta eritroide; M7: leucemia acuta megacarioblasti-
ca. MPO = mieloperossidasi; CAE - Cloro-acetato esterasi; ct-NAE = aifa-naftil-acetato esterasi; NaF = fluoruro di sodio; PAS = perio-
dic acid-Schiff.
Leucemie acute mielobiastiche • 435

Markérs immunofenotipici consigliati acuta, contribuendo a definire anche sotto il profilo


citogenetico i singoli sottotipi della classificazione
per la caratterizzazione :
FAB. Il paradigma di una classificazione «integra­
immunofenotipica delle leucemie
ta» delle forme di LANL (Leucemia Acuta Non Lin-
acute mieloidi e linfòidi foblastica) è espressa dalla classificazione MIC
(Morphologic, Immunologie, Cytogenetic) basata
Filiera linfoide B: CD19, cyCD22, cyCD79, CD10 cyM,
Sìg, CD20
sulla convergenza di parametri morfo-immuno-
citogenetici (Second MIC Workshop, 1986). Nelle
cyCD3, CD2, CD7, CDÌa, sCD3, tabelle 3 e 4 sono rappresentate le correlazioni
Filiera linfoide T: CD4, CD5, CD8, anti-TCRaj3, morfo-cariotipiche delle principali forme di LANL
anti-TCRy5 in rapporto anche al loro significato prognostico.
anfi-MPO, CD13, CD33, Cdwó5, Sulla base dei sopracitati criteri sono state enu­
Filiera Mieloide COI 17, CD15, anti-i isozi ma,GDI le, cleate le seguenti forme anatomo-cliniche:
CD 14, CD1 lb , CDÓ8, CD87,CDÓ4,
e monocitaria: CD71, anti-glicoforina MO: leucemia con minima evidenza di differen­
A, CD4T, ziazione mieloide. Si caratterizza per la negatività
CD42, CDóI ; alle reazioni citochimiche per Sudan nero B e mie-
Non specifico di TdT, CD34, HLA-DR, CD38 loperossidasi (meno del 3% di blasti positivi). I bla-
filiera: sti hanno aspetto indifferenziato, sono agranulati,
con rapporto N/C elevato, e privi di corpi di Auer.
cy = citoplasmatico; Sig = immunoglobuline di superficie. La diagnosi di questa variante è squisitamente
immunofenotipica, in quanto i blasti presentano
a 15-18 |i), citoplasma più scarso o moderatamente positività per almeno un marcatore mieloide quale
rappresentato, basofilo o grigioazzurro, contenente il CD13, CD33, MPO (mieloperossidasi, antigene
granulazioni amfofile e nucleo con cromatina che citoplasmatico) e CD117.1 blasti in genere esprimo­
può essere finemente granulare o anche piuttosto no marcatori di staminalità quali il CD34, e HLA-
addensata con nucleoli variamente evidenti. DR. La TdT (Terminal deossi nucleotidil Transfera-
Il primo organico tentativo di classificazione si) è positiva nel 50% dei casi.
combinata (morfologica convenzionale e citochimi­ MI: leucosi mieloblastica senza maturazione o
ca) è stato effettuato con la classificazione FAB scarsamente differenziata (Fig. 2). Per definizione,
(Franco-Americano-Britannica) (Bennet et al. 1976) almeno il 3% della popolazione blastica deve presen­
che ha portato alla enucleazione di sei varianti prin­ tare positività per il Sudan black B e perossidasi (Fig.
cipali (M1-M6) nel campo delle forme mieloidi e di 3). Allo striscio si osservano soprattutto blasti non
tre varianti (L1-L3) in quello delle forme linfoidi. granulati. Talora presentano corpi di Auer, peraltro
Successivamente, in base anche alle nuove cono­ in percentuale assai bassa. Meno del 10% degli ele­
scenze di ordine immunologico è stata ravvisata la menti immaturi sono promielociti. La positività per
necessità di procedere ad una revisione dei criteri le esterasi non specifiche può essere presente in
classici di classificazione delle leucemie acute intro­ meno del 20% dei blasti. Il numero di queste cellule
ducendo ulteriori varianti tra le forme mieloidi: M7 deve risultare inferiore a quelle positive per il Sudan
o leucemia megacarioblastica (FAB - Revised crite- e la perossidasi. Dati i criteri intesi a contrassegnare
ria, 1985) e MO o leucemia con minima evidenza di questa forma (3% di elementi con segni di differen­
differenziazione mieloide (Bennet et a l, 1991) e pro­ ziazione) risulta talora indaginosa la distinzione da
ponendo nuove definizioni quantitative della com­ quadri di leucemia linfoblastica (L2) e monoblastica
ponente blastica (Tab. 1). (M3). La distinzione dai primi può essere effettuata
La classificazione delle leucemie acute, oltre che in con il ricorso alla determinazione di marcatori di
base ai caratteri morfologici e citochimici, viene inte­ membrana e mediante analisi ultrastrutturale. I bla­
grata dall'impiego, talora indispensabile, di marcatori sti in genere esprimono marcatori di staminalità
immunofenotipici che rendono più facile la distinzione quali CD34, F1LA-DR, il recettore per il c-kit (CD117).
tra leucemie acute mieloidi e linfatiche (Tab. 2). Generalmente espressi CD13, CD33 e MPO, mentre
CD14 e CD15 sono negativi nella maggior parte dei
\_£ Leucemie acute mielobiastiche casi. La TdT è positiva nel 50% dei casi. Non vi sono
aberrazioni cromosomiche caratteristiche di questa
L'ampliamento delle conoscenze biologiche ine­ variante; talora si osservano cromosoma Philadelfia
renti alle modalità di instaurazione dei rimaneggia­ t(9;22) (q 34; q ll), anomalie dei cromosomi 5 e 7 (in
menti cromosomici e l'affinamento delle tecniche di genere delezioni del braccio lungo) (Tabb. 3 e 4).
identificazione di tali aberrazioni ha contribuito di M2: leucemia mieloblastica con maturazione. Il
pari passo ad un'approfondita valutazione della quadro è simile a quello della forma M I, con la dif­
loro incidenza e della loro distribuzione nelle varie ferenza che la maturazione della filiera mieloide
emopatie (Fig. 1). Alcune di queste aberrazioni arriva sino ed oltre lo stadio di promielocito in
sono apparse di particolare significato diagnostico misura superiore al 10% delle cellule primitive
e prognostico nell'ambito delle forme di leucemia nello striscio colorato con May-Grunwald-Giemsa,
436 Leucemie acute

Classificazione MIC delle leucemie mieloidi acute: associazioni morfologiche Cariotipiche

Alterazione Nomenclatura
Frequenza {%} i Morfologia (FAB)
cromosomica * MIC Suggerita
t {8:21 ) (q22; q22) 12 M2 M 2 /t (8: 21)
t (15:17) (q22;ql2) 10 M3, M3v M 3A (15: 17)
t/d e l (11) (q23) 6 M5a(M5b,M4) M 5a/t {11 q)
inv/del (16) (q22) 5 M4eos M4Eo/inv (16)
t (9:22} (q34; ql 1) 3 M I (M2) M l/f (9: 22)
t (6:9) (p21 -22; q34) 1 M2 o M4 con basofilia M 2/t(6: 9)
inv (3) (q21; q26) 1 M I (M2, M4, M7) con trombocitosi M I/in v (3)
t (8:16) (pi 1; pi 3) <0,1 M5b con fagocitosi M 5b/t (8: 16)
t /d e l (12) (pi 1-13) <0,1 M2 con basofilia M2Baso/t (12p)
+4 <0,1 M4 (M2) M 4/+4
*MIC= Morfologica-lmmunoiogica-Citogenetica.
La frequenza percentuale è basata sui dati forniti da Miteiman (1985).
Leucemie acute mielobiastiche s 437

Significato prognostico delle alterazioni citogenetiche in corso di leucemia


mieloide acuta (LAM)

Traslocazioni Geni Sottotipò FAB , Prognosi .


t ( 15; 17) (q22; q l 1) PML-RARa M3 Favorevole
t (8; 21 )(q22; q22) ETO-AML1 M2 Favorevole
Inv (16)(pl 3; q22) MYHIl-CBFp M4eos Favorevole
t (6: 9) (p23;q34) DEK-CAN M2-M4 Infausta
t {1 1; } (q23; ) MLL M4-M5 Infausta
Inv (3) (q21 ; q26) EVI1 MI Infausta

e dimostra in queste stesse cellule una positività per


il Sudan o la perossidasi in oltre il 30% degli ele­
menti (Figg. 4 e 5); possibile il riscontro di corpi di
Auer.
Sebbene questa forma corrisponda ad un qua­
dro di differenziazione mieloide ben evidente, tut­
tavia, quando la presenza di granuli azzurratili non
è cospicua e la positività alla esterasi non specifica
(NA-E) è debole, la differenziazione dalle forme
M5b può essere indaginosa. Dal punto di vista cito-
genetico, si caratterizza per il frequente riscontro
della traslocazione t(8;21) (q22;q22) che determina
la formazione di un gene di fusione ETO/AML1. I
blasti in genere esprimono i marcatori immunologi-
ci CD13, CD33, CD15, CD117, MPO, mentre risulta­
no spesso negativi per il CD34, TdT e CD14. Le
Fig* 2 - Leucemia acuta mieloblastica M I. Sezione istologica di forme con traslocazione t(8;21) esprimono con ele­
midollo osseo: il tessuto emopoietico è completamente sostituito vata frequenza il CD19.
da popolazione blastica indifferenziata: M 3: leu cem ia p ro m ielo citic a . Caratterizzata
dalla presenza di promielociti abnormi con promi­
nenti granulazioni e nuclei irregolari e/o da cellule
immature contenenti numerosi corpi di Auer («Fag-

Fig.3 - Leucemia acuta mieloblastica M I. a) Striscio di sangue periferico; b) reazione citochimica per perossidasi; c) reazione cito­
chimica per Sudan nero.
438 Leucemie acute

Fig. 4 - Leucemia acuta mieioblastìca M2. Sezione istologica di midollo osseo: a) la popolazione blastìca sostituisce ampiamente
il midollo normale; b) reattività immunoistochimica dei blasti leucemici per MPO.

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Fig. 5 - Leucemia acuta mieioblastìca M2. Striscio di sangue periferico, colorazione May-Griinwald Giemsa: a) blasti con granu­
lazioni azzurrofile; b) corpi di Auer.

got cells»). Accanto alla intensa Sudan- e perossida- 21), con formazione del gene chimerico PML-RARa
si-positività, può essere documentata una attività (RARa, Retinoid Acid Receptor a) (Fig. 7). I pro-
esterasica non specifica, resistente alla inibizione mielociti patologici risultano caratteristicamente
con NaF (Fig. 6). La diagnosi della M3 oggi si basa negativi per il CD34 e HLA-DR, mentre esprimono
sul riscontro della traslocazione t(15;17) (q22; q ll- CD13, CD33, CD15, C D llb e MPO.
M3m: leucem ia p rom ielocitica m icrogranulare.
Questa variante recentemente identificata, ha come
caratteristica essenziale ima conformazione inden­
tata a manubrio dei nuclei delle cellule Mastiche.
Questi elementi pertanto possono essere facilmente
confusi con cellule di origine monocitoide. In alcu­
ne cellule inoltre si osservano corpi di Auer; le gra­
nulazioni citoplasmatiche sono generalmente più
fini che non nella variante ipergranulare. E docu­
mentabile ima positività per le reazioni del Sudan e
della perossìdasi, oltre che delle esterasi non speci­
fiche, ma con intensità inferiore a quella osservata
nella leucemia promielocitica classica. Dal punto di
vista immunofenotipico non si discosta dalia
variante classica M3, ad eccezione che per la possi­
bile positività per CD2, CD34 e CD9 (Tab. 2).
Fig 6 - IAM con trasìocazione t(15;17) (q22;ql 1), M3 (pro- M4: leucem ia acuta m ielom on ocitica. Le cellule
mieiocitica). Striscio di sangue periferico. monocitarie, definite in base alla positività per le
Leucemie acute mieloblastiche * 439

Fig. 7 - Ibridazione in sifu fluorescente (FiSH) in metafase per il rilevamento della fusione PML/RARa. La sonda a DNA è costituita
da un sistema a due colori a co-iocalizzazione. Elgene PML è riconosciuto da una porzione di circa 180 Kb marcata in Rosso. Il gene
RARa da una porzione, estendentesi in direzione telomerica dall'esone 6 di RARa per circa 400 kb, e marcata in Verde. In una meta-
fase normale (pannello A) gli aileli in condizione germ line appariranno come segnali di diversa fluorescenza, rispettivamente: PML
con due segnali Rossi e RARa con due segnali Verdi. In caso dì trasiocazione t(15;17)(q22;21) con riarrangiamento molecolare
PML/RARala distribuzione dei segnali subisce la modificazione illustrata nel pannello B: un segnale Rosso e uno Verde identificanti
gii alleli germ line di PML e RARa ed un segnale di fusione identificante ii derivativo 15 contenente il gene di fusione PML/RARa.

esterasi non specifiche (inibite dal NaF), eccedono il


20% delle cellule blastiche. Analogamente almeno il
20% o più degli stessi elementi mostrano una posi­
tività alle reazioni del Sudan e della perossidasi
(Fig. 8). Il quadro morfologico è relativamente ete­
rogeneo per la sistematica compartecipazione di
elementi ad orientamento mieloide e ad orienta­
mento monocitario. La differenziazione degli ele­
menti è spesso meglio effettuabile con tecniche cito­
chimiche combinate (esterasi specifica ed esterasi
non specifica) sullo stesso preparato, in modo da
rendere quantitativamente valutabili i rapporti fra
le due popolazioni. In realtà i quadri tipo M4 corri­
spondono spesso a processi proliferativi coinvol­
genti la cellula staminale mieloide come è docu­
mentato dalla presenza, accanto agli elementi pato­
logici della serie granuloblastica e monocitaria, di
cellule eritroblastiche dotate di cospicue anomalie,
generalmente PAS negative. Le forme M4 con ricca
componente basofila (anche denominate M4baso)
presentano con discreta frequenza la traslocazione
t(6;9) (p23;q34) con formazione del gene di fusione
DEK/CAN. Accanto ai marcatori mieloidi quali il
CD13, CD33, MPO, CD15, queste forme esprimono
i marcatori monocitari quali il CD14, C D llc, lisozi-
ma (citoplasmatico), C D llc, CD68.
M4eos: leucem ia m ielo-m on ocitica ad cosino f i ­
li. Questa variante è stata recentemente codificata in
base al reperto citomorfologico che documenta
accanto alle classiche manifestazioni sopra riferite
Fig. 8 - Leucemia acuta mielomonocitica, M4. a) Striscio di san­
gue periferico; b) reazione immunoenzimatica APAAP (Fosfata­
per il sottotipo M4, la presenza di eosinofili con gra­ si alcalina - anti-fosfatasi alcalina) in leucemia testata con anti­
nulazioni abnormi per dimensioni e tingibilità. La corpo monoclonaie anti CD33; si osservi la reattività nella mag­
gioranza delle cellule.
440 ? Leucemie acute
definizione di questa variante ha un suo ulteriore Ioidi) e più dell'80% dei blasti risultano positivi per
riscontro nella documentazione di una ben definita le esterasi non specifiche, selettivamente imbibili
alterazione citogenetica che coinvolge il cromosoma con NaF (corrispondente alla componente mono-
16 costituita da inviò o t(16;16)(pl3;q22) con forma­ blastica-monocitaria, (Figg. 11 e 12). Questa varian­
zione del gene di fusione CBFfì/ MYH11 (Fig. 9). te si associa spesso ad un coinvolgimento del cro­
M5: leucemia mieloblasticalmonocitica acuta. mosoma 11 a livello della banda q23. Talora si può
Corrisponde alla forma coinvolgente gli elementi riscontrare la traslocazione t(9 ;ll) o t(ll;17) o
ad orientamento monocitario sia con caratteristiche t(ll;19). Il fenotipo è simile alla variante M4, con
di immaturità (leucemia acuta monoblastica, M5a), prevalenza di espressione di marcatori monocitari.
che di maturità più accentuata (leucemia acuta mono- M6: Leucemia acuta eritroide (mielosi eritremi-
citica, M5b) (Fig. 10). Questo tipo di leucosi è eletti­ ca pura ed eritroleucemia). Si tratta di un gruppo di
vamente identificabile mediante l'utilizzazione di emopatie caratterizzate dalla proliferazione primi­
esterasi non specifiche (a-naftil-acetato esterasi, a- tiva, irreversibile, sistemica, generalizzata di ele­
naftil-butirrato esterasi) associate alla inibizione menti eritropoietici abnormi. Queste forme vengo­
specifica con NaF. In campo strettamente morfolo­ no chiamate anche eritroleucemia o malattia di Di
gico anche l'uso della evidenziazione citoimmuno- Guglielmo, dal nome dell'ematologo italiano a cui
logica del lisozima o della sua determinazione si deve la prima individuazione. Caratteristica fon­
mediante test citobatterico può contribuire alla damentale di queste forme è che la proliferazione
definizione degli elementi di questo gruppo di leu- anaplastica indiscriminata degli eritroblasti porta,
cosi. Per la dimostrazione di questa variante in ter­ attraverso ima situazione di eritropoiesi inefficace,
mini quantitativi meno del 20% degli elementi od abortiva, e ad uno stato di anemia (non di poli-
immaturi devono dimostrare positività per il Sudan globulia). Per definizione almeno il 50% dei blasti
o la perossidasi (corrispondenti agli elementi mie- devono essere riconducibili alla filiera eritroide.

Fig- 9 - Leucemia acuta mielomonocitica variante eosinofila, Fig. 11 - Leucemia acuta monoblastica, M5a.
M4eos.

Fig. 10 - Leucemia acuta, M5b. Quadro istologico midollare Fig. 12 - Leucemia acuta, M5b: evidenti aspetti di maturazione
con accenni a maturazione monocitaria dei blasti. monocitaria.
Leucemie acute mieloblastiche 441

Il quadro ematico è caratterizzato da ima grave ti), ad eccezione dei casi che tendono ad evolvere
anemia e dalla presenza di eritroblasti in circolo verso le forme miste (entroleucem ie); le piastrine
(almeno nella variante più differenziata). Nelle diminuiscono progressivamente con l'estendersi
forme indifferenziate i blasti hanno spesso una mor­ dell'infiltrazione midollare. Gli elementi eritroblasti-
fologia mieloblastica. L'anemia è generalmente nor- ci hanno come caratteristica citochimica principale
mocromica, normocitica, con anisopoichilocitosi e positività (estesa ad ima parte notevole della popo­
presenza di emazie con punteggiatura basofila, lazione) alla reazione del PAS. I blasti possano pre­
corpi di Jolly od anelli di Cabot. I globuli rossi pos­ sentare materiale Perls positivo contenuto in vacuo­
sono scendere a valori di 2.500.000-1.000.000/mm3.1 li e nello stesso tempo una reazione positiva alla
reticolociti sono ora diminuiti (in rapporto alla dimi­ ASD-cloro-acetato esterasi.
nuzione della popolazione eritroblastica normale od Le indagini di microscopia elettronica non hanno
all'incapacità maturativa delle cellule eritremiche), contribuito in modo evidente alla caratterizzazione
ora aumentati (come conseguenza di una vivace atti­ degli elementi eritremici: si è confermata l'esistenza
vità eritropoietica extramidollare). Nelle forme tipi­ di asincronismi maturativi nucleo-citoplasmatici, un
che in circolo compaiono tutte le fasi maturative, ma aumento della quota mitocondriale, la presenza di
sono particolarmente abbondanti le forme più ferritina nel citoplasma e di micelle ferrose nei mito-
immature (eritroblasti basofili). La quota tende ad condri. Più significative le ricerche citochimiche: si è
aumentare col procedere della malattia: in taluni casi segnalata, la presenza di una forte positività alla rea­
si giunge così alla formazione di un vero hiatus, zione del PAS nel citoplasma degli eritroblasti, sotto
come nelle leucemie acute. Gli eritroblasti si presen­ forma di granuli grossolani: negli elementi più matu­
tano molto atipici (asincronismi maturativi nucleo­ ri la reazione tende ad essere più diffusa. Non esiste
citoplasmatici, irregolarità del profilo nucleare) e una aberrazione cromosomica ricorrente nella
con alterazioni degenerative (della struttura croma- variante M6; talora è stata evidenziata la traslocazio­
tinica, vacuolizzazione del nucleo e del citoplasma, ne t(3;5) (q21; q26) o una inversione del cromosoma 3.
ecc.) che giustificano il nome di «paraeritroblasti» Gli studi immunofenotipici in citometria a flus­
loro assegnato (Fig. 13). I leucociti sono generalmen­ so sono di aiuto solo nella variante più differenzia­
te in numero normale o diminuito: raramente si ta caratterizzata da positività per CD71 (recettore
osservano forme immature (mielociti e metamieloci- per la transferrina), glicoforina b, CD117.
M 7: Leucem ia acu ta m egacarióblastica. La m or­
fologia dei blasti è varia, talora assimilabile al bla-
sto indifferenziato (agranulato), e talora caratteriz­
zato da protrusioni citoplasmatiche, corrispondenti
a focolai di piastrinopoiesi abortiva (Fig. 14). Studi
di citochimica ultrastrutturale hanno evidenziato
una intensa positività per la perossidasi piastrinica
(PPO). Per il riconoscimento di queste forme ci si
avvale di tecniche immunofenotipiche, volte al
riconoscimento di glicoproteine piastriniche quali
quelle riconosciute dagli anticorpi monoclonali
CD41, CD61, CD42, anti-fattore Vili, B2 tromboglo-
bulina. Numerosi pazienti con leucemia megacario-
citica (M7) dimostrano un quadro di mielofibrosi o
di incremento . delle fibre reticuliniche a livello
midollare bene evidente nella biopsia ossea
(Fig. 15). Per definizione, almeno il 30% dei blasti
deve avere un'origine megacarióblastica. L'anoma­
lia cromosomica più frequentemente associata alla
M7 è la t(l;22).
Nell'intento di integrare i caratteri morfologici,
immunofenotipici e citogenetici delle LAM con il
quadro clinico e particolarmente con la prognosi,
nel 2001 l'Organizzazione Mondiale della Sanità
(WHO) ha proposto una classificazione delle LAM
in 4 gruppi, identificati rispettivamente da:
a) leucemie acute mieloidi caratterizzate da ano­
malie cromosomiche ricorrenti e alle quali corri­
Fig. 13 - Leucemia acuta eritroide, Mó. Aspirato midollare: a) spondono prognosi piuttosto bene definite
numerosi eritroblasti e proeritroblastì; b) eritroblasto plurinu- (rispettivamente favorevole, intermedia o sfavo­
cleato gigante. revole);
442 Leucemie acute

Fig. 14 - Leucemia acuta megacariobiastica, M7. Si osservi la presenza di gemmazioni citoplasmatiche.

Leucemia acuta mieloide con t{8;21){q22;q22) (AMLì/ETO)


LEUCEMIA ACUTA MIELOIDE Leucemia acuta mieloide con eosinofilia nel midollo e inv(16)(pl3q22) oppure
con anomalie cromosomiche t(16;16)(pl3;q22) (CBFp/M YHll}
ricorrenti Leucemia acuta promielocitica con t(ì5;17)(q22;q 12) (PML/RARa e varianti)
Leucemia acuta mieloide con anomalia cromosomica 1 lq 23 (MLL)
LEUCEMÌA ACUTA MIELOIDE Evoluta da precedente sindrome mielòdisplastica (MDS) o mieloproliferativa (MP)
con displasia associata a più Non evoluta da precedente MDS o MP ma con displasia in almeno il 50% delle cellule
;
filière in due o più filiere
LEUCEMIA ACUTA MIELOIDE ì Secondaria ad agenti alchilanti e radiazioni
e MIELODISPLASIA Indotta da inibitori della topoisomerasi II (alcune di tipo linfoide)
Indotta dalla terapia Altro
Leucemia acuta mieloide con minimi segni di differenziazione
(M I della classificazione FAB)
Leucemia acuta mieloide senza maturazione (M0 della classificazione FAB)
Leucemia acuta mieloide con maturazione (M2 della classificazione FAB)
Leucemia acuta mielomonocitica (M4 della classificazione FAB)
LEUCEMIE ACUTE MIELOIDI
Leucemia acuta monoblastica/monocitica (M5 delia classificazione FAB)
NON ALTRIMENTI
Leucemia acuta eritroide (eritroide/mieloide ed eritroleucemia pura)
CLASSIFICABILI (M6 della classificazione FAB)
Leucemia megacariobiastica (M7 della classificazione FAB)
Leucemia acuta basofiia
Panmielosi acuta con mielofibrosi
Sarcoma mieloide
Leucemie acute mieioblastiche 443

b) leucemie acute mieloidi con displasia plurilinea- mielofibrosi e il sarcoma mieloide ( a prognosi
re, conseguente o meno a precedente sindrome intermedia) (Tab. 5).
mielodisplastica o mieloproliferativa/mielodi-
Si è inoltre definito che tutti i quadri con infiltra­
splastica (a prognosi sfavorevole);
zione Mastica midollare superiore al 20% devono essere
c) leucemie acute mieloidi (e sindromi mielodi- classificati come LAM, sottraendo quindi dalle SMD la
splastiche) indotte dalla terapia (a prognosi par­ variante RAEB-t, caratterizzata da blasti midollari com­
ticolarmente infausta); presi tra il 20 e 30%.
d) leucemie acute mieloidi non altrimenti classifi­ La tabella 6 dimostra la corrispondenza fra le
cabili, per le quali ci si riferisce alla classificazio­ due forme di classificazione, FAB e WHO.
ne FAB (M0-M7) e tra le quali vengono compre­ Un'altra variante identificata dal WHO è rap­
se la forma basofila, la panmielosi acuta con presentata dalla leucemia acuta bifenotipica

■-.- / a •• ^ :: w ho : ; .• . ' .• ^v \ . .V. • FAB v. . : y


AML {> 30% blasti midollari} e RAÉB^t
leucemìa AcutaMieloide (AML) ( :: 20% blasti midollari)
{> 20% ma < 30% blasti midollari)
Grujppo ì : AML con anomalie citogenetiche ricorrenti ^ ^ -A. ' •
AML con t{8;21)(q22;q22}/ (AML/ETO) (M2)
Leucemia Acuta Promielocitìca con f(l 5;17)(q22;qT 2), (PML/RARa} e varianti M3, M3v
AML con eosinofilia midollare e inv(16)(pl 3;q22) o t{1 ó;16}(pl 3;q22), [CBF/MYH11) | M4 eo
AML con aberrazioni di 11q23 (MU) (M l, M2, M4, M5)
- Gruppo 2: AML con displasia multiiineare .: ,
Post-MDS oMDS/MPD (Malattia mieioproliferativa) j
Senza precedente fase MDS o MDS/MPD ma con displasia in almeno il 50% (Leucemia acuta trilineare}
delle cellule in > 2 linee mieloidi
y Gruppo 3:^y^L é MDS^ therapy rM ■ ■ \
Agenti alchilanti/radiazioni
Inibitori della Topoisomerasi 1!
Altre
- Gruppo 4: AML, non altrimenti classificabili ■
':r • \ • /•.
AML, a minima differenziazione M0
AML, senza segni di maturazione MI ;
AML, con maturazione M2
AML, mielomonocitica M4
AML, monoblastica/monocitica M5a, M5b
Leucemia eritoride acuta M6
Leucemia megacarióblastica acuta
Leucemia basofila acuta
Pan mielosi acuta con mielofibrosi
Sarcòma mieloide
Leucemia acuta bifenotipica
Leucemia acuta bidonale
Leucemia acuta indifferenziata
Da: Ciccone M, Cavazzini F. Castoldi G: Cytoqenetics and molecular cytiqenetics in diaqnosis and proqnosis of hematologic malignancies.
Trends Med 2006; 6(1):41 -55.
444 s Leucemie acute
Sistema a punteggio utilizzabile per mosoma Ph (Philadelphia) t(9;22) (q 34;qll), ano­
malie del cromosoma 5 e 7 (in genere delezioni del
la definizione delle leucemie acute e
braccio lungo).
per la: identificazione delle leucemie
bifenotipiche

Punteggio B T Mieloidi
U Leucemie acute linfoblastiche
La classificazione FAB (Bennett et al., 1976) rico­
CD79a CD3 (cy/m) nosce tre principali varianti morfologiche, denomi­
anti-MPO
2 cy IgM anti-TCRap nate L I, L2 ed L3 (Tab. 8) con caratteristiche nuclea­
anti-TCRyS anti-lisozima
cy CD22 ri e citoplasmatiche ben definite, rispettivamente
una forma ad elementi linfobìastici piccoli e dimen­
CD 19 CD13 sionalmente omogenei (LI), una con blasti aniso-
CD5 morfici (L2) e una con blasti grandi isomorfici a
1 CD10 CD33
CD8 citoplasma fortemente basofilo e vacuolato (L3 o
CD20 Cdw65
CD10 Burkitt-like) (Figg. 16,17,18).
Questa suddivisione è fondata su criteri esclusi­
CD14 vamente morfologici e non consente di distinguere
TdT
CD15 le leucemie linfoblastiche B dalle T, distinzione che
0.5 CD7
CD24 CD64 può essere fatta solo in base alla caratterizzazione
CDla immunofenotipica; mentre le leucemie linfoblasti­
CD117
che B e T possono avere la morfologia tanto delle
Una leucemia è definita bifenotipica quando lo score per la linea forme L I che delle L2, alle L3 corrispondono sempre
mieloide e una delle linee linfoiai è superiore o 2. In caso di score leucemie acute con blasti che esprimono un. fenotipo B
compreso tra 0.5 e 2 si tratta di leucemia acuta con minima devia­ cellulare maturo e che pertanto non derivano da ele­
zione fenotipica. L'attribuzione della filiera è data da un punteggio menti precursori delle filiere linfoidì ma da elemen­
superiore a 2 per una unica filiera ematopoietica. ti B linfocitari già "committed". Poiché i dati immu­
nologia hanno recentemente contribuito ad una
(BAL), rara e caratterizzata dalla espressione simul­ suddivisione dei singoli citotipi delle leucemie lin­
tanea nei blasti leucemici di marcatori immunofe- foblastiche in termini più compiessi di quanto non
notipici, molecolari e/o citochimici di origine diffe­ fosse deducibile dalla applicazione di tecniche mor-
rente (ad esempio mieloide e linfoide T o B). Queste fologico-citochimiche, si è resa necessaria per que­
forme appartengono al gruppo delle leucemie acute sto gruppo di leucemie l'adozione di criteri integra­
ibride o miste a cui appartengono anche le leucemie ti morfo-immunologici per una adeguata valutazio­
acute bilineari o bidonali, in cui si rileva una dop­ ne delle singole sottovarianti (Tabb. 9 e 10) che defi­
pia popolazione di blasti (una mieloide e l'altra lin­ nissero preliminarmente l'appartenenza del quadro
foide, o una linfoide T e l'altra linfoide B) (Tab. 7). leucemico alla filiera B o T, e secondariamente,
Sia le BAL che le LA ibride hanno generalmente identificassero il livello maturativo nello schema
una prognosi particolarmente infausta in conside­ ontogenetico linfoide normale.
razione della scarsa responsività ai trattamenti cito- In effetti le reazioni citochimiche sono meno atte
riduttivi. Non vi sono aberrazioni cromosomiche dì quelle immunologiche a seguire le fasi differen-
caratteristiche; talora si osserva la presenza del cro­ ziative linfoidi che comportano, come presso altre

; Classificazione FAB dellé leucemie acute linfoblastiche

^ ;ì ^^vi ■
;: ^ r; f v;-;: ^ ^ 'ir. • :K:; • PAS FA p-giic a-NAE

Prevalenza di cellule piccole, diametro omogeneo, nucleo dì forma + /—+ 4 + /-/+ + /+ +


LI regolare, talora indentato; cromatina addensata, scarso citoplasma : +
debolmente basofilo (2/3) (< l/3 ) (< l/3 )

Prevalenza di cellule grandi, eterogenee, nucleo di forma irregolare, 4-/4- 1 1 : + /+ + + /+ +


L2 cromatina finemente dispersa, nucleo prominente, citoplasma mode­ ;+ v
ratamente abbondante con basofilia variabile (1/3) (3/4) (1/2)

Cellule uniformemente grandi/nucleo regolare e tondeggiante, cro­


L3 matina lassa, presenza di 1 o più' nucleoli, citoplasma spiccatamen­ •—/+ IV -/+ -
te basofilo e frequentemente vacuolizzato
LI : LAL a piccole cellule; L2: LAL a cellule piccole e medie; L3:
LAL a grandi cellule (Burkitt iike).
Reazioni citochimiche: PAS = Acido periodico di Shiff; FA = fosfatasi acida; p-glic = |3 glicuronidasi; a*NAE = a-naftil acetato esterasi.
Leucemie acute linfoblastiche & 445

Fig. 16 - Leucemia acuta iinfobfastica. a) LI FAB; b} L2 FAB; c) L3 FAB, "Burkitt like".

popolazioni cellulari, la progressiva esaltazione di ratìva dei singoli sottotipi, con estrinsecazione di una
alcune attività enzimatiche e l'attenuazione di altre positività degradante per frequenza dalle forme di
secondo uno spettro sequenziale. Inoltre, ancor LLA-c, alle forme di LLA-T sino ai quadri di LLA-B
quando la progressione differenziativa possa essere che risulterebbero frequentemente negativi.
delineata entro schemi generali in base ad alcune La fosfatasi acida è generalmente ritenuta un m ar­
reazioni citochimiche principali (PAS, a-naftil-ace- catore selettivo degli elementi della LLA-T per la
tato esterasi acida - ANAE, fosfatasi acida, (S-glicu- conformazione del precipitato intenso e localizzato
rortidasi a livello degli elementi linfoidi normali), in posizione paranucleare e per la sua costante cor­
non altrettanto può essere fatto a livello dei blasti rispondenza topografica a livello delle membrane
leucemici ove le asincronie maturative sono mag­ della zona di Golgi nelle osservazioni ultrastruttu­
giormente evidenti e la sovrapposizione di «livelli rali. Come già è stato osservato per la reazione del
maturativi» può essere notevole. PAS, anche nel caso della fosfatasi acida la reazione
La reazione del PAS che è stata per lungo tempo assume significato diagnostico soprattutto per l'ele­
considerata caratteristica preminente della maggior vata frequenza di positività delle forme LLA-T
parte delle leucosi linfoblastiche acute ed in partico­ rispetto alle altre varianti piuttosto che per la selet­
lare prerogativa spiccata della variante più frequente tività cellulare. Anche le caratteristiche morfologi­
(LLA-common), sembrerebbe attualmente distribuir­ che del precipitato della reazione («focale») nella
si secondo una funzione inversa dell'attività prolife- maggioranza dei casi, potrebbero a livello di alcune
forme di LLA-T assumere aspetto granulare diffuso
o misto (focale e granulare).
L'a-naftil-acetato esterasi acida (ANAE) che si ritie­
ne possa identificare una sottopopolazione di ele­
menti T dimostra a livello dei blasti leucemici una
distribuzione non dissimile da quella della fosfata­
si acida. In base a queste considerazioni l'originale
distinzione morfologica delle classificazioni FAB
può essere adeguatamente integrata con l'apporto
delle reazioni citochimiche e con i dati derivanti
dalla definizione del fenotipo mediante tecniche
immunologiche (Tabb. 9 e 10) (Fig. 19).
Anche per le leucemie linfoblastiche acute sono
state identificate aberrazioni cromosomiche dotate
di carattere distintivo, in grado di contrassegnare
«specificamente» non solo talune sottovarianti, ma
Fig. 17 - Leucemia linfobiastica dei precursori B. Biopsia ossea anche di conferire un significato prognostico per
con pressoché completa sostituzione de! midollo emopoietico da
parte di una popolazione monomoria di blasti di piccola taglia quanto riguarda la risposta alla terapia ed alla
(LI). sopravvivenza dei pazienti.
446 Leucemie acute

Fig. 18 - Leucemia iinfoblastìca dei precursori T. Biopsia osteomidollare: a) spazio inferfrabecolare iperceliulare (100%) compieta-
mente occupato da elementi blastici; b) i linfoblasti T presentano nucleo a disegno convoluto e sono evidenti diverse immagini miio-
tiche; c) reattività immunoistochimica per CD34 dei blasti, si notano inoltre un megacariocito ed un isolotto di eritroblasti; d) reat­
tività immunoistochimica per CD 117 fc-kit).

i Classificazione immunologica delle leucemie acute linfoblastiche

Variante common (comune) anche denominala a cellule pre-preB (60% deile LAL dell'adulto e 85% delle LAL del bambino).
Caratterizzata da blasti positivi per l'antigene comune della LAL (cAlia o CD10), per l'antigene di classe 11del sistema HLA (HLA-
DR) per l'enzima TdT (terminal-desossìnucieotidil transferasi) e per alcuni antigeni precoci di differenziazione riconosciuti dagli
anticorpi monoclonali anti CD 19 e anti CD24. La prognosi è favorevole, e sopravvivenze superiori ai 5-7 anni sono osservabili
con elevata frequenza.
Variante pre-B. Caratterizzata dalla presenza nei blasti di catene pesanti M intracitoplasmatiche in assenza di catene leg­
gere k o X. Si osserva nel 15% delle LAL dell'adulto e in meno dei 5% delle LAL del bambino, in genere assenti o debol­
mente espressi l'antigene cALLa e la TdT. 1blasti reagiscono con anticorpi monoclonali anti-CD19, CD24, CD21 e CD22.
Assenti le immunoglobuline di superficie. La prognosi è assai meno favorevole rispetto alla variante common.
Variante a cellule B. E contrassegnata da blasti con fenotipo caratteristico del linfocito maturo (presenza di immunoglobuli­
ne di superficie di tipo IgM, positività per marcatori CD21 e CD22 e areaftività per il cALLa e la TdT. Corrisponde nel 90%
dei casi alla variante morfologica L3 (Burkitt like) ed è caratterizzata da una prognosi infausta a breve termine (1 -2 anni).
Variante a cellule T. Variante poco frequente (15-20% delle LAL dell'adulto e < 5% delle LAL dei bambino). I linfociti for­
mano rosette E, reagiscono con anticorpi di classe di differenziazione CD7, CD2, CD3. Colpiscono preferenzialmente sog­
getti di sesso maschile, e sono caratterizzate da elevata conta leucocitaria, presenza di masse mediastiniche (correlate a
localizzazioni timiche), tropismo gonadico, e frequente coinvolgimento del sistema nervoso centrale. La prognosi è assai
simile a quella mostrata dalla variante common.
Variante pre-T. Caratterizzata dalla presenza, nei blasti leucemici, di marcatori precoci di differenziazione dei linfociti T (TdT, CD1,
CD38, CD7) e assenza di marcatori tardivi (CD2).
Leucemie acute linfoblastiche & 4 4 7

Classificazione immunologica delle leucemie linfoblastiche acute (LAL) T e B

LAL-B TdT CD19 CD79a cyCD22 CD10 cyiL, cycD79(3 Slg


Pre-pre-B B1 + ■: + + + - - -
Common B B2 + !- I + : + ; ; _ ^'■■
.
Pre-B B3 + + f- ... i . -h : - :
B matura B4 - + /: : +/ ' ■■■:■ ..+■ ■- + /— ■
■ +
LAL-T TdT CyCD3 CD7 CD2 CD5 CDla sCD3
Pro-T II ■+ ; + . . - - -
Pre-T T2 ■■+ ' l ■ ■ + ■■ ■+ l- ■
T corticale T3 + ■. + ... "* / .
T matura T4 +Z- ■ + + ■■■■ ■+., ■ . . -

Cy= espressione citoplasmatica

La figura 19 riporta imo schema differenziativo effetti destruenti degli infiltrati leucemici nei
delle filiere linfoidi T e B che dimostra le aberrazio­ vari organi e tessuti;
ni cromosomiche più significative in rapporto ai 3) alterazioni legate alla patomorfosi, dipendenti dal­
singoli quadri linfoproliferativi originanti in corri­ l'azione esercitata dai farmaci antiblastici sulle
spondenza di ben definiti citotipi. Tra queste ricor­ cellule leucemiche e sui tessuti non leucemici.
diamo la t(4;ll)(qll;q23) (con formazione del gene
di fusione AF4-MLL; frequente nelle forme B preco­ Alterazioni primitive. La proliferazione leuce­
ci dell'adulto e nella variante congenita infantile, a mica interessa elettivamente e sempre gli organi
prognosi infausta), t(l;19) (q23;pl3-3) (con forma­ emolinfopoietici (midollo osseo, linfonodi, milza e
zione del gene di fusione PBX1-E2A, frequente fegato), coinvolgendo di regola, per quanto meno
nelle forme B precoci, a prognosi intermedia-favo- gravemente e diffusamente, anche gli altri organi e
revole), cromosoma Filadelfia t(9;22) (q 34; q ll) tessuti. Per questo suo carattere sistemico, la proli­
(con formazione del gene di fusione BCR/ABL, fre­ ferazione leucemica sin dall'inizio interessa l'intero
quente nelle forme B precoci, a prognosi sfavorevo­ sistema emopoietico, è cioè generalizzata (in quanto
le), t(8;14) (q24;q32) (con formazione del gene di estesa di regola anche agli organi non emopoietici).
fusione c-Myc-IgH, tipica della forma L3 Burkitt- Altre caratteristiche della proliferazione leucemica
like, a prognosi sfavorevole). La maggior parte sono: la primitività (non essendo riferibile a momen­
delle LAL presentano un corredo aneuploide (evi­ ti causali definiti), la elettività (nei riguardi di una
denziabile con tecniche citogenetiche o di citome- determinata serie cellulare emopoietica), la irrever­
tria a flusso), più frequentemente iperdiploide sibilità (che esprime la «malignità» del processo) e
(60%) che ipodiploide (10%). Yanaplasia, essendo costituita da elementi cellulari
immaturi ed in parte anche atipici.
La proliferazione leucemica classica è quella dif­
fusa, omogeneamente distribuita negli organi inte­
All'esordio della malattia sono in genere presen­ ressati, sicché questi mantengono la loro forma e,
ti segni e sintomi da insufficienza midollare: ane­ sino ad un certo punto, la loro struttura, pur essen­
mia, piastrinopenia, astenia, manifestazioni emor­ do largamente infiltrati da cellule leucemiche. Si
ragiche muco-cutanee, tachicardia e talora febbre manifesta al tavolo anatomico nei vari organi sotto
correlata a patologie infettive. In circa 30-50% dei forma di punteggiature o di fini strie grigiastre.
casi è presente linfoadenopatia, epato-splenomega- La proliferazione leucemica a focolai circoscritti,
lia; un impegno mediastinico e il coinvolgimento meno frequente, può essere micro- o macronodula-
del sistema nervoso centrale sono in genere presen­ re, fino a masse grossolane neoplastiformi, di aspet­
te nelle forme T. to metastatico.
Indipendentemente dalla serie cellulare interes­ Isto log icam en te, gli infiltrati leucemici (con
sata, tutte le varie forme di leucemia presentano eguaglianza del reperto nei diversi organi colpiti)
alterazioni morfologiche di base che costituiscono il possono avere sede endovasale, perivasale e nelle
quadro generale delle leucemie e che sono: maglie del reticolo. L'accumulo di elementi bianchi
immaturi nel lume dei piccoli vasi e dei capillari
1) alterazioni primitive, direttamente connesse alla ectasici nei vari organi e tessuti è patognomonico
proliferazione leucemica; della leucemia, e viene oggi dai più interpretato nel
2) alterazioni secondarie, dovute solo in parte agli senso di un ristagno endovasale delle cellule leuce-
448 : Leucemie acute
CELLULA
STAMINALE
EMATOPOIETICA
PLURIPOTENTE

LAL pro B t (4;11) (q21 ;q23)


«Early B precursor ALL» 1 (9;22) (q34;qt1)

Pre-Pre-T,

del (9p) LAL Pre-PreT


o o
Pre-B-intermedia
LAL «common»

del (6) (q21-2S)


to del (12p)
t(9;22)(q34;q11)
corredo quasi apioide

o
Pretimocila
LAL «common»

LAL Pre-T
]o Pre-B

t(1;lS ) (q23;p13)

Timocita comune O LAL «Pre-B» 1(9;22) (q34;q11)


del (9p)

o
B-precoce
1(11;14)(p13,q13) LAL-T

o
0el(6)(p21-25) LinfQ m a
¡nv. (14)(q11;q32) L ln ,o m a
LAL «B-precoce»
I.
B-vergine
Timocita maturo TH Timocita maturo Ts
LAL-T
Linfoma o 1
o! LAL-T
Linfoma
t (8;14) (q24;q32)
t (2:8) (p12;q24)
t (8;22> (q24;q11)
del (6) (q21 -25)

Linfocita Th Linfocita 1s

LLC-T
Linfoma lint. T
Lini, cutaneo
o o LLC-T
Linfoma

anom. staiti, cr. n. 12


+12 ► + 1 2 ,14q+
inv. (14) (ql1 ;q32) ^ 1 (14;18) (q32;q21)
" t(11;14) (q13:q32)
t(8;14) (q24;q32)
(non Buikitt)

Plasmacellula

Mieloma
Fig. 19 - Schema delle principali aberrazioni cromosomiche in rapporto ai C j
citotipo di origine della malattia linfoproiiferativa.

miche circolanti (leucostasi). Gli infiltrati leucemici a tie, perché contrariamente a questi ultimi che sono
sede perivasale possono essere presenti in ogni costituiti da elementi eritroleuco- e spesso anche
organo; si differenziano dai focolai emopoietici piastrinopoietici, risultano di cellule appartenenti
compensatori di possibile riscontro in altre emopa­ ad una sola serie leucopoietica. L'infiltrazione tra le
Correlazioni anatomo-cliniche - 449

maglie del reticolo si evidenzia negli organi a strut­ mieloidi) e le cellule linfoidi (forme linfatiche), con
tura reticolare e quindi soprattutto nella milza (cor­ più o meno forte riduzione degli elementi eritroidi
doni di Billroth), nei linfonodi (cordoni della midol­ e piastrinopoietici.
lare) e nel midollo osseo (tra le maglie che racchiu­ I linfon odi sono aumentati di volume in ogni
dono gli elementi emopoietici). Di regola l'infiltra­ forma di leucemia. Tuttavia, di regola, l'adenome-
zione leucemica endovasale prevale nelle forme galia è discreta nella leucemia mieloide e può esse­
mieloidi e quella perivasale nelle forme linfatiche. re invece assai notevole (fino a 4-5 cm di diametro)
A lterazion i dei singoli organi. Il m idollo osseo, nella leucemia linfatica cronica. Dato il carattere di
nei casi conclamati, è abbondante e di colorito bian- sistematicità della malattia leucemica sono interes­
co-grigiastro per la proliferazione delle cellule leu­ sati tanto i linfonodi superficiali (cervicali, ascellari,
cemiche che vengono man mano a sostituire il nor­ inguinali) che quelli profondi (mesenterici, retrope­
male tessuto emopoietico invadendo anche il ritoneali) in fórma per lo più generalizzata, mentre
midollo grasso. Tutte le ossa vengono interessate, rari sono i casi caratterizzati da una tumefazione
ma più spiccate sono le lesioni a carico delle ossa passiva di un distretto linfonodale (più spesso quel­
spugnose (Fig. 20). Il quadro cito-istologico varia lo mediastinico). Macroscopicamente, i linfonodi
secondo il tipo di leucemia, ma sono comuni a tutte tumefatti sono ìndipendenti gli uni dagli altri e non
le forme: la ipercellularità, con scomparsa delle aderenti ai piani superficiali e profondi; la consi­
areole adipose, la immaturità cellulare (di regola stenza è midollare e la superficie di taglio bianco­
proporzionale al grado di acuzie del processo leu­ grigiastra, omogenea; nei casi con cospicua adeno-
cemico) ed il monomorfismo cellulare (più spiccato megalia, i follicoli linfatici non sono riconoscibili e
nelle forme acute) che contrasta nettamente con il possono anche aversi aree di necrosi. Istologica­
notevole polimorfismo del normale midollo osseo mente, l'architettura generale linfonodale è varia­
per l'armonica commistione degli elementi granu- mente alterata (Fig. 21). Del tutto cancellata nella
locitopoietici, eritropoietici e piastrinopoietici. Que­ leucemia linfatica, specie di tipo cronico, per una
sta struttura monomorfa, nel puntato midollare, ha diffusa proliferazione soprattutto di linfociti che
notevole valore diagnostico ed è un orientamento invade globalmente il linfonodo, sommergendo fol­
quasi certo per la leucemia acuta (Figg. 2, 17 e 18). licoli, seni e cordoni; l'attività mitotica è molto scar­
Nelle forme croniche dominano rispettivamente i sa; una modesta infiltrazione della capsula e del
granuloblasti in varia fase di maturazione (forme tessuto pericapsulare può essere presente. Nella
leucemia mieloide la struttura fondamentale è,
invece, spesso parzialmente conservata, l'infiltra­
zione leucemica (corrispondente al quadro emati­
co) svolgendosi soprattutto nel tessuto intercordo-
nale ed interfollicolare.
La m ilza è aumentata più o meno di volume in
tutte le forme di leucemia. I gradi più elevati di
splenomegalia, fino a pesi di 4-5 Kg, si riscontrano
nelle forme croniche, soprattutto nella leucemia
mieloide cronica (peso medio g 1500), mentre nella
leucemia linfatica cronica la splenomegalia è di
regola più modesta (700-800 g) ma, in alcuni casi,

Fig. 20 - Leucemia acuta mieloblastica: aspetto macroscopico Fig. 21 - Leucemia acuta mieloblastica. Sezione istologica di
dei corpi vertebrali (a) e delio sterno (b): gli spazi interlrabeco- linfonodo con sovvertimento della struttura per diffusa infiltra­
lari sono occupati da tessuto abbondante rosso-grigiastro e si zione di elementi blastici monomorfi.
nota la scomparsa dei tessuto adiposo.
450 Leucemie acute
spesso mieloidi, può essere la rottura spontanea (o
dopo traumi relativamente lievi) della milza, che si
verifica in sede di infarto o per infiltrazione leuce­
mica della capsula, e si ritiene favorita dai difetti
della coagulazione sanguigna. Istologicamente, la
struttura normale dell'organo è per lo più comple­
tamente cancellata per una infiltrazione diffusa o a
focolaio di cellule leucemiche, appartenenti alla
serie cellulare compromessa e facilmente indivi­
duabili in base alle caratteristiche morfologiche ed
enzimatiche (Fig. 23). In particolare, nelle leucemie
linfatiche si ritiene da taluni che il processo prolife-
rativo prenda inizio nei follicoli, che in effetti nelle
fasi precoci possono apparire più numerosi e più
Fia. 22 - Leucemia acuta linfoblastìca. Aspetto macroscopico grossi che di norma, ma privi di centri germinativi;
della milza nella cui polpa spiccano noduli biancastri a margi­ successivamente la proliferazione leucemica si
ni male definiti. estende alla polpa i cui limiti con i follicoli vanno
gradualmente scomparendo. Nelle forme mieloidi,
può assumere le proporzioni proprie delle forme le alterazioni hanno sede nella polpa che, infarcita
di elementi granuloblastici, viene ad assumere un
mieloidi. Nelle leucemie acute, la tumefazione sple-
aspetto simile al midollo; mancano però cellule eri-
nica è per lo più modesta e può non essere clinica-
troidi e megacariociti, la cui presenza deve suggeri­
mente apprezzabile; nelle varietà linfoblastiche del­
re una emopoiesi compensatoria in associazione
l'infanzia, o nelle forme a più lunga sopravvivenza,
alla leucemia mieloide cronica od un quadro di
non supera generalmente che di due o tre volte il
mielofibrosi idiopatica. I follicoli appaiono com­
peso normale. Macroscopicamente, l'organo, anche
pressi dalla proliferazione leucemica pulpare e tar­
quando notevolmente ingrandito, tende a conser­ divamente scompaiono del tutto. Una notevole
vare la sua forma e le sue incisure; la capsula è per emosiderosi può essere presente. L'osservazione
lo più liscia ma possono esistere aderenze con i tes­ istologica dei vasi linfatici splenici nelle leucemie è
suti circostanti. Di consistenza aumentata, presenta ritenuta importante nella diagnosi differenziale tra
sulla superficie di taglio una polpa abbondante di forme linfatiche e mieloidi: questi vasi linfatici, a
colore grigiorossastro, raschiabile ma non fluente; sede subintimale nelle vene trabecolari e perivasco­
talora si riscontrano nodulini bianco-grigiastri di lare nelle arterie ed arteriole trabecolari, sarebbero
vario volume simili a follicoli ipertrofici (forme lin­ infatti dilatati e colmi di cellule leucemiche nelle
fatiche) (Fig. 22) o strie grigiastre che conferiscono forme linfatiche, ed invece vuoti e collassati nelle
all'organo un aspetto variegato (forme mieloidi). forme mieloidi dove solo la polpa sarebbe infiltrata
Assai frequenti, nelle leucemie mieloidi croniche, dalle cellule leucemiche. È stata tuttavia osservata
gli infarti ischemici, antichi e recenti, in varia fase di proliferazione endolinfatica anche in casi certi di
evoluzione, per trombosi leucemica delle arterie leucemia mieloide, mettendo in dubbio il significa­
trabecolari alla cui genesi contribuiscono le modifi­ to diagnostico del reperto ai fini della distinzione
cazioni discrasiche del sangue e l'aumento delle tra le forme mieloidi e linfoidi.
piastrine. Una rara complicanza, osservata tanto Il fe g a to è costantemente interessato nelle leuce­
nelle leucemie acute che in quelle croniche più mie, siano esse di tipo mieloide o linfatico. L'au­

Fig. 23 - Leucemia acuta mìelobiastìca. a}, b) aspetto istologico li infiltrazione leucemica splenica.
Correlazioni anatomo-cliniche £ 451

mento di peso, modesto nelle forme acute, può in ricerche sistemiche nel 35-44% dei casi ed in veri­
essere invece considerevole nelle forme croniche, tà con maggior frequenza nelle forme acute. Tratta­
specie di tipo mieloide, sino a pesi di 4-5 Kg (peso si soprattutto di fenomeni di leucostasi, per cui i
medio 2500 g). Il fegato, ingrossato, liscio, consi­ capillari ed i vasi venosi del miocardio appaiono
stente, di colorito pallido giallastro ha margini arro­ stipati di cellule leucemiche, ma anche di infiltrati
tondati. Sulla superficie di taglio è possibile osser­ perivasali interstiziali in forma diffusa o nodulare,
vare una fine punteggiatura o striatura grigiastra in rari casi apprezzabili già macroscopicamente.
corrispondente agli infiltrati leucemici; focolai Infiltrati leucemici possono riscontrarsi anche nel
nodulari sono più comuni nelle forme linfatiche. connettivo subepicardico (da taluni ritenuti respon­
Istologicamente, gli infiltrati leucemici tendono ad sabili della cos. pericardite leucemica) ed in quello
assumere aspetti differenti secondo il tipo della leu­ subendocardico.
cemia (Fig. 24). Nelle forme mieloidi (e monociti- Tutti i vasi di piccolo, medio e grosso calibro,
che), l'infiltrazione leucemica ha sede nell'interno compresa l'aorta, possono essere istologicamente
dei lobuli, nelle pareti e nel lume stesso dei sinusoi­ sede di infiltrati leucemici, per lo più awentiziali
di, ed interessa scarsamente gli spazi portali. Nelle ma a volte anche medio-intimali (piccole arterie).
forme linfatiche, invece, gli infiltrati hanno classica- Più frequenti sono le lesioni venose che possono
mente sede negli spazi portali e le aree lobulari accompagnarsi a quadri di trombosi o di trombofle­
sono relativamente risparmiate. Nella varietà bite leucemica. Un aspetto particolare è la trombosi
monòcitica «pura» è prevalentemente intrasinusoi- dei corpi cavernosi del pene (che si manifesta clini­
dale e si associa ad ipertrofia e proliferazione delle camente con il priapismo), quasi esclusiva delle
cellule di Kupffer e degli endoteli. Goldberg et a l forme mieloidi, pur essendo stata osservata anche
per la proliferazione di cellule linfatiche negli spazi nei casi di leucemia linfatica. La trombosi venosa
portali hanno coniato il termine di infiltrati prolifera­ leucemica è favorita dalla stasi leucocitaria, dall'au­
tivi linforragici, ritenendo trattarsi di vasi linfatici mento delle piastrine (forme mieloidi), dalla infil­
zaffati di cellule leucemiche, le quali infiltrerebbero trazione leucemica delle pareti vasali e dal sovrap­
in seguito anche i tessuti circostanti. In base all'in­ porsi di agenti infettivi.
teressamento prevalente dei sinusoidi intralobulari I polm on i, in aggiunta a fenomeni di edema e di
o al contrario delle zone portali, sarebbe possibile broncopolmonite terminale, nel 30% circa dei casi
riconoscere istologicamente, nelle leucemie acute, (senza rilevanti differenze tra le varie forme) pre­
un orientamento mieloide nel primo caso e un sentano localizzazioni leucemiche, per lo più solo
orientamento linfoide nel secondo caso. Oltre agli istologicamente documentabili (eccezionali gli infil­
infiltrati leucemici vanno ricordati: la steatosi a pic­ trati nodulari). Abitualmente gli infiltrati leucemici
cole o medie gocce degli epatociti, il deposito di hanno sede peribronchiale, specie a livello dei pic­
emosiderina (più abbondante nei soggetti politra­ coli bronchi; frequente è anche il reperto di mani­
sfusi), ed il possibile reperto di una fibrosi portale cotti perivascolari e di infiltrati subpleurici (con
(fino a quadri similcirrotici), soprattutto in soggetti pleurite siero-fibrinosa o siero-emorragica); la leu­
sottoposti a trattamenti antiblastici. costasi (particolarmente evidente a livello dei capil­
Il cuore, oltre agli abituali fenomeni di degenera­ lari alveolari che appaiono ingorgati di cellule leu­
zione grassa del miocardio (a volte con l'aspetto del cemiche) può essere causa di trombosi. Oltre agli
cor tigratum), riconducibili alla grave anemia ed infiltrati leucemici (perivascolari, peribronchiali,
anossia, ed alle frequenti emorragie puntiformi parenchimali, subpleurici), si riscontrano frequen­
subepicardiche e/o subendocardiche, è spesso isto­ temente gravi fatti flogistici, polmoniti da germi
logicamente sede di infiltrati leucemici, riscontrati Gram positivi e negativi, da funghi (Candida Albi-

Fig. 24 - Fegato. Quadro istologico in corso di: a) leucemia linfoblastica acuta, con infiltrazione monomorfa nodulare degli spazi
portali; b) leucemia mieloblastica, con evidenza di elementi leucemici intrasinusoidali.
452 s Leucemie acute
cans e non Albicans, Aspergillo ecc) e da virus tiche e nelle leucemie acute infantili. All'esame
(CMV), spesso a tendenza necrotizzante e con scar­ macroscopico i reni risultano ingranditi (anche 2-3
sa reazione istogena. In casi di sopravvenuta bron­ volte la norma) e mollicci; la capsula è ben svolgibi­
copolmonite, l'essudato endoalveolare può appari­ le e la superficie liscia. La superficie di taglio, palli­
re ricco di elementi mieloidi immaturi. da, può mostrare aree grigiastre di infiltrazione leu­
La compartecipazione dell 'apparato digerente cemica, o, più di rado, formazioni nodulari. I limiti
nella malattia leucemica è da tempo nota. Partico­ tra corticale e midollare sono confusi (Fig. 25). Isto­
larmente frequente, specie in era preantibiotica, la logicamente, l'infiltrazione leucemica ha sede pre­
stomatite necrotico-ulcerativa che può interessare lab­ valentemente nella corticale, tra i tubuli ed attorno
bra, gengive, faccia interna delle guance, lingua, ai glomeruli le cui anse vascolari possono essere
pilastri palatini e tonsille, accompagnandosi talora ripiene di cellule leucemiche. L'epitelio dei tubuli,
ad enteropatia necrotizzante (intestino tenue, separati o compressi dal tessuto leucemico, presen­
appendice, colon ascendente); può costituire la ta alterazioni regressive più o meno gravi, ed anche
lesione iniziale di una leucemia acuta, specie infan­ di tipo atrofico. A causa della iperuricemia (partico­
tile. Indipendentemente dalla esistenza di ima sto­ larmente elevata nelle forme leucemiche acute e
matite necrotica, può esistere una gengivite ipertrofi­ nelle forme mieloidi croniche), il 5% circa dei leuce­
ca, caratteristica della leucemia monocitica, con mici presenta calcoli renali composti di acido urico.
facile sanguinamento e frequente infezione batteri­ Può coesistere una nefropatia urica ostruttiva (per
ca sovrapposta, a livello della quale la biopsia può precipitazione di uratx nel lume del nefrone distale),
dimostrare l'esistenza di una infiltrazione leucemi­ causa non rara di insufficienza renale acuta nei leu­
ca. Nelle forme linfatiche le tonsille, spesso notevol­ cemici. La precipitazione sotto forma cristallina del­
mente ingrossate, sono sede di diffusa infiltrazione l'acido urico è legata ad un'abnorme eliminazione
leucemica. Ad esclusione dell'esofago, il cui interes­ di questo metabolica, dipendente dalla massiccia
samento è ritenuto raro, il tubo gastroenterico par­ liberazione di purine conseguente (specie nella
tecipa alla proliferazione leucemica, in forma diffu­ varietà linfoblastica) alla distruzione delle cellule
sa o circoscritta, nel 13-25% dei casi. Particolarmen­ da parte dei citostatici.
te colpite nella leucemia linfatica sono le regioni ric­ Per quanto riguarda l'apparato gen itale, va
che di tessuto linfatico, vale a dire l'ileo terminale, ricordata la relativa rarità dell'infiltrazione leuce­
l'appendice ed il colon; l'ingrossamento delle plac­ mica del testicolo (in sede interstiziale e peritubula-
che del Peyer, talora con ulcerazioni di aspetto re, con atrofia dell'epitelio seminifero e delle cellu­
similtifoso, può anzi rappresentare al tavolo anato­ le di Leydig), in contrasto con la frequente compro­
mico un elemento per differenziare la leucemia lin­ missione dell'apparato genitale femminile (30-40%)
fatica dalla leucemia mieloide. Comune il riscontro d elie ovaie in primo luogo (con aspetti a volte neo-
di infezioni fungine (Aspergillosi, Candidiasi, plastiformi) ma anche delle tube e dell'utero (Gil-
Moniliasi). lin). Tuttavia nelle forme di leucemia acuta soprav­
Il rene, dopo gli organi emolinfopoietici, è l'or­vissute a lungo in seguito alla terapia, secondo le
gano più frequentemente interessato nella leuce­ osservazioni più recenti, la localizzazione testicola­
mia. Anche prescindendo, infatti, dalle alterazioni re tardiva non è rara, anzi può essere la sede da cui
aspecifiche (edema, emorragie, processi regressivi parte una recidiva. Estremamente rare le localizza­
tabulari), infiltrati leucemici sono presenti nel 40% zioni mammarie.
dei casi, con particolare incidenza nelle forme linfa­ L'interessamento del sistem a nervoso centrale

Fig. 25 - Leucemia acuta mieloide: il rene


mostra sulla superficie di sezione aree grigia­
stre di infiltrazione leucemica e punteggiature
emorragiche; le piramidi nella midollare sono-
congeste.
Correlazioni anatomo-cliniche & 453

nelle leucemie occupa una posizione di rilievo, non tre, il «tumore» timico precede per settimane o per
solo come accidente emorragico in corso di leuce­ gran parte del decorso l'invasione leucemica del
mia acuta o riacutizzata; le localizzazioni leucemi­ midollo e del sangue circolante, realizzando una
che al S.N.C., se ricercate istologicamente, specie vera e propria «leucemia timica».
nei soggetti trattati con farmaci antileucemici, sono Le lesioni cutanee più comuni sono rappresen­
in realtà frequenti, riscontrandosi nel 20-40% dei tate dalle manifestazioni emorragiche (petecchie,
casi. Gli infiltrati leucemici prediligono le meningi ecchimosi ecc.): possono comparire però anche
(dura madre in specie) ed anche le localizzazioni lesioni aspecifiche polimorfe (leucemidi) e, specie
parenchimali, diffuse o nodulari, sono spesso nelle forme mieloblastiche, infiltrati leucemici (per
secondarie all'estensione degli infiltrati leptome- lo più noduli rosso-bluastri della grandezza da un
ningei, che accompagnano i vasi piali, nella sostan­ pisello ad una noce).
za cerebrale. Nell'encefalo le cellule leucemiche Non rari istologicamente gli infiltrati leucemici
assumono di regola una disposizione perivascolare nella muscolatura striata.
(Fig. 26), affollandosi nelle guaine perivascolari, e Le o ss a sono colpite particolarmente nell'età
solo di rado infiltrano le pareti dei vasi, il cui lume infantile, e le lesioni consistono in strie di rarefazio­
dilatato è colmo di elementi leucemici per leucosta- ne a banda parametafisarie, osteoporosi diffusa od
si. Infiltrazioni nodulari di aspetto neoplastiforme a chiazze, osteolisi, neoformazione periostea. Nel­
sono eccezionali. Rare sono le localizzazioni, isolate l'adulto si osservano lesioni più monotone, oste oli-
od estese/ nel midollo spinale. I nervi cranici (ecce­ tiche od osteoporotiche.
zionalmente quelli spinali) possono essere interes­ Tra gli organi di senso il più colpito è l'occhio:
sati a livello della loro uscita dalla scatola cranica particolarmente frequenti sono infatti le lesioni reti­
da parte degli infiltrati meningei. Per la diagnosi di niche (pallore, edema, infiltrati leucemici, emorra­
leucemia meningea notevole importanza ha assun­ gie), presenti nel 70-90% dei casi; si ritiene caratte­
to di recente l'esame citologico del liquor cefalora­ ristica della malattia la comparsa di emorragie «a
chidiano attraverso il reperto della leucoblastorra- centro chiaro» e margini rossi.
chia. La frequenza del riscontro di «meningosi leu­ Alterazioni secondarie. Si tratta di lesioni indi­
cemica» è molto cresciuta in rapporto al prolunga­ rettamente legate alla proliferazione leucemica, in
mento della sopravvivenza dei soggetti con leucosi gran parte già ricordate e che si riassumono nei
acuta. seguenti punti principali:
Nelle gh ian d ole endocrine, gli infiltrati leucemi­
ci sono per lo più parcellari e privi di rilevanti con­
seguenze clinico-funzionali. Nell'ipofisi, è interes­
sato soprattutto il lobo anteriore. Nella tiroide pos­
sono aversi infiltrati nodulari più o meno estesi. Il
surrene è più spesso interessato nella sua parte cor­
ticale.
Un cenno particolare merita il tim o, il quale seb­
bene di solito normale o con caratteri involutivi,
può presentare, specie nella leucemia linfoblastica
acuta T del bambino, ima vistosa megalia tanto da
condizionare una sintomatologia da compressione
mediastinica, conseguente a diffusa infiltrazione
leucemica dell'organo (Fig. 27). Non dì rado, inol-

Fig. 26 - Leucemia acuta linfoblastica: infiltrato leucemico peri­ Fig. 27 - Leucemia acuta linfoblastica T (ragazzo di 14 anni).
vascolare encefalico. Aspetto neopiastiforme del timo.
454 v Leucemie acute
- anemia, praticamente costante e di regola più degli spazi midollari e progressivo assottiglia­
grave nelle leucemie acute e nelle forme mieloi­ mento delle trabecole ossee;
di, nei confronti delle forme linfatiche; può rico­ - fenomeni regressivi (metamorfosi torbida, vacuo­
noscere un triplice meccanismo: 1) ridotta emo­ lare e grassa) a carico dei parenchimi (fegato,
poiesi per sostituzione del tessuto midollare reni e miocardio), in dipendenza dell'anemia e
rosso con tessuto leucemico proliferante (ane­ delTanossia ed aggravati dall'azione tossica dei
mia iporigenerativa); 2) aumentata emolisi non farmaci citostatici;
compensata sufficientemente da una iperprodu-
- emosiderosi e siderocromatosi viscerale, per iper-
zione di eritrociti (anemia emolitica); 3) ripetute
emolisi o per ripetute trasfusioni di sangue.
emorragie (anemia postemorragica). Va inoltre
ricordata razione tossica diretta sul midollo Patomorfosi iatrogenica delle leucemie. Il clas­
osseo dei farmaci citostatici. sico profilo della patologia delle leucemie ha subito
- diatesi emorragica: abituale nelle leucemie acute sostanziali modificazioni dopo l'introduzione in
ove può assumere ima gravità ed una estensio­ terapia dei farmaci antiblastici e si discosta notevol­
ne notevolissima, compare anche nel 25-30% dei mente dalle classiche descrizioni dell'era preche­
casi di leucemia cronica, mieloide o linfoide, per mioterapica. Mentre in passato la fenomenologia
lo più in occasione di ima riacutizzazione della morbosa del leucemico era dominata dai danni
malattia. Le manifestazioni emorragiche hanno derivanti dall'insufficienza midollare conseguente
la loro sede più frequente a livello della cute all'invasione del midollo da parte delle cellule leu­
(sotto forma di porpora, di ecchimosi o anche di cemiche (anemia, agranulocitosi, piastrinopenia), in
ematomi); altre sedi frequenti di emorragie epoca più recente l'impiego dì un'adeguata terapia
sono: la mucosa nasale (epistassi), gengivale di supporto (trasfusioni, antibiotici) ha limitato con­
(gengivorragie), la mucosa gastrica ed intestina­ siderevolmente la portata dei danni conseguenti
le (ematemesi e melena), la mucosa vescicale, all'insufficienza midollare mentre l'uso di farmaci
delle pelvi e dei calici renali (ematuria), la muco­ in grado di distruggere direttamente le cellule leu­
sa bronchiale (emottisi), la mucosa uterina cemiche ha contribuito a limitare l'espansione pro­
(metrorragie) e le sierose; non di rado, si hanno gressiva della popolazione neoplastica. Ciò, se da
emorragie intraparenchimali (cervello, surrene). un lato ha permesso il prolungamento della soprav­
La patogenesi della sindrome emorragica è com­ vivenza, dall'altro ha creato le condizioni indispen­
plessa, ma importanza prédominante assume la sabili per una più diffusa infiltrazione degli organi
presenza di una trombocitopenia e/o di un defi­ da parte delle cellule leucemiche (prima impedito
cit della funzionalità piastrinica, nei confronti dall'eccessiva brevità del decorso) e l'affiorare di
della componente vascolare (fragilità vasale) e una serie di complicazioni che talora per la loro evi­
di quella piasmatica : in alcuni casi, e quasi rego­ denza clinica prendono il sopravvento sulla patolo­
larmente nella varietà promielocitica, si sovrap­ gìa leucemica dì base e fanno pensare all'insorgen­
pone una sindrome da coagulazione intravasco- za di ima «seconda malattia». Scomparsa delle cel­
lare disseminata (CID). La piastrinopenia, a sua lule leucemiche dal sangue periferico e, nei casi più
volta, è la conseguenza della proliferazione di favorevoli, anche dal midollo, associata a gradi
cellule leucemiche nel midollo (o dell'azione variabili dì anemia aplastica, persistenza dì focolai
tossica dei citostatici). leucemici in sedi extraemopoietiche (meningi, testì­
colo, ovaia, rene, fegato, sierose ecc.), comparsa di
- trombosi venosa (con eventuali embolie polmonari),
gravi infezioni (specie a carico dell'apparato respi­
meno frequente della sindrome emorragica ma
ratorio), atipiche sia per l'etiologia che per la tumul-
non incompatibile con una tendenza emorragipa-
tuosità del decorso, costituiscono una triade caratte­
ra: viene riferita alla stasi circolatoria, alla discrasia
ristica di quella che da più parti (Lanza e Nenci) è
ematica, ed eventualmente alla piastrinosi, quale
stata definita la patomorfosi post-terapeutica della leu­
può verificarsi nella leucemia mieloide;
cemia. A complicare ulteriormente il quadro contri­
- fenomeni di necrosi settica, particolarmente fre­ buiscono infine i danni conseguenti all'azione tossi­
quenti a livello del cavo orale, possono colpire ca diretta dei farmaci sull'organismo (patologia pro­
anche la cute, l'intestino, i polmoni, i reni, la priamente detta iatrogenica).
vescica, ecc. Sono dovuti all'abnorme suscettibi­ In generale tutti i farmaci citostatici (antimitoti-
lità dei leucemici alle infezioni batteriche, in ci) impiegati nel trattamento delle emoblastosi ini­
quanto, pur avendosi in circolo un aumento biscono non solo le mitosi delle cellule leucemiche,
numerico dei leucociti, le cellule leucemiche ma anche le mitosi delle cellule dei tessuti normali,
posseggono ima assai scarsa capacità difensiva; che provvedono alla normale rigenerazione fisiolo­
si viene così a creare una situazione simile a gica e che sono più frequenti nei tessuti in rapido
quella che si ha nella granulocitopenia; rinnovamento (epiteli digestivi, cute ed annessi
- fenomeni di riassorbimento osseo (osteoporosi), a cutanei come bulbi piliferi, matrice ungueale ecc.).
livello delle ossa soprattutto spugnose, legati Durante i lunghi ed intensi trattamenti citostatici
alla proliferazione leucemica con allargamento questi tessuti vanno incontro ad ipotrofia da man­
Correlazioni anatomo-cliniche 455

cata rigenerazione fisiologica, secondo il quadro sed criteria for the classification of acute myeloid leu­
generale della patologia arigenerativa. kemia. Ann Intern Med, 103: 626-629, 1985.
Tra gli organi maggiormente compromessi nella Bennett J.M., Catovski D., Daniel M., Flandrin G., Galton
moderna patomorfosi ad impronta displasizzante D.A.G., Gralnick H.R., Sultan C : Proposals for tire
della malattia leucemica, ricordiamo il fegato e i recognition of minimally differentiated acute myeloid
polmoni. Il fegato è spesso sede di una fibrosi diffu­ leukaemia (AML-MO). Br I Haematol, 78: 325-329,
sa (di raro riscontro nell'era prechemioterapica) 1991.
che, per la esiguità dei fenomeni rigenerativi epato- Bene M.C., Castoldi G.L., .Knapp W. et al. (European
cellulari, difficilmente porta ad un tipico quadro di Group for the Immunological Characterization of
cirrosi. Il trattamento citostatico (attraverso il Leukemias - EGIL): Proposals for the immunological
danno epatico e la sostituzione connettivale degli classification of acute leukemias. Leukemia, 9: 1783-
infiltrati leucemici) è il maggiore responsabile della 86, 1995.
comparsa di questa epatopatia sclerotica che insor­ Brurming R.D., McKenna R.W.: Tumors of the bone m ar­
ge con maggiore frequenza nei bambini piuttosto row. Atlas of tumor pathology., Third Series, Fasc. 9,
che negli adulti. Armed Forces Institute of Pathology, Washington DC,
Ripetutamente segnalati sono anche i quadri di 1994.
fibrosi polmonare diffusa iatrogenica (con disturbi
Castoldi G.L., Liso V.: Malattie del Sangue e degli Organi
della ventilazione a tipo di blocco alveolo-capillare) emopoietici. 4a Edizione. Me Graw-Hill, 2004.
riconducibile anche alla organizzazione di un
edema fibrinoso endoalveolare, simile alle mem­ Ciccone M., Cavazzini F., Castoldi G.: Cytogenetics and
brane j aline, che viene a formarsi per deficiente pro­ molecular cytogenetics in diagnosis and prognosis of
duzione di tensioattivo da parte di pneumociti dan­ hematologic malignancies. Trends M ed, 6: 41-55,
2006.
neggiati.
Attualmente la causa principale di morte nelle Greer J., Foerster J., Lukens J.: Wintrobe's clinical haem a­
leucemie acute è costituita da fenomeni infettivi ed tology. 11th edition, Lippincott, 2003.
emorragici. Si sono spesso segnalate forme causate Harris N., Jaffe E., Diebold J. et al.: World Health Organi­
da microrganismi poco comuni, dotati anche di zation Classification of neoplastic diseases of the
scarso potere patogeno: è stata documentata una Hematopoietic and lymphoid tissues: Report of the
diminuzione delle infezioni stafilococciche e la Clinical Advisory Committee Meeting - Airlie House,
comparsa di quelle da Gram negativi (specialmente ]
Virginia, November 1997. Clin Oncol, 17: 3835,1999.
Pseudomonas Aeruginosa) e da micetx, anche oppor­ Hoffmann R. (Ed), Benz E., Shattil S., Furie B., Cohen H .,
tunisti (Candida, Aspergillus); si è pure segnalata la Silberstein L.E., McGleve P.: Hematology. Basic prin­
comparsa di infezioni da Pneumocystis Carimi e da ciples and practice. 4th Edition, Churchill Livingsto­
virus citomegalico. Nell'insorgenza di queste mani­ ne, 2005.
festazioni un ruolo di primo piano svolgono il venir
faffe E.S., Harris N.L., Stein H., Vardiman J.W. (Eds):
meno delle resistenze immunitarie dell'organismo, World Health Organization Classification of
legato in buona parte all'azione anticellulare dei Tumours. Pathology and genetics of tumours of hae­
citostatici, e la selezione microbica effettuata dalle matopoietic and lymphoid tissues. IARC Press, Lyon
terapie antibiotiche ad ampio spettro. 2001.
La descrizione del quadro anatomo-patologico
Lanza G.: Anatomia Patologica Sistematica II Edizione.
della leucemia acuta comprende pertanto necessa­
Piccin Editore, Padova 1985.
riamente, accanto alle alterazioni conseguenti
all'invasione diretta degli organi da parte delle cel­ Lanza G.: Tumori e Precancerosi. Piccin Editore, Padova
lule leucemiche, anche le modificazioni conseguen­ 1989.
ti alla terapia o da esse direttamente determinate. Lewis S.M., Bain B., Bates I.: Practical Haematology.
Churchill Livingstone, 2001.

B Bibliografia essenziale Naeim F. et al.: «Hairy cell» leukemia. Am. J. Med. 65,
1978.
4 7 9 -4 8 7 ,
Barn B.: Leukaemia diagnosis. 2nd Edition, Blackwell
Science Ltd, 1999. Orfao A., Schmitz G., Lanza E , et al. (for the Standardiza­
tion Committee on Clinical Flow Cytometry of the
Bain B., Clark D.M., Lampert I.A., Wilkins B.S.: Bone mar- International Federation of Clinical Chemistry): Clini­
row pathology. Third Edition, Blackwell Science, cally useful information provided by the flow cy to ­
Oxford, London, 2001. metric immunophenotyping of hematological mali­
gnancies: current status and future directions. Clin
Bennett J.M., Catovski D., Daniel M.T., Flandrin G., Gal­
Chem, 45:1708-1717,1999.
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classification of thè acute leukaemias. Br J Haematol Williams W., Beutler E., Erslev A. et al.: Hematology, Me
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Bennett J.M., Catovski D., Daniel M.T., Flandrin G., Gal­ Zucker-Franklin D., G rossi. Atlas of blood cells. Function
ton D.A.G., Gralnick H.R., Sultan C : Proposed revi- and pathology. 3rd Edition, Edi-Ermes, Milano 2003.
3.8
Con questo termine vengono oggi comprese
diverse forme leucemiche che hanno andamento
per lo più cronico o subacuto, caratterizzate dall'e­
spansione monoclonale di elementi linfocitari rela­
tivamente differenziati e che comprendono la leuce­
mia linfatica cronica; la leucemia prolinfocitica; la
«Hairy Celi Leukemia»; la cosiddetta «Adult T-cell
Leukemia»; la leucemia a cellule Naturai Killer.
Con discreta frequenza si osservano patologie linfo-
proliferatìve d'incerto inquadramento nosografico
dotate di caratteristiche clinico ematologiche inter­
medie tra due o più forme. Anche alcuni tipi di lin­
fomi non Hodgkin possono evolvere in leucemie
che simulano quadri linfoproliferativi leucemici, in
particolare il linfoma splenico a linfociti villosi, il
linfoma mantellare e il linfoma follicolare.

| Leucemia linfatica cronica (LLC)


Rappresenta la più frequente forma di leucemia
osservabile nei paesi occidentali; colpisce con mag­
giore frequenza il sesso maschile (rapporto maschi:
femmine 2:1 - 3:1) e predilige soggetti anziani di età
superiore ai 50 anni (assai rara sotto i 45 anni; picco
massimo di incidenza 60-70 anni). Può essere defi­
nita come una proliferazione monoclonale incon­
trollata di piccoli elementi linfocitari che si accumu­
lano nel sangue periferico, midollo osseo, organi
linfatici e, più raramente, sedi extralinfatiche. Nella
maggioranza dei casi (95-98%) la proliferazione
neoplastica interessa un singolo clone di linfociti B
(B-LLC). Più raramente (2%) la natura, dei linfociti
leucemici risulta di tipo T (T-CLL).
- Nelle B-LLC la natura monoclonale della pro
liferazione è dimostrata dal carattere omogeneo
delle immunoglobuline di superficie (SIg) sintetiz­
zate dai linfociti leucemici ( k nel 60%; X nel 40%),
svelabili mediante applicazione di metodiche di
immunofluoroscenza facenti ricorso ad antisieri
coniugati con fluorocromi diretti contro le catene
leggere e pesanti delle immunoglobuline. Per quan­
to concerne le catene pesanti espresse sulla superfi­
cie dei linfociti leucemici (ricordiamo che le catene
leggere sono sempre di ima unica classe: k o X), le
IgM sono quelle più frequentemente rappresentate,
Disordini
linfoproliferativi
cronici
F. Lanza

seguite dalle IgD e IgG; assai rara la sintesi di IgA.


Frequente la coespressione sulla stessa cellula di
IgM e IgD, raro il riscontro di IgM-IgD-IgG. La pre­
senza simultanea di più di un tipo di catena pesan­
te non contrasta con l'ipotesi della monoclonalità
della proliferazione, ma riflette una condizione che
fisiologicamente si verifica nel corso dell'ontogene­
si del B linfocita. Inoltre è stato dimostrato che le
molecole IgM e IgD presenti sulla superficie delle
cellule leucemiche di un medesimo paziente pre­
sentano tutte lo stesso tipo di catena leggera, la stes­
sa specialità idiotipica e la medesima attività anti-
corpale.
Ogni clone di linfociti, dal momento in cui inizia
a sintetizzare immunoglobuline, ha la capacità di
produrre molecole con un solo tipo di catene legge­
re, aventi la stessa specificità idiotipica, anche se
differente. La densità delle SIg è caratteristicamente
bassa (inferiore a quella dei linfociti B normalmente
circolanti) come dimostrato da studi di immuno-
fluorescenza o da analisi citofluorimetriche.
La fluorescenza delle cellule positive è uniforme in un dato
paziente, ed ii numero, la lucentezza degli spots è simile in tutti i
linfociti. Le IgD presentano però un'intensità di fluorescenza
marcatamente inferiore alle IgM, IgG, IgA, nonché alle catene
leggere k o X. Nel 5% dei casi sono dimostrabili nei linfociti leu­
cemici Ig citoplasmatiche, talora in forma di inclusioni intensa­
mente fluorescenti, di tipo monoclonale. Queste ultime forme si
associano spesso a secrezioni nel siero della paraproteina (varian­
te paraproteinemica della LLC). L'evidenza della natura B linfo­
citaria e del carattere monoclonale della proliferazione leucemica
della LLC è stata fornita dagli studi di biologia molecolare, in cui
si è posta evidenza del meccanismo di riarrangiamento dei geni
che sovraintendono alla produzione delle immunoglobuline
pesanti e leggere (localizzate le prime in zone adiacenti sul cro­
mosoma 14, e le catene leggere k sul cromosoma 2 e quelle X sul
22). I linfociti della LLC risultano inoltre caratteristicamente posi­
tivi per altri marcatori di membrana specifici della serie B cellu­
lare. Formano rosette spontanee con eritrociti di topo (rosette M:
M = mouse), hanno recettori per la frazione CM del complemen­
to (rosette EAC) e per la porzione Fe delle immunoglobuline
(rosette EA). Risultano inoltre positive per gli antigeni di classe II
del sistema HLA (correlati ai prodotti del gene del locus D: HLA-
DR, HLA-DP, HLA-DQ). Reagiscono con anticorpi monoclonali
di classi di differenziazione (CD) 19-CD20, CD24 e CD23, specifi­
ci dei linfociti B, e caratteristicamente con con un anticorpo
monodonale ritenuto fino a pochi armi or sono specifico per i lin­
fociti T e oggi riconosciuto come reattivo verso una sottopopola­
zione linfoide B: CD5. Generalmente assenti (o debolmente
espressi) il CD22, FMC7, CD79, CD103, CD25 (Tab. 1).
La controparte normale del linfocita B della LLC sembra esse-
458 Disordini linfoproliferativi cronici
re rappresentata da un elemento linfoìde esprimente un fenotipo prognosticamente favorevoli (cromosoma 13) e presentano i geni
di tipo «early» (precoce) B, come testimonierebbe la bassa densità per le IgV allo stato mutato.
delle SIg, l'espressione in superficie della catena pesante M e /o D, Approssimativamente il il 2-3% dei casi di LLC esprimono
la reattività nei confronti degli anticorpi monoclonali HLA-DR, un fenotipo cellulare di tipo T, reagendo con anticorpi monoclo­
CD19, CD23, CD5 e la capacità di formare rosette M, considerato nali anti-T ìinfocitari, essendo privi di immunoglobuline di
un marker precoce di maturazione della B cellula. Recentissimi superficie e formando rosette con emazie di montone (rosette E).
studi (2003-2004) hanno dimostrato che la controparte normale In particolare studi effettuati con anticorpi monoclonaii hanno
della B-LLC può essere rappresentata sia da un elemento B dimostrato che la popolazione leucemica presenta i marcatori
"naive" (che non ha ancora incontrato Tantigene) che dal linfocita tipici delle sottopopolazioni linfocitarie T mature, e cioè CD3,
B memoria, intendendo per tali elementi quei linfociti che dopo il CD2, CD5, CD4, che definiscono la casse T «helper-inducer», o
contatto con l'antigene ritornano ad imo stato morfologico e meta­ più raramente CD3, CD2, CD5, CD8, che identificano la classe T
bolico di riposo o inerzia funzionale. Le forme di LLC che prendo­ «suppressor eytotoxic». Raramente nessuno dei due fenotipi o
no avvio dal linfocita B naive presentano i geni che codificano la una loro combinazione (CD4+, CD8+) viene espressa sulla
parte variabile delle Ig allo stato non mutato, esprimono marcato­ popolazione neoplastica.
ri immunologici quali il CD38 e la ZAP-70, sono contrassegnati da
anomalie citogenetiche prognosticamente sfavorevoli (trisomia La LLC-T va differenziata da quelle forme linfo-
12, delezione cromosoma 11), e hanno un decorso clinico infausto proliferative a cellule granulari (esprimenti un
in qualche anno, mentre la variante che prende avvio dal linfocita fenotipo tipico dei linfociti naturai killer), dalla leu­
B memoria ha una prognosi favorevole (decenni), non esprime il
CD38 e la ZAP-70, spesso non presenta anomalie citogenetiche cemia prolinfocitica di tipo T, e dalle varianti ende­
clonali o si caratterizza per la presenza di anomalie citogenetiche miche della cosiddetta «adult T-cell leukemia-
lymphoma», patologia spesso associata ad un'infe­
zione ad opera del virus HTLVI («human T
lymphoma virus» tipo I).
; Principali marcatori immunologici esprèssi - LLC-T. La LLC-T si caratterizza per un decor­
i nei disordini lirifoproliferaHvi cronici di so clinico più aggressivo rispetto alla forma B, e per
I derivazione & linfocitaria la presenza di peculiarità morfologiche dei linfociti
leucemici (convoluzioni o incisioni nucleari), non
Antigeni LLC LPL HCL MCL** rilevabili però nella totalità dei casi. Stigmate clini­
+++ ì- ■
+• che caratteristiche della LLC-T sono rappresentate
Slg + -1- / + + da: marcata lìnfocitosi periferica, vistose epato-
clg - +/- •• 1 •/ • - ■ splenomegalie, tropismo cutaneo, gonadico e per il
sistema nervoso centrale, refrattarietà alla chemio­
CD5 + + terapia.
CD23 + _ y “ Una inconfutabile prova a favore della natura T
linfocitaria di queste rare forme di T-LLC è stata
CD19 + + . -1' ; + fornita da studi di biologia molecolare. Le cellule T
+ ++ : : ■•-.1-.1 .++ infatti presentano sui cromosomi 7 e 14 una struttu­
CD20 ra genica denominata «T-cell receptor», costituita
CD21 + - + da almeno 5 catene: a , {3, y, 5, e, che va incontro ad
un riarrangiamento somatico negli elementi cellula­
CD22 - ++ ■ +/ — ri avviati a maturazione in senso T linfocitario; ciò
CD10 - -(+ ) X v’ì w -S--- in maniera assai simile a quanto avviene per i geni
delle immunoglobuline per le cellule B.
CD103 - - / + Sono infine segnalati in letteratura casi di LLC
FMC7 - ■
+■+ ■■' -b 4 ' - privi di markers sia della serie T che B (non T non B
LLC) o con recettori misti T e B Ìinfocitari.
CD25 - - / + ri '' ' -
- C lassificazion i an atom o-clm iche e fa tto r i di
CDlTc - - - ++. ■ . ■- ■ prognosi. Il quadro clinico ed il decorso della LLC
sono oltremodo variabili esistendo, come estremi di
HLA-DR + + + un ampio spettro di varianti, forme ad andamento
CDlc - +/- r& f-ÌL - ' «aggressivo» con prognosi infausta entro breve ter­
mine e forme benigne a decorso protratto. Studi
CD79a- + H- retrospettivi sono stati condotti da numerosi Autori
34KDa con lo scopo di identificare parametri correlati con
(ZL7.4) la prognosi dei protocolli terapeutici differenziati.
CD79J3- + , —. / "h + Tra i vari fattori di volta in volta considerati ricor­
39KDa diamo l'età, il sesso, il grado di linfocitosi, l'anemia,
la trombocitopenia, il grado e il tipo di infiltrazione
CD38 + (subset) midollare, la splenomegalia, l'epatomegalia, la pre­
ZAP-70 + (subset)* senza di linfoadenomegalia o di sintomi soggettivi.
Un contributo sostanziale alla risoluzione del
* Forme non mutate per geni IgV. problema è stato dato nel 1975 da Rai et al., che
** MCI (linfoma mantellare) in fase leucemica. hanno proposto un sistema classificativo in cinque
Leucemia linfatica cronica (LLC) *■ 459

stadi clinici con prognosi e aspettativa di vita diffe­ sivo di linfociti neoplastici e che i gradi di linfocito-
rente, basato su rilievi clinici e laboratoristici otteni­si periferica, di adenomegalia, di splenomegalìa, di
bili con le normali metodiche diagnostiche e quindi anemia e trombocitopenia siano in stretto rapporto
facilmente riproducibile: con il progressivo espandersi del «clone tumorale».
I più recenti tentativi classificativi hanno ridotto il
- Stadio 0: linfocitosi periferica (>15.000/mmc) e numero degli stadi. Un gruppo Internazionale di
midollare (40%), sopravvivenza media 12 anni; lavoro (International Workshop CLL) riunitosi a
- Stadio I: linfocitosi associata a linfoadenomega- Parigi nel Novembre del 1979 e a Montreal nelTA-
lie: sopravvivenza media: 8 anni; gosto del 1980, sulla base di un'analisi multipara-
- Stadio II: linfocitosi associata a spieno e/ o epa­ metrica condotta su oltre 900 pazienti ha proposto
tomegalia; sopravvivenza media: 5,5 anni; ima nuova classificazione prognostica in 3 stadi
della LLC (Binet et al.; 1981). I pazienti con anemia
- Stadio III: linfocitosi associata ad anemia (Hb (Hb < 1 0 g/dl) e/ o trombocitopenia (Plt <100.000
< 10 g/dl); sopravvivenza media: 2 anni; mm3) hanno una prognosi peggiore e sono inclusi
- Stadio IV: linfocitosi associata a trombocitopenia nel gruppo C.
(Plt <100.000 mmc); sopravvivenza media: 2 La sopravvivenza dei rimanenti pazienti (circa
anni. l'80%) dipende dairinteressamento clinico dei
seguenti cinque sistemi: milza, fegato, linfonodi
Il sistema di staging si basa sul presupposto che cervicali, ascellari ed inguinali (indipendentemente
la LLC è ima malattia dovuta all'accumulo progres­ che la adenopatia sia mono o bilaterale). I pazienti

Midollo osseo
normale

■Interstiziale

Paratrabecoiare-

-Focale-

r Modula ré

—Random-

l— "Patchy"

•Diffuso—

Fl9: l - Modalità di infiltrazione


midollare in corso di LLC.
460 & Disordini linfoproliferativi cronici
con un coinvolgimento di meno di tre delle suddet­ - C aratteri clinici delle LLC. Il decorso clinico e
te aree costituiscono il gruppo A, a prognosi miglio­ la sopravvivenza dei pazienti affetti da LLC sono
re mentre i soggetti con 3 o più aree interessate assai variabili e spesso imprevedibili: alcuni sogget­
costituiscono il gruppo B a prognosi intermedia. ti rimangono asintomatici e non richiedono alcun
Questa nuova classificazione distingue: trattamento per diversi anni, mentre altri presenta­
no linfoadenomegalia, epatosplenomegalia, anemia
STADIO CLINICO A: interessamento in meno di 3
e trombocitopenia con un andamento clinico
aree assenza di anemia o trombocitopenia
aggressivo e difficilmente controllabile con la tera­
A (0), A (I)o A (II)
pia. In ima elevata percentuale di casi la malattia
STADIO CLINICO B: interessamento di 3 o più aree viene accertata fortuitamente sulla base del rilievo
assenza di anemia o trombocitopenia B (I) o B (II) di una linfocitosi periferica persistente, in pazienti
STADIO CLINICO C: anemia (Hb < 1 0 g/dl) e/o asintomatici o con problemi clinici di altra natura
trombocitopenia (Pt <100.000 irimc), indipen­ (spesso infezioni); più di rado è la presenza di ade-
dentemente dal numero di aree coinvolte nomegalie o di epato-splenomegalia ad indirizzare
c (in) o c (iv) il medico vèrso la diagnosi (Rundles e Moore, 1978).
Nei casi conclamati, che corrispondono a stadi
I numeri romani si riferiscono al corrispondente
più avanzati della storia naturale della malattia,
stadio clinico della classificazione di Rai, con la
sono pressoché costantemente presenti alcune
quale, secondo le raccomandazioni delTIntematio-
manifestazioni sistemiche (in particolare anemia)
nal Workshop CCL, questo sistema di staging deve
correiabili con la progressiva sostituzione del
essere integrato.
midollo osseo, ed una complessa serie di manifesta­
Tra i numerosi altri fattori prognostici, presi in
zioni locali a carico di vari organi. Per quanto con­
considerazione in questi ultimi anni da parte di vari
cerne queste ultime, adenomegalie superficiali e
studiosi, meritano di essere segnalati: la morfologia
splenomegalia sono presenti nel 90% dei casi, men­
e le dimensioni degli elementi linfocitari valutati in
tre epatomegalia si riscontra nella metà dei pazien­
microscopia ottica o più modernamente su base
ti. Più raro Tinteressamento della cute e di altri
citometrica automatica per mezzo di sistemi com­
apparati (gastroenterico, respiratorio, genito-urina-
puterizzati, il pattern di infiltrazione midollare (dif­
rio) e del sistema nervoso centrale.
fuso, nodulare, interstiziale); le caratteristiche
In particolare dal punto di vista clinico si distin­
immunologiche e fenotipiche degli elementi linfoi-
guono quattro principali varianti di LLC:
di (in particolare oggigiorno si è data importanza
alla espressione della ZAP-70) e il pattern genico - forma sistemica poliadenopatica (forma classica), a
delle immunoglobuliniche (stato mutato o non prevalente compromissione linfoghiandolare,
mutato della porzione IgH). Tutti sono parametri corrispondente al quadro suddescritto (Fig. 2);
ben correlabili con la stadiazione di Rai, e quindi - form a spìenomegaìica pura, descritta da Binet et al.
capaci di predire la prognosi. In particolare la pre­ (1977), da Dighiero e Coll. (1979), Baccarani e
senza di grossi elementi linfoidi nel sangue perife­ Coll. (1982), caratterizzata da cospicuo ingrandi­
rico, un pattern infiltrativo diffuso, la presenza iso­ mento della milza, in assenza di adenomegalie,
lata di immunoglobuline di superficie di tipo M e a decorso particolarmente favorevole;
(IgM), espressione dello ZAP-70 e un set non muta­
- form a simil linfomatosa, con linfoadenomegalia
to dei geni delle IgV, sono stati associati con signifi­
massiva pluridistrettuale;
cato prognostico sfavorevole. Anche alcune anoma­
lie cromosomiche rivestono un significatoprogno­ - forma disimmunogìobulinica, in tre varianti princi­
stico negativo in corso di LLC (Tab. 2). pali: eritrolitica, con grave anemia emolitica
autoimmune da anticorpi diretti contro antigeni
del sistema Rh (Pirofsky, 1975); paraproteinemica,
con presenza nel siero di una proteina monoclo­
nale identica alla SIg presente nei linfociti leuce­
mici (Sweet e coll., 1977); trombocitopenica (trom­
Aberrazione donale/ 30-50% (prognosi bocitopenia autoimmune).
cariotipi complessi variabile/negativa)
La diagnosi di LLC è per lo più agevole e si basa
del 13ql4 10-50% (prognosi benigna) essenzialmente sulla presenza nel sangue periferico
trisomia 12 12-20% (prognosi negativa) di un elevato numero di linfociti, compreso nella
più parte dei pazienti tra 15 X 103/mm3 e 150 X
del 11 q22-23 (ATM) 6-18% (prognosi negativa) 103/mm3. La maggioranza delle cellule leucemiche
del 17p (p53) 1-7% (prognosi negativa) mostrano, sia in microscopia ottica che all'esame
ultrastrutturale, caratteristiche morfologiche del
6q21-q23 1-4% (prognosi intermedia?) tutto sovrapponibili a quelle dei pìccoli linfociti
normali maturi (Fig. 3). È tuttavia possibile osserva­
Cariotipo normale 30-60% (prognosi benigna re in circolo, in percentuale variabile elementi di
/variabile)
maggiori dimensioni, ad abito linfoblastico o prò-
Leucemia linfatica cronica (LLC) & 461

Autori forme intermedie LLC-LPL, caratterizzate


dalla presenza di elementi di tipo prolinfocitico tra
il 10 ed il 55%.
I linfociti periferici in corso di LLC rappresenta­
no il 55-99% degli elementi circolanti e risultano
morfologicamente del tutto indistinguibili dai pic­
coli linfociti normali ma, a differenza di questi,
sono particolarmente fragili, tanto da alterarsi con
facilità all'esecuzione dello striscio, dando origine
alle cosiddette «ombre di Gumprecht».
L'esam e cito log ico m idollare dimostra una dif­
fusa infiltrazione midollare da parte di piccoli lin­
fociti simili a quelli del sangue periferico. Tali ele­
menti in genere rappresentano almeno il 40% della
cellularità totale midollare (Fig. 4). Rare, e di
discusso inquadramento nosografico, sono le
forme con infiltrazione linfoide inferiore al 30%.
Recentemente è stata enucleata una forma beni­
gna di proliferazione monoclonale simil LLC (deno­
minata «benign monoclonal B-cell lymphocyiosis»),
caratterizzata da scarsa o assente evolutività clinica
per anni o decenni, assenza di adenomegalie, visce-
romegalie e alterazioni degli indici ematologici
(emoglobina, tasso piastrinico e granulocitario);
mancano inoltre le anomalie cariotipiche.
II quadro clinico di questa forma monoclonale di
linfoproliferazione risulta caratterizzata solamente
Fig. 2 - Leucemia linfatica cronica. Particolare della adenopa- da linfocitosi periferica e midollare in assenza di
Ha periaortica addominale. quelle peculiari modificazioni emato-chimiche che
sono proprie della tipica LLC.
Il significato di questa variante benigna della
linfocitico, con disegno cromatinico nucleare fine LLC potrebbe risultare sovrapponibile a quello
ed evidenti nucleoli. Tale percentuale però, in ormai accertato per la MGUS («Monoclonal Gam-
accordo ai criteri di diagnosi della LLC, non deve mophaty Undetermined Significance») nei confron­
superare il 10%, limite al di sopra del quale si rica­ ti del mieloma multiplo; ovvero di una proliferazio­
de in altre patologie linfoproliferative a più alto ne già neoplastica in quanto monoclonale ma con­
grado di malignità. trassegnata da un decorso clinico variabile, ora sta­
La diagnosi di leucemìa prolinfocitica (LPL) viene bile per anni, ora progressivamente evolvente verso
posta quando la percentuale dei prolinfociti nel le varianti emopatiche più maligne.
sangue periferico eccede il 55%. Reperti collaterali di laboratorio, molto impor­
Recentemente sono state descritte da diversi tanti, sono: il frequente riscontro di anemia normo-

Fio. 3 - Striscio periferico in paziente con LLC. a) si osservano iìnfociti in numero elevato e ombre cellulari (ombre di Gumprecht};
b) ie caratteristiche morfologiche assimilano queste cellule ai piccoli linfociti maturi osservabili nei sangue dei soggetti normali.
462 Disordini linfoproliferativi cronici
cutanei e colici, nei soggetti affetti da leucemia lin­
fatica cronica. In alcune casistiche sono state osser­
vate al riscontro autoptico, incidenze vicine al 15-
20%. In alcuni casi si assiste ad una trasformazione
della leucemia linfatica cronica in quadri clinicoe-
matologici di notevole interesse quali la sindrome
di Richter, la trasformazione Mastica e la trasfor­
mazione prolinfocitoide.
- Quadri evolutivi della LLC: a) Sindrome di
Richter; b) Trasformazione blastica; e c) trasforma­
zione prolinfocitoide.
a) Nel 1928 Richter per primo descrisse la comparsa
di una neoplasia linforeticolare a grandi cellule,
che egli definì reticolo sarcoma, in un soggetto
affetto da LLC.
Da allora numerosi sono stati i casi riportati in letteratura di
associazione di LLC con reticolosarcomi (linfomi istiocitici) e
morbo di Hodgkin, associazione definita col termine di Sin­
drome di Richter. Oggigiorno tali quadri sono riconducibili
ad una evoluzione in linfoma a grandi cellule della LLC. Da
un punto di vista clinico la sindrome è caratterizzata dalia
brusca comparsa di sintomi generali (febbre, sudorazione
notturna, perdita di peso) con aumento asimmmetrico delle
dimensioni dei linfonodi, epatosplenomegalia e rapido deca­
dimento delle condizioni cliniche; la sopravvivenza dal
momento della diagnosi è breve, in media quattro mesi. L'in­
cidenza di questa forma viene valutata intorno al 3-10% delle
LLC. Mentre alcuni Autori infatti, sostengono che la sindro­
Fig. 4 - Leucemia linfatica cronica: agoaspirato midollare. me di Richter rappresenta una trasformazione o progressio­
ne della LLC, altri ritengono trattarsi di due neoplasie sepa­
rate e non correlate. In realtà molte delle incertezze sulla
cromica normocitica, in genere di entità non rile­ patogenesi della sindrome dipendono dalla ampia revisione
vante; la trombocitopenia; e soprattutto ima ipo- concettuale cui sono stati sottoposti in questi ultimi anni i
gammaglobulinemia (0,7-0,8 g%), presente nel 50- cosiddetti linfomi istiocitici e dalla inadeguatezza di una
75% dei casi, accentuantesi nelle fasi più avanzate approccio morfologico a questi quadri patologici. In tutti i
casi in cui è stata effettuata una tipizzazione ímmunologica,
della malattia. si è potuto dimostrare che il linfoma a grandi cellule insorto
Nel 5% dei casi l'elettroforesi delle proteine sie­ in corso di LLC è costituito da linfociti B. Inoltre in alcuni casi
riche dimostra un picco monoclonale, nella mag­ si è potuta dimostrare la presenza della stessa catena leggera
gior parte dei casi di tipo IgM, più raramente IgG o e della stessa catena pesante sulla membrana delle cellule
leucemiche e delle cellule linfomatose. Questi risultati tendo­
IgA- no a confermare l'ipotesi che gli «immunoblasti» linfomatosi
È noto da molti anni che la LLC può avere un decorso molto derivano per trasformazione dallo stesso clone delle cellule
variabile; varie rassegne sull'argomento hanno riportato media­ leucemiche. In altri casi, studi di biologia molecolare e immu­
ne o tempi di sopravvivenza media dal momento della diagnosi nologia hanno dimostrato una natura diversa del clone lin-
compresi tra 1-7 e 9 anni; attualmente si ritiene che la sopravvi­ fomatoso anaplastico e dei linfociti della LLC, permettendo
venza media sia di 4-6 anni. Sono possibili, comunque, sopravvi­ di ipotizzare che l'evoluzione in S. di Richter sia causata dal­
venze molto lunghe, ed in letteratura sono descritti casi, ad anda­ l'emergenza di un nuovo clone neoplastico B.
mento particolarmente favorevole, di pazienti deceduti 24 e 35
anni dopo che era stata posta la diagnosi di LLC. Alla luce delle b) L'insorgenza di trasformazione blastica come leu­
più recenti evidenze immunologiche e citogenetiche è probabile cemia acuta in corso di LLC è evenienza assai
che almeno una parte di queste forme a prognosi favorevole rien­ rara. In alcune recenti rassegne della letteratura è
trino nelle variante benigna di LLC di tipo monoclonale prece­ stata evidenziata una incidenza variabile da 0 al
dentemente descritta. Poiché si tratta di soggetti anziani, spesso
la causa del decesso è una malattia intercorrente che non ha alcun
6% nei diversi gruppi di pazienti ed una inciden­
rapporto con la leucemia, ma semplicemente coesiste con essa; i za globale-pari alTl%. E verosimile che il manife­
decessi realmente attribuibili al processo leucemico sono dovuti starsi di una leucemia acuta con caratteristiche
a complicanze infettive, facilitate nel loro insorgere dal deficit morfologiche di tipo linfoblastico possa essere
della immunità umorale. La suscettibilità alle infezioni può esse­ espressione di una evoluzione della LLC analoga
re, inoltre, aggravata da una neutropenia conseguente all'infiitra-
zione midollare o a trattamenti mielotossici. Più di rado l'exitus è alla crisi blastica terminale della leucemia mieloi-
legato ad ima cachessia progressiva o alle conseguenze dirette o de cronica. La comparsa di una leucemia acuta
indirette della infiltrazione leucemica di organi e tessuti. mieloide, invece,, è da ricondursi all'intervento di
altri fattori, quali i deficit immunitari od inter­
Altro evento possibile è l'insorgenza di neopla­
venti terapeutici (irradiazione, chemioterapici).
sie maligne secondarie: numerose casistiche, infat­
ti, riportano un significativo aumento della inci­ c) Nel 1979 Enno e coll. (1979) hanno descritto una
denza di tumori solidi, in particolare carcinomi «trasformazione prolinfocitoide» della LLC, carat­
Leucemia linfatica cronica (LLC) - 463

terizzata da un progressivo aggravamento dei misto (nodulo interstiziale o diffuso-nodulare)


segni clinici ed ematologici della malattia, resi­ (Fig. 1). In genere il pattern di tipo diffuso viene
stenza alla terapia e comparsa nei sangue periferi­ rilevato nei pazienti in fase clinica avanzata, corri­
co di una seconda popolazione cellulare costituita spondenti agli stadi clinici III e IV secondo la classi­
da elementi linfoidi assai simili a quelli della leu­ ficazione di Rai.
cemia prolinfocitica di Galton (1974) e mantenen­ I linfonodi vengono interessati diffusamente, per
ti il fenotipo dei piccoli linfociti della precedente lo più in modo simmetrico; più colpite sono le sta­
fase cronica (stessa SIg presente in bassa densità, zioni linfonodali superficiali (particolarmente i
capacità di formare in elevata percentuale rosette distretti latero cervicali, ascellari, inguinali; talora
spontanee con emazie di topo). Nei casi descritti sono interessati anche quelli retroauricolari, sotto­
da Kjeldsberg e Marty (1981), tuttavia, la trasfor­ mandibolari, epitrocleari). Possibile ma non altret­
mazione si associava ad un marcato alimento tanto frequente è l'interessamento delle stazioni lin­
delle SIg, con caratteristiche fenotipiche, quindi, fonodali profonde (mediastiniche, mesenteriche,
uguali a quelle della PLL. Oggigiorno si ritiene retroperitoneali). I linfonodi hanno dimensioni
possibile l'insorgenza di entrambe le evenienze. variabili, sino a quelle di una noce, superficie liscia,
Le cellule leucemiche possono infiltrare tutti gli consistenza dura: non aderiscono tra loro né ai
organi ed i tessuti dell'organismo: generalmente piani profondi. Al taglio appaiono biancastri, omo­
l'infiltrazione ha carattere progressivo e tende a genei, senza distinzione apparente tra corticale e
risparmiare, almeno nelle fasi precoci, l'architettura midollare. Istologicamente la struttura del linfono­
degli organi interessati. Il midollo osseo appare infil­ do appare sovvertita dalla presenza di una massa
trato da piccoli linfociti che nelle fasi avanzate della uniforme di piccoli linfociti simili a quelli circolan­
malattia possono giungere a rappresentare dal 50 al ti: l'attività mitotica è scarsa: l'infiltrazione rispar­
100% delle cellule del midollo. mia abitualmente la capsula. Diffusamente infiltra­
Studi recenti hanno identificato 4 modelli diffe­ te appaiono anche le formazioni linfatiche annesse
renti di infiltrazione midollare da parte della popo­ alle prime vie respiratorie ed al tratto digerente:
lazione linfocitaria: interstiziale, nodulare, diffuso e particolarmente frequente l'interessamento delle
tonsille e delle placche del Peyer.
II fegato non è molto ingrandito: appare di color
giallo brunastro, a superficie liscia, di consistenza
duro-elastica: sulla superficie di taglio si notano
numerosi noduletti grigi od una trama biancastra
diffusa. Istologicamente si nota l'accumulo di pic­
coli linfociti prevalentemente in corrispondenza
degli spazi portali, che appaiono ingranditi ed
accentuano la struttura lobulare dell'organo: cellule
linfoidi si riscontrano però anche all'interno dei
sinusoidi, per quanto in questa sede l'infiltrato sia
molto minore (Fig. 5).
Tra gli organi non emopoietici la cute è compro­
messa con particolare frequenza in specie nelle
forme a cellule T: accanto a lesioni aspecifiche ed
alla frequente comparsa di manifestazioni erpetiche
particolarmente gravi e diffuse, possono comparire
infiltrati leucemici (leucemidi) sotto forma di nodu­
li o placche, piane o rilevate, talora ulcerate, che
possono anche costituire il primo sintomo di malat­
tia. Le lesioni (che preferiscono il volto) possono
essere generalizzate sino a realizzare il quadro della
leucemia cutis universalis: in alcuni casi compare
un'eritrodermia generalizzata («Homme rouge» di
Hallopeau).
L'apparato respiratorio appare compromesso in
un terzo circa dei casi: oltre a vistose tumefazioni
delle linfoghiandole mediastiniche ed a infiltrati
perivascolari, peribronchiali, parenchimali e sub­
pleurici si riscontrano con particolare frequenza
fenomeni flogistici: la morbilità elettiva dell'appa­
Fig. 5 - Leucemia linfatica cronica, a) Milza. Infiltrato leucemi­ rato respiratorio è stata messa in rapporto con la
co incentrato in sede follicolare, b) Fegato. L'infiltrazione leuce­ carenza di immunoglobuline del tipo IgA (Fig. 6).
mica ha sede prevalentemente negli spazi portobiliari. A carico dell'apparato digerente, oltre all'interessa­
464 " Disordini linfoproliferotivi cronici

Fig. 6 - Leucemia linfatica cronica trattata con ciclofosfannide.


Membrane ialine Pas-positive stratificate sulla superficie respi­ Fig. 7 - Leucemìa linfatica cronica. Miocardio. Oltre a vistosi
ratoria degli alveoli polmonari. accumuli di elementi lìnfoidi nei vasi ectasici, è presente una
diffusa infiltrazione leucemica tra le fibre miocardiche.
mento cospicuo delle formazioni linfatiche, si pos­ to da spiccata leucocitosi periferica (> 150.000/mmc
sono riscontrare infiltrazioni diffuse delle pareti nel 60% dei casi), splenomegalia cospicua, modera­
dello stomaco (talora con formazioni di pliche cere- ta epatomegalia, modiche o assenti le linfoadeno-
briformi) e dell'intestino, che può essere interessato megalie. Il coinvolgimento cutaneo è frequente nelle
anche nella sua totalità. Il sistema nervoso centrale forme T ma non in quelle B. Malattia di raro riscon­
non è colpito con particolare frequenza: si è segna­ tro (incidenza 15-20 volte inferiore rispetto alla
lata la comparsa di complicazioni quali la leucoen- LLC), predilige soggetti di età senile (oltre i 60 anni)
cefalopatia. Il rene è generalmente interessato dal­ di sesso maschile. Appartiene anch'essa al gruppo
l'infiltrazione leucemica, mentre le ossa non sono delle sindromi linfoproliferative al pari della LLC,
colpite che dì rado. L'interessamento degli organi HCL, ATL, e della leucemia a cellule NK, dalle quali
genitali è possibile ma raro; le lesioni oculari sono si distingue per peculiarità caratteri clinici, immu­
meno frequenti che nella leucemia mieloide cronica. nologici e morfologici. La proliferazione coinvolge
Più volte si è segnalata invece la comparsa di un elemento linfoide (denominato prolinfocito) di
una sindrome di Mikulicz per infiltrazione bilaterale dimensioni superiori alle cellule della LLC (14-20),
e simmetrica delle ghiandole salivari e lacrimali. citoplasma ampio, basofilo e privo di granulazioni
Possibile infine il riscontro di infiltrazione nel azzurrofile, cromatina finemente dispersa, nucleolo
contesto del miocardio (Fig. 7). ben evidente (Figg. 8, 9). A dispetto delle caratteri­
stiche morfologiche della cellula leucemica, della
B Leucemia proiinfocitica denominata prolinfocito, caratteri che sembrerebbe­
ro attestare una origine relativamente indifferenzia­
È un quadro anatomo-clinico descritto per la ta dell'elemento neoplastico, studi immunofenotipi-
prima volta da Galton nel 1974 (LPL): rappresenta ci dimostrano in realtà che la LPL rappresenta una
ima entità nosologica distinta dalla Leucemia Linfa­ patologia derivante dall'espansione clonale di un
tica Cronica sia per gli aspetti clinici che ematologi­ elemento linfocitico più differenziato rispetto a
ci e immunologici. Il quadro clinico è contraddistin­ quello da cui prenderebbe origine la LLC. Nel 60%
Leucemia prolinfocitica ® 4Ó5

Fig. 9 - Aspetto ultrastrutturaie a scansione dei prolinfociti deila


leucemia prolinfocitica.
tasso percentuale di prolinfociti pari o superiore al 55%; ciò al
fine di differenziare con maggiore precisione questa forma leu­
cemica dalla LLC, patologia spesso contrassegnata dalla presen­
za di prolinfociti nel sangue periferico, ma in percentuali mai
superiori al 10%. Studi ultrastrutturali hanno inoltre evidenzia­
to che la LPL appare assai spesso caratterizzata, al microscopio
elettronico a scansione, da una superficie cellulare rugosa, con­
trariamente alla LLC i cui elementi leucemici presentano con
maggiore frequenza una superficie liscia.

Il decorso clinico della LPL è assai aggressivo,


con una mediana di sopravvivenza pari a 24 mesi
Fig. 8 - Leucemia prolinfocitica (sangue periferico). per le forme B e 7 mesi per le forme T. La chemiote­
rapia è assai spesso inefficace, e risulta in grado di
dei casi ia LPL presenta un fenotipo di tipo B, nel determinare solo parziali e transitorie remissioni
40% di tipo T. cliniche della malattia.
La LPL a cellule B è caratterizzata dalla presenza di: - immu-
Il quadro anatomo-patologico, rispetto alla
noglobuline di tipo monoclonale ( k nel 70%, X nel 30%; IgM nel comune leucemia linfatica cronica, evidenzia nella
60%, IgM+IgD nel 20%, IgG nel 5%) rilevabili in grosse quanti­ milza un interessamento più esteso della polpa
tà sulla superficie della cellula (come rivelato in studi citofluori- bianca con formazione di noduli, nei quali le larghe
metrici o di microscopia a fluorescenza); - positività per alcuni
anticorpi monoclonali specifici della filiera B linfocitaria
cellule prolinfocitiche si concentrano alla periferia
(FMC7+, CD19, CD20+, CD22+); - formazione di rosette EA ed dando luogo ad un caratteristico aspetto bizonale.
EAC, ma non delle rosette M (caratteristiche della LLC-B); Il pattern di infiltrazione nel midollo osseo, fegato e
- positività per antigeni correlati al locus D del sistema HLA linfonodi è simile a quello della leucemia linfatica
(DR-DQ-DP). Dal punto di vista citochimico la LPL-B presenta
cronica.
una discreta positività dì tipo diffuso per la fosfatasi acida sensi-
bile ail'acido tartarico, debole positività microgranulare per il
PAS. L'ANAE risulta talora modestamente positiva.
Le forme T sono distinte da un profilo fenotipico post-ìimico I Leucemia a «grondi linfociti
di tipo T helper (75% dei casi): CD2+, CD3+, CD5+, CD7+
(OKT4+-Leu3+); di tipo T suppressor (CD8+) o di tipo misto
granulari»
CD4+-CD8+ nei rimanenti casi. In tutte le forme però non sono
dimostrabili marcatori precoci di differenziazione T (TdT-, CD1-).
Denominata anche leucemia a grandi linfociti gra­
Sono spesso presenti marcatori di attivazione della cellula T quali nulari (LGLD), o malattia linfoproliferativa a cellule
il CD25 (antiTac o recettore per la IL2), il CD38, l'HLA-DR, CD45. T gamma, o secondo la dizione anglosassone «Large
Talora dimostrabile il recettore per la frazione 3b del complemen­ Granular Lymphocyte Leukemia» (LGLL), rappre­
to. Dal punto di vista citochimico le forme T presentano una posi­ senta una patologia di recente inquadramento noso-
tività di tipo focale per la fosfatasi acida, l'ANAE e beta glicuro-
nidasi. La diaminopeptidasi IV è dimostrabile nella totalità dei grafico, ritenuta originariamente una proliferazione
casi a fenotipo T helper. Il PAS risulla positivo in ima minoranza di natura reattiva con possibile evoluti vita in senso
dei casi. Dal punto di vista morfologico le forme T sono spesso del neoplastico, ed oggi classificata tra i disordini linfo-
tutto indistinguibili da quelle B; in altri casi i prolinfociti appaio­ proliferativi cronici a cellule T.
no più piccoli e presentano ima indentazione del nucleo.
Lo studio di Melo, Catovsky e Galton (1986) ha definito La monoclonalità d i questa proliferazione è stata inequivo­
come criterio diagnostico primario della LPL, la presenza di un cabilmente dimostrata da studi di biologia molecolare volti ad
466 > Disordini linfoproliferativi cronici
evidenziare la presenza e le modalità del riarrangiamento dei 40 ed il 70%. Titoli autoanticorpali diretti contro
geni che costituiscono in seno ai cromosomi 7 e 14 la struttura granulociti neutrofili, piastrine, globuli rossi o con­
«T-cell receptor». La prima descrizione della malattìa risale a
McKenna nel 1977, e le successive segnalazioni in letteratura ne tro componenti intracellulari ubiquitari (DNA,
hanno identificato le principali stigmate cliniche, che possono nucleo, mitocondri, istoni, ecc.) sono reperibili con
essere così riassunte: esordio clinico in età adulta (20-80 anni), una certa frequenza.
prevalenza nel sesso maschile, linfocitosi periferica e midollare,
peculiare morfologia dell'elemento proliferante (linfocita di Sul significato da attribuire a questo dato laboratoristico non
grosse dimensioni: 15-22 [J,, con ampio citoplasma ricco in granu­ esiste una convergenza di idee. In verità molte delle prime
li azzurrofiii e nucleo di forma per lo più reniforme a cromatina descrizioni di espansioni di «large granular lymphocytes» nel
discretamente addensata) (Fig. 10). Dal punto di vista immuno- sangue periferico e midollare erano state raccolte in pazienti
fenotipico le LGLD vengono differenziate in forme CD3+ (85% affetti da disordini autoimmuni tipo collagenopatie (LES, artrite
dei casi) e CD3— (15%). Le forme CD3+ esrimono i marcatori reumatoide ecc.) o endocrinopatie (morbo di Basedow). Alla luce
immunologici della cellula T (CD2, TCRafì o TCRy5 e il CD8, che delle conoscenze acquisite in questi ultimi anni solo una parte di
identificano la sottopopolazione T-Suppressor-cytotoxic), i geni queste linfocitosi a cellule NK hanno una mera natura neoplasti­
TCR risultano riarrangiati, ed esprimono un marcatore della cel­ ca, essendo nella maggior parte dei casi policlonali e quindi reat­
lula naturai killer (NK) quale il CD16. La variante CD3—, pre­ tive. Nei casi di reale natura neoplastica, l'insorgenza dei cloni
senta la espressione di un fenotipo tipico delle cellule naturai kil­ autoreattivi è stata posta in relazione a fenomeni disregolativi
ler (presenza del recettore Fc per le IgG; positività per anticorpi dei linfociti B, dipendenti da anomalie funzionali linfocitarie T.
monoclonali (ATC Mo), CD 16+ , CD56+, CD57+), esprime il
Dal punto di vista clinico, va sottolineato il fatto
CD2; ha capacità di formare rosette con emazie di montone.
che la epato-splenomegalia risulta raramente di
Il decorso clinico è in genere indolente; incostan­spiccata entità, mentre le adenomegalie compaiono
te il riscontro di epato-splenomegalia e linfoadeno- con frequenza ancora inferiore (5-10% dei casi). Il
megalia; assenza di lesioni cutanee di natura infil- mediastino è in genere indenne da alterazioni signi­
trativa. In genere ranemia è di modesta entità, ficative. Questa malattia presenta ima evolutività
mentre ìa pìàstrinopema si manifesta con una certa clinica piuttosto scarsa e quindi un trattamento
rarità. Possibile la neutropenia, talora di grado mar­ citostatico risulta controindicato. Il decorso clinico,
cato. La linfocitosi del sangue periferico è sia relati­ quindi, può essere controllato nella maggior parte
va (50-85% in formula leucocitaria) che assoluta dei casi con terapia trasfusionale (qualora richiesta)
(raramente eccede il valore di 30.000/mmc). La lin­ e sintomatica ed antiinfettiva, nei casi evolventi con
focitosi midollare si aggira percentualmente tra il neutropenia severa. Sono stati segnalati recente­
mente casi ben documentati di leucemia a cellule
NK a decorso clinico aggressivo ed esito infausto a
breve termine (1-3 anni). La diagnosi differenziale
di questa patologia va posta con la leucemia linfati­
ca cronica a fenotipo T-suppressor (disordine con il
quale veniva soventemente confusa sino a pochi
anni or sono); con la leucemia prolinfocitica a cellu­
le CD8-K In verità, la eterogeneità nella espressivi­
tà clinica della malattìa è correlata con la moltepli­
cità delle attività biologiche esercitate da questa sot­
topopolazione linfocitaria.
Molti dubbi esistono anche sulla reale natura di
queste larghe cellule granulari dotate di capacità di
esercitare un'attività citolitica naturale.
Questa azione citotossica è ben distinguibile da quella eser­
citata da altri stipiti cellulari (macrofagi, polimorfonucleati, lin­
fociti T cytotoxic). I linfociti in grado di esercitare in maniera
costituzionale e ripetitiva questa attività funzionale sono deno­
minati «naturai killer». Ad essi corrisponde un aspetto morfolo­
gico peculiare che ne ha determinato la terminologia alla quale
si fà costante riferimento («large granular lymphocytes»). Men­
tre la presenza di alcuni marcatori (CD3+, CD2+) depongono
per ima loro natura T linfocitaria e più precisamente di tipo T
cytotoxic (CD8+), altri markers (CD56, CD16) indirizzano verso
un'origine NK. In realtà sembra che la popolazione cellulare
esercitante un'attività citolitica naturale sia composta da più sot­
toclassi cellulari: alcune di tipo T cytotoxic e altre non T - non B
(popolazione killer - naturai killer). Questi elementi esercitano
talora anche un'attività citotossica anticorpo mediata (ADCC:
«antibody dependenì celi cytotoxirity»), producono linfochine
ed interferon, modulano la differenziazione di precursori emo­
poietici midollari e timici giuocano un ruolo antineoplastico, nel
rigetto del trapianto verso l'ospite (GVHD), ed anti-infettivo.
Nella loro attività non sono influenzati dalla espressione sulla
superficie delle cellule ospiti di antigeni di istocompatibilità.
Fig. 10 - Unfoproliferazione a cellule granulari. Caratteristiche distintive degli elementi costituenti questo
Adult T-cell feukemio 467

disordine linfoproliferativo sono rappresentate da: positività per renziazione dei linfociti B stimolati da agenti mitogeni, ma al
la fosfatasi acida (sensibile all'azione dell'acido tartarico) e per la contrario esercitano un'attività soppressoria, simile a quella nor­
beta glicuronidasi, negatività per la TdT (terminal desossi nucìe- malmente esercitata dalla classe linfocitaria T «suppressor-cyto-
tidil transferasi) e le esterasi aspecifiche, una ridotta risposta in toxic» CD 8+, CD3 + . Gli elementi leucemici dell'ATL presenta­
vitro allo stimolo mitogenico del PHA e Conc-A, diminuzione, no inoltre nel 60% dei casi, positività per alcuni marcatori di atti­
di grado variabile, ma spesso consistente, della citotossicità vazione dei linfociti T (CD25, recettore per l'interleuchina 11;
naturale, una mantenuta azione litica di tipo anticorpodipen- HLA-DR, DP, DQ). Con ima certa frequenza le cellule leucemi­
dente, ima attività soppressoria sulla maturazione linfocitaria B, che presentano assetti fenotipici anomali caratterizzati dalla
e sui precursori staminali CFU-EE e BFU-E. mancata espressione dì imo o più marcatori linfocitari T (CD7,
CD2, CD5, CD3) sia in aree endemiche che non endemiche.

U Aduif T-cell ieukemia La ATL rappresenta inoltre una delle pochissime


neoplasie umane nella cui patogenesi sia stata iden­
Patologia descritta per la prima volta nel 1977 tificata con una certa sicurezza (almeno in una
da Uchiyama, viene oggi inquadrata tra i disordini parte dei casi) l'azione di un virus.
linfoproliferativi a cellule T (ATL). Di raro riscontro Robert C. Gallo ha dimostrato che una alta percentuale di
nei nostri climi risulta endemica in alcune regioni queste forme si associa alla presenza nel sangue di alti titoli anti-
del Giappone ove la sua epidemiologia risulta stret­ corpali diretti contro un virus linfotropico appartenente alla stes­
tamente associata ad un'infezione di un virus della sa famiglia del retrovirus della sindrome da immunodeficienza
famiglia dei retro virus denominato HTLV I acquisita (AIDS), da lui denominato HTLV tipo I, da differen­
ziarsi dal tipo II isolato da pazienti affetti da hairy celi Ieukemia
(«human T lymphotropic virus I»). a cellule T, e dal tipo EH isolato nell'AIDS (ora denominato HIV).
Le principali stigmate cliniche deìla malattia sono rappre­ A ulteriore dimostrazione del ruolo giuocato dalí'HTLV I nel-
sentate da: esordio clinico in età adulta, marcata linfocitosi peri­ l'ATL risiede il ritrovamento del virus integrato nel DNA delle
ferica, incostante coinvolgimento midollare, epato-splenomega- cellule leucemiche. Esistono casi ben documentati, in cui però
lia, frequente infiltrazione cutanea, ipercalcemia, frequenti lesio­ non sono rilevabili né titoli anticorpali anti-HTLV I, né l'integra­
ni litiche ossee, assenza di masse mediastiniche. E decorso clini- zione del virus nel genoma della cellula ospite. In definitiva le
co della malattia è generalmente cronico o subacuto, caratteriz­ caratteristiche cliniche, ematologiche, morfologiche, immunofe-
zato da un progressivo aggravamento delle condizioni cliniche notipiche ed epidemiologiche fanno, di questa patologia una
generali culminante in una fase terminale scarsamente o sensibi­ entità nosograticamente ben distinguibile dalle altre neoplasie a
le ai trattamenti chemioterapici o radioterapici, ad esito infausto partenza dall'elemento linfocitario.
a breve termine. Altro criterio diagnostico di notevole rilevanza
clinica è rappresentato dall'aspetto morfologico delle cellule leu­ Altre caratteristiche cliniche osservate con alta
cemiche. Gli elementi linfocitari del sangue periferico sono ete­ frequenza in questa patologia sono rappresentate:
rogenei; questa caratteristica ha indotto gli autori giapponesi a - dalle aberrazioni cromosomiche non casuali (triso-
codificare una classificazione in ATL a piccole, medie e grandi
mie dei cromosomi 3,7,21; perdita dei cromosoma X;
cellule. Altre due varianti sono state isolate: a cellule miste o
pleomorfe.. Il nucleo cellulare assume spesso un aspetto bizzarro delezioni dei cromosomi 6 e 10; traslocazioni del
e pleomorfo: polilobulazìoni, profonde incisuxe, bi-multinuclea- cromosoma 14); - da segni scintigrafici di riassorbi­
zioni, aspetti a trifoglio o quadrifoglio, presenza di inclusioni menti ossei diffusi (nella cui patogenesi sembra par­
simil nudeolari fortemente basofile (simulanti le cellule di Reed- tecipare l'esaltata attività osteoclastica indotta da
Stembergh). Il citoplasma, talora scarso talora più abbondante,
presenta un grado di basofilia variabile da caso a caso ed appa­
molecole linfochiniche simil OAF: osteclastic activa-
re spesso riccamente vacuolizzato. Il fenotipo immunologico dei ting factor, prodotte dalle cellule leucemiche prolife­
linfociti risulta costantemente di tipo T maturo. Risultano positi­ ranti); - da infezioni opportunistiche ricorrenti,
vi nei confronti di anticorpi monoclonali pan-T (CD3, CD2,CD7), modificazioni del midollo osseo. Patologia ritenuta
e mancano dei marcatori tipici delle fasi intratimiche o midolla­
ri della maturazione T linfoide (TdT, CD1). Paradossalmente,
dapprima confinata in alcune regioni del Giappone
però, questi elementi pur presentando positività per il CD4, non viene oggi osservata con una certa frequenza negli
esibiscono in vitro un'azione adiuvante nei confronti della diffe- stati del mar dei Caraibi, Nord America, Sud Ame­
rica, Africa e recentemente anche in Europa e Italia.
I casi descritti in America e Italia appaiono dal
punto di vista clinico ed ematologico assai simili alle
forme classiche giapponesi se si eccettua una linfo­
citosi periferica meno marcata, una morfologia degli
elementi leucemici meno bizzarra, un riscontro del-
l'ipercalcemia più costante, una meno stretta corre­
lazione con il virus HTLV I.
Il virus può inoltre essere trasmesso per via ver­
ticale, attraverso trasfusioni di sangue, contatti ses­
suali o mediante contati con scimmie infette. La
diagnosi differenziale della ATL va posta con la leu­
cemia prolinfocitica a cellule T helper, la leucemia
linfatica cronica a fenotipo T helper, i linfomi cuta­
nei a cellule T (sindrome di Sezary).
L'infiltrazione cutanea nella ATL coinvolge in
Fìo. 11 - Adult T-cell Ieukemia: morfologia bizzarra deile cel­ genere però il derma e il sottocute e non produce
lule iinfomatose (a fiore o iperconvolute). mai i microascessi di Pautrier. L'impronta spesso
468 ^ Disordini linfoproliferativi cronici
sirnil-linfomatosa della malattia ne ha suggerito la
denominazione di Adult T-cell Leukemia Lympho-
ma (ATLL). Sono stati infine segnalati sporadici casi
di ATL, con decorso clinico e scarsamente aggressi­
vo, ben controllabile attraverso approcci terapeutici
convenzionali. Tali forme sono state etichettate
come "smouldering ATL". La variante classica
richiede generalmente trattamenti chemioterapici
aggressivi; la prognosi è in genere sfavorevole, e la
mediana di sopravvivenza 2-3 anni.

I Hairy celi leukemia (HCL)


È dizione anglosassone coniata da Plenderlheit
nel 1970, denominata anche leucemia a cellule
capellute, è una malattia linfoproliferativa cronica
caratterizzata dall'accumulo nel sangue periferico,
midollo osseo, milza e fegato, di cellule caratteristi­
che per i contorni citoplasmatici sfrangiati configu­
ranti un aspetto simil capelluto (hair: capello). Que­
sta sindrome si è imposta all'attenzione degli ema­
tologi nel 1958 quando Bouroncle la descrisse sotto
il nome di reticoloendoteliosi leucemica, ed appare
identificabile, per univocità di decorso clinico e
quadro ematologico, con le patologie descritte
come «malattia neoplastica a cellule linforeticolari»
(Mitus, 1971), «reticulum celi leukemia» (Lee, 1970).
«chronic reticulo-lymphocytic leukemia» (Rubin,
1969), «istiolinfocitosi midollare e splenica d'appa­ Fig. 12 - Hairy ce!) leukemia. Aspetto viiloso delle cellule leuce­
renza primitiva» (Boiron, 1958), mielofibrosi linfoi- miche. b) Caratteristico quadro istologico midollare: le cellule
leucemiche hanno citoplasma abbondante e chiaro, i sinusoidi
de (Duhamel, 1966), «tricoleucemia» (Daniel, 1974). sono dilatati, le trabecole ossee ispessite e provviste di orletto
L'incidenza di questa forma leucemica è piutto­ osteoblasfico.
sto bassa, rappresentando lo 0,2% di tutte le forme
tumorali umane e solamente il 2% di tutte le forme generalmente privo di granulazione e di materiale
leucemiche in genere. La malattia insorge di solito fagocitato. Occasionalmente possono visualizzarsi
dopo i 40 anni, con un picco di incidenza massimo fini granulazioni azzurrofile o corpi bastoncellifor-
a cavallo dei 50 anni; predilige il sesso maschile mi, che rappresentano l'espressione morfologica dei
(rapporto maschi/femmine = 6/1). Non presenta complessi ribosomo-lamellari. Peculiare di queste
significative variazioni geografiche di incidenza. cellule è la presenza sulla superficie citoplasmatica
Attualmente il tasso di incidenza della HCL sembra di fini ma numerose proiezioni filamentose che con­
in progressivo aumento. feriscono alle cellule stesse un patognomonico
- C aratten citologici. La diagnosi della malattia aspetto «villoso» o «hairy». Questo dettaglio morfo­
si fonda sul riscontro nel sangue periferico e nel logico ha condizionato la terminologia nosografica
parenchima midollare delle cellule «hairy». Allo della malattìa stessa che oggi è universalmente
striscio periferico, colorato con la reazione panottica accettata (hairy celi leukemia).
standard: May Grunwald Giemsa, le cellule hairy si
Le espansioni villose del citoplasma sono ancora meglio
presentano come elementi mononucleati di dimen­
riconoscibili all'esame microscopico a contrasto di fase o al
sioni variabili fra 15 e 28 firn; mostrano un nucleo microscopio elettronico a trasmissione (TEM). L'allestimento di
unico di forma rotondeggiante o ovalare (general­ sezioni semifini di leuconconcentrato, colorato con blu di meti­
mente disposto eccentricamente) più raramente di lene, rappresenta un altro approccio diagnostico di notevole
foggia irregolare (inciso, a manubrio, reniforme) importanza, essendo in grado di visualizzare con estrema chia­
(Fig. 12). La cromatina nucleare assume di regola un rezza le propaggini villose delle cellule leucemiche. Nelle appo­
sizioni di milza e di fegato, invece, le cellule hairy presentano,
aspetto tipicamente spugnoso con caratteristiche di rispetto a quelle rinvenibili nel sangue o nel midollo, dimensio­
densità intermedie tra il denso ed il lasso. Visibile in ni più esigue, e propaggini citoplasmatiche meno marcate.
genere un nucleolo, eccezionalmente due. Il citopla­ Dal punto di vista ultrastrutturale, le cellule hairy presenta­
sma si presenta ampio (rapporto N/C a favore del no un citoplasma discretamente abbondante caratterizzato dalla
primo ma in misura minore rispetto agli elementi presenza di proiezioni villose o filamentose corrispondenti a
quelle osservate in microscopia ottica convenzionale (Fig. 13). Il
linfocitici della leucemia linfatica cronica, e in misu­ citoplasma contiene inoltre segmenti di reticolo endoplasmico
ra maggiore rispetto agli elementi prolinfocitici rugoso di variabile estensione, mitocondri, e, in minor misura,
della leucemia prolinfocitica), tenuemente basofilo, inclusi lisosomiali. Peculiare caratteristica elettron microscopica
.7

di queste cellule è la presenza di complessi ribosomo-lameliari


ovvero di strutture cilindriche (di lunghezza pari a 3-4 a e un
diametro interno di 0,4 ji) con una cavità centrale ed un involu­
cro esterno composto da lamelle parallele con la presenza di gra­
nuli simili a unità ribosomiali tra una lamella e l'altra. Al micro­
scopio ottico queste strutture in genere non vengono visualizza­
te, solo raramente possono assumere l'aspetto di piccoli baston­
cini intracitoplasmatici.
Le cellule hairy presentano una positività per le reazioni al
PAS (addo periodico di Shiff), alfanaftil acetato esterasi, naftol-
ASD acetato esterasi. Costantemente negative invece risultano le
reazioni ASD cloro acetato esterasi, sudan black B, perossidasl,
beta glicuronidasi, beta amino peptidasi.
Le cellule hairy, si distinguono dai linfociti e dai monociti
normali o patologici, per la positività alla reazione per la fosfata­
si acida (FA) dopo trattamento con acido L(+)tartarko (fosfatasi
acida tartrato resistente: TRAP) (Fig. 14). Il fenomeno della resi­
stenza all'acido tartarico è dovuta alla presenza dell'isoenzima V
della FA negli elementi leucemici della HCL. (Si ricorda che la
FA è un enzima lisosomiale presente in diverse cellule emato­
poietiche costituito, come rilevato dalle analisi elettroforetiche in
gel di poliacrilamide, da bande isoenzimatiche, la cui distribu­
zione, inibibilità ed affinità per vari substrati risulta relativamen­
te specifica e confinata a determinate popolazioni cellulari:
monociti, macrofagi, linfociti T e in minor misura B, piasmacel-
lule, mastzellen, megacariociti).
Generalmente, la TRAP assume nelle cellule hairy una carat­
teristica distribuzione a sole nascente, ma non è raro, tuttavia,
osservare modalità differenti di precipitazione della reazione
enzimatica (diffusa, disomogenea, focale). Inoltre lo stesso grado
di positività alla TRAP risulta assai variabile da cellula a cellula,
potendo coesistere nello stesso paziente HC ad alta, media o
bassa attività enzimatica. In taluni casi di HLC, inoltre, la positi­
vità alla FA dopo incubazione con acido tartarico può non essere Fig. 14 - Leucemia "hairy". Reazione citochimica fosfatasi
presente in una frazione più o meno cospicua della popolazione acida tartrato-resistente.
470 Disordini linfoproiiferativi cronici
leucemica. Tale evenienza si osserva tìpicamente in alcune varian­ convenzionali di questa classe cellulare (rosette E,
ti cliniche della HLC ed in particolare in quella di Katajama. positività per gli anticorpi monoclonali riconoscen­
11 fenomeno della tartrato resistenza, considerato criterio
diagnostico indispensabile nella HCL, può essere tuttavia
ti epitopi correlati alla differenziazione linfoide T
riscontrato, seppure raramente, ili altre condizioni ematologiche (CD3, CD2). Queste forme non differiscono dal
(leucemia prolinfocitica, leucemia plasmacellulare, sindrome di punto di vista ematologico dalle tipiche forme a B
Sezary, leucemia linfatica cronica a fenotipo B, leucemia linfobla- linfociti, presentando per di più la medesima favo­
stica acuta, disordini del sistema monocitomacrofagico, mono- revole risposta clinica agli agenti terapeutici tradi­
nucleosi infettiva).
Altro carattere citochimico delle cellule hairy è rappresenta­ zionalmente utilizzati in questa forma morbosa
to dalla positività per la reazione alfanaftilbutirrato esterasi (compreso l'alfa interferon). Studi molecolari hanno
(ANBE) non imbibile dall'aggiunta di fluoruro di sodio (NaF). Il moltre dimostrato la frequente associazione fra
prodotto di reazione si distribuisce a granuli diffusamente nel HCLT e un retrovirus umano di recente scoperta
contesto citoplasmatico della cellula. (HTLV-II: «human T lymphotropic virus tipo II).
- C aratteri im m unologici; al momento attuale, Associazione evidenziatesi sia attraverso la dimo­
Thairy celi leukemia viene considerata una emopa­ strazione della integrazione virale del genoma della
tia di derivazione dal linfocito B maturo, eccezio­ He, che attraverso la produzione da parte dell'ospi­
nalmente dal linfocita T. La diagnosi si fonda su: te di anticorpi specifici contro il virus.
- Quadro clinico-patologico. L'insorgenza della
- l'espressione di molecole immunoglobuliniche malattia avviene di regola in maniera insidiosa e
sulla superficie delle HC; graduale, comparendo dapprima sintomi aspecifici
~ la dimostrazione che questa espressione rappre­ come astenia, calo ponderale, algie addominali,
sentasse l'epifenomeno di un processo di sintesi senso di malessere, diminuita tolleranza all'eserci­
e non la conseguenza di un loro assorbimento zio fisico, sudorazioni notturne, e, di regola, solo
passivo dal plasma (dimostrata mediante pro­ secondariamente, disturbi direttamente correiabili
cesso di resintesi in vitro della immunoglobuli- alla malattia (manifestazioni cutanee maculo-papu-
na da parte della He); lari a carattere infiltrativo (5% dei casi); petecchie,
- la natura monoclonale di questa espressione
immunoglobulinica (con restrizione della pro­
duzione per le catene kappa o lambda);
- la positività nei confronti di diversi anticorpi
monoclonali specifici per la serie B linfocitaria,
la presenza del recettore per gli eritrociti di topo
(rosette M);
- le caratteristiche citochimiche (positività per la
beta glicuronidasi, l'adenosin trifosfatasi, e la
fosfatasi acida);
- le caratteristiche colturali (capacità di ritenere
per mesi il fenotipo B);
- la dimostrazione molecolare delTawenuto riar­
rangiamento dei geni che sovraintendono alla
produzione delle immunoglobuline;
- infine la negatività nei confronti degli anticorpi
monoclonali T specifici e l'assenza del recettore
per le emazie di montone.

L'Hc inoltre esprime il recettore per l'interleuchina 2, ricono­


sciuto dall'anticorpo monoclonale CD25 (Fig. 15) (presente nor­
malmente nei linfociti T e B attivati), positività per l'anticorpo
monoclonale CD Ile (antigene monocito-associato), FMC7, e il
CD103 (marker ritenuto specifico della HCL). Le SIg risultano
del tipo gamma nel 50% dei casi, mu nel 25%, o altre combina­
zioni nei rimanenti casi (mu-delta; gamma-alfa, ecc.). Nel 60%
dei casi risultano di tipo kappa, mentre nel 40% di tipo lambda.
L'espressione delle SIg è comunque intensa, contrariamente alla
B-LLC. Rari pazienti non esprimono immunoglobuline di super­
ficie o le esprimono temporaneamente. Questi ultimi casi mani­
festano un fenotipo instabile, potendo presentare dapprima
caratteristiche ìmmunologiche del B linfocita e poi del T linfoci­
ta e viceversa. Sono inoltre stati descritti casi con contemporanea
presenza di marcatori T e B linfocitari.
Fig. 15 - Leucemia "hairy celi". Positività dei linfociti leucemia
Sono infine stati osservati casi ben documentati nei confronti delf'anticorpo monoclonale anti-Tac (CD25 recet­
di HCL a T linfociti, che esprimevano i marcatori tore per l'interleuchina 2).
Hairy celi leukemia (HCLj ^ 471

ematomi o porpora cutanea e mucosa (20% dei casi). massiva (percentuale delle He variabili dal 5 al 95%
Le infezioni batteriche o fungine in specie bronco­ della cellularità totale). Il quadro midollare può
polmonari (30% dei casi) talvolta hanno carattere apparire ipo-normo o ipercellulare, mentre l'infil­
setticemico; possibili anche sintomi addominali da trazione da parte delle He risulta di tipo diffuso,
ingombro splenico (20-40% dei casi); lesioni osteoli- potendo coinvolgere totalmente o parzialmente il
tiche (3%). Non di rado, infine, la malattia viene parenchima midollare.
riconosciuta casualmente in corso di esami emato­ Altra caratteristica istopatologica è rappresenta­
chimici eseguiti di routine. La splenomegalia rap­ ta dalla presenza di ampie lacune tra le varie cellu­
presenta il rilievo obiettivo di maggiore frequente le hairy dovute all'ampio citoplasma presente nelle
riscontro della malattia (presente nel 90% dei casi). cellule leucemiche. Questo aspetto le differenzia
Essendo il peso medio 1800 g; range 500-7500 g. significativamente dalle altre forme leucemiche o
Generalmente assenti le linfoadenomegalie delle dai linfomi che infiltrano il midollo e che sono
stazioni superficiali, mentre assai spesso, alTesame caratterizzati da modalità variabili delle infiltrazio­
tomografico computerizzato (TC), sono rilevabili ni (nodulare, lamellare, paralamellare). Le He
adenomegalie delle sedi profonde (in specie dell'ilo midollari sono di regola più piccole e presentano
splenico, talora retroperitoneali) (70% dei casi). proiezioni citoplasmatiche spiculariformi meno
L'anemia è riscontrabile nella maggioranza dei marcate. Costante è inoltre l'iperplasia delle fibre
casi (Hb < 8,5 gr/dl nel 60% dei casi con valore reticolari ed in minor misura di quelle collagene,
medio pari a 9,5 gr/di) ed appare di tipo normocro- eventi che danno al quadro, unitamente alla presen­
niico, normocitico-megalocitico (MCV < 95 jj3 nel za delle lacune intercellulari, il caratteristico aspet­
70% dei casi). Il quadro anemico non sembra essere to spugnoso («spongy lymphoid myelofibrosis»):
riconducibile, nella sua patogenesi, ad ima manife­ aspetto di grande importanza diagnostica nelle
stazione di eritropoiesi inefficace o ad una condi­ varianti aleucemiche di HCL (Hasselbach, 1984). In
zione iperemolitica, ma bensì, come dimostrano i genere è aumentato anche il numero dei fibroblasti.
tests di ferrocinetica, ad una reale insufficienza eri- Assai depresse risultano le diverse serie emopoieti­
tropoietica midollare. Altro reperto affatto caratte­ che ad eccezione della serie megacariocitaria che si
ristico della malattia (riscontrabile nel 95% dei casi) presenta normo o iperrappresentata con frequenti
è la leucopenia, considerato da diversi autori un aspetti piastrinogenetici.
elemento diagnostico fondamentale della HCL: - La milza appare pressoché costantemente
(GB < 4.000/mmc nel 97% dei casi; GB < 1.500/ coinvolta dal processo leucemico (70-100% dei
mmc nel 15% dei casi, con granulocitopenia (soven­ casi): ha volume aumentato (peso medio 1800 gr,
te assai grave: < 1.000/mmc nel 20% dei casi), lin- range 450-8000 mg); colorito rosso scuro; non rara­
focitopenia e spiccatissima monocitopenia (assai mente evidenzia aree infartuali. All'esame istologi­
inusuale l'osservazione di monociti nel sangue co l'infiltrazione leucemica (Fig. 16 a,b) è di tipo dif­
periferico). fuso esclusivamente nella polpa rossa, mentre la
La percentuale di cellule leucemiche nel sangue polpa bianca risulta ridotta o assente. Rare le figure
periferico varia molto da caso a caso: 0-95%; media­ mitotiche. Reperto patognomonico, non osservabile
na: 20% nei pazienti leucopenici e 50% in quelle nelle milze di soggetti affetti da altri tipi di leuce­
iperleucocitosici). Frequente infine la trombocitope­ mie né nelle milze di persone normali, è rappresen­
nia (Pst < 50.000/mmc nel 40% dei casi, raramente tato dalla presenza di pseudo-seni, ovvero di cavi­
inferiori a 20,000/mmc) riconducibile nella sua tà, contenenti eritrociti e rari elementi mononuclea-
patogenesi in .parte ad una insufficienza piastrino- ti, rivestite di cellule hairy disposte a cordone (anzi­
poietica midollare ed in parte alla eventuale coesi­ ché da cellule endoteliali) (Fig. 16 c).
stenza di un quadro di ipersplenismo. Il significato di questi pseudoangiomi non è
- Il midollo osseo è di norma coinvolto: con l'a- stato ancora completamente chiarito, anche se alla
goaspirato midollare generalmente non si ottiene luce di recenti studi, sembrano riconducibili a capa­
materiale (punctio sicca o «dry tap» secondo la cità angioformative delle cellule leucemiche. Le cel­
dizione anglosassone); da cui la necessità di esegui­ lule hairy, a livello splenico, hanno minori dimen­
re la biopsia osteomidollare che per questi soggetti sioni (rispetto a quelle periferiche), presentano pro­
è atto diagnostico fondamentale. La punctio sicca paggini citoplasmatiche meno evidenti, ma al. pari
sembra attribuibile a diverse condizioni: la fibrosi di quelle periferiche danno una reazione fosfatasi
reticulinica, l'ipoplasia midollare, la formazione di acida tartrato resistente molto positiva, mentre
interdigitazioni tra le proiezioni filamentose delle hanno il medesimo profilo immunofenotipico. Le
diverse cellule leucemiche. Qualora si riesca a rin­ apposizioni di milza non offrono vantaggi rispetto
venire materiale midollare (generalmente sangue all'istologia nel riconoscimento morfologico delle
frammisto a scarsi frustoli) la maggior parte della cellule hairy, al contrario delle sezioni semifini di
cellularità è costituita dalle cellule hairy. tessuto splenico che permettono, sulla base dell'e­
L'esame microscopico della biopsia ossea eviden­ sperienza maturata da diversi autori, un ottimo
zia infiltrazione del parenchima midollare ad opera mantenimento dei dettagli morfologici della cellula
delle cellule hairy che può risultare più o meno capelluta.
472 » Disordini linfoproliferotivi cronici

Fig. 16 - Hairy celi Ieukemia (trìcoieucemia). a) Marcata splenomegalia con aspetto omogeneo delia superficie di sezione; b} la
polpa rossa risulta interamente infiltrata da diffusa proliferazione di elementi leucemici; c) le celìuie leucemiche sono prowiste di
ampio citoplasma ed hanno frequentemente nucleo monocitoide; d) reattività immunoistochimica con DBA44.

- il fegato è assai spesso sede di infiltrazione da consìstono, all'esame microscopico, di infiltrati leu­
parte delle He (20-60% dei casi) ma mai in maniera cemici localizzati in posizione perivascolare a livel­
tale da alterare la normale architettura dell'organo. lo dermico. Indenne in genere l'epidermide.
Le He in genere infiltrano i sinusoidi e gli spazi por­ - Le lesioni ossee risultano ancora meno fre­
tali e spesso formano strutture pseudoangiomatose. quenti (3-8% dei casi) si rilevano di solito nelle fasi
L'infiltrazione non assume mai caratteristiche avanzate della storia naturale della malattia e diffi­
nodulari, contrariamente a quello che si verifica in cilmente nelle fasi di esordio. All'esame radiologico
altre patologie emopoietiche (Fig. 17 a,b). (generalmente richiesto a causa di dolori ossei rife­
- Le linfoghiandole sono raramente colpite dal riti da questi pazienti) si presentano come lesioni
processo leucemico ad eccezione dei linfonodi pro­ litiche localizzate prevalentemente a livello delle
fondi (in specie dell'ilo splenico) che, con alta fre­ ossa lunghe (femore, omero). Meno di frequente
quenza (70% dei casi), sono spesso coinvolti dalla sono interessati i segmenti sheletrici vertebrali o del
malattia. Le He infiltrano inizialmente la corticale cranio. All'esame istologico queste lesioni appaiono
esterna e solo in un secondo momento le zone T ed costantemente infiltrate da cellule leucemiche.
i cordoni midollari. L'infiltrazione appare di tipo Fattori di prognosi e sistemi di «staging»
diffuso ma mai in maniera tale da sovvertire l'archi­ La prognosi dei pazienti affetti da HCL è estrema­
tettura ghiandolare. Di regola sono riconoscibili le mente eterogenea esistendo, come estremi di un
strutture reticolari linfatiche. ampio spettro di varianti, pazienti la cui malattia
All'esordio della malattia alcuni pazienti posso­ rimane stabile per diversi anni senza richiedere alcun
no presentare lesioni epidermiche (1-20% dei casi). trattamento ed altri che nell'arco di pochi mesi vanno
Queste generalmente hanno caratteri di maculo- incontro ad exitus per insorgenza di com p licanze
papule disseminate in tutta la superficie corporea e infettive correlate allo stato leucopenico.
Hairy cell leukemia (HCL) ^ 473

Fig. 17 - Aspetti istopatologici del fegato in corso di hairy celi leukemia. a) Si noti l'infiltrazione degli spazi portali e dei sinusoi­
di ad opera delle cellule capellute, evidenziate immunoistochimicamente con DBA44; b] infiltrazione sinusoidale degli elementi leu­
cemici.

Gli stadi clinici della «Hairy Celi Leukemia» Altro pregio del lavoro dì Jansen risultò quello
di avere compreso che la HCL è una malattia ad
(Sec. S. Jan sen , 1 9 8 2 )
evoluzione clinica estremamente variabile, per la
STADIO I: Hb > 12 g/di + milza < 10 cm oppure quale il significato prognostico dei parametri ema­
Hb > 8,5 g/ di + milza < 4 cm tologici non è stabile nel tempo, bensì mutevole o in
maniera spontanea o, più frequentemente, in segui­
STADIO II: Hb > 12 g/di + milza > 10 cm oppure to a provvedimenti terapeutici. I trattamenti in uso
Hb 8,5-12 g/di + milza 4-10 cm oppure
al giorno d'oggi (interferone, pentostatina, clodri-
Hb < 8,5 g/di + milza < 4 cm
brina) hanno migliorato in maniera drastica l'aspet­
STADIO III: Hb 8,5-12 g/dl + milza > 10 cm oppure tativa di vita di questi pazienti.
Hb < 8,5 g/dl + milza 4-10 cm

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Discrasie
3.9 delle plasmacellule
e gammopatie
R. Navone, A. Pich

Le discrasie plasmacellulari sono proliferazioni


monoclonali (cioè risultanti dall'espansione incon­
| Plasmocitosi reattive del midollo
trollata di un singolo clone) di plasmacellule e/o osseo
elementi linfoplasmocitoidi di tipo B secementi una Le plasmacellule sono facilmente identificabili,
singola immunoglobulina, nota come paraproteina oltre che sugli strisci, anche sulle sezioni istologiche
o proteina M (Monoclonale), o suoi frammenti. Esse di midollo osseo, soprattutto se si usano colorazioni
comprendono, secondo la classificazione dell'Orga- di tipo ematologico, come la colorazione di Domini­
nizzazione Mondiale della Sanità (Grogan e Coll., ci (Fig. 1). Esse hanno un nucleo rotondo, eccentri­
2001): co, con cromatina disposta in blocchi grossolani, "a
ruota di carro", ed un citoplasma intensamente
1. il mieloma plasmacellulare e le gammopatie monoclo­ basofilo con un'area chiara paranucleare corrispon­
nali di significato indeterminato dente all'apparato di Golgi. Il citoplasma spesso
2. il plasmocitoma (plasmocitoma solitario dell'osso e contiene inclusioni rotondeggianti, eosinofile, costi­
plasmocitoma extrascheletrico) tuite da aggregati di immunoglobuline sintetizzate
dalla plasmacellula, chiamate corpi di Russell. Più
3. Vamiloidosi primitiva raramente si possono osservare nel nucleo inclusio­
4. il mieloma osteosclerotico (sindrome POEMS) ni eosinofile PAS-positive dette corpi di Dutcher,
che rappresentano profusioni intranucleari del
5. la macroglobulinemia di Waldenström ed altre gam­ citoplasma. Mentre i corpi di Russell si osservano
mopatie monoclonali associate a linfomi non-Hodg- con maggior frequenza nelle plasmocitosi reattive,
kin cioè in condizioni benigne, i corpi di Dutcher si
osservano più spesso in condizioni neoplastiche
6. le malattie delle catene pesanti (y, oc, pj. come mielomi e malattie linfoproliferative associate
Queste entità anatomo-cliniche, assai diverse fra con gammopatie monoclonali.
loro per sintomatologia e prognosi, hanno però in Le plasmacellule, nel midollo normale, costitui­
comune alcuni elementi, tra cui la proliferazione scono il 2-4% degli elementi nucleati; sono sparse
incontrollata e monoclonale di plasmacellule e/o di nel tessuto mieloide intertrabecolare, spesso con
elementi linfo-plasmocitoidi, la produzione di una una caratteristica disposizione perivascolare (Fig. 2)
o alla periferia di noduli linfatici reattivi. Quando si
singola classe dì Immunoglobuline e/o di una cate­
na leggera o pesante di singole immunoglobuline,
identificabile nel siero o nelle urine, e, nelle fasi
avanzate, la diminuzione delle immunoglobuline
normali sieriche.
La diagnosi può essere posta con certezza asso­
ciando l'esame morfologico (isto-citologico) del
midollo osseo, con i dati di laboratorio concernenti
le immunoglobuline nel siero e nelle urine e con i
dati radiologici riguardanti la presenza di alterazio­
ni litiche dello scheletro.
Alla descrizione delle singole entità morbose va
premesso un cenno relativo ai quadri di plasmoci-
tosi reattive del midollo osseo, in quanto tali condi­
zioni vanno frequentemente considerate dall'anato-
mo-patologo nella diagnosi differenziale con le Fig. 1 - Plasmacellule midollari in plasmocitosi reattiva. Domi­
discrasie plasmacellulari. nici, 250x.
476 k Discrasie delle plasmacellule e gammopatie
trovano nell'interstizio, frammiste agli altri elemen­ materiale ottenuto con aspirazione, oltre a non con­
ti eritropoietici, di solito sono isolate o in gruppi di sentire una valutazione topografica, sottostima il
non più di 2-5 cellule. Raggruppamenti di 5-10 cel­ numero delle plasmacellule nel 30% dei casi, e non
lule o più, lontane dalle pareti di vasi, noduli linfa­ è praticabile nei casi in cui non si riesce ad aspirare
tici o granulomi, di solito indicano un processo neo­ materiale cellulare ("dry tap").
plastico. Aumenti numerici, anche cospicui (dal 5%
fino al 20-25% degli elementi nucleati del midollo),
delle plasmacellule midollari, al di fuori delle con­
dizioni neoplastiche, (plasmocitosi reattive), si Con il termine di mieloma, o mieloma plasma­
osservano in svariate condizioni, per lo più associa­ cellulare o mieloma multiplo, si intende una proli­
te ad un aumento delle gammaglobuline seriche ferazione neoplastica intramidollare e multifocale
(ipergammaglobulinemia) di tipo policlonale. Tra delle plasmacellule del midollo emopoietico con
queste, il primo posto spetta alle infezioni croniche, distruzione ossea, accompagnata dalla produzione
in cui alle plasmacellule è richiesto un aumento, di un'immunoglobulina monoclonale osservabile
anche considerevole, della normale attività anticor- nel siero, o neH'urina, o in entrambi.
popoietica. Altre condizioni caratterizzate da pla­ È una malattia dell'età avanzata (età media alla
smocitosi midollare sono le collagenopatie (malattie diagnosi 69 anni), con lieve prevalenza del sesso
autoimmuni sistemiche), le epatopatie croniche, le maschile, ed una incidenza di 4/100.000 circa. Rap­
aplasie midollari, la agranulocitosi da farmaci, le presenta all'incirca l'l% di tutti i tumori maligni (su
malattie croniche granulomatose ed in generale statistiche di mortalità), ed il 15% delle neoplasie
quelle con proliferazione di istiociti, come la malat­ ematologiche. Negli Stati Uniti è documentata una
tia di Gaucher, ed il midollo reattivo (non invaso) di frequenza doppia nei neri (ove rappresenta il tipo
soggetti affetti da morbo di Hodgkin e linfomi non- di neoplasia ematologica più comune) rispetto ai
Hodgkin senza invasione midollare. L'asserito bianchi.
aumento di plasmacellule del midollo nei soggetti Il tumore ha localizzazione eminentemente
anziani è probabilmente soltanto un aumento relati­ scheletrica e, come sta ad indicare l'attributo di
vo, dovuto alla diminuita cellularità emopoietica "multiplo", in più sedi. Sono colpite soprattutto le
del midollo con l'avanzare dell'età, soprattutto nei ossa spugnose (ove è più attiva l'emopoiesi perchè
soggetti ultrasettantenni (Navone, 1997). è presente normalmente midollo rosso) ed in parti­
Nell'ipo- e agammaglobulinemia le plasmacel­ colare quelle del cranio (volta) e del tronco (verte­
lule midollari sono diminuite o assenti. bre, costole, bacino, sterno: il mieloma predilige lo
È degno di nota il fatto che in genere gli aumen­ scheletro assile), con lesioni che radiologicamente
ti numerici cospicui delle plasmacellule sono quasi appaiono osteolitiche, e sono la causa dei primi sin­
sempre associati ad anomalie importanti della loro tomi accusati dai pazienti, che sono per lo più i
morfologia, come la presenza di plasmacellule dolori ossei. Macroscopicamente il tessuto mielo-
binucleate, voluminose e con citoplasma intensa­ matoso si presenta in forma dì noduli rotondeg­
mente basofilo (segno di un'attiva sintesi proteica), gianti, a limiti netti, di 0,5-1 cm di diametro, molli,
che non devono essere confuse con atipie di. tipo friabili, rossastri per emorragie, che sostituiscono il
neoplastico. tessuto osseo. In questa forma osteodistruttiva
Ricordiamo infine che ima valutazione esatta (legata all'attivazione degli osteoclasti da parte di
del numero e della distribuzione delle plasmacellu­ citochìne prodotte dal tumore), che è di gran lunga
le midollari può essere ottenuta solo con l'esame la più frequente, manca qualunque reazione osteo-
istologico del tassello osseo; l'esame citologico su sclerotica alla periferia del nodulo, né si osservano
segni di apposizione periostale reattiva: ciò conferi­
& sce all'area di osteolisi un aspetto peculiare detto "a
JN '' stampino". Le lacune ossee, con i loro contorni
netti, danno al cranio quell'aspetto noto ai radiolo­
gi come "cranio lacunare". A causa dell'interessa­
•' ■ A * f-■ $ - mento neoplastico e della conseguente distruzione
~t*£ * ■ § * * dell'osso, lo scheletro va incontro a fratture sponta­
V ■' *
»■*< nee, soprattutto a carico delle coste e delle vertebre.
E spesso presente anche un'osteoporosi diffusa.
s*. * ■. $ . ¿ ¡ k '■# ' *•
Accanto all'interessamento scheletrico possono
osservarsi infiltrazioni plasmacellulari extraossee a
carico di vari organi, soprattutto milza, fegato e lin­
it. V - W- t* ^ \V V *>> . 'tir J r iè fonodi. L'interessamento viscerale è più frequente
< ' ì* * nei mielomi con produzione di IgD o di catene leg­
YV*' 'S $ su: gere.
Fig. 2 - Plasmacellule midollari perivascolari in plasmocitosi La diagnosi di mieloma richiede il concorso di
reattiva. Immunoperossidasi anti-CD138, 400x. dati anatomo-patologici, radiologici e clinici. Il dato
Mieloma & 477

più importante è la dimostrazione di una prolifera­ clamata. Il quadro istopatologico è quello di un'in­
zione di plasmacellule neoplastiche nel midollo filtrazione diffusa (Fig. 5) o nodulare (Fig. 6), più
osseo. La presenza di immunoglobuline o loro fra­ raramente interstiziale (Fig. 7), da parte di plasma-
zioni monoclonali, pur estremamente frequente, cellule con vari gradi di atipia (disomogeneità di
non è obbligatoria, perchè esistono rare forme di forma e volume dei nuclei, ipercromatismo, presen­
mieloma non secemente. La diagnosi è più accura­ za di macronucleoli, mitosi atipiche, ecc.). Schema­
ta su sezioni istologiche di biopsie osteomidollari ticamente, si distinguono forme ben differenziate,
(Fig. 3) che sugli strisci di aspirati (Fig. 4), tenendo mediamente differenziate, e scarsamente differen­
comunque presente che, essendo le lesioni distri­ ziate o anaplastiche (Fig. 8). Nelle forme iniziali di
buite in modo focale, una singola biopsia ossea può mieloma vi possono essere problemi di diagnosi
risultare negativa pur in presenza di malattia con­ differenziale nei confronti delle plasmocitosi reatti-

Fig. 3 - Biopsia osieomidollare in mieloma: invasione midollare Fig. 6 - Invasione nodulare di midollo osseo da parte di pla­
da parte di plasmacellule. Dominici, 630x (immersione). smacellule in mieloma. Dominici, 250x.

«2

Fig. 4 - Aspirato midollare in mieloma: presenza di plasmacel- Fig. 7 - Invasione interstiziale di midollo osseo da parte di pla­
lule con atipie. Giemsa, 630x (immersione). smacellule In mieloma. Dominici, 400x.

Fig. 5 - Invasione diffusa di midollo osseo da parte di plasma- Fig. 8 - Invasione midollare da parte di plasmacellule fortemen­
cellule in mieloma. Dominici, 250x. te atipiche in mieloma anaplastico. Dominici, 400x.
478 s Discrasie delle plasmacellule e gammopatie
ve: in tali casi possono essere utili indagini inumi- quindi possiede un solo tipo di catena leggera
noistochimiche (Wei e Juneja, 2003), che dimostrino (kappa o lambda). La catena leggera, prodotta in
la monoclonalità, cioè la presenza di un solo tipo di eccesso, grazie al basso peso molecolare viene rapi­
immunoglobulina e di un solo tipo di catena legge­ damente eliminata dal sangue perchè filtrata attra­
ra nei citoplasmi delle plasmacellule (Figg- 9 e 10). verso i glomeruli renali. Passando nelle urine, dà
La dimostrazione delle immunoglobuline citopla­ luogo alla proteinuria di Bence Jones, che è presen­
smatiche e di marcatori specifici delle plasmacellu­ te nel 75% dei pazienti. Inoltre, nel rene le catene
le, come il CD 138 e/o il VS38c, sono utili anche per leggere si possono accumulare nei tubuli provocan­
distinguere mielomi anaplastici da metastasi di car­ do una grave tubulopatia ostruttiva ed insufficien­
cinomi scarsamente differenziati o linfomi di gran­ za renale (vedi rene da mieloma).
di cellule, nonché per la valutazione della malattia L'elevata globulinemia causa aumento della
minima residua dopo terapia, anche se sembrano viscosità del plasma; tale fatto può provocare (nel
più sensibili metodiche di biologia molecolare basa­ 7% circa dei pazienti) una "sindrome da iperviscosità"
te sul riarrangiamento genico della catena pesante con aumento delle resistenze al flusso con conse­
delle immunoglobuline (Wei e Juneja, 2003). guente possibile ischemia in vari organi, soprattut­
La turba del metabolismo proteico sostenuta to encefalo e retina. L'aumentata velocità di eritro­
dalla secrezione di immunoglobuline da parte delle sedimentazione provoca anche impilamento delle
cellule mielomatose provoca un'iperglobulinemia emazie, con formazione di "rouleaux" di globuli
con inversione del rapporto albumina/globuline. Il rossi ben visibili negli strisci del sangue periferico,
tracciato elettroforetico del siero mostra un picco che di solito mostra anche un'importante anemia
elevato, aguzzo e con base stretta ("spike"), corri­ normocromica e normocitica, ed una moderata
spondente alla immunoglobulina prodotta dalle leuco-piastrinopenia.
plasmacellule neoplastiche. Di solito si tratta di una Infine, altro importante reperto ematochimico
IgG (50% dei casi) o IgA (20%), più raramente di nel mieloma è l'ipercalcemia, che aumenta con il
IgD, IgM o IgE. La paraproteina è monoclonale, e progredire della malattia ed è causata dall'osteolisi
con conseguente riassorbimento osseo, ma anche
dall'iperparatiroidismo secondario, se vi è insuffi­
cienza renale.
Essendo le immunoglobuline del mieloma inca­
paci di svolgere un'efficace attività immunitaria, i
pazienti risultano particolarmente suscettibili alle
infezioni, soprattutto batteriche (Streptococcus
pneumoniae, Staphylococcus aureus, Escherichia
coli, ecc), anche a causa della diminuzione delle
immunoglobuline e dei linfociti T e B normali. Le
immunoglobuline patologiche possono anche con­
seguire la proprietà di precipitare a basse tempera­
ture (crioglobuline) e di agglutinare le emazie, cau­
sando turbe circolatorie con sindromi tipo Raynaud
e, raramente, gangrena.
Fig. 9 - Positività per le catene leggere lambda di numerose Nell'1% circa dei casi di mieloma le plasmacel­
plasmacellule in mieloma. Immunoperossidasi, 250x. lule sintetizzano un'immunoglobulina monotìpica,
ma non la secernono, e di conseguenza non vi sarà
la presenza dì una componente M nel siero (cosid­
e detto mieloma non secernente). Anche se i sintomi ed
il decorso sono simili a quelli del mieloma classico
(salvo che per una minore incidenza dell'insuffi­
cienza renale), l'assenza di monoclonalità all'esame
elettroforetico del siero può rendere la diagnosi più
difficile. In tali casi, oltre all'esame radiologico, è
estremamente importante la biopsia osteomidolla-
re, con evidenziazione immunoistochimica dell'im-
munoglobulina monoclonale e della sua catena leg­
gera nel citoplasma delle plasmacellule.
è
, 'S
Varietà anatomo-cliniche e prognosi
del mieloma
Fig. 10 - Positività per le catene leggere kappa di rare plasma-
cèllule nello stesso caso di mieloma illustrato nélla figura prece­ Oltre al mieloma classico, l'Organizzazione Mon­
dente. Immunoperossidasi, 250x. diale della Sanità (Grogan e Coll., 2001) riconosce
Mieloma & 479

alcune varietà anatomo-cliniche di mieloma plasma­ In uno studio condotto su un'ampia casistica di
cellulare dotate di caratteristiche peculiari. Anzitutto biopsie osteomidollari, Pich e Coll. (1997) hanno
è nota da tempo l'esistenza di una rara forma (1% dei dimostrato che:
casi) di mieloma non secernente, di cui si è già detto, e
1. i parametri istologici valutati sulla biopsia (enti­
di una forma leucemica di mieloma o leucemia pla­
tà dell'invasione midollare: minore del 20%, tra
smacellulare, lievemente più frequente della prece­
20 e 50%, superiore al 50%; tipo di infiltrazione:
dente (2%). Quest'ultima è una forma d i mieloma
interstiziale, nodulare, diffusa; e grado di diffe­
aggressivo, con sopravvivenza inferiore alla media,
renziazione delle plasmacellule mielomatose:
caratterizzata dalla presenza di plasmacellule nel G l ben differenziate, G2 mediamente differen­
sangue periferico in percentuale superiore al 20% dei ziate e G3 scarsamente differenziate) erano asso­
globuli bianchi della formula leucocitaria, o in ciati in modo significativo ai più importanti
numero assoluto superiore a 2 X 109/litro. La leuce­ parametri clinici (aumento della calcemia e della
mia plasmacellulare è definita primaria se compare creatinemia, diminuzione dell'emoglobina e
al momento della diagnosi o come primo sintomo, e aggravamento dello stadio clinico della malat­
secondaria se è una complicanza terminale di un tia)
mieloma classico. È più frequente nei mielomi IgE,
IgD ed in quelli con sole catene leggere. Sono più 2. l'attività proliferativa (valutata con il metodo-
rare le lesioni osteolitiche e più frequenti la linfo- ed delie AgNOR, che sono proteine associate agli
organomegalia e l'insufficienza renale. organizzatori nucleolari, indici di attività meta­
Le altre due varietà riconosciute sono il mieloma bolica e proliferativa delle cellule) era fortemen­
latente ("smoldering", come di fuoco che cova sotto te correlata con i parametri clinici ed istologici
la cenere) ed il mieloma a decorso protratto ("indo- descritti (Fig. 11).
leni"). In entrambi i casi vi è un aumento delle pla­ 3. il valore prognostico dei parametri istologici
smacellule midollari accompagnato da una compo­ midollari e soprattutto delle AgNOR era molto
nente M nel siero e, spesso, nelle urine, e, nella forte: infatti la mediana di sopravvivenza (di 26
forma "indolent", vi possono essere lesioni osteoliti­ mesi neH'intera casistica) era di 65 mesi nei casi
che ossee (fino ad un massimo di tre). Tuttavia i sin­ con AgNOR < 3.32,18 mesi con AgNOR = 3.32-
tomi del mieloma progressivo (dolori ossei, anemia, 5.15, e di soli 8 mesi con AgNOR > 5.15
ipercalcemia, insufficienza renale, infezioni, ecc.)
non compaiono per molto tempo (spesso anni), per 4. infine, la combinazione tra parametri istologici
cui la terapia non viene iniziata se non al momento ed attività proliferativa permetteva di stratifica­
della comparsa dei sintomi di progressione. re i pazienti in tre gruppi di rischio con progno­
Poiché queste varianti sono relativamente fre­ si nettamente diversa, con mediane di sopravvi­
quenti, e poiché il mieloma in genere ha prognosi venza rispettivamente di 70,17 e 2 mesi.
infausta (la mediana della sopravvivenza è inferio­ In conclusione, la biopsia ossea non solo per­
re a tre anni; la chemioterapia induce remissioni nel mette ima diagnosi morfologica di mieloma più
50-70% dei pazienti, ma le riprese di malattia supe­ accurata dell'aspirato, ma consente di valutare con
rano il 90% dei casi), appare evidente come l'opzio­ precisione parametri morfologici di elevato valore
ne terapeutica nel mieloma debba basarsi su criteri prognostico, quali l'entità dell'invasione, il tipo di
prognostici il più possibile precisi e riproducibili, infiltrazione ed il grado di atipia delle plasmacellu­
per identificare pazienti con diversi gradi di rischio, le. Inoltre, attraverso l'analisi delle AgNOR, per­
soprattutto quelli che potrebbero ricevere vantag­ mette di valutare l'attività proliferativa delle pla-
gio da un trattamento aggressivo, come il trapianto
di midollo (Pich e Coll., 1997).
I sistemi di stadiazione del mieloma più usati
sono quelli basati su dati clinici e/o di laboratorio '5 Ì ': ' ' -i

che riflettono la massa tumorale ed i suoi effetti £$0 **"


secondari, come l'anemia, l'ipercalcemia e l'insuffi­ ■
cienza renale. Alcuni sistemi includono la valutazio­ -ì»
ne delle plasmacellule midollari, sia come quantità
assoluta, che mediante la valutazione di parametri
che esprimono la massa plasmacellulare, come la
beta2-microglobulina. Un passo avanti è stato il con­
siderare le proprietà intrinseche delle plasmacellule
mielomatose, come il contenuto di DNA, l'espres­
sione della P glicoproteina indicatrice di chemioresi-
stenza, la produzione di citochine, in particolare
l'IL-6, e la valutazione dell'attività proliferativa Fig. 11 - Mieloma multiplo con elevata attività proliferativa,
(labelling index plasmacellulare, percentuale di pla­ documentata da un alto numero di AgNORs. Colorazione
smacellule in fase S con citometria di flusso, ecc.). AgNOR, 1OOOx (immersione).
480 i ' Discrasie delle plasmacellule e gammopatie
smacellule mielomatose, che risulta essere l'ele­ processo, in analogia con altre forme di displasia,
mento prognostico più significativo. Questo, unita­ come le mielodisplasie e le displasie epiteliali.
mente alla possibilità di individuare precocemente
eventuali aplasie o mielodisplasie, sempre più fre­
quentemente associate a strategie terapeutiche 15 Plasmocitoma
aggressive, impone l'inclusione della biopsia osteo-
Il plasmocitoma o mieloma solitario è una rara
midollare nel protocollo diagnostico e nel follow-
variante di neoplasia plasmacellulare consistente in
up dei pazienti affetti da mieloma.
un accumulo tumorale di plasmacellule atipiche
localizzate nell'osso (come unica localizzazione) o
¡Ü Gammopatie monocionali di nelle parti molli. Rappresenta il 3-5% dei tumori di

significato indeterminato (MGUS) plasmacellule. La lesione ossea tende a seguire le


stesse localizzazioni proprie del mieloma multiplo
Sono caratterizzate dalla presenza nel siero di (ossa spugnose, scheletro assile). Le localizzazioni
una immunoglobulina monoclonale (M) che, nella extraossee prediligono l'apparato respiratorio (seni
maggior parte dei casi, non aumenta significativa­ paranasali, bronchi, polmoni, pleura) e digerente
mente col tempo, associata all'assenza dei segni cli­ (orofaringe, stomaco, intestino). Possono mancare o
nici, radiologici ed isto-citopatologici di neoplasie essere modeste le modificazioni a carico delle pro­
delle plasmacellule o dei B-linfociti. La proteina teine piasmatiche; per lo più è assente la proteinu­
monoclonale in questi soggetti è solitamente infe­ ria di Bence Jones.
riore a 3 g/100 mi; non vi è in genere proteinuria di La progressione a mieloma multiplo è frequente
Bence Jones, né ipercalcemia, anemia, danno renale, (anche se può richiedere tempi lunghi, come 10 o 20
dolori ossei o lesione osteolitiche. Il midollo può anni) nei pazienti con plasmocitoma solitario del­
essere completamente normale o può mostrare un l'osso, mentre è rara nel plasmocitoma extraosseo.
lieve aumento delle plasmacellule. Le plasmacellu­ Soprattutto le forme localizzate al tratto respirato-
le sono morfologicamente normali, di aspetto rio superiore possono essere considerate malattie
maturo, senza atipie, con bassa attività proliferati- non sistemiche, potenzialmente guaribili con exere-
va. Le paraproteine sono nel 75% dei casi IgG, nel si locale.
15% IgM e nel 10% IgA. La diagnosi differenziale nei confronti di prolife­
Le gammopatie monoclonali di significato inde­ razioni plasmacellulari tumoriformi reattive può
terminato sono relativamente frequenti nella popo­ essere difficile con la sola morfologia. Di notevole
lazione normale dopo i 50 anni (1% dei soggetti con utilità possono essere le tecniche immunoistochimi-
più di 50 anni, 2-3% oltre i 65 e 10% oltre gli 80 che per ricercare la monoclonalità delle plasmacel­
anni), in contrasto con la relativa rarità delle malat­ lule, mediante l'identificazione della prevalenza di
tie linfo-plasmocitarie con paraproteinemia. Anche una sola immunoglobulina ed una sola catena leg­
se nella maggioranza di questi individui (con un gera nel citoplasma delle cellule in esame.
follow-up, in alcune ricerche, fino a 30 anni), la
gammopatia monoclonale resterà stazionaria inde-,
finitamente (da cui il nome di "benigna" usata in | Mieloma osfeoscierofic©
passato), nel 25% circa evolverà in mieloma, macro-
globulinemia o altre sindromi linfoproliferative nel
(sindrome POEM5)
corso degli anni, con una mediana di 10 anni circa. Il mieloma osteosclerotico è una rara forma di
L'evoluzione della gammopatia monoclonale di discrasia plasmacellulare caratterizzata da lesioni
significato indeterminato, in accordo con la deno­ osteomidollari sclerotiche, che appaiono osteoad-
minazione, non è prevedibile nel singolo caso, per densanti all'esame radiologico, nonché da una com­
cui sono necessari controlli periodici per tutta la plessa sindrome clinica, presente in un'alta percen­
vita (ad esempio un controllo semestrale o annuale tuale di casi, comprendente una Polineuropatia pro­
delle immunoglobuline seriche e della proteinuria gressiva demielinizzante, Organomegalia (soprat­
di Bence Jones: la biopsia ossea può essere effettua­ tutto fegato e linfonodi), Endocrinopatia (diabete,
ta al primo riscontro di componente M nel siero, e iperprolattinemia, ginecomastia, impotenza), pre­
successivamente solo in caso di sospetta progres­ senza di una proteina M nel plasma, ed alterazioni
sione). L'evoluzione è segnalata da un aumento cutanee, soprattutto iperpigmentazione (Skin chan-
della proteina monoclonale nel sangue e, nella ges), donde l'acronimo POEMS.
biopsia ossea, dall'aumento dell'attività proliferati- Il midollo osseo (prelevato con biopsia, perchè
va e dalla comparsa di atipie a carico delle plasma- l'aspirato può essere difficoltoso o non dare esito a
cellule. Per tali motivi questa condizione può esse­ materiale cellulare) comprende lesioni sclerotiche
re considerata alla stregua di una displasia delle con plasmacellule atipiche che raramente superano
plasmacellule, con possibilità di evoluzione in neo­ il 10% degli elementi nucleati. Le aree midollari non
plasia facoltativa ma tanto più elevata quanto più interessate dalla sclerosi possono dimostrare una
evidenti sono le atipie morfologiche e maggiore tipica infiltrazione mielomatosa, che è spesso evi­
l'attività proliferativa delle cellule interessate dal dente anche nei linfonodi.
Mieloma osteoscierotico (sindrome POEMS) sí 481

È frequente un'iperplasia dei megacariociti del


midollo (il 75% dei pazienti presenta aumento delle
piastrine nel sangue periferico; nel 30% sono
aumentati anche i leucociti e gli eritrociti). La pro­
teina monoclonale presente nel sangue (di solito in
quantità non elevata) è solitamente della classe IgG
o IgA, con prevalenza di catene leggere di tipo
lambda.
La malattia, che è meno rara in Estremo Oriente
rispetto ai paesi Occidentali, compare in soggetti
mediamente di 10 anni più giovani di quelli affetti
dal mieloma tipico, e la mediana di sopravvivenza
è di 97 mesi, contro i 25-35 mesi del mieloma.

9 Macrogiobuiinemia Fig. 12 - invasione interstiziale di midollo osseo da parte di pic­


coli linfociti linfoplasmocitoidi in macrogiobuiinemia di Walaen-
di Waldenstrom stròm. Dominici, 400x.
Come già detto, oltre al mieloma, tutti i linfomi
maligni B possono essere accompagnati da una
gammopatia monoclonale. L'immunoglobulina
monoclonale può essere dì vario tipo ma, contraria­
mente a ciò che avviene nel mieloma, è quasi sem­
pre una IgM. Per macrogiobuiinemia di Waldenstrom
si intende un alimento monoclonale delle IgM pia­
smatiche legato ad un linfoma linfoplasmocitoide
(immunocitoma) primitivo del midollo osseo,
senza lesioni osteolitiche, con possibile interessa­
mento di linfonodi, fegato e milza. Aumenti mono­
clonali delle IgM (di solito di modesta entità) si pos­
sono avere in corso di altri linfomi maligni B, leuce­
mia linfatica cronica e gammopatia monoclonale di
significato indeterminato; aumenti cospicui si
osservano soltanto nel raro mieloma IgM.
L'aumento delle IgM piasmatiche, che hanno un
peso molecolare elevato (donde il nome di macro-
globulinemia), comporta un cospicuo aumento
della viscosità del sangue. Questa sindrome da iper-
viscosità (a cui si è già fatto cenno parlando del mie­
loma) è causa di aumento della velocità di sedimen­
tazione delle emazie nonché di rallentamento del
circolo. Questo a sua volta provoca disturbi cere­
brali di varia gravità, fino al coma paraproteinemi-
co, disturbi visivi da alterazioni retiniche e, più
raramente, disturbi cardiaci fino all'insufficienza
cardiaca congestizia. Come in altre gammopatie
monoclonali, è presente una diatesi emorragica
(epistassi, porpora, emorragie gastrointestinali,
ecc.) da alterazioni della coagulazione, ed anemia.
Un quadro leucemico (del tipo della leucemia linfa­
tica cronica) si osserva nel 25-30% dei casi. Nelle
urine si osserva proteinuria di Bence Jones nel 25% Fig. 14 - Eccesso di Mastzellen midollari in macrogiobuiinemia
dei casi. Il danno renale, a differenza del mieloma,
di Waldenstrom. Giemsa, Ó30x (immersione).
in cui è quasi esclusivamente tubulare, è prevalen­
temente glomerulare. Non è raro il fenomeno di
Raynaud per l'esposizione al freddo. fusa, raramente nodulare. Corpi di Russell (intraci-
Il dato istopatologico più importante è il riscon­ toplasmatici) e soprattutto di Dutcher (intranuclea-
tro di un'infiltrazione midollare da parte di piccoli ri) sono spesso presenti negli elementi linfoplasmo­
linfociti B, con caratteri intermedi tra il piccolo lin­ citoidi; neH'interstizio e nei vasi sanguigni si osser­
focita e la plasmacellula (Figg. 12 e 13), CD20 posi­ va frequentemente materiale ialino PAS-positivo.
tivi. Tale infiltrazione può essere interstiziale o dif- Le mastzellen e Temosiderina midollare sono spes­
482 % Discrasie delle plasmacellule e gammopatie
so aumentati (Fig. 14). In circa metà dei casi vi è legata alla dimostrazione, con immunofissazione,
epato-splenomegalia da infiltrazione da parte degli di una IgG senza catene leggere ed alla produzione
elementi linfoidi neoplastici; in un quarto dei casi vi di catene pesanti tipo y. La proteinuria è di solito
è anche interessamento linfonodale. inferiore a 1 g/24 ore. La mediana di sopravviven­
La malattia, che insorge abitualmente in sogget­ za è 12 mesi.
ti anziani, ha un decorso lento, anche di parecchi La malattia delle catene pesanti tipo a è una varian­
anni. Le cause di morte sono più spesso legate alla te del linfoma B della zona marginale extranodale
sindrome da iperviscosità, alle emorragie ed alle tipo MALT in cui sono secrete catene pesanti tipo a.
infezioni piuttosto che alla cachessia neoplastica. Predilige soggetti giovani ed è alla base del cosid­
detto linfoma mediterraneo, un particolare tipo di lin­

| Malattie delle catene pesanti foma che colpisce soprattutto soggetti di basso
livello socio-economico residenti in Egitto, Arabia
Oltre al mieloma, nel quale si verifica elimina­ Saudita, Nord Africa. Esso è caratterizzato da diar­
zione con le urine di catene immunoglobuliniche rea, steatorrea, sindrome da malassorbimento, e
leggere, vi sono malattie neoplastiche dei linfociti B spiccata infiltrazione linfoplasmocitaria della lami­
e delle plasmacellule caratterizzate dalla presenza, na propria dell'intestino tenue. All'inizio il proces­
nel plasma e/o nelle urine, di sole catene pesanti o so è reversibile con trattamenti antibiotici: successi­
più spesso di loro frammenti e non di catene legge­ vamente (ma non costantemente) può insorgere un
re. Le proteine anomale secrete dai linfociti e dalle linfoma B di alto grado dei linfonodi mesenterici e
plasmacellule in queste malattie non sono prodotti retroperitoneali. Parrebbe quindi che la prolifera­
di degradazione delle immunoglobuline, ma sono zione plasmacellulare intestinale non sia inizial­
invece sintetizzate come molecole incomplete, cioè mente neoplastica, ma sia la manifestazione morfo­
proteine con delezioni interne. Si tratta di malattie logica di alterazioni immunitarie che predisporreb­
molto rare, clinicamente e morfologicamente etero­ bero i pazienti all'insorgenza di un linfoma maligno
genee, indicate con le lettere greche y, a e jx, che addominale. Rari casi di malattia delle catene
richiedono, per la diagnosi, l'uso di tecniche sofisti­ pesanti di tipo a presentano un infiltrato linfopla-
cate, in quanto può essere poco evidente o mancare smocitario delle vie aeree senza interessamento
del tutto il classico "picco" all'esame elettroforetico, intestinale.
per cui è necessario ricorrere all'immunoelettrofo- La rarissima malattia delle catene pesanti tipo fi si
resi o airimmunofissazione. In pratica è necessaria presenta con un quadro ematologico di leucemia
la dimostrazione, nel siero, nelle urine o in entram­ linfatica cronica, con epato-splenomegalia ma
bi, di un componente proteico che reagisca con anti­ senza linfoadenopatie. Il midollo mostra plasmacel­
sieri anti-catene pesanti y, a o ji, ma non reagisca lule caratteristicamente vacuolate, oltre aU'infiltra-
con antisieri anti-catene leggere k o X o con fram­ zione di piccoli linfociti B responsabili del quadro
menti Fab. L'immunoglobulina patologica mono­ leucemico. Colpisce soggetti adulti, ed il decorso
clonale può essere una IgG (malattia delle catene clinico è lentamente progressivo.
pesanti y), una IgA (malattia delle catene pesanti a)
o una IgM (malattia delle catene pesanti p.). Ognu­
na di queste rare malattie appare rappresentare l'in­ | Bibliografia essenziale
solita variante di un certo tipo di linfoma B: il tipo y
Grogan T.M., Müller-Hermelink H.K., Van Camp B., Har­
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Sistema
immunocompetente

Sistema immunocompetente (M. Chilosi) 4.4 Patologia autoimmune (M. Chilosi)


■ Cenni di anatomia ■ Classificazione delie malattie autoimmuni
■ Organi centrali (o primari) del sistema immunitario ■ Malattie autoimmuni organo specifiche
w Organi e tessuti linfaidi periferici (a secondari) ■ Malattie autoimmuni sistemiche
Timo (M. Chilosi) 4.5 Amiloidosi (R. Ranaldi)
s Anatomia, istologia ed embriogenesi ■ Definizione e caratteristiche generali
■ Fisiologia — il microambienfe timico ■ Classificazione
® Patologia fimica ■ Quadri d'organo e manifestazioni cliniche
Immunodeficienze primitive (genetiche) ■ Aspetti clinici fondamentali
(M. Chilosi) 4.6 Sarcoidosi (M. Chilosi)
■ Definizione e classificazione
h immunodeficienze combinate 4.7 Fibrosi retroperìtoneale (M. Chilosi)
si Deficit dell'immunità umorale ■ Patogenesi
m Forme ben definite di immunodeficienza a Diagnosi differenziale
a Deficienze dei geni che codificano y -interferone, 4.8 Àllotrapianto di organi solidi
interieuchina 12 e loro recettori
m Sindrome linfoproliferatfva legato (M. Rugge, G. Pennelli, M. Guido)
al cromosoma X ■ introduzione
■ immunodeficienze da difetto della funzione b il patologo nella attività trapiantobgica
dei fagociti h Patologia deil'ailotrapianto
Sistema
4.1 immunocompetente
M. Chilosi

U Cenni di anatomia I linfociti T prendono il nome dal Timo, l'organo in


cui si sviluppano. Benché simili morfologicamente e
Il sistema immunitario è deputato al controllo ederivati da un unico precursore, i linfociti B e T sono
alla difesa da danni provenienti da organismi o profondamente differenti. L'acquisizione dei carat­
sostanze estranee. La molteplicità dei potenziali teri distintivi dei linfociti viene acquisito in un com­
aggressori rende il sistema immunitario molto com­ plesso processo differenziativo, che ha luogo grazie
plesso nella tipologia e l'efficacia delle difese, che si all'interazione dei precursori linfocitari con specifi­
basano sul contributo coordinato di differenti tipi ci microambienti tissutali. Per microambiente tissu-
cellulari e sistemi molecolari distribuiti in diversi tale si intende l'insieme di componenti cellulari ed
organi. Durante gli ultimi decenni l'immunologìa di extracellulari capaci di fornire una "nicchia" in cui
base ha raggiunto traguardi una volta impensabili, il precursore può ricevere i segnali idonei per deter­
ed attualmente disponiamo di informazioni molto minarne la sopravvivenza, la proliferazione, la
dettagliate, di modelli attendibili e dì strumenti maturazione e, se necessario, l'eliminazione. La
metodologici adeguati per poter raggiungere una "specializzazione" di questi organi è determinata
comprensione quasi completa dei complessi mecca­ dalla presenza di cellule particolari, dotate di pecu­
nismi che sono alla base delle risposte immunitarie. liari complessi recettoriali (necessarie per la "cattu­
L'incremento delle conoscenze è peraltro requisito ra" e la "presentazione" degli antigeni) e specifiche
fondamentale per poter comprendere la patogenesi capacità secretive (citochine, chemochine), che le
delle numerose malattie in cui il sistema immunita­ rendono idonee per guidare le interazioni cellulari e
rio è coinvolto per difetto di risposta (immunodefi­ molecolari necessarie per lo sviluppo e la selezione
cienze) o per eccesso o malfunzionamento delle dei linfociti. Le cellule dendritiche interdigitate, le
risposte (iper-sensibilità, autoimmunità). cellule di Langerhans, le cellule dendritiche follico­
I diversi organi coinvolti nello sviluppo e nel lari, le cellule epiteliali timiche, le cellule endotelia-
funzionamento del sistema immunitario sono sud­ li delle venule postcapillari, etc. sono elementi
divisi in organi primari o centrali ed in organi peri­ distintivi di questa classe di cellule "accessorie" del
ferici. Negli organi centrali, il midollo osseo ed il sistema immunitario.
timo, i precursori delle cellule della linea linfoide B
e della linea linfoide T originano e si differenziano,
dando origine a numerosi e differenti tipi di effetto­
I I Organi centrali (o primari)
ri linfoidi differenziati per fenotipo e funzioni. del sistema immunitario
I linfociti sono le cellule effettrici delle risposte I precursori linfoidi, sia B che T, si formano per
immunitarie acquisite, cioè capaci di aumentare la maturazione di cellule staminali emopoietiche nel
loro efficacia nel corso della vita, a seguito di ripe­ midollo osseo. Questo tessuto è quindi il principale
tute esposizioni a molecole antigeniche estranee. Il organo "primario" del sistema linfoide. È midollo,
ruolo protettivo delle risposte immunitarie acquisi­ nell'uomo, non è propriamente un organo, ma è un
te è dimostrato dalle numerose e pericolosissime tessuto diffuso presente all'interno delle ossa. Il tes­
conseguenze dei diversi tipi di deficienza (vedi suto midollare adulto si organizza attorno alle tra-
patologia da immunodeficienza). I linfociti sono becole ossee, sottili strutture ossee rivestite da
caratterizzati da morfologia simile (cellule di mode­ endostio (comprendente le cellule staminali mesen-
ste dimensioni, dotate di nucleo a cromatina densa chimali). A partire dalla zona paratrabecolare, che
e scarso citoplasma), ma sono caratterizzati da una costituisce un'importante nicchia microambientale
notevole eterogeneità fenotipica e funzionale. Come dove si sviluppano i precursori linfoidi e mieloidi,
noto dairimmunologia i linfociti si suddividono in le cellule che maturano si spostano verso le aree
due tipi principali: i linfociti B ed i linfociti T. I lin­ "centro-lacunari", dove prevalgono i precursori eri-
fociti B prendono la definizione dall'evidenza del troidi nelle varie fasi maturative e le cellule mieloi­
loro sviluppo nella Borsa di Fabrizio (negli uccelli) di mature (polimorfonucleati). Fondamentali per la
o nel midollo osseo, nei mammiferi - (bone marrow). funzione microambientale del midollo sono le cel­
486 5/sfema immunocompetente
lule stromali (simil-fibroblastiche) del midollo, capaci malattie autoimmunitarie. Il microambiente timico
di sostenere la linfopoiesi anche in vitro. A livello è formato da elementi stromali, di origine mesen-
molecolare sono stati individuati diversi fattori chimale (in particolare le cellule dendritiche della
necessari per la linfopoiesi, tra cui lo SCF (stem celi zona midollare), ed elementi epiteliali di origine
factor) capace di interagire con c-kit (una importan­ endodermica.
te tirosin-chinasi recettoriale), PBSF, interleuchina-
7, ed altri. La linfopoiesi B nel midollo prenatale e
nelle prima infanzia è relativamente importante, Q Organi e tessuti linfoidi periferici
mentre nella vita adulta è molto modesta. Infatti (o secondari)
nell'adulto i precursori linfoidi B (linfoblasti) sono
molto rari, come evidenziato dal marcatore TdT I linfonodi, la milza ed il tessuto linfatico asso­
(terminal deoxynucleotidyl transferase), ed anche i ciato alle mucose (MALT) costituiscono l'insieme
linfociti B sono molto scarsi. Nel midollo i precur­ definito tessuto linfoide periferico. Questo tessuto è
sori B (pro-B precoce e pro-B tardivo) vanno incon­ deputato alla stimolazione delle risposte seconda­
tro ai primi rimaneggiamenti dei geni che codifica­ rie, cioè quelle che potenziano e perfezionano le
no per le catene immunoglobuliniche (nel locus risposte immunitarie. Le strutture principali di que­
della catena pesante). La cellula pre-B si sviluppa se sto tipo di tessuto sono i follicoli linfatici, deputati
il processo di riarrangiamento (DH-JH) e accosta­ alla differenziazione dei linfociti B capaci di pro­
mento (VH e DJh ) sono effettuati correttamente. Le durre immimoglobuline "perfezionate", mentre l'e­
cellule pro-B e pre-B sono identificabili rispettiva­ spansione clonale e l'attivazione dei cloni T avvie­
mente mediante dimostrazione di antigeni di mem­ ne nelle aree interfollicolari, definite anche "para­
brana e per la presenza di catene jx intracitoplasma- corticali". Queste due differenti zone morfologico-
tiche. Dopo il corretto riarrangiamento del locus funzxonali del linfonodo (riconoscibili anche nella
della catena leggera (ogni clone B "sceglie" una milza e nel tessuto linfoide associato alle mucose -
catena leggera kappa o lambda) la cellula B esprime o MALT -) si organizzano attorno a cellule accesso­
sulla membrana recettori completi IgM e IgD ed è rie specializzate, le cellule follicolari dendritiche
un linfocita B maturo "vergine", capace di lasciare nelle aree B e le cellule dendritiche interdigitate
il microambiente midollare e divenire ima cellula nelle aree paracorticali. Queste cellule sono definite
circolante. Il processo di riarrangiamento è un "dendritiche" a causa della presenza di caratteristi­
momento molto importante e "delicato" della vita che estroflessioni citoplasmatiche, capaci di espan­
della cellula B. L'insorgenza di errori in queste fasi dere notevolmente la superficie esterna della mem­
della maturazione dei precursori possono produrre brana cellulare, incrementando così la capacità di
anomalie (ad esempio traslocazioni oncogeniche) interazione con altre cellule, ed in primis con i linfo­
responsabili deH'insorgenza di cloni B, caratterizza­ citi. Benché apparentemente simili nelle loro fun­
ti da anomalie della proliferazione e del controllo zioni, le cellule dendritiche sono differenti per isto-
apoptotico. Nelle più importanti traslocazioni cro­ genesi, morfologia, fenotipo e funzioni. Le cellule
mosomiche coinvolte nella linfomagenesi, oncogeni dendritiche interdigitate sono infatti di origine
(ad esempio c-myc o bcl-2) vengono a trovarsi sotto midollare (se ne riconoscono attualmente due diffe­
il controllo dei geni immunoglobulinici e viene renti tipi, ima di origine mieloide ed ima che deriva
persa la capacità di regolare la loro espressione. da precursori linfoidi), mentre le dendritiche folli­
Il midollo osseo è sede di prelievo bioptico percolari sono di origine incerta (probabilmente si dif­
la diagnosi e stadiazione dei processi linfoprolifera- ferenziano da precursori mesenchimali associati ai
tivi e la conoscenza approfondita della sua struttu­ vasi sanguigni o linfatici). Le cellule interdigitate
ra e delle sue varie componenti cellulari (riconosci­ sono caratterizzate da elevata capacita di presenta­
bili con precisione utilizzando la morfologia mole­ re gli antigerd, e sono quindi deputate alla stimola­
colare) è prerequisito fondamentale per poter effet­ zione dei linfociti T. L'antigene viene "catturato" o
tuare valutazioni diagnostiche precise e riproduci­ fagocitato dalla cellula dendritica e "presentato"
bili. sulla superficie cellulare associato a molecole del
I precursori dei linfociti T si sviluppano da pre­ sistema maggiore di istocompatibilità.
cursori comuni nel midollo osseo/e si differenziano
nel timo dopo migrazione. Questo meccanismo è
notevole durante le prime fasi dello sviluppo del­ § Bibliografia essenziale
l'organismo, ma può continuare, anche se molto
ridotto, nella vita adulta. Il microambiente timico è Blackburn C.C., Manley N.R.: Developing a new para­
complesso, poiché deve mediare lo sviluppo, la dif­ ciigm for thymus organogenesis. Nat Rev Immunol.
ferenziazione e la selezione clonale dei linfociti T 2004 Apr; 4 (4): 278-89.
determinandone l'eterogeneità fenotipica e funzio­ Von Gaudecker B. (1986): The development of thè human
nale. La selezione positiva e negativa è fondamen­ thymus microenvironment. In: Muller-Hermelink HK
tale per rendere minima la possibilità di formazio­ (ed) The human thymus. Histopathology and Patho-
ne di cloni autoaggressivi, coinvolti in alcune logy. Springer-Verlag, Berlin, pp. 2-41.
Bibliografia essenziale s 487

Janossy G., Bofill M., Trejdosiewicz L.K., Willcox H.N., Arstila T.P., Casrouge A ., Baron V./ Even J., Kanellopoulos
Chilosi M. (1986): Cellular differentiation of J., Kourilsky P:. A direct estimate of the human alpha-
lymphoid subpopulations and their microenviron­ beta T cell receptor diversity. Science. 1999 Oct 29;
ments in the hum an thymus. In: Muller-Hermelink 286(5441): 958-61.
HK (ed) The hum an thymus. Histopathology and
Pathology. Springer-Verlag, Berlin, pp. 89-125. Chilosi M v Zamo A ., Brighenti A., Malpeli G-, Montagna
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Shih F.F., Mandik-Nayak L., Wipke B.T., Allen P.M.: Mas­ Scarpa A., Dogliorti C v Menestrina F.: Constitutive
sive Thymic Deletion Results in Systemic Autoimmu­ expression of DeltaN-p63alpha isoform in hum an
nity through Elimination of C D 4+ C D 25+ T Regula­ thymus and thymic epithelial tumours. Virchows
tory Cells. J Exp Med. 2004 Feb 2; 199(3): 323-35. Arch. 2003 Aug; 443(2): 175-83.
I

;i

if

i
Timo
4.2 M. Chilosi

Le funzioni del timo sono principalmente corre­ sterno da tessuto adiposo e si estende inferiormen­
late allo sviluppo di un efficiente sistema immunita­ te fino al 4°-5° spazio intercostale.
rio. Nel timo infatti maturano, proliferano e vengo­ La grandezza del timo varia notevolmente
no selezionati i linfociti T. In assenza di un corretto durante la vita. Il tessuto timico raggiunge le
controllo dei processi di maturazione e selezione si dimensioni maggiori in età infantile, e progressiva­
sviluppano processi morbosi caratterizzati da defi­ mente è soggetto ad una progressiva involuzione,
cit funzionale del sistema immunitario (immunode­ senza peraltro scomparire del tutto anche in tarda
ficienze) o malattie autoaggressive/autoimmuni. età. Il peso e il volume del timo variano considere­
I complessi meccanismi legati allo sviluppo deivolmente, non solo in rapporto all'età, ma anche da
linfociti T è mediato nel timo da un complesso soggetto a soggetto per fattori endocrini, costituzio­
"microambiente" formato da diversi tipi cellulari nali, ed a seguito di processi morbosi acuti e croni­
capaci di interagire in modo coordinato mediante ci. L'involuzione del timo è quasi completa entro la
comunicazioni molecolari e complesse reti di seconda decade, ma restano variabili quantità di
mediatori. La comprensione dell'organizzazione tessuto timico disperso in piccoli aggregati conte­
istologica del microambiente timico è fondamenta­ nenti cellule epiteliali e timociti.
le per poter interpretare correttamente la fisiologia Istologicamente, i lobuli timici, di diametro varia­
di questo importantissimo organo. bile da mm 0,5 a 2, sono avvolti da una sottile cap­
sula connettivale che invia esili setti nel sottostante
parenchima suddividendo il parenchima timico in
Anatomia, istologia lobuli: ogni lobulo è composto da una zon a co rtica­
ed embriogenesi le, più voluminosa, e da una m idollare; quest'ulti-
ma si continua nella porzione più centrale di cia­
H timo è un organo impari, bilobato, che si loca­ scun lobulo con quello degli altri lobuli. Le zone
lizza nel mediastino anteriormente al sacco pericar- midollari si riconoscono morfologicamente come
dico. Di forma ovoidale, di colorito grigio-roseo e di aree più chiare in cui sono presenti i corpuscoli di
consistenza molle, occupa la parte antero-superiore Hassall. La minor densità cellulare e la presenza di
del torace e la sua porzione superiore è connessa un maggior numero di cellule con ampio citopla­
alla tiroide tramite un largo ligamento tireo-timico. sma (cellule epiteliali, cellule dendritiche, cellule B)
Posteriormente è in rapporto con la trachea, la caro­ determinano la differenza istologica, apprezzabile a
tide comune ed il nervo laringeo inferiore; anterior­ piccolo ingrandimento microscopico, tra zona corti­
mente è separato dal manubrio e dal corpo dello cale e zona midollare (Fig. 1).

Fi9-1 - Le diverse zone del timo, corticale (CJ e midollare (M) sono evidenziate in queste immagini istologiche (colorazione ema-
tossilina/eosina) di timo infantile. In (b) è evidente un corpuscolo di Hassall (HC).
Il timo è definito organo "linfo-epiteliale" incontribuire assieme alle cellule dendritiche ed ai
quanto esso è formato da due componenti istoge- linfociti B della midollare timica alla "presentazio­
neticamente e morfologicamente distinte, epiteliale ne" del repertorio antigenico self ai cloni T prima
(di origine endodermica) e linfocitaria (linfociti T in della loro immissione nel torrente circolatorio peri­
diverse fasi maturative), in intima correlazione ferico.
spaziale e funzionale. Il timo si struttura su una
Spazi perivascolari. Queste zone, sono formate dagli
complessa rete di cellule epiteliali di forma stellata
spazi contenuti all'interno della capsula del timo,
legate tra di loro da giunzioni (desmosomi). All'in-
ma esterni rispetto alla rete formata dalle cellule
terno di questa rete si posizionano i timociti, fitta­
epiteliali. Questi spazi, praticamente assenti nel
mente stipati nelle aree corticali, più distanti nelle
timo durante i primi anni di vita, divengono pro­
aree midollari. Morfologicamente ed immunofeno-
minenti neirinvecchiamento e l'involuzione del­
tipicamente si distinguono diversi tipi di cellule
l'organo.
epiteliali che . caratterizzano diversi comparti
La complessità microambientale della zona .
"microambientali", anatomicamente e funzional­
midollare è espressione della necessità di "presen­
mente distinti, la zona sottocapsulare, la zona cor­
tare" un ampio repertorio di antigeni self (nel conte­
ticale e la zona midollare. Il profilo immunofenoti-
sto MHC) ai timociti, in una condizione di immatu­
pico dei timociti varia nei tre diversi comparti
rità che porta alla tolleranza, con meccanismi depu­
microambientali, seguendo il processo di matura­
tati ad effettuare ima selezione "negativa" (elimina­
zione dal precursore alla cellula T matura. Il per­
zione dei cloni T autoaggressivi capaci di riconosce­
corso dei timociti all'interno del timo è quindi un
re antigeni self).
percorso “a tappe" in cui la maturazione ed i pro­
cessi selettivi sono mediati dairinterazione col
microambiente. O rganogenesi timica
Le cellule ep iteliali corticali e m idollari, pur Lo sviluppo del timo inizia precocemente
derivando da un precursore comune, sono caratte­ durante la vita intra-uterina, a partire da un
rizzate da morfologia, fenotipo e funzioni distinte. abbozzo epiteliale di derivazione endodermica
Zona sottocapsulare. Questo comparto microambien­ nella terza tasca faringea. Il modello embriogene-
tale è situato subito sotto la capsula fibrosa che cir­ tico "classico" che prevedeva una "doppia deriva­
conda il lobulo timico. È considerata una zona zione" delle cellule epiteliali del timo, quelle corti­
"proliferativa" in cui i timociti hanno aspetto Masti­ cali dall'ectoderma e quelle midollari dall'endo­
co ed elevato indice mitotico. È la "nicchia derma, è stata recentemente sostituita da un
microambientale" in cui si localizzano i precursori modello che prevede l'esistenza di un precursore
linfoidi di provenienza midollare nelle prime fasi ep itelia le comune per le diverse componenenti
differenziative. epiteliali timiche [Blackburn CC, 2004]. La marca­
ta eterogeneità morfologica, fenotipica e funziona­
Zona corticale. Le cellule epiteliali in questo compar­ le che rende diverse le cellule epiteliali che occu­
to possiedono ampio citoplasma caratterizzato da pano diverse zone del timo (sottocapsulare, corti­
una rete complessa di protrusioni ed un ampio cale, midollare) è correiabile alla differenziazione
nucleo vescicoloso spesso macronucleolato. Le cel­ del precursore epiteliale comune soggetto a com­
lule epiteliali corticali sono intimamente frammiste plesse interazioni che si stabiliscono tra le cellule
ai timociti corticali e a sparsi macrofagi spesso con­ epiteliali, cellule mesenchimali (di origine ectoder-
tenenti residui cellulari (espressione dell'elevato mica), e timociti. Prova indiretta dell'esistenza di
indice apoptotico dei timociti). un precursore epiteliale comune può essere consi­
La zona midollare è formata da ima rete di cellule derato il non raro riscontro di tumori epiteliali
epiteliali di dimensioni contenute, nucleo ovoidale timici in cui coesistono cellule neoplastiche con
o fusato, frammiste a numerosi linfociti B e cellule caratteristiche "corticali" e "m idollari" (timoma
dendritiche interdigitate. La distinzione precisa di "m isto" o forma AB secondo la classificazione
queste differenti componenti cellulari è ottenibile W.H.O.).
mediante analisi immunoistochìmica dimostrando La colonizzazione da parte dei precursori linfoi­
citocheratine (CK5, cellule epiteliali), proteina di che originano nel midollo osseo ha luogo nella
SI 00 (cellule interdigitate), o CD20 (linfociti B Vm-IX settimana di gestazione. La corticale appare
midollari). Nella zona midollare sono spesso pre­ a sua volta distinguibile in una zona sottocapsulare
senti i corpuscoli di Hassall, formazioni cheratiniz- o esterna ed in una zona corticale profonda. I linfo­
zanti, talvolta cistici, che presumibilmente rappre­ citi della zona corticale esterna sono principalmen­
sentano un aspetto differenziativo epidermoide, te grandi cellule Mastiche in attiva proliferazione;
delle cellule epiteliali midollari (Fig. 1). Non è essi si trovano associati con un tipo peculiare di cel­
ancora chiaro quale può essere il ruolo dei corpu­ lule epiteliali, chiamate "cellule timiche nutrici
scoli di Hassall: secondo alcuni autori potrebbero (TNC)".
Anatomia, istologia ed embriogenesi ^ 491

e f
Fig. 2 - Utilità dell'analisi morfo-molecolare per evidenziare il microambiente tìmico e la differenziazione dei timociti. L'eterogenei­
tà fenotipica dei timociti corticali e midollari è evidenziata dalle differenze di espressione degli antigeni CD99 (a). TdT (blue in b,
in associazione con CD20, marrone, che evidenzia i linfociti B delia zona midollare), CD8 (c), CDK6 (d). In (e) ea (r) i timociti TdT+
e CD1a+ sono evidenziati in associazione con DN-pó3, specifico marcatore nucleare delle cellule epiteliali.
492 » Timo

| Fisiologia - il microambiente te modulati durante le differenti fasi selettive

timico (durante la selezione positiva nella corticale i timoci-


ti acquisiscono CCR7 un recettore per chemochine
Come sopra accennato, il microambiente timico è espresse nella midollare). Una selezione corretta dei
costituito da un supporto "reticolare" entro il quale i timociti autoreattivi è fondamentale per uno svilup­
linfociti T si localizzano e vanno incontro al processo po funzionale del sistema immunitario, e lo sviluppo
di maturazione e selezione clonale. Questo supporto di malattie autoimmuni è correiabile a mal funziona­
è costituito da tre tipi cellulari: a) le cellule epiteliali; mento di questi meccanismi.
b) i macrofagi; c) le cellule dendritiche interdigitate. Selezione Umica, delezione dei timociti e tolleranza. L'ef­
I precursori linfoidi T di provenienza midollare ficienza nel rispondere alle aggressioni esterne è
entrano nel timo alla giunzione cortico-midollare fornita da un meccanismo potenzialmente capace
attraversando la parete delle venule ed iniziano un di produrre un repertorio recettoriale di circa
programma differenziativo articolato in diverse 25 milioni di specificità. La possibilità di discrimi­
tappe che corrispondono a precise regioni del timo nare il self e d il non-selfè fondamentale per il corret­
ed in cui i timociti sono caratterizzati da un profilo to funzionamento del sistema immunitario e per
immunofenotipico caratteristico. I precursori dei evitare autoaggressività e malattie autoimmuni.
timociti che non esprimono CD4 o CD8 (double-nega- Problematica è la comprensione di come una così
tive) una volta entrati nel timo migrano attraverso la ampia serie di auto-antigerd possa essere "presen­
zona corticale e vanno incontro alla modificazione
tata" nel timo allo scopo di selezionare i timociti in
dell'assetto dei geni codificanti i recettori per Tanti-
maturazione. In effetti, secondo alcuni modelli, una
gene (riarrangiamento del TCR) per dotarsi di recet­
parte notevole del repertorio self, ed in particolare
tori funzionali dotati di singola specificità. In questa
gli antigeni tessuto-specifici, sarebbe controllato a
fase i timociti divengono double-positive (timociti
livello "periferico". Più recentemente però è stato
"corticali comuni" CD4+CD8+) localizzandosi nella
proposto un modello in cui le cellule epiteliali
zona sottocapsulare. I timociti riattraversano la corti­
midollari, sono caratterizzate da espressione "pro­
cale raggiungendo la zona midollare differenziando­
si in CD4+ o CD8+ single-positive. In queste differen­ miscua" di un ampio repertorio di specificità anti­
ti zone microambientali hanno luogo importanti pro­ geniche self di organi quali il pancreas, la tiroide, lo
cessi selettivi, denominati "selezione positiva" (nella stomaco, il cervello, etc. [Gotter-J 2004]. Questi dati
corticale) e selezione negativa (nella zona di transi­ confermerebbero il ruolo principale del microam­
zione cortico-midollare) mediati da complèsse inte­ biente timico nella eliminazione e/o inattivazione
razioni cellulari e molecolari in cui sono coinvolte (anergia) di cloni T autoreattivi ad alta affinità
diverse citochine, chemochine, fattori di crescita, (delezione centrale) nel controllo della maggior
segnali prò- ed anti-apoptotici, etc. Gli effettori della parte delle reazioni autoimmuni.
selezione positiva nella corticale sono le cellule epi­ Le cellule dendritiche interdigitate (IDC) sono
teliali corticali, mentre la selezione negativa è media­ particolarmente concentrate nella giunzione corti-
ta dalla cooperazione delle cellule epiteliali midolla­ comidollare, in sede midollare ed attorno alle dira­
ri, dalle cellule dendritiche interdigitate e, probabil­ mazioni vascolari midollari; condividono con i
mente, anche dai linfociti B ivi residenti. La selezio­ macrofagi l'origine dal midollo osseo, l'espressione
ne dei timociti è legata al livello di affinità del recet­ di numerosi antigeni di superficie, specie quelli col­
tore TCR dei timociti per le molecole MHC espresse legati al MHC e l'attività funzionale volta a favori­
dalle cellule epiteliali e sulle cellule dendritiche re la selezione e maturazione dei linfociti T.
interdigitate. L'interazione recettoriale induce Fa- Fra gli altri tipi di cellule normalmente presenti nel
pop tosi dei timociti autoreattivi da eliminare (per timo ricordiamo gli eosinofili, i mastodti, le cellule
mantenere la tolleranza anti-self ) che vengono quin­ muscolari striate (o cellule mioidi); queste sono parti­
di fagocitati dai macrofagi residenti. La migrazione colarmente numerose alla giunzione corticomidollare
dei timociti nei differenti comparti è guidata dall'in­ ed in prossimità dei corpuscoli di Hassal. La loro isto-
terazione tra chemochine e loro recettori precisamen­ genesi e significato funzionale sono ancora incerti.

• . - : Nota :/■', ■
M icroam biente tim ico: a n àlisi m orfo-M oleóolàré. Vanalisi imrfologica effettuata mediante l%usttià:di;mar-
catori immiinofenotipici (antigeni rilevati mediante anticorpi-sondà su. sezionì di tessuto) ha permesso di ottenere
ìnformazioni rìlexmnti suWorganizmzione isto-fisìoló^ka del.timo e fornisce un utìU Mrumenio nella diagnostica
differenziale: della patologia Umica. 1 -marcatori principali p er. riconoscere■:le vane,; componenti cellulari del
microambienieiimico sisuddìvidono inmarcatori ^ (citocheratineCK8-18, CK5, CK14,- isoformedella prò-
teina pò3), marcatori linfocltari T: CD la, TdT (esprèssi nei timociti immaturipresmti rielle aree corticaii), CD3,
CD4, CD8, CD2j marcatori linfocilari B: CD20, CD79a (utili per l'identificazione dei linfociti B-dellearee midol­
lari), marcatori delle cellule.accessorie: proteina .S100 (per identificare le cellule dendritiche interdigitate), CD2T,
CD23 (per identificare le cellule.follicolari dendritiche eventualmente presenti nelle areemidollari, in caso di ipcr-
plasia Umica) (Fig. 2). ' ■ ■
Patofogia timica & 493

| Patologia timica A trofia


Il timo riveste un ruolo molto rilevante per lo I processi più rilevanti di atrofia timica sono
sviluppo dell'immunità e la patologia timica com­ l'involuzione fis io lo g ic a e l'involuzione acciden­
prende alcune malattie correlate a difetti funzionali tale.
dell'immunità. Il timo può essere sede primitiva di L'involuzione fisiologica inizia nel timo già
diverse neoplasie che originano da componenti cel­ durante i primi anni di vita come risulta dai valori
lulari tipiche del timo (ad esempio i tìmomi, di deri­ del peso relativo.
vazione epiteliale, o il linfoma linfoblastico X neo­ Morfologicamente il processo di involuzione
plasia dei timociti), o può essere colonizzato da pro­ fisiologica è caratterizzato da una progressiva atro­
cessi neoplastici secondari. fia della sostanza corticale per riduzione numerica
dei timociti con aumento relativo e in parte anche
Patologia timica non neoplastìca, patologia assoluto dello stroma reticolo-connettivale; da atro­
fia meno accentuata della sostanza midollare nella
dello sviluppo, patologia malformativa quale si riduce il numero dei corpuscoli di Hassall,
i quali possono andare incontro a diffusa trasforma­
Malformazioni congenite
zione cistica, fino alla formazione di cavità rivestite
Uagenesia totale (atimia) si associa frequentemen­ da epitelio pavimentoso; da infiltrazione di cellule
te con altre malformazioni viscerali, soprattutto adipose che vanno a sostituire in parte il parenchi­
tiroidee e paratiroidee: essa è responsabile di grave ma scomparso fino a dare, nel vecchio, il quadro
compromissione del sistema immunocompetente e della bolla adiposa retrosternale.
realizza, quando si accompagna ad agenesia delle L'involuzione accidentale o patologica è causata
paratiroidi, il quadro anatomo-clinico conosciuto da fattori stressanti di particolare intensità e gravi­
come sindrom e di DiGeorge. Queste complesse tà (malattie gravi acute o croniche, tossinfezioni,
malformazioni sono legate a delezioni eterozigoti ecc.), dalla somministrazione terapeutica di cortico­
in 22 q ll, un locus che codifica per fattori di trascri­ steroidi, oppure dall'azione diretta di radiazioni
zione fondamentali per lo sviluppo dell'endoderma ionizzanti. L'involuzione accidentale non è definiti­
delle tasche faringee (in particolare Tbxl, membro va potendo il timo riacquistare la sua morfologia
della famiglia genica caratterizzata dalla presenza caratteristica con l'estinzione dell'evento timolitico.
del dominio T-box). Cisti timiche. Una modesta percentuale (1-2%)
di tumori del mediastino si rivela come cisti timica.
Displasia timica/ ipoplasia timica I pazienti sono asintomatici ed il riscontro è perlo­
Un timo displastico si osserva in bambini con più accidentale all'esame radiografico. Complican­
diversi tipi di immunodeficienza e con gradi diver­ ze emorragiche possono rendere sintomatica la
si di anomalie differenziative, fino alla completa cisti. Le cisti timiche possono presentarsi come uni­
assenza (aplasia timica). Le immunodeficienze più loculari (neoformazioni di piccole dimensioni,
comunemente associate a displasia timica sono caratterizzate dalla presenza di un unico spazio
quelle in cui si ha il mancato sviluppo dei precurso­ cistico), o multiloculari, caratterizzate dalla presen­
ri linfoidi, ed in particolare le varie forme di Severe za di numerosi spazi cistici separati da spessi setti
Combined Immunodeficiency (SCID). fibrosi.
Nella infezione da virus HIV si osservano altera­ Timo ectopico e cisti timiche uniloculari sono consi­
zioni del timo, prevalentemente correlate alla derate lesioni di origine malformativa, e presumi­
deplezione della componente linfocitaria. Non è bilmente derivano da residui di tessuto epiteliale
chiaro quali siano i meccanismi che portano all'alte­ della terza tasca branchiale (dotto timo-faringeo
razione del microambiente timico, ma sono stati fetale). Possono svilupparsi in sede ectopica sulla
coinvolti diversi fattori virali ed endogeni, capaci di via di discesa del timo embrionale dalla mandibola
interagire nel sopprimere lo sviluppo di precursori, al diaframma (più spesso nel collo). In queste sedi è
e di alterare i processi di selezione con intensifica­ possibile riscontrare tessuto timico ectopico morfo­
zione dei fenomeni apoptotici. logicamente indistinguibile dal timo normale. Le
Il concetto di "displasia" del timo è legato alla cisti multiloculari sono invece considerate lesioni
mancata interazione tra componente epiteliale e timiche a genesi post-infiammatoria. Una variabile
componente linfoide. L'interazione reciproca è componente infiammatoria è infatti spesso associa­
infatti necessaria per un corretto sviluppo del lobu­ ta alla componente epiteliale. L'eziologia delle cisti
lo timico maturo. Nella displasia il timo è notevol­ multiloculari è prevalentemente non individuabile,
mente iposviluppato (pochi grammi), la componen­ ma sono segnalati casi associati ad infezione HIV o
te linfoide è scarsa o completamente assente e la a sifilide congenita (il c.d. ascesso di Dubois). Un
componente epiteliale mostra varie alterazioni quadro cistico può accompagnare la localizzazione
della differenziazione (mancata formazione di timica del linfoma di Hodgkin o di seminoma
strutture corticali e midollari, assenza di corpuscoli mediastinico, due neoplasie accompagnate caratte­
di Hassall, strutture epiteliali anomale con forma­ risticamente da un ampio infiltrato linfocitico e/o
zione di rosette, tubuli, noduli). granulomatoso. L'epitelio di rivestimento delle cisti
494 Timo
timiche può assumere aspetti diversi, squamoso,
cuboidale, piatto, colonnare ciliato, transizionale.
Sono frequenti granulomi colesterinici.

Timo e malattie autoimmuni. Iperplasia


linfocitaria follicolare (timite follicolare)
H timo è coinvolto in varia misura e con mecca­
nismi differenti in diverse malattie autoimmuni. Il
coinvolgimento più frequente è quello che si osser­
va nella miastenia grave, dove la patologia si mani­
festa spesso associata ad iperplasia linfocitaria folli­
colare (o timite follicolare, o timite autoaggressiva)
o a timomi (tumori che originano dall'epitelio timi-
co). La m iasten ia grave (MG) è una malattia
autoimmune caratterizzata da autoanticorpi anti-
recettori acetilcolinici e progressiva distruzione
della placca neuro-muscolare. Nella MG il timo è
frequentemente coinvolto da processi patologici,
verosimilmente correlati all'insorgere del disordine
immunitario. In circa due terzi dei casi la MG è
associata ad iperplasia linfocitaria follicolare o ad
un timoma, mentre in circa un altro terzo il timo è
apparentemente normale (anche se è possibile
osservare la presenza di follicoli linfatici ad un
accurato esame dei residui timici). Più raramente
l'iperplasia follicolare è osservabile in pazienti con
ipertiroidismo, malattia di Addison, LES.
Nella timite follicolare (Fig. 3) il processo
infiammatorio coinvolge prevalentemente le aree
midollari del timo. Le cellule principalmente rap­
presentate sono linfociti B organizzati in ampi folli­
coli linfatici in cui si riconoscono centri germinativi.
È anche presente una importante componente linfo­ Fig. 3 - Timite follicolare in miastenia grave. In (a: emafossili-
citaria T, per cui la struttura timica viene infiltrata na-eosina) sono evidenti diversi follìcoli con ampio centro ger­
da "tessuto linfatico periferico" sovrapponibile per minativo (CG) all'interno dei tessuto timico {C: zona corticale}.
organizzazione e funzioni al tessuto linfonodale. In (b), l'analisi irnmirnoistocliimica in doppia marcatura eviden­
zia come i centri germinativi CD20+ (immunocoiorazione
Numerose plasmacellule vengono prodotte in que­ immunoperossidasi in marrone, CG) si collocano all'interno
sto microambiente alterato, presumibilmente capa­ delle aree midollari (le zone corticali sono evidenziate dalla
ci di produrre anticorpi ed autoanticorpi perfezio­ presenza di timociti CDÌa+ (blue).
nati dalla reazione follicolare (maturazione di affi­
nità, switching di classe) e quindi maggiormente tro di scarso significato clinico-patologico, in cui il
efficienti nell'autoaggressione contro gli antigeni timo è caratterizzato da dimensioni superiori alla
self (recettori della placca neuro-muscolare). In media, ma è istologicamente privo di anomalie.
effetti la rimozione del timo con iperplasia follicola­ Può presentarsi in seguito a terapie che inducono
re può alleviare la sintomatologia miastenica con una deplezione della componente timocitaria.
diminuzione degli autoanticorpi circolanti. Non è
chiaro quale sia il meccanismo patogenetico che
Processi neoplastici
collega la timite alla malattia autoimmune, ma è
evidente che nel timo si verifica un accumulo dì I tumori primitivi del timo sono di riscontro
autoantigene capace di stimolare la risposta T, la raro, e possono derivare dalle diverse componenti
reazione follicolare e la produzione di autoanticor­ cellulari che formano il microambiente timico:
pi. L'antigene responsabile della stimolazione distinguiamo quindi tumori che derivano dalla
immunitaria è con ogni probabilità un costituente componente epiteliale (tumori epiteliali timici o
del timo stesso che funge da autoantigene, dal TET), tumori che derivano dalle diverse componen­
momento che i sieri di soggetti miastenici in grado ti linfoidi (linfomi a cellule T immature, linfomi a
di reagire con la banda A della muscolatura schele­ cellule T mature, linfomi B a grandi cellule del
trica reagiscono anche con le cellule mioidi del timo), e rari tumori che derivano dalle cellule den­
timo. dritiche (istiocitosi a cellule di Langerhans timico) o
Ip erp lasia tim ica "vera": rara condizione, peral- mesenchimali (sarcomi di vario tipo che colpiscono
Patologia timica 495
il timo). Il linfoma di Hodgkin è di riscontro relati­ (macro e microscopica) proposti da Masaoka e col-
vamente frequente in sede mediastinica e può coin­ laboratori nel 1981. In questo schema stadiativo-
volgere primitivamente il timo. Tumori germinali prognostico sono proposti i seguenti quattro stadi:
possono insorgere nel timo come primitivi (semino-
I stadio: tumore incapsulato senza invasione macro
ma, carcinoma embrionario, etc.).
o microscopica della capsula

Tumori epiteliali (Figg. 4-8} II stadio: a) invasione macroscopica del tessuto adi­
poso circostante; o b) invasione microscopica della
I tumori epiteliali timici, definiti comunemente capsula
tintomi, sono tumori che derivano dalle cellule epi­
teliali del timo, e benché relativamente rari sono cli­ III stadio: invasione microscopica degli organi adia-
nicamente e patologicamente molto eterogenei, centi
variando da forme in genere dotate di invasività IV stadio: a) impianti pleurici o pericardici o b)
locale a forme molto aggressive come i carcinomi metastasi per via linfatica od ematica (reperto raro)
timici. A causa dell'eterogeneità istologica che
caratterizza i TET sono state proposte in passato La difficoltà di trovare il corrispettivo del com­
numerose classificazioni per questi tumori e solo portamento biologico sulla base di caratteri sia
recentemente le diverse proposte sono state unifica­ macro che microscopici ha dato luogo spesso ad
te in una classificazione unitaria (ufficialmente pro­ opinioni contrastanti circa la classificazione e la
posta dalla Organizzazione Mondiale della Sanità prognosi; secondo uno schema molto seguito in
nel 2000). I timomi sono localizzati al mediastino passato (Levine & Rosai, 1978) i timomi possono
anteriore, ma raramente possono avere sviluppo essere suddivisi in due forme:
ectopico nella regione del collo, sulla superficie 1. timomi benigni: interamente capsulati (60—80%)
pleurica, all'ilo polmonare, in sede pericardica e e con citologia in genere priva di caratteri atipi­
diaframmatica. Macroscopicamente presentano ci; dopo asportazione chirurgica la possibilità di
ampia variabilità di dimensioni e di peso; hanno recidiva è trascurabile (1-2%);
forma in genere ovoidale e nodulare. I timomi sono
2. timomi maligni invasivi: non differiscono dai
rivestiti da una capsula fibrosa e sepimentati in
primi, se non per i caratteri di invasività.
lobuli da robusti setti in cui si possono osservare
deposizioni calcìfiche. La presenza di una spessa Questo schema classificativo, benché corrispon­
capsula fibrosa, che rappresenta una barriera per dente allo schema stadiativo di Masaoka, risultava
l'estensione del tumore, è importantissimo aspetto poco articolato e scarsamente rappresentativo della
nella patologia dei timomi. Infatti, indipendente­ notevole eterogeneità morfologica dei TET. Le cel­
mente dal tipo istologico, la prognosi dei timomi è lule epiteliali neoplastiche infatti sono caratterizza­
direttamente legata alla presenza o assenza di infil­ te da una notevole varietà citologica (cellule fusate,
trazione della capsula e dall'estensione agli organi cellule grandi e vescicolose, formazione di "roset­
limitrofi come definito nei criteri di stadiazione te", ecc., e sono spesso commiste a cellule linfatiche

Fig. 4 - Tim om a di tipo A [classificazione del ['O rg a n iz z a z io n e M o n d ia le deila Sanità}. In a (ematossilina-eosina) si ev id en zia la
m orfologìa a cellule fusate, tìpica di questo tipo di tum ore ep iteliale del tim o. In (b) intensa espressione della citocneratina a d alto
peso (citocheratìna 5) nelle cellule neoplastìcne.
496 - Timo

p9: 5 - Timoma AB (classificazione dell'Organizzazione Mondiale delia Sanità), in a (ematossilina-eosina) si evidenzia !a morfo­
logia eterogenea delle cellule neoplastiche con ampi aree di cellule fusate. L'analisi immunofenotipica evidenzia l'espressione di
citocheratine ad alto peso molecolare (CK5 in b, CK14 in c) e la peculiare espressione di CD20 in parte delle cellule epiteliali (d).

(non neoplastiche) che, in alcuni casi, possono esse­ ci. Questa classificazione morfologica è operativa­
re in maggioranza. Questa eterogeneità è alla base mente utile in quanto significativamente correlata
delle numerose classificazioni dei timomi in cui le all'aggressività dei diversi tipi di timoma ed alla
differenti forme di timoma erano distinte in base presenza di malattie autoimmuni, ed è sufficiente-
alla prevalenza di un tipo cellulare (timoma linfoci­ mente riproducibile. Le differenti forme sono deno­
tario, epiteliale, linfoepiteliale, a cellule fusate, ecc.). minate per mezzo di lettere, e corrispondono ai
Questi inquadramenti sono stati superati perché timomi precedentemente definiti nel sistema classi-
scarsamente riproducibili ed a causa della arbitra­ ficativo di Muller-Hermelink basato sull'istogenesi
rietà legata al polimorfismo dei quadri riscontrabili delle cellule epiteliali neoplastiche (essenzialmente
nello stesso caso, al notevole numero di forme di cellule corticali caratterizzate da nucleo ampio e
transizione, alla soggettività dell'osservatore. La vescicoloso e cellule midollari con nucleo
classificazione più recente, proposta dalla W.H.O. fusato/ovalare).
nel 1999, sintesi e compromesso tra l'approccio cli­ Complicazioni di tipo autoimmune, ed in parti­
nico-patologico della scuola statunitense e quello colare la miastenia grave, sono associate caratteri­
biologico-funzionale della scuola tedesca, prevede sticamente alle forme B (Bl: 56,4%, B2: 71,1%, B3:
la distinzione di forme a basso grado dì malignità (i 46,2%). L'aggressività, definita dallo stadio di
timomi) e forme ad alto grado (i carcinomi timici). I Masaoka, è correlata al tipo istologico B, così come
timomi sono suddivisi a loro volta in diversi tipi, la prognosi. L'esito infausto infatti è riscontrato pre­
distinti sulla base degli aspetti citologici ed istologi­ valentemente nelle forme B2 e B3 (Okumura 2002).
Patologia timica ;5 497

F>g. 6 -Timoma B1 (classificazione OMSj. In a (ematossilina-eosina) si evidenzia la morfologia di questa neoplasia che assomi­
glia al timo normale, con ampie zone corticali confluenti e aree sìmil-midollari. Le cellule neoplastiche sono caratterizzate da ampi
nuclei vescicolosi, ovoidali (evidenziati in b dall'espressione di pó3}. in (c) si dimostra l'ampia componente linfoide caratterizzata
da fenotipo "corticale" CDla+ con un'area sìmÌl-mÌdollare ricca di linfociti B CD20+ (d).

Le form e C (definite anche com e “carcinom a b) Carcinoma squamocellulare non ckeratinizzante.


Umico") comprendono differenti tipi morfologici
c) Carcinoma simil-linfoepitelioma: analoga al linfoe-
(vedi tabella) ma sono tutte caratterizzate da note­
pitelioma del rinofaringe e delle tonsille; si
vole aggressività. Il riconoscimento di queste forme
caratterizza particolarmente per la presenza
è importante per la loro prognosi infausta. I TET di
nelle cellule neoplastiche di grossi nuclei vesci-
tipo C sono caratterizzati da evidenti aspetti di ati­
colosi provvisti di un voluminoso nucleolo
pia citologica e dalla mancanza di ima organizza­
rotondeggiante centrale. A differenza delle
zione istologica che ricordi il tessuto timico (presen­
forme corrispondenti del rinofaringe, nella
za di lobuli, aree perivascolari, come comunemente
genesi di questo tumore non giocherebbe un
osservato nei timomi).
ruolo il virus di Epstein Barr (EBV).
Sulla base della morfologia delle cellule neoplastiche,
si possono distinguere i seguenti carcinomi timici: d) Carcinoma sarcomatoide (o carcinosarcoma): l'a­
spetto mesenchimale deriva dal tipo di crescita
a) Carcinoma squamocellulare ckeratinizzante: la proli­
diffusa e dalTaspetto fusiforme delle cellule.
ferazione epiteliale assume franchi caratteri di
atipia con formazione di perle cornee. Va esclusa, e) Carcinoma a cellule chiare: le cellule tumorali
naturalmente, l'eventualità di una metastasi di mostrano citoplasmi chiari, ricchi di glicogeno e
carcinoma epidermoidale, specie del polmone. simulano l'aspetto del carcinoma renale.
498 Timo

Fig.7 -Timoma B2. (classificazione OMS). In a (ematossilina-eosina) si evidenzia i'aspetto istologico del tumore, caratterizzato da
ampie nodulazioni sepimentate da ampie bande fibrose. In b, la caratteristica commistione di elementi epiteliali neoplastici carat­
terizzati da ampio nucleo vescicoloso e macronucleolato e di elementi linfoidi (non neoplastia) riconoscibili per il nucleo di picco­
le dimensione. In c si evidenzia con p63 la componente epiteliale neoplastica (i iinfociti sono negativi). In d l'espressione di CDla
dimostra la natura timocitaria corticale della componente ìinfoide.

f) Carcinoma mucoepidermoide: la struttura è simile a senza di marcatori di derivazione polmonare (ad


quella osservabile a carico dell'omonimo tumo­ esempio l'antigene TTF1 o la proteina A del surfac-
re delle ghiandole salivari. tante) possono essere di ausilio diagnostico. Inte­
ressante notare come l'espressione di CD117 (il
g) Carcinoma basaloide: il nome deriva dall'aspetto recettore c-kit) nel carcinoma timico può rappresen­
morfologico simile ai tumori basocellulari di altri tare un bersaglio per terapie d'avanguardia con ini­
organi (cute, ghiandole salivari): aspetto frequen­ bitori specifici (Imatinib mesylate).
te di tipo trabecolato con disposizione a palizza­
ta delle cellule periferiche. Questa neoplasia ha Aspetti patogenetici dei timomi
un comportamento biologico a basso grado di
malignità e spesso rappresenta un reperto occa­ Lo studio genetico dei timomi è complesso, ma
sionale nella parete di una cisti timica. sono disponibili dati che dimostrano come le aber­
razioni cromosomiche più caratteristiche sono la
La distinzione da carcinomi di differente deriva- perdita di eterozigosità (LOH) a carico del cromo­
zione (ad esempio polmonari) può essere molto dif­ soma 6, nelle regioni 6q23.3-25.3 (circa 45% dei casi)
ficile su base puramente morfologica. L'espressione e 6p21 (33% circa dei casi). Le forme B3 sono asso­
elevata di CD5 e di CD117, osservata nella maggior ciate a un quadro più complesso con anomalie a
parte dei casi di carcinoma timico, assieme all'as­ carico del gene APC, e varie anomalie frequente­
Patologia timica ^ 499

vr:l

Fig. 8 - Timoma B3 {classificazione OMS). In a (ematossislina-eosina) le cellule neoplastiche epiteliale prevalgono nettamente sulla
componente linfoide (spesso assente), e sono caratterizzate da citologia e profilo immunofenotìpico "corticale" (in b citocheratina 5).

mente riscontrate anche nelle forme C. timociti presenti nei timomi possono essere così
La com ponente lin foide, spesso caratteristica­ numerosi da simulare un linfoma a precursori T
mente associata alle cellule epiteliali neoplastiche (linfoma linfoblastico T), specialmente in piccole
nei TET, costituisce un dato di notevole interesse. biopsie e su prelievi citologici in cui sia difficile
La natura dei linfociti associati ai timomi B l, B2 e dimostrare la presenza delle cellule epiteliali neo­
B3, inizialmente considerati una componente "reat­ plastiche. In questi casi può essere dirimente la
tiva", sono oggi chiaramente definiti come timociti dimostrazione molecolare della clonalità (mediante
corticali grazie alla dimostrazione del loro fenotipo analisi del riarrangiamento dei geni del recettore T)
"immaturo" definito dall'espressione del profilo o dimostrando la presenza di normali livelli di
molecolare (CD1+, TdT+, CD99+, CD4+, CD8+). espressione della chinasi ciclina-dipendente CDK6
La loro natura non neoplastica è dimostrata dall'as­ (anormalmente elevata nei linfomi ma non nei
senza di bande clonali all'analisi molecolare dei timomi). Anomala espressione di CD20, un marca­
geni per il recettore T. Il loro significato è quindi tore dei linfociti B, è dimostrabile nelle cellule epi­
quello di una popolazione linfocitaria T che riesce a teliali delle forme AB (timoma misto) e può essere
proliferare e maturare in un timo abnorme e neo­ utilizzata per la loro caratterizzazione.
plastico, che comunque conserva la capacità di inte­
ragire con i precursori linfoidi. Queste osservazioni
rendono possibile ipotizzare dei "modelli" patoge- Linfomi
netici in cui le complicanze autoimmuni associate ai La sede timica può essere coinvolta da processi
timomi (ed in particolare alle forme B in cui i timo- linfoproliferativi con frequenza relativamente ele­
citi sono presenti in varie proporzioni) sono ascrivi­ vata, in particolare il linfoma di Hodgkin, il linfoma
bili all'errato controllo dei meccanismi selettivi nor­ a precursori T ed il linfoma a grandi cellule B primi­
malmente funzionanti in un timo normale, ma evi­ tivo del mediastino.
dentemente non efficaci in un timo neoplástico.
P rofilo im m unofenotìpico. Tutti i timomi espri­ 1. Il linfom a di Hodgkin del timo, già ritenuto
mono marcatori epiteliali, ed in particolare citoche- una variante del timoma (timoma granulamoto-
ratine ad alto peso molecolare (CK5-6 ed in parte so), è oggi considerato una localizzazione timica
CK14) e la isoforma troncata del gene p63 (un mar­ della malattia di Hodgkin, quasi esclusivamente
catore delle cellule staminali degli epiteli stratifica­ nella forma di sclerosi nodulare. L'epitelio timi-
ti e della differenziazione squamosa). Questi marca­ co reagisce in maniera particolare con prolifera­
tori, dimostrati con metodi immunoistochimici, zione e tendenza alla formazione di cavità cisti­
possono essere utili in casi difficili di diagnosi dif­ che delimitate da palizzate di cellule epiteliali. Il
ferenziale, specialmente su piccole biopsie in cui la linfoma di Hodgkin "classico" è un processo lin-
morfologia non sia sufficiente. La dimostrazione di foproliferativo in cui le cellule neoplastiche,
marcatori di differenziazione linfocitaria (in parti­ sono cellule B caratterizzate da anomalie a cari­
colare C D la e CD99) possono essere utilizzati per co delle vie molecolari necessarie alla formazio­
dimostrare con precisione la presenza e l'entità ne di recettori immunoglobulinici funzionali.
della componente linfoide immatura corticale. I Scarse cellule neoplastiche (le cellule di Hodg-
500 s? Timo
kin e di Reed-Sternberg) sono associate ad un stico per timoma o seminoma. La diagnosi diffe­
elevato e complesso infiltrato infiammatorio renziale si basa sul quadro morfologico e sulle
(macrofagi, linfociti T, granulociti, ecc.) che può indagini immuno-istochimiche che dimostrano
causare problemi di diagnosi differenziale. la natura linfocitaria B delle cellule proliferanti e
2. Linfoma a precursori T (precedentemente noto la negatività per markers epiteliali (citocherati­
come linfoma linfoblastico T o linfoma a cellule ne) o per markers presenti nel seminoma (fosfa­
convolute): è un linfoma ad alto grado di mali­ tasi alcalina placentare).
gnità, tipico dei bambini e degli adolescenti.
Esordisce come voluminosa massa timica che N eoplasie germinali
produce frequentemente una sindrome media-
stinica, si associa spesso a versamenti pleurici, Seminoma (disgerminoma) del timo: pur
diffusione ai linfonodi cervicali, ad un quadro potendo insorgere aH'intemo del timo, deve essere
ematologico, più o meno precoce, di leucemia considerato nel gruppo dei tumori a cellule germi­
linfoblastica con possibile interessamento del nali del mediastino (vedi) e non un vero timoma (il
S.N.C. I dati fenotipici delle cellule proliferanti cos. timoma seminomatoso). La diagnosi differen­
stanno a dimostrare la loro origine dai timociti ziale col timoma, specie con la forma pseudosemi-
corticali: espressione nucleare di deossinucleoti- nomatosa, è difficile e si basa sul riconoscimento di
dil transferasi terminale (TdT), C Dla, CD99, possibili immagini teratocarcinomatose, sulla pre­
coespressione di CD4 e CD8, ecc. Morfologica­ senza di setti fibrosi infiltrati da linfociti, sull'alto
mente, i linfociti neoplastici presentano un contenuto di glicogeno delle cellule neoplastiche,
nucleo con invaginazioni caratteristiche (nucleo sull'esistenza di granulomi epitelioidei e di nume­
"convoluto"), cromatina fine, numerose mitosi. rosi centri germinativi. Dal punto di vista immu-
La distinzione tra le cellule neoplastiche del lin­ noistochimico, le cellule del seminoma sono carat­
foma a precursori T ed i timociti che costituisco­ teristicamente positive per la fosfatasi alcalina pla­
no la componente linfoide del timoma può esse­
centare, espressione di CD117 ed assenza di marca­
re difficile su base morfologica. Le cellule epite­
tori linfoidi ed epiteliali.
liali però sono assenti o scarse nel linfoma, per
cui la dimostrazione immunoistologica di cellu­
le che esprimono citocheratine può essere molto H Bibliografia essenziale
utile nella diagnosi differenziale. In particolari
contesti di difficile soluzione diagnostica può Blackburn C.C., Manley N.R.: Developing a new para­
essere rilevante la dimostrazione della clonalità digm for thymus organogenesis. Nat Rev Immunol.
mediante analisi molecolare o l'analisi dell'e­ 2004 A pr; 4 (4): 278-89.
spressione di CDK6. Von Gaudecker B. (1986): The development of the human
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cedentemente noto come linfoma a grandi cellu­ H.K. (ed). The hum an thymus. Histopathology and
le con sclerosi del mediastino): tra i diversi tipi Pathology. Springer-Verlag, Berlin, pp. 2-41.
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no ed il timo, è quello che assume caratteri clini­ Chilosi M. (1986): Cellular differentiation of
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teristici, fino a configurare una entità anatomo- ments in the hum an thymus. In: Muller-Hermelink
clinica a sé stante. Si tratta di una forma che pre­ HK (ed). The hum an thymus. Histopathology and
dilige la II-III decade di età, in netto contrasto Pathology. Springer-Verlag, Berlin, pp. 89-125.
con gli altri linfomi B a grandi cellule che colpi­
Shih R E , Mandik-Nayak L., Wipke B.T., Allen P.M.: M as­
scono pazienti in età più avanzata; la sintomato­
sive Thymic Deletion Results in Systemic Autoimmu-
logia è determinata dall'ingombro mediastinico; rdty through Elimination of C D 4+ C D 25+ T Regula­
l'evoluzione è piuttosto rapida (4-15 mesi) con tory Cells. J Exp Med. 2004 Feb 2; 199 (3): 323-35.
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immunofenotipica delle cellule proliferanti beta T cell receptor diversity. Science. 1999 Oct 29; 286
dimostra che si tratta di linfociti B e può essere (5441): 958-61.
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L'aspetto istologico mostra una proliferazione L., Piccoli P., Pedron S., Lestani M., Inghirami G.,
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regola rotondeggiante od ovale, cromatina fine e expression of DeltaN-p63alpha isoform in human
citoplasma abbondante. Questo aspetto può thymus and thymic epithelial tumours. Virchows
erroneamente essere interpretato come diagno­ Arch. 2003 Aug; 443 (2): 175-83.
Immunodeficienze
4.3 primitive
(genetiche)
M. Chilosi

permettono di ottenere un inquadramento sempre


B Definizione e classificazione più dettagliato e criteri diagnostici sempre più pre­
Difetti precoci nello sviluppo, maturazione e cisi e riproducibili per questa complessa patologia
differenziazione delle cellule deputate alle difese (Conley 1999). È importante sottolineare come le
immunitarie, ed in particolare i linfociti portano a informazioni ottenute dallo studio delle immuno­
deficit funzionali che formano il substrato biologico deficienze hanno costituito uno strumento fonda-
di una serie di malattie definite immunodeficienze. mentale per decifrare le complessità del sistema
Le immunodeficienze possono essere primarie immunitario fornendo dati preziosi sul significato
(primitive o ereditarie), che si sviluppano cioè a immunobiologico delle pathways molecolari coin­
causa di alterazioni di geni fondamentali per lo svi­ volte nelle singole alterazioni geniche.
luppo del sistema immunitario (definite anche Molte immunodeficienze ereditarie sono reces­
genetiche), o acquisite, prodotte cioè a causa di sive associate al sesso (geni presenti sul cromoso­
alterazioni delle difese dell'ospite legate alla som­ ma X). In queste forme si ammalano solamente i
ministrazione di sostanze chimiche o ionizzanti (ad maschi che hanno un solo cromosoma X recante il
esempio a seguito di terapie contro neoplasie mali­ gene difettivo, mentre le femmine portatrici del
gne), o ad infezioni da virus (linfocitopenia CD4+ difetto genico, disponendo di due cromosomi X,
nell'infezione da virus HIV, disordini immunitari non presentano alterazioni di rilievo.
associati all'infezione da EBV come la sindrome Sono state descritte circa 100 tipi differenti di
emofagocitica post-virale o la malattia linfoprolife- immunodeficienza, caratterizzati da aspetti clinico­
rativa legata al cromosoma X). Le immunodeficien­ patologici e molecolari distintivi. La patogenesi
ze primarie possono coinvolgere l'immunità speci­ della maggior parte delle immunodeficienze primi­
fica (sia T che B), o anche meccanismi innati (immu­ tive è basata su difetti molecolari dei precursori dei
nità non specifica) coinvolgendo i fagociti, le cellu­ linfociti T e/o B che alterano, a differenti livelli, la
le natural-killer o le differenti proteine interessate normale maturazione e differenziazione del siste­
nella reazione del complemento. I pazienti che sof­ ma immunitario. In dipendenza del livello differen-
frono di immunodeficienza hanno ima diminuita ziativo in cui si esplica l'anomalia molecolare pos­
resistenza alle infezioni ed una maggiore incidenza sono prodursi deficit che coinvolgono lo sviluppo
di malattie neoplastiche. Nella maggior parte dei di ambedue le linee linfoidi T e B (come osservato
casi le immunodeficienze primarie si manifestano nella SCID in cui il blocco è localizzato a livello dei
nella prima infanzia a causa della severità e fre­ precursori), o fasi "specializzate" del processo
quenza di fenomeni infettivi. In alcuni casi l'immu­ maturativo dei linfociti, come ad esempio a livello
nodeficienza è associata a malformazioni caratteri­ "periferico" nella reazione follicolare che risulta
stiche molto importanti a fini diagnostici (ad esem­ inefficace nella sindrome da iper-IgM. In rare forme è
pio nella sindrome di DiGeorge o nell'ataxia telan- compromessa la funzionalità di elementi cellulari
gectasia). La diagnosi precisa e tempestiva è molto dell'immunità "innata", ed in particolare i fagociti
importante per poter fornire gli idonei interventi polimorfonucleati, i macrofagi, le cellule natural-kil­
terapeutici (profilassi antibiotica, immunoglobuli- ler (NK).
ne, trapianto di midollo o cellule staminali). L'individuazione delle immunodeficienze pri­
Attualmente la classificazione delle immunode­ marie è piuttosto recente. La prima descrizione
ficienze primarie è basata sulla presentazione clini­ della agammaglobulininemia è del 1952 (Bruton
ca e sui difetti funzionali che caratterizzano le varie 1952), mentre l'individuazione della sindrome di
forme. La classificazione è in costante aggiorna­ DiGeorge è di circa un decennio posteriore
mento seguendo l'acquisizione di informazioni (DiGeorge 1965). Da allora, seguendo il travolgente
sempre più precise sui difetti cellulari, genetici e incremento delle conoscenze immunologiche di
molecolari che caratterizzano le varie forme e che base e sulla base di descrizioni clinico-patologiche
502 & Immunodeficienze primitive (genetiche)
sempre più precise sono state individuate più di immunitarie significative. Nelle forme definite
100 differenti immunodeficienze primarie umane. X-Iinked SCID, il difetto immunitario è prodotto da
(Ochs 1999). mutazioni del gene che codifica la caten a gam m a
Descriveremo solo alcune forme selezionate (yc), comune a diversi recettori per citochine tra cui
sulla base della loro importanza clinico-patologica IL-2, IL-4, IL-7, IL-9, e IL-15. L'impossibilità di mon­
e sulla loro rilevanza come "esperimenti di natura" tare sulla membrana dei precursori questi impor­
per l'evolversi delle conoscenze sulla immunobio- tanti recettori blocca la loro differenziazione e lo
logia umana. Le alterazioni istopatologiche osser­ sviluppo delle cellule T e NK, con indirette riper­
vabili nelle varie forme di immunodeficienza sono cussioni funzionali sulle risposte B che dipendono
prevalentemente legate al mancato sviluppo e quin­ dai linfociti T.
di ad un deficit quantitativo di cellule linfoidi che si Nella SCID autosomica recessiva, invece, sono
manifestano nella maggior parte dei casi come ipo- dimostrabili diversi tipi di alterazioni geniche: una
plasie dei tessuti linfoidi. mutazione che coinvolge il gene JAK3 (membro
della famiglia Janus kinase 3). Il prodotto del gene
JAK3 (localizzato sul cromosoma 19pl2-13.1), è una
| immunodeficienze combinate chinasi citoplasmatica che agisce sulla subunità
recettoriale gc ed è necessaria per la corretta tra­
In queste, che sono le forme più gravi di immu­
smissione dei segnali di IL-2 ed IL-4. Benché la
nodeficienza primitiva, sono presenti anomalie che
pathway molecolare coinvolta sia la stessa della
coinvolgono sia l'immunità cellulare che quella
XSCID, nelle forme con difetto di JAK3 si osserva la
umorale. Nei bambini affetti da questo tipo di
persistenza di linfociti B (T“ B +NK-SCID), anche se
immunodeficienza, la patologia si manifesta preco­
caratterizzati da deficit funzionali.
cemente, nei primi mesi di vita, con diarrea e difet­
In un altro gruppo di pazienti con persistenza
to di crescita. Seguono infezioni ricorrenti da
della sola linea NK (T~B“NK+SCID), l'immunode-
microrganismi opportunisti (Candida albicans, Pneu-
ficit è prodotto da mutazioni inattivanti di RAG1 o
mocystis carinii, adenovirus, VRS, CMV, EBV, etc.). I
RAG2. Questi geni sono fondamentali nei processi
linfociti sono quantitativamente e qualitativamente
di riarrangiamento genico dei recettori per l'antige-
deficitari, e si osserva precocemente linfocitopenia
ne. Il processo ricombinatorio V(D)J produce l'as­
e mancata risposta alla stimolazione in vitro con
semblaggio di geni che codificano per le immuno-
mitogeni, antigeni e cellule allogeniche.
globuline nei linfociti B e del recettore T (TCR) nei
Si distinguono forme più severe (SCID: severe linfociti T, ed è fondamentale per la differenziazio­
combined immune-deficiency) in cui il difetto è legato ne dei linfociti. Mutazioni che coinvolgono questo
ad anomalie congenite di geni coinvolti nella diffe­ processo sono responsabili di immunodeficienze
renziazione linfocitaria nelle fasi più precoci del­ "combinate". RAG-1 e RAG-2 (recombination activa-
l'ontogenesi e diverse forme in cui lo sviluppo cor­ ting genes) sono geni fondamentali per l'innesco del
retto dei precursori è compromesso per alterazioni meccanismo di ricombinazione e la loro inattivazio­
a carico di importanti vie metaboliche (ad es. difet­ ne è strettamente legata alla patogenesi dì vari tipi
to di deaminasi o di pur ino nucleoside fosforilasi), di immunodeficienza. Mutazioni inattivanti ambe­
anomalie di espressione degli antigeni di istocom- due gli alleli sono associate a T_ B “ SCID, con assen­
patibilità o rare forme di incerto inquadramento za completa dì linfociti T e B, mentre mutazioni
patogenetico. Nelle diverse forme si osserva un ete­ missense monoalleliche con parziale conservazione
rogeneo coinvolgimento delle linee T, B e NK, dì attività di ricombìnazione V(D)J sono associate
distinguendosi SCID in cui mancano tutti i linfociti alla sindrome di Omenn classica (Villa 2001).
( T B N K ~ S C I D ) , le forme in cui è conservata la In altri pazienti che conservano sìa i linfociti B
sola linea B (T-B+NK“ SCID), o gli NK (T“ B“N K+ che le cellule NK (T~B+NK+SCID), è mutato il gene
SCID), o la carenza è limitata ai linfociti T (T~B+ per il recettore IL-7Ra sul cromosoma 5pl3. In tutti
NK+SCID) (Buckley 2002). questi casi la dimostrazione dell'anomalia genica
rappresenta il criterio diagnostico definitivo.
Immunodeficienza com binata grave (SCID)
Istopatologia (Fig. 2). Nelle SCID, indipendente­
Il deficit immunitario in queste malattie è preco­mente dal tipo di anomalia genica, il tessuto linfa­
ce e si esplica, esclusivamente in pazienti maschi, in tico periferico (linfonodi e tonsille) è scarso o
infezioni opportunistiche e ritardo della crescita assente. In tutti i tipi di SCID, indipendentemente
con elevata mortalità nei primi due anni di vita. Si dallo specifico meccanismo patogenetico a livello
riconoscono diverse forme, tra cui le più frequenti molecolare si osserva caratteristicamente ipoplasia
sono la SCID legata al sesso (X-lihked SCID o e displasia timica. L'ipoplasia è documentata dalle
XSCID, la forma più comune, circa il 45% dei casi), minori dimensioni del timo, mentre la "displasia"
e forme autosomiche recessive. La mancata produ­ corrisponde ad anomalie morfologiche della strut­
zione di linfociti è legata nelle SCID a mutazioni tura del lobulo timico. L'impossibilità di formare
che coinvolgono geni necessari per lo sviluppo dei un tessuto timico normale è causata dall'alterazio­
linfociti, per cui i pazienti non hanno funzioni ne dei complessi meccanismi molecolari che rego­
Immunodeficienze combinate ^ 503

Fig. 1 - Displasìa tìmica in un paziente con "SCID" (reperto autoptico). La componente epiteliale è predominante e non organiz­
zata {ematossilina-eosina in a e b, citocheratina in c). La componente linfoide è quasi completamente assente (a parte rari linfoci­
ti B evidenziati con il marcatore CD79a, in d}.

lano la reciproca cooperazione delle componenti Sindrome di Om enn


linfoide ed epiteliale nello sviluppo del timo (Scu-
poli 2000). In assenza di precursori linfocitari ven­ Questa singolare immunodeficienza, conosciuta
gono a mancare le specifiche interazioni che rego­ anche come immunodeficienza combinata con iper-
lano la differenziazione del microambiente timico. eosinofilia, è caratterizzata da infezioni ricorrenti,
Morfologicamente il difetto si evidenzia con aspet­ eritroderma diffuso, diarrea, epatosplenomegalia,
ti scarsamente specifici e simili a quelli riscontrati marcata eosinofilia ed incremento anomalo delle
nel timo fetale (prima della colonizzazione dei pre­ IgE, in assenza delle altri classi immunoglobulini-
cursori linfoidi). Nel timo displastico la componen­ che. La malattia è autosomica recessiva e caratteriz­
te linfocitaria è assente o scarsissima (anche se zata dalla presenza di linfociti T ma assenza di lin­
ricercati con marcatori molto sensibili quali CD3 e fociti B. Il difetto genico è stato identificato, come in
C D la), e la componente epiteliale si presenta pre­ alcune SCID precedentemente descritte, a carico dei
valente e disorganizzata. La distinzione tra cortica­ geni RAG, ma con incompleta eliminazione deirat­
le e midollare è assente, l'epitelio si dispone in tivi tà molecolare. Nella sindrome di Omenn l'inat­
strutture organoidi e non si formano i corpuscoli di tivazione di RAG è sufficiente per eliminare la dif­
Hassall (Fig. 1). Anche la componente cellulare ferenziazione della linea B, mentre le risposte T
dendritica (le cellule accessorie delle zone midolla­ sono parzialmente conservate anche se fortemente
ri) è scarsamente rappresentata. Sono presenti anomale. Infatti, i linfociti T circolanti sono nume­
peraltro numerose strutture vascolari e cellule rosi (a differenza della SCID), e caratterizzati da
fibroblastiche. anomalie funzionali e fenotipiche. In particolare i
504 s Immunodeficienze primitive (genetiche)

Fig.,2 - Severa depiezione iinfocitaria nel linfonodo di pazienti con diversi tipi di immunodeficienza primitiva: immunodeficienza
da difetto di adesonina deaminasi (ADA) (a), sindrome di Omenn (b), Carenza di purina nucleotide fosforilasi (PNP) (c), Immuno­
deficienza Combinata Grave (SCID T/B) (a). Cortesia del Prof. Fabio Pacchetti, Università di Brescia.

linfociti T esprimono marcatori di attivazione ed il mico recessivo. Il difetto di ADA, enzima che
pattern di secrezione di citochine è alterato, con catalizza l'idrolisi di adenosina ad inosina, pro­
esgerata risposta di tipo TH2 (prevalenza di linfoci­ voca abnorme accumulo di metaboliti nucleoti-
ti CD4+ che producono IL-4, IL-5, IL-10 e IL-13). La dici tossici nei precursori linfoidi e deficit fun­
polarizzazione TH2 stimola la risposta anticorpale zionale delle serie linfocitarie T e B ,
con produzione di IgE e l'attivazione degli eosino-
fili. È repertorio dei linfociti T è peraltro molto limi­ b. Carenza di purina nucleotide fosforilasi (PNP).
tato, con oligoclonalità T. In questa malattia, autosomica recessiva, si
Istologicamente si osserva nei linfonodi altera­ osservano anomalie del cromosoma 14 con accu­
zione strutturale con depiezione severa della com­ mulo di guanosina e derivati cui sono partico­
ponente linfoide con assenza di follicoli linfatici e larmente sensibili i linfociti T.
prevalenza relativa di linfociti T (CD3+). Molti di
questi linfociti sono di grandi dimensioni e nucleo­
lati (espressione morfologica del loro stato di attiva­ U Deficit dell'immunità umorale
zione) ed esprimono elevati livelli del recettore In queste malattie il deficit immunitario è prin­
CD30 (molecola correlata al pattern TH2)[Chilosi cipalmente ascrivibile a difetti di maturazione della
1996]. L'infiltrato linfoide T è presente anche in linea linfoide B con mancata produzione di immu-
numerosi tessuti non linfoidi (cute, intestino, etc.). noglobuline, completa o parziale.
Le agam m aglobulinem ie sono forme in cui tutte
Difetti metabolici le classi immunoglobuliniche sono carenti o com­
pletamente assenti'. Nella forma legata al sesso
a. Immunodeficienza da difetto di adesonina (agammaglobulinemia di Bruton), malattia autoso­
deaminasi (ADA). Malattia a carattere autoso- mica recessiva, si ha un blocco completo della
Deficit dell'immunità umorale § 505

maturazione della linea B correlato alla in attivazio­ lgM o XHIM), non sia ascrivibile a difetti delle cel­
ne del gene btk (Bruton Tyrosin kinase) localizzato lule B, ma ai linfociti T. Infatti l'evento patogenetico
sul cromosoma X (Xq21.3-22). Le cellule pre-B non è una mutazione del gene che codifica per il ligan-
riescono a maturare in linfociti B maturi. L'immu- do del CD40 (CD154), una molecola espressa dai
nodeficit (assente nei primi mesi di vita grazie alla linfociti T necessaria per la sopravvivenza delle cel­
presenza di Ig materne) si manifesta in infezioni da lule B nei processi di selezione clonale che hanno
agenti batterici (pneumococchi, stafilococchi, strep­ luogo nel centro germinativo del follicolo linfatico.
tococchi, etc.) a causa dell'assenza di azione opso- La XHIM è, a differenza delle altre forme, partico­
nizzante delle Ig. L'immunità cellulare appare larmente suscettibile a polmoniti interstiziali da
indenne in questi pazienti. Pneumocystis Carimi. H gene è localizzato Xq26.
Uistopatologia dimostra nei casi di agammaglo- Oltre al difetto di switching isotipico (con iper-pro-
bulinemia una severa involuzione dei tessuti lirtfoi- duzione delle IgM, la XHIM è caratterizzata da pro­
di, in particolare dei linfonodi e delle tonsille, con duzione di anticorpi di bassa affinità per l'antigene
deplezione dei follicoli linfatici, sede principale e carenza di linfociti B memoria.
della maturazione dei linfociti B, e con carenza Nella forma autosomica recessiva della sindrome
significativa delle plasmacellule, sia nei linfonodi iper-lgM è stata recentemente dimostrata la presen­
che nel midollo osseo. za di mutazioni inattivanti il gene Activation Indu-
Le immunodeficienze caratterizzate da deficit di ced Cytidine Deaminase (AID). La AID è una protei­
produzione di immunoglobuline rappresentano nel na espressa nel centro germinativo che appartiene
loro insieme le forme più comuni. Esistono immu­ alla famiglia delle deaminasi RNA-editing, capaci
nodeficienze legate a carenze di singole classi o sot­ cioè di formare da mRNA prodotti funzionali
toclassi di immunoglobuline anticorpali e forme mediante sostituzione di basi (Revy P 2000). In altri
caratterizzate da deficit di diverse classi. rari casi la sindrome iper-lgM è causata da muta­
Molto frequente è il deficit di IgA. È questa ima zioni del gene CD40 [Ferrari 2001].
immunodeficienza caratterizzata da patogenesi ete­ Istopatologia. Nella XHIM si osserva involuzione dei
rogenea, perlopiù legata a difetti di maturazione linfonodi con follicoli linfatici che mancano di cen­
dei linfociti B e incremento anormale del pool di tri germinativi (Facchetti 1995), mentre nella forma
linfociti che esprimono sulla membrana recettori autosomica recessiva si osserva spiccata iperplasia
IgM, IgD ed IgG. Meno chiare, probabilmente a follicolare con centri germinativi di dimensioni
genesi multifattoriale, sono le forme in cui si osser­ abnormi rispetto a linfonodi reattivi di controllo. I
va deficit di produzione di sottoclassi di IgG, non­ centri germinativi giganti contengono cellule B in
ché la immunodeficienza comune variabile, caratte­ proliferazione caratterizzate da anomala espressio­
rizzata da ridotta produzione di tutte le classi ne di IgM ed IgD ed evidenza di marcata apoptosi
immunoglobuliniche. In questa immunodeficienza (numerosi macrofagi con corpi tingibili) (Revy,
sono ridotti i livelli di immunoglobuline, sono di 2000). Questa osservazione suggerisce che in assen­
frequente riscontro infezioni batteriche ricorrenti, za di iper-mutazioni somatiche per carenza di AID
specie alle vie aeree e si osserva una incidenza il processo proliferativo innescato dall'interazione
significativa di complicanze autoimmunitarie ed tra cellula B ed antigene, in un microambiente folli­
insorgenza di tumori. I tessuti linfoidi in queste colare non alterato, non possa essere modulato cor­
immunodeficienze si presentano con iperplasia, rettamente producendo cellule B memoria.
legata presumibilmente alla carenza funzionale
delle immunoglobuline ed a difetti di azione feed­
back sullo sviluppo dei follicoli linfatici. | Forme beo definite
Nella immunodeficienza congenita con iper-lgM
non tutte le classi immunoglobuliniche sono assen­
di immunodeficienza
ti, ma si osservano livelli di IgM superiori alla Sindrome di Wiskott-Aldrich. Questa forma colpi­
norma, in assenza o notevole carenza delle altre sce esclusivamente i maschi (il gene è localizzato
classi di Ig. In questa immunodeficienza congenita, nella regione centromerica Xp 11,22), ed è caratte­
legata al sesso o autosomica recessiva, i processi di rizzata da trombocitopenia congenita (piastrine
maturazione linfocitaria che hanno normalmente < 70.000/mmc), con piastrine di piccole dimensio­
luogo nel follicolo linfatico sono bloccati e non ni, eczema ed immunodeficienza che predispone ad
hanno luogo gli eventi che portano allo switching infezioni, autoimmunità e sviluppo di neoplasie. La
isotipico che forma anticorpi con catena pesante trombocitopenia è elemento fondamentale della
IgG ed IgA, che risultano pertanto assenti. Il blocco triade sintomatologica assieme all'eczema ed alle
provoca un incremento anomalo della produzione infezioni ricorrenti da agenti microbici opportuni­
di IgM ed IgD ed un deficit funzionale legato sti. Il prodotto del gene coinvolto, denominato
all'impossibilità di produrre le immunoglobuline WASP (Wiskott-Aldrich Sindrome Protein) appartie­
"specializzate". È interessante notare come l'ano­ ne ad una famiglia di proteine che lega il signaling
malia genetica responsabile della malattia, nella molecolare alla riorganizzazione del citoscheletro.
immunodeficienza legata al sesso (X-linked iper- WASP è necessario per la polimerizzazione dell'ac-
506 Immunodeficienze primitive (genetiche)
tina mediata da Arp2/3 nei precursori linfoidi e molto variabile. T bxl è stato identificato come il
nelle piastrine [Notarangelo, 2003]. Il sistema gene difettivo nella sindrome del22qll. Il prodotto
immunitario è colpito in modo eterogeneo, con del gene tbxl è un fattore di trascrizione membro
suscettibilità alle infezioni, anomalie di distribuzio­ della famiglia dei geni caratterizzati dalla presenza
ne delle classi immunoglobuliniche (incremento di di un dominio legante il DNA denominato T-box,
IgE ed IgA con decremento di IgM), e progressivo che esplicano importanti funzioni nello sviluppo
declino dei linfociti T. embrionario. Tbxl è in particolare coinvolto nel
corretto sviluppo e differenziazione dell'endoder­
Atassia-Telangectasia. Questa rara forma, autoso-
ma, da cui deriva l'epitelio timico.
mica recessiva, è caratterizzata da atassia cerebella­
re progressiva che insorge nella prima infanzia,
telangectasia oculocutanea, immunodeficienza con
decremento dei livelli sierici di IgA, ritardo della
| Deficienze dei geni
crescita, elevati livelli di alfa-fetoproteina, abnorme che codificano y-lnterferone,
sensibilità dei cromosomi all'irradiazione ed eleva­
to rischio di sviluppare linfomi o leucemie. Le cel­
inferfeuchina 12 e loro recettori -
lule nella Atassia-Telangectasia sono particolar­ Sono rare forme in cui il difetto coinvolge diret­
mente sensibili alle radiazioni, hanno instabilità tamente l'immunità cellulo mediata, interferendo
cromosomica, difetti nella regolazione del ciclo cel­ con lo sviluppo delle risposte TH1. In questi
lulare, riduzione esagerata dei telomeri. Queste pazienti la patologia si manifesta con infezioni per­
caratteristiche sono correiabili al difetto genico che sistenti e fatali da patogeni intracellulari come
consiste nell'inattivazione del gene ATM, localizza­ micob atteri e salmonella. In questi pazienti la for­
to in llq22-23. Il gene ATM codifica una proteina di mazione dei granulomi e la loro funzionalità nel-
notevoli dimensioni (350kd) con attività l'arginare l'infezione ed eliminare i microrganismi è
serina/treonina protein-chinasica. L'espressione severamente compromessa.
della proteina ATM, capace di fosforilare diversi

Sindrome linfoproliferativa
substrati tra cui la proteina p53, è indotta dalla pre­
senza di danni al DNA genomico. L'inattivazione |
del gene ATM è provocata nella maggior parte dei legato al cromosoma X
casi da delezioni e sostituzioni capaci di troncare o
inattivare la proteina. Quando il DNA genomico è La malattia linfoproliferativa legata al cromoso­
danneggiato viene stimolata una cascata di eventi ma X è una affezione trasmessa in modo recessivo ai
molecolari, centrati sull'attivazione del gene ATM, soggetti di sesso maschile, i quali manifestano una
un vero e proprio "sensore" molecolare, cui segue proliferazione incontrollata, di regola fatale, di lin­
una successione di eventi, in cui è coinvolta la path- fociti B, quando sono colpiti da una infezione da
way molecolare di p53, che culmina nel blocco del Ebstein-Barr Virus (EBV); nei sopravvìssuti può svi­
ciclo cellulare o l'apoptosi della cellula. lupparsi un linfoma B. Il difetto è legato alla caren­
za di una risposta citotossica (mediata principal­
Sindrome del22qll (sindrome di DiGeorge, o sin­ mente da linfociti T CD8+) specifica diretta all'eli­
drom e d ella terza e qu arta tasca branchiale). La minazione dei linfociti B infettati dal virus EBV,
patogenesi del deficit immunitario nella sindrome come normalmente avviene nei soggetti immuno-
del22qll non è legata ad anomalie dei precursori competenti. Il difetto è legato a mutazione che coin­
linfoidi, ma a insufficiente sviluppo del microam­ volgono il gene che codifica la proteina SH2D1A,
biente timico in cui i precursori debbono maturare coinvolta nella regolazione dei recettori SLAM e 2B4
e differenziare. coinvolti nell'attivazione del segnale nei linfociti T.
La sindrome di DiGeorge, una delle prime
immunodeficienze descritte grazie alle correlazioni
peculiari con evidenti malformazioni anatomiche, | Immunodeficienze do difetto
rientra nelle varianti della sindrome del22qll. Le
anomalie di formazione del timo, delle paratiroidi e della funzione dei fagociti
dell'apparato vascolare sono correiabili infatti alle
Deficienza di adesione leucocitaria
anomalie di formazione delle tasche faringee (terza
e quarta). È importante sottolineare come, a diffe­ Alterazioni dei geni che codificano le differenti
renza delle immunodeficienze (ad esempio la proteine coinvolte nei meccanismi di migrazione
SCID) in cui il timo appare ipoplastico a causa della leucocitaria portano a difetti nel reclutamento di
mancanza dei necessari segnali trofici e differenzia­ leucociti nelle sedi coinvolte in processi infettivi e
tivi prodotti dalla componente linfocitaria timica, il causano infezioni batteriche persistenti e mal con­
difetto nella sindrome del22qll è legato a difetti trollate dalle difese immunitarie. Sono state indivi­
intrinseci della organogenesi timica per difetto duate deficienze legate a carenza di sialil-Lewisx,
della componente epiteliale. I linfociti T sono ridot­ della proteina CD18, subunità delle integrine (32
ti di numero ed il grado di immunodeficienza è leucocitarie, etc.
Immunodeficienze da difetto della funzione dei fagociti « 507

M alattia G ranulom atosa Cronica (CGD) ridotta attività chemiotattica e ritardata capacità
battericida da verosimile difetto del sistema micro-
È una immunodeficienza che colpisce l'immuni- tubulare intracitoplasmatico connesso con tali atti­
tà innata, ed in particolare la funzione dei fagociti. I vità.
pazienti con CGD sono soggetti ad infezioni batte­
riche e fungine ricorrenti e molto gravi. Il sistema
molecolare coinvolto è quello che porta alla forma­
zione della NADPH-ossidasi dei fagociti (neutrofili
B Bibliografie essenziale
e macrofagi), l'enzima deputato alla produzione d ei. Bruton O.C.: Agammaglobulinemia. Pediatrics 1952; 9:
superossidi (perossido di idrogeno, radicali idrossi- 722-728.
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Buckley R.H.: Prim ary immunodeficiency diseases: dis­
l'uccisione dei patogenei fagocitati. L'enzima è for­ sectors of the immune system. Immunol Rev 2002;
mato da quattro diverse subunità, codificate da 185: 206-219.
quattro diversi geni: CYBB, CYBA, NCF-1 e NCF-2.
Più di due terzi delle CGD sono recessive legate al d u lo si M., Facchetti F., Notarangelo L.D., Romagnani S.,
sesso (X-CGD), correlate a mutazioni inattivanti del Del Prete G., Almerigogna F., De Carli M ., Pizzolo G.:
CD30 cell expression and abnormal soluble CD30
gene CYBB, che codifica la subunità gp91-phox. Le
serum accumulation in Omenn's syndrome: evidence
forme autosomico-recessive sono invece meno fre­
for a T helper 2-mediated condition. Eur J Immunol.
quenti (complessivamente un terzo delle CGD) e 1996 Feb; 26(2): 329-34.
correlate a mutazioni dei geni che codificano le altre
tre subunità della NADPH-ossidasi. L'incapacità di Conley M .E., Notarangelo L.D., Etzoni A.: Diagnostic cri­
controllare le infezioni porta alla formazione ano­ teria for primari immunodeficiencies. Clin Immunol
mala di granulomi in vari organi e tessuti. Nel pol­ 93: 190-197,1999.
mone sono frequenti granulomi formati da macro­ DiGeorge A.M.: Discussion of Cooper et al. J Pediatr
fagi disposti a palizzata attorno ad un microascesso 1965; 67: 908.
ricco di neutrofili. Copertura antibiotica ed interfe­
Facchetti F., Appiani C., Salvi L., Levy J., Notarangelo
rone gamma, capace di stimolare nei neutrofili l'at­ L.D.: Immunohistologicanalysis of ineffective CD40-
tività di rdtrossi-sintetasi incrementando la produ­ CD40 ligand interaction in lymphoid tissues from
zione di nitrossido (NO), costituiscono il principale patients with X-linked im m unodeficiency w ith
approccio terapeutico. hyper-IgM. J Immunol 1995; 154: 6624-33.
Deficit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD): Ferrari S., Giliani S., Insalaco A., Al-Ghonaium A., Soresi-
è una malattia che colpisce entrambi i sessi, con un na A.R., Loubser M., Avanzini M.A., Marconi M .,
quadro clinico simile, ma più lieve, alla CGD., della Badolato R., Ugazio A.G., Levy Y , Catalan N .,
quale può essere considerata una variante. Il deficit Durandy A., Tbakhi A., Notarangelo L.D., Plebani A.:
di G6PD è a carico dei leucociti (e degli eritrociti) e Mutations of CD40 gene cause an autosomal recessi­
provoca una diminuita capacità battericida col mec­ ve form of immunodeficiency with hyper IgM. Proc
canismo già ricordato. Natl Acad Sci U S A. 2001 Oct 23; 98(22): 12614-9.

Notarangelo L.D, Ochs HD. Wiskott-Aldrich syndrome: a


Deficit di mieloperossidasi (MPO): il deficit enzi­
model for defective actin reorganization, cell traffic­
matico può riconoscere una duplice origine 1) ere­
king and synapse formation. Curr Opinion Immunol
ditaria; 2) acquisita. 1) Si esprime nei granulociti 2003; 15: 585-591.
neutrofili e nei monociti, mentre gli eosinofili pre­
sentano normale attività, essendo la perossidasi Revy P., Muto T., Levy Y., Geissmann F., Plebani A., Sanai
eosinofila (EPO) distinta dalla MPO sia dal punto O., Catalan N., Forveille M., Dufourcq-Labelouse R.,
di vista genetico che biochimico. L'attività microbi- Gennery A., Tezcan I., Ersoy F., Kayserili H., Ugazio
A.G., Brousse N., Muramatsu M., Notarangelo L.D.,
cida intracellulare, nel gr. neutrofilo, appare
Kinoshita K., Honjo T., Fischer A., Durandy A.: Acti-
depressa nei confronti dello stafilococco aureo e
vation-induced cytidine deaminase (AID) deficiency
della candida albicans, mentre per lo più normale è causes the autosomal recessive form of the H yper-
la chemiotassi e la fagocitosi. Il deficit enzimatico IgM syndrome (HIGM2). Cell. 2000 Sep 1; 102(5): 565-
non si traduce in genere in una sintomatologia 75.
manifesta, ma è ammesso che possano svilupparsi
Rieux-Laucat F., Bahadòran P., Brousse N ., Selz F., Fischer
infezioni disseminate da candida o da stafilococco.
A., Le Deist F., De Villartay J.P.: Highly restricted
Sindrome di Chédiak-Higashi: forma autosomica hum an T cell repertoire in peripheral blood and tis­
recessiva, caratterizzata da infezioni batteriche sue-infiltrating lymphocytes in Omenn's syndrome. J
ricorrenti, parziale depigmentazione di cute, iride e Clin Invest. 1998 Jul 15; 102(2): 312-21.
retina, epatosplenomegalia, lesioni del S.N.C., svi­ Scupoli M.T., Fiorini E., Marchisio P.C., Poffe O., Taglia-
luppo di malattie linfoproliferative e presenza di bue E ., Brentegani M., Tridente G., Ramarli D.:
inclusioni granulari citoplasmatiche giganti nei leu­ Lymphoid adhesion promotes human thymic epithe­
cociti. I pazienti manifestano inoltre neutroperda lial cell survival via NF-(kappa)B activation. J Cell Sci.
(da distruzione granulocitaria intramidollare), 2000 Jan; 113 (Pt 1): 169-77.
508 : Immunodeficienze primitive (genetiche}
Villa A., Sobacchi C., Notarangelo L.D., Bozzi F., Abinun zorri P., Friedrich W., Schwarz K.: V(D)J recombina­
M., Abrahamsen T.G., Arkwright P.D., Baniyash M., tion defects in lymphocytes due to RAG mutations:
Brooks E.G., Conley M.E., Cortes Pv Duse M., Fasth severe immunodeficiency with a spectrum of clinical
A., Filipovich A.M., Infante A.J., Jones A., Mazzolar! presentations. Blood. 2001 Jan 1; 97(1): 81-8.
E., Muller S.M., Pasic S., Rechavi G., Sacco MG., San- WHO Scientific Group (rosen FS et al.) Primary immuno­
tagata S., Schroeder M.L., Seger R., Strina D., Ugazio deficiency diseases. Clin Exp Immunol 1999; 118: 1
A., Valiaho Vihinen Mv Vogler L.B., Ochs H., Vez- S.l.
4 J L
Patologia
autoimmune
M. Chilosi

La " tolleranza immunitaria" garantisce che l'or­ legata allo sviluppo di linfociti T autoimmuni. I lin­
ganismo non formi anticorpi o cellule immuni fociti T autoimmuni possono infatti essere citotossi­
capaci di aggredire e danneggiare i propri tessuti ci ed aggredire direttamente le cellule che espongo­
(self). I meccanismi con cui si determina la tolleran­ no l'antigene da essi riconosciuto o regolare la pro­
za sono molto complessi e solo parzialmente cono­ duzione di autoanticorpi mediante la loro azione
sciuti. La tolleranza immunitaria si sviluppa duran­ helper. La dimostrazione dell'esistenza e del coin­
te l'ontogenesi del sistema immunitario, ed il volgimento di linfociti T nei fenomeni autoimmuni
microambiente timico deputato alla selezione posi­ è molto più difficile della determinazione della pre­
tiva e negativa dei linfociti T ne costituisce fonda- senza di autoanticorpi, ma presumibilmente rap­
mentale componente. La tolleranza dei linfociti T è presenta un elemento determinante nella genesi di
determinata dall'eliminazione precoce intratimica queste.
dei timociti immaturi che incontrano antigeni self. Le malattie autoimmuni sono evidentemente
Antigeni "sequestrati" (ad esempio la Myelin Basic multifattoriali, vedono cioè nella loro genesi il con­
Protein - MBP), o espressi tardivamente (ad esem­ tributo di un substrato genetico che ne determina la
pio antigeni degli spermatozoi) possono innescare, predisposizione, con il contributo di "fattori
se esposti a seguito di danno tissutale per traumi o ambientali" che possono evidentemente variare in
infezioni nella vita adulta, processi di sensibilizza­ differenti malattie o possono essere multipli. Alcu­
zione responsabili di malattie autoimmuni (sclerosi ni virus possono indurre l'espressione di antigeni
sistemica, sterilità autoimmune). Meno chiaro è virali sulla superficie delle cellule infettate (come si
quanto e come siano selezionate le cellule B che osserva ad esempio nelle cellule linfoidi B infettate
riconoscono antigeni self, anche a causa della pre­ da virus di Epstein-Barr che vengono riconosciute
senza di linfociti autoreattivi circolanti in soggetti come estranee e selettivamente eliminate dai linfo­
sani. Il controllo della tolleranza deve evidente­ citi T citossici). Analogamente, alcuni farmaci,
mente comprendere meccanismi "periferici" di legandosi a molecole presenti sulla superficie cellu­
anergia selettiva e soppressione clonale. In alcune lare, possono alterarne la struttura trasformandole
malattie, definite autoimmuni, è possibile dimostra­ in potenziali autoantigeni. È peraltro ipotizzabile il
re una patogenesi direttamente correlata a difetti possibile ruolo di alterazioni geniche (ad esempio
della tolleranza immunitaria. In queste malattie mutazioni a carico di geni che codificano molecole
una incontrollata risposta anticorpale o cellulare recettoriali) possano alterare il controllo del sistema
diretta contro particolari determinanti antigenici immunitario a diversi livelli, nella selezione dei lin­
self è capace di provocare un danno che si esplica fociti T durante le fasi selettive nel timo, nei linfoci­
come "malattia". In molte malattie autoimmuni è ti B nella reazione follicolare, nell'interazione tra
possibile dimostrare la presenza di "autoanticorpi", cellule che presentano l'antigene e linfociti, ed altre
immunoglobuline dirette contro antigeni self. Gli ancora. H ceppo murino gpl30F759/F759, che svilup­
autoanticorpi possono essere direttamente lesivi su pa spontaneamente una artrite molto simile alla
particolari cellule o tessuti, ma in alcuni casi non artrite reumatoide rappresenta un modello interes­
rivestono significato patogenetico. Normalmente santissimo poiché l'autoimmunità è strettamente
esistono livelli "fisiologici" di alcuni autoanticorpi, correlata alla presenza di una singola mutazione a
probabilmente dotati di funzioni regolatrici sul carico della subunità gpl30 del recettore della fami­
sistema immunitario e/o coinvolti nella eliminazio­ glia della citochina IL-6.
ne di prodotti antigenici. La concentrazione di que­ La suscettibilità allo sviluppo di malattie
sti autoanticorpi "fisiologici" è bassa e sono di soli­ autoimmuni è in parte controllata da fattori geneti­
to IgM a bassa affinità per l'antigene. L'autoimmu- ci tra i quali i geni del complesso maggiore di isto-
nità si sviluppa quindi quando la concentrazione e compatibilità (MHC) riveste un ruolo predominan­
l'affinità di particolari autoanticorpi (di solito IgG) te. L'associazione tra genotipo MHC e malattie
raggiunge una soglia limite, variabile in differenti autoimmuni evidenzia il ruolo dei linfociti T nella
malattie. Esiste peraltro, e presumibilmente è pato- patogenesi di queste malattie, poiché la capacità dei
geneticamente più rilevante, una autoimmunità linfociti T di rispondere ad un particolare antigene
510 i Patologia autoimmune
varia a seconda del genotipo. Un molo importante nocomplessi (prodotti dal legame di autoanti­
nello sviluppo dell'autoimmunità è certamente corpi con antigeni solubili) capaci di innescare la
ricoperto da fattori legati al sesso, come dimostrato reazione del complemento, ü rilascio di fram­
dalle differenze significative di incidenza di diverse menti proteici chemotattici (C3a, C5a) e lo scate­
malattie autoimmuni tra femmine e maschi (rap­ namento di processi infiammatori che cronica­
porto femmine/maschi: 10-20 nel LES, 10 nella scle­ mente danneggiano i tessuti coinvolti (come ad
rosi multipla, 4-5 nella tiroidite di Hashimoto e esempio nelle vasculiti). In diverse malattie
nella malattia di Graves, 3-4 nella artrite reumatoi­ autoimmuni i mastociti, reclutati ed attivati
de). Gli estrogeni possono interferire significativa­ dalle anafilatossine C3a e C5a prodotte in segui­
mente nelle risposte immunitarie e nelle malattie to all'attivazione del complemento, ricoprono
autoimmuni, come dimostrato dalle remissioni di un ruolo importante nella patogenesi delle lesio­
artrite reumatoide e sclerosi multipla con riacerba- ni tissutali integrando ed amplificando le rispo­
zione dopo la gravidanza. Alcuni elementi speri­ ste autoimmuni. Citochine ed altri mediatori
mentali suggeriscono che gli estrogeni sono in prodotti dai mastociti attivati possono contri­
grado di modulare il profilo citochinico delle rispo­ buire infatti aH'incremento di permeabilità
ste immunitarie, inibendo le risposte TH1 con dimi­ vascolare responsabile dell'edema e delle altera­
nuzione della produzione di citochine IL-12, TNF-a zioni dell'adesività vascolare (istamina, leuco-
e IFN-y, e stimolando la produzione di citochine di trieni, prostaglandine, IL-4, IL-5, IL-6, IL-10, IL-
tipo TH2 (IL-10, IL-4, TGF-(3). Si rimanda a testi di 13, IL-16), il TNF può contribuire a reclutare ed
immunologia ed immunopatologia per gli appro­ attivare polimorfonucleati, Fattori di crescita
fondimenti necessari. prodotti dei mastociti possono mediare i feno­
Il danno tissutale nelle malattie autoimmuni è causa­ meni di proliferazione cellulare e rimodellamen­
to da diversi meccanismi di ipersensibilità: to tissutale osservato in alcune malattie autoim­
muni, ed in particolare nelle articolazioni del­
1. danno diretto mediato da linfociti T citotossici l'artrite reumatoide (VEGF/NGF, EGF).
capaci di indurre apoptosi (meccanismo fre­
quentemente riscontrato nelle malattie organo­
specifiche) o stimolare i macrofagi (ad esempio
nelle malattie granulomatose come la sarcoidosi
88 Classificazione delle malattie
o la malattia di Crohn). I linfociti T helper sono
autoimmuni
coinvolti nella produzione di autoanticorpi Alcune malattie autoimmuni colpiscono cellule
dotati di elevata affinità, come presumibilmente e/o tessuti ampiamente distribuiti nell'organismo e
avviene nella reazione follicolare associata adi­ si definiscono " sistemiche" (ad esempio il Lupus Eri-
verse malattie autoimmuni. Follicoli linfatici tematoso Sistemico o LES) altre, definite " organo-
sono infatti comunemente dimostrabili in tessu­ specifiche" aggrediscono specifici organi (ad esem­
ti coinvolti da autoimmunità, come nella tiroidi­ pio la tiroidite di Hashimoto). La differenza è evi­
te di Hashimoto e nell'iperplasia timica nella dentemente legata alla diffusione dell'antigene e
miastenia grave (timite follicolare). Nella mia­ all'insieme dei meccanismi cellulari e molecolari
stenia è possibile dimostrare la presenza di lin­ che caratterizzano l'aggressione immuno-mediata.
fociti CD4+ capaci di reagire con la catena alfa Le malattie autoimmuni possono, in alternativa,
del recettore acetilcolinico. Iperplasia follicolare essere classificate in base al meccanismo principal­
è dimostrabile nei linfonodi di pazienti di malat­ mente coinvolto nel danno tissutale (ad esempio
tie sistemiche quali il LES e l'artrite reumatoide; l'anemia emolitica autoimmune e la porpora trom-
2. danno prodotto da autoanticorpi capaci di lega­ bocitopenica autoimmune sono malattie in cui il
re determinanti antigenici presenti sulla superfi­ meccanismo di ipersensibilità che provoca la elimi­
cie cellulare innescando la reazione del comple­ nazione di eritrociti o, rispettivamente, di piastrine
mento con conseguente citolisi (come avviene è di tipo II cioè mediata direttamente da autoanti­
nella anemia emolitica autoimmune); corpi che si legano alla membrana cellulare e ne
causano la lisi. I danni tissutali prodotti nel LES e
3. quando gli autoantigeni sono importanti recet­ nella artrite reumatoide sono invece prevalente­
tori ormonali o molecole di membrana che rego­ mente causati da immunocomplessi (reazione di
lano importanti funzioni cellulari, quali la tipo HI). Il diabete mellito e la sclerosi multipla
sopravvivenza cellulare o la differenziazione, il vedono invece nella reazione cellulare mediata da
legame con autoanticorpi può produrre danni linfociti T (reazione di tipo IV) il meccanismo prin­
tissutali interferendo con queste importanti fun­ cipale del danno all'insula pancreatica nel diabete e
zioni (ad esempio nella tirotossicosi il legame alle strutture nervose nella sclerosi multipla. Le
del recettore con lo specifico autoanticorpo pre­ malattie sistemiche sono denominate anche come
sente nella malattia di Graves provoca abnorme "malattie del collageno" o "malattie del connettivo
stimolazione della tiroide mimando l'azione o connettiviti" a causa delle alterazioni del tessuto
dell'ormone TSH); connettivo causate da immunocomplessi.
4. danno tissutale prodotto dal deposito di immu- Alcune malattie autoimmuni tendono a coesiste­
Classificazione delle malattie autoimmuni ^ 511

Linfocita T naive Autoantigene


autoreattivo
APC
professionale

©
_ , . _ Co-stimolo
Polarizzazione Th1

Cellula Th1
effettrice

Cellula NK

T 1 T
Linfociti T C D 8
Macrofago
Fig. 1 - Rappresentazione schematica Stimolazione Alterazione
dei meccanismi fisiopatologici verosi­ Inibizione Inibizione del turnover
milmente coinvolti neli'induzione e nel
mantenimento delle malattie autoim­
muni organo-specifiche. (Da Trattato
di Medicina Interna fondato da Paolo
©
Effetti biologici degli
Larizza, Voi. I, Tomo II, Piccin, 2005). autoanticorpi

re nello stesso individuo o nella stessa famiglia (ad delle forme legate airinfezione da Helicobacter pylo­
esempio LES e sindrome di Sjogren), a conferma ri in cui è coinvolto prevalentemente l'antro gastri­
della rilevanza del substrato genetico nella patoge­ co). La malattia si associa spesso ad altre malattie
nesi di queste malattie. auto immuni organo-specifiche (m. di Graves, tiroi-
dite di Hashimoto).

I l Malattie aufoimmoni Tiroiditi aufoimmuni


organo specifiche La tiroide può essere coinvolta in differenti pro­
Anemia perniciosa. Anemia con megaloblastosi cessi autoimmunitari in cui gli aspetti clinico-pato­
midollare legata a carenza di vitamina B12 (la logici sono strettamente determinati dal tipo di
forma autoimmune rappresenta più del 70% delle auto-antigene interessato nell'aggressione immuni­
forme con ipovitaminosi B12). La patogenesi della taria. La tireo-perossidasi è l'antigene coinvolto
malattia è legata alla progressiva distruzione della nella patogenesi della tiroidite di Hashimoto, men­
mucosa gastrica mediata da autoanticorpi diretti tre il recettore tirotropico (TSHR) è il bersaglio del
contro sub-unità della pompa protonica presente processo autoimmune nella malattia di Graves. In
nelle cellule parietali (le cellule che producono fat­ rari casi le due forme possono coesistere o evolvere
tore intrinseco ed acido cloridrico). La mucosa una dall'altra.
gastrica appare alterata mostrando un quadro di 1. Malattia di Graves. Malattia a genesi autoimmu­
gastrite atrofica (e successivamente atrofia gastrica) ne caratterizzata dalla presenza di autoanticorpi
che coinvolge principalmente il fondo (a differenza (denominati LATS: long-acting thyroid stimulating
512 ; Patologia autoimmune
antibodies) che legano i recettori per TSH (thyroid tiroidite autoimmune potrebbe essere legato all'a-
Stimulating Hormone). L'interazione tra antigene ed poptosi (morte cellulare programmata) indotta
anticorpo non è citotossica, ma provoca l'attivazio­ dalla stimolazione mediata dalle cellule T e/o dagli
ne del recettore mimando l'azione dell'ormone. Ne autoanticorpi con il coinvolgimento dell'interazio­
consegue una stimolazione non regolata dei tireoci- ne fas/fas-ligando.
ti con attivazione dell'adenilato-ciclasi e sintesi Microscopicamente la struttura istologica è dif­
abnorme di ormoni tiroidei (tiroxina e triiodo-tiro- fusamente sovvertita per la presenza di un ricco
nina) e conseguente tireotossicosi. L'epitelio follico­ infiltrato infiammatorio costituito da linfociti T, lin­
lare appare diffusamente iperplastico. fociti B che formano ampi follicoli con evidente cen­
2. Tiroidite di Hashimoto. L'autosensibilizzazione tro germinativo e, in minore misura, plasmacellule
è diretta contro tiroglobulina e tireo-perossidasi ed e macrofagi (Fig. 2). La funzione secretiva della
è mediata da autoanticorpi e da cellule T sensibiliz­ componente epiteliale è compromessa, si determina
zate, con pattern di produzione citochirdca di tipo ipotiroidismo, con conseguente iperplasia della
TH1. L'autoantigene più rilevante è la tireo-perossi­ componente epiteliale (follicolare), che va incontro
dasi (TPO), un enzima coinvolto nella genesi degli a trasformazioni morfologiche di tipo "oncocitario"
ormoni tiroidei. Macroscopicamente la tiroide (morfologia ossifila, dovuta all'accumulo di mito-
appare diffusamente ed irregolarmente ingrandita. condri nei citoplasmi che appaiono ampi ed eosino-
La TPO è una proteina di membrana ed è presente fili). La stimolazione rigenerativa della componen­
come dimero sulla superficie apicale dei tireociti. te epiteliale è confermata dalla presenza di aggrega­
Gli autoanticorpi riconoscono il dominio esterno ti di cellule precursori dei tirociti (nidi di cellule
della proteina. Il danno cellulare e tissutale nella squamose, che esprimono il marcatore DN-p63 e

Fia. 2 - Tiroidite autoimmune di Hashimoto. In a) e b) si evidenzia il quadro istologico in ematossilina-eosina, con ampio infiltrato
linroide follicolare ed alterazione deliacomponenle epiteliale. In c (CD20) e d (Kió7) si evidenzia l'infiltrato B follicolare con ampi
centri germinativi in attiva proliferazione.
Malattie autoimmuni organo specifiche ■
: 51 3
cheratine ad alto peso molecolare). È importante zione adulta. Le membrane sinoviaii delle articola­
sottolineare che alcune complicazioni neoplastiche zioni sono colpite da un processo infiammatorio
della tiroidite autoimmunitario sono da collegare cronico (che coinvolge differenti componenti cellu­
alla stimolazione cronica del sistema immune (lin­ lari, principalmente linfociti T CD4+, macrofagi,
foma B con le caratteristiche del linfoma associato linfociti B, granulociti, mastociti), che evolve nella
alle mucose, MALT-linfoma), ed alla iperplasia formazione del panno, tessuto neoformato caratte­
della componente epiteliale (carcinoma papillare, rizzato daH'iperplasia dei sinoviociti che mostrano
carcinoma a cellule di Hurthle). alcuni caratteri delle cellule "trasformate", con ano­
malie della regolazione della proliferazione e capa­
Sclerosi multipla (SM). Malattia infiammatoria
cità di indurre riassorbimento cartilagineo ed osseo.
cronica che aggredisce le fibre nervose, causando
Il panno costituisce un fronte di infiltrazione che
una progressiva compromissione del sistema ner­
progressivamente invade e distrugge le strutture
voso. L'infiammazione è causata da una autosensi­
articolari fino all'anchilosi. La produzione di cito-
bilizzazione contro determinanti antigenici della
chine da parte dei sinoviociti trasformati e dalle cel­
guaina mielinica prevalentemente mediata da linfo­
lule infiammatorie contribuisce in modo rilevante
citi T, che possono essere isolati dal liquido cerebro-
al danneggiamento progressivo delle articolazioni,
spinale. Analogamente, la encefalomielite autoim-
come anche dimostrato dall'efficacia di farmaci di
mirne sperimentale, un classico modello di autoim­
nuova generazione (anticorpi monoclonali "um a­
munità indotta sperimentalmente in topi da labora­
nizzati" anti TNFa ed anti-IL-1) capaci di inibire
torio, è ottenuta iniettando l'autoantigene MBP
queste citochine ed efficaci nel controllo della
(;myelin basic protein) assieme all'adiuvante. La scle­
malattia. Il ruolo concomitante deU'immunità umo­
rosi multipla si sviluppa tra i 20 ed i 40 anni, e può
rale e dei linfociti B è peraltro documentato dalla
manifestarsi in modo lieve con debolezza gli arti, o
risposta clinica osservata dopo trattamento con
aggressivamente con paralisi e compromissione
rituximab, un anticorpo monoclonale chimerico anti
della vista. Studi epidemiologici hanno evidenziato CD20. Il processo flogistico è a genesi autoimmune,
un notevole aumento del rischio di contrarre la come dimostrato dalla presenza di autoanticorpi,
malattia nelle femmine (10:1), associazione con l'al-
tra cui il più rilevante è il fattore reumatoide. L'e­
lele HLA DR2, nonché un fattore geografico
ziologia e la patogenesi dell'AR non sono chiarite,
(aumento della prevalenza a nord del 37° parallelo,
anche se è noto il ruolo svolto dal substrato geneti­
presumibilmente legato alla presenza di fattori di
co (HLA di classe II, allele DR4 con rischio relativo
rischio ambientali, ad esempio esposizione a parti­ pari a 4,2). Non confermato il ruolo di fattori
colari virus). ambientali (infezioni virali e/o batteriche pregres­
Miastenia grave. Malattia neuromuscolare causata se). Le lesioni alle articolazioni sono in genere asso­
dalla presenza di autoanticorpi che legano i recetto­ ciate a manifestazioni extra-articolari a carico dei
ri acetilcolinici interferendo con la funzionalità polmoni, dei reni, dei vasi, dei muscoli che possono
delle placche neuromuscolari. Ne consegue un pro­ rappresentare gravi e pericolose complicanze della
gressivo indebolimento muscolare che esordisce malattia. Nella maggior parte dei pazienti l'inizio
con ptosi palpebrale, alterazione della mimica fac­ della sintomatologia articolare è insidioso (artralgie
ciale, e si sviluppa coinvolgendo la muscolatura vaghe, rigidità articolare) e precede di settimane la
deputata alla masticazione, alla respirazione, al comparsa della tumefazione; alcuni pazienti
movimento. Nella MG il timo è frequentemente mostrano invece un inizio acuto con febbre e dolo­
coinvolto da processi patologici, verosimilmente re articolare. Il danno articolare inizia precocemen­
correlati all'insorgere del disordine immunitario. In te, e nel 30% circa dei pazienti è possibile documen­
circa due terzi dei casi la MG è associata ad iperpla­ tare radiologicamente la presenza di irreversibili
sia linfocitaria follicolare (timite follicolare, vedi erosioni ossee già alla diagnosi. L'interessamento è
capitolo sulla patologia timica) o ad un timoma di solito simmetrico e colpisce le dita della mano
(prevalentemente timomi di tipo B, vedi capitolo (articolazioni interfalangee prossimali e metacarpo-
sulla patologia timica), mentre in circa un altro falangee), dei piedi (articolazioni metatarso-falan-
terzo il timo è apparentemente normale (anche se è gee), dei gomiti e dei polsi, delle ginocchia e delle
possibile osservare la presenza di follicoli linfatici caviglie, ed occasionalmente, della colonna verte­
ad un accurato esame dei residui timici). brale. Le deformazioni articolari più caratteristiche
riguardano le mani dove compaiono deviazione
ulnare delle articolazioni metacarpo-falangee e fles­
| Malattie autoimmuni sistemiche sione delle ultime falangi con estensione della
prima (c.d. mani ad artiglio). La diagnosi precoce e
1. Artrite reumatoide (AR). Malattia infiammatoria precisa della AR. è fondamentale per poter intra­
poliarticolare che coinvolge prevalentemente le pic­ prendere precocemente adeguata terapia. I criteri
cole articolazioni (diartrosi). L'età di insorgenza è diagnostici comprendono la presenza di rigidità
fra i 30 ed i 70 anni con predilezione del sesso fem­ articolare al risveglio mattutino, la presenza di
minile (3-4:1), e colpisce lo 0,8% circa della popola­ infiammazione articolare (artrite) che colpisca le
514 * Patologia autoimmune
piccole articolazioni della mano, sia simmetrica e infiammatorio cronico comprende, come compo­
coinvolga tre o più articolazioni, la presenza di nente precoce e determinante, i linfociti T CD4-F,
noduli reumatoidi, livelli elevati di fattore reuma­ capaci di stimolare la risposta umorale e di attivare
toide, alterazioni radiografiche. La sintomatologia i macrofagi (a loro volta coinvolti nell'infiammazio­
della AR può essere presente in molte altre malattie ne e nella distruzione dell'articolazione). I macrofa­
tra cui forme artritogeniche di origine virale a rapi­ gi attivati in situ sono infatti patogeneticamente
da risoluzione, per cui i criteri diagnostici della AR importanti poiché capaci di secernere enzimi litici
debbono essere documentati per un minimo di sei che contribuiscono alla distruzione della matrice
settimane. Per accelerare la diagnosi è possibile uti­ extracellulare, della cartilagine e del riassorbimento
lizzare la presenza di autoanticorpi come marcatori dell'osso (collagenasi, metalloproteinasi, serin-pro-
sierici, ed in particolare anticorpi specifici per pep- teinasi, aggrecanasi, fattori stimolanti gli osteoclasti
tidi citrullinati (specificità 90% circa, sensibilità 50% come TNF). Recentemente è stato però dimostrato
circa). che il riassorbimento osseo può essere mediato da
Patogenesi. La patogenesi della AR non è chiarita, linfociti T e sinoviociti tramite la produzione di
ma esistono ceppi murini transgenici (topi K/BxN) RANKL (receptor activator of nuclear NF-kB) un
che sviluppano spontaneamente una malattia molto potente induttore della maturazione ed attivazione
simile alla AR umana e che costituiscono un ottimo degli osteoclasti. A conferma del ruolo dei linfociti
modello sperimentale per comprendere meglio que­ T nella patogenesi della AR è il reperto di un impor­
sta complessa malattia. In questi animali l'autoim- tante componente linfocitaria T CD4+ nell'infiltra­
munità è dipendente dalla presenza di cellule linfoi- to infiammatorio articolare e diversi modelli muri­
di T autoreattive ed immunoglobuline artritogeni­ ni di AR in cui è possibile dimostrare chiaramente
che di classe IgG. La patogenesi della malattia in la dipendenza da risposte T autoimmuni. Anche la
questi modelli sperimentali è mediata da immuno- predisposizione genetica di epitopi di classe II del
complessi in cui l'antigene è l'enzima ubiquitario MHC (HLA-DR) suggerisce il coinvolgimento della
glucosio-6-fosfato isomerasi. Ulteriori informazioni presentazione di peptici artritogenici ai linfociti T. Il
possono essere ottenute da altri modelli murini che processo infiammatorio in sede articolare nella AR
sviluppano artrite, tra cui ceppi knock-out in cui vede quindi un complesso di componenti cellulari e
sono alterati singoli punti di importanti vie moleco­ molecolari, in cui è centrale il ruolo di diverse cito-
lari coinvolte nella trasmissione dei segnali di cito­ chine, chemochine, fattori di crescita, capaci di per­
chine. Il ceppo murino gpl30F759//p759, in cui l'artri­ petuare il processo di accumulo di linfociti T
te si sviluppa a circa un anno ed è causata da memoria di tipo TH1, caratterizzati dall'espressio­
autoanticorpi ed anomalie dei linfociti T, rappresen­ ne dei recettori chemochinicì CCR5 e CXCR3, la
ta un modello interessantissimo poiché l'autoim- molecola di adesione a4b l, fenotipo dei linfociti
munità si sviluppa a causa di una singola mutazio­ effettori della ipersensibilità ritardata. Più recente­
ne a carico della subunità gpl30 del recettore della mente è stata evidenziata l'importanza dei sinovio­
famiglia della citochina IL-6. citi, importante componente dell'alterazione artico­
N ell'AR sono caratteristicamente presenti lare e della formazione del panno. Queste cellule
autoanticorpi diretti contro la frazione Fc delle sono elementi mesenchimali specializzati, dislocati
immunoglobuline (IgG nel 75% dei casi, e meno fre­ fisiologicamente alla superficie della capsula artico­
quentemente diretto contro IgA, IgD o IgE), deno­ lare e capaci di secernere il complesso di molecole
minati fattore reumatoide (FR). Il FR è presente in proteiche contenute nel liquido sinoviale. La com­
circa 80% dei casi di AR (pazienti sieropositivi), ed posizione di questo mezzo è molto importante per
è associato a forme più aggressive, caratterizzate da garantire l'eccezionale tenuta delle articolazioni
maggior coinvolgimento delle articolazioni. Il fatto­ alle pressioni ed anomalie della sua composizione
re reumatoide può appartenere a diverse classi Ig e può contribuire significativamente alle alterazioni
può formare immunocomplessi formati da FR IgM funzionali associate nella patologia articolare. Nelle
con IgG, capaci di contribuire al danneggiamento articolazioni di pazienti con AR i sinoviociti espri­
alle articolazioni tramite l'attivazione del comple­ mono elevati livelli di NF-kB e produzione anoma­
mento, il reclutamento e l'attivazione di mastociti e la di citochine pro-infiammatorie e molecole d'ade­
polimorfonucleati neutrofìli, capaci a loro volta di sione (IL-6, IL-8, ICAM-1). La stimolazione di
perpetuare un processo infiammatorio cronico che importanti vie molecolari (AP-1, c-jun, c-Fos) da
porta alla distruzione dell'articolazione, al conse­ parte di citochine pro-infiammatorie nei sinoviociti
guente rimodellamento ed alla perdita funzionale. contribuisce alla produzione di metalloprotemasi.
In effetti, il liquido sinoviale nelle articolazioni col­ Indipendentemente dall'effetto della flogosi, l'alte­
pite da AR sono ricche di granulociti ed è possibile razione articolare e la distruzione dell'osso sono in
dimostrare diminuzione da consumo di fattori del parte conseguenza di una anarchica proliferazione
complemento. Peraltro, la presenza di FR non è spe­ dei sinoviociti. Sinoviociti estratti da tessuto patolo­
cifica dell'artrite reumatoide e non può essere con­ gico possiedono caratteristiche di crescita in vitro
siderata l'unico elemento capace di generare la simili a cellule tumorali (crescita in assenza di anco­
patologia a livello articolare. Infatti il processo raggio a substrato, carenza di inibizione da contat­
Malattie autoimmuni sistemiche ss 515

to), sono clonali, presentano anomalie molecolari gressivamente a ricoprire i capi articolari, obliteran­
significative quali espressione anomala e mutazioni do la cavità articolare e sostituendo la cartilagine ed
a carico del gene p53, instabilità dei microsatelliti il tessuto osseo subcondrale. Nella fase anchilosante
(indicatori di danni al genoma). Non è chiaro se lo spazio articolare è occupato da tessuto fibroso ed
queste anomalie siano causa o effetto del processo i capi articolari perdono motilità e sono fissati in
patologico (ad esempio conseguenza della esposi­ posizione di sub-lussazione o lussazione. L'inattivi­
zione a stress ossidativi persistente legato alla flo- tà contribuisce a determinare ipotrofia muscolare
gosi). ed osteoporosi.
Nel 20-30% dei pazienti si evidenziano i "nodu­
Aspetti istopatologici. Coinvolgimento articolare. Le
li reum atoidi" nel tessuto sottocutaneo in corri­
alterazioni del tessuto articolare nella AR sono
spondenza a zone sottoposte a traumi e, più rara­
costanti e morfologicamente caratteristiche. Le
mente, in organi interni (cuore, polmoni). Il nodulo
lesioni hanno decorso evolutivo che può essere
reumatoide, da alcuni autori considerato esito di
schematizzato in "fasi": sinoviale, sinoviale-cartila-
una vasculite necrotizzante, è costituito da circo-
ginea, anchilosante. Nella prima, la fase sinoviale, le
scritte aree di necrosi fibrinoide, irregolarmente cir­
articolazioni appaiono rigonfie. La membrana sino-
condate da cellule macrofagiche disposte a palizza­
vìale appare iperemica e ricoperta focalmente da
ta, rare cellule giganti plurinucleate, linfociti e pla-
depositi di fibrina; successivamente si osservano
smacellule (Fig. 3).
aspetti iperplastici con incremento volumetrico dei
villi, incremento della cellularità (specie a carico dei Coinvolgimento extra-articolare. L'artrite reumatoide
sinoviociti). Progressivamente si osserva incremen­ è una malattia sistemica e può presentare coinvolgi­
to della stratificazione di fibrina sulla superficie, mento di vari organi. A livello renale si può osser­
associata a focali aree di necrosi, progressiva infil­ vare danno glomerulare, vascolare ed interstiziale.
trazione di cellule infiammatorie, linfociti, plasma- A livello polmonare (Fig. 4) può presentarsi come
cellule, macrofagi, neutrofili. Sono presenti variabi­ bronchiolite cellulare (di tipo follicolare) con infil­
li aspetti di erosione della cartilagine articolare e trazione linfocitaria in sede peribronchiolare. I lin­
dei capi ossei. Nella fase sinoviale-cartilaginea accan­ fociti sono prevalentemente di tipo B e formano
to agli aspetti sopradescritti si ha la formazione di ampi centri germinativi. In alcuni pazienti con AR
tessuto di granulazione nell'asse dei villi che si può osservare una polmonite interstiziale, istolo­
appaiono aumentati di volume, possono staccarsi e gicamente caratterizzata da un pattern simile a
formare corpi liberi nella cavità. I villi possono fon­ quello della NSIP idiopatica (polmonite interstizia­
dersi e dare origine al "panno" che si estende pro­ le non specifica), con aspetti di danno sub-acuto. La

Fig. 3 - Noduli reumatoidi sottocutanei in artrite reumatoide.


516 it Patologia autoimmune

Fig. 4 - Coinvolgimento polmonare in artrite reumatoide. In a (E/E) e b Icitocheratìna): bronchiolite follicolare, in c e d, interstizio-
patia con t caratteri della polmonite interstiziale non-specifica (NSIP) e della organizing pneumonia (OP).

genesi infiammatoria di queste complicanze pol­ cronico con episodi di riacutizzazione e remissione.
monari è evidenziata dal quadro istologico e dalla È malattia relativamente frequente (1:8000), ed
efficace risposta alle terapie antinfiammatorie. Nel esordisce tra i 20 ed i 40 anni. Il rischio relativo nel
5-6% dei casi si documenta la presenza di coinvol- LES è più elevato nel sesso femminile (10:1) e nei
gimento pleurico con noduli reumatoidi ed essuda­ soggetti con genotipo HLA DR3 (rischio relativo
to fibrinoso. Nella sindrome di Caplan l'artrite reu­ 5,8). Si distinguono due forme di LES, una forma
matoide è associata a pneumoconiosi. acuta ed una sub-acuta. Le due forme differiscono
In oltre 50% dei pazienti con AR si sviluppa una per la rapidità d'insorgenza e per la gravità di com­
poliadenopatia generalizzata, che in alcuni casi può promissione della cute e degli organi interni. Nelle
far prendere in considerazione l'ipotesi diagnostica due forme le lesioni tissutali sono morfologicamen­
di linfoma (linfoma follicolare). Dal punto di vista te simili ma di entità differente.
istologico si ha una iperplasia follicolare con centri L'eziologia del LES è complessa, multifattoriale,
germinativi ben evidenti, a testimonianza di inten­ caratterizzata dalla presenza di un vasto assorti­
sa attivazione dell'immunità umorale. Nelle zone mento di autoanticorpi, diretti contro il DNA, isto-
interfollicolari si possono osservare numerose pla- ni„ eritrociti, piastrine, leucociti, fattori della coagu­
smacellule, fenotipicamente policlonali. In circa il lazione. La patogenesi è correlata alla presenza di
10% dei casi si osserva splenomegalia, anch'essa deficit di importanti geni, tra cui: la proteina del
caratterizzata da espansione della polpa bianca ed complemento C lq (coinvolta nell'eliminazione
iperplasia follicolare.
degli immunocomplessi e delle cellule apoptotiche),
2. LES (Lupus eritematoide sistemico). Malattia il componente P amiloide sierico (necessario per il
sistemica ad esordio in genere acuto, ma a decorso mascheramento immunologico della cromatina con
Malattie autoimmuni sistemiche ^ 517

conseguenze formazione di autoanticorpi diretti dei casi, mentre è dimostrabile morfologicamen­


contro determinanti nucleari), l'enzima DNAasi-1 te nel 90% dei casi, e fino al 100% con metodi più
(necessario per la digestione della cromatina extra­ sensibili (immunofluorescenza, microscopia
cellulare prodotta a seguito di necrosi tissutale e elettronica). La genesi del danno è mediata da
quindi a prevenire la formazione di autoanticorpi immunocomplessi e complemento che si accu­
anti DNA). Sono coinvolti anche difetti di geni che mulano a livello del mesangio e nelle altre com­
codificano proteine necessarie per la regolazione ponenti strutturali del glomerulo. Il danno glo-
della "soglia" delle risposte immunitarie come il merulare è eterogeneo classificabile in sei classi
recettore Fas ed il suo ligando (regolazione dell'a- (classificazione OMS basata sull'integrazione di
poptosi dei linfociti T e B dopo attivazione). morfologia, immunofluorescenza e microscopia
La patogenesi del LES è principalmente legata elettronica). Alle varianti di nefrite lupica corri­
all'azione di autoanticorpi ed alla formazione di spondono differenti quadri sierologici e clinici.,
complessi immuni. Gli autoanticorpi vengono divi­ anche se si osserva transizione da una forma
si in due categorie in base alla localizzazione del all'altra, ed in particolare progressione da forme
loro bersaglio. Gli anticorpi diretti contro antigeni meno gravi a forme più gravi nell'evolversi
presenti sulla superficie cellulare (emazia, piastri­ della malattia. L'ematuria e la proteinuria sono
ne, granulociti neutrofili, linfociti) sono responsabi­ prevalentemente osservate in associazione con
li di complicanze quali anemia emolitica, piastrino- le lesioni attive delle forme proliferative, mentre
penia, granulocitpenia, linfocitopenia. Gli anticorpi la sindrome nefrosica è comune nella forma
diretti contro strutture nucleari sono invece non membranosa. L'insufficienza renale è più comu­
citotossici non potendo penetrare all'interno di cel­ ne nelle forme proliferative, mentre la trombosi
lule vive, ma causano la produzione di complessi della vena renale si osserva quasi esclusivamen­
immuni capaci di danneggiare i glomeruli renali e te nella N.L. membranosa.
le pareti dei vasi a seguito dell'attivazione del com­ • Coinvolgimento articolare. In circa l'80% dei casi
plemento. Nel LES infatti si producono cronica­ alla diagnosi si osservano manifestazioni di tipo
mente grandi quantità di autoanticorpi IgG diretti artralgico/artritico. È caratteristico del LES il
contro proteine presenti nel nucleosoma, nello spli- dileguarsi dell'impegno articolare (a differenza
ceosoma e nel complesso ribonucleoproteico (pro­ dell'artrite reumatoide in cui le lesioni sono irre­
teine Ro e La, dal nome dei pazienti in cui furono versibili). Il liquido sinoviale contiene prevalen­
individuate le due proteine). Gli immunocomplessi temente cellule mononucleate. L'alterazione
sono di piccole dimensioni e' non vengono facil­ morfologica della membrana sinoviale è mode­
mente eliminati nel siero (anche per la concomitan­ sta, con proliferazione delle cellule sinoviali, rari
te carenza di Clq). Con tecniche di immunofluore- corpi apoptotici, modesta flogosi linfo-plasma-
scenza è possibile dimostrare la presenza di immu­ cellulare.
nocomplessi nelle sedi tissutali colpite, ed in parti­ • Il cuore è coinvolto in circa il 50% dei casi con il
colare i vasi (vasi del glomerulo, della cute, delle quadro della endocardite valvolare di tipo ver­
articolazioni, del polmone, ecc), nonché la membra­ rucoso (formazioni di 1-4 mm, singole, multiple
na basale del glomerulo renale. o aggregate in formazioni moriformi, distribuite
Aspetti istologici. E possibile dimostrare nelle sedi casualmente su entrambe le superfici delle val­
coinvolte dall'azione degli immunocomplessi vole cardiache o lungo le corde tendinee e l'en­
aspetti di degenerazione fibrinoide (fibrinoidosi) e docardio murale. Rappresentano l'esito di un
la presenza di corpi apoptotici isolati o in piccoli danno endoteliale che degenera ed è sostituito
aggregati (i c.d. corpi ematossilinofili). da tessuto di riparazione. Nel 30% dei casi si
osserva ima miocardite lupica, con necrosi del
@ Coinvolgimento cutaneo. La cute è interessata in tessuto perivascolare ed interstiziale, deposizio­
circa l'80% dei casi e mostra lesioni eritematose ne di sostanza fibrinoide, infiltrazione linfo-pla-
che prediligono il dorso del naso e le guance, smacellulare e fenomeni regressivi a carico delle
con il tipico aspetto "a farfalla"; solo raramente fibre miocardiche. Sono possibili lesioni vasculi-
l'eruzione è disseminata (lupus esantemico). La tiche necrotizzanti dei piccoli rami coronarici
lesione istologica è localizzata alla superficie del intramurali
derma (edema, piccole emorragie, flogosi linfo­ • Lesioni vascolari (20% circa dei casi), prodotte
citaria perivascolare, depositi fibrinoidi attorno dalla flogosi conseguente al deposito di immuno­
ai piccoli vasi) e nell'epidermide (degenerazione complessi, possono manifestarsi in tutti gli orga­
idropica delle cellule dello strato basale seguita ni e colpiscono generalmente i piccoli vasi
da necrosi). Diagnosticamene utile è la dimo­ (venuetiti, capillariti). Il quadro morfologico è
strazione aU'immuLiofluoresecnza di depositi di una vasculite necrotizzante e deposizione di
immunoglobuline e complemento alla giunzio­ sostanza fibrinoide, obliterazione del lume, infil­
ne dermo-epidermica (lupus band test). trazione di granulociti, linfociti, macrofagi. Se i
® Coinvolgimento renale. Il coinvolgimento renale polimorfonucleati sono numerosi ed associati a
clinicamente evidente si osserva in circa il 70% detriti nucleari si realizza il quadro della vasculi-
518 - Patologia autoimmune
te leucocitoclastica. La vasculite è responsabile di meni regressivi e degenerativi (necrosi e fissurazio-
importanti complicanze del LES: a carico del pol­ ne del nucleo gelatinoso, calcificazione, ossificazio­
mone la capillarite può causare pericolose emor­ ne). Anche i legamenti ed i tessuti molli circostanti
ragie alveolari, nel sistema nervoso centrale la colonna possono partecipare al processo infiam­
microinfarti multipli e microemorragie possono matorio e tardivamente possono ossificarsi. Le
causare cerebropatie organiche con convulsioni, lesioni extra-articolari sono prevalentemente vasco­
paresi dei nervi cranici, emiparesi ricorrenti. Il lari, cardiache, oculari e polmonari. L'aorta nel suo
tessuto linfatico appare iperplastico, con micròpo- tratto iniziale mostra alterazione dei vasa-vasorum
liadenia e splenomegalia. L'iperplasia follicolare simili a quelle della sifilide con flogosi linfo-pla-
si accompagna ad aree di necrosi non microasces- smacellulare awentiziale e paraawentiziale e pro­
suale (priva di granulociti) con caratteristiche liferazione intimale con diminuzione del lume. Ne
simili a quelle della c.d. linfadenite di Kikuchi. consegue frammentazione delle fibre elastiche e
fibrosi cicatriziale a livello della media e dell'inti­
Quadri istologici delie varianti ma. II processo di fibrosi può estendersi al setto
membranoso interventricolare ed al nodo atrio­
di nefrite lupica
ventricolare con conseguente disturbo del ritmo e
® N.L. mesangiale: (30-40% dei casi), è caratterizza­ difetto di conduzione. La fibrosi può inoltre interes­
ta da modesto e disomogeneo incremento delle sare le valvole semilunari aortiche che appaiono
cellule e della matrice in sede mesangiale; l'im- ispessite e retratte. Le alterazioni oculari (iridocicli-
munofluorescenza evidenzia deposito granulare te acuta) e polmonari (polmonite interstiziale) non
di IgG, IgA, IgM e C3. hanno caratteri di specificità.
• N.L. proliferativa focale: (10-20% dei casi), coinvol­ 4. Sindrome di Sjogren (SJS) (Fig. 5). Malattia
ge meno del 50% dei glomeruli ed è caratterizza­ infiammatoria cronica a patogenesi autoimmune
ta da proliferazione segmentarla di cellule che colpisce prevalentemente le ghiandole lacrima­
mesangiali ed endoteliali. All'immunofluore- li (cheratocongiuntivite secca o xeroftalmia) e le
scenza si dimostrano depositi di immunoglobu- ghiandole salivari (xerostomia), più raramente le
line e complemento in tutti i glomeruli, anche in ghiandole della mucosa nasale, faringea, laringea,
quelli morfologicamente non coinvolti. tracheale, bronchiale, rettale e vaginale. Può com­
® N.L. proliferativa diffusa: 40-50% dei casi), più del parire in forma isolata o in associazione ad altre
50% dei glomeruli sono morfologicamente anor­ malattie autoimmuni (AR 40-50%, LES 15-20%, SS
mali, con proliferazione di cellule mesangiali ed 5-8%, DM-PM, rara). La SJS è malattia sistemica, e
endoteliali. Nella variante membrano-prolifera- può essere associata a varie sintomatologie con fre­
tiva si osserva anche l'ispessimento della mem­ quenza variabile: stanchezza cronica, artrite, cistite
brana basale con "'anse a fil di ferro" per abbon­ cronica in assenza di infezioni, coìnvolgimento
dante deposito sottoendoteliale di sostanza neurologico, vasculopatie, polmonite interstiziale,
fibrinoide. Nelle forme proliferative è spesso malattie renali. Più raramente può svilupparsi un
associata necrosi segmentaria delle anse, prolife­ linfoma delle ghiandole salivari, perlopiù un linfo­
razione dell'epitelio capsulare e formazione ma basso grado di malignità con le caratteristiche
delle c.d. semilune epiteliali. del linfoma associato alle mucose a cellule della
• N.L. membranosa: (10-15% dei casi), è caratteriz­ zona marginale (MALT-linfoma).
zata da ispessimento diffuso della membrana La diagnosi della SJS si basa sulla dimostrazione
basale capillare e disomogeneo aumento delle della caratteristica sintomatologia oculare e salivare
cellule e della matrice in sede mesangiale. e su una serie ristretta di test che comprende la pre­
senza di autoanticorpi [Ro (SS-A) o La (SS-B)l e l'a­
3. Spondilite anchilosante (SA). Malattia autoim­ nalisi istologica di una ghiandola salivare con dimo­
mune in cui il processo artritico è localizzato alla strazione del caratteristico infiltrato linfocitario.
colonna vertebrale ed ai tessuti molli adiacenti. Pre­
dilige il sesso maschile (circa 3:1) in età compresa 5. Dermatomiosite-Polimiosite. Miopatie primitive
tra i 15 ed i 40 anni. Nel 90% circa dei casi si associa a patogenesi auoimmunitaria caratterizzate da
alla presenza dell'antigene HLA-B27. Non si docu­ infiammazione del muscolo e della cute. La mag­
menta presenza nel siero di FR o ANA. Nelle fasi gior parte dei casi insorge tra i 50 ed i 60 anni, con
iniziali la SA colpisce selettivamente le articolazioni rapporto femmine/maschi di circa 2:1. Nelle forme
sacro-iliache e si estende poi cranialmente ad inte­ ad andamento sub-acuto o cronico, che sono le più
ressare gli altri segmenti della colonna. Sono coin­ frequenti, il quadro clinico è caratterizzato da debo­
volte anche le articolazioni costo-vertebrali e costo- lezza simmetrica che dai muscoli degli arti inferiori
trasversali e, in meno del 50% dei casi, quelle coxo­ progressivamente va a coinvolgere quelli degli arti
femorali e scapolo-omerali. Istologicamente si superiori e gli anteriori del collo. Nei casi più rari
osservano le stesse lesioni della AR della quale la ad esordio acuto il sintomo preminente è il dolore
SA ripercorre le diverse fasi sino all'anchilosi fibro­ muscolare agli arti superiori alle spalle ed alla
sa ed ossea. I dischi intervertebrali subiscono feno­ schiena.
Malattie autoimmuni sistemiche « 519

Fig.5 - Sindrome di Sjogren. Ampio infiltrato linfoide a carattere follicolare che coinvolge una ghiandola salivare maggiore (a,
ematossilina-eosina). In b) la immunocolorazione per citocheratina 8/18 evidenzia l'alterazione strutturale della componente epi­
teliale. In c}, il CD20 evidenzia la natura B dell'infiltrato linfoide. In d} sulla destra una c.d. isola mioepiteliale evidenziata con cito­
cheratina 5.

I caratteri diagnostici comprendono: a) debolez­ gruppo III DM o MP associata a neoplasie; gruppo


za muscolare dei cingoli e dei flessori anteriori del IV, PM associata a vasculite (tipicamente infantile);
collo che progredisce nel giro di settimane o mesi gruppo V, DM o PM associate ad altre malattie
con possibile comparsa di disfagia o deficit dei autoimmunitarie. Più recentemente, ed indipen­
muscoli respiratori; eritema cutaneo localizzato alle dentemente dalle associazioni, vengono considera­
palpebre con edema periorbitario (rash eliotropo) te come distinte la polimiosite, la dermatomiosite e
e/o dermatite eritematosa in corrispondenza delle la miosite da corpi inclusi (una variante della poli-
articolazioni (metacarpofalangee e interfalangee miosite con caratteristiche patologiche, cliniche ed
prossimali, ginocchia, malleoli) o alla cute della fac­ epidemiologiche distinte).
cia e del torace; c) elevazione sierica degli enzimi
muscolo-scheletrici ed in particolare di creatin- Patogenesi. La patogenesi è autoimmunitaria, ed il
fosfochinasi, aldolasi, piruvico-transaminasi e latti- meccanismo prevalente è quello cellulo-mediato in
co-deidrogenasi; d) lesioni elettromiografiche carat­ cui linfociti T sono specificamente sensibilizzati
teristiche; e) quadro istologico tipico alla biopsia contro antigeni della fibra muscolare. Con predi­
muscolare. Frequentemente una sindrome tipo sposizione nei portatori di antigeni di istocompati-
DM-PM si associa ad altre malattie autoimmuni, ed bilità HLA-DR3 e DRw52). In alcuni modelli speri­
in particolare sclerosi sistemica ed artrite reumatoi­ mentali è possibile trasferire la malattia mediante
de, o neoplasie. Sulla base dell'associazione di DM- linfociti T. Non chiaro il ruolo deirimmunità umo­
PM ad altre malattie è stata proposta la seguente rale, a causa dell'assenza di citotossicità degli anti­
classificazione: gruppo I, Polimiosite primitiva iso­ corpi anti-muscolo frequentemente dimostrabili in
lata, gruppo II, dermatomiosite primitiva isolata; pazienti con DM-PM. È riscontrabile la presenza di
520 k Patologia autoimmune
anticorpi anti-nucleo o fattore reumatoide. Un dei fibroblasti, danno ai vasi di piccolo calibro ed
ruolo patogenetico potrebbe essere svolto da incremento della produzione di collageno. La ezio­
immunocomplessi nelle vasculiti che caratterizzano logia della SS non è nota e scarse sono le informa­
le forme infantili. zioni sulla sua patogenesi. Il processo patologico è
complesso e appare innescato dall'attivazione di
Quadro morfologico fenomeni di autoimmunità mediati da linfociti T,
anomalie del network citochinico ed autoanticorpi.
9 Coinvolgimento muscolare. Il sistema muscolo-sche- La SS può manifestarsi come forma localizzata
ìetrico è interessato in tutti i casi, in varia associa­ (Morfea) oppure come malattia diffusa (SS progres­
zione con altri organi. Le lesioni fondamentali a siva). La SS insorge in genere tra 20 e 50 anni di età
livello muscolare sono rappresentate da necrosi e predilige il sesso femminile (3:1). La severità della
delle fibre muscolari che appaiono frammentate, malattia è principalmente legata al coinvolgimento
con associata infiltrazione macrofagica in fagoci­ di organi interni ed alla loro progressiva perdita
tosi attiva. Nelle fasi precoci il citoplasma delle funzionale. Nelle forme diffuse e rapidamente pro­
cellule muscolari mostra incremento della eosi­ gressive la sopravvivenza a 10 anni supera di poco
nofilia con "centralizzazione" dei nuclei del sar- il 10%.
colemma (normalmente i nuclei sono disposti 9 La forma localizzata di SS è malattia a coinvolgi­
perifericamente). Le miofibrille assumuno focal­ mento cutaneo di cui si riconoscono varie pre­
mente aspetto ialino. Sono presenti aspetti di sentazioni cliniche: morfea guttata, in placche,
rigenerazione delle fibre muscolari. L'infiltrato lineare, generalizzata. La Morfea guttata è carat­
infiammatorio, di intensità variabile, è prevalen­ terizzata da lesioni piccole e multiple di colorito
temente perivascolare o diffuso ed è costituito bianco gesso, localizzate al torace ed alle spalle,
da linfociti, plasmacellule, macrofagi e rari gra- difficilmente distinguibili macroscopicamente
nulociti neutrofili. Nelle fasi avanzate è docu­ dalle lesioni del lichen sclerosus et atrophicus.
mentabile intensa fibrosi interstiziale sostitutiva La Morfea in placche, in genere associata alla
delle fibre distrutte. forma guttata della quale condivide la localizza­
• Coinvolgimento cardiaco. Le manifestazioni clini­ zione, è costituita da placche rotonde o ovali che
che sono polimorfe e vanno da alterazioni ECG possono fondersi e dare una configurazione irre­
non specifiche ad aritmie, blocchi di branca o golare. La Morfea lineare si localizza di preferen­
scompenso congestizio. Morfologicamente alcu­ za agli arti inferiori ed alla fronte e si manifesta
ni pazienti presentano un quadro di miocardite come lesioni lineari, depresse che frequentemen­
con infiltrati flogistici linfo-istiocitari interstizia­ te coinvolgono gli strati cutanei profondi, dando
li diffusi e perivascolari, non diverso da quello luogo a gravi deformità. In particolare la ernia-
osservato nel muscolo scheletrico. trofia della faccia (sindrome di Parry-Romberg)
• Coinvolgimento cutaneo. Le lesioni cutanee sono viene considerata una variante di morfea lineare.
caratterizzate da edema del derma superficiale, La Morfea generalizzata è caratterizzata da dif­
teleangectasie e flogosi linfo-istiocitaria periva­ fuso coinvolgimento cutaneo con placche multi­
scolare, atrofia dell'epidermide e liquefazione ple indurate, iperpigmentazione e spesso atrofia
dello strato basale, ma senza ispessimento della muscolare. Le lesioni coinvolgono l'addome, il
membrana basale. Sono possibili lesioni di tipo tronco e gli arti. Morfologicamente la morfea è
vasculitico necrotizzante, ispessimento dell'inti­ caratterizzata da lesioni relativamente omoge­
ma e trombosi. Le lesioni cutanee sono polimorfe nee, in cui osserva un infiltrato flogistico linfo-
e vanno da quadri di tipo scìerodermico a diffu­ istiocitario, periferico, localizzato attorno ai vasi
sa atrofia del derma (poikiloderma atrophicans). e tra le fibre collagene del derma reticolare e dei
setti fibrosi dell'ipoderma. Le lesioni del tessuto
© Coinvolgimento polmonare. L'associazione di DM connettivo sono caratterizzate da incremento
o PM con pneumopatie interstiziali diffuse è dell'eosinofilia, ispessimento dei fasci collageni
frequente (5-30% a seconda della metodologia e riduzione degli spazi interposti. Nelle fasi pre­
diagnostica). Il quadro anatomopatologico coci della malattia i fasci di collageno neoforma­
principale è quello di una interstiziopatia con i to sono sottili e comprendono ima significativa
caratteri della NSIP (circa 80% dei casi). L'anti­ componente fibroblastica. Progressivamente,
corpo anti-Jo-1 (histidyl-tRNA synthetase) è fre­ sono sostituiti da fasci omogenei e ialini che si
quentemente presente nelle forme con intersti­ estendono nel tessuto sottocutaneo sostituendo
ziopatia. il tessuto adiposo e nel derma reticolare e papil­
6. Sclerosi sistemica. Malattia autoimmune a pre­ lare. Si associa atrofia delle ghiandole sudoripa­
sentazione eterogenea caratterizzata da un progres­ re che appaiono circondate da tessuto fibroso e
sivo processo di sclerosi che interessa la pelle ed non da tessuto adiposo come di norma.
alcuni organi interni (esofago, polmone, cuore, @ La forma progressiva di sclerosi sistemica (SSP) è
rene). Alla genesi del processo fibrotico contribui­ caratterizzata da significative anomalie della
scono anomalie della proliferazione ed attivazione componente vascolare con decremento del letto
Malattie autoimmuni sistemiche - 521

capillare, comparsa di anse capillari anomale e modificazioni sopradescritte non sono specifi­
dilatate, "mixomatosi" delle arteriole, prolifera­ che della SSP, ma possono essere variamente
zione endoteliale e flogosi peri vascolare. La osservate in altre malattie, quali la fascile eosi-
capillaroscopia periungueale consente di indivi­ nofila, il LES, la S. di Sjogren, alcióne neoplasie,
duare un complesso di alterazioni denominato malattie metaboliche, ed altre.
"scleroderma pattern" di discreto valore diagnosti­ @ Le lesioni vascolari interessano prevalentemente
co. Le alterazioni vascolari sono verosimilmente arterie ed arteriole, ma a livello cutaneo prevale
mediate da anticorpi anti-endotelio, incapaci di la dilatazione delle anse capillari. Sono morfolo­
attivare la reazione del complemento, ma capaci gicamente caratterizzate da iperplasia fibrosa
di interferire con le funzioni cellulari causando dell'intima con variabile componente edemato­
perdita focale di endotelio con esposizione di sa, eventuale ostruzione del lume da parte di
fibre collagene, adesione piastrinica, rigenerazio­ trombi e ricanalizzazione, fibrosi periawentizia-
ne anomala e rimodellamento delle strutture le. Neir80% dei casi è presente un interessamen­
vascolari. Non è chiaro il contributo della immu­ to esofageo, anche in assenza di manifestazioni
nità cellule-mediata alla patogenesi della SSP, ma cutanee. Funzionalmente il dato principale è la
alcuni dati suggeriscono il ruolo dell'attivazione ridotta frequenza ed ampiezza delle contrazioni
linfocitaria T alle alterazioni, qualitative e quan­ a livello della metà inferiore con associata ridu­
titative, di deposito di collageno, mediate da zione del tono dello sfintere esofageo inferiore.
alterazioni del network citochinico. Morfologicamente sì osserva atrofia della tonaca
muscolare che viene progressivamente sostituita
Quadro morfologico da tessuto fibroso, con alterazioni vascolari
(iperplasia intimale, fibrosi).
La SSP è caratterizzata da variabile coinvolgi­
« Il coinvolgimento polmonare, quasi sempre presen­
mento di diversi organi, con maggiore frequenza
te, induce dispnea da sforzo. Nel polmone della
della localizzazione cutanea, esofagea, renale, pol­
SSP è caratterizzato macroscopicamente da
monare, vascolare.
cospicuo ispessimento della pleura viscerale e
© Nella cute le sedi maggiormente colpite sono le da quadri di polmonite interstiziale a pattern
mani, i piedi, gli avambracci, il torace antero- NSIP (vedi).
superiore, la schiena, la faccia. Classicamente si • Il coinvolgimento renale nella SSP appare in circa
riconoscono tre fasi nella evoluzione della il 50% dei pazienti con proteinuria, ipertensione
malattia: edematosa, indurativa, atrofica. Nella ed iperazotemia. Morfologicamente si distin­
prima fase è caratterizzata dalla presenza di un guono una forma acuta (nefropatia sclerodermi-
edema delle mani e dei piedi che può durare set­ ca acuta) con alterazioni a carico delle arterie
timane o mesi. L'edema appare duro ed indolo­ arcuate ed interlobulari e delle arteriole afferen­
re. Alla microscopia il derma superficiale si pre­ ti, ed una forma cronica. Sono comuni disturbi
senta rigonfio, edematoso, con omogeneizzazio­ alle articolazioni, da attribuire alla fibrosclerosi
ne dei fasci collageni e iniziale fibrosi perivasco­ dei tessuti molli periarticolari.
lare. Nella fase indurativa si osserva progressivo
ispessimento ed indurimento cutaneo con perdi­ Va infine segnalata, come variante della SSP, la
ta di elasticità. Questa fase può persistere per Sindrome CREST (acronimo per: calcinosi, feno­
molti anni ed è la forma cui viene attribuita la meno di Raynaud, disturbi della motilità esofagea,
denominazione di sclerodermia. Morfologica­ sclerodattilia, teleangectasie), associata in una per­
mente questa forma è caratterizzata dalle modi­ centuale significativa di casi alla presenza di anti­
ficazioni del derma sopradescritte (omogeneiz­ corpi diretti contro la cromatina del centromero
zazione ed ispessimento dei fasci collageni, sce­ delle cellule in metafase ed interfase. La malattia si
rosi sostitutiva del grasso sottocutaneo), associa­ distingue dalla SSP per un decorso clinico più beni­
gno e per ima comparsa più tardiva dei sintomi
te ad assottigliamento dell'epidermide con per­
sistemici.
dita delle papille dermiche e diminuzione delle
strutture annessialì, focale iper- ed ipo-pigmen­
tazione con melanofagi nel derma superficiale,
linfangiectasie. È frequente il riscontro di infil­
| Bibliografia essenziale
trato flogistico perivascolare. La fase atrofica è Firestein G.S.: Evolving concepts of rheumatoid arthritis.
caratterizzata da sclerosi densa del derma, con Nature 2003; 423: 356-361.
eventuali depositi di calcio, scomparsa degli O'Dell J.R.: Therapeutic strategies for rheumatoid arthri­
annessi cutanei e delle papille dermiche. Le tis. N Engl J Med 2004; 350: 2591-2602.
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Amiloidosi
4.5 R. Ranaldi

H Definizione e caratteristiche senta come un materiale amorfo, eosinofilo. Con il

generali Rosso Congo si colora in rosso mattone e mostra una


birifrangenza verde in luce polarizzata (dicroismo),
Per amiloidosi si intende il deposito extracellu­ che viene considerata specifica e diagnostica. Il trat­
lare di fibrille proteiche che, nonostante la loro ete­ tamento con permanganato di potassio (KM n04)
rogeneità aminoacidica, hanno caratteristiche mor­ prima del Rosso Congo abolisce la positività dell'a-
fologiche e tintoriali comuni; essendo insolubili, miloide di tipo AA e di tipo A|32-M (v. più avanti) che
tendono ad accumularsi, con possibile insorgenza possono essere così differenziate dalle altre forme di
di stati morbosi. amiloidosi. È possibile evidenziare la sostanza ami-
Il termine "amiloide" venne coniato da Virchow ioide con altri metodi istochimici (ad es. fluorescen­
nel 1854, sulla base di affinità tintoriali simili a quelle za indotta da Tioflavina T), che tuttavia hanno speci­
dell'amido: cospargendo la superficie di taglio degli ficità inferiore rispetto al Rosso Congo.
organi affetti con una soluzione di ioduro, i depositi In microscopia elettronica la sostanza amiloide
di amiloide si colorano in giallo-rossastro, che vira al appare composta da sottili fibrille proteiche rigide e
blu-violetto dopo applicazione di acido solforico. non ramificate, di lunghezza variabile. Le fibrille pre­
Questo metodo si usa ancora oggi per la conferma sentano un diametro di 70 A° e risultano composte di
della diagnosi macroscopica di amiloidosi (Fig. 1). due subunità (protofibrille) di 30-35 A0 (Fig. 2).
In microscopia ottica la sostanza amiloide si pre­ Lo studio di diffrazione ai raggi X rivela un pat-

Fia. 1 - Sezione longitudinale di ventricolo sinistro di paziente


affetto da amiloidosi-AL (primaria), deceduto per miocardiopa- Fig. 2 - Fibrille di sostanza amiloide-AL osservate al microsco­
Ha restrittiva. Estese aree ioduro-positive sono evidenti in sede pio elettronico (x 20.000). Le fibrille appaiono rìgide, non
subendocardica, con interessamento del muscolo papillare. ramificate, a disposizione casuale.
524 Amiloidosi
hanno una composizione riferibile al residuo N-ter-
Fisiopatologia minale della regione variabile delle catene leggere
( k o X) delle immunoglobuline; più raramente è
Non sono ancora noti gli esatti meccanismi pafogenetì- presente l'intera catena. Il peso molecolare della
ci delia formazione e del deposito dell'amiloide, mec­ fibrilla è variabile.
canismi che potrebbero variare in relazióne ai differen­ Nell'amiloidosi primaria si ha tendenza a depo­
ti tipi di amiloidosi. siti nodulari, anche similtumorali, in organi mesen-
E verosimile ipotizzare che una esagerata produzione chimali: cuore, articolazioni, sistema digerente,
di un precursore proteico, o la sintesi .di una proteina prime vie aeree (Fig. 3), cute, parete vescicale. In
anomala, siano alla base dèi processo patologico. A alcuni di questi casi è possibile osservare, associato
questo potrebbe associarsi un difetto di degradazione al deposito di amiloide, un infiltrato linfoplasmacel-
da parte delle cellule del sistema monocito-macrofagi- lulare con restrizione immunoglobulinica.
co. Infine, esistono fattori sierici e tissutali che sembra­
no favorire la precipitazione delle fibrille; in particola­ 2. Amiloidosi associata a mieloma multiplo. Tipo AL
re la diversa composizione dei glicosaminoglicani del La composizione biochimica è analoga a quella del-
connettivo, con conseguente diversa affinità per la com­ l'amiloidosi primaria. Il mieloma multiplo rappre­
ponente P, potrebbe spiegare la deposizione preferen­ senta la causa più comune, ma la presenza di
ziale in certe sedi dei vari tipi di sostanza amiloide. sostanza amiloide può essere osservata in molti
altri disordini linfoproliferativi: linfomi B nodali ed
extranodali (Fig. 4), gammopatia monoclonale beni­
tern trasversale p, indicando che le catene polipep- gna, malattia di Castleman (Fig. 5).
tidiche corrono trasversalmente all'asse maggiore Il deposito di amiloide può essere locale, ristret­
della fibrilla. Questo potrebbe spiegare il legame to alle sedi della proliferazione linfoplasmacellula-
ordinato del Rosso Congo in modo da generare il re; oppure può essere sistemico, con ima distribu­
fenomeno della birifrangenza. zione simile a quella delTamiloidosi primaria.
La composizione aminoacidica delle fibrille pro­
teiche è variabile, costituendo un importante crite­ 3. Amiloidosi secondaria (reattiva). Tipo AA
rio classificativo delle differenti forme di amiloido­ Questa forma di amiloidosi colpisce soggetti con
si. La componente fibrillare costituisce il 90% della malattie croniche infiammatorie (es.: artrite reuma­
sostanza amiloide. Il restante 10% è rappresentato toide, sarcoidosi, morbo di Crohn) od infezioni cro­
dalla componente P, presente in tutte le forme di niche (osteomielite, tbc, lebbra, bronchiectasie) in
amiloidosi tranne che nelle placche corticali del- cui vi sia una risposta di fase acuta elevata, I depo­
TAlzheimer e nel cervello senile. Al microscopio siti sono diffusi, prevalentemente a carico di organi
elettronico la componente P appare come anelli parenchimatosi (milza, fegato).
pentagonali di diametro massimo di 90 A0, simili Le fibrille sono costituite dalla "proteina deil'a­
alla struttura della proteina C-reattiva, ma con peso miioide A " (AA), composta da 76 aminoacidi con
molecolare e sequenza aminoacidica differenti. La peso molecolare di 8500 Da. La sequenza aminoaci­
componente P è resistente alla proteolisi e probabil­ dica è analoga al frammento N-terminale di ima
mente è responsabile della insolubilità della sostan­ proteina sierica denominata SAA. Quest'ultima è
za amiloide; ha potere antigenico e può essere usata sintetizzata nel fegato e, negli stati di fase acuta,
come marker per la dimostrazione immunoistochì-
viene rilasciata ad opera dell'interleuchina 1, pro­
mica di amiloidosi. dotta dai macrofagi attivati. Non sono noti i mecca­
nismi che regolano la conversione della SAA nella
| Classificazione proteina insolubile amiloidogenetica AA.
L'amiloidosi AA è stata riprodotta nell'animale
H deposito di amiloide è ubiquitario, nel senso che da esperimento utilizzando vari modelli, tra i quali
virtualmente ogni sito corporeo può essere interessa­ il più noto è la ripetuta stimolazione antigenica con
to. Il deposito tuttavia può essere locale, senza conse­ somministrazione parenterale di caseinato di sodio.
guenze cliniche; oppure può essere diffuso, causando È stato osservato che la produzione di amiloide
seria morbilità ed anche mortalità. Uamiloidosi può dipende da più fattori: il tipo di stimolo infiamma­
essere primitiva, oppure associata ad altri stati mor­ torio ed il background genetico dell'ospite, che con­
bosi. Infine, come già riportato, la composizione pro­ diziona l'isotipo di SAA e la risposta macrofagica,
teica della sostanza amiloide è variabile. con possibile degradazione anomala della SAA.
Di conseguenza, esistono differenti forme clini­
che e biochimiche di amiloidosi, che possono esse­ 4. Amiloidosi eredo-familiare. Tipo AF (A-TTR), tipoAA
re classificate come segue: Si tratta di un gruppo di malattie, che sono state
classificate secondo le loro caratteristiche genetiche
X. Amiloidosi primaria. Tipo AL
ed in base agli organi o sistemi prevalentemente col­
Per definizione, non c'è associazione con stati mor­ piti. Vengono raggruppate nella "Polineuropatia
bosi pregressi o concomitanti. Le fibrille proteiche Amiloidosica Familiare", "Emorragia Cerebrale Ere­
Classificazione & 525

Fig. 3 a, b e c - Deposito similiumoraie


di amiloide-AL nella trachea (a), con la
tipica birifrangenza verde dopo colora­
zione con Rosso Congo (b). Ai margini
del deposito sono presenti plasmacellu-
le con secrezione monoclonale di cate­
ne leggere lambda (c).

ditaria con Amiloidosi", "Nefropatia Amiloidosica (TTR). Quest'ultima ha normalmente la struttura


Familiare" e "Cardiopatia Amiloidosica Familiare". quaternaria di un tetrametro e serve al trasporto
Ad eccezione della Febbre Mediterranea Fami­ dell'ormone tiroideo e del retinolo; per effetto di
liare, tutte le altre forme sono trasmesse come carat­ una mutazione il tetrametro perde la sua stabilità e
tere autosomico dominante. Nella maggior parte si scinde in monomeri che precipitano formando le
dei casi l'amiloide è costituita da una proteina pia­ fibrille di. amiloide. Sono state descritte più di 80
smatica del gruppo delle albumine, la transtiretina mutazioni, che danno luogo ad amiloidosi sistemi-
526 ss Amiloidosi

Poli neuropatia amiloidosica familiare


(FAP) "
È stata descritta in famiglie di differente origine geo­
grafica. L'amiloide è costituita da TTR con sostituzione
aminoacidica in posizione 30 (metionina ai posto della
va!ina: Val 30 Met). ! depositi interessano i nervi peri- :
ferici e la paréte dei vasi, oltre che altri distretti corpo- ;
rei. la FAP di tipo I è la più frequente; si manifesta,
intorno ai-30 anni ed ha prognosi infausta, con exitus
in 10-15 anni per severa neuropatìa con interessamen­
to del sistema nervoso autonomo, il tipo 11si manifesta
con malattia più lieve, associata a sindrome del tunnel
carpale e opacità del corpo vitreo. Il tipo III è simile a!
tipo I, dai quale si differenzia per l'interessamento
renale. Nei tipo IV i depositi interessano prevalente-
Fig. 4 - Linfoma B della zona marginale {tipo MALT) primitivo mente la cornea, i nervi cranici e la cute.
dèi colon. Nel sigma, in corrispondenza di alcuni diverticoli, l'in­
filtrato linfomatoso si associa a deposito similtumorale di amiioi-
de, con stravasi ematici (l'emorragia ha rappresentato l'esordio
clinico).
Emorragia cerebrale ereditaria
con amiloidosi
È stata descritta in Islanda o Danimarca. Nonostante le
somiglianze cliniche, la composizione biochimica dcl-
l'amiloide è diversa: cistatina C nella forma islandese e
(3-proteina in quella danese; entrambe le proteine sono
inibitori delie proteasi ed in entrambe le forme morbo­
se è stata documentata una mutazione puntiforme nei
geni che codificano per le rispettive proteine. E quindi
possibile che si abbia un meccanismo patogenetico
simile, li quadro clinico e morfologico è quello di foco­
lai multipli recidivanti di emorragia subdurale, sub-
aracnoidea ed intracerebraie, con evoluzione ter mM
le in demenza.

Cardiopatìa amilòidósica familiare


Comprende due diverse sindromi cliniche, il tipo I è
stato osservato in famiglie danesi. L'amiloide è costitui­
ta da TTR mutata (Leu I l i Mèt); Si ha una éardiomio-
pàtia restrittiva che conduce a scompènso cronico di
cuore; sonò anche possibili lesioni ischemiche del mio­
cardio per deposito di amiloide nelle arterie coronarie.
Il tipo II è stato descritto in pazienti di origine africana
residenti inAmerica. Si tratta di amiloidosi TTR Val 1.22
Fig. 5 - Linfoodenopatia mediastinica con le caratteristiche IsoLeu, con anomalie deila conduzione che spesso
della malattia di Castfeman di tipo misto. Nelle aree interfollico- richiedono trattamento con pacemaker.
lari è presente proliferazione plasmacellulare associata ad
abbondanti depositi eosinofilia costituiti da sostanza amiloide.

ca con sindromi cliniche diverse, per differente struttura primaria della proteina non presenta
localizzazione preferenziale dei depositi. mutazioni. Si ritiene die, nonostante l'elevata stabi­
lità del tetramero, ima minima dissociazione possa
5. Amiloidosi senile. Tipo A-TTR portare, in un arco temporale molto lungo, a depo­
Le fibrille di amiloide sono costituite da monomeri siti di amiloide evidenziabili nella maggior parte
della TTR; a differenza dell'amiloidosi familiare, la dei soggetti di età superiore ad 80 anni. Gli organi
Classificazione ® 527

ne normali o neoplastiche possono precipitare in


Nefropatia amiloidòsica familiare forma amiloidogenetica. Tale evento si osserva spes­
so nel carcinoma midollare della tiroide, dove lo stro­
Comprende/ olire a rare segnalazioni di amiloidosi- TTR ma amiloide contiene pre-calcitonina. Più raramente
con prevalente interessamento renale, la Febbre Medi­ si verifica nelle isole di Langherans di pazienti diabe­
terránea Familiare {FMF}.-Quest'uitima è trasmessa tici, negli adenomi ipofisari o in neoplasie endocrine
come carattere autosomico recessivo. E caratterizzata del pancreas (insulinoma, somatostatinoma: Fig. 6).
da episodi febbrili acuti accompagnati da polisierosite, Si tratta di amiloidosi localizzata, in cui i depo­
sinovite ed eritema; tali episodi risolvono apparente­ siti sono limitati al connettivo interstiziale della
mente senza sequele, finché non sì evidenziano i danni proliferazione endocrina, senza coinvolgimento
renali dell'amiloidos^pròteiriurìa/con evoluzione in sin­ sistemico e senza significato clinico. Il riscontro del-
drome nefrosica ed insufficienza renaie. Le fibrille pro­ l'amiloide ha importanza diagnostica.
teiche della FMF sono di tipo AA; i depositi sono sistè­
mici, :nella parete dei vasi; nei rene inoltre interessano 8. Amiloidosi cardiaca isolata. Tipo ANP
estesamente i glomeruli. La storia naturale della FMF Nei pazienti anziani o con cardiopatia cronica val­
viene modificata da! trattamento con colchicina, che volare, soprattutto se di sesso femminile, si osserva­
previene gli episodi febbrili ed il deposito di amiloide. no spesso depositi di sostanza amiloide a livello
della muscolatura atriale. Si tratta di una forma
localizzata di amiloidosi, che può contribuire all'in­
più frequentemente interessati sono l'aorta, il sorgenza di fibrillazione atriale, ma senza significa­
cuore, il polmone, la prostata, il pancreas e la vasco- tivo interessamento dei ventricoli e quindi non cor­
latura di vari altri organi. Raramente il deposito è relata a miocardiopatia restrittiva.
di entità tale da compromettere la funzionalità del­ I depositi, generalmente più abbondanti nell'a­
l'organo colpito. A differenza delle altre amiloidosi trio sinistro, interessano soprattutto il connettivo
sistemiche, scarsi sono i depositi renali e splenici. subendocardico, l'interstizio perisarcolemmatico e
la parete dei vasi intramiocardici (Fig. 7). Studi
6. Amiloidosi secondaria ad emodialisi. Tipo A/32-M ultrastrutturali hanno dimostrato la presenza delle
I pazienti con insufficienza renale cronica, ed in fibrille di amiloide anche nel citoplasma delle fibro-
trattamento emodialitico per più di 10 anni, hanno cellule muscolari, suggerendo che esse siano il
un elevato rischio di sviluppare una particolare luogo di sintesi del prodotto amiloidogenetico.
forma di amiloidosi. Le fibrille derivano da un pre­ Gli studi biochimici hanno dimostrato che l'ami-
cursore proteico di 11.800 Da, la (32-microglòbulina ioide è costituita dal "Pepti.de Natriuretico Atriale"
(P2-M), che viene normalmente filtrata dai glomeru- (ANP). Questa sostanza ormonale viene prodotta
li, riassorbita e catabolizzata dai tubuli renali. In dal miocardio e contribuisce all'omeostasi idro-elet-
corso di emodialisi la (32-M non viene filtrata dalle trolitica. La sua sintesi è aumentata in condizioni
membrane e la sua concentrazione sierica aumenta patologiche di sovraccarico emodinamico, fino a
fino a 60 volte; la sua affinità per il collagene deter­ concentrazioni che determinano la sua precipitazio­
mina accumulo nei tessuti dove viene scissa nella ne in forma di amiloide.
AfS2-M, che è la componente insolubile amiloidoge-
netica. La positività al Rosso Congo dei depositi di 9. Amiloidosi cerebrale. Tipo A fi, tipo A t
Ap2-M è abolita dal trattamento con K M n04. Nella malattia di Alzheimer il deposito di amiloide
L'amiloidosi A(32-M si localizza nei tessuti riveste un ruolo importante. Oltre ad una angiopa-
periarticolari, nell'osso, nelle articolazioni e nella tia amiloidotica, caratteristiche della malattia sono
cute. Le manifestazioni cliniche sono limitate all'ap­ le "Placche Senili" (SP) e le "Neurofibrillary Tan-
parato osteoarticolare e variano da episodi di artri­ gles" (NFT); entrambe dipendono dal deposito di
te acuta ad una progressiva distruzione articolare, un tipo particolare di sostanza amiloide.
con aspetto radiologico di cisti xuxta-articolari nei Le SP sono strutture di 20-200 (im composte in
punti di inserzione della capsula e dei tendini; que­ gran parte da un core amiloideo, oltre che da neu-
ste "cisti" sono aree di riassorbimento osseo colma­ riti degenerati, astrociti reattivi e microglia. L'ami-
te da collagene ed amiloide, e possono essere suffi­ ioide è costituita da proteina- p, che si differenzia
cientemente grandi da provocare fratture patologi­ da tutte le altre amiloidosi in quanto priva della
che; altre forme di presentazione clinica sono una componente P, e che deriva dalla proteolisi del
spondiloartropatia cervicale e la sindrome del tun­ "Precursore della Proteina dell'Amiloide"' (APP),
nel carpale. Per la prevenzione e la cura di questa un recettore transmembrana codificato da un gene
forma di amiloidosi sono state progettate speciali localizzato nel cromosoma 21. È interessante
membrane emodialitiche, ma il trapianto renale segnalare che nelle forme familiari di Alzheimer è
rimane l'unico trattamento efficace. presente una mutazione dell'APP. Altre strutture,
che verosimilmente rappresentano uno stadio ini­
7. Amiloidosi endocrina. Tipo APUD ziale delle SP, sono definite "placche primitive" o
Gli ormoni polipeptidici prodotti da cellule endocri- "placche diffuse"; in queste il core di amiloide non
528 Amiloidosi

Fig. 6 a, b e c - Somatostatinoma dell'ampolia duodenale. L'a-


spetto istologico è tipico, con strutture ghiandolari senza signi­
ficativa atipia nucleare, contenenti corpi psammomatosi.
Lo stroma contiene abbondante sostanza amorfa (a}, positiva
con il Rosso Congo (b). La reazione immunoistochimica con
siero anti-somatostatina (c) dimostra una forte positività cito­
plasmatica.
Classificazione ^ 529

è presente, o è dimostrabile solo con anticorpi anti- lentemente perivascolare, ma anche sottopiale e
proteina-p. subependimale.
La proteina-P è il costituente delTamiloidosi La sostanza amiloide è composta dalla proteina
cerebrale anche in altre malattie: sindrome di Down prionica (PrP), con una componente minoritaria di
(N.B.: trisomia 21), leucoencefalopatie, cervello proteina-P nei soggetti più anziani.
senile.
Le NFT sono strutture intracellulari che si osser­
vano prevalentemente nei neuroni piramidali della | Quadri d'organo
corteccia e nei neuroni dei nuclei della base. Sono e manifestazioni cliniche
congofile e al microscopio elettronico consistono di
fasci di filamenti appaiati ad elica. Ogni filamento Le manifestazioni cliniche dell'amiloidosi sono
ha uno spessore di 10-13 nm ed ha analogia antige­ variabili e dipendono dai distretti corporei colpiti.
nica con il citoscheletro del neurone, in particolare
con la proteina-x; quest'ultima ha la funzione di
promotore nell'assemblaggio della tubulina. Si è
Rene
visto che nell'Alzheimer la proteina-'t è abnorme­ Il rene è costantemente interessato nella amiloi-
mente fosforilata e ciò può essere responsabile della dosi-AA, ed in un terzo dei pazienti con amiloido-
sua conversione nei filamenti delle NFT. L'amiloide si-AL; quest'ultima può manifestarsi anche come
At è Tunico esempio di amiloidosi intracellulare. accumuli similtumorali nella pelvi, uretere o vesci­
Costituenti minori delle NFT sono APP, alluminio e ca. L'esordio clinico può essere di lieve proteinuria
ferro. o di franca sindrome nefrosica. Le lesioni non sono
reversibili e nel tempo portano ad insufficienza
10. Placche amiloidee nelle encefalopatie spongiformi. renale cronica e alla morte. La prognosi può essere
Tipo A-PrP migliorata con l'emodialisi od il trapianto renale.
Nella maggior parte delle malattie spongiformi, sia Una possibile complicanza è la trombosi della vena
dell'uomo che degli animali, si osservano placche renale.
di sostanza amiloide, strutturate con fibrille dispo­ Macroscopicamente il rene è ingrandito e palli­
ste radialmente e circondate da uno stretto alone di do. A livello microscopico l'interessamento glome-
processi astrocitari. La loro localizzazione è preva­ rulare è costante; i depositi iniziano nel mesangio e

Fig. 7 a e b - Paziente deceduto per scompenso cardiaco cronico congestizio. La colorazione con Rosso Congo evidenzia la pre­
senza di sostanza amiloide, con fa tìpica birifrangenza, a livello dell'atrio di sinistra, sia in sede interstiziale (a) che subendocar­
dica (b).
530 ^ Amiloidosi
Fegato
Nonostante l'interessamento epatico sia molto
frequente in corso di amiloidosi sistemica (sia AA
che AL), le alterazioni funzionali dell'organo sono
minime. La prognosi è tuttavia infausta per la con­
comitanza di gravi lesioni renali e cardiache.
Macroscopicamente il fegato è ingrandito, pal­
lido, a superficie liscia, di consistenza gommosa.
L'amiloide si deposita inizialmente nello spazio di
Disse, con progressivo accumulo che porta ad
atrofia degli epatociti (Fig. 9). Ci può essere una
disposizione zonale, con le aree perivenulari più
gravemente colpite.

Milza
La milza è frequentemente sede di depositi di
Fìq. 8 - Amiloidosi renale di modesta entità. 1 depositi, a pre­ sostanza amiloide. Caratteristicamente, non si ha
valente localizzazione mesangiale, si distinguono dal collagene leucopenia od anemia. Le forme splenomegaliche
della matrice e dalla membrana basale per la più debole PAS- possono complicarsi con rottura spontanea.
positività. L'aspetto macroscopico è variabile e classica-
mente si distinguono due quadri, a seconda che
vengano interessate prevalentemente la polpa bian­
tra l'endotelio e la membrana basale delle anse ca o la polpa rossa.
capillari (Fig. 8); successivamente, il lume capillare Nel primo caso il deposito è localizzato nei folli­
viene considerevolmente ristretto dall'amiloide, coli malpighiani, che spiccano come granirli vitrei
fino alla completa obsolescenza glomerulare. su una polpa rossa integra (milza a sagù, dal nome
Anche i tubuli e le diramazioni arteriolari sono di una farina malese granulosa). Il volume dell'or­
spesso interessati; nei casi associati a mieloma, sono gano è solo modicamente aumentato.
descritti cilindri tubulari costituiti da sostanza ami- NelTamiloidosi della polpa rossa la milza è più
ioide e circondati da reazione flogistica gigantocel- marcatamente megalica (300-600 gr), aumentata di
lulare. consistenza e di aspetto vitreo al taglio con aree

Fig. 9 a e b - Lesioni epatiche in corso di amiloidosi-AA. Evidenti depositi PAS-positivi delineano gli spazi di Disse (a). Il progres­
sivo accumulo dell'amiloide, che appare debolmente acidofiia in Ematossiiina/Eosina, provoca grave atrofia delle piastre epatoci-
tarie (b).
Quadri d'organo e manifestazioni cliniche - 531

giallastre alternate ad altre di colore roseo (milza a Sistema gastroenterico


prosciutto). Il deposito inizia a ridosso dell'endote-
lio dei seni venosi e successivamente coinvolge i I pazienti con amiloidosi accusano spesso sinto­
cordoni determinando progressiva riduzione della mi gastrointestinali/ che possono dipendere dall'in-
cellularità. teressamento diretto della parete, oppure da infil­
trazione dei nervi del sistema autonomo. Le mani­
festazioni cliniche più comuni includono ostruzio­
Cuore
ne, malassorbimento, diarrea, ulcerazione ed emor­
Il cuore è più frequentemente e severamente ragia; quest'ultima può essere severa ed originare
interessato nella amiloidosi primaria sistemica e nell'esofago, stomaco o colon, e dipende dal coin­
nella forma associata a mieloma o a linfomi (amiloi­ volgimento della parete dei vasi intramurali.
de AL). Nella amiloidosi AA (secondaria) i depositi Tutti i tratti del sistema gastroenterico possono
sono frequenti (40% circa dei casi), ma di modesta essere colpiti. L'interessamento della lingua è carat­
entità. Nella amiloidosi senile (amiloide TTR wild teristico della amiloidosi-AL, in particolare della
type)1la distribuzione dei depositi è simile a quella forma associata a mieloma, e comporta riduzione
della amiloidosi AL, ma di minore entità ed i sog­ della motilità, a volte macroglossia. L'interessamen­
getti sono spesso asintomatici. Le manifestazioni to del colon è comune nella maggior parte delle
cliniche dell'amiloidosi cardiaca familiare (amiloi­ forme di amiloidosi e la biopsia rettale viene usata
de TTR mutata) e della amiloidosi ANP sono state per la diagnosi di malattia: i depositi si riscontrano
già riportate. nel connettivo della lamina propria e nella parete
Le descrizioni dell'amiloidosi cardiaca si riferisco­ delle arteriole sottomucose (Fig. 10).
no in gran parte al tipo AL. H quadro clinico è carat­ Forme localizzate di amiloidosi-AL sono state
terizzato da scompenso congestizio e da aritmie; lo descritte in associazione a patologia linfoprolifera-
scompenso consegue a cardiomiopatia restrittiva; le tiva gastrointestinale, in particolare i linfomi gastri­
tecniche di imaging dimostrano un normale volume ci primitivi di tipo MALT, ma anche nel tenue e nel
delle camere ventricolari con pareti ispessite ed ipo­ colon (Fig. 4).
mobili. Un terzo dei pazienti sviluppa attacchi ische-
mici anginosi e raramente infarti.
Sistema nervoso
Macroscopicamente, il cuore è in genere solo
modicamente ingrandito, pesante, con pareti Sistema nervoso centrale (SNC)
muscolari rigide e dure. Anche l'endocardio è ispes­
La partecipazione del sistema nervoso centrale
sito, ed un aspetto granuloso conseguente a deposi­
ti focali può essere apprezzato, più spesso sulla (SNC) in corso di amiloidosi primaria sistemica
(AL) non è frequente, ma può essere massiva. I sin­
superficie dell'atrio di sinistra.
Istologicamente, il deposito di amiloide è intersti­ tomi più comuni sono depressione, disturbi della
ziale, con progressiva compressione ed atrofia delle funzione sessuale, alterazioni sensitive e motorie
fibrocellule miocardiche; il tessuto di conduzione è agli arti inferiori. I depositi coinvolgono vari
comunemente interessato. Anche la parete delle arte- distretti: le leptomeningi, la parete dei vasi intrace-
riole intramiocardiche è spesso sede di depositi; più rebrali (con atrofia granulare della corteccia nei ter­
raramente sono coinvolte le arterie coronarie. ritori di confine arterioso) e l'ependima, con massi­
va calcificazione dei plessi coriodei.
Tuttavia, l'amiloidosi del SNC è in genere isolata,
Cute cioè non associata ad una forma sistemica; la protei-
L'interessamento cutaneo è ima delle manifesta­ na-(3 è la componente fibrillare fondamentale. L'inte­
zioni più caratteristiche dell'amiloidosi-AL sistemi­ ressamento dei vasi ("angiopatia congofila") è forse
ca (amiloidosi primaria), verificandosi nel 50-60% il reperto istopatologico più caratteristico ed è comu­
dei casi. Le lesioni consistono di papule o placche ne a molte situazioni cliniche: lo si ritrova nella
ceree, usualmente raggruppate nelle pieghe ascella­ demenza senile di Alzheimer, nella forma vasculo-
ri, inguinali ed anale, nel viso e nel collo; in alcuni parenchimale (malattia di Alzheimer giovanile), nei
casi si verificano ecchimosi periorbitarie. soggetti anziani senza demenza, nelle encefalopatie
La cute è sede frequente di depositi anche in altre spongiformi, nella demenza pugilistica.
forme di amiloidosi: 40% dei casi di amiloidosi-AA L'angiopatia congofila è inoltre alla base di situa­
sistemica (secondaria), 11% dei pazienti con FAP zioni cliniche rare, potendosi associare ad estensiva
(polineuropatia amiloidosica familiare). L'interessa­ demielinizzazione o ad emorragie cerebrali (Fig. 11).
mento cutaneo può essere inapparente dal punto di Nel primo caso si ha un quadro clinico che ricorda
vista clinico, ma dimostrabile istologicamente. la sclerosi multipla, con demielinizzazione preva­
L'amiloidosi della cute va distinta dal "lichen lentemente sottocorticale e periventricolare. Si pos­
amyloidosus", una forma particolare di dermatite sono osservare anche SP e NFT, suggerendo una
lichenoide in cui il derma papillare è sede di masse- relazione con la malattia di Alzheimer. Per quanto
relle di derivazione cheratinica che assumono le riguarda la angiopatia congofila con emorragie cere­
caratteristiche tintoriali dell'amiloide. brali, oltre alle forme familiari già descritte (forma
532 Amiloidosi

Fig. 10 a e b - Biopsia rettale eseguita per fa conferma del sospetto clinico di amiloidosi. La parete delle arteriole sottomucose (frec­
cia) è ispessita da materiale omogeneo debolmente eosinofilo (a), che mostra il caratteristico dicroismo verde dopo colorazione con
Rosso Congo ed osservazione in luce polarizzata (b).

islandese: A-cistatina C; forma danese: A-proteina- localizzazione atipica dell'emorragia; oppure con
[3), esistono rari casi sporadici. Queste ultimi si pos- emorragie cerebrali recidivanti/ a volte scatenate da
sono presentare col quadro clinico dell'ictus, con traumi anche lievi o da manovre chirurgiche.

Fig. 11 a e b - Parenchima cerebrale limitrofo a lesione emorragica. La parete delle arteriole mostra un evidente ispessimento eosi-
nofilo (a), costituito da sostanza amiloide che reagisce intensamente con ¡1 siero per la (3-proteina (b).
Quadri d'organo e manifestazioni cliniche : 533

Molto rari sono anche i casi di accumuli simil- delle varie forme di amiloidosi.
tumorali (amiloidoma) del SNC; sono stati descrit­ Nei casi di forma sistemica, la diagnosi viene in
ti casi a sede intraventricolare, extracerebrale genere posta a malattia avanzata; l'età media dei
intracranica ed extramidollare spinale. La progno­ pazienti è di 60-70 anni, con una lieve prevalenza
si è buona dopo rimozione chirurgica. Si tratta di del sesso maschile.
A-AL, verosimilmente dovuta a sintesi locale di H sospetto clinico può essere accertato con la
immunoglobuline. dimostrazione istopatologica della sostanza amiloi­
de mediante biopsia della mucosa rettale o del cavo
Sistema nervoso periferico (SNP) orale, o con agoaspirato del tessuto adiposo sotto-
Oltre alla Polineuropatia amiloidosica familiare cutaneo dell'addome. Utile può essere il dosaggio
(FAP), già descritta, il sistema nervoso periferico, è sierico della componente P. Ove possibile, l'accerta­
coinvolto nel 15% circa dei casi di A-AL sistemica. mento può essere ottenuto con la biopsia dell'orga­
Il quadro clinico ricorda la FAP tipo I, con prevalen­ no clinicamente interessato (biopsia renale, epatica,
te interessamento degli arti inferiori. L'amiloide si miocardica).
deposita nei capillari dell'endonervio e nelle arte- Il danno causato dai depositi può consistere in
riole del peri- ed epinervio, con degenerazione atrofia parenchimale; o in manifestazioni ischemi-
assonale e riduzione del numero delle fibre. che per il coinvolgimento dei vasi; od ancora in
La sindrome del tunnel carpale può essere pro­ manifestazioni emorragiche, anch'esse dovute
vocata da varie forme di amiloidosi, in particolare
all'interessamento dei vasi e favorite dall'adsorbi­
AL e A(32-M.
mento del fattore X della coagulazione da parte del-
l'amiloide.
Articolazioni Dal momento dell'esordio clinico, la malattia
L'amiloide può interessare direttamente le struttu­ segue in genere un decorso progressivo, con una
re articolari con depositi nella membrana sinoviale e sopravvivenza di 1-4 anni. La principale causa di
nella cartilagine articolare. L'artrite che ne deriva può decesso è l'insufficienza renale; alquanto comune
simulare l'artrite reumatoide. La maggior parte di que­ è anche la morte improvvisa, verosimilmente lega­
sti pazienti ha amiloidosi-AL associata a mieloma. ta ad aritmie; più raramente si hanno emorragie
Le lesioni osteoarticolari conseguenti la |32-M digestive, o lo scompenso cronico di cuore.
amiloidosi sono state già descritte. Non esiste al momento attuale una terapia spe­
cifica ed efficace.
Sistema respiratorio
I seni paranasali, il laringe e la trachea possono
essere sede di accumuli nodulari di amiloide-AL, H Bibliografici essenziale
con sintomi ostruttivi. Cohen A.S.: Amyloidosis. In: Harrison's Principle of
II parenchima polmonare è spesso coinvolto Internal Medicine, 12th edition. Jean D. Wilson et al.
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nei bronchi e nei setti alveolari che determinano
Goteri G., Ranaldi R., Pileri S A ., Bearzi I.: Localized am y­
sintomi, anche importanti, nel 30% dei pazienti.
loidosis and gastrointestinal lymphoma: a rare asso­
Anche nell' amiloidosi-AA sistemica i depositi pol­
ciation. Histopathology 1998; 32: 348-55.
monari sono frequentemente riscontrabili, ma rara­
mente provocano sintomi. Suhr O.B., Hastrup Svendsen I., Andersson R., Daniels-
Sono stati descritti casi di accumuli similtumo- son A., H olm gren G., Ranlov P.J.: H ereditary
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con la rimozione chirurgica. spective. J Intern Med 2003 Sept; 254 (3): 225-35.

Matsutani H., Hoshii Y., Setoguchi M ., Kawano H.,


G hiandole endocrine Gondo T., Takahashi M., Yokota T., Ishihara T.: Vascu­
lar amyloid of unknown origin and senile transthyre­
Come già descritto, il riscontro di amiloide
tin amyloid in the lung and gastrointestinal tract of
APUD ha un valore diagnostico, per la corretta
old age: histological and immunohistochemical stu­
identificazione della neoplasia endocrina.
dies. Pathol Int 2001 May; 51 (5): 326-32.
Raramente, in corso di amiloidosi sistemica, si
possono verificare depositi massivi nelle ghiandole Looi L.M.: Isolated atrial amyloidosis: a clinicopathologic
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Nella descrizione dei quadri d'organo viene tral Nervous System. Academic Press, San Diego
accennato alle principali manifestazioni cliniche 1995; pp. 199-216.
Sarcoidosi
4.6 M. CMiosi

La sarcoidosi è malattia sistemica ad eziologia genericamente un aggregato nodulare di cellule


non nota, caratterizzata da lesioni tissutali granulo^ infiammatorie macrofagiche, associate a linfociti,
matose che possono coinvolgere diversi organi. spesso contenente cellule giganti (anche esse di
L'organo più colpito è il polmone (circa 90% dei natura macrofagica, formate da numerosi nuclei
pazienti), ed il torace (polmone e linfonodi media- compresi in un unico citoplasma). In alcuni granu­
stinici) è la sede più spesso e più precocemente inte­ lomi sono presenti plasmacellule, cellule dendriti­
ressata dal processo granulomatoso. Le sedi extra­ che e, più raramente, eosinofili. Nel soggetto- immu-
toraciche coinvolte più di frequente sono i linfono­ nocompetente, la reazione granulomatosa è conse­
di, la cute, il fegato, l'occhio, la milza, etc. Solo rara­ guenza di una stimolazione cronica per persistenza
mente quindi una biopsia linfonodale costituisce il di un microorganismo (ad esempio micobatteri) o
materiale diagnostico di una sarcoidosi. Nell'af- di materiale inorganico (silice, berillio, particelle di
frontare problemi dì diagnostica differenziale di carbone, etc.), oppure da cause sconosciute come
processi granulomatosi è peraltro comune il proble­ appunto nella sarcoidosi.Si ritiene, di conseguenza,
ma delle linfoadenomegalie di origina ignota. che il granuloma sia conseguenza di una reazione
P atogen esi d ella sarcoidosi. Il meccanismo patolo­ di ipersensibilità mediata da linfociti T a prevalen­
gico che provoca la malattia è verosimilmente mul- te pattern TH1. L'infiammazione granulomatosa è
tifattoriale, cioè prodotto dall'interazione tra l'espo­ quindi una risposta "fisiologica" all'infezione da
sizione ad imo stimolo antigenico non noto e la agenti microbici intracellulari o fungini. La forma­
suscettibilità genetica degli individui colpiti dalla zione (e l'efficienza) di una reazione granulomatosa
malattia. La recente individuazione delle basi mole­ dipende da un idoneo milieu di fattori solubili pro­
colari della suscettibilità alla berilliosi (una malattia dotti in situ da linfociti, macrofagi, cellule dendriti­
granulomatosa ad eziologia nota, l'inalazione di che e cellule natural-killer (NK). A conferma di que­
berillio, che mostra caratteri patogenetici sovrappo­ sto modello patogenetico sono noti numerosi dati
nibili alla sarcoidosi) fornisce un modello molto sperimentali ottenuti mediante induzione specifica
significativo, nel quale sono coinvolte particolari di deficit di fattori coinvolti nelle risposte immuni
forme di antigeni del complesso MHC e di TNF. In in topi knockout per importanti mediatori delle
particolare, nei pazienti con berilliosi si evidenzia risposte cellulo-mediate, come y-IFN. Assenza o
una maggiore frequenza della variante allelica del- anomalie della reazione granulomatosa si osserva­
l'antigene leucocitario HLA-DPGlu69, una forma no anche nell'uomo in alcune immunodeficienze
particolarmente efficace nel legare il berillio e "pre­ primarie o acquisite (deficit di y-IFN, deficit di
sentarlo" ai linfociti T. La patogenesi della sarcoido­ recettori per IL-2, infezione con il virus HIV).
si è incentrata su un processo di ipersensibilità che Il granuloma è il prodotto tipico dell'ipersensi­
vede nelle fasi precoci l'attivazione di linfociti T bilità cellulo-mediata e può localizzarsi in ogni sede
CD4+ che si accumulano nelle sedi coinvolte (in interessata dal processo flogistico (non solo a livel­
particolare l'interstizio polmonare-alveolite linfoci­ lo linfonodale), cioè nelle sedi dove la stimolazione
taria). Gli studi sul lavaggio broncoalveolare hanno ripetuta dei linfociti T induca reclutamento e attiva­
confermato questo modello, rilevando un eccesso zione dei monociti circolanti, trasformandoli in
significativo di linfociti nel polmone con linfocito- macrofagi con le caratteristiche morfologiche della
penia relativa nel sangue periferico. cellula epitelioide. I macrofagi attivati producono e
La sarcoidosi è malattia cronica in cui un persi­ secernono una serie di citochine capaci di reclutare
stente stimolo di natura ignota è capace di stimola­ ed attivare a loro volta i linfociti, perpetuando e svi­
re le risposte immunitarie di tipo ritardato o cellu- luppando la reazione immune. La funzione del gra­
lo-mediate (ipersensibilità di tipo IV). Il risultato nuloma, nei tessuti colpiti da infezione, è quella di
della stimolazione è l'accumulo di linfociti T CD4+ "isolare" l'agente microbico permettendo ai macro­
e di macrofagi attivati e trasformati in cellule fagi, stimolati dai linfociti, di eliminarlo, attivando,
macrofagiche, caratterizzate da morfologia "epite- contemporaneamente, una reazione immune pro­
lioide". La lesione elementare della sarcoidosi, che tettiva. Se l'agente estraneo non viene eliminato
costituisce anche il marcatore morfologico fonda- completamente il granuloma persiste.
mentale per la diagnosi, è il granuloma sarcoideo. Nel granuloma sarcoideo, in cui non è dimo­
Con il termine granulom a ep itelioid e si intende strabile la persistenza di un microorganismo, la rea­
536 Sarcoidosi
zione è apparentemente mantenuta da un'anomalia teliali. Le cellule epitelioidi, di ampie dimensioni,
del cross-talking tra linfociti e macrofagi (reazione poligonali e caratterizzate da nucleo eccentrico e
di iper-sensibilità), ed il processo infiammatorio reniforme, con cromatina fine e pallida, hanno cito­
può progredire causando danni, anche irreversibili, plasma ampio ed eosinofilo; la membrana cellulare
nei tessuti ed organi coinvolti dal processo granulo- è ben evidente. Sono caratterizzate da eterogeneità
matoso. La gravità della malattia dipende da più di espressione di diverse molecole, conseguenza
fattori, tra cui rilevante è la sede colpita (ad es. il presumibile di un gradiente maturativo-funzionale.
tessuto nervoso o il muscolo cardiaco), nonché la In alcuni granulomi sono presenti cellule giganti,
possibilità, spontanea o mediata dall'intervento far­ definite cellule di Langhans, caratterizzate dalla
macologico opportuno, di contrastare l'estensione presenza di numerosi nuclei disposti alla periferia
dell'infiammazione, e della sua evoluzione fibrosa, della cellula. All'interno di alcune cellule giganti si
in organi bersaglio di grande rilievo qual è il pol­ possono riconoscere strutture morfologicamente
mone. distintive, i corpi asteroidi formati da aggregati di
filamenti intermedi e di microtubuli; i corpi di
C aratteri m orfolog ici. Il granuloma sarcoideo è un Schauinan costituiti da strutture laminari calcifiche
aggregato compatto ed organizzato di macrofagi, a di probabile natura lisosomiale, corpi che peraltro
prevalente fisionomia "epitelioide", che somiglia non costituiscono elementi utili per la diagnosi dif­
cioè ad un ammasso in genere piccolo di cellule epi­ ferenziale.

Fig, 1 - Linfadenite granuiomatosa sarcoidea. La struttura linfonodo le è sovvertita per la presenza di numerosi granulomi epite­
lioidi non necrotizzanti (la, b). I granulomi si presentano come aggregati, compatti ed organizzati, di cellule macrofagiche. aven­
ti dimensioni ampie e caratterizzate da nucleo reniforme eccentrico, con cromatina fine e pallida. Il citoplasma è ampio, poligona­
le ed eosinofilo, con membrana ben evidente. Sono presenti cellule giganti plurinucleate con le caratteristiche della cellula cff Lan­
ghans (le), e con calcificazione tipo corpi di Schauman (ld, freccia).
Sarcoidosi > 537

A differenza del granuloma che si osserva nella raggruppano formando in progressione un abboz­
infezione tubercolare, il granuloma sarcoideo non è zo del granuloma che in seguito aumenta le sue
"necrotizzante". Nella zona centrale di alcuni gra­ dimensioni. Il granuloma sarcoideo è considerato
nulomi sarcoidei si possono riconoscere piccoli essere struttura ad elevato turn-over (rispetto al gra­
gruppi di cellule in apoptosi, caratterizzati da nuloma da corpo estraneo) e la sua persistenza
nucleo pidiotico, talvolta con equivalenti minimi di dipende dal continuo afflusso di elementi macrofa-
necrosi "fibrinosa". Questo reperto è ben distingui­ gici dal midollo osseo, e quindi dalla persistenza
bile dalla tipica ed estesa necrosi di tipo "caseoso" dello stimolo. In effetti, nel granuloma sarcoideo è
osservabile nel granuloma tubercolare o dalla possibile documentare la presenza di una discreta
necrosi microascessuale caratteristica della linfade- attività proliferativa, in prevalenza di linfociti T. La
nite da graffio di gatto. L'analisi immunoistologìca persistenza del granuloma sarcoideo è attribuita
dimostra che le cellule in apoptosi son linfociti T. anche ad una riduzione dei fenomeni apoptotici,
Nella genesi del granuloma sarcoideo, rìcostrui- correiabile alla peculiare espressione di molecole
bile mediante analisi di morfologia molecolare, ele­ regolatrici del ciclo cellulare (p27kipl, p21wafl,
menti di recente afflusso dal sangue periferico, etc.).
caratterizzati da fenotipo corrispondente a quello Nel linfonodo, i granulomi si localizzano
del macrofago "giovane" e simile a quello del soprattutto nelle aree T-dipendenti (c.d. aree para­
monocito circolante (CD68+, CD16+, Mac387+), si corticali o interfollicolari), distretti in cui i trovano

Fig. 2 - Linfadenite granulomatosa sarcoidea, apoptosi e necrosi, in alcun! granulomi sarcoidei si riconoscono piccole aree di
necrosi fibrinoide (a, b} e piccoli gruppi di linfociti T CD3+ caratterizzati da nucleo picnotìco ed aspetti riconducibili ad apoptosi
(c, d, freccia), aspetti da non confondre con l'estesa necrosi caseosa della linfadenite tubercolare o con quelli microascessuali della
linfadenite da graffio di gatto.
538 & Sarcoidosi

Fig. 3 - Linfadenite granulomatosa sarcoidea, analisi immunofenotipìca della componente macrofagica. Il granuloma è formato
da cellule macrofagiche CD68+ {a). Nelle fasi precoci il granuloma si forma per progressiva apposizione di cellule macrofagiche
"giovani" di derivazione ematica (monociti), come suggerito dall'intensa espressione deil'antigene Mac387 (b). Le cellule giganti
dimostrano un fenotipo in parte differente dalle cellule epitelioidi, come dimostrato dalla scarsa espressione di CD1 6 (c), e dalla
intensa espressione della cnemochina MDC (d). Diversi elementi macrofagichi esprimono nel nucleo l'inibitore del ciclo cellulare
p21wafl (e). All'interno del granuloma si evidenziano cellule dendritiche interdigitate [anfigen-presenting cells) evidenziate dall'in­
tensa espressione della proteina SI 00 (f).
Sarcoidosi il 539

Fig. 4 - Linfadenite granulomatosa sarcoidea, analisi immunofenotipica delia componente linfocitaria. Ai granulomi sarcoidei (a)
sono associati numerosi linfociti a fenotipo T come evidenziato dall'espressione di CD3 (b). 1linfociti sono caratterizzati da espres­
sione prevalente di CD4 (c), ma sono presenti in discreto numero ancne linfociti CD8+ (dj. i linfociti B CD20+ sono numerosi, ma
raccolti prevalentemente in follicoli linfatici collocati esternamente al granuloma; sono caratterizzati da modesta reazione centro-
follicolare (e). All'interno dei granulomi sono presenti diverse cellule ki67+ in proliferazione (f).
540 ■' Sarcoidosi
le venule ad endotelio alto, le cellule dendritiche no del granuloma sono presenti anche linfociti T a
interdigitate (queste ultime riconoscibili per l'inten­ fenotipo citotossico (CD8+) (Fig. 4). Nelle reazioni
sa espressione della proteina S100 e delle molecole granulomatose della sarcoidosi è stato dimostrato il
HLA di classe II, e che costituiscono il focus inizia­ coinvolgimento di diverse chemochine tra cui
le delle risposte cellulo-mediate proprio per la loro RANTES, una chemochina del gruppo CC capace
elevata efficienza come cellule antigen-presenting). di reclutare ed attivare specifiche sottopopolazioni
I linfociti T costituiscono l'elemento cruciale linfocitarie e IP-10, (IFN-Inducible Protein 10), una
della risposta di ipersensibilità osservata nella sar­ chemochina CXC prodotta in situ dai macrofagi sti­
coidosi. I linfociti T presenti nelle sedi coinvolte molati con y-IFN la quale svolge azione chemotatti-
sono prevalentemente a fenotipo helper CD4+, ed ca per i linfociti T attivati da IL-2. Questi, nella sar­
esprimono recettori antigenici che utilizzano un coidosi, esprimono il recettore CXCR3. Una elevata
numero ristretto di regioni variabili del T-cell recep­ espressione della chemochina MDC (Macrophage-
tor (oligoclonalità). L'incremento dei linfociti CD4+ Derived Chemochine) è propria delle cellule giganti.
nelle sedi di attività della malattia è conseguenza La reazione immunitaria che si osserva nella sar­
dell'afflusso dalla periferia èd anche da prolifera­ coidosi è inquadrabile come risposta di tipo TH1,
zione locale. È da sottolineare peraltro che all'inter­ attiva sin dalle prime fasi della malattia. Infatti è

Fig. 5 - Sarcoidosi: Diagnosi differenziale. Linfadenite da graffio di gatto. In questa linfadenite, provocata dall'infezione da Bar­
tonella henselae il (granuloma è spesso caratterizzato da ampie zone di necrosi centrale (a), assenti nel granuloma sarcoideo, e che
vanno distinte ancne da quelle della necrosi caseosa del granuloma tubercolare. Nel granuloma da graffio di gatto sono presenti
raccolte di aranulociti neutrofiii (microascessi) evidenziabili morfologicamente o grazie all'espressione ai mieloperossidasi (b, c frec­
cia). Le cellule epitelioidi e le cellule giganti non esprimono mieloperossidasi (c). Il granuloma è spesso associato alla componente
follicolare B, ed all'interno del granuloma sono presenti numerosi elementi linfoidi caratteristici con fenotipo B CD20+ (d). Questi
elementi possono essere utili per risolvere casi di con morfologia ambigua.
Sarcoidosi s 541

possibile dimostrare come i linfociti T associati ai la produzione di y-IFN, ma è anche idonea per atti­
granulomi epitelioidi siano capaci di secernere vare le risposte di tipo citotossico. Meccanismo
spontaneamente y-IFN, interleuchina-2 ed altre questo protettivo, in quanto in carenza di y-IFN o
citochine. Nelle prime fasi della formazione del gra­ IL-12, come dimostrato da studi sperimentali con
nuloma la produzione di y-IFN è a carico di cellule topi knockout, i granulomi non si sviluppano più,
NK, cellule che vengono progressivamente sostitui­ compromettendo le risposte efficaci contro i mico-
te dai linfociti CD4+. Il microambiente in cui si svi­ b atteri e favorendo l'evoluzione ulteriore della
luppa il granuloma è ancora caratterizzato dalla malattia con incremento della mortalità.
presenza di interleuchina-12, capace di stimolare la I macrofagi del granuloma possiedono la capaci­
produzione di y-IFN, di interleukina-18 e di inter- tà di produrre altre i citochine importanti come il
leukina-15. Questa citochina è prodotta dai macro­ Tumor-Necrosis-Factor (TNF) e IL-1: una citochina
fagi ed è capace di inibire l7apoptosi dei linfoci T TH1 con diverse funzioni, tra cui quella che stimo­
attivati e di perpetuare la risposta TH1, inducendo la l'adesione cellulare. L'aumentata coesività delle
così l'accumulo di chemochine capaci di reclutare cellule macrofagiche è, con ogni evidenza, necessa­
linfociti T. La IL-12, prodotta in prevalenza dalle ria per la formazione di noduli compatti mediante
cellule che presentano l'antigene (cellule dendriti­ l'espressione di molecole di adesione cellulare (ad
che), è fattore determinante per lo sviluppo di una esempio ICAM). Inoltre TNF attiva i macrofagi,
reazione con pattern TH1. Questa citochina stimola inducendo così batterìostasi e batteriolisi, nonché

Fig. 6 - Sarcoidosi: Diagnosi differenziale. Una intensa reazione granulomatosa si può osservare in diverse patologie linfonodali

a) sparse all'inferno di una massiccia reazione granulomatosa (macrofagi CD68+, b}. (c-d). In questa neoformazione mediastica
la reazione granulomatosa mascherava un seminoma, evidenziato invece dall'intensa espressione di CD117 nelle cellule neopla­
stiche peraltro mal riconoscibili per artefatti da schiacciamento (d, freccia).
542 Sarcoidosi
fenomeni apoptotici, che hanno rilievo significativo
per l'evoluzione e per la guarigione del processo
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granulomatoso. Agostini C., Cassatella M., Zambello R., Trentin L.,
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granulomatose molto simili, o identiche al granulo­
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rizzate da ipersensibilità di tipo cellulo-mediato. sarcoid inflammation. Microsc Res Tech. 2001; 53(4):
Tra queste vanno menzionate le malattie infettive 278-87.
come la tubercolosi (in particolare nelle lesioni pre­
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nella; in particolare la Bartonella henselae, preceden­
Chilosi M., Menestrina Fv Capelli P., Montagna L., Lesta-
temente nota come Rochalimaea henselae. Questa lin­
rd M., Pizzolo G., Cipriani A., Agostini C., Trentin L.,
fadenite è caratterizzata da granulomi epitelioidi
Zambello R., et al.: Immunohistochemical analysis of
simili a quelli della sarcoidosi, ma contenenti al loro sarcoid granulomas. Evaluation of KÍ67+ and inter­
interno delle formazioni microascessuali e coinvol­ ]
leukin-1 + cells. Am Pathol. 1988; 131(2): 191-8.
gimento dei linfociti B (Fig. 5). Lesioni granuloma-
tose sono reperto caratteristico anche di malattie Facchetti F., Agostini C., Chilosi M., Mombello A., Grigo-
lato P., Van den Oord J.J.: Suppurative granulomatous
infiammatorie croniche come il morbo di Crohn, e
lymphadenitis. Immunohistochemical evidence for a
di malattie da ipersensibilità a sostanze inorganiche B-cell-associated granuloma. Am I Surg Pathol. 1992;
come la berilliosi ed di alcune vasculiti. Granulomi 16(10): 955-61.
epitelioidi si riscontrano con relativa frequenza nel
linfoma di Hodgkin, in alcuni linfomi T (Fig. 6), e Grünewald J., Eklund A., Olerup O.: Human leukocyte
talvolta anche in linfonodi che drenano lesioni neo­ antigen class I alleles and the disease course in sarcoi­
dosis patients. Am J Respir Crit Care Med. 2004;
plastiche. Nel seminoma si associa spesso una rea­
169(6): 696-702.
zione granulomatosa epitelioide che può porre pro­
blemi di diagnosi differenziale nelle localizzazioni Romagnani S.: T-cell subsets (Thl versus Th2). Ann
mediastiniche (Fig. 6). Allergy Asthma Immunol. 2000; 85(1): 9-18; quiz 18,21.
Sarcoidosis and other granulomatous disorders. D.G.
lam es editor, Lung Biology in health and disease.
Nota Marcel Dekker, 1994; vol. 73: pp. 153-179.
Su campiane bioptico per .sospetta sarcoidosi al Semenzato G., Pezzutto A., Chilosi M., Pizzolo G.: Redistri­
patologo nenerichiestodìconfemtare o di escludere '. bution of T lymphocytes in the lymph nodes of patients
il sospetto,.stabilendo se nella lesio?le siano presenti.o with sarcoidosis. N Engl I Med 1982; 306:48-49.
rhemitìpii:i gràniilomi. In. assenza di un quadro cli- Semenzato G-, Chilosi M., Ossi E., Trentin L v Pizzolo G.,
nico-radiokigico suggestivo .di sarcoidosi, la dimostra- Cipriani A., Agostini C , Zambello R., Marcer G.,
zione di gnmuhmi èpifèììoidi non consente difornire Gasparotto G.: Bronchoalveolar lavage and lung
.una dicignosi. di certezza perché, conìe prccedcntemen- histology. Comparative analysis of inflammatory and
le specificaio, sono diverse lecondizioni da considera ■ immunocompetent cells in patients with sarcoidosis
re nella diaghosidifferènziale. È comunqne c sempre and hypersensitivity pneumonitis. Am Rev Respir
:: .Vt i r 1/ i/
■-1 44m&cnin&
1ppUìilC'■yULllliU &•\
fij-vrìll-o //vYwf
LiJifi i-iIh.h/ìlni.
I-I/''■•
-■
■ Dis. 1985; 132(2): 40Q-4.
razione di ZièHl-Nèelsmjjer i tuia)batteri) ed anche Xaus F, Besalduch N., Comalada M., Marcoval J.,
Pujol
un esame molecolare.mediante JGì< (polumcra<e . R., Mana J., Celada A.: High expression of p21 W afl in
cliain re&ctioh) per évidèiiziàre ó esc'luderé. con eleva­ sarcoid granulomas: a putative role for long-lasting
ta sensibili tà, la.presenza di acidi la de ici del mico- inflammation. J Leukoc Biol. 2003; 74(2): 295-301.
batterio o di altri agenti microbici. Sito web: http://www.pinali.unipd.it/sarcoid/
Fibrosi
4.7 retroperitoneale
M. Chilosi

La fibrosi retroperitoneale è una malattia rara fanno di questa struttura la sede principale degli
(incidenza di 1 caso su 200.000), caratterizzata- da eventi immunopatologici, A supporto di questa
infiammazione cronica del retroperitoneo. Il pro­ ipotesi patogenetica sta il riscontro di anticorpi
gredire del rimodellamento tissutale porta a gravi diretti contro lipoproteine ossidate nel siero dei
disfunzioni da compressione e distorsione a carico pazienti, nonché i caratteri istologici ed immunofe-
degli ureteri e dei vasi che in quella sede decorrono. notipici del tessuto infiammatorio che caratterizza
Nella maggior parte dei casi (>70%) la malattia è il processo fibrosante. La malattia di Ormond rien­
idiopatica. La classificazione delle fibrosi retroperi­ trerebbe quindi neirambito della patologia legata
toneali include anche forme non-idiopatiche (che in all'infiammazione cronica dell'aorta (periaortite
gran parte possono essere considerate evoluzione cronica, aneurisma infiammatorio, fibrosi retroperi­
di processi flogistici a carico dell'aorta addominale, toneale idiopatica, fibrosi mediastinica idiopatica),
vedi di seguito), forme associate ad ipersensibilità a anche se non è sempre possibile documentare con
farmaci derivati delTergotamina, forme associate a certezza il coinvolgimento vascolare. In effetti, il
malattie autoimmuni, forme multifocali, in cui la tipo di infiltrato infiammatorio che caratterizza la
fibrosi retroperitoneale è associata a processi analo­ periaortite cronica è identico a quello osservato
ghi a livello del mediastino, della tiroide, delle orbi­ nelle fasi iniziali della fibrosi retroperitoneale idio­
te, e più raramente alcune malattìe infettive. patica. Nella periaortite cronica l'avventizia è note­
La definizione, che è descrittiva,, della malattia volmente ispessita ed edematosa. L'infiltrato
di Ormond, fibrosi retroperitoneale idiopatica, infiammatorio è denso e costituito da linfociti, pla-
resta tuttora in uso anche se una vasta serie di smacellule, macrofagi e rari granulociti. In queste
osservazioni cliniche, istopatologiche ed immu- lesioni le analisi immunofenotipiche hanno potuto
noistologiche hanno potuto chiarire recentemente caratterizzare in dettaglio la distribuzione dell'infil­
aspetti rilevanti della sua patogenesi. Nei casi tipi­ trato flogistico. In sintesi, è possibile ipotizzare per
ci il quadro anatomopatologico è quello di un pro­ la malattia di Ormond una sequenza patogenetica
cesso infiammatorio cronico caratterizzato da este­ in cui il processo flogistico si sviluppa partendo da
si fenomeni di fibrosi che coinvolge il retroperito­ una fase ateromasica che coinvolge l'aorta addomi­
neo a partire dalla linea mediana. Il progressivo nale provocando la sensibilizzazione contro sostan­
incremento della sclerosi finisce per coinvolgere ze anomale prodotte a livello della placca. Il proces­
gli ureteri fino alla loro ostruzione. L'evoluzione so si estende quindi dall'intima verso l'avventizia
del processo di retrazione del tessuto fibroso causa mutando carattere (da reazione immune cellulo-
il progressivo spostamento degli ureteri verso la mediata a reazione complessa con sovrapposizione
linea mediana, evento ritenuto caratteristico della di una risposta di tipo "umorale"). Le sostanze anti­
malattia. geniche prodotte a livello dell'intima vascolare pos­
sono raggiungere le zone awentiziali attraverso la
parete vascolare alterata ed assottigliata. In questa
| Patogenesi sede, riccamente vascolarizzata, avverrebbe il pro­
La natura infiammatoria della malattia di cesso di riconoscimento "secondario" degli antige­
Ormond sembra oggi strettamente connessa/alme­ ni con afflusso di linfociti e macrofagi, reazione fol­
no in una parte rilevante dei casi, alla aterosclerosi licolare, produzione di anticorpi, e fibrogenesi pro­
dell'aorta addominale. Molti sono i dati a sostegno gressiva presumibilmente determinata da incre­
di un modello patogenetico in cui il processo flogi­ mento di produzione locale di fattori fibrogenetici.
stico e la conseguente fibrosi sarebbero causati da
fenomeni di ipersensibilità verso sostanze antigeni­
che prodotte o presenti nella placca ateromasica
[H Diagnosi differenziale
(ceroide, lipoproteine ossidate). Questi antigeni, Il ruolo del patologo nella definizione diagnostica
progressivamente liberati a livello dell'avventizia, della fibrosi retroperitoneale idiopatica è importante,
544 ¡ Fibrosi retroperitoneale
anche se il quadro istomorfologico della lesione,
scarsamente specifico, può attualmente giustificare il
ricorso a metodi di diagnosi non invasive. H processo
diagnostico si basa sulla caratterizzazione del tessuto
neoformato ed in particolare del tipo di infiltrato
infiammatorio le cui caratteristiche debbono corri­
spondere al quadro istopatologico che caratterizza la
malattia di Ormond (follicoli linfatici, infiltrato linfo-
macrofagico, plasmacellule, fibrosi).
Anche se l'incidenza di neoplasie retroperitonea­
li che entrano in diagnosi differenziale con la malat­
tia di Ormond è molto modesta, l'analisi istopatolo-
gica deve escludere che la fibrosi retroperitoneale
sia dovuta ad un processo neoplastico maligno (pri­
mitivo o metastatico) accompagnato da infiamma­
zione cronica e/o sclerosi. I linfomi non-Hodgkin
diagnosticati in sede retroperitoneale sono il più
delle volte di origine centrofollicolare spesso asso­
ciati ad estesi fenomeni di sclerosi. L'eventuale pro­
blema diagnostico posto da questi linfomi può esse­
re facilmente risolto mediante analisi di clonalità
utilizzando la PCR o metodiche inmiuno
che. Anche il linfoma di Hodgkin (specie la variante
scleronodulare) può essere preso in considerazione
in questo ambito di diagnosi differenziale.
Più raramente un processo fibrosante può
accompagnare localizzazioni secondarie di carcino­ Fig. 2 - Ampia componente linfoide T evidenziata dall'espres­
ma (ad esempio il carcinoma gastrico scirroso). In sione di recettore CD3.
via teorica andrebbero considerate nella diagnosi
differenziale anche alcune neoplasie mesenchimali

Fig. 1 - Fibrosi retroperitoneale (E&E). Il tessuto neoformato è Fig. 3 - L'actina-muscolo-iiscio specifica evidenzia la compo­
costituito da una popolazione cellulare molto eterogenea, com­ nente fibroblastica contrattile (miofibroblasti).
prendente numerose plasmacellule, follicoli linfatici, macrofagi,
fibroblasti e neo-vascolarizzazione.
Bibliografia essenziale - 545

con ampia componente fibrosa (fibromatosi, tumo­ Graham J.R., Suby H.I., LeCompte P.R., Sadowsky N.L.:
re fibroso solitario) o associate a fenomeni infiam­ Fibrotic disorders associated with methysergide the­
matori (liposarcoma ben differenziato infiammato- }
rapy for headache. N E n g l Med 274:359-368,1966.
rio, fibrosarcoma infiammatorio). Ormond J.K.: Bilateral ureteral obstruction due to enve­
lopment and compression by an inflammatory retro­
}
peritoneal process. Urol 59:1072,1948.
| Bibliografia essenziale Parum s’D.V., Brown D.L., Mitchinson M.J.: Serum antibo­
Comings D .EV Skubi K.B., van Eyes }.,
Motulsky A.G.: dies to oxidized low-density lipoprotein and ceroid in
Familial multifocal fibrosclerosis. Findings sugge­ chronic periaortitis. Arch Pathol Lab M ed 114:383-387,
sting that retroperitoneal fibrosis, mediastinal-fibro­ 1990.
sis, sclerosing cholangitis, Riedel's thyroiditis, and Ramshaw A.L., Roskell D.E., Parums D.V.: Cytokine
pseudo-tumor of the orbit m ay be different manife­ expression in aortic adventitial inflammation associa­
stations of a single disease. Ann Intern Med 66:884- ted with advanced atherosclerosis (chronic periaorti­
892,1967. tis). I Clin Pathol 47:721-727,1994.
Allotrapianto
4.8 di organi solidi
M. Rugge, G. Pennelli, M. Guido

minimizzate le informazioni considerate specialisti-


U Introduzione che. Le tabelle di score della reazione di rigetto, ad
È definito allotrapianto (AT) il trasferimento in esempio, sono una versione semplificata di quanto
un ricevente di un organo prelevato da donatore proposto dalla letteratura e sono riportate al solo
della stessa specie. Dagli inizi degli anni '60, l'intro­ scopo di esemplificare i criteri ed il "vocabolario"
duzione di farmaci immunosoppressivi (ancor più della refertazione anatomo-patologica nel monito-
del perfezionamento delle tecniche chirurgiche) ha raggio del trapianto.
mutato la storia deirallotrapianto. Nella esperienza
corrente, ad un anno dall'intervento chirurgico, gli
insuccessi dell'allotrapianto di cuore, fegato e di | Il patologo nella attività
rene sono inferiori al 15%. In Italia, l'AT è stato auto­
rizzato dal Ministero competente nel 1985 e, a venti
trapiantologica
anni di distanza, è uscito dalla fase pionieristica per Le competenze richieste al patologo coinvolto in
divenire ima pratica terapeutica corrente (Fig. 1). Se attività trapiantologiche ne configurano una figura
è vero che la attività trapiantologica è concentrata in professionale peculiare per percorso formativo e
un numero limitato di centri di alta specializzazio­ collocazione operativa. La matrice culturale e la
ne, è altrettanto vero che la trapiantologia ha un professionalità richieste sono quelle proprie di un
"indotto" organizzativo che coinvolge estesamente anatomo-patologo con competenze di surgical
il sistema sanitario nazionale (informazioni sulla pathology, di istopatologia bioptica e di pratica
attività trapiantologica in Italia sono disponibili al autoptica. Tali esperienze costituiscono pre-requisi-
sito: http : / /www.ministerosalute.it/trapianti /tra- to irrinunciabile per due competenze specialistiche:
piantLjsp). H reperimento di organi, le procedure a) pratica elettiva nella diagnostica anatomo-pato-
che ne valutano la adeguatezza/sicurezza ai fini tra­ logica dell'organo specifico, anche al di fuori del
piantologici, le terapie ed il follow-up del portatore di contesto trapiantologico, b) specifica esperienza
AT spesso si realizzano al di fuori dei centri specia­ nella patologia conseguente/associata al trapianto.
listici e possono costituire motivo di coinvolgimen­ I compiti del patologo nel team trapiantologico
to professionale "occasionale" di medici non esclu­ riguardano sia la fase pre-trapianto [diagnosi della
sivamente coinvolti nella pratica trapiantologica. malattia che costituisce indicazione al trapianto
La anatomia patologica ha un ruolo suo proprio (per ciò si rimanda ai capitoli relativi); valutazione
nella trapiantologia. A tale specificità farà riferi­ dell'idoneità del donatore; valutazione dell'idonei­
mento questo capitolo, che pertanto non considere­ tà dell'organo da trapiantare sia il follozv-up post­
rà i problemi attinenti Timmunobiologia del tra­ trapianto.
pianto.
Obiettivo didattico di questo capitolo è fare Inidoneità del donatore e dell'organo
acquisire allo studente le conoscenze di base sui
(sicurezza nell'ailotrapianto)
temi di pertinenza anatomo-patologica connessi
all'AT di organi solidi. Coerentemente con tale Uno dei rischi connessi al trapianto d'organo è
obiettivo, saranno trattati nelTordine: a) il ruolo e le quello di veicolare al ricevente una patologia (neo­
competenze professionali del patologo nella pratica plastica o infettiva) del donatore. In considerazione
delTallotrapianto; b) le specificità anatomo-patolo- della sempre maggiore richiesta di organi (e quindi
giche del trapianto di rene, fegato, cuore, polmoni, della necessità di reclutare un crescente numero di
pancreas e intestino. donatori), sono state proposte specifiche linee
La materia trattata è per molti aspetti "periferi­ guida per minimizzare il rischio (comunque sem­
ca" rispetto alla struttura portante del core curricu­ pre presente) di trasmissione di malattia.
lum dei Corsi di Medicina & Chirurgia; tenuto La valutazione di idoneità del donatore prende
conto delle priorità curriculari, sono state omesse o in considerazione:
548 ? Allotrapianto di organi solidi
TR A P IA N TI IN ITALIA: A N NI 1994-2004
DATI DEFINITIVI REPORT CIR (http://www.ministerosaiute.it)
3500

3000

2500

2000

1500

1000

500

0
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

TR A P IA N TI IN ITALIA: ANNI 1994-2004


DATI DEFINITIVI REPORT CiR (http://www.ministerosalute.it)
1800

1600

1400

1200

1000
800

600

400

200

0
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004

□Rene 0 Fegato 0 Cuore 0 Polmone 0 Pancreas


Fig. 1 - Trapianti d'organo in Italia tra il 1994 ed ii 2004.

• Anamnesi (fattori di rischio per HIV o epatite, 9 Esami strumentali: a) esame radiologico del
altre malattie infettive, neoplasie, malattie esan­ torace; b) valutazione ecografica degli organi
tematiche anche tra i familiari, se il paziente è in addominali;
età pediatrica); • Esami di laboratorio: sierologia per HIV, HBV,
9 Esame obiettivo (cicatrici, lesioni pigmentale, HCV, CMV ed EBV;
linfoadenopatie, tatuaggi, esantemi etc); • Esami istopatologici e/o autoptico.
Il patologo nella attività trapiantologica « 549

Alcune condizioni rappresentano criteri di • è opportuno valutare inizialmente il reperto mor­


esclusione: fologico alla cieca e successivamente rivalutar­
lo /interpretarlo alla luce delle informazioni clini­
• sieropositività per HIV e/o per HBV+HDV (tali
che e di eventuali reperti morfologici precedenti;
controindicazioni non sono praticate in tutti i
centri); • la reazione di rigetto deve essere graduata
secondo schemi validati dalla letteratura inter­
© neoplasia maligna in atto (salvo quelle sotto
nazionale e condivisi a livello locale;
discusse);
• la discussione con i curanti è di aiuto reciproco,
@ infezioni sistemiche sostenute da patogeni per i
costituisce mezzo di reciproca promozione cul­
quali non esistano terapie efficaci;
turale ed è spesso (e ciò è ancora più rilevante)
• malattie da prioni accertate/sospettate. di utilità immediata nel modulare le strategie
La idoneità deirorgano da trapiantare è valuta­ terapeutiche nel singolo paziente;
ta tenendo conto di parametri funzionali e morfolo­ • il contesto clinico nel quale la biopsia trova indi­
gici che possono differire da organo ad organo cazione e le scelte terapeutiche che conseguono
(esempio: nel trapianto di fegato è dimostrato che la alla diagnosi istologica possono imporre una
steatosi panzonale macrovescicolare è significativa­ refertazione "in urgenza": poiché l'emergenza
mente associata a deficit funzionale deirorgano tra­ non è "buona consigliera", il curante ed il pato­
piantato). Al patologo può essere richiesto di valu­ logo dovrebbero condividere il razionale e le
tare in urgenza (cosiddetto esame al congelatore) la indicazioni ad un esame "in urgenza".
adeguatezza anatomica deirorgano da trapiantare.
Non è consentito trattare di diagnostica bioptica
Alcune lesioni neoplastiche non escludono la
senza fare cenno al tema della rappresentatività del
possibilità di donazione [esempi: carcinomi in situ
campione istologico. E già stato detto che - nella
(diverse localizzazioni), carcinoma spinocellulare
patologia trapiantologica - alcune lesioni possono
cutaneo (senza metastasi)]; per altri tumori (esem­
essere focali. In tale caso, la diagnosi sarà condizio­
pi: carcinoma prostatico clinicamente silente, carci­
nata dal fatto che il campionamento sia operato
noma follicolare mìnimamente invasivo della tiroi­
nella sede del focus. Nel caso di lesioni non-focali,
de) il rischio di trasmissione della neoplasia è sen­
una ricca letteratura propone i criteri minimi che
sibilmente minore del beneficio acquisibile dal tra­
pianto. In questi ultimi casi, è comunque necessario devono essere soddisfatti per considerare il cam ­
che il ricevente sia informato del rischio. Il patolo­ pione bioptico come rappresentativo (con conse­
go è chiamato a diagnosticare "in urgenza" l'even­ guente distinzione di campioni non-adeguati, sub­
tuale presenza di patologia infettiva o neoplastica ottimali e ottimali). Al di là di tali validissime rac­
del donatore e la "urgenza" è di per sé un fattore di comandazioni, va comunque tenuto conto del fatto
rischio (diagnostico!) e di aggiuntiva difficoltà; que­ che (in ambito trapiantologico, come più in genera­
sta considerazione induce a riflettere sulla caratte­ le nella diagnostica istopatologica) il campiona­
rizzazione professionale del patologo "trapiantolo- mento bioptico è spesso operato in situazioni criti­
go" (e non solo!). che e che - in tali condizioni - le caratteristiche del
prelievo possono non essere coerenti con i requisiti
minimi stabiliti dalla letteratura. In questi casi,
l! follow-up post-trapianto piuttosto che lamentare (vanamente) la inadegua­
Lo stato anatomico dell'organo trapiantato è tezza del prelievo, è prioritario allertare il curante
valutato mediante campionamneto bioptico. Le sulla eventualità che l'interpretazione del quadro
biopsie possono essere eseguite a scadenza preordi­ morfologico trovi (ovvia) limitazione nelle caratte­
nata {Le. biopsie di protocollo) o quando sintomi ristiche del campione reso disponibile.
clinici o bioumorali ne pongano l'indicazione. In Una specifica considerazione va fatta sull'im­
ambedue i casi, l'interpretazione dei quadri morfo­ portanza che le notizie cliniche hanno nell'interpre­
logici è spesso complessa e controversa per il possi­ tazione del preparato istologico. Le informazioni
bile concorrere di etiologie diverse, variamente sullo stato clinico sono sempre importanti e spesso
modulate dalla terapia immunosoppressiva. cruciali nel determinare l'opzione diagnostica fina­
Nella valutazione di questi campioni bioptici è le (quadri morfologici simili possono essere diver­
opportuno ricordare che: samente interpretati in relazione alla sintomatolo­
gia clinico-laboratoristica del singolo paziente).
• la rappresentatività della biopsia può essere Un breve cenno merita, infine, il tema dell'alle­
limitata dal fatto che le lesioni diagnostiche pos­ stimento tecnico dei preparati istologici: la buona
sono essere focali; qualità del preparato istologico è condizione essen­
• la possibile coesistenza di fattori etiologici ziale per acquisire dall'indagine bioptica tutte le
diversi deve indurre a valutare/graduare sepa­ informazioni che essa può dare. Poiché le biopsie
ratamente la responsabilità di ciascuno di essi allestite in urgenza possono essere gravate da
nel determinare ü quadro morfologico, clinico e imperfezioni tecniche, è (ancora una volta) racco­
bioumorale; mandabile riservare la refertazione in urgenza ai
550 ¡s Allotrapianto di organi solidi
casi in cui il referto istologico possa significativa­ più comune la utilizzazione di organi sub-ottimali
mente condizionare l'operato del curante. (ottenuti da donatori "marginali"). A oggi, le conse­
guenze di tale scelta nel condizionare la prognosi del
L'autopsia nella attività trapiantologica trapianto sono note solo in parte; è prevedibile che
l'uso di organi "marginali" imponga una rivaluta­
Qualora l'organo da trapiantare sia ottenuto da zione dei criteri sino ad oggi utilizzati per la asse­
cadavere, i donatori dovrebbero essere sottoposti gnazione dell'allotrapianto al candidato ricevente.
ad accertamento autoptico. L'esame autoptico del La reazione di rigetto dell'ospite contro l'organo
donatore costituisce la più affidabile delle procedu­ trapiantato è fisiologica e, pertanto, costituisce la
re diagnostiche al fine di accertare patologie (neo­ più prevedibile delle conseguenze del trapianto. La
plastiche e non-neoplastiche) potenzialmente dan­ reazione di rigetto è il target della terapia medica
nose per il ricevente. post-trapianto, che deve essere modulata al fine di
Nel paziente deceduto dopo AT, l'autopsia trova minimizzare i rischi secondari all'immunosoppres-
specifica indicazione: sione. La .esperienza maturata nell'uso di farmaci
immunosoppressivi (corticosteroidi, azatioprina e
a) Nell'exitus peri-post-operatorio. In questi casi,
più recentemente ciclosporina, rapamicina, FK-506,
l'approccio al riscontro autoptico sarà simile a
micofenolato, anticorpi monoclonali OKT3 contro il
quello attuato nei decessi conseguenti ad inter­
linfociti CD3) ha ottenuto importanti successi nel
venti chirurgici maggiori. E opportuna una
controllo della reazione immunitaria, ma la terapia
valutazione specifica delle anastomosi vascolari
immunosoppressiva resta gravata dal rischio di
e la ricerca di trombosi arteriose e/o venose. La
raccomandazione di porre cura particolare all'e­ complicanze. Alla immunosoppressione sono infat­
same dell'organo trapiantato è scontata. ti riconducibili 3 categorie di quadri morbosi: a)
patologia infettiva opportunistica e non (batterica,
b) Nell'exziws conseguente a complicanze della virale, fungina); b) patologia iatrogena (ciclospori­
terapia immunosoppressiva e/o a insufficienza na e azatioprina possono causare rispettivamente
d'organo da rigetto. In queste situazioni (come lesioni renali ed epatiche; all'uso di FK-506 possono
in tutte quelle della pratica autoptica), la storia conseguire danni renali ed extrarenali); c) lesioni
clinica è fondamentale per indirizzare il patolo­ neoplastiche (simili a quelle documentate nelle
go. L'obiettivo di una diagnosi di certezza rende immunodeficienze congenite o infettive). Tutto ciò
necessario un campionamento istologico esten­ premesso, non vi è dubbio che il perfezionamento
sivo, talora associato a tests microbiologici e/o dei protocolli di terapia immunomodulante ha
molecolari. segnato una svolta nella pratica del trapianto allo-
c) Nell'ex/tws conseguente a malattie non-AT-cor- genico ed è oggi vero che il numero dei decessi per
relate, con organo trapiantato funzionante. rigetto è minore di quello imputabile ad altre cause.
La terminologia (clinica ed anatomo-patologica)
utilizzata nella diagnostica del rigetto di AT è etero­
| Patologia deil'allofrapianfo genea; in questo - come in altri contesti della pato­
logia - termini simili spesso identificano situazioni
G eneralità diverse e diversi termini sono utilizzati per identifi­
care simili situazioni (è paradossale che molte delle
I quadri patologici connessi all'AT possono difficoltà operative in medicina siano motivate
schematicamente essere riassunti nelle seguenti dalla difformità delle definizioni adottate,... nel loro
categorie maggiori: corso di studi gli studenti sperimentano frequente­
a) patologia dell'organo trapiantato secondaria mente questa contraddizione!).
alla reazione di rigetto; In generale, il rigetto viene distinto in iperacuto,
b) patologia secondaria alla terapia immunosop­ acuto e cronico.
pressiva (infezioni opportunistiche, tossicità da Il rigetto iperacuto (sempre più raro in virtù del
farmaci, patologia neoplastica, eie.); perfezionamento dei tests di valutazione di compa­
tibilità donatore-ricevente) si instaura nella imme­
c) patologia dell'organo trapiantato non diretta-
diatezza dell'intervento chirurgico ed è dominato
mente correlata al rigetto, né alla terapia immu­
da lesioni vascolari iscrivibili nella reazione iper-
nosoppressiva (complicanze chirurgiche, recidi­
acuta di Arthus.
va della patologia che ha costituito indicazione
Il rigetto acuto è potenzialmente reversibile e,
al trapianto, comparsa di nuova patologia, etc.).
pur con timing variabile da organo ad organo, si col­
Tutti i quadri "principali" sopra descritti possono loca tra il primo ed il sesto mese dal trapianto. Con­
essere condizionati dalla qualità (anatomica e fun­ siste di un danno parenchimale (organo-specifico) e
zionale) dell'organo trapiantato e, più in generale, di lesioni infiammatorie vascolari (i.e. v a s c u liti,
dalle condizioni clinico-biologiche del donatore. La sostanzialmente simili nei diversi organi trapiantati).
crescente domanda di trapianti obbliga ad allargare Il rigetto cronico (più frequente nei pazienti che
le maglie della selezione dei donatori ed è sempre abbiano una storia di rigetto acuto) si realizza con
Patologia dell'allotrapianto 551

lesioni vascolari e parenchimali; esso è generalmen­ foproliferative (Post Transplant Lymphoproliferative


te irreversibile e ha come esito la insufficienza fun­ Disorders [le. PTLD]) che insorgono in circa il 2%
zionale dell'organo trapiantato. dei pazienti trapiantati. Tale patologia include un
È verisimile che la reazione di rigetto di AT sia ampio spettro di lesioni che vanno, dalTiperplasia
riconducibile a meccanismi fisiopatologici (spesso linfatica, alla patologia mielo-displastica, al linfoma
noti solo in parte) non organo-specifici; ciò non è in maligno. Soprattutto (ma non esclusivamente) in
contrasto con il fatto che la reazione di rigetto assu­ età pediatrica, l'infezione virale (in particolare quel­
ma morfologia peculiare organo-specifica. Tale ete­ la da virus di Epstein Barr) può essere un fattore
rogeneità costituisce il motivo per cui la classifica­ PTLD-promuovente. La maggior parte di questa
zione e la graduazione istologica della reazione di patologia deriva da B-cellule ed ha spesso localiz­
rigetto sono diverse da organo ad organo. zazione extranodale. L'organo trapiantato è coin­
Nella diagnostica clinica (e quindi anche istolo­ volto nel 20% dei casi. In termini generali, il tratta­
gica) dell'allotrapianto, la presenza di patologie mento di tali malattie prevede una "ragionata"
infettive intercorrenti deve essere sempre tenuta in riduzione deU'immunosoppressione (Tab. 1).
considerazione. A tal proposito, è di fondamentale Accade che l'allotrapianto possa sviluppare una
importanza ricordare che la patologia infettiva del patologia non correlata né alla reazione di rigetto,
paziente trapiantato realizza quadri clinico-patolo­ né direttamente alla terapia immunosoppressiva. In
gici non sempre facilmente riconoscibili e spesso molti casi, la malattia ha la stessa etiología della
atipici (esempio: assenza di granulomi nelle mico- patologia che ha motivato la sostituzione dell'orga­
batteriosi). Nel paziente trapiantato, inoltre, sono no nativo. Etiologia simile non necessariamente
più frequenti le neoplasie virus-associate, delle significa simile decorso: il contesto immunitario nel
quali gli esempi più rappresentativi sono quelli quale la recidiva si realizza è infatti profondamente
costituiti dalle associazioni HPV/carcinoma della mutato rispetto a quello della "malattia nativa nel­
cervice uterina, HHV-8/ sarcoma di Kaposi. l'organo nativo". Un esempio classico di tale situa­
Particolare menzione meritano le alterazioni lin- zione è la recidiva di epatite HCV in soggetti tra­

Classificazione delle alterazioni linfoproliferative secondarie a trapiantò d'organo


(Posftransplant lymphoproliferativedisorders = PTLD). Semplificala da Harris N.LJ,
Ferry J.A., Swerdlow S.H.: Posttransplant iymphoproliferative disorders: Summary of
:3^ie)iy;lbrHèmàto ^m iri;;DiqgnPàljh^

Categoria Esempi Clonalità Commenti.'''...' ... .7 •• . / • '


Spesso regrediscono dopo riduzione della
PTLD: LESIONI INIZIALI Iperplasia
reattiva
plasmacellulare Policlonale immunosoppressione. Possono essere a prognosi
infausta.

a) iperplasia polimorfa delle Monoclonale Le lesioni possono essere multiple.


PTLD POLIMORFE cellule B; Alcuni casi regrediscono dopo riduzione della
b) PTLD polimorfa. immunosoppressione.
Linfomi B:
a) L. diffuso a grandi cellule
B (i.e. L. Immunoblastico, La classificazione istologica è quella adottata per
L. Centrobiastico). i linfomi in soggetti immunocompetenti
b) L. Burlati o fipo-Burkift. {si consiglia di aggiungere alla formulazione
PTLD MONOMORFE Linfomi T: Monoclonale diagnostica i'acronimo PTLD).
a) L. periferico a cellule T; Alcuni linfomi B possono regredire (o non
b) L. anapiastico a grandi progredire) a seguito della modulazione della
cellule; immunosoppressione.
c) L. T-NK;
d) altri.
a) B-PTLD simil linfoma
PTLD: ALTRE FORME di Hodgkin; Monoclonale Alcuni casi possono regredire dopo riduzione
della immunosoppressione.
b) PTLD simil plasmocitoma.
552 K' Allotrapianto di organi solidi
piantati per cirrosi HCV-correlata. Altri esempi Il rigetto acuto si manifesta nelle prime settima­
sono costituiti dalla recidiva di glomerulonefrite ne seguenti il trapianto, per una reazione immuni­
nel rene trapiantato, o dallo sviluppo de novo di taria diretta contro antigeni cellulo-specifici espres­
patologia glomerulitica. . si dall'endotelio vascolare e dagli epiteli tubulari. È
stato ipotizzato che la reazione di rigetto acuto
coinvolga sia meccanismi di ipersensibilità ritarda­
Allotrapianto di rene
ta che meccanismi citotossici.
Il rene è stato il primo organo a essere trapianta­ La diagnosi istologica di rigetto acuto è fondata
to: il primo trapianto di rene fu eseguito in gemelli sulla documentazione di:
omozigoti da Joseph Murray nel 1954. La esperien­
a) lesioni tubulari (tubulite). Consistono in una
za accumulata negli anni è motivo dell'elevato suc­
infiltrazione linfocitaria del tubulo renale. La
cesso di questa pratica. La sopravvivenza a 5 anni
tubulite coesiste con infiltrato infiammatorio
dal trapianto è superiore al 70%. L'indicazione al deH'interstizio renale di vario grado e di varia
trapianto di rene è costituta da malattie renali con estensione.
uremia terminale (i.e. glomerulonefrite cronica, pie-
lonefrite cronica, rene policistico, nefrosclerosi). b) lesioni vascolari (arterite/endotelite). Consisto­
La indicazione al follow-up istologico del rene no in un ispessimento della intima arteriosa
trapiantato è generalmente costituita dal manife­ associato ad alterazioni parietali, che vanno da
starsi di un evento clinico imprevisto (alterati indi­ un minimo infiltrato infiammatorio sotto-inti-
ci bioumorali, febbre etc.). La valutazione/gradua­ male a lesioni necrotiche che coinvolgono este­
samente l'endotelio (Fig. 2).
zione della eventuale reazione di rigetto si fonda su
criteri morfologici codificati in un documento di La gravità/estensione delle lesioni infiammato­
consenso redatto da un gruppo di lavoro interna­ rie tubulo/interstiziali e delle lesioni arteritiche dif­
zionale (The Banff 97 working classificatìon of renai ferenziano i vari gradi di reazione di rigetto acuto
allograft paihology). Il documento, oltre che stabilire (Tab. 2).
le linee guida per la valutazione della reazione di In alcuni casi, la biopsia non mostra alterazioni
rigetto, distinto in iperacuto/accelerato, acuto e morfologiche sufficienti a stabilire con certezza (o a
cronico (Tab. 2), include: a) la raccomandazione che graduare con certezza) la presenza di una reazione
il rene da trapiantare sia valutato istologicamente di rigetto acuto (lesioni borderline). Tali situazioni
(campionamento bioptico pre-trapianto o post-per­ autorizzano la formulazione di ima diagnosi di
fusione) per giudicarne la adeguatezza al trapianto; "sospetto" e -in tali occasioni- la decisione di rimo­
b) i requisiti minimi necessari per considerare rap­ dulare la terapia immunosoppressiva è fondata sui
presentativo un campione bioptico (presenza di dati clinico-bioumorali o rimandata alla ripetizione
almeno 10 glomeruli e due arterie), c) le procedure del campionamento bioptico.
tecniche da utilizzare per l'allestimento dei prepa­ La nefropatia cronica che si realizza nell'organo
rati istologici (colorazione con ematossilina-eosina, trapiantato (con insufficienza funzionale terminale)
PAS-reazione, colorazioni per il collagene, etc.). può conseguire a diversi, anche concomitanti,
Il Rigetto anticorpo-mediato (i.e. rigetto iperacu- momenti etiopatogenetici: a) danno di tutte le strut­
to) si manifesta nell'immediato post-operatorio e ture renali (glomeruli, tubuli, interstizio, vasi)
può conseguire ad una pre-sensibilizzazione del
ricevente (precedenti trasfusioni o trapianti, prece­
dente gravidanza) al gruppo sanguigno o agli anti­
geni HLA del donatore. La definizione di "rigetto
accelerato" identifica una situazione (non sostan­
zialmente dissimile da quella del rigetto iperacuto),
che si manifesta nei primi giorni dopo il trapianto.
L'espandersi delle tecniche di valutazione della
compatibilità ricevente-donatore ha significativa­
mente ridotto la frequenza dei rigetti iperacuti e
accelerati. Nei casi più gravi, il rigetto iperacuto si
manifesta subito dopo la riperfusione del rene tra­
piantato, con un rapido aumento di volume del
rene, che diminuisce di consistenza e assume un
colorito cianotico o marezzato. Le lesioni istologi­
che sono altrettanto drammatiche e consistono in
una lesione endoteliale (vasculite/endotelite asso­
ciata a infiltrato infiammatorio a ricca componente
granulocitaria) delle arterie e dei capillari glomeru-
lari e peritubulari, con trombosi vascolari e infarti Fig. 2 - Rigetto acuto di rene: Infiltrazione infiammatoria inter
parenchimali multipli. stiziaie estesa alia parete di un vaso arterioso.
Patologia dell'allotrapianto ^ 553

dovuto ad episodi ricorrenti (anche subclinici) di (glomerulonefrite membranosa, glomerulonefrite


rigetto acuto; b) ricorrenza delle cause che hanno membrano-proliferativa, etc.); d) glomerulonefrite
motivato il danno del rene nativo (pielonefrite, de novo; e) PTLD. La trattazione di ciascuna di que­
lesioni vascolari da ipertensione, etc.); c) tossicità ste eventualità è di pertinenza specialistica.
della terapia immunosoppressiva. La multifattoria-
lità delle lesioni sopra elencate ha indotto ad esclu­
Allotrapianto di fegato
dere dalla definizione di questo quadro ogni riferi­
mento a momenti etiopatogeneüci specifici, sempli­ La pratica del trapianto di fegato, numericamen­
cemente identificandolo come "nefropatia cronica te seconda solo a quella del trapianto di rene, rico­
del rene trapiantato". nosce 3 indicazioni maggiori: 1) malattie croniche
Le lesioni istologiche che (variamente rappresen­ di fegato con insufficienza funzionale dell'organo
tate) coesistono nella nefropatia cronica del rene tra­ (Le. cirrosi di qualsiasi etiología); 2) insufficienza
piantato sono: a) sclero/atrofia glomerulare; b) atro­ acuta di fegato {Le. epatiti acute ad etiologia infetti­
fia tubulare; c) fibrosi interstiziale; d) lesioni vasco­ va o tossica, esordio acuto di malattie dismetaboli­
lari (arteriosclerosi e ialinosi delle pareti arteriolari). che (esempio: morbo di Wilson)]; 3) neoplasie pri­
Ciascuna delle lesioni elencate, può essere graduata mitive (Le. epatocarcinoma, emangioendotelioma
secondo ima scala dettagliatamente illustrata dalla epitelioide, colangiocarcinoma, epatoblastoma). Il
letteratura intemazionale. In questa sede, è oppor­ trapianto in età pediatrica è generalmente eseguito
tuno rimandare alle categorie diagnostiche proposte per atresia delle vie biliari; possono costituire indi­
dal documento intemazionale di consenso prece­ cazione al trapianto pediatrico anche patologie
dentemente citato e riassunto nella tabella 2. dismetaboliche, infettive o neoplastiche. La più fre­
Tra le alterazioni che nella tabella 2 sono rubri­ quente indicazione al trapianto di fegato è la cirro­
cate come "altre" e che non sono inquadrabili nelle si epatica (70/80% dei casi). Il carcinoma epatico
lesioni da rigetto sono da ricordare: a) lesioni ische- primitivo non è più (come in passato) una controin­
miche che si possono realizzare durante l'operazio­ dicazione al trapianto di fegato; ciò su cui si discu­
ne di trapianto; b) alterazioni (multidistrettuali: te è la caratterizzazione clinico biologica del porta­
tabulari, vascolari o interstiziali di tipo sclerotico) tore di epatocarcinoma da candidare al trapianto.
secondarie alla tossicità della terapia immunosop­ Non è eccezionale che al primo trapianto ne
pressiva; c) recidiva della malattia che ha condotto debba seguire un secondo (i.e. ritrapianto). Il ritra­
alla insufficienza funzionale dell'organo nativo pianto può rendersi necessario: a) in un tempo di
poco successivo al primo trapianto, come accade per
il mancato funzionamento del (primo) fegato tra­
piantato {primary non-function), o nella rara evenien­
za del rigetto iperacuto; b) dopo molti mesi (o anni)
dal primo trapianto, per rigetto cronico o per insuf­
1 Normale ficienza epatica recidiva, spesso dovuta alla stessa
patologia del fegato nativo. Quest'ultima evenienza
Rigetto anticorpo
2 mediato A. immediato {iperacuto) si realizza, in particolare, per il frequente recidivare
B. ritardato (acuto accelerato) della epatite/cirrosi da virus dell'epatite C.
Sospetto per rigetto Tubuiite lieve (in assènza di
La sopravvivenza dopo trapianto epatico è sti­
3 acuto (alterazioni arterite intimale) mata pari al 85% dopo un anno e 70% a cinque anni.
borderline) La reazione di rigetto del fegato trapiantato si
distingue in: 1) umorale (iperacuta), 2) acuta (cellu­
- Tipo ÌA Tubuiite moderata e lare), 3) cronica. Benché la distinzione sopra men­
fìogosi interstiziale significativa zionata utilizzi i termini di "acuto" e "cronico", il
- Tipo ÌB Tubuiite severa e flogosi
interstiziale significativa criterio temporale non costituisce il fondamento
4 Rigetto acuto - Tipo HA arterite intimale lieve e della distinzione tra i due tipi di rigetto e il rigetto
moderata acuto si distingue dal cronico per differenze nel
- Tipo I1B arterite intimale severa meccanismo patogenetico (differenze note solo in
-T ip o IH arterite transmurale e/o parte). Ciò premesso, è generalmente vero che il
associata a necrosi fibrinoide rigetto "acuto" è eccezionale dopo sei mesi dal tra­
della media pianto e che altrettanto raro è il rigetto cronico nei
- Grado 1fibrosi interstiziale e primi sei mesi dal trapianto. La sintomatologia cli­
atrofia tubulare lieve nica ed i tests bio-umorali hanno bassa sensibilità e
Nefropatia
5 sclerosante cronica - Grado il fibrosi interstiziale e specificità sia per la diagnosi di rigetto, sia per la
atrofia tubulare moderata definizione del tipo e del grado delle lesioni. Per
- Grado III fibrosi interstiziale e tali motivi, la biopsia ha un valore cruciale nel fol-
atrofia tubulare grave low-up del fegato trapiantato e la diagnosi istologi­
6 Altro ca (spesso eseguita in urgenza) è spesso insostitui­
bile ai fini della scelta terapeutica.
554 - Allotrapionto di organi solidi
Il rigetto umorale (rigetto iperacuto) é dovuto stico portale prevalentemente costituito da linfociti,
alla presenza nel ricevente di anticorpi (preformati ma che comprende anche granulociti eosinofili e
o neoformati) diretti contro antigeni del donatore mononucleati di tipo Mastico; 2) infiltrato infiam­
espressi su cellule endoteliali. Il trapianto di organo matorio peribiliare/intracanalicolare associato ad
con incompatibilità ABO rappresenta il principale alterazioni degenerative dei biliociti; 3) infiamma­
fattore di rischio di rigetto umorale. Il fegato, tutta­ zione sub-endoteliale della vena porta e/o della
via, a differenza di altri organi solidi trapiantati, è vena epatica terminale (endotelite). La coesistenza
poco suscettibile al rigetto umorale. II rigetto umo­ di almeno due di questi aspetti è indispensabile per
rale si manifesta entro poche ore dall'AT, con iper- porre diagnosi di rigetto. Infiammazione e necrosi
bilirubinemia associata a trombocitopenia e a bassa perivenulare caratterizzano il rigetto acuto di alto
attività del complemento. Il quadro morfologico grado e rappresentano un fattore di rischio per lo
varia in relazione al timing deH'esame bioptico: sviluppo di rigetto cronico.
nelle fasi iniziali si osservano: a) trombi fibrinici che Il rigetto acuto è graduato secondo lo schema
occludono piccoli vasi, b) condensazione acidofila proposto nella tabella 3 (cosiddetto RAI score). Que­
degli epatociti (corpi apoptoici), c) agglomerati di sto sistema di valutazione attribuisce un punteggio
granulociti neutrofOi in zona 3 e d) zone di emorra­ alle singole lesioni che compongono il quadro del
gia. Successivamente, compare necrosi coagulativa rigetto acuto (la somma dei valori attribuiti a cia­
associata a congestione venosa e sinusoidale e ad scuna lesione costituisce il valore di score finale:
emorragia portale. È spesso presente infiltrato por­ maggiore lo score totale, maggiore la gravità del
tale granulocitario associato a lieve proliferazione rigetto) (Figg. 3, 4).
colangiolare. Nelle sue manifestazioni iniziali, il La graduazione del rigetto ha rilevanza pratica:
rigetto umorale deve essere distinto dal danno da le reazioni di rigetto a basso punteggio (Rai score <
preservazione. La prognosi del rigetto umorale è 3) non necessitano di trattamento immunosoppres-
generalmente sfavorevole. sivo aggiuntivo; le forme a score elevato (Rax score
Il rigetto acuto (rigetto cellulare) consiste in una maggiore di 3) necessitano di rimodulazione della
infiammazione epatica che deriva dalla disparità terapia immunosoppressiva e, se non trattate, sono
genetica tra donatore e ricevente ed è mediato da a rischio di evoluzione in insufficienza d'organo o
meccanismi di tipo immunologico. Si manifesta più di progressione in rigetto cronico.
spesso entro 30 giorni dal trapianto e raramente Il rigetto cronico rappresenta (in molti casi, pro­
oltre i sei mesi (inadeguata immunosoppressione). babilmente nella maggioranza) la evoluzione di un
La diagnosi istologica di rigetto acuto si fonda sulla rigetto acuto severo o persistente e comporta un
presenza di una triade di lesioni: 1) infiltrato flogi­ danno (generalmente irreversibile) dei dotti biliari.

Lesioni : Score

- Infiltrato prevalentemente linfocitario in una minoranza degli spazi portali 1


Flogosi
- Infiltrato infiammatorio (linfociti, blasti, eosinofili), in gran parte degli spazi portali e che può 2
portale
estendersi in area periportale
- Infiltrato infiammatorio (costituito da linfociti, blasti; neutrofili, eosinofili), nella maggioranza 3
degli spàzi portali, generalmente esteso in àrea periportale
- Infiltrato infiammatorio peri ed intradutta le che interessa una minoranza di dotti; alterazioni 1
biliocitiche di basso grado
Danno - Infiltrato infiammatorio peri ed intraduttale che interessa la maggioranza dei dotti ed è spesso 2
biliare associato ad alterazioni biliocitiche
- Infiltrato infiammatorio peri ed intraduttale che interessa la maggioranza dei dotti ed è sem­ 3
pre associato ad alterazioni biliocitiche
- Flogosi linfocitaria subendotela le (endotelite) che interessa alcune vene terminali e/o portali ì
Danno - Endotelite che interessa la maggioranza delle vene terminali e/o portali 2
vascolare - Endotelite che interessa la maggioranza delle vene terminali e/o portali ed è associata a flo­ 3
gosi e necrosi epatocitaria perivenulare
Patologia dell'allotrapianto & 555

Fig. 3 - Rigetto acuto di fegato: infiitrazione infiammatoria Fiq. 4 - Rigetto acuto di fegato: infiltrazione infiammatoria
della parete di una vena epatica terminale (endotelite) associa­ dello spazio portale associata a flogosi periduttale. La lamina
ta a infiltrato infiammatorio sottoendoteliaie. [imitante è discontinua per la diffusione dell'infiltrato infiamma­
torio in area periportale (le frecce indicano l'interfaccia pare-
chima-spazio portale, resa irregolare dal diffondere della fio'
Entro 5 anni dal trapianto, la prevalenza del rigetto gosi portale nel parechima periportale adiacente}.
cronico varia tra il 3% ed il 5%. Anche nel fegato,
come in altri organi trapiantati, la aggettivazione
"cronico"1implica un riferimento temporale non ben Esame del fegato nativo
definito. La maggioranza dei rigetti cronici si mani­
Benché esistano giustificazioni all'esame macro­
festa tra i 6 e i 12 mesi dal trapianto e comporta la scopico ed istologico di tutti gli organi "nativi" (la
perdita dell'organo entro 12-18 mesi. La lesione cui insufficienza funzionale ha motivato il trapian­
morfologica diagnostica di rigetto cronico è la scom­ to), l'esame anatomo-patologico del fegato nativo
parsa dei dotti biliari. La perdita di diramazioni por­ ha rilevanza clinica del tutto particolare. Nella
tali dei dotti biliari è istologicamente dimostrata dal grande maggioranza dei casi, si tratta di fegato cir­
fatto che i rami portali dell'arteria epatica "perdo­ rotico e - come è noto - la cirrosi è una lesione pre­
no" il dotto biliare al quale sono accoppiati. La per­ cancerosa. Benché le tecniche di imaging siano sicu­
dita di strutture biliari deve essere valutata in alme­ ramente sensibili nella identificazione di lesioni
no 20 spazi portali e assume valore diagnostico solo neoplastiche (anche di piccole dimensioni), l'esame
quando le arterie portali siano "orfane" del dotto in macroscopico diretto ed il controllo istologico delle
più del 50% degli spazi portali. Tale valutazione lesioni nodulari "sospette" costituisce il gold stan­
quantitativa ripropone per il fegato (come per altri dard diagnostico. Tenuto conto del fatto che l'accer­
organi) la necessità che il campionamento bioptico tamento di una neoplasia epatica non sospettata ha
sia adeguato e cioè accettabilmente rappresentativo impatto clinico rilevante, l'esame del fegato nativo
dell'organo in toto (in una agobiopsia epatica 20 va eseguito con cura affatto speciale. Sezioni seria-
spazi portali sono generalmente presenti in un cam­ te macroscopiche (dello spessore di cm 0,5) garanti­
pione della lunghezza di cm 1,5-2,0 e del diametro scono una adeguata valutazione macroscopica del­
di circa cm 0,15). E possibile osservare una lieve l'organo nativo; tale valutazione va completata da
fibrosi portale ed ima flogosi portale composta di un generoso e ragionato campionamento per esame
linfociti maturi. La perdita dei dotti biliari si associa istologico. Il nostro gruppo di lavoro preleva ed
inevitabilmente a colestasi (inizialmente localizzata esamina istologicamente campioni di ciascuno dei
segmenti epatici ed opera campionamento aggiun­
nella zona 3 dell'acino). La arteriopatia obliterativa
tivo delle lesioni nodulari "atipiche" e delle struttu­
è caratterizzata da accumulo di istiociti schiumosi
re vascolari e biliari dell'ilo epatico. Tale procedura,
nell'intima delle arterie di medio e grande calibro e,
non solo garantisce una adeguata diagnostica isto­
per ovvi limiti del campionamento, non è osservabi­
logica (compito primario al quale siamo chiamati
le nelle agobiopsie. La tabella 4 distingue nel rigetto dai nostri pazienti), ma costituisce anche fonte di
cronico due fasi: a) fase iniziale; b) fase tardiva. La materiale utilizzabile per tests biologici di appro­
diagnosi di rigetto in fase iniziale è di rilevante fondimento.
impatto clinico; in questa fase, infatti, la rimodula­
zione del trattamento immunosoppressivo può
interrompere la progressione verso il rigetto cronico Allotrapianto di cuore
stabilizzato, che di regola esita in insufficienza fun­ Il primo trapianto di cuore fu operato da Chris
zionale irreversibile dell'organo trapiantato. Bamard nel 1967 e, nel 1985, Vincenzo Gallucci
556 & Allotrapionto di organi solidi
Alterazioni istologiche nelle fasi precoce e tardiva del rigetto cronico di fegato
(schema semplificato)

Sedè dèlia lesione Fase precoce Fase tardiva

- Assenza del dotto in meno de! 50% degli spazi


Piccoli dotti biliari portali - Assenza di dotto biliare in più de! 50%
- Alterazioni regressive dei biliocìfi in una degli spazi portali
minoranza di dotti
- Flogosi luminale/intimale - Stenosi focaie del lume
Vene epatiche terminali - Necrosi/flogosi perivenosa - Flogosi di grado variabile
e area perivenulare - Grave fibrosi perivenulare con setti
- Lieve fibrosi perivenosa centro-centrali
Arteriole portali - Perdita occasionale in meno del 25% degli - Perdita in oltre i! 25% degii spazi portai!
spazi portali
Altre lesioni - Necrosi focale degli epatociti - Cellule schiumose intra-sinusoidaii;
grave coiestasi
-Accumulo sottointimale di cellule
Rami arteriosi peri-ilari - Flogosi dell'intima; cellule schiumose senza
stenosi del lume schiumose con stenosi de! lume;
proliferazione fibro-intimale
Dotti biliari peri-ilari - Flogosi ed accumuli focali di cellule schiumose —Fibrosi della parete

operò il primo trapianto di cuore in Italia. Si stima La biopsia endomiocardica è il mezzo più affida­
che nel mondo vengano effettuati circa 5000 tra­ bile per l'identificazione e la valutazione del grado
pianti/ anno e tale dato dimostra l'affidabilità e l'ef­ di rigetto, ma l'accertamento bioptico è spesso diri­
ficacia raggiunta dalla procedura. L'indicazione mente anche nella individuazione di lesioni asso­
principale al trapianto di cuore è costituita dalle ciate (di tipo prevalentemente infettivo). La classifi­
cardiopatie in fase terminale, non sensibili a terapia cazione e la graduazione della patologia da rigetto
medica o chirurgica conservativa e con attesa di fa riferimento ai criteri standardizzati dalla Interna­
vita non superiore ai 12 mesi. In questo contesto, le tional Society ofH eart Lung Transplantation (ISHLT).
patologie più frequenti sono le cardiomiopatie dila­ La stessa ISHLT ha indicato: a) i criteri di adegua­
ta tive, la cardiopatia ischemica, le cardiopatie con­ tezza del campionamento bioptico (disponibilità di
genite e la patologia valvolare. La mortalità nei un campione che possa essere considerato rappre­
primi mesi dopo l'intervento è stimata inferiore al sentativo dello status dell'organo) e b) le modalità
10%; la sopravvivenza a 5 anni è superiore al 70%. tecniche di allestimento dei preparati istologici
(sezioni istologiche seriate, colorate con ematossili-
na-eosina e con colorazioni specifiche per il tessuto
muscolare, connettivo, fibre elastiche; sono racco­
mandabili immunoreazioni per la caratterizzazione
dell'infiltrato infiammatorio). Queste indicazioni
tecniche trovano piena motivazione nel fatto che
artefatti conseguenti ad ima inadeguata manipola­
zione dei campioni bioptici possono causare inade­
guata interpretazione dei reperti istologici.
Il rigetto acuto è caratterizzato da un infiltrato
flogistico (prevalentemente linfocitario) associato a
necrosi dei miociti (Fig. 5). Le lesioni possono esse­
re variamente modulate/rappresentate e ciò è alla
base di una graduazione in una scala 5 livelli (i.e.
gradi) (Tab. 5):
• Grado-0: assenza di rigetto.
Fig. 5 - Rigetto acuto di cuore: infiltrato interstiziale di cellule
• Grado-1 (rigetto lieve): alterazioni di tipo
m ononucleate (frecce) associato a d alterazion i regressive dei infiammatorio (A focali, B diffuse), in assenza di
miociti. danno miocellulare.
Patologia dell'allotrapianto & 557
® Grado-2 (rigetto lieve-moderato): le lesioni sa dalla discontinuità della lamina elastica, tipi­
infiammatorie tipiche del grado 1, coesistono ca della aterosclerosi);
con un solo focolaio di necrosi. La monofocalità d) assenza di ateroma;
del reperto probabilmente giustifica il basso
livello di concordanza che i patologi hanno nella
e) bassa prevalenza di lesioni caìcifiche.
identificazione di questo grado. Il rigetto di Tali alterazioni non sono sempre facilmente
grado 2 viene generalmente considerato alla documentabili nel campionamento bioptico, il che
stregua del rigetto di grado 1 e non richiede trat­ giustifica l'opportunità di colorazioni speciali ade­
tamento farmacologico. guate al fine di rilevare anche lesioni minime.
• Grado-3 (rigetto moderato): la necrosi miocellu- Come nell'aterosclerosi del cuore nativo, alla
lare si associa a infiltrato flogistico prevalente­ stenosi del lume coronarico del cuore trapiantato
mente linfomonocitario di tipo multifocale (A) o può conseguire ischemia acuta del miocardio. E
diffuso (B). E importante la diagnosi differenzia­ interessante sottolineare che nel trapiantato di
le con lesioni di tipo infettivo, in cui l'infiltrato si cuore, la mancanza di innervazione dell'organo
presenta polimorfo e non si associa ad esteso esclude il manifestarsi dei sintomi soggettivi tipici
danno miocellulare (la diagnosi differenziale, dell'infarto (infarto silente); tale condizione propo­
talora necessita di tests molecolari), e con le ne problemi diagnostici affatto peculiari.
lesioni da ischemia peri-operatoria (in tali casi il
timing della biopsia è spesso dirimente). In pre­ Aliotrapianto di polmone
senza di rigetto di grado 3 è richiesto il tratta­
mento immunosoppressivo. Il trapianto di polmone da cadavere (e più
© Grado-4 (rigetto severo): un diffuso infiltrato recentemente da vivente) trova indicazione negli
flogistico polimorfo si associa a necrosi, edema, stadi terminali di patologie quali la fibrosi polmo­
dissociazione emorragica e vasculite. Quadri nare, l'enfisema, la linfangioleiomiomatosi, la fibro­
istologici simili possono essere osservati in sede si cistica, la sarcoidosi e l'ipertensione polmonare;
di pregresse biopsie ed in aree infartuate. in quest'ultimo caso (come nelle cardiopatie conge­
nite complesse e nel complesso di Eisenmenger) è
Il rigetto cronico è la complicanza più importan­ da considerare la possibile indicazione al trapianto
te del trapianto di cuore a lungo termine. La reazio­ cuore-polmoni. È opportuno ricordare che il pol­
ne di rigetto è caratterizzata dalla coronaropatia mone trapiantato non ha vascolarizzazione dell'al­
obliterativa (iperplasia intimale fibrocellulare) nota bero bronchiale ed a ciò consegue una possibile sof­
come "aterosclerosi accelerata". La coronaropatia ferenza ischemica "di base" delle strutture private
obliterativa da rigetto cronico si differenzia dalla di vascolarizzazione arteriosa.
vera aterosclerosi per: La sopravvivenza ad uno e a cinque anni dal tra­
a) coinvolgimento vascolare continuo, che si esten­ pianto è riportata rispettivamente pari al 75% ed al
de sino alle arterie di calibro più piccolo (diver­ 45%.
sa dalla predilezione per le arterie di calibro Il follow-up istologico del polmone trapiantato
maggiore caratteristica della aterosclerosi); utilizza campioni bioptici transbronchiali (che sono
b) stenosi di tipo concentrico (diversa dalla stenosi considerati rappresentativi quando consistono di
eccentrica della aterosclerosi); non meno di 5 campioni comprendenti bronchioli e
100 spazi alveolari). La diagnosi istologica richiede
c) sostanziale integrità della lamina elastica (diver-
l'allestimento di sezioni istologiche seriate colorate
con ematossilina-eosina e colorazioni speciali per la
identificazione delle fibre elastiche e del tessuto
| Graduazione istologica dei rigetto connettivo. Quando necessario, ulteriori sezioni
I acuto di cuore (schema semplificalo) potranno essere colorate con la PAS-reazione, con la
reazione di Grocott (per l'identificazione di miceti),
Grado 0 Assenza di rigetto secondo GRAM (per la caratterizzazione della flora
batterica), o con tecniche immunoistochimiche
a) Infiltrato flogìstico focale, in assenza di necrosi
Grado 1 (CMV, etc.).
b) Infiltrato flogistico diffuso, in assenza di necrosi La classificazione/graduazione istologica della
Grado 2 a) di
Infiltrato flogistico associato ad un focolaio reazione di rigetto del polmone trapiantato è ripor­
necrosi tata in un documento di consenso intemazionale
stilato nel 1995 e definito Working Formulationfor thè
a) Infiltrato flogistico multifocale associato a Classification o f Lung Allograft Rejection (Tabella 6).
Grado 3 necrosi In tale documento, si afferma che la reazione di
b) Infiltrato flogistico diffuso associato a necrosi rigetto del polmone trapiantato (sia acuto, sia croni­
co) si realizza con lesioni che interessano: a) il
Grado 4 a) edema,
Infiltrato flogistico polimorfo, necrosi,
emorragia e vasculite distretto vascolare, b) la parete delle vie aeree.
Il rigetto iperacuto di polmone insorge nell'im­
558 Allotropianto di organi solidi

Graduazione istologica del rigetto dì polmone (schema semplificato)

Categorìa Lesioni istologiche Gradazione


A Rigetto acuto (A0-A1-A2-A3-A4) 0 (assente), 1-4 (da minimo a severo)
B Infiammazione delle vie aeree bronchite/bronchioiite 0 (assente), 1-4 (da minimo a severo)
linfocitaria
C Rigetto cronico - bronchiolite obliterativa 0 (assente), 1a (presente e attiva), 1b (presente inattiva)
D Rigetto cronico vascolare - Sclerosi vascolare 0 (assente), la (presente e attiva), 1 b (presente inattiva)
dell'organo trapiantato

mediato post-operatorio ed è quasi sempre fatale. È


verosimile che l'immunità umorale abbia un ruolo
preminente nella patogenesi del rigetto iperacuto
ed è stata formulata l'ipotesi che tale forma di riget­
to sia secondaria a un danno (anticorpo-mediato)
dell'endotelio dell'organo trapiantato. Le alterazio­
ni vasculitiche ed il tratto emorragico del rigetto
iperacuto supportano tale ipotesi, ma la patogenesi
del rigetto iperacuto è ancora in gran parte ignota.
Nella fase acuta, predominano le lesioni vascu­
litiche e l'infiammazione della parete delle vie
aeree. Il rigetto cronico è caratterizzato dalla sclero­
si ialina parietale delle vie aeree e dei vasi. Nella
maggioranza dei casi, il rigetto acuto si verifica
entro 3-6 mesi dal trapianto ed è sensibile alla tera­
pia immunosoppressiva. Il rigetto cronico si mani­ Fig. 6 - Polmonite da Cytomegalovirus: La specificità ecologi­
ca dei corpi inclusi nucleari (già evidenti alla colorazione con
festa dopo 6-12 mesi dal trapianto. Circa il 40% dei ematossilina-eosina: freccia) è confermata dalla reazione
rigetti cronici si manifesta nei primi 2 anni ed il immunoistochimica (inserto).
restante 60% si sviluppa entro 5 anni dalI'AT. Il
rigetto cronico ha decorso progressivo, è poco sen­ alle lesioni sclerosanti della parete dei vasi polmo­
sibile alla modulazione della terapia immunosop­ nari in corso di rigetto cronico (vedi lesioni delle
pressiva e rappresenta la causa più frequente di pareti coronariche nel trapianto cardiaco). Come
perdita tardiva d'organo. per la bronchiolite obliterante, anche per le lesioni
Il rigetto Acuto, categoria A, (Acute rejection) è sclerosanti. dei vasi, si distinguono forme attive
graduato in cinque livelli (A0-A4) che identificano (quando coesista vasculite) e forme inattive (sclero­
lesioni flogistiche progressivamente più gravi (Tab. si vascolare, in assenza di lesioni infiammatorie).
6). Non è prioritario entrare nel merito della distin­ Le malattie infettive costituiscono ima delle più
zione istologica tra A0-A4, ma è opportuno ricorda­ frequenti complicanze del trapianto di polmone. La
re che il grado A3 (caratterizzato da espansione etiologia delle infezioni è prevalentemente di tipo
infiammatoria dei setti alveolari estesa agli spazi batterico [(40-50%) Pseudomonas, Enterobacter,
aerei) costituisce indicazione alla rimodulazione Staphylococcus] e virale [(40-50%) CMV, HSV, Her­
della terapia immunosoppressiva. Può essere pre­ pes zoster]. In ordine di frequenza, seguono i mice-
sente vasculite necrotizzante. ti [(10-15%) Aspergillus, Candida] ed i Protozoi
L'infiammazione delle vie aeree, identificata dalla (circa il 5%) (Fig. 6).
categoria "B " (Airway inflammation - lymphocytic bron­
chitis/bronchiolitis) è graduata in 5 livelli (B0-B5), che
Allotrapianto di pancreas
identificano gradi di infiammazione crescente.
La categoria C (Chronic airway rejection - bronchio­ Le due principali indicazioni al trapianto di pan­
litis obliterans) si applica alla graduazione delle creas sono rappresentate dalla pancreatite cronica e
lesioni obliteranti dei bronchioli (i.e. rigetto cronico dal diabete insulino-resistente (tipo I). In pazienti
delle vie aeree, bronchiolite obliterativa) ed è distin­ nei quali il diabete tipo I si associa a malattia rena­
ta in forma attiva (la) o inattiva (lb), a seconda le terminale, LAT di pancreas è frequentemente
della concomitanza o della assenza di infiltrato associato al trapianto di rene. Dal 1966 ad oggi, più
infiammatorio. di 10.000 pazienti hanno ricevuto un trapianto di
La categoria D (Chronic vascular rejection- accele­ pancreas. Grazie al perfezionamento dei tests che
rated graft vascular sclerosis) (DO-Dl) fa riferimento valutano l'istocompatibilità ed ai progressi nella
Patologia dell'allotrapianto -s 559

te fibro-proliferativa concentrica con caratteristico


ispessimento intimale (e talora trombosi) dei vasi
arteriosi maggiori e dei loro collaterali. Il parenchi­
ma è sede di aree infartuali e di fibrosi sostitutiva.

Allotrapianto di intestino
Il trapianto intestinale, sebbene tecnicamente
possibile da molti armi, rimane pratica di pochi cen­
tri ed è riservato a pazienti affetti da gravi/irrever­
sibili patologie (non-neoplastiche) del piccolo inte­
stino. Il post-operatorio è gravato da alta mortalità
e perdita d'organo, generalmente secondarie a com­
plicanze immunologiche, infettive o a problemi tec­
nici. Il monitoraggio deirintestino trapiantato uti­
lizza il campionamento bioptico della mucosa inte­
stinale e solo recentemente sono state redatte linee
Fia. 7 - Rigetto acuto di pancreas: infiltrazione infiammatoria guida (internazionalmente condivise) per la gra­
della parete di una arteria di medio calibro (prominenza degli duazione della reazione di rigetto.
endoteli e infiltrato infiammatorio della parete). I quadri patologici di più frequente riscontro
sono: a) danni da preservazione, b) rigetto (acuto e
terapia immunomodulante, la sopravvivenza a 1 cronico), c) infezioni virali (da CMV e da Adenovi-
anno è superiore all'85%. La caratterizzazione e to ­ rus), d) sviluppo di PTLD (Tab. 7).
logica ed il grading delle lesioni del pancreas tra­ E piccolo intestino è popolato da una esuberante
piantato prevedono il monitoraggio bioptico. La popolazione stanziale di cellule immunocompeten-
reazione di rigetto dell'allotrapianto di pancreas ti. Per tale ragione, a seguito del trapianto dì picco­
distingue rigetto iperacuto, acuto e cronico. lo intestino la prevalenza (5-10%) di malattia da rea­
Il rigetto iperacuto è evenienza rara in conside­ zione dell'organo trapiantato verso l'ospite (i.e. Grafi
razione delle tecniche di screening utilizzate per la versus Host Disease = GvHD) è più elevata di quella
rilevazione di anticorpi preformati donatore-speci- che consegue al trapianto di altri organi solidi. E
fici. È caratterizzato da essudazione granulocitaria, pertanto giustificato collocare in questa sede un
trombi fibrinici e necrosi ischemica. cenno alla GvFID, ricordandone la possibile (benché
Il rigetto acuto è caratterizzato da infiltrato flo­ più rara) comparsa anche in occasione di trapianto
gistico linfo-plasmocitario dell'interstizio pancrea­ di altri organi solidi (oltre che nella più classica
tico associato a lesioni vascolari ed epiteliali (epite­ situazione di trapianto di midollo emopoietico).
li acinari e duttali) (Fig. 7). La GvHD è immagine speculare del rigetto di
Recentemente è stato proposto un sistema di AT, poiché non è il trapianto, ma l'ospite ad essere
gradazione che distingue: "rigettato". La reazione immunitaria è mediata dai
linfociti T (del donatore), che riconoscono come
® Grado 0 = {i.e. assenza di rigetto). estranei gli antigeni dei sistemi (maggiore e/o
® Grado I = (i.e. infiammazione di incerto signifi­ minore) di istocompatibilità dell'ospite. La GvHD
cato): infiltrato flogistico settale con minimo
interessamento/danno duttale.
@ Grado II = (i.e. rigetto minimo): flogosi settale e
venulite. In assenza di venulite la diagnosi di
rigetto minimo richiede la presenza di almeno 3
delle seguenti lesioni: a) linfociti "attivati", b)
Insorgenza: gior­
infiltrato granulocitario eosinofilo, c) flogosi aci-
ni dal trapianto caratteristici
nare focale, d) infiammazione duttale.
e Grado III = (i.e. rigetto lieve): foci di flogosi set- Danni da
preservazione Entro 5 giorni Danno delPepitelio di
rivestimento
tale/acinare; possono coesistere venulite e lesio­
ni regressive degli epiteli pancreatici.
Entro 60/100 Infiltrato
® Grado IV = (i.e. rigetto moderato): la lesione
Rigetto acuto giorni linfomonocitario,
apoptosi e crìptite
istologica caratterizzante è la infiammazione
vascolare (endotelite e/o arterite necrotizzante), Arteriopatia
e Grado V = (i.e. rigetto grave): focolai multipli di Rigetto cronico Dopo 100 giorni obliterativa, fibrosi e
necrosi parenchimale si accompagnano a tutte le
ulcerazione
lesioni descritte nei gradi I-IV.
PTLD Variabile Infiltrato di linfociti
atipici
Il rigetto cronico è caratterizzato da endo-arteri-
560 ?- Allotrapianto di organi solidi
realizza quadri patologici che coinvolgono princi­ è presente infiltrato infiammatorio polimorfo di
palmente la cute, il sistema gastrointestinale ed il grado variabile e fibrosi della lamina propria.
fegato. Il tempo di esordio della GvHD varia da Nel trapianto di intestino, l'enterite citomegalica
pochi giorni ad anni dopo il trapianto. Tale variabi­ costituisce evento non raro e realizza aspetti simili
lità di esordio fa sì che (quando si manifestino sin­ a quelli osservabili in altri pazienti non-immuno-
tomi clinici compatibili) l'ipotesi diagnostica di competenti. Le alterazioni citopatiche tipiche del­
GvHD vada sempre inclusa nello spettro delle ipo­ l'infezione (corpi inclusi nucleari) sono osservabili
tesi di diagnostica differenziale. La sintomatologia più frequentemente nelle cellule endoteliali e stre­
clinica [rash cutaneo, lesioni gastrointestinali, ulce­ mali che in epiteli. La biopsia può dimostrare ulce­
razioni mucose (non solo del tratto gastro-enterico), re mucose e la lamina propria è sede di flogosi a
epatopatia] non differisce da quella della GvHD ricca componente granulocitaria. La presenza di
conseguente a trapianto di midollo osseo allogeni- antigeni virali può essere dimostrata con metodo
co. Simili sono anche le lesioni istologiche docu­ immunoistochimico.
mentabili a livello cutaneo (necrosi epidermica,
semplificando!) ed a livello delle mucose del seg­
mento gastroenterico (microfoci necro-infiammato­ | Bibliografie essenziale
ri della mucosa di tutto il tratto gastroenterico
"nativo", dalla bocca all'ano). Nelle sue più fre­ Billingham M.E., et al.: A working formulation for the
standardization of nomenclature in the diagnosis of
quenti manifestazioni, la prognosi della GvHD è
heart and lung rejection: H eart Rejection Study
generalmente favorevole, ma richiede rimodulazio­ Group. The international Society for Heart Transplan­
ne del trattamento immunosoppressivo (nei casi tation. J H eart Transplant. 1990; 9(6):587-93.
gravi, la malattia può portare aìYexitus).
Cooper J.D., et al.: A working formulation for the stan­
Nel piccolo intestino, i danni da preservazione
dardization of nomenclature and for clinical staging
costituiscono reperto riscontrabile nei primi giorni of chronic dysfunction in lung allografts. J Heart
dopo TAT e generalmente regrediscono nell'arco di Transplant. 1993; 12:713-6.
10 giorni. Le lesioni istologiche sono caratterizzate
dal distacco/necrosi dell'epitelio di rivestimento Demetris A ., et al.: Update of the International Banff
Schema for Liver Allograft Rejection: Working
associato a congestione capillare, edema e flogosi
Recommendations for the Histopathologic Staging
granulocitaria della lamina propria. Possono coesi­ and Reporting of Chronic Rejection. Hepatology.
stere aspetti rigenerativi della mucosa non-necrotica. 2000; 31(3):792-9.
Nella gran parte dei pazienti, la reazione di
Drachenberg C.B., et al.: Evaluation of pancreas tran­
rigetto acuto si colloca nei primi 100 giorni dall'in­
splant needle biopsy: reproducibility and revision of
tervento. Il rigetto acuto è caratterizzato da infiltra­
histologic grading system. Transplantation 1997;
to flogistico linfomonocitario (comprendente cellu­ 63(11):1579'86.
le blastiche), che coesiste con criptite (i.e. infiltrato
granulocitario intra e peri-ghiandolare) ed elevato Knowles D.M., et al.: Correlative morphologic and mole­
cular genetic analysis demonstrates three distinct
numero di corpi apoptotici; sono generalmente pre­
categories of post-transplantation lymphoproliferati-
senti foci necrotici che coinvolgono la mucosa par­ ve disorders. Blood. 1995 15;85(2):552-65
zialmente o a tutto spessore. Recentemente, un
Gruppo internazionale di patologi ha proposto una Lee R.G., et al.: Pathology of hum an intestinal transplan­
tation. Gastroenterology 1996; 110(6):1820-34.
standardizzazione del sistema di gradazione istolo­
gica del rigetto acuto che adotta un valore crescen­ Milano A., et al.: Evolution of focal moderate (Internatio­
te di score per ciascuna delle lesioni istologiche nal Society for Heart and Lung Transplantation grade
sopra ricordate. La proposta classificativa prevede 2) rejection of the cardiac allograft, J Heart Lung Tran­
le seguenti categorie diagnostiche: Grado 0= Assen­ splant. 1996;15(5):456-60.
za di rigetto acuto; Grado indeterminato: Rigetto Pardo-Mindan F.J., et al.: Semin Diagn Pathol. 1992;
acuto "indeterminato"; Grado 1= Rigetto acuto cel­ 9(3) :185-99.
lulare di grado lieve; Grado 2= Rigetto acuto cellu­ Racusen L., et al.: The Banff 97 working classification of
lare di grado moderato; Grado 3= Rigetto acuto cel­ renal allograft pathology. Kidney Int. 1999; 55:713-23.
lulare di grado grave.
Ruiz P., et al.: Transplantation Proceedings 2004,36:335-7.
La lesione caratteristica del rigetto cronico con­
siste in una riduzione del lume dei vasi arteriosi di Stewart S.: Pathology of lung transplantation. Semin
grande/medio calibro secondaria ad iperplasia Diagn Pathol. 1992; 9(3):210-9.
mio-intimale associata ad infiltrazione sottoendote- Wallace W.A., et al.: Transplant histopathology for the
liale di macrofagi schiumosi e linfociti. La mucosa general histopathologist. H istopathology 2003;
intestinale è sede di ulcerazioni (più frequentemen­ 43(4):313-22.
te discontinue) associate a tessuto di granulazione Yousem S.A., et al.: A revision of the 1990 Working For­
infiammatorio. La architettura della mucosa inter­ mulation for the classification of pulmonary allograft
vallata ai foci necrotici è distorta (per la coesistenza rejection: Lung Rejection Study Groug (LRSG) J Heart
di rigenerazione epiteliale e di atrofia ghiandolare); Lung Transplant. 1996; 15:1-15.
Sistema linfopoietico

5.1 Linfoadeniti (F. Menestrina, M. Lestani) 5.4 Milza (G. Fabris, G. Goteri)
■ Introduzione a Anatomia e fisiologia
■ Linfoadeniti aspecifiche a Stati disfunzionaii della milza:
■ Linfoadeniti specifiche iposplenismo ed ipersplenismo
■ Anomalie congenite
5.2 Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali a Cisti spleniche
e periferici: linfomi non-Hodgkin a Processi infiammatori e infettivi della milza
(M. Lestani} b Istiocitosi
a Introduzione a Alterazioni in corso di anomalie delle cellule
■ Linfomi non-Hodgkin a cellule immature ematiche circolanti e nei disordini autoimmuni
("precursor Bor T cell neoplasm") b Splenomegalie congestizie
a Linfomi non-Hodgkin Ba cellule mature b infarto splenico
("peripheral Bcell neoplasm")
b Noduli di Gamna-Gandy
a Linfomi non-Hodgkin T a cellule mature
("peripheral T ceil neoplasm") a Peiiosi
b Atrofia spiensca
5.3 Linfoma di Hodgkin (F. Menestrina) a Amiloidosi
m Note storiche e classificative a Neoplasie
a Linfoma di Hodgkin classico
■ Linfoma di Hodgkin a prevalenza linfocitaria
nodulare
Linfoadeniti
5.1 F. Menestrina, M. Lesioni

| introduzione Pur avendo presente i limiti di una simile impo­


stazione, a scopo puramente didattico e senza
I linfonodi, nel contesto dei complessi meccani­intenti classificativi, le linfoadenopatie saranno
smi di difesa, hanno una precisa collocazione fun­ distinte in:
zionale e non meraviglia pertanto che numerosi a) forme genericamente definibili come aspecifi­
agenti,: localizzati nel linfonodo o presenti nel terri­ che per il fatto di non presentare alterazioni tali
torio tributario, possano indurre nel parenchima da rendere evidente la natura e l'eziologia del
linfonodale una serie di modificazioni reattive di processo;
tipo prevalentemente proliferativo, genericamente
denominabili come ip erp lasia linfoide reattiva. b) forme specifiche così denominate per il fatto
Questo termine è usato nella pratica diagnostica che il patologo è in grado di identificare entità
per lo più come sinonimo di linfoadenite, proprio aventi morfologia caratterizzante.
in considerazione della peculiarità della struttura e
della funzione linfonodale. In alcune situazioni, tut­
tavia, quando il processo è meno proliferativo e
| Linfoadeniti aspecifiche
caratterizzato in maniera più vistosa da fenomeni Le modificazioni che si osservano possono esse­
necrotici, l'uso del termine di linfoadenite potrebbe re rappresentate essenzialmente da espansione
essere più indicato ma non sempre è agevole trova­ delle aree B (iperplasia follicolare e plasmocitosi),
re le giustificazioni patogenetiche e dottrinali a espansione delle aree T (iperplasia paracorticale) ed
sostegno dell'una o dell'altra denominazione. espansione della componente istiocitaria (istiocitosi
Per questo motivo, pure col rischio di essere dei seni e istiocitosi pulpare). Le tre tipologie reatti­
eccessivamente pragmatici, nella presentazione ve possono essere variamente associate fra di loro
delle diverse forme i due termini saranno conside­ in quadri combinati ma, per il fatto che in diversi
rati come sinonimi anche se, in alcuni casi, la deno­ casi, un quadro è prevalente, queste verranno
minazione di linfoadenite potrà essere quella prefe­ didatticamente descritte separate, a seconda dei
rita in ragione di una ormai consolidata consuetu­ loro caratteri. Da ricordare inoltre che l'associazio­
dine. La distinzione stessa fra infiammazione acuta ne combinata di alcune delle modificazioni sopra
e cronica nell'ambito della patologia linfonodale accennate può realizzare configurazioni delle lin­
non è sempre di facile applicazione sulla base della foadenopatie caratteristicamente, se non specifica-
sola osservazione microscopica e in ogni caso, ha mente, correlate a determinati eventi patogenetici o
per lo più scarsa rilevanza nella pratica clinica. a definite eziologie.
Di maggiore interesse potrebbe essere la distin­
zione delle linfoadenopatie su base eziopatogeneti- Iperplasia follicolare
ca ma purtroppo questa scelta si scontra con la
incerta eziologia riguardante alcune forme e col Liperplasia follicolare, tino dei quadri di più fre­
fatto che quadri simili, o del tutto sovrapponibili, quente osservazione, è responsabile di un aumento
possono essere sostenuti da agenti diversi. volumetrico anche cospicuo del linfonodo, soprat­
Qualsiasi sistema di classificazione può pertan­ tutto nei pazienti in età pediatrica. La sua insorgen­
to presentare difetti o risentire di un particolare za può essere facilmente correiabile ad un concomi­
condizionamento derivante dall'angolatura con cui tante processo flogistico nell'area tributaria ed è per­
si osservano i fenomeni: il patologo avrà la necessi­ tanto un reperto comune nelle aree più frequente­
tà, ad esempio, di riconoscere: mente soggette a flogosi (regione latero-cervicale,
- quadri generali comuni a più situazioni patolo­ ascellare, inguinale). Altre volte la reazione non è
giche (a prescindere dall'eziologia nota o non immediatamente attribuibile ad una causa locale
nota); per cui è necessario ricercare motivi diversi, per lo
- quadri particolari correlati ad entità clinico­ più di natura immunitaria, fra i quali va considera­
patologiche ben definite, quadri infine da distin­ ta in primo luogo l'artrite reumatoide. Altre volte
guere nettamente, nonostante strette analogie ancora l'iperplasia follicolare può rappresentare
morfologiche, da processi di natura francamen­ uno degli aspetti più eclatanti nell'ambito di un pro­
te neoplastica. cesso patologico morfologicamente più complesso
564 s Linfoadeniti
quale ad esempio la sifilide secondaria, la toxopla- plastica, è opportuno ricordare che elementi a favo­
smosi, l'infezione da HIV o fasi iniziali della mono- re della reattività del processo sono la variazione di
nucleosi infettiva. Essa infine rappresenta uno dei forma e di dimensioni dei follicoli, l'evidente man­
più frequenti problemi di diagnosi differenziale tello, l'elevata attività replicativa, l'alto numero di
della emato-patologia per le sue strette somiglianze macrofagi e la negatività del centro germinativo per
BCL-2. La dimostrazione dell'assenza di restrizione
col linfoma follicolare.
monoclonale delle catene leggere delle immunoglo-
Morfologicamente è rappresentata da un aumento
buline, altro parametro utile nella diagnosi diffe­
di numero e di dimensioni dei follicoli (Fig. 1). Que­
renziale con le forme neoplastiche, non è sempre di
sti sono ben riconoscibili per la presenza di un evi­
agevole esecuzione e richiede comunque, salvo rare
dente mantello costituito da piccoli linfociti, che
eccezioni, la disponibilità di materiale fresco.
delimitano nettamente un'area centrale chiara (cen­
tro germinativo), ricca in elementi cèntroblastici con
marcata attività replicativa. Gli elementi centrocita- Iperplasia paracorficale
ri, pure presenti, sono talora distribuiti in aree Si tratta di un processo che, come indica il nome,
distinte tanto da configurare una "polarizzazione" è caratterizzato da espansione più o meno marcata
delle popolazioni centrofollicolari. I macrofagi sono delle aree T del linfonodo per stimoli di vario tipo
usualmente numerosi tanto da conferire un aspetto fra i quali comunque sono particolarmente da ricor­
tarlato al centro germinativo e comprendono nel dare quelli correlati ad infezioni virali e a reazioni
loro citoplasma detriti nucleari (corpi tingibili) di ai farmaci. Si osserva espansione delle aree paracor­
elementi cellulari linfoidi andati in apoptosi (Fig. 2). ticali con progressiva riduzione dei follicoli che
Le cellule follicolari dendritiche, responsabili possono essere del tutto inapparenti o apparire
dell'aggregazione nodulare del follicolo, non sono come soffocati dalla reazione circostante.
usualmente identificabili senza l'ausilio delle meto­ Nelle aree T espanse è presente prevalentemente
diche immunoistochimiche: con il CD21 infatti è una popolazione di elementi linfoidi T delle dimen­
possibile mettere in evidenza la fitta rete di prolun­ sioni variabili da quelle di un piccolo linfocita a quel­
gamenti citoplasmatici delle cellule follicolari den­ le di un grosso elemento attivato a fisionomia immu-
dritiche che comprendono gli elementi linfoidi. Le noblastica, talora in attività proliferativa. Si osserva­
indagini immunofenotipiche inoltre consentono di no inoltre elementi granulocitari, talora prevalente­
caratterizzare le diverse popolazioni linfoidi che mente di tipo eosinofilo, istiociti anche in aggrega­
popolano il centro germinativo. Il CD20 è positivo zione granulomatosa, elementi con funzioni di pre­
sia negli elementi del mantello che del centro men­ sentazione antigenica (cellule interdigitate e cellule
tre BCL-2 è caratteristicamente negativo nel centro di Langerhans). In alcune zone inoltre, nonostante la
germinativo. Sono presenti anche elementi T (CD3, riduzione complessiva delle aree B, si possono osser­
CD5 positivi) in parte a fenotipo CD57+. Conside­ vare accumuli di plasmacellule derivanti dalla sti­
rando che un problema rilevante è rappresentato molazione T linfocitaria. Gli elementi linfoidi sono
dalla diagnosi differenziale con la controparte neo­ prevalentemente a fenotipo T (CD3+, CD4+ o

Fig. 1 - Iperplasia follicolare. Si riconoscono diversi follicoli di Pia. 2 - Follicolo reattivo. Riconoscibile perifericamente il man­
varie dimensioni e forma. Fra i follicoli riconoscibile una distin­ tello di piccoli linfociti, che delimita ¡1 centro germinativo. Que­
ta area paracorticale. st'ultimo ha composizione disomogenea e mostra "polarizza­
zione" in una zona scura, ricca in centrobiasti e una zona chia­
ra, più ricca in centrociti.
Unfoadeniti aspecifiche & 565
CD8+), talora con espressione di marcatori di attiva­ gico essenzialmente di tipo suppurativo che merita
zione (CD30+). Il marcatore architetturale che indica un breve accenno esplicativo. Lo Staphylococcus
la pertinenza T dell'area, anche in assenza dì caratte­ aureus, responsabile ad esempio di ascessi dentali, di
rizzazione immunofenotipica, è rappresentato dalle ascessi tubo-ovarici, di appendicite etc, nei linfono­
venule ad endotelio alto, strutture di rilievo nell'am­ di regionali provoca dapprima reazioni sinusali
bito della migrazione linfocitaria dal sangue periferi­ caratterizzate da istiocitosi e dilatazione del lume;
co al parenchima linfonodale (Fig. 3). successivamente i granulociti infiltrano il parenchi­
ma linfonodale con formazione di microascessi o di
focolai confluenti, più o meno estesi, di necrosi.
Isiiocitosi dei seni
Aspetti analoghi si possono osservare anche nelle
È uno dei quadri di più frequente riscontro, infezioni da yersinia, nella tularemia etc. Nella pra­
osservabile in una grande varietà di condizioni e tica diagnostica istopatologica tuttavia non sono di
molto comune nei linfonodi periviscerali del tratto frequente osservazione perché il quadro clinico-
gastroenterico. I seni usualmente sono ben evidenti lab oratoristico è usualmente sufficientemente
per il fatto di essere distesi da abbondante linfa e distintivo da orientare una adeguata terapia antibio­
occupati da un numero variabile di elementi istioci- tica senza dover ricorrere alla biopsia linfonodale.
tari. Questi, disposti lungo le pareti in modo da
costituirne la struttura o accumulati anche nel cen­
tro dello spazio sinusale, sono riconoscibili per il | Linfoadeniti specifiche
loro abbondante citoplasma eosìnofilo, omogeneo o Il termine specifica identifica una serie di linfoa-
vacuolizzato (Fig. 4). Talora la loro precipua attivi­ denopatie caratterizzate da un quadro morfologico
tà macrofagica è facilmente segnalata dalla presen­ distintivo che, in taluni casi, può anche essere pato-
za nel loro citoplasma di materiale fagocitato: que­ gnomonico di ben individuabili quadri morbosi; in
sto può essere esogeno o endogeno ma può essere altri casi l'aspetto morfologico, pur essendo pecu­
anche rappresentato da elementi cellulari; la pre­ liare, non è esclusivo o rappresenta una modalità di
senza di emazie in numero adeguato configura un reazione linfonodale comune a più malattie, di
quadro clinico-patologico di particolare rilevanza natura ed eziologia anche differente.
pratica (sindrome emofagocitica). Sul piano immu- Sul piano morfologico possono avere una orga­
noistochimico il CD68 è utile per il riconoscimento nizzazione granulomatosa o non-granulomatosa.
degli elementi istiocitari anche in assenza di attivi­
tà macrofagica. Linfoadeniti specifiche granulom atose

Unfoadeniti acute batteriche comuni Sono caratterizzate dalla presenza di granulomi


epitelioidi, aggregati di cellule istiocitarie giustap­
Numerosi agenti infettivi di natura batterica pos­ poste fra di loro tanto da assumere una fisionomia
sono causare un ingrossamento linfonodale di rapi­ simil-epiteliale (vedi Sarcoidosi). I granulomi pos­
da insorgenza, caratterizzato da un quadro morfolo­ sono essere privi di necrosi è in questo caso il qua­

Fìg. 3 - Area paracortìcale popolata prevalentemente da ele­ Fia. 4 - Porzione di linfonodo con seni dilatati; al loro interno
menti Iinfoi di di piccole dimensioni; più rari elementi di grandi linra, elementi macrofagici e linfoidi.
dimensioni ed isolate cellule di Langerhans. Riconoscibile sulla
destra una venula ad endotelio alto, elemento strutturale carat­
terizzante l'area paracorticale.
566 s« Linfoadeniti
dro paradigmatico è rappresentato dalla sarcoidosi. quadro clinico è dominato dalla tumefazione 1info­
In alcune situazioni patologiche i granulomi posso­ nodale isolata, senza un apparente coinvolgimento
no comprendere aree di necrosi con aspetti diversi: viscerale, per cui è verosimile l'esistenza di una dif­
di tipo caseoso (paradigmatico è il granuloma fusione anche per .via ematogena. I linfonodi inte­
tubercolare) o di tipo ascessuale, comune a più ressati sono in questo caso usualmente in sede cer­
malattie (linfoadenite da graffio di gatto, linfogra­ vicale e richiamano l'attenzione del medico per la
nuloma venereo, da yersinia, sono le forme più fre­ loro persistente tumefazione disgiunta da altri coin­
quenti), distinguibili fra loro sulla base di dati clini- volgimenti d'organo. Alterazioni di tipo tubercola­
cò-patologici complessivi. Oltre agli agenti su elen­ re si possono infine osservare anche in linfonodi
cati la reazione granulomatosa può essere indotta iliaci, in pazienti portatori di carcinoma della vesci­
anche da diversi altri agenti di natura batterica, ca trattati con bacillo di Calmette-Guérin, forma
fungina e protozoaria o anche dalla presenza di attenuata del m. tuberculosis.
materiale estraneo esogeno o endogeno. M orfologia. H linfonodo ingrossato può mostrare
aspetti indicativi dell'eziologia già all'ispezione
Linfoadenite tubercolare macroscopica in quanto gli estesi fenomeni di necro­
si si possono rilevare ad occhio nudo come aree
La tubercolosi, sostenuta dal mycobacterium asciutte, cremose, bianco-giallastre, che ricordano il
tuberculosis var. hominis e, più raramente, bovis, è "caseum" (donde il nome di necrosi caseosa).
una delle malattie infettive più diffuse nel mondo e, Istologicamente nel paziente non immunizzato la
nei paesi in via di sviluppo, ancora oggi ha un ele­ reazione tissutale è essenzialmente non-specifica, a
vato tasso di mortalità. Nei paesi economicamente carattere essudativo e necrotizzante. Nell'individuo
sviluppati l'infezione, dopo aver rappresentato un che abbia maturato la risposta immune (primaria) al
grave problema sanitario per secoli, ha mostrato bacillo tubercolare prevalgono gli aspetti proliferati­
una progressiva riduzione dell'incidenza; a partire vi che portano alla formazione del granuloma epite­
soltanto dalla metà degli anni 80 del secolo scorso si lioide di tipo tubercolare. I macrofagi infatti dopo
è osservata una ripresa del numero dei casi, feno­ aver fagocitato i micobatteri, provocano l'attivazione
meno associato soprattutto alla tossicodipendenza degli elementi T CD4-positivi con cui vengono a con­
o alla concomitante epidemia da HIV. L'uomo è tatto, con conseguente liberazione di citochine, inter­
infettato dal bacillo di Koch tramite l'inalazione (la ferone gamma e di fattori stimolanti l'attività fibro-
sede primaria di localizzazione è di solito il polmo­ blastica, elementi tutti che favoriscono l'aggregazio­
ne) o più raramente tramite l'ingestione (intestino e ne dei macrofagi in granulomi epitelioidi.
tonsille sono in questo caso le sedi più frequente­ Nella sua classica descrizione il granuloma
mente interessate). I linfonodi sono usualmente tubercolare, costituito da più strati di cellule epite­
interessati secondariamente, per diffusione linfatica lioidi, è centrato da necrosi di tipo coagulativo,
a partire dalle sedi primariamente colpite: i linfono­ "pulita", caratterizzata cioè da necrosi completa
di tracheo-bronchiali, ilo-mediastinici, mesenterici degli elementi cellulari, senza formazione di detriti
e, in genere, quelli periviscerali, sono quelli più fre­ Fig. 5). La necrosi può essere particolarmente
quentemente interessati. In taluni casi tuttavia il abbondante e portare alla confluenza di più granu­

Fig. 5 - Porzione di granuloma tubercolare; riconoscibile alla Fig. 6 - Granuloma tubercolare: fra gli elementi epitelioidi si
periferia (in basso e a destra}, il vallo istìocitario epitelioide e, identifica isolata cellula gigante plurinucfeata (cellula di Lan-
nel rimanente ambito, la necrosi "pulita", microscopicamente ghans}. Nella porzione sinistra si osservano iniziali fenomeni di
identificata come di tipo caseoso. fibrosi.
Linfoadeniti specifiche 567
lomi tanto da trasformarli in ampie formazioni a trapiantati o con AIDS; in quest'ultima evenienza
contorni irregolari costituite principalmente da possono rappresentare una complicanza grave
necrosi delimitata da ima sottile rima di elementi della malattia con elevato rischio di mortalità. Il lin­
epitelioidi, talora difficilmente identificabili. Nei fonodo, di solito asportato per escludere un linfoma
granulomi oltre agli elementi epitelioidi è presente o una neoplasia metastatica, mostra il quadro della
un numero variabile di cellule giganti (cellule di deplezione linfocitaria: architettura parzialmente o
Langhans) fomite di ampio citoplasma e di nuclei totalmente sovvertita, scomparsa dei follicoli, note­
multipli .disposti perifericamente, spesso a ferro di vole riduzione dei linfociti, marcata infiltrazione di
cavallo (Fig. 6). Il processo granulomatoso può macrofagi con citoplasma vacuolizzato, striato o
essere focale o coinvolgere estesamente il linfonodo schiumoso. L'aspetto di questi ultimi è dovuto al
tanto da renderne difficilmente identificabile la nor­ fatto che il loro citoplasma è ripieno di una grande
male struttura. quantità di MAI come si può confermare con la
Pur presentando aspetti morfologici peculiari, colorazione di Ziehl-Neelsen (Fig. 7). L'organizza­
una precisa definizione diagnostica richiede l'identi­ zione granulomatosa non fa parte del quadro.
ficazione dell'agente causale. Se la natura infettiva In taluni casi, e per motivi sconosciuti, gli ele­
del processo è clinicamente sospettata, è prassi molto menti istiocitari ricolmi di MAI assumono la forma
opportuna/necessaria quella di effettuare, al fusata tanto da simulare una neoplasia mesenchi-
momento dell'esecuzione della biopsia Iinfonodale, male, in particolare un sarcoma di Kaposi. Il ricono­
un prelievo per l'esame microbiologico. Nella prati­ scimento della forma infettiva da MAI, denominata
ca corrente tuttavia la natura tubercolare è frequen­ in questa manifestazione '‘pseudotum ore m icob a t-
temente sospettata solo al momento dell'osservazio­ terico a cellule fu sate", richiede ovviamente l'ausi­
ne istologica per cui è necessario effettuare la colora­ lio di metodi ausiliari.
zione di Ziehì-Neelsen, o altre colorazioni, in grado
di identificare i micobatteri; si tratta però di una atti­ Linfoadenite della lebbra
vità piuttosto defatigante in quanto la ricerca degli
scarsi bacilli presenti richiede una osservazione che Solo un breve cenno a questa forma assai rara
consuma molto tempo e che non di rado è senza suc­ nei paesi occidentali ma che ha rilevanti aree ende­
cesso. Attualmente è possibile ricercare la presenza miche soprattutto in Asia, dove è segnalato circa il
dei micobatteri con la metodica della PCR anche nel 60% dei casi. Nel linfonodo, analogamente a quan­
materiale fissato ed incluso in paraffina. to osservato negli altri organi, la malattia, sostenu­
L'evoluzione del processo è quella della progres­ ta dal microbacterium leproe, presenta due quadri
siva estensione dei fenomeni di necrosi cui seguono diversi:
usualmente la fibrosi e la deposizione calcifica; - la forma lepromatosa, espressione di un difetto
raramente si osserva colliquazione dell'essudato e nella difesa cellulare T (CD4 e CD8);
fistolizzazinne nei tessuti circostanti.
- la forma tubercoloide, caratterizzata da pronun­
ciata immunità cellulare.
Linfoadenite da micobatteri non-tubercolari
Nella forma lepromatosa è presente espansione
Si tratta di linfoadeniti che hanno assunto una
certa rilevanza negli ultimi anni. Sono sostenute da
una serie di micobatteri non tubercolari, denomina­
ti anche atipici, tra i quali sono da ricordare il m.
marinimi, il m. fortuitum, il m. kansasii e il m. scrofula-
ceum. Questi micobatteri sono responsabili di varie
manifestazioni cliniche, che comprendono anche la
tumefazione Iinfonodale, osservabili per lo più in
bambini o in pazienti farmacologicamente immu-
nodepressi per trapianto o per malattie ematologi­
che. Fra queste ultime la "hairy celi leukemia" è
una delle neoplasie ematologiche con più elevata
incidenza, verosimilmente per il difetto funzionale
dei monociti. Istologicamente si osservano altera­
zioni di tipo necrotico-suppurativo, di tipo granu­
lomatoso (del tutto indistinguibili da quelle della
tubercolosi) o l'associazione delle due.
Fra le forme atipiche, le linfoadeniti sostenute
dal m. avium e dal m. intracellulare (linfoadeniti da
MAI) meritano un breve cenno aggiuntivo. Le infe­
zioni da MAI si osservano solo eccezionalmente in Fig.7 - Linfoadenite da MAI (mycobacterium avium intracellu­
lare). Si osservano numerosi macrofagi con citoplasma ripieno
pazienti non immunocompromessi e rappresenta­ di micobatteri. Questi sono intensamente rosso porpora dopo
no per lo più una complicanza infettiva in pazienti- colorazione di Ziehl-Neelsen.
568 ^ Linfoadeniti
della paracorticale occupata da un gran numero di si riscontra ingrossamento dei linfonodi mesenteri­
elementi istiocitari fra i quali si identificano alcune ci per lo più in regione ileo-cecale.
cellule voluminose a citoplasma schiumoso ("cellule Per quanto riguarda la Franciseìla tularensis l'a­
della lebbra"), che contengono micobatteri in nume­ namnesi rivela il contatto con animali infetti (macel­
ro variabile a seconda della fase della malattia. lai, cacciatori sono gli individui più spesso colpiti).
Nella forma tubercoloide sono presenti granulomi Morfologicamente, il linfonodo presenta aspetti
epitelioidi non-necrotizzanti, simili a quelli della diversi a seconda della fase in cui si osserva. Le
sarcoidosi. Si possono osservare anche cellule alterazioni iniziali sono caratterizzate da piccoli
giganti tipo Langhans, mentre non sono presenti focolai di necrosi suppurativa situati preferenzial­
"cellule della lebbra". I micobatteri sono di difficile mente in sede sottocapsulare. Le lesioni conclamate
identificazione. sono rappresentate da ampi focolai confluenti di
Oltre l'interessamento linfonodale, sono da necrosi, di forma stellata, inglobanti detriti cellulari
ricordare anche le frequenti localizzazioni nella e granulocitari, delimitati da un vallo di elementi
cute e il tropismo per i nervi. epitelioidi (Fig. 8). I focolai possono interessare
limitate zone del linfonodo o occuparne compieta-
Linfoadeniti granulomatose con necrosi mente il parenchima fino a renderne irriconoscibile
la struttura. L'estensione nei tessuti molli circostan­
suppurativa
ti sotto forma di tragitti fistolosi è una evenienza
Si tratta di linfoadeniti, caratterizzate sul piano frequente che la biopsia linfonodale previene o ne
morfologico dalla presenza di focolai granulomato­ favorisce la guarigione.
si necrotizzanti di tipo suppurativo, che tuttavia Alcune colorazioni speciali, indagini sierologi­
riconoscono agenti causali diversi e che sono con­ che di laboratorio e, più recentemente, la tecnica
traddistinte da quadri clinico-patologici distintivi. della PCR rappresentano un valido sussidio nella
Le forme di più comune osservazione sono eziolo­ definizione eziologia del processo.
gicamente correlate alla Bartonella henselae (respon­
sabile della linfoadenite da graffio di gatto), alla Linfoadenite luetica
Chlamydia trachomatis (responsabile della linfoade­
nite del linfogranuloma venereo), mentre di più La sifilide, sostenuta dalla spirocheta Treponema
rara osservazione sono quelle sostenute dalla Yersi- pallidum, è malattia che negli anni ha conosciuto dif­
nia pseudotuberculosis (responsabile della linfoadeni­ ferenti andamenti epidemiologici. Attualmente i tos­
te mesenterica) e dalla Franciseìla tularensis (respon­ sicodipendenti sono gli individui a maggior rischio.
sabile della tularemia). La tumefazione linfonodale compare già nella fase
La Bartonella henselae colpisce individui usual­ primaria della malattia, in quanto le spirochete rag­
mente giovani, spesso bambini, che riferiscono di giungono per via linfatica i linfonodi loco-regionali/
aver familiarità con gatti o di essere stati da questi di solito quelli inguinali, provocandone aumento -di
morsi o graffiati; talvolta i segni traumatici cutanei volume non accompagnato da dolore. La sifilide
sono visibili ma spesso al momento della biopsia secondaria, che compare 6-8 settimane dopo la prima
sono scomparsi in quanto usualmente guariscono infezione, è caratterizzata da manifestazioni mucose
in 7-12 giorni. La linfoadenopatia, più frequente­ e cutanee e da linfoadenopatia generalizzata.
mente nelle sedi ascellare, epitrocleare, cervicale ed
inguinale, si può accompagnare a febbre, malessere
generale, mal di testa o dolori articolari.
La Chlamydia trachomatis, batterio intracellulare
obbligatorio, è trasmessa per via sessuale e colpisce
individui prevalentemente maschi eterosessuali o
omosessuali. La prima manifestazione della malat­
tia è pertanto localizzata ai genitali sotto forma di
lesioni simil-herpetiche che, soprattutto nel sesso
femminile, potendo essere localizzate nella cervice,
possono anche passare inosservate. La tumefazione
linfonodale è secondaria e interessa la sede inguina­
le, anche bilateralmente; nel sesso femminile l'inte­
ressamento dei linfonodi pelvici può essere respon­
sabile di linfangiti pelviche con conseguente linfo-
stasi vulvare o rettale.
La Yersima pseudotuberculosis colpisce più fre­
quentemente individui giovani ed è responsabile di
un quadro addominale che simula strettamente Fig. 8 - Linfoadenite aranulomatosa con necrosi ascessuaie. il
l'appendicite acuta. Per tale motivo infatti i pazien­ linfonodo è occupato aa ampi focolai confluenti di necrosi sup­
ti vengono spesso portati al tavolo operatorio dove purativa, delimitati da vallo ¡stiocitario.
Linfoadeniti specifiche & 569

Morfologicamente, il quadro è dominato dalla pediche e causare tumefazioni periarticolari e nei


iperplasia follicolare che può essere così marcata da linfonodi tributari.
simulare un linfoma follicolare. La capsula è ispes­ Morfologicamente, si tratta di processi granulo­
sita per infiltrazione flogistica e per fibrosi; è pre­ matosi epitelioidi, usualmente ricchi in cellule
sente anche vasculite. Un fenomeno abbastanza giganti da corpo estraneo, fomite di più nuclei e
caratteristico è rappresentato dalla spiccata infiltra­ spesso contenenti nel loro citoplasma il materiale
zione plasmacellulare che costituisce ampi aggrega­ incriminato. Nelle preparazioni istologiche il mate­
ti per lo più nella sede midollare dei linfonodi inte­ riale lipidico viene disciolto e pertanto nelle sezioni
ressati. La reazione granulomatosa è un fenomeno appare sotto forma di vacuoli otticamente vuoti. Se
relativamente frequente e giustifica che questa questi sono costituiti da colesterina cristallizzata,
malattia venga trattata in questa sede. I granulomi come succede spesso in focolai emorragici o di
epitelioidi sono di dimensioni usualmente mode­ necrosi cheratinica, gli spazi vuoti hanno forma
ste, di tipo sarcoideo, vale a dire privi di necrosi. aghiforme (granulomi colesterinici) (Fig. 9). Lo stu­
Possono essere presenti anche cellule giganti tipo dio dei tessuti a luce polarizzata può inoltre aiutare
Langhans; è interessante notare che queste ultime ad identificare il materiale altrimenti no facilmente
possono essere anche indipendenti dal granuloma e riconoscibile.
trovarsi isolate e disperse tra i linfociti.
Linfoadeniti specifiche non granulomatose
Linfoadeniti granulomatose da corpo estraneo
Toxoplasmosi
Come già accennato nella trattazione della sar-
coidosi, anche sostanze di natura endogena o eso­ La toxoplasmosi, sostenuta dal protozoo Toxo-
gena possono indurre ima reazione granulomatosa plasma gondii, rappresenta una delle più frequenti
epitelioide. Fra queste, è da ricordare il materiale malattie parassitane, anche se non è così evidente,
lipidico responsabile di formazioni granulomatose come dovrebbe, in quanto è per lo più caratterizza­
nei linfonodi che drenano l'albero biliare, ematomi, ta da un decorso subclinico. L'elevata frequenza
focolai di necrosi del tessuto adiposo o sedi di intro­ con cui si riscontrano anticorpi anti-toxoplasma
nella popolazione (50%-90% degli individui adulti
duzione di farmaci oleosi. Un esempio ulteriore di
questa reazione è rappresentato dalla reazione lin- a seconda delle aree geografiche) documenta
comunque l'elevata incidenza dell'infezione. Il
fonodale secondaria a linfangiografia, metodica di
complicato ciclo vitale del parassita è completo solo
studio introdotta per visualizzare radiologicamente
nel gatto e in alcuni roditori mentre l'uomo ed altri
i linfonodi profondi addominali ma attualmente di
mammiferi rappresentano ospiti intermedi. L'infe­
scarso uso o del tutto abbandonata.
zione avviene più frequentemente tramite l'inge­
Altra sostanza incriminata è il silicone, usato
stione di terra contaminata con ovocisti (eliminate
soprattutto nella chirurgia estetica e ricostruttiva
con le feci dai gatti) o di cibi infetti poco cotti.
della mammella e responsabile di tumefazione lin-
Forme più rare di trasmissione sono dovute a pas­
fonodale soprattutto ascellare che può simulare la
saggio transplacentare, responsabile di infezioni
situazione metastatica. Materiale metallico, cerami­
fetali, anche gravi o fatali, caratterizzate da lesioni
che o polietilene possono derivare da protesi orto-
oculari e cerebrali; ulteriore fonte dì trasmissione
può essere rappresentata dal trapianto di organi
infetti (più frequentemente reni) che possono veico­
lare inavvertitamente il parassita, tra l'altro in indi­
vidui con immunosoppressione terapeutica.
Le ovocisti, una volta ingerite, liberano nell'inte­
stino dell'uomo i trofozoiti che si diffondono nel­
l'organismo per via linfatica ed ematica e vengono
fagocitati dai macrofagi per essere veicolati nei vari
organi. Se l'individuo è immunocompromesso i tro­
fozoiti proliferano rapidamente (tachizoiti) mentre,
nella maggior parte dei casi, negli individui immu-
nologicamente competenti, crescono molto lenta­
mente (bradizoiti) e si incistano nei vari organi. Sul
piano clinico il quadro più comune è rappresentato
da linfoadenopatia localizzata che può essere asin­
tomatica o accompagnata da segni aspecifici, quali
febbre o mialgie. I linfonodi più frequentemente
Fig.9 - Granuloma giaantocellulare da corpo estraneo "endo­ interessati sono quelli laterocervicali, nucali e
geno" (colesterina). AlPinterno delle cellule giganti si identifica­ sovraclaveari. Sono di consistenza sostenuta, pos­
no "in negativo" come spazi otticamente vuoti le aree occupa­ sono raggiungere le dimensioni anche di 2-3 cm,
te dai cristalli di colesterina, disciolti durante la preparazione
istologica. scompaiono dopo pochi giorni ma possono persi­
570 Linfoadeniti
stere anche per alcuni mesi simulando, in questo valutata con la necessaria attenzione, per raggiun­
caso, l'insorgenza di un linfoma. gere una diagnosi di certezza è necessario eseguire
Morfologicamente, l'architettura linfonodale, pur la biopsia linfonodale.
conservata, è modificata da un quadro peculiare, L'agente eziologico è l'EBV, virus a DNA, diffu­
già ben descritto quasi 50 anni fa da Piringer- so in tutto il mondo e responsabile di quadri diver­
Kuchinka e contraddistinto dalla presenza della si a seconda delle condizioni socioeconomiche delle
c.d. triade: iperplasia follicolare, piccoli aggregati di popolazioni colpite.
cellule epitelioidi e linfociti B monocitoidi nei seni. Le popolazioni con bassi livelli socioeconomici
L'iperplasia follicolare comprende numerosi folli­ infatti hanno una alta incidenza di infezione (siero­
coli con centri germinativi ricchi in macrofagi ed in logia positiva nel 100% della popolazione) con un
elementi centrofollicolari proliferanti. Gli aggregati quadro clinico inizialmente silente; ma dato il per­
epitelioidi sono costituiti da pochi elementi istioci- durare deirinfezione è elevato il rischio di svilup­
tari giustapposti, non accompagnati da cellule pare nel tempo linfomi, in particolare il linfoma di
giganti plurinucleate, che si distribuiscono nella Burkitt e il LH.
paracorticale o tendono ad invadere i follicoli con­ Per contro, nelle popolazioni di alto livello
ferendo un aspetto tarlato ai loro contorni. Gli ele­ socioeconomico l'infezione è presente in circa il
menti linfoidi B monocitoidi sono così denominati 50% degli individui, è responsabile di una malattia
perché forniti di citoplasma chiaro discretamente acuta autolimitantesi che insorge prevalentemente
rappresentato che conferisce loro un aspetto simil- in adolescenti e nei giovani adulti. Sul piano clinico
istiocitario (Fig. 10). Nei pazienti immunocompe- si tratta di un quadro che, dopo una incubazione di
tenti è del tutto eccezionale il riconoscimento dei 30-40 giorni, è essenzialmente rappresentato da
parassiti sotto forma di tachizoiti (espressione di faringite, febbre e tumefazione linfonodale e talora
malattia in fase acuta) o di cisti con bradizoiti da epato-splenomegalia. La linfo-monocitosi è
(espressione di malattìa cronica). caratteristica e si associa alla presenza di elementi
linfoidi atipici circolanti (cellule di Downey). In
Mononucleosi alcuni casi il quadro è sfumato, tanto da passare
inosservato, oppure è caratterizzato solo da astenia
Anche se rappresenta il prototipo delle linfoade­
e vago malessere. La linfoadenopatia, localizzata
niti virali, è un quadro che di norma non dovrebbe
per lo più alla sede laterocervicale o anche genera­
essere osservato dal patologo perché la diagnosi di
lizzata, è di rapida insorgenza e rappresentata da
malattìa dovrebbe essere raggiunta senza l'asporta­
linfonodi di discrete dimensioni. La malattia ha
zione linfonodale. Anzi la stessa biopsia linfonoda­
le può rappresentare un rischio per il paziente in usualmente decorso benigno salvo che i pazienti
quanto il quadro istopatologico può essere così non abbiano difetti immunitari. È infatti noto che i
preoccupante da simulare un processo maligno e pazienti trapiantati o affetti da AIDS possono svi­
da indurre pertanto alla formulazione di una dia­ luppare con maggiore frequenza quadri linfoproli-
gnosi di linfoma maligno aggressivo. In taluni casi ferativi neoplastici particolarmente aggressivi
tuttavia, o perché il quadro è sfumato o perché la indotti dairinfezione dell'EBV.
sierologia non aiuta o perché la clinica non è stata Analogamente i pazienti con malattia di
Duncan, in cui è presente un difetto genetico reces­
sivo legato al cromosoma X, a causa del quale i lin­
fociti T sono incapaci di controllare la proliferazio­
ne dei linfociti B infettati dall'EBV, sviluppano una
mononucleosi a decorso fatale, con anemia aplasti­
ca ma anche un linfoma B.
Morfologicamente, il linfonodo mostra struttura
profondamente modificata e distorta anche se non
completamente sovvertita. Nelle fasi iniziali i folli­
coli possono essere ben riconoscibili e mostrare atti­
va proliferazione per la presenza di centri germina­
tivi chiari. Le modificazioni più vistose si osservano
però nell'area paracorticale dove è presente una
popolazione di cellule linfoidi di varie dimensioni
fra le quali aumentano progressivamente gli ele­
menti a fisionomia immunoblastica, spesso in mito­
si. Questi ultimi possono essere così numerosi e
riuniti in ampi aggregati tanto da simulare un linfo­
ma non-Hodgkin (Fig. 11). Taluni elementi possono
anche assumere fisionomia simile a quelle delle cel­
Fig. 10 - Linfoadenite da toxopiasmosi con triade diagnostica:
follicolo iperplastico (a sinistra), nidi di cellule epitelioidi (in lule di R-S. Sulla base delle conoscenze immunolo-
basso a destra) e linfociti B "monocitoidi" (a destra, in alto). giche, suffragate anche dalle informazioni derivan-
Linfoadeniti specifiche ^ 571

non specifiche, sono molto indicative del decorso


clinico della malattia. I pazienti infettati in vario
modo dal virus (trasfusioni, contatti sessuali, mate­
riale infetto) presentano una fase acuta simil-
influenzale della durata di qualche settimana carat­
terizzata da malessere, febbre e tumefazione linfo-
nodale, seguita da una fase cronica di latenza clini­
ca che dura diversi anni, per lo più senza sintomi,
ma con persistente linfoadenopatia, localizzata in
una o più sedi linfonodali. Nella prima fase il virus,
che ha un particolare tropismo per i linfociti T, le cel­
lule dendritiche e i monociti, è disseminato per via
ematogena e si localizza negli organi lintoidi, dove
evoca una marcata risposta immunitaria. La fase
cronica è caratterizzata da una progressiva distru­
zione dei linfociti CD4+, ben valutabile dall'alterato
Fig. 11 - Linfoadenite da mononucleosi: !a particolare ricchez­ rapporto CD4/CD8, fino a raggiungere valori tali
za in elementi immunoblastici può rendere difficile i! riconosci­
mento delia natura reattiva, e non neopiastica, del processo. da instaurare un chiaro stato di immunodeficienza,
responsabile deU'insorgenza di infezioni opportuni­
stiche e di neoplasie (terza fase dell'AIDS). Di con­
seguenza nel linfonodo, a seconda del momento cli­
ti dalle indagini immunoistochimiche, è possibile nico in cui è effettuata la biopsia, si possono osser­
ora capire come il processo si sviluppa. L'EBV, vare, schematicamente, tre diversi quadri:
entrato neirorganismo per la via orofaringea, infet­
- Pattern A o della iperplasia follicolare florida. È pre­
ta i linfociti B e ne stimola la proliferazione ma a sua
sente una marcata iperplasia follicolare rappre­
volta evoca anche una risposta T di tipo citotossico
sentata da follicoli voluminosi, talora di forma
con lo scopo di eliminare le cellule infettate. Con
irregolare, fomiti di ampio centro germinativo
riirununoistochimica si può infatti dimostrare che
con elevata attività replicativa e comprendenti
la maggior parte dei linfociti di piccole dimensioni,
numerosi macrofagi contenenti corpi tingibili. Il
e parte di quelli a fisionomia blastica, sono a fenoti­
mantello è ridotto di spessore e presenta contor­
po T, CD8+, granzyme-B positivi; mentre la mag­
ni irregolari per la penetrazione nel centro ger­
gior parte degli elementi blastici sono a fenotipo B
minativo di piccoli linfociti, fenomeno descritto
(CD20+) e infettati dall'EBV (LMP1+, EBER+).
col termine di follicololisi. La presenza del virus
nelle cellule follicolari dendritiche può essere
Altre infezioni virali documentata immunoistochimicamente usando
Infezioni dovute ad altri virus herpetici quali il un anticorpo contro una delle proteine virali, ad
citomegalovirus e il virus varicella-herpes zoster e esempio p24. All'esterno dei follicoli si possono
osservare focolai emorragici, aggregati di cellule
al virus del morbillo possono essere responsabili di
monocitoidi, raccolte di elementi granulocitari o
alterazioni linfonodali molto simili a quelle osser­
cellule multinucleate isolate, tipo Warthin-Fin-
vate nella mononucleosi. Il quadro generale è
keldey, simili a quelle riscontrabili nella linfoa­
dominato dalla ricca proliferazione immunoblasti-
denopatia morbillosa.
ca con conseguente marcata alterazione della strut­
tura generale che provoca notevoli difficoltà dia­ - Pattern B. È un quadro di transizione nel quale si
gnostiche. Il pericolo maggiore in questi casi è quel­ osserva una progressiva distruzione dei follicoli
lo di non identificare il processo infettivo e di for­ e, nelle aree interfollicolari, una riduzione degli
mulare la diagnosi di linfoma maligno. L'attenta elementi linfocitari, aumento delle plasmacellu-
valutazione delle modificazioni architetturali e cel­ le e della componente vascolare.
lulari è assolutamente necessaria. Di sicuro aiuto - Pattern C o della deplezione linfocitaria. Il linfono­
diagnostico è il rilievo degli inclusi virali nei nuclei do mostra una scarsa cellularità linfocitica su
delle cellule infettate, che possono essere anche ben cui, per contrasto, risalta una ricca componente
caratterizzati immunoistochimicamente con l'uso vascolare. I follicoli sono ridotti di dimensioni e
di specifici anticorpi; le metodiche di ibridazione in con progressiva sostituzione fibrosa. Per contro
situ o di PCR e i test di laboratorio possono essere possono essere di numero aumentato le plasma-
di particolare significato diagnostico. cellule e gli elementi macrofagici. Questi ultimi
devono essere attentamente valutati e studiati
anche con colorazioni speciali per documentare,
Linfoadenite HlV-correlata
nel loro citoplasma, la possibile presenza di
L'infezione sostenuta dall'HIV è responsabile nel agenti infettivi, in particolare funghi e micobat-
linfonodo di una serie di modificazioni che, sebbene teri (vedi linfoadenite da MAI).
572 ® Linfoadeniti
È da ricordare che nella attuale pratica clinica, essi sono responsabili di tumefazioni linfonodali
essendo ormai ampiamente nota la storia naturale che possono raggiungere le dimensioni anche di
della malattia, raramente si ricorre alla biopsia lin- diversi centimetri.
fonodale nelle fasi iniziali mentre l'osservazione del
linfonodo può dare utili informazioni quando si
a) Forma ialino-vascolare (o angio-follicolare). Si
osserva marcata iperplasia dei follicoli che
sospetti il sovrapporsi di infezioni opportunistiche
occupano la totalità del linfonodo sino ad alte­
o l'insorgenza di un processo neoplastico (linfoma
rarne completamente la struttura. I follicoli
o sarcoma di Kaposi).
mostrano tuttavia modificazioni caratteristiche:
sono infatti di piccole dimensioni, talora fusi tra
Linfoadenopatia di Castleman loro e forniti di ampio mantello; i centri germi­
nativi risultano frequentemente penetrati
Inizialmente descritta come quadro patologico
radialmente da vasi capillari con parete ispessi­
benigno, essenzialmente caratterizzato da massa
ta e ialinizzata e, progressivamente depaupera­
localizzata nel mediastino, lo spettro della malattia
nel corso degli anni si è ampliato includendo forme ti della loro componente linfoide (la componen­
extra-toraciche e multistazionali nonché modifica­ te dendritica può essere quella maggioritaria), a
zioni istopatologiche differenti. Attualmente è con­ loro volta mostrano evoluzione ialina. Il quadro
siderata essere un processo linfoproliferaivo beni­ che così si configura è del tutto singolare tanto
gno sistemico caratterizzato da due quadri istopa- da ricordare ad alcuni la forma del "lecca-
tologici tipici, ma non specifici: lecca". L'involuzione dei centri germinativi,
accompagnata dalla persistenza di numerosi
- quello ialino-vascolare; linfociti del mantello, disposti su più file con­
- quello plasmacellulare (verosimilmente correla­ centriche, ricorda inoltre un'immagine c.d. "a
ti a situazioni di alterata regolazione immunita­ bulbo di cipolla". Nelle aree interfollicolari è
ria). presente una marcata proliferazione vascolare
con le caratteristiche delle venule ad endotelio
Clinicamente, la presentazione può essere assai alto che presentano fenomeni di ialinosi della
diversa: parete (Fig. 12).
- La forma ialino-vascolare è prevalentemente b) Forma plasmacellulare. Analogamente alla
caratterizzata dall'insorgenza, più frequente­ forma precedente, i follicoli sono prevalenti ma
mente in età giovanile, di ima massa unica, usualmente non presentano le caratteristiche
situata in sede mediastinica, non accompagnata modificazioni involutive anche se, aspetti di
da sintomi o, eventualmente, da segni di com­ varia involuzione e di ialinosi si possono
pressione tracheobronchiale. comunque osservare. L'aspetto caratterizzante è
- La forma plasmacellulare è più frequentemente rappresentato dalla presenza in sede interfolli-
multistazionale, con particolare interessamento colare di ampie raccolte di plasmacellule usual­
del distretto mesenterico e retroperitoneale e si mente policlonali ma, in rari casi, anche mono­
accompagna a sintomi clinici (febbre, sudorazio­ clonali. Come già accennato la forma è più fre-
ne, affaticamento, perdita di peso) e alterazioni
laboratoristiche.
Fra queste ultime sono da ricordare l'anemia,
l'aumento della VES, l'ipergammaglobulinemia
usualmente policlonale. Inoltre si possono osserva­
re associati quadri di artrite reumatoide in pazienti
con AIDS o con successivo sviluppo di sarcoma di
Kaposi.
Se la forma ialino-vascolare, data la sua preva­
lente localizzazione singola, è una malattia che può
essere trattata con successo dalla chirurgia, la forma
plasmacellulare (e più in genere la malattia quando
è multistazionale) presenta un decorso più variabi­
le caratterizzato anche da recidive, evoluzione
aggressiva o verso il linfoma e pertanto richiede
provvedimenti terapeutici diversificati.
Morfologicamente, molto schematicamente, si
possono distinguere due quadri differenti che non è
chiaro se rappresentino due stadi di una medesima Fig. 12 - Malattia di Castleman. Riconoscibili due follicoli con
aspetto "a bulbo di cipolla", con fenomeni di ¡alinosi. Si rico­
sindrome, due differenti modalità di risposta allo noscono inoltre, più chiaramente a destra, vasi di discreto cali­
stesso antigene o due entità separate. In ogni caso bro che penetrano nel follicolo.
Unfoadeniti specifiche & 573

quentemente associata al quadro clinico sistemi­ casi di simultanea localizzazione extralinfonodale


co con localizzazioni multiple. in sede cutanea, con aspetti che richiamano il LES.
In rari casi inoltre è segnalata una modesta leucope-
Molto resta ancora da comprendere circa la pre­
nia con linfocitosi relativa.
cisa collocazione nosologica della malattia, ma
Morfologicamente, il carattere distintivo è rappre­
alcuni dati recenti possono introdurre elementi utili
sentato da focolai multipli di necrosi (Fig. 13). Que­
alla sua interpretazione. Nella forma plasmacellula­
sti costituiscono aree di forma e contorni irregolari,
re è segnalata una iperproduzione di interleuchina
talora confluenti; sono localizzate nella paracortica­
6 (rilevabile con metodiche immunoistochimiche
le ma potenzialmente estese anche in ampie aree
negli elementi linfoidi del centro germinativo e del
linfonodali fino a guadagnarsi anche la corticale.
mantello, nonché con le indagini di laboratorio nel
Sono formate da depositi di materiale fibrinoide
siero dei pazienti), mentre un simile fenomeno non comprendenti detriti cellulari e da nuclei in cario-
si osserva nella variante ialino-vascolare.
ressi; elemento caratterizzante è l'assenza dei gra-
Analogamente e soprattutto nei casi plasmacel­ nulociti. Talora i focolai sono costituiti da una com­
lulari associati o con successiva evoluzione verso il mistione di cellule apoptotiche, macrofagi e detriti
sarcoma di Kaposi o l'AIDS, è stata segnalata la nucleari. Alla periferia delle aree necrotiche si
possibile presenza del virus HHV8. È quindi proba­ osservano numerosi istiociti in spiccata attività
bile che la forma localizzata ialino-vascolare rap­ macrofagica, immunoblasti, linfociti di piccole
presenti una entità clinico-patologica distinta da dimensioni e aggregati di monociti plasmocitoidi.
quella diffusa, prevalentemente plasmacellulare, e Con le indagini immunofenotipiche i macrofagi
che quest'ultima costituisca una particolare modali­ risultano ben evidenti per la CD68 positività, i lin­
tà di risposta dell'ospite in presenza di stimoli di fociti risultano in gran parte T a fenotipo prevalen­
varia natura, sia virale che autoimmunitaria. temente CD8+, mentre i monociti plasmocitoidi
sono CD74+.
Linfoadenopotia necrotizzante d i Kikuchi Considerata la variabile composizione delle aree
necrotiche è stata anche proposta la distinzione in
Si tratta di una linfoadenopatia di raro riscontro
quattro categorie morfologiche distinte denomina­
nei paesi occidentali e più frequente invece in Asia
te:
ed in particolare in Giappone, dove è stata inizial­
mente descritta. Colpisce prevalentemente soggetti a) linfoistiocitica (prevalentemente proliferativa);
di sesso femminile di età assai variabile ma prefe­ b) fagocitica (ricca in macrofagi e con necrosi uni-
renzialmente intorno ai 30 anni. La stazione più fre­ cellulare);
quentemente interessata è quella cervicale, per lo
più con coinvolgimento monolaterale, ma anche - necrotica (focolai di necrosi);
bilaterale. Il quadro clinico è silente o può talora - a cellule schiumose (macrofagi con citopla­
caratterizzarsi per febbre modesta, arrossamento sma vacuolizzato alla periferia della necrosi).
della gola o rash cutaneo. Il decorso è benigno con AI di là della riproducibilità di una tale distin­
regressione completa della linfoadenopatia nell'ar­ zione, è verosimile che il quadro sia inizialmente
co di poche settimane o di mesi, pur potendosi rappresentato da circoscritti focolai di immunobla­
osservare episodi di recidiva. Sono segnalati rari sti e di monociti plasmocitoidi con necrosi molto
limitata, che successivamente prevalgano i fenome­
ni di apoptosi e di necrosi e che infine i macrofagi
siano coinvolti nel riassorbimento della necrosi.
La natura del processo rimane comunque anco­
ra non spiegata. Anche se sul piano clinico l'eziolo­
gia virale potrebbe sembrare quella più probabile, i
vari tentativi di trovare un agente causale sono fal­
liti. Studi riguardanti l'EBV e il virus HHV6 hanno
dato risultati negativi, mentre controversi sono
quelli col virus HHV8.
Sul piano pratico bisogna infine ricordare che la
forma va chiaramente identificata e non erronea­
mente diagnosticata come processo maligno, even­
to purtroppo possibile soprattutto nelle lesioni a
ricca componente immunoblastica. Un accenno
particolare inoltre merita la sua distinzione dalla
linfoadenopatia che si riscontra nei pazienti affetti
da LES. Per alcuni Autori i due processi non sono
Fig. 13 - Linfoadenite necrotizzante di Kikuchi. Area costituita tra loro distinguibili mentre la presenza di granulo-
da detriti cellulari. cellule in apoptosi ed elementi linfoidi di riti, di corpi ematossilinofili e del fenomeno di
grandi dimensioni. Azzopardi dovrebbero orientare verso il LES.
574 ss Linfoadeniti
Tenendo conto di queste opinioni differenti, nelle cellulari di colore chiaro e ad aggregazione nodula-
nostre aree geografiche è opportuno, prima di for­ re che possono rendere complesso il riconoscimen­
mulare una diagnosi di linfoadenopatia di Kikuchi, to della normale struttura (Fig. 14).
verificare se il paziente ha ima storia nota di LES o La paracorticale, comunque espansa, mostra
se sono presenti segni laboratoristici di quest'ulti­ ima composizione cellulare profondamente modifi­
ma malattia (ad es. anticorpi anti DNA). cata in quanto popolata da cellule di Langerhans ed
interdigitate commiste ad un numero variabile di
Linfoadenopatia dermatopatica istiociti e di linfociti. Le cellule di Langerhans e
quelle interdigitate, fra loro non distinguibili nelle
Si tratta di una linfoadenopatia reattiva associa­ sezioni istologiche, sono fornite di citoplasma chia­
ta a dermatosi croniche e caratterizzata da aumento ro, a limiti indistinti e di nucleo pallido e con con­
numerico delle cellule di Langerhans ed interdigita- torni irregolari per la presenza di profondi ripiega­
te nonché di macrofagi talora contenenti nel loro menti della membrana nucleare. La distinzione tra
citoplasma accumulo di pigmento melanico e di le due cellule è tuttavia facilitata dalla microscopia
lipidi (donde la denominazione, ormai desueta, di elettronica che consente di evidenziare i granuli di
linfoadenopatia lipo-melanotica). Birbeck, presenti solo nelle cellule di Langerhans.
La tumefazione linfonodale compare, dopo un I macrofagi, presenti in discreto numero, sono
lasso di tempo variabile da alcuni mesi ad alcuni facilmente riconoscibili per il pigmento melanico o
anni, in pazienti portatori di malattie cutanee croni­ emosiderinico situato nel loro citoplasma; i vacuoli
che a carattere prevalentemente esfoliativo quali lipidici citoplasmatici hanno una loro parte nella
psoriasi, neurodermatiti, eczema, pemfigo; ma determinazione del colorito pallido della lesione.
anche in pazienti affetti da micosi fungoide e sin­ I linfociti distribuiti fra le cellule dendrìtiche e
drome di Sézary. Considerata la natura secondaria macrofagiche sono di piccole dimensioni e si asso­
del processo, i linfonodi più frequentemehte inte­ ciano ad un numero variabile, usualmente mode­
ressati sono quelli ascellari ed inguinali ma il coin­ sto, di granulociti eosinofili o di plasmacellule.
volgimento linfonodale può essere anche generaliz­ Le venule ad endotelio alto sono riconoscibili
zato. Accanto all'ingrossamento linfonodale, ma non particolarmente rappresentate.
discreto ed usualmente non molto vistoso, sono Con le metodiche immunoistochimiche le cellu­
presenti anche i segni relativi alla malattia cutanea
le di Langerhans ed interdigitate risultano CDla-i- ;
di base e fra questi uno dei più comuni è il prurito.
la proteina S100 mette in evidenza l'aspetto dendri­
Morfologicamente, il processo si localizza essen­
tico e ramificato del loro citoplasma. I linfociti
zialmente nella zona paracorticale che risulta pro­
hanno immunofenotipo T prevalentemente CD4+
gressivamente espansa. Inizialmente ci può essere
ed i macrofagi risultano CDla-, SI 00- e CD68+.
anche una concomitante stimolazione dell'area cor­
La base patogenetica del processo è la presenza
ticale con la presenza di follicoli iperplastici ma, col
di antigeni esogeni ed endogeni che, identificati a
progredire del quadro, le aree T si espandono fino
livello cutaneo dalle cellule di Langerhans, vengo­
ad occupare quasi completamente il linfonodo. In
no da queste veicolati tramite la via linfatica al lin­
questi casi non è infrequente osservare ampie aree
fonodo dove, in sede paracorticale, evocano la
risposta cellulare suddescritta.
Sul piano pratico bisogna segnalare che:
1. a prescìndere dal quadro ben definito ora
descritto, modificazioni dì tipo dermatopatico
possono essere, focalmente e senza particolare
significato, riscontrate anche in linfonodi con
iperplasia aspecifica;
2. la diagnosi talvolta può essere di particolare
difficoltà e si può incorrere nell'errore di inter­
pretare la lesione come neoplastica;
3. qualora la linfoadenopatia fosse secondaria a
micosi fungoide o sindrome di Sézary, il quadro
istologico può essere indistinguibile da quello
descritto in precedenza.
Una localizzazione linfomatosa iniziale è morfo­
logicamente non identificabile e in questa evenien­
Fig. 14 - Linfoadenopatia dermatopatica. Architettura forte­ za la biologia molecolare, con la dimostrazione del
mente modificata dalla presenza ai nodulazioni cellulari di
aspetto "chiaro". L'aspetto chiaro è dovuto alla ricchezza in riarrangiamento clonale del gene del recettore T,
cellule di Langerhans e in macrofagi. può essere dirimente.
Unfoadeniti specifiche s 575
Linfoadenopatia di Rosai-Dorfman le proteggono dalla fagocitosi e pertanto sono vita­
li, si parla non di fagocitosi ma di "emperipolesi"
Si tratta di una linfoadenopatia molto rara e a (Fig. 15). Alcune cellule sono tuttavia degradate e
segnalazione per lo più aneddotica. Come si può trasformate in detriti cellulari. Tra i seni e nei cordo­
essenzialmente ricavare dai dati raccolti nel Regi­ ni della midollare si osserva un gran numero di pla­
stro istituito ad hoc presso l'Università di Yale, col­ smacellule mature, talvolta binucleate, commiste a
pisce prevalentemente giovani adulti, prevalente­ linfociti e a macrofagi.
mente maschi, ed è caratterizzata da una marcata I linfociti sono a fenotipo B e T e le plasmacellu­
tumefazione che interessa non solo i linfonodi ma le sono policlonali come documentato dalle metodi­
che può localizzarsi anche nell'orbita, nelle vie che immunoistochimiche e molecolari. Gli elementi
respiratorie superiori, nel tratto gastroenterico, istiocitari che occupano i seni hanno un fenotipo
nelle meningi e in diversi altri distretti. La tumefa­ particolare: esprimono infatti, analogamente agli
zione è per lo più l'unico segno e può essere anche istiociti, CD14, C D llc e CD68; sono CD30+ (come
particolarmente voluminosa (donde il nome talora gli istiociti attivati); sono inoltre S100+ (come le cel­
usato di "istiocitosi dei seni con linfoadenopatia lule di Langerhans), DRC+ (come le cellule reticola­
massiva") senza dare alcun disturbo se si eccettua ri dendritiche) e talvolta anche CDla-k Dai dati
la deformità locale. In alcuni casi la malattia si finora disponibili si evince che queste cellule appar­
associa ad .un episodio febbrile aspecifico con o tengono alla linea macrofagico-istiocitaria ma non è
senza faringite o sudorazione notturna mentre è chiaro quale preciso membro esse rappresentino. E
del tutto eccezionale un decorso aggressivo e fata­ possibile che siano dei macrofagi attivati da ele­
le, osservato tuttavia in pazienti con localizzazioni menti T di recente migrati nei seni dal torrente cir­
multistazionali e alterazioni immunitarie quali sin­ colatorio.
drome di Wiskott-Aldrich, flogosi articolari o glo- Nonostante l'aspetto istologico talvolta note­
merulonefrite. Nel siero è talvolta riscontrabile una volmente preoccupante la malattia è benigna; i rari
modesta ipergammaglobulinemia policlonale; ci casi fatali sono dovuti alle complicanze dovute alla
può essere inoltre inversione del rapporto sede coinvolta o alle concomitanti alterazioni
CD4/CD8. immunitarie.
Morfologicamente, il quadro istologico è domina­
to dalla cospicua dilatazione dei seni che si espan­ Linfoadenite da farmaci
dono a scapito delle restanti componenti linfonoda-
li. I seni sono occupati da linfa e da un gran nume­ Si tratta di una categoria eterogenea che com­
ro di voluminosi elementi a fisionomia macrofagica prende modificazioni ben note, secondarie all'uso
dotati di abbondante citoplasma e di nucleo roton­ di determinati farmaci (ad es. cortisone, metotrexa-
deggiante per lo più fornito di evidente nucleolo. te, idantoinici) oppure quadri di iper-reattività
Un carattere peculiare e distintivo è dato dalla pre­ immunologia di riscontro sporadico. Il problema è
senza, nel citoplasma degli elementi istiocitari, di reso ancora più complicato dal fatto che non sem­
linfociti, di eritrociti e di granulociti; per il fatto che pre la storia dell'assunzione di farmaci è nota o ben
indagata e che per diversi farmaci la comparsa della
tali cellule sono per Io più contenute in vacuoli che
linfoadenopatia è un fenomeno nuovo non segnala­
to in precedenza.
Le modificazioni istologiche osservate possono
essere assai differenti, variabili da quadri reattivi
benigni fino a lesioni con i caratteri del linfoma di
Hodgkin o non-Hodgkin. Una caratteristica comu­
ne, valida per tutte le forme ( in parte anche per
quelle a fisionomia neoplastica) è rappresentata dal
fatto che il quadro patologico spesso regredisce con
la sospensione del farmaco. Alcune di queste forme
saranno qui di seguito brevemente menzionate.
© Linfoadenopatia da anticonvulsivanti (Sindro­
me da ipersensibilità agli anticonvulsivanti). E
una delle linfoadenopatie da farmaci storica­
mente più nota e correlata alla somministrazio­
ne di fenilidantoina, carbamazepina e fenobarbi-
tale. La linfoadenopatia non è isolata ma fa parte
di un insieme di numerosi sintomi e segni secon­
dari alla comparsa di una reazione allergica
Fig. 15 - Linfoadenopatia di Rosai-Dorfman: seni dilatati ed generalizzata. I pazienti infatti presentano,
occupati da elementi istiocitari. Alcuni di questi contengono,
nel loro citoplasma, elementi linfoidi (fenomeno del!"'emperi- usualmente dopo un periodo di settimane o
polesi"). Fra i seni elevato numero di plasmacellule. mesi dall'assunzione del farmaco e indipenden-
576 s? Unfoadeniti
iperplastico e particolarmente ricco in elementi
immunoblastici aventi fisionomia plasmocitoi-
de. In altri casi la componente blastica è numeri­
camente ancora più consistente tanto da confi­
gurare le caratteristiche di un linfoma diffuso a
grandi cellule. In altre situazioni, infine, si può
osservare un quadro Hodgkin-simile o di franco
linfoma di Hodgkin. Nelle forme iperplastiche
le indagini immunoistochimiche e di biologia
molecolare documentano la policlonalità della
lesione e sono utili nella diagnosi differenziale
con le forme neoplastiche. Il fenotipo del linfo­
ma di Hodgkin non differisce da quello del lin­
foma in pazienti non trattati con metotrexate. Il
30-40% circa dei casi è positivo per l'EBV docu­
mentabile con l'immunoistochimica, l'ibridazio­
ne in situ e con la PCR (Fig. 16). In termini gene­
Fìg. 16 - Linfoadenopatia da farmaci: nel caso in esame nume­ rali, la sospensione del farmaco porta a regres­
rosi elementi granulocitari eosinofili e cellule di grandi dimen­ sione, per lo meno parziale, del quadro in circa
sioni, talora a fisionomia sternbergoide. il 60% dei pazienti, soprattutto nei casi EBV-
positivi; in presenza di linfoma diffuso a grandi
. cellule il 60% dei pazienti necessita di chemiote­
temente dal suo dosaggio, febbre, rash cutanei, rapia. La regressione si osserva nel 100% dei casi
iperplasia gengivale, segni di epatite, eosinofi­ Hodgkin-simili.
lia, iper-o ipo-gammaglobulinemia, che scom­
paiono con la sospensione del trattamento. © L in foa d en o p atie d a altri fa rm a ci. I farmaci
Morfologicamente, i linfonodi interessati possono soprannominati sono quelli più segnalati, ma la
mostrare modificazioni variabili ma più di fre­ lista delle linfoadenopatie secondarie all'assun­
quente il quadro è dominato dall'espansione zione di sostanze farmacologiche, anche molto
delle strutture paracorticali che risultano popo­ diverse tra loro, si sta allungando sempre più;
late da elementi linfoidi spesso attivati, a fisio­ un numero imprecisato di reazioni da farmaci
nomia immunoblastica, commisti a eosinofili, tuttavia non viene segnalato. Per questo motivo
plasmacellule e neutrofili. Le modificazioni pos­ una corretta anamnesi è estremamente impor­
tante prima della effettuazione di un prelievo
sono essere così marcate da suggerire la diagno­
bioptico linfonodale.
si di linfoma T (anche nella sua variante
angioimmunoblastica) o, quando il quadro è
particolarmente polimorfo e con cellule Reed- U Bibliografia essenziale
Sternberg-simili, il linfoma di Hodgkin. In rari
casi tuttavia è stata segnalata la comparsa, a Daniel Knowles M.: Neoplastic Hematopathology, sec­
ond edition, Lippincott Williams & Wilkins, 2000.
distanza di tempo variabile, di un vero linfoma.
H arry Ioachim L. & Ratech Howard: Ioachim's Lymph
• L in foad en op atia da m etotrexate. Il metotrexate Node Pathology, third edition, Lippincott Williams &
è un farmaco ad attività antimetabolica usato Wilkins, 2002.
nella terapia dell'artrite reumatoide, della pso­
riasi grave, di determinate neoplasie e nel con­ Travis William D., Brambilla E., Mueller-Hermelink H.K.
and Harris Curtis C.: W HO Classification: Tumours
trollo delle reazioni post-trapianto. La linfoade­
of the Lung, Pleura, Thymus and Heart, Lyon 2004.
nopatia si presenta con maggior frequenza in
pazienti affetti da artrite reumatoide dopo tera­ Jaffe Elaine S., Harris Nancy Lee, Stein Harald, Vardiman
pia prolungata; può interessare un singolo linfo­ Jam es W.: W H O Classification: Tumours of
Haematopoietic and Lymphoid Tissues, Lyon 2001.
nodo o essere multistazionale, sia nelle stazioni
superficiali (cervicale, ascellare, inguinale) che G.R. Lee, J. Foerster, J. Lukens, F. Paraskevas, J.P. Greer,
profonde (retroperitoneale e pelvica). G.M. Rodgers: Wintrobe's Clinical H em atology 10th
Morfologicamente il quadro istologico può essere edition, Williams & Wilkins 1999.
estremamente variabile presentando talora Rosai and Ackerman's Surgical Pathology. Ninth edition.
aspetti di un processo benigno, marcatamente Juan Rosai. Mosby, 2004.
Neoplasie
5.2 dei tessuti linfoidi
centrali e periferici:
linfomi non-Hodgkin
M. Lestani

- i linfomi non-Hodgkin
| introduzione
- le neoplasie che originano dal sistema delle cel­
Gli organi coinvolti nello sviluppo e nel funzio­ lule accessorie specializzate (macrofagi e cellule
namento del sistema immune sono suddivisi in dendritiche).
organi primari o centrali ed in organi periferici.
La patologia neoplastica primitiva del tessuto
Negli organi centrali, il midollo osseo ed il timo, i
linfoide comprende molte entità, ognuna delle
precursori delle cellule della linea linfoide B e della
quali è in gran parte fenotipicamente correlata ad
linea linfoide T originano e si differenziano in
un particolare stadio della normale differenziazio­
numerosi tipi di effettori linfoidi, fra loro differenti
ne delle cellule linfatiche; questo importante crite­
per fenotipo e funzioni. I linfonodi, la milza ed il
rio biologico è alla base della classificazione e dei
tessuto linfatico associato alle mucose (MALT)
criteri diagnostici utilizzati nella pratica clinica.
costituiscono un insieme che viene definito tessuto
Complessivamente considerati, i linfomi rappre­
linfoide periferico. Questo tessuto è deputato alla
sentano il gruppo più eterogeneo di neoplasie della
stimolazione delle risposte immunitarie secondarie.
specie umana. Si descrivono:
Le strutture principali di questo tipo di tessuto sono
i follicoli linfatici (deputati alla differenziazione dei • linfom i di H odgkin (si veda il Cap. 5.3);
linfociti B capaci di produrre immunoglobuline • linfom i non-H odgkin B (che vengono sottoclas­
"perfezionate") e le aree paracorticali (dove avvie­ sificati in linfomi a cellule immature o originati
ne l'espansione clonale e l'attivazione dei linfociti dagli elementi linfoidi degli organi centrali; e
T). Queste due differenti zone morfologico-funzio­ linfomi a cellule mature, dagli organi linfoidi
nali del linfonodo (riconoscibili anche nella milza e periferici);
nel tessuto linfoide associato alle mucose) si orga­
© linfom i non-H odgkin T (anch'essi classificati a
nizzano attorno a cellule accessorie specializzate: le
cellule immature e mature).
cellule follicolari dendritiche nelle aree B e le cellule
dendritiche interdigitale nelle aree paracorticali. Le Per ogni gruppo sono state identificate partico­
cellule follicolari dendritiche (FDC) esplicano un lari entità, sulla base di caratteri morfologici e fun­
ruolo fondamentale per la selezione, positiva o zionali comuni con elementi della controparte nor­
negativa, dei linfociti B. Solo gli elementi capaci di male, ma anche sulla base di differenti comporta­
legarsi, per elevata affinità alla superficie delle FDC menti clinici e prognostici.
attivano la trasduzione di proteine dotate di attivi­ I linfomi a cellule immature sono definiti, per
tà anti-apoptotica. caratteristiche morfologiche ed immunofenotipi-
che, linfomi linfoblastici (blasti o cellule linfoidi
Le cellule interdigitate sono caratterizzate dalla
immature).
capacità di "presentare" gli antigeni, e sono quindi
II linfoma di Hodgkin è considerato - sulla base
deputate alla stimolazione dei linfociti T.
di evidenze genetiche e molecolari - un particolare
I processi linfoproliferativi neoplastici del siste­
sottotipo di linfoma B che, per caratteri epidemiolo­
ma linfoide originano dagli elementi linfoidi, T o B,
gici, clinici, biologici e terapeutici, conserva ancora
e dalle cellule accessorie; sono raggruppati in tre
oggi un suo inquadramento autonomo.
grosse categorie di neoplasie:
La classificazione dei linfomi, un tempo confu­
- i linfomi di Hodgkin, sa per le conoscenze ancora imprecise e da criteri
578 & Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
classificativi disomogenei, è oggi più chiara e bioio- Health Organization" (WHO), che nel 2001 ha cura-
gicamente corretta perché formulata sulla base di to la pubblicazione della classificazione ufficiale dei
criteri oggettivi (morfologici e clinici ma anche processi linfoproliferativi.
genetici ed immunofenotipici). Linfoma è il termine generico con cui viene
SulTinsieme di queste conoscenze, da un grup- comunemente indicata la patologia neoplastica che
po intemazionale di esperti ematopatologi, è stata coinvolge primitivamente il sistema linfoide centra-
elaborata la classificazione REAL (Revisited Euro- le (timo o midollo osseo) e quello periferico (linfo-
pean-American Classification of Lymphoid Neo- nodi, milza e MALT) sono gli organi in cui insorgo-
plasms, 1994). La classificazione si è dimostrata effi- no le masse di tessuto neoplastico, più o meno con-
cace (per la capacità di identificare categorie pro- sistenti.
gnostiche) e riproducibile (per la relativa facilità di II termine leucemia indica, invece, una patologia
utilizzo e la chiarezza dei parametri diagnostici). È neoplastica che coinvolge primitivamente il midol-
stata inoltre in gran parte recepita dalla "World lo osseo e il sangue periferico.

iliM I Classificazione WHO-OMS delle neoplc linl^proìifèjrdHve (IÀRC Press li ©nei 200 1)

BnfòrrirT
..

Linfomi Ba cellule immature/"B-cell precursor" Linfomi T a cellule immature/"T-cell precursor"


- Leucemia/linfoma B iinfoblastico - Leucemia/linfoma T Iinfoblastico
Linfomi Ba cellule mature Linfomi di incerta derivazione
- Leucemìa/linfoma a piccoli linfociti B - Linfoma a blasti NK
- Leucemia proiinfocitica B Linfomi T leucemici a cellule mature
- Linfoma linfoplasmaciiico - Leucemia T proiinfocitica
- Linfoma spienico a cellule della zona marginale - Leucemia a grandi linfociti granulati ("LGL-prolipheration)
- Hairy celi leukemia —Leucemia NK aggressiva
—Mieloma - Leucemia/linfoma I dell'adulto
Linfomi T a cellule mature linfonodali
- Gammopatia monoclonale d'incerto significato
("MGUS" - monoclonal gammapaty oruncertain —Linfoma angioimmunoblastico
significance*) - Linfoma T-periferico - non altrimenti specificato (NAS)
- Piasmacitoma solitario dell'osso ~ Linfoma a grandi cellule anaplastìche
- Plasmacitoma extra-osseo Linfomi T a cellule mature extra-nodali
- Amiloidosi primitiva -Linfoma NK/T ("nasai iype"}
- Malattia delle catene pesanti - Linfoma T enteropatia - associato
- Linfoma extra-1infonodale a cellule delia zona margi­ - Linfoma T epato-splenico
nale, del tessuto linfoide associato alle mucose ("MALT- - Linfoma T sottocutaneo - simii pannicuiite
lymphoma") Linfomi T a cellule mature cutanei
- Linfoma linfonodale a cellule della zona marginale - Micosi fungoide
- Linfoma follicolare - Sindrome di Sèzary
- Linfoma a cellule del mantello - Linfoma a grandi cellule anaplastìche primitivo della cute
- Linfoma diffuso a grandi cellule B - Papulosi linfomatoide
- Linfoma B a grandi cellule del mediastino (timico) Linfomi drHcklgkin '^
—Linfoma a grandi cellule intravascolare Linfoma di Hodgkin, prevalenza linfocitaria nodulare
- Linfoma primitivo delle sierose Linfoma di Hodgkin "classico"
- Linfoma/leucemia di Burkitt - Linfoma di Hodgkin "classico", sclero-nodulare
Processi linfoproliferativi B a malignità incerta - Linfoma di Hodgkin "classico", cellularità mista
- Granulomatosi linfomatoide — Linfoma di Hodgkin "classico", ricco in linfociti
- Disordini linfoproliferativi post-trapianto, polimorfi - Linfoma di Hodgkin "classico", con deplezione linfocitaria
Introduzione & 579

Antigeni rilevabili con anticorpi monoclonali, utilizzati nella diagnostica immunofenotipica


dei processi linfoproliferatìvi. Gli anticerpi possono essere, in grati parte, utilizzati sia
in condizioni statiche (immunoìstochimica su vetrino) che in sospensione cellulare (cifometria
a flusso da sangue periferico o su sospensione cellulare ricavata da linfonodo)

Antigene Espressione cellulare Positività e /o particolarità


C D45 LCA o Leukocyte common antigen; espresso sulla superficie di il primo anfigene identificabile con anticorpi ed utilizza­
tutti i "globuli bianchi" to in diagnostica
C D 34 stem celi midollare e di diversi tessuti; marcatore di immaturità linfomi B immaturi; leucemie mieloidi acute
mieloide e linfoide;
An^en» associaH prevalentemente ai linfociti T f ; ^ . V ; v > :
CD1 a tìmociti; cellule di Langerhans; cellule dendritiche linfociti 7 maturi negativi; LLA 7
CD2 timociti; linfociti T; cellule NK LNH 7
CD3 tìmociti; linfociti T LNH 7 I'-,
CC>4 timociti linfociti 7 a differenziazione "helper"; monociti LNH T CD4+
CD 5 timociti; linfociti T; limitata popolazione di linfociti B maturi LNH 7; LLC/LPL; LM
CD 7 linfociti T; stem celi midollare LLA-7 +; IM A -+
CD8 timociti -/+ ; linfociti T a differenziazione "suppressor/cytotoxic" LNH 7 CD8+
ArifigèmdssocidtìàpIihfocitjB : ■■■ '
C D 10 linfoblasti midollari pre-'B; elementi B del centro germinativo; positivo lo stroma del midollo osseo
precursori T LF + /- ; LB; LIA; rari LNH 7
C D19 linfoblasti midollari pre B; linfociti B LNH B; mi dom a -; LLA ••/+
C D 20 linfoblasti midollari pre-B; linfociti B LNH B; m ielom a- / + ; LLA- / +
C D 2Ì : recettore EBV; linfociti B e cellule follicolari dendritiche LNH B
C D 23 : recettore a: bassa affinità igE; linfociti "attivati"; cellule follicola­ LLC/LPL +; LM neg.
ri dendritiche ;
C D 79a linfoblasti midollari pre-B; linfociti B LNH B; LLC/LPL + ;L M +
C D 79b linfoblasti midollari pre-B; linfociti B LNH B; LLC/LPL neg;LM +
Antigeni associati ai monciti/macrofagi -. - - \
C D lìc PMN; monociti/macrofagi HCL; SMZL
CD13 pan-mieioide (PMN e monociti immaturi e maturi) IM A
C D14 pan-mieloide {PMN e monociti immaturi e maturi}: LMA ...
CC)15 PMN; monociti; eosinofili LH classico
CD33 mieloidi immature e monociti LMA
CDÓS macrofagi e mieiodi immature LMA

Antigenj associati q cellule N K . 10 V;:V; U '^: 0 ^ ii sl^ :100à


C D Ìó cellule NK; granulociti; macrofagi NHL NK
CD56 NK; linfociti I "killer" LNH 7; NHL NK
Antigeni associati a marcatori di attivazione : . . i . . : .:
C D 25 linfociti B; T e monociti recettore IL-2; è espresso da linfomi a fenotipi "attivato":
LNH 7; LA; HCL -
C D 30 marcatore di "attivazione" in linfociti B, T e monociti LH classico; LA
Anfigeni espressi da molecole coinvòlte nella proliferazione cellulare \ .
K Ì67/MIB-1 antigene nucleare espresso da cellule in proliferazione l'indice proliferativo elevato è un fattore prognostico
negativo nei linfomi come in altre neoplasie
Bcl-2 antigene citoplasmatico; molecola anti-apoptofica linfociti B, utile nella DD tra iperplasia e linfoma follicolare; valore
esclusi gli elementi del CG; linfociti!; plasmaceltule prognostico nei linfomi B ad alto grado di malignità;
negativo ne! LB
Belò antiaene espresso da una fosfoproteina nucleare indispensabile espresso da linfomi B d'origine follicolare
alla funzione del C G
p53 controllore del ciclo cellulare l'alterazione della funzione p53 è un meccanismo di evolu­
zione in una forma aggressiva comune a diversi linfomi

Acronimi:
DD diagnosi differenziale LF linfoma follicolare LMA leucemia mieloide acuta
CG centro germinativo LH linfoma di Hodgkin LNH 7 linfoma non Hodgkin T periferico o a cellule mature
HCL "hairy cell leukemia" LLA linfom a/leucemia iinfoblastica acuta LNH B linfoma non Hodgkin B periferico o a cellule mature
LA linfoma anapiastico LLC leucemia linfatica cronica LPL linfoma a piccoli linfociti rotondi
LB linfoma di Burkitt LM linfoma a cellule del mantello SMZL ¡inforna splenico a cellule della zona m arginale
580 ^ Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
In realtà diversi linfomi sono leucemici fin dal­ Quadri clinico-patologici
l'esordio (linfoma linfocitico B/leucemia linfatica
cronica; linfoma a cellule della zona marginale della I sintomi dipendono dalla sede di esordio, dal­
milza; linfoma/leucemia "T-cell precursor"); posso­ l'effetto massa/sostituzione del tessuto sano e,
no coinvolgere secondariamente il sangue periferi­ soprattutto, dalle alterate attività funzionali proprie
co (linfoma follicolare leucemizzato; linfoma a cel­ delle cellule neoplastiche (produzione abnorme di
lule del mantello) ovvero possono evolvere in citochine).
forme leucemiche, clinicamente più aggressive. La neoplasia della cellula B matura (plasmacel-
Ci sono linfomi che hanno un comportamento lula) è definita mieloma, e si localizza classicamen­
esclusivamente leucemico ("hairy celi leukemia" e te nel midollo osseo. La clinica è caratterizzata dalla
gran parte dei casi di linfoma linfocitico B/leuce­ produzione di immunoglobuline e dall'attivazione
mia linfatica cronica). di una importante azione osteolitica (riassorbimen­
In genere 2/3 dei linfomi non-Hodgkin e la to osseo e fratture).
maggior parte dei linfomi di Hodgkin esordiscono La presenza di un linfoma può essere sospettata
come masse linfonodali (ingrossamento linfonoda- sulla base:
le o linfoadenopatia).
Alcuni linfomi sono extralinfonodali (linfomi - dei caratteri di un linfonodo ingrossato (linfono­
della cute; linfomi del sistema nervoso centrale; lin­ do non dolente, del diametro superiore ai 2 cen­
fomi dello stomaco o delle ghiandole salivari). timetri, in assenza di una condizione di stimola-

Midollo emopoietico
Leucemia/linfoma "B-cell precursor"
Cellula Linfoblasto pre-B
staminale _
Leucemia linfatica cronica/linfoma a "piccoli linfociti" B
(forma pre-follicolare)
Linfocita B naive Linfonodo
Linfoma a "cellule del mantello”
Linfocita del mantello
I Linfoma follicolare
è Linfoma di Burkitt §
| Linfoma diffuso a "grandi cellule” B |
I Linfoma di Hodgkin "tipo classico11 |
I Linfoma di Hodgkin, prevalenza linfocitaria nodularel
Centroblasti e centrociti f
del centro germinativo
Linfoma a "cellule della zona marginale”
Linfoma linfoplasmacitico Linfociti della zona
11 Leucemia linfatica cronica/linfoma a "piccoli linfociti" B I marginale e
post-centro germinativo |
B (forma post-follicolare)
I Linfoma diffuso a "grandi cellule11B

Plasmacitoma

Mieloma multiplo!
Plasmacellule
Fjg -1, - O ntogenesi dei linfomi non H odgkin.
Le cellule dei (inforni non H odgkin conservano, in p a rte, i caratteri m orfologici ed im munofenotipici degli elementi linfoidi d a i quali
orig inan o. L'analisi genica ha consentito di identificare, anche a livello m olecolare, l'orig ine e lo stadio differenziativo dei diversi
istotipi. In p articolare l'identificazione deli'iperm utazion e somatica delle im m unoglobuline (IS), che avviene nel centro germ inativo
(C G ) per consentire la prod uzio ne di anticorpi a d alta affinità, si è dimostrato un im portante m arcatore di stadio m aturativo dei
linfomi non Hodgkin B. U tilizzand o anche lo studio dell'lS è possibile identificare: - linfomi o rig inati d a cellule che non hanno an co­
ra incontrato l'an tig ene nel C G (le u ce m ia /lin fo m a "B-cei! precursor", linfom a a piccoli linfociti B /leu cem ia linfatica cronica, form a
prefollicolare, linfom a a cellule dei mantello) (riqu ad ri in giallo); - linfomi orig inati d a cellule del C G (linfom a follicolare, linfom a
di Burkitt, linfom a diffuso a gran di cellule, linfom a di H odgkin tipo classico e linfom a di H odgkin a prev alen za linfocitaria nodula-
re) (in aran cion e); - linfomi post-C G (linfom a diffuso a gran d i cellule, linfom a a cellule della zo n a m a rg in a le, linfom a a piccoli lin­
fociti B /leu cem ia linfatica cronica, form a post-follicolare, m ielom a) (in rosso).
Introduzione ss 581

zione fisiologica quale per esempio un processo a) parametri morfologici circa l'organizzazione del linfonodo;
flogistico regionale); i parametri che riguardano l'organizzazione morfo-funzio-
nale del tessuto normale e del tessuto neoplastico, sono
- per la presenza di sintomi soggettivi (sudorazio­ apprezzabili al microscopio a piccolo ingrandimento; sono
ne notturna; febbre serotina; perdita di peso); spesso caratteristici dei comportamento di un particolare
- per rilievi laboratoristici (alterazione degli indi­ tipo di linfoma. Il linfonodo può essere sostituito solo in
aree circoscritte o del tutto con perdita della propria orga­
ci di fìogosi; aumento di LDH; presenza, di nizzazione, in caso di infiltrazione diffusa; ia sostituzione
immunoglobuline nel siero; aumento della neoplastica può essere limitata a particolari microambienti
beta2microglobulina). quali il seno marginale, i follicoli linfatici, le aree T-dipen-
denti. In caso di sostituzione nodulare i caratteri strutturali
Solo l'esame microscopico diretto di un linfono­ dei noduli neoplastici contengono informazioni diagnosti­
do o di un frammento di tessuto (biopsia incisiona- che: possono essere simili ai follicolo linfatico con centro
le su masse interessanti, per esempio, il mediastino germinativo; essere omogeneamente costituiti da cellule
o il retroperitoneo; esame citologico su materiale monomorfe o; in alternativa, la composizione è fatta da una
ottenuto per agoaspirazione) può consentire, tutta­ popolazione cellulare molto eterogenea. Anche i caratteri di
organizzazione del microambiente linfonodale associato
via, una diagnosi definitiva.
all'infiltrazione neoplastica possono indicare il tipo istologi­
I processi linfoproliferativi hanno caratteri mor­ co del linfoma;
fologici ed immunofenotipici molto simili e talora
b) parametri morfologici relativi alle cellule neoplastiche, che
sovrapponibili a quelli della loro controparte nor­ riguardano la morfologia cellulare, debbono essere valutati
male (Fig. 1). Gli elementi neoplastici conservano, microscopicamente a forte ingrandimento. I linfomi non-
in parte, anche le caratteristiche fenotipiche funzio­ Hodgkin possono essere costituiti da una popolazione neo-
nali ed il tropismo per particolari microambienti plastica monomorfa o eterogenea; - cellule immature di
morfo-funzionali. Queste proprietà sono legate tipo linfoblastico; - cellule simili al piccolo linfocita circo­
lante, alle cellule del mantello o della zona marginale del
all'espressione di attività enzimatiche e di recettori,
follicolo; - cellule atipiche e pleomorfe per ampia variazio­
nonché alla produzione di specifiche chemokine. ne di dimensioni e di caratteri nucleo-citoplasmatici; - cel­
I linfomi B si localizzano inizialmente e prefe­ lule con aspetti di differenziazione secretiva, simili alle pla-
renzialmente nelle aree B-dipendenti del linfonodo smacellule;
o della milza; i linfomi T insorgono e si organizza­ c) parametri immuno-fenotipici; i linfomi non-Hodgkin sono
no nel contesto delle aree paracorticali o T-dipen- classificabili sulla base dell'espressione di determinati anti­
denti; i linfomi splenici, per buona parte del loro geni (di membrana, citoplasma tici o nucleari); il profilo anti­
decorso, tendono a rimanere localizzati alla milza, genico di un linfoma dipende dallo stadio differenziativo
normale e ne consente l'inquadramento classificativo; le cel­
al fegato e al midollo emopoietico. Alcuni linfomi
lule neoplastiche conservano le caratteristiche antigeniche
tendono a localizzarsi alle ossa sin dall'esordio e, proprie della controparte normale ed esprimono quindi gli
nel midollo osseo, si organizzano con modalità ed stessi antigeni di differenziazione (o CD). Per ogni linfoma
in sedi definite. può essere identificato un numero limitato di marcatori che
consentono - quasi sempre - una classificazione precisa. I
- Diagnosi. Nelle forme localizzate il materiale caratteri immunofenotipici di un linfoma si possono deter­
diagnostico è rappresentato dal linfonodo sospetto minare:
o dal tessuto infiltrato; nelle forme sistemiche e che con tecniche immunofenotipiche applicate alle sezioni di
statisticamente hanno una elevata tendenza alla tessuto (iinmunolstochimica);
localizzazione ossea o alla leucemizzazione, il tes­ - con tecniche di tipizzazione immunofenotipica in
suto che deve essere indagato è rappresentato dalla sospensione cellulare (citometria a flusso), applicate a
biopsia ossea o dal sangue periferico. cellule neoplastiche ricavate dal tessuto e successiva­
L/esame del linfonodo è - nella maggior parte dei mente sospese in un liquido (per esempio in soluzione
fisiologica o tamponata), ovvero alle cellule presenti nel
casi - indispensabile, in quanto consente l'acquisi­
sangue periferico (nel caso di linfomi leucemizzati o leu­
zione di dati diagnostici irrinunciabili perché clini­ cemie);
camente e prognosticamente fondamentali. L'utiliz­
d) definizione della monoclonalità del processo; i linfociti B e
zo di tecniche meno invasive quali l'agoaspirato o i linfociti T esercitano la loro funzione attraverso l'espres­
l'agobiopsia, ha un valore relativo nella diagnostica sione di un recettore per l'antigene (recettore della cellula T
dei processi linfoproliferativi neoplastici; questi o T-cell receptor); la differenziazione funzionale è caratteriz­
metodi consentono di ottenere informazioni utili per zata dal riarrangiamento dei geni che codificano i recettori
una diagnosi differenziale (per esempio l'identifica­ per l'antigene. Il riarrangiamento avviene, in genere, prima
che mutazioni oncogenetiche comportino la trasformazione
zione di un processo metastatico o di una linfoade-
neoplastica di un elemento linfoide. Si ha così una condi­
nopatia a carattere reattivo); tuttavia comportano il zione di monoclonalità: le cellule neoplastiche originate da
rischio di errori diagnostici o la perdita di informa­ una singola cellula progenitrice hanno un identico riarran­
zioni prognosticamente rilevanti. Le metodiche giamento del recettore (B o T) e producono identici recetto­
meno invasive possono essere utilizzate in casi par­ ri. I linfomi B producono immunoglobuline che hanno lo
ticolari, quando le condizioni cliniche del paziente stesso tipo di catena leggera kappa o lambda. Dal DNA
ricavato da una popolazione linfoide neoplastica, utilizzan­
richiedano un intervento meno cruento di quello che
do opportuni enzimi di restrizione ed adeguati sistemi di
comporta una biopsia in anestesia. identificazione dei geni che codificano le diverse catene
In sintesi, i dati diagnostici che si ottengono dalla delle immunoglobuline, si possono ottenere bande omoge­
biopsia linfonodale possono essere così raggruppati: nee (i frammenti di DNA ottenuti sono identici ed hanno
582 ss Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
identico peso molecolare). L'utilizzo di questa tecnica con­ - Stadiazione dei linfomi. La clinica e la pro­
sente la definizione della natura neoplastica (clonale) delle gnosi di un linfoma oltre che dal tipo istologico,
cellule B. dipende anche dalla diffusione e dalla "massa" di
1 linfomi T hanno un identico riarrangiamento della catena del
tessuto neoplastico. Per la definizione dell'entità e
recettore T (alfa o beta, gamma o delta); l'utilizzo di questo cri­
terio consente l'identificazione della natura neoplástica delle
della diffusione del tessuto neoplastico da trattare
cellule T. Il riarrangiamento del "T-cell receptor" comporta lasi utilizzano gli schemi di stadiazione (studio dello
produzione di segmenti di DNA altamente specifici, che sono stadio o diffusione del linfoma), che utilizzano le
uno strumento di grande sensibilità diagnostica e possono esse­tecniche radiologiche (TAC e RMN), i dati clinico-
re utilizzati nella ricerca di "residui minimi di malattia"; laboratoristici e indagini istologiche/istochimiche.
e) identificazione del danno genetico; i danni genetici descritti Le cellule linfoidi hanno ima grande attitudine a
nei linfomi sono numerosi ed estremamente eterogenei; passare in circolo (organi linfoidi centrali, torrente
alcuni hanno caratteri molto specifici in quanto tipici di un circolatorio, organi linfoidi periferici, parenchimi) e
determinato linfoma. Altri sono aspecifici e comuni a diver­ la loro controparte neoplastica mantiene spesso
si istotipi. Danni molecolari diversi si possono esprimere questa proprietà. I linfomi non-Hodgkin, pur aven­
fenotipicamente in forme di linfoma fra loro simili.
do in parte un comportamento prevedibile, tendo­
La diagnosi di un linfoma può essere formulata no a colonizzare diffusamente i tessuti dell'organi­
utilizzando esclusivamente parametri morfologici smo e si presentano sin dall'esordio in stadio avan­
zato (è frequente lo stadio IV, per la localizzazione
(in molti casi è sufficiente disporre di un buon pre­
osteo-midollare).
parato istologico); non sono pochi i casi nei quali le
Il linfoma di Hodgkin, anche sotto questo profi­
difficoltà diagnostiche richiedono il ricorso ad inda­
lo, è una eccezione importante (insorge in una sta­
gini immunofenotipiche e genetiche.
zione linfonodale e colonizza, ordinatamente e per
- Incidenza e caratteri clinici. I linfomi non-
contiguità, le stazioni linfonodali limitrofe).
Hodgkin hanno un'incidenza di circa 15 casi per Per questa ragione la stadiazione dei linfomi ha
100.000 abitanti; V80-85% è rappresentato da linfo­ un valore prognostico rilevante nel linfoma di
mi B; i linfomi T sono circa il 10-15% dei casi; i lin­ Hodgkin, più relativo nei linfomi non-Hodgkin.
fomi a cellule "natural-killer" sono rari.
I linfomi a cellule follicolari dendritiche ed inter­
digitale sono di riscontro eccezionale. In quanto
neoplasie del sistema immunitario, sono in grado
■ Linfomi non-Hodgkin
di alterarne profondamente l'organizzazione e le a cellule immature
funzioni; hanno la capacità di interagire con il siste­
ma immunitario, compromettendone le funzioni
("precursor B or T celi neoplasmi
(aumento dell'incidenza di infezioni); possono esal­ Linfoma/leucemia linfoblastica acuta B
tarne alcune attività con conseguente alterazione
della tolleranza (comparsa di patologie autoimmu­ - D efinizione e cellu la d'origine. È la neoplasia
ni come anemia e piastrinopenia). dei blasti linfoidi già orientati lungo la linea diffe-
L'anemia e la piastrinopenia si riscontrano solo renziativa B (linfoblasti pro-B e pre-B); si tratta di cel­
lule linfoidi immature, di pxccole-medie dimensio­
raramente e in fasi comunque avanzate della malat­
ni (in termini convenzionali gli elementi di riferi­
tia, conseguono a localizzazione ossea e sostituzio­
mento sono il piccolo linfocita memory (cellula
ne midollare. Tranne i linfomi a cellule immature
"piccola") o il centroblato/immunoblasto (cellula
(linfoblastici), che possono sin dall'esordio soppri­
"grande"). Il citoplasma è appena visibile, il nucleo
mere per sostituzione la normale ematopoiesi, i lin­
è immaturo, con cromatina poco condensata, talo­
fomi che danno citopenia attivano anche meccani­
ra dotato di un nucleolo di modeste dimensioni.
smi autoimmuni. Nella classificazione citologica delle leucemie
I linfomi infatti possono causare profonde alte­ (classificazione F.A.B. - French-American-British,
razioni delle funzioni immunitarie ma possono 1976) corrisponde alle varianti LI ed L2. II compor­
essere anche conseguenti a una condizione di tamento è prevalentemente leucemico, con un inte­
immunodeficit. ressamento esteso del midollo emopoietico (sosti­
La grave alterazione immunitaria, secondaria al tuzione diffusa) e coinvolgimento del sangue peri­
deficit della funzione CD4/helper, che caratterizza ferico (leucemia); d'altra parte l'interessamento
l'AIDS o si sviluppa in seguito ad immunodefi­ prevalente è linfonodale o d'organo. La diagnosi di
cienze acquisite (da terapia immunosoppressiva, linfoma si pone quando all'esordio il processo si
nei soggetti trapiantati), espone il paziente al manifesti con linfoadenomegalie, il quadro emati­
rischio di sviluppare processi linfoproliferativi oli­ co è aleucemico e il midollo osseo presenta una
goclonali o veri e propri linfomi. L'aumento del­ infiltrazione neoplastica inferiore al 25% della cel-
l'incidenza dei linfomi in condizioni di immunode­ lularità totale.
ficit dipende anche e spesso da attività di virus Non se ne conosce l'eziologia ma si ritiene che
oncogeni (EBV). esista ima predisposizione genetica.
Linfomi non-Hodgkin a cellule immature ("precursor B or T celi neoplasm") ss 5 8 3

- E pidem iologia. Ogni anno vengono diagnosti­ lari, cromatina esile o. finemente azzollata; è privo
cati in Italia circa 1500 nuovi casi di leucemia/linfo­ di nucleolo o con un nucleolo poco evidente (Fig.
ma linfoblastico; nel 75% dei casi si tratta di bambi­ 2). Nei tessuti emopoietico o linfonodale, l'infil­
ni sotto i sei anni d'età. trato è diffuso, monomorfo, stipato e conferisce al
La forma infantile è soprattutto leucemica, quadro un aspetto definito a "cellule blu " (Fig. 3).
anche se sono comuni - nel corso della malattia - Le mitosi sono numerose e così le cellule in apop-
le localizzazioni d'organo. La presentazione tosi; in analogia con quanto si osserva nel linfoma
esclusivamente linfomatosa è più rara e si riscon­ di Burkitt, caratterizzato da una elevata attività
tra in particolare nell'adulto; l'età media di insor­ proliferativa, anche nel linfoma linfoblastico si
genza è sui 20 anni, con una modesta prevalenza può osservare un caratteristico aspetto "starry
maschile. sky" - a cielo stellato - (alternanza di cellule sti­
pate e più rari macrofagi, con citoplasma ampio,
- D iffusione. Il midollo osseo è sempre coinvol­ chiaro, ripieno di frammenti di nuclei di cellule
to, ma è frequente anche la localizzazione extra­ leucemiche).
midollare (SNC; linfonodi; milza; fegato). Il linfoma
- Caratteri immunofenotipici. Una speciale DNA polimera-
coinvolge più spesso la cute, l'osso, i "tessuti molli"
si (la terminal deoxynucleotidyltransferase - TdT), espressa dal
e i linfonodi. nucleo solo durante una fase precoce della differenziazione lin-
foide (stadio pre-B o pre-T), è apprezzabile nel 95% dei casi. L'u­
- C aratteri clinici. La clinica è dominata dall'in­ tilizzo di marcatori linea-specìfici consente di definirne l'appar­
sufficienza midollare (anemia, piastrinopenia, leu- tenenza alla linea differenziatìva. I blasti B sono bloccati in uno
copenia), con dolori ossei ed articolari e/o dall'or- stadio differenziativo precoce e non esprimono immunoglobuli­
ganomegalia (epato-splenomegalia). ne dì superficie (slg negativi); esprimono invece il CD19 e il
In qualche paziente la forma è prevalentemente CD10 di membrana (ma le forme più immature possono anche
essere CDIO-negative). Sulla base dell'espressione citoplasmati­
linfonodale e/o cutanea; il coinvolgimento ematico
ca della catena pesante delle IgM ("ji-chain") si identificano le
è tardivo e per lo più minimo. forme più mature ("late pre-B ALL") (Tab. 3).

- M orfo log ia. Per le importanti ricadute pro­ - Genetica. I cromosomi dei blasti linfoidi, nel 90% dei
gnostiche e terapeutiche le caratteristiche morfo­ pazienti, hanno alterazioni numeriche o strutturali. Le più
logiche dei linfoblasti sono state descritte in modo comuni sono descritte in tabella 4; sono correlate con le caratte­
ristiche fenotipiche e con la prognosi.
dettagliato e rappresentano ancora oggi un
importante strumento diagnostico. Rispetto ai - Prognosi. La leucemia linfoblastica B compor­
blasti della leucemia mieloide, complessivamente ta una prognosi complessivamente buona; nel 95%
considerati, i linfoblasti hanno un citoplasma dei bambini e nel 60-85% degli adulti si ottiene una
povero e non granulato; il nucleo ha dimensioni remissione completa. La percentuale di casi di
medie, è ovalare o ha contorni lievemente irrego­ sopravvivenza in assenza di malattia (disesase free

Fig. 2 - Linfoma linfoblastico B; l'ingrandim ento m ag g io re evi­ Fig. 3 -Linfoma linfoblastico B; q u a d ro di sostituzione diffusa
d e n zia m eglio le caratteristiche di im m aturità dei blasti linfoidi; con aspetto "im m aturo" e m onom orfo dei blasti linfoidi.
ii citoplasm a è poco evidente mentre il nucleo o v alare, ha un
disegno crom atinico esile.
584 & Neoplasìe dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
Leucemia/linfoma linfoblastico Leucemia/linfoma linfoblastico
"B-cell precursor": "B-cell precursor": correlazione
Classificazione immunòferiotipica fra danno genetico e prognosi

LIA TdT CD19 CDÌO Slg** Alterazióne Alterazione


Cyig* frequenza Prògnosi
genetica citogenetica
precursori
+ + ipodiploide 20-25% favorevole
precoci
t(I2;21){pl3;q22) TEL/AML1 16-29% favorevole

cellule pre-B + + + + ipodiploide 5% sfavorevole


t(9;22)(q34;qll.2} BCR/ABL 3-4% sfavorevole
cellule B - + + /- + /“ +
t(4;l 1}{q21;q23) AF4/MLL 2-3% sfavorevole
immunoglobuline citoplasmatiche
immunoglobuline di superficie t(ì ;19;q23;pl 3.3) PBX/E2A : 6% sfavorevole

survival rate o DFS) nei bambini è del 70% di cui parte sovrapponibile a quanto descritto per la
circa l'80% possono essere curati. La LLA B dei forma linfoblastica B (Fig. 4). La presentazione
bambini si associa, infatti, nel 50% dei casi a danni mediastinica e linfonodale è la più comune: in
citogenetici e molecolari prognosticamente favore­ entrambi i casi l'infiltrato linfoblastico è caratteristi­
voli: iperploidia e t(12; 21). Negli adulti prevale l'in­ camente monomorfo e diffuso.
cidenza. di danni genetici sfavorevoli. - Caratteri immunofenotipici. Le cellule neoplastiche sono
"congelate" in uno stadio precoce della maturazione T; la mag­
gior parte dei casi esprìme CDla, CD2, CD5 e CD7 oltre alla
Linfoma/leucemia linfoblastica acuta T positività nucleare per la TdT. Gli stadi più precoci di differen­
ziazione non esprimono CD3, CD4 e CD8 di superficie; le forme
- Definizione e cellula d'origine. Per molti più differenziate coesprimono CD4 e CD8.
aspetti simile al linfoma/leucemia linfoblastica B,
- Genetica. Sono stati identificati prevalentemente trasloca­
insorge da elementi immaturi già indirizzati zioni coinvolgenti i locus alfa e delta del T-cell receptor
lungo la linea differenziativa T; ha caratteri mor­ (14qll.2), il locus beta (7q35) e il locus gamma (7pl4-15). I loci
fologici molto simili alla leucemia linfoblastica B; traslocati coinvolgono geni correlati alla funzione di fattori di
le cellule linfatiche neoplastiche hanno dimensio­ trascrizione quali MYC, TALI, RBTN1, RBTN2 e la tirosin-chi-
ni piccole con una maggior complessità ed irrego­ nasi cìtoplasmatìca-LCK. La traslocazione comporta la de-rego-
lazione del gene funzionalmente correlato.
larità nucleare (che configura frequentemente un
aspetto "cerebroide"). Il quadro clinico d'esordio
può essere prevalentemente o esclusivamente leu­
cemico, ma può anche coinvolgere il timo e i lin­
fonodi.
- Epidemiologia. Rappresenta circa il 15-25%
delle leucemie linfoblastiche ed è più frequente
negli adolescenti maschi. Rispetto alla forma B, che
ricordiamo essere prevalentemente leucemica, la
neoplasia a precursori-T è più frequentemente un
linfoma (85% dei casi) e colpisce prevalentemente
gli adolescenti. L'eziologia è ignota.
- Coinvolgimento. Esordisce coinvolgendo il
midollo, il sangue periferico e il mediastino. L'interes­
samento mediastinico è spesso complicato da versa­
mento pleurico. Possono essere interessati i linfonodi,
il fegato, la milza, il sistema nervoso centrale e le
gonadi.
- Caratteri clinici. Rispetto ad altre forme leuce­
miche e nonostante l'entità della diffusione della
Fig. 4 - Linfoma linfoblastico T; tranne alcuni particolari, quali
la m ag g io r irregolarità deila m em brana nucleare, che in alcu­
malattia, la funzione midollare risulta complessiva­ ne cellule configura un aspetto "cerebroide" ed una m agg iore
mente conservata. irre g o larità, il q u ad ro è simile a quello osservato nella v a ria n ­
te B' l'analisi im m unofenotipica è fo nd am entale per una preci­
- Morfologia. Il quadro istologico è in gran sa defin izion e delia linea e dello stadio differenzìativo.
Linfomi non-Hodgkin B a cellule mature ("peripheral B cell neoplasm"j £ 585

- Prognosi. Con l'utilizzo di protocolli poliche­ - la forma "pre-follicolare" o a cellule B " naive" (in
mioterapici intensivi, sovrapponibili a quelli usati quanto costituita da elementi privi delle modifi­
per la controparte B, si ottengono risultati analo­ che genetiche che le cellule linfoidi subiscono
ghi. dopo l'incontro con l'antigene e la conseguente
attivazione/selezione operata nel centro germi­
nativo);
| Linfomi non-Hodgkin B - la forma "post-follicolare", costituita da elementi
IgM ± IgD positivi e caratterizzati dallo stato
0 cellule mature iper-mutazionale delle regioni V. Le mutazioni
("periphera! B celi neopiasm") somatiche delle regioni variabili delle immuno­
globuline hanno lo scopo di aumentare l'affini­
Leucemia linfatica cronica/linfoma tà dell'anticorpo e caratterizzano la maturazio­
a piccoli linfociti ne follicolare delle cellule B. Questi cloni leuce­
mici hanno caratteristiche di maturazione corri­
- D efinizione e cellu la d'origine. La leucemia spondenti allo stadio post-follicolare (cellule B
linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti è la neo­ "memory").
plasia costituita dai linfociti monomorfi, rotondeg­
gianti, pressoché privi di citoplasma, appartenenti Si ritiene, in conclusione, che possano essere
alla linea B del mantello dei follicoli secondari, che distinte due diverse forme di leucemia cronica
circolano nel sangue periferico. Coinvolgono il B/linfoma linfocitico, sulla base dello stato muta-
midollo osseo e i linfonodi, sì possono associare ad zionale (non mutato o ipermutato) della regione V
elementi di maggiori dimensioni, con caratteristi­ della catena pesante delle immunoglobuline. Lo
stato mutazionale delle regioni-V e l'espressione di
che morfologiche peculiari (prolinfocita e paraim-
molecole in qualche modo ad esso collegate (CD38
munoblasto), e sono caratterizzati dalla co-espres-
e ZAP-70), rappresentano criteri importanti per la
sione di antigeni associati alle classi di differenzia­
prognosi.
zione CD5 e CD23.
La leucemia cronica B e il linfoma a piccoli linfo­ - E pidem iologia. La LLC-B ha un'incidenza ele­
citi sono indistinguibili sotto il profilo morfologico, vata; dopo i 70 anni, nel mondo occidentale, si
immunofenotipico e genotipico. L'entità della linfo- riscontrano circa 50 casi/100.000. È la leucemia in
citosi periferica (maggiore di 4000 linfociti neopla­ assoluto più comune. Il linfoma a piccoli linfociti
stici/ mm3 nella LLC) è l'unico criterio per definire, (LPL) rappresenta, d'altra parte, poco più del 4% di
all'esordio, la natura leucemica ovvero linfomatosa tutti i linfomi non-Hodgkin. Non si associa ad espo­
e leucemica della neoplasia. sizione né a radiazioni ionizzanti né a sostanze chi­
Si ritiene che la cellula d'origine possa essere miche; non risulta più frequente nei pazienti con
identificata negli elementi B circolanti, CD5, CD23, immunodeficit. C'è una chiara predisposizione geneti­
IgM ± IgD positivi, che esprimono immunoglobu­ ca; è rara nelle popolazioni dell'est asiatico e nei
line di superficie (slg) a bassa intensità e che sono giapponesi, comune nelle popolazioni negre o cau-
identificabili anche nei follicoli primitivi e nella casiche. Viene riconosciuto il fenomeno dell'antici-
zona mantellare dei centri germinativi. L'ipotesi pazione: in alcune famiglie dove si presenta con
accreditata è che si tratti di linfociti B CD5~positivi, maggior frequenza sono colpiti, nelle generazioni
anergici ed autoreattivi, localizzati preferenzial­ successive, via, via, soggetti più giovani.
mente nei follicoli degli organi linfatici secondari. - C oinvolgim ento. Coinvolge costantemente il
Alcune osservazioni meritano di essere ricordate; midollo emopoietico, il sangue periferico (> di 10
X 109/1), i linfonodi, il fegato e la milza; occasional­
a) le immunoglobuline di superficie prodotte dai
mente anche la cute, il seno e gli annessi oculari
linfociti neoplastici hanno attività anticorpale
possono essere coinvolti. La diagnosi di LPL può
policlonale, tipo fattore reumatoide;
essere formulata raramente, sulla base del solo
b) livelli bassi di IgM, quali quelli della LLC, sono coinvolgimento linfonodale; in genere è sempre
espressi da linfociti B resi anergici dopo l'incon­ presente coinvolgimento osteomidollare ed una
tro con autoAg; modesta linfocitosi periferica.
c) i linfociti B CD5+ che normalmente popolano la - C aratteri clinici. L'esordio è insidioso ed i
zona mantellare dei follicoli secondari spesso pazienti possono essere asintomatici per anni; il
producono autoanticorpi naturali, non reattivi e quadro è caratterizzato da lento accumulo di ele­
a bassa affinità, attraverso l'attivazione delle menti neoplastici. In genere la malattia esordisce
stesse regioni dei geni V delle Ig che si trovano (. con astenia, manifestazioni autoimmuni gravi (ane­
nelle LLC. mia e piastrinopenia), infezioni, epato-splenomega-
lia o linfoadenomegalia; all'interessamento extra-
Sotto il profilo maturativo sono state identifica­ linfonodale si può associare coinvolgimento della
te due differenti forme di leucemia cronica B: cute, degli annessi oculari o del seno.
586 -v Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
I caratteri biologici che determinano il quadro do, anche nelle altre sedi coinvolte dal processo
clinico della malattia sono: neoplastico.
Una variante morfologica linfonodale è data
a) difetto dell'apotosi (malattia d'accumulo); dalla forma c.d. "tumor forming" (che coincide in
b) marcato immunodeficit, (suscettibilità alle infe­ parte con la rara variante prolinfocitica); viene con­
zioni); siderata una forma clinicamente più aggressiva, sul
piano morfologico caratterizzata dalla particolare
c) produzione di auto-anticorpi policlonali diretti ricchezza di prolinfociti e di paraimmunoblasti e,
contro autoAg, espressi dalle cellule ematiche sul piano biologico, da una maggiore attività proli-
(malattìe autoimmuni). ferativa.
Gli anticorpi non sono direttamente prodotti In alcuni casi la LLC/LPL ha aspetti di differen­
dalle cellule neoplastiche ma naturalmente da ele­ ziazione secretiva, con plasmacellule ed elementi a
menti B reattivi contro auto-antigeni; esiste quindi differenziazione secretiva intermedia.
una de-regolazione del sistema immune legata al L'interessamento del midollo osseo è costante e
clone neoplastico. si caratterizza secondo tre modalità di presentazio­
ne: interstiziale; nodulare; diffusa. Le tre modalità
- M orfologia. Il sangue periferico, il linfonodo segnano la fase di progressione della malattia:
ed il midollo osseo sono infiltrati da piccoli linfoci­ essendo il quadro interstiziale e nodulare proprio
ti rotondeggianti (6-12 Jim di diametro), con una delle fasi più precoci, quello diffuso delle fasi avan­
sottile rima di citoplasma ed un nucleo rotondo, zate e clinicamente più severe.
con cromatina "a zolle" e privo di nucleolo. Il linfo­ I cloni neoplastici possono subire ulteriori danni
nodo presenta un quadro di infiltrazione diffusa, genetici e progredire in forme biologicamente più
monomorfa, con netta prevalenza di piccole cellule, aggressive. Il linfoma non-Hodgkin B diffuso, a
frammiste ad elementi di maggiori dimensioni grandi cellule post-LLC, è descritto come sindrome
quali i prolinfociti (citoplasma più abbondante, di Richter; si tratta di linfomi con morfologia
nucleo ovalare, a cromatina granulare, spesso immunoblastica che conservano, in genere, i carat­
nucleolato) (Fig. 5). Si rinvengono anche paraim- teri immunofenotipici d'origine.
munoblasti (cellule con caratteristiche morfologi­
- Caratteristiche immunofenotipiche. La malattia esprime
che intermedie tra il prolinfocita e l'immunoblasto). marcatori B (con intensità talora inferiore a quanto osservato
Il quadro diffuso può presentare una componente nella maggior parte di altri istotipi) quali il CD19, CD20 (espres­
nodulare o pseudofollicolare; non si tratta di folli­ sione ridotta), il CD22, CD23, CD43, CD79a, associati all'espres­
coli organizzati da un microambiente di cellule sione di CD5 e delle immunogìobuline di superficie (IgM±IgD),
dendritiche, ma di aggregati, foci proliferativi, in espresse a bassa intensità.
Le cellule possono esprimere anche CD llc (positività debole),
cui coesistono linfociti, prolinfociti e paraimmuno-
ma sono invariabilmente CD10, CD79b, FMC7 e ciclina DI nega­
blasti; la maggior ricchezza di citoplasma conferi­ tive.
sce ai noduli un aspetto chiaro, visibile a piccolo Nella tabella 5 sono elencati i marcatori più utili nella diagnosi
ingrandimento. Si definiscono "centri di prolifera­ differenziale tra LLC/LPL e le altre forme dì leucemie o di linfo­
zione" e si possono osservare, oltre che nel linfono- mi B leucemizzati.

- Genetica. I geni che codificano per le catene leggere e


pesanti delle immunogìobuline sono riarrangiati (origine da lin­
fociti B "maturi"). È ormai acquisito il concetto che lo stato
mutazionale relativo alíe regioni variabili delle catene pesanti
delle immunogìobuline, identifica due forme di leucemia linfati­
ca cronica distinte (sia sul piano biologico che clinico):

a) la forma che non presenta mutazione somatica (40-50%) e


che corrisponde allo stadio di naive B-cell; le cellule neopia-
stiche di questa forma non hanno subito i processi di proli­
ferazione, ipermutazione e selezione, che sono funzioni
caratteristiche del centro germinativo;
b) la forma che presenta ipermutazione della regione variabile
e che, quindi, deriva da una cellula post-follicolare.

Quando opportunamente cercate (utilizzando anche la tec­


nica FISH), si trovano alterazioni genetiche nell'80% dei casi. Più
frequenti sono la trisomia 12 (20% dei casi) e la delezione llq22-
23 (20%), con associate mutazioni somatiche presenti sul secon­
do alíele; le due forme non sono associate a iper-mutazione della
regione variabile (prognosi sfavorevole); la delezione 13ql4
(507o dei casi); la forma è associata a ipermutazione (prognosi
Fig. 5 - Linfoma non Hodgkin B linfociHco/leucemia linfatica favorevole).
cronica; if quadro istologico è estremamente monomorfo; i pic­ Sono descritte delezioni del locus p53 (17pl3); delezioni che
coli linfociti sostituiscono, con modalità diffusa, l'intero linfono­ nei casi interessati comportano un elevata tendenza all'evoluzio­
do. ne verso forme più aggressive.
Linfomi non-Hodgkin B a cellule mature ("peripheral B cell neoplasm") - 587

LLC/LPl e linfomi B leucemìzzati. intorno ai 60 anni; è raro nei giovani ed ha una netta
prevalenza nel sesso maschile (2/1).
Le caratteristiche morfologiche
ed immunofenotipiche dèlie cellule - C oinvolgim ento. Coinvolge i linfonodi, la
leucèmiche (analisi in citometrià milza e il midollo osseo; frequentemente è leucemi­
a flusso) consentono una precisa H'j 0 co. Può localizzarsi anche al tratto orofaringeo
(anello del Waldeyer) ed al tubo gastro-enterico.
diagnosi differenziale
Il quadro macroscopico del coinvolgimento intesti­
nale è piuttosto caratteristico, e viene denominato
LLC LP . j LF LM HCL
poliposi linfomatosa (si tratta di lesioni mucose
CD20 + (debole) + + + + esofitiche polipoidi, conseguenza diretta della loca­
CD23 + neg. -/+ neg. neg..; lizzazione del linfoma).
slg (clonale) + (debole)* H '+ + - ++ - Caratterì clinici. Il linfoma a cellule del mantel­
lo si presenta frequentemente all'esordio, in forma
CD79b neg. + /- -/+ :
disseminata (stadio LH-IY). Il quadro clinico è, infatti,
CD10 neg. neg. + /+ neg. neg. caratterizzato da linfoadenomegalia sistemica, preva­
CD5 -/+ neg. lentemente sopradiaframmatica, a rapido sviluppo. Il
CD25 ■ -/ + y : .-' neg. neg. neg. +++ coinvolgimento mediastinico è meno frequente. La
milza è spesso interessata (50%) come pure il midollo
CD103 / neg. neg. neg. neg. osseo (60%). La splenomegalia rappresenta un segno
* slgM e sigD frequente, secondario a localizzazione del linfoma.
Alta, ma poco specifica, è l'incidenza dei sintomi
LLC leucemia linfatica cronica sistemici (febbricola, sudorazione, astenia, calo
IP leucemia prolinfocitica
LF linfoma follicolare ponderale, talora prurito).
LM linfoma a cellule del mantello
HCL "hairy celi leukemia" - M orfologia. I linfonodi e i tessuti extralinfono-
dali interessati possono presentare un quadro di
sostituzione nodulare o diffusa; il quadro nodulare
è conseguenza dell'espansione neoplastica intorno
- Prognosi. II decorso della malattia è estrema- a, più o meno evidenti, residui di centri germinati­
mente variabile e dipendente in prevalenza dallo vi; talora può essere conservata un'organizzazione
stadio della malattia; per la stadiazione si segue il di tipo mantellare. Le cellule sono relativamente
sistema Rai (1975) oppure il sistema intemaziona­ monomorfe con nucleo irregolare, cromatina irre­
le (Binet 1981). golarmente condensata, nucleolo non evidente
Anche se si indica una sopravvivenza media di (Fig. 6). Il linfoma non tènde all'evoluzione in linfo­
7 anni,, in realtà lo spettro dei comportamenti è ma a grandi cellule; tuttavia esiste un sottotipo defi­
piuttosto ampio e molti pazienti convivono bene nito "blastoide" proprio per le caratteristiche di
con la propria malattia, che non richiede terapie immaturità (mantellare blastoide classico) o di pleo-
particolari. Lo stadio secondo Binet, lo stato morfìsmo (mantellare blastoide pleomorfo) che assu­
mutazionale della regione variabile della catena mono le cellule neoplastiche. La variante blastoide
pesante (VH) e l'espressione di molecole ad esso
correlate, consentono di identificare due diversi
gruppi di malati con prognosi diversa anche sulla
base di considerazioni biologiche. Gran parte dei
pazienti a prognosi sfavorevole appartengono al
gruppo privo di ipermutazioni (linfociti naive o
pre-follicolari), che esprimono le molecole ZAP-
70 e CD38.

Linfoma a cellule del mantello


- D efinizione e cellu la d'origine. E un linfoma
costituito da elementi di piccole e medie dimensio­
ni, con citoplasma poco evidente e nucleo irregola­
re ed inciso (ricorda il centrocita). Si ritiene che ori­
gini da cellule che popolano lo strato più interno
del mantello che circonda il centro germinativo; di
queste cellule infatti il linfoma conserva parte dei
caratteri morfologici ed immunofenotipici.
Fig. 6 - Linfoma a cellule del mantello; il linfonodo, in questo
- E pidem iologia. Rappresenta dal 3 al 10% dei caso, è sostituito diffusamente dal clone neoplastico (cellule di
linfomi non-Hodgkin; ha un picco d'incidenza dimensioni intermedie, con citoplasma poco rappresentato}.
588 - Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
quelle tipiche del follicolo linfatico secondario,
ovvero del centro germinativo. Più spesso il linfo­
ma ha un'architettura follicolare.
Il comportamento clinico e la natura biologica del
linfoma follicolare sono eterogenei ed ancora ogget­
to di studio.
- Epidemiologia. Il linfoma follicolare è - negli
Stati Uniti - la forma più comune di linfoma/qualo­
ra venga escluso l'enorme ma eterogeneo gruppo
dei linfomi non-Hodgkin B diffusi a grandi cellule
(LDGC). Rappresenta il 40-50% dei linfomi; in
Europa è meno frequente, ma ha caratteristiche eli-
nico-epidemiologiche sovrapponibili; è raro nei
paesi asiatici.
Colpisce prevalentemente la quarta-quinta
decade di vita (età media 59 anni), i soggetti di
entrambi i sessi (rapporto m/f; 1/1,7). È raro sotto i
Fig. 7 - Linfoma a cellule del mantello; il marcatore molecolare 20 anni; i casi pediatrici sono localizzati alla regio­
di questo istotipo è l'espressione delia Ciclina-Dì che, in condi' ne "testa-collo" o coinvolgono l'anello del Walde-
zioni normali, non è utilizzata dalie linee linfoidi quale controi-
lore del ciclo proliferativo. yer. Si tratta di forme aggressive (linfoma follicola­
re ad alta cinetica proliferativa).
La sopravvivenza media è di 8-10 anni, con alta
classica ha una cinetica proliferativa elevata (10-20 incidenza elevata di casi che progrediscono in
mitosi/campo microscopico, per un ingrandimento forme aggressive e resistenti alle terapie, con le
di 400X). caratteristiche del LDGC. Le curve di sopravviven­
za, i tempi di progressione, l'esistenza di forme cli­
- Caratteri immunofenotipici. Le cellule del linfoma a "cel­
nicamente indolenti o particolarmente aggressive,
lule del mantello" hanno un profilo immunofenotipico caratteri­
stico; coesprimono IgM e IgD (espressione ad alta intensità),
giustificano l'ipotesi circa l'esistenza di una varian­
sono tipicamente CD5 positive ma CD10 negative; possono esse­ te differente più aggressiva appunto distinguibile,
re CD23 negative o esprimere l'anti gene a debole intensità. sotto il profilo istologico, citogenetico e biologico.
Se viene ricercata con metodi sensibili, è possibile mettere
costantemente in evidenza l'espressione della ciclina-Dl (Fig. 7);
- Coinvolgimento. Si tratta di forma prevalente­
l'espressione della molecola è conseguenza diretta del danno mente lìnfonodale, con coinvolgimento del midollo
genetico, del tutto caratteristico, alla base della trasformazione emopoietico o - più raramente - del sangue perife­
neoplastica. rico. In pratica vengono descritte localizzazioni
- Genetica. I geni delle catene pesanti e leggere delle immu-
(primitive o secondarie) in ogni organo (milza; tubo
noglobuline nella maggior parte dei casi sono riarrangiati ma, gastroenterico; cute; anello del Waldeyer, etc.).
nelle cellule neoplastiche, non è avvenuta l'ipermutazione soma­ I linfomi follicolari rappresentano l'istotipo più
tica della regione variabile (cellule pre-follicolari). comune tra i linfomi B primitivi della cute.
Praticamente tutti i casi presentano la traslocazione
t(ll;14)(ql3; q32), che giustappone il gene IgH al gene che codi­ - Caratteri clinici. Fino dall'esordio, il linfoma
fica la ciclina DI (PRAD1 o BCL-1 o CCND1). In molti casi è pos­ follicolare è forma diffusa che coinvolge il midollo
sibile dimostrare la produzione di mRNA specifico o - con meto­ osseo (40% all'atto della diagnosi; sino all'85% nel­
di immunoistochimici - della stessa cilina DI. La ciclina DI pro­ l'ulteriore evoluzione della malattia), il sangue perife­
muove durante il ciclo cellulare il passaggio dalla fase Gl alla
rico (10% dei casi con una linfocitosi) e la milza.
fase S.
Sono state descritte altre alterazioni che coinvolgono: il gène
Solo un terzo dei pazienti all'atto della diagnosi
ATM ("ataxia-telangectasia-mutated"), che risulta mutato o si trova in stadio primo o secondo. La maggior
deleto; e i geni TP53, p l6 e p!8. parte ha coinvolgimento linfonodale superficiale e
profondo, sovra- e/o sotto-diaframmatico. Non­
- Prognosi. Pur esistendo casi a decorso più ostante la diffusione della malattia, o il quadro cli­
lungo ed indolente, il linfoma a cellule del mantel­ nico, non è severo e il decorso indolente.
lo rimane un istotipo incurabile la cui prognosi è
sempre sfavorevole (3-4 anni la sopravvivenza - Morfologia. L'organizzazione follicolare carat­
media). terizza la maggior parte dei casi; il fatto implica che
la più importante diagnosi differenziale che viene -
spesso - presa in considerazione riguarda l'iperpla-
Linfoma follicolare
sia follicolare reattiva (Fig. 8). Caratteristiche morfo­
- Definizione e cellula d'origine. Il nome attri­ logiche, ma anche dati di patologia molecolare, con­
buito a questa variante richiama i caratteri citologi­ sentono di chiarire eventuali dubbi interpretativi;
ci ed istologici del microambiente follicolare; la cel­ questo linfoma è costituito da follicoli stipati, di
lula d'origine, il microambiente in cui si organizza dimensioni variabili, non organizzati in zona chiara
il linfoma e diverse caratteristiche molecolari sono e in zona scura, privi di macrofagi con "corpi tingibi-
Linfomi non-Hodgkin B o cellule mature ("peripheral B cell neoplasm") & 589

Fig. 8 - Follicolo secondario; il centro germinativo è caratteriz­


zato dalla positività per CD20 (80), dall'elevata cinetica proli­
ferativa (8b; Ki67} e dalla sporadica espressione di BCL-2 (8c).

li" intracitoplasmatici (frammenti di nuclei) e privi o - Caratteristiche immunofenotipiche. Le cellule del linfoma
incompletamente delimitati dalle cellule della zona esprimo i marcatori del follicolo normale; marcatori B quali
CD19 e CD20 (in modo costante) e il CD10 (in modo variabile);
mantellare (Fig. 9). Sotto il profilo biologico il linfo­ sono BCL-2 positivi (90% dei casi) e - in parte - esprimono anche
ma iper-esprime - in genere - la molecola anti-apop- BCL-6 (un inibitore della trascrizione), importante regolatore
totica BCL-2 (Fig. 10); ha un indice proliferativo dello sviluppo del centro germinativo.
modesto (Fig. 11) e non superiore al 10-15% (il centro - Genetica. 11 marcatore molecolare tìpico del linfoma folli­
germinativo ha una percentuale di cellule MIB-1 o colare (80% dei casi) è una traslocazione, t(14; 18)(q32; q21), che
Ki67 positive superiore al 60%). Il linfoma follicolare
è caratterizzato anche dalla presenza di elementi Bcl- Linfoma follicolare: classificazione
6 e CD10 positivi. in tre gradi (WHO 2001}
Le cellule del linfoma follicolare sono di due tipi
e ricordano molto i centrociti (cellule piccole a nucleo Grado 1, 0-5 centroblasti/CFI
"clivato" o inciso) e i centroblasti del follicolo norma­
le. La proporzione relativa dei due tipi cellulari è alla
Grado 2, 6-15 centroblasti/CFI
base della sottoclassificazione del linfoma follicolare Grado 3, > 15 centroblasti/CFI
in tre gradi, ai quali corrisponde una prognosi o un - 3a, centrociti ancora presenti
comportamento clinico progressivamente più - 3b, centroblasti in aggregati solidi, privi di centrociti
aggressivo (gradi 1 ,2,3) come riassunto in tabella 6.
Le varianti sono:
Il coinvolgimento osseo è frequente ed ha carat­
teristiche peculiari; le cellule del linfoma hanno un Linfoma follicolare diffuso
particolare tropismo per la zona paratrabecolare, - Grado 1, 0-5 centrobiasti/CFl
dove si organizzano in aggregati irregolari (in - Grado 2, 6-15 centroblasti/CFI
quanto privi di organizzazione follicolare), spesso Linfoma follicolare della cute
molto ricchi di linfociti T reattivi.
590 « Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin

Fig. 9 - Linfoma follicolare; il linfonodo è sostituito da nodula­ Fig. 11 - Linfoma follicolare; la cinetica proliferativa (Ki 67), in
zioni con organizzazione strutturale vagamente follicolare; si tutti i diversi gradi citologici nei quali viene sotto-classificato, è
tratta di follicoli anomali, non polarizzati, privi di una eviden­ sempre bassa, comunque inferiore a quella osservata in un
te componente mantellare. centro germinativo.
- Prognosi. Il comportamento è influenzato dal
grado; i casi che appartengono al grado 3a (in parte)
o 3b (praticamente tutti) debbono essere trattati con
protocolli intensivi e comprensivi di adriamicina
(in tal caso la prognosi è sovrapponibile a quella dei
gradi 1 e 2). La prognosi appare complessivamente
migliore se confrontata con quella dei LDGC ma la
percentuale di recidive è superiore.
A parte va considerato il linfoma follicolare
della cute, per le sue caratteristiche genetiche e eli“
niche distintive. Ripete l'organizzazione follicolare
del linfoma linfonodale, ma ha un microambiente
meno organizzato ed associato ad una ricca compo­
nente di cellule marginali; tende a rimanere localiz­
zato alla cute (testa e tronco); viene curato,, efficace­
mente, con trattamenti locali (terapia topica o
radioterapia).
Fig. 10 - Linfoma follicolare; a differenza dei follicolo "reatti­
vo" i noduli del linfoma follicolare esprimono la molecola antì- Linfoma a cellule della zona m arginale
apoptotica BCL-2.
(exfra-nodal e)
giustappone il locus che codifica il gene IgH/catene pesanti delle
immunoglobuline (cromosoma 14) al locus BCL-2 (cromosoma
- Definizione e cellula d'origine. Si tratta di lin­
18). La traslocazione comporta iperespressione di BCL-2 che, fomi originati dalla trasformazione neoplastica di
esercitando la sua attività anti-apoptotica, conferisce al clone una cellula bloccata allo stadio di linfocita memori/,
neoplastico la sua caratteristica fondamentale: la lunga sopravvi­ post-follicolare. Sono costituiti da piccoli linfociti
venza. Nel follicolo neoplastico mancano cellule in apoptosi e tendenzialmente monomorfi, che possono dare ori­
macrofagi con detriti, in conseguenza dell'attività di BCL-2. gine a malattie esclusivamente linfonodali ma
Si ritiene che circa l'80-90% dei linfomi follicolari abbiano un
maggior numero di danni genetici (una media di 6 allo stato anche spleniche oppure extralinfonodali (stomaco;
delle conoscenze), che coinvolgono diversi cromosomi polmone; ghiandole salivari; annessi oculari). L'esi­
(1,2,4,5,13,17). Relativamente frequenti sono le trisomie (+7,+18) stenza di linfomi extralinfonodali, insorti nel conte­
e i riarrangiamenti (3q27-28, 6q23-26, 17p) spesso a carico di sto del tessuto linfoide associato alle mucose, ha
oncogeni (BCL-2 e BCL-6). Il danno sul cromosoma 17p appare generato il concetto di linfoma MALT o "maltoma".
biologicamente rilevante, in quanto coinvolge ii gene TP53; {'al­
terazione della funzione p53 si associa ad evoluzione in LDGC.
La forma esclusivamente splenica e quella linfo­
Alcuni casi di LF non hanno la traslocatone t(14;18); sono stati nodale sono trattate nel capitolo successivo.
identificati danni alternativi, ma con ricadute in parte sovrapponi­
- Epidemiologia. Complessivamente considera­
bili, quali il riarrangiamento di BCL-6 sul cromosoma 3q27.
Il linfoma follicolare primitivo della cute ha alterazioniti rappresentano un gruppo numeroso di linfomi B
molecolari distinte; non presenta la traslocazione t(14;18), non (7-8%) e circa la metà dei linfomi primitivi dello sto­
iper-esprime BCL-2, ma coesprime CD10 e BCL-6. maco. Sono particolarmente frequenti nel nord-est
Linfomi non-Hodgkin B a cellule mature ("peripheral B cell neoplasm") & 591

italiano (stomaco) e nel bacino del Mediterraneo gicamente il monocita, per la presenza di un citopla­
(linfoma intestinale o IP S ID immunoproliferative sma ben evidente, debolmente basofilo, e un nucleo
small intestinal disease" o linfoma mediterraneo). I rotondeggiante, a cromatina finemente azzollata).
linfomi gasrici sono un po' più frequenti nel sesso Le cellule del linfoma non si organizzano in struttu­
femminile (1/1,2). re hodulari, ma infiltrano la mucosa (Fig. 12) o il
parenchima ghiandolare con modalità diffusa; a
- Coinvolgimento. Esiste una stretta relazione livello gastrico, ma anche nelle altre sedi extra-linfo-
tra alcune condizioni di stimolazione immunitaria nodali, tendono ad aggredire le ghiandole mucose,
cronica (l'infezione gastrica da Helicobacter pylori, superando la membrana basale ed infiltrando l'epi­
o la tiroidite autoimmune di Hashimoto) e l'insor­ telio (lesioni linfoepiteliali) (Figg. 13 e 14).
genza/evoluzione del linfoma a cellule della zona
- Caratteristiche immunofenotipiche. Non esiste un profilo
marginale. immunofenotipico diagnostico; ili genere i linfomi MALT-asso-
Il linfoma MALT può insorgere nello stomacociati esprimono IgM, più raramente IgA o IgG, ed hanno restri­
affetto dalla gastrite cronica da Helicobacter pylori, zione monoclonale per la catena leggera. Sono CD5, CD10 e
nell'intestino di pazienti infettati dal Campylobac- CD23 negativi; esprimono marcatori di linea quali CD20 e
ter jejuni, nelle parotidi in corso di sindrome di Sjò- CD79a; possono essere CDllc e CD43 positivi.
gren, nella tiroide in corso di tiroidite autoimmune
di Hashimoto, negli annessi oculari con un'infezio­
ne latente da Clamydia psittaci.
Nel contesto delle patologie infettive citate i dati
d'incidenza del linfoma a cellule della zona margi­
nale sono indicativi, sotto il profilo statistico, di un
rapporto causa-effetto (stimolazione immunitaria
cronica e selezione di un clone neoplastico); d'altra
parte questo tipo di linfomi possono regredire dopo
eradicazione dell'agente infettivo, o almeno essere
mantenuti a lungo in una fase clinicamente silente
o poco aggressiva.
La variante gastrica, MALT-associata, in particola­
re, è efficacemente controllata dalla terapia antibioti­
ca nelle fasi iniziali e se non sopraggiungono ulterio­
ri danni genetici in grado di far progredire la malat­
tia. Si ritiene che questi linfomi rappresentino una
condizione intermedia tra un processo iperplastico a
Fig. 13 - Linfoma a cellule della zona marginale dello stoma­
carattere reattivo ed un linfoma svincolato compieta- co; l'infiltrazione delle ghiandole da parte degli elementi B neo­
mente dal controllo del sistema immunitario. plastici configura il auadro della lesione "linfo-epiteliaie": mar­
- Morfologia. Hlinfoma è costituito da cellule di
catore morfologico ai questo linfoma.
piccole dimensioni a fisionomia linfocitica, centroci-
tica o monocitoide (elementi che ricordano morfolo-

Fig. 14 - Linfoma a cellule della zona marginale dello stomaco;


la lesione "Iinfo-epiteliale" è più facilmente apprezzabile "in
negativo", dopo evidenziazione dell'infiltrazione con una cito-
Fig. 12 - Linfoma a cellule della zona marginale dello stoma­ cheratina a basso P.M. che mette in evidenza le cellule epitelia­
co (c.d. linfoma MALT); l'infiltrato linfoide, relativamente mono- li delle ghiandole (la reazione è resa evidente dal croniogeno
morfo ("piccole cellule"), infiltra la mucosa e la sottomucosa. marrone).
592 & Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
- Genetica. Sono dimostrabili le mutazioni ipersomatiche - Epidemiologia. È il gruppo di linfomi non-
delle regioni variabili delle immunoglobulme, come conseguen­ Hodgkin più frequente (30-40% dei casi di linfoma
za dello stadio post-follicolare di maturazione delle cellule neo­
plastiche. Le anomalie genetiche più frequenti sono la trisomia 3
nel mondo occidentale); la frequenza è ancora più
e la t(ll; 18)(q21; q21). elevata nei paesi in via di sviluppo; in Giappone è la
variante di gran lunga più frequente, raggiungendo
- Prognosi. Si tratta di linfomi poco aggressivi quote del 55-75%. E un linfoma aggressivo (70% circa
che, nel caso di malattia infiammatoria cronica dei linfomi aggressivi sono LDGC); colpisce preva­
associata, possono regredire in seguito all'eradica- lentemente gli anziani (mediana 60 anni), con una
zione dell'agente infettivo responsabile. modesta prevalenza maschile; in pratica può colpire
Hanno una modesta tendenza all'evoluzione in lin­ qualsiasi età e non è infrequente nei bambini (5% dei
foma non-Hodgkin B diffuso a grandi cellule. linfomi pediatrici).
- Coinvolgimento. Nella classificazione di
Linfoma a cellule della zon a m arginale
Lukes-Collins (1974) e in quella di Kiel (1974 e 1992)
(splenico o nodale) venivano identificati il linfoma centroblastico (a
Il linfoma a cellule della zona marginale dello grandi cellule centrocitiche o centroblastiche), il lin­
stomaco coinvolge i linfonodi perigastrici e, nel foma immunoblastico, il linfoma anaplastico a
tempo, tende a rimanere sostanzialmente una grandi cellule ed altri sottotipi. La scarsa riproduci­
malattia locale; non ha alcuna tendenza ad infiltra­ bilità diagnostica, la prognosi in parte sovrapponi­
re il midollo osseo. bile e la mancanza di reali strategie terapeutiche
Con il termine linfoma a cellule della zona margi­ alternative, hanno giustificato il raggruppamento
nale linfonodale ci si riferisce alla variante primitiva­ di queste varianti in una singola categoria diagno­
mente linfonodale che mantiene caratteristiche mor­ stica.
fologiche e immunofenotipiche simili a quelle della Il linfoma diffuso a grandi cellule B può insorge­
variante gastrica, ma non presenta le più comuni re come tale, o rappresentare l'evoluzione di un lin­
anomalie genetiche del linfoma dello stomaco. H foma B a basso grado di malignità in linfoma
comportamento è quello di un linfoma poco aggres­ aggressivo (linfoma follicolare, linfoma a cellule
sivo ma anche poco sensibile alle terapie. della zona marginale, linfoma linfocitico, linfoma di
Il linfoma a cellule della zona marginale della Hodgkin a prevalenza linfocitaria nodulare).
milza si presenta con un quadro clinico caratteristi­ Può presentarsi sia come linfoma linfonodale
co (localizzazione splenica ed osteo-midollare con che extralinfonodale (40% dei casi). Il tratto
componente leucemica). La splenectomia garanti­ gastroenterico, in questo caso, è il più colpito (sto­
sce lunghi periodi di benessere, malgrado ci sia la maco e regione ileocecale). Praticamente ogni orga­
tendenza alla produzione di autoanticorpi, respon­ no può essere sede di un LDGC, inclusi il sistema
sabili di anemia e piastrinopenia. nervoso centrale, i genitali, i reni, i polmoni, i "tes­
È possibile l'evoluzione in linfomi più aggressivi. suti molli". Alcune varianti sono più comuni in
certe sedi (il linfoma localizzato primitivamente
- Genetica. L'anomalia genetica identificata nel all'osso è un linfoma centroblastico, frequentemen­
linfoma splenico è la t(ll;14)(pll;q32). te a nuclei multilobati).
Linfoma non-Hodgkin B diffuso, - Forme secondarie. Si manifestano spesso con
comparsa o recrudescenza di sintomi generali ed
a grandi cellule anche con improvviso e rapido incremento volume­
- Definizione e cellula d'origine. È una prolifera­ trico di uno o più pacchetti linfonodali. Sono questi
zione neoplastica costituita da elementi linfoidi ati­ i segni che indicano l'evoluzione del linfoma di
pici, di grandi dimensioni (il nucleo ha dimensioni base, a bassa malignità (linfoma follicolare, linfoma
almeno doppie rispetto a quello di un linfocita nor­ linfocitico o, meno frequentemente, altri istotipi
male), non hanno una organizzazione che sostitui­ quale il linfoma a cellule della zona marginale), in
sca in modo diffuso il linfonodo o il tessuto extra- una forma aggressiva.
linfonodale. Sotto il profilo morfologico, biologico e - Caratteri clinici. L'esordio clinicamente silen­
genetico comprende un gruppo molto eterogeneo te è caratterizzato dal rapido ingrossamento della
di linfomi B; la sua definizione nosologica è confu­ massa neoplastica nella sede d'origine. La presenza
sa ed ancora dibattuta. Con tecniche di biologia di elevati valori di LDH nel siero orienta verso la
molecolare (studio del profilo di espressione genica diagnosi di linfoma aggressivo. Spesso, già al
e proteomica), si stanno oggi identificando sottotipi momento dell'esordio, la malattia risulta dissemi­
caratterizzati da caratteri biologici e prognostici nata. La sintomatologia è legata prevalentemente
omogenei. all'effetto massa o, per le forme gastroenteriche,
Non si conoscono agenti eziologici, se non per le all'occlusione e all'ulcerazione della mucosa.
forme correlate ad immunodeficit, forme nelle quali
sono numerosi i casi che sono positivi ai test per il - Morfologia. I linfonodi o le sedi extralinfonoda-
virus di Ebstein-Barr (EBV). li coinvolte, in genere, vengono sostituiti in modo
Linfomi non-Hodgkin B a cellule mature ("perípheral B celi neoplasm") S- 5 9 3

diffuso; possono esserci anche aspetti di sostituzione immunodeficit post-trapianto allogenico di


focale, parziale, interfollicolare, più raramente inter­ midollo emopoietico; immunodeficit post tra­
stiziale o intrasinusoidale. Macroscopicamente si ha pianto d'organo). Si tratta di linfomi o processi
l'aspetto di una massa bianco-grigiastra, omogenea, linfoproliferativi policlonali ed anche oligoclo­
che sostituisce il tessuto sano; sono frequenti anche i nali secondari all'infezione da EBV, che possono
fenomeni di necrosi e/o di infarcimento emorragico. regredire spontaneamente in seguito alla risolu­
Le cellule neoplastiche sono facilmente identifi­ zione dell'infezione virale, per ripristino parzia­
cabili come elementi linfoidi atipici, di grandi le delle competenze immunitarie;
dimensioni. Tuttavia la definizione di istotipi diver­
si, sulla base di varianti citologiche, si è dimostrata b) linfoma delle cavità sierose (pleurico-peritoneale).
difficilmente riproducibile. Neppure rutilizzo di E variante caratteristica dei pazienti AIDS o di
marcatori immunofenotipici ha consentito una casi sporadici insorti in anziani; possono espri­
migliore sottoclassificazione. mere marcatori sia B che T, che sono associati a
La distinzione in varianti citologiche ha, comun­ restrizione clonale dei geni delle catene pesanti;
que, un'importante ricaduta pratica, in quanto con­ insorgono in soggetti con infezione da virus
sente l'impostazione di precisi percorsi diagnosti- erpetico umano 8 (HHV-8).
co-differenziali nell'ambito della patologia linfo- - Caratteri immunofenotipici. Consistono dalla conserva­
proliferativa, ma anche la distinzione rispetto ad zione dell'espressione di antigeni linea associati (CD19, CD20,
altre neoplasie, morfologicamente simili, di diversa CD79), di molecole associate alla funzione delle cellule del cen­
origine (carcinomi scarsamente differenziati, mela- tro germinativo (BCL-2, BCL-6 e CD10) e di molecole associate
nomi, sarcomi). all'attivazione B (Mum 1). Hanno una elevata cinetica prolifera­
tiva (Ki67 >30%). Frequentemente perdono o, al contrario, iper-
- Varianti citologiche di questa complessa enti­ esprimono p53 mutata, funzionalmente inefficace.
tà sono: - Genetica. L'eterogeneità del gruppo dei linfomi DGC è
a) il linfoma centroblastico i cui elementi neoplastici ricordano il confermata dagli studi di citogenetica e di analisi molecolare;
centroblasto; si tratta di cellule di dimensioni medie o grandi, patogeneticamente rilevante è considerata la deregolazione di
caratterizzate da citoplasma ben rappresentato, anfofilo o BCL-6.
basofilo (ricco di organuli citoplasmatici) e da un nucleo ova­ Si ritiene che il meccanismo del danno genetico sia legato
lare, vescicoloso {cromatina chiara non condensata), dotato di alle ipermutazioni somatiche tipiche della funzione del centro
2-4 piccoli nucleoli, frequentemente giustapposti alla mem­ germinativo. Normalmente la funzione del gene BCL-6 è inibita
brana nucleare. Sono descritte varianti monomorfe e poli­ nelle cellule che superano la selezione follicolare; il riarrangia­
morfe (maggiore variabilità di forma e di dimensione, multi- mento 3q27 e le mutazioni nel promotore di BCL-6 comportano
lobate, mlxoidi, ad "anello con castone", pseudo-sarcomato- l'iperespressione della molecola nel clone neoplástico.
se). Spesso i centroblasti atipici e pleomorfi si associano ad Altri geni risultano mutati nella regione 5': c-MYC.
una più ricca componente neoplastica a fisionomia immuno- Dal 10 al 20% dei casi, i linfomi DGC presentano la trasloca­
blastica; zione tipica del linfoma follicolare, t(14; 18) e rappresentano
b) il linfoma immunoblastico; è costituito da cellule la cui morfo­ spesso varianti di evoluzioni ben documentate di un linfoma fol­
logia richiama quello delTimmunoblasto, per il citoplasma licolare di basso grado. Il riarrangiamento BCL-2 e quello BCL-6
ampio, decisamete basofilo e il nucleo ovalare, a cromatina rappresentano due vie patogenetiche alternative.
finemente azzollata, costantemente nucleolato (spesso sono
evidenti i nucleoli eosinofili). È descritta ima variante con dif­
ferenziazione plasmacellulare (linfoma immunoblastico pla-
smacitico) (Fig. 15);
c) il linfoma non-Hodgkin B "T-cell/histioci/te rich"; il cui carattere
distintivo risiede nella relativa scarsità (< al 10% delle cellu­
le presenti nel campo microscopico) di elementi neoplastici,
rispetto alla componente linfoide T o macrofagica di accom­
pagnamento; si tratta di casi spesso prodromici di un classico
linfoma LDGC;
d) il linfomi anaplastia)-, alcuni casi di linfoma diffuso a grandi cellu­
le B hanno caratteri di "anaplasia", con cellule atipiche a fisiono­
mia Hodgldn o Reed-Stemberg, ed espressione anche di CD30.

Nella classificazione WHO 2001 il linfoma ana-


plastico è risultato caratterizzato da traslocazione
2;5 e produzione della molecola ibrida NPM/ALK.
La maggioranza dei casi di linfoma anaplastico
appartengono alla linea T.
I linfomi associati ad infezione virale (virusFig. 15 - Linfoma non Hodgkin Bdiffuso a grandi cellule, il caso
oncogeni quali EBV e KSHV/HHV8) vengono con­ è stato classificato come linfoma maligno immunoblastico; le
siderati forme peculiari e comprendono: cellule neoplastiche hanno infatti le caratteristiche degli immu-
noblasti (grandi Gellule con citoplasma ampio e nucleo dotato di
a) linfoma DGC-associato ad immunodeficit acquisito evidente nucleolo). Nel caso specifico è evidente la tendenza
(AIDS; immunodeficienze severe multiple; alla differenziazione plasmacellulare.
594 s Neopiasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
- Prognosi. Sono linfomi aggressivi (alcuni par­ Fra i linfomi primitivi del mediastino, per fre­
ticolarmente aggressivi) e spesso all'esordio siste­ quènza, è secondo solo al morbo di Hodgkin. Col­
mici. Se vengono adeguatamente curati, hanno una pisce usualmente giovani adulti, con una leggera
prognosi complessivamente favorevole (guarigione predilezione per il sesso femminile.
nel 50% dei casi). - Coinvolgimento. All'esordio è un linfoma pri­
Il decorso di un linfoma DGC secondario ricalca, mitivo del mediastino, ma ha una certa tendenza
nelle grandi linee, quello delle forme primitive. La alla colonizzazione sovra-claveare (possibile sede
prognosi è, tuttavia, meno favorevole in quanto un alternativa per eventuali prelievi da sottoporre ad
linfoma secondario può essere controllato dalla esame istologico a scopo diagnostico).
terapia ma il linfoma primitivo, resistente alla tera­ In caso di progressione della malattia (forme
pia, rappresenta una fonte di riserva per ulteriori resistènti alla terapia o trattate tardivamente) può
cloni neoplastici caratterizzati da alta aggressività. coinvolgere diverse sedi: il fegato, i reni, i surreni e
Utilizzando tecniche di analisi dell'espressione geni­ il sistema nervoso centrale. Il midollo emopoietico
ca, il gruppo intemazionale "Lymphoma/Leukemia è raramente- interessato, in quanto questo citotipo
Molecular Profiling Project”, ha identificato due di linfociti non possiede il tropismo midollare tipi­
distinte categorie diagnostiche; co di altri linfomi B.
a) i linfomi con profilo molecolare da "cellule del - Caratteri clinici. Il quadro clinico è caratteriz­
centro germinativo"; zato dalla presenza di una neoformazione mediasti­
b) i linfomi con profilo molecolare da "cellule B nica antero-superiore, talvolta di cospicue dimen­
attivate". sioni; frequente è l'associazione con segni correlati
Il primo gruppo è caratterizzato, sotto il profiloa sindrome della vena cava superiore (presente nel
molecolare, dall'amplificazione di c-rel (cromoso­ 50% dei casi). All'esordio la malattia localizzata al
mediastino, può affiorare nella regione giugulare o
ma 2p), dalla traslocazione t(14;18) e dall'iper- sovraclaveare.-
espressione di BCL-2. Sono i linfomi a prognosi La diagnosi deve essere fondata su criteri certi,
complessivamente migliore; 60% di sopravvivenza sia morfologici che immunofenotipici, in quanto il
a dieci anni se trattati con chemioterapia adeguata, linfoma B del mediastino può essere confuso (su
come con il protocollo CHOP con antiCD20. materiale scarso o alterato dal prelievo) con altre
I casi di LDGC "a cellule attivate" hanno unaneoplasie (linfoma di Hodgkin; linfoma follicolare;
percentuale di sopravvivenza a dieci anni del 30%. neoplasie germinali). Per formulare una diagnosi di
certezza è necessario pertanto disporre di materiale
Linfoma non-Hodgkin B a grandi cellule, bioptico adeguato, che può essere ottenuto con pro­
primitivo del mediastino cedure chirurgiche differenziate a seconda della
sede e dell'estensione del processo (mediastinoto-
- Definizione e cellula d'origine. Nella seconda mia minima; toracotomia minima; prelievo con
metà degli anni ottanta è stato identificato un tipo thru-cut su salienza sovraclaveare della neoforma­
di linfoma B del mediastino, ad alto grado di mali­ zione). Sono da prediligere i metodi meno invasivi
gnità, con caratteri tali da renderlo una entità noso- e quelli che comportino minori disagi al paziente
grafica autonoma, nell'ambito del più ampio grup­ che siano anche i meno costosi e che consentano un
po dei linfomi B diffusi a grandi cellule. Si tratta del pronto trattamento. Questo approccio conservativo
linfoma non-Hodgkin più frequente in sede mediastinica può comportare problemi di vario ordine e quindi
e rappresenta un'entità autonoma sotto il profilo difficoltà diagnostiche soprattutto nelle situazioni
morfologico, biologico, molecolare e - soprattutto - in cui, alla scarsità del materiale si associano pro­
prognostico. blemi inerenti alla qualità del campione, che può
Interpretando alcuni dati ottenuti con lo studio essere necrotico o danneggiato da schiacciamento.
del profilo immunofenotipico e del riarrangiamen­
to nonché dell'espressione delle immunoglobuline - Morfologia. Sul piano morfologico il LBPM è
(espressione spesso difettosa) si era ritenuta proba­ costituito da infiltrazione linfoide a carattere diffu­
bile la sua origine da una popolazione di elementi B so nel cui contesto i fenomeni di fibrosi possono
non circolanti, identificati nella zona midollare del essere cospicui; usualmente si tratta di sottili bande
timo. Recenti acquisizioni genetiche indicano la collagene che tendono a "compartimentalizzare"
sede d'origine del linfoma B a grandi cellule primitivo aree cellulari di varie dimensioni. La cellule hanno
del mediastino (LBPM) nel centro germinativo della dimensioni variabili (medie, grandi o molto grandi)
zona midollare, reperibile in particolari condizioni (Fig. 16). Il citoplasma è più o meno ampio, ma di
nel contesto del timo atrofico dell'adulto. solito consiste in un alone citoplasmatico abbon­
dante e chiaro. I nuclei sono rotondeggianti, talvol­
- Epidemiologia. Si tratta di un linfoma aggres­ ta a contorni irregolari o lobulati, con aspetti che
sivo, poco comune ma non raro (rappresenta circa il ricordano i nuclei degli immunoblasti, dei centro-
2-3% di tutti i linfomi non-Hodgkin), riscontrabile blasti o anche delle cellule di Reed-Sternberg. L'at­
in' ogni paese del globo. tività replicativa è elevata.
Linfomi non-Hodgkin B a cellule mature ("peripheral B cell neoplasm") 595

sostanziale la sopravvivenza dei pazienti colpiti


dalla malattìa, soprattutto se trattati con protocolli
intensivi di chemioterapia, associati o meno alla
radioterapia. Oggi si ottiene una completa guari­
gione in più del 60% dei casi.

Linfòma di Burkitt
- Definizione e cellula d'origine. Si tratta di un
linfoma d'origine follicolare, aggressivo, con inten­
sa attività proliferativa, che coinvolge frequente­
mente tessuti ed organi extra-linfonodali e che può
anche esordire come leucemia acuta.
Porta un danno genetico tipico e costantemente
presente: la traslocazione di c-MYC (importante fat­
tore di trascrizione); è spesso positivo per il virus di
Ebstein-Barr (EBV).
Fig. 16 - Linfoma B a qrandi cellule, primitivo dei mediastino; Sotto il profilo morfologico il quadro è caratteri­
la morfologia, pur non essendo sufficiente per una diagnosi di stico, anche se si distinguono forme diverse per epi­
certezza, è abbastanza caratteristica; le grandi cellule atipiche demiologia, genetica e clinica.
hanno un evidente citoplasma chiaro e si organizzano in "nidi"
sepimentati da bande, più o meno evidenti, di tessuto fibroso. - Epidemiologia. Il linfoma di Burkitt è endemi­
co in Africa (dove venne identificato e descritto ori­
ginariamente), ma è diagnosticato sporadicamente
- Caratteri immunofenotipici. Oltre all'espressione dei anche nei paesi occidentali ed è uno dei linfomi
marcatori correlati alia linea B (CD19+, CD20+, CD79a+) e la
negatività per il CD10 e il CD21, il LBPM non esprime né le associati airinfezione da HIV. Vengono distinte tre
immunogìobuline né le molecole del MHC di classe I e IL Occa­ varianti:
sionalmente è stata segnalata espressione di CD23 e di CD30. Il
CD30 è espresso in circa il 10% dei casi ma, con l'introduzione a) forma endemica-, rappresenta la neoplasia più
delle metodiche di "antigen retrieval", tale espressione può comune nei bambini africani (4-7 anni) e coin­
essere osservata con maggior frequenza. Per queste ragioni volge le aree di endemia della malaria (simili
sono giustificati i problemi di diagnosi differenziale col linfoma per condizioni ambientali quali l'altitudine o il
di Hodgkin. tasso di piovosità).
- Genetica. Studi dì citogenetica classica sono in genere diffi­ b) forma sporadica; descritta praticamente in tutte le
coltosi per la scarsità di materiale bioptico; sono per lo più basa­ aree geografiche; coinvolge sia soggetti in età
ti sullo studio di linee cellulari linfoma-derivate. I dati di citoge­
netica sono stati acquisiti con metodi di analisi comparativa dopo
pediatrica che giovani adulti con una discreta
ibridizzazione genomica (comparative genomic hybriàization o prevalenza maschile (2/1). In Europa e negli
CGH) ed hanno dimostrato un complesso di alterazioni, caratte­ USA rappresenta il 30-50% dei linfomi pediatri­
rizzate prevalentemente da amplificazioni, in particolare nel cro­ ci; precarie condizioni socio-economiche e pre­
mosoma 9p, 12q e Xq (30-50% dei casi); anche il gene REL e il cocità dell'infezione mononucleosica rappresen­
gene c-myc risultano alterati, per riarrangiamenti o mutazioni. tano una condizione di rischio accertata.
Il gene p!6,NK4a è coinvolto nell'oncogenesi del LBPM.
p^[NK4a Coditica per un inibitore della chinasi ciclina-dipendente c) forma AlDS-associata; è frequente nei pazienti
(CDK4); il legame pl6/CDK4 blocca l'interazione della chinasi infettati dall'HTV, dove può caratterizzare l'esor­
con la ciclina DI, alterando una importante via del controllo della dio clinicamente manifesto della malattia.
proliferazione cellulare. Nel 15% dei casi è stata dimostrata la pre­
senza di danni "inattivatori" della pl6. - Coinvolgimento. La mascella, la mandibola ma
Una alterazione dei due allei! di p53 è stata dimostrata nel anche altre ossa craniche sono primitivamente coin­
19% dei casi. volte nella forma endemica. L'ileo distale, il cieco, To­
Il LBPM iper-esprime (analisi immunoistochimica) il classico mento, le ovaie, i reni, i surreni e le ghiandole mam­
marcatore molecolare delle cellule del centro germinativo (BCL-
6); alterazioni somatiche del gene BCL-6 sono state dimostrate
marie (queste ultime durante pubertà, gravidanza o
nel 60% dei casi. L'espressione di BCL-6 rappresenta la prova allattamento), sono sedi comuni di coinvolgimento
molecolare dell'origine follicolare del linfoma. sia nella forma sporadica che in quella endemica. H
Lo studio analitico di alterazioni nell'espressione genica ha SNC è costantemente interessato. Il coinvolgimento
consentito di chiarire importanti differenze con linfomi analoghi, retroperitoneale si manifesta spesso con paraplegia.
anch'essi di derivazione follicolare. Sono emerse, inoltre, impor­ L'esordio come forma leucemica pura (classificazione
tanti ed inaspettate analogie con il linfoma di Hodgkin; entrambi
i linfomi esprimono JAK2 e STATI. Il JAK2, in particolare, è costi­
FAB L3) è raro. Nella forma AIDS-correlata l'esordio
tuzionalmente fosforilato nel LBPM; la fosforilazione coincide linfonodale è comune.
con l'attivazione del gene e rappresenta, probabilmente, un - Caratteri clinici. Si tratta di un linfoma molto
importante meccanismo nell'oncogenesi del linfoma.
aggressivo che risponde bene a protocolli chemio­
- Prognosi. Il riconoscimento del LBPM quale terapici specifici (alte dosi somministrate per
entità peculiare ha contribuito a migliorare in modo periodi brevi). Il coinvolgimento del midollo osseo
596 & Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
rappresenta un importante fattore prognostico
negativo, in quanto si associa ad una massa cospi­
cua di tessuto neoplastico (c.d. "bulky disease");
questa condizione è documentata indirettamente
dagli alti dosaggi sierici di acido urico e di LDH. Il
70% circa dei casi viene identificato in stadio avan­
zato (III o IV). Particolarmente cruciale è il tratta­
mento della "sindrome da ritolisi77; la distruzione
iatrogenica di una cospicua massa cellulare libera
in circolo purine, xantine, ipoxantine, urati e
potassio. Questo evento può dare una grave iper-
kaliemia, causa di arresto cardiaco, iperfosfatemia
ed ipocalcemia. È anche possibile l'insorgenza di
una grave insufficienza renale da ostruzione tubu-
lare.
-Morfologia. Il quadro cito-istomorfologico del
LB è caratteristico comporta un'infiltrazione diffu­
Fig. 17 - Linfoma di Burkitt; ¡'aggressività di questo tipo di lin­
sa, monomorfa, costituita da elementi di medie foma è sottolineata dall'elevato indice mitotico; ali elementi in
dimensioni (10-25 |im di diametro), con nucleo apoptosi vengono fagocitati dai macrofagi (cellule con ampio
rotondeggiante a cromatina scura-addensata, alcu­ citoplasma chiaro, ricco di detriti]; i! quadro a piccolo ingran­
ni irregolari nucleoli e citoplasma abbondante, dimento richiama l'aspetto del "cielo stellato".
basofilo o anfofilo, caratteristicamente vacuolizzato
(i vacuoli citoplasmatici sono facilmente visibili su
preparati citologici colorati con May-Grünwald-
Giemsa). L'elevata attività proliferativa implica la
presenza di una ricca componente macrofagica, con
il citoplasma ripieno di detriti nucleari. I macrofagi
(cellule di discrete dimensioni con citoplasma e
nucleo chiari) conferiscono al preparato l'aspetto a
"cielo stellato" (fondo di cellule blue con intercala­
te le più grandi cellule chiare) (Figg. 17 e 18).
- Caratteri immunofenotipici. Sono quelli delle cellule che
popolano le aree scure del centro germinativo (cellule in rapida
proliferazione); IgM con restrizione per la catena leggera kappa o
lambda, espressione di CD10, CD19, CD20 e BCL-6 ma negatività
per BCL-2.
- Genetica. Le diverse forme di LB sono caratterizzate dalla
traslocazione di c-MYC sul cromosoma 8. La traslocazione coin­
volge il locus IgH (8;14), ma anche il locus kappa (2;8) o il locus
lambda (8;22). Nella forma sporadica è interessata la regione che
interviene nello switch isotipico delle immunoglobulìne (il Fig. 18 - Linfoma di Burkitt; il Kió7 è positivo nel 90-100% degli
danno interviene, verosimilmente, durante lo switching isotipi­
elementi neoplastici.
co), mentre nella forma endemica è la regione 5' della sequenza
V(D)J ad essere coinvolta (il danno avviene, verosimilmente, danno tubulare. La proteina M è il prodotto della secrezione delle
durante la fase di ipermutazione somatica). cellule immunitarie neoplastiche, cioè di immunoglobuline
Nella maggior parte dei casi può essere dimostrata una monoclonali o omogenee appunto per la derivazione imicellula­
forma latente di infezione da EBV. re delle cellule neoplastiche.
Diverse entità ana tomo-cliniche rientrano in questo gruppo
- Prognosi. La forma endemica e quella sporadi­ di patologie. Alcune malattie hanno le caratteristiche di una vera
ca possono essere guarite dalla chemioterapia. La e propria neoplasia (p.es. il mieloma multiplo) altre rappresenta­
no situazioni parafisiologiche in pazienti anziani (gammopatia
forma correlata ad immunodeficit ha una prognosi oligoclonale o gammopatia monoclonale d'incerto significato), e
severa, condizionata dal contesto clinico in cui la solo in piccole percentuali evolvono in neoplasie (linfoma linfo-
malattia esordisce. plasmacitìco o mieloma multiplo).
La patologia plasma cellulare comprende:
Linfomi secernenli immunoglobulìne a) quadri di patologie neoplastiche a differenziazione plasma­
cellulare: mieloma multiplo e plasmacitoma (Figg. 19 e 20);
Con il termine componente-M (M-component) ci si riferisce
alla irmnunoglobulina monoclonaie presente nel sangue dei b) quadri di patologie neoplastiche comprendenti sia elementi
pazienti, l'alterazione più importante è determinare la gravità linfoidi che plasmacellule: macroglobulinemia di Walden-
del quadro clinico di tutte queste malattie. Le immunoglobuline stròm; malattie delle catene pesanti (gamma/mu/alfa);
che costituiscono la componente-M sono molecole dal PM di c) quadri di malattie da deposito di immunocomplessi: amiloi-
160.000 o superiore; per questa ragione non passano il filtro glo- dosi primitiva; malattie sistemiche da depositi di catene
merulare e non si trovano nelle urine se non in caso di grave pesanti o catene leggere delle immunoglobuline;
Linfomi non-Hodgkin B o cellule mature ("peripheral B cell neoplasm") & 597

causa di morte più frequente (streptococcus pneumoniae;


^Criteridiagnosticidelmieioma staphylococcus aureus; escherichia coli).
- Meccanismi patogenetici. La clinica è caratterizzata dal
dolore osseo e dalle fratture patologiche.
*1 = presenza del mieloma su biopsia. Le cellule reticolari dello stroma midollare e quelle del mie­
loma producono elevate quantità di IL-6, responsabile dell'atti­
*11 = presenza di plasmacitosi nel midollo osseo (in % vazione, assieme al tumor necrosis factor-alfa e allTL-1, dell'attiva­
superiore al 30%). zione degli osteoclasti. L'IL-6 è anche un importante fattore di
*111 = componente-M; picco monoclonale IgG (superio­ crescita per le piasmaceiluie neoplastiche. Alti livelli sierici di IL-
re a 3,5 g/d l) o IgA (superiore a 2.0 gr/dl) (elet­ 6 rappresentano pertanto un fattore prognostico negativo. Altre
troforesi proteica sierica); in presenza d i amiloi- citochine prodotte dal clone neoplastico sono MlPla e il NF-kB
dosi, proteinuria di Bence-Jones, superiore a receptor activator ligami (RANKL) entrambi attivatori degli osteo­
1 g r/2 4 ore (elettroforesi proteica urinaria). clasti. Queste molecole rappresentano il bersaglio per le terapie
* a = midollo osseo con 10-30% di piasmaceiluie. nel mieloma, come l'utilizzo di farmaci antagonisti del riassorbi­
mento osseo.
* b = picco monoclonale sierico presente, ma inferiore
a quanto riportato nella categoria Ili - Genetica. Anomalie genetiche vengono descritte, al
momento della diagnosi, nel 30-4(1% dei casi. I casi positivi
* c = lesioni litiche alle ossa. diventano più numerosi nel corso della malattia (60-70%), a
* d = immunoglobulina residua (IgM; inferiore a dimostrazione di un progressivo accumulo di ulteriori anomalie.
50 m g/al. IgA; in ferìore a 100 mg/dì. IgG; infe­ Sono comuni i cariotipi complessi, ma anche traslocazioni e
riore a 600 m g/dl. delezioni. La delezione 13q e le traslocazioni che coinvolgono il
locus delle immunogìobuline (14q32), sono anomalie frequenti.
* sono considerate diagnostiche le combinazioni ripor­ Anomalie che determinano una prognosi sfavorevole sono
tate d i seguito; rappresentate dalle delezioni 13ql4 e 17pl3.
I + b, I + c, I + d, Il + b, 11+ c, Il + d, III t a, III + c,
III + d, or a + b + c or a + b + d.
G am m apatie monoclonaii di incerto
significato
d) malattie da componente-M, che solo raramente presentano i
segni e i sintomi del mieloma: gammopatìe monoclonali Individui asintomatici e in buona salute possono presentare
d'incerto significato. una componente-M con elevata frequenza (1% oltre i 50 anni
sino al 3% oltre i 70). Si tratta di una disprotidemia die può evol­
Il mieloma è la neoplasia del midollo osseo caratterizzata da: vere, negli anni (10-20 anni), in una elevata percentuale di casi
a) proliferazione plasmacellulare con distruzione deìl'osso e (25%), in una delle diverse patologie legate alla produzione di
localizzazione preferenziale alie sedi di emopoiesi attiva ed componente-M. L'evoluzione si esprime sia sotto forma di neo­
ancora conservata (vertebre, costole, ossa del cranio, ossa plasia (mieloma, linfoma linfoplasmacitico) sia per le conse­
della pelvi, femore, clavicola e scapola); guenze dell'iperproduzione di immunogìobuline (amiloidosi
primitiva, sindromi da iperproduzione di macroglobulina). Il
b) produzione abbondante e sbilanciata di immunogìobuline, rischio di evoluzione in patologie conclamate e gravi giustifica
responsabili di danni d'organo evocati per meccanismi l'attento follow up a cui sono sottoposti i pazienti portatori di
patogenetici differenti; gammapatia da proteina M. Frequentemente le piasmaceiluie
c) immunodeficit umorale: produzione ridotta o soppressa di clonali (responsabili della produzione del componente-M identi­
immunogìobuline normali, responsabile della particolare ficata nel midollo e nelle urine) si trovano nel midollo in percen­
suscettibilità alle infezioni. Queste ultime rappresentano la tuale modesta e sono, quindi, difficilmente identificabili nel con­
testo di una popolazione plasmacellulare policlonale.

Fig. 19-MieÌoma multiplo; l'immagine documenta un mieloma Fig. 20 - Mieloma multiplo; il clone neoplástico è generato da
plasmablasiico (scarsamente differenziato) che sostituisce una singoia plasmacellula trasformata ed esprime quindi la stes-
ampiamente il midollo osseo. sa catena leggera delle immunogìobuline; in auesto caso il cro­
niogeno è legato ad un anticorpo anti-catena leggera lambda.
598 & Neoplasie dei tessuti linfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin
Linfoma linfopiasmacitico infezione cronica da Helicobacter pylori) oppure se
sia diretta conseguenza dell'attività trasformante
- Definizione e cellula d'origine. È un linfoma B del virus. Questa associazione è stata confermata
post-follicolare/ costituito dalla proliferazione di anche in linfomi delle ghiandole salivari, sede di
piccoli linfociti indirizzati verso la differenziazione infezione virale cronica.
secretiva; comprende quindi anche plasmacellule È stata descritta la regressione del linfoma e
ed elementi a differenziazione intermedia, che delle della crioglobulinemia in seguito al trattamento con
plasmacellule hanno parte dei caratteri morfologici interferone dell'infezione virale.
(cellule linfoplasmacitoidi).
Le cellule neoplastiche producono immunoglo- - Morfologia. L'infiltrato midollare è caratteri­
buline monoclonali, che possono causare una sin­ stico; si tratta di un infiltrato linfoide eterogeneo
drome da iperviscosità o ima crioglobulinemia. con piccoli linfociti, plasmacellule ed elementi a dif­
Se la componente-M è ima IgM, si realizza il ferenziazione intermedia (linfoplasmacitoide); que­
quadro clinico della macroglobulinemia di Walden- sti ultimi sono dotati di un nucleo che non ha le
stròm. caratteristiche tipiche della plasmacellula, essendo
Esistono diversi altri linfomi B con aspetti di dif­ il citoplasma relativamente abbondante e spesso
ferenziazione plasmacellulare; le caratteristiche basofilo (dal punto di vista ultrastrutturale è ricco
morfologiche ed immunofenotipiche prevalenti di reticolo endoplasmatico); all'infiltrato descritto si
consentono l'inquadramento nella categoria di associano in modo caratteristico numerosi mastoci-
appartenenza, segnalando nella diagnosi la presen­ ti. La proporzione tra i diversi elementi e l'entità
za di differenziazione secretiva, in quanto poten­ della sostituzione midollare varia enormemente da
zialmente rilevante. caso a caso. L'infiltrato non ha mai proprietà osteo-
litiche.
- Epidemiologia. E un linfoma raro (1-3% dei La presenza di precipitati intracitoplasmatici di
linfomi linfonodali), che colpisce pazienti di 60-70 immunoglobuline denaturate comporta la forma­
anni, con una modesta prevalenza maschile. zione di inclusi PAS-positivi (positività dipendente
- Diffusione. Il midollo osseo, i linfonodi, la dalla frazione giuridica delle immunoglobuline),
milza, il fegato e il sangue periferico sono più fre­ tipo corpi di Russell (citoplasmatici) e di Dutcher
quentemente interessati. E stato descritto frequente­ (nucleari).
mente, in passato, in sedi extralinfonodali quali pol­ - Caratteri immunofenotipici. Non sono specifi­
mone e stomaco; si tratta in gran parte di linfomi B ci, ma conservano l'espressione di antigeni di diffe­
del "tessuto linfoide associato alle mucose", o renziazione B; le plasmacellule, talora anche gli ele­
MALT, le cui cellule secernono un'unica ìmmuno- menti linfoidi, presentano positività intracitopla-
globulina, monoclonale appunto. smatica per le catene pesanti e leggere.
- Caratteri clinici. La clinica è caratterizzata - Genetica. L'anomalia genetica associata è la
dalla macroglobulinemia; sindrome da iperviscosi­ delezione 6q. Non sono coinvolti i geni delle immu­
tà, formazione dei rouleaux (catene da impilamen- noglobuline.
to) di eritrociti, deficit del microcircolo con danni
visivi e aumento del rischio di danni cerebrovasco­ - Prognosi. E legata all'attività della macroglo­
lari; neuropatia conseguente alla reazione delle IgM bulina e alla sindrome da iperviscosità. La plasma-
con glicoproteine o gangliosidi mielina associati; feresi è utile per controllare il quadro clinico. La
crioglobulinemia; deposizione di immunocomples- sopravvivenza media è di 4 anni.
si in organi e tessuti (frequente a livello gastroente­
rico, con conseguente diarrea cronica).
La macroglobulina promuove l'attivazione di | Linfomi non-Hodgkin T
piastrine e di fattori della coagulazione, con diversi
quadri di coagulopatia. a cellule mature
La sindrome di Waldenstròm consegue alla ("peripheral T celi neoplasm")
macroglobulinemia, che può essere presente anche
in altri linfomi B (linfoma MALT-associato; linfoma I linfomi non-Hodgkin T sono meno frequenti
a cellule della zona marginale; linfoma linfocitico). dei linfomi B (negli USA e in Europa rappresentano
Dato che la produzione di catene pesanti e leg­ il 10-15% dei linfomi non-Hodgkin), e comprendo­
gere è bilanciata, solo raramente si osservano insuf­ no categorie estremamente eterogenee sotto i profi­
ficienza renale e amiloidosi. li molecolare, clinico e prognostico. Il dato comune
Studi su campioni di popolazione italiana hanno è costituito dall'espressione di molecole correlate
dimostrato la stretta associazione tra infezione da alla differenziazione T (linfomi a cellule T-periferici
virus dell'epatite C, linfoma linfoplasmacitico e o post-timici) o natural-killer (linfomi NK).
crioglobulinemia. Non è stato ancora chiarito se Nei paesi asiatici, in cui c'è una condizione
l'associazione sia conseguenza di un prolungato sti­ endemica di infezione da HTLV-1 (Human T-cell
molo antigenico (cfr linfoma gastrico tipo MALT e Leukemia Virus type 1), la percentuale di linfomi T
Linfomi non-Hodgkin T o cellule mature ("peripheral T cell neoplasm") si 5 9 9

è elevata (a Taiwan il 40% dei linfomi sono T). cellule T si associa a polimorfismo morfologico (cel­
Il virus di Ebstein-Barr è implicato nella patoge­lule di piccole medie e grandi dimensioni, spesso
nesi di una forma peculiare di linfoma; il linfoma a evidentemente atipiche per irregolarità del nucleo e
cellule T o NK extanodale (c.d. linfoma T "nasal del rapporto nucleo/citoplasmatico). Il linfonodo è
type"), e nei processi linfoproliferativi post-trapian- coinvolto in modo diffuso, con profondo sovverti­
to, alcuni dei quali sono linfomi T. mento strutturale.
I linfomi T, per rarità ed eterogeneità, sono più Alcuni aspetti morfologici, quali la presenza di
difficili da diagnosticare; spesso anche una adegua­ cellule con citoplasma chiaro ben apprezzabile, di
ta tipizzazione immunofenotipica risulta non-con- una ricca componente ventilare "ad endotelio alto"
elusiva. È importante poter disporre di metodi di (tipica della zona T del linfonodo) o di piccoli gra­
analisi molecolare, in grado di identificare, attra­ nulomi epiteliodi, sono spesso associati al linfoma
verso lo studio del recettore delle cellule T (T-cell T periferico ed hanno rappresentato, in passato,
receptor), la natura monoclonale del processo. parametri utilizzati per la sottoclassificazione dei
Non esiste un quadro morfologicamente pato- vari istotipi. La produzione di citochine da parte
gnomonico/ma possono essere identificate alcune del clone neoplastico giustifica la presenza di una
caratteristiche morfologiche comuni. ricca componente macrofagica o eosinofila.
- Caratteri immunofenotipici. I linfomi T perife­
Linfoma non-Hodgkin T periferico, rici esprimono marcatori di differenziazione T e
non altrimenti specificato (NAS) sono spesso CD4-positivi. La perdita di antigeni di
differenziazione può essere dimostrata ed utilizza­
- Definizione e cellula d'origine. Sotto questo ta come indice indiretto di clonalità; la dimostrazio­
eponimo la classificazione WHO 2001 ha raggrup­ ne di una banda clonale di riarrangiamento del T~
pato la maggior parte dei linfomi T; si tratta di lin­ celi receptor (possibile con metodica PCR su tessu­
fomi prevalentemente linfonodali. Altre classifica­ to fissato) consente spesso di rivelare la natura neo­
zioni descrivevano alcuni di questi linfomi come plastica della proliferazione linfoide.
entità autonome (linfoma linfoepiteliode di Len- È talora dimostrabile la presenza del virus di
nert; linfoma della zona T; linfoma pleomorfo a pic­ Ebstein-Barr, che coinvolge però cellule B (i linfoci­
cole, medie o a grandi cellule; linfoma immunobla- ti B infettati assumono caratteri morfologici simili
stico). Eponimi che si sono dimostrati non del tutto alla cellula di Hodgkin) e non gii elementi T neopla­
affidabili, sia sotto il profilo della riproducibilità stici.
diagnostica che sotto il profilo biologico e progno­
stico; per queste ragioni sono stati abbandonati - Genetica. Sono descritti cariotipi eterogenei e
nella classificazione WHO 2001. complessi, nessuno dei quali è specifico. La triso-
mia 3 è frequentemente associata alla variante lin-
- Epidemiologia. Definita in questo modo la foepitelioide.
categoria dei linfomi T "non altrimenti specificati",
raggruppa circa la metà dei linfomi T diagnosticati - Prognosi. La sopravvivenza a 5 anni è bassa
nel mondo occidentale. La maggior parte dei (20-30%) e non appare legata a caratteri morfologi ed
pazienti sono adulti, con ampia distribuzione di età immunofenotipici, ma piuttosto all'entità della diffu­
ed identica incidenza nei due sessi. sione della malattia e alle condizioni generali del
paziente.
- Diffusione. La presentazione è linfonodale ma,
all'atto della diagnosi, la malattia è spesso dissemi­
nata e coinvolge il midollo osseo, il fegato, la milza, Linfoma anaplastico a grandi cellule
i tessuti extra-linfonodali, compresa la cute. Questi - Definizione e cellula d'origine. Come indicato
linfomi possono insorgere anche come processi leu­ dal nome, la categoria comprende linfomi T costi­
cemici. tuiti da cellule anaplastiche (cioè prive di caratteri
- Caratteri clinici. Si tratta, ma non sempre, di morfologici tipici della cellula linfoide), in genere di
forme particolarmente aggressive, con sintomi siste­ grandi dimensioni, con nucleo irregolare e pleo­
mici, e "performance status" (parametro di valutazio­ morfo, spesso caratteristico (tipo zoccolo, medusa o
ne delle condizioni generali del paziente) gravemen­ ciambella), che esprimono la molecola CD30. Il dato
te compromesso. Sono linfomi spesso associati a sin­ molecolare più specifico, ma presente solo in una
dromi paraneoplastiche (eosinofilia, prurito, anemia parte dei casi, è l'espressione della proteina ALK
e citopenia secondarie a sindrome emofagocitica). (recettore tirosin-kinasi, appartenente alla super-
Non sono noti fattori eziologici specifici, nè famiglia dei recettori dell'insulina). La molecola
meccanismi molecolari comuni (si tratta comunque ALK è codificata dal gene presente su 2q23 ed è
di un gruppo eterogeneo di malattie per le quali proprio la traslocazione che coinvolge il cromoso­
sono necessari ulteriori approfondimenti). ma 2 a determinare l'attivazione di ALK, evento
cruciale nella trasformazione neoplastica.
- Morfologia. Manca un quadro morfologico La cellula d'origine è un linfocita T citotossico
tipico e diagnostico; la proliferazione neoplastica a maturo, attivato.
600 & Neoplasie dei tessuti tinfoidi centrali e periferici: linfomi non-Hodgkin

Fig. 21 - Linfoma anaplastico a grandi cellule; si tratta di un Fig. 22 - Linfoma anaplastico a grandi cellule; l'espressione
caso di linfoma a cellule CD30-positive, di tipo sistemico, loca­ della molecola ALK è caratteristica Sella forma sistemica giova­
lizzato anche alla cute. nile e deriva da una delie diverse traslocazioni che coinvolgo­
no il cromosoma 2 e il gene ALK.

- Epidemiologia. I linfomi anaplastici ALK-posi- I linfomi anaplastici, ALK-negativi dell'adulto,


tivi sono linfomi dell'infanzia o della prima giovi­ si comportano come linfomi aggressivi, resistenti
nezza ed hanno, complessivamente, una prognosi alla terapia.
favorevole (tassi di guarigione prossimi alT80%).
I casi ALK-negativi coinvolgono pazienti anzia­Micosi fungoide/sindrome di S ézary
ni ed hanno una prognosi sovrapponibile a quella
di altri linfomi T. - Definizione e cellula d'origine. È un linfoma T
della cute, a cellule mature CD4-positive, morfologi­
- Coinvolgimento e caratteri clinici. Si tratta di camente atipiche (piccole-medie cellule, con nucleo
linfomi aggressivi, con un coinvolgimento sistemico "cerebriforme"); ha un decorso di solito prolungato,
sin dall'esordio (linfonodi, midollo osseo, pelle, tes­ con fasi clinicamente indolenti. Negli stadi avanzati
suti molli, polmoni, fegato); spesso si associano a sin­ si esprime con neoformazioni tumorali cutanee (da
tomi sistemici, con febbre particolarmente elevata. cui l'equivoco nome di micosi fungoide-MF).
Comprendono anche forme esclusivamente La sindrome di Sézary (SS) rappresenta la varian­
cutanee, che hanno decorso clinico e prognosi più te, leucemica associata a diffuso coinvolgimento
favorevoli. cutaneo che ha le caratteristiche di un eritroderma
- Morfologia. I caratteri morfologici (cellule esfoliatìvo generalizzato. La malattia è descritta al
anaplastiche) (Fig. 21) e la tendenza a coinvolgere i cap. "I linfomi cutanei" di G. Fabris e G. Goteri.
seni linfatici (soprattutto il seno marginale, con un
quadro istologico di tipo metastatico), giustificano
la diagnosi differenziale che va posta con le meta­ j j Bibliografia
stasi linfonodali di carcinoma, di sarcoma o di
essenziale
melanoma. Daniel Knowles M.: Neoplastic Hematopathology, sec­
ond edition, Lippincott Williams & Wilkins, 2000.
- Caratteri immunofenotipici. Oltre alla positivi­
tà per il CD30 e il CD25 (marcatori di "attivazione") Harry Ioachim L. & Ratech Howard: Ioachim's Lymph
possono esprimere marcatori di differenziazione T. Node Pathology, third edition, Lippincott Williams &
Wilkins, 2002.
- Genetica. I casi con traslocazione t(2;5)(p23;p35)
Travis William D., Brambilla E., Mueller-Hermelink H.K.
esprimono la molecola ALK (p80) (Fig. 22); l'espres­ and Harris Curtis C.: W HO Classification: Tumours
sione di ALK, prognosticamente rilevante, può esse­ of the Lung, Pleura, Thymus and Heart, Lyon 2004.
re la conseguenza di traslocazioni alternative; t(l;2),
Jaffe Elaine S., Harris Nancy Lee, Stein Harald, Vardiman
t(2;3), t(2;17). Jam es W.: W HO Classification: Tumours of
- Prognosi. I linfomi anaplastici primitivi della Haematopoietic and Lymphoid Tissues, Lyon 2001.
cute hanno una prognosi favorevole, e sono nume­ G.R. Lee, J. Foerster, J. Lukens, F. Paraskevas, J.P. Greer,
rosi i casi di risoluzione spontanea del processo. G.M. Rodgers: Wintrobe's Clinical Hematology, 10th
1 linfomi ALK-positivi rispondono bene alla edition, Williams & Wilkins 1999.
polichemioterapia, e sono elevate le percentuali di Rosai and Ackerman's Surgical Pathology. Ninth edition.
guarigione. Juan Rosai. Mosby, 2004.
Linfoma
5.3 di Hodgkin
F. Menestrina

¡¡¡ Note storiche e classìficative segnalare che il LH è una malattia che colpisce pre­
valentemente l'età giovanile.
A più di 170 armi dall'iniziale descrizione da Il LH rappresenta circa- il 30% di tutti i linfomi
parte di Thomas Hodgkin, le conoscenze di questo ed ha incidenza relativamente stabile ma una distri­
quadro patologico sono notevolmente aumentate e buzione geografica variabile.
attualmente si può a ragione attribuire quest'entità A prescindere dalle entità e dai sottotipi istologi­
al capitolo dei linfomi. L'inquadramento che per ci, un elemento fondamentale per stabilire un razio­
anni ha rappresentato un generale punto di riferi­ nale approccio terapeutico e formulare un attendi­
mento è quello di Lukes e Butler (1966) che preve­ bile giudizio prognostico è rappresentato dalla sta-
deva la distinzione della malattia in quattro sottoti­ diazione. Si tratta di un processo la cui base razio­
pi istologici, riconoscibili per la loro diversa compo­ nale consiste nel fatto che la malattia si sviluppa in
sizione cellulare e denominati prevalenza linfocita- un modo altamente prevedibile e conquista,
ria, cellularità mista, sclerosi nodulare e deplezione seguendo le vie linfatiche, una stazione linfonodale
linfocitaria. Sulla base di studi biologici e clinici dopo l'altra e, solo in fase avanzata, si localizza
effettuati soprattutto negli ultimi 20 anni, si è sem­ nelle sedi extralinfonodali. Nello schema stadiativo
pre più chiaramente delineato che, più che di una proposto ad Ann Arbor nel 1971 e revisionato nella
singola malattia, si tratta di almeno due entità clini­ conferenza di Cotswolds (1989) (Tab. 2) sono previ­
co-patologiche distinte, il linfoma di Hodgkin a sti pertanto livelli di progressivo coinvolgimento
prevalenza linfocitaria nodulare (LHPLn) e la linfonodale ed extralinfonodale in sedi sopra- e
forma classica (LHc), a sua volta distinta, in analo­ sotto-diaframmatiche. È valutata anche la presenza
gia con lo schema classico di Lukes e Butler, in di sintomi costituzionali (segnalata con la lettera B)
quattro sottotipi: sclerosi nodulare, cellularità quali febbre superiore ai 38 °C, abbondante sudora­
mista, ricca in linfociti e a deplezione linfocitaria. zione notturna e perdita di peso, non spiegabile e
Tale impostazione è stata fatta propria anche dalla superiore al 10% del peso corporeo, negli ultimi sei
recente classificazione della WHO (2001) (Tab. 1). mesi. L'assenza di tali segni è segnalata con la lette­
Pur essendo diverse sul piano clinico, morfolo­ ra A. La lettera X invece segnala la presenza di una
gico ed immunofenotipico, le due entità sono tutta­ massa voluminosa, "bulky", così definibile se la
via accomunate dalla condivisione di alcune carat­ massa linfonodale ha un diametro superiore ai
teristiche. 10 cm o se l'allargamento del mediastino è superio­
La prima, per altro del tutto singolare per un re ad un terzo del diametro toracico. La lettera E
processo neoplastico, è costituita dal fatto che le cel­ infine documenta il coinvolgimento di una singola
lule atipiche rappresentano una minoranza della sede extralinfonodale.
popolazione cellulare della massa linfomatosa: le La corretta definizione dello stadio è basata su
cellule neoplastiche di grandi dimensioni sono, elementi clinici e su indagini radiologiche. Fino a
infatti, circondate da una popolazione reattiva di qualche anno fa la linfografia addominale e la lapa­
tipo infiammatorio, più o meno eterogenea a secon­ rotomia esplorativa avevano una frequente applica-
da delle forme e dei sottotipi istologici.
La seconda caratteristica è rappresentata dal Linfoma di Hodgkin classificazione
fatto che si tratta in entrambe le forme di una malat­
WHO (2001)
tia essenzialmente a localizzazione linfonodale; il
riscontro di una localizzazione in sede extralinfono-
Linfoma di Hodgkin a Prevalenza Linfocitaria Nodulare
dale, relativamente frequente nei linfomi non-
Hodgkin, è un fenomeno del tutto eccezionale e per Linfoma di Hodgkin Classico:
lo più correlato ad un'avanzata progressione della Sclerosi Nodulare
malattia e non al momento della sua presentazione Cellularità Mista
e del suo riconoscimento diagnostico. Ricco in Linfociti
Come terzo elemento caratteristico è, infine, da
Deplezione linfocitaria
602 i Linfoma di Hodgkin

Linfoma di Hodgkin Stadiazione (sec Ann Arbor; revisione di Cotswolds, 19 8 ? }

Stadio Definizione ^ :V' ‘r' * :^ i - i i V;-i


1 Coinvolgimento di una singola stazione linfonodale o di singola struttura linfoide (milza, timo, anello di
Waldeyer)
II Coinvolgimento di due o più stazioni linfonodaii dallo stesso lato dei diaframma, il numero deile sedi lin­
fonodali è indicato da suffisso numerico
IH Coinvolgimento di stazioni linfonodaii o strutture iinfoidi da entrambi i lati dei diaframma
1111 Con o senza localizzazioni spleniche e linfonodi ilari, celiaci o portali
11! 2 Con localizzazioni ai linfonodi paraortici, iliaci o mesenterici
!V Coinvolgimento di stazioni extranodali diverse da quelle designate con E
Annotazioni: A: senza sintomi sistemici
B: febbre, sudorazione profusa
X: malattia "bulky" (allargamento > di 1/3 del mediastino a T5-6; massa linfonodale > di cm 10)
E: coinvolgimento di un organo extralinfonodale singolo o contiguo ó prossimale alia localizzazione
linfonodale
CS: stadio clinico
PS: stadio patologico

zione nello studio delle possibili localizzazioni tutte le aree geografiche: risulta più frequente negli
addominali, linfonodali e viscerali. Attualmente le Stati Uniti, in Danimarca e in Israele mentre il Giap­
moderne indagini di "imaging" quali la tomografia pone e l'Australia hanno un'incidenza più bassa.
assiale computerizzata e la. risonanza magnetica, o Su base epidemiologica si distinguono tre forme:
altre più sofisticate metodiche, hanno quasi com­ a) la forma infantile (fino a 14 anni), caratteristica
pletamente eliminato le indaginiinvasive. Un'inda­ delle zone in via di sviluppo;
gine bioptica che ha mantenuto una notevole rile­
vanza è rappresentata dalla biopsia osteomidollare b) quella del giovane adulto (15-40 anni), propria
effettuata in corrispondenza della cresta iliaca delle aree socio-economicamente sviluppate;
posteriore, bilateralmente. L'identificazione di loca­ c) quella dell'adulto (oltre i 50 anni) osservata in
lizzazione osteomidollare colloca automaticamente entrambi i gruppi di popolazione.
il paziente nello stadio IV. Nelle zone socio-economicamente sviluppate la
malattia ha frequentemente ima presentazione
HI Linfoma di Hodgkin classico bimodale con ùn picco intorno ai 15-40 anni e un
secondo picco in età avanzata, fl rapporto maschi-
Il linfoma di Hodgkin classico (LHc) rappresen­ femmine vede una prevalenza nel sesso maschile
ta una malattia il cui carattere fondamentale è costi­ (M:F = 1,5:1) ma nella forma scleronodulare, che fra
tuito dalla presenza di particolari cellule mononu- l'altro è la forma più frequente nelle aree socio-eco­
cleate (cellule di Hodgkin - H) e di cellule multinu- nomicamente sviluppate, il rapporto M/F è appros­
cleate (cellule di Reed-Sternberg - RS), fomite di simativamente di 1:1. Studi più o meno recenti
caratteri morfologici ed immunofenotipici distinti­ hanno focalizzato l'attenzione sui rapporti fra LHc
vi. La malattia viene tuttavia diagnosticata quando e infezione da EBV. I pazienti con una pregressa
queste cellule, minoritarie rispetto alla massa cellu­ infezione infatti hanno un rischio di contrarre il LH
lare complessiva, sono identificate in un appropria­ aumentato da due a quattro volte rispetto alla popo­
to contesto di elementi non neoplastici rappresenta­ lazione senza una simile storia; inoltre i pazienti con
to da un numero variabile di linfociti, granulociti LH hanno frequentemente elevati o alterati, titoli
neutrofili ed eosinofili, plasmacellule, istiociti e anticorpali contro l'EBV. La correlazione con l'EBV
fibroblasti. è particolarmente evidente in alcune aree geografi­
che come il Perù o nei pazienti HlV-positivi.
Epidemiologia
Storia naturale e presentazione clinica
HLHc costituisce il 20-30% di tutti, i linfomi e il
95% di tutti i LH, con ampia ma diversificata distri­ La malattia si manifesta nel 90% dei casi come ima
buzione nel mondo e con un'incidenza che, contra­ tumefazione linfonodale, per lo più (75% dei casi)
riamente ai linfomi non-Hodgkin, non ha riscontrato rappresentata da aumento dei linfonodi laterocervi-
un significativo incremento. La malattia è presente in cali. Sedi meno frequentemente interessate sono
Linfoma di Hodgkin classico Ó03

quella ascellare, quella inguinale e lombo-aortica. maniera completa in quanto la componente linfoci­
L'ingrossamento usualmente si sviluppa lentamente taria B normale può essere variamente conservata,
e non si accompagna a dolore. Il mediastino è fre­ anche nella sua strutturazione follicolare reattiva,
quentemente interessato, soprattutto nella forma talora in proporzione tale da rendere meno eviden­
scleronodulare della malattia, e può rappresentare te la neoplasia.
anche la sede unica e primaria di localizzazione. La Le cellule di Hodgkin e di Reed-Sternberg (H-RS)
milza è interessata nel 20% circa dei casi e si associa sono reperto necessario (anche se non sufficiente)
ad un maggior rischio di disseminazione extralinfo- per la formulazione diagnostica è l'identificazione
nodale. Il midollo è interessato in una minoranza di della cellula di RS e delle sue varianti. La cellula
casi (5%). Sedi raramente coinvolte sono le tonsille diagnostica di RS è classicamente una cellula di
palatine e l'anello di Waldeyer, i linfonodi mesente­ grandi dimensioni, del diametro di 20-50, o anche
rici, ipogastrici, poplitei ed epitrocleari. La localizza­
più, micron, fornita di citoplasma abbondante aci-
zione negli organi viscerali e nella cute è espressio­ dofilo, ma talora anche debolmente basofilo e di
ne di: interessamento per contiguità dai linfonodi nucleo con almeno due lobi o plurilobato (Fig. 1).
vicini o la manifestazione di una malattia avanzata. Quando sono presenti due nuclei, questi sono
I sintomi costituzionali si osservano nel 40% dei rotondeggianti, con una membrana nucleare ben
pazienti e possono talora associarsi a prurito intenso demarcata e con evidenti nucleoli intensamente
e generalizzato o, più raramente, a dolore in sede lin- eosinofili, spesso circondati da un alone chiaro. Si
fonodalé dopo assunzione di alcool. È segnalato inol­ parla pertanto di configurazione "a specchio" o "ad
tre un difetto nella immunità cellulare documentato occhio di gufo" del nucleo. Esiste inoltre una vasta
da linfocitopenia o da deficit funzionali dei linfociti gamma di variazioni nella morfologia di queste ele­
T, con conseguente maggiore suscettibilità ad infe­ menti cellulari, rappresentata da cellule simili ma
zioni virali, fungine e dovute a certi tipi di batteri. mononucleate (comunemente dette cellule di
Hodgkin), da cellule plurilobate o anche multinu-
M orfologia cleate, usualmente rappresentate in variabile, da
Il quadro macroscopico. Usualmente i linfonodicaso a caso, proporzione, ma talora anche nelle
asportati a scopo diagnostico misurano dai due ai tre diverse aree dello stesso linfonodo (Fig. 2). Le cellu­
cm di diametro, sono di consistenza soffice o soste­ le diagnostiche possono essere facilmente identifi­
nuta a seconda della quantità di fibrosi presente e cabili per le loro dimensioni nel contesto della
pertanto sono più duri nella variante sclerosi nodu- restante popolazione cellulare, altre volte invece
lare. Sulla superficie di taglio l'aspetto è carnoso e sono molto rare e vanno attentamente ricercate. La
talora si può notare una certa nodularità, più eviden­ loro frequenza rispetto all'infiltrato circostante
te nella sclerosi nodulare ma apprezzabile potenzial­ oscilla comunque ampiamente, variando da 0,1-
mente anche nelle altre varianti istologiche. 10%. Da segnalare ancora che frequentemente le
La milza è di dimensioni normali o aumentate in cellule di RS mostrano aspetti regressivi rappreseli-
rapporto con l'entità della localizzazione neoplasti­ tati da contrazione e maggiore eosinofilia del cito­
ca. Se la localizzazione è iniziale, il focolaio neopla­ plasma e da picnosi del nucleo e vengono pertanto
stico è identificabile come minuta area biancastra denominate varianti "mummificate" (Fig. 3). Da
del diametro di pochi millimetri che risalta sul colo­ non dimenticare infine che cellule di aspetto analo-
re scuro della polpa rossa. Per questo motivo nella
documentazione patologica della milza è necessa­
rio sezionare l'organo a fresco con tagli dello spes­
sore di 2-3 mm per non correre il rischio di perdere,
con fette di spessore maggiore, localizzazioni ini­
ziali. Nelle localizzazioni più conclamate la milza,
usualmente ingrandita ma senza' raggiungere
dimensioni particolarmente vistose, mostra diversi
noduli biancastri, distribuiti casualmente, isolati o
confluenti in noduli del diametro anche di qualche
centimetro. Talvolta la localizzazione può essere
unica e rappresentata da un singolo nodulo bianca­
stro a contorni lobulati o rappresentata dalla distri­
buzione miliariforme di una miriade di minute
nodulini. I noduli possono comparire anche sulla
superficie capsulare della milza.
Le localizzazioni epatiche, sempre secondarie al
coinvolgimento splenico, risultano come noduli
Fig. 1 - La cellula diagnostica di RS è classica mente una cellu­
biancastri localizzati nelle regioni portali. la di grandi dimensioni, del diametro di 20-50 micron, fornita
Il quadro microscopico. Il linfonodo mostradi citoplasma abbondante e di nucleo con almeno due lobi o
struttura sovvertita ma non necessariamente in plurilobato.
604 i Linfoma di Hodgkin
I granulociti eosinofili variano molto di numero
ma possono essere anche così numerosi da formare
dei veri ascessi eosinofili.
Anche gli elementi istiocitari sono molto variabi­
li di numero; talora sono riuniti in aggregati, più o
meno ampi, a fisionomia granulomatosa epitelioide.
Le plasmacellule sono irregolarmente distribui­
te; in rari casi, e per la loro abbondanza, configura­
no aspetti che ricordano la malattia di Castleman.
Le localizzazioni extralinfonodali sono rappresen­
tate da un infiltrato cellulare prevalentemente reat­
tivo nel cui contesto gli elementi H-RS sono usual­
mente rari e meglio identificabili con le indagini
immunoistochimiche. Da segnalare che, se la malat­
tia è stata precedentemente diagnosticata, i criteri
per identificare gli elementi prototipici possono
essere anche meno stringenti.
Fig. 2 - Esiste una vasta gamma di varianti morfologiche: cel­ Nel midollo osseo la localizzazione è rappresen­
lule mononucleate (comunemente dette cellule di Hoagkin) ma tata per lo più da aree isolate di sostituzione della
anche cellule plurilobate o multi nucleate.
componente emopoietica nel cui contesto la quota
fibroblastica può essere particolarmente abbondante.
Nel fegato la sede di iniziale localizzazione è
costituita dagli spazi portali mentre nella milza la
polpa bianca è la prima ad essere coinvolta.
Nelle sedi extralinfonodali si possono riscontra­
re focolai granulomatosi epitelioidi che tuttavia, in
assenza delle cellule di H-RS e del restante
microambiente cellulare, non devono essere inter­
pretati come localizzazione della malattia.

Immunofenotipo
Le cellule di Hodgkin e di Reed-Sternberg (H-RS)
sono caratteristicamente CD30 (Fig. 4) e CD15
(Fig. 5) positive e CD45 negative; il CD15 può tutta­
via essere negativo (25-30% dei casi) o espresso in
una minoranza delle cellule, mentre il CD30 in
meno del 10% dei casi può essere negativo verosi­
Fig. 3 - Le cellule di RS che mostrano aspetti regressivi (contra­
zione con maggiore eosinofilia del citoplasma e picnosi del milmente per problemi legati alle tecniche di fissa­
nucleo) vengono denominate varianti "mummificate". zione impiegate. Le cellule di H-RS sono inoltre
positive per marcatori correlati alla linea B quali il
go a quello della cellula classica di RS si possono CD20 (40% dei casi circa), il CD79a (20% circa) e la
osservare anche in altri processi di natura non neo­ "B-cell specifìc activator protein (BSAP)7' (90% dei
plastica (ad es. mononucleosi) o neoplastica (ad es. casi). Nonostante l'espressione di marcatori di linea
melanoma, linfomi non-Hodgkin) e che in tali B le immunoglobulìne non sono espresse sulla
situazioni la morfologia tradizionale può non esse­ superficie cellulare in relazione al fatto che il fatto­
re dirimente ed essere per contro necessario ricorre­ re di trascrizione Oct2 (Fig. 6), e il suo coattivatore
re ad indagini immunoistochimiche. BOB.l, sono assenti (Oct2 e BOB.l negatività). In
Le cellule di accompagnamento delle cellule di alcuni casi le cellule di H-RS esprimono uno o più
H-RS, sono sul piano numerico la componente cel­ marcatori di linea T ma usualmente si tratta di un'e­
lulare prevalente, costituendo la gran parte della spressione aberrante perché in tali casi si può dimo­
massa tumorale. La loro presenza è un requisito strare usualmente un riarrangiamento monoclonale
essenziale per il riconoscimento della malattia stes­ dei geni delle immunoglobuline e non del "T celi
sa pur essendo le cellule di natura reattiva e non- receptor". EMA e ALK sono negativi. L'infezione da
neoplastica. È componente costituita da linfociti, EBV, documentata dalla positività per LMP1, è
granulociti, istiociti, plasmacellule e fìbroblasti. variabilmente rilevabile in relazione a fattori epide­
Gli elementi linfoidi sono rappresentati in preva­ miologici: nelle aree socio-economicamente meno
lenza da piccoli linfociti pur potendosi osservare sviluppate e nei pazienti HIV-positivi è assai eleva­
anche sparsi elementi immunoblasticì o, molto più ta (quasi 100%); il sottotipo istologico cellularità
raramente, anche elementi a fisionomia monocitoide. mista, inoltre, è quello con maggiore positività.
Linforno di Hodgkin classico & 605

Fig. 6 - Il fattore di trascrizione delle immunoglobuline Oct2


risulta negativo: nonostante l'appartenenza alla linea differen-
ziativa B,Te cellule di Hodgkin non esprimono immunoglobuline.

Figg 4 e 5 - Le cellule di Hodgkin esprimono la molecola CD30


{evidente,, in questo caso, la positività "golgiana" e di membra­
na) e la molecola CD 15.

Sono presenti diversi altri marcatori alcuni di


interessante significato biologico o di utile applica­
zione nella diagnostica differenziale con la forma
LHPLn o con altri tipi di linfomi NH o, ancora, di
rilevanza prognostica.
La p53 è frequentemente iperespressa anche se
studi molecolari non evidenziano usualmente
mutazioni nel gene codificante la proteina; per con­
tro, ad ulteriore dimostrazione dell'alterazione dei
meccanismi regolatori della proliferazione cellulare Fig. 7 - Nel linfoma di Hodgkin, tipo classico la fascina è
costantemente espressa: il dato aiuta nella diagnosi differenzia­
in questi elementi, è iperespressa MDM2, proteina le con il Sinfoma di Hodgkin prevalenza linfocitaria, nodulare..
inibitrice della p53.
Da segnalare ancora l'espressione di numerose
citochine e chemochine e loro recettori (IL-2, IL-5, di pratico utilizzo nella diagnosi differenziale con
IL-6, IL-7, IL-9, ILIO, IL-13, TGF-b, TARC eotassina) HLPL (Fig. 7).
che possono spiegare la variabilità del microam­ Microambiente. La maggior parte dei piccoli lin­
biente cellulare di accompagnamento: in particola­ fociti sono T linfociti a fenotipo CD4+. Con CD21 è
re, IL-5 ed eotassina sono responsabili della compo­ possibile trovare una fitta rete di cellule dendritiche
nente eosinofila, TGF- della fibrosi, IL-6 della ric­ mentre in altri casi le cellule follicolari dendritiche
chezza in plasmacellule, TARC del fenotipo preva­ sono rare o assenti del tutto. CD68 mette in eviden­
lentemente Th2 degli elementi linfoidi T etc. La za il variabile numero degli elementi macrofagici.
fascina presenta ima forte positività citoplasmatica Le plasmacellule sono ovviamente policlonali.
6 0 6 i? Linfoma di Hodgkin
Biologia m olecolare Altri fattori di trascrizione ancora possono avere
un ruolo di rilievo: in particolare NFkB è costitutiva­
Gli studi molecolari, inizialmente deludenti, dopo mente attivato nel nucleo delle cellule di H-RS vero­
l'introduzione di metodiche di indagine in situ e di similmente per amplificazione del gene NFkB/Rei, o
micromanipolazione di cellule singole, hanno con­ per mutazione del suo inibitore IkB o per iperespres-
sentito di ottenere importanti elementi dimostrativi sione del suo attivatore TRAF.l ("TNF Receptor
della vera natura neoplastica del processo (nel passa- associated Factor 1"). Hvirus di EB (Fig. 8) può inol­
to oggetto di notevoli discussioni) nonché utili infor­ tre essere coinvolto nella patogenesi della malattia,
mazioni riguardanti rilevanti eventi patogenetici. in un certo numero di casi, essenzialmente tramite
Nella stragrande maggioranza dei casi (all'incir- l'azione di LMP1 che possiede una potenziale attivi­
ca nel 98% dei casi) i geni che codificano le immu- tà trasformante ed antiapoptotica.
noglobuline mostrano riarrangiamento clonale e
presentano ipermutazioni somatiche, ma non
mutazioni "ongoing". Mentre questi dati suggeri­ Decorso clinico e prognosi
scono Tappartenenza alla linea B delle cellule H-RS Come precedentemente accennato gli elementi
e, più precisamente, la loro derivazione da cellule che meglio condizionano la prognosi sono lo stadio
del centro germinativo, le cellule H-RS tuttavia non clinico e la presenza di sintomi sistemici. Studi
sono in grado di produrre molecole immunoglobu- recenti hanno tuttavia cercato di indagare il signifi­
liniche funzionanti. Tale fenomeno, più che a muta­ cato prognostico della espressione di alcuni marca­
zioni non funzionali dei geni delle immunoglobuli- tori biologici, fra i quali meritano menzione LMP1,
ne, è correlato ad un deficit di trascrizione causato CD20, BAX e BCL-2: mentre l'espressione di LMP1,
da inattivazione del promotore immunoglobulinico di CD20 e di BAX non sembra condizionare signifi­
dovuto a mancanza del fattore di trascrizione Oct2 cativamente il decorso clinico, l'espressione di BCL-
e del suo coattivatore BOB.l. 2 rappresenta un fattore prognostico sfavorevole.
È noto che le cellule B che non esprimono immu- L'introduzione di protocolli di chemio/radiote­
noglobuline di superficie (o che esprimono immu- rapia, mirati e adattati al rischio, ha migliorato
noglobuline con mutazioni sfavorevoli) vanno drammaticamente la sopravvivenza dei pazienti.
fisiologicamente incontro ad un programma di Attualmente la sopravvivenza a 5 anni varia da
apoptosi iniziato dal recettore trans-membrana 80-95% anche se a distanza la terapia non è priva di
FAS/CD95. Perché Tapoptosi non abbia luogo nelle effetti collaterali negativi, alcuni di significato
cellule di H-RS rimane ancora quesito non chiarito modesto (alterazioni ormonali, amenorrea, immu-
sebbene si possano in via ipotetica prendere in con­ nosoppressione, infezioni virali), altri con conse­
siderazione alcune possibilità. Il blocco dell'apop- guenze pesanti (fibrosi polmonare, danno miocar­
tosi potrebbe infatti essere correlato a mutazioni del dico, sterilità, infezioni opportunistiche, problemi
gene FAS, oppure ad un uso illegittimo del gene psicosociali), altri infine potenzialmente fatali (leu­
antiapoptotico c-FLIP o, ancora, dovuto alla fuga cemia mieloide acuta, sindromi displastiche, linfo­
dal controllo in quanto le cellule di H-RS esprimo­ mi non-Hodgkin, carcinoma polmonare e del colon,
no marcatori non caratteristici degli elementi linfoi- sarcomi, sepsi post-splenectomia).
di del centro germinativo, vale a dire marcatori di Per questi motivi tutti gli sforzi futuri sono
linea mieloide (CD15), delle cellule T (perforina) e mirati ad identificare protocolli terapeutici che
delle cellule dendritiche (fascina), che confondono migliorino la sopravvivenza ma nelle stesso tempo
la sorveglianza immunologica. la qualità di vita.

Softotipi istologici
Il LHc è, nella classificazione dell'Organizzazio-
ne Mondiale della Sanità (WHO, 2001), distinto in
quattro sottotipi istologici che nel passato, oltre a
configurare quadri patologici diversi di presenta­
zione morfologica, hanno anche rappresentato un
importante fattore prognostico. Attualmente, tutta­
via, dato il significativo affinamento delle iniziative
terapeutiche con il conseguente miglioramento
della prognosi, il significato della distinzione istolo­
gica è prevalentemente diagnostico anche se con­
serva una certa rilevanza nellIdentificare determi­
nati quadri clinico-patologici.
Fig. 8-11 virus di Ebstein-Barr può essere coinvolto nella pato­ Linfoma di Hodgkin Scleronodulare (LHSN). Rap­
genesi: l'espressione di Rna virale è evidente nel nucleo di que­ presenta il sottotipo più frequente (70% circa dei
ste due cellule di Hodgkin. LHc) e colpisce preferenzialmente individui giova­
Linfoma di Hodgkin classico ® 607

ni adulti (28 anni circa) senza predilezione di sesso. sentare anche l'elemento numericamente dominan­
Il mediastino è frequentemente interessato (80% dei te, tendono a riunirsi in aggregati sinciziali (varian­
casi) e non di rado costituisce Tunica sede coinvol­ te sinciziale del sottotipo scleronodulare). Data la
ta alla presentazione. La maggior parte dei casi alla notevole variazione della composizione cellulare e
diagnosi è in stadio II. per il fatto che questo tipo rappresenta il sottotipo
La morfologia di questo sottotipo è caratterizzata numericamente più consìstente, alcuni Autori
dalla presenza di abbondante produzione di fibre hanno proposto, a scopo prognostico, un sistema di
collagene che costituiscono spesse bande fibrose graduazione:
che circoscrivono aree cellulari nodulari di varie - il grado 1 comprende i casi in cui il 75% o più dei
dimensioni (Fig. 9). L'organizzazione nodulare che
ne deriva può essere così marcata da essere apprez­ noduli è costituita da sparse cellule di RS collo­
zabile anche nell'osservazione "a fresco" del linfo­ cate in un ambiente ricco di linfociti, o a compo­
sizione polimorfa;
nodo. La fibrosi inizia usualmente dalla capsula,
che risulta ispessita e si estende nel parenchima - il grado 2 è identificato quando almeno il 25%
coinvolgendolo diffusamente o limitandosi ad alcu­ dei noduli sia occupato da un elevato numero di
ne sue aree. In quest'ultima evenienza la fibrosi può cellule di RS, riunite in aggregati che coinvolgo­
essere limitata ma comunque deve circoscrivere no interi campi microscopici osservati a forte
almeno un'area cellulare (fase cellulare del LHSN). ingrandimento.
Col procedere del processo la fibrosi sostituisce Tale graduazione non è accettata da tutti e per
progressivamente la componente cellulare fino a questo motivo non è considerata obbligatoria nello
rappresentare la quasi totalità della massa linfono- schema classificativo diagnostico.
dale. All'interno delle aree nodulari la cellularità è La caratterizzazione immunofenotipica delle
polimorfa, talora a ricca componente granulocitaria cellule giganti, anche nella variante lacunare, è
eosinofila o, in alternativa, a prevalenza di elemen­ quella classica; nelle cellule di H-RS tuttavia è
ti linfocitari. Le cellule di H-RS diagnostiche con i documentabile la presenza del virus di EB meno
caratteri descritti in precedenza spesso non sono di frequentemente rispetto agli altri istotipi.
frequente osservazione. Più spesso è presente, in La prognosi è in genere migliore in relazione al
varia proporzione, una variante morfologica che fatto che la malattia è diagnosticata usualmente
risulta l'elemento caratteristico di questo sottotipo. negli stadi iniziali.
Le cellule giganti infatti sono fomite di un nucleo
più lobato, con nucleoli meno evidenti, mentre il Linfoma di Hodgkin a Cellularità Mista (LHCM).
loro citoplasma appare retratto e distanziato dalle È per frequenza (20-30% dei LHc), il secondo istoti-
cellule vicine per un fenomeno artefattuale da fissa­ po, con una riduzione di incidenza negli ultimi
zione in formalina (non visibile con altri fissativi). A decenni in favore della variante scleronodulare.
causa di questo fenomeno sembra che le cellule Nelle aree socio-economicamente in via di sviluppo
siano situate in una lacuna per cui sono state deno­ e nei pazienti affetti da HIV è più frequente rispet­
minate cellule lacunari. Quando le cellule lacunari to agli altri istotipi. Colpisce preferenzialmente
sono particolarmente numerose, tanto da rappre- pazienti maschi, giovani-adulti o adulti e si presen­
ta spesso come malattia avanzata in III o IV stadio,
associata a sintomi B.
La morfologia mostra usualmente struttura com­
pletamente sovvertita per la presenza di un infiltrato
cellulare polimorfo ricco in linfociti, granulociti, pla-
smacellule ed istiociti, anche se con ampia variazio­
ne percentuale. In taluni casi il coinvolgimento linfo-
nodale può essere solo focale e talvolta anche di dif­
ficile identificazione perché interfollicolare e
mascherato da una concomitante iperplasia follicola­
re. Le cellule diagnostiche di H-RS sono di solito
numerose e di facile riconoscimento (Fig. 10). La
fibrosi non costituisce un elemento caratterizzante
anche se talvolta si possono osservare aree focati di
sclerosi; non sono presenti tuttavia formazioni nodu­
lari delimitate da fibrosi né ispessimento capsulare.
La caratterizzazione immunofenotipica è quella
classica. Considerati i dati epidemiologici non sor­
prende che il virus di EB sia frequentemente rileva­
bile nelle cellule di H-RS.
Fig. 9 - La variante statisticamente più frequente è la "sclero- La prognosi risente ovviamente della dissemi­
noduiare". La microfotografia a piccolo ingrandimento presen­
ta tre noduli a composizione cellulare eterogenea, sepimentatì nazione della malattia anche se, come accennato in
da ampie bande di sclero-ialine. precedenza, le differenze dovute all'istotipo sono
608 & Linfoma di Hodgkin
attualmente in gran parte cancellate dai moderni gnando ima rete di cellule follicolari dendritiche
approcci terapeutici. più o meno ben conservata.
Il decorso clinico e la prognosi è analoga a quel­
Linfoma di Hodgkin Classico Ricco in Linfociti la dei restanti istotipi di LHc da cui emerge pertan­
(LHRLc). È Tistotipo di più recente introduzione, to la necessità di una corretta diagnosi che permet­
nel passato per lo più incluso per morfologia e per ta una separazione dalle forme di LHPLn.
la clinica nell'ambito del LH a prevalenza linfocita­
ria nodulare (LHPLn). Rappresenta circa il 5% dei Linfoma di Hodgkin a Deplezione Linfocitaria
LHc e colpisce individui, in prevalenza di sesso (LHDL). Rappresenta l'istotipo meno frequente in
maschile. La sedi interessate e lo stadio clinico alla quanto negli ultimi anni ha visto una notevole ridu­
presentazione sono analoghi a quelli riscontrati nel zione di incidenza in relazione al fatto che la mag­
LHPLn. gior parte dei casi diagnosticati nel passato come
La morfologia che si caratterizza per somiglianza LHDL sono attualmente inseriti nell'ambito dei lin­
con il LHPLn, è evidenziata dalla ricca componente fomi non-Hodgkin ed in particolare fra i linfomi
linfocitaria che usualmente si organizza in strutture anaplastici. Per questo motivo la sua reale inciden­
nodulari o, più raramente, porta al sovvertimento za, e le sue caratteristiche cliniche, non sono ben
strutturale con infiltrazione a carattere diffuso definite in quanto basati per lo più su casistiche ete­
(Fig. 11). I noduli sono costituiti da piccoli linfociti rogenee o di limitata numerosità. Da segnalare
talvolta comprendenti, per lo più in sede eccentrica, comunque che si osserva frequentemente nei
residui di centri germinativi; i piccoli linfociti rap­ pazienti HIV positivi.
presentano pertanto gli elementi di un mantello La morfologia spesso è sovvertita dalla presenza
espanso. Nel contesto dei linfociti manteìlari si di ima trama fibroblastica reticolare che ingloba
identificano cellule diagnostiche di H-RS ma, a ren­ una componente cellulare complessivamente scarsa
dere più complesso il processo diagnostico, talora e che comprende anche sparsi elementi giganti
queste cellule assumono caratteri che ricordano le (variante afibrosi diffusa). Tuttavia, nonostante il ter­
cellule L/H del LHPLn. La tipizzazione immunofe- mine di fibrosi diffusa, le bande connettivali colla­
notipica è fondamentale nel riconoscimento del gene sono assenti e, se osservate, devono far porre
quadro ili quanto consente di documentare nelle la diagnosi di LHNS. Nella variante reticolare inve­
cellule giganti un fenotipo del tutto sovrapponibile ce sono presenti numerose cellule di H-RS che
a quello degli altri sottotipi del LHc (CD30+, hanno una fisionomia particolarmente pleomorfa.
CD15+/-, CD20—/+). I piccoli linfociti sono B La caratterizzazione immunofenotipica rispecchia
(CD20+, IgM+, IgD+) nelle forme nodulari, men­ quella delle altre forme di LHc. Nella diagnosi dif­
tre nelle forme diffuse sono prevalentemente T. Il ferenziale col linfoma anaplastico, l'espressione di
CD21 consente inoltre di far risaltare l'architettura ALK e la negatività per BSAP sono criteri validi per
nodulare, anche quando è meno evidente, dise­ escludere il LHDL.

Fig. 10 - Nelia variante "celluiarità mista" Se cellule diagnosti- Fig. 11 - Linfoma di Hodgkin classico, ricco in linfociti (LHRLc).
che (H-RS) sono di solito numerose e di facile riconoscimento. La sostituzione del linfonodo ha spesso carattere diffuso; il dato
rende più agevole la diagnosi differenziale con il linfoma di
Hodgkin prevalenza linfócitaria, nodulare. La distinzione è fon­
damentale per le diverse caratteristiche biologiche, cliniche e
prognostiche.
Linforno di Hodgkin o prevalenza linfocitaria nodulare - 609

Morfologia. La struttura linfonodale è comple­


I l Linfoma di Hodgkin a prevalenza tamente sovvertita anche se alla periferia può esse­
linfocitarìa nodulare re frequentemente riconoscibile una sottile rima di
Il linfoma di Hodgkin a prevalenza linfocitaria parenchima residuo. L'architettura generale è
nodulare (LHPLn) è una neoplasia monoclonale a usualmente nodulare (Fig. 12), o nodulare e diffusa,
cellule B rappresentata da voluminosi elementi cel­ per la presenza di ampi aggregati costituiti in gran
parte da linfociti di piccole dimensioni commisti ad
lulari, denominati varianti L/H (da "Lymphocy­
tic/Histiocytic") della cellula di Hodgkin-Reed- un numero variabile di elementi istiocitari. Questi
Sternberg (HRS) collocati nel contesto di aggregati ultimi possono essere singolarmente dispersi o
riuniti in aggregati granulomatosi epitelioidi, non
nodulari di elementi linfocitari non neoplastici.
Talora l'organizzazione nodulare non è evidente ed di rado disposti a ghirlanda alla periferia dei nodu­
li come a delimitarne i confini. Si possono inoltre
esistono pertanto problemi di diagnosi differenziale osservare rare plasmacellule mentre i neutrofili e gli
col LHc e con il c.d. "T-cell rich B-cell lymphoma". eosinofili sono assenti.
È la forma meno frequente di LH rappresentan­ Le cellule neoplastiche, cellule L/H, sono di
done circa il 5% e colpisce più frequentemente indi­ numero variabile, talora discretamente numerose
vidui tra i 30 e i 50 anni di età, con predilezione per ma per lo più disperse singolarmente e circondate
il sesso maschile. I linfonodi più colpiti sono quelli da una corona di piccoli linfociti (Fig. 13). Sono di
superficiali mentre la sede mediastinica e il midollo grandi dimensioni, fomite di citoplasma riconosci­
osseo sono raramente interessati. bile e usualmente di un unico nucleo di aspetto
Sul piano clinico si tratta per lo più di una vescicoloso e talora così polilobato da far denomi­
malattia localizzata, in I-II stadio, trattabile anche in nare queste cellule come cellule "popcorn" (Fig. 14).
presenza di recidive ed eccezionalmente fatale. La membrana nucleare è sottile ed i nucleoli sono di
piccole dimensioni; solo eccezionalmente sono pre­
senti cellule con nucleoli più voluminosi tanto da
somigliare alle cellule di HRS del LHc.
Se, come può succedere, il processo è prevalen­
temente diffuso la diagnosi differenziale col c.d. "T-
cell rich B-cell lymphoma" può essere difficile ma la
presenza di almeno un aggregato nodulare con le
caratteristiche suddescritte consente di escludere
tale ipotesi diagnostica.
Da segnalare inoltre che frequentemente nel lin­
fonodo sede di LHPLn si possono identificare
noduli con le caratteristiche dei centri germinativi
progressivamente trasformati: questi sono follicoli
particolarmente voluminosi in cui la "componente
cellulare centro follicolare è progressivamente
Fig. 12 - Linfoma di Hodgkin a prevalenza linfocitarìa, nodula­
re. Piccolo ingrandimento.

Fig. 13 - Linfoma di Hodgkin a prevalenza linfocitarìa, nodula­ Fig. 14 - Le cellule neoplastiche possono avere grandi dimen­
re. Le cellule neoplastiche, cellule L/H, sono in numero variabi­ sioni, citoplasma riconoscibile e nucleo di aspetto vescicoloso,
le per lo più disperse in singoli elementi, circondati da una coro­ talora così polilobato da far denominare queste cellule come
na dì piccoli linfociti. cellule "popcorn".
610 Linfoma di Hodgkin
soverchiata da quella linfocitaria martellare fino a Epstein-Barr non ha un ruolo rilevante, contraria­
risultarne quasi completamente sostituita. Tali mente a quanto osservato nel LHc e pertanto non si
strutture sono state considerate come possibili pre­ identifica positività per il virus né con metodiche
cursori del LHPLn in relazione al fatto che si posso­ immunoistochimiche (LMP-1 negatività) né con
no anche riscontrare in biopsie linfonodali prece­ metodiche di ibridazione (EBER negatività)
denti rinsorgenza del linfoma. Tuttavia, conside­ Decorso e prognosi. Il LHPLn presenta decorso
rando che possono essere presenti anche in biopsie indolente che usualmente risponde bene alla tera­
linfonodali successive e prive di linfoma e che la pia, soprattutto nei casi, per altro più frequenti, di
maggior parte dei linfonodi con centri germinativi malattia limitata al I o al II stadio: la remissione,
progressivamente trasformati non evolvono verso completa è, infatti, ottenuta nella stragrande mag­
il linfoma, tale ipotesi è piuttosto controversa. gioranza dei casi usando protocolli terapeutici, per
Immunofenotipo. Le cellule L/H sono positive la verità non omogenei in tutte le Istituzioni sanita­
per il marcatore panleucocitario CD45 ed esprimo­ rie, che prevedono Fuso di chemioterapia e di
no marcatori della linea B (CD20, CD79a, BCL-6, radioterapia, da sola o in associazione; Io sforzo di
GD75); per contro sono negative per CD30 e CD15 una corretta identificazione del processo è mirato
anche se talora si può riscontrare debole positività anche a ridurre allo stretto necessario le iniziative
per CD30, soprattutto nel materiale congelato. Una terapeutiche, per non esporre a rischio non necessa­
forte positività per CD30 è usualmente correlata rio i pazienti. Nonostante i buoni risultati le riprese
alla presenza di cellule attivate non neoplastiche. di malattia sono tuttavia relativamente frequenti e
Nella loro distinzione dalle cellule di HRS del LHc caratterizzate da quadri analoghi a quelli osservati
è importante segnalare che le cellule L/H risultano alla presentazione o con morfologia corrispondente
positive per il fattore di trascrizione immunoglobu- ad un HLc o talora anche (3-5% dei casi) dalla tra­
linico Oct2.e per il suo co-attivatore BOB.l. Altro sformazione in un linfoma non Hodgkin a grandi
elemento utile è l'assenza di espressione di fascina. cellule B. In quest'ultimo caso la prognosi può non
La rete di cellule follicolari dendritiche, respon­ essere completamente compromessa se la malattia
sabile dell'aggregazione nodulare, è evidenziata rimane localizzata.
dal CD21. La componente cellulare prevalente è
costituita da linfociti B commisti ad un numero
variabile di elementi T, in parte CD57+. Gli elemen­ H i Bibliografia essenziale
ti T formano, attorno alla cellule L/H, rosette Daniel Knowles M.: Neoplastic Hematopathology, sec­
CD3+ che risaltano nel contesto, prevalentemente ond edition, Lippincott Williams & Wilkins, 2000.
CD3—, della restante popolazione linfocitaria. Harry Ioachim L. & Ratech Howard: Ioachiin's Lymph
Nelle aree diffuse gli elementi T tendono ad Node Pathology, third edition, Lippincott Williams &
aumentare di numero. Wilkins, 2002.
Gli studi di biologia molecolare hanno fornito
Travis William D., Brambilla E., Mueller-Hermelink H.K.
utili informazioni soprattutto dopo l'introduzione and Harris Curtis C.: WHO Classification: Tumours
di indagini di "single celi analysis" in modo da of the Lung, Pleura, Thymus and Heart, Lyon 2004.
avere informazioni mirate sulla popolazione neo­
plastica nettamente minoritaria nel contesto della laffe Elaine S., Harris Nancy Lee, Stein Harald, Vardiman
popolazione generale. Con queste metodiche si è James W.: WHO Classification: Tumours of
Haematopoietic and Lymphoid Tissues, Lyon 2001.
potuto dimostrare la clonalità delle cellule neopla­
stiche, la loro appartenenza alla linea B nonché la G.R. Lee, J. Foerster, J. Lukens, F. Paraskevas, }.P. Greer,
presenza di elementi indicativi del funzionale riar­ G.M. Rodgers: Wintrobe's Clinical Hematology, 10fh
rangiamento dei geni delle immunoglobuline e di edition, Williams & Wilkins 1999.
caratteri distintivi del centro germinativo. Nel pro­ Rosai and Ackerman's Surgical Pathology. Ninth edition.
cesso di trasformazione neoplastica il virus di Juan Rosai. Mosby, 2004.
Milza
5.4 G. Fabris, G. Goteri

è discontinua per permettere il traffico delle cellule


| Anatomìa e fisiologia tra la circolazione dei sinusoidi ed i cordoni di Bill­
La milza si trova nelllpocondrio sinistro, in roth. In questi risiedono i macrofagi splenici e rari
prossimità della coda del pancreas, della grande fibroblasti e vi si possono trovare anche le cellule
curva dello stomaco e del polo superiore del rene circolanti del sangue periferico, globuli rossi, gra-
sinistro. Durante l'embriogenesi la milza può esse­ nulociti polimorfonucleati, monociti, plasmacellule
re riconosciuta dalla quinta settimana di gestazio­ e linfociti T a fenotipo CD8+. La porzione della
ne; la vascolarizzazione ematica compare alla nona polpa rossa non adibita alla filtrazione è costituta
settimana e a partire dal nono mese sono riconosci­ da un sistema di capillari, venule e connettivo di
bili i due compartimenti morfofunzionali, la polpa supporto. In particolare, una rete di capillari circon­
bianca e la polpa rossa. Alla nascita pesa circa 10 da i noduli linfoidi della polpa bianca e serve alla
grammi e raggiunge il peso di 150 grammi alla presentazione degli antigehi agli elementi linfoidi
pubertà. Ha la forma di un ovoide compresso con che qui risiedono. Al confine tra polpa bianca e
una superficie laterale convessa ed una mediale polpa rossa è presente anche un sistema di cellule
Ìlare concava. Il bordo antero-mediale è spesso irre­ dendritiche contenenti l'actina muscolare.
golare per la presenza di incisure che si accentuano La polpa bianca interviene nelle reazioni del
nel caso in cui l'organo aumenti di volume. L'ap­ sistema immunitario agli antigeni. Antigeni e linfo­
porto di sangue è fornito dall'arteria splenica, ramo citi che devono essere reclutati arrivano alla zona
della arteria celiaca, mentre il drenaggio del sangue marginale della polpa bianca attraverso il sistema
venoso avviene attraverso la vena splenica che si di capillari della zona marginale. Gli antigeni sono
immette nel sistema portale. I vasi linfatici efferenti fagocitati e trasportati dalle cellule che presentano
decorrono paralleli al sistema venoso, mentre non l'antigene alle aree T dipendenti poste attorno alle
sono descritti vasi linfatici afferenti. L'organo è arteriole penicillari. Per il riconoscimento di antige­
rivestito da una capsula fibrosa sottile da cui si ni specifici di "homing", i linfociti T passano dalla
dipartono trabecole fibrose contenenti diramazioni zona marginale alla zona T delle arteriole penicilia­
arteriose e venose che raggiungono l'ilo dell'orga­ ri. In questa sede, se vengono riconosciuti gli anti­
no. Le arterie e le arteriole penicillari si distaccano geni presentati, i linfociti T si fermano e reagiscono
dalle trabecole e decorrono all'interno del parenchi­ con i linfociti B specifici che attraversano la zona T
provenendo dalla zona marginale. La prima intera­
ma. Il parenchima splenico delimitato dalle trabe­ zione linfocitaria B e T determina la produzione di
cole si compone di due unità distinte dal punto di
vista anatomico e funzionale: la polpa bianca e la
polpa rossa (Fig. 1).
La polpa bianca è composta da noduli di linfoci­
ti B che costituiscono i follicoli primari e da mani­
cotti di linfociti T, posti attorno alle arteriole peni­
ciliari, prevalentemente a fenotipo "helper" CD4-K
I follicoli B, non stimolati, sono costituiti da noduli
di piccoli elementi circondati da una rima di cellule
della zona marginale. Queste hanno dimensioni
leggermente più grandi, una quantità di citoplasma
maggiore e sono più eterogenee delle cellule dei fol­
licoli. Se il follicolo viene stimolato, si sviluppa il
centro germinativo. Questi follicoli secondari si
osservano frequentemente nei bambini e nelle con­
dizioni di attivazione immunitaria.
La polpa rossa invece è composta da una rete di
seni venosi rivestiti da un tipo particolare di cellule
endoteliali, dette litorali, che esprimono marcatori Fig. 1 - Parenchima splenico normale in cui la polpa bianca
mostra un follicolo primario circondato da una zona margina­
di tipo endoteliale, di tipo istiocitario e il marcatore le in prossimità di una frabecola, mentre la polpa rossa mostra
delle cellule T "suppressor" CD8. La parete dei seni congestione.
612 Milza
plasmacellule extrafollicolari che producono gii ^ p p jlp ll Condizioni che determinano ìpo- o
anticorpi. La presenza di irmmmocomplessi antige- ipersplenismo :
ne-anticorpo sulla superficie delle cellule follicolari
dendritiche determina il richiamo di altri linfociti B Cause di Ipospienismo
specifici per gli antigeni. Questa quota di linfociti B Cause di Ipersplenismo
si attivano e formano un clone in espansione proli- Ipoplasia e aplasia Anomalie ereditarie deila
ferativa nei centri germinativi dei follicoli seconda­ congenita membrana o enzimatiche
ri. Qui si realizza una selezione degli elementi più dei globuli rossi
specifici attraverso un processo di ipermutazione Malattie infiammatorie
dei geni delle immunoglobuline. Solamènte gli ele­ croniche (malaria, AIDS, Talassemie, anemia falcifor­
menti più specifici lasceranno il centro germinativo celiachia, artrite me ed altre emoglobinopatie
per popolare la zona marginale per poi maturare reumatoide, vasculiti, LE5)
come plasmacellule o per raggiungere la circolazio­ Malattie infiammatorie
ne sistemica. ipopituitarismo croniche (malaria,
La polpa rossa invece interviene nella attività di leishmaniosi, TBC)
emocateresi: le cellule circolanti alterate o invec­ Ipotiroidismo 1porti roidismo
chiate ed i materiali estranei che devono essere eli­
minati passano attraverso le fenestrature dei sinu­ Anemia falciforme Anemie emolitiche
soidi e si trasferiscono nei cordoni di Billroth, dove autoimmuni
i macrofagi provvedono alla loro distruzione e al Malattia tromboembolica Neutropenia autoimmune
riassorbimento dei detriti. La polpa rossa, per la
struttura anatomica, rappresenta anche ima impor­ Malattie dà accumulo Porpora trombocitopenica
tante riserva di cellule ematiche, globuli rossi e pia­ istiocitario idiopatica
strine, che in caso di necessità possono essere
immesse rapidamente nella circolazione sistemica. Amiloidosi M. di Gaucher,
La polpa rossa è un importante organo emopoietico
m. di Niemann-Pick
nelle prime epoche della vita ed è in grado di Sarcoidosi istiocitosi a cellule ceroidi
riprendere questa funzione anche nelle epoche suc­
cessive. Spesso l'emopoiesi splenica si associa a Disordini mieioproliferativi Disordini mieioproliferativi
svariate condizioni patologiche della milza, anche acuti e cronici acuti e cronici
non associate a malattie del midollo osseo, organo Linfomi Linfomi
emopoietico per eccellenza nell'adulto.
Metastasi Tumori vascolari
Cisti spleniche Amartomi
B Sfati disfunziondi dello milza: Chemioterapia, terapia
ipospienismo ed ipersplenismo steroidea, radioterapia Peliosi
La conoscenza delle funzioni svolte dalla milza Asportazione chirurgica Cisti spicniche
è di fondamentale importanza perché le condizioni Grafi versus host's disease ipertensione portale
patologiche che la coinvolgono si possono manife­
stare con uno stato di deficit funzionale (ipospieni­ Emboiizzazione splenica Ostruzione della vena
smo) o con uno stato di iperfunzione (iperspleni­ terapeutica splenica :
smo). Non sempre nelle malattie della milza lo stato
funzionale si correla con le dimensioni .dell'organo:
milze di dimensioni normali possono essere iper- macrofagi della milza, come la presenza di inclusi
funzionanti, mentre splenomegalie importanti pos­ nelle emazie (corpi di Howell-Jolly, di Heinz e Pap-
sono invece associarsi a ipospienismo. Le principa­ penhemer), oppure di emazie di forma irregolare,
li condizioni che determinano l'iposplenismo e l'i- acantociti o emazie a bersaglio. Eritrocitosi, leucoci­
persplenismo sono riportate nella tabella 1. tosi e piastrinosi transitorie si possono presentare
L'iposplenismo è caratterizzato per lo più dal nel periodo immediatamente successivo all'aspor­
deficit della funzione emocateretica della polpa tazione chirurgica della milza e tendono a regredire
rossa e soltanto nelle prime epoche della vita è asso­ con il tempo.
ciato a gravi deficit immunologici. L'iposplenismo L'ipersplenismo, invece, si caratterizza per lo
si verifica classicamente dopo asportazione chirur­ più per un aumento dell'attività della polpa rossa
gica della milza o in seguito a trattamenti chemiote­ splenica e generalmente si verifica in milze di
rapici o steroidei prolungati. Esistono anche molte dimensioni aumentate. Si tratta di una condizione
condizioni non iatrogenìche di ipospienismo. Clini­ in cui la rimozione degli elementi circolanti del san­
camente l'iposplenismo si associa ad alterazioni gue periferico da parte della milza supera i livelli
ematologiche. In particolare, a carico dei globuli fisiologici, qpn conseguente riduzione di una o più
rossi compaiono alterazioni morfologiche caratteri­ di queste serie nel sangue periferico. A questa situa­
stiche che conseguono alla mancata attività dei zione il midollo osseo reagisce con una iperplasia
Stati disfunzionali della milza: iposplenismo ed ipersplenismo ■' ó 13

compensatoria alla ritenzione e alla distruzione l'organogenesi, sono dislocati e non riescono a fon­
delle cellule circolanti nei cordoni della milza. Clas­ dersi con l'organo principale. Queste lesioni vanno
sicamente vengono distinte: una forma di ipersple- distinte da noduli di aspetto simile, costituiti da lin­
msrno "primario", in cui né la milza, né il midollo fonodi ingranditi, soprattutto se "affetti dalla malat­
osseo, né le cellule ematiche circolanti mostrano tia di Castleman, o dagli impianti di tessuto spleni-
alterazioni che possano spiegare l'aumento dell'at­ co in seguito a rottura traumatica della milza in
tività emocateretica; ed una forma di iperspleni­ varie sedi, come la superficie peritoneale o la pare­
smo "secondario", che invece è riconducibile ad te addominale, oppure a distanza, come nella cavi­
una causa nota. In alcune forme, l'aumento della tà pleurica, nei polmoni o nel cervello. Questa con­
attività emocateretica è causata da difetti intrinseci dizione viene denominata splenosi.
delle cellule circolanti o da fenomeni autoimmuni Talora la mobilità della milza può essere aumen­
che le coinvolgono, come avviene nelle anemie tata per la lassità dell'apparato legamentoso (milza
emolitiche o nella porpora trombocitopenica idio­ mobile), con possibilità di torsione e di necrosi
patica (PTI). In altri casi, l'ipersplenismo si associa infartuale.
invece a patologie eterogenee del parenchima sple­
nico, che vengono accumunate per il fatto che, infil­
trando la polpa rossa della milza, stimolano un | Cisti spleniche
incremento di numero e di attività dei macrofagi Le lesioni cistiche della milza rappresentano
splenici, con conseguente aumento della distruzio­ eventi infrequenti. Possono essere anche parassita-
ne delle cellule circolanti del sangue periferico. rie, legate alTinfestazione da larve di Echinococco.
Questo meccanismo si verifica nelle splenomegalie La morfologia delle cisti idatidee nella milza è
congestizie, nella malattia di Gaucher, nei linfomi, sovrapponibile a quella delle altre sedi (Fig. 2). Le
nelle leucemie, nella istiocitosi a cellule di Langer- cisti non parassitarle sono ritenute cisti vere solo se
hans, negli emangiomi, negli amartomi, negli sono provviste di un rivestimento epiteliale (cisti
angiosarcomi; praticamente in ogni condizione che epiteliali o primitive, pari al 25% delle cisti non
interessi il parenchima splenico in modo diffuso. Si parassitarle): queste lesioni si riscontrano general­
ritiene che, per quanto diversissime tra loro, le mente nei bambini e nei giovani adulti. Possono
malattie primitive della milza che danno ipersple­ essere solitarie o multiple e macroscopicamente
nismo possano agire con un meccanismo patogene-
tico comune, che potrebbe essere rappresentato dal
rallentamento della circolazione ematica interna
alla milza con conseguente maggiore esposizione
della massa ematica all'attività dei macrofagi.

H .Anomalie congenite
In questo gruppo si distinguono anomalie di
numero, volume, forma e posizione della milza.
La mancanza completa della milza (asplenia) o
il ridotto sviluppo (iposplenia) sono anomalie rare
e spesso fanno parte di malformazioni più com­
plesse, che coinvolgono anche il cuore. Altre ano­
malie congenite, meno frequenti, riguardano la
fusione dell'organo con altre strutture, come le
gonadi, generalmente i testicoli (fusione spleno-
gonadale), il fegato (fusione spleno-epatica) o il
rene (fusione spleno-renale).
La presenza di lobature o di incisure lungo il
margine anteriore è legata ad ima incompleta fusio­
ne degli abbozzi multipli che si formano nel meso-
gastrio dorsale. Più frequente è il riscontro di orga­
nuli splenici accessori o sovranumerari, riscontra­
bili nel 10% circa degli individui secondo casistiche
autoptiche. Si tratta della presenza di noduli singo­
li o multipli di piccole dimensioni, in genere infe­
riori ai 4 cm, di aspetto macroscopico e microscopi-
co assolutamente sovrapponibili a quello dell'orga­
no principale. Più spesso si trovano localizzate nel­
l'ilo splenico o lungo la coda del pancreas, e si svi­ Fig. 2 - La cisti da echinococco in questo caso mostrava una
luppano dai primitivi abbozzi splenici che, durante parete fibrosa, ma senza scolici evidenti.
614 & Milza

Fig. 3 - Cisti epiteliale con spessa capsula fibrosa (a), rivestita da epitelio squamoso (b).

hanno una superficie interna liscia, con marcata tra- possono essere complicanza infettiva di lesioni
becolatura. L'epitelio di rivestimento può essere di necrotiche generate da un trauma con sovrapposizio­
tipo colonnare-cuboidale, reminiscente del mesote- ne batterica. Possono anche dipendere dalla evolu­
lio peritoneale, oppure di tipo squamoso (Fig. 3). zione di infarti embolici settici, da endocardite batte­
Spesso il rivestimento epiteliale risulta assottigliato rica subacuta o da tifo. I piccoli ascessi possono gua­
per fenomeni di atrofia da compressione. Si ritiene rire con cicatrici, mentre quelli più voluminosi tendo­
che le cisti epiteliali possano derivare da inclusioni no a confluire e a generare complicazioni come asces­
di cellule epiteliali provenienti da organi adiacenti si epatici secondari, ascessi subfrenici e peritonite.
o da invaginazione del mesotelio di superficie. Le Più frequentemente in corso di infezioni acute
cisti con rivestimento epiteliale di tipo mucinoso sistemiche la milza risponde con un quadro aspecifi­
sono molto rare e si osservano generalmente in co, denominato splenite settica acuta o milza settica
corso di pseudomixoma peritonei. o tumore infettivo acuto (Fig. 4). Tale quadro è legato
Le cisti secondarie, false cisti o pseudocisti all'accentuazione dei processi di distruzione cellulare
(75%), sono lesioni solitarie, generalmente asinto­ che si verificano nella polpa rossa nelle maglie della
matiche, costituite da una parete spessa fibro-calci- quale si raccolgono i detriti cellulari i quali attivano i
fica, in cui non è visibile un rivestimento epiteliale. macrofagi dei cordoni che provvedono alla loro eli­
Queste cisti spesso contengono materiale ematico minazione. Anche la circolazione sanguigna aumenta
variamente degradato. Si ritiene che le lesioni pos­ e la polpa rossa diventa iperemica. Spesso si osserva
sano formarsi in seguito a marginazione fibrosa di una attivazione della polpa bianca sotto forma di
una area del parenchima in necrosi o danneggiata, iperplasia follicolare reattiva, con formazione di cen­
ad esempio, in seguito ad un trauma. Non si esclu­ tri germinativi reattivi, proliferazione di immunòbla-
sti ed accumuli di plasmacellule con infiltrazione di
de, tuttavia, che una parte di queste cisti siano rap­
presentate in realtà da cisti epiteliali complicate da
emorragie o da fenomeni ischemici, comunque da
eventi che abbiano causato la perdita del rivesti­
mento epiteliale.

■ Processi infiammatori ed infettivi


della milza
I processi infettivi e parassitari acuti e cronici e
sistemici compromettono sempre la milza: questa,
infatti, partecipa aumentando, per necessità, le nor­
mali funzioni difensive di attivazione immunitaria
nella polpa bianca e di attivazione macrofagica
nella polpa rossa. Inoltre la milza può essere coin­
volta direttamente da processi patologici infiamma­
tori o infettivi. Esiste, infatti, un grande spettro di Fi9 \4,- Quadro di iperplasia linfoide aspecifica con espansio­
lesioni infiammatorie a carico della milza. ne deila polpa bianca ed infiltrazione di plasmacellule, piccoli
Gli ascessi splenici sono una evenienza rara e linfociti e granuiocitì nella polpa rossa.
Processi infiammatori ed infettivi della milza ,■ ól 5

granulociti neutrofili nella polpa rossa, quadro carat­ della quartana, e il Plasmodium ovale, agente della
teristico delle fasi acute del tifo e del morbillo, del­ terzana mite. Le zanzare trasmettono gli sporozoiti.
l'AIDS, delle malattie immuno-mediate, come la por­ Questi, circolando nel sangue, vanno ad infestare gli
pora trombocitopenica immune, delle anemie emoli­ epatociti dove ha luogo una fase di merogonia. I
tiche acquisite, dell'artrite reumatoide, della forma merozoiti che si liberano dagli epatociti vanno ad
sistemica del Castleman e dei pazienti dializzati. infestare i globuli rossi. In essi si verifica la schizo-
In corso di infezioni virali e di rigetto di trapianto, gonia che porta alla produzione di trofozoiti, alla
si può incontrare una iperplasia linfoide diffusa che distruzione dei globuli rossi e all'elaborazione di un
non interessa tanto i noduli linfoidi della polpa bian­ pigmento emico scuro, detto emozoina. La riprodu­
ca, ma si manifesta essenzialmente con una prolifera­ zione dei trofozoiti e l'immissione in circolo nel san­
zione di immunoblasti e plasmacellule nella polpa gue di nuovi merozoiti causa gli accessi febbrili e
rossa. La mononucleosi infettiva da infezióne da determina il propagarsi dell'infezione a nuovi glo­
virus di Epstein-Barr è il prototipo di questo tipo di buli rossi. L'infezione acuta da Plasmodium falcipa­
attivazione iperplastica. La mononucleosi infettiva rum determina un quadro pluriviscerale dominato
rappresenta una condizione a rischio considerevole dalla melanosi per l'accumulo del pigmento libera­
di rottura dell'organo, perché la sua capsula, assotti­ to e catturato dai macrofagi, nonché da fenomeni
gliata dall'infiltrazione della popolazione immuno- necrotici ed emorragici causati da ostruzione del
blastica, non riesce a sostenere l'aumento di pressio­ microcircolo da parte dei globuli rossi infestati ed
ne che si verifica, nel contesto della polpa rossa, per anomali. La polpa rossa della milza, in cui restano
la marcata congestione ematica e l'accumulo di cellu­ intrappolati i globuli rossi infestati ed anomali, è
le immunitarie. Spesso il quadro morfologico simula congesta con accumulo abbondante di pigmento. La
un processo, linfoproliferativo maligno, e soltanto un polpa bianca, attivata, mostra frequenti aspetti di
accurato studio fenotipico, corredato dalle informa­ necrosi fibrinoide dei follicoli. In seguito all'aggluti­
zioni cliniche sullo stato sierologico, consente di arri­ nazione dei globuli rossi nel microcircolo si possono
vare alla diagnosi corretta di infezione virale. osservare fenomeni necrotico-emorragici del paren­
E stata descritta anche una forma di iperplasia chima. Nelle forme croniche e benigne, il pigmento
linfoide reattiva localizzata, caratterizzata dalla malarico tende a ridursi, mentre persistono i feno­
presenza di noduli simil-tumorali sulla superficie meni di fibrosi. Con il tempo la milza può andare
splenica. I noduli derivano dalla confluenza focale incontro ad atrofia e secondario deficit funzionale.
di centri germinativi della polpa bianca, oppure da Ulteriore patologia da protozoi, che interessa la
una proliferazione localizzata diffusa di linfociti, milza, è la Leishmaniosi viscerale, causata dalia
plasmacellule e immunoblasti con sclerosi, o anco­ Leishmania donovani. I parassiti si collocano nei
ra da una combinazione dei due quadri. macrofagi in forma di corpiccioli di 2-4 jim, in cui è
Anche i processi flogistici granulomatosi sono di possibile riconoscere due masserelle basofile, il
frequente osservazione nelle splenectomie. Possono macronucleo, o trofonucleo, e il cinetoplasto polare.
essere di origine infettiva o legati a reazione immuni­ Insieme alla febbre, al calo ponderale, alle linfoade-
taria abnorme, per irregolarità della processazione o nopatie e alle citopenie, la splenomegalia completa
il quadro clinico. La milza, aumentata di volume,
per difetti di presentazione degli antigeni da parte
mostra nella polpa rossa aumento dei macrofagi nei
delle cellule epitelioidee. Morfologicamente, i granu­ quali è possibile evidenziare i parassiti (Fig. 5).
lomi possono essere ampi ed attivi, composti da cel­
lule epitelioidee con numerose cellule giganti tipo
Langhan's, spesso con necrosi centrale. Questi gra­
nulomi si osservano caratteristicamente in corso di
tubercolosi miliariforme. I granulomi possono essere
piccoli, composti da cellule epitelioidi, con poche cel­
lule giganti e senza necrosi, e possono essere riscon­
trati anche in corso di sarcoidosi, in associazione con
linfomi, come il linfoma di Hodgkin o la leucemia a
cellule capellute, ed in condizioni non neoplastiche,
come l'uremia cronica e la mononucleosi infettiva.
Infine, i granulomi possono essere inattivi, "vecchi",
cioè fibrotici e calcificati, ma non necrotici.
Altra malattia infettiva che colpisce la milza è la
malaria, malattia un tempo endemica in Italia, ma
da tenere ancora ben presente, legata ai protozoi del
genere Plasmodium, trasmessi dalle zanzare del
genere Anopheles. Le specie patogene per l'uomo Fig. 5 - Uomo di 60 anni, con classico quadro di Leishmanio­
sono il Plasmodium vivax, agente della terzana si viscerale, con splenomegalia, pancitopenia e febbre. L'esa­
benigna, il Plasmodium falciparum, agente della
me della milza che pesa 1000 grammi, evidenzia una polpa
rossa popolata da macrofagi contenenti numerósi corpi di
terzana maligna, il Plasmodium malariae, agente Donovan.
616 Milza
La milza è una sede frequente di interessamento zione di istiociti, morfologicamente diversi dalle
di infezioni opportunistiche in corso di AIDS. Fra cellule di Gaucher, caratterizzati dall'accumulo di
queste meritano menzione lo pseudotumore a cellule fosfolipidi. Queste condizioni comprendono malat­
fusate da micobatteri e l'angiomatosi bacillare. Lo tie ereditarie e condizioni acquisite. Le malattie ere­
pseudotumore a cellule fusate da micobatteri è ditarie sono la malattia di Niemann-Pick e la
lesione morfologicamente simile allo pseudotumore malattia di Tay-Sachs, malattie lisosomiali da accu­
infiammatorio della milza: si presenta sotto forma di mulo. Accumuli di istiociti simili si osservano in
noduli di cellule fusate nella polpa rossa, nei pazien­ malattie granulomatose croniche, nella talassemia,
ti con AIDS o immunocompromessi per altre cause. nelle iperlipidemie, nei disordini mieloproliferativi
La lesione è causata da micobatteri atipici, che posso­ cronici, nella porpora trombocitopenica idiopatica e
no essere evidenziati nel citoplasma delle cellule nella malattia da depositi di catene leggere. In tutte
fusate con le reazioni istochimiche specifiche. In que­ queste malattie gli istiociti assumono un aspetto
sti pazienti si può osservare l'angiomatosi bacillare, ceroide dovuto al citoplasma ampio, schiumoso o
causata dalla Bartonella henselae, agente eziologico vacuolato e nel quale si accumulano fosfolipidi, in
della linfadenite granulomatosa necrotizzante sup­ particolare la sfingomielina. Essi reagiscono con le
purativa, nota anche come malattia da graffio di colorazioni per i grassi, con il PAS combinato con la
gatto, nei pazienti immunocompetenti. Nella milza si diastasi e possono essere autofluorescenti. Gli istio­
possono costituire noduli anche voluminosi, con­ citi ceroidi infiltrano diffusamente i cordoni della
fluenti e pallidi, dovuti a proliferazione di vasi con milza e a volte distanziano di molto i noduli di
endotelio alto nella polpa rossa, accompagnati da polpa bianca contigui (Fig. 6).
abbondante materiale eosinofilo nello stroma, granu- Un tipo particolare di aumento di istiociti, senza
lociti neutrofili e macrofagi. Nel materiale eosinofilo significato clinico, è quello legato alla presenza di
la impregnazione argéntica, secondo Warthin-Starry, istiociti schiumosi nei follicoli malphighiam, proba­
o il Giemsa evidenziano aggregati di microrganismi. bilmente dipendente dall'ingestione di oli minerali,
ed associata a lesioni simili nei fegato e nei linfono­
di addominali (olegranulomi).
| [sfioritosi
In varie condizioni patologiche la milza è sede di ■ Alterazioni in corso di anomalie
proliferazioni di macrofagi localizzate nella polpa
rossa, nei cordoni, dove vengono fagocitate le cellu­ delle cellule ematiche circolanti
le ematiche senescenti. L'accumulo di istiociti nella e nei disordini autoimmuni
milza si verifica in condizioni note e caratterizzate da
deficit del metabolismo dei lipidi oppure per elevato Nelle malattie ereditarie caratterizzate da altera­
zioni dei globuli rossi e nelle malattie autoimmuni­
turnover cellulare. L'accumulo di glucocerebrosidi si tarie che colpiscono le cellule circolanti, la milza è
realizza nella malattia di Gaucher e nei disordini
l'organo in cui si realizza il processo di eliminazio­
mieloproliferativi cronici tipo leucemia mieloide cro­ ne di queste cellule. Per questo, la splenectomia è
nica. Nella malattia di Gaucher la milza può arriva­ imo degli approcci terapeutici rivolti a ridurre i sin­
re a pesare anche diversi chilogrammi. I cordoni tomi legati alla cxtopenia. Le alterazioni che la milza
della polpa rossa sono infiltrati da un numero eleva­ presenta in questi disordini sono molto simili a
tissimo di istiociti con citoplasma chiaro e con aspet­ quelle riscontrabili neU'ipersplenismo idiopatico.
to fibrillare. Questo rappresenta l'equivalente morfo­
logico dell'accumulo di glucocerebrosidi per il difet­
to enzimatico della glucocerebrosidasi lisosomiale. Il
citoplasma di questi elementi si colora con le colora­
zioni per il ferro (Pearl's), non si colora con le colora­
zioni per i fosfolipidi ed è debolmente PAS-positivo.
Si riconoscono due forme di malattia di Gaucher a
diversa gravità clinica, quella infantile e quella del­
l'adulto. La forma infantile ha il deficit enzimatico
completo e si accompagna a grave compromissione
neurologica. La forma dell'adulto, invece, si caratte­
rizza per disturbi neurologici ingravescenti, lesioni
ossee e ipoplasia midollare da accumulo di istiociti.
Cellule simil-Gaucher si osservano anche in
malattie ematologiche come la leucemia mieloide
cronica. L'eccessivo catabolismo dei granulociti
fagocitati e la conseguente deplezione secondaria
della glucocerebroside dei macrofagi sono gli even­
ti patogenetici. Fig. 6 - Caso di piastrìnopenia autoimmune con accumulo di
In altre condizioni la milza e sede di prolifera­ istiociti con citoplasma schiumoso nella polpa rossa.
Alterazioni in corso di anomalie delle cellule ematiche circolanti e nei disordini autoimmuni ss 6 1 7

Le anemie emolitiche possono essere congenite


o acquisite. Nella anemia falciforme, l'anomalia
ereditata concerne una mutazione puntiforme nella
sequenza della catena (3della emoglobina con sosti­
tuzione delTacido glutammico con la vaiina. Tale
anomalia rende instabile la proteina e determina la
forma a falce delTemazia in caso di ipossia. Il ripe­
tersi di crisi falciformi determina, nelle prime epo­
che della vita, ima splenomegalia ingravescente,
caratterizzata da sequestri massicci di emazie ano­
male nella polpa rossa, seguiti poi da un processo
inesorabile di atrofia splenica accompagnato dà
iposplenismo. Nella talass ernia, invece, l'anomala
formazione di catene a o P delTemoglobina ne
determina la precipitazione; il tentativo dei macro­
fagi della polpa rossa di eliminare le inclusioni di
emoglobina causa una sferocitosi relativa. Le ema­
zie vengono intrappolate nella polpa rossa della Fig. 7 - Nella sferocitosi ereditaria, gli sferociti sono intrappo­
lati nei cordoni della polpa rossa, mentre i sinusoidi sembrano
milza con il risultato di una progressiva e marcata vuoti.
splenomegalia. Anomalie delle proteine della mem­
brana piasmatica, la spectrina e Tanchirina, deter­
minano, nella sferocitosi ereditaria, una riduzione infezioni virali, di ipersensibilità a farmaci, di ima
della plasticità del globulo rosso che assume forma leucemia linfatica cronica o di un linfoma di Hodg-
sferica e viene più facilmente intrappolato negli kin. Le piastrine rivestite dagli autoanticorpi
interstizi della polpa rossa. hanno emivita ridotta a causa della pronta elimina­
Anemie emolitiche acquisite possono essere zione ad opera del sistema reticolo-endoteliale di
causate da tossine batteriche, da anomalie dei lipidi milza e fegato. In questa condizione la milza ha
del plasma, da parassiti che colpiscano i globuli dimensioni normali o solo leggermente aumentate;
rossi o da depositi di immunocomplessi che si for­ macroscopicamente si possono riconoscere eviden­
mino sulla membrana dei globuli rossi. Circa il 50% ti corpuscoli del Malpighi. Istologicamente, la
delle anemie emolitiche autoimmuni si accompa­ polpa bianca ha follicoli attivati con centri germi­
gnano ad altre malattie significative, come leucemie nativi espansi; la polpa rossa mostra aumento dei
acute e croniche, linfomi, sarcoidosi, lupus eritema- macrofagi, spesso di tipo schiumoso, dilatazione
toso sistemico (LES), tubercolosi e brucellosi. dei seni, aumento di plasmacellule nella zona mar­
Nelle anemie emolitiche la milza assume con­ ginale ed infiltrazione di granulociti neutrofili
sistenza sostenuta ed ha colorito rosso-scuro, nella polpa rossa. Nella maggior parte dei casi si
potendo pesare anche 1000 grammi. La sua capsu­ osserva anche una metaplasia mieloide splenica,
la è sottile e la polpa bianca inapparente. Nelle riconoscibile dai megacariociti isolati nella polpa
forme congenite i cordoni di Billroth sono conge­ rossa. Nei pazienti con PTI senza evidente iperpla­
sti, mentre i seni possono apparire relativamente sia follicolare né una marcata istiocitosi con ele­
vuoti per la presenza di globuli rossi sottili che menti schiumosi, la risposta ematologia alla sple-
sembrano trasparenti (Fig. 7). Gli endoteli dei seni nectomia sarà poco significativa: questo implica
sono prominenti fino ad assumere quasi un aspet­ che la piastrinopenia in questi pazienti può deriva­
to ghiandolare. I depositi di emosiderina e l'eri- re da meccanismi di azione differenti. Anche la
trofagocitosi sono in genere poco evidenti. Si pos­ terapia steroidea può indurre una attenuazione
sono osservare focolai di emopoiesi splenica ed delle alterazioni istopatologiche descritte nella
anche aree infartuali. Le forme emolitiche su base milza in corso di PTI.
immunitaria causano: aumento dei depositi di Nella porpora trombocitopenica trombotica, o
emosiderina; focolai di ematopoiesi extramidolla­ malattia di Moskovitz, si può osservare splenome­
re; aspetti di eritrofagocitosi con reazione neutro- galia con ipersplenismo. In questi casi il reperto
filica pronunciata. La polpa bianca può essere istologico più importante è la presenza di trombi
espansa e popolata da numerosi elementi attivati, nelle arterie e nelle arteriole che non hanno evi­
con plasmocitosi e presenza di immunoblasti denza di infiammazione della parete. Altre modi­
nella polpa rossa, dipendenti dallo stimolo immu­ ficazioni che si possono osservare sono iperplasia
nitario patogenetico. delle aree B linfocitarie, con formazione di centri
Nella porpora trombo ci top enica idiopatica germinativi; la presenza di fibrosi concentrica
(PTI) la distruzione delle piastrine si verifica a periarteriolare con depositi subendoteliali PAS-
causa di anticorpi anti-piastrine IgG, prodotte lar­ positivi; la presenza di macrofagi carichi di emosi­
gamente nella milza. La malattia può essere mani­ derina; Temofagocitosi e focolai di emopoiesi
festazione del Lupus eritematoso sistemico, di extra-midollare.
618 & Milza
Poiché non esiste nella milza un sistema arterio­
U SpienomegaÜe congestizie so con anastomosi, l'ostruzione di un ramo arterio­
La splenomegalia congestizia è la diretta conse­ so determina una lesione infartuale a margini netti
guenza di uno stato di ipertensione portale genera­ di forma triangolare con apice verso l'ilo e base
to da meccanismi patogenetici differenti. Si può verso la capsula. Gli infarti piccoli sono asintomati­
osservare nell'ipertensione portale causata dalla ci; quelli di dimensioni maggiori determinano inve­
cirrosi, dalla trombosi delle vene spleniche o delle ce dolore addominale acuto. Nelle fasi iniziali l'in­
vene epatiche (sindrome di Budd-Chiari) o da ano­ farto è, per lo più, emorragico; con il tempo tende
malie della vena porta. La trombosi della vena ad essere giallo e consistente. Le aree infartuali pos­
porta può essere il risultato di un processo infiam­ sono andare incontro a complicazione infettiva con
matorio, l'esito di un trauma o della pressione possibile evoluzione ascessuale.
estrinseca da parte di un tessuto neoplastico o
infiammatorio. Le alterazioni stenotiche o scleroti­
che della vena porta possono essere il risultato della ¡H Noduli di Gatnna-Gandy
anomala estensione alla vena porta del processo di Sono queste, lesioni nodulari di aspetto fibroso,
obliterazione, fisiologico alla nascita, della vena di colorito a volte giallo o bruno, situate preferen­
ombelicale e del dotto venoso che entrambi si zialmente nel connettivo delle trabecole. Istologica­
immettono nel ramo destro della porta. mente contengono emosiderina, calcio e materiale
L'ipertensione portale idiopatica comprende i
cristallino di origine incerta; sembra possano
casi di splenomegalia congestizia nella quale non dipendere dall'obliterazione di strutture vascolari.
sono discernibili alterazioni nel fegato, nei rami Talvolta contengono aggregati di macrofagi e gra­
portali ed epatici, eventi, comunque che possano nulomi epitelioidei con cellule giganti.
spiegare il fenomeno. La prima descrizione della Si ritiene che queste strutture prendano origine
malattia si deve a Guido Banti, per cui ancora oggi da focolai emorragici intraparenchimali, dipenden­
viene indicata come Sindrome di Banti. La spleno­ ti da eziologie diverse.
megalia congestizia si accompagna in questi casi a
segni delTipersplenìsmo, come anemia, leucopenìa,
e/o piastrinopenia. La milza, ingrandita, ha consi­ B Feliosi
stenza dura e colorito rosso scuro; spesso la capsu­
la splenica è ispessita. Istologicamente, la polpa Questa lesione, ad eziologia sconosciuta, è carat­
bianca è inapparente, con atrofia dei follicoli, men­ terizzata dalla presenza di spazi cistici, ripieni di
tre la polpa rossa è marcatamente espansa, per sangue, generalmente distribuiti in sede parafolli­
aumentato contenuto di globuli rossi nei seni e colare, nelle immediate vicinanze delle aree peri-
nelle vene marcatamente dilatate; con il tempo, i penicillari di pertinenza T linfocitaria. Raramente le
fenomeni congestizi si accompagnano a fibrosi ed lesioni sono di dimensioni superiori ai 2 cm. La
ad accumulo nei cordoni di macrofagi contenenti malattia può essere isolata, ma può anche essere
emosiderina, esito della fagocitosi delle emazie. I associata a patologia analoga nel parenchima epati­
focolai emorragici comportano, di solito, depositi di co. Sono stati descritti casi in cui la malattia ha cau­
ferro nel tessuto connettivo e la formazione di sato rottura splenica e morte. La maggior parte dei
noduli siderosclerotici: i cosiddetti corpi di Gamna- casi si è verificata in pazienti con malattie devastan­
Gandy. Le modificazioni morfologiche nel fegato ti, come la tubercolosi, le carcinomatosi, oppure nei
comprendono dilatazione dei capillari, flebosclero­ pazienti che hanno ricevuto terapìe con anaboliz-
si, fibroelastosi degli spazi portali, associati ad alte­ zanti androgenici.
razioni delTarchitettura acinare.

IH Atrofia splenica
§ Infarto splenico La milza, con Tetà, va fisiologicamente incontro
L'infarto splenico può essere il risultato di embo­ a riduzione di peso e volume. Tutte le condizioni di
lie sistemiche dipendenti da numerose eziologie. Le immunodepressione, sia congenite che acquisite,
principali essendo: la malattia tromboembolica da determinano atrofia della milza attraverso la ridu­
endocardite, la trombosi murale delle camere car­ zione del numero e delle dimensioni dei noduli
diache di sinistra, il tromboembolismo da placche della polpa bianca. In particolare, la deplezione
arteriosclerotiche dell'aorta discendente. Cause più delle zone di pertinenza linfocitaria T è caratteriz­
rare di infarto sono: la trombosi della vena splenica; zata dalla presenza di arteriole penicillari prive
le vasculiti sistemiche, come la granii lomatosi di della normale cuffia di linfociti. La riduzione della
Wegener; l'occlusione dei canali della polpa rossa da polpa rossa è associata ad incremento relativo delle
parte di globuli rossi falciformi o da parte di focolai trabecole fibrose. L'atrofia splenica può rappresen­
diffusi di emopoiesi. Gli infarti multipli sono fre­ tare anche lo stadio terminale di malattie spleni-
quenti in caso di splenomegalia massiccia, indipen­ che, come la splenomegalia in corso di anemia fal­
dentemente dall'eziologia che l'ha determinata. ciforme, o essere l'esito di ripetuti infarti splenici.
Atrofia splenica í 619

Si verifica inoltre in numerose altre malattie 1. una forma con infiltrazione omogenea diffusa,
infiammatorie croniche, come la celiachia, la malat­ tipica della leucemia a cellule hairy (Fig. 8);
tia di Crohn e la colite ulcerosa. Anche le terapie 2. un quadro miliariforme, caratterizzato dalla
radianti determinano atrofia splenica, verosimil­ presenza di espansione micronodulare della
mente per alterazioni vascolari e conseguenti feno­ polpa bianca, tipico dei linfomi a carattere indo­
meni ischemici. In queste evenienze si verifica col­ lente, come i linfomi follicolari (Fig. 9), a picco­
lasso del parenchima, con fibrosi diffusa della li linfociti, marginali, mantellari e linfoplasmo-
polpa rossa, deplezione linfocitaria e fibrosi densa citoidi;
della capsula. 3. quadri di tumore unico, quando il linfoma
costituisce una massa (Fig. 10);
4. la forma multinodulare, tipica dei linfomi a
grandi cellule e del linfoma di Hodgkin (Fig. 11;
Uamiloidosi nella milza è.in genere legata alla Tab. 2). -
forma secondaria della malattia amiloidogenetica.
A seconda della distribuzione dei depositi si pos­ La leucemia linfatica cronica ed il linfoma a
sono avere i quadri macroscopici della milza "a piccoli linfociti B hanno, nella milza, la stesso
sagù" - dal nome di una farina malese granulosa- aspetto morfologico che assumono negli altri orga­
nei casi di interessamento dei follicoli; o della ni. Prima che il linfoma marginale splenico fosse
milza "lardacea o a prosciutto", quando i deposi­ descritto, il linfoma a piccoli linfociti era la forma
ti siano diffusi. Più infrequente è il riscontro i più frequente di linfoma splenico primario. Poiché
noduli localizzati, i cosiddetti tumori amiloidi. nella maggior parte dei casi questo tipo di linfoma
L'amiloide va distinta dalla para-amiloide, ispes­ è in IV stadio, l'interessamento splenico è molto fre-
simento ialino deiravventizia dei vasi splenici. Il
tipo di distribuzione dell'amiloide non correla - • #J' £ , y
affatto con il tipo di amiloide, la proteina fibrilla­ ; ' '
re AL derivata dal deposito di catene leggere delle
immunoglobuline; la proteina fibrillare AA deri­
vato dal deposito della apolipoproteina sierica
SSA. Istologicamente, nell'interessamento della
polpa bianca i noduli di amiloide sostituiscono i
follicoli e interessano la parete delle arteriole
penicillari, mentre nell'interessamento della
polpa rossa il quadro può variare da un lieve
ispessimento omogeneo della parete dei sinusoidi
fino alla sostituzione diffusa con riduzione del
numero di macrofagi dei cordoni e rarefazione dei
sinusoidi che presentano lumi che risultano molto
distanziati gli uni dagli altri. La sostanza amiloide
si evidenzia con la colorazione rosso Congo nella Fia. 8 - Linfoma maligno con preminente distribuzione neila
sua tipica birifrangenza verdastra a luce polariz­ polpa rossa in modo diffuso. Sono evidenti alcune aree infar­
zata (dicroismo).
tuati.

B Neoplasie
Le Neoplasie ematopoietiche comprendono
sia i linfomi maligni che le malattie mieloprolifera-
tive.
I Linfomi maligni sono le neoplasie di gran
lunga più frequenti in sede splenica. In genere que­
sto evento fa parte di un processo generalizzato,
spesso di tipo leucemico, ma in alcuni casi, proba­
bilmente stimabili attorno al 3%, la milza è l'unico
sito di localizzazione di malattia (cosiddetti linfomi
primitivi della milza). Sono quadri anatomo-cliniri
che si presentano come splenomegalie isolate con
associato interessamento dei linfonodi ilari e si
accompagnano ad un quadro di un ipersplenismo.
Sono stati descritti quattro pattern di interessamen­ Fig. 9 - Pattern di interessamento miliariforme della polpa
to macroscopico da linfoma maligno: bianca in corso dì linfoma follicolare.
6 2 0 -s Milza

Fig. 10 - Interessamento splenico a nodulo unico in corso di Sin


foma a grandi cellule B.
Fia. 12 - Interessamento diffuso nella polpa rossa di elementi
linfoidi piccoli con rari prolinfociti in un caso di leucemia linfa-
tica cronica B.

Fig. 13 - Presenza di manicotti di proSinfociti e paraimmunoblasti


in una leucemia linfatica cronica; la polpa rossa mostra una
popolazione prevalentemente di piccola taglia.
Fig.. 11 - Interessamento a noduli multipli in corso di linfoma di
Hodgkin. quente ed è già presente nel 40% dei pazienti all'at­
to della diagnosi. Nel caso della leucemia linfatica
cronica, la splenectomìa viene eseguita per elimina­
Aspetto macroscopico dei linfomi re l'ipersplenismo, i fenomeni autoimmuni o per
maligni che interessano la milza ritardare la progressione della malattia. Il processo
morboso interessa la zona della polpa bianca, infil­
Espansione omogenea della polpa rossa con mìnimo trando anche le aree linfocitarie di pertinenza T,
interessamento della pólpa bianca cosicché macroscopicamente, al taglio dell'organo,
la polpa bianca è prominente. I noduli sono asim­
leucemia a cellule hairy; molti linfomi T metrici, tendono a confluire e a diffondere in modo
Espansione nodulare della polpa bianca diffuso nei cordoni e nei seni della polpa rossa.
Caratteristicamente, gli elementi neoplastici infil­
Linfoma follicolare; Linfoma mantellare; Linfoma a piccoli trano le trabecole e la zona subendoteliale delle
linfociti; Linfoma linfoplasmocitoide; Linfoma della zona vene spleniche. La popolazione neoplastica è com­
marginale
posta da piccoli linfociti di aspetto maturo, accom­
Masse tumorali circoscrìtte o confluenti ed aree di pagnati da elementi attivati nucleolati, i prolinfoci­
necrosi e/ó fibrosi ti e i paraimmunoblasti (Fig. 12). Questi elementi
attivati possono aggregarsi in centri di proliferazio­
Linfoma a grandi cellule B; Linfoma di Hodgkin; Linfoma ne, con spiccata attività mitotica (Fig. 13). Il riscon­
di Burkitt tro di una discreta quantità di elementi attivati sem­
Neoplasie ^ 621

bra avere significato prognostico negativo. In alcu­ neoplastiche variano dagli elementi maturi ai pla-
ni casi il linfoma può progredire in un linfoma a smoblasti e possono essere bi- o tri-nucleate. Una
grandi cellule nella milza: si tratta della sindrome restrizione monotipica delle catene leggere delle
di Richter che nella milza si associa in genere a immunoglobuline è marcatore della monoclonalità
compartimentalizzazione dei due processi. Infatti il della malattia.
linfoma a grandi cellule si localizza nella polpa Il linfoma mantellare è una forma aggressiva,
bianca, mentre quello a basso grado, a piccoli linfo­ composta da elementi linfoidi piccoli o intermedi
citi, diffonde nella polpa rossa. Talora il linfoma a che assomigliano a quelli degli altri processi linfo-
piccoli linfociti e la leucemia linfatica cronica posso­ proliferativi. Molti pazienti hanno splenomegalia
no interessare soprattutto la polpa rossa, fino ad con malattia in stadio avanzato già all'atto della
oscurare completamente la polpa bianca. In questi presentazione. Si stima che il linfoma ..mantellare
casi il linfoma assume un aspetto morfologico simi­ rappresenti il 40% circa dei linfomi splenici primiti­
le a quello della leucemia a cellule hairy. La diagno­ vi composti da piccole cellule. Spesso la splenome­
si differenziale in questi casi si avvale dell'analisi galia non si associa a linfoadenomegalie, ed il linfo­
immunoistochimica. Caratteristicamente le cellule ma ha un quadro clinico di tipo leucemico. Nella
del linfoma a piccoli linfociti e della leucemia linfa­ milza la malattia si distribuisce tipicamente alla
tica cronica mostrano una positività debole per le polpa bianca dove una corona pericentrale di ele­
IgM di superficie, sono positivi per CD5, CD23 e menti linfoidi, piccoli o intermedi con irregolarità
CD43 è sono negativi per DBA.44 e ciclina DI. Inol­ del profilo nucleare e cromatina densa, si accresce
tre il linfoma può essere mascherato da una reazio­ tendendo a obliterare i centri germinativi secondari
ne granulomatosa diffusa. e la zona marginale. Possono anche simulare un lin­
La Leucemia prolinfocitica è disordine correla­ foma della zona marginale, quando gli elementi
to alla leucemia linfatica cronica che, clinicamente, neoplastici con ima maggiore quantità di citopla­
si presenta con linfocitosi elevata e splenomegalia. sma tendono ad accumularsi alla periferia. In que­
L'interessamento splenico si caratterizza per un sti casi il relativo monomorfismo degli elementi
infiltrato linfoide a distribuzione simile a quello neoplastici, e la diffusa positività nucleare per la
della leucemia linfatica cronica, ma composto in proteina bcl-l/ciclina DI, sono di ausilio per porre
prevalenza da elementi di tipo prolinfocitico e para- la diagnosi di linfoma mantellare. Le cellule neopla­
immunoblastico. Il fenotipo è B nell'80% dei casi, stiche tendono a infiltrare anche i cordoni e i sinu­
con espressione marcata di immunoglobuline di soidi della polpa rossa.
superficie, generalmente senza espressione del Il linfoma della zona marginale splenica è ima
CD5. Nelle forme T, che rappresentano il restante entità linfomatosa recentemente descritta che pro­
20% dei casi, l'interessamento della polpa rossa è babilmente include molti dei linfomi primitivi della
più marcato. milza in passato interpretati come linfomi a piccoli
Il linfoma linfoplasmocitico, con il quadro cli­linfociti o linfoplasmocitici. Attualmente c'è la ten­
nico della macroglobulinemia di Waldenstróm, ha denza a considerare questa entità il tipo più fre­
una distribuzione splenica indistinguibile dalle quente di linfoma primitivo splenico a decorso cli­
forme a piccoli linfociti o da quello della leucemia nico indolente e a basso grado istologico di maligni­
linfatica cronica. La polpa bianca è espansa in modo tà. La malattia si può presentare come una espan­
disomogeneo, con obliterazione delle aree di perti­ sione della zona marginale della polpa bianca o
nenza linfocitaria T. Spesso sono presenti istiociti anche come un quadro bifasico. L'accrescimento
epitelioidi. Anche il linfoma linfoplasmocitico può marginale è caratterizzato da espansione di questa
infiltrare in modo diffuso la polpa rossa, con perdi­ zona da parte di una popolazione polimorfa costi­
ta della polpa bianca, ma senza l'aspetto nodulare tuita da piccoli linfociti, blasti più grandi e plasma-
dei linfomi splenici. La diagnosi differenziale con il cellule. In particolare i linfociti sono cellule piccole,
linfoma a piccoli linfociti si basa sulla mancanza dei o di dimensioni intermedie, con nuclei ovoidi o
centri di proliferazione con prolinfociti e paraim- reniformi ed una quota moderata o abbondante di
munoblasti, ed ancora sulla assenza di marcatori citoplasma chiaro (aspetto simil-monocitoide). La
specifici CD5 e CD23. crescita si espande ad infiltrare il mantello ed il cen­
Il quadro del plasmocitoma splenico si riscontratro germinativo dei follicoli secondari fino ad inte­
frequentemente nella leucemia plasmacellulare, ressare la polpa rossa. In alcuni casi, può spiccare
mentre tanto il plasmocitoma primitivo della milza soprattutto una componente linfoplasmocitaria.
quanto l'interessamento splenico del mieloma mul­ Questi casi si accompagnano ad una gammopatia
tiplo sono rari. L'interessamento primitivo della monoclonale, nonché ad eventi autoimmunitari. In
milza può causare ima splenomegalia massiccia, alcuni casi si possono osservare una componente di
con rischio di rottura dell'organo. Noduli di accre­ blasti grandi e progressione morfologica in linfoma
scimento tumorale si formano per espansione dei a grandi cellule. Il quadro bifasico, invece, com­
noduli della polpa bianca coinvolti e dei noduli di prende i casi in cui la polpa bianca si presenta con
crescita nella polpa rossa. In questa sede può essere una zona centrale di elementi piccoli e scuri, circon­
presente una infiltrazione diffusa. Le plasmacellule data da una zona periferica chiara di elementi di
622 > Milza
tipo marginale. Questo quadro è più frequente nel natura infettiva. Le cellule neoplastiche, a fenotipo
linfoma a linfociti villosi circolanti, considerato B, sono positive al CD20, CD11C, CD25, CD103, fis­
variante leucemica del linfoma della zona margina­ sano l'anticorpo DBA.44 e possono esprimere la
le splenica. Si tratta di un disordine linfoproliferati- ciclina DI.
vo cronico ad impronta leucemica che si presenta in I linfomi follicolari producono nella milza un
soggetti maschi di età avanzata con splenomegalia quadro del tutto caratteristico. Le forme a basso
marcata e con un picco monoclonale sierico; il picco grado istologico (grado 1 e 2), tendono ad interessa-
monoclonale è riscontrabile nelle urine in un terzo re tutti i noduli linfoidi della milza con un atteggia­
dei casi. La malattia deve la sua denominazione alla mento multinodulare, generalmente uniforme, ben
presenza di elementi linfoidi circolanti che assomi­ evidente alTesame macroscopico. Di solito questo
gliano alle cellule capellute per la presenza di carat­ reperto correla con un accrescimento nodulare nei
teristiche proiezioni villose del citoplasma, poste linfonodi. NelTera in cui la splenectomia era proce­
però ad un solo polo della membrana citoplasmati­ dura standard per la stadiazione dei linfomi, l'inte­
ca. A differenza delle cellule della leucemia a cellu­ ressamento splenico era evidenziabile in un terzo
le capellute, i linfociti villosi non esprimono attività dei pazienti, anche nelle milze di dimensioni e peso
fosfatasica acida tartrato-resistente e sono negativi normali. La polpa bianca in questi casi non era
al CD103. Nel 15% dei casi sono riscontrabili una espansa, ma era comunque popolata da elementi
traslocazione t(ll;14) (ql3;q32) ed il riarrangiamen­ piccoli ad abito centrocitico. Difficile è l'interpreta­
to della ciclina DI. zione morfologica dei casi con grado 2, in particola­
Il linfoma marginale splenico è neoplasia a cellu­re rispetto alle forme di iperplasia reattiva follicola­
le B che esprimono catene IgM o IgD e la proteina re. I criteri diagnostici differenziali sono gli stessi
bcl-2, mentre sono negativi il CD5, il CD10, il CD23, che si utilizzano nei linfonodi: infatti, i follicoli neo­
il CD43 e la ciclina DI. Anche il marcatore DBA.44, plastici hanno centri germinativi monomorfi, con
tipico della leucemia a cellule hairy, è spesso nega­ riduzione dei macrofagi dotati di corpi tingibili, ed
tivo. Le caratteristiche del fenotipo sono valido attenuazione dei mantelli fino alla loro scomparsa.
ausilio nella diagnosi differenziale con i linfomi di Generalmente nella polpa rossa manca la plasmoGi­
morfologia simile, che nella milza possono assume­ tosi policlonale che si osserva nelle forme reattive.
re aspetti di tipo marginale. Le principali anomalie Invece la zona marginale può essere espansa e far
del genotipo riguardano la delezione 7q. Lo stato parte di un quadro di differenziazione del linfoma,
dei geni della catena pesante delle immunoglobuli- come dimostrano la identità clonale della quota fol­
ne è variabile, poiché possono essere mutati o non licolare e di quella marginale e la presenza in
mutati. Rispetto ai linfomi marginali extranodali, entrambe della translocazione t(14;18).
quello splenico manca della translocazione t(ll;1.8) I linfomi a grandi cellule B rappresentano la
che coinvolge i trascritti di fusione AP12 e MALTI. variante più frequente di linfoma primitivo della
Il decorso clinico è in genere indolente. Il 65%milza. Generalmente il tumore è una massa tumo­
dei pazienti è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi. rale singola, ma può presentarsi anche come masse
La malattia può evolvere in un linfoma B a grandi multiple confluenti che sostituiscono il parenchima,
cellule. invadendo la polpa rossa. La neoplasia può invade­
La leucemia a cellule hairy è linfoma leucemico re la capsula ed estendersi agli organi vicini. L'inte­
caratterizzato da splenomegalia sin dalTesordio. La ressamento della polpa bianca è disomogeneo, per
splenectomia non rappresenta più una modalità cui si possono osservare aree di polpa bianca nor­
curativa in questa malattia, che viene attualmente male alternate ad aree di polpa bianca infiltrata.
trattata con chemioterapici. Il quadro clinico si Oltre alla variante con noduli multipli grandi e con­
caratterizza per pancitopenia e il riscontro all'ago- fluenti, la malattia può assumere atteggiamento di
aspirazione di un midollo secco per la presenza dì espansione micronodulare della polpa bianca, com­
diffusa fibrosi nelle lacune osteomidollari. La milza posta da elementi ad abito centroblastico, immuno-
è ingrandita ed in genere pesa intorno ai 1000 gram­ blastico e plasmoblastico, con possibilità di crescita
mi. L'interessamento prevale nella polpa rossa, marginale attorno a centri germinativi normali.
mentre la polpa bianca può essere diffusamente Nella variante ricca in linfociti T e di istiociti, il lin­
sostituita. L'endotelio delle vene trabecolari è foma assume aspetto micronodulare in cui le gran­
costantemente infiltrato. La popolazione cellulare è di cellule B monoclonali sono una minoranza asso­
caratteristicamente composta da elementi mono- luta o solo relativa per la grande abbondanza di
morfi, citologicamente caratterizzati da citoplasma piccoli linfociti T e di istiociti, così da simulare altri
ampio e chiaro, con margini ben definiti, da nucleo tipi di linfoma, caratterizzati da quadri infiammato-
spesso reniforme o ovale, non nucleolato. Spesso le ri, come il linfoma di Hodgkin, i linfomi T periferi­
cellule neoplastiche rivestono strutture pseudo- ci, e le flogosi reattive. Sono casi che hanno progno­
sinusali, dilatate e contenenti emazie. A volte la si sfavorevole. Raramente, il linfoma a grandi cellu­
dilatazione è così spiccata da simulare una neopla­ le B interessa primitivamente la polpa rossa, inva­
sia angiomatosa. Possibile è il reperto di focolai di dendone i cordoni ed i seni. In questi casi le cellule
emopoiesi splenica e di granulomi necrotizzanti, di neoplastiche possono esprimere il CD5.
Neoplasie 623

I Linfomi a cellule T possono essere confinati Solo raramente la milza è interessata da altri tipi
alla zona di pertinenza T linfocitaria della polpa di linfoma T, come il linfoma angioimmunoblastico,
bianca (zona periarteriolare), formando cuffie di il linfoma a grandi cellule anaplastiche e la micosi
cellule atipiche, spesso mescolate ad istiociti. Pos­ fungoide.
sono anche interessare la parte periferica della Il linfoma di Hodgkin viene diagnosticato
zona marginale. In altri casi la malattia tende ad nella milza all'esordio della malattia raramente.
interessare prevalentemente la polpa rossa, inva­ Tuttavia, la splenectomia è ancora atto medico da
dendone i cordoni e i seni, senza interessare la eseguire per la stadiazione di questi disordini, spe­
polpa bianca e senza dare masse tumorali eviden­ cialmente nelle forme iniziali in cui Finteressamen­
ti (Fig. 14). Hanno questa modalità di accrescimen­ to della milza può modificare l'atteggiamento tera­
to i linfomi epato-splenici a fenotipo T: sono linfo­ peutico. Caratteristicamente la milza interessata
mi rari, ma molto aggressivi, che colpiscono sog­ dal linfoma di Hodgkin contiene noduli linfomato-
getti giovani, spesso immunodepressi, ad accresci­ si a distribuzione irregolare, anche miliariforme;
mento intrasinusale non solo nella milza, ma nelle milze asportate per la stadiazione possono
anche nel fegato e nel midollo osseo. Spesso que­ essere repertati piccoli noduli anche di pochi milli­
sta variante è accompagnata da necrosi e da istio- metri. La quantificazione dei noduli neoplastici
citosi marcata con attivazione della fagocitosi sembra avere valore prognostico. È un linfoma che
delle cellule ematiche (eritrofagocitosi). A volte si localizza inizialmente nelle cuffie linfoidi periar-
anche le cellule neoplastiche stesse possono acqui­ teriolari e/o nella zona marginale, sede in cui le
sire attività fagocitica nei confronti delle cellule cellule neoplastiche tendono ad accumularsi
eritroidi. Sono linfomi che hanno un fenotipo (Fig. 15). La definizione diagnostica degli istotipi
caratteristico, rappresentato dall'espressione di istologici nella milza è meno accurata che nei linfo­
antigeni T, spesso di tipo soppressore (CD8+) e nodi, per il fatto che alcune forme di sclerosi nodu-
natural-killer (CD56+, TIA1+), in assenza di posi­ lare possono mostrare cellule senza morfologia
tività per il virus di Epstein-Barr. Molti a fenotipo lacunare, mentre casi classici di cellularità mista
y/6 esprimono Yisocromo soma 7q. Sono stati possono presentare ampi tralci di fibrosi. La pre­
descritti anche casi rari a fenotipo a/p. senza di granulomi epitelioidei, privi di cellule
La milza è interessata anche da un disordine lin- neoplastiche, è riscontrabile nel 10% dei casi e non
foproliferativo leucemico primitivo ed indolente, la ha significato prognostico.
leucemia a linfociti T grandi e granulari: è malattia La- milza è un organo frequentemente interessa­
caratterizzata da neutropenia cronica e da eventi to dai disordini mieloproliferativi, che hanno per
autoimmnunitari, compreso un quadro che simula lo più. una distribuzione prevalente nella polpa
l'artrite reumatoide. Nella milza l'infiltrazione inte­ rossa (Fig. 16).
ressa soprattutto la polpa rossa: le cellule infiltranti La leucemia mieloide cronica infiltra, in modo
sono linfociti piccoli e di medie dimensioni. La polpa diffuso, i cordoni ed i seni della polpa rossa, general­
bianca non è interessata, ma spesso mostra centri mente oblitera la polpa bianca, determinando un
germinativi attivati. Hfenotipo di queste cellule è T aspetto macroscopico di organo solido, omogeneo,
CD3+, TCR a/(3+, CD4-, CD8+ e CD57+. La senza noduli. La popolazione mieloide è polimorfa
malattia può evolvere in un linfoma a grandi cellule. nella fase cronica, essendo presenti contemporanea-

Fig. 14 - Caso di un soggetto di 19 anni con splenomegalia, Fig. 15 - Linfoma di Hodgkin classico, variante sclerosi nodu­
leucopenia con elementi circolanti atipici, diagnosticato come lare, che sostituisce la polpa bianca della milza creando nodu­
linfoma epatospienico con fenotipo gamma-delta. La neoplasia li di dimensioni discrete. Mescolati a piccoli linfociti e a cellule
ha una crescita preminentemente intrasinusale. epiteliodee sono riconoscibili anche elementi stembergoidi e
lacunari.
624 ^ Milza

Fìg. 16 - Rottura della milza in corso di disordine mieloprolife


rativo cronico, con presenza di multiple aree necrotiche. Fig. 18 - Angioma di tipo capillare della milza.
Le cellule neoplastiche tendono a formare nella
milza nidi situati attorno alle trabecole nella polpa
rossa, dove si accompagnano spesso a tralci di
fibrosi, potendo anche accrescersi attorno alla polpa
bianca o dentro i follicoli. La capsula può essere
ugualmente interessata. La tipica metacromasìa
delle cellule ha importanza diagnostica fondamen­
tale. Le cellule sono inoltre positive per CD68,
CD117, e per la triptasi.
I tumori vascolari sono le neoplasie primitive,
non emopoietiche, più frequenti della milza e sono
analoghi alla forme che insorgono in altra sede.
Comprendono gli emangiomi e i linfangiomi, gli
angiomi a cellule litorali, e gli angiosarcomi.
Gli emangiomi sono il tumore primitivo più fre­
quente della milza, spesso di tipo cavernoso. Meno
Fig. 17 - Interessamento diffuso di un disordine mieioproìifera- frequenti sono le forme venose o capillari (Fig. 18).
tivo cronico del tipo leucemia mieloide cronica in accelerazio­ La maggior parte hanno piccole dimensioni, al di
ne. La polpa rossa è popolata da elementi mieloidi in varia sotto dei 2 cm di diametro, e sono riscontri occasio­
fase maturativa. nali. Raramente sono grandi, multipli, interessando
l'intera milza (angiomatosi). Complicazioni possi­
mente tutti gli stadi maturativi. L'emergenza di una bili sono la rottura ed il sanguinamento; più rara è
crisi blastica può verificarsi in prima istanza proprio la sindrome di Kasabach-Merritt, caratterizzata da
nella milza prima che nel midollo e prima di avere anemia, piastrinopenia e coagulopatia da consumo.
alterazioni nel circolo periferico (Fig. 17). Una forma peculiare di emangioma della milza
La metaplasia mieloide splenica che si verifica è l'angioma a cellule litorali: è tumore che può
nella mielofibrosi idiopatica ha distribuzione simile avere dimensioni variabili da noduli piccoli fino a
airinteressamento splenico della leucemia mieloide masse tali da sostituire completamente l'organo. La
cronica; tuttavia la popolazione cellulare è più poli­ struttura istologica è fatta da canali vascolari che si
morfa, essendo presenti non solo elementi mieloidi, anastomizzano analogamente ai sinusoidi splenici.
ma anche megacariociti e nidi di eritroblasti. Anche Questi canali hanno lumi irregolari, talora cistici o
in questa malattia la milza può essere sede di crisi con proiezioni papillari, e sono rivestiti da cellule
blastica mieloide. endoteliali alte con aspetti di emofagocitosi e con
Nelle sindromi mielodisplastiche la splenome- espressione di marcatori endoteliali e macrofagici
galia non è generalmente fatto così importante da (Fig. 19). Il comportamento clinico di questo tumo­
giustificare una splenectomia, per cui le informa­ re è generalmente benigno, anche se sono stati
zioni sulle alterazioni morfologiche sono limitate. descritti casi di natura maligna.
Nella milza si possono osservare focolai di emo­ L'emangioma multinodulare è neoplasia distin­
poiesi extramidollare, fenomeni di eritrofagocitosi, tiva della milza con assetto multinodulare che, a
plasmocitosi della polpa rossa e focolai di prolifera­ piccolo ingrandimento, ricorda l'aspetto dei granu­
zione monocitaria in alcune forme di leucemia mie- lomi. I singoli noduli vascolari hanno una architet­
lomonocitica cronica. tura lobulare e sono circondati da un guscio di
La milza è interessata nel 70% delle mastocitosi fibrosi ialina. I vasi sono marcatamente cellulari e
sistemiche, che si accompagnano a spienomegalia. composti da una mescolanza di cellule endoteliali
Neoplasie & 625
rigonfie o fusate, da cellule pericitarie muscolari e tiche e con scarse trabecole fibrose. La lesione può
da istiociti. Di solito questa lesione è solitaria, aven­ anche contenere focolai di emopoiesi.
do decorso clinico benigno. Di solito la lesione è riscontro incidentale, tutta­
I linfangiomi tendono ad essere localizzati in via l'amartoma può raggiungere grandi dimensioni
sede subcapsulare, ma possono interessare l'organo e complicarsi con segni di ipersplenismo. Gli amar-
intero. La maggior parte dei casi sono stati riporta­ tomi splenici sono istologicamente molto simili agli
ti nei bambini, a volte in associazione con linfangio­ emangiomi, da cui possono essere distinti grazie
mi di altri organi. Istologicamente il linfangioma è all'analisi dei marcatori cellulari: l'endotelio dell'a-
costituito da spazi vascolari che contengono mate­ martoma esprime il fattore Vili, il CD31 ed il CD8,
riale proteinaceo anziché emazie. Le forme subcap- mentre l'endotelio dell'emangioma esprime il fatto­
sulari descritte in passato vengono attualmente re Vili ed il CD31, ma non il CD8. Lina recente pro­
interpretate come cisti mesoteliali. posta consiglia che il termine di amartoma vada
L'angiosarcoma della milza è la neoplasia mali­ esteso anche ai casi in cui alla formazione della
gna non linfoide più frequente. Si può presentare lesione partecipano anche altre componenti della
come nodulo emorragico ben definito e simulare un polpa rossa, come i capillari positivi per il CD34, le
emangioma, oppure, interessare la milza in modo dif­ cellule mioidi e i macrofagi.
fuso. L'esordio clinico più drammatico è la rottura Lo pseudotumore infiammatorio è lesione che
spontanea della milza: si verifica nel 10-30% dei casi. può essere riscontrata incidentalmente in corso di
Altre complicazioni sono l'anemia microangiopatica, laparotomia eseguita per altre cause. La presentazio­
la piastrinopenia e la coagulopatìa da consumo. L'in­ ne clinica in forma di massa asintomatica che simula
sorgenza di un angiosarcoma splenico è stata riporta­ un linfoma maligno è pure possibile. Macroscopica­
ta dopo esposizione al mezzo di contrasto radiografi­ mente, può avere dimensioni variabili, anche notevo­
co Thorotrast. Microscopicamente, la crescita può li, superiori ai 10 cm di diametro. Di solito sono lesio­
apparire solida, papillare o per formazione di canali ni uniche, anche multinodulari (Fig. 20a). Istologica­
vascolari disorganizzati e rivestiti da cellule endote- mente la lesione è composta da cellule infiammatorie
liali atipiche. A volte le cellule possono avere un reattive aventi caratteristica distribuzione zonale: al
aspetto epitelioideo. Frequente è il reperto di globuli centro è presente un focolaio di necrosi coagulativa
ialini intracitoplasmatici. Le cellule endoteliali neo- con granulociti neutrofili, che può contenere anche
plastiche possono esprimere antigeni di tipo istiocita- aghi di colesterolo; attorno a questa zona si accumu­
rio, suggerendo la possibilità che alcune forme alme­ lano cellule infiammatorie comprendenti linfociti,
no derivino dalle cellule endoteliali dei seni splenici. generalmente a fenotipo T, plasmacellule, sempre
Il decorso clinico è fatale, con metastatizzazione rapi­ con secrezione politipica di catene delle immunoglo­
da. Le altre neoplasie vascolari maligne, come il sar­ buline, granulociti eosinofili, istiociti, cellule epitelio-
coma dì Kaposi, l'emangiopericitoma e l'emangioen- dee, che talora possono organizzarsi in granulomi
dotelioma, sono ancora più rare dell'angiosarcoma. epiteliodei, e cellule fusate di tipo miofibroblastico
I sarcomi non vascolari sono eccezionali e di
(Fig. 20b). Alla periferia infine si trova una reazione
questi il tipo più comunemente riportato è l'istioci- fibroblastica sclerotica. La genesi della lesione è con­
toma fibroso maligno.
L'amartoma splenico, denominato anche sple-
troversa. Secondo le indicazioni più recenti la lesione
nadenoma o splenoma, è lesione nodulare della
dovrebbe essere considerata una neoplasia di tipo
milza composta soltanto da elementi della polpa miofibroblastico, in analogia con lesioni simili che
rossa, sotto forma di canali vascolari sinusali disor­ insorgono nei tessuti molli, chiamate tumori miofi-
ganizzati, rivestiti e supportati da cellule di tipo broblastici infiammatori. Tuttavia, a differenza di
endoteliale, senza follicoli, cellule follicolari dendri- questi, le lesioni spleniche sono negative per la china­
si ALK e positive invece alla ricerca deÙ'RNA mes­
saggero codificato dal virus di Epstein-Barr.
Le neoplasie delle cellule dendritiche follicola­
ri ed interdigitate sono rare e derivano dalle cellu­
le accessorie presentanti l'antigene; hanno aspetto
analogo a quello descritto nei linfonodi. Il sarcoma
delle cellule dendritiche interdigitate forma aggre­
gati di cellule coesive e masse confluenti nella
polpa rossa. Le cellule sono grandi con citoplasma
abbondante, moderato polimorfismo ed organizza­
te in fasci e nidi. Si possono osservare istiociti con
equivalenti di eritrofagocitosi. Le cellule esprimono
la proteina SI00, il marcatore istiocitario CD68, ma
non il CDla, marcatore delle cellule di Langerhans.
Il sarcoma delle cellule follicolari dendritiche è neo­
plasia stremale composta da cellule fusate o stori-
Fig. 19 - Angioma a cellule litorali della milza. formi esprimenti i marcatori delle cellule del centro
Fig. 20 - Milza di una donna di 60 anni, con sospetto clinico di linfoma per la presenza di un unico nodulo a margini netti con
necrosi centrale (a) che istologicamente si rivela uno pseudotumore infiammatorio (b).
germinativo, CD21 e CD35. Variabile è l'espressio­ mella, dello stomaco, del fegato, colon, pancreas e
ne della proteina S100, del CD68 e dell'antigene ovaio. Sono riportati casi di rottura della milza da
epiteliale di membrana (EMA); negativa infine metastasi da coriocarcinoma, colon, polmone, pan­
quella per il CDla. creas e ovaio. In rarissimi casi la presenza di meta­
Le metastasi spleniche di neoplasie maligne stasi da carcinoma della mammella è stata associa­
difficilmente danno manifestazioni cliniche, anche ta con una porpora trombocitopenica idiopatica.
quando determinino splenomegalia. Le metastasi Macroscopicamente si presentano come masse
sono invece reperto frequente al tavolo autoptico, nodulari singole o multiple (Fig. 21); possono esse­
essendo più frequenti le metastasi del melanoma re limitate alla capsula splenica e, raramente, danno
maligno e dei carcinomi del polmone, della mam­ una diffusione estesa alla polpa rossa.

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Sistema endocrino
6.1 Generalità ■ Alterazioni di sviluppo
(G.M. Ma riuzzi, L. Cavazzini, L. Mariuzzi) ■ Alterazioni circolatorie - Atrofia
■ Processi infiammatori
6.2 Ipotalamo - Neuroipofisi e regione sovrasellare
■ Processi iperpiastici
(G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini, L. Mariuzzi)
Sistema ipotalamo-neuroipofisi
■ Processi neoplastici
h Cenni di anatomia e morfologia funzionale « Quadri anatomoclinici di patologia delle paratiroidi
■ Cenni di fisiologia 6.8 Corteccia surrenale (G.M. Mariuzzi,
m Lesioni vascolari L. Cavazzini, G. Martignoni, L. Mariuzzi)
■ Processi infiammatori
■ Neoplasie
■ Cenni di anatomia e istologia
■ Cenni di fisiopatologia
■ Quadri anatomo-clinici di patologia
ipotalamo-neuroipofisaria mMalformazioni congenite
Regione sovrasellare e peduncolo ipofisario ■ Atrofia
■ Interruzione de! peduncolo a Alterazioni circolatorie
■ Lesioni cìstiche e teratomi b Processi regressivi - Cisti

6.3 Adenoipofisi ■ Processi infiammatori


b [perplasie
(G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini, L. Mariuzzi)
eh Cenni di anatomia, citologia e fisiologia b Tumori

& Alterazioni dello sviluppo, cisti b Quadri anatomoclinici

s Alterazioni di circolo 6.9 Midollare surrenale e paragangli


■ Processi infiammatori
(L. Cavazzini, L. Mariuzzi, G.M. Mariuzzi)
■ Modificazioni citologiche correlative e funzionali
dell'adenoipofisi Midollare surrenale
m Tumori a cellula adenoipofisarie b Cenni di anatomia e di istologia
■ Quadri clinico-patologici correlati con le anomalie b Cenni di fisiologia
di secrezione delle varie tropine ipofisarie b Aplasia, ipoplasia, disturbi di circolo, infiammazioni

ó.4a Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-dinici b Processi iperpiastici

(G.M. Mariuzzi, R. Alberti, L. Mariuzzi) b Tumori

■ Cenni di fisiopatologia b Quadri anatomoclinici


■ Quadri di patologia connessi con lo stress Paragangli extrasurrenalici
ó.4bCorrelazioni endocrìno-immunologiche b Cenni di anatomia e di isiofisioiogia
b iperplasia
(G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi)
b Tumori
b Quadri anatomoclinici
6.5 Epifisi, o ghiandola pineale (corpo pineale)
(G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini, L. Mariuzzi)
■ Cenni di anatomia e istologia 6.10 Disordini della differenziazione sessuale
■ Cenni di fisiologia (L Cavazzini, G.M. Mariuzzi)
■ Anomalie congenite - cisti b Sviluppo delle gonadi e differenziazione sessuale
s Tumori b Disordini della differenziazione sessuale associati
r Quadri anatomoclinici con un assetto cromosomico apparentemente
6 .6 Tiroide normale
(G. Mar frignoni, L. Cavazzini, G.M. Mariuzzi) b Disordini della differenziazione sessuale associati
■ Cenni di anatomia e di morfologia funzionale a cromosomi sessuali anormali
e Cenni di fisiologia 6.11 Sistema endocrino diffuso (C. Bordi)
■ Alterazioni di sviluppo b Cenni morfo-funzionali
■ Processi infiammatori b Sindromi da iperfunzione endocrina
■ Processi iperpiastici
b Processi neoplastici
b iperplasie
■ Citologia tiroidea b Tumori carcinoidi
■ Correlazioni anatomocliniche b Neoplasie endocrine multiple
6.7 Paratiroidi 6.12 Pancreas endocrino (C. Bordi}
(L. Cavazzini, L. Mariuzzi, G.M. Mariuzzi) b Cenni di anatomia, istologia e fisiologia
■ Cenni di anatomia e istologia b Diabete mellito
■ Cenni di fisiopatologia ■ Tumori de! pancreas endocrino
I

\I
i
Sistema endocrino:
6.1 generalità
G.M. Mariuzzi, L. Cavazzìni, L. Mariuzzi

Il sistema endocrino è composto da ghiandole e Le modalità di trasmissione del segnale possono


cellule sparse correlate fra loro, e con altri sistemi essere:
(nervoso, immunocompetente), connessioni che, a) endocrine, legate alla secrezione del prodotto
con meccanismi complessi di controllo reciproco nel circolo ematico e questo richiede una struttu­
ed attraverso messaggi umorali (gli ormoni) e ner­ ra anatomica complessa con rete circolatoria
vosi, provvedono a mantenere Yomeostasi entro idonea: ghiandole endocrine;
limiti che possano assicurare o consentire un equi­ b) paracrine, come accade per cellule isolate o rag­
librio biologico: il migliore possibile, fra le varie gruppate in piccoli nidi il cui prodotto di secre­
attività biologiche delle singole cellule dei tessuti e zione esercita il suo effetto nei territori adiacen­
degli organi. E un sistema che governa o condizio­ ti, modalità caratteristica dei sistemi endocrini
na funzioni come il metabolismo intermedio, il diffusi;
metabolismo minerale - soprattutto per azioni sul c) autocrine, quando l'effetto esercitato dal prodotto
tessuto osseo -, l'accrescimento, la riproduzione. secreto si svolge sulla stessa cellula produttrice.
Pertanto, i meccanismi stessi di adattamento conti­
nuo alle incessanti variazioni ambientali, inclusi gli Lo stesso segnale può essere trasmesso e avvertito
stress e le risposte di difesa, quelle immunitarie contemporaneamente mediante tutte queste moda­
incluse, sono organizzati e coordinati dal sistema lità.
endocrino. L'insieme degli organi e delle cellule con funzioni
Le cellule attive nella produzione di segnali endocrine attua, attraverso regolazioni e controre­
(messaggi) sono: golazioni reciproche, i necessari e continui adegua­
• epiteli con funzioni specifiche riuniti in ghian­ menti alle variazioni, normali o abnormi, dell'am­
biente esterno. In particolare, agli stress ed agli
dole (ghiandole endocrine, distinte da Starling
eventi patologici con la finalità di mantenere, entro
da quelle esocrine appunto per la peculiarità di limiti ristretti, una stabilità dell'ambiente interno,
versare la loro secrezione entro il circolo ematico Yomeostasi appunto. Termine, quest'ultimo, assunto
- secrezione intema -); per indicare la condizione di equilibrio delle diver­
• neuroni secementi, cellule dell'ipotalamo e del se funzioni neuroendocrine necessarie perchè
SNC; riproduzione, accrescimento, metabolismi, relazio­
•' cellule distribuite in tessuti - sistema endocrino ne con l'ambiente esterno, insomma la vita dell'in­
diffuso dividuo non venga alterata o compromessa da
• cellule del SIC (Sistema Immuno Competente). variazioni più o meno abnormi dell'ambiente inter­
I prodotti di secrezione delle cellule endocrine, gli no e/o esterno.
onnoni - messaggi -, sono: Dalla sede di produzione gli ormoni vengono
poi trasferiti ai bersagli specifici, soprattutto dal
• aminoacidi (come la dopamina o PIF, e le cateco- sangue, per essere captati da recettori specifici di
lamine); cui sono dotate le cellule bersaglio. Gli effetti sui
• neuropeptidi o neurormoni secreti, in particola­ diversi bersagli dipendono dalla interazione tra
re, da cellule gangliari dell'ipotalamo; segnale e recettore. I recettori specifici possono
© molecole proteiche complesse come l'insulina essere situati sulla membrana cellulare, nel citopla­
ed il paratormone; sma o nel nucleo e sono in grado di avviare o bloc­
• steroidi surrenalici e gonadici; care una serie di successivi segnali che condiziona­
• derivati vitaminici, in particolare da retinoidi e no l'effetto finale. Va rilevato che per uno stesso tra­
dalla vitamina D; smettitore possono esistere recettori diversi e, ana­
• peptidi come i fattori di crescita, gli ormoni ipo­ logamente, il medesimo recettore può riconoscere
fisari e le citochine. segnali differenti, consentendo la modulazione e
630 ' Sistemo endocrino: generalità
variazioni di intensità dell'effetto che allargano ® l'insulina per il mantenimento dell'euglicemia;
ulteriormente la gamma di variabilità nelle risposte @ le chinine delle cellule immunocompetenti con
e nella controregolazione. I recettori per molecole la produzione di ormoni (CRH e ACTH in parti­
ormonali peptidiche o aminiche sono in genere colare) che partecipano al controllo della secre­
localizzati nel contesto delle membrane cellulari: zione di cortisolo ed alla modulazione delle
essi regolano funzioni di membrana. Le risposte risposte immunitarie.
endocrine richiedono invece l'intervento di mes­
saggeri intracellulari. I recettori per gli ormoni ste­ Patogenesi delle malattie endocrine
roidi sono localizzati tanto nel citoplasma quanto
nel nucleo e regolano funzioni nucleari. I recettori Le malattie endocrine sono causate da:
per l'ormone tiroideo, localizzati nel nucleo, regola­
no attività di sintesi del nucleo stesso, mentre quel­ • insufficiente o soppressa produzione di ormoni
li presenti sui mitocondri o su membrane plasmati- da parte di una o più ghiandole endocrine per
che regolano funzioni proprie nelle strutture che li difetti enzimatici, per emorragie variamente
posseggono. destruenti, per processi infiammatori, per tratta­
In pratica tutti gli ormoni partecipano al mante­ menti farmacologici terapeutici;
nimento della omeostasi, i più rilevanti essendo: • asportazione chirùrgica delle ghiandole;
• mutazioni recettoriali disattivanti;
® il cortisolo con azioni permissive per diversi ® iperproduzione di ormoni da parte di una
ormoni e per il controllo del metabolismo; ghiandola o di neoplasie endocrine;
• l'ormone tiroideo per il controllo del metaboli­ • secrezione abnorme da parte di un sistema cel­
smo basale di quasi tutti i tessuti; lulare non endocrino (es. tumori non endocrini
• i corticosteroidi mineraloattivi per il governo secementi ormoni);
del volume piasmatico; ® somministrazione esogena di ormoni (forme
• il paratormone per il controllo minerale, calcio- iatrogeniche);
fosforo; rappresentando lo scheletro un deposito © mutazioni recettoriali in grado di esaltare o di
di minerali di pronta utilizzazione, Ca e P in abolire funzioni endocrine specifiche;
particolare; • ancora, da evènti infiammatori o infettivi.
® la vasopressina-adiuretina per la regolazione
dell'osmolarità del siero ed il controllo della Le tabelle 1 e 2 riassumono le cause principali
pressione arteriosa e della clearance dell'acqua; delle discrinie.

'■'■ri:':; Vi;-' i
Cause maggiori di discrinie dà ........

Eventi patològici v• V;-:K


Neoplasie primitive o metastasi destruenti Ipotalamo Insufficienza ipotalamo-ipofisaria con quadri diversi.
Processi flogistici (sarcoidosi) a seconda dell'età
Ischemie, emorragie
Neoplasie non funzionanti, metastasi, Ipofisi Insufficienza ipofisaria: forino da necrosi ischemica
infarti, emorragie, flogosi post-partum {m. di Sheehan)
Surreni Insufficienza surrenalica. Apoplessia surrenale
Tubercolosi Surreni Morbo di Addison
ipotalamo : Insufficienza ipotalamo-ipofisaria
Processi autoimmuni Ipofisi, ipotaiamo, surreni, Ipopituitarismo, iposurrénalismo (m. di Addison),
’ pancreas endocrino ; Diabete mellito tipo 1
Ghiandole diverse insufficienza piurighiandolare
Mutazioni disattivanti gli ormoni o i recettori Dell'ipofisi e/o di altre ghiandole Deficit di LH, FSH, GH, vasopressina ed altri ormoni
Forme iatrogeniche; terapie destruenti Ipofisi, Tiroide, Surreni, altre Insufficienza delle ghiandole compromesse
(RX etc.);ab!azione chirurgica; farmaci ghiandole
Sistema endocrino: generalità ¿ 631

Causé maggiori di discrinie da iperfunzione

Patologia d'organo Ghiandole Quadri clinici


Tumori benigni, in particolare: ipofisi Ipersecrezione di una o più tropine: gigantismo/
adenomi funzionanti acromegalia; ipertiroidismo, Cushing ipofisario
Surrene corticale Cushing surrenalico
Surrene midollare Sindrome da feocromocitoma
Tiroide Ipertiroidismo
Gonadi Sindrome da ipersecrezione di androgeni oppure
di estrogeni
Paratiroide Iperparatiroidismo
Tumori maligni Surrene corticale Ipersurrenalismo
Tiroide Sindrome da carcinoma midollare
Gonadi Sindrome da coriocarcinoma
Neoplasìe endocrine multiple Varie ghiandole endocrine MEN 1, MEN2
Tumori di organi non endocrini Neoplasie secernenti ormoni : Cushing paraneoplastico
produzione ectopica di ACTH-CRH;
produzione di ormone antidiuretico; SIADH paraneoplastico
Processo flogistico subacuto Tiroide Ipertiroidismo
Patologia autoimmune Tiroide Morbo di Basedow-Graves
Mutazioni recettoriali attivanti Gonadi, tiroide, paratiroide Iperfunzione delle ghiandole attivate
6.2 Ipotalamo -
Neuroipofisi e
regione sovrasellare
G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini, L. Mariuzzi

Sistema ipotalamo-neuroipofisi
■ I raggruppamenti (nuclei parvicellulari) di neu­
ReB&8S Cenni di anatomia e morfologia roni di piccole dimensioni (neuroni parvicellulari)
funzionale sono anch'essi capaci di secrezione endocrina (neu­
Gli organi di questo complesso formano un'uni­ rormoni); neurormoni facilmente identificabili
tà funzionale con attività differenziate: nervose, all'indagine microscopica immunocitochimica.
umorali, endocrine è neurovegetative. Attività fra Altri neuroni secernenti si trovano, riuniti in aree
loro collegate e correlate in modo reciproco; essen­ con cellule sparse, a formare raggruppamenti mal
do rilevante anche la funzione di controregolazione definibili.
negativa operata dagli ormoni prodotti. I neuroni secretori parvicellulari secernono fat­
Al sistema convergono stimoli esogeni ed endo­ tori attivi sulle cellule ipofisarie (fattori di rilascio o
geni, provenienti dall'ambiente esterno e da quello Releasing Hormones, RHs) ed i loro assoni, rag­
interno. I segnali, raccolti da recettori specifici, evo­ giungono la regione del tuber cinereum e qui rila­
cano risposte nervose ed umorali che, nella norma sciano i granuli che sono il loro neurosecreto; que­
e per omeostasi, adeguano "l'ambiente interno" sto poi entra nei vasi sanguigni dei sistema portale
alle variazioni percepite (Fig. 1), ipofisario per raggiungere i sinusoidi dell'adenoi-
L'ipotalamo, parte del diencefalo, connesso con pofisi. Alla fine ogni neurormone, giunto nell'ade-
il controllo superiore, centrale nervoso, delle fun­ noipofisi, si lega ai recettori specifici delle cellule
zioni viscerali autonome ed endocrine, comprende che deve attivare.
le pareti laterali del 3° ventricolo, al di sotto del I neuroni secernenti di questi nuclei parvicellu­
solco ipotalamico (incisure sulle pareti laterali dello lari sono connessi:
stesso ventricolo), ed il pavimento del 3° ventricolo,
compresi il tuber cinereum o infundibulo. a) per via nervosa, con il sistema nervoso centrale,
Rostralmente l'ipotalamo è delimitato da un con il sistema neurovegetativo e con la neuroi­
piano coronale, ideale, che passa: anteriormente pofisi;
alla commissura anteriore; caudalmente invece ad b) per via umorale, soprattutto con l'adenoipofisi e
un analogo piano situato oltre i corpi mammillari. con il circolo sistemico.
Ai lati, a seconda dei diversi piani coronali, si trova­ Gli aggregati "nuclei" di neuroni secretori sono
no: il talamo, la capsula interna, il globo pallido ed riuniti in quattro complessi o gruppi.
il tratto ottico. Il peduncolo ipofisario è connesso II primo gruppo comprende:
con il tuber cinereum del pavimento del 3° ventri­
colo (Fig. 2). La figura 3 mette in evidenza la distri­ • i nuclei magnocellulari sovraottici (NSO) situati,
buzione spaziale dei nuclei ipotalamici, che verran­ uno per lato, in corrispondenza dei tratti del
no di seguito considerati. Gli assoni (fibre nervose chiasma ottico;
non mielirdzzate) dei neuroni secretori dei nuclei • i nuclei paraventricolari (NPV), posizionati, uno
magno cellulari (costituiti cioè da cellule volumino­ per lato, nella parte più alta della parete laterale
se) attraversano il peduncolo ipofisario per termi­ del terzo ventricolo: questi nuclei sono formati in
nare, in gran parte, nel contesto deiripofisi poste­ prevalenza da neuroni magnocellulari (Fig. 4);
riore. In questa sede trasportano, in forma di granu­ • i nuclei tubero-mammillari (CTM) situati late­
li, xneurormoni prodotti dai neuroni secretori ipo- ralmente, nel pavimento del 3° ventricolo, in
talamici (Fig. 4), che sono la vasopressina o ormo­ prossimità dei corpi mammillari (CM), poste­
ne antidiuretico (ADH) e l'ossitocina (AVP). riormente al tuber cinereum.
634 ; Ipotalamo e regione sovrasellare
Il secondo gruppo comprende raggruppamentiri di piccole dimensioni e con scarso citoplasma,
di neuroni, i nuclei tuberali (NT), magno e parvicel- comprende le aree ipotalamiche parvicellulari i cui
lulari, collocati nella parte laterale e posteriore del neuroni sono diffusi nella sostanza grigia ipotala-
tuber cinereum. mica, soprattutto sottoependimale, in sede periven­
Il terzo gruppo è fatto soprattutto dai due nucleitricolare, preottica ed ipotalamica posteriore al di
sottoventricolari (NSV), collocati nel pavimento del sopra del complesso dei nuclei tubero mammillari.
3° ventricolo dietro l'infundibolo, nell'area del Per esigenze descrittive e funzionali il comples­
nucleo arcuato (NA). Le piccole cellule costituenti so delle formazioni endocrine del sistema ipotala-
divengono ipertrofiche (attivazione funzionale mo-ipofisi viene suddiviso in tre assi funzionali:
inane) dopo la menopausa, nelle condizioni di
gravi restrizioni alimentari, dopo interruzione del • asse ipotalamo-neuroipofisi
peduncolo ipofisario e dopo ipofisectomia. • asse ipotalamo-adenoipofisi
Il quarto gruppo, composto da neuroni secreto­ ® asse ipotalamo-midollare surrenalica.

STIMOLI ENDOGENI ED ESOGENI


-------------------------------- 1 ----------------------------------------
SISTEMA LIMBICO
NAD

Fig. 1 - Controllo che il sistema limbico opera su sintesi e libe­ Fig. 2 - Sezione sagittale mediana di encefalo umano condot­
razione di RHs mediante neurotrasmettitori. ta a livello del terzo ventricolo: a) la regione delhpotalamo
Acronimi: 5 HT = serotonina; GABA = acido gamma ammino occupa la parte mediana del terzo inferiore dell'immagine, al
butirrico; PIF = dopammo; AD = adrenalina; NAD = noradre- di sotto dei corpo calloso e del setto pellucido, b) Sulla parete
nalina ; ACH = acetilcolina ; HA = istamina; RHs = fattori ipo- del 3° ventricolo e nei distretti contigui è indicata la distribuzio­
talamici di rilascio delle tropine ipofisarie; linea continua = sti­ ne spaziale dei nuclei ipotalamid e di altre strutture anatomi­
molo; linea tratteggiata = inibizione. che, richiamate nel testo.
Cenni di fisiologia & 635

Fig. 3 - Immagine tomografica dei piani sagittali mediano e coronale a livello del II! ventricolo di encefalo che dimostra la distri­
buzione dei nuclei ipotalamici. {Cortesia del Dott. Ferdinando Calzolari, Istituto di Radiologia, Azienda Università - Ospedale, Fer­
rara).
1 - nucleo preottico laterale; 2 - nucleo preottico mediale; 3 - area ipotalamica laterale; 4 - nucleo paraventricolare;
5 - area ipotalamica anteriore; 6 - nucleo sopraottico; 7 - area ipotalamica dorsale; 8 - nucleo dorso-mediale; 9 - nucleo ven­
ire-mediaie; 10 - area posteriore; 11 - corpo mammillare; 12 - nucleo periventricolare; Ifi - terzo ventricolo; IV - quarto ventri­
colo; a - adenoipofisi ; co - chiasmo ottico; e - epifisi; m - mesencefalo; ma - midollo allungato; n - neuroipofisi; p - ponte; pi -
peduncolo ipofisario; to - tratto ottico.

sine), viene trasferito dal flusso assoplasmatico e


lungo gli assoni neuronali, alla neuroipofisi in forma
di granuli avvolti da membrana (Figg. 5 e 6): questi
si raccolgono in rigonfiamenti terminali degli assoni
stessi (i corpi di Herring). Da queste strutture passa­
no direttamente nel circolo sanguigno in quantità
corrispondenti alle esigenze dell'omeostasi. I neuror­
moni prodotti da questo sistema sono l'adiuretina-
vasopressina (AVP) e l'ossitocina. Ormoni che sono
secreti da cellule distinte, tra loro variamente fram­
miste, nei due nuclei magnocellulari sopradetti.
Alcuni assoni di neuroni AVP-secernenti, situati
nel nucleo paraventricolare, oltrepassano le cellule
ependimali della parete del terzo ventricolo per
Fig. 4 - Nucleo paraventricolare (NPV) di ipotalamo di cane: portare il loro secreto nel liquido cerebrospinale.
al di sotto dell'ependima - in aito - che riveste la parete del 3° Altri assoni si proiettano in sede extraipotalamica
ventricolo, la colorazione del neurosecreto evidenzia ¡ neuroni
secretori che costituiscono questo nucleo (PV). (Cromallume terminando a livello del setto pellucido, del talamo,
Emat. 100X; da Bergmann). del locus coeruleus (si veda "stress"), del nucleo del
tratto solitario e della sostanza grigia dorsale ed
intermedia del midollo spinale. L'AVP e l'ossitocina
si legano alla neurofisina, molecola di trasporto,
Cenni di fisiologia secreta anch'essa dagli stessi neuroni. I neuroni
magnocellulari ricevono infine afferenze da baro-
Asse ipotalamo-neuroipofisi cettori carotidei e da terminazioni sensitive del
Le connessioni dell'ipotalamo (nuclei magnocel- capezzolo e dei genitali.
lulari sopraottici e paraventricolari) con la neuroipo­ La complessità dei collegamenti, ascendenti e
fisi sono stabilite dai prolungamenti (fibre) dei neu­ discendenti, ancora incompletamente definita, rap­
roni secretori che, lungo il peduncolo ipofisario, tra­ presenta il substrato delle connessioni reciproche fra
sferiscono direttamente alla neuroipofisi, di cui costi­ sistema endocrino e sistema nervoso.
tuiscono la maggior parte, i neurormoni prodotti. Il UAVP come adiuretina partecipa alla regolazione
secreto, legato a proteine vettrici specifiche (neurofi- del ricambio idrico, favorendo il riassorbimento del-
6 3 6 ss Ipotalamo e regione sovrasellare

Granuli
Endotelio neurosecreto ri

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t un:;v,:.-;.,: Fig. 6 - Neuroipofisi di ratto: i granuli di neurosecreto, com­
V v presi in piccole vescicole situate in un assone di una fibra ner­
* -'V■f-is*- ,■- .? v.-. sv ■/■'V* vosa dei tratto ipotalamo-ipofisario, si trovano in stretto contat­
$ •? ^ .\ to con la parete di un vaso capillare. Microfoto elettronica
(22000 X) da Bloom-Fawcett, Trattato di istologia, Piccin Ed.
-.j_. * ■ " +**.j 't. '"k»
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^v re la parte del tuber cinereum prossima al pedunco­
,.x., *- >X lo ipofisario.
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dalle arterie ipofisarie superiori ed inferiori che
’■A ì'TÌ*
^..s« * ‘V-i ■ *' *■> * irrorano la sua capsula e il parenchima immediata­
»V. È.' * O , ’fr* mente subcapsulare.
Fig. 5 - Neuroipofisi umana: il neurosecreto, trasferito dall'ipo- I neuroni secretori dei raggruppamenti di ele­
talamo alla neuroipofisi lungo gli assoni dei neuroni secretori si menti parvicellulari (nuclei ed aree) secernono, per
riconosce, nel contesto della densa rete neurofibrillare della controllo di centri nervosi superiori e del sistema
neuroipofisi, in forma di granuli minuti, coiorati in blu dalla limbico in particolare e mediante molecole di neu­
colorazione con acido perrormico-alcian blu. (100 X). rotrasmissione, i neurormoni -RH- (Fig. 1), sostan­
ze di natura proteica, che regolano la funzione delle
cellule dell'ipofisi anteriore e quindi, indirettamen­
l'acqua da parte del rene; invece, in concentrazione te, del sistema endocrino nel suo complesso.
elevata induce vasocostrizione (vasopressina). I neurormoni -RHs- sintetizzati sono:
L’ossitocina interviene nella contrazione dell'ute­
ro gravido all'atto del parto e, all'atto dell'allatta­ @ IRH (Thyreotropin Releasing Mormone), tri-
mento, per la contrazione dei dotti delle ghiandole peptide, che induce rilascio di TSH e di PRL
mammarie: viene così favorita l'emissione di latte a dalle cellule ipofisarie deputate alla loro produ­
seguito degli stimoli sensitivi esercitati sul capezzo­ zione (cellule basofile per il TSH, acidofile per la
lo dalla suzione (collegamenti sensitivo-cortico-ipo- PRL);
talamici). © GnRH (Gonadotropin Releasing Hormone), deca-
peptide, che induce la secrezione ipofisaria di LH
A sse ipotalam o-adenoipofisi ed FSH da parte di cellule ipofisarie basofile;
® SRIli (Somatotropin Release Inhibiting Hormo­
Ha soprattutto connessioni vascolari rappresen­ ne), tetra-deca-peptide, diffuso in distretti cere­
tate dalla rete vascolare del circolo portale ipofisa­ brali diversi che inibisce il rilascio di GH (ormo­
rio, che circonda il peduncolo ipofisario, provenen­ ne somatotropo) da parte delle cellule acidofile
do dalla rete capillare ipotalamica del distretto dell'ipofisi ed anche di TSH dalle basofile;
tuberale (eminenza mediana, pavimento del 3° ven­ ® CRI I (Corticotropin Releasing Hormone), peptide
tricolo). Da questa particolare rete vascolare porta­ composto da 41 aminoacidi, presente nell'adenoi-
le derivano i capillari (sinusoidi) che irrorano i cor­ pofisi ed anche in altri distretti cerebrali, nonché
doni cellulari dell'adenoipofisi. Questa è, anche, la nelle cellule immuno-competenti: induce il rila­
via ematica che trasporta i neurormoni rilasciati scio di ACTH dalle cellule ipofisarie amfofile
dagli assoni dei neuroni secretori a livello dell'emi­ (legano sia coloranti acidi che basici): quest'ultimo
nenza mediana EM (aree e nuclei del 2°, 3° e 4° regola, per controllo ipotalamico, la secrezione dei
gruppo). EM è il termine convenzionale per indica- glicocorticoidi surrenalici (Fig. 7);
Cenni di fisiologia ® 637
comunque rilevante per esigenze pratiche, tanto
CENTRI NERVOSI diagnostiche quanto terapeutiche. Valga l'esempio
i
SUPERIORI della bromocriptina, agonista dei recettori della
prolattina e per questo efficace nel trattamento
iii 1 SISTEMA LIMBICO | delle iperprolattinemie, inclusa quella causata da
i adenomi ipofisari secementi PRL.
ii
tii istamina
Il controllo della secrezione ipotalamica sembra
aceticolina essere in parte autonomo ed in buona parte media­
serotonina adrenalina- to da afferenze provenienti dal sistema limbico, dal
dopamina
GABA noradrenalina talamo e dal tronco cerebrale, ma sopratutto dai
IPOTALAMO meccanismi di feed-back negativo. Questo mecca­
nismo consiste nella contro-regolazione negativa
che gli stessi ormoni prodotti esercitano, sia diretta-
mente che in via indiretta, sulla attività funzionale
delle cellule neuroendocrine dell'ipotalamo e su
quelle ipofisarie che li producono per versarli nel
circolo sanguigno. L'effetto è un'azione inibitoria
sulla produzione tanto dello specifico RH che della
r IPOFISI b - -jlV
corrispondente tropina adeno-ipofisaria. L'effetto
PIF della dopamina è utilizzato oggi anche per la
lll terapia degli adenomi ipofisari, nonché di altri
POMC l tumori endocrini come quelli insulo-pancreatici e
[ ] l dei carcinoidi che secernano PRL.
li
l Altri peptidi e molecole biologicamente attive,
1l con effetti differenziati, nel controllo delle funzioni
l dell'adenoipofisi, sono:
l
l
ll © il polipeptide intestinale vasoattivo (VIP),
0. lil riscontrato nell'ipotalamo, che stimola il rilascio
SURRENE ll di PRL con funzione quindi di PRL-RH;
CORTICALE ® la galanina, riscontrabile nell'ipotalamo e nell'i­
ll
1 pofisi oltre che nell'intestino, che regola la secre­
t zione di GH e PRL;
** • altri peptidi intestinali si trovano nell'ipotalamo
STEROiDI GLICOATTIVi, (colecistochinina, gastrina, polipeptide pan­
Fig. 7 - Eventi che regolano la secrezione di glicocortlcoidi. creatico, sostanza P) le cui azioni sul sistema
Acronimi: GABA = acido gamma-idrossi-amino-Dutirrico; CRH ipotalamo-ipofisi non sono state ancora defini­
= corticotropin relasing hormone; POMC = proopio melano te; ad alcuni viene riconosciuta un'azione di
cortina; ACTH = ormone cortìcotropo; linea continua: stimolo; stimolo per l'accrescimento e la progressione
Sinea tratteggiata: inibizione.
degli adenomi ipofisari, agendo come fattori di
crescita.
® GHRH (Growth Hormone Releasing Hormone) La funzione di ogni singolo neurone ipotalami-
o somatoliberina, peptide composto da 44 ami­ co secretare è governata dalla somma di segnali
noacidi, che induce liberazione di ormone della plurimi e contrastanti, di stimolo e di inibizione,
crescita (GH) o somatotropo da parte delle cellu­ che pervengono all'ipotalamo lungo vie differenti:
le acidofile dell'ipofisi. vie nervose (con la mediazione delle bioamine dei
Le cellule nervose ipotalamiche secernono centri nervosi sovraipotalamici neurotrasmettitori):
anche alcune amine: vie umorali mediante gli ormoni periferici che con­
trollano l'attività endocrina dei neuroni secretori
• la dopamina che oltre ad essere un neurotra­ esercitando su questi una funzione di contro-rego­
smettitore, esplica anche azione inibitrice sulla lazione negativa.
secrezione e rilascio della prolattina da parte di Le attività esplicate dai centri nervosi superiori
cellule acidofile dell'ipofisi (PIF: Prolactin Inhi­ è composita e complessa: ad es. le risposte del siste­
biting Factor); ma endocrino agli stress, sopratutto psichici, pren­
• r adrenalina, la noradrenalina, e la serotonina dono origine dalla corteccia cerebrale per venire
(si veda: Asse Ipotalamo-Sistema Simpatico- integrate dai neuroni del sistema limbico (amigda­
Midollare Surrenale).
la ed ippocampo) che organizzano il complesso
Il perfezionamento delle conoscenze, non anco­ degli adeguamenti neuro-umorali necessari per il
ra completo, sui neurormord e sulle loro funzioni, è mantenimento dell'omeostasi.
638 s Ipotalamo e regione sovraseilare
A sse ¡potalamo-sistema simpatico formano complessi che governano la differenzia­
zione funzionale specifica di ogni citotipo, la mor-
e midollare surrenale (AISS-MS)
fogenesi e l'entità del ricambio cellulare (prolifera­
È il sistema che attua le risposte immediate, pre­ zione). Un esempio, per tutti, sta nelle modificazio­
valentemente nervose, ma anche umorali, con libe­ ni deirattività proliferativa, della funzione e della
razione distrettuale ed immissione in circolo di morfologia cui vanno incontro le cellule ipofisarie
adrenalina e noradrenalina (Grafico 7, Cap. 6.4). È acidofile (denominate epsilon), secernenti PRL.
attivato soprattutto da eventi stressanti perchè nei Queste cellule, in corso di gravidanza assumono
vari parenchimi, parametri come: pressione arterio­ ima morfologia molto differente da quella della cel­
sa, attività cardiaca, flusso ematico differenziato, lula epsilon da cui derivano (che giustifica la deno­
attività metaboliche, stato di vigilanza e funzionali­ minazione di cellule età (Fig. 16, Cap. 6.3); mentre
tà polmonare, divengano adeguati alle variazioni la loro iperplasia attua un aumento di massa dell'a­
ambientali ed alle deviazioni o alterazioni dell'o- denoipofisi che corrisponde a circa il doppio del
meostasi, in particolare a quelle causate da stress normale: al proposito si controlli in seguito il capo­
soprattutto acuti o istantanei, psichici o psicosoma­ verso dell'ipofisi gravidica.
tici. Per i dettagli dell'organizzazione delle risposte
di questo sistema, e delle sue funzioni, si veda il
capitolo dedicato allo stress. | Lesioni vascolari
Altre funzioni ipotalamiche sono attuate con Le lesioni vascolari di natura ischemica o emor­
attività di centri aventi funzioni opposte di stimolo ragica, possono occorrere in questa sede in associa­
e di inibizione con le quali l'ipotalamo regola: zione con malattia cerebrovascolare diffusa, in par­
© la sensazione di fame governata dall'area ipota- ticolare con emorragie intracerebrali e subaracnoi-
lamica laterale che stimolata induce iperfagia (e, dee; oppure come conseguenza della rottura di
se distrutta, anoressia); aneurismi delle arterie comunicanti anteriori o
• il senso di sazietà, governato dal nucleo ventro- posteriori. In tutti i quadri di porpora cerebrale e
mediano che, stimolato, produce sazietà-rifiuto nella coagulazione intravasale disseminata (CID)
del cibo; può verificarsi interessamento ipotalamico in forma
• il senso di sete che pertiene al nucleo dorso di piccole emorragie; il danno può essere più seve­
mediano; ro, ma tardivo, nei casi con necrosi ipofisaria da
• la temperatura corporea che attiene all'area parto (Malattia di Sheehan) (Mariuzzi 1953).
dorso mediale per l'ipertermia ed all'area preot­ Di rilievo sono i casi che insorgono in associa­
tica per la dissipazione del calore; zione con aneurismi dei vasi del seno cavernoso o
• Vemotività, controllata dal fornice inferiore che, del circolo di Willis. I primi, per compressione, cau­
stimolato, causa accentuazione fino alla aggres­ sano soprattutto atrofìa dell'adenoipofisi; i secondi
sività. danno compressione del pavimento del terzo ven­
Quest'ultima area, insieme con i nuclei ipotala- tricolo. Emorragie e infarti possono conseguire
mici ventromediani e dorsolaterali, partecipa alla direttamente a traumi cranici gravi, talvolta asso­
ciati a fratture della base cranica, anche con rottura
reazione di difesa indotta da stress. Sono funzioni
o interruzione del peduncolo ipofisario.
ipotalamiche attivate da stimoli nervosi vegetativi;
tuttavia essendo coinvolte nelle risposte allo stress Lesioni infartuali possono dipendere dall'au­
sono connesse anche con risposte umorali, surrena- mento della pressione endocranica oppure essere
generate dalla disseminazione di emboli settici o
liche in particolare (secrezione di adrenalina e di
corticosteroidi). per embolie adipose dopo fratture delle ossa lun­
I messaggi chimici emessi dai neuroni ipotalami-ghe ma sopratutto nella CID. Infine emorragie dif­
ci (peptidi, amine, neurotrasmettitori e molecole cor­ fuse del diencefalo sono reperto tipico della encefa­
relate) si legano a recettori, specifici e distinti per cia­ lopatia di Wernicke (da carenza di vitamina B6 in
scun messaggio, per produrre l'effetto di stimolo o di corso di alcoolismo, ca. gastrico, beri-beri).
inibizione su funzioni delle cellule bersaglio, soprat­
tutto sulle cellule dell'adenoipofisi. Queste infatti, | | Processi infiammatori
come gli altri bersagli endocrini, esprimono in super­
ficie recettori differenti così che ogni cellula opera I processi infiammatori acuti, responsabili di
sotto il controllo di segnali diversi, anche contrastan­ ipopituitarismo ipotalamico, si osservano soprat­
ti. E risultato finale consiste nel fatto che la produzio­ tutto in corso di infezioni virali (poliomielite, coxa-
ne di ogni ormone viene, di norma, adeguata con kiosi, varicella, influenza A, rabbia, herpes simplex)
estrema precisione alle esigenze attuali dell'organi- quando provochino quadri di meningoencefalite.
smo create dalle modificazioni dell'ambiente interno Fra i processi infiammatori cronici vanno ricordati
ed esterno, essendo i meccanismi operanti plurimi e quelli granulomatosi ed in particolare: sifilide,
molto complessi. tubercolosi e sarcoidosi. Con variabile frequenza,
Ulteriori recettori, per altre molecole od ormoni, tutti possono coinvolgere contemporaneamente
Neoplasie & 639

ipotalamo, terzo ventricolo ed ipofisi. Quadri di quente della regione. Ha sviluppo soprasellare in
TBG in sede ipotalamica, di riscontro eccezionale, oltre l'80% dei casi; è di dimensioni variabili da
fanno parte soprattutto della TBC miliare, ma meno di 1 cm a masse anche molto voluminose. È
anche delle forme della TBC postprimaria del siste­ frequente il quadro di neoplasia cistica. Il tumore,
ma nervoso centrale che interessino le meningi di regola bene circoscritto, contiene calcificazioni e
della base (Fig. 8). raccolte di materiale oleoso. Istologicamente è costi­
L'interessamento in corso di istiocitosi X assume tuito da isole di cellule epiteliali squamose delimi­
i caratteri del granuloma di Gagel, lesione granulo- tanti cavità cistiche contenenti ammassi di cherati­
matosa caratterizzata dalla proliferazione di cellule na e cristalli di colesterina. Si distinguono due
di Langerhans, cellule reticolari o istiocitiche, coin­ varianti istologiche (Fig. 9a e 9b):
volte nella cattura di antigeni e nella loro presenta­
zione alle cellule linfatiche (per ulteriori dettagli si • la form a adamantinomatosa, costituita da
veda il capitolo relativo nella sezione dell'anatomia ammassi di cellule stellate delimitate da cellule
patologica generale). La localizzazione ipotalamica disposte 'a palizzata', in foggia tale da richiama­
della sarcoidosi non è affatto frequente e si riscontra re Torgano dello smalto, simile agli ameloblasto-
in soggetti di colore e nelle donne in particolare; mi della mandibola: è quadro caratteristico del­
comunque in circa il 5% dei pazienti con sarcoidosi l'infanzia;
del sistema nervoso centrale. La sede colpita è in • la forma papillare, più rara e propria dell'età
genere la leptomeninge basale, l'infundibolo e il adulta, costituita da epitelio squamoso che si
pavimento del 3 ventricolo. Il quadro clinico è quello dispone a formare pseudopapille.
dell'idrocefalo associato a disturbi visivi, obesità, ipo­ I craniofaringiomi producono, oltre all'effetto
termia, sonnolenza e, soprattutto, diabete insipido. massa, responsabile di cefalea e disturbi visivi,
anche quadri clinici compositi di insufficienza ipota­
lamica (ed ipofisaria). Nell'infanzia comportano fre­
quentemente deficit di GH con quadri di nanismo.
Le neoplasie della regione, più spesso benigne, I gliomi sono le neoplasie che più comunemente
sono tuttavia responsabili di malattie complesse interessano l'ipotalamo (Fig. 10). Insorgono più
per la sede nella quale insorgono: infatti possono spesso dalle vie ottiche e, con discreta frequenza,
interessare tanto l'ipotalamo ed i suoi collegamenti nella prima e seconda decade di vita, talora associa­
con l'ipofisi, quanto Tadenoipofisi e/o la neuroipo­ ti con malattia di Recklinghausen. I gliomi che ori­
fisi distintamente. Fra le forme benigne, i lipomi, ginano dal nervo ottico causano diminuzione o per­
(meno delTl%-dei riscontri diagnostici anatomopa- dita monolaterale della vista, esoftalamo (proptosi)
tologici) possono essere anche malformazioni, com­ monolaterale e talora dolore. Possono essere loca­
poste in gran parte da tessuto adiposo maturo. lizzati all'orbita oppure estendersi al chiasma attra­
Il craniofaringioma costituisce all'xncirca il 5%verso il canale ottico. I gliomi del chiasma, possono
delle neoplasie intracraniche, il 10% di quelle in età essere limitati: più raramente si estendono in alto
pediatrica, età in cui rappresenta il tumore più fre- per interessare l'ipotalamo, il tratto ottico ed anche
il terzo ventricolo. Sovente, il sintomo di esordio è
una emianopsia bitemporale. Le forme che si esten­
dono al 3° ventricolo, o che originano in questa
sede, si associano usualmente ad idrocefalo. Da un
punto di vista morfologico sia i tumori del nervo
ottico che quelli chiasmatici sono per lo più astroci-
tomi pilocitici. Gli astrocitomi anaplastici sono assai
più rari e tendono a interessare la regione del chia­
sma ottico, di solito in soggetti di età avanzata.
NelTipotalamo possono insorgere amartomi
neuronali. Si tratta per lo più di piccole neoforma­
zioni di 1-2 cm di diametro, che si proiettano nello
spazio leptomeningeo, posteriormente al pedunco­
lo ipofisario, connesse, attraverso un peduncolo, al
tuber cinereum e ai corpi mammillari. Tendono a
comprimere, piuttosto che ad infiltrare, le strutture
circostanti. Possono determinare quadri clinici con­
nessi con la produzione accertata di neurormoni
Fig. 8 - Neuroipofisi di donna di 28 anni affetta da tbc cro­ ipotalamici, in particolare di GnRH; la pubertà pre­
nica con segni recenti di diabete insipido ed insufficienza ipo­
fisario : la flogosi granuiomatosa specifica, con cellule gigan­ coceLevera è infatti la discrinia più frequente.
neoplasie maligne sono riscontri eccezionali
ti di Langhans, è visibile nella parte superiore del campo,
mentre la necrosi caseosa prevale nella parte inferiore destra. e si tratta, per lo più, di metastasi a distanza da neo­
(EE. 100 X). plasie maligne di altre sedi.
640 Ipotalamo e regione sovraseìlare

Fig. 9 - a) Bambino di 4 anni con quadro clinico di insufficienza ipofisario caratterizzata, in particolare, da ritardo dell'accresci­
mento scheletrico: quadro clinico causato da cranofaringioma adamantinomatoso incasellare; ¡I tessuto neoplastico è formato da
cordoni e alveoli solidi di cellule epiteliali cornei fica nti; in basso, il parenchima ipofisario compresso è anche infiltrato da flogosi
linfocitica. (EE. 150X). b) Donna di 19 anni con segni clinico-strumentali di massa sovraseìlare: la neoplasia - craniofaringioma papil­
lare-, connessa con i! peduncolo ipofisario, ha struttura pseudopapillare ed è costituita da cellule epiteliali squamose non cornificanti.
(EE. 100 e 250 X).

Fig. 10 - Encefalo - regione ¡pota-


lamica - di ragazzo ìposonnico di
14 anni con epilessia diencefalica
ed insufficienza ipotalamo-ipofisa-
ria: a sinistra si riconosce il nodulo
neoplastico - ganglioglioma -
situato fra il peduncolo ipofisario
ed i! corpo mammillare ai dx. La
neoplasia comprime le strutture cir­
costanti ed in particolare, oltre al
corpo mammillare, i! peduncolo
ipofisario ed ¡1 pavimento dei 3°
ventricolo a). A ax, dettaglio delle
cellule neopiastiche del ganglio-
glioma. {EE. 400 X). b)
Quadri anatomo-clinici di patologia ipotalamo-neuroipofisaria ss 641

d'esordio del processo morboso. Le resezioni chi­


| Quadri anafomo-dinici rurgiche, per qualsiasi causa effettuate in questa
di patologia ipotalamo- sede, sono esse pure causa relativamente frequente
neuroipofisaria di danni anatomici e funzionali del sistema.
Le manifestazioni cliniche delle malattie ipotala- © Sindromi ipotalamiche non endocrine. Sono
miche sono molteplici e complesse, generate da complessi sintomatologici clinici dovuti alle
meccanismi patogenetici differenti. diverse patologie che interessano-l'ipotalamo.
Per esigenze pratiche si possono distinguere: Spesso sono sostenuti dalla estrinsecazione
soprasellare di neoplasie intrasellari primitive o
• sindromi ipotalamiche non endocrine; secondarie. Caratterizzati da disturbi della rego­
© sindromi causate dall'effetto massa ad opera di lazione della temperatura corporea - iper o ipo­
adenomi ipofisari non secementi o di altre neo­ termia - talora con comparsa di "febbre di origi­
plasie anche metastatiche. ne sconosciuta", hanno in comune altri sintomi
L'organizzazione proposta è senz'altro troppo che consistono in disturbi dell'appetito, dell'as-
schematica, se si considerano i rapporti anatomici e sunzione di acqua e nelle turbe del comporta­
funzionali che collegano l'ipotalamo con l'ipofisi mento.
posteriore (neuroipofisi) e con l'adenoipofisi. Tutta­ © Sindrome deiradenoma ipofisario (o di altra
via lo .schema vuole richiamare soprattutto alcune massa della sede) - effetto massa È connessa
situazioni maggiori per le quali è riconoscibile la con l'estensione sopra e parasellare di un adeno­
preminenza del danno, almeno iniziale, in una delle ma ipofisario e dal secondario effetto massa. L'a~
strutture la cui patologia è stata descritta in para­ denoma, in genere endocrinologicamente silen­
grafi distinti. È peraltro certa la probabilità, nella te, quando comprometta il parenchima ipofisa­
clinica, di sovrapposizioni di sintomi e di quadri rio normale, comprimendolo o sostituendolo,
clinici compositi: ad esempio quando una massa può ingenerare:
neoplastica od un processo flogistico coinvolga, - panipopituitarismo che può essere completo
soprattutto nella sua progressione, anche tutte le o parziale; la forma completa che insorga
strutture di cui si tratta. Nella pratica clinica è dopo la pubertà (sindrome di Simmonds) si
comunque mandatoria la identificazione dei sinto­ manifesta con segni indiretti di insufficienza
mi di esordio e del loro significato, quindi delle ipofisaria;
lesioni iniziali che sole possono consentire di for­ - ipotiroidismo con il quadro del mixedema;
mulare programmi terapeutici efficaci con possibili - iposurrenalismo caratterizzato da ipotensio­
risultati soddisfacenti. ne ortostatica, astenia marcata, lipotimie e
Sindromi di insufficienza ipofisaria derivano manifestazioni ipoglicemiche, in assenza di
dalla compromissione della produzione di uno o pigmentazione cutanea;
più ormoni dell'ipofisi anteriore: la compromissio­ - insufficienza gonadica che, nella donna, si
ne globale si definisce panipopituitarismo. Il danno manifesta con amenorrea associata a perdita
causale può essere genetico ma più spesso è acqui­ della libido e, nell'uomo, con impotenza;
sito e secondario a quadri di patologia ipotalamica, - possibile anche la regressione postpuberale
come sono le patologie vascolari, i processi flogisti­ dei caratteri sessuali secondari in entrambi i
ci o neoplastici dell'ipotalamo. Comunque patolo­ sessi.
gie che compromettano: la secrezione di fattori di
rilascio (RH); le vie di trasporto di questi neuror- Sono quadri dovuti all'atrofia ed ipofunzione di
moni; oppure il parenchima dell'ipofisi ghiandola­ tutte le ghiandole endocrine dipendenti dal control­
re tale da sopprimere alcune, o anche tutte, le sue lo ipofisario compromesso; quadri commisurati
funzioni. all'entità del danno attuale causato dall'adenoma.
I nuclei magnocellulari (SO e PV), i fasci compo­ Gli adenomi ipofisari ad espansione extrasella-
sti dalle loro fibre nervose, il peduncolo e la neuroi­ re possono esprimersi anche con i soli segni di
pofisi costituiscono una unità funzionale, stretta- compressione esercitata dal tumore sulle strutture
mente correlata. Ogni lesione che interessi una di circostanti e, in particolare, con disturbi visivi,
queste strutture comporta danni anatomici e risen­ cefalea, aumento della pressione endocranica e
timenti funzionali di altre formazioni così che, in un deficit di nervi cranici, in particolare del III, IV, e VI
tempo limitato, tutto il complesso (neuroni secreto­ paio.
ri, assoni di trasporto alla neuro ed all'adenoipofisi
nonché alle ghiandole periferiche) risulta global­ Quadri di insufficienza
mente compromesso. Le lesioni organiche di più di singole funzioni ipotalamiche
frequente riscontro sono i processi granulomatosi
(sarcoidosi soprattutto), i tumori della regione e del • Insufficienza di G H R H : è causa precoce, in
sistema nervoso, lesioni per le quali il successo tera­ circa il 50% dei casi prepuberali, di deficit di GH
peutico dipende dalla precocità della diagnosi che a - nanismo È da tenere sempre presente che le
sua volta dipende dal rilievo/valutazione dei segni diverse patologie ipotalamiche sostituenti, o
642 ipotalamo e regione sovrasellare
destruenti (neoplasie, eventi vascolari, atti chi­ tratti che comportino produzione esaltata/
rurgici), compromettono, in genere al loro esor­ eccessiva di oppioidi endogeni. Sono forme
dio, nell'ipofisi soprattutto la secrezione di controllabili con somministrazione di farmaci
GHRH. Le forme "idiopatiche" - per supponibi­ bloccanti i recettori per gli oppioidi. Comun­
li o dimostrate alterazioni molecolari genetiche - que l'esercizio fisico e gli stress protratti/
si manifestano, precocemente, con quadri anato- intensi causano deviazioni funzionali ipotala-
mo clinici di accrescimento corporeo ritardato o mo-ipofisarie che inducono inattivazione fun­
rallentato. Quando riconoscibili, o riconosciute, zionale temporanea delle cellule secernenti
queste insufficienze risultano collegate con ipo- GnRH (si veda stress).
cellularità di neuroni GHRH. Questi risultano • Deficit di PIF (dopamina): può insorgere per
ipotrofici, o anche atrofici, poveri di granuli spe­ patologie diverse della regione ipotalamo-ipofi-
cifici, evidenziabili con anticorpi anti GHRH. saria. In genere si tratta:
Sono lesioni neuronali recuperabili con la som­ - di interruzione del peduncolo ipofisario per
ministrazione esogena di GHRH. Le forme traumi o atti chirurgici;
secondarie, più frequenti dipendono: - di compressione dello stesso ad opera di
- nell'infanzia, soprattutto da neoplasie macroadenomi ipofisari non secernenti pro­
distrettuali primitive non secernenti che lattina ad estensione sovrasellare;
comprimano o sostituiscano l'ipotalamo ed il - di processi granulomatosi (sarcoidosi in par­
peduncolo ipofisario (più frequentemente ticolare), craniofaringiomi e tumori nervosi
craniofaringiomi); della sede.
- nei giovani o adulti da meningiti croniche La compromissione o soppressione della
basali, da idrocefalo, da malattie granulo- secrezione di PIF (dopamina) causa iperprolatti-
matose, da amartomi regionali e, in partico­ nemia (Fig. 11)- Il quadro clinico nella donna
lare, da tumori germinali primitivi della comprende: oligomenorrea, amenorrea, infertili­
regione. tà, iperplasia mammaria con galattorrea; nei
Insufficienza di GnRH: il quadro anatomòclini- maschi: impotenza, riduzione della libido ed
co, dipendente da compromissione di strutture e infertilità con iperprolattinemia, a volte galattor­
funzioni dell'asse ipotalamo-gonadi è l'ipogona- rea. La sindrome da iperprolattinemia caratteriz­
dismo ipogonadotropo di cui si riconoscono za una serie di patologie molto diverse per origi­
forme idiopatiche e forme secondarie. Il difetto ne e natura. Per i caratteri di ogni singolo quadro
primitivo di secrezione di GnRH, isolato o asso­
ciato con altri deficit, include quadri di ipogona-
dismo ipogonadotropo, la sindrome di Kallman
(con associata ipoosmia) e la sindrome dell'eu­ S ISTEM A
nucoidismo fertile. Il trattamento di queste LIM B I CO
forme primitive (idiopatiche) si avvale della
somministrazione di GnRH. PRL DOPAMINA
RF PIF
Le forme secondarie, dipendenti da lesioni limi­
tate all'ipotalamo, vedono soprattutto compro­
messa la pubertà con secondaria atrofia gonadi- IPOTALAMO
ca e con sindromi differenziate a seconda del
sesso. Nelle femmine (amenorrea, atrofia mam­ PRL TSH GnRH
maria, osteoporosi precoce, sviluppo eunucoide RH RH GHRH
dell'apparato pilifero) e nei maschi (criptorchi-
dismo, atrofia testicolare, abito eunucoide, s
osteoporosi). Questi quadri clinici possono com­ i
I
prendere l'associazione di obesità, verosimil­ t
mente dovuta alla contiguità dei centri ipotala- SUZIONE ESTROGENI!
mici che controllano il metabolismo ed il senso IPOFISI E
STRESS
della fame. PRL
Lesioni ipotalamiche secondarie più estese, che
coinvolgano anche l'infundibolo ed il pedunco­
lo ipofisario (sarcoidosi, neoplasie infiltranti la
regione, flogosi croniche), comportano l'associa­ MAMMELLA
zione con diabete insipido. IPERPLASIA
Con frequenza significativa incide, infine, l'a­ SECREZIONE
menorrea ipotalamica, definita funzionale per
l'assenza di danni organici: dipende da insul­
ti psichici, da esercizio fisico protratto ed Fig. 11 - Controllo delia secrezione di prolattina (PRL). Linea
intenso, in genere da stress intensi e/o pro­ continua = stimolo; linea tratteggiata = inibizione.
Quadri anatomo-clinici di patologia ipotalamo-neuroipofisaria s ó43

si rimanda ai capitoli dedicati. Sono soprattutto L'ipotalamo, in particolare, nella cultura e nella
eventi di patologia organica, essendo anche pos­ prassi anatomopatologica corrente - in verità poco
sibili, e segnalati, quadri di origine "funzionale". attiva nello studio anatomico e soprattutto anatomo-
Vanno in particolare richiamate alcune forme che patologico deirencefalo (forse per necessità ma
sono raccolte nella tabella 1. anche per adeguamento passivo) - non ha conosciu­
to i progressi di conoscenza che altri organi, anche
Quadri anatom o-clinici per deficit endocrini, hanno accumulato. I progressi considere­
complessi di funzioni dei sistema voli nelle tecniche di indagine morfochimica, di
immunocitochimica, di biologia molecolare e di
ipotalamo-neuroipofisi genetica, hanno reso disponibili metodi d'indagine
Pur essendo numerose le acquisizioni recenti di di grande sensibilità, senz'altro validi per ulteriori
conoscenze, relative a questo sistema, è tuttavia rilevanti apporti di conoscenza (almeno per i casi in
rilevante quanto ancora incompletamente definito, cui il coinvolgimento del sistema, dimostrato o pos­
soprattutto in termini di: sibile, sia emerso dal decorso clinico e dalle indagini
• alterazioni genetiche degli ormoni prodotti; espedite): nonostante questi rilevanti apporti, gli
@ conoscenze delle funzioni di alcuni centri (nuclei) o studi sistematici sono ancora troppo scarsi. Anche
aree funzionali e delle correlazioni che li integrano; per l'invadenza della patologia neoplastica, senz'al­
tro meglio finanziata. Eppure il complesso ipotala-
• adeguamenti espressi, in termini di equivalenti mo-ipofisi rappresenta, nell'economia dell'organi­
microscopici delle variazioni funzionali e dei smo, un centro motore di grande rilievo, e non solo
quadri morfologici e citochimici corrispondenti; per le funzioni endocrine. La localizzazione dei siti
© del ruolo attuale di molti dei vari ormoni intesti­ di sintesi, e le variazioni nella secrezione degli ormo­
nali identificati ed attivi su questo sistema. ni ipotalamici, valutabili con indagini ben collaudate
e relativamente semplici, rende oggi possibile:
Tutto questo, ed altro, non consentono ancora
una trattazione compiuta delle condizioni e dei • lo studio e la localizzazione dei danni, siano essi
quadri anatomopatologici di insufficienza oppure primitivi, cioè dipendenti dalle cellule nervose
di esaltata attivazione del sistema AIIS o di sue secernenti ormoni, oppure secondari;
parti. • il riconoscimento delle cause molecolari, per
difetti genetici, nella sintesi di ormoni, di recet­
tori o di fattori di trascrizione (forme altrimenti
ftg R ® I Cause di iperprolattinemia definite come idiopatiche);
• la ricerca accurata delle variazioni di equilibrio,
Compromissione de! peduncolo ipofisario ormonale ed omeostatico, causate da neoplasie
primitive secernenti;
Neoplasie delia regione sovrasellare e dell'ipotaiamo • lo studio delle conseguenze dovute a neoplasie
Procèssi granulomatosi, compresa l'ipofisite linfocita ria metastatiche o a processi infiammatori, a patologie
granulomatose od eventi di patologia vascolare.
Cisti deila tasca di Ratfce, cisti aracnoidee
Va anche tenuto presente che in non pochi casi
Sella turcica vuota di patologia ipotalamica sono disponibili i risultati
Terapie radianti o chirurgiche della regione sovraseilare- di indagini morfologiche strumentali, molto accu­
ipotalamo ' ■ rate, espedite in vita, anche in modo seriale (come
la risonanza magnetica).
Traumi cranici, fratture della base, cori discontinuazione Le conoscenze ancora limitate comportano, in
del peduncolo genere, diagnosi tardive giustificate in parte dalla
Tumori ipofisari secernenti prolattina difficoltà di riconoscere lesioni iniziali, soprattutto se
monolaterali (spesso silenti per compensi attuati dai
Malattie sistemiche come insufficienza renale, cirrosi'tepa- distretti controlaterali ancora non compromessi). Le
tica, epilessia,ipotiroidismo primario, ovaio policistico lesioni espansive dell'ipotaiamo anteriore (tumorali
in particolare) oltre a compromettere il chiasma otti­
Stress fisici, psico-emozionali, interventi chirùrgici, gravi co o i nervi ottici, con emianopsia bilaterale, causano
traumi ^ v .: v anche ipogonadismo, quando danneggino la secre­
zione o il trasporto di GnRH (nuclei preottici), non­
Forme iatrogeniche: farmaci bloccanti !a dopamina, ormo­ ché ipertermia con obesità o cachessia grave.
ni estrogeni, antìandrogeni, contraccettivi, oppiacei, vera­ Le lesioni, anche se limitate, dell'infundibolo, al
pamil, cimetidina e ranetìdina, resei pina, butirrofenòni, di sopra del peduncolo ipofisario, causano quadri o
metoclopramide sindromi di interruzione delle correlazioni fra ipo­
Condizioni fisiologiche come gravidanza, a!lattamento, talamo ed ipofisi con diabete insipido (D.I.) ed
sonno, stimoli alla parete toracica insufficienza adenoipofisaria anche associata ad
iperprolattinemia.
644 s Ipotalamo e regione sovraseìlare
Le lesioni dell'ipotalamo intermedio compro­ forme la meglio conosciuta è il DI ereditario, per
mettono la produzione di neurormoni dei nuclei trasmissione autosomica dominante, dipendente
tuberali; tuttavia, esse n d o in genere riconosciute da mutazioni del gene AVP neurofisina H: il
quando sono già estese, il danno può essere tale da danno genetico comporta atrofia o scomparsa dei
causare anche D.I. con ipogonadismo. neuroni secementi dai nuclei magno-cellulari e
Lesioni, soprattutto neoplastiche, dell7ipotalamo conseguente gliosi reattiva. Quando il deficit di
posteriore, nel distretto compreso fra il peduncolo ADH è soltanto parziale la sindrome clinica può
ed i corpi mamillari, si possono manifestare con essere molto sfumata.
quadri di pubertà precoce associati ad ipertermia. • Sindrome di Froelich: è un quadro clinico di obe­
Sul piano funzionale sono stati isolati, ma anche sità per iperfagia associata ad ipogonadismo; è
soltanto supposti, quadri discrinici legati ad ineffi­ dovuta a neoplasie delTipotalamo le quali posso­
cacia dei recettori, non solo di recettori delle cellule no compromettere diverse funzioni ipotalamiche
ipofisarie per gli specifici RH - con quadri dell'in- compresa la regolazione del senso di fame, che
sufficienza relativa - ma anche di recettori per gli aumenta; nonché la secrezione, in difetto, di
ormoni attivi nella controregolazione negativa GnRH (ipogonadismo).
(feed-back negativo); condizione quest'ultima ® Sindrome di Prader-Willi: si manifesta compiu­
responsabile di forme di ipersecrezione continua e tamente, in età adulta, con ipogonadismo ipogo­
non controllabile. nadotropo, iperfagia, obesità, ipotonia muscola­
A questi meccanismi possono essere ricondotte re cronica, ritardo mentale e diabete mellito,
alcune delle forme definite "idiopatiche" tanto di oltre a difetti somatici plurimi. È connessa con
insufficienza che di iperfunzione di singole ghian­ delezione cromosomica in 15 q che causa defi­
dole endocrine, ad es. di nanismo o di gigantismo. cienze ipotalamiche multiple endocrine: deficit
Va anche considerato il fatto che Tipotalamo di ossitocina, di ADH-vasopressina, e di GnRH;
comprende aree, aggregati neuronali, che presie­ quest'ultimo difetto, quando corretto con som­
dono a funzioni non strettamente endocrine, come ministrazione di GnRH, recupera la secrezione
la regolazione della temperatura o la massa corpo­ ipofisaria di FSH/LH.
rea. Tuttavia, anche per le anormalità di queste
funzioni è significativa la partecipazione di attivi­
tà squisitamente endocrine, come dimostrano sia Couse di diabete insipido li
Tattivazione della midollare surrenale, almeno
nelle reazioni emozionali, o le risposte allo stress
che sempre coinvolgono tanto i centri neurovege­ Forme primitive: •
tativi che il sistema endocrino nel suo complesso. Forme genetiche: D.I. autosomico dominante, autosomico
Deficienze ipotalamiche composite caratterizzano ; recessivo, legato al sesso (recessivo), da delezione del
ancora altre sindromi cliniche (S. di Lawrence Moon cromosoma X.
Bordet Biedl, S. di Froelich e S. di Prader WiUi) (si Forme secondarie:
veda oltre). Ulteriori funzioni, controllate con
meccanismi di stimolo ed antagonismo reciproci, ® Traumi cranici, più spesso fratture delia base cranica,
riguardano la pressione sanguigna, l'attività con interruzione del peduncolo ipofisario;
muscolare, la frequenza cardiaca e le attività che ® processi infettivi batterici (meningiti, soprattutto croni­
segnano i ritmi circadiani. che), virali (encefaliti), toxoplasmosi;
® La compromissione di secrezione, trasporto o ® processi granulomatosi (sarcoidosi, TBC);
liberazione di ADH si manifesta con il quadro © : flogosi croniche autoimmuni (infuridibulo neuroipofi-
clinico del diabete insipido (DI) caratterizzato site linfocitaria);
da marcata poliuria (5-20 litri di urina nelle 24 ® metastasi di neoplasie, bronchiali e mammarie in
ore) e polidipsia. La malattia è sostenuta in par­ particolare;
ticolare da lesioni distruttive delTipotalamo e/o © forme nefrogeniche; :
della neuroipofisi. L'eventuale compromissione ® lesioni vascolari (sindrome di Sheehan, CID, aneuri­
dell'adenoipofisi comporta segni aggiuntivi di smi della carotide interna in particolare, by-pass
insufficienza adenoipofisaria (si veda oltre). Le aorto-coronarico) responsabili di danni ischemia
lesioni destruenti Tipotalamo sono rappresenta­ della regione;
te, in ordine di frequenza, da: neoplasie primiti­ ® alterazioni di cellule nervose del sistema, dipendenti
ve della regione, da agenesie o da difetti geneti­ da ipoosmolarità legata alla iponatremia.
ci, da traumi cranici con danni al peduncolo ipo­
fisario, da lesioni vascolari (ischemie cerebrali, Forme idiopatiche ancora non definite:
emorragie) (Tab. 2). e Gravidanza (catabolismo placentare di AVP - ADH).
Le forme di DI dovute a cause genetiche dipendo­ • Forme neurogeniche (per agenesie, patologie
no da mutazioni dei geni coinvolti nella sintesi destruenti strutture nervose, neoplasie primitive o
dell'ormone, dei suoi recettori e degli enzimi coin­ secondarie).
volti nei meccanismi della sua azione. Fra queste
Q u a d ri anatom o-clinici d i pa tolo gia ipotalam o-neuroipo fi saria ® 645

Sinossi delle insufficienze ipotaìamiche per deficit di secrezione di neurormoni ipotahmici (RH)

Difetto ormonale Cause identificate Quadri anafomdciinici

GH-RH (nanismo ipotalamico) Acquisite:


- Patologie vascolari. Nanismo nelle forme ad insorgenza
Neoplasie primitive non secernenti precoce. Possibili segni associati come
dell'ipotaiamo e paraseilari coin­ deficit visivi, obesità.
volgenti i! peduncolo ipofisario.
- Neoplasie secondarie.
- Flogosi croniche.
Processi granulomatosi.
Genetiche:
- Forma autosomica recessiva con Nanismo ipotalamico prepuberale
deficit di produzione di GHRH
- Sintesi di GHRH abnorme (genetica?) Nanismo ipotalamico prepuberale
- Mutazioni gene OAX- 1 Nanismo ipotalamico prepuberale
- Forme idiopatiche (cause ancora Nanismo ipotalamico prepuberale
non identificate)
GnRH (ipogonadismo Ipotalamico) Acquisite: per le patologie già citate a Nelle donne: amenorrea, oligomenor-
proposito del deficit GHRH, quando rea, sterilità, atrofia delle mammelle.
compromettano le aree ipotalamiche di Nei maschi: compromissione caratteri
secrezione GnRH: soprattutto l'area sessuali secondari, infertilità, atrofia
preottica. muscolare, osteoporosi;
obesità nei due sessi.
Stress: anoressia nervosa, inanizione, Ipogonadismo ipogonadotropo per
cachessia, iperattività fisica. deficit di GnRH. Amenorrea funzionale
ipotalamica nella donna.
Genetiche: sindrome di Kallmann, Ipogonadismo ipotalamico associato
forma dominante legata al cromosoma ad anosmia (displasia olfatto genitale);
X, con penetranza incompleta (X p danno ipotalamico; ipoplasia nuclei
22.3}; forma autosomica recessiva e tuberai! laterali e conseguente riduzio­
forma autosomica dominante ne delie cellule gonadotrope ipofisarie.
Forme idiopatiche ipoqonadismo ipotaiamico
ipogonadotropo

• Sindrome di Kallmann: è quadro dominato da I quadri di insufficienza ipotalamica da deficit


difetto di secrezione di GnRH per anormalità del di secrezione di neurormoni sono riassunti nelle
gene KAL (cromosoma Xp 22.3) che compromette tabelle 3 e 4.
la migrazione, dei neuroni secernenti GnRH, dal
placoide olfattorio alla sede ipotalamica normale Q uadri anatomo-clinici causati
cioè i nuclei parvicellulari dell'area preottica. La
compromissione della secrezione di GnRH non da ipersecrezione di neurormoni
consente la pubertà causando grave ipogonadi- Sono forme sostenute da ipersecrezione primiti­
smo nei due sessi per deficit di FSH/LH e di ste­ va di neurormoni ipotalamici.
roidi sessuali. Il quadro può essere associato a
sintomi non endocrini come anosmia per agene- • La ipersecrezione di ADH (o AVP: Adiuretina-
sia del bulbo olfattivo, cecità per i colori, atrofia Vasopressind), o la sua secrezione inappropriata
ottica, sordità neurologica, criptorchidismo. viene definita SIADH (Sindrome o f Inappro­
® Sindrome di Lawrence-Moon-Bordet-Biedl: priate Antidiuretic Hormone Secretion) e rico­
quadro clinico di raro riscontro, a trasmissione nosce le cause riassunte nella tabella 5. Può esse­
autosomica recessiva, caratterizzata da varie mal- re sostenuta anche dalla produzione ectopica di
formazioni, da diabete insipido centrale, da defi­ ADH da parte di neoplasie extracerebrali (carci­
cit di GnRH (nel 75% nei maschi e nel 50% nelle nomi polmonari, duodenali, pancreatici, delle
femmine) e da degenerazione retinica che condu­ vie urinarie, ovarici, carcinoidi, mesoteliomi,
ce a cecità prima del trentesimo anno di vita. timomi, gangliocitomi, sarcoma di Ewing).
646 Ipotalamo e regione sovraseìlare
Sinossi delle insufficenze ipotalamiche per i| deficit di neuroormoni ipótalamici (RH) (continua)

Difetto ormonale Cause identificate Quadri ànatornoclinici ;

CRH, insufficienza ipotalamica con ipo- - Patologie primitive o secondarie Quadro clinico complesso per iposurre-
surrenaltsmo deli'ipotalamo che compromettano nalismo(astenia, anoressia, nausea,
la secrezione di CRH: quadri com­ ipogiicemia); in assenza di pigmenta­
piessi da insufficiente produzione zione cutanea per mancata produzione
anche di altri RH per neoplasie, di ACTH (POMC).
processi granulomatosi; comunque
lesioni con effetto massa. Interventi
chirurgici per asportazione di lesio­
ni seTfart con interruzione del
peduncolo ipofisario. /
- Forme iatrogenetiche per sommini­
strazione di glicocorticoidi che, per
controregolazione negativa, soppri­
mono la produzione di CRH, di
ACTH e di cortisolo.
DOPAMINA o P1F (iperprolaftinemia Compromissione di produzione o tra­ Nelle donne: amenorrea con galattor-
ipotalamica} sporto di dopamina (P1F) con iperpro­ rea e infertilità.
iattinemia per lesioni anatomiche deil'i- Nel maschio: ridotta libido, impotenza
potaiamo e della regione sovraseìlare. ed infertilità..-/v
Fattori causali sono: neoplasie primitive Inoltre sintomi di massa quando la
o secondarie, flogosi granulomatose, lesione raggiunga un volume sufficien­
processi espansivi della regione sovra- te. .
sellare che comprimano il peduncolo,
interruzione traumatica dello stesso.

TSH-RH (Ipotiroidismo ipotalamico o Patologie dell'ipotalamo o del pedun­ Il quadro clinico dell'ipotiroidismo ter­
ipotiroidismo terziario) colo ipofisario, già richiamate,quando ziario non differisce dalle forme prima­
compromettano la produzione o il tra­ rie (tiroidee) o secondarie (ipofisa rie).
sporto del TSH-RH lungo il peduncolo.
In genere si accompagna ad altri defi­
cit ipótalamici.
Deficit di diversi neurormoni Le cause già menzionate quando pro­ Quadri clinici di panipopituitarismo
ipótalamici (RH). (insufficienza ducano danni estesi
ipotalamica globale)

Il quadro clinico della SIADH è dominato dalla Più frequenti sono i casi di ipersecrezione di
iponatremia che comporta soprattutto anoressia e neurormoni dovuti a patologie neoplastiche, non
disturbi nervosi fino alla paralisi pseudobulbare ed ipotalamo-ipofisarie, con secrezione inappropriata
al coma: eventi questi che sembrano dipendere dal (ectopica) di neurormoni che producono effetti ana­
rigonfiamento di neuroni dovuto alla ridotta osmo- loghi a quelli evocati dagli RH ipótalamici. La pro­
larità legata airiponatremia. L'eccessiva produzio­ duzione di neurormoni è stata immunocitochimica-
ne di ADH comporta ritenzione idrica (ridotta diu­ mente documentata in circa il 20% dei tumori pan­
resi), iponatremia da diluzione ed ancora liberazio­ creatici endocrini e in tumori bronchiali con attività
ne di ormone natriuretico atriale secondaria ad endocrine, essendo la produzione di GHRH l'even­
espansione del volume piasmatico. L'aumento con­ to più frequente. Tuttavia il quadro clinico eclatan­
seguente deireliminazione urinaria di sodio aggra­ te di acromegalia è stato riscontrato solo in un caso
va ulteriormente l'iponatremìa - sintomo che deve su 257 tumori con secrezione ectopica inappropria­
evocare il sospetto di SIADH —ed è anche causa ta di GHRH. Del resto anche i casi di Cushing, per
principale del quadro clinico (debolezza muscolare, secrezione ectopica di CRH, sono rari nella patolo­
disturbi psichici, stupore, contrazioni tonico-cloni­ gia neoplastica caratterizzata da produzione ecfopi-
che). Ogni processo che in qualche modo interferi­ ca di ormoni ipótalamici.
sca con i barocettori ipótalamici può causare
SIADH. Il danno strutturale cerebrale connesso con • Iperplasia ipofisaria idiopatica: è condizione
la SIADH consiste nell'edema del tessuto nervoso segnalata in letteratura ma che finora non ha
con associata lisi mielinica. avuto giustificazioni convincenti. Siccome il
Quadri anatomo-clinici di patologia ipotalamo-neuroipofisaria ss 6 4 7

Cause di secrezione inappropriata duzione di soli steroidi gonadici (o surrenalici)


di AHD, la "SIADH" ad azione androgena o estrogena. Se la iperse-
erezione di ormoni sessuali è congruente con i.1
sesso genetico (androgeni nel maschio o estroge­
- Secrezione ectopica di ADH da parte di neoplasie non ni nella femmina) il quadro è definito pseudopu­
nervose (bronchiali, duodenali, pancreatiche, prostatiche) bertà precoce isosessuale; nel caso opposto di
ipersecrezione di androgeni nelle femmine o di
- Tumori del sistema nervoso centrale, (gliomi), metasta­ estrogeni nel maschio, il quadro è definito pseu­
si interessanti il sistema ipotalamo-iporisario e respon­
sabili di effetto massa. do-pubertà precoce eterosessuale.
La pubertà precoce vera (PPV) accertata, con
- Altre patologie del SNC: idrocefalo, traumi cranio- gametogenesi documentata, comporta, in ogni
encefalici, interventi chirurgici, patologie vascolari; caso, robbligo della ricerca della lesione causale e
infezioni croniche in particolare, nella sede. la identificazione della sua sede ed entità. In oltre
50% dei casi nei maschi e nel 10% circa dei casi
- Patologie polmonari non neoplastiche, soprattutto nelle femmine, è sostenuta da tumori del sistema
; infettive. nervoso secernenti GnRH; può essere causata
- ¡sufficienze endocrine semplici o composite. anche da lesioni neoplastiche prive (almeno
apparentemente) di funzioni (secrezioni) endo­
- Patologie varie: cirrósi ascitogena, infarto miocardico, crine: tumori germinali della pineale o delTipota­
scompenso cardiaco, sindrome postoperatoria. lamo, gliomi, infezioni, idrocefalo, traumi della
regione ipotalamo-ipofisaria, craniofaringioma.
- Forme iatroaeniche: da ossitocina, clorotiazide, vaso- ; In casi di questa natura viene invocata l'azione
pressino, ciofibrato, clorpropamide, antidepressivi, meccanica - compressione - esercitata dalla
fenotiazine, morfina, barbiturici ed altri farmaci ancora.
massa nella sede coinvolta: tuttavia deve essere
sottolineato che, per la gran parte dei casi segna­
ricambio cellulare/proliferativo non neoplastico lati, mancano indagini microscopiche sistemati­
(iperplasia) delle cellule ipofìsarìe, è governato, che, immuno-cito-chimiche in particolare, atte ad
per le cellule amfofile ACTH da neurormoni identificare l'eventuale secrezione di neurormo­
ipotalamici (CRH, in particolare), la genesi degli ni. Anche i corio-carcinomi possono causare
ipercorticosurrenalismi e del conseguente qua­ pubertà precoce vera connessa con l'azione della
dro clinico di Cushing, può essere ingenerata gonadotropina corionica sintetizzata e liberata
anche dall'ipersecrezione di CRH evocata da dalle cellule neoplastiche. Nella maggior parte
stress cronici. In soggetti deceduti per malattie dei casi il quadro è comunque sostenuto da neo­
croniche, vissuti in condizioni di stress protrat­ plasie ipotalamiche (pineocitomi, amartomi,
to, abbiamo potuto documentare iperplasie astrocitomi, glioblastomi, coriocarcinomi, terato-
significative delle cellule ipofisarie basofile mi, neurofibromatosi) che evocano una prematu­
secernenti ACTH (Fig. 18, Cap 6.3). ra attivazione della funzione gonadotropa nel
• La pubertà precoce (precocità isosessuale com­ sistema ipotalamo-ipofisario con iperproduzione
pleta), o sviluppo prematuro dei caratteri ses­ di GnRH, essendo la secrezione di FSH responsa­
suali - prima dei 9 anni nel maschio e prima bile dell'attivazione della gametogenesi.
degli 8 anni nella femmina - è da diagnosticare In condizioni di normalità la pubertà ha inizio
come vera quando gametogenesi e caratteri ses­ con una progressiva maturazione delle cellule
suali corrispondono al sesso genetico (precocità gonadotrope adenoipofisarie che iniziano a secer­
isosessuale completa). Viene invece diagnostica­ nere considerevoli quantità di LH, prevalentemen­
ta pseudopubertà precoce quando lo sviluppo te durante il sonno. Questi picchi di LH sono secon­
prematuro di caratteri sessuali avviene in assen­ dari ad altrettante poussées secretorie di GnRH. L'i­
za di gametogenesi. La pubertà precoce si mani­ pofisi, le gonadi e gli organi periferici bersaglio per
festa, nelle ragazze, con sviluppo delle mam­ gli steroidi sessuali sono in grado di rispondere ad
melle (telarca), dei peli pubici (pubarca) e con la appropriate stimolazioni in qualsiasi età: in partico­
prima mestruazione (menarca); nei maschi con lare, la somministrazione di GnRH per via endove­
sviluppo di peli al pube ed aumento del volume nosa stimola la sintesi e la liberazione di FSH e di
dei testicoli (oltre i 3 cm). LH in qualsiasi età. Perchè la pubertà si realizzi
La pubertà precoce può essere isosessuale o ete­ sono comunque necessarie:
rosessuale (mascolinizzazione nelle femmine e
femminilizzazione nei maschi). La causa della • una normale funzione e rappresentazione dei
forma precoce vera risiede nella secrezione inap­ neuroni ipofisotropici GnRH-secernenti (nucleo
propriata, per età, di gonadotropine ipofisarie (o preottico e area ipotalamica laterale);
per secrezione ectopica di gonadotropine indot­ ® una perdita, in qualunque modo indotta, dell'i­
ta da neoplasie secernenti GnRH). La pseudo nibizione funzionale operata di norma su questi
pubertà precoce dipende, invece, dalla iperpro- neuroni.
648 & Ipotalamo e regione sovraseìlare
In due terzi circa dei casi di pubertà precoce centromediano. Lesione questa che causa perdita di
vera sono presenti lesioni in grado di danneggiare appetito, oppure stimolazione non controllata dello
o distruggere le strutture ipotalamiche. È pertanto stesso nucleo centromediano che produce lo stesso
ipotizzabile che una funzione inibitrice sulle cellule effetto finale ma inducendo rifiuto del cibo per senso
ipofisotropiche, GnRH secernenti, venga esercitata di sazietà. La iperproduzione di TSH-RH, per attiva­
da strutture ipotalamiche, verosimilmente situate zione dei neuroni che lo secernono e che sono conti­
neiripotalamo posteriore. Tuttavia, non è solamen­ gui all'area della sazietà, può sortire lo stesso effetto.
te la perdita del possibile tono inibitorio, seconda­ Infatti, per essere queste funzioni contigue, è possibi­
ria a neoplasie deli'ipotalamo posteriore, a causare le che un'unica lesione, flogistica ad es., distrugga il
pubertà precoce: infatti può accadere che lo stesso centro dell'appetito e stimoli nel contempo il senso
tumore (come accade spesso in presenza di amarto- di sazietà nonché la secrezione di TSH.
mi) secerna anche peptidi ad attività ipofisotropica Sindrome diencefalica di emaciamento: insorge
o di stimolo sui neuroni secernenti GnRH. per astrocitomi fibrillari o pilocitici, localizzati nella
regione dorsale deli'ipotalamo anteriore a livello del­
l'area preottica e della commissura anteriore. L'infil­
Q u a d ri a n ato m o -clin ici trazione neoplastica si diffonde in senso antero-
p e r co m p ro m issio n e di a r e e posteriore al di sotto deU'ependima coinvolgente l'a­
ip o talam ich e non e n d o crin e rea ipotalamica antero-laterale. Si osserva nell'età
infantile esordendo con accelerazione abnorme del­
Cachessia ipotalamica: può dipendere da lesioni l'accrescimento e perdita di peso fino a causare grave
destruenti l'area ipotalamica laterale ed il nucleo dimagrimento.

Regione sovraseìlare e peduncolo ipofisario


Gli eventi patologici di questo distretto anatomi­ guente mancato apporto, e deplezione, di neurose­
co, molto limitato e compreso fra sella turcica e creto nell'ipofisi nervosa ed anche compromissione
pavimento del 3° ventricolo, compromettono in dell'apporto di fattori RH alTadenoipofìsx con lesio­
pratica il peduncolo ipofisario. Traumi cranici, ni secondarie atrofico-funzionali dell'ipofisi ghian­
emorragie, infarti, neoplasie primitive o secondarie, dolare nonché delle ghiandole periferiche.
cisti quando interessino l'integralità funzionale
(eventi compressivi) od anatomica (traumi, ische­
mia, atti chirurgici) del peduncolo ipofisario provo­ | Interruzione dei peduncolo
cano l'insorgenza di lesioni degenerative soprattut­ La resezione chirurgica del peduncolo ipofisario
to nei nuclei sopraottico e paraventricolare e conse- (alternativa terapeutica, oggi abbandonata, all'ipo-

Fig. 12 - Soggetto di sesso maschile, di 37 anni, con quadro Fiq. 13 - Quadro microscopico istologico relativo alle lesioni
clinico complesso per segni prevalenti di pan-ipo-pituifarismo: del parenchima ipofisario riscontrate nell'osservazione di cui
voluminosa cisti, di origine incasellare, espansa alla regione alla figura 12: i residui del parenchima dell'adenoipofisi, nella
sovraseìlare per superamento del diaframma della sella turcica, parte sinistra della figura, compressi dalla cisti, mostrano lesio­
responsabile di danni gravi,da compressione, sia dell'ipofisi, ni di atrofia-ischemia, di necrosi e di fibrosi; sì riconoscono
del peduncolo ipofisario che deli'ipotalamo. anche immagini negative di cristalli di colesterolo, connessi con
la necrosi. (EE. 15ÒX).
Bibliografia essenziale ® 649

cui rapporti con l'ipotalamo sono stati interrotti;


danno questo responsabile di riduzione numerica
e di compromissione funzionale delle cellule
secernenti GH, TSH, ACTH, FSH ed LH. Le conse­
guenze cliniche si palesano con ritardo o arresto
dell'accrescimento nei bambini e giovani e con
insufficienza tiroidea, gonadica e surrenalica in
tutti.

| Lesioni cistiche e ferofomi


• Le cisti epidermoidi, in genere piccole, e solo di
rado voluminose quanto un uovo di gallina, con
parete piuttosto sottile e contenenti colesterolo
(Figg. 12 e 13), sono rivestite da epitelio pavi-
mentoso corneificante disposto sopra una lami­
Fia. 14 - Cisti della regione paraseliare, adiacente al pedun­ na connettivale priva di appendici cutanee;
colo ipofisario, riscontrata in soggetto di 21 anni con quadro • le cisti dermoidi, a differenza delle precedenti,
clinico di insufficienza ipofisaria. posseggono, nella loro parete, appendici cuta­
nee, follicoli piliferi e ghiandole sebacee in par­
ticolare. Anche queste formazioni cistiche, come
fisectomia per il trattamento del ca. mammario in le precedenti, di solito sono piccole, quindi clini­
particolare)/ ha offerto l'opportunità di studiare in camente silenti e, per lo più rappresentano
dettaglio il quadro anatomo-funzionale secondario reperto occasionale in corso di autopsia (Fig. 14);
alla interruzione del peduncolo ipofisario. • le cisti derivate dalla tasca di Rathke hanno le
Il danno d'esordio è l'ischemia secondaria alla caratteristiche morfologiche di quelle reperibili
‘resezione dei vasi sanguigni. Va richiamato il fatto nell'ipofisi intermedia (si veda oltre);
che la neovascolarizzazione, che parte dai vasi © i teratomi, talora insorgenti durante la vita
capillari tuberali, è sempre tardiva e quindi non intrauterina ed occasionalmente responsabili di
adeguata a prevenire le conseguenze anatomiche e distocia al momento del parto, hanno una
funzionali del danno ischemico. Le fibre nervose struttura istologica polimorfa con rappresenta­
del peduncolo/ ed anche il neurosecreto, sono zione di tessuti diversi ed anche di organi rudi­
ancora riconoscibili con indagini microscopiche, a mentali;
valle della resezione e nella neuroipofisi/ per qual­ • in via secondaria il peduncolo può essere inte­
che giorno. Tuttavia, non essendo compromesso
rapporto ematico alla neuroipofisi, la componente ressato da lesioni infiammatorie granulomatose
pituicitica non denuncia riduzioni quantitative ma (sarcoidosi, istiocitosi a cellule di Langerhans) e
solo perdita dei prolungamenti citoplasmatici e di neoplastiche delle strutture circostanti (gliomi,
neurosecreto. meningiomi, adenomi ipofisari, cordomi, con­
L'apporto ematico alla adenoipofisi è invece dromi, ecc.).
compromesso e la riduzione comporta necrosi
ischemica, di entità variabile da caso a caso: il
danno ischemico è in varia misura attenuato, I Bibliografia essenziale
diversamente nei singoli casi, dal compenso attua­ Asa SL, Kovacs K, Melmed S: The hypothalamic-pituitary
to dai vasi capsulari e dalle arterie ipofisarie non axis. In: Melmed S (Ed) The pituitary. Blackwell Scien­
resecate. Comunque nella maggior parte dei casi tific Publications, Boston 1995, pag.3.
la necrosi è molto estesa in oltre il 70% dei casi, Burger BW, Scheithauer BW, Vogel FS: Surgical pathology
essendo il danno ischemico minimo o modesto nel of the nervous system and its coverings. Third E d i­
10-30% dei casi. Nei nuclei sopraottici e paraven­ tion, Churchill Livingstone, New York Edinburgh
tricolari si attua una progressiva riduzione dei 1991.
neuroni secernenti, dell'ordine del 50% dopo 6 set­
timane dalla resezione, essendo tuttavia la perdita Burger PC, Scheithauer BW: Tumors of the central n er­
vous system. Atlas of tumor pathology, 3rd Series,
di neuroni magnocellulari molto maggiore (circa Fase. 10, Armed Forces institute of Pathology, W as­
del 90%). L'evento viene collegato con l'atrofia hington, DC, 1994.
retrograda che compromette soprattutto i neuroni
secretori connessi con le fibre resecate. L'atrofia Guillemin R: Hypothalamic hormones a.k.a. hypothala­
meno severa, ma comunque costante, dei neuroni mic releasing factors. J Endocrinol, 184:11-28, 2005.
parvicellulari può comportare ulteriore compro­ Hashimoto K, Takao T, Makino S: Lymphocytic adenohy-
missione dell'adenoipofisi per sovrapposizione, al pophysitis and lym phocytic infundibuloneurohy-
danno ischemico, di lesioni atrofiche di cellule i pophysitis. Endocr ], 44:1-10,1997.
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Scheithauer BW, Kovacs K et Al: Neurohypophysis and nology, 9th Ed. WB Saunders, Philadelphia 1998.
Adenoipofisi
6.3 G.M. Mariuzzi, L. Cavazzini, L. Mariuzzi

noipofisi. Durante il processo di migrazione, le cel­


U Cenni di anatomia, citologia lule della tasca di Rathke proliferano rapidamente:
e fisiologia la parte anteriore forma la parte distale e quella
L'adenoipofisi è una piccola ghiandola del peso tuberale (piccola porzione intorno al peduncolo
medio di 600 mg, a forma di fagiolo, con diametri: ipofisario) dell'adenoipofisi; la parte posteriore
trasversale di 13 mm, anteroposteriore di 9 nini, invece, a diretto contatto con il lobo posteriore,
verticale di 6 mm. La iperplasia da gravidanza per diventa la parte intermedia.
iperplasia delle cellule PRL comporta quasi il rad­ Nell'adenoipofisi adulta si riconoscono quindi:
doppio del suo peso (1000 mg, circa). Situata in ® un lobo anteriore, che rappresenta circa l'80%
posizione mediana a livello della superficie inferio­ deirintera ghiandola;
re dell'encefalo,, è contenuta nella sella turcica dello • un lobo posteriore che rappresenta circa il 20%;
sfenoide, cavità chiusa in alto dal diaframma della • una porzione intermedia, non riconoscibile
sella. Questo è costituito da un raddoppiamento come formazione lobare, comprendente la giun­
della dura madre che riveste tutta la sella. Il dia­ zione fra ipofisi posteriore e anteriore (Fig. 1).
framma ipofisario è attraversato dal peduncolo ipo­
fisario. Ai due lati si trovano i seni cavernosi e, L'ipofisi è vascolarizzata dalle arterie ipofisarie
anteriormente e posteriormente, i processi clinoi- superiori, intermedie ed inferiori che sono rami
dei. In posizione anteriore superiore è collocato il dell'arteria carotide interna:
chiasma ottico e, al di sopra di questo, l'ipotalamo. @ le arterie ipofisarie superiori entrano nell'emi­
Il peduncolo ipofisario, in continuità con il tuber nenza mediana dell'ipotalamo e qui danno
dnereum, è circondato dalla cisterna basale dello luogo al plesso esterno superficiale dal quale
spazio subaracnoideo. Si ritiene che l'ipofisi derivi originano una serie di capillari spiralizzati
da due aree distinte. Una estroflessione della cavità
orale primitiva, conosciuta come tasca di Rathke,
dà luogo alla adenoipofisi mentre un ispessimento
del pavimento del 3° ventricolo diviene la neuroi­
pofisi, che in pratica è un'estensione dell'ipotalamo. NEURO
IPOFISI
Studi recenti suggeriscono invece, per la tasca di
Rathke, una possibile origine dalla cresta ventrale
neurale nella regione faringea: ipotesi che propone
quindi l'origine neuroectodermica anche per la ade-

ZONAALARE ZONA 1 \
ZONA ALARE
(ACSDOFiLA) centrale! (ACIDOFILA) \
CELLULE ACIDGFI LEI CELLULE 1 CELLULE ACIDOFILE
GH-PRL 5%
P R L 30%
AMFOF1LE 1 GH-PRL 5%
ACTH PRL 30%
GH 20% 10/30% II GH 20%

CELLULE BASOFiLE CELLULE I CELLULE BASOFILE


SPARSE BASOFILE I SPARSE
FSH/LH I FSH/LH J
10% TSH 5% I 10% /
FSH/LH
SPARSE

Fig, 1 - a) Aspetto microscopico di sezione orizzontale dell'ipofisi che dimostrala porzione ghiandolare (adenoipofisi, parte ante­
riore) e la parte nervosa (neuroipofisi, parte posteriore), b) Rappresentazione schematica delle cellule secernenti le tropine nelle
zone infra-ipofisarie.
65 2 Ss Adertoipofisi
(gomitoli). Da questo plesso, che fornisce il 70- mente se la ghiandola viene sezionata su un piano
90% dell'apporto ematico, si dipartono i vasi orizzontale piuttosto che sagittale (Fig. 1). Così si
portali lunghi che, con i loro capillari, provvedo­ possono riconoscere due larghe aree postero-latera­
no anche al trasferimento dei neurormoni ipota- li costituite in gran parte da cellule acidofile (ali aci-
lamici, molecole RH per le diverse cellule ipofi- dofile) ed una zona centrale costituita in gran parte
sarie. I vasi che provengono (discendono) dal da cellule basofile. La zona centrale basofila (o
pavimento dell'ipotalamo, per la maggior parte mucoide) è separata dalle ali acidofile da due sotti­
hanno struttura sinusoidale e costituiscono il li trabecole fibrose che si dipartono dalla giunzione
sistema portale ipofisario. fra ipofisi anteriore e posteriore. Le restanti porzio­
L'apporto ematico all'adenoipofisi è completato, ni sono costituite da una mescolanza di cellule aci­
per il restante 10-30%, dai vasi portali brevi che dofile, basofile e cromofobe.
derivano da: Nell'insieme, la ghiandola è organizzata a for­
mare alveoli e cordoni costituiti dai diversi citotipi;
- le arterie ip ofisarie interm edie non sempre pre­ possibile la strutturazione di follicoli contenenti nel
senti, le quali irrorano direttamente l'adenoipo- lume materiale simil-colloideo. Sia i cordoni che gli
fisi; alveoli sono delimitati da una delicata trama con-
- le arterie ip ofisarie inferiori che portano il san­ nettivale (membrana basale) in cui corrono i capil­
gue al lobo posteriore formando una rete - siste­ lari e le radici venose rivestite da endotelio fene­
ma - di capillari fenestrati nei quali la barriera strato e circondato da un esiguo spazio sottoendo-
emato-encefalica non è efficiente. teliale. Gli ormoni prodotti dalle cellule ipofisarie,
Il sangue refluo dal parenchima ipofisario viene le tropine, raggiungono i capillari per trasporto atti­
raccolto da vasi venosi che sboccano nei seni caver­ vo attraverso lo spazio sottoendoteliale e le finestrè
nosi (Fig. 2). del rivestimento endoteliale dei piccoli vasi. Parte
Nel lobo anteriore la disposizione spaziale dei del sangue refluo dall'adenoipofisi, per la via dei
diversi tipi di cellule ipofisarie si coglie più facil­ vasi portali brevi, raggiunge l'eminenza mediana e

a. ipofisarie superiori

a. ipofisarie inferiori

Fig 2 - Rappresentazione schematica delia vascolarizzazione


ipofisaria, (Da Vigué-Martìn, Atlante di anatomia umana, Pic-
cin 2005).
Cenni di anatomia, citologia e fisiologia 653

quindi l'ipotalamo, portandovi molecole ormonali - la via che conduce alla differenziazione delle
adenoipofisarie con funzione di controregolazione cellule corticotrope, non ancora completamente
negativa (feed back negativo) sulla produzione dei definita, ma dipendente da un fattore (neuro 1D
vari fattori di rilascio (RH) da parte dei neuroni - beta Z); sono le cellule cui compete la secrezio­
secretori dell'ipotalamo. Controllando così anche la ne della tropina POMC e delle correlate ACTH,
liberazione delle stesse tropine prodotte dalle speci­ MSH, endorfine e gammalipotropina (Fig. 4);
fiche cellule dell'adenoipofisi. - la differenziazione morfologica e funzionale
La zona intermedia è costituita da una o più delle cellule gonadotrope (FSH-LH) dipende da
cisti colloidi delimitate da cellule ciliate cuboidali, un fattore 1 steroidogenico (SF-1);
da cellule appiattite ed anche da cordoni di cellule - i fenotipi che derivano dall'ormone della cresci­
dell'ipofisi anteriore, sopratutto amfofile/basofiìe- ta (GH), cellule somatotrope, lattotrope o prolat-
ACTH (Fig. 3). In ghiandole normali, questi ultimi tiniche, mammosomatotrope e tireotrope, hanno
elementi formano spesso isole di cellule basofile un precursore comune GH che esprime Pit 1
che, dalla zona intermedia, penetrano nella neuroi­ nonché i recettori per gli estrogeni.
pofisi.
Delle cellule dell'adenoipofisi si distinguono Queste differenziazioni comportano l'espressio­
diversi tipi funzionali, a seconda delle tropine che ne dei recettori specifici tanto per i fattori di stimo­
producono. La loro differenziazione funzionale, lo che per quelli della controregolazione negativa.
complessa, è regolata da fattori di trascrizione, Le cellule ipofisarie differenziate, oggi identifi­
alcuni attivi già nelle fasi precoci dell'organogenesi, cabili, con indagini microscopiche sono:
fattori che attivano geni specifici. In pratica sono cellule somatotrope o GH, situate nelle ali laterali
state riconosciute tre principali vie della differen­ della parte distale; costituiscono nel loro complesso
ziazione delle cellule adenoipofisarie: circa il 35-40% del totale delle cellule ipofisarie;
secernono l'ormone della crescita (GH), unpolipep-
tide di 191 aminoacidi, responsabile, in gran parte
dell'acidofilia citoplasmatica e della loro eosinofi­
lia, orangiofilia (Fig. 3); si distinguono dalle altre
cellule acidofile con tecniche immuno-cito-chimi-
che utilizzando anticorpi specifici anti-GH;
cellule lattotrope, o PRL, sparse senz'ordine appa­
rente in tutta la ghiandola, costituiscono il 10-25%
della popolazione cellulare nei maschi e nelle fem ­
mine nullipare; più numerose invece nelle pluripa­
re; secernono la prolattina (PRL) polipeptide di 198
aminoacidi, in gran parte responsabile dell'acidofi-
lia/orangiofilia citoplasmatica e della positività
ICCh con anticorpi anti-PRL;
cellule mammosomatotrope, o PRL-GH, eosinofi­
le, orangiofile, simili alle somatotrope, ma che nel
loro citoplasma contengono tanto granuli proteici
PRL che GH (responsabili della eosinofila, orangio­
filia ed identificabili con certezza solo con tecniche
immunocitochimiche per la doppia affinità verso
gli anticorpi anti PRL ed anti GH). Il loro numero
aumenta in modo considerevole in gravidanza,
condizione che comporta anche una profonda
modificazione della morfologia di questo citotipo
(da cellula epsilon a cellula età o gravidica);
cellule corticotrope, o ACTH, basofile-amfofile per
affinità tintoriali tenui tanto per coloranti acidi che
basici; sono inoltre tenuemente PAS positive. Situa­
te soprattutto nella zona centrale basofila o mucoi-
de e nella zona intermedia (lobo intermedio); costi­
tuiscono il 15-30% della popolazione cellulare glo­
Fig. 3 - Adenoipofisi umana: la colorazione con Ematossilina- bale: secernono la pro-opio-melanocortina (POMC)
Eosina dimostra cellule eosinofile, basofile e cromofobe a); La dal cui clivaggio derivano l'ormone adreno-corti-
colorazione con PAS-Ematossilina-Orange (PEO) evidenzia: le cotropo (ACTH), l'ormone betalipotropico (beta
cellule basofile, PAS positive, in color viola; le cellule eosinofi­
le, PAS negative, in color ocra/arancio; e le cellule cromofobe, LPH), l'ormone melanotropo (MSH), le endorfine e
pure PAS negative, in color grigio chiaro b). le encefalochine (Fig. 4);
654 & Adenoipofisi

ria. 44 - Urmoni
Fiq. Ormoni di aeri
derivazione
dalia FOMC ipofisaria.

cellule tireotrope, o TSH, basofile, PAS-positive, e azzurra con l'ematossilina-eosina, sono PAS-positi­
identificabili con certezza solo con anticorpi anti- ve, orange G-negative: producono ACTH ed MSH;
TSH. Sono situate nella zona anteromediale dell'i- in minor misura, FSH, LH e TSH (Fig. 3).
pofisi: costituiscono circa il 5-8% della popolazione Le cellule cromofobe, essendo prive di granuli
e secernono l'ormone tireotropo o tireostimolante; secretori in quantità apprezzabile, non hanno specì­
fiche affinità tintoriali (Fig. 3) e non corrispondono
cellule gonadotrope, basofile, PAS-positive e diffuse ad un tipo specifico di cellula ma sono piuttosto cel­
nella parte tuberale ed in quella distale mediana lule ipofisarie scarsamente granulate o degranulate
'mucoide', costituiscono circa l'8-15% della popola­ per inattivazione ma anche per esaltata liberazio­
zione: secernono rormone follicolo stimolante (FSH) ne/escrezione dell'ormone prodotto. Possono rap­
e l'ormone luteizzante (LH) o ormone stimolante le presentare fino al 30% della popolazione normale
cellule interstiziali del testicolo e quelle secementi dell'adenoipofìsi.
steroidi dell'ovaio, dei corpi lutei in particolare. I Le tecniche relative alle Reazioni-Immuno-Cito-
citotipi della produzione di FSH ed LH vengono Chimiche (RICCh) costituiscono il principale stru­
identificati solo con anticorpi anti-FSH ed anti-LH; mento di riconoscimento certo dei diversi citotipi e si
cellule fo llic o lo stellate, sparse nel contesto della fondano sulla specificità del legame di anticorpi spe­
ghiandola e dotate di prolungamenti citoplasmatici cifici con i singoli ormoni prodotti (Figg. 6,21,24,26);
che si insinuano fra le cellule secernenti, fissano con le subunità -alfa e -beta; con i filamenti intermedi
anticorpi anti-SlOO (Fig. 5), anti-vimentina e anti­
proteina gliale fibrillare acida (GFAP); esplicano
attività fagocitica, producono citochine anche con
funzioni di fattori di crescita ed esercitano funzioni
paracrine per la regolazione delle secrezioni ormo­
nali delle varie cellule ipofisarie contigue.
In base alla struttura chimica gli ormoni ipofisa­
ri vengono suddivisi in: ormoni peptidici e ormoni
glicoproteici. L'ACTH, il GH, la PRL, il PRL-GH e
l'MSH sono ormoni peptidici mentre i gonadotropi
(FSH-LH) e il TSH sono ormoni glicoproteici. Le
affinità tintoriali delle varie cellule dell'adenoipofi-
si normale sono correlate solo approssimativamen­
te con i granuli citoplasmatici che sono il prodotto
della secrezione ormonale.
Le cellule acidofile, i cui granuli basici legano
l'eosina e l'orange G (coloranti acidi), in linea gene­
rale sono negative alla PAS-reazione e secernono Fig. 5 - Adenoipofisi umana: cellule reticolo-stellate, rese evi­
prevalentemente GH e PRL (Fig. 3). denti con anticorpi anti S-100, in soggetto deceduto per inci­
dente: l'immagine alia destra fa cogliere in dettaglio la morfo-
Le cellule basofile, che hanno granuli acidi, lega­ gia di questi elementi sustentacolari. (Reazione-Immuno-Cito-
no i coloranti basici ed assumono una tinta grigio­ chimica - RICCh - con siero anti S - 100. 150X).
Cenni di anatomia, citologia e fisiologia ^ 655

'-.‘S'Ha

Fig. 6 ^ Adenoipofisi umana: nella sezione istologica, cimenta­ Fiq. 7 - Adenoipofisi di ratto: caratteri ultrastrutturali dei gra­
ta con anticorpo anti-ACTH, sono evidenti la cellule ipofisarie nuli di secrezione di cellula GH, come appaiono all'osservazio­
secernenti ACTH. (RICCh con anticorpi anti ACTH; 250 e ne con microscopio elettronico. {Da Williams^ 25000 X).
400 X).

(citocheratine 8-18). Altri marcatori che vengono uti­ potendo impiegare anticorpi specifici contro ogni
lizzati, sopratutto per finalità prognostiche, sono gli singolo ormone, consentono oggi di riconoscere con
anticorpi per fattori di crescita, per oncogeni e recetto­ precisione la funzione svolta da ogni citotipo dell'a­
ri, nonché per indicatori di attività proliferativa. denoipofisi. Lo stato ed il grado dell'attività funzio­
L'indagine ultrastrutturale evidenzia in tutte le nale è invece desumibile da una somma di dati
cellule deiripofisi anteriore nuclei per lo più roton­ morfologici ed istochimici: stato della cromatina
deggianti od ovali, nucleoli singoli e cromatina deli­ nucleare, evidenziazione dello stato attuale dell'ap­
cata distribuita in modo uniforme, caratteristiche parato nucleare, sviluppo deH'ergastoplasma, gra­
comunque variabili in rapporto allo stato funziona­ nuli di secreto. Le principali caratteristiche istochi-
le attuale della cellula esaminata. Il citoplasma con­ miche e ultrastrutturali delle cellule dell'adenoipo-
tiene un reticolo endoplasmico rugoso ed un appa­ fisi sono riassunte nella tabella 1.
rato di Golgi più evidenti nelle condizioni di attivi­ In genere ogni ormone, prodotto da un singolo
tà funzionale accentuata. Anche i granuli di secre­ tipo di cellula, viene accumulato in granuli secreto­
zione variano in numero, grandezza, densità e ri; tuttavia è ritenuta possibile anche la produzione
forma a seconda dello stato funzionale. Benché la e la pronta espulsione del secreto, in condizioni di
morfologia ultrastrutturale dei granuli sia abbastan­ intensa iperattività (cellule degranulate iperattive).
za caratteristica per ogni ormone, una sicura identi­ Le gonadotropine FSH-LH possono essere entram­
ficazione deirormone prodotto non è possibile in be elaborate da un unico tipo di cellula. Nelle cellu­
base alla sola morfologia dei granuli (Figg. 7 e 8). le gonadotrope ed in quelle somato-mammotrope si
Pertanto sono soltanto i metodi immunoistochi- attua infatti una doppia sintesi: di FSH ed LH nelle
mici, sia in microscopia ottica che elettronica che, prime e di GH e PRL nelle seconde.

Fig. 8 - Adenoipofisi di ratto: la microscopia elettronica evidenzia le diversità ultrastrutturali, volumetriche e di densità dei granu­
li secreti in cellule TSH a sn., e PRL a dx.; (Immagine elettronica, da Williams, 18000X).
65 6 ^ Adenoipofisi
Caratteri citologici, citochimici, immuno-citochimici, ulfrastrutturali edistribuzione delle
cellule dell'adenoipofisi ;
Citochìmica e Immuno- Ultràstruttura granuli** Distribuzione e
Ormone Citotipo
Anticorpi* Diàmetro nm frequenza

Somatotropo GH Acidofilo Eosinofile-orangiofile Sferoidali Ali laterali


cromofobo Anti GH 350-600 50% circa

Prolattina PRL Acidofilo Eosi no-ora ngiof ile Irregolari 150-800 Ali laterali 9%,
cromofobo Anti PRL Allattamento 50% circa
Tireotropo TSH Basofilo PAS Sferici Area intermedia 5%
Anti-TSH 100-200
Gonadotropi FSH-LH Basofilo PAS Sferici Ubiquitarie nelle tre
FSH 250-500 aree - 15-20%
Anti FSH-LH LH 100-250
Adrenocorticotropo Amfofilo PAS-debole; orange-debole Variabili Area mucoide della ;
ACTH Anti ACTH 250-1000 pars intermedia
AntiMSH 0-15%

* Le caratteristiche tintoriali delle cellule ipofisarie, dipendendo dalla composizione chimica dei granuli specifici presenti nel
citoplasma, comportano il fatto che le cellule con pochi granuli appaiano cromofobe indipendentemente dal tipo di ormone
prodotto.
** Le caratteristiche ultra strutturali, e in particolare il numero e la grandezza di granuli, possono variare anche nelle cellule che
producono lo stesso tipo di ormone a seconda che si trovino in fase di riposo (densamente granulate), di secrezione (granulate), o
di ipersecrezione ( più o meno degranuìate).

| Alterazioni dello sviluppo, cisti Rathke. Vanno distinte dal craniofaringioma ma


con questo potrebbero condividere l'istogenesi. Le
formazioni cistiche con diametro superiore al centi-
Alterazioni di sviluppo: isole di tessuto adenoipo-
metro causano sintomi da compressione di struttu­
fisario funzionante si riscontrano nel 20% circa
re sovrasellari e fondamentalmente: disturbi visivi,
della popolazione, entro al seno sfenoide e nella
ipopituitarismo e diabete insipido. Talora si osser­
regione sovrasellare: possono essere sede di adeno­
vano livelli elevati di prolattina verosimilmente
mi ipofisari.
conseguenti alla compressione del peduncolo ipofi­
Malformazioni: Le malformazioni, rare, sono apla­ sario e al blocco conseguente del trasferimento del
sie e ipoplasie. Nell'anencefalia si rinvengono PIF all'adenoipofisi. In casi molto rari le cisti della
abbozzi di ipofisi anteriore mentre quella posterio­ tasca di Rathke si associano con adenomi ipofisari.
re è del tutto assente.
Cisti delFaracnoide: congenite o acquisite, origina­
Lesioni cistiche: le cisti della tasca di Rathke, cisti no dall'aracnoide; situate in sede sovra-sellare,
in tm sellari (Fig. 9), derivano da chiusura incom­ comprimono il peduncolo ipofisario con effetto
pleta del dotto cranio-faringeo durante la settima massa potendo causare sintomi correlati con il
settimana di gestazione. Possono essere rivestite da danno attuale prodotto: in particolare diabete insi­
diversi tipi di epitelio: cuboidale, colonnare, ciliato, pido e/o ipopituitarismo di grado variabile.
con cellule mucipare, oppure da cellule dell7adenoi­
pofisi. Situate nel lobo intermedio, nella parte tube- Il termine di "sella vuota" è termine radiologico e
rale e nell'ipofisi anteriore, queste cisti sono di soli­ si riferisce ad uno stato anatomico in cui si ha rimo-
to piccole e quasi sempre clinicamente silenti. Le deliamente della sella per suo ampliamento. Dipen­
rare forme sintomatiche possono essere intrasellari, de dalla agenesia del diaframma che consente
intra e soprasellari, oppure interamente soprasella- un'introflessione intrasellare della aracnoide e dello
ri. A differenza delle cisti intrasellari, le soprasella­ spazio subaracnoideo con formazione di una "cisti
ri sono per lo più delimitate da epitelio squamoso e aracnoidea". L'ipofisi, compressa contro il pavi­
di probabile derivazione da residui della tasca di mento della sella, va incontro a progressiva atrofia
Alterazioni dello sviluppo, cisti ■
■657

Fig. 9 - Cisti della tasca di Rathke (uomo di 36 anni), ia pare­


te delia cisti è rivestita da epitelio cilindrico ciliato (E.E 100 e
250 X).

(Figg. 10 e 11). Le conseguenze dipendono dall'en­ mica di un adenoma ipofisario. Nelle forme primi­
tità dell'atrofia che solo raramente può comportare tive l'introflessione dell'aracnoide è favorita dalle
pan-ipopìtuitarismo associato o meno a disturbi condizioni che causano aumento della pressione
visivi. L'anomalia può essere primitiva, per svilup­ liquorale.
po incompleto del diaframma della sella, oppure
secondaria ad ablazione chirurgica di una neoplasia
intrasellare, a irradiazione o anche a necrosi ische- B Alterazioni di circolo
L'iperemia passiva, riscontrabile più come con­
seguenza di ostacoli distrettuali al deflusso venoso
che per scompensi cardiocircolatori, produce atro­
fia delle travate cellulari e sclerosi interstiziale
variamente pronunciata. Fenomeni emorragici, in
forma di piccoli focolai, possono comparire come
conseguenza di una stasi venosa molto pronuncia­
ta oppure nel corso di malattie infettive, di vascu­
lopatie e di emopatie. Emorragie piuttosto estese
insorgono dopo lesioni traumatiche cranio-encefa-

FiglO - Schema di sella turcica vuota: la freccia superiore indi­


ca il parenchima residuo dell'adenoipofisi, reso atrofico dalla
compressione operata dalla pressione del liquor entro l'invagi­
nazione dell'aracnoide - spazio subaracnoiaeo - entro la sella Fig- i l - Adenoipofisi di paziente deceduto con quadro clinico
turcica: la freccia inferiore mostra i rapporti con il seno sfenoi- prevalente di insufficienza ipofisaria: reperto anatomopatologìco
dale. Da Crepaldi e Baritussio: Trattato di Medicina interna di seila vuota ed istopatologico di atrofia da compressione dei
Voi. 1°, Piccin 2002). parenchima ipofisario. (EE. 150 e 400 X).
658 & Adenoipofisi
liche. Particolare rilievo meritano le lesioni infar­
tuali:
® infarti ischemici si formano con ima certa fre­
quenza neiradenoipofisì in rapporto con la pre­
senza di arterie a carattere terminale (Simmonds);
© infarti emorragici - legati soprattutto a trombo­
si delle vene ipofisarie (Berblinger) - sono di
riscontro eccezionale. La lesione infartuale di
solito si localizza nell'ipofisi ghiandolare essen­
do quasi sempre rispettati la neuroipofisi, il
peduncolo e l'ipofisi intermedia.
• Lesioni infartuali ischemiche o esiti delle stesse,
si rinvengono casualmente in circa il 3-7% delle
ipofisi prelevate in corso di autopsia. Sono
molto più frequenti in soggetti di sesso femmini­
Fig. 12 - Adenoipofisi di donna di 32 anni deceduta per necro­
le, con anamnesi positiva per gravidanza pre­ si adenoipofisaria totale da parto - Malattia di Seehan - : nel­
gressa. L'estensione e la distribuzione dei focolai l'organo intero fissato, la necrosi coagulativa interessa quasi tutto
di necrosi coagulativa infartuale variano da il parenchima ghiandolare, essendo conservata solamente una
focolai di dimensioni microscopiche fino alla minima porzione subcapsulare che, nell'immagine, appare più
necrosi di tutta l'adenoipofisi. Le cause più
scura. (Fissazione con formolo; 25 X).
comuni degli infarti ischemici sono l'occlusione
arteriosa embolica, le arteriopatie obliteranti, le
ischemie secondarie a collasso cardiocircolatorio
e la gravidanza nel morbo di Sheehan. L'infarto
può essere asintomatico anche con perdita
parenchimale del 50%. Altre cause di necrosi
ischemiche sono state individuate per patologie
iatrogeniche, come la respirazione assistita
(Daniel et al, 1973): il meccanismo patogenetico
sarebbe lo spasmo delle arterie carotidi interne
dovuto ad edema cerebrale. Anche gli interven­
ti di chirurgia cardiaca (Kovacs e Vao, 1975) pos­
sono essere complicati da danni ischemici ipofi­
sari, la cui patogenesi rimane incerta. Infine
l'ARDS e gli eventi di MODS possono rappre­
sentare altre cause efficienti.
Fig. 13 - Riscontro istologico relativo a! caso della figura 11 ;
Una forma del tutto peculiare è quella che si subito ai di sotto della capsula si riconoscono: i pochi elementi
osserva nelle donne gravide al momento del parto. cellulari conservati, disposti in cordoni solidi; Sa necrosi paren­
Definita necrosi postpartum o malattia di Sheehan, chimale massiccia; e, indicate da frecce, alcune delle piccole
o più correttamente necrosi ipofisaria da parto formazioni trombotiche da CID. (EE. 250 X).
(Figg. 12,13,14), insorge per eventi di ischemia da
collasso secondario ad emorragia da parto, oppure
per la CID che gli eventi del parto possono scatena­
re (McKay et al., 1953, Mariuzzi 1958). Concausa
determinante, in questa condizione particolare, è la
cospicua ìperplasia delle cellule acidofile (epsilon),
secernenti PRL, iperplasia caratteristica della gravi­
danza (Fig. 16). L'aumento della massa parenchi­
male ipofisaria (fino al 100%), instaurandosi entro
la cavità della sella turcica che ha pareti rigide, è già
sufficiente per determinare ischemia relativa con
focolai di necrosi coagulativa non infrequenti, ma
anche la necrosi ischemica totale dell'organo (Fig.
12). Le necrosi focali e limitate sono eventi, conside­
rati non rari, che possono avvenire in silenzio clini-
co o responsabili di disordini del ciclo. Quando a
questa ipossia/ischemia si associ una grave anemia Fig. 14 - Microtrombi fibrinosi intravascolari indicativi della
dà emorragia secondaria a CID, ma anche la stessa CiD responsabile, in questo caso, della necrosi ipofisaria.
CID con le microtrombosi arteriolo-capillari (Figg. (Emat. Eos. x 150).
Alterazioni di circolo ® 659

13 e 14), si instaura la ischemia critica del parenchi­ copriva circa il 98-100% del parenchima in poco più
ma adenoipofisario, responsabile della necrosi della metà dei casi; era invece modesta o molto
anche di tutta l'adenoipofisi per anossia severa e modesta (5-10%) nei restanti casi. Oltre ai processi
protratta. Comunque, se accuratamente ricercata, la di sostituzione connettivale possono insorgere, nel
CID è reperto che può giustificare la sindrome di tessuto ipofisario illeso, fenomeni di iperplasia
emorragia da parto, quadro che comprende appun­ compensatoria tendenti a ripristinare la massa ipo­
to anche il danno ipofisario. fisaria funzionante. Nei rari casi di necrosi totale
Lesioni infartuali ischemiche largamente l'evoluzione può'essere anche la colliquazione del
destruenti possono essere prodotte da emorragie materiale necrotico e, in questa evenienza, l'esito
gravi, da shock severi, da ARDS, da eventi respon­ può essere la formazione di una cisti. Circostanza
sabili di MODS. questa che può dare origine ad un quadro di sella
I sintomi di insufficienza ipofisaria sono patenti turcica vu ota (Figg. 10 e 11), nella quale è il solo
quando la perdita di parenchima superi l'80%. lobo nervoso, rimpicciolito, che può essere conser­
All'esame macroscopico i focolai necrotici appaio­ vato assieme ad ima piccola quantità di tessuto con­
no come aree asciutte di colorito bianco giallastro, nettivo adiacente alla sella, quale unico residuo del­
di forma alquanto variabile, anche cuneiforme negli l'ipofisi ghiandolare.
infarti di estensione limitata. La necrosi, anche completa, dell'ipofisi di per sé
Nella necrosi totale di solito risulta rispettato un non è letale e le conseguenze cliniche sono caratte­
esile strato di parenchima ipofisario sub capsulare rizzate da quadri di ipopituitarismo essendo, la
(Fig. 12). L'esame istologico, oltre alla necrosi mancata montata lattea, un segno precoce nella
coagulativa, nelle fasi iniziali può consentire il rico­ forma gravidica. Il panipopituitarismo - o sindrome
noscimento della causa dell'infarto (CID da parto, di Simmonds - insorge solo nei casi in cui siano stati
tromboembolia di altra origine, arteriopatie) (Fig. distrutti almeno 3/4 del parenchima ipofisario.
14). Nei casi di malattia di Sheehan si riconoscono i
caratteri dell'ipofisi gravidica (iperplasia delle cel­
lule acidofile) apprezzabili nell'area subcapsulare | Processi infiam m atori
conservata. La ricerca di lesioni vasali o di trombo­ Flogosi acute conseguono a processi infiamma­
si spesso è del tutto negativa anche all'esame tori, in genere infettivi, che interessino le meningi,
microscopico (l'emorragia nella CID si verifica nella l'osso (sfenoide o rocca petrosa del^ temporale)
fase della coagulopatia da consumo e la successiva oppure i seni durali (seno cavernoso). È anche pos­
fibrinolisi può impedire il riscontro dei piccoli sibile una genesi ematogena per emboli settici. Inte­
trombi che caratterizzano la fase della coagulazio­ ressamento ipofisario é stato documentato, sotto
ne). La necrosi coinvolge soprattutto l'ipofisi ante­ forma di flogosi cronica produttiva prevalentemen­
riore con rispetto di minime parti di parenchima te linfo-plasmacellulare, in casi di lue congenita. Il
subcapsulare, del peduncolo ipofisario e dell'adia­ coinvolgimento in corso di lue acquisita (periodo
cente porzione ghiandolare infundibulare nonché terziario) è attualmente eccezionale. Anche la
dell'ipotalamo. tubercolosi può dare localizzazioni ipofisarie, per lo
È possibile che gli eventi del parto causino più durante eventi di disseminazione miliare em a­
necrosi parziali, responsabili di quadri sintomatolo- togena o per diffusione da meningite tubercolare
gici non gravi come aumento di peso, irregolarità basale. Il quadro istologico è quello di una flogosi
mestruali, amenorrea e galattorrea: sintomi che cronica con produzione dei granulomi epitelioidei
possono protrarsi nel tempo dopo il parto. La caratteristici della malattia tbc (Fig. 8, Cap. 6.2).
necrosi ischemica, comunque generata dal concorso Ogni evento flogistico acuto, cronico o granulo-
di momenti diversi, diviene morfologicamente evi­ matoso, compromette le attività funzionali, attivan­
dente nello spazio di 2-3 ore. La eventuale compro­ dole di rado (qualche evento acuto). Più spesso la
missione secondaria del peduncolo ipofisario non produzione di ormoni è ridotta per compressione
ha, di solito, evidenza microscopica, mentre la neu­ (effetto massa entro la camera rigida della sede ipo­
roipofisi, col tempo, va incontro a lesioni atrofico fisaria) o per distruzione o sostituzione del paren­
cicatriziali, almeno nei casi di necrosi adenoipofisa- chima ipofisario ad opera di processi granulomato­
ria totale o subtotale. si in particolare.
L'evoluzione delle lesioni necrotiche è molto Tra le forme granulomatose va ricordata la sar-
variabile soprattutto in rapporto con l'estensione del co id o si, soprattutto generalizzata, che può coin­
focolaio ed ancora con la eventuale compromissione volgere l'ipofisi con interessamento prevalente del
del peduncolo ipofisario: i piccoli focolai vengono lobo posteriore e del peduncolo, con comparsa di
sostituiti da tessuto connettivo neoformato con diabete insipido. Sono noti anche rari casi di loca­
esito cicatriziale. Qualora venga distrutta ima parte lizzazioni ipofisarie delTactinomicosi, dell'istopla-
considerevole del parenchima ghiandolare la fibro­ smosi, della lebbra, del tifo petecchiale; del morbo
si cicatriziale è marcata. Nella casistica raccolta da di Hand-Schuller Christian che interessa partico­
Scheithauer (1997), riguardante soggetti deceduti larmente la neuroipofisi con secondario diabete
per ipopituitarismo da parto, la cicatrice fibrosa insipido.
660 s Adenoipofisi
Flogosi autoimmuni: il quadro meglio definito è la pi anti-microsomi (Asa et al. 1981). Di rado questa
ipofisite linfocitaria, malattia autoimmune caratte­ patologia è stata descritta in soggetti di sesso
rizzata istologicamente da infiltrazione diffusa del­ maschile. L'aumento di volume dell'ipofisi, quan­
l'ipofisi ad opera di linfociti e plasmacellule do significativo, può compromettere l'irrorazione
(Fig. 15). Descritta in donne giovani, gravide o nel del parenchima ipofisario con lesioni cellulari da
post-partum, occasionalmente può causare quadri ischemia e sintomi di insufficienza ipofisaria; fre­
di ipopituitarismo, più spesso parziale. Sono stati quente la cefalea. Si associano disturbi visivi quan­
anche documentati movimenti anticorpali diretti do la massa superi il diaframma della sella. Più
contro le cellule produttrici di prolattina e anticor- spesso si associa ad affezioni autoimmuni di altre
ghiandole endocrine (tiroidite di Hashimoto, sur-
renalite autoimmune) o a gastrite atrofica, configu­
rando quadri di malattie poliendrocrine autoim­
muni (Bottazzo e Doniach, Topliss e Volpè, Lloyd et
al. 2002).
In questo complesso va compreso anche il gra­
nuloma gigantocellulare dell'ipofisi, morfologica­
mente indistinguibile da quello della sarcoidosi,
ma localizzato esclusivamente nell'adenoipofisi e
documentabile in assenza di lesioni sarcoidosiche
in altre sedi. Per questa forma, che colpisce soprat­
tutto soggetti di sesso femminile in età adulta,
viene infatti suggerita una genesi autoimmunita­
ria. II quadro microscopico è caratterizzato da
infiltrazione linfocitica e plasmocitica con occasio­
nali follicoli linfatici. La compromissione del
parenchima ipofisario è correlata con l'entità della
flogosi ed è facile il riscontro di cellule ipofisarie
con i caratteri degli oncociti. Segni clinici e di labo­
ratorio specifici non sono segnalati: il quadro si
caratterizza per discreta iperprolattinemia, per
carenze tropiniche e per segni di massa come cefa­
lea e disturbi visivi. Può concorrere diabete insipi­
do per diffusione del processo alla neuroipofisi ed
airinfundibolo (neuroipofisite linfocitica infundi-
bulare).

■ Modificazioni citologiche
correlative e funzionali
dell adenoipofisi
Iperplasie
Esprimono adattamenti strutturali e funzionali
delle cellule - in genere di singoli citotìpi dell'ipofi­
si - evocati da deviazioni dell'equilibrio endocrino
che richiedano un aumento di produzione di una
tropina:
- iperplasia delle cellule epsilon-mammotrope-
PRL e somato-mammotrope: più comune,
meglio noto e già considerato, è il quadro dell'i­
pofisi gravidica. La metamorfosi delle cellule
epsilon, definite cellule età (Fig. 16), dipende dal­
l'adattamento funzionale che si realizza proba­
Fig. 15 - Adenoipofisi, asportata chirurgicamente, a donna di bilmente in seguito al blocco della produzione
46 anni, per patologia autoimmunitaria pluriendocrina, con ipotalamica di PIF, dovuta all'iperproduzione di
quadro clinico di insufficienza endocrina plurima: ftaaosi diffu­ estrogeni. Infatti analogo quadro di trasforma­
sa autoimmune caratterizzata morfologicamente da infiltrazione zione si osserva, anche al di fuori della gravidan­
linfocitica dell'adenoipofisi, di entità disomogenea a), con folli­
coli linfatici diffusi, uno dei quali visibile in b). (a, Emat. Eos. 150 za, nelle condizioni di iperestrinismo spontaneo,
X, b, reazione immunoistocnimica per CD20). iatrogenico o sperimentalmente indotto (Mariuz-
Modificazioni citologiche correlative e funzionali dell'adenoipofisi ^ 661

zi e Tagliarli, 1959), e anche in soggetti di sesso - iperplasia delle cellule eosin ofile som atotrop e:
maschile (cirrosi epatica). Sono gli iperestrogeni- si attua per produzione inappropriata di GHRH
smi infatti, sostenuti anche da neoplasie ovari- da parte di neoplasie endocrine (feocromocito-
che, da coriocarcinoma, dalla cirrosi epatica e da mi, carcinoidi polmonari, tumori neuroendocri­
terapie con estrogeni, a causare l'iperplasia a cel­ ni a GH, gangliocitomi ipotalamici, Sindrome di
lule età e quindi la trasformazione similgravidi- Me Cune-Albright);
ca dell'adenoipofisi (Mariuzzi e Taglia ni, 1961); - iperplasia delle cellule secernenti ACTH: carat­
- ip erp lasia delle cellule b a so file gon adotrope: si terizza l'insufficienza surrenalica primitiva
verifica già nel corso del ciclo mestruale e si (ablazione chirurgica dei surreni, morbo di
accompagna a fenomeni di degranulazione Addison) responsabile di cospicua attivazione
prima delle cellule produttrici di FSH e poi di funzionale,l,inemendabile, se non trattata, delle
LH. Ipertrofia ed iperplasia delle cellule gona­ cellule basofile ACTH le quali àssumono morfo­
dotrope è più spesso secondaria a castrazione chi­ logia di grosse cellule basofile, scarsamente gra­
rurgica (Fig. 17) e riguarda soprattutto le cellule nulate, definite anche cellule basofile di transi­
produttrici di FSH che assumono, per Testrema zione o cellule amfofile; analoga iperplasia si
attivazione funzionale, la morfologia di grossi attua in corso di stress protratti (Fig. 18);
elementi vacuolati - cellule da castrazione - - iperplasia delle cellule baso file tireotrope: l'in ­
appunto evidenziabili immunocitochimicamen- sufficienza tiroidea primitiva (da tiroidectomia,
te con anticorpi anti FSH. Reperti analoghi si postirradiativa, da tiroiditi croniche) causa iper­
riscontrano, sia pure molto meno evidenti, in plasia e ipertrofia delle cellule basofile TSH, anche
tutte le insufficienze gomdiche primitive (agenesia molto evidente; talvolta anche l'insorgenza di
gonadica, sindrome di Stein-Lewenthal, quadri vere neoformazioni delle stesse cellule basofile
dipendenti da anormalità genetiche); che di solito sono scarsamente granulate. Dopo

Fig. 16 - Adenoipofisi di donna di 38 anni deceduta all'atto dei


parto: modificazioni della composizione citologica adeno - ipofi­
sario per iperplasia delle cellule acidofiie che hanno assunto la Fig. 17 - Adenoipofisi di donna ovariecfomizzata per malattia
morfologia delle cellule età - gravidiche - secernenti PRL; nel cistica ovarica: iperplasia delle cellule basofile gonadotrope
campo microscopico si riconoscono anche scarse cellule basofile con vacuoli citoplasmatici molto evidenti - cellule da castrazio­
Pas positive. (PEO 250X). ne-.(PEO 400X).
662 & Adenoipofisi
Causé di iperplasia di singoli citotipi

c it o t j p o ¿M ìs e Mff'M
Cellule acidofile G ravidanza, allattamento.

epsilon PRL Iperestrogenismo: iatroge-


nico, da cirrosi epatica, per
neoplasie secernenti estro­
geni.

Cellule acidofile Tumori neuroendocrini


secernenti G H.

Alfa GH Amartoma ipotalamico GH.

Cellule basofile Ipotiroidismi, comprese le ;


forme iatrogeniche.

Beta TSH : '■••• Tiroidectomia. ;

Cellule basofile gómma, Iposùrrenalismi, comprese


secernenti ACTH le forme iatrogeniche.
Surrenalectomia. :
Tumori neuroendocrini
secernenti CRH.

Cellule basofile Castrazione, ipogonadismi,


Klinefelter, Turner.

Delta FSH, LH Neoplasie: secernenti GNRH:

Fig. 18 - Adenoipofisi di uomo di 58 anni deceduto per tbc


polmonare cronica di lunga durata, sottoposto a ripetuti inter
venti chirurgici ed a terapie con diversi farmaci e per lunghi
periodi di tempo - condizione di stress protratto - : iperplasia
delie cellule amfofìie ACTH, evidenziate con RiCCh - con anti­ in particolare) e le sindromi paraneoplastiche
corpi anti-ACTH. (80x). con ipersurrenalismo (per produzione ectopica
di ACTH o di CRH da parte delle cellule neopla­
stiche) inducono ipoplasia delle cellule corticotrope
e la comparsa di cellule basofile ialine di Crooke,
questa prima fase di ipertrofia nel corso dell'ipo- fenomeno dovuto alla degranulazione delle cel­
tiroidismo cronico con mixedema, può verificar­ lule amfofìie/basofile ACTH;
si atrofia ipofisaria. Di seguito sono riassunte le - ipoplasia delle cellule gonadotrope è riscontro tipico
cause dell'iperplasia delle cellule dell'adenoipo­ nelle ipofisi di soggetti in condizioni di stress
fisi (Tab. 2). severi, protratti o sopratutto severi e protratti.
Anche le neoplasie secernenti steroidi sessuali,
Ipoplasie estrogeni nelle donne ed androgeni nei maschi,
si accompagnano ad inattivazione delle cellule
Sono condizioni che causano ip o p la sia di cellu­ gonadotrope ipofisarie;
le ip ofisarie: - la complessità delle alterazioni adattive della
- Yipertiroidismo primitivo (neoplasie secernenti vecchiaia comporta riduzione numerica delle cel­
ormoni tiroidei), e la somministrazione di ormo­ lule acidofile con aumento delle basofile e com­
ni tiroidei, inducono ipoplasia delle cellule basofile parsa di cisti colloidi nella pars intermedia.
beta, TSH produttrici, con equivalenti morfoci-
tochimici di inattivazione funzionale (atrofia,
con degranulazione del citoplasma, riduzione
| Tumori a cellule adenoipofisarie
della massa nucleare con aumento della densità La patologia neoplastica dell'adenoipofisi è
cromatinica e scarsa evidenza dell'apparato costituita dagli adenomi, neoplasie relativamente
nucleolare) ed ipo/atrofia della tiroide funzio­ frequenti anche in silenzio clinico e dai carcinomi di
nante; riscontro raro, ma non eccezionale.
- Yiperfunzione surrenalica primitiva dovuta a Gli aden om i rappresentano circa il 10-15% delle
tumori surrenalici funzionanti, la somministra­ neoplasie intracraniche. Il loro rilievo clinico è
zione di corticosteroidi (cortisone o cortisonici indicato dalla prevalenza: circa il 20-25% della
Tumori a cellule adenoipofisarie & 663

popolazione generale è portatore di una neoplasia delle esigenze che sono cliniche, funzionali, anato-
ipofisaria - adenoma in genere - che può essere del mo-patologiche, radiologiche od altro. La classifi­
tutto asintomatica. Sono, in questo caso, microade­ cazione anatomo radiologica distingue quattro
nomi silenti, non sospettati ed anche non sospetta­ gradi che indicano il volume (massa): grado 1, gli
bili in genere, con diametro inferiore o pari a adenomi con diametro massimo inferiore al centi-
10 mm. La prevalenza aumenta in rapporto con metro; grado 2, le forme ancora intrasellari ma con
l'età sia nei maschi che nelle femmine. Sono spesso diametro massimo superiore al centimetro; grado
associati con la Sindrome di Verner-Morrison 3, la massa è ancora maggiore (Fig. 19) ed il supe­
(MEN 1 - si veda il capitolo 6.11). Sono responsabi­ ramento della sella turcica è indicato da erosione
li di quadri discrinici tanto di iperfunzione delle sue pareti; grado 4, comprende le forme con
(aumentata secrezione in genere di una sola tropi- estensione extrasellare e la possibile invasione del-
na) che di ipofunzione ipofisaria (forme non secer- l'ipotalamo, dei seni cavernosi, dei nervi cranici
nenti) secondaria alla compressione operata sul della regione.
parenchima ipofisario entro la camera rigida della La tabella 3 riporta la classificazione degli ade­
sella turcica. Quando raggiungono un volume nomi ipofisari secondo il citotipo proliferante, la
significativo e superano il diaframma della sella
loro attività funzionale specifica ed i quadri clinici
(Fig. 19), comprimono le formazioni nervose pros­
che evocano. La tabella riporta anche i sintomi
sime (chiasma e tratti ottici, peduncolo ipofisario,
connessi con gli effetti dovuti alla compressione
ipotalamò) creando quadri clinici complessi (effet­
operata sul parenchima ipofisario e sulle forma­
to massa).
La patogenesi degli adenomi ipofisari è com­ zioni anatomiche della regione (neoplasie dei
plessa ed esistono elementi che chiamano in causa gradi 2-3-4).
sia mutazioni genetiche responsabili di sintesi Tutti gli adenomi possono dare, per effetto
abnorme di fattori di crescita o dei loro recettori, massa, quadri sintomatologici che variano a secon­
che della sintesi di proteine capaci di segnali di da della velocità di accrescimento e dell'entità della
transduzione (mutazioni somatiche attivanti i geni massa raggiunta. La tabella 4 riporta i sintomi con­
che codificano per la sub-unità alfa della proteina nessi con la compressione operata dalla massa
trimerica Gs (Gs-alfa), la PKC (fosfochinasi C), la tumorale sul parenchima ipofisario e sulle strutture
subunità regolatrice-1 della proteinchinasi). La tra­ parasellari (effetto m assa).
scrizione alternativa di recettori per fattori di cresci­ Gli adenomi ipofisari hanno modalità diverse di
ta ad es. del ptd-FGFR4 (recettore 4 del Fibroblastic organizzazione strutturale: diversità da cui si pos­
Growth Factor, normalmente non espresso nelle sono evincere criteri prognostici.
cellule adenoipofisarie che invece esprimono solo Le modalità di accrescimento comunemente
gli FGFR 1-2-3), e del Pituitary tumor trasforming descritte sono:
gene (PTTG), fattori che divengono responsabili di
a) ad alveoli e cordoni simulanti la struttura dell'i-
trasformazione o di espansione clonale; mutazioni
che comportano perdita di funzione: MENI, RB, pofisi normale;
CDKN2A e CDKN1B. b) accrescimento di tipo diffuso;
I criteri di classificazione variano a seconda c) sinusoidale;
d) papillare;
e) a rosette perivascolari.
In qualche caso le cellule tumorali mostrano nel
citoplasma un alone perinucleare (tale da simulare
un oligodendroglioma); altre volte l'adenoma può
essere costituito da piccole e grandi cellule. L'iden-
tificazione immunoistochimica dell'ormone pro­
dotto dall'adenoma è oggi irrinunciabile, tenendo
anche presente che l'intensità della positività è
grossolanamente proporzionale al contenuto cito­
plasmatico dell'ormone secreto.
Inoltre, anche nello stesso adenoma, non tutte le
cellule sono reattive, specie se si tratta di forme
scarsamente granulate.
Alcune forme ipergranulate, in microscopia elet­
tronica, possono risultare immunoistochimicamen-
Fig. 19 - Base cranica di uomo di 59 anni deceduto per insuf­ te negative per ormoni noti. Questo fatto suggerisce
ficienza ipofisaria e sintomi da compressione delle strutture la possibile esistenza di molecole secretorie antige-
della regione sovrasellare: voluminoso adenoma responsabile
di atrofia paranchi male deil'adenoipofisi e dei sintomi dell'ef­
nicamente anomale. Di seguito vengono riassunti i
fetto massa per l'espansione sovrasellare della neoplasia che quadri morfologico-clinici di ogni singolo citotipo
aveva superato il diaframma della sella turcica. adenomatoso.
664 ; Adenoipofisi
Caratteri distìntivi degli adenomi ipofisari

Varianti citologiche Attività funzionali Quadri clinici endocrinopatici Freqù. %

Gruppo GH, PRL, TSH

1. Adenomi GH
- a cellule ipergranulate (eosinofili) Iperproduzione GH Acromegalia adulti, gigantismo in età ' 7
infantile
- a cellule ipogranulate (cromofobi) Nessuna apprezzabile Possibile gigantismo 6

2. Adenomi PRL
- a cellule ipergranulate (eosinofili) iperproduzione PRL Am enorrea/ga[attorrea perdita libido,
impotenza 25

- a cellule ipogranuiate (cromofobi) Produzione modesta di PRL Possibile amenorrea/galattorrea,


ridotta libido, impotenza

3. Adenomi misti a cellule PRL e cellule Iperproduzione GH+PRL Acromegalia o gigantismo, amenorrea, 5
GH (acidofili - cromofobi) galattorrea, impotenza

4. Adenomi mammo-somatotropi: cito- Iperproduzione contempora­ Acromegalia, amenorrea, galattorrea,


tipo acidofilo/cromofobo nea di PRL e GH impotenza V 1

Occasionale acromegalia, amenorrea,


5. Adenomi a cellule staminali acidofile iperproduzione PRL e GH ■■
gaiattorea

6. Adenomi a cellule TSH funzionanti, Iperproduzione TSH Ipertìroidismo


(in genere macroadenomi anche Effetto massa
infiltranti)

Adenomi non funzionanti Ridotta produzione TSH Ipotiroidismo <1


Effetto massa
Insufficienza ipofisaria

Gruppo ACTH

1. Adenomi Iperfunzionanti ACTH + betalipotropina Ipersurrenalismo (Cushing con iperpig- 10


+ M S H + endorfine mentazìone cutanea)
2. Non secernenti (tipo 1 ° e 2°) Nessuna Ipopituitarismo 3 .5
PRL incostante Effetto massa ■V ; 1.5
3. Sindrome di Nelson A C T H -M S H Iperpigmentazione, effetto massa < 1

Gruppo FSH - LH .

1. Iperfunzionante FSH-LH Silenzio clinico 10


Possibile ipogonadismo
2. Non funzionante Nessuna Effetto massa 15

Adenomi nuli celi . - . .

1. non oncocitico Nessuna Effetto massa


25
2. oncocitico Nessuna Effetto massa

Adenomi piuriormonaii ;

Diverse tropi ne Q uadri variabili a seconda delle


(GH, PRL, TSH) tropine secrete. <1
Tumori a cellule adenoipofisarte & 665
Conseguenze biologico-diniche
I j legateall'entitàdeil'effetto massa ■
ed alle modalità di espansione deifa
neoplasia ■ ■
« Deficit FSH-LH: Ipogonadismo
© Deficit di ormone somatotropo:
Compressione Rallentamento/arresto dell'accre­
dell'ipòfisi scimento {nell'infanzia}
® Deficit di TSH ; Ipotiroidismo
« Deficit di ACTH: iposurrenalismo
® Perdita percezione colore rosso
Comprèssione . ■ • Emianopsia bitemporaie
dei tratti ottici ® Scotomi
® Cecità
Compressione ® Oftalmoplegia
:dei :Seni caver nosi * Ptosi palpebrale
• Obesità
• Diabete insipido
Comprèssione : ® Disordini del sonno, della rego­
d e ll'ip o ta la m o ■ lazione temperatura corporea;;
dell'appetito, delia sete, del com­
portamento e della personalità

®: Ipertensione endocranica, idro­


Generali
cefalo, cefalea, psicosi, anosmia,
(effetto massa) ; :-
demenza

Adenomi funzionanti
In questo gruppo i vari adenomi sono classifica­
ti in rapporto alla loro produzione ormonale ed alla
presenza delle eventuali sindromi endocrine asso­
ciate.
A denom a som atotrop o (aden om a GH). Pressoché
invariabilmente è associato con livelli ematici ele­
vati di GH, di IGF-1 e con sintomi clinici di acrome­
galia o gigantismo. Gli adenomi GH densamente
granulati sono acidofili-orangiofili (Fig. 20); sempre
PAS negativi, crescono formando alveoli o cordoni.
Le cellule costituenti sono immunoreattive per l'or­
mone della crescita e, in sede perinucleare, per le
citocheratine a basso peso molecolare (citocheratine
8-18, Fig. 21). Di solito sono piccoli (microadenomi),
confinati entro la sella e localizzati prevalentemen­
te, almeno all'esordio, nelle ali laterali dell'adeno-
ipofisi dove, anche normalmente, si trova il mag­
gior numero di cellule acidofile. Le varianti scarsa­
mente granulate sono cromofobe, crescono per lo
più in modo diffuso, hanno nuclei irregolari e
nucleoli variamente evidenti in rapporto all'entità
dell'attività funzionale. L'esame ultrastrutturale
evidenzia sovente corpi fibrosi che sono strutture
paranucleari costituite da un groviglio di filamenti
di citocheratina (itiicrofilamenti di tipo II), granuli Fig. 20 - Adenoma ipofisario in soggetto acromegaiico: la
secretori (Fig. 22), mitocondri e centrioli. Gli adeno­ neoplasia è costituita da cellule acidofile, PAS negative a),
mi scarsamente granulati, rispetto alle forme iper- esprimenti intensa orangiofilia b) (PEO-400X).
666 ^ Adenoipofisi

Fig. 21 - Riscontri microscopici relativi alla patologia della figura 20: il citoplasma delle cellule neoplastiche lega anticorpi antì
GH, a) ed anticitocheratìne, b) (RICCh con anticorpi antì GH -400X- ed anti citocheratine. 400 X)

granulate, crescono più rapidamente,, danno più


frequenti recidive e si estendono al di fuori della
sella per invadere le strutture circostanti. Le forme
ipersecernenti, oltre alle modificazioni dello schele­
tro proprie deiriperproduzione di ormone della
crescita (si veda acromegalia e gigantismo), posso­
no causare diabete mellito, patologia cardiovascola­
re, aumento di incidenza di neoplasie maligne
(colon e mammella). Sono quindi responsabili
anche della riduzione dell'aspettativa di vita.
A denom a a p rolattin a (aden om a P R L ). E la neopla­
sia ipofisaria più frequente, responsabile della sin­
drome da iperprolattinemia (amenorrea con galat­
torrea e sterilità nella femmina, infertilità nel
maschio - si veda oltre -). In base alle affinità tinto-
riali questi adenomi a cellule epsilon, sempre PAS
negativi, se densamente granulati (rari) sono inten­
samente acidofili-orangiofili (Fig. 23) e fissano gli
anticorpi anti-PRL (Fig. 24a) mentre quelli scarsa­
mente granulati sono debolmente acidofili o cromo­
fobi. I microadenomi si organizzano per lo più in
Fig. 2 2 - L'immagine elettron-microscopica evidenzia, nel cito­ strutture papillari e sovente sono reperti occasiona­
plasma di una cellula neoplastica, grossi granuli di secrezione li in corso di autopsia. Nelle forme incidentali-silen-
GH, apparato di Golgi attivato ed i mitocondri. (ME, 13000 X). ti le cellule sono cuboidali e colonnari. Gli adenomi
Tumori o cellule adenoipofisorie 1 667

Fig. 23 - Adenoma adenoipofisario in soggetto con cirrosi epatica, ainecomastia e galattorrea: il citoplasma delle cellule neopla­
stiche è eosinofilo per ricco contenuto in granuli di secrezione acìdorili; i nuclei ipercromici hanno caratteri che indicano intensa
attività funzionale, (a: E.E 400x; b: PEO, 250x).

più grandi si accrescono per lo più in modo diffuso variabili di iperproduzione di prolattina e conse­
e sono costituiti da cellule poliedriche di grandezza guente sindrome da iperprolattinemia. Il quadro
intermedia. Una ulteriore, terza, modalità di accre­ istologico si caratterizza per accrescimento diffuso
scimento dà luogo ad isole neoplastiche separate da di elementi acidofili e/o cromofobi, PAS negativi.
ampi setti di connettivo ialino. In tutte le forme Le indagini immunoistochimiche evidenziano la
sono frequenti la fibrosi perivascolare, le emorragie presenza di popolazioni cellulari distinte e reattive,
focali, la necrosi e la presenza di cisti. In una discre­ rispettivamente, per GH e per PRL o subunità-alfa.
ta percentuale di casi si osservano anche calcifica­ La maggior parte dei tumori cresce lentamente ben­
zioni (non rari i corpi psammomatosi) e depositi di ché l'estensione soprasellare non sia infrequente.
sostanza amiloide. Le forme densamente granulate
hanno piccoli granuli sferoidali di 150-300 nm, Adenoma mammosomalo tropo (Adenoma GH~
intensamente positivi agli anticorpi anti-PRL, PRL). È neoplasia a lento accrescimento, in genere
essendo l'immunoreattività diffusa a tutto il cito­ intrasellare. Si associa spesso ad acromegalia di
plasma. Nelle forme scarsamente granulate la posi­ lunga durata o a gigantismo. Istologicamente que­
tività è ristretta alla regione del Golgi ed i granuli sti adenomi sono acidofili e PAS negativi. La secre­
sono di maggiori dimensioni (fino a 700 nm). L'in­ zione di GH e PRL e di subunità-alfa viene eviden­
vasione locale è relativamente frequente ma clinica- ziata, con l'immunocitochimica, mediante gli anti­
mente non sembra correlata con le dimensioni del corpi specifici, nel citoplasma delle stesse cellule
tumore. anche se gruppi di cellule possono essere reattivi
per uno solo dei due ormoni.
Adenoma misto a cellule Gtì e PRL (adenoma
GH+PRL). È composto da due diversi citotipi: il Adenoma acidofilo a cellule staminali. E costituito
citotipo somatotropo (secernente GH) e quello lat- da cellule considerate progenitrici comuni delle cel­
totropo (che produce PRL). Clinicamente si accom­ lule somatotrope e lattotrope. Sono neoplasie per lo
pagnano ad acromegalia o gigantismo con gradi più cromofobe o debolmente acidofile e PAS nega­
668 Adenoipofisi

Fig. 24 - Riscontro immuno-citochimico adenoipofisario relativo ai caso della figura 23: i granuli citoplasmatici delle celiule neo­
plastiche fissano anticorpi anti-PRL a), ed anticorpi anticitocheratine, b) (RICCh con anticorpi antiPRL e anticitocheratine; 400 X). I
nuclei in questi preparati hanno modificazioni indicative dell'intensa attivazione funzionale.

tive. Le indagini immunocitochimiche dimostrano femmine; nella maggior parte dei casi (85%) si trat­
la contemporanea presenza di GH e PRL nel cito­ ta di microadenomi. Tuttavia possono essere anche
plasma della stessa cellula. In genere la positività è macroadenomi. Le cellule costituenti queste neo­
più intensa per PRL che per GH. In microscopia plasie esprimono debole acidofìlia e scarsa PAS
elettronica hanno caratteristiche sia di cellule GH positività (Fig. 25) essendo loro carattere specifico -
cfie PRL, ma scarsamente granulate. I mitocondri quello di fissare gli anticorpi anti ACTH ed antici­
possono essere abbondanti e una trasformazione tocheratine (Fig. 26). È soprattutto la sindrom e di
oncocitaria, di entità variabile, è riscontrabile nella N elson - S alassa ad essere associata con macroade­
maggior parte dei casi. Tendono a crescere rapida­ nomi che sostengono un quadro anatomo clinico
mente e ad invadere le strutture circostanti. La loro caratterizzato da pigmentazione cutanea molto più
rimozione chirurgica è spesso difficoltosa. Causano intensa dì quella caratteristica del Cushing ipofisa­
per lo più i sintomi della iperprolattinemia associa­ rio, macroadenomì che insorgono in soggetti tratta­
ti a quelli della compressione. Sono insensibili al ti con surrenalectomia bilaterale per quadri, parti­
trattamento con bromocriptina, agonista dei recet­ colarmente gravi, di Cushing surrenalico. In queste
tori D2 che inibiscono la secrezione dì prolattina. circostanze, l'asportazione dei surreni, comportan­
Adenom a corticotropo (Adenoma ACTH). Si distin­ do la mancata produzione di cortisolo, con la con­
guono varianti funzionanti, forme silenti e la varian­ seguente soppressione della controregolazione
te responsabile della sindrome di Nelson-Salassa. negativa - feed-back negativo - (operato appunto
Gli adenomi corticotropi funzionanti producono dal cortisolo sulla produzione di CRH-ACTH),
ACTH ed anche altri ormoni di derivazione dalla induce una tumultuosa proliferazione, delle cellule
molecola POMC. Di solito sono associati con malat­ ACTH, strutturante Tadenoma. L'iperproduzione
tia di Cushing. Rappresentano il 10-15% degli ade­ di MSH è connessa con quella di ACTH ed è
nomi ipofisari e sono 5-10 volte più frequenti nelle responsabile della pigmentazione melanica, parti-
Tumori a cellule adenoìpofisarie ';■■■ 6 6 9

Fig. 25 - Adenoipofisi di donna di 52 anni con quadro clinico di


Cushing ipofisario:adenoma incasellare le cui cellulehanno cito­
plasma PAS-positivo con la colorazione PEO (PEO 200 X).

colarmente accentuata. L'organizzazione struttura­


le istologica può essere pseudopapillare o più spes­
so microalveolare o diffusa con trama sinusoidale
evidente. Le cellule sono grandi, con larghi nuclei
contenenti nucleoli prominenti. Il citoplasma è
molto ricco di granuli PAS positivi. Si distinguono
forme funzionanti (per ipersecrezione di ACTH-
MSH) e forme silenti (Fig. 30). Immunoistochimica-
mente le cellule neoplastiche così come quelle corti-
cotrope normali si marcano con anticorpi anti-
ACTH, anti-MSH, anti-beta-lipotropina o anti-
betaendorfine. È stata inoltre dimostrata una positi­
vità per la porzione N-terminale della POMC. È da
rilevare che la immunoreattività per le citocheratine
a basso peso molecolare risulta particolarmente
intensa in tutti gli adenomi associati a Cushing (sia
densamente che scarsamente granulati), mentre è
debole negli adenomi associati a sindrome di Nel­
son, nei quali manca il feed-back negativo esercita­
to dal cortisolo. Alcuni adenomi secernenti ACTH
possono essere costituiti in gran parte da cellule con
trasformazione Mina di tipo Crooke. E questa, un'alte­ Fig. 26 - Le immagini mostrano che il citoplasma delle cellule
razione delle cellule ipofisarie ACTH, consistente neoplastiche deil'aaenoma del caso della figura 25 lega anti­
nell'accumulo massiccio di filamenti intermedi che corpi anti-ACTH a} e anticitocheratine b) (250 X).
670 Adenoipofisi
appartengono alla classe delle citocheratine. Questa A den om i g on ad otrop i. Gli adenomi che originano
trasformazione morfologica, che comporta anche dalle cellule gonadotrope dell'ipofisi rappresenta­
atipie citonucleari, è caratteristica delle cellule cor- no una percentuale consistente dei macroadenomi.
ticotrope, quando si verifichi la soppressione del Causano disfunzioni pronunciate, associate spesso
feed-back negativo, ed è causata da livelli elevati a sintomi da effetto massa. Si riscontrano, soprat­
della cortisolemia. In questi casi l'indagine ultra­ tutto nei maschi, dopo i 50 anni. Raro il riscontro
strutturale, in molte cellule adenomatose, può ren­ nelle donne, nelle quali la diagnosi viene posta
dere evidente la presenza di fasci intracitoplasmati- spesso in ritardo perchè le gonadotropine prodot­
ci e perinucleari di microfilamenti insieme a corpi te non causano segni manifesti almeno nelle fasi
enigmatici. Questi ultimi sono larghi lisosomi com­ iniziali dello sviluppo. Molto recentemente è stato
plessi verosimilmente utilizzati nel riciclaggio di suggerito (Daneshdoost) che almeno 3/4 degli
prodotti di secrezione o nell'accumulo e rilascio di adenomi, apparentemente non secernenti e riscon­
prodotti degradati. trati nelle femmine, siano in effetti tumori a cellu­
le gonadotrope secernenti gonadotropine. Giova, a
Adenom i tireotropi. Estremamente rari (1%), sono i questo puntò, ricordare che le gonadotropine ipo-
meno frequenti fra gli adenomi ipofisari. Si tratta fisarie appartengono alla famiglia degli ormoni
quasi sempre di macroadenomi, anche invasivi, asso­ glicoproteici, famiglia che include anche il TSH e
ciati ad ipotiroidismo severo di lunga durata oppure la gonadotropina corionica. Tutti sono dimeri
ad iperfunzione della tiroide. Oltre che per la com­ costituiti da una subunità alfa e una subunità beta.
promissione della funzione tiroidea, si caratterizzano Tutti questi ormoni hanno in comune la subunità
anche per l'effetto massa che causa allargamento ed alfa mentre differiscono per quella beta che deter­
erosione della sella e difetti del campo visivo (gradi 3 mina la specificità biologica e immunologica di
e 4). In generale la diagnosi di adenoma tireotropo è ogni singola tropina. In soggetti normali la secre­
basata sulla associazione dei seguenti 3 criteri: zione di LH e FSH è stimolata dal GnRH ipotala-
1. presenza di tumore ipofisario (in genere mico ed inibita invece, per feedback negativo, dal
macroadenoma); testosterone nell'uomo e dell'estradiolo e dal pro­
2. alti livelli sierici di TSH; gesterone nella donna. Gli adenomi gonadotropi
3. identificazione delle cellule tireotrope sulla base possono secernere LH, FSH, subunità alfa, subuni­
dei caratteri ultrastrutturali ma, soprattutto, per tà beta singolarmente o in combinazione. Il qua­
l'immunoreattività agli anticorpi anti-TSH dro istologico di accrescimento è di tipo diffuso o
(Fig. 27). sinusoidale. Le cellule, spesso allungate le cui
espansioni hanno rapporti con i capillari, sono ero-
Istologicamente, le cellule sono polimorfe e mofobe e spesso è possibile identificare nel loro
spesso grandi con sottili processi, debolmente baso- citoplasma sparsi e scarsi granuli PAS positivi in
file e/o cromofobe. La PAS positività è per lo più posizione sub-plasmalemmatica. La positività
modesta (Fig. 27). I nuclei espansi e talora mostruo­ immunoistochimica per gli anticorpi anti-gonado-
si ed i nucleoli prominenti sono indicativi di inten­ tropine è variabile essendo, in alcuni casi, solo
sa attivazione funzionale. In microscopia elettroni­ focale. In microscopia elettronica i granuli sono
ca i granuli sono per lo più piccoli e disposti perife­ piccoli, circondati da un alone chiaro e per lo più
ricamente in vicinanza della membrana basale. localizzati nei processi citoplasmatici adiacenti ai

Fig. 27 - Adenoipofisi di donna di


43 anni con quadro clinico di iperti-
roidismo ed associata sintomatolo­
gia complessa per deficit endocrini
plurimi, - soprattutto surrenalici - e
per sintomi aa "effetto massa": ade­
noma ipofisario, con espansione ini­
ziale nella regione parasellare, costi­
tuito da celTuie con PAS-positività
citoplasmatica molto debole, imma­
gine a sn. (Pas-ematossilÌna,400X);
^indagine ICCh dimostra che il cito­
plasma delle cellule neoplastiche
rissa ¡'anticorpo anti-TSH, immagine
a dx. (RICCh con anticorpo anti TSH,
600 X).
Tumori a cellule odenoipofisorie & 671

vasi capillari. Negli adenomi che insorgono nelle re nelle fasi di esordio, da compressione del pedun­
donne è caratteristica la dilatazione dell'apparato colo. La citogenesi viene ricondotta ai fenotipi
di Golgi. gonadotropi, non differenziati e silenti finché non
danno segni di effetto massa.
Adenomi sperimentali. Si possono ottenere con
somministrazione di estrogeni (Fig. 28) (Mariuzzi), Adenomi silenti, anche se morfo-citochimicamente
dato di fatto che solleva il problema di una possi­ differenziati, non causano segni di secrezione di
bile genesi iatrogenica di neoplasie - adenomi -, tropine efficienti; i rilievi immunocitochimici e/o
quando la somministrazione di ormoni estrogeni ultrastrutturali consentono comunque di definire
sia protratta: ipotesi da considerare almeno quan­ la loro citogenesi.
do vi sia una anamnesi, in tal senso positiva. Sono clinicamente silenti anche gli adenomi
nuli celi, molto più frequenti, che non posseggono
Adenomi non funzionanti marcatori morfologici e immunoistochimici tali da
consentire Tindividuazione della loro citogenesi. I
Sono i più frequenti rappresentando un terzo quadri meglio definiti sono:
circa di tutti gli adenomi ipofisari. Tra essi rientra­
no anche le forme incidentali, caratterizzate da - gli adenomi silenti somatotropi, a prolattina e
accrescimento molto lento, rilevabili casualmente a TSH, hanno quadri morfologici sovrapponibi­
in corso di indagini radiologiche o di riscontri li a quelli delle corrispondenti forme funzionan­
autoptici; la loro prevalenza, con buona approssi­ ti, essendo di solito scarsamente granulati.
mazione, è considerata essere circa un quinto della Spésso sono reperti incidentali di autopsia. Le
popolazione generale. forme incidentali-silenti degli adenomi a PRL
Fra le varianti, le forme a crescita rapida, posso­ sono caratterizzate da cellule cuboidali e colon­
no facilmente assumere andamento clinico aggres­ nari;
sivo e raggiungere volumi anche ragguardevoli, - gli adenomi silenti corticotropi, descritti da Hor-
proprio in virtù del loro silenzio endocrino all'e­
sordio. Le manifestazioni cliniche, quando si fanno
palesi tardivamente, sono dominate dai sintomi
della atrofia da compressione del parenchima ipo­
fisario (Fig. 29), da effetto massa (cefalea, anomalie
del visus, deficit dei nervi cranici, ipopituitarismo)
o dalla sindrome del seno cavernoso. Possibile una
modesta iperprolattinemia sostenuta, in particola-

Fig. 28 - Base cranica di ratto sottoposto a trattamento protrat­


to con ormoni estrogeni, trattamento attuato per indagare le Fia. 29 - L'immagine microscopica evidenzia la disposizione
modificazioni correlative,morfoiogiche e funzionali, deil'adenoi- del reticolo che segna, nella parte inferiore dell'immagine, la
pofìsi: voluminoso adenoma comprimente le formazioni anatomi­ compressione e l'atrofia del parenchima operate dalla
che viciniori, compreso l'ipotaiamo. massa neoplastica. (Impregnazione argéntica 150X).
672 ^ Adenoipofisi
vath e Kovacs (1980), sono tumori a cellule amfo- dall'effetto massa. Sono adenomi cromofobi, le
fìle ACTH che tuttavia non danno evidenza clini­ cui cellule hanno citoplasma privo di microfila­
ca e biochimica di iperproduzione di questa tro­ menti di citocheratine, mentre contengono gra­
pilla. Clinicamente, si distinguono dagli adenomi nuli di secrezione piccoli che esprimono affinità
ACTH secementi, associati a Cushing, per: immunocitochimica per ACTH e peptidi corre-
lati con POMC (Fig. 31). Anche queste varianti
• i bassi livelli sierici di ACTH e di cortisolo;
sono responsabili di modesta iperprolattinemia.
• la possibile insorgenza in età avanzata;
• un rapporto M:F a vantaggio del sesso - È stato descritto anche un sottotipo III, variante
maschile (2:1); che Horvath et al. (1980) hanno identificato e
• sintomatologia legata all'effetto massa con considerato distinguibile e classificabile come
invasione della dura madre o anche di strut­ terzo tipo di adenomi silenti. È comunque forma
ture ossee nel 50% dei casi; che rappresenta un enigma nosologico. Infatti
sono adenomi che esprimono plurime differen­
® la frequente tendenza alla recidiva; ziazioni secretive, essendo, nelle loro cellule, più
© la frequente insorgenza di emorragia intratu- frequente la espressione di affinità immunoisto-
morale (apoplessia). chimica per GH. Nelle giovani donne in partico­
Hanno sempre i caratteri dei macroadenomi, a lare possono secernere PRL con iperprolattine­
cellule amfofile o cromofobe. Di solito non posseg­ mia e con quadro clinico di amenorrea e galat-
gono caratteri ultrastrutturali distintivi rispetto alle torrea. Nella maggior parte dei casi viene segna­
cellule degli adenomi corticotropi endocrinologica- lata recidiva, dopo ablazione chirurgica. L'iper-
mente attivi. Nel citoplasma si trovano granuli prolattinemia espressa da questa variante è pro­
secretori anche numerosi e.più piccoli che di norma blema di rilievo: infatti, mentre in qualche caso
e, in microscopia elettronica, microfilamenti e, tal­ può essere rapportata a compressione del
volta, voluminosi corpi inclusi. L'organizzazione peduncolo ipofisario con blocco funzionale della
strutturale istologica è usualmente: di tipo sinusoi­ circolazione ipofisaria e con riduzione del rila­
dale! Questi adenomi corticotropi silenti vengono scio di dopamina (quindi con liberazione di PRL
distinti in base ai loro caratteri microscopici, in due - blocco dell'effetto PIF -), in altri casi l'iperpro-
sottotipi (Scheithauer et al, 2000), entrambi comun­ duzione di PRL sembra collegabile con attività
que caratterizzati da rapido accrescimento: propria delle cellule, o di alcune delle cellule,
costituenti l'adenoma. In questi casi il tratta­
- sottotipo I a cellule basofile, dei quali oltre il mento con octreotide, può normalizzare i livelli
50% persiste o recidiva dopo intervento; hanno sierici di PRL, senza tuttavia incidere sulla
caratteri immunoistochimici e ultrastrutturali regressione del tumore.
simili .a quelli degli adenomi associati con sin­
drome di Cushing e contengono filamenti di
citocheratine, potendo dare anche segni di iper-
Adenomi "null-cell" (indifferenziati)
prolattinemia (Fig. 30); Si tratta di un gruppo di adenomi clinicamente
- sottotipo ll,foim e cromofobe, non di rado evol­ non funzionanti privi di caratteri immunoistochi­
venti in apoplessia ipofisaria con secondario mici o ultrastrutturali specifici. In genere sono
panipopituitarismo che può dipendere anche voluminosi, clinicamente aggressivi; infatti, o

Fig. 30 - Adenoma silente corticotropo tipo i. a) debole PAS positività citoplasmatica; b) reattività per citocheratina.
Tumori a cellule adenoipofisarìe & 673

Fig. 31 - Adenoma silente


corticotropo tipo il.

anche in virtù del loro silenzio clinico, finiscono


per raggiungere l'evidenza clinica solo tardiva­
mente con i sintomi deireffetto massa o della sin­
drome del seno cavernoso. L'eventuale, modesta,
iperprolattinemia può essere sostenuta da com­
pressione del peduncolo. Si ritiene che molte di
queste neoplasie siano adenomi a cellule gonado­
trope, funzionalmente non differenziate, silenti
finché non danno segni di effetto massa. Singole
cellule possono mostrare positività per le subunità
alfa o beta degli ormoni glicoproteici.
Viene descritta anche una variante oncocitaria
(o n co cito m a ) (Fig. 32) costituita da cellule con
citoplasma granuloso, acidofilo, nella quale l'in­
dagine ultrastrutturale evidenzia piccoli granuli,
spesso disposti alla periferia della cellula, e
numerosi mitocondri (responsabili dell'aspetto
oncocitario).
Le forme non-oncocitarie, circa il 75% dei casi,
sono caratterizzate da accrescimento, diffuso o
papillare, di cellule cromofobe, PAS negative.

Adenomi pluriormondi
Sono costituiti da due o più popolazioni cellula­
ri morfologicamente e immunocitochimicamente
fra loro distinte. Le forme più comuni sono quelle a
GH-PRL, già considerate; ma sono state descritte
tutte le possibili associazioni. Quando funzionanti,
sostengono quadri endocrini compositi e clinica­
mente caratterizzati dai segni indotti dagli ormoni Fig. 32 - Uomo di 62 anni con il quadro clinico dell'insufficien­
za ipofisaria: adenoma ipofisario incasellare, silente, con i
prodotti. Si distinguono anche forme silenti (ad caratteri microscopici deli'adenoma papillare oncocitario.
esempio, adenoma silente sottotipo III). (Emat. Eos. 150X).
674 & Adenoipofisi
Carcinomi ipofisari e adenomi invasivi ormoni che mediano la somatotropina (GH) - come
IGF (Insulin-like Growth Factor), essendo 1TGF1
Allo stato attuale l'unico criterio valido per la quello di maggior rilievo. Questa proteina basica
identificazione dei carcinomi ipofisari é la presenza circola legata a sei distinte proteine di legame (IGFs
di metastasi intra o extr acr artiche : seguendo questo - Binding Proteins - IGFBP) delle quali il terzo
criterio anatomoclinico, sono neoplasie di riscontro gruppo è il più utile avendo la funzione di protrar­
eccezionale. Vanno perciò distinti dagli adenomi re di molto l'emivita di IGF1 ed i suoi effetti. Le
ipofisari invasivi, assai più frequenti, i quali sono somatomedine, oltre agli effetti specifici - accresci­
caratterizzati da infiltrazione estesa della capsula mento corporeo - controllano anche, per controre­
ipofisaria, dei seni durali, dei seni nasali e delle golazione negativa, l'attività delle cellule ipofisarie
strutture nervose sovrastanti. Sono neoplasie di cel- GH, nonché dei neuroni ipotalamici secernenti
lule scarsamente granulate o del tutto cromofobe, GHRH. La produzione di GH è controllata anche
essendo la PRL l'ormone secreto con maggior fre­ dalla somatostatina, ormone ipotalamico che inibi­
quenza. Invece i carcinomi veri, quando attivi, sce la produzione ipofisaria di GH assieme a quella
secernono soprattutto l'ACTH. di TSH (ipotiroidismo nei soggetti - bambini - con
ritardo di crescita). L'azione di controregolazione
negativa interviene quando aumenta in circolo il
i l Quadri clinico-patologici correlati tasso di GHRH e di GH. Pertanto la funzione ipofi­
con le anomalie di secrezione saria di controllo dell'accrescimento somatico è
soggetta ad un vaglio veramente complesso per
delle varie tropine ipofisarie impegno di diverse molecole, per la sintesi delle
Le alterazioni anatomiche e funzionali dell'ade­ quali vengono oggi identificati diversi difetti gene­
noipofisi causano quadri clinico-patologici, anche tici che comportano, alla fine, quadri clinici di
molto complessi, in rapporto ai danni attuali di fun­ insufficiente funzione somatotropa. Essendo i difet­
zione della ghiandola o delle ghiandole coinvolte. ti genetici identificati connessi con:
Si distinguono forme:
- la sintesi di una molecola di GH inefficace che,
1. genetiche sostenute dalla sintesi abnorme, dalla per mutazione in 17q22 - 24, causa nanismo con­
anormalità degli ormoni, o dei recettori per fat­ genito: è forma ereditaria a trasmissione (auto-
tori della controregolazione negativa, o dei somica) sia dominante che recessiva;
recettori per fattori di trascrizione; - la sintesi dei recettori per GHRH in cui la muta­
2. da eventi destruenti come emorragie, infarti, zione in 5pl3 - 12 causa il quadro del nanismo
neoplasie primitive non funzionanti, metastasi, di Laron a trasmissione autosomica recessiva.
ablazioni chirurgiche, iperplasie di singoli citoti-
Il deficit d i fu n zion e GH, comunque insorto, è
pi indotte soprattutto da anormalità funzionali
causa nel bambino del nanismo ipofisario armoni­
ipotalamiche;
co. Nell'adulto non produce manifestazioni cliniche
3. da particolari condizioni fisiologiche (come le
patenti, pur essendo responsabile di ìpoglicemia ed
iperplasie delle cellule epsilon in gravidanza,
obesità. Inoltre comporta un tasso ridotto di morta­
(Fig. 16);
lità per patologia neoplastica, una maggiore suscet­
4. adenomi ipofisari secernenti.
tibilità alla patologia cardiovascolare ed un ridotto
Le condizioni patologiche 1) e 2) sono la causa fabbisogno di insulina nella terapia del diabete. I
anatomica delle insufficienze ipofisarie e dei quadri maggiori quadri clinici di questo deficit in età
clinici connessi, mentre quelle 3) e 4), relative a con­ infantile sono:
dizioni di iperfunzione/ipersecrezione tropinica,
• il nanism o ip ofisario, definito anche nanismo
comportano quadri sintomatologicì, più o meno
armonico, in opposizione al nanismo tiroideo
complessi, in rapporto con l'attività attuale di iper-
che è disarmonico. Si manifesta quando il deficit
secrezione. L'esposizione a seguire considera
GH è congenito o insorge neH'mfanzia. Il deficit
distintamente le alterazioni di secrezione delle sin­
di GH è responsabile anche dell'acromicria (il
gole tropine.
contrario di acromegalia): i bambini affetti
hanno in genere estremità di piccole dimensioni,
Quadri clinico-patologici da alterata naso piccolo, pelle sottile, viso infantile, massic­
secrezione di GH, ormone somatotropo cio facciale poco sviluppato, con retrognatismo.
Lo sviluppo intellettuale non è compromesso.
L'ormone somatotropo (GH), che impegna circa
L'età, valutata radiologicamente, risulta essere
il 40-50% delle cellule dell'ipofisi anteriore, è accu­ ritardata e proporzionata al ritardo di crescita.
mulato in forma polimera nei granuli acidofili delle
Vanno richiamate le forme della:
cellule acidofile alfa. Viene liberato, per secrezione
pulsatile, soprattutto dopo assunzione di cibo, eser­ - sindrome di Laron: quadro di deficit isolato di
cizio fisico e durante il sonno. Agisce stimolando la GH causato da sintesi abnorme dei recettori
formazione di fattori di crescita - somatomedine o per GH dovuta a mutazione recettoriale che
Quadri clinico patologici correlati con le anomalie di secrezione delle varie tropine ipofisarìe ® 675
non consente ai bersagli specifici di legare subisce un aumento volumetrico secondo tutti i
l'ormone che può essere anche ipersecreto: il diametri per una diffusa iperostosi dipendente da
mancato stimolo GH è la causa del nanismo; ossificazione periostale delle ossa della volta; la
- la sindrome di Merimée: ulteriore condizione mandibola aumenta di volume e si realizza un pro­
di difetto isolato di GH, sostenuta da deficit nunciato prognatismo con distanziamento dei denti
di somatomedina. Si associa sempre a diabe­ (Fig. 34). Le arcate sopraorbitarie, le ossa zigomati­
te mellito di primo tipo (insulino-dipenden- che e la protuberanza occipitale divengono più pro­
te). La particolarità interessante di questa minenti. La colonna vertebrale è interessata da tre
sindrome è che i pazienti che ne sono affetti ordini di fenomeni:
non sviluppano né micro, né macroangiopa-
- aumento di spessore dei dischi intervertebrali
tia diabetica.
per proliferazione del pericondrio con trasfor­
L'eccesso di fun zion e GH è la causa dell' acrom ega­ mazione ialina della cartilagine;
lia nell'adulto e del gigantism o prima della puber­ - neoformazione ossea dal periostio, particolar­
tà. La diagnosi è biochimicamente legata alla dimo­ mente nella superficie ventrale che causa un mar­
strazione di aumento elevato dei livelli sierici di cato ispessimento della corticale (talvolta la neo-
GH e di IGF1 (Insulin-like Growth Factor 1) o formazione ossea produce esostosi marginali);
somatomedina C. - fenomeni di riassorbimento deU'osso spugnoso
A crom egalia. È malattia molto più complessa e soprattutto nelle fasi avanzate della malattia.
più severa del semplice, e più evidente, danno este­
Il concorrere di questi processi morbosi determi­
tico connesso con le deformazioni craniofacciali e
na variabili deformazioni della colonna vertebrale e
quelle delle estremità (Fig. 33) (mani e piedi ingi­
gantiti). L'ipersecrezione di GH da parte di un ade­
noma acidofilo causa, in soggetti adulti e comun­
que dopo il saldamento delle cartilagini di accresci­
mento, iperostosi con rilevanti deformazioni faccia­
li e soprattutto vertebrali; ispessimento dei tessuti
molli con macroglossia ed artropatia; alterazioni
cardiovascolari per ipertensione, cardiomegalia ed
ipertrofia ventricolare sinistra. Il quadro clinico è
caratterizzato da ingrossamento delle mani (Fig. 33)
e dei piedi, delle ossa e della cute nonché da splanc-
nomegalia. Infatti l'ormone somatotropo esercita
una azione di stimolo non solo a livello del tessuto
osseo, ma anche sui tessuti cartilagineo, connettiva-
le, muscolare e sui diversi parenchimi. Stimolo che
si esprime con fenomeni di accrescimento favoriti
da un'azione anabólica generale e condizionati da
una sufficiente secrezione di insulina. Le alterazio­
ni dello scheletro sono causate dal fatto che il GH
favorisce la formazione encondrale, pericondrale e
periostale di osso ed iperplasia cartilaginea con
interessamento delle cartilagini costali, nasali, auri­
colari, laringee e dei dischi intervertebrali. Il cranio

Fig. 34 - Quadro d'insieme delie alterazioni radiologiche cau­


sate da adenoma responsabile di ipersecrezione di GH: a cari­
co del cranio (A e B) sono evidenti ('allargamento della sella tur-
cica e dei seni paranasali nonché il cospicuo allungamento della
mandibola; a carico delle mani {C e D) l'ingrossamento delle
Fig. 33 - Soggetto di 38 anni portatore di adenoma GH: alte­ varie falangi le cui estremità, ingrossate, mostrano architettura
razioni cranio-facciali e delle mani, proprie dell'acromegalia. rarefatta dei capi articolari per irregolare neoformazione ossea.
6 7 6 Ks Adenoipofisi
più frequentemente una cifosi dorsale associata con bete mellito di tipo ipofisario, pertanto insulino-resi-
una lordosi lombare. stente (20-30% dei casi), responsabile anche del
L'ingrossamento delle mani e dei piedi dipende rischio consistente, per questi pazienti, degli acciden­
da un aumento della lunghezza e dello spessore ti cardio- e cerebro-vascolari già richiamati. Assieme
delle ossa carpali e tarsali (Fig. 34); tuttavia anche le alle insufficienze respiratorie, le complicazioni car­
restanti ossa delle estremità sono compromesse diovascolari rappresentano la causa maggiore di
sempre per fenomeni di apposizione ossea perio- mortalità. Nell'evoluzione della acromegalia, ma
stale. Il torace si deforma soprattutto per aumento anche del gigantismo, cioè dei quadri clinici dipen­
nella lunghezza delle singole coste e per accresci­ denti da tumori ipofisari GH, compaiono con fre­
mento delle cartilagini costali con aumento del dia­ quenza sintomi di insufficienza ipofisaria dapprima
metro antero-posteriore del torace. L'iperplasia del settoriale (gonadotropa già richiamata) e poi globale.
tessuto cartilagineo comporta deformazioni, per Si tratta di un complesso sintomatologico dovuto
ingrossamento, degli organi dotati di strutture car­ all'atrofia del tessuto ipofisario, atrofia ingravescente
tilaginee, in particolare è evidente la deformazione connessa con la compressione progressiva operata
delle orecchie e del naso, che sono molto ingrossati. dal tumore. La malattia comporta ancora un aumen­
Spesso si verificano calcificazioni del tessuto carti­ to delTincidenza di patologie neoplastiche, soprat­
lagineo (cartilagini costali, del padiglione auricola­ tutto del colon (polipi - carcinomi).
re, cartilagini nasali). L'interessamento delle cartila­ Causa dell'acromegalia, così come di giganti­
gini articolari può condurre a processi di artrosi smo, in qualche caso, è un adenoma eosinofilo ecto-
deformante. L'ispessimento da iperplasia fibrobla- pico, .della volta del faringe oppure del seno sfenoi-
stica con fibrosi può causare anche altre patologie dale.: Sono stati descritti casi sostenuti da semplice
come la sindrome del tunnel carpale. iperplasia eosinofila diffusa, verosimilmente, di ori­
La muscolatura scheletrica è ipertrofica soprat­ gine ipotalamica per iperproduzione di GHRH
tutto nelle fasi iniziali della malattia; tuttavia, a .(gangliogliocitoma ipotalamico). Si conoscono infi­
parità di peso la muscolatura diviene meno effi­ ne condizioni in cui non si sono potute documenta­
ciente rispetto alla muscolatura normale. Nelle fasi re alterazioni ipofisarie: per queste forme si invoca
avanzate possono attuarsi lesioni atrofiche con ato­ una abnorme ipersensibilità recettoriale alTormone
nia muscolare responsabile di astenia anche molto somatotropo, pur prodotto in quantità normali
marcata. La cute ed il tessuto sottocutaneo risultano (valori normali di GH sierico).
aumentati di spessore; anche gli annessi cutanei Gigantismo. La iperproduzione dì GH, che si
sono ipertrofici talvolta con sviluppo considerevole instauri prima della pubertà, determina il quadro
dell'apparato pilifero; le secrezioni sebacea e sudo­ clinico del gigantismo. La malattia è di rara osser­
ripara sono molto aumentate. L'ingrossamento vazione e colpisce prevalentemente soggetti maschi
della laringe e del faringe per aumento volumetrico (Fig. 35). È discrinia caratterizzata da uno sviluppo
dei tessuti molli, compresa l'ipertrofia della lingua armonico del sistema scheletrico che, non solo è più
(macroglossia), possono creare ostacoli respiratori veloce che di norma, ma anche protraentesi oltre il
soprattutto durante il sonno: rilevante può essere la ventesimo anno. In quest'ultima circostanza, nei
compromissione della voce con modificazione del
timbro verso i toni bassi.
Tutti i parenchimi sono aumentati di volume
(splancnomegalia), per iperplasia oppure per sempli­
ce ipertrofia, ma il danno di maggior rilievo è a cari­
co dell'apparato cardiocircolatorio e consiste di iper­
tensione - in un terzo dei casi - con associate lesioni
arteriosclerotiche -, coronarosclerosi e cardìomegalia
per cardiopatia ipertrofica. Precoci sono i disturbi
nell'ambito della sfera genitale, inizialmente e transi­
toriamente per segni di ipergenitalismo, seguiti da
quadri di ipogenitalismo con atrofia delle gonadi e
degli organi del tratto genitale. La tiroide, di solito
ingrossata e con segni istologici di attivazione fun­
zionale, eccezionalmente è responsabile di segni cli­
nici di ipertiroidismo. Anche i surreni sono ipertrofi­
ci ed in qualche caso iperfunzionanti al punto da rea­
lizzare anche quadri clinici complessi per associazio­
ne di sintomi del Cushing. Nella diagnosi differen­
ziale di queste discrinie associate è da tener presente
l'eventualità che quadri clinici così compositi dipen­
dano da adenomi ipofisari con secrezione pluriormo- Fig. 35 - Soggetto gigante di 39 anni con evidente acromega­
nale. Una complicanza abbastanza frequente è il dia­ lia per adenoma ipofisario GH a lento accrescimento.
Quadri clinico patologici correlati con le anomalie di secrezione delle varie tropine ipofisarie ® 677
casi non trattati e se non interviene la morte, posso­ La distruzione dell'ipotalamo o l'interruzione
no associarsi sintomi dell'acromegalia. Lo sviluppo del peduncolo ipofisario causano attivazione fun­
sessuale può essere normale e può coesistere iper- zionale delle cellule ipofisarie secernenti prolattina,
funzione tiroidea. Le forme sostenute da neoplasie quindi iper-prolattinemia. Il fattore inibente la pro­
ipofisarie funzionanti, nella loro progressione, pos­ duzione di prolattina, la dopa mina (PIF), secreta dai
sono causare anche segni di ipopituìtarismo, come neuroni del nucleo arcuato, raggiunge l'eminenza
ipogonadismo o iposurrenalismo, legati alla com­ mediana lungo gli assoni nervosi. Qui liberata,
pressione operata dal tumore sul circostante paren­ viene poi trasportata/ per la via ematica del circolo
chima ipofisario. È da tenere tuttavia presente che portale ipofisario, all'adenoipofisi dove inibisce
non tutti gli adenomi acidofili dell'ipofisi hanno tanto la secrezione dì PRL che la sua immissione in
andamento progressivo: pertanto resito letale non è circolo. L'iper-prolattinemia, stimolando la secre­
costante, soprattutto quando venga identificata e zione ipotalamica di dopamina (PIF), esplica quindi
trattata la lesione causale, in genere appunto un un autocontrollo per controregolazione. Fattore ipo-
adenoma. Siccome l'esordio, e soprattutto l'evolu­ talamico per secrezione e liberazione di PRL sembra
zione, ha decorso indolente, la diagnosi troppo essere il neurotrasmettitore VIP con funzioni di
spesso è tardiva (anche a 10 anni dall'esordio), PRL-RH, ipotesi questa che sembra trovare confer­
quando le alterazioni sistemiche, cardiovascolari in ma in esperimenti condotti su maiali e su ratti. È
particolare, possono essere già progredite. Una anche dimostrato che la somministrazione di TRH,
associazione abbastanza frequente è quella con il l'ormone ipotalamico che libera il TSH, oltre alle
diabete di tipo ipofisario. sue azioni specifiche, induce anche incremento di
Il gigantismo eunucoide, forma rara e singolare, sintesi della prolattina. Nella donna l'iper-PRL com­
insorge in soggetti già affetti da ipogonadismo cioè porta alterazioni del ciclo mestruale inibendo la
da patologia che, ritardando l'epoca di saldamento secrezione ipotalamica di GnRH e quindi anche la
delle cartilagini d'accrescimento, prolunga così il liberazione delle gonadotropine FSH ed LH. Così
periodo dell'accrescimento scheletrico. Questo qua­ l'iperprolattinemia, oltre a causare galattorrea,
dro clinico impone comunque di esplorare sempre induce ipogonadismo e, nelle donne, amenorrea.
la possibilità dell'associazione di ipersecrezione di Esercita infine un'azione di inibizione diretta sul­
GH da parte dì un adenoma: in questo ultimo caso l'attività delle gonadotropine, interferendo con i
si tratta del gigantismo vero che, nell'evoluzione, recettori per l'LH a livello delle cellule bersaglio
può comportare l'eunucoidismo già richiamato. delle gonadi. La galattorrea non é un sintomo speci­
fico né costante e la sua insorgenza é subordinata
Quadri clinico-patologici da alterata alla presenza di un'appropriata stimolazione del
tessuto mammario da parte di altri ormoni e, in par­
secrezione di PRL
ticolare, da parte degli estrogeni. I quadri clinici
La prolattina è secreta dalle cellule eosinofilie fondamentali connessi con l'iperprolattinemia sono:
(epsilon) che, in corso di gravidanza, attuano il qua­
- Sindrome di Forbes-Albright, caratterizzata da
dro dell'iperplasia ipofisaria gravidica già considera­
amenorrea e galattorrea con segni clinici di
ta, Si definisce, invece, sindrome ipei'prolattinica il
tumore ipofisario;
quadro clinico caratterizzato da ipogonadismo, con
- Sindrome di Chiari-Frommel, con amenorrea e
o senza galattorrea, connesso con aumento dei livel­
lattazione, persistente dopo il parto, in assenza
li sierici di prolattina. L'ipogonadismo nella donna
di segni di tumore ipofisario;
può manifestarsi anche con oligomenori'ea e ame­
- Sindrome di Del CastiUo, o amenorrea con
norrea e, talvolta, con metrorragie. Nei maschi il
galattorrea, senza evidenza di tumore ipofisario
quadro clinico è segnato da impotenza e/o sterilità.
e non collegabile con gravidanza recente; in
Le cause dell'iperprolattinemia possono essere
qualche caso può essere connessa con stress.
molteplici essendo, l'ormone-tropina, secreto toni­
camente da parte delle cellule ipofisarie acidofile Attualmente, nella pratica clinica, si preferisce
epsilon. Regolate dall'ipotalamo, secrezione e libe­ specificare anche la causa della iperprolattinemia,
razione di PRL seguono una periodicità circadiana soprattutto se fisiologica, oppure iatrogenica o
con andamento difasico essendo quelli notturni i decisamente patologica. Essendo annoverate fra le
valori più elevati. Incremento questo strettamente cause fisiologiche, oltre alla gravidanza, all'allatta-
dipendente dal sonno: infatti é sufficiente mantene­ mento ed allo stress, le forme legate al sonno. La
re il soggetto sveglio perchè il ritmo non si attui. Se iperprolattinemia da stress (si veda il capitolo 6.4)
il sangue viene prelevato a cadenze di tempo brevi va valutata a parte e considerata tale solo dopo l'e ­
talvolta è possibile osservare oscillazioni rapide sclusione di altre possibili cause. Le forme iatroge-
della secrezione ormonale, correlate con stimoli fisi­ niche sono connesse con l'impiego di farmaci che
ci, emozionali, con il pasto e, nelle donne che allat­ bloccano i recettori dopaminergici o che provocano
tano, con la suzione del capezzolo. La secrezione é liberazione di catecolamine (fenotiazine, butirrofe-
tonicamente soppressa dal PIF, cioè dalla dopami- nonì, benzamidi, pimzide, reserpina, alfametil-
na, secreta dai neuroni tubero-infundibolari. dopa).
678 ^ Adenoipofisi
A parte viene descritta anche la sindrome iper- nell'età adulta, quando la secrezione di gonadotro­
PRL connessa con gli adenomi a cellule lattotrope. pine diviene continua per ridotta o soppressa con­
Sono, questi, gli adenomi che incidono con maggior troregolazione. Le secrezioni di steroidi gonadici,
frequenza, essendo l'incidenza delle forme patenti, indotte da LH, accelerano la maturazione puberale
nella popolazione generale, pari a 3 per 100.000. Tut­ con duplice meccanismo: per feed-back positivo sui
tavia gli adenomi di piccole dimensioni (microade­ neuroni ipotalamici secernenti GnRH la cui produ­
nomi con diametro inferiore a 10 mm) sono molto zione viene aumentata; ed ancora per potenziamen­
più frequenti e possono restare silenti, o apparente­ to dell'azione di GnRH sulle cellule ipofìsarie gona­
mente silenti, soprattutto nel maschio. Vengono, dotrope. Quali siano i momenti o fattori che presie­
invece, diagnosticati i macroadenomi che, oltre all'i- dono all'attuazione di dette variazioni funzionali,
perprolattinemia, causano anche segni di compres­ al momento della pubertà, non è stato ancora defi­
sione delTadenoipofisi o segni di massa per estrinse­ nito. Viene suggerita l'esistenza di un feed-back
cazione extrasellare. Gli adenomi ipofisari secernen- positivo mediato da steroidi androgeni di origine
ti PRL e GH, così come i casi segnalati di ganglioci- surrenalica „(deidroepiandrosterone), la cui produ­
toma ipotalamico secemente, producono quadri cli­ zione aumenterebbe nelle fasi iniziali della pubertà.
nici più complessi perchè, alle azioni proprie della Viene ipotizzato anche un qualche ruolo della mela-
PRL, si sommano quelle del GH, in particolare la tonina epifisaria. Perchè la pubertà si realizzi sono
splancnomegalia, l'ipertrofia miocardica, l'attivazio­ comunque necessarie tanto la normale funzione dei
ne tiroidea e surrenalica, nonché i segni di insuffi­ neuroni ipofisotropici GnRH-secernenti (nucleo
cienza gonadotropa con atrofia gonadica, almeno nei preottico e area ipotalamica laterale) quanto la ces­
quadri anatomoclinici più progrediti. sazione deH'inìbizione funzionale, in qualunque
modo esercitata su questi neuroni.
Quadri clinico-patologici da alterata In su fficien za g o n a d o tr o p a . Recentemente sono
secrezione di GnH, gonadotropine stati descritti quadri clinici da insufficiente funzio­
ne gonadotropa causata da alterazioni genetiche
Le gonadotropine, FSH ed LH, sono ormoni gli- responsabili della sintesi di ormoni ipofisari gona­
coproteici costituiti da una subunità alfa, comune dotropi abnormi ed inefficaci: riguardano tanto la
per entrambe le gonadotropine, e da una subunità sintesi di FSH che di LH con conseguente ipogona-
beta che diversifica i due ormoni conferendo loro la dismo tanto nel maschio che nella femmina. Analo­
specificità delle loro funzioni. La loro produzione è ghe conseguenze derivano da alterazioni genetiche
pulsatile ma i ritmi sono diversi nei due sessi: nella nella sintesi dì recettori periferici per FSH e LH. Le
femmina il ritmo segue le fluttuazioni del tasso forme per anormalità molecolari di FSH, o dei
ematico degli steroidi - estrogeni e progesterone - recettori per lo stesso ormone, sono ereditarie a tra­
indotte dalle due gonadotropine: produzione che smissione autosomica recessiva e riguardano nelle
dipende dal neurormone GnJRH ipotalamico e dai femmine alterazioni in llp l3 nelle sintesi di FSH ed
ritmi/pulsazioni della sua secrezione/liberazione in 2p21-16 nella sintesi dei suoi recettori. In questi
ipotalamica, pulsazioni che occorrono ogni 60-120 casi l'ipogonadismo si manifesta precocemente con
minuti. Le pulsazioni secretorie di GnRH, oltre che insufficienza ovarica essendo compromesse in par­
da stimolazioni nervose, positive e negative, sono ticolare l'oogenesi, con sterilità nella femmina e la
condizionate, nelle donne, anche dai tassi ematici spermatogenesi nel maschio, fino alla infertilità. Le
degli estrogeni. Il picco estrogeno preovulatorio forme di sintesi anormale dell'ormone ipofisario
induce aumento di frequenza e di entità delle pul­ LH, pure ereditarie e con trasmissione autosomica
sazioni GnRH/gonadotropiniche; ma l'aumento di recessiva, sono dipendenti da alterazioni in
estrogeni, quando persistente e protratto, esercita 19pl3.32; mentre i quadri di deficit di LH per anor­
un'azione inibitoria. Il progesterone, invece, rallen­ malità molecolare nei recettori derivano da altera­
ta le frequenze di liberazione di GnRH dall'ipotala- zioni in 2p21. Il quadro clinico è, in entrambi i sessi,
mo, ma aumenta la risposta delle cellule ipofìsarie quello delTìpogonadismo.
gonadotrope allo stesso GnRH. La sintesi di FSH è Ancora ipogonadismo da deficit di gonadotro­
ancora controllata dagli ormoni inibina ed attìvina, pine può dipendere da lesioni anatomiche dell'ipo­
peptidici gonadici della famiglia dei Transforming fisi (infarti, emorragie, tumori primitivi non secer­
Growth Factors (TGF beta). Nella donna l'FSH ha nenti gonadotropine, da processi metastatici, da
una azione sinergica con l'LH e con gli estrogeni, eventi flogistici, da processi granulomatosi, da
nel promuovere la crescita e la maturazione del fol­ traumi e da atti chirurgici nella sede).
licolo ooforo. Infine deficit gonadotropo, con atrofia seconda­
La pubertà inizia con una progressiva matura­ ria delle gonadi e danni correlati, compresa l'infer­
zione delle cellule gonadotrope adenoipofisarie e tilità, si verificano nella patologia da stress, soprat­
con la secrezione di considerevoli quantità di LH, tutto per stress intensi e protratti (si veda il capito­
sopratutto durante il sonno. Questi picchi di LH lo relativo). Il deficit di LH deriva, in questo caso,
dipendono da altrettante pulsazioni secretorie di dalla deviazione secretoria ipotalamica, indotta
GnRH. Le variazioni nictemerali di LH scompaiono dallo stress che comporta sopratutto inattivazione
Quadri clinico patologici correlati con le anomalie di secrezione delle varie tropine ipofisarie & 67 9
della produzione di GnRH e l'attivazione esclusiva tina. L'abolizione della funzione tiroidea (chirurgi­
dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Deviazione, ca, da irradiazione, da fattori gozzigeni o da patolo­
comunque, reversibile e che si manifesta nella gie destruenti la tiroide, tiroiditi croniche in parti­
donna con amenorrea ed infertilità, ma anche con colare) inducendo nell'ipofisi ipersecrezione di
galattorea per contemporaneo aumento di produ­ TSH per mancanza della controregolazione negati­
zione di PRL; nel maschio con segni di ipogonadi­ va, operata di norma dagli ormoni tiroidei, sull'ipo­
smo inclusa l'infertilità. fisi e sui neuroni ipotalamici secernenti TRH com­
porta iperprolattinemia per gli effetti del TSH sulle
Iperfunzione g on ad o trop a. Anche l'iperproduzione
cellule lattotrope (PRL).
di gonadotropine può nascere da alterazioni geneti­
La secrezione pulsatile di TSH non ha le escur­
che. Il quadro già identificato dipende da una ano­
sioni diurne caratteristiche di altri ormoni ipofisari
malia localizzata sul cromosoma 2p21 che codifica
anche per l'emivita prolungata del TSH. L'iperse­
per recettori di LH i quali, per questa modificazio­
crezione di TSH causa ipertiroidismo secondario
ne, attivano in modo eccessivo la funzione LH nelle
(ipofisario) o terziario (ipotalamico). Sono eventi
corrispondenti cellule ipofisarie. Questa anormalità
eccezionali anche perchè gli adenomi a cellule
genetica è ereditaria, a trasmissione autosomica
dominante e responsabile di pseudo-pubertà preco­ tireotrope sono di solito macroadenomi che causa­
ce nel maschio per stimolazione anticipata di LH no soprattutto sindromi da compressione. È stata
che evoca sintesi e liberazione di testosterone da invece isolata una forma di ipertiroidismo eredita­
parte delle cellule di Leydig dell'interstizio testico­ rio, a trasmissione autosomica dominante, per
lare. Manca invece l'attivazione della spermatoge- anormalità localizzata sul cromosoma 14q31 che
nesi che dipende dallTSH. codifica per i recettori di TSH attivanti le cellule
La eccessiva produzione di entrambe le gonado­ tiroidee e la secrezione ormonale propria delle stes­
tropine causa nel bambino, indipendentemente dal se cellule.
sesso, il quadro della pubertà precoce vera cioè Recentemente si sono identificati quadri di
della maturazione anticipata sia dei caratteri ses­ insufficienza, dovuti a sintesi di TSH inefficace per
suali che della gametogenesi essendo, nella mag­ anormalità genetiche in lp22 ed anche a sintesi
gior parte dei casi, connessa con neoplasie ipotala- anormale di recettori del TSH per alterazioni gene­
miche, comunque con eventi che comportino iper­ tiche in 14q31. Altri deficit di TSH accompagnano i
secrezione anticipata tanto di LH che di FSH. Il quadri complessi di deficit ipofisari plurimi causati
quadro è stato già descritto nel capitolo della pato­ da compressione o distruzione del parenchima ipo­
logia ipotalamo-ipofisaria. In casi rari non é possi­ fisario, del peduncolo o dell'ipotalamo e già più
bile mettere in evidenza alcuna causa organica volte richiamati.
(pubertà precoce vera idiopatica).
Condizioni da iperproduzione di gonadotropine Quadri clinico-patologici da alterata
si possono verificare per produzione ectopica delle secrezione di ACTH, orm one
stesse: si tratta più spesso di produzione di gonado-
adrenocorticotropo
tropina corionica da parte di tumori degli annessi
fetali - coriocarcinoma - o di tumori germinali non La produzione di ACTH è legata alla secrezione
seminomatosi, di carcinomi polmonari o di altre della Pro-Opio-Melano-Cortina (POMC), da parte
rare neoplasie. I tumori ipofisari a cellule gonado­ delle cellule basofile (amfofile) delTadenoipofisi.
trope causano ipersecrezione di LH ed FSH, anche Dal clivaggio di POMC derivano: l'ACTH, la beta-
dissociata; generano anche quadri di pubertà pre­ lipotropina, la beta-endorfina, l'ormone melanotro-
coce vera, tanto nel maschio che nella femmina, po (MSH), la proteina simil corticotropa del lobo
quando l'ipersecrezione insorga nell'infanzia e intermedio (Corticotropin-Like-Intermediate lobe
riguardi anche Ì'FSH. Comunque, essendo in gene­ Protein - CLIP) e la met-encefalina (Fig. 4).
re i tumori a cellule gonadotrope macroadenomi Mentre l'ACTH stimola la sintesi e la secrezione
non secernenti, o capaci solo raramente di sintesi di surrenalica di cortisolo, altre molecole della POMC,
gonadotropina dotata di funzioni LH, il quadro cli­ e la gamma melanocortina in particolare, esercitano
nico che causano è dominato dai segni dell'insuffi­ un controllo sulla secrezione di aldosterone. La pro­
cienza ipofisaria con sintomi associati, dovuti all'ef­ duzione di ACTH segue, come le altre tropine, il
fetto massa esercitato anche su strutture sovrasella- controllo pulsatile che l'ipotalamo esercita nella
ri, compreso Tipotalamo. produzione del CRH (vedi Fig. 7, Cap. 6.2 Ipotala-
mo). Oltre che da cellule ipofisarie specifiche, la
Quadri clinico-patologici da alterata POMC viene prodotta anche in altre sedi come l'en­
cefalo, la neuroipofisi, il tessuto linfatico ed i tumo­
secrezione di TSH, tireotropina
ri a cellule basofile/amfofile dell'adenoipofisi.
Questo ormone, secreto da cellule ipofisarie Dalla POMC prodotta dai neuroni secretori dell'i­
basofile per stimolo TRH ipotalamico, oltre a stimo­ potalamo derivano endorfine ma non ACTH; da
lare la secrezione di ormoni tiroidei (tiroxina ed quella prodotta dai tumori ipofisari a cellule corti-
ormoni correlati) induce anche secrezione di prolat­ cotrope derivano molecole di ACTH abnormi (big e
6 8 0 ìs Adenoipofisi
big-big ACTH) nonché la CLIP. Ovviamente questi Insufficienza adenoipofisaria globale
metaboliti hanno azioni diverse rispetto a quelle
deir ACTH che deriva dal fisiologico metabolismo Le prime descrizioni di panipopituitarismo
della POMC ipofisaria. Fra queste, la beta endorfi- risalgono a Simmonds (1914) che ha introdotto,
na e la encefalina esplicano funzioni inibitorie sulla nella descrizione della sindrome, la nozione di
secrezione di ACTH; secrezione che viene invece cachessia endocrina. Attualmente la cachessia non è
stimolata da CRH ed anche dalla vasopressina e considerata la conseguenza del deficit ipofisario
dalTangiotensina. potendo viceversa esserne una delle cause. Nel
Il ritmo circadiano di produzione dell'ACTH ha 1937 Sheean descriveva un quadro clinico definito
il picco massimo in coincidenza con l'alba. L'asse di "panipopituitarismo acuto": è la malattia di
ipotalamo-ipofisi-surrene viene comunque impe­ Sheean, o "necrosi ipofisaria post-partum", che rap­
gnato soprattutto dalla risposta allo stress. Parteci­ presenta la forma pura e globale di insufficienza
pa, inoltre, con azioni reciproche, alla regolazione dell'ipofisi anteriore, già considerata.
delle funzioni del SIC. Al proposito si veda: correla­ Clinicamente conviene distinguere l'insufficien­
zioni immuno-endocrine. za adeno-ipòfisaria delTadulto da quella del bambi­
no. Per entrambe le condizioni vengono descritte
S indrom i da d e fic it d i ACTH. Anche per la forme di ipopituitarismo globale e forme di insuffi­
POMC/ACTH sono state identificate condizioni di cienza ipofisaria parziale o isolata.
modificazioni del gene responsabile della sintesi di
Insufficienza ipofisaria dell'adulto. Insorge dopo la
molecole abnormi. Una mutazione cromosomica
pubertà e, nella variante completa o sindrome di Sim­
puntiforme in 2p23.3 genera ima condizione di
monds, rappresenta un quadro più frequente nel sesso
insufficienza surrenalica con obesità. Altro quadro
femminile (rapporto 2:1). In genere il decorso è croni­
di obesità è connesso con alterazioni genetiche di
co, raramente ad esito fatale. Sono pazienti con segni
recettori per la melanocortina per mutazione punti­ indiretti prevalenti di insufficienza ipofisaria, per
forme in 18q22. La trasmissione è autosomica mancata attivazione delle ghiandole bersaglio (tiroi­
dominante. Infine è stato segnalato un quadro clini­ de, corticosurrene, gonadi). AU'ipotiroidismo conse­
co di insufficienza surrenalica, a trasmissione auto­ guente si accompagna il quadro del mixedema tipico;
somica recessiva, per mutazione puntiforme in l'ipocorticosurrenalismo è responsabile di astenia,
18pll.2 del gene responsabile della sintesi di recet­ ipotensione ortostatica, sindromi ipoglicemiche, crisi
tori per l'ACTH, che, abnormi, sono inefficaci. Defi­ lipotimiche, compromissione delle risposte neuroen­
cit di ACTH sostiene anche la sindrome di insuffi­ docrine allo stress; l'insufficienza gonadica nella
cienza surrenalica causata dalla sospensione donna si manifesta con amenorrea associata a caduta
improvvisa - ed impropria - di terapie con cortico­ della libido e, nell'uomo, soprattutto con impotenza.
steroidi: è insufficienza reversibile che deve essere In entrambi i sessi si può associare infertilità. Obietti­
considerata, e trattata sempre, prima di sospendere vamente è possìbile osservare anche:
questa terapia ormonale. In questi casi l'insufficien-
za surrenale dipende dall'atrofia dei surreni causa­ - pallore cutaneo per lieve anemia;
ta dal blocco - protratto - della secrezione di ACTH - depigmentazione mucosa e cutanea, particolar­
operata, con meccanismo di feed back negativo, dai mente evidenti a livello del capezzolo per deficit
corticosteroidi somministrati per le finalità della di MSH;
terapia. È condizione di insufficienza acuta e molto - atrofia della cute e degli annessi;
severa - sindrome da sospensione di trattamenti - regressione dei caratteri sessuali secondari.
con cortisone - che richiede provvedimenti urgenti. La diagnosi di certezza viene posta, dimostran­
Infine quadri anatomoclinici di insufficienza surre- do ima netta diminuzione del tasso ematico degli
nalica sono causati dalTipofisectomia oppure dalle ormoni ipofisari. Cause della sindrome sono, oltre
lesioni destruenti le strutture ipotalamo-ìpofisarie al Sheehan nelle donne, le lesioni destruenti,
più volte richiamate. infiammatorie, vascolari e tumorali dell'ipofisi
Sindromi da iperproduzione di ACTH. Sono genera­ (Figg. 36 e 37). Oltre alle lesioni ipotalamo-ipofisa-
te per lo più dagli adenomi ipofisari secementi rie, il quadro anatomo-patologico comprende:
POMC, ACTH e soprattutto ACTH anormali: si - atrofia surrenalica interessante la corticale e in
tratta di microadenomi che, in oltre T80% dei casi, particolare le zone fascicolata e reticolata; la
sono funzionanti e tali da non compromettere le midollare conserva invece un'aspetto morfolo­
funzioni endocrine dell'ipofisi, se non quella adre- gico regolare ed è marginata da una fascia fibro-
nocorticotropa, sostituita appunto dalla secrezione collagena; anche la capsula fibrosa dei surreni
delle cellule del tumore. Il quadro clinico è quello risulta ispessita;
del morbo di Cushing ipofisario, distinguibile da - atrofìa tiroidea con riduzione dei follicoli, dimi­
quello surrenalico per Tiperplasia armonica dei due nuzione della colloide ed appiattimento dell'e-
surreni e per la iperpigmentazione melanica della pitelio che è morfocitochimicamente ipofunzio-
cute. nanfe. Lo stroma è aumentato (non solo relativa-
Bibliografia essenziale sì 681

solo i follicoli primari. Si associa atrofia di tutti


gli organi del tratto genitale;
- ipotrofia dei parenchimi, della muscolatura
scheletrica e miocardica.
Insufficienza ipofisaria del bambino. Insorge prima
dello sviluppo puberale. Di questo quadro si distin­
guono:
- una variante completa: il quadro clinico, oltre
che con la insufficienza delle ghiandole bersa­
glio (tiroide, surrene), si caratterizza per il nani­
smo, segno dominante il quadro clinico. Il pani-
popituitarismo nel bambino riconosce come
causa principale il craniofaringioma. Gli altri
tumori (amai'to ma, glioma, pinealoma) sono più
rari. Sono ormai di raro riscontro anche le forme
secondarie a meningiti e ad encefaliti della base
(tubercolari, luetiche, meningococciche).
- una variante incompleta: il deficit isolato di GH
Fig. 36 - Reperto da risonanza magnetica delia regione ipotala- non è raro, e si manifesta a partire dal 2° anno di
mo-ipofisaria in soggetto con quadro ciinico da voluminosa vita (il bambino in genere, alla nascita, è di sta­
massa neoplastica occupante la sella turcica ed in parte la regio­ tura normale). Quadri di rallentata o ritardata
ne sovrasefiare. (Da Crepaldi e Baritussio: Trattato di Medicina crescita che incidono dopo il 4° anno di vita deb­
interna, Piccin Ed. Padova 2002).
bono far pensare a cause acquisite (craniofarin-
giomi) più che al deficit isolato di GH. Questo
nanismo ipofisario è definito armonico in oppo­
sizione al nanismo tiroideo che è disarmonico. II
deficit è già stato descritto con i quadri clinici
patologici da alterata secrezione di GH.

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6 4a . Stress:
fisiopatologia
e quadri
anatomo-clinici
G.M. Mariuzzi, R. Alberti, L. Mariuzzi

come sono le catastrofi, gli incidenti devastanti


| Cenni di fisiopatologìa come quelli stradali o quelli bellici, i lutti. Dall'inda­
Il termine stress è stato introdotto, in biologia, gine richiamata è risultato ancora che esente da
da Walter Cannon (1935) per indicare fattori, even­ stress è oggi circa il 22% della popolazione, mentre
ti e/ o condizioni (stressanti o stressors) che, nell'or- è circa il 20% quella molto stressata.
ganismo animale, evocano un complesso di modifi­
cazioni neuro-umorali in grado di adeguare, con
alterazioni anche rilevanti, l'equilibrio interno -
biologico, endocrino, umorale, organico - per attua­ STRESS
re un adattamento, un'omeostasi idonea alle esi­
genze create dallo stress (Fig. 1).
L'adeguamento dell'omeostasi deriva da un CENTRI NERVOSI SUPERÌOR1
insieme di risposte organizzate che sono: ELABORAZIONE Dì STIMOLI
• istantanee e sostenute da risposte del sistema
nervoso simpatico (SNS); AMIGDALA :
• ritardate, neuroendocrine ed umorali, che met­ NUCLEO
tono in circolo gli ormoni necessari all'adatta­ CENTRALE
mento richiesto per la "difesa".
Incidenza e ruolo reale dello stress vengono RITMO CIRCADIANO 1IPOTALAMO |
oggi considerati con maggiore attenzione tuttavia
non del tutto sufficiente. Un sondaggio recente di
Astra Demoskopea (Cavalieri), riportata da L'E­
spresso (10 marzo 2005), segnala che lo stress incide
in circa il 78% della popolazione adulta, essendo
molteplici, e spesso plurimi in singoli individui, gli
eventi stressanti -sovrapposizione di stressors-. Nel
campione indagato, corrispondente a 47 milioni di
soggetti adulti di età compresa fra i 14 ed i 79 anni,
accusava sofferenze il:
® 56.5% per le istanze della fretta nella vita quoti­
diana;
• 47% per ingiustizie patite in continuazione;
• 44% per la monotonia esistenziale; RILASCIO AD e NAD
• 38% per rapporti di contrasto continuo con
soggetti aggressivi; IMMISSIONE IN CIRCOLO
@ 24,6% per malattie severe, soprattutto croniche e DI AD e NAD (effetti sistemici)
limitanti;
• 24,2% per frustrazioni legate all'attività lavorativa. Fig. 1 - Risposta istantanea deli'asse SNS-MS agli stress.
SNS: Sistema Nervoso Simpatico; NAD: NorAdrenaiina; MS:
Queste cause non considerano in dettaglio gli Midollare Surrenale; linea contìnua: stimolo; linea tratteggiata:
eventi responsabili di stress molto intensi o severi inibizione.
6 8 4 ì2 Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-clinici
La risposta dell'organismo allo stress comporta guamenti che vengono sempre attuati. Perché:
l'attivazione di meccanismi di difesa idonei ad " .... nessuna delle grandi forze della materia è tanto
affrontare e superare il danno connesso con l'even­ efficiente quanto la capacità di difesa e di adattabi­
to stressante incidente. Essendo molteplici gli stress lità degli esseri viventi di fronte ad ogni mutamen­
possibili, le risposte dell'organismo sono diversifi­ to. In ogni uomo vi è forse un parallelismo tra vita­
cate per intensità e modalità di attuazione Tuttavia lità ed entità dell'adattabilità." (Selye 1950).
la risposta essenziale, pur composita, ha momenti, All'esordio le risposte allo stress (Reazione di
costanti e stereotipi, che coinvolgono, in prima Allarme, RA) consistono nell'attivazione istantanea
istanza, il Sistema Simpatico Midollare Surrenale - dell'asse Ipotalamo-Sistema Simpatico-Midollare
SSMS - e l'asse endocrino ipotalamo-ipofisi-surre- Surrenale (AISSMS), seguita, anche a distanza di
ne - AEIIS molte ore, dalla risposta ad ogni mutamento umo­
È subito evidente che gli adeguamenti neuro­ rale di AEIIS che aña fine esita nella ipersecrezione
umorali evocati da stress di lieve entità, come può di corticosteroidi glicoattivi.
essere una variazione abnorme della temperatura L'asse ISSMS è un sistema integrato, capace di
ambientale, differiscono, anche molto, da quelli, di risposte immediate con liberazione di adrenalina,
ben diversa intensità, che vengono evocati da un noradrenalina e di altri neurotrasmettitori (Tab. 2 e
grave incidente stradale, da malattie molto severe eFig. 1), risposta composita che provvede a mante­
di lunga durata o da traumi psichici di notevole nere l'omeostasi regolando, o adeguando alla
nuova condizione: la pressione arteriosa, il flusso
intensità e durata. Stress deH'ordine di questi ultimi
eventi, sono in grado di imporre deviazioni neu­ ematico ai vari organi e tessuti in modo differenzia­
roumorali, e quindi dell'equilibrio interno, in qual­to, il volume piasmatico, la disponibilità di ioni e
che modo anche incompatibili con la vita. metaboliti energetici. All'ipotalamo posteriore ed al
Ricerche sistematiche sulla fisiopatologia dellonucleo paraventricolare compete il coordinamento
stress sono state condotte da Hans Selye (1936) che, sottocorticale delle risposte, che consiste in partico­
per il complesso delle risposte neuroendocrine, ha lare: nel rilascio immediato di noradrenalina dalle
proposto il termine di Sindrome generale di adatta­ terminazioni nervose postgangliari del SNS e di
mento. adrenalina-noradrenalina dalla midollare del surre-
ne. Questi ormoni esplicano, su tessuti e cellule ber­
saglio, effetti diversi a seconda dei recettori specifi­
Sindrome G en erale di Adattamento (SGA)
ci (- alfa e beta - espressi dai bersagli specifici) ai
Il termine acronimo SGA intende sottolineare il quali si legano. Essendo legami privilegiati: per la
coinvolgimento generalizzato dei sistemi di difesa noradrenalina i recettori alfa, mentre l'adrenalina si
e, ad un tempo, il carattere adattativo degli ade­ lega ad entrambi i recettori (Tab. 3).

Eventi responsabili di stress Sedi di produzione dei;


neurótrásmettítorí
Stress ógni condizione fìsica, chimico, psichica/
biologica, medica, etc. ■ . V^ :•;j- Sedi delia sintesi jNeurofrasmettitori

- capace di causare squilibri umorali con alterazioni del- Nucleo laterale della j Noradrenalina
l'omeostasi sostanza reticolare, locus
- di evocare adeguamenti soprattutto neuroendocrini per coeruleus, nucleo de! tratto
un nuovo equilibrio interno (omeostasi) adeguato alla solitario, cellule dei gangli
nuova condizione creata dallo stress spinali

Agenti e condizioni che causano stress acuto (acute Nucleo arquato ipotalamico joopamina
stressing disorders), (ÁSD)
Nucleo sovraottico e del | Serotonina
- Agenti fisici: traumi gravi, schiacciamenti, incidenti rafe dorsale il ' ' . - . - '
(auto, aereo...)
- Eventi psichici: traumi psichici violenti, pericolo di morte 1potala mo posteriore ! GABA (acido gamma-
(vissuto), morti improvvise di parenti o amici, disagio | amino-butirrico)
psichico grave 1"".... .
ipofalamo-eminenza ¡Acetilcolina
-Chirurgici (psico-fisico): chirurgia pelvica, chirurgia mediana
addominale, anestesia protratta, sconforto e percezione I
dolore
Cenni di fisiopatologia ^ Ó85

Funzioni recefforiali La risposta neuro-simpato- midolla re


istantanea
Recettori Funzioni Nv È evocata dallo stress, e vede coinvolte in prima
istanza, le funzioni corticali che percepiscono lo
- Alfa 1 Vasocostrizione stress: il sistema limbico - amigdala, ippocampo-
(soprattutto per gli stress a forte componente emo­
- Alfa 2 zionale); il locus coeruleus, e la sostanza reticolare
Inibizione di: del bulbo (Figg. 2 e 3). Strutture connesse tutte con
- secrezióne insulinica
- rilascio di noradrenalina l'ipotalamo posteriore e con la catena simpatica gan­
gliare discendente del midollo spinale (neuroni pre
e post gangliari). Alla midollare del surrene perven­
- Beta 1 - modificazioni attività gono, lungo i nervi splancnici, fibre simpatiche pre­
cardiaca gangliari che evocano, nelle cellule cromaffini, la
- lipolisi
secrezione e la liberazione di adrenalina (85%) e di
noradrenalina (15%) (Fig. 2). Questi ormoni, una
- Beta 2 -vasodilatazione volta prodotti, vengono immessi direttamente nella
- broncodifatazione circolazione sanguigna. L'ipotalamo, a sua volta, è
- neoglicogcncsi v controllato da impulsi nervosi centrali e periferici,
-glicogenolisi nonché umorali, con azioni di stimolo e di controre­
golazione negativa (Fig. 4). La funzione di controllo
- Beta 3 -termogenesi inibitorio operata sull'asse AIIS da centri nervosi

STRESS

ENCEFALO CORTECCIA

f e i " .

Fig. 3 - Controllo operato da neuro-trasmettitori sulla secrezio­


ne di CHR.
Linea continua: stimolo; linea tratteggiata: inibizione.
5HT: 5 idrossi-triptamina; GABA: acido gamma-amino-butirri-
Fiq. 2 - Risposta di difesa istantanea simpatìco-medulio-surre- co; AD: adrenalina; NAD: noradrenalina; P!F: fattore di inibi­
nalica con aumento dell'apporto ematico nei distretti impegna- zione della prolattina; ACH: acetil-colina; HA: ¡stamina; CRH:
ti nella reazione di difesa e associata broncodilatazione. Cortìcotropic Releasing Hormone; ACTH: AdrenoCorticoTropic
AD: Adrenalina; NAD: NorAd rena lina; linea continua: stimolo. Hormone.
686 « Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-clinici
neuroni adrenergici, sono dirette, per fasci neurona­
li ascendenti, all'ipotalamo, al sistema limbico, alla
corteccia cerebrale; per vie discendenti, al midollo
spinale (neuroni pregangliari simpatici) ed alla
midollare del surrene. La stimolazione sperimenta­
le dell'ipotalamo posteriore (Tab. 4) (sistema di
coordinamento delle reazioni di difesa) causa infat­
ti aumento della pressione arteriosa, della tempera­
tura corporea, della frequenza cardiaca e della vigi­
lanza; inoltre aumento del cortisolo circolante, della
glicemia. Induce inoltre vasocostrizione splancnica
e renale, broncodilatazione, vasodilatazione coro­
narica e dei vasi della muscolatura scheletrica (Tab.
4 e Fig. 4). Anche la stimolazione dei neuroni del LC
attiva lo stato di vigilanza/allerta, aumenta l'ap­
porto ematico a cuore, polmoni e muscolatura sche­
letrica nonché le risposte adrenergiche. I suoi neu­
roni esprimono inoltre recettori alfa che, eccitati,
inibiscono il rilascio di Na, le funzioni vegetative ed
endocrine.
Questa prima risposta allo stress conduce sem­
pre al rilascio di noradrenalina dalle terminazioni
simpatiche postgangliari e di adrenalina/noradre­
nalina dalla midollare del surrene. DaU'insieme di
queste strutture, dipendono le modificazioni ricor­
date concernenti il controllo continuo:
• della pressione arteriosa;
• la distribuzione e l'entità del flusso ematico nei
vari organi e sistemi;
Fig. 4 - Effetti dell'attivazione deil'asse ipotaiamo ipofisi surrene, • l'apporto di metaboliti agli stessi compreso il
evocata da stress: risposta ritardata, prevalentemente umorale. glucosio;
ACTH: AdrenoCorticoTropic Hormone; ADH: Antidiuretic Hormo­ • il grado della vigilanza e tutti gli adeguamenti
ne; APV: Area Peri Ventricolare; CRH: Corticotropin Releasing
Hormone; POMC: Pro Opio Melano Cortin; SIC: Sistema Jmmuno- necessari per attuare una reazione di difesa.
Competente; linea continua: stimolo; linea tratteggiata: inibizione.
La risposta ritardata
superiori è affidata alla liberazione di neurotrasmet­ La risposta ritardata neuro-endocrina (Tab. 5),
titori, in particolare il GABA prodotto dall'ipotala- operata dall'AIIS, dal canto suo, comporta modifica­
mo posteriore (Fig. 3). L'inibizione controlla negati­ zioni in prevalenza umorali per secrezioni ormonali
vamente la produzione di GnRH da parte dei neu­ che, evocate in successione nella catena degli organi
roni ipotalamici che lo secernono. Analogo effetto delTAIIS, richiedono i tempi propri della secrezione,
esplicano le benzodiazepine. deH'immissione in circolo, del trasporto, della rice­
Al coordinamento/integrazione delle risposte zione, della elaborazione dei segnali chimici e della
neurovegetative immediate, partecipa soprattutto il secrezione dei vari ormoni terminali (Tab. 6). Per­
Locus Coeruleus (LC, Fig. 1), formazione della tanto ogni risposta umorale ritardata per essere
sostanza grigia del ponte, prossima al pavimento compiuta, segue, anche di molte ore, quella istanta­
del IVo ventricolo, le cui connessioni, a mezzo dei nea neurovegetativa. È, ancora e sempre, l'ipotala-

jjjjj^ protratti (Cronic Stress


ratti per vìa Ventricoli-cerebrali

- Incremento catecolamine nei plasma - Stress somato-psichiti periodici sopratutto se protratti o


- Aumento di vasopressina nel plasma ripetuti come, eventi bellici, pressione psicologica, torture
- Vasocostrizione splancnica e renale - Malattie croniche (cardiache, polmonari, meta boi iche,
-Aumento glieerma; pressione arteriosa; frequenza car­ ecc.)
diaca - Infezioni croniche come TBC, AIDS, epatiti
-Anoressia - Terapie protratte come con steroidi ed antiflogistici non
- Diminuzione libido e attività sessuale steroidei
Cenni di fisiopatologia 687
ino che, a seguito degli stimoli ricevuti, soprattutto direttamente il sistema limbico che produce segnali
dal sistema limbico, elabora e dà inizio alla risposta neurotrasmettitori (Tab. 8) in modo correlato con
umorale ritardata con la secrezione di CRH da parte l'intensità e durata dello stress. I segnali limbici rag­
dei neuroni secretori parvicellulari del nucleo para­ giungono i neuroni parvicellulari, soprattutto quelli
ventricolare (Fig. 3). Il CRH trasferito dairipotalamo dei nuclei paraventricolari deiripotalamo, e del
all'adenoipofisi, per via prima nervosa e poi emati­ nucleo arcuato, che secernono CRH e quindi POMC.
ca, si lega ai recettori specifici delle cellule basofile Le endorfine, che derivano dall'ipofisi e diretta-
adrenocorticotrope le quali secernono POMC da cui mente dal nucleo arcuato (Figg. 5, 6 e 7) esplicano
derivano, in particolare, ACTH, cortisolo ed endor- funzioni diverse: in particolare inibiscono, e con­
fine (Tab. 7 e Fig. 7). . trollano, per controregolazione, la secrezione tanto
L'iperproduzione di POMC dipende dal fatto che di" CRH che di ACTH. Inoltre attuano un'azione
gli stimoli nocicettivi, percepiti dal SNC, attivano analgesica centrale, necessaria per superare l'im ­
patto con lo stress e per limitare il danno nocicet-
Variazioni di secrezioni ormonali ed tivo, causato sempre dallo stress. Possono anche
sistemici evocare senso di euforia -effetto endorfine- che
non è sempre atteggiamento positivo. L'ACTH,
invece, trasferito per via ematica, si lega ai recetto­
Modificazioni Effetti sistemici ^ ;■%;A\: ;■
:■ ri delle cellule della corteccia surrenale -, zona
fascicolata- mducendo, nelle stesse, sintesi e libe­
Iper produzione - incremento attenzione, vigilanza, razione di glicocorticoidi (Fig. 4). A questi si deb­
adrenalina e nor­ memoria, stato di veglia; bono le azioni metaboliche che a loro sono pro­
adrenalina - Vasocostrizione nella cute, appa­ prie: in particolare la neoglicogenesi con l'ipergli-
rato digerente e reni: aumento cemia, nonché gli effetti inibitori sulle risposte cel­
pressione arteriosa; lulari ed umorali del SIC. E da sottolineare ancora
- inibizione attività di cellule per che gli stress, soprattutto severi e persistenti, per-
secrezione di insulina da insule
pancreatiche: iperglicemia; Modificazioni citologiche ipofi sarie
- Aumento attività cardiaca: tachi­ indotte da stress cronici
cardia, coronarodilatazione (effet­
to recettori beta);
- Vaso dilatazione della muscolatu­ - Iperplasia e ipertrofia, anche extrazonale, diffusa delle
ra scheletrica; cellule ipofisa rie ACTH oltre il 35-40%; valore norm.
- Aumento funzionalità respiratoria: circa 20-30%
broncodilatazione (per effetto - Riduzione ed ipotrofia delle cellule acidofile GH <30%;
recettori beta) valore norm. circa 40-50%
- Riduzione marcata ed ipotrofia delle cellule basofile Gn
ipersecrezione ~ Effetti sul SIC: deficit immune; <5-8%; valore norm. circa 15%
neurotrasmettitori - Aumento pressione arteriosa, riten­ - Aumento, anche extrazonale, fin oltre il 30% (vai. norm.
ipotalamici con zione di Na e aumento volume pia­ circa 10-20%) e ipertrofia delle cellu le acidofile PRL,
stimolo per CRH- smatico prolattiniche
ACTH- glicocorti­ - Ipersecrezione glicocorticoidi
coidi- endorfine
- Neoglicogenesi dalle proteine:
iperglicemia Alterazioni organiche e funzionali
indotte dallo stress ;
Iperproduzione di - Riduzione percezione fatica/dolore
POMC-endorfihe Euforia, inibizione SIC Ipersecrezione ipotalamica di CRH
iperplasia surrenalica ed iperproduzione di cortisolo;
Ridotta produzione - Inibizione funzioni gonadiche: Ipersecrezione AVP: ipertensione e possibile cardiopatia
GnRH, FSH, LH e delia secrezione steroidi sessuali e ipertensiva negli stress molto protratti; iperproduzione
di ormoni sessuali della gametogenesi; atrofia gona­ ai endorfine
dica Ridotta secrezione ipotalamica di GnRH ed ipofisaria di
gonadotropi ne
Ridotta produzione - Compromissione deil'accrescimen- Atrofia gonadica ed ipogonadismo con ipofertilità/ste­
GHRH e GH to in età prepuberale
rilità
Iperproduzione VP - Aumento pressione arteriosa Ridotta secrezione di GH e compromissione dell'accre­
- Sovraccarico cardiaco per somma scimento scheletrico nell'infanzia
di eventi ipertensiogeni ■Gastrite erosiva e/o ulcera gastrica
- Ipertrofia cardiaca, cardiopatia, se Iperproduzione di endorfine
le condizioni menzionate persistono Compromissione funzioni SIC
688 Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-clinici

STRESS
STRESS
SISTEMA L1MBIC0 V
S TIM O LI
S IS TE M A N.C.
N O C iC E T T IV l
ELABORAZIONE AD. NAD, ACH
STIMOLI ISTAMINA
A FFA TIC A M EN TO S IS T E M A
SEROTONINA
ISTAMINA LI MB ICO
DOPAMINA-PIF
ì .f
I NUCLEO ARCUATO N EU R 0T R A S M ETTITOR]
I
CRH
p|pJ SECREZiONE
CONTINUA IPOTALAMO

I *
1POMC]
I y :
I OPPIOIDI
I ENDOGENI ■—E N D O R F IN A B E T A < ~ ~ P 0 M ( > H IPO FISI

_JL_
IPOTALAMO E U FO R IA A C T H ~ ~ > G L IC 0 C 0 R T iC 0 1 D I
NUCLEI PREOTTICI IN IB IZ IO N E FU N Z IO N I
GON A D I
GnRH-
,<v- IPOFISI Fig. 6 - Produzione di endorfine evocata da stress intensi e/o
li ripetuti.
FSH
ATROFIA ATCH: AdrenoCorticoTropic Hormone; POMC: Pro Opio Mela­
GONADI no Cortina; linea continua: stimolo; linea tratteggiata: inibizione.

GAMETOGENESI E
STEROIDOGENESI
INIBITE Deficit funzionali per deviazione secretoria
dell'AIIS
Fig. 5 - Meccanismi della compromissione della funzione
gonadotropa causata da stress. Accanto alle risposte di attivazione funzionale,
ACH: Acetiicolina; ÄTCH: AdrenoCorticoTropic Hormone; gli stress protratti causano anche adeguamenti per
AD: Adrenalina; FSH: Follicle Stimulating Hormone; GnRH: deficit di alcune funzioni endocrine, perciò consi­
Gonadotropin Releasing Hormone; LH: Luteinizing Hormone; derabili di lusso o non essenziali (Mariuzzi 1953).
NDA: NorAdrenalina; PSF: Prolactin Inhibiting Factor; POMC:
Pro Opio Melano Cortina; linea continua: stimolo; linea tratteg­ Di maggior rilievo è la inattivazione, o la riduzio­
giata: inibizione; simbolo //: secrezione ridotta o abolita. ne significativa, a seconda dell'entità e della dura­
ta della condizione di stress, delle funzioni dell'as­
se ipotalamo-ìpofisi-gonadi con compromissione
delle secrezione di GnRH ipotalamico, delle gona-
dotropine ipofisarie FSH ed LH (Fig. 10) nonché
cepiti dalla corteccia cerebrale, aboliscono il con­ degli ormoni steroidi sessuali (Tab. 8 e Fig. 5). Si
trollo che il sistema li rabico, e i nuclei della sostan­ tratta in sostanza di una radicale variazione del-
za reticolare del ponte esercitano sui nuclei ipota- Tattività funzionale dell'adenoipofisi (deviazioni
lamici secernenti CRH: l'effetto è la sospensione secretorie da stress) che accanto all'attivazione
del ritmo circadiano di produzione del CRH,di della funzione ACTH vede compromessa la pro­
ACTH e cortisolo. duzione di altre tropine e delle gonadotropine in
Così la produzione di CRH, ACTH e cortisolo particolare. Analoga compromissione riguarda
diviene continua. Ne consegue iperplasia ed iper­ anche Tasse che governa la secrezione delTormone
trofia della corteccia surrenale ed ipercortisolismo somatotropo - GH - (Fig. 11), con conseguenze
(Figg. 8 e 9). diverse nei bambini e negli adulti (Tab. 9). Viene
Infine concomita anche una attivazione dei compromessa, per difetto, anche la produzione di
neuroni magnocellulari del nucleo paraventrico­ IGF1, fattore di crescita, prodotto dal fegato per
lare cui consegue ipersecrezione di AVP. Questa, stimolo GH, attivo su tutti i tessuti e sullo schele­
oltre ad incrementare la produzione di CRH, tro in particolare.
POMC ed ACTH, esplica il suo effetto ipertensi- Per le conseguenze sulle funzioni del SIC (Fig.
vo e, negli stress protratti, cardiopatia e cardio- 4), si veda il capitolo dedicato alle correlazioni
megalia. immunoendocrine.
Cenni di fisiopatologia & 689

Fig. 7 -
Risposte evocate da stress sui principali assi funzionali:
1. @ Asse ipotalamo-neuroipofisi: risposta umorale.
2. @ Asse ipotalamo-ipofisi-surrene: risposta umorale ritardata.
3. © Asse ipotalamo-endorfine: risposta umorale.
4. © Asse ipotalamo-sistema simpatico (SNS) e midollare surrenalica (MS): risposta neurovegetativa istantanea.
NPV: Nucleo ParaVentricolare; APV: Area Peri Ventricolare; AD: Adrenalina; NAD: NorAdrenalina; CRH: Corticotropin Releasing
Hormone; POMC: Pro Opio Melano Cortina; SIC: Sistema Immuno Competente.
6 9 0 ss Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-clinici

Fig. 8 - Adenoipofisi di soggetto di 52 anni affetto da patologie croniche per incidente stradale drammatico complicato da lesio­
ni toraciche ed addominali, sottoposto a trattamenti terapeutici plurimi, anche chirurgici, sopravissuto in condizioni persistenti di
grave disagio psichico, deceduto per complicazioni respiratorie e cardiocircolatorie; Pinaagine immuno-citochimica con anticorpi
anti-ACTH mette in evidenza un'iperplasia accentuata delle cellule amfofiie-ACTH, diffusa anche neile regioni alari. (RICCh. con
anticorpi anti-ACTH, 150 e 400X).

IH Quadri dì patologia connessi


con lo stress
Lo stress, nella maggior parte dei casi, induce
adeguamenti nervosi ed umorali che sono senz'altro
utili o necessari, per il mantenimento delTomeostasi.
La produzione istantanea di adrenalina e noradrena­
lina comporta un incremento del flusso ematico
negli organi che devono attuare la "difesa" (cuore,
muscolatura scheletrica, encefalo) mentre la produ­
zione di endorfina accresce le resistenze all'affatica­
mento ed attenua o elimina il danno nocicettivo.
Inoltre, incrementando l'attività respiratoria, adegua
l'ematosi alle esigenze attuali. L'aumento della glice-
mia fornisce energia di pronta utilizzazione.
Tuttavia gli stress molto intensi, soprattutto se
protratti e comunque persistenti, possono causare
danni anche severi se non letali.
L'attivazione del sistema simpatico e l'immissio­
ne in circolo di fattori che aumentano la pressione
arteriosaL (vasopressina, corticosteroidi, adrenalina,
noradrenalina, ritenzione di sodio e stimoli vegeta­
tivi) quando persistenti possono:
• causare, o favorire, in soggetti predisposti (disli-
pemia), l'insorgenza di arteriosclerosi;
• creare le condizioni per l'insorgenza di iperten­
sione arteriosa che aggrava le condizioni patolo­
giche già richiamate;
Fig. 9 - Surrene del caso relativo alla Fig.8; ('iperplasia accen­ • indurre ritenzione di sodio;
tuata - entità dell'estensione - della zona fascicolata, ¡'ipertro­ • comportare aumento, anche cospicuo, del carico
fia delle sue cellule e la morfologia dei loro nuclei denotano il
grado elevato dell'attivazione funzionale evocata dalla condi­ del cuore fino a quadri di cardiopatia "ipertensi-
zione protratta di stress; (ematossilina-eosina, 250 X). va" da stress.
Quadri di patologia connessi con lo stress ® 691

Fig. 10 - Adenoipofisi del caso relativo


alla Fig.8; marcata riduzione delle cellule
gonadotrope, evidenziate con anticorpi
anti-FSH; le cellule gonadotrope hanno
dimensioni ridotte con equivalenti morfo­
logici, soprattutto nucleari, di inattivazio­
ne funzionale. {RiCCh con anticorpi anti-
FSH, 150 e 400X).
Costante, nel riequilibrio delle attività ipotalami-
che indotto dallo stress, è la riduzione-sospensione
della secrezione ipotalamica di GnRH e quindi delle
;■§&^ ^ V-"■' funzioni dell'asse connesso ipofisi-gonadi. La conse­
Miff ' guenza sta nella riduzione/sospensione della secre­
I- zione ipofisaria di FSH-LH e delle funzioni gonadi-
che (gametogenesi e secrezione di steroidi sessuali)
sostanziate dall'atrofia testicolare. Questo importan­
te complesso di alterazioni dipende in particolare da:
• iperproduzione di CRH che comporta sintesi e
liberazione di POMC, tanto nell'ipofisi che nel
* / '•'s rl, s * f# .^ nucleo arcuato dell'ipotalamo, e quindi di
endorfine, esercitando la beta-endorfina effetto
di inibizione sulla secrezione di GnRH da parte
dei neuroni secretori dell'area preottica;

Variazioni delia produzione di


Growth Hormone (OH), causate da
stress
Ormoni che reaolano la secrezione deirormone GH
- GHRH (Growtn Hormone Releasing Hormone) prodotto
da neuroni secretori del nucleo arcuato
Somatostatina (ormone inibitore della secrezione di GH)
prodotta dai neuroni secretori dei nuclei periventricolari
- Dopamina e recettori alfa-adrenergici responsabili del
rilascio di GH dalle cellule ipofisarie acidofile GH: con­
trollano la funzione del GH ipofisario
Stress acuti (esempio le malattie infettive acute)
-Stimolano il rilascio di GHRH ipotalamico e quindi di
GH dall'ipofisi
- Ne consegue incremento (solo temporaneo) dell'accre­
scimento
Stress protratti-persistenti causano invece:
- Riduzione del numero di cellule eosinofile GH nelle ali
ipofisarie (<40%; vai. normali 50%)
~ Produzione di somatostatina che inibisce il rilascio di
Fig. 11 - Adenoipofisi del caso relativo alla figura 8; riduzio­ GH dall'ipofisi
ne molto pronunciata delle cellule somatotrope, evidenziate con - Arresto o rallentamento dell'accrescimento scheletrico
anticorpi anti-GH. (RICCh con anticorpi anti-GH, 400X}.
692 Stress: fisiopatologia e quadri anatomo-clinici
S 2 3 Q 3 B B | Complessò delle modificazioni dell'asse GHRH-GH, con aumeto di liberazione di
funzionali indotte da stress ormone somatotropo dalle cellule alfa/acidofile
deiripofisi anteriore.
Effetti sistemici: Invece ha rilievo molto maggiore la riduzione o
• produzione adrenalina e norad rena lina: Incremento sospensione della secrezione e della liberazione di
attenzione, vigilanza, memoria, stato di veglia; ormone somatotropo (GH) causata da stress persi­
• vasocostrizione nella cute, apparato digerente e reni; stenti e protratti per tempi prolungati che compor­
aumento pressione arteriosa; tano una deviazione della funzione secretoria del­
• inibizione attività di cellule secernenti insulina (insule l'asse ipotalamo-adenoipofisi (Mariuzzi 1953) quasi
pancreatiche): iperglicemia; esclusiva, verso l'ACTH-corticosteroidi surrenalici
• aumento attività cardiaca: tachicardia, coronarodila- con compromissione delle restanti funzioni ipotala-
tazione (effetto su recettori beta 2); mo-ipofisarie che persiste finché dura l'incidenza
• vasodilatazione nella muscolatura scheletrica; dello stress. Sono adeguamenti funzionali, ancora
• aumento funzionalità respiratoria: broncodilatazione
(per effetto sui recettori beta 2); incompletamente chiariti, che vengono attivati da
© ipersecrezione vasopressina e ossitocina; stress severi e protratti, come possono essere le con­
® aumento delia pressione arteriosa e, quando protrat­ dizioni della miseria, quelle della prigionia, dei
ta, sovraccarico cardiaco; lager, dei maltrattamenti con sevizie, insomma dei
• ipersecrezione di endorfine; disagi gravi con sofferenza.
• effetti su SIC: deficit immune per secrezione di CRH- L'attivazione terminale del sistema con l'iperpro-
ACTH-cortisolo; duzione protratta di corticosteroidi ha sempre effetti
• ritenzione di Na e aumento volume piasmatico; negativi sulle funzioni del sistema immunocompeten-
• neoglicogenesi dalie proteine: iperglicemia;
• ridotta produzione GnRH, FSH, UH e conseguente te, ben documentati dagli eventi infettivi che insorgo­
compromissione delle funzioni gonadiche: ridotta no spesso dopo "strapazzi" significativi o l'insorgen­
produzione di ormoni sessuali della gametogenesi- za di manifestazioni tbc in rapporto appunto con con­
con ipo o infertilità. dizioni stressanti. Per maggiori dettagli si veda il cap.
delle correlazioni endocrinio-immunologiche
Infine va richiamato il fatto che dopo stress
• la ipersecrezione di PRL, dipendente dal blocco di
molto intensi, che abbiano causato una notevole
secrezione di PIF-dopamina, esplica ancora azio­
deplezione surrenalica di steroidi, sono possibili
ne dì inibizione nella produzione di GnRH con le
eventi di insufficienza surrenalica acuta. Soprattutto
conseguenti ripercussioni negative sulle funzioni
quando tale deplezione non possa essere recuperata
gonadiche di steroidogenesi e gametogenesi. Da
se non dopo molte ore, cioè per il tempo necessario
ciò impotenza, sterilità e sintomi connessi;
perché la catena di risposte umorali, dall'ipotalamo
® anche l'iperproduzione di glicocorticoidi eserci­ al surrene, possa attuare un efficiente recupero della
ta un effetto di inibizione diretta sull'asse ipota- sintesi degli steroidi surrenalici. Si tratta di un qua­
lamo-ipofisi-gonadi per azione negativa sui dro clinico analogo a quello della "sindrome da
neuroni ipotalamici GnRH con alterazioni gravi sospensione" e, come questa, recuperabile, anche
della spermatogenesi. prontamente, con apporto esogeno di cortisolo.
Ricerche sperimentali, su ratti e cavie maschi, sot­ Le risposte evocate da stress sono molteplici e
toposti a stress intensi e protratti, fisici (nuoto) ed composite comportando anche alterazioni dell'equi­
ambientali (inibizione della libertà di movimento) librio elettrolitico per ritenzione di sodio e perdita di
(Mariuzzi 1953- Alberti e Mariuzzi 1956), hanno evi­ potassio in particolare. Effetti che possono causare
denziato, accanto alTiperplasìa surrenalica ed all'a­ danni funzionali e strutturali della muscolatura
trofia testicolare, una iperplasia ipofisaria delle cellu­ scheletrica con episodi di paralisi. Nei soggetti por­
le basofile ACTH ed una riduzione delle cellule tatori di feocromocitoma - non ancora diagnostica­
gonadotrope con atrofia gonadica fino alla sospen­ to - gli stress, anche episodici, possono indurre crisi
sione totale della spermatogenesi (Figg. 5 e 6, Tabb. 6, ipertensive, gravi o gravissime e clinicamente non
7e 10) ) ed atrofia delle cellule interstiziali secernenti altrimenti giustificabili, che possono essere compli­
steroidi. Alterazioni reperibili anche nell'uomo, cate da shock, in assenza di eventi emorragici.
ovviamente se ricercate. E da sottolineare ancora che Rilevante e complessa è l'attivazione del sistema
il CRH inibisce, tanto direttamente ma soprattutto dell'analgesia, necessaria per affrontare il disagio psi­
per mezzo delle endorfine, gli effetti delle gonadotro- chico ed i danni somatici connessi con le stimolazioni
pine ipofisarie sulle funzioni testicolari e ovariche nocicettive e con le conseguenze dell'azione diretta
steroidogeniche e di gametogenesi in particolare. dell'evento stressante, della sua intensità e durata.
Gli stress incidono anche nell'età infantile e L'attivazione del sistema limbico e la produzione di
nella prima giovinezza, quando è ancora in atto neurotrasmettitori soprattutto ipotalamici, causano
l'accrescimento, con effetti opposti. Infatti è quasi aumentata sintesi ed ipersecrezione di CRH e quindi
usuale che, dopo malattie soprattutto infettive, i di POMC ed endorfine. Il cui effetto preminente risie­
familiari rilevino e segnalino un aumento staturale de certo nella attenuazione del dolore e del senso di
dei figli, che dipende da attivazione temporanea affaticamento ma anche nell'indurre euforia, condizio-
Quadri di patologia connessi con lo stress ^ 693

ne non sempre utile l'iella reazione di difesa, ma anche P.J., Sergott R.C., Bosley T.M., Snyder P.J.: Recognition
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6 4b . Correlazioni
endocrino-
immunologiche
G.M. Mariuzzi, L. Mariuzzi

L'azione antagonista dell'asse Ipotalamo-Ipofisi- Th2 (Fig. 2), risultando così inibita la risposta umo­
Surrene (Hypothalamus Pituitary - Adrenai - Axis rale a scapito di quella cellulo-mediata, dipendente
HPAA) e dei glicocorticoidi in particolare, rispetto al appunto dalla sottopopolazione Thl (Tab. 3, Fig. 2).
sistema immunocompetente (SIC), è nozione già Così, ad es., gli stress intensi-protratti e le terapie,
ben acquisita. Le setticemie, gli eventi flogistici rile­ specie se protratte, con corticosteroidi AGTH e gli
vanti, le miliari tbc, gli stress severi-protratti ed altri ipersurrenalismi, compromettono le risposte
eventi ancora attivano l'HPAA con azioni stimolan­ immuni e causano patologie:
ti integrate ed operate da: - attuando deficit immuni;
a) citochine prodotte nella sede della flogosi; - evocando eventi immunopatologici;
b) tossine batteriche; - favorendo l'insorgenza e l'evoluzione di patolo­
c) stimoli neuroendocrini evocati dallo stress. gie autoimmuni.
Le citochine, prodotte a cascata (TNF, ILI, 2 e 6), D'altro canto e per converso, sono diverse o
attivano a loro volta, l'asse HPAA per sintesi e rila­ molte le molecole-citochine, prodotte delle cellule
scio di CRH, AVP e di POMC (ACTH). La conse­ del SIC, attive sul sistema endocrino. In particolare il
guente ipersecrezione di glicocorticoidi, per ade­ CRH linfocitario e monocitico, esercita azione di sti­
guamento omeostatico di funzioni vitali, contrasta molo sulla secrezione ipofisaria di ACTH e quindi
sia la risposta infiammatoria che quella immunita­ anche di steroidi glicoattivi. Nella sede delle risposte
ria (Tabb. l e i , Fig. 1). D'altro canto ogni genere di immuni e flogistiche, dove vengono sintetizzate e
ipersurrenalismo-primitivo, secondario o iatrogeni- liberate le citochine ACTH e CRH, queste esplicano
co che sia, finché persiste non trattato, così come le invece una funzione paracrina opposta, cioè di sti­
terapie con ACTH o corticosteroidee, causano defi­ molo delle risposte flogistiche, e quindi pro-infiam-
cit immunitari, anche gravi. Infatti i corticosteroidi matoria. Con questi complessi effetti di coppia per
glicoattivi inibiscono la produzione di globuli bian­ antagonismo (stimolo-inibizione) il CRH e l'ACTH
chi, soprattutto linfociti e monociti, nonché le loro giocano un ruolo rilevante nella modulazione delle
attività funzionali, inclusa la produzione di citochi­ risposte infiammatorie e di quelle immunitarie.
ne. In particolare l'effetto negativo sui monociti Le cellule linfatiche, la cui biologìa è sotto con­
riguarda l'inibizione della loro differenziazione trollo endocrino, producono anche ima POMC e
macrofagica e della espressione degli antigeni di quindi ima citochina da cui derivano ACTH ed
istocompatibilità di classe 2: quindi delle funzioni endorfine. Questi ed altri fattori leucocitari (CRH,
battericida e tumoricida. Anche la reazione di iper­ ACTH, AVP), quando prodotti in quantità sufficien­
sensibilità ritardata viene, in qualche modo, com­ ti, sono attivi anche sull'equilibrio endocrino, in
promessa (es. risposta al test cutaneo con la tuber- particolare sull'asse ipotalamo-ipofisi-surrene su
colina). L'involuzione timica causata dai glicocorti­ cui esercitano le loro azioni ormonali specifiche esi­
coidi dipende almeno in parte dalla attivazione del- tanti nella sintesi e secrezione di cortisolo, nonché
l'apoptosi dei linfociti TH , ma anche dalla produ­ nell'azione anestetica-endocrina operata dalle
zione ridotta di cellule linfatiche (Tabb. 3 e 4, Fig. 3). endorfine (Tab. 2 e Fig. 3).
Tuttavia l'azione più studiata del cortisolo, Le conoscenze in proposito, ancora incomplete
riguarda l'inibizione della produzione di linfochi- ma in progresso, documentano i rapporti di inte­
ne: interleuchine, TNF, interferone gamma, colony grazione dei due sistemi (Tab. 3), endocrino ed
stimulating factor. immunitario, anche nelle condizioni di stress. Infat­
Esclusi i casi più frequen ti generati d alle terapie ti il SIC attiva funzioni squisitamente endocrine
con cortison ici o con ACTH, nelle condizioni nor­ agendo in particolare sull'asse HPAA; ma il sistema
mali gli adeguamenti plurimi e contrapposti del endocrino, e soprattutto l'asse HPAA, comunque
sistema endocrino e del SIC modulano le risposte attivato (Tab. 4), controlla, con effetti prevalenti di
tessutali/cellulari, infiammatorie ed immunitarie inibizione, le risposte immunitarie e flogistiche.
(sia pronte che ritardate). In particolare nelle rispo­ Queste interazioni complesse (Fig. 3) attuano un
ste immuni viene inibita soprattutto la risposta Thl controllo continuo anche della omeostasi immuni­
con spostamento dell'equilibrio verso la risposta taria. Equilibrio fragile ed instabile: soprattutto in
Correlazioni endocrino-immunologiche £ 695

Fig. 1 - Relazioni endocri-


no-immunitarie.
situazioni abnormi o di emergenza per terapie può essere ulteriormente compromesso dall'even­
intense con cortisone ed anche per stress severi tuale apporto di farmaci attivi sull'uno o sull'altro
come quelli evocati da setticemia; equilibrio che sistema o su entrambi contemporaneamente.

Ormoni implicati nelle risposte Condizionamenti operati dal SIC su


immunitarie e flogistiche del: SIC funzionrendocrìne: coiTèlàziòni
neuro-endocrino-immunitarie

il CRH, oltre che dall'ipofalamo, viene prodotto come linfochina C¡fochine, mediatori e fattori prodotti dalie cellule dei
da leucociti e monociti, nonché dalie terminazioni di nervi di SIC interagiscono con il surrene condizionando le
senso : CRH panierino
risposte e l'adeguamento dell'omeostasi agii stress
La linfochina erti agisce localmente nei tessuti come in particolare.
immunomodulatore capace anche di proprietà pro-fbgistiche
Linfociti e macrofagi sintetizzano nelle sedi della flogosi,
La POMC prodotta dai linfociti e dai macrofagi, dà origine ad o del loro accumulo, la pro-opio-melanocortina (POMC)
ACTH - linfochina che, immessa in circolo, stimola la e quindi l'ACTH nonché le beta endorfine: queste, con
secrezione di cortisolo
effetti contrapposti, modulano localmente le risposte
CRH, POMC, ACTH e cortisolo, di origine dalle ghiandole immunitarie ed infiammatorie sotto controllo del CRH,
endocrine, agiscono sulle cellule del SIC inibendo le loro funzioni sia centrale che locale
Le chitochine (TNFa, interluchine 1-2-3-4-Ó, interferoni alfa e L'ACTH ieucocitario esercita le sue attività anche sul
gamma], ¡mediatori della fioglosi ed i fattori di crescita stimolano surrene, (asse ipotalamo-linfocitico-surrenaie)
l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene con effetti terminali propri dei
cortisolo Le varie cifochine, immesse in circolo, agiscono anche
■Linfociti, monociti e macrofagi hanno recettori per CRH e sull'ipotaiamo inducendovi produzione o liberazione
producono ACTH paracrino come linfochina, che stimola di fattori ¡potala mici e di CRH in particolare. L'effetto
produzione e differenziazione dei linfociti B-risposta CRH-ACTH-surrene finisce per esplicare un'azione
immunitaria- antiflogistica e immunosoppressiva attraverso l'azione
dei corticosteroidi
696 & Correlazioni endocrino-immunologiche
Tab. 3 Correlazioni psico-neuro-endocrino- Patologia immunitaria e stress
immuriifarie e risposte integrate
alle condizioni di ipercorHcoidismo Le relazioni fra SIC e stress sono sostanziate dalla
(terapeutico, neoplastìco, da stress) reciprocità dei condizionamenti, oltre che dall'azione
stressante di eventi infettivi, e dalie risposte immunitarie
correlate per:
Steroidi glicoattivi {cortisolo) - il condizionamento operato dal sistema endocrino
sui SIC e sulle sue risposte;
Hanno efficacia immuno soppressiva ed antiflogistica. - ie azioni dirette delie citochine prodotte da cellule
Nella patologia da stress, ad esempio, hanno immunocompetenii attivate sul complesso
efficacia anche nel controllo delia flogosi e dei danni da neuroendocrino.
flogosi, soprattutto im malattie infettive/flogistiche Da cui una nuova disciplina, la:
Effetti sul SIC dipendenti da psico-neuro-endocrino-immunologia
ipercorticoidismo: riduzione del numero di
leucociti circolanti (granulociti e linfociti) per:
GLICOCORTICOIDI
Lisi/distruzione negli organi emo-linfopoietici CORTI SOLO
(cellule linfatiche)
Inibizione del rilascio di neutrofili/monociti
Interferenza negativa su maturazione dei monociti e NEUTROFIII MONOCITi LINFOCITI
----------------!----------------
----- 1------ -----1-----
per l'adesione dei neutrofiii alle cellule endoteliali; etc ]
Apoptosi> anche massiccia, dèi linfociti T *
Involuzione timica -FUNZIONI DEI - DIFFERENZIAZIONE -INVOLUZIONE
DEL TIMO
GRANULOCITI MACR0FAG1CA
Proliferazione inibita dei linfociti T -ADESIONE -FUNZIONE DEI - FUNZIONE
ALL' ENDOTELIO MACROFAGI LINFOCITI Thl
Inibizione della produzione di citochine e mediatori -FLOGOSI - iPERSENSIBIUTA’
RITARDATA
- RISPOSTA
IMMUNITARIA
delle fiogosì [TNFa, TNFg, Coiony Stimulating factors CELLULO MEDIATA
CSF, interluchine (Interleuchine 4,5,8 in particolare)] Thl" TK2-
-NATURAL KILLER
Stimolo alla produzione (epatica) di proteine della Fig. 2 - Azioni principali dei cortiso­ - LINFOCITI B
fase acuta (Interleuchine 1 e 6) lo su organi e cellule dei SIC. Linea E
tratteggiata: inibizione; 1 attività PRODUZIONE
Condizionamento delle risposte Thelper (Th) modulando ridotta; T attività aumentata. ANTICORPI
l'equilibrio Thl eTh2 con prevalenza della risposta
Th2 (umorale/essudativa) a scapito di quella Thl
che sostiene la immunità cellulare mediata
(si considerino gli effetti essudativi nella TBC)
Pertanto gli ipercorticoidismi anche da stress via
cortisolo, possono condizionare negativamente
soprattutto le risposte immuni celiuio-mediate

Correlazioni psico-neuro-endocrino- ;
immunitarie: eventi patologici causati da
stress severi-protràtti psichici e /o fisici

- La condizione persistente di attivazione


dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene
con ipersecrezione di cortisolo:
- Condiziona negativamente le risposte del SIC
causando immunosoppressióne
- Evoca risposte immunopatologiche
- Favorisce eventi di patologia autoimmune.

H Bibliografia essenziale
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Epifisi, o ghiandola
6.5 pineale
(corpo pineale)
G.M. Mariuzzi, L. Cavazzìni, L. Mariuzzi

La denominazione di ghiandola pineale, da pre­


diligere a quella di epifisi per la sua accertata attivi­
| Cenni di anatomia e istologia
tà endocrina, deriva dalla sua forma che richiama la L'epifisi prende origine da una piccola estro-
pigna, o meglio il pinolo, (lat: pinea). È organo flessione neuroepiteliale del tetto del diencefalo.
endocrino con funzioni plurime: secondo Descartes Nell'uomo adulto il suo peso varia da mg 100 a mg
sede dell'anima, del tutto peculiare nell'uomo, per 180 ed i suoi assi maggiori sono pari a mm 4x8. La
l'interazione fra res cogitans e res extensa; è ancora ghiandola è connessa con il diencefalo postero
oggi organo le cui funzioni sono in gran parte da superiore mediante un piccolo peduncolo, in parte
definire, ma di certo connesso con diverse strutture cavo e cieco, il cui breve lume si continua nella
nervose per la regolazione di attività secretive cavità del terzo ventricolo (recesso pineale del
endocrine in rapporto con i ritmi giornalieri della terzo ventricolo); peduncolo che, posteriormente
luce (ritmi circadiani) e delle stagioni. L' informa­ solido, connette la ghiandola all'epitalam o
zione continua, (per le esigenze dell'omeostasi), alle mediante la commissura superiore abenulare ed
varie ghiandole endocrine sul momento attuale del alla lamina quadrigemina mediante una commis­
ciclo circadiano e stagionale, è data dalla melatoni- sura posteriore-inferiore. Così collocata, l'epifisi
na, il principale (per ora) ma, forse, non unico, poggia sui corpi quadrigemini ed è coperta dallo
ormone secreto dall'epifisi. splenio del corpo calloso (Fig. 1). La sua continui­

Fig. 1 - Sezione sagittale mediana dell'encefalo: rapporti anatomici delle strutture della regione epitalamo-epifisaria visibile nella parte
postero'superiore aell'immagine; al di sotto delio splenio del corpo calloso si trova l'epifisi ¡1 cui peduncolo si continua con le commes­
sure anteriore, dell'abenula, e postero-inferiore connessa con la lamina quadrigemina, sulla quale {corpi quadrigemini superiori) pog­
gia la ghiandola pineale; la cavità del peduncolo epifisario comunica direttamente con quella dei terzo ventricolo.
Immagine dovuta alla cortesia della prof. Rossana Bussani dell'istituto di Anatomia patologica del ¡'Università di Trieste.
698 :■ Epifisi, o ghiandola pineale (corpo pineale)
tà con il liquor cefalo-rachidiano del terzo ventri­ e, al microscopio elettronico, si riscontrano, sia nel
colo, attraverso il recesso pineale, giustifica la pos­ citoplasma che nei prolungamenti, numerosi gra­
sibilità della liberazione di melatonina (MLT) nuli interpretati come granuli di secrezione cioè
direttamente nel liquor ma anche la ricezione equivalenti morfologici dell'attività secernente
diretta da parte delle cellule pineali di segnali chi­ delle cellule parenchimali. Lo stroma (5%) è costi­
mici portati dal liquor stesso. L'apporto ematico, tuito da cellule gliali simili agli astrociti. A partire
copioso, è fornito dalle arterie corioidee posteriori, dal secondo decennio di vita (talvolta anche più
rami delle arterie cerebrali posteriori. Le vene precocemente) compaiono, nel parenchima o nello
fanno capo ai seni durali e quindi alla vena magna stroma pineale, concrezioni calcaree a stratificazio­
di Galeno che circonda la ghiandola nello spazio ne concentrica, di dimensioni variabili (dell'ordine
subaracnoideo.
di centinaia di micron le maggiori), composte da
La capsula che avvolge completamente l'epifisi
carbonato e fosfato di calcio e magnesio: sono gli
è costituita da fasci collageni e reticolari di deriva­
acervuli epifisari o sabbia cerebrale. Queste concre­
zione dalla pia madre; il parenchima, suddiviso in
lobuli ad opera di setti connettivali provenienti zioni non derivano da eventi degenerativi o involu­
dalla capsula (Fig. 2), è composto per la maggior tivi ma sono espressione di attività funzionale
parte (95%) dalle cellule principali o pinealociti: intensa; infatti disattivando la funzione ghiandola­
sono cellule di forma poligonale, rotondeggiante o re, mediante interruzione delle vie simpatiche,
stellata, provviste di prolungamenti (evidenziabili cessa la formazione degli acervuli e, in progressio­
solo con l'impregnazione argéntica) che in parte ne, le concrezioni scompaiono del tutto. L'epifisi è
vamio verso lo stroma a formare un plesso periferi­ innervata esclusivamente da fibre simpatiche pro­
co ed in parte prendono rapporti con la parete dei venienti dai gangli cervicali superiori; queste fibre
capillari intralobulari (Fig. 3). Il nucleo, sferoidale e si dispongono, nei lobuli, come cilindrassi nudi
vescicoloso, possiede evidente apparato nucleolare attorno alle cellule parenchimali.

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Fig, 3 - Le cellule pineali (pinealociti), secernenti MLT, hanno


nucleo sferoidale, vescicoloso dotato di apparati nucleolari di
maggior evidenza nelle cellule funzionalmente più attive; il
F,'9- 2, - La struttura istologica delia ghiandola è tabulare, cor­ citoplasma, poco definito, si prolunga verso le strutture vasco­
donale, essendo le cellule costituenti i lobuli ed i cordoni lari come si può cogliere nella parte sinistra dell'immagine. I
parenchimali, i pinealociti, disposti, anche in forma di coro­ capillari intralobulari sono circondati da raccolte di materiale,
ne, attorno alle strutture vascolari verso le quali si estende il apparentemente amorfo, eosinofilo costituito dai prolunga-
loro citoplasma; nella parte destra dell'immagine si trovano le menti del citoplasma dei pinealociti e dalle terminazioni di
caratteristiche concrezioni calcaree, gii acervuli pineali. fibre nervose. {Emat. Eos. 250X). I granuli neri sparsi sono
(Emat. Eos. 100 X). artefatti - precipitati - da fissazione formalmica.
Cenni di fisiologia « 699

ne delle cellule pineali. Gli stimoli nervosi così


¡¡j Cenili di fisiologia generati, lungo le vie simpatiche, raggiungono le
Il ruolo deH'epifisì, compresa con l'epitalamo cellule gangliari dei gangli cervicali superiori. Le
nel più vasto sistema delle strutture neuroendocri­ fibre postgangliari emergenti risalgono all'epifisi
ne deputate al controllo dell'omeostasi endocrina, per penetrare nel parenchima epifisario come asso­
consiste nella regolazione dei bioritmi nictemerali ni nudi. A contatto con le cellule epifisarie, quando
delle varie secrezioni neuroendocrine ipotalamiche cessano gli stimoli inibitori della luce diurna, libe­
e di conseguenza anche di quelle delle ghiandole rano nodrénalina (NAD) che, captata da recettori
endocrine periferiche. Mentre nei vertebrati inferio­ specifici dei pinealociti, induce in questi secrezione
ri l'epifisi svolge funzione squisitamente fotorecet- e liberazione di m elaton in a (MLT) (Fig. 4). Sono
trice, nei mammiferi le cellule parenchimali ricevo­ recettori, che le cellule epifisarie principali esprimo­
no stimoli nervosi elaborati dalla retina. Stimoli no tanto sulla superficie che nel nucleo. I recettori,
luminosi solari, ma anche da luce artificiale intensa attivati dallo stimolo specifico - mancata ricezione
che, raccolti dalla retina, raggiungono per via ner­ di stimoli luminosi - avviano la funzione dei pinea­
vosa i nuclei sovrachiasmatici per la via delle fibre lociti. Esistono prove che l'espressione recettoriale
retinico-ipotalamiche. Nel contesto delle funzioni venga modulata essa pure con ritmo circadiano.
dell'ipotalamo avviene l'integrazione degli impulsi Collegamenti nervosi bidirezionali connettono l'e­
plurimi che generano i bioritmi circadiani, essendo pifisi con il locus coeruleus e con i nuclei del rafe.
la luce lo stimolo negativo che sospende la funzio­ L'impossibilità di ricezione di stimoli luminosi, ad

RETINA

*
TR A TTO R E T IN IC O -IP O T A L A M IC O

1
IPOTALAMO
nucleo spvrachiasmatico
GriRH CRH

GANGLIO CERVICALE
SUPERIORE
recettori àdrenergici

FIBRE POSTGANGLIARI

Fig. 4 - Sintesi grafica dell'azione di controllo dell'epifisi sui ritmi circadiani di liberazione dei neurormoni ipotalamici GnRH e
CRH.
Linea continua e linea tratteggiata: alternanza stimolo-inibizione per ritmo circadiano di produzione di MLT. La MLT inibisce ia pro­
duzione di GnRH, mentre stimola quella di CRH.
700 Epifisi, o ghiandola pineale (corpo pineale)
es. nella cecità patologica o sperimentale, compro­ produzione ma, dopo prodotta, viene direttamente
mette la produzione e la liberazione ritmica di immessa nel circolo ematico per raggiungere gli
melatonina. È comunque da tener presente che l'e­ organi bersaglio. La a ttiv azion e m assim a dell'epi­
pifisi opera in un contesto di correlazioni neuroen­ f i s i si ha all'inizio del periodo di oscurità e anche
docrine non ancora completamente chiarite gli effetti metabolici della melatonina sono maggio­
Considerando la complessità dei percorsi delle ri in questa fase. Effetti metabolici che, sugli organi
vie nervose, che vanno dalla retina all'epifisi ed bersaglio, si riducono progressivamente con l'au­
alTipotalamo, si coglie anche l'entità delle trasfor­ mentare dell'esposizione dell'organo all'ormone.
mazioni del sistema nel corso della filogenesi. Tut­ L'attività metabolica massima si ha pertanto all'ini­
tavia l'ipotesi che la ghiandola pineale sia soltanto zio della condizione di oscurità per diminuire suc­
un residuo, non funzionante, della filogenesi non cessivamente e cessare, o quasi, durante il periodo
può più essere accettata. Essendo, la sua funzione, di esposizione alla luce. Al contrario, una sommini­
finora accertata, il controllo molto fine e complesso
strazione continua esogena di melatonina aumenta
dell'omeostasi ed in particolare, come già accenna­
gli effetti metabolici. La melatonina negli animali
to, dei meccanismi neuroendocrini che regolano i
inferiori agisce sui melanociti producendo agglo­
ritmi circadiani. L'invecchiamento, lo sviluppo
merazione perinucleare della melanina con conse­
armonico delle funzioni sessuali, il controllo nega­
tivo dell'emergenza di cloni cellulari maligni, il guente sbiancamento della cute. Nei mammiferi, e
controllo non solo del ritmo di secrezione ma anche nell'uomo in particolare, non esercita azioni rile­
della produzione dei corticosteroidi surrenalici e vanti sulla pigmentazione cutanea ma, con effetti
quindi anche del sistema immunocompetente, sono plurimi e con meccanismi non ancora chiariti, rego­
attività, in qualche modo, regolate e coordinate dal­ la gli equilibri endocrini già richiamati. La MLT è
l'epifisi, certamente nella regolazione nictemerale fattore oncostatico naturale e da questa proprietà
della loro intensità funzionale; anche se non deca­ sembra dipendere la bassa incidenza delle neopla­
dono del tutto in assenza della ancora "misteriosa sie di questa regione che rappresenta circa lo 0.5%
ghiandola", pur risultando alterate. A lungo infatti dei tumori endocranici.
l'epifisi non è stata ritenuta una ghiandola endocri­ L'azione in ibitoria su lla fun zion e gon adotropa
na perché’ la sua ablazione, così come la sommini­ ip ofisaria nota da tempo è bene documentata: il
strazione di melatonina, parevano essere inefficaci trattamento con melatonina riduce infatti il peso
sull'equilibrio endocrino. delle ovaie e sopprime l'attività estrale negli anima­
L'ormone principale secreto dall'epifisi è appun­ li per inibizione della secrezione di LH. Con tutta
to la m elaton in a; su altre possibili secrezioni ormo­ probabilità, l'azione gonadoinibente del SNC è
nali, come il 5 metossitriptofololo (metabolita della svolta dall'epifisi. L'accentuazione del metaboli­
serotonina) e l'arginina vasotocina (polipeptide smo della melatonina nelle ore notturne potrebbe
assai simile all'ossitocina vasopressina), non si spiegare le puntate secretorie di LH che si realizza­
hanno ancora dati certi. no nel periodo di sonno nei soggetti all'inizio della
La melatonina viene sintetizzata a partire dal pubertà. Le condizioni di patologia della regione
triptofano con formazione di serotonina che, a sua che comportino compressione ed atrofia si possono
volta, viene trasformata in melatonina e in 5 metos- accompagnare a pubertà precoce. Maturazione ses­
sitriptofolo. La secrezione è strettamente dipenden­ suale e regolazione delle funzioni riproduttive ven­
te da un bioritmo nictemerale che comporta con­ gono quindi regolate anche dalla ghiandola pinea­
centrazioni piasmatiche minime durante il giorno le, essendo gli eventi più eclatanti connessi con la
ed al contrario elevate nelle ore di oscurità: la ceci­
patologìa neoplastica della regione. Anche il tasso
tà sperimentale negli animali da laboratorio e spon­
di ACTH e di MSH, e quindi le funzioni dipenden­
tanea nell'uomo comporta sempre elevate concen­
ti da queste tropine ipofisarie, risente del controllo
trazioni di melatonina.
pineale e della somministrazione di melatonina.
1 ritmi della secrezione non dipendono solo, ed
in modo esclusivo, dalle variazioni della luminosi­ L'ormone infine sembra esercitare effetti inibitori
tà: essi sono regolati anche da altri fattori (assunzio­ sul SNC con compromissione dell'umore; si ipotiz­
ne di cibo, attività motoria, altri bioritmi circadia­ za anche un suo ruolo almeno in alcune forme di
ni): soggetti mantenuti a luce costante per 24 ore epilessìa che sembra si possano ritenere legate ad
perdono la ritmicità secretoria luce - buio, che riac­ un deficit di melatonina. È comunque accertato che
quistano, però, dopo un periodo variabile da tre a l'iperproduzione di MLT (stagione invernale nelle
quattro giorni; mentre, a buio costante, la ritmicità alte vallate di montagna) è in grado di generare
secretoria viene mantenuta nel ciclo delle 24 ore. Il quadri clinici per disturbi dell'umore. Nell'epifisi
ritmo dell'attività nictoemerale epifisaria viene sin­ sono ancora presenti ormoni peptidìci, come ossito-
cronizzato per messaggi nervosi mediati dalla cina, angiotensina 1, TRH, derivati della POMC e
noradrenalina attraverso vie simpatiche provenien­ GnRH, le modalità della cui secrezione e la cui fun­
ti dal ganglio cervicale superiore. zione (controllo per controregolazione?) non risul­
La melatonina non si accumula nell'organo di tano a tutt'oggi definite.
Anomalie congenite - cisti i 701

soggetti adulti prima dei 40 anni. In genere di pic­


| Anomalie congenite - cisti cole dimensioni e ben capsulati, possono causare
L'assenza dell'epifisi è evento molto raro: in let­ idrocefalo ostruttivo per compressione dell'acque­
teratura sono stati riportati casi eccezionali di apla­ dotto di Silvio. Sezionati, mettono in evidenza, con
sia della ghiandola (Kitay e Altshule) cosi come una certa frequenza, formazioni cistiche ed anche
sono altrettanto eccezionali anche i casi di ipoplasia, focolai emorragici dai quali le cisti possono deriva­
associati in genere a precocità dello sviluppo ses­ re. Nella progressione tendono ad invadere, per
suale ma anche a morte istantanea-improvvisa infiltrazione, le strutture circostanti e a dare meta­
soprattutto in soggetti neonati-lattanti. stasi seguendo il flusso liquorale lungo gli spazi
Sono, invece, reperto non infrequente, piccole subaracnoidei. Sono descritte anche metastasi a
formazioni cistiche, quando l'osservazione autopti- distanza. I pinealoblastomi sono tumori riccamente
ca prenda in considerazione attenta l'encefalo e lo cellulati (Fig. 5), costituiti da pinealoblasti che sono
studio dell'epifisi. Nelle indagini cliniche che com­ cellule immature o poco differenziate, aventi con­
portino l'esame per risonanza magnetica, piccole torni male definiti, dotate di scarso citoplasma e di
formazioni cistiche si possono riscontrare nel 50% nuclei di forma irregolare-ovoidale dotati di croma­
dei casi di soggetti peraltro apparentemente nor­ tina abbondante. L'organizzazione strutturale è
mali. Le cisti maggiori compromettono, di solito, alveolare, con immagini a rosetta, che richiamano il
l'entità della produzione di MLT causando anche il medulloblastoma da cui il tumore è spesso indistin­
quadro clinico della sindrome di Parxnaud caratte­ guibile. Esprimono l'antigene S retinico e fissano
rizzata soprattutto da disturbi della visione. Le cisti anche gli anticorpi anti-NSE (Fig. 6a) e, modica­
voluminose possono compromettere il circolo mente, gli anticorpi anti-sinaptofisina (Fig.
liquorale causando ipertensione sovra-acquedotta- 6b).Variante rara è la forma che si associa al retino-
le. Le cisti pineali hanno la parete rivestita da astro- blastoma, neoplasia di solito bilaterale e citologica-
citi che possono contenere fibre di Rosenthal: primi­ mente complessa per l'associazione di pituiciti
tive o secondarie ad eventi emorragici (in quest'ul- immaturi, di retinoblasti, di cellule gliali e neuro-
tima condizione sono reperibili depositi di emosi- blastiche.
derina) possono simulare neoplasie primitive per la I p in ealocitom i si riscontrano iti età adulta ed
redistribuzione periferica del parenchima epifisario anche avanzata: sono ben demarcati e non infiltran­
residuo. Una condizione molto rara, a patogenesi ti. L'aspetto macroscopico è di neoformazione di
sconosciuta, legata alla possibilità di morte improv­ colorito grigio-pallido, non di rado sede di emorra­
visa/ è rappresentata dalla idrope cistica della gie o di cisti. Se raggiunge un volume sufficiente il
pineale, che può essere causa di idrocefalo: istologi­ tumore può ostruire per compressione l'acquedotto
camente si osservano ampie formazioni cavitarie di Silvio causando idrocefalo ostruttivo sovra-
intra ghiandolari delimitate da strutture gliali con acqueduttale. Rare le metastasi soprattutto per
stretto intreccio fibrillare. impianto lungo le vie del flusso liquorale. La strut­
tura microscopica è per lo più lobulare essendo i
singoli lobuli composti da pituiciti differenziati e
| Tumori monomorfi, talvolta disposti a formare rosette; non
Il solo processo patologico di rilievo e ben defi­infrequente la partecipazione di cellule gliali con i
nito è rappresentato dalle neoplasie epifisarie, caratteri degli astrociti (Fig. 7). Positiva la reazione
peraltro veramente rare: meno delTl% (0,5%) di immunocitochimica per l'antigene S retinico e per
tutti i tumori intracranici. Si osservano sopratutto la MLT.
nell'infanzia; un secondo picco di incidenza occor­ I tum ori a cellule germ in ali insorgono presumi­
re in età adulta attorno ai 35-40 anni. Sono più fre­ bilmente da cellule germinali primitive di cui è
quenti (due-tre volte) nei bambini giapponesi. nota la possibilità di migrare, durante la vita fetale,
Circa 2/3 sono neoplasie a cellule germinali, essen­ in diverse sedi disposte lungo la linea mediana del
do 1/3 quelle costituite da elementi del parenchi­ corpo (epifisi, regioni soprasellare e intrasellare,
ma epifisario. Il sesso maschile è colpito in propor­ mediastino, retroperitoneo). Questi tumori, i più
zione di 9 a 1 rispetto al sesso femminile. Attual­ frequenti di questo distretto, comprendono diverse
mente si distinguono i pinealoblastomi, i pinealoci- forme, analogamente a quelli insorgenti nelle gona­
tomi ed i tumori a cellule germinali che possono di (seminomi o disgerminomi, teratomi, tumori del
secernere ormoni ad azione gonadotropa. Per le seno endodermico, tumori epidermoidi e dermoidi
neoplasie di derivazione pituicitica, Reiter (1997) nonché associazioni dei diversi cito tipi). La forma
distingue le forme indifferenziate (pinealoblasto­ più comune (oltre 3/4 dei tumori della ghiandola
mi), le forme con differenziazione pituicitica pineale con netta prevalenza - 90% - per il sesso
(pinealocitomi) e le forme con differenziazione maschile) è il germ inom a la cui struttura è formata
neuronaie o gliale. da campi cellulari compatti, di estensione variabile,
I p in ea lob lastom i insorgono di solito nei bambi­ disposti a mosaico e costituiti da grosse cellule ad
ni di età inferiore ai 10 anni, con frequenza doppia abito epitelioideo con nucleo vescicolare, ipercro-
nei maschi; sono comunque osservabili anche in mico ed abbondante citoplasma chiaro a ricco con-
702 a Epifisi, o ghiandola pineale (corpo pineale)

Fig. 5 - Pineaiobiastoma {bambino di 3 anni): le cellule neoplastiche, strettamente addensate e disposte senza ordine apprezza­
bile, hanno nuclei polimorfi, di forma alquanto irregolare, ìpercromici con cromatina spesso raccolta in blocchi grossolani. {Emat.
Eos. a) 250X; b) 400X).

Fig. 6 - Pineaiobiastoma: il citoplasma delie cellule neopiastìche ha fissato gli anticorpi anti-NSE {a) e gli anticorpi anii-sinaptofi'
sina (b).
Tumori & 703

Fig. 8 - Germmoma (uomo di 34 a.): reattività immunocitochimica per CD 117 {c-kit) in b).
7 0 4 ss Epifisi, o ghiandola pineale (corpo pineale)
tenuto glicogenico, separati da tralci fibrosi infiltra­ • esposizione prolungata alla luce diurna o artifi­
ti da linfociti (Fig. 8). La partecipazione dei linfoci­ ciale che comunque venga percepita dalla retina;
ti, così come quella, più rara, di eventi di flogosi
• patologie destruenti l'epifisi;
granulomatosa con cellule giganti plurinucleate,
viene collegata con una probabile reazione immu­ 9 neoplasie dell'epifisi, primitive o secondarie e
nitaria nei confronti delle cellule neoplastiche. Il non funzionanti;
tumore, che può insorgere anche in regione sovra-
9 asportazione chirurgica della ghiandola;
selìare, ha struttura istologica sovrapponibile a
quella dei seminomi del testicolo: è molto radiosen­ • difetti genetici - ipotizzabili - della sintesi dei
sibile ed occasionalmente. associato ad aspetti di recettori adrenergici dei pituiciti o di altre mole­
tipo carcinoembrionale o teratomatoso. Causa, con cole.
frequenza significativa, il quadro clinico della
pubertà precoce vera connessa con la secrezione Sono condizioni nelle quali, alla riduzione del tasso
ormonale di gonadotropine corioniche (nelle ematico di MLT, si possono associare: distubi del
varianti coriocarcinomatose) oppure per effetto sonno, accelerazione dei processi di invecchiamento,
massa, compressione di strutture ipotalamiche. morte improvvisa nei lattanti, disturbi dell'umore,
I teratom i pin eali rappresentano il 10-15% di tutti accelerazione degli eventi di progressione tumorale.
i tumori epifisari e l'epifisi rappresenta la sede di ele­ All'epoca della pubertà, di norma, si riduce il
zione dei teratomi intracranici. La loro struttura è tasso piasmatico di MLT mentre aumenta quello
quella tipica dei teratomi e soprattutto di quelli delle gonadotropine ipofisarie. Anche la pubertà
gonadici. Sono stati descritti anche veri coriocarcino- precoce vera viene collegata con condizioni che
mi primitivi e carcinomi embrionali epifisari. Il com­ generano ipomelatonismo severo per neoplasie epi­
portamento biologico, di questo gruppo di neoplasie fisarie non gonadotrope o altre patologie destruen­
in particolare, è segnato dall'elevata malignità. ti strutture del sistema epitalamo-epifisario.
I gliom i assumono, per lo più. i caratteri delle Le condizioni di ipersecrezióne di MLT {iperme­
forme spongioblastiche (pinealomi spongioblastici), latonism i) sono collegate sia ad aumento dell'attivi-
o quelli degli ependimomi (pinealomi ependimali): tà delle fibre simpatiche che innervano l'epifisi e
sono neoplasie che originano dal rivestimento epen- quindi con l'iperattivazione del tono simpatico in
dimale del recesso epifisario del terzo ventricolo qualche modo connesso con il sistema neuroendo­
(Baggenstoss e Lowe, Globus). La morfologia micro­ crino, sia con l'ipersensibilità (da anormalità geneti­
scopica di queste neoplasie ripete le caratteristiche che) delle molecole correlate con gli eventi recetto-
degli analoghi tumori del sistema nervoso centrale. riali di questo sistema. Intervenendo la MLT nella
regolazione dei vari ritmi circadiani è da supporre
che l'ipermelatonismo comporti disfunzioni che
| Quadri anatomodinici comunque fino ad oggi non hanno ricevuto un ade­
guato inquadramento sistematico se si eccettua la
I quadri anatomoclinici di patologia epifisaria, fino­ compromissione delle funzioni del sistema ipotala-
ra isolati e meglio definiti, riguardano le lesioni neo­ mo-ipofisi-gonadi che viene inibito con compromis­
plastiche proprie della regione che possono causare: sione tanto della maturazione sessuale nei giovani
• sintomi di tumore endocranico come idrocefalo (pubertà ritardata) quanto della capacità riprodutti­
interno per occlusione delLacquedotto di Silvio; va nell'adulto: ipogonadismo ipogonadotropo epifi­
sario. In donne con amenorrea ipotalamica è stato
• ipertensione endocranica per compressione documentato un aumento del tasso ematico nottur­
della vena magna di Galeno; no di MLT. Quadro clinico-patologico peculiare è la
• disturbi della oculomozione (s. di Parinaud); sìndrome di Parinaud nella quale all'aumento di volu­
me dell'epifisi, con aumento del tasso ematico di
© disturbi neurologici per invasione delle struttu­ melatonina, si associa sviluppo sessuale ritardato, o
re nervose adiacenti l'epifisi; ipogonadismo ipogonadotropo, paralisi dell'oculo-
• quadri discrinici consistenti soprattutto in mozione e lieve dilatazione delle pupille con reazio­
pubertà precoce vera, ritardo dello sviluppo ses­ ne ridotta allo stimolo luminoso. Circa i rapporti fra
suale o ipogenitalismo, diabete insipido. neoplasie ed epifisi sembra che la MLT eserciti un
controllo inibitorio sulla proliferazione cellulare ed
I quadri clinici per alterazione dell'equilibrio in particolare sulle cellule ghiandolari mammarie
endocrino possono essere distinti, in rapporto esprimenti recettori per gli ormoni estrogeni.
all'entità dell'anormalità della secrezione di MLT,
in ipo ed ipermelatonismi.
Una condizione di produzione ridotta di MLT - S Bibliografia essenziale
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Tiroide
6.6 G. Martignoni, L. Cavazzini, G.M. Mariuzzi

gei e pretracheali (talvolta sede unica di metasta­


¡¡SI Cenni di anatomia si), ai sopraclaveari ed eccezionalmente ai media-
e di morfologia funzionale stinici superiori.
La tiroide origina dall'endoderma della parete Istologicamente il tessuto tiroideo è costituito da
ventrale dell'intestino branchiale, verso la fine della formazioni follicolari di volume variabile, raggrup­
terza settimana di gestazione. H primo abbozzo epi­ pate in lobuli, ciascuno dei quali comprende tra i 20
teliale è cavo e situato centralmente al di dietro e i 40 otricoli. Questi sono separati da sottili setti
degli archi mandibolari, fra il corpo e la radice della connettivali che emanano dalla capsula fibrosa del­
lingua. Successivamente tale abbozzo si allunga in l'organo.
direzione caudale seguendo il cuore nel suo movi­ I follicoli sono rivestiti da cellule epiteliali, i
mento di discesa. Il peduncolo, cavo, diviene il con­ tireociti, che possono avere morfologia cubica, cilin­
dotto tireo-glosso dalla cui estremità caudale si svi­ drica o piatta, a seconda del loro stato funzionale:
luppano i due lobi laterali tra loro uniti da un ponte contengono sostanza colloide in quantità e con
mediano impari che rappresenta l'istmo. Il condot­ caratteristiche diverse (Fig. 1). La sostanza colloide
to tireo-glosso di norma va incontro ad atrofia tota­ è una miscela di proteine composta in particolare
le; tuttavia ne possono persistere porzioni residue dalla tireoglobulina e, in misura minore, da protei­
dalle quali derivano il lobo piramidale o, assai rara­ ne iodate, da albumina e da altre proteine sieriche.
mente, ghiandole accessorie mediane. Nella colloide di alcuni follicoli si possono osserva­
Nell'adulto, pertanto, la tiroide risulta di due re cristalli di ossalato di calcio, particolarmente nei
lobi laterali voluminosi tra loro uniti da una parte soggetti anziani.
trasversale, detta istmo che, nel 50% dei soggetti, si Le dimensioni dei follicoli cambiano in rapporto
continua con il lobo piramidale, prolungamento con l'attività funzionale: l'ormone tireotropo (TSH)
sottile diretto in alto e aderente alla laringe. determina rapido e notevole svuotamento della col­
Il colore è rosso giallastro, la consistenza molle; loide intrafollicolare con marcata riduzione del
sulla superficie liscia si apprezzano solchi poco lume dei follicoli mentre la morfologia dell'epitelio
profondi. Il peso della ghiandola è in media di g è cubica o cilindrica così che talora il parenchima
20; l'istmo misura in profondità e lunghezza circa tiroideo può assumere una struttura quasi compat­
20 mm ed è spesso 2-6 mm, mentre i lobi laterali ta. Nelle condizioni di ipofunzione si può avere
misurano 40 mm in altezza, 15-20 mm in larghez­ accumulo di colloide fino alla trasformazione dei
za e 5 mm in profondità. Le dimensioni della follicoli in vescicole od anche in vere cisti rivestite
ghiandola variano comunque in rapporto a sesso, da epitelio appiattito.
età e fattori geografici. Vanno sottolineati, per il L'ultrastruttura dei tireociti, è caratterizzata:
loro rilievo pratico, gli stretti rapporti che la m dalla presenza, al polo apicale, di microvilli che
ghiandola contrae con il nervo laringeo ricorrente compenetrano la sostanza colloide;
e con le paratiroidi per il loro possibile coinvolgi­ @ da un reticolo endoplasmico. granuloso varia­
mento nel corso di processi patologici tiroidei o in mente sviluppato e contenente talvolta materia­
seguito a interventi chirurgici. La vascolarizzazio­ le similcolloide;
ne dipende dalle arterie tiroidee superiori (rami e da un apparato di Golgi situato in posizione
della carotide esterna) e dalle arterie tiroidee infe­ perinucleare e di solito al polo apicale del
riori (rami della succlavia) che si anastomizzano nucleo;
ampiamente fra loro prima di penetrare nel paren­ 0 da corpi elettrondensi variamente abbondanti al
chima. Talora può essere presente un quinto vaso,
polo apicale interpretabili come lisosomi;
l'arteria tiroidea ima (o profonda), che emerge
@ da mitocondri non molto numerosi ed unifor­
direttamente dall'arco aortico per entrare nella
memente distribuiti.
ghiandola a livello della sua parte mediana. Il
sistema venoso che emerge dal parenchima ghian­ All'esame immunoistochimico le cellule follico­
dolare forma un plesso di vasi sottocapsulari, che lari risultano esprimere nel citoplasma, la glicopro­
porta il sangue venoso refluo nelle vene giugulari teina tireoglobulina (Fig. 1), mentre a livello nuclea­
interne e nelle brachiocefaliche. I vasi linfatici re si può apprezzare una costante positività per un
vanno ai linfonodi cervicali profondi, ai prelarin­ fattore di trascrizione, denominato TTF-1.
708 & Tiroide

Fig. 1 - Tiroide normale: a] Disegno follicolare con colloide densa; b) immagine ultrastrutturale di cellule tiroidee con evidenza dei
microvilli e del reticolo enaoplasmatico; c) colorazione immunoistochimica per tìreoglobulina che evidenzia la presenza di questa
glicoproteina nel lume dei follicoli tiroidei e nel citoplasma dei tireociti; d) Reazione immunoistochimica per TTF-1 che dimostra
positività nucleare.
Cenni di anatomia e di morfologia funzionale $ 709
I follicoli tiroidei sono circondati da una rete per lo più fusiforme e dotate di un nucleo ovoidale,
capillare con caratteristiche sinusoidali. frequentemente inciso; solo di rado l'aggregazione
Nel parenchima tiroideo, e in particolare nei due di tali elementi esita nella formazione di microcisti.
terzi superiori dei lobi laterali, lungo l'asse media­ Le cellule che li compongono reagiscono alle cito-
no, si trovano disseminate cellule epiteliali (cellule cheratine ad alto peso molecolare, quale la citoche-
interfollicolari o cellule C) (Fig. 2a) appartenenti al ratina 5 e ad una proteina nucleare P63, apparte­
sistema neuroendocrino diffuso: si suppone origini­ nente alla famiglia di P53 (Lloyd et al, 2002; Reis-
no dalla cresta neurale e che raggiungano l'abboz­ Filho et al, 2003).
zo tiroideo attraverso il corpo ultimobranchiale;
sono localizzate nella parete dei follicoli tiroidei, fra
la membrana basale ed il polo basale dei tireociti; Cenni di fisiologia
hanno citoplasma finemente granuloso, tenuemen­
La funzione principale della tiroide si esplica
te argirofilo in cui l'esame ultrastrutturale dimostra nella regolazione del metabolismo cellulare median­
la ricchezza di mitocondri e numerose piccoli gra­
te la produzione di ormoni, triiodotironina (T3) e
nuli contenenti materiale elettrodenso (Fig. 2b).
tetraiodotironina o tiroxina (T4). Gli ormoni tiroidei
Esse esprimono, all'esame immunoistochimico, sono anche essenziali per la maturazione del siste­
marcatori neuroendocrini, come cromogranina e
ma nervoso e degli organi sessuali nonché per lo
sinaptofisina, e risultano positive alla calcitonina,
sviluppo osseo.
l'ormone alla cui secrezione sono deputate e che
regola il metabolismo del calcio, funzione cui parte­ Ormoni tiroidei. La produzione degli ormoni tiroi­
cipa direttamente anche il paratormone. Tra il terzo dei avviene per alogenazione di aminoacidi nell'in­
medio e quello superiore di ciascun lobo tiroideo terno di una molecola proteica. Affinché tale pro­
sono identificabili i cosiddetti nidi solidi cellulari duzione avvenga in modo adeguato è necessario
("solid n ests"), anch'essi di derivazione dal corpo che l'assunzione giornaliera di iodio superi i 75 |_ig
ultimo branchiale, la cui funzione a tutt'oggi non è e che lo iodio venga regolarmente assorbito lungo
ancora stata chiarita. Essi sono microaggregati di il tratto gastroenterico e legato a proteine (organiti-
cellule, di piccole e medie dimensioni, a fisionomia cazione).

Fig. 2 - Tiroide normale, a) Colorazione immunoistochimica per calcitonina che evidenzia la componente a cellule C presente nel
parenchima tiroideo, b} Sezione di tiroide di topo che dimostra la presenza di cellule notevolmente voluminose, dotate di citopla­
sma chiaro e di nucleo vescicoloso, cellule C (freccia), caratteristicamente disposte in sede parafollicolare. (Inclusione in aralaite,
Bleu di Toiuidina, 1.000 X).
710 Tiroide
Gli ormoni tiroidei vengono prodotti dalle cellu­ L'organificazione dello iodio è inibita dalla
le follicolari mediante un processo che comporta: tiourea e dagli aminobenzeni ed anche dagli anti­
corpi anti-tireoperossidasi, precedentemente noti
1. Sintesi della tireoglobulìna (Tg) nel reticolo endo-
come anticorpi anti-microsomiali. La iodificazione
plasmatico rugoso della cellula follicolare; la Tg
della tirosina si verifica in punti precisi della mole­
è una grossa molecola di deposito che presenta
cola tireoglobulinica e non a livello di tutti gli ami­
numerosi residui di tirosina;
noacidi tirosinici presenti. È possibile quindi che
2. Definitivo completamento della Tg per aggiunta di anomalie del gene della tireoglobulina, localizzato
carboidrati a livello del reticolo endoplasmatico sul braccio lungo del cromosoma 8, non consenta­
liscio e dell'apparato del Golgi; no una normale iodificazione causando ipotiroidi-
3. Formazione di vescicole esocitosiche contenenti la Tg; smo.
4. Trasporto delle vescicole esocitosiche alla superficie La proteolisi della Tg può portare anche al rila­
apicale della cellula tiroidea; scio di MIT e DIT che peraltro vengono rapida­
mente deiodinate dairenzima iodiotirosina deiodi-
5. Captazione dello ioduro a livello della membrana nasi e quindi riciclate per produrre T3 o T4. Dal
basale della cellula tiroidea da parte della momento che circa il 70% dei residui tirosinici iodi­
pompa sodio/iodio (N1S); nati della Tg è rappresentato da MIT e DIT il loro
6. Ossidazione dello ione ioduro I' ad opera dell'enzi­ ricupero è da ritenere essenziale per garantire un
ma tireoperossidasi (TPO) e perossido di idroge­ efficiente riciclo di iodio ed evitare la perdita di
no (reazione inibita da tiouracile o sulfamidici), a molecole ancora utili.
livello dell'apice delle cellule tiroidee, con iodina-
zione della tirosina (iodinazione della Tg), forma­ Metabolismo e funzione degli ormoni tiroidei. I
zione di monoidotirosina (MIT) e diiodotirosina prodotti, biologicamente fondamentali, della fun­
(DIT) e loro accoppiamento (coupling) fino alla zione/secrezione tiroidea sono il T4 ed il T3. La
strutturazione delle molecole T3 e T4; piccola quantità di Tg rilasciata fisiologicamente in
circolo di norma viene rapidamente metabolizzata
7. Immagazzinamento della Tg iodinata nella colloide da macrofagi e cellule di Kupffer. In condizioni
del follicolo; normali la secrezione tiroidea di T3 è estremamen­
8. Endocitosi per micropinocitosi e per macropino- te modesta e la maggior parte del T3 piasmatico
citosi (pseudopodi), sia in fase fluida (endocito­ deriva dalla deiodinazione periferica di T4 a livel­
si), sia mediata da meccanismi recettoriali spe­ lo epatico e renale per azione della deiodinasi di
cifici, tra i quali megalina e gp330 ("intemaliz- tipo I. Questo delicato processo enzimatico può
zazione vescicolare"); essere inibito dai glucocorticoidi ed è rallentato
9. Formazione di vescicole di colloide intracitoplasma- anche in corso di alcune severe malattie sistemiche
tica; (iperproduzione di corticosteroidi da stress).
10. Migrazione dei lisosomi al polo apicale della cel­ In circolo gli ormoni tiroidei T4 e T3 sono quasi
completamente veicolati da proteine piasmatiche:
lula;
la Tiroxine-Binding-GIobulin, TBG, per il 70%; la
11. Fusione dei lisosomi con le vescicole colloidee; transtiretina -già nota come prealbumina- e la Tiro-
12. Digestione delle vescicole con idrolisi della Tg, ad xine-Binding-Albumin (TBA) per il restante 30%. A
opera dell'azione combinata degli enzimi causa della sua minor affinità di legame alle protei­
catepsina B e dipeptidasi lisosomiale I; ne, la T3 è caratterizzata da breve emivita in circo­
13. Secrezione nella circolazione sistemica di T3 e T4; i lo (circa 24 ore), la T4 al contrario ha una emivita di
processi attivi e passivi che regolano la secre­ quasi 7 giorni. La concentrazione piasmatica di T4
zione in circolo degli ormoni maturi sono tutto­ libero è tre volte superiore a quella di T3; tuttavia,
ra poco chiari; poiché T3 è metabolicamente più attiva di T4,
avendo un'affinità per i recettori nucleari dieci
14. Deiodinazione di MIT e DIT.
volte superiore a quella di T4, entrambi gli ormoni
Lo iodio assunto con la dieta sotto forma di I2 tiroidei concorrono in eguale misura a svolgere i
circolante viene ridotto a l'nello stomaco, per esse­ loro effetti fisiologici.
re poi rapidamente assorbito, sempre come ioduro, I valori sierici di T3 e T4 totali variano anche in
dalla mucosa intestinale. Solo una parte trascurabi­ rapporto alla disponibilità di proteine vettrici:
le di iodio proviene dal catabolismo periferico degli infatti l'ipoproteinemia, ad esempio in cirrosi o in
ormoni tiroidei e dalla deiodazione epatica ed sindrome nefrosica o in pazienti che assumono
intratiroidea. Lo ioduro che non viene captato è terapia con androgeni, è una condizione che ne
rapidamente escreto dall'emuntorio renale. Lo riduce il tasso ematico, mentre li innalzano concen­
ioduro ematico viene captato attivamente dall'epi­ trazioni ematiche elevate di estrogeni, la sommini­
telio tiroideo contro un gradiente di concentrazione strazione di contraccettivi orali e la gravidanza,
tiroide/siero; la captazione è facilitata dal TSH e creando, in quest'ultimo caso, situazioni che pos­
indirettamente da un basso livello di l'nella tiroide: sono causare interpretazioni infondate di ipertiroi-
è invece ostacolata dai perclorati e dai tiocianati. dismo.
Cenni di fisiologia > 711

Gli ormoni tiroidei esplicano effetti metabolici Calcitonina. È questo un polipeptide secreto, come
ed intervengono positivamente nello sviluppo proormone, dalle cellule C tiroidee. La forma meta­
somatico ed in quello psichico. Gli effetti metaboli­ bolicamente attiva, del peso molecolare di 3500 dal-
ci sono di breve durata mentre quelli esplicati sullo ton, si compone di 32 aminoacidi. Il gene che codifi­
sviluppo psicofisico hanno tempi di latenza signi­ ca per la sintesi della calcitonina è situato sul braccio
ficativi e durata protratta. L'azione degli ormoni corto del cromosoma 11. Questo stesso gene codifica
tiroidei sul metabolismo si traduce nell'aumento anche per CGRP (calcitonin gene-related peptide)
della glicolisi, della gluconeogenesi, della lipoge- che è presente sia nelle cellule C tiroidee che, e in
nesi e del consumo di 0 2 a livello di tutti i tessuti, maggior quantità, nel sistema nervoso centrale. Sti­
particolarmente del miocardio. moli adeguati alla secrezione di calcitonina sono
rappresentati da elevati livelli di calcio e di magne­
Controllo della secrezione degli ormoni tiroidei.
sio. Tuttavia l'ipercalcemia in corso di iperparatiroi-
La secrezione degli ormoni tiroidei viene regolata
dismo non si associa, curiosamente, ad ipercalcitord-
dall'asse ipotalamo-ipofisi-tiroide. Il mantenimen­ nemia. Alcuni peptidi gastrointestinali sono dotati
to dei livelli ematici degli ormoni circolanti dipen­ di effetti secretogoghi sulla calcitonina, in particola­
de dalla tireotropina (TSH) la cui secrezione è, a re il glucagone. I livelli della calcitoninemia si ridu­
sua volta, controllata dal TRH, neurormone ipota-
cono progressivamente con l'età; sia i valori di base
lamico con funzione di stimolo sulla liberazione che quelli da stimolo con pentagastrina o con calcio
immediata, e dose dipendente, del TSH ipofisario. sono più elevati nell'uomo rispetto alla donna. La
Il TRH, infatti, non influenza la sintesi del TSH ipo­ somministrazione di estrogeni, la gravidanza e l'al­
fisario, ma solo la sua liberazione. Eventi di patolo­ lattamento ne aumentano il tasso ematico.
gia ipotalamica, che causino deficit di TRH, non Il ruolo fisiologico di questo ormone non è
compromettono le riserve ipofisaxie di questo neu­ completamente noto. La calcitonina inibisce l'atti­
rormone che restano normali o possono addirittu­ vità osteclastica, aumenta l'escrezione urinaria di
ra aumentare; talune condizioni tuttavia sono in sodio, calcio, fosfato e la sintesi di 1,25 di-idrossi
grado di causare ipotiroidismo ipotalamico per vitamina D. La tiroidectomia tuttavia non modifi­
mancata liberazione del TRH, condizioni che pos­ ca l'omeostasi del calcio neppure nello scheletro
sono essere corrette solo dalla somministrazione (Lloyd et al, 2002).
esogena dello stesso.
Sintesi e secrezione di TSH sono inibite dagli
ormoni tiroidei che svolgono un feedback inibito­ H Alterazioni di sviluppo
rio sulla ipofisi anteriore. Il T3 inibisce la libera­
zione di TSH, effetto che, per manifestarsi, richie­ Aplasia tiroidea. L'aplasia totale è una malforma­
de un periodo di latenza ma che, una volta indot­ zione estremamente rara, mentre di riscontro relati­
to, perdura nel tempo. L'effetto del T3 è dovuto vamente più frequente è l'aplasia parziale, causa
alla induzione enzimatica di neosintesi di protei­ comune di cretinismo congenito non ereditario. L7-
ne a carattere inibitorio, sulla secrezione di TSH. poplasia globale dipende da insufficienza diencefa-
Questo effetto rende inefficace l'azione del TRH loipofisaria, mentre quella circoscritta ha certamen­
fintanto che non venga metabolizzato il prodotto te significato malformativo così come l'aplasia par­
della neosintesi proteica. Ne deriva che, in ecces­ ziale. L'ectopia (o eterotopia) tiroidea è un'anormali­
so di ormoni tiroidei circolanti, si ha inibizione tà che si può riscontrare lungo l'intero decorso che
della secrezione di TSH e mancata risposta al l'abbozzo tiroideo compie nella sua discesa; la sede
TRH da parte delle cellule che lo secernono. Vice­ più frequente è la base della lingua e in due terzi
versa un difetto di ormoni tiroidei comporta dei casi non si riscontra tessuto tiroideo nell'abitua­
aumento della secrezione basale di TSH ed una le sede della ghiandola.
risposta al TRH più pronta. È ancora opportuno Cisti del dotto tireoglosso. Derivano da residui
tener presente che la mancata risposta del TSH al embrionali del dotto tireoglosso che non hanno
TRH, in corso di tireotossicosi, permane molto subito il normale processo di involuzione. Esse si
più a lungo di quanto ci si potrebbe attendere trovano lungo la linea mediana del collo, general­
dalla normalizzazione del livello piasmatico degli mente subito al di sotto dell'osso ioide; hanno
ormoni tiroidei. dimensioni per lo più piccole (1-2 cm di diametro),
Qualsiasi situazione di tireotossicosi, che non parete sottile e contenuto generalmente mucinoso o,
sia sostenuta dalla rarissima condizione di un più raramente, purulento. La loro parete è rivestita
adenoma ipofisario TSH secernente, pertanto si da cellule cubiche o cilindriche che possono essere
associa a soppressione della secrezione del TSH, anche ciliate e, in qualche caso, da epitelio pavimen-
sia di base che da stimolo di TRH. Non è perciò toso metaplastico, formatosi in seguito alla sovrap­
possibile uno stato di ipertireosi ipotalamica dal posizione di processi flogistici. Nel connettivo della
momento che, in assenza di una autonoma secre­ parete si possono trovare follicoli tiroidei di aspetto
zione di TSH, il T3 sopprime sempre la risposta normale. Queste cisti possono eccezionalmente
del TSH al TRH. essere sede di neoplasie tiroidee (Lloyd et al, 2002).
712 Tiroide
colare, in genere limitate a piccoli, tratti della parete
| Processi ìnfiam motori di pochi follicoli, a cui fa seguito una flogosi carat­
Tiroiditi acute. Comprendono forine non suppurati­ terizzata inizialmente da penetrazione di granulo-
ve e form e suppurative. citi neutrofili nei follicoli con graduale formazione
Le prime insorgono per lo più in corso di malat­ di microascessi (Fig. 3a). Successivamente, in corri­
tie infettive batteriche o virali (difterite, scarlattina, spondenza dei follicoli alterati si strutturano i carat­
tifo, influenza, parotite) oppure per propagazione teristici focolai di flogosi granulomatosa di dimen­
da processi infiammatori di organi contigui, quali sioni variabili, ma in genere ben evidenti, costituiti
l'orofaringe o, più raramente, le ghiandole salivari. da ammassi di sostanza colloide circondati da cellu­
Il quadro istologico è caratterizzato da una flogosi le giganti plurinucleate, macrofagi e cellule epite-
interstiziale non suppurativa con lesioni secondarie lioidi (Fig. 3b). Il granuloma gigantocellulare è cir­
di tipo regressivo od anche iperplastico dell'epitelio condato da un alone di linfociti e plasmacellule con
tiroideo. rari granulociti e da una fascia fibrocollagena che
La Umidite suppurativa può insorgere nel corso realizza un confine netto rispetto al parenchima
d'infezioni o per lesioni traumatiche soprattutto tiroideo circostante. Accanto a queste evidenti alte­
penetranti: i germi di più comune riscontro sono razioni si trovano, quasi sempre, lesioni iniziali
gli stafilococchi e gli streptococchi. Il quadro clini- assieme ad esiti di sclerosi. La malattia, caratteriz­
co è più drammatico, la sintomatologia dolorosa è zata da un decorso con episodi subentranti, può
particolarmente intensa e la febbre di solito eleva­ causare solo eccezionalmente una completa distru­
ta. Il quadro istologico può essere quello di una zione del parenchima tiroideo con sclerosi diffusa,
forma ascessuale circoscritta,, oppure di ima forma mentre, il più delle volte, si ha la completa restitu-
suppurativa infiltrante flemmonosa; possono tio ad integrum del parenchima tiroideo.
insorgere gravi complicanze per invasione del
mediastino oppure della trachea con broncopolmo­ Tiroidite di R iedel (struma di Riedel, tiroidite lignea,
nite purulenta; l'evoluzione in sclerosi totale, a tiroidite invasiva). Di rara osservazione, si osserva
seguito, di quadri flemmonosi, è causa di grave anche in soggetti di sesso maschile, in genere tra i 40
ipotiroidismo. ed i 70 anni di età. L'organo può essere interessato
Tra le forme acute vanno incluse anche le tiroidi­ diffusamente o, più spesso, asimmetricamente con-
ti da irradiazione che sono appunto processi seconda­ traendo aderenze tenaci con le fasce e gli organi del
ri a terapia radiante eseguita per tumori della regio­ collo, oppure col mediastino. Clinicamente la malat­
ne testa-collo o per linfoadenopatie neoplastiche. tia provoca disfagia, paralisi del nervo ricorrente,
dispnea e può simulare un cancro tiroideo sia per
Tiroidite subacuta non suppurativa (tiroidite su b­ l'aumento di consistenza della ghiandola che per le
acuta di De Quervain o tiroidite gran u lom atosa aderenze ai tessuti circostanti. Nelle forme diffuse si
giganto-cellulare). Descritta da De Quervain nel possono associare anche sintomi riferibili airipotìroi-
1936, si osserva soprattutto nelle donne, con una dismo. Il quadro istologico è caratterizzato da ima
proporzione di circa 6:1 rispetto ai maschi, fra i 25 e estesa sostituzione connettivale del parenchima
50 anni. L'eziologia è probabilmente virale dal tiroideo che può essere pertanto del tutto scomparso
momento che la sua insorgenza è spesso preceduta oppure rappresentato solo da rari follicoli distanzia­
da infezioni virali delle vie aeree superiori e che in ti e atrofici ai margini della lesione.
oltre la metà dei casi risultano positivi i tests di fis­ Di solito è presente uno scarso infiltrato flogisti­
sazione del complemento per coxsackie, adenovi- co linfoplasmacellulare e, a differenza che nella
rus, parotite, ECHO, influenza ed EBV. Il quadro tiroidite di De Quervain, non si riscontrano microa­
clinico è caratterizzato da ingrossamento distrettua­ scessi. Il connettivo è di tipo fibroso, povero di cel­
le della tiroide, nel qual caso può essere confusa cli­ lule e spesso presenta fenomeni di scleroialinosi.
nicamente con una neoplasia, o diffuso con dolori Venule d i medio calibro, presenti nel contesto del
anche violenti, accompagnati a febbre ed a lieve processo fibroso, possono mostrare infiammazione
ipertiroidismo. T3 e T4 sono normali o lievemente della loro parete (venulite) E da ricordare infine che
aumentate. La tiroide non capta il radioiodio (curva il processo di fibrosclerosi coinvolge costantemente
di iodiocaptazione assente o molto ridotta). Gli i tessuti "molli" circostanti, in particolare il tessuto
indici di flogosi sono positivi e, in particolare, la muscolare. Oggi si ritiene che la tiroidite di Riedel
VES è sempre aumentata. L'evoluzione è di solito rientri nel gruppo di patologie note come malattie
benigna con guarigione; tuttavia nel 6-20% dei casi fibroinfiammatorie che comprende la fibrosi retro­
residua uno stato di ipotiroidismo. L'osservazione peritoneale, la fibrosi m e d ia stin ica , la colangite
macroscopica mette in evidenza un aumento volu­ sclerosante e lo pseudotumore infiammatorio del­
metrico della tiroide, simmetrico oppure asimme­ l'o rb ita (Harach, W illiam s, 1983).
trico; le zone interessate dal processo infiammato-
rio hanno consistenza aumentata ed appaiono di Tiroiditi croniche specifiche. Sono oggi infrequenti.
colorito biancogiallastro. Il quadro istologico varia La tubercolosi è rara: oltre alla forma miliare, si
con le fasi della malattia. All'esordio si trovano alte­ distinguono forme di tbc produttiva e di tbc caseo­
razioni regressive e necrobiotiche dell'epitelio folli­ sa, sempre nel quadro delle manifestazioni postpri­
Processi infiammatori - 713

Fig. 3 - Tiroide subacuta di De Quervain: microascessi follicolari (a); granuloma gigantocellulare colloidofagico (b).

marie. La sifilid e della tiroide è eccezionale; le verso, la malattia di Graves-Basedow può evolvere
lesioni luetiche possono apparire come flogosi in tiroidite di Hashimoto. Inoltre quadri morfologi­
interstiziale diffusa linfoplasmacellulare oppure in ci di tireopatia autoimmune possono insorgere in
forma di gomme variamente estese: mentre que­ pazienti con artrite reumatoide, diabete mellito,
st'ultimo quadro è apprezzabile solo nel periodo miastenia grave, malattia di Sjògren, gastrite croni­
terziario della sifilide acquisita, le forme interstizia­ ca atrofica e surrenalite autoimmune (quest'ultima
li si rinvengono sia nella lue congenita che in quel­ associazione - artrite reumatoide e surrenalite
la acquisita. U actinom icosi e la sporotricosi della autoimmune - viene indicata anche con l'eponimo
tiroide rappresentano reperti eccezionali. In corso di sìndrome di Schmidt). L'esistenza di queste asso­
di sarcoid osi diffusa si possono riscontrare anche ciazioni depone per una predisposizione genetica
localizzazioni tiroidee. alla iperreattività immune così come la presenza
Un frequente reperto istopatologico, in tiroidi nei pazienti con tireopatie autoimmuni di partico­
esaminate per altra patologia, è la cosiddetta “U m i­ lari aplotipi HLA. In particolare i soggetti con apio-
dite da p alpazion e" (detta anche follicolite granulo- tipo HLA-DR5 hanno un rischio di sviluppare una
matosa multifocale) che si caratterizza per la focale tiroidite di Hashimoto circa tre volte superiore
presenza di follicoli ripieni di macrofagi, cellule rispetto a coloro che non esprimono questo aploti-
giganti multinucleate e alcuni linfociti: tale reperto po, mentre quelli che possiedono l'aplotipo HLA-
non ha comunque rilevanza clinica. DR3 hanno un rischio circa quattro volte superiore
di sviluppare la malattia di Graves-Basedow. Un
T ireopatie autoim m uni. Rappresentano complessi­ possibile meccanismo patogenetico consisterebbe
vamente una causa frequente di patologia tiroidea. pertanto in un'anomala presentazione degli antige­
In questo gruppo vengono oggi comprese la tiroidi- ni self a linfociti T helper: a sostegno di questa ipo­
te di Hashimoto, la malattia di Graves-Basedow e la tesi sarebbe la presenza nell'epitelio tiroideo di
tiroidite silente. Si ritiene inoltre che anche l'iperti- proteine codificate da HLA-DR, in soggetti con
roìdismo neonatale transitorio e il cretinismo con­ tiroidite di Hashimoto. D'altra parte le tireopatie
genito atireosico facciano parte di questo comples­ autoimmuni pare riconoscano un momento pato­
so di patologie della tiroide. I soggetti affetti da genetico comune in difetti che coinvolgono i linfo­
tiroidite di Hashimoto sono anche suscettibili a citi T regolatori CD4/CD25 (Tr): difetto che deter­
contrarre la malattia di Graves-Basedow e, per con­ minerebbe una diminuzione della tolleranza nei
714 Tiroide
riguardi di antigeni tiroidei. Tale ridotta tolleranza i due anticorpi sopramenzionati. È ancora
giusticherebbe la comparsa di cloni T linfocitari opportuno sottolineare come i Tg Abs possano
CD4 e CD8 effettori, diretti contro la tiroide, capa­ interferire, nel corso del loro dosaggio, con Tg,
ci di espandersi per Tassenza di un controllo effica­ con conseguente sovrastima o sottostima dei
ce dei linfociti Tr. Sono cloni che proliferando cau­ valori reali. Ciò rende ragione del fatto che la
sano danno tissutale e conseguenti alterazioni fun­ valutazione sierica di Tg Ab e Tg deve essere
zionali sostenute da meccanismi umorali (produ­ sempre combinata;
zione di autoanticorpi antitiroide) e cellulo-media- © gli anticorpi anti-tiroxina e anti-triiodo- tiro ni­
ti (effetti citotossici). Il diverso comportamento cli- fia, la cui presenza deve essere tenuta in consi­
nico-patologico delle tiroiditi sarebbe pertanto derazione per le possibili interferenze nelle
secondario al tipo di danno cellulare provocato ed determinazioni sieriche degli ormoni tiroidei
al tipo di anticorpo prodotto. Comunque nono­ con metodo radioimmunologico (Mizukami et
stante vi sia un autoanticorpo dominante che defi­ al, 1994).
nisce la malattia nelle sue caratteristiche maggiori
(Tanticorpo inibente il legame della tireotropina al a) Tiroidite di Hashimoto (struma linfomatoso,
recettore noto come TBII per la malattia di Graves- gozzo linfomatoso). Descritta da Hashimoto nel
Basedow e Tanticorpo anti-tireoperossidasi, noto 1912 è una tireopatia frequente che si osserva di
come TPO Ab, per la tiroidite di Hashimoto) vi preferenza nei soggetti di sesso femminile, con rap­
sono individui in cui il sistema immunitario pro­ porto 10/ì rispetto al sesso maschile, essendo Tin-
duce nello stesso soggetto, più di un tipo di cidenza maggiore tra i 30 e i 50 anni. I pazienti pre­
autoanticorpo, complicando così il quadro clinico­ sentano un gozzo di solito simmetrico e di dimen­
patologico. sioni modeste e solo di rado voluminoso o asimme­
Gli anticorpi antitiroide finora identificati sono: trico. L'ingrossamento della ghiandola avviene in
• gli anticorpi stimolanti il recettore del TSH modo graduale e indolente in condizioni di eutiroi-
(TS Ab), classe eterogenea di immunoglobuline dismo o eventualmente di lieve ipertiroidismo, cui
come dimostra la molteplicità dei metodi uti­ fa seguito la progressiva comparsa dei sintomi e
lizzati per il loro dosaggio, metodi che hanno segni delTipotiroidismo quali la debolezza, la sec­
in comune la caratteristica di legarsi al recetto­ chezza della cute, Tintolleranza al freddo, la voce
re del TSH, di attivarne la funzione (attivazio­ roca, l'aumento ponderale, la stipsi, i movimenti
ne delPAMP ciclico e della iodiocaptazione) e rallentati, la secchezza dei capelli, la cute fredda,
di stimolare la crescita cellulare. Sono certa­ Tedema periorbitario, i riflessi ritardati e la bradi­
mente responsabili della malattia di Graves- cardia. Tale quadro clinico appare particolarmente
Basedow; sfumato nei soggetti anziani rendendone il ricono­
® gli anticorpi bloccanti il recettore del TSH (TI scimento abbastanza difficoltoso. In pazienti con
Ab) che inibiscono la sintesi ormonale e la cresci­ quadro clinico dì ipotiroidismo, anche clinicamen­
ta cellulare. Si ritrovano in corso di mixedema e te lieve, il riscontro dì aumento del TSH sierico, di
probabilmente, se prodotti dalla madre in gravi­ riduzione di T4 libera e di TPO Abs elevati, rende
danza, sono responsabili del cretinismo atireosi- agevole la diagnosi. Il quadro macroscopico varia
co; nelle diverse fasi di evoluzione della malattia
© gli anticorpi stimolanti la crescita tiroidea essendo inizialmente caratterizzato da un modesto
(TSI), non universalmente accettati ma assimi­ aumento volumetrico diffuso della ghiandola che
labili ai TS Ab. L'autore che li ha descritti, per di solito ha un peso fra i 60 e gli 80 g, raggiungen­
la prima volta nel 1980 (Drexage), lì ha ritenu­ do ì 200 g solo raramente, dalla consistenza carno­
ti possibilmente responsabili del gozzo sem­ sa dell'organo e dall'assenza di aderenze con le
plice; strutture circostanti. Nelle fasi più avanzate il
© Yanticorpo inibente il legame della tireotropina volume si riduce, la consistenza aumenta e si pos­
al recettore (TBII), ricercato di routine per la sono formare aderenze con i tessuti "molli" circo­
diagnosi di malattia di Graves-Basedow ed stanti. In sezione il colore della superficie di taglio
espresso come percentuale di inibizione del è grigio-giallastra con accentuazione del disegno
legame della tireotropina marcata al recettore lobulare che scompare nelle fasi successive della
tiroideo di membrana; malattia per la progressiva estensione della fibrosi
® gli anticorpi anti-tireoperossidasi (TPO Ab, che rende omogenea la superficie di sezione della
precedentemente denominati anticorpi anti- ghiandola.
microsomi), responsabili in particolare della L'indagine microscopica evidenzia un marcato
tiroidite di Hashimoto; infiltrato linfocitario stromale e modificazioni cel­
® gli anticorpi antitireoglobulina (Tg Ab), meno lulari di tipo ossifilo (metaplasia oncocitaria), cui
frequentemente espressi rispetto agli TPO Ab e va incontro talora l'epitelio dei follicoli tiroidei
ai TBII nelle malattie autoimmuni tiroidee, non (Fig. 4). L'infiltrato linfocitario è presente attorno e
forniscono alcuna informazione diagnostica all'interno dei lobuli e di frequente è organizzato
sulla malattia qualora siano già stati evidenziati con follicoli linfatici dotati di centro germinativo
Processi infiammatori 715

Fig. 4 - Tiroidite di Hashimoto. E presente un marcato infiltrato linfociiario stremale (a) taiora a carattere follicolare con evidente
centro germinativo (b); sono evidenti inoltre le modificazioni cellulari di tipo ossifilo (c) o, occasionalmente, squamoso (d) a cui va
incontro l'epitelio dei follicoli tiroidei.

espanso. I follicoli tiroidei, prossimi all'infiltrato, papillare. Nella maggioranza dei casi, i fenomeni
sono spesso piccoli ed atrofici e talora rivestiti dalle di fibrosi inter- e intralobulari sono scarsi oppure
sole cellule ossifile di dimensioni variabili. I nuclei modesti anche se alle volte la fibrosi è così estesa
dei tireociti possono avere volume superiore alla ed importante da far considerare questo quadro
norma ed essere ipercromici; alle volte invece sono come variante fibrosa della tiroidite di Hashimoto.
chiari, ipocromici e sovrapposti, con caratteri quin­ Questa variante si caratterizza oltre che per i diffu­
di che richiamano quelli propri del carcinoma si aspetti di fibrosi anche per i fenomeni di meta­
716 w; Tiroide
pia sia squamosa a cui può andare incontro l'epite­
lio degli otricoli tiroidei atrofici. Il quadro estremo
di questa variante viene classificato come tiroidite
atrofica o mixedema. Vi sono casi in cui si osserva
l'infiltrazione linfocitaria più o meno estesa, ma in
cui non si riscontra metaplasia ossifila ed è assente
la componente fibrosa (variante: tiroidite cronica
linfocitica).
Un'altra variante della tiroidite di Hashimoto è
la forma nodulare che riunisce i casi in cui si posso­
no apprezzare dei noduli con aspetti di iperplasia
nel contesto della flogosi. Sebbene questo quadro
possa essere ricondotto all'associazione delle due
patologie, tiroidite di Hashimoto e iperplasia nodu­
lare, esso possiede anche caratteri indicativi di
eventi patogenetici comuni. Infine devono essere
inclusi in questo complesso anche i casi in cui i
noduli risultino costituiti da elementi con citopla­
sma ossifilo e dotati di nucleo chiaro ed irregolare, Fig. 5 - Aumento volumetrico omogeneo della tiroide con
cioè tali da richiamare un carcinoma papillare accentuazione della lobatura.
insorto in tiroidite di Hashimoto. Sono rilievi che
possono meglio essere classificati come "noduli ati­
pici" in tiroidite di Hashimoto. tuazione della normale lobulatura del parenchima
Un rapporto significativo e convincente tra tiroi­ per tralci connettivali bene vascolarizzati; infiltrato
dite di Hashimoto e insorgenza del carcinoma linfocitario di grado variabile, talora con formazio­
papillare o delle neoplasie a cellule ossifile non è ne di follicoli linfoidi dotati di evidente centro ger­
stato ancora accertato mentre è ormai riconosciuto, minativo; iperplasia pronunciata dei follicoli tiroi­
ed accettato il collegamento con i linfomi tiroidei dei il cui epitelio assume talora aspetti papillari che
(Lloyd et al, 2002). non devono essere confusi con quelli del carcinoma
papillare; ipertrofia dei tireociti in genere di forma
b) La malattia di Graves Basedow o morbo di cilindrica che hanno citoplasma abbondante, micro-
Basedow o iperplasia diffusa della tiroide. Rappre­ vacuolato, e nuclei normo- o ipercromatici localiz­
senta la principale causa di ipertiroidismo e colpi­ zati alla base della cellula. Nel lume dei follicoli la
sce preferibilmente il sesso femminile con un rap­ colloide è scarsa, rarefatta, granulosa, poco colora­
porto maschio:femmina di 1: 4, in un'età compresa bile e con contorni festonati a causa dei numerosi
tra i 30 e i 50 anni; in circa il 50% dei casi è identifi­ vacuoli di riassorbimento. Il reperto di cellule onco-
cabile una storia di familiarità. citarie, isolate o riunite in nidi per lo più di piccole
H quadro clinico è caratterizzato da un ingrandi­ dimensioni in seno ai lobuli iperpìastici, è osserva­
mento della ghiandola che si associa a segni e sinto­ bile ed è indicativo della possibilità di una evolu­
mi dell'ipertiroidismo, in particolare a tachicardia zione verso la tiroidite di Hashimoto. A tale riguar­
sinusale, ipersudorazione e iperreflessia. A questa do è opportuno ricordare che, seppur rari, vi sono
triade si accompagnano con frequenza i segni di casi che accomunano gli aspetti morfologici delle
incremento del metabolismo, quali termofobia, due forme e che, per tale motivo, vengono classifi­
polidipsia e aumento dell'appetito. Praticamente cati come hashi-tossicosi.
costanti sono i sintomi neuromuscolari come tre­ È opportuno sottolineare comunque che il trat­
more, nervosismo, astenia ed anche quelli di risen­ tamento con farmaci tireostatici e beta bloccanti o
timento generale come affaticabilità, calo ponderale con iodio radioattivo, di frequente modifica gli
e dispnea. Nell'anziano, spesso paucisintomatico, aspetti istopatologici caratteristici della malattia
l'alterazione del ritmo più frequente è la fibrillazio­ sopradescritti. Il trattamento medico causa amplia­
ne atriale; anche apatia e depressione si possono mento evidente dei follicoli tiroidei che sono rive­
osservare. Il quadro clinico di ipertiroidismo si stiti da tireociti appiattiti con accumulo endofollico-
associa con riduzione del tasso sierico di TSH, con lare di colloide densa e da marcata riduzione delle
aumento di T4 libero e di TBII, riscontri che rendo­ aree iperplastiche; gli infiltrati linfocitari sono scar­
no agevole la diagnosi. si o del tutto assenti. Il trattamento terapeutico con
Il reperto macroscopico più frequente consiste in iodio radioattivo può causare atipie nucleari marca­
un aumento volumetrico modesto e simmetrico te e, soprattutto negli stadi avanzati, la formazione
della tiroide che raggiunge un peso variabile tra i 40 di noduli plurimi, metaplasia ossifila, per lo più dif­
e gli 80 g (Fig. 5); la superficie di sezione ha aspetto fusa, dei tireociti ma anche atrofia follicolare e
compatto, parenchimatoso, con colore rosso intenso fibrosi (Fig. 7).
e con disegno della lobatura assai marcato. Il qua­ Nel Basedow, all'aumento volumetrico della
dro microscopico (Fig. 6) è caratterizzato da: accen- tiroide con ipertiroidismo, si associano oftalmopatia
Processi infiammatori : 717

Fig. 6 - Iperplasia diffusa (m. di Basedow - Graves): Infiltrazione linfocitaria con formazione di follicoli linfatici provvisti di centro
germinativo (a); iperplasia ed ipertrofia dei tireociti con nuclei ipercromatici e vacuolazione della colloide che appare rarefatta (b,
c, d).

nel 25-50% dei casi e mLxedema pretibiale circoscrit­ mucopolisaccaridi nel contesto dei tessuti retrobul-
to nelTl-5% dei casi; esordio, entità ed evoluzione bari con associata infiltrazione 1 iinfocitaria. Tali
dei quali non risultano sempre correlati con la seve­ alterazioni retrobulbari sono responsabili dell'ede­
rità delTipertiroidismo. Il substrato anatomo-patolo- ma, dell'aumento della pressione orbitale, della pro-
gico delToftalmopatia risiede nella deposizione pre­ trusione del bulbo oculare (esoftalmo) e delle disfun­
valente - come neiredema pretibiale circoscritto - di zioni dei muscoli extraoculari (diplopia). H mixede-
718 ?■ Tiroide

S S

Fig. 7 - Malattia di Basedow - Graves: a) Follicoli dilatati occupati da colloide densa e rivestiti da tìreociti appiattiti dopo tratta­
mento con tireostatici; b) atipie nucleari e seierosi interstiziale dopo somministrazione terapeutica di radioiodio.
ma pretibiale consiste in ispessimento ed indurimen­ roidismo, in genere transitorio e con durata massi­
to della cute della regione pretibiale, alterazione ma di solito inferiore ai tre mesi, sostenuto da
sostenuta dal deposito di mucine in sede dermo-ipo- gozzo con assente o ridotta captazione di iodio.
dermica. Circa il 5% dei pazienti con malattia di L'80% dei casi nei quali questa patologia insorge
Basedow, infine, presenta l'acropachia, modificazio­ riguarda soggetti di sesso femminile, con particola­
ne delle dita che assumono aspetto a bacchetta di re frequenza, entro i primi mesi dopo il parto. In
tamburo per neoformazione di tessuto osseo. circa il 30% dei casi alTipertiroidismo iniziale fa
Il riscontro di un microcarcinoma papillare nel seguito un quadro di transitorio ipotiroidismo che
contesto di una tiroide con malattia di Graves-Base- usualmente si protrae per qualche mese. Il termine
dow non supera il 10% dei casi e non pare, al silente, o senza dolore, tende a sottolineare ima
momento, riconducibile ad una eziologia comune importante differenza rispetto alla tiroidite di De
alle due patologie. Quervain nella quale si associano sempre dolore,
Esistono anche quadri di patologia tiroidea rela­ febbre e VES elevata. La sua natura autoimmune è
tivamente frequenti, quasi esclusivi dei soggetti di suggerita dalla associazione con altre malattie
sesso femminile, caratterizzati da aumento volume­ autoimmuni come LES e Sindrome di Siògren. Il
trico della tiroide riconducibile alla presenza di quadro istologico non è ancora ben caratterizzato,
multipli noduli o di un nodulo singolo, scintigrafì- sebbene alcuni autori abbiano descritto, nella sua
camente "caldi", con quadro clinico di ipertiroidi- fase iniziale, la presenza di un infiltrato linfocitario,
smo, in cui però gli antìcorpi stimolanti i recettori •non associato a fibrosi, con modificazioni ossifile
per il TSH sono assenti. Questi quadri vengono deirepitelio (Lloyd et al, 2002).
indicati rispettivamente come gozzo multinodulare
tossico o basedowizzato e come adenoma tossico o
di Plummer. Sono noduli che, microscopicamente,
si caratterizzano per eventi edematoso-emorragici e
per alterazioni microscopiche di iperplasia (Lloyd
Gozzo o iperplasia della tiroide. Il termine di
gozzo, o struma, indicava un tempo qualsiasi qua­
et al, 2002).
dro di patologia caratterizzato da aumento volume­
c) Tiroidite silente (ipertiroidite, tiroidite senza trico della ghiandola tiroidea. Attualmente tale ter­
dolore, tiroidite subacuta linfocitaria, tiroidite mine viene riservato agli aumenti di volume tiroi­
postpartum). E un quadro caratterizzato da iperti- deo circoscritti o diffusi, che non dipendano da prò-
Processi iperplastici 719

cessi infiammatori (tiroiditi) o neoplastici e che non tiroideo presenta colorito rossastro e superficie di
si accompagnino a .disturbi funzionali (iper o ipoti- sezione di aspetto carnoso, liscia o finemente gra­
roidismi). nulosa. All'esame microscopico si osservano folli­
I gozzi, così definiti, possono essere suddivisi in coli generalmente piccoli rivestiti da cellule cubiche
sporadici ed endemici a seconda che la patologia o cilindriche e contenenti una modesta quantità di
riguardi una frazione relativamente piccola di una colloide, piuttosto compatta.
popolazione oppure un numero consistente di indi­ Il g o z z o c o llo id e si osserva, all'epoca della
vidui, non meno del 10% dei soggetti di una comu­ pubertà o in gravidanza. La tiroide è in genere
nità. I primi dipendono da cause che sono diverse aumentata di volume in modo simmetrico, ma solo
da paziente a paziente; mentre i secondi sono lega­ occasionalmente raggiunge dimensioni considere­
ti a fattori ambientali, primo fra tutti, la carenza di voli. La superficie di sezione presenta aspetto varia­
iodio che si riscontra in particolare in regioni mon­ bile a seconda delle dimensioni raggiunte dagli
tane e comunque lontane dal mare (Alpi, Svizzera, otricoli tiroidei e del loro contenuto in colloide. Più
Ande, Tibet). spesso l'aspetto è gelatinoso. All'esame istologico i
G ozzo endem ico. Può essere congenito, per follicoli tiroidei, con diametri notevolmente aumen­
grave'carenza materna di iodio responsabile di una tati, sono rivestiti da tireociti appiattiti per esauri­
eccessiva secrezione di TSH materno che stimola la mento funzionale mentre la colloide è compatta ed
tiroide fetale, oppure può manifestarsi in periodi omogenea. Il connettivo interfollicolare è in genere
della vita, quali la pubertà, la gravidanza e l'allatta­ scarso. I gozzi colloidi aumentano di volume
mento in cui è maggiore la necessità dì ormoni tiroi­ soprattutto per accumulo di sostanza colloide; con
dei. I gozzi endemici, da carenza iodica ambientale l'aumento della colloide all'interno della cavità fol­
sono oggi assai meno frequenti che in passato a licolare viene operata una distensione della parete
seguito della diffusione del provvedimento di som­ che, se marcata, provoca la rottura della parete fol­
ministrazione di sale iodato e grazie anche alla licolare e la confluenza di più cavità in formazioni
iodazione delle acque. Altra causa di endemia goz- cistiche di dimensioni progressivamente crescenti
zigena è la presenza di sostanze gozzigene negli ali­ (gozzo colloidocistico).
menti (rape, cavoli, semi di soia e semi di colza). Il gozzo plurinodulare è la forma di più comune
G ozzo sporadico. È oggi il più frequente (5% riscontro. Si osserva soprattutto in soggetti di sesso
della popolazione degli Stati Uniti) e si osserva con femminile di solito in età superiore ai 30 anni. I
un'incidenza tre volte superiore nei soggetti di noduli sono sempre multipli, anche se al paziente, o
sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile. anche al medico, la lesione può sembrare unica
La patogenesi è ancora da definire sebbene, di volta (nodulo dominante). Sono le indagini ecografiche
in volta, siano state suggerite cause differenti come ad evidenziare la presenza di altri piccoli noduli,
una lieve deficienza di iodio nella dieta, difetti con­ all'esame clinico spesso inapprezzabili. L'accresci­
geniti modesti causa di errori nella sintesi degli mento, pur di regola lento, procede fino a produrre
ormoni, aumento della clearance dello iodio da tiroidi di forma irregolare e voluminose, tali da
parte delTemuntorio renale, presenza nel plasma di estendersi, alle volte, al di sotto dello sterno e delle
anticorpi capaci di stimolare la proliferazione delle clavicole {gozzi intratoracici). Sono masse che posso­
cellule tiroidee, ingestione di alimenti contenenti no causare sintomatologie da compressione delle
sostanze gozzigene, assunzione di farmaci che strutture circostanti, soprattutto dei vasi del collo,
interferiscano con il metabolismo e la funzione dell'esofago e della trachea. L'aspetto macroscopico
dello iodio e degli ormoni tiroidei, nonché rinci­ varia in relazione al grado di sviluppo. Negli stadi
denza associata di alcune delle cause richiamate. più avanzati il gozzo multinodulare appare asim­
I principali quadri anatomo patologici di gozzo, metrico per l'irregolarità e la disomogeneità dei
sia endemico che sporadico, sono: 1) gozzo parenchi- noduli. Soltanto occasionalmente la capsula aderi­
matoso diffuso, 2) gozzo colloide, 3) gozzo multinodulare. sce alle strutture circostanti a seguito di reazioni
Attualmente si ritiene che quest'ultimo rappresenti cicatriziali secondarie a emorragie sottocapsulari.
lo stadio finale dei primi due, potendo dipendere La superficie di sezione è inomogenea per la presen­
dell'alternarsi degli eventi responsabili di iperplasia za di noduli variabili per numero e dimensioni (da
e di involuzione della ghiandola nello stesso sogget­ pochi millimetri a qualche centimetro); sono più o
to. A favore di questa ipotesi sta il fatto che, nelle meno ben demarcati ed in genere sprovvisti di una
aree di endemia gozzigena, il gozzo si presenta vera capsula; hanno aspetto carnoso, con aree di
parenchimatoso diffuso nei bambini, di tipo colloi­ colorito rossobruno o giallastro, traslucide; è fre­
deo negli adolescenti e di tipo nodulare negli adulti. quente il riscontro di cavità cistiche contenenti
II gozzo paren chim atoso diffuso non raggiunge materiale colloide in degenerazione, di cicatrici
di solito dimensioni cospicue. Si può osservare fre­ biancastre, di stravasi emorragici e di deposizioni
quentemente nei neonati come gozzo endemico da calcifiche (Fig. 8). Microscopicamente, la caratteristi­
marcata carenza iodica e anche nelle fasi iniziali di ca principale è l'eterogeneità del quadro, sia tra
un gozzo sporadico: in questo caso senza rapporti noduli diversi che all'interno del medesimo nodulo.
particolari con l'età dei portatori. Il parenchima Infatti, accanto all'architettura normofollicolare si
720 - Tiroide

P9-8 ~ Gozzo multinodulare: aspetto macroscopico con evidenza di aree di rimaneggiamento strutturale dei noduli (a); partico­
lare di un nodulo iperpiastìco ad architettura prevalentemente microfollicolare; è presente per altro un follicolo dilatato con abbon­
dante sostanza colloide nel contesto della quale si riconoscono macrofagi a citoplasma schiumoso (b).

osservano aspetti micro e macrofollicolari (Fig. 8): in liare, ereditaria con trasmissione mendeliana.
questi ultimi l'accumulo intrafollicolare della colloi­ Insorge nell'infanzia o, al più tardi nell'adolescen­
de può essere tanto spiccato da distendere e rompe­ za, in rapporto a deficit genetici di uno qualunque
re le pareti follicolari con fusione delle cavità già degli enzimi noti necessari per sintetizzare e secer­
dilatate e formazione di cisti colloidi anche molto nere gli ormoni tiroidei.
voluminose/ a parete anfrattuosa. Occasionalmente I difetti noti della disormogenesi sono:
gli equivalenti morfologici dell'iperplasia sono rap­
presentati da aree a struttura trabecolare o dalla pre­ • difetto di captazione di ioduro;
senza di un conglomerato di piccoli follicoli spesso • difetto dei processi di organificazione dello
indovati ad un polo del lume di follicoli dilatati iodio (incapacità di legare lo iodio alla Tg, spes­
(Sanderson's polsters). I noduli iperplastici general­ so dovuto alla deficienza di perossidasi);
mente non presentano una capsula di rivestimento ® difetto di coniugazione di MIT e DIT per forma­
completa anche se, in parte, possono essere delimi­ re T3 e T4 (anche in questo caso l'enzima interes­
tati da connettivo fibroialino. Con il procedere della sato è la perossidasi);
iperplasia nodulare, la rete arteriolare e sinusoidale • difetto di conversione della iodotirosina in iodo-
si adegua per allungamento con tortuosità, eventi tironina dovuta probabilmente a mancanza del­
che giustificano l'insorgenza di spandimenti emor­ l'attività iodotirosino-dealogenasica;
ragici, tanto interstiziali che intrafollicolari, anche • difetto nella sintesi di Tg e anormalità delle
tali da causare la formazione di vere cisti ematiche. iodoproteine.
Queste ultime, se di piccole dimensioni, possono
essere riassorbite esitando in residui formati da I gozzi disormonogenetici sono multinodulari e
ammassi di pigmento emosiderinìco e di cristalli asimmetrici. La morfologia macroscopica si carat­
aghiformi di colesterina. Le cisti ematiche maggiori terizza per l'aspetto. carnoso della superficie di
danno invece luogo alla formazione di veri granulo­ sezione dei noduli. Istologicamente spicca la loro
mi macrofagici con morfologie variabili. L'esito fina­ ipercellularità, la loro architettura solida o papilla­
le di queste complicazioni sono cicatrici pigmentate, re, una discreta atipia ed una apprezzabile attività
talora con depositi di calcio (Lloyd et al, 2002; Studer mitotica, aspetti morfologici che possono far porre
et al, 1992). ima diagnosi differenziale con il carcinoma follico­
G ozzo disorm onogenetico. È forma rara, fami­ lare della tiroide.
Processi neoplastia : 721

M od ificazion i iatrogenetiche del parenchima incidenza è nell'età adulta, tra i 20 e i 60 anni. Alle
tiroideo dipendono da farmaci, quali amiodarone, volte sono dotati di attività funzionale, ma assai di
antiaritmico che causa ipertiroidismo ed iperpig- rado provocano i segni clinici deU'ipertiroidismo
mentazione macroscopica della tiroide (la cosiddet­ (adenoma tossico). A differenza dei noduli iperplastici
ta "tiroide nera"), da minociclina, anch'essa respon­ del gozzo multinodulare, con i quali possono venire
sabile di pigmentazione del parenchima tiroideo, confusi, gli adenomi sono di solito unici, di forma
da litio e bromuro che possono causare ipotiroidi- rotondeggiante od ovoidale e sono dotati di una sot­
smo (Lloyd et al, 2002). tile capsula completa osservabile sia macroscopica­
mente che istologicamente (Fig. 9). Le loro dimensio­
ni sono estremamente variabili. Al taglio la superfi­
B Processi neoplasfici cie di sezione può presentare aspetto compatto e
colorito rossastro oppure traslucido e colorito bruna-
Per la maggior parte le neoplasie tiroidee sono
stro; si apprezza comunque sempre un'evidente dif­
primitive ed epiteliali. Esse si distinguono in forme
ferenza tra i caratteri macroscopici della lesione e il
benigne, gli adenomi, ed in forme maligne, i carci­
nomi. Tra questi ultimi sono più frequenti quelli parenchima tiroideo compresso circostante. Non
composti da tireociti, mentre i carcinomi midollari, infrequente, in particolare negli adenomi di dimen-
composti da cellule C, sono di assai più raro riscon­
tro. La classificazione delle principali neoplasie epi­
teliali della tiroide è riportata nella tabella 1.

Adenomi
Sono più frequenti nel sesso femminile, con un
rapporto di circa 7:1 rispetto ai maschi. La massima

Classificazione delle neoplasié


! epiteliali della tiroide
ADENOMA FOLLICOLARE

Forma trabecolare {adenoma embrionale)


Forma microfollicoiare (adenoma fetale}
Adenoma a cellule di Hurtie (adenoma oncocitario)
TUMORE TRABECOLARE IALINIZZANTE
CARCINOMI

CARCINOMA PAPILLARE (80%)


Varianti: Follicolare
Oncocitaria (a cellule di Hurtie)
A cellule chiare
Sclerosante diffusa
A cellule alte (tali celi)
A cellule colonnari

CARCINOMA FOLLICOLARE (10%)


minimamenfe invasivo
ampiamente invasivo
Varianti: Oncocitaria (a cellule di Hurtie)
A cellule chiare
CARCINOMA SCARSAMENTE DIFFERENZIATO
(carcinoma insulare) (5%)
CARCINOMA MIDOLLARE (5%)
Fig.9 - Adenoma follicolare: aspetto compatto della superficie
CARCINOMA ANAPLASTICO (<5%) di sezione con netta demarcazione dal parenchima circostante
(a),evidente anche istologicamente (b).
722 Tiroide

Fig- 1 0 - Adenoma follicolare: struttura follicolare con evidenti ipercromatismo e modeste atipie nucleari (a), architettura macro-
follicolare (b), microfollicolare (c) e trabecolare (d).

Fig. 1 ] - Adenoma oncocitario: a) Aspetto macroscopico nodulare di colorito bruno delimitato da evidente capsula, b, c) La neo­
plasia è composta da elementi di medie dimensioni con citoplasma marcatamente eosinofilo e granulare, nucleo irregolare, dota­
to frequentemente di nucleolo centrale; alcuni follicoli presentano nel lume colloide ispessita, aspetto che può essere scambiato a
piccolo ingrandimento o in citologia per una microcalcificazione tipo corpo psammomatoso (b).
Processi neoplostici 723

sioni maggiori, è il riscontro di alterazioni degenera- ra dotati di nucleoli ipertrofici; citoplasma abbon­
tivo-involutive quali l'edema gelatinoso delle zone dante, marcatamente acidofilo assai granuloso per la
centrali, i fenomeni emorragici, necrotici, di ialirtiz- presenza di gran numero di mitocondri osservabili
zazione, e di calcificazione, anch'essi più spesso all'ultrastruttura e proprietà citochimiche indicative
nella porzione centrale del nodulo. Istologicamente di intensa protidosintesi) non sono responsabili di
gli adenomi follicolari hanno un'architettura nor- quadri clinici di ipertiroidismo. Queste neoplasie,
mofollicolare (semplice), macrofollicolare (colloide), così come la loro controparte maligna, possono inve­
microfollicolare (adenoma fetale) e solido/trabecolare ce andare incontro a fenomeni estesi di necrosi ische-
(adenoma embrionale), distinzione che peraltro non ha mica in seguito ad esame agoaspirativo.
alcun significato di tipo clinico (Fig. 10). Il tumore (adenoma) trabecolare ialinizzante è di
Gli adenomi formati da tireociti con metaplasia raro riscontro e peculiare per la sua architettura che
ossifila, cellule riscontrabili anche nelle tiroiditi ricorda quella di un paraganglioma. È caratterizzato
autoimmuni, vengono detti adenomi oncocitari o a da aspetti di tipo ialino sia del citoplasma delle cel­
cellule di Hurthle. Sono neoplasie di aspetto solido, lule neoplastiche che della sostanza intercellulare,
colorito marrone e molto vascolarizzate (Fig. Ila). H per deposizione di membrana basale, che delle fibre
loro aspetto microscopico è caratterizzato sia da collagene dello stroma. L'architettura cordoniforme,
architettura solido/trabecolare che da architettura la presenza, a livello citologico, di incisure nucleari e
follicolare, con lumi otricolari ridotti e contenenti di pseudoinclusi, nonché la presenza di corpi psam-
colloide alle volte densa, "ispessita", e marginata in momatosi, sono caratteri che possono rendere diffi­
qualche caso da laminazioni concentriche che può coltosa la diagnosi differenziale (soprattutto citolo­
simulare morfologicamente il corpo psammomatoso gica) con un carcinoma midollare o con un carcino­
(Fig, llb). Gli oncociti, nonostante abbiano caratteri ma papillare (De Lellis et al, 2004; Rosai et al, 1992;
morfocitochimici di cellule funzionalmente molto Camey et al, 1987) (Fig. 12). L'esistenza di un rappor­
attive (Fig. Ile) (nuclei con cromatina espansa e chia­ to con il carcinoma papillare, oltre che dalle caratte­

Fig. 12 - Tumore trabecolare ialinizzante: architettura a cordoni separati da stroma ialino {a,c}, nuclei provvisti di pseudoinclusio­
ni (b). Reattività ìmmunoistochimica citoplasmatica per Hreoglobulina (d).
724 «> Tiroide
ristiche morfologiche nucleari, è suggerito anche ti con sempre maggior frequenza e con conseguen­
dalla traslocazione RET/PCT riscontrata in un signi­ te intuibile miglioramento della prognosi.
ficativo numero dei casi studiati. L'esistenza di rare L'attività funzionale nei noduli carcinomatosi è
osservazioni in cui la neoplasia ha dato metastasi di solito ridotta (noduli scintigraficamente "fred­
linfonodali giustifica la denominazione, attualmente di") essendo eccezionale il riscontro di forme attive
preferita, di tumore piuttosto che di adenoma. o iperfunzionanti.
Le modalità di metastatizzazione dei carcinomi
Carcinomi tiroidei dipendono dall'istotipo. I carcinomi papil­
lari diffondono sopratutto per via linfatica, dando
Vengono classificati in forme tireocitiche e in così luogo a metastasi linfonodali laterocervicali -
forme a cellule C. I primi comprendono vari istoti- comportamento peraltro proprio anche di gran
pi quali il carcinoma papillare, il carcinoma follicolare, parte delle forme midollari - , mentre l'istotipo fol­
includendo in questa categoria sia il carcinoma licolare e quello anaplastico si caratterizzano invece
oncocitario che il carcinoma poco differenziato per dare metastasi per via ematogena a ossa, pol­
(insulare), e il carcinoma anaplastico, mentre i secon­ moni, fegato e cervello.
di ne comprendono uno soltanto, il carcinoma midol­
lare (De Lellis et al, 2004; Rosai et al, 1992).
Carcinoma papillare
I carcinomi della tiroide rappresentano poco più
dell'1% di tutte le neoplasie maligne, con un tasso È il più frequente tra i carcinomi della tiroide,
standardizzato di incidenza che oscilla tra < 1 e incidendo per T80% delle neoplasie maligne tiroi­
> 16/100.000. Sono neoplasie che si riscontrano più dee. Macroscopicamente ì'80% di questi tumori si
frequentemente nel sesso femminile (65% dei casi), presenta solido, di consistenza sostenuta e con mar­
fra i 40 ed i 60 anni, pur potendo insorgere anche gini irregolari (Fig. 13). Del restante 20%, la metà si
nell'età infantile o nei giovani. presenta come un nodulo ben circoscritto mentre
L'incidenza di queste neoplasie maligne, in par­ l'altro 10% mostra un aspetto cistico. Microscopica­
ticolare degli istotipi follicolare ed anaplastico, è mente, la gran parte di queste neoplasie ha un7ar­
nettamente superiore nelle regioni gozzigene, men­ chitettura papillare, con papille ramificate, varia­
tre le forme papillari incidono con maggior fre­ mente orientate, costituite da un asse centrale fibro­
quenza nelle aree in cui non si hanno condizioni di vascolare, solo di rado edematoso, e da un rivesti­
carenza iodica. Attualmente si riconosce un ruolo mento epiteliale cubico disposto in filiere mono­
eziopatogenetico alle radiazioni ionizzanti sia a stratificate in cui gli elementi neoplastici si affolla­
basse dosi, un tempo somministrate ai pazienti con no, mostrando aspetti di sovrapposizione che sono
ipertrofia timica, ipertrofia tonsillare e con grave patognomonici di questa neoplasia, assieme alla
acne, che ad alte dosi, somministrate a scopo tera­ chiarificazione nucleare (i cosiddetti "nuclei ottica­
peutico come nei casi di morbo di Hodgkin, ma mente vuoti", carattere dovuto all'azione della fis­
anche subite fortuitamente come accadde anni sazione in formalina su queste peculiari cellule neo­
orsono in seguito all'incidente occorso alla centrale plastiche). È caratteristico di questo istotipo anche il
termonucleare di Chernobyl. riscontro di irregolarità di membrana (le cosiddette
II quadro clinico è estremamente variabile diffe­ incisure nucleari) e la presenza di pseudoinclusi
rendo tra i diversi istotipi della neoplasia. Infatti, (dovuti anch'essi alle irregolarità della membrana
inizialmente, la gran parte dei carcinomi papillari nucleare). Tali caratteri nucleari sono osservabili
non da sintomi rilevanti, mentre i carcinomi poco anche negli elementi cellulari che compongono le
differenziati e quelli anaplastici, fin dall'esordio, strutture follicolari che non di rado formano ima
sono caratterizzati da un rapido aumento di volu­
me della ghiandola e dagli effetti della compressio­
ne delle strutture anatomiche circostanti (disfagia,
dispnea e disfonia), che si instaurano assai rapida­
mente.
L'esame ecografico, in particolare quando asso­
ciato all'esame agoaspirativo e citologico, ha sicura­
mente incrementato le possibilità di identificare
precocemente i carcinomi tiroidei, modificandone
pertanto la storia naturale. Infatti gli esami ecogra­
fici della tiroide sono assai frequenti, venendo ese­
guiti sia per la valutazione diretta dell'organo, ma
anche nel corso dello studio dei vasi della regione
del collo, e gli ecografi impiegati sono sempre più
sofisticati e sensibili nonché utilizzati da parte di
personale medico sempre più addestrato e "sensibi­ Fia. 13 - Carcinoma papillare della tiroide: aspetto vellutato
lizzato". Ciò ha fatto sì che attualmente anche della superficie di sezione nel cui contesto sono presenti alcune
microcarcinomi di pochi millimetri siano identifica­ calcificazioni.
Processi neoplastici ® 725

parte, seppur modesta, del tumore. Altri caratteri si tumori confermando la possibilità di distinte neo­
morfologici di notevole importanza diagnostica plasie con clonalità indipendenti.
sono la presenza di fibrosi, di microcalcificazioni Accanto al quadro usuale sopradescritto, il car­
laminari concentriche dette corpi psammomatosi cinoma papillare può presentarsi con altre varianti
(Fig. 14) e di focolai di metaplasia squamosa, aspet­ morfologiche che debbono essere riconosciute per
ti osservabili in circa la metà dei carcinomi papilla­ esigenze diagnostiche, prognostiche e terapeutiche.
ri. Le mitosi e la necrosi sono pressoché assenti. Sono i quadri a morfologia follicolare, a cellule alte,
Microfocolai neoplastici diffusi, anche nel lobo con­ a cellule colonnari nonché le varianti sclerosante
trolaterale, si riscontrano in una percentuale di casi diffusa, la macrofollicolare, la solido-trabecolare, la
che va dal 20% al 75%, variabilità legata alle diver­ cribriforme-morulare e la variante con stroma che
se modalità, più o meno estese, di campionamento ricorda la fascite nodulare.
(Carcangiu, 1985). La multifocalità dei carcinomi Le prime tre varianti richiedono un rilievo parti­
papillari può essere interpretata come dissemina­ colare. Nella forma follicolare le cellule neoplastiche
zione metastatica intratiroidea per via linfatica o, mostrano caratteri morfologici sovrapponibili a
alternativamente, come insorgenza indipendente di quelle della forma classica (sovrapposizione delle
più neoplasie. Recentemente Shattuck et al (2005) cellule che rivestono i follicoli, chiarificazione
hanno dimostrato in donne portatrici di carcinoma nucleare, incisure e pseudoinclusi nucleari), ma si
papillare multifocale, eterozigoti per il polimorfi­ aggregano formando follicoli e per quest'ultimo
smo del gene HUMARA (X-linked human andro- motivo questa variante può, e lo è stata a lungo,
gen receptor gene), l'inattivazione dello stesso cro­ essere confusa con l'istotipo follicolare (Fig. 15). Le
mosoma X, di origine patema o materna, nei diver­ varianti a cellule alte e a cellule colonnari (Fig. 16)

Fig. 14 - Carcinoma papillare della tiroide, li tumore è compo­


sto da papille ramificate e da un rivestimento epiteliale cubico
disposto in filiere monostratificate in cui gli elementi neoplasti-
ci si sovrappongono. Si apprezzano inoltre i nuclei otticamen­
te vuoti e le incisure deila membrana nucleare. Sono evidenti Fig. 15 - Carcinoma papillare variante follicolare. I caratteri
inoltre microcalcificazioni laminari concentriche, i corpi psam­ citologici di questa neoplasia con architettura otricolare sono
momatosi. sovrapponibili a quelli del tumore descritto nella figura 14.
726 Tiroide
sono state considerate più aggressive rispetto alla hanno una prognosi eccellente anche se possono
forma papillare usuale, anche se attualmente una dare metastasi, peraltro quasi esclusivamente ai lin­
serie di ragionevoli osservazioni sembra indicare fonodi laterocervicali (Fig. 18).
che detti caratteri non siano indicativi di un com­ Le cellule costitutive del carcinoma papillare
portamento biologico peculiare indipendente dalla hanno immunoistochimicamente positività citopla­
stadiazione. Infine é opportuno ricordare che tanto smatica per tireoglobulina, e nucleare per TTF-1.
la forma classica così come queste tre varianti pos­ Queste reazioni immunocitochimiche hanno valore
sono presentarsi dotate di capsula, esprimendo un pratico prevalentemente nella valutazione delle
comportamento biologico meno aggressivo rispetto metastasi, mentre la positività per HBME-1, galecti-
alle forme infiltranti (Chen, Rosai, 1977; Evans, na 3 (Fig. 19) e citocheratina 19 sembrano essere di
1986; Evans, 1996, Johnson,1988;Wenig et al, 1998). utilità pratica per la diagnosi del tumore primitivo.
Con la denominazione m icrocarcinom a p a p illa ­
re si identificano, oggi, quei tumori di piccole Carcinoma follicolare
dimensioni, al di sotto di un centimetro di diame­
tro, tradizionalmente chiamati "occulti" o "sclero­ È relativamente raro rappresentando circa il 10%
santi occulti" perché vengono riscontrati in tiroidi dei tumori tiroidei e, come il carcinoma papillare,
asportate chirurgicamente per patologie non neo­ insorge più spesso in soggetti di sesso femminile,
plastiche oppure in corso di autopsia. La rilevanza seppure in età più avanzata rispetto al primo. Il
del fenomeno è notevole potendo avvicinarsi, in gruppo dei carcinomi follicolari comprende due
alcune statistiche, fino a valori del 40% della popo­ neoplasie tra loro assai diverse, il carcinoma follico­
lazione osservata, soprattutto in rapporto alle pro­ lare incapsulato, o minimamente invasivo, e il car­
cedure di campionamento (Fig. 17). Le cellule di cinoma follicolare estesamente invasivo.
queste neoplasie hanno i caratteri nucleari propri Il carcinom a fo llic o la r e in capsu lato, ha l'aspet­
della forma papillare e si organizzano in papille o, to macroscopico di un nodulo dotato di ima capsu­
più frequentemente, in follicoli. Sono neoplasie che la fibrosa più spessa ed irregolare rispetto a quella

Fig. 16 - Carcinoma papillare variante a cellule colonnari. Gli Fig. 17 - Microcarcinoma papillare: riscontro istologico occa-
elementi neoplastici di questa variante presentano nucleo aliun- sionale in tiroide asportata chirurgicamente per gozzo multino-
gato ed ipercromico. dulare.
Processi neoplastici ^ 727

di un adenoma (Fig. 20). All'esame microscopico le logiche mentre l'attività mitotica è assai modesta o
cellule neoplastiche, mostrano caratteri nucleari inapprezzabile così come mancano fenomeni di
significativamente diversi da quelli del carcinoma necrosi. Carattere diagnostico patognomonico di
papillare; si aggregano a formare strutture otricola- questi tumori é l'invasione della capsula che avvol­
ri di dimensioni variabili oppure trabecole. In ogni ge il nodulo, dei vasi ematici o di entrambe le strut­
caso sono scarse o mancano del tutto le atipie cito­ ture. L'invasione della capsula, per essere conside­
rata tale, deve interessarla a tutto spessore con
ovvia estensione della proliferazione neoplastica al
parenchima circostante; estensione che assume di
frequente l'aspetto definito "a fungo" (Fig. 21).

Fìg. 19 - Espressione immunoistochimica delia proteina qalec-


tina 3 nelle cellule neoplasticne di carcinoma papillare.
Il I C C I I l. • 11

Fig. 20 - Carcinoma follicolare: aspetto nodulare bene delimi­


Fig. 18 - Metastasi iinfonodale latero cervicale di microcarcino­ tato della neoplasia che presenta colore biancastro e superficie
ma papillare (a), presenza di un corpo psammomatoso in (b). omogenea.
728 ^ Tiroide
L'embolizzazione neoplastica può riguardare i vasi vengono definiti carcinomi poco differenziati.
ematici presenti nel contesto della capsula stessa, Entrambi i tipi di carcinomi follicolari sono
ma anche quelli del normale parenchima tiroideo quasi sempre neoplasie uniche e quasi mai occulte,
limitrofo. I carcinomi follicolari incapsulati, che al contrario delle forme papillari. Nei confronti di
invadono la sola capsula del nodulo, sono assai queste, danno più frequentemente metastasi per via
poco aggressivi essendo le metastasi assai rare ematogena sopratutto alle ossa ed ai polmoni, dove
(<1% dei casi). Invece le forme che invadono i vasi spesso esibiscono un miglior grado di differenzia­
ematici danno metastasi a distanza in circa il 5% dei zione rispetto a quello osservabile nel tumore pri­
casi. mitivo (Fig. 23).
Il carcinom a fo llic o la r e estesam en te in vasivo é I carcinom i on cocitari o a cellule di Hurthle, sono
categorìa diagnostico-prognostica non ancora uni­ neoplasie composte almeno per il 50% da tireociti
vocamente definita. Alcuni vi inseriscono solo le con metaplasia ossifila. Anche questi carcinomi
neoplasie francamente invasive già a le sa rn e possono essere incapsulati, minimamente invasivi,
macroscopico (Fig. 22) che superano la capsula oppure estesamente invasivi èssendo validi gli stes­
della tiroide e nelle quali pertanto è difficile identi­ si criteri distintivi applicati alle forme follicolari
ficare, o non si identifica affatto, la capsula tumora­ (Fig. 24). Per lungo tempo si è ritenuto che le neo­
le, mentre altri fanno rientrare in questo gruppo plasie oncocitarie fossero tutte maligne, mentre
anche quei tumori dotati di capsula ma diffusamen­ oggi è dimostrata l'esistenza di forme benigne, gli
te embolizzanti, con invasione vascolare neoplasti­ adenomi appunto, avendo, quelle maligne, progno­
ca riconoscibile in un numero di vasi pari almeno a si e comportamento biologico sovrapponibili a
quattro. Molte delle neoplasie un tempo considera­ quelli dei carcinomi follicolari ( Evans e Vassilopou-
te carcinomi follicolari estesamente invasivi oggi lou-Sellin, 1998).

Fig. 21 - Carcinoma follicolare incapsulato. Invasione incompleta (a) e a tutto spessore deila capsula che avvolge il nodulo con
estensione della proliferazione neoplástico al parenchima circostante che assume l'aspetto definito "a fungo" (b); evidente mono-
morfisimo cellulare con microfollicoli e immagini mitotiche (c); invasione vascolare (d).
Processi neoplastici s 729

Carcinoma poco differenziato


(carcinoma insulare)
Identificato solo di recente come entità a sé
stante (Sakamoto et al, 1983; Carcangiu et al, 1984),
si caratterizza per comportamento clinico interme­
dio tra le forme ben differenziate, carcinoma papil­
lare e carcinoma follicolare, e quello dei carcinomi
anaplastici; rappresenta in Italia circa il 5% dei car­
cinomi tiroidei. È neoplasia che può derivare, per
Fig. 22 - Carcinoma follicolare estesamente invasivo: la neo­ progressione di malignità, tanto dai carcinomi
plasia raggiunge la capsula tiroidea. papillari che da quelli follicolari. Si tratta di neo­
plasie francamente invasive, già all'esame macro­
scopico, con caratteri microscopici eterogenei seb­
bene l'architettura definita solido/insulare/trabe-
colare (Fig. 25) appaia elemento morfologico unifi-

Fig. 23 - Metastasi ossea dì carcinoma follicolare: si noti la


marcata differenziazione della neoplasia.

Fig. 25 - a) Carcinoma poco differenziato della tiroide. Que­


sto tumore presenta un'architettura di tipo insulare, b) Le cellu­
Fig. 24 - Carcinoma oncocitario: notevole difformità nucleare le proliferanti sono di piccole dimensioni con nucleo rotondo e
e presenza di immagini mitotiche (freccia). ipercromatìco.
730 Tiroide
cante. La necrosi di solito é presente e può confi­ aree con caratteri citoarchitetturali propri delle
gurare un aspetto periteliomatoso della neoplasia, forme ben differenziate.
dovuto alla disposizione perivascolare delle cellu­ Le alterazioni molecolari meglio studiate riguar­
le tumorali vitali residue; l'attività mitotica è dano il protooncogene RET, localizzato sul cromo­
variabile. I caratteri delle cellule proliferanti pos­ soma 10qll.2, che codifica per due isoforme di un
sono essere pure assai variabili anche se il tipo cel­ recettore transmembrana con attività tirosinchinasi-
lulare osservabile con maggior frequenza é una ca, coinvolto nello sviluppo delle creste neurali e
cellula di piccole dimensioni con nucleo rotondo e del rene. Le alterazioni possono consistere in inver­
ipercromatico (Fig. 25b). Il carcinoma poco diffe­ sioni o traslocazioni che comunque portano tutte
renziato metastatizza, con una certa frequenza, sia alla fusione del gene RET con altre sequenze geno-
per via linfatica che per via ematica. La mortalità a miche attivanti l'attività tirosinchinasica. Le inver­
cinque anni è di oltre il 60%. Immunoistochimica- sioni più frequenti sono quelle che portano alla giu­
mente, le cellule tumorali risultano positive per stapposizione di RET col gene H4, nota come
tireoglobulina e TTF-1 mentre non fissano gli anti­ RET/PTC1, o col gene elei, nota come RET/PTC3.
corpi per la calcitonina (Carcangiu et al, 1984; Invece la traslocazione (10;17)(qll.2;q23), che porta
Volante et al, 2004). al riarrangiamento denominato RET/PTC2, é meno
frequente delle prime due. NeH'insieme si ritiene
che le alterazioni RET/PTC siano responsabili di
Carcinoma anaplastico (o indifferenziato)
circa il 20% dei casi di carcinoma papillare È stato,
E neoplasia rara, esclusiva dell'età avanzata e di inoltre, suggerito che i carcinomi papillari, portato­
regola rappresenta l'evoluzione di un carcinoma ri di dette anormalità, non progrediscano verso le
ben differenziato, papillare o follicolare, ma anche forme meno differenziate dal momento che esse
di forme poco differenziate. È forma di estrema non si trovano né nel carcinoma poco differenziato
aggressività, con invasione diffusa dei tessuti molli né nel carcinoma anaplastico. Al contrario mutazio­
peritiroidei. Gli eventi necrotico-emorragici sono ni puntiformi dei geni RAS e BRAF, che sembrano
pronunciati (Fig. 26a, b) così come l'infiltrazione essere alla base dell'insorgenza, rispettivamente,
delle pareti dei grossi vasi con evidenti e diffuse del 15% e del 40% dei carcinomi papillari, sono
trombosi vascolari neoplastiche (Fig. 26c). Varianti state riscontrate, con frequenza variabile, anche
istologiche sono: la forma squamoide, in cui predomi­ nelle forme meno differenziate. Sebbene su questi
na l'accrescimento solido con aree di cheratinizza- riscontri si fondi l'ipotesi che le alterazioni dei due
zione; la forma a cellule fusate che può assumere geni considerati giochino un ruolo importante in
aspetti di fascicolazione analoghi a quelli dei sarco­ quei carcinomi papillari che progrediscono, è da
mi e la forma a cellule giganti, singolarmente ricca di tener presente, e va sottolineato, che queste muta­
cellule multinucleate, spesso simil-osteoclastiche, zioni non sono condizioni di per sé sufficienti alla
con aspetti analoghi al tumore a cellule giganti del­ progressione essendo necessarie ulteriori mutazio­
l'osso (Fig. 26d). I marcatori immunoistochimici, ni che coinvolgano altri geni, ad esempio i geni che
tiroidei in particolare, sono raramente dimostrabili codificano per P53 e per (3 catenina, per giungere
(Fig. 26f); tra i marcatori epiteliali il più importante alle forme anaplastiche (mutazioni dei geni TP53 e
è la citocheratina che, quando presente, se usata in ¡3 catenina sono presenti nel 70% dei carcinomi ana­
associazione con i rispettivi marcatori specifici, con­ plastici). Di recente è stato identicato anche un gene
sente di distinguere questa neoplasia da altri tumo­ di fusione tra PAX8 (paired homeobox gene 8) e
ri non epiteliali (sarcomi, linfomi). I carcinomi ana- PPARy (peroxisome proliferator-activated receptor
plastici hanno una prognosi estremamente sfavore­ gene yl) nelle traslocazioni t(2ql3;3p25), che pare
vole, con sopravvivenza media intorno ai sei mesi essere coinvolto nella comparsa di circa il 35% dei
(Carcangiu, 1985). carcinomi follicolari, ma che, al pari dei geni
RET/PTC nei carcinomi papillari, non essendo stato
Genetica delle n eop lasie tiroidee a differenziazione riscontrato in nessun caso di carcinoma poco diffe­
tireocitica. Negli ultimi anni la letteratura riguar­ renziato o anaplastico, non pare responsabile del­
dante la genetica dei carcinomi della tiroide con dif­ l'ulteriore progressione di malignità di questa neo­
ferenziazione tireocitica è divenuta molto vasta. plasia. Per contro il gene RAS, presente nel 45% dei
Essa sembra suggerire ima progressione, connessa carcinomi follicolari, sembra possa essere implicato
o dipendente dall'accumulo di alterazioni moleco­ nei carcinomi follicolari che progrediscono ulterior­
lari in successione, dalle forme meglio differenzia­ mente (DeLellis et al 2004).
te, quali il carcinoma papillare e il carcinoma folli­
colare, verso istotipi sempre meno differenziati,
Carcinoma midollare
quali il carcinoma poco differenziato e quello ana­
plastico. Tali acquisizioni confermano ipotesi già È neoplasia maligna costituita da cellule C in
avanzate sulla scorta delle conoscenze anatomocli- grado di secernere l'ormone calcitonina. Di raro
niche via via raccolte. Infatti uno studio morfologi­ riscontro, rappresenta circa il 10% dei carcinomi
co attento dei carcinomi poco differenziati e di quel­ tiroidei. Può insorgere in forma sporadica, in sog­
li anaplastici consente di cogliere, in numerosi casi, getti di circa 60-70 anni di età, o in soggetti più gio-
Processi neoplastia 731

Fig. 26 - Carcinoma indifferenziato della tiroide: sezione trasversa che dimostra l'invasione della trachea e delle strutture vasco­
lari del colio (a). Aspetto istologico con marcata anaplasia cellulare ed estese aree necrotiche (b); colorazione immunoistochimica
per desmina che evidenzia la parete muscolare di una struttura vascolare con trombosi neoplastica endoluminale (c); varietà a cel­
lule giganti (d); residui aspetti follicolari (e); focaie reattività con anticorpi anti-tireoglobulina (f).
732 ? Tiroide
vani, di circa 40 anni, nella variante a trasmissione al fegato e allo scheletro. La sopravvivenza, pur
ereditaria. Quest'ultima forma incide per circa il dipendendo dallo stadio di sviluppo raggiunto
20% di tutti i carcinomi midollari, potendo essere dalla neoplasia al momento della diagnosi, é di
parte di una MEN (IIA o IIB), ma anche manifesta­ circa il 70-80% a 5 anni dall'intervento di tiro ideeto-
zione singola di malattia (carcinoma midollare familia­ mia (De Lellis et al, 2004; Rosai et al 1992).
re). Sono tumori che si presentano in forma di nodu­
li o masse grigio-giallastre, ben circoscritte ma prive Genetica dei carcinomi midollari della tiroide. Il
di capsula fibrosa (Fig. 27). La loro consistenza é gene, le cui alterazioni stanno alla base dello svilup­
sostenuta. Per la maggior parte sono neoplasie loca­ po dei carcinomi midollari, è il protooncogene RET,
lizzate nel terzo superiore dei lobi, quindi nella sede in particolare nelle forme familiari, nelle quali il
anatomica del parenchima tiroideo dove più elevata gene ha mutazioni germ line. Nei pazienti con car­
è la percentuale di cellule C. Variabile è tanto l'archi­ cinoma midollare familiare, o MEN IIA, le mutazio­
tettura microscopica di questo carcinoma così come ni sono negli esoni 10 e 11, mentre le famiglie con
la sua citologia. L'architettura infatti può essere soli- MEN IIB hanno di solito una mutazione al codone
do-trabecolare, a nidi, ghiandolare o pseudopapilla­ 918 dell'esone 16. Mutazioni ai codoni 768 e 804
re. Le cellule costituenti possono essere epiteliomor- sono osservabili nelle forme di carcinoma midolla­
fe, ma anche fusate (Fig. 28), plasmocitoidi, squa- re familiare non associato a MEN. Il risvolto pratico
moidi e talora di aspetto oncocitico. Lo stroma, di queste informazioni risiede nel dato di fatto che
variamente rappresentato ma in genere scarso, è oggi è possibile diagnosticare, con analisi genetica
sede di deposito di sostanza amiloide, anch'essa in nei figli di soggetti con MEN o con sindrome fami­
quantità variabile, comprendente nel suo contesto liare del carcinoma midollare, la presenza o meno
microdeposizioni calcaree: la sostanza amiloide è delle medesime mutazioni sul gene RET, ponendo
tingibile con il Rosso Congo e mostra caratteristico quindi le basi per una tiroidectomia profilattica,
dicroismo a luce polarizzata assumendo un colore attualmente consigliata dopo il sesto anno di età
definito classicamente. Verde mela' (Fig. 29); reagi­ (De Lellis et al, 2004).
sce inoltre immunoistochimicamente con anticorpi
anti-calcitonina. L'indagine ultrastrutturale mette in Tumori primitivi non epiteliali
evidenza, nel citoplasma delle cellule neoplastiche,
granuli di neurosecrezione che risultano positivi per Tra i tumori che possono coinvolgere la ghian­
anticorpi contro la calcitonina, ma anche per cromo- dola tiroidea vanno ricordati i linfomi, in particola­
granina (Fig. 30). Le cellule del carcinoma midollare re il linfoma non Hodgkin, B a cellule della zona margi­
sono positive anche per CEA e per TTF-1, mentre nale, analogo agli altri linfomi extranodali MALT,
non esprimono tireoglobulina. per la sua correlazione con la tiroidite cronica linfo-
Anche questa neoplasia viene oggi diagnosticata citaria tipo Hashimoto, ed il cui quadro istologico
quasi sempre nelle fasi precoci del suo sviluppo e non frequentemente presenta lesioni linfoepiteliali e dif­
infrequentemente con diametro inferiore al centime­ ferenziazione plasmacellulare.
tro: nello stadio quindi di microcarcinoma midollare. Rarissimi sono i tumori mesenchimali, quali
Nei casi di carcinoma midollare geneticamente tra­ Yangiosarcoma, descritto soprattutto nelle zone alpi­
smesso la neoplasia insorge più precocemente, può ne, particolarmente in Svizzera e associato a gozzo,
essere multifocale ed é quasi sempre associata a iper- che va posto in diagnosi differenziale con il carcino­
plasia delle cellule C, soprattutto nel parenchima ma anaplastico.
tiroideo prossimo alla neoplasia (Fig. 31). Del tutto eccezionali il leiomìoma, il leiomiosarco-
Le metastasi di questo tumore si instaurano, per ma ed il tumore fibroso solitario.
via linfatica, ai linfonodi laterocervicali e mediasti-
nici e, più di rado, per via ematogena, al polmone, Tumori secondari della tiroide
La tiroide può essere sede di metastasi, in parti­
colare di carcinomi di origine mammaria, renale e
polmonare (De Lellis et al, 2004; Rosai et al, 1992).

Stadiazione dei carcinom i tiroidei


Le neoplasie della tiroide si manifestano in gene­
re clinicamente come nodularità, palpabili o rilevabi­
li mediante esame ecografico. Si calcola che circa il 4-
8% della popolazione generale presenti noduli, spes­
so di dimensioni superiori a 1-2 cm, con una frequen­
za che tende ad aumentare con l'età. Tuttavia, la
maggior parte di questi noduli (95% circa), alla valu­
Fig. 27 - Carcinoma midollare, (i tumore appare bene delimi­ tazione citologica su agoaspirato, o istologicamente,
tato, di colore giallastro con aree emorragiche. risulta di natura benigna: nell'85% si tratta di noduli
Processi neoplastici & 733

Fig. 28 - Carcinoma midollare: aspetti istologici diversi, solido trobecolare (a), alveolare (b), a cellule fusate (c) e a cellule polimor­
fe (d).

iperplastici nel contesto di un gozzo multinodulare, delle neoplasie follicolari difficoltà oggettive che
e più raramente (15%) di adenomi. Solo nel 5% circa non consentono la distinzione tra adenoma e carci­
dei casi si tratta di carcinomi, in genere bene diffe­ noma. L'impiego della tecnica della biopsia per
renziati: papillari (80-85%), follicolari o oncocitari aspirazione con ago sottile (FNAB) ha notevolmen­
(10-15)%, midollari (3-4)% e, eccezionalmente, ana- te incrementato il numero di carcinomi tiroidei rile­
plastici (1%). In pratica, solamente nelle lesioni vati con intervento chirurgico (dal 15 al 40%), con
nodulari follicolari con caratteri di neoplasia la dia­ un aumento progressivo di incidenza soprattutto
gnosi di carcinoma deve essere posta istologica­ delle forme papillari di piccole dimensioni (micro­
mente presentando l'interpretazione citologica carcinomi).
734 Tiroide

Fia. 29 - Carcinoma midollare: nello stroma sono evidenti depositi di sostanza amiloide tingibile con rosso Congo [a) e dicroica
inluce polarizzata (b).

Fig. 30 - Espressione immunoistochimica di calcitonina (a) e di cromogranina (b) nelle cellule neoplastiche del carcinoma midollare.
Processi neoplastici ; 735

Fig. 31 - Ìperplasia delle cellule C evidenziata con reazione immunoistochimica per calcitonina in carcinoma midollare familiare
in MEN ila.

Le neoplasie della tiroide, con l'eccezione delle prima manifestazione clinica è rappresentata da
rare forme poco differenziate e anaplastiche, sono metastasi linfonodali laterocervicali che comporta­
dotate di prognosi favorevole. La sopravvivenza no scarsa rilevanza prognostica, potendo essere
tuttavia presenta notevole variabilità: per i carcino­ presenti anche da molti anni.
mi papillari e per i follicolari minimamente invasi­ Per converso, la diagnosi istologica di carcinoma
vi, è superiore al 90% dopo 10 anni; per i carcinomi anaplastico è sufficiente per includere la neoplasia
follicolari ampiamente invasivi scende al 50%, sem­ nello Stadio IV, anche se è contenuta entro la tiroide
pre dopo 10 anni; per i carcinomi poco differenziati e senza evidenza di metastasi linfonodali o a
è attorno al. 50% dopo 5 anni; per il carcinoma distanza (T4, qualsiasi N, qualsiasi M).
midollare, a distanza di 5 anni è superiore all'80% e,
a 10 anni, superiore al 70%. Tra i fattori più impor­
tanti di significato prognostico vengono considera­ Critèri prognòsfici sfiworevoli. nei
ti l'età, il sesso, il grado di differenziazione (essen­ ‘ carcinom ideltatìroi^ lo \
do il carcinoma papillare ed il follicolare bene diffe­ Orgdnizàtìon-.far,
renziato a prognosi eccellente), le dimensioni del Research and Treatment of Cáncer) : " ;
tumore, la sua estensione alle strutture contigue e le
metastasi, linfonodali e a distanza (Tab. 2). a) dimensioni superiori a cm 1,5
Questi criteri sono così importanti che nella sta-
diazione delle neoplasie si considerano diversa- b) età >40 anni nel sesso maschile, >50 anni nel sesso
mente i medesimi parametri in funzione dell'età e
[ femminile
del grado di differenziazione tanto che nel sistema c) presenza di metastasi a distanza
TNM i carcinomi papillare e follicolare bene diffe­ | d) invasione capsulare
renziato, nei soggetti di età inferiore ai 45 anni, ven­
gono classificati allo stadio I quali che siano le j e) grado di differenziazione
dimensioni e l'estensione del tumore e con metasta­ f) varianti istologiche
si linfonodali (qualsiasi T, qualsiasi N, M0), e allo
stadio II quando sono presenti anche metastasi a
nel Ca papillare: varianti a cellule alte, a cellule colon­
nari, sclerosante diffusa
distanza (qualsiasi T, qualsiasi N, M I). Nei carcino­
mi papillari infatti, abbastanza frequentemente la nel Ca follicolare: variante a cellule di Hurtle
736 ì: Tiroide
I carcinomi papillare e follicolare in soggetti di età terno del nodulo, si estrae l'ago e si deposita su un
superiore ai 45 anni ed il carcinoma midollare (indi­ vetrino portaoggetti il materiale in esso contenuto
pendentemente dall'età) vengono classificati in stadio che viene infine strisciato con delicatezza così da
I, con tumore delle dimensioni massime di 2 cm limi­ ottenere uno strato unicellulare. Dopo essiccamen­
tato alla tiroide senza metastasi linfonodali o a distan­ to del materiale, ottenibile in alcuni minuti per
za (TI NO MO), in stadio II con tumori compresi tra 2 esposizione all'aria ambiente oppure con getto d'a­
e 4 cm limitati alla tiroide, sempre senza metastasi (T2 ria forzato per pochi minuti, o dopo fissazione in
NO MO), in stadio III con tumore superiore a 4 cm, o alcool, si procede alla colorazione del materiale stri­
inferiore a 4 cm ma con minima estensione extratiroi­ sciato con soluzioni coloranti generiche (Diff Quik,
dea (T3 NO MO), o con metastasi ai linfonodi peritiroi­ Papanicolau, May-Grunwald-Giemsa, Ematossili-
dei (Tl-2-3 N la MO), ed in stadio IV con tumori che na-Eosina) o, se del caso, anche con tecniche istochi-
invadono le strutture circostanti (T4), o con metastasi miche ed immunocitochimiche. A questo punto l'e­
ai linfonodi laterocervicali o del mediastino superiore same microscopico può essere effettuato, in pratica,
(Nlb), o con metastasi a distanza (MI). e se necessario, entro pochi minuti dopo l'atto del
La condotta terapeutica pertanto, sulla base prelievo. Ovviamente l'interpretazione richiede
della stadiazione comporta tiroidectomia subtotale una adeguata preparazione specifica anche della
o totale e trattamento o meno con radioiodio. patologia dell'organo. Da quanto sopradescritto si
può facilmente comprendere l'estrema semplicità
dell'atto agoaspirativo e come si tratti di tecnica
| Citologia tiroidea veramente poco dispendiosa.
AI paziente, correttamente informato di ogni
Nell'ultimo decennio la citologia agoaspirativa atto, le operazioni dell'agoaspirazione risultano ben
ha assunto un ruolo determinante per la definizio­ sopportabili tanto che, qualora sia necessario, è pos­
ne della natura, benigna o maligna, dei noduli tiroi­ sibile procedere all'esecuzione di un numero non
dei con sensibilità (85-90%) e specificità (90-95%) indifferente di agoaspirazioni del medesimo nodulo
molto elevate. Il valore dell'indagine citologica o di più noduli, qualora presenti, nella ghiandola
risiede anche nella possibilità di raccogliere una dello stesso individuo. Se anni fa l'atto agoaspirati­
serie consistente di dati utili per la clinica con un vo veniva prevalentemente praticato a "mano libe­
metodo di rapida e semplice esecuzione, del tutto ra", e cioè fissando il nodulo palpabile tra due dita e
economico e in grado di fornire informazioni atten­ inserendovi quindi Lago, oggi tale procedura viene
dibili estemporaneamente. eseguita assai dì rado. La tecnica attuale di agoaspi-
La manovra agoaspirativa consiste nell'introdu- razione sotto guida ecografia consente risultati
zione di un ago sottile (23-25-27 gauges) all'interno migliori perché, essendo i noduli da valutare di
del nodulo da esaminare e nella successiva aspira­ dimensioni sempre più ridotte, e per lo più non pal­
zione mediante siringa. Mentre si aspira è possibile pabili, soltanto l'ausilio ecografico consente la loro
dirigere l'ago in più direzioni così da mettere in atto identificazione ed un loro corretto centraggio. Inol­
un congruo campionamento, in particolare quando tre è sempre più sentita, dall'esecutore dell'agoaspi-
il nodulo è voluminoso. Una volta rilasciato lo stan­ rato, l'esigenza di conoscere anche i caratteri ecogra­
tuffo della siringa, quando ancora ci si trova all'ìn- fici del nodulo da cui prelevare il materiale per le

iati

Fig. 32 - Tiroide cronica linfocitaria. a] Tappeto di linfociti con


isolato lembo di tireociti dimostranti modeste note di anisoca-
riosi (Papanicolaou, 125 X). b) Elementi oncocitari con aniso-
cariosi e ipercromia nucleare (Papanicolaou, 400 X). (Da P.
Boccata, Citopatologia diagnostica, il ed., Voi. Vlil del Trattato
Italiano di Medicina di Laboratorio, 2005, Piccin).
Citologia tiroidea & 737

indagini citologiche: il metodo infatti permette di La diagnosi citologica di iperplasia (Fig. 34) è
identificare le aree più idonee al campionamento, in caratterizzata da abbondante colloide e da tireociti,
modo particolare quando il nodulo sia voluminoso. in genere di piccole dimensioni con nucleo molto
Infine la contemporanea osservazione del parenchi­ tingibile, isolati, in aggregati follicolari o in lamine,
ma tiroideo extranodulare può fornire, nei singoli con frequenti raccolte di macrofagi carichi di emo-
casi, informazioni di estremo interesse, quali la pre­ siderina.
senza o meno di altri noduli e di un eventuale pro­ L'agospirato nel carcinoma papillare evidenzia
cesso tiroiditico concomitante. una discreta cellularità con aggregati di aspetto
I quadri citologici delle principali patologie papillare associati ad elementi isolati (Fig. 35). Le
tiroidee e delle neoplasie epiteliali maligne della" cellule presentano nucleo frequentemente inciso,
tiroide sono ben codificati e pertanto il patologo, alle volte con inclusioni nucleari. In rarissimi casi si
nella maggior parte dei cast è in grado di porre dia­ osservano corpi psammomatosi.
gnosi certa di tiroidite, di iperplasia, di carcinoma Un quadro citologico ricco di cellule pleomorfe,
papillare, di carcinoma anaplastico e di carcinoma talvolta fusate e talvolta plurinucleate, è caratteri­
midollare. stico del carcinoma anaplastico (Fig. 36).
II quadro citologico delle tiroiditi dimostra scar­ Il carcinoma midollare si riconosce per la presenza
sa colloide, cellule oncocitarie, tireociti, linfociti e di cellule disperse di medie e grandi dimensioni,
plasmacellule nella tiroidite di Hashimoto (Fig. 32); alle volte di aspetto plasmacitoide, con pleomorfi-
tireociti; grànulociti neutrofili, macrofagi e cellule smo nucleare e binucleazioni (Fig. 37). Il citoplasma
giganti plurinucleate con aspetti di colloidofagia, di tali cellule appare finemente granulare e può
nella tiroidite di De Quervain (Fig. 33); materiale osservarsi la presenza di materiale metacromatico,
scarsamente cellulare con rari fibroblasti, nella tiroi­ indicativo di sostanza amiloide.
dite di Riedel. Più complessa è l'interpretazione dei noduli folli­
colari in quanto la diagnosi differenziale tra noduli
microfollicolari iperplastici, adenoma e carcinoma folli­
colare si basa più su criteri istologici che citologici.
Tuttavia le conoscenze di base del patologo sono
utili, se non necessarie, per la scelta della strategia
diagnostica cui sottoporre il paziente. Per questa
finalità sembra utile seguire la classificazione che
distingue quattro categorie di lesioni follicolari:
1. I noduli normo-macrofollicolari benigni che
comprendono lesioni iperplastiche e gli adeno­
mi macrofollicolari il cui quadro citologico com­
prende tireociti di taglia uniforme, spesso riuni­
ti in aggregati frammisti ad abbondante colloide
inglobanti macrofagi con emosiderina (Fig. 38).
Il maggior problema in questi casi è la valutazio­
ne dell'idoneità del materiale. Molti patologi
Fig. 33 - Tiroidite subacuta granulomatosa di De Quervain. considerano idoneo il materiale quando siano
Cellula gigante multinucleata Frammista a linfociti e tireociti su identificabili almeno 6-10 aggregati di cellule
fondo amorfo, basofilo (MGG, 400 X). (Da P. Boccato, I.e.). tiroidee (Fig. 39), ciascuno dei quali formato da

Fig. 34 - Gozzo colloide, a) Sostanza colloide con le caratteristiche fratture da coartazione (Giemsa, 200 X). b) Cellule follicola­
ri in microfollicoli. Sui fondo si osservano alcuni nuclei nudi linfocitosimili (Papanicolaou, 200 X). (Da P. Boccato, Le.).
738 Tiroide

Fig. 36 - Carcinoma anapiastìco della tiroide, a) Ampio lembo


sinciziale di cellule maligne con marcato polimorfismo nuclea­
re (Papanicolaou, 400XJ. b) Variante a cellule giganti con plu-
rinucleazione e dismetrie nucleari evidenti (MGG, ÓOOX) (Da P.
Boccata, l.c.}.

Fig. 35 - Carcinoma papillare, variante macrofollicolare: a)


lamina sinciziale di cellule follicolari con nuclei sovrapposti
(Papanicolaou, 400X}. b) Lembo di cellule con cromatina
marginata, a vetro smerigliato, cj Evidenti introflessioni cito­
plasmatiche nel nucleo di due cellule neoplastiche {pseudoin­
clusi) (Papanicolaou, 400X) (Da P. Boccata, l.c.).

Fig. 38 - Citologia agoaspirativa tiroidea. Il quadro citologico


Fig. 37 - Carcinoma midollare, a) cumulo di elementi neopla­ comprende tireocitì ai taglia uniforme, spesso riuniti in aggre­
stici con aggregazione microfollicolare; b) elementi neoplastici gati frammisti ad abbondante colloide inglobanti macrofagi
di aspetto plasmacitoide con citoplasma finemente granulare con emosiderina. Esso è compatibile con un nodulo iperplasti-
(MGG: A, 125X; B, ÓOOX) (Da P. Boccata, l.c.). co della tiroide.
Citologia tiroidea ; 739

2. I noduli mìcrofollicolari ipercellulati di tipo


iperplastico la cui ipercellularità abbia uniformi­
tà citologica con aggregati estremamente regola­
ri anche con formazioni follicolari (Fig. 40). Il
riscontro di questi reperti consiglia di seguire
nel tempo il paziente essendo da limitare il
ricorso al controllo istologico ai casi in cui vi sia
un aumento delle dimensioni del nodulo ogget­
tivamente riscontrato.
3. I noduli microfollicolari probabilmente benigni
con caratteri intermedi tra noduli di iperplasia e
quelli probabilmente maligni. In questi casi vale
la valutazione delle dimensioni del nodulo
essendo consigliabile ricorrere al controllo isto­
logico per i noduli di dimensioni superiori ai 2.5
cm o per quelli in cui possa essere documentato
un reale aumento di dimensioni.
4. I noduli microfollicolari, probabilmente maligni,
Fig. 39 - Neoplasia follicolare: rosette dì cellule follicolari sono quelli in cui il controllo istologico è irrinun­
(Papanicolaou, 400X) (Da P. Boccato, I.e.). ciabile. In questi casi il reperto citologico si
caratterizza per la ipercellularità e per il riscon­
almeno 10 cellule, anche se recenti suggerimenti tro di microfollicoli disorganizzati ed irregolari
non pongono limiti al numero minimo di tireo­ (Fig. 41).
citi presenti, considerando importanti la presen­
za di colloide e la correlazione dei dati clinico- Infine il riscontro, nel materiale agoaspirato, di
ecografici e del reperto citologico. cellule oncocitarie comporta problemi non semplici

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Fig. 41 - Citologia agoaspirativa tiroidea. Il materiale citologi­
co è iperceilulare comprendendo numerose strutture microfolli­
Fia. 40 - a) Neoplasia follicolare: microfoilicolo, assenza di colari composte da tireociti con nucleo alle volte nucleolato; le
colloide (Papanicolaou, 400X). b, c) Adenoma follicolare: tap­ emazie sono rare e la colloide è estremamente scarsa. Il qua­
peto di tireociti su fondo ematico, isolati o ammassati in micro- dro citologico è compatibile con un nodulo ad architettura
follicoli (Papanicolaou: b) 125X, c) 600X) (Da P. Boccato, i.e.). microfollicolare.
740 Tiroide
di diagnosi differenziale. Questo è, infatti, reperto raramente, di una neoplasia (adenoma tossico o
compatibile tanto con un nodulo iperplastico con malattia di Plummer, ed eccezionalmente, carcino­
metaplasia ossifila, quanto con una neoplasia, ade­ ma iperfunzionante). Mutazioni nel gene del recet­
noma o carcinoma, oncocitaria. Pertanto il riscontro tore del TSH sono state dimostrate nell'adenoma
citologico di un tappeto monotono di cellule con i tossico ma non nel gozzo multinodulare.
caratteri degli oncociti, in un contesto che non abbia L'ipertiroidismo può essere spesso scatenato
equivalenti citologici di flogosi (tiroidite) o di iper- improvvisamente da un eccesso di jodio che consente
plasia, non consente di discriminare con certezza l'emergenza di cloni di tireociti che si autonomizzano
tra una lesione benigna ed una maligna, rendendo aumentando la secrezione ormonale e accentuando
perciò necessario il ricorso al controllo istologico un preesistente ipertiroidismo di lieve entità. Una rara
del nodulo, soprattutto nei casi in cui la lesione sia condizione di ipertiroidismo dovuto a secrezione
singola e non concomiti un quadro clinico-laborato- extraipofisaria non controllata di fattori tireostimolan-
ristico o citologico di tiroidite (Ravetto et al, 2000). ti, può osservarsi in corso di tumori trofoblastici.
Le cause di tireotossicosi non associate ad iperti­
roidismo sono legate alla liberazione di ormoni tiroi­
i ! Correlazioni anofomociioiche dei a seguito di danno parenchimale nelle tiroiditi,
sopratutto subacute, in caso di produzione ectopica
iperti roidismi (struma ovarii nel contesto di un teratoma ovarico) o
per assunzione esogena (tireotossicosi fattizia).
L'intossicazione, più o meno grave, deirintero
lì quadro clinico è variabile in rapporto con l'en­
organismo ad opera di un eccesso di iodotironine di tità e la causa deH'ipertiroidismo. Sintomi e segni
provenienza tiroidea o extratiroidea e comunque dell'ipertiroidismo possono essere distinti in due
immesse in circolo, provoca un complesso quadro grandi gruppi: i sintomi e segni dovuti all'eccessiva
di alterazioni biochimiche e funzionali definito produzione di iodotironine e i sintomi e segni tipici
tireotossicosi: viene definita ipertiroidismo la tireotos- delle malattie che provocano tale ipersecrezione.
sicosi sostenuta da iperfunzione tiroidea, primitiva Sintomi e segni dovuti all'ipersecrezione delle
o, molto raramente, secondaria ad un adenoma ipo­ iodotironine. Tra questi rientrano un dimagramento
fisario secernente TSH. importante senza modificazione dell'apporto calorico
Più comunemente l'ipertiroidismo è causato abituale e con elasticità cutanea conservata (il dima­
dairiperplasia diffusa della tiroide (gozzo tossico gramento neoplastico si accompagna a perdita dell'e­
diffuso), vale a dire è l'intera ghiandola ad iperfun- lasticità cutanea); la tachicardia, a volte tachiaritmia
zionare (scintigraficamente si ha il riscontro di una (fibrillazione atriale), in genere continua, non a crisi,
tiroide diffusamente ipercaptante). In altri casi l'i~ spesso associata ad una pressione arteriosa norma­
pertiroidismo è focale (gozzo nodulare): scintigrafi­ le/elevata ma ad alta differenziale (una ipertensione
camente la tiroide mostra aree circoscritte (uniche o diastolica dovrebbe in genere far escludere Tipertiroi-
multiple) mentre il resto della tiroide non capta il dismo); l'ipereccitabilità (ansia, agitazione, tremore)
radioiodio (soppressione funzionale del resto del sintomo spesso aspecifico, ma che se si accompagna a
parenchima tiroideo). sudorazione importante con mani calde, può essere di
Nel caso del gozzo tossico diffuso si tratta o. di notevole aiuto nella diagnosi. Altri sintomi e segni
una m. di Graves o di una m. di Hashimoto in fase sono l'allargamento della rima palpebrale, la midriasi,
tossica (hashitossicosi). la facies tragica, la diarrea, l'astenia muscolare fino
Nel secondo caso si tratta di un nodulo ipercap­ all'adinamia, i disturbi del ritmo mestruale (oligome-
tante nel contesto di un gozzo plurinodulare e più norrea ed ipomenorrea), la ginecomastia (Fig. 42).

Fig. 42 - Ipertiroidismo in M. Basedow-


Graves. a) Donna di 58a con marcato
esoftalamo e carafterisca Facies bosedo-
wiana. b) Donna di 47a con evidenti che-
mosi ed edema palpebrale in esoftalamo.
Correlazioni anafomocliniche ^ 741

Nel giovane l'ipertireosi si esprime con un cor­ dipendere da agenesia della tiroide per mutazione
teo sintomatologico complesso, essendo più o genetica di fattori di trascrizione importanti nello
meno rappresentati tutti i sintomi suddetti. Nel sviluppo della tiroide come il TTF-2 (thyroid tran-
soggetto anziano l'ipertireosi è più spesso monote­ scription factor 2) ed il PAX-8 (Paired Homeobox-8),
matica, potendosi avere cioè il solo dimagramento, ma è soprattutto dovuto a difetti enzimatici, conge­
la sola tachicardia e/o fibrillazione atriaìe, la sola niti ed ereditari, della sintesi di ormoni tiroidei
diarrea ecc. (gozzi dìsormonogenetici) o a difetti dei recettori
Sintomi e segni propri della malattia che causa degli ormoni tiroidei dipendenti da mutazioni
l'ipertireosi. Quando l'ipertiroidismo si accompa­ genetiche. Nella sindrome di Pendred, al gozzo e
gna ad esoftalmo e/o mixedema pretibiale si parìa all'ipotiroidismo con cretinismo di associa anche
di malattia di Graves. In assenza di oftalmopatia sordità nervosa.
e/o mixedema, il sospetto di un disordine autoim­ L'ipotiroidismo infantile endemico può presentarsi
mune nasce dall'eventuale presenza di sialoadeni- in forma sporadica, transitoria o in ima variante
te, vitiligine, anemia perniciosa o comunque macro- duratura. Nelle zone ad endemia gozzigena solo
citosi, gastrite atrofica del fondo/o altre endocrino- una piccola percentuale di neonati presenta segni di
patie (diabete mellito, insufficienza surrenalica, ipotiroidismo anche grave e pare che il fatto dipen­
ipoparatitoidismo). In assenza di questi sintomi o da appunto dalla coesistenza, in questi soggetti, di
segni la diagnostica differenziale è difficile, soprat­ un difetto congenito dei processi di sintesi ormona­
tutto in presenza di iperplasia focale (gozzo tossico le della tiroide. L'associazione del difetto enzimati­
multinodulare). In genere si ritiene che noduli mul­ co congenito, anche relativo, con quello dell'appor­
tipli in un contesto dì parenchina disomogenea­ to iodico esogeno causa la grave insufficienza tiroi­
mente captante il radioiodio siano espressione di dea responsabile del quadro clinico talora apprez­
una forma di ipertireosi sostenuta da autoanticorpi zabile già alla nascita.
tireostìmolanti (TSAb), a differenza di noduli mul­ L'affezione riconosce anche una genesi autoim­
tipli ben circoscritti con restante parenchina non mune: autoanticorpi materni ad effetto inibitore sui
visualizzabile. Se il nodulo è unico la diagnostica recettori del TSH (TIAb) in grado di superare la
differenziale concerne l'iperplasia e la neoplasia. La barriera placentare, quando presenti nelle prime
differenza clinica è che la neoplasia è in genere settimane di gestazione, possono essere responsabi­
unica; mentre l'iperplasia è multipla e, anche se si li di anomalie di sviluppo della tiroide; se viceversa
visualizza un solo nodulo caldo, l'ecografia può si formano a tiroide fetale già ben formata, sono
svelare nel parenchima omo- e controlaterale altre responsabili di un ipotiroidismo transitorio alla
nodularità non palpabili. In presenza di nodulo nascita che cessa con lo scomparire dal siero del
unico caldo la diagnostica differenziale è importan­ neonato degli anticorpi antitiroide.
te perché si traduce in differenti scelte terapeutiche. La sindrome di Pendred ed altre anomalie del
In caso di adenoma è sufficiente la resezione chirur­ SNC, possono essere secondarie ad un ipotiroidi­
gica (lobectomia); in caso di iperplasia l'ablazione smo materno che si instauri prima della 12a setti­
chirurgica dovrebbe essere più estesa (subtotale o mana di gestazione, cioè prima che nell'embrione si
totale) per evitare nuove recidive. formi la tiroide.
L'ipotiroidismo, infantile o giovanile, sporadico
Ipotiroidismo acquisito è di raro riscontro ed è secondario a lesio­
ni traumatiche, a processi infiammatori o tumorali
Comprende quadri anatomoclinici sostenuti destruenti la tiroide.
dalla diminuzione o dall'abolizione della secrezio­ Il quadro clinico in tutte le forme di ipotiroidi­
ne di ormoni iodati a causa di compromissione
smo neonatale o infantile è quasi sempre grave
tiroidea oppure per fattori extratiroidei. Il quadro
essendo i segni di ipotiroidismo molto più pronun­
anatomopatologico varia considerevolmente con
ciati che nell'adulto: mixedema esteso e marcato,
l'entità del deficit ormonale e con l'età di insorgen­
miopatie gravi, sviluppo somato-psichico varia­
za, tanto che si descrivono separatamente le forme
mente deficiente in rapporto all'età d'insorgenza; il
di ipotiroidismo del bambino e dell'adulto.
nanismo infatti è molto più grave nell'agenesia
Ipotiroidismo del neonato e del bambino. della tiroide (statura anche inferiore al metro). Il
Quando l'ipotiroidismo è congenito o si instaura nano ipotiroideo è proporzionato: ha il cranio rela­
nella prima infanzia determina quadri anatomocli­ tivamente ingrossato e caratteristicamente defor­
nici particolari in rapporto alla compromissione mato per.un rientramento della radice del naso e
dello sviluppo somatico (nanismo) e psichico (cre­ per uno sviluppo sproporzionato della scatola cra­
tinismo). nica rispetto allo scheletro del viso. I nuclei di ossi­
A seconda dell'entità della insufficienza tiroidea, ficazione si rendono evidenti con ritardi di vari
delle cause che la sostengono, dell'età in cui si mani­ anni (3-4 anni); il saldamente delle cartilagini di
festa si distinguono quadri anatomo clinici diversi. coniugazione avviene con ritardo notevole o non si
L'ipotiroidismo infantile congenito (1/5000 nasci­ verifica affatto per cui una opportuna terapia tiroxi-
te), associato o non a cretinismo ed a nanismo, può nica può in qualche caso indurre un accrescimento
staturale; microscopicamente è evidenziabile una ingrossamento del naso, delle palpebre superiori
compromissione dei processi di ossificazione (con restringimento della rima palpebrale), un
encondrale e periostale. appianamento dei lineamenti del volto ed il caratte­
ristico rigonfiamento a cuscinetto nelle zone sopra­
lp otiroid ism o sporadico dell'adulto. Più fre­
clavicolari. Frequenti sono le lesioni atrofico-dege-
quente nei soggetti di sesso femminile; la sintoma­
nerative degli annessi cutanei con depilazioni molto
tologia varia a seconda dell'entità della tiroxinope-
marcate ed estese e particolare fragilità delle unghie.
nia. Le alterazioni della tiroide sono diverse. Il qua­
dro clinico è costituito da rallentamento di variabi­ Alterazioni mixedematose possono comparire
anche a carico delle mucose. Il quadro istologico è
le entità delle attività fisiche e psichiche con facile
affaticabilità, sonnolenza, stipsi, intolleranza al caratterizzato da atrofia dell'epidermide e degli
freddo, rigidità muscolare, incremento ponderale, annessi con ipercheratosi e marcata riduzione del­
diradamento e caduta dei capelli, secchezza della l'indice mitotico; a carico del derma si riscontra
cute, voce rauca e profonda, comparsa di menorra- imbibizione di mucopolisaccaridi acidi con distan­
gie nella donna, sindrome del tunnel carpale. ziamento delle fibrille collagene (l'eventuale asso­
Più frequentemente gli ipotiroidismi sono la ciazione di fatti di edema dipende dalla caratteristi­
conseguenza di gravi processi tiroiditici autoimmu­ ca idrofilia dei mucopolisaccaridi acidi).
ni, in particolare dì tiroidite cronica di Hashimoto. In L 'esoftalmo vero è reperto eccezionale nell'ipoti-
altri casi sono legati a carenza di iodio (forme ende­ roidismo con mixedema mentre è frequente nelle
miche), la cui incidenza è oggi fortemente diminui­ forme d'ipotiroidismo postipertiroideo.
ta per gli opportuni provvedimenti igienici, e ad Il cuore è aumentato di volume per dilatazione
altri fattori alimentari (assunzione di vegetali conte­ delle cavità e per una pseudoipertrofia del miocar­
nenti sostanze ad azione 'antitiroidea come le tiocar- dio; il quadro istologico é caratterizzato da fenome­
bamidi), oppure alla somministrazione a scopo ni di imbibizione mixedematosa dell'interstizio con
terapeutico di farmaci an ti tiroidei e a trattamenti degenerazione ed atrofia delle fibre miocardiche.
protratti con acido para-amino salicilico o sali di La dilatazione delle cavità cardìache viene collega­
litio; in tutte queste forme l'ipotiroidismo è sola­ ta con la diminuzione del tono simpatico. Tutte
mente clinico mentre il quadro morfologico tiroideo queste alterazioni possono regredire con il tratta­
è rappresentato da una iperplasia diffusa (gozzi mento tiroxinico quando sia tempestivo: infatti
ipotiroidei): Tra le possìbili cause di ipotiroidismo nelle fasi avanzate della malattia compaiono coro-
rientrano anche l'ablazione chirurgica della tiroide, narosclerosi e miocardiosclerosi, quest'ultima
le terapie fisiche con raggi X e jodio radioattivo, la dipendente anche dall'evoluzione collagena del­
sostituzione del parenchima funzionante ad opera l'imbibizione mixedematosa diffusa.
di tumori primitivi, epiteliali (adenomi e carcinomi Frequente è l'arteriosclerosi generalizzata che
non funzionanti) o mesenchimali, e di forme meta­ viene collegata con Yipercolesterolemia caratteristica
statiche molto estese. Vanno infine ricordate anche degli stati ipotiroidei e con le alterazioni del meta­
quelle forme di ipotiroidismo causate da lesioni bolismo glicoproteico. Talvolta il quadro arterio-
distruttive delTadenoipofisi (ipotiroidismo secon­ sclerotico si presenta particolarmente grave (con
dario) o dei nuclei ipotalamici (forme terziarie), compromissione aortica, coronarica, renale, cere­
caratterizzate da livelli ematici particolarmente brale) in soggetti di giovane età; è perciò consiglia­
ridotti di tireotropina. bile esplorare anche la funzionalità tiroidea nei casi
Nell'ipotiroidismo può comparire, in forma di arteriosclerosi precoce grave.
generalizzata 0 localizzata, quella alterazione cuta­ A carico del sangue sì trova spesso una modica
nea che va sotto il nome di m ixedem a. La lesione, anemia pemiciosiforme con leucopenia. Il midollo
che interessa soprattutto la sostanza fondamentale é in genere ipoplasico e tende precocemente alla
amorfa del connettivo si può riscontrare non solo trasformazione in midollo giallo; lo studio della
nel derma ma in tutti i distretti connettivali e parti­ dinamica rigenerativa mostra un rallentamento
colarmente nell'interstizio dei muscoli. Il fenomeno del ricambio mitotico e della maturazione eritro-
patologico consiste essenzialmente nell'aumento leucocitaria. L 'apparato gastroenterico presenta una
della sostanza fondamentale del connettivo intensa­ diffusa dilatazione atonica e sopratutto un mega­
mente metacromatica e PAS-AIcian positiva e si colon. Il cervello è spesso aumentato di volume e di
accompagna spesso con un aumento delle cellule aspetto edematoso per aumento del contenuto
granulose basofile (mastzellen). I mucopolisaccaridi idrico e diminuzione di fosfolipidi e colesterina;
acidi responsabili di questo fenomeno possono esse­ sono frequenti le lesioni arteriosclerotiche dei vasi
re semplici (acido jaluronico) e complessi (eparina, cerebrali.
acidi condroitmsolforici A, B e C). La cute, nelle I muscoli scheletrici sono spesso di volume
forme conclamate, è pallida, atrofica, edematosa; l'e­ aumentato, di consistenza diminuita (od aumenta­
dema è duro (mixedema) e la digitopressione non ta nelle forme croniche) e di colorito pallido; già
lascia la fovea; si possono anche sovrapporre mode­ all'esame macroscopico si possono apprezzare
sti fatti di edema vero (prova della fovea positiva). fenomeni di edema. L'esame istologico mostra alte­
Queste modificazioni determinano un caratteristico razioni interstiziali anche molto spiccate e consi­
Correlazioni anatomocliniche 743

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Paratiroidi
6.7 L.Cavazzini, L. Mariuzzi, G.M. Mariuzzi

wmm

MB Cenni di anatomie e istologici ghiandole attraverso l'ilo, dando origine ad una


ricca rete capillare intraparenchimale su cui pog­
Le ghiandole paratiroidi regolano l'omeostasi giano direttamente le cellule epiteliali. I vasi linfati­
del metabolismo del calcio negli animali dotati di ci si riuniscono in un plesso sottocapsulare, connes­
scheletro ossificato. Nella filogenesi, ghiandole per so con i vasi linfatici tiroidei, per raggiungere i lin­
la regolazione del metabolismo del calcio si diffe­ fonodi cervicali profondi e paratracheali. Le vene
renziano e si strutturano in rapporto con le esigen­ fuoriescono dall'ilo sfociando nel circolo venoso
ze di ambulazione in ambiente terrestre: si trovano tiroideo, tracheale ed esofageo. I nervi, rappresenta­
infatti negli anfibi e non nei pesci. ti da fibre amieliniche periarteriose, derivano dal
Le paratiroidi, di solito in numero di quattro, tronco simpatico e terminano nella parete dei vasi,
ovoidali o piriformi, di colore giallo bruno, sono avendo funzioni vasomotorie.
situate sulla faccia posteriore dei lobi laterali della Le paratiroidi sono ghiandole costituite da cor­
tiroide, rispetto alla quale hanno minore consi­ doni solidi di cellule epiteliali poliedriche stipate
stenza. Le paratiroidi superiori o interne, derivan­ secondo un'architettura che può essere compatta
ti dalla quarta tasca branchiale, sono generalmen­ (per scarso sviluppo della rete vascolare) osservabi­
te situate in corrispondenza delle porzioni supe­ le nei feti e nei bambini, lobulare (per sviluppo mar­
riori dei lobi tiroidei; quelle inferiori o esterne cato della rete vascolare) presente nei giovani ed in
derivanti dalla terza tasca branchiale, sono poste genere nelle condizioni dell'attivazione funzionale
all'esterno del margine inferiore dei lobi della (Fig. 1), oppure reticolata (per scomposizione del
tiroide e sono provviste di una sottile capsula con- parenchima ad opera di tessuto adiposo) caratteri­
nettivale propria. Frequente è il reperto di parati­ stica dell'età adulta o della vecchiaia. Il parenchima
roidi accessorie in sede tiroidea, tracheale, media- è sepimentato da setti connettivali provenienti dalla
stinica e, sopratutto timica. Le loro dimensioni capsula fibrosa in continuità con un esile intreccio
medie sono circa di mm 2 X 5 X 8 ed il peso varia reticolare disposto attorno ai singoli cordoni.
da mg 20 a mg 70. Sono variazioni ponderali cor­ L'epitelio paratiroideo è composto da tre citotipi
relate con il contenuto di tessuto adiposo strema­ fondamentali: cellule principali, cellule ossifile e
le, che aumenta con l'età, ma anche con la razza: il cellule chiare-acqu ose o grandi cellule a glicogeno.
peso è maggiore nei soggetti di razza nera. La irro­ Va sottolineato che i diversi citotipi non rappresen­
razione delle paratiroidi è assicurata, sia per le tano serie citologiche distinte ma espressioni mor­
ghiandole superiori che per le inferiori, da rami fologiche di momenti funzionali differenti della cel­
delle arterie tiroidee inferiori che penetrano nelle lula paratiroidea.

Fig-1 - Sezione di ghiandola paratiroide normale in soggetto di 1ó anni, deceduto per incidente stradale prima del ricovero d'ur­
genza. Il parenchima è composto da cordoni cellulari stipati. Molto scarsa la componente adiposa. (Emat. Eos. 20 X).
746 Parotiroidi
Le cellu le p rin cip ali sono gli elementi più scarsamente sviluppato e rari granuli secretori: equi­
numerosi (Fig. 2) e, nel bambino al di sotto degli valenti morfologici tutti di ridotta attività di sintesi.
otto anni, formano da sole il parenchima delle Le cellule ossifile, di dimensioni superiori a
paratiroidi. Hanno forma poligonale, sono piutto­ quelle delle cellule principali (8-12 micron), hanno
sto piccole (7-10 micron di diametro) e dotate di un citoplasma abbondante, stipato da granulazioni aci-
nucleo voluminoso in posizione centrale. Vengono dofile molto fini essendo scarso il contenuto di
distinte in due sottotipi in relazione al grado di RNA. Il loro nucleo è piccolo e ipercromico; sono
attività funzionale. sovente riunite in piccoli ammassi essendo reperto
Le cellule principali scure caratterizzate da acido- caratteristico dell'età avanzata e perciò di raro
filia citoplasmatica di grado variabile, mai comun­ riscontro nelle paratiroidi dei giovani. Al microsco­
que molto intensa, in rapporto al contenuto di ribo- pio elettronico, com'è caratteristico delle cellule
nucleoproteine, che segnano il grado di attività oncocitarie, risultano contenere molti mitocondri
funzionale, essendo questa più accentuata nelle allungati e ricchi di «cristae» da cui dipende l'inten­
cellule maggiormente impegnate. L'impregnazione sa eosinofilia citoplasmatica in microscopia ottica.
argéntica evidenzia anche piccoli granuli di secre­ Le cellule chiare-acqu ose hanno dimensioni con­
zione che al microscopio elettronico (Fig. 3) siderevoli (10-15 micron di diametro) ed un citopla­
appaiono come formazioni irregolari a contenuto sma caratteristicamente schiumoso nelle colorazio­
elettrondenso, delimitate da membrana, originan- ni che non permettono la conservazione del glicoge­
tesi nella regione del Golgi e che contengono, oltre no di cui il citoplasma stesso è infarcito. Il nucleo è
al paratormone, anche cromogranina A. piccolo e ipercromico. L'indagine ultrastrutturale:
Le cellule principali chiare sono di dimensioni leg­ dimostra la presenza, nel citoplasma, di voluminosi
germente superiori, hanno citoplasma scarsamente vacuoli, derivati dal Golgi, delimitati da membrana
tingibile, sia per la povertà in ribonucleoproteine che e contenenti materiale filamentoso, alla periferia dei
per un elevato contenuto in glicogeno. Il loro nucleo quali si apprezzano spesso quantità variabili di
è sempre grosso, chiaro, e dotato di un apparato materiale lipidico. Praticamente assenti in condizio­
nucleolare ipertrofico. L'analisi ultrastrutturale ni normali, queste cellule si possono trovare nelle
mostra una ricca dotazione di granuli di glicogeno. paratiroidi di soggetti anziani ed in casi particolari
Hanno ergastoplasma poco rappresentato, Golgi di iperplasia funzionante.

Fig- 2 - Paratiroide di soggetto giovane - 30 anni, a) Evidente l'organizzazione strutturale cordonale ed il monomorfismo delle
cellule principali costituenti. (Emat. Eos. 400 X). b) Reattività imn unoi stoch ¡mica per cromogramina A delle cellule principali.
Cenni di anatomia e istologia 747
brano rappresentare il determinante antigenico
della molecola, determinante utilizzato per il
dosaggio radioimmunologico dell'ormone. Il livel­
lo ematico del calcio rappresenta il fattore essenzia­
le per la regolazione della funzionalità paratiroidea;
tuttavia anche Fipomagnesiemia è in grado di sti­
molare la secrezione di PTH.
Normalmente la concentrazione ematica del cal­
cio è di circa mg 10/dl, valore che deve rimanere
costante. Il calcio ematico è contenuto quasi esclusi­
vamente nel plasma essendo presente in quantità
trascurabili nei globuli rossi. Il 55% circa del calcio
piasmatico è presente in forma diffusibile, ionizza­
ta, il 45% circa è legato invece a proteine sieriche o,
in misura molto minore, a citrato o ad agenti chela n-
ti analoghi. Il ruolo delle proteine piasmatiche nei
metabolismo del calcio è di notevole importanza;
infatti il livello sierico del calcio si trova in rapporto
diretto con la concentrazione delle proteine piasma­
tiche e con la concentrazione idrogenionica del pla­
sma, mentre esiste una relazione inversa tra le con­
centrazioni del C a++ e del PO^ in modo che il
prodotto dei relativi valori di concentrazione tende
a rimanere costante: rapporto Ca+_i" ■P 0 4 ~ = K.
L'azione principale del paratormone, insieme a
quelle della calcitonina e del calcitriolo, diretta al
mantenimento del tasso calcemico, si estrinseca,
Fig. 3 - Morfologia ulfrastrufturaie delie cellule paratiroidee direttamente o indirettamente, sul tessuto osseo,
principali in ghiandola di ratto: le cellule, che sono disposte sull'intestino e sull'epitelio dei tubuli renali. Il
attorno ad un capillare (cap), contengono nel citoplasma gra­
nuli secretori (S) e presecretori (pS). (4200 X). movimento di ioni calcio in questi tessuti avviene
automaticamente, anche in assenza di ormone
paratiroideo. Tuttavia la concentrazione piasmati­
Nelle paratiroidi umane è possibile il riscontro ca di calcio, in questo caso, viene regolata ad un
di formazioni follicolari contenenti sostanza colloi­ livello basso (mg 7%.) Il paratormone tramite
de, analoghe a quelle tiroidee, ma senza alcun rap­ recettori specifici (recettori del PTH di tipo I) acce­
porto con queste. Rare nel bambino si trovano fre­ lera:
quentemente nell'adulto o nel vecchio; vengono
generalmente interpretate come equivalenti morfo­ 1. la mobilizzazione del calcio dal sistema schele­
logici di ridotta attività funzionale. L'entità di que­ trico che ne è l'organo di deposito;
sta attività può essere definita, con precisione, valu­ 2. l'assorbimento intestinale di calcio;
tando, mediante ibridazione in situ, la percentuale
di cellule che esprimono il PTH mRNA, appunto 3. il riassorbimento del calcio da parte dell'epitelio
l'acido ribonucleico che provvede alla sintesi del­ tubulare renale.
l'ormone paratiroideo. In questo modo il paratormone influenza essen­
zialmente la velocità con cui i meccanismi biochi­

| Cenni di fisiopatologia mici, normalmente presenti, regolano la calcemia


(Fig. 4), attivando il sistema adenilatociclasi-AMP
Le paratiroidi producono il paratorm on e (PTH) ciclico nelle cellule dei suoi maggiori organi bersa­
che è il principale tra i fattori che regolano il meta­ glio: il rene ed il tessuto osseo. L'azione sull'intesti­
bolismo del calcio. Oltre al PTH, al mantenimento no è indiretta e viene svolta mediante il controllo
dell'omeostasi del bilancio calcio-fosforo, parteci­ della sintesi renale del metabolita attivo della vita­
pano attivamente anche la calcitonina e la vitamina mina D, 1,25 diidrossi-cole-calciferolo (1,25-
D nella sua forma attiva - l,25(OH)2 D3 - denomi­ DHCC). Sul tessuto osseo, oltre al riassorbimento
nata calcitriolo. Il paratormone, codificato da un del calcio, il PTH produce aumento numerico degli
gene posto sul braccio corto del cromosoma 11 osteoblasti, che esprimono recettori specifici per il
(llp l5 ), è un polipeptide del peso molecolare di PTH, assieme alla loro attivazione, a sua volta
8.500, con un'emivita di 20 minuti; è formato da 84 responsabile della proliferazione e differenziazione
aminoacidi essendo l'attività biologica svolta dai 16 osteoclastica di cellule derivanti da precursori plu-
aminoacidi posti all'estremità carbossilica della ripotenti del midollo osseo, evento quest'ultimo
catena. Di questi aminoacidi soltanto alcuni sem­ direttamente implicato nell'osteolisi lacunare. Gli
748 & Paratiroidi
1,25 DHCC. La somministrazione di vitamina D o
meglio dell'ormone derivato, il 1,25 DHCC, deter­
mina:
1. aumento dell'assorbimento enterico di calcio;
2. aumento della filtrazione glomerulare del fosfo­
ro e quindi della sua escrezione con le urine.
La vitamina D proveniente dall'apporto dieteti­
co subisce un duplice processo di idrossilazione:
dapprima nel tessuto epatico che opera la sua tra­
sformazione in 25-idrossi-colecalciferolo (25-HCC)
e successivamente nel rene dove l'epitelio tubulare
provvede all'ulteriore trasformazione in 1,25-dii-
drossicolecalciferolo (1,25-DHCC); solo la seconda
idrossilazione, operata da enzimi mitocondriali,
conferisce prop rietà orm on ali al prodotto termina­
le che è paratormone-dipendente. L'ormone 1,25-
DHCC, nel nucleo delle cellule della mucosa inte­
stinale, dà inizio alla trasformazione del mRNA
responsabile della sintesi della proteina calciofissa-
trice grazie alla presenza della quale può avvenire
il trasporto degli ioni Ca++ dal lume dell'intestino
al sangue. La calcitonina, secreta dalle cellule C
della tiroide, è l'ormone più direttamente attivo nel
mantenere un'appropriata omeostasi calcemica
con azione complementare a quella del paratormo-
ne (Copp, 1969). Quest'ultimo infine induce iper­
calcemia soprattutto mobilizzando ioni Ca++ dal
Fig.4 - Modalità del controllo della calcemia. tessuto osseo. La calcitonina invece sì contrappone
all'ipercalcemia (effetto ipocalcemizzante) iniben­
do la liberazione di ioni Ca++ dalle ossa.
osteoclasti, al contrario degli osteociti, non posseg­ Un peptide strettamente legato al PTH è il p ep ­
gono recettori per il PTH. I trattamenti prolungati tide co rrela to a l PTH - PTH related P eptide
con PTH, così come la sua iperproduzione da parte (.PTHrP) - , che viene sintetizzato in tessuti norma­
di iperplasie e neoplasie paratiroidee, producono li, ma soprattutto dalle cellule del ca. paratiroideo
anche cospicui rimaneggiamenti del tessuto osseo ed anche da cellule di altre neoplasie. Il recettore
correlati all'entità dell'attivazione osteoblastica- per il PTH è una G -proteina che, legando il PTH, a
osteoclastica cui consegue immissione in circolo di sua volta, attiva una proteina G stìmolatrice (sti-
ioni Ca++ ed ipercalcemia. L'insieme di questi m ulatory G protein - Gs) la quale è appunto il fat­
eventi, attivazione degli osteoblasti, formazione di tore di stimolo-attivazione degli osteoblasti e della
osteoide e quindi tessuto osseo, così come le rispo­ differenziazione osteoclastica da essi indotta (Fìg.
ste dell'epitelio tubulare e quelle dell'intestino, 5) e, quindi, dell'effetto terminale di attivazione del
richiede l'interazione del PTH con la vitamina D. sistema adenilato-ciclasi-AMP-ciclico. I rapporti
Sull'osso, oltre al riassorbimento di calcio,, il para- del PTHrP con il PTH sono tanto strutturali che di
tormone induce iperplasia delle cellule del tessuto evoluzione della sintesi nel corso dell'evoluzione
osseo (osteoblasti) con segni morfocitochimici di stessa. Il complesso derivato dall'insieme di questi
attivazione funzionale ed equivalenti microscopici legamì stimola tanto le cellule dell'osso, gli osteo­
di osteopoiesi; ma anche gli eventi già richiamati di blasti, che quelle renali per il riassorbimento del
differenziazione osteoclastica indotta dagli osteo­ calcio con ipercalcemia, e per l'escrezione del
blasti e correlato riassorbimento osseo per osteo- fosforo. Va richiamato il fatto che anormalità diver­
clasia, eventi che, associati, sostengono il continuo, se dei geni per la sintesi della proteina Gs possono
normale rimaneggiamenteo del tessuto osseo che causare tanto iperstimolazione che ridotta stimola­
deve adeguare la sua architettura alle mutevoli esi­ zione recettoriale e condizionare quindi tanto
genze, statiche e dinamiche, dello scheletro. Ma, forme di iper- che di ipo-paratiroidismo. Il ruolo
l'effetto fisiologicamente più rilevante è l'omeosta- funzionale di questo peptide non è stato ancora del
si del Ca+ + mantenuta in armonia con le azioni del tutto chiarito anche se sono state già definite le sue
PTH sul tessuto osseo, sull'epitelio tubulare renale funzioni: di regolazione della crescita e differenzia­
e sull'intestino (apporto in circolo di ioni Ca++). zione cellulare e di controllo del tono vascolare, del
Azioni tutte che richiedono l'interazione del para- rilasciamento dei muscoli lisci, dei processi ripro­
tormone con l'ormone derivato dalla vitamina D, il duttivi e del metabolismo del calcio. I tumori che
Cenni di fisiopatologia ® 749

Neoplasie maligne
| Alterazioni di sviluppo
La presenza di paratiroidi sovmnnumerarie (fino a.
Metastasi Neoplasie -squamose- 5-12 paratiroidi) viene riferita ad uno sdoppiamen­
scheletriche secernenti PTH-r-P to degli abbozzi embrionari (Erdhexm, Morgan,
Zuckerkandl). La diminuzione del numero delle
1 ' 1 paratiroidi non è facilmente documentabile data
Rilascio totale Attivazione l'esistenza frequente di anomalie di sede, essendo
di citochine recettori per PTH l'agenesia delle paratiroidi superiori l'anormalità di

\ / osservazione più comune. Roessle ha descritto in


due neonati la mancanza completa di tessuto para­
tiroideo e nella letteratura vengono riferiti altri casi
Attivazióne osteoblastica analoghi: si tratta di condizione incompatibile con
la vita, esprimentesi con quadri clinici di tetania
: Differenziazione e. paratireopriva (in assenza di tale sintomatologia
proliferazione
... .
òsteoclastica non è accettabile la diagnosi di agenesia paratiroi­
dea, anche se al tavolo anatomico la ricerca del tes­
suto paratiroideo è del tutto negativa).
Nel caso della mancanza di una o più paratiroi­
Attivazione funzionale di, si osserva iperplasia compensatoria delle ghian­
degli osteoclasti
dole residue. Nella sindrome di Di George, all'aplasia
i timica si associa di regola la mancanza di una o più
Osteolisi paratiroidi.
Caratteristica delle ghiandole paratiroidi è la
1 dislocazione dalle sedi usuali. Anomalie di sede sono
Liberazione di ioni frequenti, particolarmente per le paratiroidi infe­
Ca"*"*" in circolo riori: le ghiandole ectopiche possono trovarsi al di
I ; - sotto della capsula tiroidea, in seno al parenchima
Ipercalcemia tiroideo, nel mediastino, in seno al timo, nel tessu­
to pericardico,(Askanazy, Vasall e Piana, Lechner).
Fig. 5 - Modalità della patogenesi delle ipercaicemie maligne. La conoscenza di queste anomalie ha grande
importanza in clinica perché esiste la possibilità
della trasformazione adenomatosa di una parati-
roide ectopica e solo la precisa conoscenza delle
producono elevate quantità di PTH-r-P possono sedi possibili può consentire un'utile terapia chi­
causare ipercalcemia definita, in questi casi, Iper- rurgica.
C alcem ia M aligna P ara n eo p la stica (ICMP), consi­
derata più oltre (Fig. 5). Nell'iperplasia paratiroi­
dea secondaria ad insufficienza renale cronica, le | Alterazioni circolatorie - Atrofia
cellule secernenti PTH-r-P sono facilmente identifi­
cabili con tecniche di immunocitochimica che met­ Fra i vari disturbi di circolo che possono inte­
tono in evidenza tanto le cellule principali che ressare il parenchima paratiroideo (iperemia attiva
quelle ossifile di transizione. Sussidio oggi dispo­ o passiva, anemie, ecc.) solo l'emorragia riveste
nibile per il giudizio di stato funzionale delle cellu­ qualche importanza pratica. I fenomeni emorragi­
le paratiroidee è l'indagine suWmRNA p a ra tiro i­ ci del tessuto paratiroideo si osservano quasi
deo (PTH mRNA): acido nucleico che si può inda­ esclusivamente nei neonati, in rapporto con trau­
gare, con evidenza microscopica, mediante tecni­ mi e asfissia da parto. Essi trovano giustificazione
che di ibridazione in situ. Il PTH mRNA si riscon­ nella ricca vascolarizzazione del parenchima para­
tra espresso in un numero limitato di cellule nor­ tiroideo e nella particolare fragilità delle pareti
mali, in genere raccolte in piccole aree. La sua vasali. Le emorragie possono essere di modesta
espressione e l'entità dell'e spressione stessa è entità oppure cospicue con esito in cisti emorragi­
accentuata nelle iperplasie e negli adenomi e, per che ed eventuale distruzione anche delle varie
questo, viene utilizzata per definire lo stato funzio­ paratiroidi (tetania paratireopriva di gravità varia­
nale attuale nei singoli casi. Fra le cellule funzio­ bile in rapporto diretto con la quantità di tessuto
nanti l'espressione è più marcata negli elementi il paratiroideo distrutto) (Auerbach).
cui nucleo, vescicoloso con cromatina sparsa e con Usuale è il riscontro di atrofia del parenchima
apparato nucleo-nucleolare ipertrofico, denota già ghiandolare funzionante in età avanzata (Fig. 6); il
la condizione di attivazione funzionale armonica volume dell'organo di solito è, invece, mantenuto
per impegno tanto delle funzioni nucleari che cito­ dall'aumento compensatorio del tessuto adiposo
plasmatiche. interstiziale.
750 Paratiroidi

Processi iperplastici
Le condizioni che si associano ad iperplasia
sono diverse e, considerate nelTinsieme, incidono
con una frequenza del 12-19% circa. Tuttavia l'inci­
denza reale delle vere iperplasie è molto minore
perché ì dati disponibili includono anche le varie
forme primarie e tutte le forme secondarie. Infatti
l'iperplasia delle paratiroidi può essere primitiva o
idiopatica, oppure secondaria ad alterazioni del
metabolismo del calcio.

Iperplasie primitive
Il 10-15% dei casi di iperparatiroidismo primiti­
vo è sostenuto da iperplasia. Una gran parte delle
forme primitive è causata da anormalità dei geni
coinvolti nella sintesi di recettori per il calcio ed una
parte dipende da mutazioni dei soppressori tumo­
Fig. 6 - Paratiroide di soggetto di 82 anni: atrofia parenchima- rali: infatti finora sono stati segnalati più di 250 tipi
le marcata, associata ad aumento compensatorio ai cellule adi­ di mutazioni di questi ultimi geni, in soggetti affet­
pose nello stroma. {Emat. Eos. 100X). ti da MEN-1, con perdita di alleli. L'iperplasia pri­
mitiva è in genere plurighiandolare e di entità
anche variabile nelle diverse ghiandole. Tende all'e­
voluzione dichiaratamente neoplastica, soprattutto
Processi infiammatori benigna - adenoma - , ma anche maligna. Se pur
Le flogosi paratiroidee sono eccezionali tanto che raramente, si presenta con focolai plurimi, che
in patologia viene attribuita loro scarsissima impor­ comunque vanno sempre ricercati.
tanza; quadri di ipoparatiroidismo possono insorge­ Per le varianti, connesse con la MEN-1, sono state
re per propagazione al parenchima paratiroideo di identificate anormalità genetiche del gene M ENI,
eventuali flogosi tiroidee con conseguente compro­ localizzato sul braccio lungo del cromosoma 11
missione funzionale. La tubercolosi miliare può col­ (llq l3). Il prodotto di questo gene - la menina -
pire tutte le paratiroidi e dare quadri clinici di tetania sarebbe responsabile del controllo del ricambio cel­
(Moller); sono noti anche casi di tubercolosi nodulo­ lulare anche delle paratiroidi e, se mutato, della
caseosa di una ghiandola o monolaterali con risenti­ " m alattia p ro lifera tiv a p a ra tiro id ea p rim itiv a"
menti endocrini di scarso rilievo (Camot e Delion). (MPPP) comprendente tanto l'iperplasia che le lesio­
Di più recente identificazione è la paratiroidite ni morfologicamente neoplastiche. Nella MEN 1, la
autoimmune che provoca insufficienza paratiroidea mutazione di un allele viene ereditata ed è la secon­
grave ed è ritenuta responsabile della maggior parte da mutazione, nelTaltro allele, che conduce alla
dei casi di ipoparatiroidismo idiopatico. La malattia, espansione clonale ed allo sviluppo di tumori. Per
che di solito colpisce soggetti in giovane età con netta questo fatto le forme di iperplasia insorgenti in corso
preferenza (2 :1 ) per il sesso femminile, può presen­ di MEN 1 dovrebbero essere comunque considerate,
tarsi come evento familiare a trasmissione autosomi- tutte e sempre, neoplastiche considerato anche l'an­
ca recessiva (in questo caso senza predilezione di damento, nel tempo, della proliferazione cellulare.
sesso) ed è spesso associata con adrenalite autoim­ Infatti la MPPP, nella MEN, sembra comprendere
mune (morbo di Addison), candidiasi mucocutanea una serie di eventi di progressione tumorale segnati
e, più raramente, con anemia perniciosa, tiroidite da progressivo incremento di altre alterazioni geni­
autoaggressiva, insufficienza gonadica (dà anticorpi che che, sommandosi gradualmente alla prima com­
anti-citocromo P450), diabete mellito (Irvine e Bar­ promissione, causano una evoluzione delle lesioni
nes, 1975) nel quadro della Sindrome poliendocrina proliferative, dall'iperplasia all'adenoma al carcino­
autoimmune di Tipo I (Polyendocrine Autoimmune ma (si veda anche il cap. della patologia del sistema
Syndrome o Human Autoimmune Syndrome). Nel endocrino diffuso). Indagando la clonalità nei diver­
siero di questi pazienti sono stati osservati anticorpi si quadri di patologia proliferativa paratiroidea è
specifici anti-tessuto paratiroideo circa nel 40% dei stata dimostrata la policlonalità delle forme seconda­
casi, anticorpi anti-mucosa gastrica nel 20% e anticor­ rie e la monoclonalità, invece, delle forme primitive,
pi anti-surrene nel 10% (Riizzard et al., 1966). Istolo­ incluse le forme neoplastiche riconosciute.
gicamente si osservano: grave atrofia del parenchima Nella MEN 2 circa il 90% dei casi hanno muta­
con infiltrazione plasmacellulare e linfocitaria, diffu­ zioni puntiformi del protooncogene RET (lOq 11)
sa e di grado variabile con occasionali follicoli linfati­ che codifica per un recettore del tipo tirosinchinasi,
ci provvisti eventualmente di centro germinativo mutazioni specifiche del quale, comportando una
(Irvine, 1972). sua attivazione, possono spiegare la modalità
Processi iperplastici ^ 751

dominante di trasmissione autosomica di alcune


forme ad insorgenza precoce di early neoplasia.
L'argomento è tuttora in fieri ed un suo inquadra­
mento compiuto è programma attuale.
Accanto alle iperplasie-neoplasie paratiroidee
connesse con i difetti di geni del braccio lungo del
cromosoma 11, si propongono oggi altre forme con­
nesse con difetti di geni onco-soppressori ed in parti­
colare con il gene RB, gene del cromosoma 13ql4, le
cui alterazioni sono considerate responsabili di diver­
se neoplasie, incluse quelle paratiroidee, dipendenti
da delezione allelica, associata con una mutazione
puntiforme del secondo alíele, che pare essere stata
identificata in tutti i ca. paratiroidei finora studiati
(Potts). Altre rare forme associate ad iperparatiroidi-
smo sembra possano dipendere da alterazioni di uno
o più geni del cromosoma lq. Oggi si tende a ritene­
re che almeno parte delle iperplasie primitive assie­
me ad adenomi ed a rari carcinomi possano costitui­
re un'unica entità nosologica di malattia neoplastica
progressiva genetica. Infatti iperplasie sicuramente
primitive e neoplasie paratiroidee, anche se non sem­
pre facilmente identificabili con i criteri istologici
disponibili, spesso coesistono. L'età di insorgenza è
relativamente precoce per le iperplasie, più avanzata Fig. 7 - iperplasia a cellule principali in MENI (donna di 45
negli adenomi ed ancor più nei carcinomi. Le iperpla­ anni).
sie primitive comprendono:
a) L'iperplasia a cellule principali, causa del 10-
12% degli iperparatiroidismi primitivi, fa parte no a fondersi tra loro per formare masse irrego­
lari che si prolungano anche a distanza dal
in particolare del quadro delle poliadenomatosi
corpo della ghiandola (pseudopodi): hanno
endocrine (MEN-1 o MEN-2a). Macroscopica­
colorito bruno scuro e possono contenere cavità
mente le ghiandole, di colorito giallo-brunastro,
cistiche e raccolte ematiche. Istologicamente, il
presentano aumento di volume di regola lieve­
tessuto è costituito da voluminose cellule chiare­
mente maggiore per le paratiroidi superiori, con
acquose ipertrofiche (Fig. 8a e b), distribuite uni­
peso complessivo variabile da valori di poco
formemente e disposte in cordoni talora delimi­
superiori alla norma fino a g 10 circa. Talora può
tanti cavità cistiche, con orientamento basale dei
risultare aumentata, anche in modo cospicuo,
nuclei.
una sola ghiandola. In questo caso deve essere
esclusa l'eventualità di un adenoma. Il quadro c) Gli altri citotipi, le cellule ossifile in particolare,
microscopico evidenzia un assetto per lo più sono rappresentati solo di rado.
lobulare in assenza di eventi di marginazione
stromale o di netta demarcazione dal parenchi­ Iperplasie secondarie
ma circostante (Fig. 7). Il citotipo predominante
è rappresentato dalle cellule principali, con Insorgono per condizioni di ipocalcemia,
aspetti variabili di transizione. Non infrequente comunque evocate, ma dipendenti soprattutto da
il riscontro di nidi di cellule ossifile, mentre il insufficienza renale cronica che comporta riduzione
grasso stromale è poco rappresentato. Soprat­ del calcitriolo piasmatico, riduzione del calcio
tutto nelle forme iniziali, la strutturazione è ionizzato piasmatico e aumento del fosforo piasma­
nodular e. L'aspetto nodulare costituisce un tico. Iperplasia delle cellule paratiroidee ed iperse-
importante criterio diagnostico differenziale tra crezione di paratormone dipendono anche da
forme di iperplasia paratiroidea primitiva o carenza di vitamina D per ridotto apporto alimen­
secondaria. tare, per malassorbimento, per alterazioni del meta­
bolismo della stessa vitamina. Anche la riduzione
b) L'iperplasia a cellule chiare-acquose si riscontra importante del magnesio è causa sufficiente così
nel 3% circa degli iperparatiroidismi primitivi e come lo pseudoipoparatiroidismo. L'iperplasia
non si associa a MEN. L'ingrossamento delle riguarda in genere le diverse ghiandole e non è
paratiroidi è molto spiccato e la loro massa distinguibile dalla forma primaria con il solo sussi­
aumenta da 30 a 100 volte, con un peso comples­ dio dell'esame istologico.
sivo che può essere superiore ai 5-10 g, raggiun­ Nelle iperplasie .secondarie le paratiroidi sono
gendo anche i 60 g. Le paratiroidi talora tendo- variamente aumentate di volume, potendo rag­
752 ■ Poratiroidi

Fig.8 - Iperpiasia a cellule chiare in donna di 32 anni con quadro clinico di iperparatiroidismo primario. (Emat. Eos. a: 250 X;
b: 400 X).

giungere le dimensioni degli adenomi, pur con lar­ dì una neoplasia monoclonale, adenomi in partico­
ghe variazioni fra le singole ghiandole di un deter­ lare. D'altra parte è stata accertata l'emergenza di
minato caso. In genere l'ingrossamento è propor­ neoplasie monoclonaìi per anormalità genetiche
zionale alla gravità ed alla durata della condizione acquisite dalle cellule coinvolte nell'iperplasia.
fisiologica o patologica. L'ingrossamento delle
paratiroidi è dovuto a fenomeni sia di ipertrofia che
di iperpiasia delle cellule epiteliali. Il colorito varia
dal mogano al grigio-crema, la loro consistenza non
Sono la causa principale dei quadri anatomo-cli-
presenta caratteri particolari. Il quadro istologico è
di solito uniforme nel singolo caso (Fig. 9). Le cellu­ nici di iperfunzìone delle paratiroidi - iperparati­
le adipose dello stroma sono scarsamente rappre­ roidismo - e rappresentano anche la patologia più
sentate, mentre la struttura è fatta di cellule princi­ comune di queste ghiandole.
pali di dimensioni normali, od anche aumentate,
disposte in cordoni talvolta anche molto volumino­ Adenoma
si. Gli stati di attivazione funzionale comportano
E, per definizione, proliferazione neoplastica
spiccata vasodilatazione con marcato assottiglia­
benigna coinvolgente una o, raramente, più ghian­
mento della parete dei capillari. Spesso le cellule
dole paratiroidi, ma per la quale non sono stati
ghiandolari si vedono disposte in forma di corona o
ancora stabiliti criteri anatomopatologici diagno­
rosette attorno ai capillari dilatati; in alcuni casi si
realizzano aspetti morfologici di tipo labirintico. stici definitivi. Lo sviluppo di queste neoplasie, sia
nelle forme familiari che nelle più frequenti forme
sporadiche, è legato ad anormalità genetiche, più
Iperpiosie terziarie spesso localizzate sul cromosoma 11. Sono anorma­
Sono proprie dell'iperparatiroidismo terziario, lità genetiche che possono comportare: a) iperatti-
fanno seguito all'iperparatiroidismo secondario e vità di protooncogeni oppure b) perdita di funzio­
dipendono dal fatto che la condizione di attivazio­ ne di geni onco-soppressori. La prima anormalità
ne funzionale, e quindi l'iperplasia cellulare, persi­ (mutazione attivante) comporta proliferazione
stono, autonome, anche dopo la rimozione delle in co n tro lla ta ed attivazione funzionale delle cellu­
condizioni causali. La condizione viene collegata le paratiroidee; la seconda causa invece la perdita
con l'insorgenza di proliferazioni autonome che, del controllo operato dal gene soppressore, ma
almeno in casi studiati, dipendono da perdita di quando la mutazione riguardi entrambi gli alleli.
alleli sul cromosoma 11 con secondaria emergenza La già citata alterazione caratteristica delle MEN-1,
Processi neopiostici « 753

Fig. 9 - iperplasia lobulare cospicua a cellule principali in soggetto deceduto per insufficienza renale cronica ed iperparatiroidi-
smo secondano non compensato. (Emat. Eos. a: 80 X; b: 250 X).

sul cromosoma 11 (llq l3 ), sembra responsabile di oltre 50 g (Castleman), di 120 g (Sharpe) e persi­
anche di almeno il 20% delle forme sporadiche. In no delle dimensioni di una testa di neonato. Sono di
queste ultime sembra rivestire un ruolo importan­ solito unici (128 sui 140 raccolti da Castleman e
te anche il gene PRAD-1 che è il risultato di una Mallory) e colpiscono prevalentemente le paratiroi­
inversione pericentromerica del cromosoma 11 che di caudali. La diagnosi di adenoma paratiroideo
comporta il coinvolgimento del gene della ciclina andrebbe sempre confermata esaminando, istologi­
D i e del gene regolatore del PTH (llp lS ). Una camente, un'altra ghiandola che deve risultare nor­
mutazione con analogo significato, che comporta male o ipotrofica. E da rilevare che l'incidenza degli
ridotto controllo della regolazione del ciclo cellula­ adenomi è singolarmente più elevata nelle ghian­
re con conseguente aumento dell'attività prolifera- dole aberranti o in quelle soprannumerarie: 10 ade­
tiva, è legata alla traslocazione tll:1 4 (ql3; q32) nei nomi in paratiroidi mediastiniche sui 61 casi di
linfomi mantellari. Un gene mappato sul cromoso­ Kleinfeld; 30 adenomi ectopici sui 281 raccolti da
ma lp , con funzioni di antioncogene, sembra esse­ Norris. Solamente in una percentuale assai piccola
re coinvolto in circa il 40% degli adenomi paratiroi­ di casi (5-10% al più) è stato possibile localizzare il
dei sporadici mentre un ulteriore gene locato sul tumore prima deH'intervento. Il sesso femminile
cromosoma X p ll in pazienti con iperparatiroidi- appare più colpito, con un rapporto di 1,5-3:1
smo secondario ad insufficienza renale, nei quali si rispetto ai soggetti maschi. L'età d'elezione è com ­
sia verificata progressione alTiperparatiroidismo presa fra la 3a e la 7a decade, con massimo fra i 40
terziario, può provocare anche progressione della e i 50 anni. Nelle forme familiari, nelle quali è asso­
proliferazione monoclonale oltre l'iniziale iperpla­ ciato con altre neoplasie endocrine nel quadro delle
sia. poliadenomatosi endocrine tipo I e Ila, l'insorgenza è
Il tumore, istologicamente benigno, è spesso più precoce.
funzionante con quadri anatomoclinici di iperpara- L'adenoma paratiroideo ha una capsula connet-
tiroidismo, molto gravi se la neoplasia è volumino­ tivale che io delimita da un sottile anello di tessuto
sa. Gli adenomi paratiroidei possono raggiungere paratiroideo normale, compresso; quest'ultimo, da
infatti dimensioni anche considerevoli: il peso com­ ricercare sempre con attenzione particolare, può
plessivo delle paratiroidi è compreso fra 120 e 140 anche mancare o non essere compreso nel piano
mg, mentre gli adenomi possono raggiungere pesi della sezione. Elemento, indicativo della natura
754 Paratiroidi
adenomatosa di un ingrossamento di una ghiando­ genere assai più intenso di quello della ghiandola
la paratiroidea (Fig. IOa e b), oltre alla sua netta normale. Negli adenomi di maggiori dimensioni si
demarcazione rispetto al parenchima circostante, è mettono in evidenza anche piccole cavità cistiche
la mancanza di una organizzazione lobulare, carat­ corrispondenti ad aree di degenerazione a contenu­
tere morfologico tipico del tessuto paratiroideo nor­ to chiaro o incolore. Per l'aspetto morfologico istolo­
male o iperplastico. (Ghandur-Mnaymnehl e Kimu- gico von Albertini distingueva: I) Yadenoma midollare
ra, 1984). Il tumore di solito è di colorito bruno in solido, con struttura endocrina (Fig. 11); II) V.adenoma

T ÌE E E E IW E E \f i l m

Fig. 10 - a) Voluminoso adenoma paratiroideo in soggetto di


41 anni deceduto per sindrome da iperparatiroidismo - diagno­
si autoptica a destra paratiroide normale prelevata da altro
caso, b) L'adenoma è delimitato da una sottile capsula fibrosa.
Il tessuto adiacente è atrofico per soppressione funzionale.

Fig. l ì -a ) Adenoma a struttura endocrina, solida, in donna di 46 anni con quadro clinico di iperparatiroidismo primario. (Emat.
Eos. 80X). b) Particolare dello stesso caso: dai caratteri morfologici strutturali dei nuclei che sono piccoli, monomorfi, rotondeg­
gianti, con cromatina densa ed apparati nucleari inapparenti, si può desumere che l'attività funzionale delle cellule tumorali è
modesta. (Emat. Eos. 400 X).
Processi neoplastici ® 755

trabecolare con organizzazione in trabecole o cordoni


solidi (Fig. 12) costituiti da cellule più grandi della
norma, trama capillare ben evidente, essendo i
capillari ben dilatati e con parete molto esile, tali da
simulare una struttura sinusoidale e con citotipo più
frequente a cellule principali (Fig. 13) (citoplasma
chiaro, forma rotondeggiante o poliedrica, nucleo
spesso vescicoloso, ma anche compatto, per lo più
sferoidale, ma anche di conformazione e volume
variabili); III) l’adenoma microfollicolare, di riscontro
eccezionale, che presenta strette analogie strutturali
con l'analogo adenoma della tiroide (Fig. 14), analo­
gie tali da rendere talora problematica la diagnosi
differenziale, soprattutto in sede peroperatoria ed in
assenza del supporto delle indagini immunocitochi-
miche e dì biologia molecolare. Di solito alle cellule
principali sono frammiste, in assai varie proporzio­
ni, isole di grosse cellule chiare-acquose o di cellule
ossifile. In questi adenomi i nuclei sono in genere di
dimensioni superiori alla norma. Frequente il
riscontro di nuclei giganti e non rare le cellule pluri-
nucleate. La variabilità morfologica nucleare pertan­
to è un elemento caratteristico dell'adenoma. Facile
anche il riscontro di nuclei in picnosi che possono
simulare figure di mitosi picnotiche. Le vere mitosi Fig. 13 - Adenoma a cellule principali: evidenti atipie nucleari
sono invece assai rare. (Emat. Eos. 400 X}.

Fig. 12 - Adenoma a struttura trabecolare in donna di 52 anni Fig. 14 - Adenoma microfollicolare in donna di 32 anni con
con iperparaiiroidismo secondario ad insufficienza renale cro­ quadro clinico di iperparaKroidismo primitivo: evidente ('orga­
nica: spicca la ricca vascolarizzazione capillare ed il relativo nizzazione strutturale microfollicolare, il polimorfismo dei
polimorfismo dimensionale dei nuclei per io più dotati di cro­ nuclei vescicolosi ed i rari eventi di picnosi; i citoplasmi sono
matina granulare. (Emat. Eos. 250 X). chiari o vuoti. (Emat. Eos. 250 X).
756 &ì Parotiroidi
Criterio molto seguito nella pratica clinica è che grado di attivazione funzionale può essere colta
r a denoma paratiroideo coinvolge, di norma, una anche dai caratteri della morfologia nucleare e cro-
sola ghiandola. Gli adenomi multipli delle parati- matinica in particolare, nonché dalla morfologia
roidi sono molto rari (così come l'iperplasia primi­ dell'apparato nucleolare - ipertrofico nell'iperfun-
tiva a cellule principali). Frequente rincidenza zione - e dalla percentuale di cellule neoplastiche
familiare in associazione con altre neoplasie endo­ che esprimono PTH m-RNA. Infine il grado di ati­
crine nel quadro delle poliadenomatosi endocrine tipo pia cellulare, l'entità della proliferazione in atto,
I e Ila. Una forma particolare di adenoma paratiroi­ definita con i criteri oggettivi oggi disponibili, e l'e­
deo raro è il lipoadenoma, o amartoma, talora funzio­ spressione nucleare delle proteine del gene del reti-,
nante, composto da lobuli di tessuto adiposo che noblastoma (RB), assente nelle cellule maligne,
separano cordoni di cellule principali (Weiland et sono tutti parametri da esplorare per stabilire il
al., 1978) (Fig. 15). rischio di eventuale malignità.
L'indagine istologica ed istochimica delle masse
paratiroidee ha rilievo significativo o essenziale per Coreinomo.
definire:
La diagnosi di carcinoma delle paratiroidi sof­
a) la composizione cellulare prevalente della neo­ fre dei limiti, già richiamati a proposito dell'ade-
plasia osservata; noma: i criteri istopatologici oggi disponibili non
b) l'attività funzionale reale delle cellule neoplasti­ consentono una separazione valida delle due
che - produzione di paratormone (PTH) - e lesioni e quindi una prognosi fondata su criteri
caratteri immunocitochimici; oggettivi certi, essendo ancora unico criterio mor­
fologico inequivocabile, per la diagnosi di cancro, '
c) l'entità attuale del grado di attivazione funzionale; il riscontro delle metastasi (evento peraltro infre-.
d) 1'attività proliferativa e l'eventuale associazione quente in assoluto e nelle lesioni maligne iniziali
di atipie citologiche (adenoma atipico). in particolare). Nell'esperienza di Sandelin et al.
(1994) circa il 50% dei casi in cui era stata posta
Per l'accertamento della attività funzionale, la diagnosi di lesione benigna (adenoma), fondata
produzione di PTH viene oggi documentata in tanto su criteri clinici che istopatologici, sono
modo oggettivo con l'identificazione del PTH risultati essere alla fine lesioni maligne già meta-
m-RNA mediante ibridazione in si tu. L'entità del statizzate. I carcinomi paratiroidei sono comunque
rari non superando il 3-5% di tutti i tumori parati­
roidei (Black ed Ackermann, Norris) e riscontrabi­
li in circa lo 0,5 - 1 % dei pazienti con quadro clini-
co di iperparatiroidismo.
Recentemente, in una percentuale piuttosto
elevata di carcinom i sporadici delle paratiroidi
sono state individuate mutazioni a carico del gene
oncosoppressore HRPT2 localizzato sul cromosoma
lq25-32, gene per altro responsabile della sindrome
familiare HPT-JT "Iperparatiroidismo e Tumore
della Mascella" a trasmissione autosomica domi­
nante (Shattuk et al., 2003).
Altre mutazioni geniche sul cromosoma 1 sem­
brano collegabili con i ca. paratiroidei ad es. della
sindrome dellTperparatìrodismo Primario Familia­
re Isolato - PFI-PTH.
I carcinomi differiscono dagli adenomi anche, o
in particolare, per la compromissione deU'espres-
sione - ridotta o assente - del gene RB sul cromoso­
ma 13ql4, fattore di inibizione del ciclo cellulare e
per la mutazione di TP53, alterazione immuno-cito-
chimicamente dimostrabile.
Fattori causali riconosciuti sono gli eventi di
irradiazione terapeutica della regione del collo,
essendo il tempo di latenza di circa 20 anni e la fre­
quenza di circa il 5%.
Altri eventi riconosciuti sono le irradiazioni per
eventi atomici, la somministrazione terapeutica di far­
maci radioattivi, iodio in particolare, la patologia
Fig. 15 - Lipoadenoma: trabecole di cellule principali interpo­ autoimmune della tiroide, i trattamenti con tiouracile.
ste a tessuto adiposo maturo. {Emat. Eos. 150 X} I carcinomi delle paratiroidi hanno dimensioni
Processi neoplastici * 757

di solito maggiori degli adenomi e sono difficilmen­ distanza. Le recidive locali possono essere indicati­
te asportabili perché la capsula della ghiandola è ve di prognosi severa ma anche, o soprattutto, di
spesso superata ed i tessuti circostanti sono invasi asportazione incompleta della neoplasia primitiva.
dalla neoplasia. Infatti, all'asportazione chirurgica Nelle forme funzionanti la severità del quadro cli­
seguono frequentemente le recidive locali. L'accre­ nico dipende dall'entità dell'ipercalcemia. Le
scimento è di solito lento e si ha dapprima l'invasio­ forme non funzionanti si comportano invece come
ne della capsula, dei vasi linfatici e sanguigni, delle lesioni neoplastiche molto aggressive. Avendo di
linfoghiandole, mentre le metastasi a distanza com­ solito una progressione lenta, queste neoplasie
paiono tardivamente con interessamento del fega­ comportano sopravvivenze protratte con recidive
to, dei polmoni e delle ossa. Il riconoscimento isto- locali ripetute ed anche frequenti, soprattutto le
patologico di un carcinoma paratiroideo non è faci­ forme funzionanti; quelli non funzionanti invece,
le, non essendo sufficiente, secondo von Albertini,- essendo diagnosticati in fase avanzata, comporta­
il reperto dell'infiltrazione neoplastica della capsu­ no sempre prognosi molto sfavorevole. La soprav­
la o la penetrazione di cellule neoplastiche nei vasi vivenza a 5 anni varia dal 30 al 70%.
sanguigni. Viene infatti considerato segno di inva­
Oltre agli adenomi ed ai carcinomi Pepere ha
sione vascolare certa la presenza di cellule neopla­
descritto angiomi cavernosi, fibromi e miomi delle
stiche in forma di agglomerati aderenti e infiltranti
paratiroidi, ed Anzilotti cisti parabranchiali. I
la parete vascolare. L'invasione vascolare è riscon­
tumori metastatici sono rari (Dietrich, Erdheim,
trabile nel 10-15% dei casi di carcinoma accertato.
Thompson).
La diagnosi sicura può essere posta anche in pre­
senza di invasione certa dei tessuti extraparatiroi-
dei. La struttura microscopica è, come nell'adeno­
ma, assai variabile con una maggiore frequenza di
| Quadri anafomociinici
aspetti trabecolari o anche periteliomatosi, per di patologia delle paratiroidi
disposizione pericapillare delle cellule epiteliali in
Ipoparatiroidismi
forma di rosette. Vengono oggi suggeriti, quali cri­
teri diagnostici differenziali complementari, rispet­ L'inquadramento nosografico di questa patologia
to agli adenomi: la definizione oggettiva e quantita­ presenta difficoltà di qualche rilievo perché non esi­
tiva dell'attività proliferativa valutata con marcato­ ste una corrispondenza costante fra clinica e anato­
ri del ciclo cellulare come l'anticorpo Ki 67 (con mia patologica: il quadro anatomoclinico dell'ipopa-
valori medi di 60.5 nei carcinomi, rispetto a 32.8 ratiroidismo è costituito essenzialmente dalla sinto­
negli adenomi); la valutazione quantitativa del con­ matologia tetaniforme per eventi anatomopatologici
tenuto nucleare di DNA (più elevato nei carcinomi responsabili di insufficienza o abolizione della secre­
essendo il grado di aneuploidia correlato con il zione di paratormone. Esistono tuttavia anche condi­
grado di aggressività della neoplasia maligna inda­ zioni, ben note, di insufficienza relativa ad un
gata); la valutazione quantitativa degli Ag-NORs aumento cospicuo di richieste delle prestazioni fun­
(Nucìeolar Organizer Regions) che risultano molto zionali delle paratiroidi (ad es. per consumo periferi­
aumentati nei carcinomi rispetto alle lesioni beni­ co inemendabile di paratormone) nelle quali il qua­
gne; l'espressione nucleare della proteina del reti- dro morfofunzionale paratiroideo può avere caratte­
noblastoma (Rb) già considerata, assente nei nuclei ri di iperplasia con segni clinici di deficit funzionale.
dei carcinomi per l'inattivazione di entrambi gli Gli ipoparatiroidismi conseguono a lesioni pri­
alleli; la compromissione dell'espressione della p53. mitive delle paratiroidi, riassunte nella tabella 1, che
Il carcinoma paratiroideo si riscontra di solitosiano in grado di compromettere la secrezione di
in soggetti di età superiore (di circa 10 anni) rispet­ paratormone, alle quali fanno seguito alterazioni
to all'età in cui incidono gli adenomi (30 - 60 anni), importanti del metabolismo del Ca e del fosforo. La
essendo pressocché uguale la frequenza nei due riduzione o l'abolizione della funzione paratiroidea
sessi. Evoca quadri clinici di iperparatiroidismo, in comporta ipocalcemia ed iperfosforemia: ne conse­
genere severi, con ipercalcemia molto più pronun­ gue un aumento del valore Ca+ + • PO^ " (valore
ciata di quella riscontrabile nei casi di iperparati­ normale 40), con diminuzione di riassorbimento
roidismo dipendente da adenoma. Il riscontro, in osseo ed eventuale precipitazione di fosfato di calcio
sede clinica, di masse del collo palpabili non è nei tessuti. L'ipocalcemia, soprattutto quando si
infrequente (30-50% dei casi con ca. accertato). In verifica in tempi brevi, determina anche un aumen­
sostanza i criteri essenziali anatomopatologici per to della eccitabilità neuromuscolare con eventuale
la diagnosi di carcinoma paratiroideo sono le meta­ tetania. Il quadro clinico è complesso per associazio­
stasi, l'invasione vascolare, perineurale, della cap­ ne agli spasmi muscolari di manifestazioni sintoma-
sula e dei tessuti circostanti. Nei casi dubbi per tologiche singolari come stridore da spasmo larin­
riscontri equivoci potrebbe essere consigliabile una geo, convulsioni, parestesie, irritabilità, depressio­
diagnosi di adenoma atipico. Il decorso è di solito ne, quadri di psicosi, sindromi extrapiramidali cau­
indolente e caratterizzato spesso da recidive locali, sate da calcificazione dei nuclei della base e da
anche ripetute, e da diffusione metastatica a aumento della pressione endocranica con edema
758 ^ Paratiroidi
ratorio che fa seguito ad interventi chirurgici di
Cause di ipoparatìroidismo
tiroidectomia totale. Quadro clinico che non
sembra dipendere, del tutto, dall'asportazione
Quadri delle paratiroidi dal momento che può essere
Cause deii'ipofunzione
clinico-patologici sufficiente, per la comparsa della sintomatologia
tetanica, l'ablazione di una o due ghiandole,
Idiopatiche: mentre sul piano sperimentale la paratiroidecto-
- Agenesia delie paratiroidi con mia parziale non si accompagna a sensibili
associati difetti congeniti di timo, modificazioni del metabolismo del calcio. Quin­
tiroide, altro di, la tetania che insorge dopo gli interventi di
- Sindrome di Di George e patologie tiroidectomia dipende o da lesioni traumatiche
Forme primitive endocrine genetiche complesse o da legatura dei vasi arteriosi dai quali deriva­
- Sindromi con deficit endocrini no i rami per la nutrizione delle diverse parati­
multipli autoimmuni e infezioni roidi (Businco, Giunti). La sintomatologia può
associate (candidiasi, moniliasi} iniziare "già poche ore dopo l'intervento chirur­
- Anormalità di geni per i recettori gico ma generalmente si rende manifesta solo
PTH verso il terzo giorno con ipocalcemia, iperfosfo-
remia, aumento dell'eccitabilità neuromuscolare
ed eventualmente tetania;
iatrogeniche:
- Rimozione chirurgica non terapeutica • form e precoci che insorgono nei neonati prima
delle paratiroidi del 6° mese: sono quadri genetici spesso legati al
- Terapie radianti o con radioiodio sesso ma anche dipendenti da alterazioni gene­
Forme secondarie
applicate nella regione del collo tiche autosomiche recessive;
acquisite - Emosiderosi da trasfusioni ® form e croniche che insorgono quando il danno
anatomico paratiroideo sia irreparabile e la perdi- .
Flogistiche:
ta di parenchima paratiroideo superiore al 70%;
- Processi infiammatori, in genere
della tiroide • form e da agenesia oppure da incompleto svilup­
- Patologia autoimmune acquisita po degli archi branchiali e da corrispondente
aplasia o ipoplasia del timo e delle paratiroidi,
Insensibilità dei bersagli cellulari spe­ da difetti cardiaci e da malformazioni facciali;
Pseudo-ipo- cifici al PTH per anormalità dei geni • foìvne secondarie che dipendono da eventi di
paratìroidismo che governano la sintesi della protei­ sostituzione del parenchima (metastasi, amiloi-
na Gs dosi, emocromatosi, flogosì croniche diffuse);
• fo n n e id iop atich e, legate a flogosi autoimmune,,
generalmente nel quadro della sindrome autoim­
papillare. Nell'adulto il quadro anatomoclinico è mune plurighiandolare tipo I (poliendocrinopatia
poco appariscente e solamente nei bambini possono autoimmune - candidiasi - distrofìa ectodermi-
insorgere quadri di tipo tetanico. Le forme croniche ca), associata a morbo di Addison, tiroidite cro­
comportano complessi sintomatologici peculiari nica, anemia perniciosa ed altri quadri di patolo­
come sono le lesioni distrofiche della cute e degli
gia autoimmune (si veda capitolo);
annessi (lesioni cutanee di tipo eczematoso, perdita
dei peli, screpolature delle unghie); nei bambini © form e d a agen esia delle paratiroidi come nella
alterazioni delTodontogenesi (aplasia ed ipoplasia). sindrome di Di George e nella sindrome velo-cardio-
Lesioni dentarie si riscontrano anche negli adulti facciale ad essa strettamente correlata; entrambe
soprattutto per fatti di deficit dello smalto. Possibile sono dipendenti da alterazioni genetiche in 22p;
è la formazione di cataratta, nonché di addensamen­
® fo rm e genetiche di riscontro eccezionale e carat­
to diffuso da ipercalcifìcazione dello scheletro con
terizzate da eccesso o deficit di paratormone per
riduzione delle cavità midollari associata anche a
difetti ereditari del recettore di tipo I del PTH:
compromissione anatomica e funzionale del midol­
comportano compromissione della crescita del
lo osseo. Talora si manifesta con quadri clinici acuti
sistema scheletrico come la condrodistrofia di
transitori oltre che con le espressioni, richiamate, di
Jansen autosomica dominante (ipercalcemia e
malattia cronica di importante rilievo clinico.
ipoparatìroidismo per mutazione attivante, con
Si distinguono diverse forme cliniche:
proliferazione e ritardo maturativo condrocita-
• form e transitorie per lo più dovute ad interven­ rio e conseguente indebolimento dei piatti ossei)
ti chirurgici su organi della regione del collo, e la condrodistrofia di Blomstrand (mutazione
tiroide in particolare. Infatti la causa più fre­ inattivante, a trasmissione autosomica recessiva,
quente e meglio nota di insufficienza paratiroi­ letale, che comporta ipoplasia condrocitaria e
dea è rappresenta dall'ipoparatìroidismo post-ope­ accelerata calcificazione);
Quadri anatomodinici di patologia delle paratiroidi y' 759

@ form e fa m ilia r i da difetti molecolari dell'ormo- © Forme di tipo 1


ne per mutazioni del gene del PTH. La sindrome Caratterizzate da anomalie congenite multiple,
vpocalcemia-ipercalciuna, autosomica dominante, quali bassa statura o addirittura nanismo, bra-
è dovuta a mutazioni che inducono eccessiva chidattilia per accorciamento delle ossa metacar­
sensibilità dei recettori per il calcio nel rene e pali (soprattutto del 4° e del 5°) e metatarsali,
nelle paratiroidi, con conseguente inibizione per precoce chiusura oppure per assenza delle
della secrezione di paratormone; epifisi distali - complesso questo noto come
osteodistrofia ereditaria di Albright - obesità, parti­
® forn ie iatrogeniche, molto rare come l'ipoparati-
colarmente del volto (viso rotondo), deficit men­
roidismo da trattamento radiante (per sommini­
tale di vario grado. Di questa variante vengono
strazione di raggi X o secondario a trattamenti
descritti due quadri distinti:
con radioiodio in malattie della tiroide o altre
strutture della regione del collo); P seu doipoparatiroidism o di tipo l a . Dipenden­
te dalle mutazioni inattivanti la subunità alfa
® ip o p a r a tir o id is m o tra u m atico , pure raro,
della proteina G sa ora richiamate; il quadro cli­
riscontrato soprattutto nei neonati in rapporto a
nico, oltre alla resistenza ai paratormone, può
traumi da parto per l'applicazione del forcipe
comportare anche resistenza delle cellule tiroi­
responsabile di emorragie paratiroidee.
dee al TSH e delle gonadi a FSH-LH. In questa
forma, nella quale la tetania è più rara e meno
PseudoÌpopa rati roidismo grave, è invece frequente il riscontro di calcifica­
zioni nei tessuti molli (sottocutaneo, cervello).
Comprende quadri clinici dipendenti da insen­ P seu doipoparatiroidism o di tipo lb . I soggetti
sibilità recettoriale (per il recettore del PTH di tipo affetti hanno aspetto normale ed il complesso
I), con ipocalcemia ed elevati livelli sierici di para­ sintomatologico concerne solo la resistenza dei
tormone. Il PTH nella norma esplica la sua azione bersagli tessutali al PTH, per le mutazioni recet-
sui bersagli specifici - cellule deirepitelio renale e toriali descritte.
osteoblasti del tessuto osseo - con la mediazione
della proteina G stimolatoria - Gsa - , essendo • Forme di tipo 2
GNAS1 il gene specifico per la sintesi della proteina Pare che la patogenesi sia autoimmune per anti­
G e della G sa in particolare. Questa proteina viene corpi anti-membrane delle cellule tubulari rena­
espressa solo dai due alleli del cromosoma che li ed è possibile l'associazione con la sindrome
viene ereditato dalla madre facendo tacere l'im­ di Sjògren.
printing del gene paterno. Così una mutazione che • Pseudo-pseudoipoparatiroidismo
riguardi un allele materno comporta la mancata Rarissimo, ereditario, si verifica nelle famiglie
espressione della proteina Gsa, mentre mutazioni con pseudoipoparatiroidismo di tipo la e differi­
deìTallele paterno, di norma inespresso, non com­ sce dallo pseudoipoparatiroidismo per l'assenza
portano alterazioni di espressione di Gsa e quindi di anomalie del metabolismo del calcio e del
delle risposte dell'epitelio renale al PTH. Mutazioni fosforo pur avendo alterazioni somatiche
di entrambi gli alleli patemi causano invece una sovrapponibili - osteodistrofia di Albright -
riduzione di sintesi di Gsa pari al 50%, dato che combinate con mutazioni inattivanti del gene
GNAS1 viene espresso da entrambe le copie del GNAS1. Questa condizione rappresenta un
gene. La mancata sintesi di Gsa compromette, in esempio tipico di alterazione epigenetica dovuta
tutto od in parte, la funzione di stimolo del PTH su alla perdita di "imprinting", cioè alla inattivazione
osteoblasti ed epitelio renale. La mancata funzione di geni attivi o alla attivazione di geni silenti.
recettoriale, che ne consegue, comporta segni quin­ Infatti i. soggetti con resistenza al PTH presenta­
di di ipoparatiroidismo: in particolare un quadro no perdita di metilazione nell'esone 1A, bialleli-
clinico analogo a quello delTipoparatiroidismo, ca o dell'allele di provenienza materna. Quando
appunto uno pseu d o-ipo-paratiroidism o con para- invece l'apio tipo mutato di GNAS1 è trasmesso
tiroidi normalmente secernenti o ipersecernenti il dal padre, risulta normalmente metilato e non si
PTH. Va richiamato il dato di fatto che in questa hanno segni di resistenza al paratormone.
patologia si ha una compromissione analoga nelle
risposte della tiroide al TSH e delle gonadi all'FSH
Iperparatiroidismi
ed LH, tropine la cui azione viene mediata sempre
dalla proteina Gsa. Sono quadri caratterizzati da sintomi clinici
Lo pseudoipoparatiroidismo è di riscontro più riconducibili ad attivazione funzionale delle ghian­
frequente nel sesso femminile, probabilmente per dole paratiroidi. Iperfunzione che può dipendere
una maggior facilità del suo riconoscimento. (Tab. 2) da ipersecrezione autonoma e non correla­
Il quadro clinicopatologico dello pseudo-ipo-para­ tiva, connessa con neoplasie delle ghiandole parati­
tiroidismo, forma di raro riscontro e sicuramente roidi, responsabili della iperproduzione inappro­
ereditaria, si manifesta con alcune varianti che priata di paratormone: iperparatiroidism o p rim a­
sono: rio. Quando Lipersecrezione di PTH dipenda da
760 s Paratiroidi
ta, da carcinoma paratiroideo ed è dovuto alla inat­
Cause dell'iperparatiroidismo
tivazione del gene oncosoppressore HRPT2 (lq 25-
32) che codifica per una proteina, la parafibromim.
Quadri . Esistono anche forme familiari di iperparatiroi-
Cause di iperfunzione
clinico-patologici dismo non sostenute da neoplasia o iperplasia
Iperplasia delle ghiandole: 10-15% come r ipercalcemia familiare ipocalciurica (autosomi-
Iperporatiroidismo Adenomi funzionanti: 75-85% ca dominante) e l'iperparatiroidismo primitivo
primario grave neonatale (autosomico recessivo, potenzial­
Carcinomi: 1-5% mente letale), causati da mutazioni inattivanti dei
Insufficienza renale cronica recettori del calcio (G4SR o Calcium Sensing
1perpa rati roid ismo Ipocalcemia Receptor gene, codificato nel cromosoma 3); infine
secondario l'iperparatìroidismo familiare isolato.
Deficit di vitamina D L'ipersecrezione afinalistica di paratormone
Persistenza di iperporatiroidismo comporta l'insorgenza di un quadro anatomo-clini-
Iperporatiroidismo secondario e conseguente co da xpersecrezione di PTH con diminuzione del
terziario proliferazione autonoma riassorbimento tubulare del fosforo, perdita di
delle cellule paratiroidee fosforo con le urine, ipofosforemia ed ipercalcemia.
Se lo squilibrio minerale non viene compensato da
Iperporatiroidismo Ipocalcemia severa congenita un adeguato apporto minerale si produce ima
del neonato mobilizzazione dei depositi ossei con alterazioni,
soprattutto scheletriche, che sono in rapporto diret­
to con l'entità della ipersecrezione paratiroidea ine­
attivazione delle ghiandole paratiroidi e sia correla­ mendabile (Tab. 3). Le alterazioni scheletriche riguar­
ta con una condizione di ipocalcemia cronica, si dano soprattutto le ossa lunghe e piatte (più preco­
sostanzia il quadro deiriperparatiroidismo secon­ cemente interessate sono la mandibola e la mascel­
dario. Infine una produzione aumentata di PTH la) e consistono in alterazioni rarefattive ed osteoli-
può dipendere dall'autonomizzazione funzionale tiche causate da una proliferazione attiva degli
di tessuto paratiroideo che insorge a seguito del osteoblasti con formazione di noduli e masse di
trattamento, efficace, di una forma secondaria: iper- aspetto tumorale ricche di vasi sanguigni: alterazio­
paratiroidismo terziario. ni tessutali che comportano facili spandimenti
emorragici con deposizione, in seno ai nodi, di
Iperporatiroidismo primario emosiderina. Questa conferisce loro il caratteristico
colorito bruno (tumori bruni). Il sovrapporsi di feno­
È sostenuto da neoplasie e più di rado, da iper­ meni necrotici può indurre la trasformazione cistica
plasie paratiroidee funzionanti: dei nodi e realizzare il quadro clinico-morfologico
® neir80-90%dei casi da adenomi singoli; della osteo p a tia , o osteite fib ro so cis tic a (m orbo di
R ecklinghausen). A queste lesioni, che causano
® nel 4% circa da adenomi multipli delle paratiroidi; distruzioni variamente estese del tessuto osseo e
® soltanto nell' 1-5% da carcinomi; che, per essere macroscopiche, sono maggiormente
evidenti, si accompagnano: a) riassorbimento di
© neH'11% da iperplasia paratiroidea (nel 7,6% a tutte le componenti dell'osso compresa la matrice
cellule chiare acquose, nel 3,4% a cellule princi­ proteica ad opera di enzimi proteolitici elaborati
pali) (Rasmussen, 1974).
dagli osteoclasti attivati; b) sostituzione del tessuto
Uiperparatiroidismo primario può essere spora­ osseo riassorbito ad opera di osteoide neoformato,
dico o familiare, in questo caso nel contesto di qua­ in cui risultano assenti il sistema haversiano e la
dri anatomo-clinici bene definiti: struttura lamellare, assumendo invece i caratteri di
tessuto fibroso anche immaturo e metaplastico; c)
- praticamente nella totalità dei casi di MEN 1
deposizione di calcio, comunque inadeguata, nel­
(responsabile il gene oncosoppressore menina
l'osso neoformato. Generalmente è presente in que­
codificato in llq l3 );
sti casi un elevato livello sierico di fosfatasi alcalina.
- meno frequentemente nella MEN 2A (oncogene Alla fine le ossa colpite maggiormente dal processo
RET sul cromosoma 10); morboso presentano una grave compromissione
della loro conformazione (deformazioni anche mar­
- nella sindrome iperparatiroidismo-tumori delle
cate) e formazione di fratture spontanee.
ossa mascellari (Hyper-ParaThyroidism-Jaw
Tumor Syndromc, (HPT-JTS) nella quale insor­ Se il livello della calcemia sale e rimane a valori
gono fibromi ossificanti mascellari o mandibola­ molto alti si possono produrre precipitazioni di sali
ri e cisti renali. di Ca in diversi tessuti e soprattutto nella cute (in
casi estremi con formazione di corazza cutanea cal­
In quest'ultima condizione riperparatiroidismo cifica), nella tonaca media delle arterie, nel polmo­
è sostenuto, con incidenza significativamente eleva­ ne, nel miocardio e nei reni. In questi si realizza
Quadri anatomoclinici di patologia delle paratiroidi ■ 761

Iperparatiroidismo primitivo: cause e conseguenze

Cause Lesioni Segnì

Alterazioni delio scheletro

Secrezione afinalistica di PTH (adeno­ Riassorbimento osseo subperiosteo Doiori ossei


mi, carcinomi)
Ipercalcemia, ipofosforemia Osteopenia diffusa Deformazioni scheletriche
Proliferazione diffusa e nodulare delie Tumori ossei, Neoformazione vascola­
cellule dell'osso osteoclasti, osteoblasti re e fibrobiastica,. Emorragie locali -
Tumori bruni -
v'-sj H-H-'.' -H v H ; Alterazioni renali "v H i ='; : ■

Ipercalciuria Calcolosi renaie Poliuria e polidipsia
Glicoproteinuria Microiitiasi Insufficienza renale progressiva
Aumento pH urinario Nefrocaicinosi, Idronefrosi
Hi 'S Sintomi generali ; ïï-i'. .

Ipercalcemia Ridotta eccitabilità neuro-muscolare Debolezza muscolare astenia


Atrofia muscolare progressiva Apatia - letargia
Calcificazioni corneali, dei tessuti,molli Stupore, coma
e della cute - corazza caicica-

spesso una vera nefropatia per ipereliminazione di soprattutto duodenale con ipergastrinemia, e pan­
calcio con nefrolitìasi, idronefrosi, nefrocalcinosi, creatite.
con facile insufficienza renale. La nefrolitiasi è favo­ I quadri anatomoclinici di iperparatiroidìsmo indot­
rita, nella sua comparsa, da due ordini di fenomeni: ti dai tumori e dalle iperplasie funzionanti delle
1) lo spostamento del pH urinario verso l'alcalinità paratiroidi sono:
che comporta precipitazione di fosfato od ossalato a) iperparatiroidìsmo senza evidenti lesioni ossee
di calcio; 2) l'eliminazione con le urine di glicopro­ 0 renali, oltre il 50% delle osservazioni;
teine mobilizzate dalla matrice ossea proteica ad
opera degli enzimi proteolitici secreti dagli osteo- b) iperparatiroidismo con sole lesioni ossee;
clasti. Queste glicoproteine possono combinarsi con c) iperparatiroidismo con sole lesioni renali;
i sali di calcio e costituire il nucleo per la formazio­
ne di veri calcoli. La formazione di calcoli, respon­ d) iperparatiroidismo con lesioni ossee e renali.
sabili a loro volta di coliche renali, di ematuria e Nel complesso clinico classico, il morbo di Rec-
poliuria, oltre che nei bacinetti, può avvenire anche klinghausen (cfr. Cap. Ossa), si osserva di solito
nei tubuli renali (microlitiasi) portando a quadri, l'ultimo dei complessi sintomatologici richiamati.
anche molto gravi, di idronefrosi. Il danno renale è 1 quadri clinici di iperparatiroidismo primitivo
infine caratterizzato anche dalla precipitazione di vanno differenziati da altre, e più numerose, condi­
sali di calcio nell'interstizio, soprattutto nelle mem­ zioni che sono in grado di causare ipercalcemia ed
brane basali dei tubuli e nelle anse glomerulari. ipercalciuria come: la intossicazione da vitamina D;
Questa complicazione comporta considerevole per­ l'ingestione eccessiva e protratta di latte e sostanze
dita di ioni Ca+ + con le urine, e quindi ipocalcemia alcaline (milk-alkali syndrome); la sarcoidosi; l'in ­
che, non potendo essere in alcun modo corretta da sufficienza surrenalica acuta; l'ipertiroidismo;
ipersecrezione di PTH da parte del tumore parati­ malattie che comportino una consistente demolizio­
roideo funzionante, causa invece una attivazione ne di tessuto osseo come il mieloma multiplo, il
delle altre paratiroidi, attivazione comunque inade­ morbo di Paget; infine alcune condizioni di osteo­
guata a correggere l'ipocalcemia e responsabile porosi, soprattutto le situazioni acute di immobili­
invece di ulteriore notevole iperplasia tale da poter tà, in soggetti giovani, responsabili tuttavia di iper-
simulare quadri neoplastici, anche plurimi. Altri calcemie transitorie.
segni caratteristici dell'iperparatiroidismo primiti­ L'ipercalcemia maligna paraneoplastica (ICMP)
vo sono la diminuzione dell'eccitabilità neuromu­ o Humoral Hypercalcemia of Malignancy si riscon­
scolare con astenia dovuta all'ipercalcemia e la tra in soggetti portatori di neoplasie maligne di vari
cachessia legata all'aumento del catabolismo pro­ organi per secrezione da parte del tumore di pepti-
teico. Non raramente si riscontrano: ulcera peptica, di ad azione simile al paratormone (quadro para-
762 « Paratiroidi
neoplastico) oppure anche a seguito della liberazio­ plessi recettore-citochina che promuovono
ne di particolari citochine che inducono nelle meta­ appunto proliferazione e differenziazione degli
stasi scheletriche osteolisi con secondaria ipercalce- osteoclasti. In questo complesso meccanismo
mià, oppure che sintetizzano ed immettono in circo­ recettoriale può intervenire, come inibitore o
lo la PTHrP che è pure responsabile di ipercalcemia, attenuatore, la osteoprotegerina ima molecola,
sintomo che, nella patologia neoplastica, comporta definita "decoy receptor for RANKL' recettore
anche ima prognosi in genere severa. solubile per RANKL, che interponendosi fra i
L'ipercalcemia che può occorrere in rapporto recettori per RANK degli osteoblasti e la citochi­
con varie neoplasie maligne metastatizzate (ca pro­ na RANKL ne blocca l'effetto iperplasizzante gli
statico, mammario, tiroideo, polmonare, mieloma osteoclasti e quindi l'osteolisi (Fig. 16);
multiplo) sostiene la prima variante di ipercalcemia
maligna, la forma connessa con la disseminazione 2. L'ipercalcemia maligna può inoltre essere causata
metastatica, mentre il quadro connesso con l'iper- anche da neoplasie non metastatizzanti, o non
produzione di PTHrP, riscontrabile per lo più asso­ metastatizzate, allo scheletro; in particolare neopla­
ciato a tumori a cellule squamose, è responsabile di sie maligne a cellule squamose, qualora le cellule
un'altra variante di ipercalcemia maligna pure qui neoplastiche producano e immettano, nella circola­
di seguito richiamata: zione sistemica, molecole di PTHrP, il già richiama­
to fattore correlato al PTH, molto affine al PTH e
1. Vipercalcemia maligna secondaria a metastasi perciò in grado di legarsi ai recettori per il PTH e di
scheletriche è causata dalla liberazione, da parte attivare il secondo messaggero, cioè il sistema
delle cellule neoplastiche metastatizzate e delle cAMP, evocando le risposte proprie del PTH con
cellule stromali adiacenti, di citochine che, attivazione degli osteoclasti ed ipercalcemia.
legandosi a recettori degli osteoblasti, comporta­
no la loro proliferazione e la differenziazione in
Iperpetratiroidismo secondano
senso osteoclastico di cellule emopoietiche plu-
ripotenti. Infatti è stato dimostrato che ai recet­ L'ipersecrezione di paratormone, sostenuta da
tori di superficie degli osteoblasti (Receptor un'iperplasia paratiroidea diffusa, è correlata ad
Activator of Nuclear factor Kb - RANK) si lega aumento delle richieste periferiche per particolari
una citochina - il fattore ligante (RANKL) - pro­ esigenze fisiologiche o patologiche: l'attivazione fun­
dotto dalla cellule neoplastiche che, prodotto in zionale delle paratiroidi è, quindi, finalistica e non
quantità e connettendosi le singole molecole ai comporta, finché non supera i limiti delle richieste, la
recettori osteoblastici specifici RANK, fattore di comparsa di segni clinici di iperparatiroidismo. Per
differenziazione degli osteoblasti, formano com­ questo sono da distinguere le attivazioni funzionali

Proliferazione e Differenziazione
Fig. 16 - Differenziazione osteodastica mediata dagli osteoblasti: modalità di attivazione dei recettori osteoblastici.
RANK = Receptor Activator Nuclear factor Kb; RANK-L = RANK ligando, prodotto dalle cellule neoplastiche, che si lega ai recet­
tori RANK degli osteoblasti; CSE = cellula staminale emopoietica.
Quadri anatomoclinici di patologia delle parafiroidi - 76 3
paratiroidee solamente omeostatiche quali si realiz­ persecrezione di paratormone determina una
zano in molte condizioni fisiologiche, dalle condi­ diuresi fosforica con ipofosforemia, assieme a
zioni nelle quali l'attivazione funzionale paratiroi­ mobilizzazione del calcio delle ossa con osteo­
dea non riesce a riparare lo squilibrio minerale e malacia.
viene quindi progressivamente esaltata fino a cau­
c) sindrom e di Fancotti con osteomalacia: in questa
sare segni di iperparatiroidismo scompensato con
malattia l'aumento della eliminazione urinaria
complessi sintomatologici del tipo del morbo di
di acidi organici comporta un'ipercalciuria con
Recklinghausen. L'ipocalcemia cronica, qualunque
ipocalcemia ed iperparatiroidismo secondario
ne sia la causa, con il tempo, tende a generare qua­
con osteomalacia.
dri clinici di iperparatiroidismo secondario. Le
cause più importanti sono l'insufficienza renale cro­
nica, le sindromi da malassorbimento, il rachitismo Iperparatiroidismo terziario
(da deficit semplice di vitamina D o secondario a È quadro clinico che insorge in soggetti con iper­
malattie gastroenteriche e renali). Nel gruppo degli paratiroidismo secondario cronico, con iperplasia
iperparatiroidismi secondari scompensati sono paratiroidea, sostenuto da ipersecrezione di PTH
comprese quelle condizioni - osteonefropatie - nelle divenuta autonoma, quindi non più correlativa, per
quali l'iperfunzione paratiroidea non riesce a com­ emergenza dal tessuto iperplastico, di cloni cellula­
pensare lo squilibrio minerale; la persistenza di ri autonomi, con successivo sviluppo di una proli­
questa condizione patologica (ipocalcemia - iperfo- ferazione monoclonale, in genere un adenoma, con­
sforemia inemendabili) induce un progressivo nesso a perdita di alleli dal cromosomasl l . La dia­
incremento della secrezione di paratormone con gnosi può essere posta se concorrono: a) malattia
iperplasia spiccata, fino alla formazione, negli renale causante ipocalcemia ' che persista anche
eventi di progressione tumorale, di adenomi con dopo trattamento dialitico o trapianto renale; b)
segni ossei, renali e nervosi di iperparatii'èidismo. I ripristino del tasso calcemico dopo ablazione delle
quadri anatomoclinici fondamentali sono: para tiroidi. ^
a) osteite fib r o s a gen eralizzata nefrogena (rachiti­ l f ^
smo renale od osteodistrofia uremica), caratterizzata
da iperparatiroidismo secondario (Fig. 9) ad
§§ Bibliografia essenziale v
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G. Martignoni, L. Mariuzzi

B Cenni di anatomia e di istologia co; inoltre, condizionando la steroidogenesi dell'or­


ganismo materno, i surreni partecipano alla regola­
Le ghiandole surrenali, situate appunto sopra i zione degli adeguamenti dell'utero sia per lo svi­
due reni e sulla loro faccia anteriore, hanno forma luppo del feto che per gli eventi di esordio del
grossolanamente piramidale ed appiattita in senso parto. Sono tutte funzioni transitorie necessarie al
dorso-ventrale; in ogni ghiandola si distingue una feto per il passaggio alla vita extrauterina. Nell'a­
porzione mediale, la testa - che contiene la maggior dulto sano il peso complessivo delle due ghiandole
parte della midollare - , una intermedia - o corpo - è di g 7 ,9 (con un rapporto di 1 a 30 circa rispetto al
ed una laterale - la coda H peso, alquanto varia­ peso dei reni). Le dimensioni hanno valori medi di
bile con l'età e con i più diversi stati fisiopatologici, mm 25-30 di lunghezza per mm 15-20 di altezza.
alla nascita può raggiungere i 6 grammi (con un L'organo, avvolto da una capsula fibrosa, al taglio
rapporto di 1 a 4 rispetto al peso dei reni): ciò a lascia facilmente riconoscere la corticale di colorito
causa della massa della zona fetale che rappresenta giallastro o bruno, di spessore molto variabile (nor­
circa l'80% della massa surrenalica totale. La corti­ malmente da 1 a 3 mm) e di consistenza sostenuta,
cale fetale, regredendo rapidamente nel giro di e la midollare posta centralmente, di colorito bruno
poche settimane dopo la nascita, comporta una scuro, poco consistente, se non del tutto colliquata
riduzione considerevole del peso, oltre il 50% solo a distanza di ore dalla morte. L'irrorazione sangui­
nei primi 15 giorni. Le cellule della zona fetale sono gna è assicurata dall'arteria surrenalica superiore
funzionalmente molto attive per la secrezione di (ramo della diaframmatica), dall'a. surrenalica
deidroepiandrosterone e di cortisolo. Quest'ultimo media (ramo dell'aorta) e dall'a. surrenalica inferio­
steroide in particolare interviene nei processi di re (ramo della renale) (Fig. 1). NeU'insieme questi
produzione e di maturazione di enzimi attivi nei vasi arteriosi inviano in ogni ghiandola circa cin­
processi di organogenesi, del parenchima polmona­ quanta rami che formano un fitto plesso vascolare
re in particolare e nella sintesi del glicogeno epati­ subcapsulare dal quale si dipartono capillari rettili-

Fig. I - Sede e vascolarizza­


zione delle ghiandole surrenali.
(Da G. Crepaldi, A. Baritussio,
Trattato di Medicina Interna,
Piccin, 2002).
766 - Corteccia surrenale

1 2

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F ig .2 - Corteccia surrenale: a) schema che rappresenta le zone della corticale. 1: capsula; 2: zona glomerulare; 3: zona sudano-
foba; 4: zona fascicolata; 5: zona reticolata; b) distribuzione dei lipidi nelle varie zone (Sudan 111); c] aspetto istologico (Em Eos).

nei che si continuano con i sinusoidi della fascicola­ definito zona su àan ofoba per la mancanza, presso­
ta. Nella zona reticolata i sinusoidi formano un ché totale, di materiale lipidico nel citoplasma delle
plesso più fitto, tale da rallentare alquanto il flusso cellule epiteliali.
ematico che assume così caratteri analoghi a quelli La zon a fa s c ic o la ta rappresenta il 70% circa del­
della circolazione portale. 11 sangue refluo viene l'intera corteccia ed è formata da cordoni cellulari
raccolto dalla vena surrenalica che a destra si con­ rettilinei e pressoché paralleli convergenti verso la
nette con la cava inferiore ed a sinistra con la vena midollare, il cui citotipo prevalente viene definito
renale. spon giocito perché il citoplasma abbondante ha
La corteccia surrenale deriva dall'epitelio celo­ aspetto spugnoso a causa dell'estrazione del mate­
matico delle creste urogenitali, di origine mesoder- riale lipidico da parte dei solventi impiegati nell'al­
mica, e nel suo sviluppo attraversa una prima fase, lestimento dei preparati istologici. Il nucleo degli
corticale fetale, che inizialmente costituisce la mag­ spongiociti è sferico, con cromatina in forma di gra­
gior parte del tessuto surrenalico. Istologicamente, nuli e con apparato nucleolare variamente svilup­
nel surrene definitivo, si distinguono tre zone che, pato in rapporto all'attività funzionale in atto. Nella
procedendo dalla capsula verso la sostanza midol­ zona fascicolata si distinguono, inoltre, uno strato
lare, sono: zona glomerulare, zona fascicolata, zona esterno (fascicolata esterna fatta di spongiociti con
reticolata (Fig. 2). abbondante citoplasma vacuolato) corrispondente
La zona glom erulare (sottocapsulare) rappre­ circa ai 2/3 esterni, che funge da zona di riserva per
senta circa il 15% deirintera corticale ed è formata le prestazioni funzionali di emergenza (stress) ed
da agglomerati - glomeruli - cellulari rotondeg­ imo strato interno (fascicolata interna fatta di picco­
gianti od irregolarmente allungati, costituiti da cel­ li spongiociti contenenti scarso materiale lipidico).
lule con nucleo sferoidale, ricco di cromatina e All'indagine ultrastrutturale le cellule della fascico­
dotato di un apparato nucleolare di solito ben evi­ lata risultano caratterizzate da un grosso nucleo
dente e con citoplasma piuttosto scarso, acidofilo, sferico dotato di apparato nucleolare ben sviluppa­
in genere povero di gocce lipidiche. Il microscopio to e da un abbondante citoplasma particolarmente
elettronico evidenzia la presenza di reticolo-endo- ricco di reticolo endoplasmico liscio; i mitocondri
plasmico liscio ben sviluppato, di mitocondri roton­ sono rotondi con cristae tubulari ed il Golgi è di
di o allungati con cristae lamellari e di un apparato solito molto sviluppato.
di Golgi variamente sviluppato in rapporto all'enti­ La zon a reticolata è formata da cordoni cellula­
tà dell'attività funzionale in atto. Fra la zona glome­ ri anastomizzati a rete e rappresenta il 15% della
rulare e la fascicolata è interposto un sottile strato corteccia: è costituita da piccole cellule poliedriche
Cenni di fisiopatologia & 767
povere di lipidi, con nucleo ipercromico e citopla­ renalici, come tutti gli ormoni steroidi, essendo
sma eosinofilo, contenente granuli di pigmento liposolubili, diffondono liberamente attraverso la
bruno; nello strato più interno della reticolata (zona membrana cellulare legandosi, nei rispettivi tessuti
iuxtamidollare) le cellule sono più piccole e più bersaglio, a specifici recettori proteici citoplasmati­
addensate. Ultrastrutturalmente i mitocondri pre­ ci; il complesso steroide-recettore raggiunge il
sentano morfologia allungata o rotonda con cristae nucleo dove si localizza in segmenti cromatinici
tubulari. specifici inducendo derepressione o attivazione
genica con conseguente formazione di RNA che, a

¡U Cenni di fisiopotologia sua volta, controlla la sintesi di proteine dalle quali


dipendono le caratteristiche risposte metaboliche
Le cellule surrenaliche sintetizzano diversi dei tessuti bersaglio. Gli steroidi surrenalici hanno
ormoni steroidei. Finora sono stati estratti dalla diversi effetti in rapporto alla loro struttura chimica
ghiandola oltre 40 ormoni diversi, nonostante la e possono essere raggruppati in steroidi C21 o cor­
concentrazione ormonale nel parenchima ghiando­ ticosteroidi, e in steroidi C19:
lare (e quindi la possibilità di accumulo ormonale) • corticosteroidi mineraloattivi (sintetizzati nella
sia bassa. Gli esteri del colesterolo, da cui parte la zona glomerulare);
sintesi dei corticosteroidi, possono entrare nella cel­ • corticosteroidi glicoattivi (sintetizzati nella zona
lula surrenalica attraverso la membrana piasmatica fascicolata);
provenendo dal sangue (80% circa dalle LDL), • steroidi C19 o androgeni (sintetizzati dalle cellu­
oppure essere direttamente sintetizzati a partire le della zona reticolare).
dall'acetato (Fig. 3). La sintesi degli ormoni steroidi
avviene grazie all'azione catalitica di 20-22 desmo­ I co rticosteroid i m in eraloattiv i determinano
lasi, 3/J-idrossi steroido-deidrogenasi, e di enzimi riassorbimento di sodio a livello dei tubuli renali
appartenenti alla famiglia del citocromo P-450 (21- (parte distale) ed aumento dell'escrezione del
idrossilasi, 11/ì-idrossilasi, la-idrossilasi e aldoste­ potassio. Benché tutti gli ormoni della corteccia
rone sintetasi). Una volta in circolo, gli ormoni sur- surrenale agiscano sul metabolismo elettrolitico

Colesterolo
I 0 =0

17a-ldrossi- DHEA
pregnenolone /
HO

17 a - Idrossi-
progesterone
Androstenedione
CHgOH

11-Desossi-
cortisolo
Testosterone

Cortisolo

Aldosterone Fig.3 - Le varie tappe delia steroidogenesi surrenalica. {Da


G. Crepaidi, A. Baritussio, Le.)
768 : Corteccia surrenale
con effetti di diversa intensità, l'aldosterone è circa Nel sangue circolante il cortisolo è, per il 75%,
mille volte più attivo dell'idrocortisone nel pro­ legato reversibilmente con una glicoproteina pia­
durre ritenzione di sodio. La secrezione di aldoste­ smatica la transcortina, per il 15% circa è legato, più
rone è governata dal sistema renina-angiotensina e labilmente, aU'albumina, mentre la restante frazio­
quindi indipendente dall'ACTH. La funzione ne (10% circa) è libera e in grado di svolgere pronta­
della zona glomerulare, e quindi l'entità della pro­ mente effetti metabolici. Benché la transcortina pre­
duzione di aldosterone e di corticoidi mineraloat­ senti affinità anche per altri ormoni steroidi (proge­
tivi in generale, è indipendente dall'ipofisi e sem­ sterone, DOC, corticosterone) questi vengono pro­
bra guidata invece da volume, pressione e distri­ dotti in quantità trascurabili rispetto alla secrezione
buzione del plasma, dei liquidi extracellulari e del del cortisolo nei cui confronti non esercitano per­
sangue (le emorragie profuse, la diminuzione tanto effetto competitivo sulla proteina vettrice.
della pressione differenziale nella carotide comu­ Il ta sso em atico dei corticosteroidi, soprattutto
ne, l'ipovolemia, la diminuzione della natremia e dei glicocorticoidi, regola direttamente la produzio­
l'aumento della potassiemia, in quanto modifica­ ne ipofisaria di ACTH (meccanismo autostatico di con­
no la volemia, stimolano infatti la secrezione di troregolazione). Infatti l'apporto esogeno di ormoni
aldosterone). surrenalici, particolarmente di corticoidi glicoattivi,
I corticosteroidi g lico a ttiv i (11-ossisteroidi; 21-inibisce considerevolmente la funzione adrenocor-,
corticosteroidi; ormoni S) sono caratterizzati dalla ticotropa dell'adenoipofisi determinando anche,
proprietà di determinare: come l'ipofisectomia o l'insufficienza ipofisaria,
una trasformazione involutiva con atrofia ed ipofun­
@ aumento della neoglicogenesi dalle proteine e zione della zona fascicolata in particolare.
conseguente catabolismo proteico (riassorbi­ La somministrazione di glicocorticoidi di sintesi
mento della matrice proteica dal tessuto osseo molto efficaci (desametazone) può pertanto essere
con conseguente osteoporosi nelle condizioni impiegata come test per differenziare le condizioni
patologiche di ipercortisolismo); di iperfunzione corticosurrenalica sostenute da
® diminuzione della lipogenesi epatica dai carboi­ iperplasia a genesi ipofisaria da quelle dovute a
drati (aumento del metabolismo lipidico con proliferazioni autonome: tumori ed iperplasie
mobilitazione dei grassi di deposito); ACTH-indipendenti.
© diminuzione dell'ossidazione periferica dei car­
boidrati;
• riduzione dell'assorbimento renale dell'acido
urico che viene pertanto eliminato in maggior
Ü Malformazioni congenite
quantità; L'aplasia totale della corteccia surrenale, incom­
• involuzione del timo, e del tessuto linfatico in patibile con la vita (come la surrenalectomia bilate­
genere; rale), si osserva eccezionalmente e di solito in asso­
• aumento della secrezione di HC1, pepsina e trip­ ciazione con malformazioni gravi (acardia, anence-
sina; falia); l'assenza completa di una delle due ghiando­
• leucocitosi e poliglobulia con eosinopenia e lin- le surrenaliche si verifica circa nel 10% dei casi di
fopenia; agenesia renale monolaterale e si accompagna con
® aumento del flusso ematico renale; iperplasia compensatoria del surrene controlatera­
© azione anti-insulinica diretta (periferica) e indi­ le. E stata descritta una forma ereditaria familiare
retta (neoglicogenesi) con conseguente effetto dipendente da mutazione del gene POMC.
iperglicemizzante; L'ipoplasia congenita rappresenta una causa
• soppressione della sintesi e della secrezione di estremamente rara di insufficienza surrenalica. Si
ACTH e di CRH. considerano ipoplasici, i surreni il cui peso nel neo­
nato sia inferiore ad un grammo e il cui volume sia
La produzione surrenalica di ormoni glicoattivi meno di 1/12 di quello del rene. E quadro che
è infatti governata dal CRH ipotalamico e dal- costantemente accompagna l'anencefalia. Forma
l'ACTH. particolare di questa patologia congenita è la cito-
Gli steroid i androgeni ed estrogeni vengono, in megalia (con cariomegalia) che si riscontra in assen­
condizioni normali, prodotti dal surrene in quanti­ za di anomalie dell'encefalo o dellTpofisi e sembra
tà fisiologicamente non significativa, soprattutto essere familiare, e che non va confusa con la malat­
nel maschio, i cui caratteri sessuali dipendono dagli tia virale citomegalica. Si riscontra nel 3% dei neo­
androgeni gonadici. La secrezione androgena dei nati, nel 6,5% dei prematuri e nell'incompatibilità
surreni è controllata dall'ACTH. Nell'organismo Rh. I neonati colpiti, entro le prime settimane di
femminile, gli androgeni surrenalici partecipano vita, hanno segni gravi di iposurrenalismo (torpore,
alla regolazione dello sviluppo dell'apparato pilife­ inappetenza, cianosi, diarrea, vomito, astenia, iper-
ro e di quello muscolo-scheletrico. Possono anche pigmentazione cutanea). Il quadro è sostenuto da
avere una certa importanza nel favorire la crescita gigantismo delle cellule della zona fetale cui si
di alcuni tumori come il carcinoma della prostata e accompagnano gigantismo nucleare con ipercroma-
della mammella. sia per aumento del contenuto di DNA fino a 25
Malformazioni congenite ; 769

volte rispetto ai normali valori diploidi. Le anorma­ come le lesioni destruenti strutture ipotalamiche
lità strutturali dei nuclei possono indurre ad inter­ che in qualche modo compromettano produzione e
pretazioni errate di neoplasia maligna primitiva trasporto di CRH e quindi la produzione di ACTH.
(carcinoma surrenalico, in situ o invasivo). E Sono tutte patologie che inducono atrofia dei sur­
comunque un evento abnorme proprio della zona reni correlata all'entità del danno. Forma, oggi
fetale, che regredisce rapidamente come la zona importante e relativamente frequente, è l'atrofia
fetale stessa ed il cui significato, non ancora chiari­ della corteccia surrenalica connessa con terapie a
to, viene considerato, genericamente, come un fatto base di steroidi glicoattivi. L'atrofia è in questo
degenerativo. caso dovuta all'effetto negativo dei corticoidi sulla
Una forma peculiare di citomegalia surrenalica è produzione ipofisaria di ACTH per controregola­
quella della sindrome di Beckwith-Wiedemann, nella zione negativa (Fig. 11). Si conoscono anche forme
quale la citomegalia è associata a macroglossia, congenite di atrofia delle zone fascicolata e retico­
exomfalia, talora con iperplasia delle isole di Lan- lata dovute ad anomalie dei recettori surrenalici. In
gerhans, gigantismo somatico ed anche incidenza questi casi la zona glomerulare conserva struttura
significativa di neoplasie maligne. e funzioni normali. Mutazioni dei recettori per
Ipoplasia corticosurrenale familiare può dipen­ l'ACTH sono ulteriori condizioni responsabili di
dere da mutazioni del gene POMC ed essere asso­ insufficienza di glicocorticoidi per difetto genetico
ciata con l'obesità. autosomico recessivo dovuto a mutazione punti­
In ogni caso deve essere sempre considerata l'e­ forme in 5q31. Un'analoga condizione sostiene lo
ventualità delle atrofie corticosurrenali dipendenti pseudoipoaldosteronismo di tipo 1, forma autosomica
da terapie con cortisonici, soprattutto quando pro­ dominante caratterizzata da mutazione sempre
tratte. puntiforme in 4q31.1.
Eterotopie di tessuto surrenalico si possono, con Una forma particolare di atrofia surrenalica è
una certa frequenza, riscontrare: rappresentata dalla adren oleu codistrofia o m. di
Addison-Schilder, a trasmissione genetica recessiva
• in regione retroperitoneale, lungo il decorso
legata al cromosoma X, in cui il gene coinvolto
delle creste urogenitali, come piccole masse
(localizzato in Xq28) codifica per una proteina
incapsulate;
della membrana perossisomiale. La malattia, di cui
® nella corticale del rene, al disotto della capsula
sono descritte forme neonatali, infantili e dell'adul­
ed in forma di noduletti nei quali sono riscontra­
to, è caratterizzata da accumulo nella corteccia sur­
bili, istologicamente, accenni a zonazione tra
renale e nella sostanza bianca cerebrale, di acidi
glomerulare e fascicolata mentre è assente tessu­
grassi saturi a catena molto lunga per compromis­
to midollare;
sione della p-ossidazione, con conseguente pro­
• all'ilo delle gonadi, soprattutto dell'ovaio, come
gressiva comparsa di atrofia surrenalica e demieli­
minuscoli aggregati cellulari ritenuti responsa­
nizzazione. Istologicamente, le cellule della zona
bili dello sviluppo di tumori ovarici funzionanti
fascicolata appaiono rigonfie con citoplasma om o­
in senso corticosurrenalico (adrenal rest
geneo "cereo" e inclusioni lipidiche; alterazioni
tumors);
analoghe si riscontrano nella sostanza bianca cere­
• . sotto la capsula del fegato;
brale, nelle cellule di Schwartn e nelle cellule di
@ nello spazio periaortico, alle radici del mesen­
Leydig. Nelle fasi più avanzate i surreni vanno
tere;
incontro a riduzione estrema della corticale, di cui
• lungo i cordoni spermatici;
residua la granulosa, per progressiva degenerazio­
• in prossimità del ganglio celiaco, dove realizza­
ne e necrosi della fascicolata rappresentata da
no vere gh ian dole surrenali accessorie, dotate
poche cellule rigonfie; il quadro si differenzia dalla
anche di midollare.
adrenalite autoimmune per l'assenza di infiltrazio­
Sono formazioni o raggruppamenti cellulari che ne linfocitaria.
partecipano alle modificazioni funzionali del tessu­
to surrenalico per adeguamento a richieste da
omeostasi; possono essere anche sede di neoplasie | | Alterazioni circolatone
surrenaliche talora secernenti e quindi da ricercare L'emorragia delle ghiandole surrenali è evento
quando la clinica lo richieda essendo le ghiandole infrequente in genere associato con infezioni batte­
surrenali non alterate. riche o con grave compromissione della coagulazio­
ne. Si riscontra nei neonati, nell'età infantile ed
H Atrofia anche in soggetti adulti.
N ^ neonatoj jri rapporto, con l'involuzione post­
L'atrofia, responsabile di quadri clinici di insuf­ fetale della corteccia, si possono verificare emorra­
ficienza surrenalica, insorge per cause diverse. Le gie con una certa frequenza (0,5-1% dei riscontri
patologie destruenti il parenchima dell'adenoipofi- diagnostici su neonati). Le alterazioni di circolo,
si (dalla necrosi ischemica, alle neoplasie primitive quali intensa congestione o spandimenti emorragi­
non secernenti ACTH, a quelle secondarie) così ci di piccole dimensioni, sono più frequenti, mentre
> -U U"~

770 Corteccia surrenale


distruzione totale dei due surreni e conseguente
insufficienza surrenalica acuta, solitamente letale. U
tessuto ghiandolare, eventualmente residuo, appa­
re comeuna sottile striscia gialla distesa da un gros­
so coagulo posto centralmente (Fig. 4); è possibile
anche la rottura dell'emorragia nello spazio retro­
peritoneale attraverso la capsula.
/ L'emorragia diffusa bilaterale surrenalica rap­
presenta un evento complicante la sepsi meningo-
coccica e, in associazione con collasso cardiocircola­
torio e porpora disseminata, costituisce appunto la
sindrome di Waterhoiise-Friderichsen (Fig. 5).
/ Emorragie surrenaliche cospicue si possono 'avere
/ Bitfavia^anche in corso di sepsi da altri germi, Gram
negativi ili particolare, e più raramente in occasioni
di gravi ustioni, traumi, interventi chirurgici sul
tratto gastrointestinale (per liberazione massiccia di
Fig. 4 - Apoplessia surrenalica traumatica: il tessuto corticale endotossine"Batteriche). Macroscopicamente i surre-
residuo appare come una sottile striscia gialla. m sono aumentati discretamente di volume, conser­
vano forma regolare e hanno colorito nerastro.
la semplice congestione della zona fetale della cor^AQMicroscopicamente si apprezzano aree emorragiche
feccia può essere confusa, solo macroscopicamente, confluenti, che originano dalla reticolare e si esten­
con un quadro di emorragia per l'aspetto bluastro dono, dissociando l'architettura della ghiandola,
dei surreni. Le emorragie destruenti della sindrome fino nella glomerulare dove possono realizzare
di Waterhouse-Friderichsen del neonato originano, immagini di degenerazione pseudotubulare (Fig. 6).
di solito, al confine tra la corteccia definitiva e la Generalmente mancano infiltrati flogistici mentre
fetale, che risulta maggiormente compromessa e sono pressoché costanti aspetti degenerativi del
comportano estesi fenomeni di infiltrazione emor­ parenchima e un grado variabile di deplezione lipi­
ragica e di necrosi. dica. Il frequente riscontro di trombi fibrinosi nei
Nel bambino e neWadulto, invece, i fenomeni sinusoidi e la coesistenza di porpora disseminata e
emorragici si verificano per lo più a partire dalla di occasionali lesioni emorragiche a carico dei
zona reticolata e si accompagnano a trombosi veno­ glomeruli renali, depongono per danno endoteliale,
se di varia entità. Talora l'emorragia può essere per eventi da fenomeno di Sana rei li Schwalzman,
tanto cospicua (apoplessia surrenalica) da causare per va sculi ti da endotossine batteriche. La

Fig. 5 - Sindrome di Waterhouse-Friderichsen in sepsi menin-


gococcica (bambino di 3 anni). Aspetto emorragico dei surre-
ni esternamente (a), sulla superficie di taglio (b) e sulle sezioni
istologiche (c).
Alterazioni circolatorie 771

zione intravasale disseminata (CID), comunque insor­


ta, in particolare, può essere responsabile di altera­
H Processi regressivi - Cisti
zioni sovrapponibili di necrosi emorragica con rela­ M etap lasia grassa. L'accumulo di grasso nel cito­
tiva insufficienza acuta. plasma delle cellule corticosurrenali, che assumono
Quando non rappresentano un evento mortale, la morfologia delle cellule adipose o di elementi ad
le emorragie surrenaliche vanno incontro a processi anello con castone, è danno metabolico osservabile
riparativi con formazione di pseudocisti e di calcifi­ in corso di diabete, nel Cushing, dopo trattamento
cazioni. Dopo un periodo di insufficienza variabile, con testosterone e con estratti ipofisari.
a seconda dell'entità del danno, avviene il ripristino
M etap lasia m ieloide. Nel contesto della corticale,
della funzione per rigenerazione del tessuto surre­
ma anche della midollare così come in seno a nodu­
nalico residuo a partire probabilmente dalle cellule
li adenornatosi, si possono riscontrare raccolte di
sottocapsulari (Skelton, 1956). Le piccole emorragie
tessuto con i caratteri del midollo osseo, associato o
sono riparate da fenomeni organizzativi esitanti in
meno a tessuto linfatico. Il reperto, infrequente, si
piccole cicatrici fibrose, talora calcificate e contenen­
osserva in caso di patologie caratterizzate da estese
ti granuli di pigmento emosiderinico.
distruzioni tessutali. Può essere sperimentalmente
Fenomeni emorragici possono occorrere, ma più
riprodotto con iniezioni di tessuto necrotico. È
raramente, per traumi addominali, per rottura di
osservabile anche l'associazione di metaplasia gras­
vasi arteriosi conseguenti ad arteriopatie con o
sa con metaplasia mieloide, ed eventualmente
senza aneurismi. Infarti emorragici insorgono ecce­
anche con metaplasia ossea. Occasionale è il riscon­
zionalmente per trombosi delle vene surrenaliche o
tro di isole o noduli di tessuto mielolipomatoso
per effetto di terapie intensive con eparina. Infarti
(niielolipomi, con diametro variabile da 1 a 6-7 mm)
ischemici, legati ad occlusione embolica o tromboti­
soprattutto nel contesto di adenomi corticosurrena-
ca delle arterie surrenaliche o dei loro rami, sono
lici non funzionanti, nel Cushing e nell'iperplasia
facilmente riscontrabili in corso di arteriopatie
adenomatosa (Fig. 7 ) . H 'a q ì a , ^ . ^ ...
come la panarterite nodosa o per occlusione embo­
lica o trombotica di rami delle arterie surrenaliche D epositi di sostan za am iloiàe. Si osservano spesso
da altre cause. nell'amiloidosi generalizzata, attorno ai capillari

Fia. 6 - Emorragia surrenalica causante scompaginamento Fig. 7 - Mielolipoma: isola di tessuto adiposo e di metaplasia
delle strutture ghiandolari (Em Eos, 70 X). mieloide.
772 ® Corteccia surrenale
della fascicolata (con secondaria atrofia da com­ epato-surrenalica) con inclusioni eosinofile intranu-
pressione dei cordoni cellulari stessi); possibile cleari caratteristiche.
anche ram iloidosi esclusivamente surrenalica In corso di infezioni da HIV, l'interessamento
(Shell, Peters) talora nel contesto di adenomi surre- della corteccia surrenalica si può riscontrare tanto
nalici (Schmidt). nei soggetti HIV positivi che nell'AIDS conclamata.
Il danno può essere causato sia da infezioni oppor­
Pigmento emosiderinico. Si rinviene comunemente tunistiche che da neoplasie (sarcoma di Kaposi in
nel citoplasma delle cellule surrenaliche nel corso particolare).
dell'involuzione postfetale, nell'emocromatosi, nel­
l'anemia perniciosa, dopo ripetute trasfusioni e Flogosi specifiche. I processi flogistici in genere, e
negli esiti di processi emorragici. la tubercolosi in particolare, determinano insuffi­
cienza funzionale delle ghiandole surrenali quando
Nel morbo di Gaucher del lattante l'accumulo di
distruggano più del 90% del parenchima della cor­
cerasina nel citoplasma delle cellule di sponda dei
ticale. La tubercolosi miliare è clinicamente silente
sinusoidi della corticale è evento non eccezionale.
perché i tubercoli, anche se caseificati, compromet­
Cisti. Sono rare, generalmente asintomatiche e di tono solo piccoli distretti parenchimali. La tuberco­
solito costituiscono reperto autoptico accidentale. losi caseosa a grossi nodi ha un considerevole rilie­
Sono state descritte cisti amartomatose, cisti linfan- vo anatomoclinico perché, essendo spesso bilatera­
giomatose e cisti linfatiche semplici rivestite da le, può distruggere completamente i due surreni
endotelio; più frequenti sono le pseudocisti secon­ (variante infettiva del morbo di Addison). È una
darie a processi emorragici o necrotici. I pochi casi forma di tbc ematogena postprimaria che colpisce
segnalati di cisti parassitane riguardano le cisti da preferibilmente l'età adulta (ma si conoscono anche
echinococco. casi eccezionali presenti in neonati per infezione
transplacentare). I surreni aumentati di volume a
causa della flogosi granulomatosa e della necrosi
| Processi infiammatori caseosa (Fig. 8), hanno consistenza sostenuta; sulla
superficie di sezione il materiale necrotico si dispo­
La corteccia surrenale partecipa attivamente a ne caratteristicamente in strati concentrici; talora il
tutti i processi infettivi con prestazioni funzionali materiale necrotico è colliquato e di aspetto purisi-
proporzionate all'entità dello stress evocato. Nel mile. Il quadro istologico è dominato dalla necrosi
corso di processi tossi-infettivi gravi, quali difterite, caseosa che può sostituire l'intera ghiandola mentre
tifo, setticemìa meningococcica, stafilococcica e il tessuto granulomatoso specifico, in genere scarso,
botulismo, la spiccata attivazione, funzionale corti- è riconoscibile soltanto ai margini delle estese aree
cosurrenalica da stress può favorire la localizzazio­ di necrosi; l'eventuale parenchima surrenale resi­
ne dei fattori tossici a livello della corteccia espri- duo è ipertrofico (Fig. 9).
mentesi con estese lesioni necrotico-emorragiche (si
veda la sindrome di Waterhouse-Friderichsen). Flogosi autoimmuni. Rilievo particolare deve oggi
essere riservato alle forme di flogosi autoaggressiva,
Flogosi aspecifiche. Sono piuttosto infrequenti. Le considerate responsabili del 50-90% dei casi di sin­
localizzazioni micotiche, come candidosi, aspergil- drome di Addison, e ciò in rapporto anche con la
losi, ma soprattutto istoplasmosi e criptococcosi, diminuita incidenza dell'infezione tubercolare. La
sono osservabili particolarmente nello stadio termi­ surrenalite autoimmune è responsabile del quadro
nale dei processi leucemici. Vengono considerate anatomoclinico della insufficienza corticosurrenali-
dipendenti dalla terapie attuate nonché dall'entità ca primitiva idiopatica, definita anche atrofia primi­
dello stress e dalla conseguente elevata concentra­ tiva (idiopatica o citotossica, surrene grinzo primiti­
zione locale di glicocorticoidi. Relativamente fre­ vo) descritto da Barker fino dal 1929.1 surreni sono
quente in America, in particolare nei bambini, è 1'/- simmetricamente ridotti ad 1 /3 o meno del volume
stoplasmosi: in seno alla corteccia si rilevano aree di normale, di peso inferiore a g 2,5 (Friedman, 1948);
necrosi con scarsa reazione flogistica e presenza di di solito conservano una forma regolare; la capsula
numerose spore di Histoplasma con iperplasia è inspessita, la corticale inapprezzabile e la midolla­
compensatoria della corteccia, più pronunciata di re solitamente conservata (non si conoscono forme
quanto si possa riscontrare nelle lesioni tbc. di insufficienza della midollare connesse con le sur-
Nella malattia citomegalica i surreni sono dissemi­ renaliti o per processi sostitutivi). Istologicamente,
nati da piccoli focolai necrotici a contorno emorra­ solo quando persistano piccole isole di tessuto corti-
gico; microscopicamente, all'interno delle cellule cosurrenalico, in genere glomerulare, si possono
poste attorno delle zone di necrosi coagulativa, si evidenziare gli equivalenti della flogosi autoimmu­
notano le caratteristiche inclusioni e coesiste una ne consistenti in infiltrazione linfocitaria e plasma­
flogosi parvicellulare. Reperto analogo si ha nelle cellulare, variamente intensa, in rapporto diretto
infezioni generalizzate da virus erpetico, che si veri­ con le cellule surrenaliche (Fig. 10); talvolta sono
ficano soprattutto nella prima infanzia e che colpi­ riconoscibili follicoli linfatici con centro germinativo
scono, oltre ai surreni, anche il fegato (sindrome ed è anche possibile il reperto di immagini di empe-
Processi infiammatori & 7 7 3

8
Fig. - Tubercolosi surrenalica in donna di 44 anni (a) e in
uomo di 57 anni (fa). Marcato aumento volumetrico dei surreni
per estesa necrosi caseosa.

ripolesi. Comunque il semplice reperto di limitati


focolai flogistici non ha di per se valore specifico.
L'adrenalite autoimmune può presentarsi in forma
sporadica o essere familiare, geneticamente connes­
sa con HLAB8, DR3 e HLA-DR4. Le cellule della
corteccia surrenalica acquistano la capacità di espri­ Fig. 9 - Tubercolosi surrenalica. Stesso caso della figura 8a.
mere antigeni di tipo II (HLA-DR) e all'espressione a) Sezione istologica, (tricromica 4 X); b) reazione granulomato­
abnorme di questi sembra riconducibile la genesi sa ai margini delia necrosi caseosa. (Em. eos, 40 X)
della flogosi autoimmune destruente. Questa surre-
nalite autoaggressiva, responsabile di M. di Addi- dromi di insufficienza plurighiandolare, spesso
son, si associa, con una certa frequenza, con altre attribuite a panipopituitarismo, sono invece soste­
malattie a patogenesi autoimmunitaria, come tiroi- nute da movimenti autoimmuni plurimi e comples­
fìite linfocitaria (Sindrome di Schmidt, nei 2/3 delle si che rientrano nel quadro della sindrome poliendo­
quali coesiste diabete mellito), tireotossicosi, anemia crina autoimmune di tipo li. Le Sindromi Poliendocri­
perniciosa, ipoparatiroidismo idiopatico, insuffi­ ne Autoimmuni (SPA) comprendono due sottotipi:
cienza gonadica primitiva (Irvine et a l, 1968). Sin- il tipo I in cui alla surrenalite, con insufficienza sur-
7 7 4 ^ Corteccia surrenale

Fig. 10 - a) Atrofia surrenalica da surrenalite autoaggressiva


in donna di 53 anni. Per confronto, a destra, sezione trasversa
di surrene normale (Em Eos, 8 X). b) Particolare in cui si nota
la scomparsa della corteccia, sostituita da tessuto fibroso in cui
sono presenti sparsi elementi linfocitari. {Em eos, 150 X).

renalica, si associa interessamento paratiroideo con


ipoparatiroidismo e candidiasi mucocutanea croni­
ca; ed il tipo II o Poliendocrinopatia a trasmissione
legata al cromosoma X con disfunzioni immunitarie
multiple e diarrea (XPID, X-linked Poliendocrino-
pathy, Immune disfunction, and Diarrhea), neonata­
le, associata a diabete tipo la e quasi sempre fatale.

Quando iperplastici, i surreni sono aumentati di


peso e di volume, in grado variabile per aumento

Fig. 11 —a] Considerevole atrofìa correlativa della


zona fascicolata ed accentuazione della morfologia
zonale, b) Corteccia surrenale di struttura regolare, c)
Iperplasia correlativa ed attenuazione della morfolo­
gia zonale per estensione della struttura fascicolata
(Em eos, 40 X}.
Iperplasie ^ 7 7 5

numerico assoluto delle cellule e, occasionalmente, braccio corto del cromosoma 6 nella regione del
anche per fatti di ipertrofia o di accumulo intracel­ complesso maggiore di istocompatibilità. L'anoma­
lulare di metaboliti intermedi (Fig. 11). Si distinguo­ lia compromette negativamente la sintesi di cortiso­
no iperplasie congenite e acquisite. lo e rappresenta la forma più frequente (circa il 90%
dei casi) di iperplasia congenita della corteccia sur­
Iperplasie congenite renale in cui la compromissione della sintesi di ste­
roidi mineraloattivi e del cortisolo in particolare,
Sono quadri clinici diversi di iperplasia della evoca nelTipofisi la iperproduzione di ACTFÌ, a sua
corteccia surrenalica indotti da difetti ereditari volta responsabile dell'iperplasia corticale dei sur­
recessivi autosomici di geni che governano la sinte­ reni (Fig. 13), funzionalmente inefficace per l'attivi­
si dei citocromi P450 (Cytocrome P450s o CYP) tà glicoattiva, ma iperattiva nella sintesi di steroidi
coinvolti nella genesi degli steroidi corticali. I difet­ azotoattivi, androgeni in particolare. La forma classi­
ti da mutazione sono diversi e comportano deficit ca di deficit di 21-idrossilasi con eccesso di androge­
di enzimi responsabili della sintesi dei singoli ste­ ni, responsabile di segni clinici di virilizzazione
roidi ed anche adeguamenti correlativi a loro volta quando la patologia non venga opportunamente
responsabili di ulteriori anormalità endocrine. In trattata, dipende da mutazioni puntiformi in 6p21
linea generale questi difetti enzimatici congeniti ed è autosomica recessiva. Nei soggetti di sesso
comportano deficit di produzione-sintesi del corti- maschile l'anormalità funzionale causa pseudopu­
solo e quindi iperproduzione di ACTH, a sua volta bertà precoce. Nelle femmine alle anormalità nello
responsabile di iperplasia corticale, con iperprodu­ sviluppo dei genitali esterni, con ambiguità di con­
zione di altri steroidi corticali, più spesso di andro­ formazione, si associano modificazioni somatiche
geni, che vengono sintetizzati a monte del blocco per virilizzazione. Accanto a questo complesso sin-
enzimatico. Ne derivano quadri clinico-patologici tomatologico, in circa 2/3 dei casi, si ha anche com­
complessi o diversificati a seconda del difetto enzi­ promissione della sintesi delTaldosterone, con un
matico causale. I quadri clinici maggiori sono: la quadro clinico più grave perchè dominato dalla
sindrome da deficit congenito di 21-idrossilasi; perdita di sali. Esiste anche una forma non classica,
quella da deficit di 17-o;-idrossilasi; quella da defi­ molto più frequente (1% della popolazione genera­
cit di ll-/3-idrossilasi; quella da deficit di 3-/3-idros- le), pure autosomica recessiva, che comporta danno
sisteroidodeidrogenasi. Nella figura 12 sono sche­ enzimatico di minore entità ed è asintomatica o
matizzati i passaggi della steroidogenesi surrenali­ caratterizzata da lieve iperandrogenismo.
ca, i deficit enzimatici responsabili dei blocchi enzi­
D eficit di 17a-idrossiÌasi. È forma di raro riscon­
matici ed i quadri clinici conseguenti.
tro, autosomica recessiva, causata da mutazione
D eficit di 21-idrossilasi. E difetto enzimatico cau­ puntiforme del gene CYP-17 situato sul cromosoma
sato da anormalità del gene CYP-21-A2 situato sul 10 (10q24.3) che comporta compromissione della

Colesterolo

Colesterolo Desmoiasi 17a-idrossilasi (CYP17) 17,20-Liasi


{CYP11A) ■ t
Pregnenoione ~
t.....» 17-OH-Pregnenolone — ► DHEA

3(3-ldrossisteroido-
deidrogenasi i
Progesterone 17-OH-Progesterone Androstenedione

21-ldrossilasi
(CYP21) 1
Desossicorticosterone 1 1-Desossicortisoio Testosterone

11f3-ldrossilasi 11 (3-tdrossilasi
(CYP11B2) I I (CYP11B1)

Corticosterone
cos Cortisolo
8-ldrossilasi
(CYP11B2) I
18-OH-Corticosterone
18-Ossidasi
(CYP11B2)
Fig. 12 - Schema della steroidogenesi surrenalica e dei difetti
Aldosterone enzimatici noti. (Da G . Crepaldi, A. Baritussio, l.c.)
7 7 6 & Corteccia surrenale

Fig. 13 - Sindrome adrerto-


qenitaie congenita (bambina
ai 12 gg.). Marcata iperpla-
sia con aspetto cerebriforme
de! surrene.

sintesi di quasi tutti gli steroidi, e quindi anche di L'iperplasia interessa anche eventuale tessuto sur-
quelli gonadici, esclusi i mineraloattivi la cui catena renalico accessorio (ectopie surrenaliche) ed è sensi­
sintetica non è coinvolta. L'iperplasia surrenalica bile ad un adeguato trattamento sostitutivo con gli-
con iperproduzione di steroidi mineraloattivi, in cocorticoidi. Nei casi non trattati i surreni possono
estrema sintesi, genera un quadro di infantilismo raggiungere dimensioni ragguardevoli con superfi­
sessuale con ipertensione e ritenzione di Na. Alla cie di aspetto convoluto (iperplasia cerebriforme) ed
mancata pubertà si associano, nel maschio, le modi­ avere un peso sino a 10 volte superiore a quello nor­
ficazioni dello pseudoermafroditismo. male (anche 15 g nel bambino e oltre 30 g nell'adul­
to per ciascuna ghiandola).
Deficit Ai Ufi-idrossilasi. Dopo il deficit della 21- Nei rari casi di deficit di 20-22 desmolasi dovuti
idrossilasi, è l'anormalità genetica di più facile a mutazione del gene StAR, che presiede al trasferi­
osservazione, rappresentando circa il 6-7% di tutte mento del colesterolo ai mitocondri, si verifica nei
le forme congenite. Il danno causale, risiede in surreni un marcato accumulo di lipidi (iperplasia
mutazione puntiforme a carico del gene CYP11B1 lipoidea congenita). Questa condizione è frequente­
sul cromosoma 8 (8q21). Il difetto genetico compro­ mente incompatibile con la vita ed essendo la com­
mette la sintesi del cortisolo, causa un quadro clini- promissione della steroidogenesi sia surrenalica che
co di virilizzazione associato a ipertensione per l'i- gonadica, determina fenotipo femminile anche con
perproduzione di desossicorticosterone. È forma sesso gonadico maschile, nonché iperpigmentazio-
autosomica recessiva. ne cutanea per gli elevati livelli di ACTH.
Deficit di 3p-idrossisteroidodeidrogenasi. In que­
sto difetto congenito, autosomico recessivo, con Iperplasie acquisite
mutazioni puntiformi del gene 3j3HSD2, in lp l3.1,
è compromessa la sintesi di tutti gli steroidi surrena- Le varianti di iperplasia surrenalica acquisita
lici compresi i mineraloattivi e gli androgeni. Il qua­ sono diverse in rapporto alla molteplicità dei fatto­
dro clinico è di grave insufficienza surrenalica e si ri causali. Per esigenze di sintesi si possono distin­
guere:
caratterizza anche per ambiguità del sesso nei sog­
getti maschi per difetto di sintesi degli androgeni 1. forme di iperplasia correlativa, in genere con il
testicolari e per virilizzazione, generalmente mode­ quadro della iperplasia diffusa, correlata con
sta, nella femmina da eccesso di DHEA. Possono iperproduzione di CRH e di ACTH, per stimola­
essere associati sintomi dovuti alla perdita di sali. zione comunque evocata, di funzioni ipotalamo-
In tutte le forme richiamate il quadro microsco­ ipofisarie;
pico dei surreni consiste neiriperplasia, anche 2. forme causate da neoplasie ipofisarie, soprattut­
cospicua, della zona corticale nella quale mancano to adenomi secernenti ACTH, che possono assu­
gli spongiociti caratteristici della zona fascicolata. mere struttura diffusa, oppure assumere morfo­
Le cellule corticali hanno citoplasma compatto ed logia micro o macronodulare;
eosinofilo con granuli di lipofucsina ben evidenti. 3. forme paraneoplastiche prodotte da neoplasie
La zona glomerulare è ugualmente compromessa secernenti ACTH, o più di rado CRH, come il
ma solo nelle forme in cui il deficit enzimatico coin­ carcinoma broncogeno, i carcinoidi del timo, il
volge anche la sintesi degli steroidi mineraloattivi. carcinoma del pancreas, l'adenoma bronchiale;
Iperplasie ^ 7 7 7

steroido-deidrogenasica. Le cellule più profonde


hanno citoplasma compatto ed eosinofilo.
Ip erp lasia n od osa m icronodulare. Piuttosto comu­
ne nell'età avanzata, nell'ipertensione e nel diabete,
è caratterizzata da numerosi piccoli noduli cortica­
li, altemantisi con tratti di parenchima normale o
più spesso atrofico (Fig. 14); l'esame microscopico
dimostra che i noduli iperplastici sono localizzati
nel contesto della zona fascicolata, rispetto ai cor­
doni della quale non hanno, limiti precisi, o anche
nella sottile fascia di tessuto corticale che avvolge la
vena centrale. I noduli sono costituiti da travate di
cellule acidofile di piccole dimensioni, povere di
lipidi, contenenti nel citoplasma granuli di pigmen­
to bruno (come le cellule della reticolata). L'iperpla­
Fig. 1 4 - Iperplasia nodosa micronodulare. Nodulo sponqioci- sia nodosa ha significato correlativo, compensato­
tario delimitato da parenchima subatrofico.
rio: l'insorgenza di lesioni arteriolari, non omoge­
nee di natura arteriosclerotica, nell'età avanzata,
4. forme iatrogeniche per terapie protratte con comporta lesioni ipotrofiche dei distretti parenchi-
ACTH; mali male irrorati ed iperplasia compensatoria dei
5. iperplasia macronodulare multipla; distretti ancora bene irrorati.
6. iperplasia nodulare pigmentata o PPNAD (Prima-
ry Pigmented Nodular Adrenocortical Disease); Iperplasia n odosa m acronodulare m ultipla, (iper­
7. iperplasia della zona glomerulare, secernente plasia adenomatosa massiva o displasia macrono­
aldosterone. dulare surrenalica). È forma rara di sindrome di
Cushing: insorge nelle forme di ipersurrenalismo di
Le prime sei forme ricordate possono essere lunga durata, pur essendoCindipendeiite dalla rego­
associate con iperplasia diffusa o, meno di frequen­ lazione ipotalamo-ipofisaria perciò con caratteristi­
te, con quella nodulare, tanto .micronodulare che che biologiche in qualche modo analoghe a quelle
macronodulare. \\ ■
dei processi neoplastici. Osservabile in soggetti di
Ip erp lasia diffusa. È riscontrabile in circa il 70% età fra i 45 e i 55 anni è caratterizzata da formazio­
dei casi di Cushing ipotalamo-ipofisario: l'aumento ni nodulari (che possono raggiungere i 4 cm di dia­
di volume delle ghiandole surrenali è evidente ma metro, ed un peso complessivo da 60 a 200 grammi)
non considerevole (fino al doppio del normale, con multiple, non capsúlate e sempre presenti in
un peso complessivo che, in oltre la metà dei casi, entrambi i surreni, che provocano compressione
va da 8 a 12 g) e riguarda la sostanza corticale che della corteccia contigua e anche della midollare con
si presenta di colore giallo intenso. L'indagine isto­ atrofia del parenchima interposto. Istologicamente,
logica dimostra che l'iperplasia interessa soprattut­ sono costituite, in gran parte, da cellule chiare, ric­
to la zona fascicolata, le cui cellule superficiali che di lipidi e occasionalmente, contengono focolai
hanno l'aspetto di spongiociti ipertrofici con cito­ mielolip ornatosi, verosimilmente connessi con gli
plasma ricco di lipidi ed elevata attività (5-idrossi- eventi dell'iperplasia (Fig. 15). L'etiologia non è

Fiq. 15 - Iperplasia nodosa macronodulare. Aspetto macroscopico (a); quadro istologico che dimostra il citoplasma chiaro ricco
di lipidi degli spongiociti (b).
7 7 8 ® Corteccia surrenale

stata definita ma sono state riscontrate mutazioni sono stati attribuiti a mutazioni localizzate sul cro­
ed anche espressioni abnormi, di recettori per mosoma 17. Il difetto sembra connesso con la pro­
diversi ormoni, fatti che possono suggerire l'esi­ duzione di immunoglobuline con affinità per i siti
stenza di diverse varianti. Questa condizione va recettoriali dell'ACTH e in grado di attivare la sinte­
distinta dalla adenomatosi corticale micronodulare, si di corticosteroidi nelle cellule rese iperplastiche.
rara causa di S. di Cushing dell'infanzia, il cui sub­
Iperplasia della zona glomerulare. È forma respon­
strato morfologico è rappresentato da numerosi
sabile di iperaldosteronismo con ipokaliemia, iper-
piccoli adenomi cui si interpone corteccia funzio­
natremia ed ipertensione. II quadro clinico non ha la
nalmente inattiva, atrofica. ^
/ q Ó '^ Y
severità delle forme causate dagli adenomi surrena-
Iperplasia surrenalica paraneoplastica. Non obbli­ lici secernenti aldosterone. Accanto ad una forma
gatoriamente accompagnata a quadri clinici di iper- primitiva (iperaldosteronismo primario), che sembra
funzione (Cushing), può insorgere per tumori di dipendere da difetti genetici dei geni della POMC, si
tessuti che in condizioni normali non interferiscono conosce un quadro nel quale iperplasia della cortica­
con la funzione surrenalica. Responsabili di questi le ed iperaldosteronismo sono dovuti ad iperplasia
ipercorticisimi sono il ca. broncogeno, soprattutto a degli apparati iuxtaglomerulari, con iper-reninemia
piccole cellule (oat celi), il timoma, il ca. pancreati­ ed iperangiotensinemia, essendo l'iperplasia degli
co, il carcinoide e, più raramente o eccezionalmen­ apparati iuxtaglomerulari causata da eventi patolo­
te, carcinomi tiroidei, renali, ovarici, del colon e gici extrasurrenalici come la stenosi di un'arteria
neoplasie del sistema nervoso centrale. Le modifi­ renale, l'ipertiroidismo e l'ipertensione maligna
cazioni surrenaliche sono legate alla produzione da (iperaldosteronismo secondario). Infine è noto un ulte­
parte del tumore extrasurrenalico, di polipeptidi ad riore complèsso patologico-clinico di iperaldosteroni­
azione corticostimolante come CRH ed ACTH. I smo terziario con iper-reninemia, ereditario in forma
surrerd presentano iperplasia di grado veramente autosomica recessiva (Sindrome di Bartter), ad etio-
notevole, potendo pesare da 12 a 20 g ciascuno. Il logia ancora non definita e caratterizzato dalla man­
quadro microscopico evidenzia iperplasia ed iper­ canza di ipertensione. In tutte queste forme l'iper-
trofia della fascicolata, composta da lunghe travate plasia delle ghiandole surrenali non ha sempre una
di cellule a citoplasma compatto che, solo negli franca evidenza macroscopica, potendo assumere
strati più esterni, assumono morfologia spongioci- anche morfologia micronodulare con noduli intra-
taria per la presenza di lipidi; piccole aree circo- corticali, già evidenti all'analisi macroscopica della
scritte di cellule chiare si rinvengono tuttavia anche superficie di sezione. Il quadro microscopico è
nello spessore della zona reticolata. segnato dalla iperplasia micronodulare delle cellule
della zona glomerulare, che talvolta è focale.
Iperplasia primitiva nodulare pigmentata, o
PPNAD (Primari/ Pigmented Nodular Adrenocorti-
cal Disease), o displasia adreno-corticale micronodulare
bilaterale. Rappresenta un quadro anatomo-clinico
H Tumori
di ipersurrenalismo ^dipendente dal controllo, Tumori primitivi epiteliali
ormonale, diencefalo-ipofisario in particolare,
Più del 50% di queste neoplasie sono funzionanti
insensibile al test di soppressione con desametazo-
e danno pertanto quadri discrinici variabili a secon­
ne. Colpisce soprattutto soggetti giovani (seconda-
da dell'attività funzionale che li caratterizza (glico-
terza decade) e si manifesta con il quadro clinico
corticoide, mineralcorticoide, androgena, estrogena,
della sindrome di Cushing, ma con sintomatologia
mista). In particolare, le forme a secrezione glicocor-
per lo più modesta se si eccettua l'osteoporosi, di
ticoide danno atrofia correlativa del surrene contro­
solito pronunciata. L'iperplasia è discreta o mode­
laterale e del parenchima residuo nella ghiandola
sta, micronodulare con noduli pigmentali di colore
sede della neoplasia. Si distinguono forme benigne
bruno-nero che hanno un diametro variabile da 3 a
(adenomi) e forme maligne (carcinomi).
10 mm. Il peso complessivo dei due surreni rara­
mente supera i 10 g. La pigmentazione, caratteriz­ Adenomi. Il riscontro di adenomi veri al tavolo
zante il reperto macroscopico, è legata all'accumulo anatomico non è molto frequente (dallo 0.5 al 3% a
intracitoplasmatico nelle cellule iperplastiche, che seconda delle diverse casistiche) essendo i valori
sono di piccole dimensioni con citoplasma compat­ più elevati da connettere probabilmente con l'inse­
to ed eosinofilo, di granuli di emosiderina e di neu­ rimento, in alcune casistiche, di forme dell' iperpla­
romelanina. La corticale intemodulare è atrofica e sia nodosa che sono di riscontro più comune. Occa­
non pigmentata. L'eziologia non è stata ancora chia­ sionalmente gli adenomi surrenalici possono far
rita. Si tratta di malattia ereditaria, autosomica parte del quadro di una sindrome MEN (Multiple
dominante che può presentarsi associata a lentiggi­ Endocrine Neoplasia), soprattutto di tipo I. L'ade-
ni e nevi blu del volto, delle labbra e cutanei diffusi, noma vero è di solito unico e sferoidale, con peso e
a mixomi atriali ed anche cutanei e mucosi. La dimensioni assai variabili: il diametro può variare
forma familiare viene attribuita ad anormalità del da alcuni millimetri a diversi centimetri ed il peso
braccio corto del cromosoma 2, in 2p l6; altri casi da 5 a più di 100 grammi. Le neoplasie particolar­
Tumori * 7 7 9

Fig. 16 - Aspetto macroscopico di adenomi surrenalici. Si noti il ilorito giallo della superficie di sezione; in b) sono presenti aree
emorragiche.

mente voluminose/ del peso di g 100 o più, sono in castone, mentre l'insorgenza di alterazioni auto­
genere maligne. Di norma gli adenomi non sono litiche (o di fenomeni di olocrinia) può produrre
funzionanti e pertanto sono clinicamente silenti/ aspetti pseudoacinosi;
hanno caratteri di lesioni nodulari disposte ad 2. Adenomi a cellule compatte, costituiti da elementi
altezza variabile nel contesto della corticale e tal­ a citoplasma acidofilo, granuloso, privo di
volta si estendono nel contesto della midollare vacuoli; ima rara variante di questa forma è l'a-
(Fig. 16). In genere comprimono tutto il tessuto cir­ denoma nero, già considerato;
costante/ talora con formazione di una pseudocap­ 3. Adenomi a cellule della zona glomerulare, caratteriz­
sula fibrosa (Fig. 17). Hanno consistenza poco zati da elementi di dimensioni intermedie tra gli
sostenuta e presentano una superficie di sezione di
colorito giallo-intenso o giallo-bruno ed una strut­
tura lobulata. Talvolta la parte centrale della neo­
plasia può apparire bianca e lucente per esiti fibro­
si cicatriziali di lesioni necrotiche oppure per con­
vergenza di tralci connettivali fibrosi che suddivi­
dono il tessuto neoplastico in lobuli. Fenomeni di
necrosi colliquativa o focolai emorragici sono di
riscontro facile soprattutto nei grossi adenomi. Il
quadro istologico è composto da cordoni pluristra-
tificati, a decorso irregolare, poggianti su capillari
ectasici a parete molto sottile. Non infrequenti sono
gli aspetti di anisocitosi e pleomorfismo, mentre
sono assenti o rarissime le figure mitotiche (Fig. 18).
Le cellule degli adenomi non funzionanti hanno di
solito nuclei piccoli o picnotici con cromatina com­
patta ed apparato nucleolare inapparente. Occasio­
nalmente si riscontrano aree di parenchima adeno-
matoso o interi adenomi, molto pigmentati, adenomi
neri: la colorazione dipende dalla presenza di
abbondante pigmento lipofucsinico, o di neurome­
lanina, nel citoplasma delle cellule neoplastiche. Il
parenchima ghiandolare circostante è pressoché
normale negli adenomi non funzionanti; atrofico,
invece, in quelli funzionanti. Citologicamente si
distinguono diverse forme:
1. Adenomi a cellule chiare (adenomi spongiocitari),
nei quali le cellule adenomatose hanno l'aspetto
di grossi spongiociti contenenti nel citoplasma
Fig. 17 - Adenoma corticosurrenalico funzionante (donna di
abbondante materiale lipidico; fenomeni di 65 anni). La neoplasia comprime il tessuto adiacente che risul­
degenerazione grassa possono conferire agli ta atrofico per soppressione funzionale, con formazione di
spongiociti la forma di cellule ad anello con pseudocapsula fibrosa.
780 - Corteccia surrenale

Fig. 18 - a, b) Adenoma corticosurrenalico: disegno cordonale con evidenti anisocitosi e pleomorfismo nucleare.

spongiociti e le cellule compatte, con nucleo volu­ pensatoria. Le ragioni patologiche per l'isolamento
minoso, bene nucleolato nelle forme funzionanti; di questa entità nosografica non sembrano pertanto
4. Adenomi misti, che comprendono la maggior parte molto convincenti, mentre il riscontro clinico stru­
degli adenomi: in questi i diversi citotipi sono mentale - CT scan addominale - di questi noduli
variamente, ma significativamente, rappresentati. solitari, con diametro di 1 o 2 cm, crea dubbi sulla'
condotta terapeutica da seguire. Infine, la corteccia
In tutte le varianti è possibile il riscontro di meta-
surrenalica può essere sede, benché raramente, di
plasia lipomatosa o mielolipomatosa. Le forme secer-
oncocitomi, neoplasie che hanno gli stessi caratteri
nenti glicocorticoidi causano la sindrome di Cushing;
strutturali e proprietà biologiche analoghi a quelli
quelli secementi steroidi mineraloattivi, aldosterone
degli oncocitomi di altre ghiandole endocrine.
in particolare, in genere monolaterali, sostengono il
quadro clinico della sindrome di Conn (60-90% dei Carcinom i. Sono molto rari, in genere funzionanti
casi); quelli secementi ormoni sessuali, insorgono e molto aggressivi. Possono insorgere in tutte le età,
nelle varie età: le forme androgeniche virilizzanti ma prevalgono nella prima infanzia oppure nell'età
occorrono soprattutto nell'infanzia, mentre gli adeno­ adulta fra 50 e 70 anni. L'incidenza non supera i
mi a secrezione estrogena, oltre alla frequente evolu­ 2 casi per milione mentre la mortalità è del 70-90%
zione maligna, colpiscono più spesso soggetti adulti. con una sopravvivenza media di pochi mesi. Per lo
Con significativa frequenza, formazioni nodula- più monolaterali (nei casi di bilateralità è da sospet­
ri surrenaliche rotondeggianti per lo più di piccole tare la metastasi al surrene controlaterale), possono
dimensioni ma occasionalmente anche di 2-3 cm di raggiungere dimensioni considerevoli, anche supe­
diametro, definite come noduli incidentali della corti­ riori al chilogrammo. Hanno superficie bernoccolu­
cale, si riscontrano, soprattutto in soggetti di età ta, spesso sono dotati di capsula fibrosa e possono
avanzata, affetti da malattia ipertensiva e/o da dia­ aderire ed infiltrare gli organi vicini. La loro consi­
bete: nella maggior parte dei casi tuttavia, coesisto­ stenza è variabile in rapporto all'esistenza o meno
no noduli di dimensioni minori o addirittura micro­ di fenomeni necrotici ed emorragici. La superficie
scopici, multipli e bilaterali, che denunciano il signi­ di sezione è bianco-grigiastra, con aree giallastre
ficato reattivo della lesione, analogamente alla alternate con irregolari campi necrotico-emorragici
forma nodulare-micronodulare delTiperplasia com­ (Fig. 19); possibile il riscontro di cisti. La frequente
Tumori ^ 7 8 1

invasione delle vene surrenali può causare trombo­


si neoplastica nella vena cava inferiore, fatto che
giustifica il precoce e diffuso interessamento meta­
statico, soprattutto al polmone, al retroperitoneo ed.
al fegato. Le metastasi, in genere già presenti al
momento della diagnosi, interessano di rado le lin-
foghiandole regionali. Istologicamente i carcinomi
surrenalici risultano costituiti da cordoni cellulari a
decorso irregolare e di spessore variabile, intercala­
ti a sinusoidi a parete sottile. Le cellule neoplastiche
possono ricordare la morfologia degli spongiociti,
ma più spesso hanno scarso citoplasma compatto e
piccole dimensioni. Frequenti l'anaplasia, le figure
plurinucleate e le atipie (Fig.20); talora può osser­
varsi morfologia similsarcomatosa per la prevalen­
za assoluta delle cellule piccole con citoplasma
T. 2... 3' 4 5 6 7 8 : 9- ics 11 1 2 13 1:4 S compatto. La diagnosi differenziale fra adenomi e
Fig. 19 - Carcinoma cortìcosutrenaIico in bambino di 7 anni carcinomi surrenalici è sempre impegnativa o
con sindrome adrenogenitale. anche difficoltosa per cui ogni sussidio possibile
7 8 2 S- Corteccia surrenale

d ev e essere utilizzato. Sono reperti caratteristici 2. i tumori che sostengono sindrome di Cushing pura,
della malignità, oltre alle dimensioni, l'elevato sono in genere piccoli adenomi (g 10-70), bene
numero delle mitosi, soprattutto atipiche, il poli­ capsulati, a struttura cordonale e prevalentemen­
morfismo nucleare, il disordine architetturale del te formati da cellule chiare con i caratteri di quel­
tessuto ghiandolare, l'invasione neoplastica di vasi, le della zona fascicolata; si distinguono dagli
sinusoidi, capsula e tessuti adiacenti. Il carcinoma adenomi non funzionanti perché, a differenza di
corticosurrenalico può presentare problemi di dia­ questi, provocano atrofia del surrene controlate­
gnostica differenziale con altre neoplasie, primitive rale e del parenchima omolaterale non coinvolto;
(feocromocitoma maligno) o metastatiche (carcino­ 3. i tumori che sostengono sindromi di Cushing miste,
ma polmonare, carcinoma renale, carcinoma epato- in cui compaiono anche segni di irsutismo e viri­
cellulare), affrontabili ron metodi ìmmunocitochi­ lismo, sono più frequentemente voluminosi,
mici in base ai diversi caràtteri fenotipici (Tab. 1). maligni, con frequenti aree di necrosi emorragi­
Indagini che possono offrire sussidi importanti, ca e calcificazioni; istologicamente, risultano
sopratutto quando è possibile eseguire determina­ costituiti da cellule a citoplasma compatto, eosi-
zioni quantitative e multivariate, sono le valutazio­ nofilo quindi con analogie morfologiche con le
ne della ploidia, dell'indice di attività proliferativa, cellule della zona reticolare;
degli AgNORs ed ancora di specifiche anomalie 4. tra i tumori responsabili di quadri di virilizzazione
citogenetiche. (sindromi adrenogenitali) o di femminilizzazio-
ne, prevalgono le forme maligne (i più volumi­
Correlazioni tra caratteri morfologici e biologici nosi tra tutti i tumori del surrene) mentre più
delle neoplasie corticosurrenaliche. Essendo pro­ rari sono gli adenomi: le cellule sono di solito
prietà biologica della corteccia surrenale la sintesi di compatte con citoplasma acidofilo e solo di rado
diversi corticosteroidi inclusi gli ormoni androgeni si notano aree di cellule chiare; il surrene contro­
ed estrogeni, le sue neoplasie hanno attività funzio­ laterale ha sempre aspetto normale;
nali diverse, e possono essere caratterizzate, oltre 5. le forme secementi corticoidi mineraloattivi (aldo-
che dalla cessazione, anche dalla deviazione della steronismo primario) sono sostenute da adeno­
produzione steroidea, con corrispondenti sintoma­ mi, quasi costantemente di piccole dimensioni,
tologie endocrine diversificate. Nonostante sia bene delimitanti, di solito unici, di colorito gial­
molto difficile, in base a criteri morfologici, stabilire lo-oro (Fig. 21); più raramente sono voluminosi
il comportamento funzionale di un tumore, sia esso e, in questo caso di colore giallo bruno con circo-
benigno o maligno, taluni elementi differenziali scritte aree necrotiche ed emorragiche. Le cellu­
possono avere qualche significato, tuttavia soltanto le possono rassomigliare a quelle della zona glo­
orientativo (O Hare et al, 1979, Didolcar et al, 1981): merulare, ma più spesso presentano caratteri
intermedi tra queste e quelle a citoplasma chia­
1. nelle neoplasie biologicamente inattive, soprattutto
ro della zona fascicolata, rispetto alle quali
quando raggiungono dimensioni ragguardevoli,
hanno dimensioni inferiori e rapporto nucleo­
è possibile dimostrare con mezzi citochimici la
citoplasmatico spostato in favore del nucleo, che
deficienza dei diversi enzimi che intervengono
è vescicoloso: hybrid cells (Brode et al, 1962).
nelle tappe delle steroidogenesi; al contrario nei
piccoli nodi adenomatosi, apparentemente non In linea generale le neoplasie surrenaliche non
funzionanti in vivo, la produzione di steroidi in funzionanti soprattutto se voluminose, quelle
vitro avviene regolarmente; responsabili di quadri clinici di virilizzazione o

Diagnosfica differenziale immunocitochimico del carcinoma surrenalico.

PCK EMA VIM CRO NSE SYN AFP CEA TTF-1 .

Carcinoma corticosurrenalico - - + ■■■■ : ■■■ ■■+ ■ + /- V: : - :

Feocromocitoma maligno - - + + + _L -

Carcinoma renale + + + /— - - _ : - ^

Carcinoma epatocellulare ."f- : - - - - - - : : ;V :: + -

Carcinoma polmonare ■ + . + - - + /- . - - v /; +

PCK: pancitocheratine; EMA: antigene epiteliale di membrana; ViM: vimentina; CRO: cromogranina; NSE: enolasi neurono-specifica;
SYN: sinaptofisina; AFP: alfafeto-proteina; CEA: antigene carcino-embrionale, TTF-1 : fattore tiroideo di trascrizione.
Tumori ^ 7 8 3

ciati con adenomatosi del colon. Dall'insieme dei


dati oggi noti parrebbe desumibile che la progres­
sione di malignità, nel carcinoma della corteccia
surrenale, evolva a partire da lesioni proliferative
benigne - immortalizzazione - , e dalle iperplasie in
particolare, che spesso non sono correlative ma con­
nesse ad anormalità genetiche.

Tumori primitivi mesenchimali


Molto rari sono i linfangiomi, gli emangiomi (De
Vecchi, Müller), i linfangioendoteliomi (De Rugna) e i
sarcomi veri (Dietrich e Mothem, Walther). Interes-
II sante, anche se raro, è il cosiddetto m ieloU pom a
^ (Fig. 7), neoplasia di piccole dimensioni, localizzata
--ad un solo surrene, di forma rotondeggiante, con
Fig. 21 - Adenoma còrticosurrenalico secernente aldosterone
in donna di 58 anni: si noti il colorito giallo oro.
superficie di sezione analoga, a quella dei comuni
lipomi ed istologicamente costituita da tessuto adi­
poso e da tessuto mieloide funzionalmente attivo;
femminilizzazione, ed ancora quelle insensibili in sono noti casi con prevalenza assoluta del tessuto
vitro all'ACTH, si possono considerare maligne con mieloide e pertanto macroscopicamente di colorito
elevato grado dì probabilità. rosso intenso. L'origine del mielolipoma risiede, con
Genesi d elle n eop lasie corticosurrenali. I tumori ogni probabilità, in anomalie di sviluppo mentre è
della corteccia surrenalica seguono probabilmente improbabile che abbia- il significato di metaplasia
percorsi oncogenetici diversi. mieloide compensatoria in quanto generalmente
Per gli adenomi corticali si prospettano almeno non si associa a patologie del midollo osseo.
due distinte modalità di insorgenza: una che preve­
de Torigine direttamente da una singola cellula Tumori metastatici
mutata; l'altra invece, legata a condizioni di iper­
Molte sono le neoplasie maligne epiteliali che
plasia. In quest'ultimo caso la proliferazione pluri-
clonale indotta da ACTH porta, per un processo di possono dare danno metastasi ad entrambi i surre­
ni, più raramente ad imo solo: si tratta più spesso di
selezione clonale, all'espansione prevalente di una
carcinomi polmonari (Fig. 22) o mammari, o del­
popolazione, alla fine predominante e connessa con
l'apparato gastroenterico; anche i melanomi mali­
vantaggi di crescita. E stato inoltre osservato su col­
gni danno spesso metastasi surrenaliche. Per quan­
ture di cellule provenienti da lesioni proliferative
corticosurrenàli, lo sviluppo e la crescita di sottopo­ to voluminose le metastasi surrenaliche realizzano,
solo eccezionalmente e nei casi di bilateralità, sinto­
polazioni di citotipi neoplastici non più rappresen­
tativi di quelli di origine. Con tecniche particolari mi di insufficienza surrenalica, spesso mal ricono­
scibili per la coesistente cachessia neoplastica.
(comparative genomic hybridization) sono state
trovate perdite e guadagni cromosomici molto più
estesi nei carcinomi che negli adenomi: a dimostra­
zione dell'entità del grado di instabilità genetica
| Quadri anatomociinici
delle loro popolazioni cellulari proliferanti. I primi Quadri principali di insufficienza
eventi all'esordio della progressione tumorale sem­
brano verificarsi nei cromosomi 3 ,9 e X. Eventi che,
corticosurrenale
nell'evoluzione, vanno progressivamente aumen­ Il quadro anatomoclinico deH'insufficienza cor­
tando anche con perdita di eterozigosi, trovata su ticosurrenale può insorgere per eventi patologici
2pl6 e llq l3 . Sembra probabile che siano le altera­ primitivi a carico delle ghiandole surrenali (insuffi­
zioni di geni soppressori, consistenti in delezioni e cienza corticosurrenale primitiva) che provochino la
mutazioni, ad iniziare la progressione. Studi su distruzione pressoché totale (oltre i 9/10 del paren­
oncogeni e geni soppressori hanno evidenziato chima dei due surreni), per difetti genetici di recet­
mutazioni di TP53 con espressione abnorme della tori, per l'ipoplasia surrenalica congenita, forma
proteina corrispondente: comunque mutazioni di legata al sesso dovuta a mutazioni in Xp21, 3p 21.2
p53 si riconoscono di frequente, se non addirittura oppure nello pseudoipoaldosteronismo, quadro
nella maggioranza dei carcinomi corticali sporadici, autosomico recessivo (Tab. 2).
mentre sono rare negli adenomi. Causali o concau­ Tuttavia i quadri clinici più frequenti e rilevanti
sali sembrano essere alterazioni di un gene sop­ sono causati da riduzione o abolizione della secre­
pressore connesso con la p l6 e con la proteina del zione ipofisaria di ACTH, a sua volta causata da
retinoblastoma: l'inattivazione di entrambi gli alleli affezioni ipofisarie o diencefaliche (insufficienza cor­
è stata dimostrata in tumori corticosurrenalici asso- ticosurrenale secondaria).
7 8 4 & Corteccia surrenale

Quadri anatomo-clinici
delle insufficiènze surrénaliche

Quadri anatomo ciinici ¡a

Forme acute latenti:


- stress protratti - fase di
esaurimento
- surrenalectomia monolaterale
- atrofia surrenalica monoia-
teraie da compressione per
metastasi
Forme acute subito patènti:
- surrenalectomia bilaterale
- emorragie surrenaliche
bilaterali
- mòrbo di Waterhouse-Fri-
Insufficienza surrenale derichsen
globale primitiva
Forme croniche:
- infettive (tbc, micosi, AIDS
ecc.)
- autoimmuni
- difetti genetici congeniti
della sintesi di sferoidi sur­
renalici
- metastasi bilaterali
- farmacologiche per inibitori
enzimatici - D DD -
- difetti congeniti di recettori
per steroidi surrenalici; :

Deficit acutí ipotala mo ipofisari:


- lesioni ipotalamiche
destruenti ischemiche,
emorragiche con deficit di
CRH e A C T H ■■■.
- patologia ipofisaria :
im i destruente come necrosi
Fig. 22 - Metastasi surrenaliche bilaterali di carcinoma polmo­ ipofisaria da parto
nare in uomo di 55 anni (a) e di carcinoma mammario in - ipofisectomia
donna di 63 anni (b); (c) aspetto istologico di metastasi di car­ Insufficienza surrenale - interventi chirurgici per
cinoma ovarico. globale secondaria lesioni della regione
sovrasellare
- iatrogeniche
Una forma clinicamente primitiva è anche Viri- - sindrome da sospensione
sufficienza iatrogenica, della quale si distinguono una
forma chirurgica (da surrenalectomia totale o sub­ Forme croniche:
totale) ed una farmacologica (per improvvisa - amiloidosi
sospensione di trattamenti cortisonici - sindrome - metastasi surrenaliche
da sospensione - che può generare quadri anche di neoplasie extrasurrenali
drammatici, fugaci, di insufficienza acuta). - sarcoidosi
Il quadro anatomoclinico delTinsufficienza cor­
ticosurrenale può instaurarsi acutamente (insuffi­
cienza corticosurrenale acuta) oppure lentamente
Insufficienza primitiva acuta
(insufficienza coriicosurrenalica cronica). Inoltre l'in­
sufficienza può essere totale, assoluta (ad esempio I quadri principali, piuttosto infrequenti, sono
per asportazione chirurgica dei due surreni), oppu­ sostenuti da una grave o gravissima patologia
re relativa. In questo ultimo caso i segni clinici di vascolare rappresentata essenzialmente da trombo­
insufficienza compaiono ogni qualvolta venga si venose o da emorragie, soprattutto bilaterali,
richiesto un aumento improvviso delle prestazioni dovute a cause diverse già richiamate. Quadro
funzionali, come nei processi di adattamento, paradigmatico è la sindrom e di W aterhouse-Fride­
soprattutto in corso di stress. richsen, che può complicare il decorso di malattie
Quadri onatomoclinici ss 7 8 5

setticemiche, particolarmente della sepsi meningo- Insufficienza primitiva cronica


goccica: è caratterizzata, oltre che dalla setticemia,
da porpora cutanea diffusa, da emorragia destruen- La. fo r m a prim aria o m orbo di A ddison, è insuf­
te i surreni e dai sintomi drammatici dell'insuffi­ ficienza surrenalica cronica di riscontro infrequen­
cienza acuta con collasso, cardiocircolatorio. Le tera- te, in passato dovuta soprattutto alla malattia
pie con farmaci anticoagulanti, oggi applicate con tubercolare (fino al 90% dei casi). Oggi--è dovuta in
significativa frequenza, possono essere responsabi­ primo luogo a differenti eventi autoimniimitari per
li di emorragie tanto gravi da compromettere del autoanticorpi diretti contro l'enzima 21-idrossilasi,
tutto organizzazione ed attività funzionali delle oppure contro i siti recettoriali per l'ACTH delle
due ghiandole; così come i traumi, la gravidanza ed cellule surrenaliche, o per l'azione di linfociti T cito­
altre condizioni in grado di causare coagulazione tossici (Tabella 2). In queste forme autoimmuni i
intravasale disseminata. La apoplessia surrenalica dei surreni hanno volume anche molto ridotto, per
neonati di raro riscontro, di solito mortale, causata atrofia della corteccia (retrazione corticale). Si
da traumi da parto e favorita nella sua insorgenza distinguono due gruppi di forme autoimmuni:
dalle modificazioni che accompagnano l'involuzio­ La variante di tipo 1° in cui alla surrenalite si asso­
ne postfetale della corteccia, nonché da diatesi cia interessamento autoimmune delle paratiroidi
emorragica, è pure responsabile di quadri clinici di responsabile di ipoparatiroidismo, candidiasi
insufficienza acuta grave. mucoso-cutanea, ipogonadismo, alopecia, epatite
L e insufficienze laten ti, come negli ipocortici- ed anemia perniciosa. Questo complesso, definito
smi in fase di compenso, o per eventi accidentali, Sindrome Autoimmune Poliendocrina con Candi­
anche non dotati di caratteri particolari di gravità diasi e Distrofia Ectodermica (SAPCDE), si riscon­
(stress, infezioni, stati tossici), possono provocare tra con frequenza maggiore nei bambini e nei gio­
situazioni di emergenza a cui il surrene risponde in vani e dipende da mutazioni del cromosoma
modo inadeguato per un rapido esaurimento fun­ 21q22.3, sede del gene definito regolatore dell'au-
zionale. Accanto a queste, vanno ricordate anche le toimmunità o gene AIRE; viene anche definita APE-
rarissime forme neonatali sostenute da quelle enzi- CED - Autoimmune Poli-Endocrinopathy Candi-
mopatie che compromettono la sintesi degli steroi­ diasis Ectodermal-Dystrophy
di mineraloattivi (ipoaldosteronismi congeniti) e Nella variante di tipo 2° (Fig. 23), riscontrabile
che si manifestano non appena cessa la immissione
in circolo degli steroidi di produzione materna.
Le fo rm e iatrogeniche possono essere: chirurgi­
che e conseguenti alla ablazione totale o subtotale di
entrambi i surreni oppure di un surrene che sia
sede di una neoplasia funzionante in senso glico-
corticoide che abbia prodotto atrofia della ghiando­
la controlaterale. Le form e farmacologiche, come la
sindrome da sospensione (di trattamenti cortisonici),
dipendono direttamente dall'entità dell'atrofia sur­
renalica prodotta dalla somministrazione protratta,
di cortisonici e si manifestano, subito dopo l'inter­
ruzione della terapia, spesso con sintomi di addo­
me acuto. Altre forme sono sostenute da sommini­
strazione di farmaci capaci di inibire l'attività di
enzimi che presiedono alla sintesi dei corticosteroi­
di, come il DDD o metirapone, l'amfenone B, il che-
toconazolo, l'aminoglutetamide.
Il complesso sintomatologico deirinsufficienza
corticosurrenalica acuta si instaura in questi casi
rapidamente con un quadro estremamente dram­
matico caratterizzato da grave astenia con adina­
mia, ipotensione arteriosa, stato di shock, tachicar­
dia, cianosi, dispnea ed eventualmente collasso car­
diocircolatorio. Il quadro può essere complicato da
dolori addominali violenti, disturbi gastroenterici
consistenti in nausea, vomito, diarrea profusa, sino
a sindromi coleriformi, disturbi nervosi (confusione
mentale, coma), ipo- o ipertermia, a seconda del
grado di disidratazione, sintomi questi che possono Fig. 23 - Tipico colorito pigmentato di un paziente con Malat­
simulare appunto un quadro di patologia addomi­ tia di Addison. Da notare l'associazione con la vitiligine. (Da
nale acuta chirurgica. G. Crepaldi, A. Baritussio, Le.).
7 8 6 & Corteccia surrenale

soprattutto in soggetti adulti, il quadro comprende Insufficienze surrenoliche secondarie


oltre all'Addison, tiroidite autoimmune e diabete
mellito insulino-dipendente. È forma poligenica, Sono dipendenti da lesioni diencefaliche od ipo-
dominante, con elevato rischio conferito da assetti fisarie con iposecrezione di ACTH ed atrofia surre­
genotipici particolari legati a HLA-DR e HLA-DQ nalica secondaria (Tab. 2). Si caratterizzano per l'as­
(eterozigosi HLA-DR4-DQ8/HLA-DR3-DQ2). Il sociazione di altri segni di insufficienza ipofisaria o
danno microscopico, nelle forme autoimmuni, con­ di danno diencefalico, per la mancanza della melano­
siste neirinfiltrazione linfocitica della corticale, dermia (o addirittura per la comparsa di depigmen­
essendo la flogosi in genere modesta ma sempre tazione dovuta alla deficiente increzione di MSH
destruente con esito in atrofia della sola sostanza oltre che di ACTH) ed ancora per la risposta positi­
corticale - raggrinzimento surrenalico corticale -, con va alla somministrazione di ACTH (diminuzione
riduzione ponderale fino a pesi che si aggirano sul degli eosinofili circolanti, aumento dell'eliminazio-
grammo e mezzo. La capsula ghiandolare è ispessi­ ne urinaria dei 17-chetosteroidì e degli 11-ossiste-
ta. Il quadro clinico, anche in questa patologia, si roidi). La mancata od insufficiente produzione di
rende patente in rapporto con la perdita di paren­ ACTH si esprime morfologicamente con l'atrofia
chima corticale che può essere dell'ordine del 90%. della corteccia surrenale e quindi con la compro­
Altre cause possibili sono Yamiloidosi, Yemocroma- missione della produzione sopratutto di corticoste­
roidi glicoattivi ed azotoattivi. I quadri clinici pos­
tosi, le metastasi bilaterali, la già citata adrenoleucodistro-
sibili sono acuti o cronici. Ai primi, evocati da stress
fia (m. di Addison-Schilder), ed anche YAIDS. Proces­
nella fase o condizione dell'esaurimento, consegue
so morboso quest'ultimo in cui il danno surrenalico
riduzione della produzione di steroidi surrenahci;
dipende in particolare da processi infettivi, altrimen­
quelli cronici, invece, prodotti da cause diverse, si
ti di difficile riscontro, come l'infezione da virus cito-
esprimono oltre che con i segni già richiamati, con
megalico, da criptococco e da Mycobacterium avium
una considerevole atrofia della zona fascicolare i
intracellulare. In queste infezioni sovrapposte si
cui limiti con la reticolare e la glomerulare divengo­
riscontrano lesioni corticali necrotico emorragiche
no molto evidenti.
che raramente distruggono più del 50% della cortica­
le per cui possono mancare segni patenti di insuffi­
cienza surrenalica; nell'AIDS il surrene può essere Quadri principali di iperfunzione
compromesso anche dal sarcoma di Kaposi. corticosurrenale
La insufficienza corticale ha esordio insidioso con
I quadri clinici dell'iperfunzione surrenalica
astenia ingravescente, sonnolenza, ipotensione,
possono presentarsi come forme acute ma soprat­
disturbi gastroenterici e pigmentazione melanica
tutto come forme croniche (Tabella 3). Le form e acute
della cute e delle mucose (dovuta all'aumento del
comprendono essenzialmente il quadro conseguen­
tasso ematico di ACTH-MSH evocato dalla riduzio­
te all'attivazione evocata dallo stress, mentre le
ne del tasso ematico di glucocorticoidi). Colpiti con
forme croniche, riconoscono cause diverse e, per la
maggior frequenza il sesso femminile e l'età media,
molteplicità dei corticosteroidi prodotti e delle loro
essendo attualmente la prevalenza dell'ordine di
funzioni, vengono distinte in forme armoniche
circa 5-7/100.000. La distruzione pressoché totale, e
(caratterizzate da iperproduzione globale dei vari
comunque determinata, del parenchima surrenale,
steroidi secondo rapporti pressoché normali) ed in
compromettendo la secrezione dei corticosteroidi,
forme disarmoniche con iperproduzione prevalente
comporta complessi sintomatologici diversi a secon­ od esclusiva di un solo steroide (ipersecrezìone di
da della o delle funzioni compromesse: la mancanza steroidi mineraloattivi - iperaldosteronismi - , di
di aldosterone, di desossicorticosterone e degli ste­ steroidi glicoattivi - le forme del Cushing - , di ste­
roidi mineraloattivi causa, in genere a livello renale, roidi azotoattivi - ad azione androgena oppure
un insufficiente riassorbimento tubulare di sodio, estrogena -).
cloruri ed acqua ed una ritenzione di potassio con
disidratazione, ipotensione ed episodi di collasso. La
insufficiente produzione di idrocortisone e dei corti- Ipersurrenalismi acuti
coidi glicoattivi compromette i processi di neoglico- Lo stress è la condizione patologica responsabi­
genesi dalle proteine e dai grassi con diminuzione le del maggior numero di condizioni di iperfunzio­
del glicogeno epatico, ipoglicemia ed ipersensibilità ne corticale acuta ed occorre in tutte le età. A secon­
all'insulina; la mancanza di steroidi androgeni è rite­ da della intensità e durata di applicazione della
nuta responsabile della caduta dei peli e della ridu­ causa stressante, varia l'entità della iperplasia-iper-
zione delle masse muscolari. L'ipersecrezione corre­ trofia della corteccia surrenale indotta dalla rispo­
lativa di ACTH si associa con iperproduzione di sta nervosa ed ipotalamo-ipofisaria. Nei surreni,
ormone melanostimolante (MSH) a sua volta aumentati di volume, si riconosce, con l'esame
responsabile della caratteristica melanodermia. Con' microscopico, un aumento della zona fascicolata e
metodi radioimmunologici è infatti dimostrabile un di quella reticolata, eventi dipendenti da ipertrofia-
rapporto diretto tra il livello ematico di MSH e l'en­ iperplasia delle cellule surrenaliche, ma anche da
tità della pigmentazione cutanea. attenuazione o blocco dell'apoptosi. Le cellule della
Quadri anatomoclirtici & 7 8 7

Quadri anatomó-diriici propriata di ACTH ipofisario (adenomi, iperplasia


di iperfunzione corHcosurrenqlica basofila: malattia di Cushing) o di CRH (disturbi
funzionali dell'asse ipotalamo-ipofisario), o ectopi-
ca (da neoplasie non ipofisarie). Il quadro può
Quadri anatomo-diriici .. Ecologia dipendere anche da neoplasie surrenaliche secer-
nenti, da iperplasie surrenaliche primitive, in parti­
Forme ipotalamo colare dalla forma macronodulare, non ACTH
ipofisarie dipendenti, ed ancora da somministrazione esoge­
na (terapeutica) di elevate dosi di corticosteroidi
Adenomi ipofisari secernenti per periodi di tempo sufficientemente protratti: sin­
Malattia di Cushing
A C TH
drome di Cushing . In rapporto agli eventi causali
Ipersecrezione ipotalamica di dell'ipersecrezione di corticosteroidi si distinguono
Sindrome di Cushing CRH con iperplasia ipofisaria pertanto:
a cellule A C T H
La m alattia di Cushing rappresenta oltre il 60%
Iperplasie cortico-surrenali: dei casi di ipercorticismo a secrezione di glicocorti­
Forme surrenaliche
~ Micronodulari
coidi. È colpito in prevalenza il sesso femminile,
della Sindrome
di Cushing - Macronodulari
con massima incidenza tra 20 e 40 anni. In oltre
- Displasia nodulare pigmen- l'80% dei casi, dipende da un adenoma ipofisario a
tafa cellule ACTH-secernenti, essendo la sua asporta­
- Enzimopätie congenite- zione o distruzione la terapia elettiva.
disormonosi La sindrome di Cushing comprende, in prima
- Stress protratti istanza, le forme surrenaliche: queste rappresentano
circa il 20% dei casi (Knowlton) e sono causate da
Iperaldosteronismo Iperplasia zona glomerulare adenomi surrenalici funzionanti in senso glicoattivo
Tumori dei surreni Adenomi cortico-surrenali (5-10% circa) o più spesso da carcinomi surrenalici
(15% circa). Gli adenomi surrenalici non raggiungo­
Carcinomi cortico-surrenali
no che raramente dimensioni cospicue e inducono
latrogenici: costantemente atrofia del surrene controlaterale. I
- terapie con A C TH carcinomi invece sono solitamente molto volumino­
Ipercorticismi - terapie con corticosteroidi si (carattere morfologico, questo, importante perché
non surrenalici la malignità può essere molto difficile da stabilire
Paraneoplasticì:
sui soli dati istologici) e tendono a dare metastasi
:- neoplasie non endocrine (soprattutto polmonari, epatiche, ossee e linfoghian-
secernenti CRH, A C TH
dolari). Dal punto di vista biologico queste forme
sono caratterizzate da cortisolemia estremamente
elevata (spesso superiore a 50 microgrammi % mi),
corticale (spongiociti) sono di volume ridotto con altissimi livelli urinari di 17-idrossi-corticoste-
rispetto alla norma per deplezione lipidica citopla­ roidi, attività adrenocorticotropa piasmatica assèn­
smatica ed assumono morfologia compatta. Nella te, resistenza assoluta alla soppressione con desa-
zona fascicolata si possono riconoscere equivalenti metazone e mancata risposta al metyrapone. Nei
morfologici di trasformazione tubulare considerati carcinomi, a differenza che negli adenomi e nelle
eventi regressivi da stimolazione esasperata. La iperplasie, risultano notevolmente innalzati anche i
ricomparsa di elementi spongiocitari sembra dipen­ livelli ematici di 17-chetosteroidi (Sindromi di Cus­
dere dal riaccumulo di lipidi intracitoplasmatici hing miste). Le forme iatrogene, oggi di osservazione
nella fase dell'adattamento (si veda cap. 4 Stress). non facile, sono legate a somministrazione protratta
Le cellule degli strati più superficiali della fascico­ di glicocorticoidi a dosi elevate. Substrato anatomo-
lata possono assumere morfologia compatta, da patologico del tutto infrequente della sindrome di
non confondere con elementi della glomerulare e Cushing può essere, soprattutto nell'infanzia, Yade-
da non interpretare quindi come indicativa di iper- nomatosi micronodulare corticale, che si differenzia
plasia della zona glomerulare che non occorre in dalla iperplasia diffusa semplice bilaterale, perché
queste condizioni. in questi casi, pur essendoci risposta positiva alla
stimolazione con ACTH esogeno, sono necessarie
Ipersurrenalismi cronici
per ottenere un blocco di secrezione dosi molto ele­
vate di desametazone; questi fatti lasciano supporre
Ipersurrenaiismi per secrezione di steroidi una loro autonomia biologica e funzionale anche se
glicoattivi la lesione di partenza era un'iperplasia ACTH
indotta. Nei rari casi a genesi ipotalamica il danno
Sono sostenuti dalla ipersecrezione surrenalica ipofisario consiste in iperplasia delle cellule cortico-
di idrocortisone ed altri glicocorticoidi. L'iperpro- trope secernenti ACTH. Relativamente frequenti
duzione può essere dovuta ad ima secrezione inap­ (15% dei Cushing) le sindromi paraneoplastiche, forme
7 8 8 & Corteccia surrenale

connesse con neoplasie extraipofisarie secementi parato muscolo-scheletrico (atrofia muscolare ed


ACTH o CRH (carcinoma a piccole cellule del pol­ osteoporosi, interessante particolarmente le verte­
mone, carcinoidi polmonari o del timo, feocromoci- bre con conseguenti dolori vertebrali, cifosi, frattu­
tomi, carcinoma midollare della tiroide, altri tumori re spontanee). Osteoporosi da riassorbimento diffu­
neuroendocrini, soprattutto del tratto digerente). so della matrice ossea ed atrofia muscolare dipen­
Il quadro clinico delle varie forme di Cushing si dono dal catabolismo proteico legato alla neoglico-
caratterizza per astenia di grado variabile associata genesi dalle proteine. Ipertensione arteriosa, car-
a disturbi psichici (nel 25% vere psicosi, nel 35% diomegalia e scompenso congestizio, talvolta asso­
disturbi emozionali e della personalità) in circa il ciati a nefrosclerosi ed albuminuria, sono riscontri
60% dei casi spontanei e nel 15% delle forme iatro­ possibili nelle forme di lunga durata - diagnosi tar­
gene. L'obesità è distribuita in maniera caratteristi­ dive - e dipendono da produzione di steroidi ad
ca al volto (facies limare), al tronco (con gibbo di azione mineraloattiva. Nel 25 % dei casi, particolar­
bufalo e cuscinetti adiposi sovraclavicolari); per mente in quelli di lunga durata, al quadro descritto
contrasto le estremità sono sottili per atrofia delle si associa diabete mellito che può regredire pronta­
masse muscolari. Le alterazioni della cute e dei suoi mente con la cessazione (terapeutica) dell'iperfun-
annessi (pletora facciale per dilatazione dei vasi zione surrenalica: le isole pancreatiche, alquanto
capillari), le strie cianotiche (striae rubrae) della evidenti per iperplasia delle cellule beta (polinesia
lunghezza di circa cm 5-15 e della larghezza di cm pancreatica), possono presentare lesioni secondarie
0,5-3 localizzate in corrispondenza delle regioni di degenerazione idropica. Il diabete del Cushingh
anterolaterali dell'addome e delle cosce, sono (classico esempio di diabete steroideo) si accompa­
dovute a dilatazione del plesso venoso superficiale gna spesso con obesità, con ipertensione arteriosa e
con stravasi ematici e sono associate ad alterazioni con manifestazioni arteriosclerotiche.
connettivali (azione antijaluronica dell'idrocortiso-
ne e dei cortisonici) (Fig. 24). Reperto incostante La sindrome di Achard Thiers, è quadro anato-
nelle donne è l'irsutismo collegabile con l'azione moclinico peculiare sostenuto da tumori od iper-
androgena dei cataboliti deiridrocortisone oppure plasie surrenaliche secementi contemporaneamen­
aH'iperincrezione di corticosteroidi androgeni cui te ormoni glicoattivi e steroidi androgeni: è più evi­
può essere associata la comparsa di acne (Fig. 25). dente in soggetti di sesso femminile e si manifesta
Importanti sono anche le compromissioni dell'ap­ nell'età matura con virilismo ed irsutismo (diabete
Quadri anatomoclinici &¡ 7 8 9

Fig. 25 - Sindrome di Cushing.


Acne seborroica in donna di 24
anni. (Da G. Crepaidi, A. Bari-
tussio, I.e.).

delle donne barbute). Si distingue dal diabete della dosteronismo può essere sostenuta da neoplasie
forma classica del Cushing, per la mancanza, oltre ovariche (Ferriss, 1978). L'attività reninica piasmati­
che delTastenia e dell'atrofia muscolare, dei dolori ca è sempre e caratteristicamente depressa.
ossei, dell'osteoporosi e dell'obesità. L'iper secrezione di aldosterone determina iper-
Nelle diverse forme di Cushing, per l'attività potassiuria, ipopotassiemia, ipernatremia ed alcalo-
antiflogistica e per l'inibizione dei processi immu­ si; lo squilibrio elettrolitico causa a sua volta iper­
nitari, esercitate dall'idrocortisone, è frequente l'in­ tensione arteriosa con discreta ipertrofìa ventricola­
sorgenza di complicanze infettive con scarsa tenden­ re sinistra e dilatazione di tutte le cavità cardiache e,
za alla guarigione. Il timo e le altre strutture linfati­ solo raramente, edema della papilla e retinopatia
che sono atrofiche. Le ulcere gastroduodenali, nei emorragica. L'ipotonia muscolare si associa con
soggetti costituzionalmente predisposti, sono parti­ grave astenia e con episodi di pseudoparalisi flacci­
colarmente frequenti. L'apparato genitale può esse­ da (direttamente dipendenti dall'ipopotassiemia
re interessato da lesioni atrofico-degenerative (con che può realizzare lesioni necrotiche delle fibre
perdita della libido ed anche sterilità). muscolari). Poliuria e polidipsia (insensibili all'or­
mone antidiuretico) con ipostenuria e proteinuria
1percorri coi di smi a prevalente secrezione caratterizzano la nefropatia kaliopenica (degenera­
zione vacuolare e necrosi parcellare dell'epitelio
mineraìoatfiva (iperaldosteronismi) della porzione prossimale del tubulo renale con
L' iper aldo steronismo primario (sindrome di possibile interessamento anche della porzione
Conn) è sostenuto da un tumore surrenalico funzio­ distale). Il tasso urinario di aldosterone è sempre
nante/ fino al 90% dei casi da un adenoma singolo aumentato mentre i valori dei 17-cheto ed 11-ossi-
(in genere di piccole dimensioni superando rara­ steroidi sono normali. Eccezionale il riscontro di
mente 2 cm di diametro e 4 g di peso, e caratteristi­ edemi diffusi perché manca, di solito, la ritenzione
camente di colorito giallo-oro), raramente da ade­ di sodio per alterazioni funzionali del tubulo renale
nomi multipli, solo eccezionalmente da un carcino­ oppure per ipersecrezione di un fattore sodiuretico.
ma (Slee et al., 1983), o da iperplasia diffusa. Que­ Gli iperaldosteronismi secondari sono dovuti a
st'ultima forma, che rimane la causa più frequente ipersecrezione compensatoria di aldosterone con
nell'età giovanile e nell'infanzia, potrebbe dipende­ aumento dell'eliminazione urinaria: il compenso
re da stimoli di provenienza extrasurrenalica funzionale surrenalico (della zona glomerulare) si
(Nicholls et al, 1975): aldosteronismo pseudoprima­ esprime con quadri variabili di iperplasia e con
rio. Sono descritti anche quadri di iperaldosteroni- segni morfocitochimici di attivazione delle cellule
smo, sostenuti da iperplasia nodulare della zona della zona glomerulare. A differenza che nella sin­
glomerulare, definiti iperaldosteronismi idiopatici drome di Conn i livelli plasmatici di renina sono
significativamente aumentati. Queste forme secon­
(Komminoth et ah 2002); in questa categoria può
darie si osservano:
essere incluso il raro quadro dell'ipertensione sen­
sibile" ai gllcocorticoidi dovuta a difetto genetico a. in gravidanza e nella tossicosi gravidica oltre che
dell'enzima aldosterone sintasi (per traslocazione nei trattamenti con dosaggi soprafisiologici di
in 8q21), a trasmissione autosomica dominante. In estrogeni (contraccettivi orali) probabilmente
qualche caso i surreni risultano morfologicamente per l'aumento della produzione epatica di sub­
normali. Eccezionalmente una condizione di iperal- strato per la renina, indotto dagli estrogeni;
7 9 0 £ Corteccia surrenale

b. iti molti casi di sindrome di Cushing o di sindrome nella sintesi degli steroidi surrenalici (disonnino­
adrenogenitcde, per la coesistenza di un'ipersecre- si), sono responsabili di sindromi adrenogenitali.
zione di aldosterone che esplica azione iperten- Si distinguono pertanto sindromi adrenogenita­
siva (da cui gli effetti positivi della terapia chi­ li congenite e sindromi adrenogenitali acquisite.
rurgica di surrenalectomia);
Sindromi adrenogenitali congenite (disormonosi
c. nelle cardiopatie destre o totali scompensate sia a
surrenaliche enzimopeniche). Sono le endocrinopa-
causa della dieta iposodica che per l'aumento
tie surrenaliche per deficit della steroidogehesi che
della pressione venosa (pressocettori della vena
rappresentano l'affezióne surrenalica più frequente
cava inferiore);
dell'infanzia. Legate alla trasmissione di un gene
d. nelle sindromi nefrosiche in rapporto all'ipovole-
autosomico recessivo, possono manifestarsi, alme­
mia ed alla diminuzione della pressione diffe­
no nelle forme più lievi, anche dopo la pubertà, e
renziale nell'arteria carotide comune (il compen­
sono spesso individuate più precocemente nelle
so surrenalico, iperaldosteronemia, inducendo
femmine che nei maschi. Queste disormonosi ven­
ritenzione di sodio, aggrava l'edema);
e. nelle epatiti e nelle cirrosi epatiche, a causa della
gono attualmente distinte a seconda dei difetti enzi­
matici che le sostengono. Poiché la via metabolica
diminuzione dei processi di inattivazione del-
più importante nella steroidogenesi è quella che
l'aldosterone e probabilmente anche per la par­
conduce alla formazione dell'idrocortisone (il prin­
tecipazione di altri fattori quali ì'ipovolemia
cipale ormone surrenalico che influisce sulla con­
(ipoproteinemia);
troregolazione dell'asse ipofiso-surrenalico modu­
f. nella sindrome di Bartter, caratterizzata da ipoka-
lando la liberazione di ACTH), un difetto enzimati­
liemia, da iperattività del sistema renina angio-
co che impedisca o riduca la sintesi di idrocortiso­
tensina con attivazione funzionale dell'apparato
ne, comporta iperproduzione e iperincrezione di
iuxtaglomerulare, senza tuttavia ipertensione, e
ACTH a cui il surrene risponde con iperplasia ed
che è probabilmente dovuta ad un difetto primi­
ipertrofia. Il difetto enzimatico, bloccando la sintesi
tivo tubulare renale delFassorbimento elettroli­
dei glicocorticoidi, comporta sintesi ed accumulo
tico;
dei metaboliti che originano a monte del difetto
g. nelle ipovolemie piasmatiche;
enzimatico e di steroidi androgeni in particolare
h. nei tumori renali secementi renina.
(Tab. 4).
Lo pseudoiperaldosteronismo è un quadro ana- Il quadro anatomo-clirdco più frequente è quel­
tomoclinico di ipertensione arteriosa con alcalosi e lo della sindrome adrenogenitale pura congenita
ipopotassiemia, simulante la sindrome di Conn, che (Sindrome di Wilkins), da deficit incompleto di C 21-
sarebbe sostenuto da una tubulopatia congenita idrossilasi per mutazione di CYP21B, che si presen­
ereditaria, responsabile di una escrezione urinaria ta in modo variabile a sèconda del sesso e dell'età
di aldosterone inferiore alla norma (Veyrat et al., del soggetto. Le conseguenze del danno metabolico
1969). e dell'iperdosaggio di ormoni androgeni surrenali­
ci si manifestano già durante la vita fetale (sopra­
Ipercorticoidismo a prevalente secrezione tutto tra il 2° e il 5° mese di vita intrauterina) con
androgena (sindrome adrenogenitale) errori nella differenziazione dei genitali esterni. In
rapporto all'entità del danno metabolico si possono
E legato alla iperproduzione surrenalica dì riscontrare nella femmine gradi diversi di mascoli-
metaboliti steroidi azotoattivi, ad azione androge­ nizzazione che vanno dalla semplice ipertrofia del
na: deidroepiandrosterone (DHEA) e DHEA-solfa- clitoride (grado 1° secondo Prader), alla sua abnor­
to, che vengono convertiti a testosterone e causano me strutturazione (clitoride peniforme) con atrofia
quadri di sindrome adrenogenitale subito evidenti delle piccole labbra, grandi labbra di tipo scrotale,
nei soggetti di sesso femminile. Anche altri steroidi canale urogenitale unico in forma dì doccia sulla
di produzione surrenalica possono essere aumenta­ superficie ventrale del clitoride (pseudoermafrodi­
ti in quantità variabile per cui si distinguono sin­ tismo), o addirittura alla formazione di genitali
dromi adrenogenitali pure e sindromi adrenogeni- esterni simili a quelli di un maschio criptorchide
tali miste, nelle quali coesiste iperincrezione di cor- (grado 5° secondo Prader). Nel maschio si osserva
ticoidi glicoattivi (con corrispondente sintomatolo­ ipertrofia del pene. I genitali interni conservano i
gia di tipo cushingoide) oppure di corticoidi mine- caratteri propri del sesso cromosomico, la cui deter­
raloattivi (come si riscontra più frequentemente minazione si rende necessaria in tutti i casi di ambi­
nelle forme congenite) con segni clinici di iperaldo- guità dei genitali esterni o di criptorchidismo bila­
steronismo. I quadri anatomoclinici della sindrome terale in neonati apparentemente maschi. Durante i
adrenogenitale sono diversi in rapporto al sesso primi anni di vita, soltanto, lo sviluppo scheletrico
colpito, all'epoca ed alle modalità di insorgenza. e l'accrescimento somatico sono decisamente acce­
Responsabili di questi quadri clinici sono gli stati lerati rispetto alla norma (mentre rimane normale
iperfunzionali del surrene connessi con iperplasia o l'età dentaria), nel maschio con accentuazione dei
neoplasie, benigne o maligne; anche alcuni difetti- caratteri sessuali maschili fino alla pseudopubertà
enzimatici di origine genetica, che interferiscono precoce, nella femmina invece con marcato svilup-
Quadri anatomoclinici -S 7 9 1

Diagnosi differenziale dei difetti enzimatici deila steroidogenesi surrenalica

Genitali
Virilizzazione Metabolismo Steroidi : Sferoidi
Deficit Sindrome . ambigui Enzima
post-natale saiino in eccesso in difetto
allò nascita
Colesterolo iperplasia
Maschi No Perdita di sali Nessuno Tutti P450SCC
desmolasi lipoidea

Classica Maschi Sì Perdita di sali DHEA“ Aldo 3j3-HSD


17 0 H -P re g ..' ■: : T, F ■: '■
3/3-HSD
Non classica No ■ Sì ’ vV/ Normale DHEA 3/3-HSD
1 70H -P reg

17a-idrossilasi Maschi No Ipertensione DOC, B F, T, Aldo P450c17


17,20-iiasi Maschi No Normale Prog. D H E A , T, A P450c17

Con perdita Femmine Sì Perdita di "sali 170H -P rog, A A ldo, F P450c21


disali
21-idrossilasi virilizzante Femmine Normale 1 7 0 H Prog, A F P450c21

■ ■■' Sì
semplice ,
Non classica No Sì Normale 170 H -P rog, A P450c21

Classica Femmine Sì Ipertensione D O C , S, Prog. F, ± Aldo P450cl 1B1


11 -idrossiiasi
Non classica No Sì Normale 17 0 H -P ro g , A . — P450cl I B I

Aldosterone Con perdita


: No No Perdita di sali 180H-B Aldo P450cì 1B2
sintetasi di sali

Legenda: 3 ^-H S D — 3[ì-idrossisteroidodeidrogenasi; D H EA = deidroepiandrosterone; 17 0 H -P re g — 17-idrossipregneno-


ione; Aldo = aldosterone; T — testosterone; F — cortisolo; D O C — {11 )-aeossicorticosterone; B = corticosterone; A = andro-
stenedione; 1 7 0H -P rog — 17-idrossiprogesterone; S - 11-deossicortisolo; ± = con o senza.
(Da G . Crepaidi, A . Baritussio. I.e.)

po eterosessuale. Il saldamente» delle cartilagini di/ accompagna ai gradi più accentuati di mascoli-
coniugazione per effetto degli steroidi androgeni nizzazione (caratterizzata da anoressia, vomito,
avviene precocemente e pertanto precoce è l'arresto diarrea, astenia profonda, disidratazione, perdi­
dell'accrescimento, così che nell'età adulta i portatori ta rapida di peso, ipotermia, collasso cardiocir­
di sindrome adrenogenitale sono di statura inferio­ colatorio); ed una variante latente, che può esse­
re alla norma (microsomia adrenogenitale), tarchiati, re sostenuta anche da deficit di 3-beta-ol-deidroge-
con estremità sproporzionatamente corte, voce nasi (caratterizzata da turbe discrete dell'equili­
baritonale e apparato pilifero a distribuzione brio idrico-salino che occasionalmente possono
maschile. L'aumento del tasso ematico di steroidi aggravarsi come complicanza di altri quadri
androgeni inibisce la funzione gonadotropa dell'i­ morbosi);
pofisi e secondariamente i processi di gametogene­ 2. la forma con ipertensione arteriosa, dovuta a
si e di sintesi steroidea nelle gonadi: ne consegue iperproduzione di desossicorticosterone, soste­
sterilità con mancanza di cicli mestruali e dello svi­ nuta da deficit di C-ll-idrossilasi e accompagnata
luppo delle mammelle nelle femmine. Generalmen­ da segni meno pronunciati di virilizzazione;
te coesistono segni di insufficiente secrezione di 3^ la forma con ipoglicemia (per insufficiente pro­
idrocortisone che possono raggiungere l'entità di duzione di corticoidi glicoattivi) con aumentata
vere crisi addisoniane. È, infine, frequente il reper­ sensibilità all'insulina, caratterizzata da vomito
to di pigmentazione cutanea di tipo addisoniano in e collasso cardiovascolare con perdita di
rapporto con l'ipersecrezione ipofisaria (correlati­ coscienza.
va) di ACTH e di MSH.
Le principali varianti cliniche sono: Sindromi adrenogenitali acquisite. Vengono
distinte, per le particolarità dei quadri anatomocli­
1. la sindrome di Debré-Fibiger, dovuta a deficit nici, in forme infantili e forme dell'età adulta:
completo di C-21-idrossüasi, caratterizzata da per­
dita di sali per aumento considerevole della 1. Accanto alla forma congenita si descrive una
natriuria legato ad insufficiente produzione di sindrome adrenogenitale infantile acquisita, del
aldosterone; di questa forma si conoscono una tutto eccezionale, che si manifesta precocemente
variante conclamata propria del neonato, che si entro il secondo-terzo anno di vita (nel 50% circa
7 9 2 £ Corteccia surrenale

dei casi anche al di sotto dei 2 anni), soprattutto trolaterale ha aspetto regolare. Il quadro clinico è
nelle bambine. Questa forma è causata da neo­ caratterizzato dalla comparsa di ginecomastia vera,
plasie surrenaliche funzionanti, più spesso mali­ con i caratteri della mammella femminile postpube­
gne, o da iperplasia bilaterale delle ghiandole rale, oltre che da altri segni di femminilizzazione, in
dipendente da patologia del sistema ipotalamo- genere limitati alla rallentata crescita della barba e
ipofisario. La sintomatologia è caratterizzata da alla distribuzione di tipo femminile del tessuto adi­
virilizzazione con sviluppo deir apparato pilife­ poso, mentre l'atrofia testicolare e l'azoospermia
ro molto pronunciato, modificazione del tono sono quasi eccezionali; il tasso urinario di estrogeni
muscolare e, inizialmente, crescita ossea accele­ risulta particolarmente elevato, (attorno a 100
rata. Inoltre nelle forme neoplastiche maligne, microgrammi nelle 24 ore).
l'eventuale ipersecrezione di steroidi ad azione
anabolizzante può causare ritardo nella diagno­
si per la mancanza dell'astenia e sopratutto della I Bibliografia essenziale
perdita di peso. È frequente anche la comparsa Azziz R.: Non classic adrenal hyperplasia. Current con­
di ipertensione arteriosa e, nelle forme ipofisa- cepts. Clin. Endocrinol. Metab. 78: 810,1994.
rie, di manifestazioni di tipo cushinghiano non­
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femmina, all'atto dello sviluppo puberale, si Remo, pag. 193-216.
manifestano ipertrofia del clitoride e delle gran­
di labbra con amenorrea primaria, mentre nel Caron K.M., Soo S.C., Parker K.L.: Targeted disruption of
maschio si ha pseudopubertà precoce con StAR provides novel insights into congenital adrenal
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macrogenitosomia dei genitali esterni (testicoli e
prostata tuttavia rimangono di tipo infantile). Cooper M.S., Stewart P.M.: Corticosteroid insufficiency
2. La sindrome adrenogenitale acquisita dell'adul­ in acutely ill patients. N Engl ] Med, 348:727-734,
to è sostenuta, come la forma precedente, da 2003.
tumori surrenalici funzionanti oppure da iperplasie DeLellis R.A., Lloyd R.V., Heitz P.U., Eng C. (Eds): World
corticali bilaterali secementi steroidi androgeni. Health Organization Classification of tumours.
Predilige il sesso femminile che risulta colpito Pathology and genetics of tumours, of endocrine
nei 3/4 circa dei casi; frequente è anche l'iperin- organs. IARC Press, Lyon 2004.
crezione di glicocorticoidi e, più raramente, di Didolkar M.S., Bescher R.A., Elias E.G., Moore R.H.:
mineralcorticoidi. Il quadro clinico, meglio evi­ Natural history of adrenal cortical carcinoma: a clini-
denziabile nella donna, si manifesta dapprima co-pathologic study of 42 patients. Cancer, 47:2153-61,
con sintomi di defemminilizzazione (regressio­ 1981.
ne progressiva dei caratteri sessuali secondari
Dluhy R.G., Lifton R.P.: Glucocorticoid remediable aldo­
femminili) e poi con virilizzazione (sviluppo steronism. J Clin Endocrinol Metab, 84:4341-4344,
eccessivo dell'apparato pilifero che assume la 1999.
distribuzione caratteristica del sesso maschile,
con associate acne, caduta dei capelli nelle zone Dluhy R.G.: Endocrine hypertension. In: Larsen P.R., Kro-
nenberg H.M., Melmed S., Polonsky K.S. (Eds), Wil­
temporali, tonalità profonda della voce, aumen­
liams Textbook of Endocrinology, 10th Ed. Saunders,
to delle masse muscolari, ipotrofia delle mam­ Philadelphia, 2003, pag. 552-585.
melle, atrofia dell'utero, amenorrea secondaria,
ipertrofia del clitoride; nel maschio la sintoma­ Ganguly A.: Primary aldosteronism. N Engl J Med,
tologia endocrina è molto meno appariscente o 339:1828-1834, 1998.
del tutto inapparente. L'escrezione urinaria di Gicquel C., Bertagna X., Gaston V., Coste J., Louvel A.,
17-chetosteroidi, soprattutto di DHEA (deidroe- Baudin E., Bertherat J., Chapuis Y., Duclos J.M.,
piandrosterone), è molto elevata e supera spesso Schlumberger M., Plouin P.R, Luton J.P., Le Bouc J.:
il valore di 200 mg nelle 24 ore. Molecular markers and long-term recurrences in a
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Ipercorticoidismo a prevalente secrezione
estrogena Komminoth P., Roth J., Schroder S., Saremaslani P., See-
lentag W.K., Heitz P.U.: Overlapping expression of
Comprende forme, estremamente rare, sostenu­ immunohistochemical markers and synaptophysin
te da neoplasie surrenaliche funzionanti in senso mRNA in pheochromocytomas and adrenocortical
carcinomas. Implications for the differential diagno­
femminilizzante; a tutt'oggi ne sono noti circa una
sis of adrenal gland tumors. Lab Invest, 72:424-431,
cinquantina di casi, riguardanti per la quasi totalità 1996.
soggetti di sesso maschile in età compresa tra 20 e
40 anni. Il tumore è di solito monolaterale, molto Lack E.E.: Pathology of adrenal cortex. In: Bloodworth's
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ai polmoni, alle ossa, ai linfonodi); il surrene con­ Lack E.E.: Tumors of the adrenal gland and extra-adrenal
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Midollare
6.9 surrenale
e paragangli
L. Cavazzini, L. Mariuzzi, G.M. Mariuzzi

Midollare surrenale
| Cenni di anatomia e di istologia è rinvenibile un terzo citotipo dotato di abbondan­
te citoplasma omogeneo, eosinofilo e di nucleo
La midollare del surrene deriva dal neuroepite­ ipercromico: le cellule oncocitarie. Al microscopio
lio delle creste neurali. Le cellule neuroectodermi- elettronico le cellule principali neuroendocrine ven­
che primitive, provenienti dal neuroepitelio delle gono distinte in due tipi in base ai caratteri delle
creste neurali, penetrano airinterno della corteccia granulazioni citoplasmatiche, potendo contenere
fetale: qui proliferano e si differenziano assumendo granuli molto piccoli (50 nm circa) e poco densi
i caratteri e le proprietà biologiche dei feocromociti. (cellule chiare), oppure granuli più grossi (200-300
La loro citogenesi procede per tutta la vita fetale e nm), più densi, osmiofili (cellule scure); è stato
per i primi anni della vita extrauterina. Nel feto le anche dimostrato che queste ultime contengono in
cellule cromaffini sono maggiormente rappresenta­ prevalenza noradrenalina mentre le prime conten­
te nelle masse pregangliari periaortiche (organo di gono adrenalina (De Robertis e Sabatini, 1960;
Zuckerkandl). Dagli elementi della cresta neurale Coupland, 1965).
derivano anche le cellule gangliari del sistema nervo­ Le catecolamine, prodotte dalle cellule principa­
so simpatico attraverso una fase maturativa inter­ li, si legano (come complesso con ATP e proteine)
media costituita dai simpatoblasti (neuroblasti). alle granulazioni, che rappresentano le strutture di
La midollare surrenale, completamente circondata supporto specifiche. Una certa quota di catecolami­
dalla sostanza corticale, si distingue da questa per il ne tuttavia, circa il 10-30%, si trova libera nel citopla­
colorito bruno-grigiastro (nel cadavere è spesso col­ sma. Con tecniche immunoistochimiche le cellule
liquata per fenomeni autolitici) ed ha la proprietà di’ principali della midollare surrenale vengono identi­
fissare elettivamente i sali di cromo (reazione di ficate da marcatori come la cromogranina, la sinap-
Henle), assumendo un colorito bruno: il fenomeno tofisina e l'enolasi neurono specifica (NSE) (Fig. 1).
(icromaffinità) è dovuto all'ossidazione dei sali di Citochimicamente sono individuabili anche gli enzi­
cromo da parte delle catecolamine presenti nel cito­ mi che partecipano alla -sintesi delle catecolamine,
plasma delle cellule della midollare con formazione come la dopamina-idrossilasi nelle cellule che sinte­
del pigmento bruno distintivo. Il termine di feocro­ tizzano la noradrenalina, e la femletanolamina-N-
mociti, assegnato a questi stessi elementi, deriva metiltransferasi nelle cellule che provvedono alla
appunto dalla colorazione bruna (feocromo è il pig­ conversione della noradrenalina in adrenalina.
mento bruno delle alghe feoficee). Analogamente,
le cellule della midollare fissano anche l'acido
osmico (reazione di Mulon) e il nitrato di argento | Cenni di fisiologia
(reazione di Ogata). Il tessuto midollare costituisce La midollare surrenale fa parte del sistema ner­
circa da 1/5 a 1/10 della massa dei stirreni ed il suo voso autonomo simpatico, sistema neuroendocrino
peso varia, a seconda del grado di attivazione fun­ analogo aU'ipotalamo, addetto al mantenimento
zionale, tra g 0,4 e g 1,2. Istologicamente risulta for­ continuo dell'omeostasi delLorganismo tanto nella
mato da cordoni di cellule disposte in due strati che normalità che negli adeguamenti richiesti dalle
poggiano direttamente sulla parete di capillari condizioni di emergenza e di stress in particolare. Il
sinusoidali aventi decorso irregolare e lume molto sistema simpatico è costituito dai neuroni pregan­
ampio. Nei comuni preparati fissati in formalina si gliari localizzati nelle corna intermedio-laterali del
distinguono due citotipi: le cellule principali o di midollo spinale, nel suo tratto toracoiombare. Que­
tipo 1, neuroendocrine; e le cellule di tipo 2 o cellu­ sti neuroni sono connessi, per via nervosa, tramite
le di supporto o satelliti, disposte alla periferia dei le fibre pregangliari, con i neuroni postgangliari dei
cordoni midollari ed evidenziabili immunoistochi- gangli simpatici para- e pre-vertebrali, ed anche
micamente con la proteina S-100. Occasionalmente con la midollare del surrene.
7 9 6 '■ Midollare surrenale e paragangli

Fig. 1 - Ghiandola midollare surrenaiìca: a) aspetto istologico normale (Em eos, 40X); b) colorazione bicromato-Giemsa; c) reazio­
ne immunoistochimica per cromogranina; a) microfoiograria elettronica che evidenzia la presenza di granuli elettrondensi sede di
immagazzinamento delle catecolamine.
Midollare surrenale: Cenni di fisiologia ^ 7 9 7

Le cellule cromaffini della midollare, nell'attua­ na ad opera della catecol-O-metiltransferasi


zione delle risposte neurovegetative e neuroendo­ (COMT), e quindi catalizzate dalla monoaminossi-
crine, sono assimilabili ai neuroni postgangliari dei dasi (MAO) in acido vanilmandelico che viene
gangli simpatici. Risposte che consistono nella escreto con le urine nella quantità di mg 1-7 nelle 24
secrezione delle catecolamine: adrenalina da parte ore. Altra via di degradazione metabolica, caratteri­
delle cellule cromaffini della midollare, e noradre­ stica del tessuto cerebrale, è rappresentata dalla for­
nalina, prodotta ed accumulata per oltre il 90%, nei mazione di acido diidrossivanilmandelico a partire
neuroni postgangliari dei gangli simpatici. U adre­ dalle catecolamine per effetto della MAO. In picco­
nalina, (AD) o epinefrina è un ormone vero e pro­ le quantità le catecolamine vengono escrete nelle
prio; la noradrenalina (NAD) o norepinefrina, al urine anche come metossi-composti e, in minima
contrario, è da considerare un neurotrasmettitore misura, libere. La clearance metabolica è accelerata
che, liberato dalle terminazioni assoniche dei neu­ da elevate concentrazioni piasmatiche di catecola­
roni simpatici post-gangliari, agisce sulle cellule mine. L'uptake 1 è un sistema ad alta affinità per la
bersaglio da questi innervate. noradrenalina, mentre l'uptake 2 ha maggiore affi­
La biosintesi di AD e NAD, avviene attraverso nità per l'adrenalina.
tappe successive, essenzialmente a partire dagli Gli effetti biologici - le azioni metaboliche - degli
aminoacidi fenilalanina e tirosina: l'apporto esoge­ ormoni medullo-surrenalici si attuano per il trami­
no di tirosina sembra comunque rivestire maggiore te di due tipi fondamentali di recettori periferici
importanza, dal momento che la sintesi delle cate­ (recettori adrenergici), situati a livello delle mem­
colamine avviene anche nei casi di oligofrenia fenil- brane cellulari: i recettori a lfa (a l e <x2), sensibili
piruvica in misura pressoché normale. La prima all'adrenalina e alla noradrenalina, collegati essen­
tappa comporta la trasformazione della tirosina, ad zialmente con funzioni eccitatrici (ad eccezione
opera di una tirosinoidrossilasi, in 3,4 diidrossifeni- della muscolatura liscia dell'intestino, che viene
lalanina e questa viene quindi decarbossilata con rilassata), ed i recettori beta, (pi, (32, P3), più sensi­
formazione di dopam in a (3,4-diidrossifeniletilami- bili’aH'adrenalina (soprattutto il P2), con funzioni
na) per effetto, della DOPA-decarbossilasi. La dopa­ inibitrici (tranne quella di stimolazione esercitata
mina viene infine convertita in noradrenalina per sul miocardio) e con attività metaboliche. La secre­
l'intervento della dopamina-beta-ossidasi. La tra­ zione di noradrenalina è controllata dai recettori
sformazione della noradrenalina in adrenalina, dopaminergici, recettori DA che esplicano anche
catalizzata dall'enzima feniletanolamina-N-metil- funzioni di vasodilatazione. I recettori periferici,
transferasi, è la sola tappa specifica possibile alla che mediano l'azione delle catecolamine, agiscono
midollare del surrene. grazie a reazioni enzimatiche che iniziano a livello
Nell'uomo la produzione giornaliera di cateco­ del sistema adenilatociclasi-AMP ciclico, con
lamine surrenaliche è di mg 6-10 in media, essendo aumento della sua concentrazione nel caso dei beta
prevalente la sintesi di NA (circa il 90%). Le concen­ (Sutherland e Robinson), e probabilmente con ridu­
trazioni piasmatiche di adrenalina, e pertanto gli zione dello stesso enzima nel caso degli alfa (Abe et
effetti specifici sui tessuti bersaglio, variano ampia­ al.). La regolazione della funzione recettoriale
mente e continuamente in rapporto alle condizioni appartiene alle catecolamine stesse. In linea genera­
fisiologiche e fisiopatologiche. In condizioni di le, una riduzione importante della liberazione delle
riposo ed in posizione supina le concentrazioni catecolamine si associa ad un aumento, nelle cellu­
medie di aggirano intorno ai 50 pg/ml. Gli effetti le bersaglio, del numero dei recettori adrenergici, e
endocrini e metabolici si attuano solo con tassi defi­ quindi della risposta alle catecolamine. Al contra­
niti di concentrazione plasmatici o tassi-soglia: l'in­ rio, un significativo incremento della quota di cate­
cremento della frequenza cardiaca si realizza a con­ colamine si associa ad una riduzione del numero
centrazioni comprese tra 50 e 100 pg/ml; la lipolisi dei recettori e quindi ad una ridotta responsività.
e l'aumento della P.A., tra 75 e 125 pg/mi; l'ipergli- L'effetto delle catecolamine sui recettori è bifasica:
cemia e la chetogenesi, tra 150 e 200 pg/mi; la sop­ all'inizio (da 30 a 60 minuti), all'aumento del nume­
pressione della secrezione insulinica, per concen­ ro dei recettori corrisponde incremento della rispo­
trazioni superiori ai 400 pg/ml. Le attività endocri­ sta; in seguito (da 1 a 4 ore) si ha caduta del nume­
ne deU'adrenalina sono funzione della clearance ro dei recettori. La modificazione della sensibilità
metabolica dell'ormone e dello stato di attività fun­ recettoriale, pertanto, tende ad amplificare inizial­
zionale dei recettori a livello dei tessuti bersaglio. mente la risposta alle catecolamine liberate ed a
Adrenalina e noradrenalina sono rapidamente ridurla, invece, in un secondo tempo con un dupli­
rimosse dal circolo mediante un meccanismo di ce meccanismo, di riduzione dei recettori adrener­
riassorbimento da parte dei neuroni simpatici post­ gici e di aumentata clearance metabolica.
gangliari (uptake 1), quindi vengono immagazzina­ La midollare surrenale, con il sistema nervoso
te dalle cellule bersaglio extraneuronali e rapida­ simpatico, forma un'unità funzionale integrata e
mente metabolizzate (uptake 2). Dopo l'uptake 2 le intercorrelata che, anatomicamente e funzionalmen­
catecolamine vengono catabolizzate dapprima con te, è connessa anche con l'ipotalamo, il locus coeru-
formazione di metadrenalina e di normetadrenali- leus, i nuclei della formazione reticolare del ponte, il
7 9 8 sì Midollare surrenale e paragangli

talamo dorsale, l'ippocampo, l'amigdala, la neocor­ tappe della secrezione delle catecolamine e la tabel­
teccia e la corteccia cerebellare. Questi rapporti spie­ la 1 gli effetti evocati dall'attivazione dei vari recet­
gano il ruolo centrale del locus coeruleus e del siste­ tori. Pertanto gli effetti delle catecolamine variano a
ma simpatico-midollare nell'adeguamento delle seconda della catecolamina liberata, ma anche del
risposte nervose ed umorali allo stress ed agli adat­ tipo di recettore al quale si va a legare.
tamenti neuroendocrini che ne conseguono. Il siste­ Gli effetti dell'adrenalina e della noradrenalina
ma endocrino per converso controlla le risposte si esplicano sull'emodinamica e sul metabolismo.
umorali del complesso simpatico-midollare: il CRH Gli effetti emodinamici sono rappresentati da un
stimola i neuroni del locus coeruleus; la (5-endorfina aumento delle resistenze vascolari periferiche (vasi
del nucleo arcuato esercita invece un'azione inibito­ viscerali), aumento della frequenza e della portata
ria. L'intreccio complesso delle correlazioni fra siste­ cardiaca, stimolazione della liberazione di renina.
ma endocrino e sistema simpatico-midollare non Questi effetti sono responsabili dell'omeostasi pres­
pare si possa considerare del tutto esplorato; tutta­ soria nella condizione di ortostatismo e in eventi
via, i dati disponibili confermano la grande com­ patologici come lo stress. L'acquisizione improvvi­
plessità dei meccanismi che governano l'omeostasi sa della stazione eretta riduce il ritorno venoso al
compresi gli adeguamenti umorali e metabolici alle cuore. Tuttavia un riflesso nervoso simpatico, a par­
variazioni causate da eventi o condizioni di signifi­ tenza dai barorecettori e mediato dal sistema nervo­
cativi perturbamenti, endogeni ed esogeni, e dallo so centrale, aumenta il tono adrenergico (neuroni
stress in particolare. I molteplici e complessi effetti post-gangliari) e stimola la liberazione di adrenali­
biologici degli ormoni medullo-surrenalici sono na dalla midollare, con conseguente aumento delle
mediati dalle diverse e distinte funzioni recettoriali, resistenze periferiche vascolari che assicurano ade­
già richiamate e situate a livello delle membrane guati valori pressori. Questo tipo di attività è prin­
delle cellule dei molti organi e sistemi le cui attività cipalmente dovuto alla noradrenalina prodotta dai
sono regolate dal sistema. La figura 2 illustra le neuroni post-gangliari; infatti la surrenalectomia
bilaterale non comporta alterazioni dell'adegua-
mento omeostatico della pressione arteriosa, in
ortostatismo.
Struttura Enzima Gli effetti metabolici sono dovuti ad azione diret­
CH j-CH-NH j ta delLadrenalina sul metabolismo dei lipidi, delle
COOH

tirosina
tirosina idrossilasi Sottotipi di recettori adrenergici e
principali effetti biologici

Tipo di recettore Principale effetto

J ®Vasocostrizione
DOPA
Dopa decarbossilasi
j • Glicogenoiisi :
Inibizione deila secrezione
di noradrenalina
« Vasocostrizione muscolatura liscia vasale
• Inibizione delia attività nervosa simpatica

1Effetto inotropo e cronotropo positivo


>Lipolisi

* Broncodiiatazione
•vasodilatazione
•Glicogenoiisi
• Rilascio del miometrio e della
muscolatura liscia vasale
>Vasodilatazione renale, cerebrale,
mesenterica, coronàrica
1Inibizione transitoria dell'impulso
nervoso nei gangli simpatici
' Inibizione presinaptica della liberazione di
D* í > noradrenalina
Fig.2 - Biosintesi delle catecolamine. DOPA: diidrossifeniialani- 1Inibizione della liberazione di prolattina
na; D^H: dopamina beta idrossilasi; PNMT: feniletanolamina- ■ Vomito
N-metiltransferasi; PST: fenilsulfontransferasi.
Midollare surrenale: Cenni d i fisiologia x 7 9 9

proteine e dei carboidrati nonché ad azioni indiret­ cale. Noduli di sostanza corticale sono di facile
te mediate attraverso modificazioni nella secrezio­ riscontro nel contesto del tessuto midollare.
ne di ormoni preposti all'omeostasi metabolica I disturbi di circolo ed i processi infiammatori della
come, ad esempio, l'insulina. L'adrenalina è un midollare hanno la stessa genesi e gli stessi caratte­
potente agente lipolitico ed è in grado di stimolare ri di quelli della corticale. Di riscontro raro possono
anche la chetogenesi, indipendentemente dall'au­ occasionalmente esitare in quadri sclerocalcifici
mento degli acidi grassi liberi forniti al fegato d a l­ (Fig. 3).
l'attività lipolitica. Le catecolamine inoltre riducono
i livelli plasmatici degli aminoacidi, in particolare
di quelli a catena ramificata. L'adrenalina determi­ W Processi iperplasfici
na iperglicemia sia per un'accelerata liberazione in
Le iperplasie della midollare surrenale sono
circolo di glucosio epatico (glicogenolisi e gluco-
quadri anatomo-patologici di recente definizione
neogenesi) sia per ridotta clearance di glucosio dal
che, come il feocromocitoma, possono causare
circolo. Inoltre inibisce il rilascio di insulina da
ipertensione arteriosa (Rudy et al., 1980) o fare parte
parte del pancreas. Gli effetti metabolici dell'adre­
nalina sono mediati dai recettori beta adrenergici, di una poliadenomatosi endocrina (MEN tipo HA e
mentre gli effetti indiretti, conseguenti all'inibizio­ IIB) o dei quadri patologico-clinici delle malattie di
ne della secrezione di insulina, sono mediati da Hippel-Lindau e di Von Recklinghausen. L'iperpla-
meccanismi alfa adrenergici. L'adrenalina svolge sia midollare si può riscontrare in soggetti con
un ruolo importante anche nei meccanismi di con­ fibrosi cistica associata ad aumento delle cateco­
troregolazione della glicemia in presenza di ipogli- lamine piasmatiche; in bambini deceduti con il
cemia secondaria ad eccesso di insulina: una ipogli- quadro della morte improvvisa, nell'ipertensione
cemia moderata indotta dall'insulina determina giovanile, nel Cushing e nella sindrome di Beckwith-
una liberazione di sostanze iperglicemizzanti (glu- Wiedemann (visceromegalia, gigantismo, macroglos-
cagone, adrenalina, cortisolo ed ormone della cre­ sia, deficit della parete addominale, esoftalmo ed
scita), tuttavia di queste sostanze solo il glucagone iperplasia corticosurrenale). L'iperplasia midollare,
sembra avere una importanza determinante nel nodulare o diffusa, è comunque e sempre bilaterale:
favorire il ripristino dei normali livelli glicemici. il quadro anatomopatologico si caratterizza per l'au-
Nell'uomo la controregolazione della glicemia
risulta normale quando è normale la secrezione di
glucagone mentre risulta parzialmente compro­
messa quando la secrezione di glucagone è stata
prevenuta mediante somministrazione di somato-
statina; risulta inoltre gravemente compromessa
dalla soppressione della secrezione di glucagone
combinata con la somministrazione di sostanze ad
azione bloccante adrenergica, ed è completamente
abolita dalla inibizione della secrezione di glucago­
ne in soggetti precedentemente sottoposti a surre-
nalectomia bilaterale. Sembra pertanto che la secre­
zione di glucagone sia essenziale nel ripristino di
livelli glicemici normali in corso di ipoglicemia e
che il potenziamento della secrezione combinata di
adrenalina sia in grado di compensare una secrezio­
ne di glucagone deficitaria. Quando vengano inibi­
te contemporaneamente la secrezione di glucagone
e di adrenalina il ripristino di livelli glicemici nor­
mali non si realizza. Quindi l'adrenalina non espli­
ca azioni vitali nel soggetto sano ed un deficit di
questo ormone non sembra determinare particolari
sindromi cliniche. Verosimilmente l'assenza di
adrenalina rende solo più torpide le risposte di
adattamento dell'organismo allo stress.

H Apiasia, ipoplasia, disturbi


di circolo, infiammazioni
Aplasia ed ipoplasia della midollare surrenalica Fig.3 - Midollare surrenale di uomo di 22 anni: diffusi fenome­
sono reperti del tutto eccezionali e non obbligato­ ni sclerocalcifid sostituiscono completamente i cordoni della
riamente associati con analoghe lesioni della corti­ midollare (Em eos, 70X}.
800 S Midollare surrenale e paragangli

mento della massa midollare (Fig. 4), apprezzabile patiche extrasurrenaliche, considerando che tutti
anche in distretti dei surreni nei quali di norma non derivano dalle cellule della cresta neurale, sarebbe
è rappresentata, come nella regione della coda. necessario definire ogni neoplasia riscontrata per le
Dalle iperplasie della midollare possono derivare sue proprietà biologiche attuali: in dettaglio, sulla
veri feocromocitomi (Camey et a l, 1976) che difficil­ base del prodotto di secrezione e del quadro clinico.
mente possono essere diagnosticati nelle fasi iniziali Proprietà biologiche della neoplasia che dipendo­
del loro sviluppo. Di difficile identificazione nelle no, non tanto dalla sede di insorgenza, quanto piut­
fasi iniziali, quando conclamata l'iperplasia non tosto dal grado di differenziazione che condiziona
offre criteri microscopici precisi per una diagnosi la natura della sintesi. Così le neoplasie più imma­
differenziale nei confronti dei tumori anche se alcu­ ture, se secernenti, producono metaboliti precurso­
ni caratteri come la vacuolizzazione citoplasmatica, ri delle catecolamine (ad es. acido vardlmandelico i
l'aumento del contenuto di gocce colloidi nel cito­ neuroblastomi), mentre le neoplasie più differen­
plasma e l'aspetto nodulare nella midollare depon­ ziate secernono di norma catecolamine. Questi fatti
gono per l'iperplasia, mentre altri caratteri come il rendono irrinunciabile la ricerca di eventuali attivi­
gigantismo nucleare ed il pleomorfismo cellulare tà secretive e la determinazione, anche quantitativa,
sono più propri delle neoplasie, restando la bilatera­ del secreto prodotto, quando la secrezione sia stata
lità il criterio più sicuro. identificata.

B Tumori Tumori della serie simpatica


I neuroblasti, di derivazione dai tronchi ganglia­
Il tessuto midollare, fondamentalmente costitui­ri simpatici paravertebrali, migrano, durante lo svi­
to da due serie cellulari^ può dare origine a due luppo fetale, nei surreni per generarvi le popolazio­
distinte proliferazioni neoplastiche: a) i tumori della ni cellulari della midollare. In questa sede la proli­
serie cromajfine (feocromocitomi), che rappresentano ferazione dei neuroblasti assume carattere nodula­
le neoplasie medullo-surrenaliche di maggior rilie­ re, acquisendo i noduli la massima evidenza verso
vo clinico-patologico; b) i tumori della serie simpatica la ventesima settimana per poi regredire gradual­
(dei quali la midollare costituisce la sede più fre­ mente. È anche possibile la persistenza di qualche
quente). nodulo isolato che assume i caratteri di lesione neo­
La distinzione dei vari tipi di tumore è fondata plastica, neuroblastomi surrenalici in situ. L'evento
su criteri embriogenetici secondo lo schema ripor­ è più frequente nei maschi. Sono lesioni che, nell'ul­
tato (Fig. 5), tenendo tuttavia presente che sono teriore sviluppo del feto, subiscono, modificazioni
possibili e note forme di transizione, soprattutto per lo più involutive, ma anche maturative, assu­
per i tipi meno differenziati e considerando che il mendo le cellule costituenti i caratteri morfocitochi-
criterio dell'attività funzionale non è assoluto, mici di elementi progressivamente differenziati.
potendosi riscontrare tumori di sicura genesi sim­ Tuttavia possono dare origine a neoplasie: i neuro­
patica con attività di sintesi delle catecolamine e blastomi, che rappresentano le forme più indiffe­
tumori paragangliari sprovvisti di tale attività o che renziate, i ganglioneuroblastomi, ed i ganglioneu-
la posseggono in minimo grado. Infatti, se nella romi che sono le forme più mature.
pratica si definiscono feocromocitomi i tumori N euroblastom a. E neoplasia di riscontro relati­
secernenti della midollare, e neuroblastomi e gan- vamente frequente nelle prime età della vita, rap­
glioneuromi quelli che originano da strutture sim­ presentando la neoplasia extracranica più frequen-

Fig. 4- Iperplasia sumendica in ragazzo di 15 anni portatore


di M EN 2a : aspetto macroscopico (a) e istologico (b).
Midollare surrenale: Tumori & 8 0 1

NEUROBLASTOMA

^ StMPATOGONIO

NEUROBLASTOMA

NEUROBLASTO FEOCROMOBLASTO
i
GANGLiONEUROBLASTOMA FEOCROMOBLASTOMA?

FEOCROMOCITOMA
GANGLIONEUROMA

CELLULA GANGLIARE FEOCROMOCITO


F ig .5 -R a p p resenfazione schematica del percorso differenziativo delle cellule gangliari simpatiche e dei feocromociti ed istogene-
si delle neoplasie medullosurrenaliche della serie cromaffine e della serie rteuroblastica.

te prima del 4° anno di vita. L'eventuale sospetto particolare, manifestandosi nel 45% circa dei casi
diagnostico in clinica può trovare conferma dalla entro il primo anno. Sono tuttavia noti riscontri di
valutazione del tasso serico o urinario dei citati queste forme anche in soggetti adulti così come
metaboliti delle catecolamine, che risultano innal­ sono stati riportati neuroblastomi congeniti (Evans,
zati. In una elevata percentuale (circa l'80%), è 1965), talvolta con metastasi placentari (Strauss e
appunto documentabile Fattività di sintesi delle Driscoll, 1964). Occasionalmente la neoplasia, in
catecolamine per l'aumento in circolo di loro pre­ questo caso bilaterale o con localizzazioni multiple
cursori e di loro metaboliti come dopamina, acido extrasurrenaliche, ha carattere eredofamiliare.
vanilmandelico, acido omovandelico i quali tutta­ Quasi tutti i casi che si manifestano nel primo anno
via, solo eccezionalmente, generano segni clinici di vita originano dalla midollare; quelli a localizza­
(ipertensione). Proprietà endocrina questa di valore zione extra-addominale, oltre ad essere più frequen­
significativo nella diagnosi differenziale del neuro­ ti, insorgono in età relativamente più avanzata.
blastoma simpatico rispetto a tumori morfologica­ Macroscopicamente, raggiunge dimensioni
mente simili come il sarcoma di Ewing ed il linfo­ anche notevoli (fino a 10 cm), ha modesta consi­
sarcoma. L'escrezione urinaria di acido 4-idrossi-3- stenza, colorito grigio chiaro, e presenta aree necro­
metossi-vanilmandelico (HMMA) è costantemente tiche ed emorragiche, e calcificazioni nel 50% circa
aumentata nelle forme metastatizzate. dei casi. Il quadro microscopico è composto da pic­
I neuroblastomi, oltre che nei surreni (40%), pos­ cole cellule rotonde e monomorfe (rappresentando
sono originare, nello spazio retroperitoneale e para­ il più tipico tra gli smali blue celi tumors dell'infan­
vertebrale, in sede addominale (25%), nel mediasti­ zia) dotate di scarso citoplasma a contorni maldefi­
no posteriore (15%) e nella regione cervicale (5%), niti, talvolta contenente glicogeno, organizzate in
ma anche nel cavo orale, nel rinofaringe, nei seni lobuli di dimensioni variabili con supporto stroma-
etmoidali (estesioneuroblastoma o neuroblastoma le esile, riccamente vascolarizzato, nel cui contesto
olfattorio), nei seni e nelle ossa mascellari e nella possono essere talora dimostrate rare cellule di
regione sacrococcigea, in rapporto alla presenza di Schwann. I nuclei sono piccoli con apparato nucleo-
strutture gangliari. lare inapparente; le mitosi sono variamente nume­
II tumore sembra preferire il sesso maschile e col­ rose (maggiormente nelle forme diploidi); anche
pisce di regola l'infanzia, nei primi anni di vita in l'indice di attività proliferativa (valutato immunoi-
8 0 2 ' : Midollare surrenale e paragangli

stochimicamente con Ki-67 o con PCNA) è variabi­ gangliari, può essere colta dall'aumento volumetri­
le (da 0 a 80%); numerosi sono gli aspetti di cario- co delle cellule, dall'espansione del citoplasma,
ressi, tanto che viene utilizzato anche Vindice mitoti- dalla morfologia del nucleo che assume aspetto
co-carioressico (prognosi sfavorevole con valori vescicoloso, dall'attivazione dell'apparato nucleo-
>200/5000 cellule). Patognomoniche sono le rosette lare e dalla presenza di cellule gangliari ben diffe­
simpatoblastiche (rosette tipo Homer Wright), costi­ renziate (in numero almeno pari o superiore al 5%).
tuite da una corona continua di elementi Mastici, Al microscopio elettronico si rinvengono granuli di
anche disposti in più file, attorno ad un'area centra­ secrezione citoplasmatici caratteristici delle cellule
le acidofila costituita dagli esili filamenti nervosi medullosurrenaliche e terminazioni sinaptiche. I
provenienti dai simpatoblasti (Fig. 6). Frammiste ai neuroblasti presentano reattività immunoistochi-
neuroblasti immaturi, si possono trovare cellule più mica per i marcatori delle cellule neuroendocrine,
differenziate. Istologicamente, infatti, i neuroblasto­ come la sinaptofisina e l'enolasi neurono-specifica
mi vengono distinti in form e indifferenziate, forme (NSE), mentre la positività per la cromogranina A è
scarsamente differenziate e form e differenzianti in base variabile e spesso irregolarmente distribuita.
alla ricchezza del materiale neurofibrillare (neuro­ Il neurobiastoma è geneticamente caratterizzato
pilo) e alla percentuale delle cellule di Schwann che da diverse alterazioni con significato prognostico
accompagnano i fenomeni maturativi. Nelle forme peggiorativo. Caratteristica è l'amplificazione del-
indifferenziate il tumore risulta costituito da ele­ l'oncogene N-myc (MYCN) localizzato in 2p24,
menti linfocitosimili, fittamente disposti in cordoni, osservabile nel 25-30% dei casi ed associata alla pre­
con aspetti simil-linfomatosi, dotati di nucleo iper- senza di doppi minuti frammenti cromosomici
cromico e di citoplasma molto scarso e maldefinito, (DM, doublé minute chromosomes) o di una regione
caratteri che richiamano i simpatogoni derivati omogenea (HSR, homogeneous staining region) inte­
dalle cellule della cresta, neurale nelle primissime grata in un altro autosoma (più spesso nei cromoso­
fasi deirem briogenesi (simpatogonioma). Nelle mi 4, 9, 13). Altre alterazioni genetiche frequenti
forme differenzianti, la maturazione in elementi sono: la delezione di parte del braccio corto del cro­
mosoma 1 (del lp 36.1-2), ove è sospettato il locus
di un gene oncosoppressore, o la perdita di eterozi-
gosi in lp36 (30-40% dei casi); la delezione allelica
di l l q (30-50%); il gain (trisomia) di 17q (50%);
ancora, la perdita di funzione (e di espressione) di
un recettore del NGF, il TrkA. Anche la ploidia del
tumore riveste significato prognostico essendo le
forme diploidi, peridiploidi o peritetraploidi a pro­
gnosi peggiore e quelle iperdipIoidi e peritripIoidi a
prognosi più favorevole.
E neoplasia maligna molto aggressiva, facilmen­
te metastatizzante (ai linfonodi regionali, al fegato,
ai polmoni, al midollo emopoietico e alle ossa, dove
le metastasi tendono a localizzarsi simmetricamen­
te), tuttavia molto sensibile tanto ai chemioterapici
che alle radiazioni ionizzanti. Si distinguono quadri
anatomoclirdci diversi a seconda dell'entità e della
diffusione delle metastasi: la sindrome di Pepper,
osservabile nei neonati della età media di 12 mesi
(Scott et al.), caratterizzata da cospicuo interessa­
mento metastatico del fegato con epatomegalia
anitterica, anascitogena; la sindrome di Hutchinson,
osservabile nei bambini di età media di sei anni,
con metastasi ossee, particolarmente al cranio con
ingrossamento del capo, esoftalmo, disturbi visivi
fino alla cecità e segni di ipertensione endocranica;
la sindrome di Esser Herving, che differisce dalla
forma precedente per l'interessamento diffuso dello
scheletro e secondaria grave anemia aplastica.
La prognosi è correlata, oltre che allo stadio
(Tab. 2) anche all'età ed ai parametri biologici e cito-
genetici: pertanto può essere buona nei bambini di
Fig. 6 - Quadro istologico di neurobiastoma surrenalico con età inferiore o pari ad un anno; negli stadi 1, 2A, e
caratteristiche rosette. Bambina di 9 anni con metastasi ossee 2B; con un quadro istologico caratterizzato da
multiple (Em eos, 150X). aspetti di differenziazione (ricco di stroma schwan-
Midollare surrenale: Tumori & 8 0 3

Itflìjfe fflS i Stadìazione de! neuroblastoma

Tumore localizzato confinato all'area di insorgenza, resecabile completamente;


STAD IO ! linfonodi locoregionali omo- e contro-laterali istologicamente negativi,
incidenza 5% Sopravvivenza >90%

Tumore monolaterale, non interamente resecabile;


S TA D IO HA linfonodi iocoregionali omo- e contro-laterali istologicamente negativi.
incidenza 5% Sopravvivenza 80%

Tumore monolaterale, resecabile completamente o incompletamente;


S TA D IO 1IB linfonodi locoregionali omolaterali metastatici e contro-laterali istologicamente negativi.
Incidenza 5% Sopravvivenza 70%

Tumore esteso oltre la linea mediana con o senza metastasi linfonodali;


Tumore monolaterale con metastasi ai linfonodi controlaterali;
STAD IO HI
Tumore bilaterale con linfonodi negativi bilateralmente.
Incidenza 25% Sopravvivenza 40-70%
Tumore con disseminazione metastatica ai linfonodi a distanza, all'osso, al midollo osseo, al fegato e ad
altri organi.
STA D IO ÍV Incidenza 60% Sopravvivenza >60% età < 1 anno
20% Ira 1 e 2 anni
10% oltre i 2 anni
Tumore localizzato monolaterale con disseminazione metastatica limitata al fegato, alla pelle e al midollo
STAD IO IV-S osseo.
Incidenza 5% Sopravvivenza >80%

Brodeur G.M., Seeger R.C., Barreft A. et al.: International criteria for diagnosis, staging and response to treatment in patients with neuro­
blastoma. J.Clin.Oncol., 6:1874-81, 1988.
Philip T,: Overview of current treatment of neuroblastoma. Am.J.Ped.Hematol.Oncol., 14:97-102, 1992

niano) e da basso indice mitotico (<10/10HPF); con stino posteriore ed il retroperitoneo. Possono sinte­
assetto cromosomico aneuploide; in assenza di alte­ tizzare e secernere catecolamine e loro metaboliti,
razioni genetiche. Parametri prognostici sfavorevo­ causando anche ipertensione. Macroscopicamente,
li sono Finnalzamento della ferritinemia e valori di il tumore si presenta come massa rotondeggiante
latticodeidrogenasi serica superiori a 1500 U/ml. che può raggiungere anche dimensioni ragguarde­
Va ricordato tuttavia che, in oltre il 70% dei casi, al voli, più o meno completamente rivestita da capsu­
momento della diagnosi, sono già presenti metasta­ la, con aspetto omogeneo al taglio, di consistenza
si a distanza. In una parte dei casi il tumore può più sostenuta rispetto ai neuroblastomi; frequenti
avere regressione spontanea, per citolisi, per massi­ le calcificazioni. L/aspetto istologico è variabile a
vi fenomeni di necrosi, oppure per gli eventi matu­ seconda dell'entità della quota di cellule indiffe­
rativi, verso il ganglioneuroma, già richiamati. renziate e della loro tendenza o meno a differen­
Nella regressione della neoplasia è possibile che ziarsi in cellule gangliari simpatiche. Si distinguo­
una qualche importanza abbia la risposta immuni­ no due forme istologiche di ganglioneuroblastoma:
taria, umorale e cellulare. imperfetto ed immaturo.
Ganglioneuroblastoma. Comprende i tumori a Il ganglioneuroblastoma imperfetto è quadro pleo-
struttura neuroblastomatosa nei quali sono presen­ morfo per la presenza di diverse fasi di maturazio­
ti elementi cellulari in varie fasi di differenziazio­ ne neuronaie; oltre che da elementi di tipo neuro-
ne, cellule gangliari mature ed una maggiore quan­ blastico, il tumore è, pertanto, costituito da cellule
tità nello stroma di cellule di Schwann con reattivi­ fusiformi, piuttosto voluminose, con citoplasma
tà immunoistochimica per la proteina S-100.1 gan- amfofilo abbondante, provviste di uno o due nuclei
glioneuroblastomi compaiono più frequentemente vescicolosi e nucleolati; le cellule neoplastiche costi­
nella fanciullezza e neiradolescenza, piuLlosto che tuiscono formazioni di tipo globulare, tra loro sepa­
nella prima infanzia come accade per i neurobla­ rate da stroma fibrillare in cui sono frequentemente
stomi, ed originano, solo nel 30-50% circa dei casi, visibili piccoli depositi di sali di calcio; cellule che
dalla midollare del surrene, essendo più frequenti vengono considerate precursori, variamente diffe­
le localizzazioni extrasurrenaliche come il media­ renziati, delle cellule gangliari.
804 ì Midollare surrenale e paragangli

Nel ganglioneuroblastoma immaturo invece la granuli di Nissl, e dai cui prolungamenti parto­
componente cellulare predominante è bene diffe­ no fibre amieliniche; le cellule gangliari mature
renziata nel senso delle cellule gangliari mature, ma sono distribuite irregolarmente o raggruppate in
sono costantemente presenti, sparsi o raggruppati ammassi separati da stroma fibrovascolare e da
in nidi, neuroblasti immaturi: nella diagnosi istolo­ fasci di cellule di Schwann variamente intreccia­
gica di ganglioneuroblastoma è perciò necessario ti (Figg. 7 e 8);
valutare anche l'eventualità di neuroblastomi infil­
b) il ganglioneuroma in maturazione, in cui, accanto a
tranti formazioni gangliari della catena simpatica.
cellule gangliari mature sono presenti elementi
Abbastanza raramente, circa in un quinto dei casi, i
con caratteri di immaturità caratterizzati da plu-
ganglioneuroblastomi (soprattutto di tipo imperfet­
rinucleazione con nucleoli molto evidenti; tal­
to) tendono a dare metastasi a distanza, che presen­
volta visibili anche cellule satelliti.
tano distribuzione e caratteri analoghi a quelli dei
neuroblastomi.
Ganglioneuroma. È una neoplasia benigna a
lento accrescimento che insorge, più frequentemen­
te, nei gangli simpatici retroperitoneali, mediastini-
ci e cervicali; le localizzazioni paravertebrali del
tumore possono talvolta presentare una componen­
te intracanalare, oltre a quella situata all'esterno ed
a ridosso degli archi vertebrali, realizzando caratte­
ristiche immagini a «clessidra». Ganglioneuromi
multipli possono insorgere anche nel tessuto sotto-
cutaneo in soggetti portatori di neurofibromatosi
(ni. di Recklinghausen).
Si riscontra generalmente neH'adolescenza o
nell'età adulta e può rappresentare spesso un reper­
to occasionale di autopsia; è raro neirinfanzia e
sembra prediligere il sesso femminile. Il tumore si
presenta come una massa sferoidale, ben capsulata,
di consistenza sostenuta e di dimensioni variabili
(occasionalmente considerevoli); la superficie di
sezione ha aspetto fascicolato e colorito biancastro o
grigio, mostra occasionalmente aree di necrosi con
immagini di degenerazione cistica, fenomeni emor­
ragici e depositi di sali di calcio. Istologicamente si
distinguono:
a) il ganglioneuroma maturo, che ripete grossolana­
mente la struttura dei gangli simpatici, essendo
composto da cellule gangliari molto volumino­
se, a morfologia piramidale, provviste di abbon­
dante citoplasma eosinofilo, in cui si apprezzano

Fig. 8 - Ganglioneuroma (stesso caso della figura precedente).


Fig. 7 - Ganglioneuroma surrenalico in bambino di 4 anni (Em Caratteristico aspetto delie cellule gangliari (a), fortemente reat­
eos, 75X). tive per NSE (b).
Midollare surrenale: Tumori ® 8 0 5

Tumori della serie cromaffine alla inversione di tale andamento, tendendo ad


aumentare l'incidenza nel sesso femminile,
F eocrom ocitom a (crom affinom a). I feocromocito verosimilmente in rapporto alla secrezione
mi sono tumori rari ma non eccezionali: i casi noti estrogena. Nell'infanzia è anche più frequente
nella letteratura sono stati descritti per la maggior (circa il doppio) la comparsa di feocromocitomi
parte negli ultimi anni, anche in relazione alle multipli, spesso bilaterali.
migliorate possibilità diagnostiche e alla maggiore
conoscenza dell'entità morbosa. L'incidenza oggi sti­ d) È nota da tempo l'osservazione di familiarità
mata è di circa 1/100.000 nella popolazione genera­ (Danowski, 1962; Brown et al, 1966; Hermann e
le, incidenza che sembra essere più elevata tra i sog­ Mornex, 1964), legata a difetti genetici dominan­
getti ipertesi: circa lo 0,1-1% della popolazione iper- ti, ad alta penetranza. Le forme familiari com­
tesa infatti, sarebbe portatrice di feocromocitoma. Il portano infatti, con frequenza, bilateralità della
tumore rappresenta un riscontro incidentale non neoplasia e l'associazione con quadri patologici
raro (tra il 2 e il 20%) nelle indagini diagnostiche ese­ còme i tumori derivati dalla cresta neurale (neu­
guite sull'addome per altre cause (Bulow e Ahren, rofibromi, ganglioneuromi, chemodectomi), con
2002). I due terzi dei feocromocitomi producono sia il carcinoma midollare della tiroide (S. di Sipple)
adrenalina che noradrenalina mentre un terzo circa nel quadro delle poliàdenomatosi endocrine
produce solo noradrenalina (in genere i feocromoci­ MEN 2a e 2b (mutazioni del gene RET si posso­
tomi extrasurrenalici). In linea generale, l'entità dalla no riscontrare anche nelle forme sporadiche),
secrezione di NAD supera quella delle ghiandole in con la malattia di von Hippel-Lindau, con la
condizioni di normalità. Esiste anche una correlazio­ malattia di Recklinghausen, con la sindrome di
ne tra attività endocrina del tumore, escrezione uri­ Sturge-Weber. Ancora, i feocromocitomi incido­
naria di catecolamine e sintomatologia. La noradre­ no nel 5% dei casi di neurofibromatosi e di altre
nalina infatti esplica effetto ipertensivo con vasoco­ facomatosi.
strizione delle arterie periferiche ed eventualmente Il tumore, più di frequente localizzato al surrene
ipertensione, mentre l'adrenalina produce numerosi di destra, è di solito capsulato, di consistenza soste­
altri effetti, come aumento della frequenza cardiaca e nuta e di piccole dimensioni (diametro medio: cm
del metabolismo basale, iperglicemia, stato ansioso, 3-5; peso medio: g 90, con variazioni da pochi
caduta degli eosinofili in. circolo, vasodilatazione del grammi fino ad oltre il chilogrammo). Talvolta pos­
distretto splancnico. La produzione di catecolamine sono essere presenti fenomeni necrotico-emorragici
è in relazione diretta con la massa del tumore e può o formazioni cistiche a contenuto emorragico/rara­
essere determinata con il rapporto tra l'escrezione mente calcificazioni. Il colorito della superficie di
urinaria totale di catecolamine e dei loro metaboliti sezione è biancastro oppure bruno, colorito que­
(a. vanilmandelico, metadrenalina, normetadrenali- st'ultimo dovuto all'ossidazione delle catecolamine
na) nei confronti del contenuto in adrenalina e nora­ in pigmento adrenocromico per esposizione del tes­
drenalina del tumore: il rapporto perciò risulta deci­
suto neoplástico all'aria (Fig. 9). La struttura istolo­
samente più elevato nei casi in cui l'immagazzina­ gica è molto variabile, anche in un singolo tumore,
mento di catecolamine nel tumore è più scarso, fatto potendosi osservare quadri istologici che ricordano
che si verifica più frequentemente nell'infanzia
l'assetto cordonale ordinato della midollare norma­
(Rosenthal, 1966).
le accanto a quadri dove il disegno cordonale è
Il feocromocitoma è stato definito "tumore del
molto irregolare, sia per la conformazione delle tra­
10%" perché, approssimativamente in questa pro­
vate cellulari che per la presenza di aree di necrosi
porzione, questi tumori sono bilaterali, extrasurre­
e di emorragia di varia grandezza (Fig. 10). In que­
nalici, colpiscono l'infanzia, sono presenti nel qua­
st'ultimo caso si possono realizzare immagini pseu­
dro di una MEN (2A o 2B) ed hanno comportamen­
doalveolari o similglomiche dovute rispettivamen­
to maligno:
te alla formazione di piccole emorragie che realiz­
a) I feocromocitomi hanno sede nell'80-90% dei zano strutture di tipo cavitario o all'isolamento di
casi nella midollare del surrene; nel 10% circa nidi cellulari nel contesto di aree emorragiche. Le
dei casi sono bilaterali. alterazioni circolatorie conseguenti alle emorragie
comportano lesioni degenerativo-necrotiche simil
b) I feocromocitomi extrasurrenalici interessano
infartuali in cui il tessuto è caratteristicamente ricco
l'organo di Zuckerkandl, la zona paraaortica
di catecolamine. Anche il quadro citologico è com ­
(dall'arco fino all'altezza della biforcazione
posito per l'associazione di elementi simili a quelli
addominale), le pareti della vescica e la piccola
normali, di cellule oncocitarie, più spesso di cellule
pelvi. Almeno una parte dei meningiomi pleo-
estremamente polimorfe con nuclei giganti, nonché
morfi è costituita da feocromocitomi.
di cellule plurinucleate con frequenti immagini di
c) Di solito è colpita l'età media (tra i 20 e i 50 anni) cariopicnosi e carioressi. Questi ultimi aspetti, che
e solo il 5-10% delle osservazioni riguarda l'in­ possono essere associati con diffusione dei fram­
fanzia. Prima della pubertà il feocromocitoma è menti nucleari nel citoplasma ed in sede extracellu­
più frequente nei maschi; alla pubertà si assiste lare, sono affatto caratteristici dei tumori della
80ó «s Midollare surrenale e paragangli

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il 'Ai 'Ri ‘RI 7Ì Ri 91 ' ili
Fig. 9 - Feocromocitoma surrenalico in uomo di 53 anni con
ipertensione parossistica. Si noti il colorito bruno della neopla­
sia nei confronti del surrene normale (in alto).

midollare del surrene: vengono interpretati come


equivalenti di intenso ricambio cellulare, condizio­
ne che peraltro non trova riscontro oggettivo nel-
l'indice mitotico, in genere molto basso. Varietà a
parte è il feocromocitoma a piccole cellule finemen­
te granulate, considerato da Symington l'equiva­
lente di forma scarsamente differenziata. Sono stati
descritti infine rari casi di feocromocitomi a cellule
fusate, con struttura similsarcomatosa. Occasional­
mente, in sede pericapsulare o nel contesto della
capsula tumorale, è presente grasso bruno. I granu­
li cromaffini caratteristici sono evidenziabili, dopo
fissazione in soluzione di bicromato, con il metodo
di Schmorl o di Sevki-Giemsa oppure, su sezioni
criostatiche, con la tecnica della fluorescenza indot­
ta dalla formalina. Costante il riscontro di positivi­
tà per le cromogranine, la sinaptofisina, l'enolasi
neurono specifica (NSE) e per la tirosina-idrossilasi
(Fig. 11); i feocromocitomi sono immunoistochimi-
camente negativi per le citocheratine e per EMA
ma, a differenza dei tumori corticosurrenalici, rea­ Fig. 10 - Feocromocitoma (uomo di anni 50). Quadri istologici
giscono per CD 15 (Leu-Mi). Al microscopio elet­ dimostranti la stretta connessione con le strutture vascolari, l'am­
tronico sono dimostrabili granuli di adrenalina e di piezza del citoplasma e le caratteristiche nucleari.
Midollare surrenale: Tumori & 8 0 7

Fig. 11 - Feocromocitoma in sindrome di Sipple (MEN 2 a) in donna di 35 anni. Aspetto finemente granulare delle cellule dopo rea­
zione immunoistochimica per cromogranina (b); positività più evidente di membrana per sinoptofisina (c), e citoplasmatica diffusa
per NSE (d).

noradrenalina. Infine le cellule neoplastiche posso­ li riveste utilità pratica nella diagnostica strumenta­
no sintetizzare e secernere peptidi come le enJcefali- le consentendo l'individuazione di neoplasie, anche
ne, la somatosta tina, la calcitonina; è stata docu­ piccole, con la tecnica dello scanning con somato-
mentata anche iperproduzione di ACTH associata statina.
con i segni del Cushing. La presenza di recettori di La varietà maligna del feocromocitoma (feocromo-
superficie per la somatostatina nelle cellule tumora­ blastoma) non è universalmente riconosciuta (Mas-
808 & Midollare surrenale e paragangli

son); rappresenta il 10-15% dei feocromocitomi la to melanico, è stata accolta la possibilità, peraltro
cui malignità trova documento certo nelle metasta­ rarissima, di insorgenza, nella midollare surrenale,
si per via ematogena al fegato, ai polmoni e, soprat­ di tumori melanocitici maligni che vanno differen­
tutto alle ossa o, più raramente, linfatica con inte­ ziati da feocromocitomi a ricco contenuto di lipofu-
ressamento dei linfonodi regionali. La struttura scine (Dick et al,1955). Analoghe neoplasie sono state
istologica è quella del feocromocitoma. Spesso, riportate anche nei gangli simpatici (Fu et al, 1975).
nelle sedi metastatiche, le cellule neoplastiche per­
dono il carattere della cromaffinità. H feocromobla-
stoma non possiede caratteri microscopici che ne I Quadri anafomoclimd
consentano il riconoscimento certo. Infatti l'ipercro- Un eccesso di adrenalina e noradrenalina, soste­
masia ed il polimorfismo nucleare (Fig. 12), con nuto da neoplasie della midollare del surrene (feo­
aspetti similsarcomatosi a cellule fusate, il riscontro cromocitomi) o da neoplasie dei paragangli, produ­
di figure mitotiche, la presenza di necrosi confluen­ ce quadri clinici di ipertensione parossistica e/o
te, l'invasione vascolare e della capsula, sono carat­ continua: i tumori indifferenziati (neuroblastomi),
teri riconoscibili anche in neoplasie con decorso quando dotati di attività secernente, possono pro­
sicuramente beriigno. Comunque sono caratteri durre precursori delle catecolamine e, raramente,
morfologici che; quando riconoscibili in entità note­ •una o entrambe le catecolamine; i tumori secernen-
vole, debbono suggerire un comportamento biolo­ ti della serie simpatica producono in genere la sola
gico sfavorevole, soprattutto quando prevalgano le noradrenalina o i suoi precursori. I quadri clinici
cellule di piccole dimensioni (Thompson, 2002). Le prodotti da questi tumori sono correlati con la
forme maligne hanno in genere dimensioni mag­ quantità di catecolamine sintetizzate e secrete. In
giori rispetto alle forme benigne, con valori ponde­ linea generale e per sole esigenze di schematismo si
rali anche superiori ai 700 g contro il peso medio possono distinguere due quadri principali: quello
delle forme benigne che si aggira sui 150 g. deiripertensione parossistica e quello della iperten­
sione permanente, in rapporto alle modalità di
Tumori melanocitici secrezione, subcontinua o continua.
In genere si ritiene che i tumori di piccole
In rapporto con la capacità delle cellule di deri­ dimensioni, essendo dotati di un ricambio metabo­
vazione dalla cresta neurale di sintetizzare pigmen- lico più rapido (Laudat et ah), siano caratterizzati
da ima secrezione subcontinua, soprattutto di nora­
drenalina, mentre quelli più voluminosi, con ricam­
bio più lento, libererebbero una minore quantità dì
catecolamine in modo più continuo.
L'ipertensione parossistica si manifesta con
accessi di ipertensione arteriosa (fino a 250-300
mmHg) che possono insorgere spontaneamente o
essere evocati da stress emotivi, per sforzi, affatica­
menti, compressioni o traumi anche minimi della
regione surrenalìca. La sintomatologia consìste in
tachicardia con cardiopalmo, pallore, tremore,
sudorazione, cefalea, midriasi, iperglicemia con gli­
cosuria, leucocitosi con linfocitosi. Le crisi, della
durata media da 15 minuti a due ore, sono seguite
da uno stato di profonda prostrazione, spesso da
poliuria e possono ripetersi con frequenza variabi­
le, ad intervalli che vanno da poche ore fino a diver­
si giorni, durante i quali la pressione arteriosa può
essere normale o anche elevata.
L'ipertensione permanente è caratterizzata da
un aumento stabile della pressione arteriosa cui
possono talvolta sovrapporsi crisi ipertensive con le
stesse caratteristiche di quelle della forma parossi­
stica. Costituisce il sintomo clinico più frequente
dei feocromocitomi (65-80% dei casi) ed è caratte­
rizzata da costante aumento della pressione mini­
ma, dalla frequenza con cui si accompagna ad ipo­
tensione ortostatica e dalla elevata pressione arte­
riosa, anche nel circolo polmonare, per cui, soprat­
Fig. 12 - Feocromocitoma maligno in uomo di 59 anni. Eviden­ tutto in corso di crisi ipertensive sovrapposte, pos­
te polimorfismo nucleare. sono verificarsi episodi di edema polmonare, anche
Parogangli: Cenni di fisiofog'ta e di istofisiologia & 8 0 9

mortali. Nell'ipertensione stabile, inoltre, è più l'evoluzione in malattia ipertensiva maligna.


costante la presenza di turbe metaboliche rappre­ I tumori della serie simpatica solo raramente si
sentate dall'aumento del livello glicemico (anche manifestano con il quadro clinico deiripertensione
con glicosuria) e del metabolismo basale. arteriosa mentre un sintomo relativamente frequen­
Complicazioni di vario ordine e gravità come te è la diarrea cronica, eventualmente associata a
cardiopatie, nefropatie, complicanze vascolari, flushing ed a rash cutanei: è complesso sintomato-
soprattutto cerebrali (emorragie e trombosi), lesio­ logico che si accompagna più spesso ai ganglioneu-
ni retiniche, diabete mellito, quadri collassiali, roblastomi piuttosto che ai ganglioneuromi e ai
shocks adrenalinici, possono accompagnare o neuroblastomi e che non compare in assenza di
complicare il quadro clinico ed è anche possìbile alterazioni del metabolismo delle catecolamine

Paragangli extrasurrenalici
B Cenili di anatomia secretori argirofili e sono cromogranina, sinaptofi-

e di istofisiologia sina ed NSE positive. Le cellule di sostegno (cellule


sustentacolari) o di tipo II, poste alla periferia dei
Il sistema paragangliare è costituito da minutinidi hanno citoplasma che sembra rivestire i pro­
corpuscoli e agglomerati di cellule gangliari neu­ lungamenti delle cellule principali e delle fibre
roendocrine, diffusamente disseminati. Molto rap­ nervose afferenti; sono prive di granuli e S-100
presentati nei feti e nei neonati, regrediscono nelle positive. Nel connettivo interlobulare si possono
età successive, così che negli adulti il sistema è rap­ osservare anche rare cellule gangliari. Negli organi
presentato da pochi agglomerati cellulari presenti chemocettori è stata dimostrata la presenza di gra­
solo in alcuni distretti (Fig. 13). Il sistema è in stret­ nuli cromaffini (Niemi e Ojala, 1964), di catecola­
to rapporto con il sistema nervoso autonomo. A mine (Pryse Davies et al., 1964), nonché l'esistenza
seconda della loro localizzazione i paragangli ven­ di analogie ultrastrutturali con il tessuto cromaffi-
gono distinti in: ne (Grimley e Glenner, 1966; Toker, 1967), per cui il
termine di paragangli non cromaffini deve essere
1. Paragangli branchiomerici, posti in corrispon­ considerato superato.
denza degli archi branchiali, i principali dei
quali sono: gli intercarotidei (giorno carotideo, a
livello della biforcazione della carotide comu­
ne); gli aortico-polmonari (sparsi attorno
airaorta ascendente e all'arco aortico); i giugu-
lo-timpanici (giorno giugulare, compreso nel­
l'avventizia del bulbo della giugulare, e giorno
timpanico, localizzato lungo il ramo timpanico
paragangli
del nervo glossofaringeo). giugulo - timpanici
2. Paragangli intravagali, situati a lungo il decor­
so del vago ed in rapporto con il ganglio nodoso. paragangli vagali
3. Paragangli aortico-simpatici, distribuiti lungo pargangli del
l'aorta addominale. corpo carotideo
4. Paragangli viscerali (intrapolmonari, a livello paragagangii laringei
del setto interatriale, nella parete vescicale, iloe­
patici, mesenterici).
Istologicamente i paragangli sono strutturati in
lobuli rotondeggianti separati tra loro da una rete paragangli
fibroreticolare contenente numerosi capillari e aortico - polmonari
fibre nervose; le cellule, di derivazione neuroecto-
dermica (dalla cresta neurale), sono raggruppate
in nidi, avvolti da canestri di fibre reticolari, all'in­
terno dei quali non penetrano i capillari. Le cellule
principali o di tipo 1, hanno aspetto epi tei ioide con
diametro medio di 20-30 micron, forma poligonale
e citoplasma acidofilo, da cui si dipartono digita­
zioni che mettono in rapporto le diverse cellule tra
di loro e con le terminazioni di fibre parasimpati­ Fig. 13 - Rappresentazione schematica della distribuzione dei
che afferenti; contengono nel citoplasma granuli paragangli parasimpatici ¡ntracranici, cervicali e toracici.
8 1 0 ss Midollare surrenale e paragangli

I paragangli possono essere considerati stazioni volte), dei paragangliomi del giorno carotideo nelle
interposte lungo le diramazioni del Sistema Nervo­ popolazioni delle altitudini elevate, popolazione
so Vegetativo in grado di modularne le attività. I andina peruviana in particolare, rispetto a quelle
paragangli branchiomerici (giorno carotideo e viventi al livello del mare (Saldana et al.,1973). Le
giorni aorticopolmonari soprattutto) con funzioni modificazioni microscopiche riscontrate in questi
chemiorecettrici hanno recettori specifici per le casi segnalano il coinvolgimento preminente delle
variazioni di pH, e della tensione di 0 2 e di C 0 2. Le cellule principali il cui citoplasma risulta degranu­
cellule principali sono deputate alla sola regolazio­ lato e vacuolato.
ne, con meccanismo inibitorio, delle risposte delle
fibre nervose recettrici.

P arag an g liom i. Sono tumori molto rari che


H fperpfosio insorgono più spesso dal giorno carotideo (chetno-
L'iperplasia del sistema chemorecettore, con dectom i) é dal giorno giugulare e timpanico; più
ipertrofia delle cellule costituenti, è caratteristica raramente, dai paragangli vagali o aorticopolmona-
delle popolazioni che vivono ad altitudini elevate. ri; altre sedi possibili quelle intraorbitaria, laringea,
Sono condizioni di patologia che possono indurre intratiroidea. Possono anche avere origine pluricen-
iperplasia, del giorno carotideo in particolare, quel­ trica, le associazioni più comuni risultando quella
le che causano ipossiemia cronica, le malattie car­ tra tumori del giorno carotideo e del giorno giugu­
diache croniche e le cardiopatie congenite cianoti­ lare e la bilaterità di tumori del giorno carotideo. Si
che in particolare e se non opportunamente trattate, osservano in ogni età e senza preferenza di sesso.
nonché le patologie polmonari e la fibrosi cistica in Possono avere incidenza familiare e, nella stessa
particolare. Circa i rapporti fra iperplasia e tumori famiglia, si localizzano nella medesima struttura
va segnalata la frequenza molto maggiore (fino a 10 paragangliare (Katz). Come già sottolineato a pro-

Fig. 14 - Paraganglioma del giorno carotideo (chemodectoma) in donna di 29 anni. Caratteristico disegno lobulo-alveolare e discre­
to pleomorfismo nucleare (b).
Paragangli: Tumori §§ 8 ì 1

posito dell'iperplasia, notevole importanza sembra­ Grimelius, fluorescenti dopo fissazione con forma­
no rivestire i fattori ambientali quali l'elevata altitu­ lina, e cromaffini; si riscontrano tuttavia anche
dine, comunque la bassa tensione di 0 2. Sono neo­ forme non cromaffini. L'immunocitochimica evi­
plasie capsúlate che possono raggiungere al massi­ denzia la positività delle cellule principali per NSE,
mo un diametro trasverso di 5 cm; hanno consisten­ cromogranina, sinaptofisina, mentre le cellule di
za sostenuta e superficie di sezione omogenea, di sostegno sono S-100 positive (Fig. 15). Con il micro­
colorito grigio-roseo oppure rosso-bruno. La loro scopio elettronico, si evidenziano nel citoplasma i
morfologia microscopica ripete le caratteristiche dei granuli di neurosecreto (catecolamine) che risulta­
paragangli da cui derivano e sono fra loro morfolo­ no essere più pleomorfi di quelli delle cellule nor­
gicamente identiche, indipendentemente dalla sede mali. La variabilità del contenuto citoplasmatico di
di origine. Hanno struttura lobulare piuttosto gros­ ribosomi e mitocondri sembra giustificare la varia­
solana (Fig. 14) con stroma reticolare abbondante e bile affinità cromatica delle cellule principali, chia­
molto vascolarizzato (la rete capillare è spesso inap­ re e scure, nei preparati di routine. Nell'interstizio
parente per collabimento ma si può sempre mettere si apprezzano frequentemente plasmacellule, linfo­
in evidenza con l'impregnazione argéntica). I singo­ citi e mastcellule (Grimley e Glenner).
li lobuli, di dimensioni superiori ai lobuli normali, Accanto a questo quadro morfologico di osserva­
spesso con tendenza alla confluenza, sono costitui­ zione più frequente, vengono descritte anche: una
ti da ammassi di cellule poligonali con citoplasma forma adenomatosa, costituita da cordoni o travate di
amfofilo o acidofilo, granuloso o finemente vacuo­ cellule paragangliari immerse in scarso connettivo,
lato; il nucleo è chiaro e sferoidale, di solito centra­ reperibile in genere alla periferia della più comune
le, avente cromatina in forma di fini granuli; i forma sopra descritta, ed un quadro angiomatoso,
nucleoli sono piccoli, quasi inapparenti. Ecceziona­ che si distingue per la particolare ricchezza di struttu­
le il riscontro di organizzazione a cellule fusate. re vascolari e per la morfologia fusiforme delle cellu­
Non infrequenti sono gli aspetti di polimorfismo le paragangliari (Le Compte). Va inoltre richiamato il
nucleare; eccezionali sono le mitosi. Istogenetica- fatto che i chemodectomi solo raramente contraggo­
mente sono riconducibili alle cellule principali. Le no aderenze con le strutture circostanti (infatti è noto
cellule neoplastiche sono argirofile con il metodo di che clinicamente risultano spostabili sui piani sovra-

Fig. 15 - Paragonalioma qiugulare in donna di 33 anni. Reattività immunoìstochimica variamente intensa delle cellule neoplastiche
per cromogranina (a) e delle cellule sustentacolari per proteina S-100 (b).
8 12 « Midollare surrenale e paragangli

e sottostanti). H loro accrescimento è estremamente Komminoth P, De Krijger R, Tischler AS: Paraganglia and
lento. I paragangliomi giugulo-timpanici (tumori del the adrenal medulla. In: Livolsi VA, Asa SC: Endocri­
giorno giugulare) sono spesso sprovvisti di capsula; ne pathology, Churchill Livingstone, New York Edin­
hanno contorni poco definiti e possono crescere cau­ burgh, 2002, pag. 149-169.
sando eventi localmente destruenti estendendosi Lack EE: Pathology of adrenal and extra-adrenal para­
nella cavità cranica in oltre un terzo dei casi. ganglia. Major Problems in Pathology, vol. 29, WB
I paragan gliom i m aligni sono molto rari (10% Saunders, Philadelphia, 1994.
circa di tutti i paragangliomi) e relativamente più
Lack EE: Tumors of the adrenal gland and extra-adrenal
frequenti nel corpo vagale: crescono rapidamente paraganglia. Atlas of Tumor Pathology, Third Series,
con invasione delle strutture vicine e dei linfonodi Fasc. 19, Armed Forces Institute of Pathology, Was­
regionali; sono state descritte anche metastasi a hington DC, 1997.
distanza ad ossa, polmoni e fegato (Pendergrass e
Kjrsh). Le atipie cellulari in questi chemodectomi Landsberg,L, Young IB: Pheocromocitoma. In: Harrison's
Internal Medicine, 16th.Edition, McGraw-Hill. New
maligni sono reperto comune e si possono riscon­
York, 2005.
trare anche figure cariocinetiche. Va comunque
richiamato il fatto che la sola malignità istologica, Liddle GW: The adrenals. In RH. Williams (Ed.): Textbook
in genere non eclatante, non è sufficiente per una of endocrinology. 6th edition, WB Saunders, Philadel­
diagnosi di certezza. phia, London, Toronto, 1981, pag. 249-292.
Lloyd RV: Adrenal medulla and paraganglia. In: Blood-

B Quadri anatomodinid worth's Endocrine pathology. Third Edition Williams


& Wilkins, Baltimore 1997, pag. 417-461.
Oltre ai sintomi da compressione delle strutture Lloyd RV, Douglas BR, Young WFJr: Endocrine diseases.
adiacenti, quando la neoplasia abbia raggiunto un Atlas of Nontumor Pathology, First Series Fascicle 1,
volume adeguato, i paragangliomi possono dare AEIP, Washington DC, 2002.
anche quadri discrinici, talora con sintomatologia Mantero F, Opocher G: Malattie della midollare surrena-
ipertensiva analoga a quella sostenuta dai feocro­ le e del sistema nervoso simpatico. In: Crepaldi e Bari-
mocitomi; più spesso causano diarrea (Hunt, 1961) tussio: Trattato di medicina interna. Vol. 1° pag.1050.
verosimilmente legata alla liberazione delle amine. Piccin Ed. Padova 2002.
Comunque l'intero capitolo richiede ulteriori
Mehnon KL: Catecholamines. Bn: RH Williams (Ed.) Text­
apporti di conoscenza perché possa avere un suo book of endocrinology, 6th edition, W.B. Saunders, Phi­
compiuto inquadramento. ladelphia, London, Toronto, 1981, pag. 516-538.
Melmon KL: Diseases associated with abnormalities of
| Bibliografia essenziale the adrenal medulla. Ibidem, pag. 543-555.

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Disordini della
6.10 differenziazione
sessuale
L. Cavazzini, G.M. Mariuzzi

| Sviluppo delle gonadi


e differenziazione sessuale
Lo sviluppo e la differenziazione sessuale dipen­
dono in primo luogo dal sesso cromosomico che è
stabilito all'atto del concepimento: la coppia di cro­
mosomi sessuali XX condiziona il sesso femminile,
la coppia di cromosomi XY determina il sesso
maschile. Questo fenomeno di differenziazione
dipende da una sostanza proteica prodotta dalle cel­
lule embrionali sotto il controllo del cromosoma Y
(antigene HY), prima della differenziazione della
cresta urogenitale. In mancanza di questo fattore
determinante lo sviluppo testicolare (TDF, Testìs Deter- Fig. 1 - Gonade indifferenziata di embrione di ó settimane,
mining Factor) le gonadi si differenziano come composta da stroma e cordoni primitivi. Documentazione for­
ovaie ed il fenotipo è femminile. Il gene implicato nita dalla Sezione di Anatomia Patologica (Direttore Prof. U.
(gene SRY, Sex determining Region Y), assente nel Magrini} del Dipartimento di Patologia Umana ed Ereditaria
dell'Università ai Pavia. (Da G . Crepaldi, A . Baritussio, l.c.).
cromosoma X e negli autosomi, si trova nel tratto
distale del braccio corto del cromosoma Y (Ypll),
codifica per un fattore di trascrizione che funziona
come repressore dei fattori di inibizione della diffe­
renziazione maschile, è espresso nelle cellule della
cresta genitale (Fig. 1) e nelle cellule di Sertoli ed
agisceJn assenza delle cellule germinali. Le cellule
germinali primitive infatti migrano lungo il mesen­
tere delTintestino primitivo dal sacco vitellino alla
gonade indifferenziata circa 3 settimane dopo il con­
cepimento e, in presenza di genotipo maschile XY,
in rapporto alla presenza delle cellule di Sertoli e
perciò all'ambiente in cui crescono, si differenziano
in cellule spermatogenetiche popolando successiva­
mente i tubuli seminiferi. Dopo circa 40 giorni dal
concepimento, il testicolo è anatomicamente defini­
to (Fig. 2); l'ulteriore sviluppo del sistema genitale
maschile presuppone l'involuzione dei dotti di Mul-
ler condizionata da un fattore di crescita, il MIS
(Mùllerian Inhibiting Substance) prodotto dalle cel­
lule di Sertoli, e codificato appunto dal gene MIS
posto sul braccio lungo del cromosoma 19 (19ql3).
La produzione di testosterone corrisponde alla com­
parsa delle cellule di Leydig del testicolo e, a partire Fig. 2 - Testicolo dì embrione di 8 settimane: sono evidenti i
dal settantesimo giorno di vita intrauterina, la sua tubuli ed una ricca componente interstiziale formata da cellule
di Leydig. Documentazione fornita dalla Sezione di Anatomia
sintesi è sufficiente a determinare dai dotti mesone-
Patologica (Direttore Prof. U. Magrini) del Dipartimento di
frici (dotti di Wolff) differenziazione e sviluppo del­ Patologia Umana ed Ereditaria dell'Università di Pavia. (Da G.
l'epididimo, del dotto deferente e delle vescichette Crepolai, A. Baritussio, i.c.).
8 16 ; Disordini della differenziazione sessuale

seminali. Infine, per lo sviluppo dei genitali esterni conversione periferica del testosterone (Fig. 3).
maschili e della prostata, è necessaria l'azione del Lo sviluppo dell'ovaio e dell'intero apparato geni­
diidrotestosterone che deriva dalla conversione tale femminile avvengono spontaneamente senza che
locale del testosterone ad opera dall'enzima 5-a- l'ovaio fetale debba secernere alcun ormone. H gene
reduttasi. Lo sviluppo del sistema genitale maschile DAX1 o DSS (Dosage Sensitive Sex reversai gene)
può essere quindi schematicamente riassunto in 4 localizzato in Xp21.3, che cessa di essere espresso
tappe: 1) formazione del testicolo anatomico deter­ quando la gonade diviene testicolo, in mancanza
minata dalla presenza del cromosoma Y e dagli degli effetti di SRY e successivamente dell'influenza
effetti del gene SRY sulla gonade indifferenziata; 2) regressiva del MIS, permane attivo e così la differen­
inibizione dei dotti di Muller ad opera del MIS pro­ ziazione dei dotti mulleriani procede in senso cefalo­
dotto dalle cellule di Sertoli di entrambi i testicoli; 3) caudale con la formazione delle tube, dell'utero e
differenziazione del dotto di Wolff in epididimo, della vagina. L'ovaio comincia la sua differenziazione
deferente e vescicole seminali per azione del testo­ verso la 12a settimana con la comparsa della profase
sterone prodotto dalle cellule di Leydig; 4) differen­ meiotica nelle cellule germinali e quindi con lo svilup­
ziazione dei genitali esterni maschili e della prosta­ po dei follicoli primordiali. Le fasi della differenzia­
ta ad opera del diidrotestosterone derivato dalla zione testicolare ed ovarica sono riassunte in figura 4.

Dotto di Müller Dotto di Wolff

Regressione Sviluppo

DHT=TR
I
Sviluppo della prostata
Virilizzazione del seno urogenitale e dei genitali esterni
Fig. 3-11 cariotipo XY condiziona le cellule dell'abbozzo gonadico alla produzione di SRY e alla conseguente differenziazione in
senso testicolare: le cellule di Sertoli con ia produzione di MIS provocano regressione dei dotti di Muller, mentre le cellule di Ley­
dig con la produzione di testosterone (T) inducono io sviluppo aei dotti di Wolff. Le cellule di questi ultimi sono dotate di recettori
nucleari per il testosterone (TR) e contengono l'isoenzima steroido-5«-deidrogenasi II (espresso anche nel tessuto prosiatico e nella
cute della regione genitale) che consente la formazione di diidrotestosterone (DHT) da cui dipendono lo sviluppo delia prostata e
la differenziazione in senso mascolino del seno urogenitale e dei genitali esterni. I recettori del testosterone presentano affinità di
legame per il diidrotestosterone superiore a quella per il testosterone.
Sviluppo delle gonadi e differenziazione sessuale ' ■ 8 1 7

(A) 1°
Trimestre
2° 3°
Trimestre Trimestre
Differenziazione
maschile 5a-reduttasi: inizio formazione DHT

sintesi testosterone STADI INDIFFERENZIATI

.■*: crescita genitali esterni

discesa dei testicoli

differenziazione genitali esterni

differenziazione dotti di Wolff ;

regressione dotti di Muller :

■Canale uretrale

(B) Ano
Differenziazione 1°
femminile Trimestre

sintesi estradiolo

sviluppo genitali esterni

^m igrazione::
;■ cellule i~-: degenerazione dotti di W olff
,-r germinali
sviluppo utero ;f

sviluppo vagina

10 12
Settimane di gestazione

Fig. 4 - Cronologia del processo di differenziazione sessuale durante la vita intrauterina nel maschio (a), nella femmina (b) e sche­
ma della differenziazione dei genitali esterni (c). (Da G . Crepaldi, A. Baritussio, l.c.).

Numerose anomalie, congenite o acquisite, pos­ di androgeni o progesterone oppure per tumori
sono intervenire nelle fasi dello sviluppo sessuale virilizzanti della madre.
determinando la comparsa di condizioni patologi­ a) Le sindrom i andrenogenitali che più frequente­
che. Questi disturbi verranno trattati secondo imo mente causano un elevato livello ematico di
schema classificativo che considera in modo globa­ androgeni e ambiguità dei genitali esterni sono
le le patologie dello sviluppo sessuale e indica, per costituite dalla carenza della 11-idrossilasi e
le varie forme, il rischio di insorgenza di tumori soprattutto della 21-idrossilasi. In questi casi
gonadici (Tab. 1). l'ambiguità dei genitali esterni è tanto maggiore
quanto più precocemente si è manifestato l'ec­
cesso di androgeni e può variare da una modica
j| | Disordini delia differenziazione ipertrofia clitoridea fino a quadri che simulano
sessuale associati con un assetto l'ipospadia maschile, con completa fusione labia­
cromosomico apparentemente le e con apertura del seno urogenitale alla base di
un clitoride spiccatamente ipertrofico.
normale Il difetto di 3-p-idrossisteroidodeidrogenasi,
enzima indispensabile per la formazione del
Pseudoerm afroditism o fem m inile testosterone dal deidroepiandrosterone (DHEA),
Lo pseudoermafroditismo femminile è una con­ porta ad accumulo di quest'ultimo che esercita
dizione patologica causata da un eccesso di andrò- solo debole effetto virilizzante. Nel maschio le
geni e caratterizzata da sesso cromosomico femmi­ sindromi adrenogenitali non comportano quadri
nile normale (46,XX), dalla presenza delle ovaie e di ambiguità sessuale, ma ipertrofia fallica e pos­
da un fenotipo ambiguo o più raramente maschile. sibile sviluppo di noduli proliferativi di cellule
La mascolinizzazione dei genitali esterni è stata stremali gonadiche simili alle cellule di Leydig,
distinta in rapporto alla sua gravità in 5 gradi in sede testicolare.
secondo Prader (Fig. 5). Lo pseudoermafroditismo b) M utazioni del gene d ellarom atasi (CYP19) pos­
femminile si può osservare in corso di sindromi sono compromettere anche gravemente la conver­
adrenogenitali, per difetto di aromatasi placentare, sione dell'androstenedione in 17 (3-estradiolo e in
come conseguenza della somministrazione materna estrone con conseguente progressiva virilizzazio-
8 1 8 ss Disordini della differenziazione sessuale

Tab. 1 Classificazione dei disordini dello quentemente associata con questa evenienza è il
sviluppo sessuate luteoma gravidico che può causare una modica
ipertrofia clitoridea ed occasionalmente una
minima fusione labiale.
DISORDINI CON CROMOSOMI SESSUALI
APPARENTEMENTE NORMALI
Pseudoermafroditismo maschile
Pseudoèrmafroditìsmo femminile
Lo pseudoermafroditismo maschile è caratteriz­
a) Sindromi adrenogen itali zato da un sesso cromosomico maschile normale
b) Deficit di aròmatasi placentare (46,XY), dalla presenza dei testicoli o dall'evidenza
c) Trattamento della madre con androgeni o progestinici che i testicoli erano presenti durante la vita fetale,
d) Tumori materni virilizzanti
da un grave deficit di androgeni e da genitali ester­
ni ambigui o più spesso di tipo femminile.
PseudòérmafròdìHsmo maschile ' ì] Dello pseudoermafroditismo maschile si ricono­
scono diversi quadri autonomi:
a) Difetti primitivi del sistema nervoso centrale
- Secrezione anomala di gonadotropine a) Difetti primitivi del sistema nervoso centrale. I
- Mancata secrezione di gonadotropine difetti primitivi del sistema nervoso centrale
b) Difetti primitivi delle gonadi costituiscono una condizione estremamente rara
- Sindrome della regressione testicolare caratterizzata da una secrezione anomala o
- Sindrome dei dotti mulleriani persistenti assente di gonadotropine e clinicamente sono
- Agenesia delle cellule di Leydig associati a modeste anomalie dei genitali esterni.
- Diretti nella sintesi di testosterone
b) Difetti primitivi delle gonadi. La sindrome della
c) Difetti dell'organo bersaglio
regressione testicolare è il più frequente dei difetti
- Sindrome della femminilizzazione testicolare
primitivi delle gonadi ed è caratterizzata da invo-
- Deficit di 5-aIfa-reduttasi

■£isorpiNi ;à ^
t t ip o
■rai-CRÉMÒS^
Con ambiguità sessuale rara
a) Sindrome di Klinefelter
b) Sindrome di Turner
Con ambiguità frequente n° t ì po
a) Disgenesia gonadica
b) Ermafroditismo vero

ne del feto, se di sesso femminile, e della madre,


soprattutto nel corso dell'ultimo trimestre. m° TIPO
c) La somministrazione di alcuni progestinici di
sintesi, utilizzati nella prevenzione dell'aborto,
ha causato, soprattutto in passato, quadri di
mascolinizzazione di neonati di sesso femmini­
le, caratterizzati da variabili gradi di fusione
labiale ed ipertrofia clitoridea. Condizioni ana­
loghe sono state indotte dalia somministrazione
di androgeni. In questi casi la condizione di viri­
lizzazione non si aggrava con l'età e l'ovulazio­
ne, il menarca ed i caratteri sessuali secondari
compaiono regolarmente.
d) I tumori materni virilizzanti possono indurre
V° TIPO
variabili aspetti di mascolinizzazione in neonati
di sesso femminile. Questa evenienza è piutto­
sto rara e può essere causata da ogni tipo di neo­
plasia ovarica. In questi casi si ritiene che il
tumore ovarico produca sostanze simili alla
gonadotropina corionica che inducono la lutei-
Fig. 5 - 1 vari gradi di mascolinizzazione dei genitali esterni
nizzazione dello stroma ovarico che a sua volta femminili nelle condizioni dì iperandrogenismo, secondo la
secernerebbe androgeni. La condizione più fre­ classificazione di Prader. (Da G . Crepaldi, A . Baritussio, l.c.).
Disordini dello differenziazione sessuale associati con un assetto cromosomico apparentemente normale ^ 8 1 9

luzione del tratto genitale maschile, associata allo della regressione testicolare non è ovviamente
sviluppo di derivati mülleriani. Le cause della associata ad un aumentato rischio di neoplasie
regressione testicolare sono sconosciute. Nella gonadiche.
sindrome della regressione testicolare si distin­ La sindrome dei dotti mulleriani persistenti è una
guono alcune forme cliniche che riflettono il forma di pseudoermafroditismo maschile inter­
periodo in cui, durante la vita intrauterina, è ini­ no verosimilmente causata da un deficit della
ziata la regressione. Se i testicoli non si sviluppa­ secrezione di MIS, con conseguente sviluppo dei
no affatto o regrediscono prima che le cellule di derivati mulleriani. Questa sindrome, che ha
Sertoli abbiano iniziato a secernere il MIS, il neo­ talora un andamento familiare, é caratterizzata
nato avrà genitali esterni femminili e normali dalla presenza di testicoli criptorchidi associati a
derivati mülleriani (vagina, utero e tube), in derivati wolffiani e a genitali esterni maschili
assenza di gonadi e di derivati del dotto di Wolff normali; i derivati mulleriani sono in genere
(epididimo, deferente, vescicole seminali). Se la costituiti dall'utero e dalle tube presenti in
regressione testicolare avviene dopo che il testi­ un'ernia inguinale. Il rischio dello sviluppo di
colo ha iniziato a secernere il MIS, e prima o subi­ un tumore a cellule germinali è analogo a quello
to dopo l'inizio della secrezione di testosterone, degli altri casi di criptorchidismo.
non si avranno gonadi né derivati dei dotti, di Uipoplasia-agenesia delle cellule di Leydig è una sin­
Wolff e di Müller, mentre i genitali esterni saran­ drome molto rara, caratterizzata da testicoli in
no frequentemente ambigui. Se la regressione genere criptorchidi, da derivati dei dotti di Wolff
testicolare avviene in modo parziale, durante la normali e da genitali esterni prevalentemente
fase intermedia della vita intrauterina, si avranno femminili. La presenza di epididimo e deferenti
testicoli piccoli e criptorchidi, derivati dei dotti di indica che la produzione di testosterone è rima­
Wolff normali, assenza dei derivati dei dotti di sta inalterata durante la fase iniziale dello svilup­
Müller e genitali esterni maschili caratterizzati da po embrionale.
un micropene. Se la regressione testicolare si Difetti nella sintesi e nel metabolismo del testostero­
manifesta in modo completo nella parte termina­ ne. Queste sindromi sono causate da deficit
le della vita fetale, si avrà mancanza dei testicoli, degli enzimi coinvolti nella sintesi testicolare e
associata alla presenza di normali derivati dei surrenalica di testosterone. Vengono descritte
dotti di Wolff, ad assenza di derivati mülleriani e cinque differenti carenze enzimatiche ed anche
a genitali esterni maschili normoconformati. sindromi causate da carenze plurienzimatiche.
I testicoli possono essere pertanto totalmente In tutti questi casi i soggetti sono geneticamente
assenti o sostituiti da scarso tessuto fibroso spes­ maschi e possono avere testicoli criptorchidi,
so contenente ammassi di siderofagi, focolai gra­ derivati dei dotti di Wolff variamente sviluppa­
nulomatosi gigantocellulari o calcificazioni, in ti, assenza dei derivati mulleriani e genitali
stretta prossimità delle strutture epididimo- esterni ambigui o femminili. Il fenotipo di que­
deferenziali (Fig. 6). Questi reperti giustificano i ste sindromi non è correlato con lo specifico
vari termini con cui il quadro è stato descritto: deficit enzimatico, ma mostra un'ampia variabi­
agonadismo vero, anorchia completa bilaterale, lità che riflette l'entità della carenza enzimatica.
disgenesia testicolare, testicolo rudimentale, sin­ I testicoli presentano aspetto immaturo dei
drome del testicolo scomparso. La sindrome tubuli seminiferi di grado variabile con progres­
siva scomparsa delle cellule germinali e rappre­
sentazione delle cellule di Leydig correlata al
tipo di difetto enzimatico.
c) D ifetti dell'organo bersaglio. Lo sviluppo dei
derivati dei dotti di Wolff, della prostata e dei
genitali esterni maschili richiede la presenza del
testosterone e del diidrotestosterone e la respon-
sività delle strutture bersaglio: la mancanza di
recettori per questi ormoni genera la sindrome
della femminili zza zione testicolare, caratterizza­
ta dal mancato sviluppo dei derivati wolffiani e
da genitali esterni femminili. Se invece è assente
soltanto l'enzima 5 a-reduttasi, che converte il
testosterone in diidrotestosterone si osserveran­
no anomalie della prostata e dei genitali esterni
(Fig- 7).
I quadri da mancata sensibilità agli androgeni
Fig. 6 - Sindrome della regressione testicolare (bambino di 4
sono a trasmissione ereditaria recessiva legata al
anni). Riconoscibile in sede scrotale ii soio dotto deferente in cromosoma X sul cui braccio lungo è codificato
rapporto ai quale residua tessuto fibroso. il gene responsabile (Xqll-12). La sindrom e
8 20 - Disordini dello differenziazione sessuale

Vescica Vescica

Fig. 7 - a)Rappresentazione grafica delle strutture testosterone e DHT-dipendenti nella differenziazione maschile normaie. b) Q ua­
dro che si riscontra nel deficit di steroido 5 alfa-reduttasi. Le strutture testosterone-dipendenti sono normali anche se i testicoli non
scendono nello scroto; ie strutture DHT-dipendenti non si sviluppano. (Da G . Crepolai, A. Baritussio, Le.}.

della femminilizzazione testicolare è la forma giungere i 10-20 mm di diametro, sono spesso


più comune (1:20.000 nascite) di pseudoerma­ multipli e bilaterali ed istologicamente appaiono
froditismo maschile. La variante completa è carat­ costituiti da tubuli seminiferi immaturi fitta­
terizzata da un fenotipo femminile con genitali mente stipati (Fig. 8). I pazienti con la sindrome
esterni normoconformati, con vagina corta, e di femminilizzazione testicolare hanno un'au-
con assenza di peli pubici ed ascellari. Alla mentata incidenza di tumori gonadici, prevalen­
pubertà si assiste ad un eccellente sviluppo delle temente di tipo germinale. Queste neoplasie
mammelle, nonostante il cariotipo maschile e
l'elevato livello di androgeni circolanti. I deriva­
ti dei dotti di Wolff sono assenti o poco svilup­
pati ed i testicoli sono intraddominali o colloca­
ti in un'ernia inguinale o più raramente, nelle
grandi labbra. I pazienti giungono all'osserva­
zione medica in genere per un'amenorrea pri­
maria, per un'ernia inguinale o per un tumore
testicolare. Studi recenti hanno dimostrato che
la sindrome della femminilizzazione testicolare
è frequentemente causata da una incapacità del
complesso androgeno-recettore di raggiungere
il nucleo delle cellule bersaglio. Istologicamente
i testicoli mostrano un insieme di alterazioni
caratteristiche che consistono nella presenza di
tubuli seminiferi immaturi contenenti poche cel­
lule germinali, nel frequente riscontro di aree di
stroma di tipo ovarico, nella iperplasia delle cel­
lule di Leydig e talora nella presenza di noduli
amartomatosi multipli. I tubuli seminiferi sono
piccoli, rivestiti da cellule di Sertoli immature,
con pochi spermatogonì e con membrana basale
ispessita e ialinizzata. Le cellule di Leydig sono
sempre iperplastiche e prominenti, presumibil­
mente in conseguenza degli elevati livelli di LH
che derivano dall'insensibilità ipotalamica e
pituitarica all'azione inibente degli androgeni
circolanti. Aree di stroma di tipo ovarico sono
presenti in molti casi, talora frammiste ai focolai
di iperplasia delle cellule di Leydig. I noduli
amartomatosi sono presenti in circa il 25% dei Fig. 8 - Nodulo amartomatoso costituito da tubuli fittamente sti­
casi, soprattutto in pazienti adulti; possono rag­ pati formati da sole cellule di Sertoli.
Disordini della differenziazione sessuale associati a cromosomi sessuali anormali - 8 2 1

compaiono quasi sempre dopo la pubertà e ciò livelli ematici di testosterone (Fig. 9). Possibile il
consente di ritardare la gonadectomia fino alla riscontro di ritardo mentale. Macroscopicamen­
completa realizzazione del fenotipo femminile. te i testicoli sono piccoli, non superando in gene­
. Le sindromi difemminilizzazione testicolare parziale re il centimetro di diametro massimo ed al taglio
sonò causate da una diminuzione dei recettori hanno un colore bruno causato dall'iperplasia
agli androgeni o da alterazioni qualitative degli delle cellule di Leydig. L'esame istologico dei
stessi che condizionano una insensibilità parzia­ testicoli prepuberi evidenzia unicamente una
le a questi ormoni. Si riconoscono varie forme diminuzione degli spermatogoni. Alla pubertà i
cliniche che sono generalmente caratterizzate da tubuli seminiferi e la lamina propria vanno
un fenotipo femminile associato a iperplasia cli- incontro ad una sclerosi progressiva (Fig. 10).
toridea e a parziale fusione labiale. Questi Caratteristicamente, nella parete di tubuli semi­
pazienti devono essere sottoposti a gonadecto­ niferi atrofici, non si osservano fibre elastiche e
mia prima della pubertà per evitare il parziale ciò indica che il processo di atrofia è iniziato
sviluppo di caratteri sessuali secondari maschili prima della pubertà, periodo in cui si forma la
e per evitare la possibile insorgenza di tumori componente elastica dei tubuli. Le cellule di
gonadici. Leydig del testicolo postpubere sono spiccata-
Altre forme di insensibilità agli androgeni, che mente iperplastiche ed aggregate in formazioni
comportano elevato rischio di sviluppo di neo­ nodulari (Fig. 11), tuttavia i livelli ematici di
plasie gonadiche, sono: la sindrome di Reifenstein, testosterone sono bassi e ciò dimostra che le cel­
che prevede ipospadia, criptorchidismo, ipopla- lule di Leydig sono funzionalmente inefficaci. I
sia dei derivati wolffiani, sviluppo di ginecoma- soggetti con sindrome di Klinefeiter hanno
stia alla pubertà ed azoospermia; la sindrome di un'auinentata incidenza di tumori germinali
infertilità maschile, caratterizzata da normale extragonadici e di carcinoma mammario.
fenotipo maschile e azoospermia; la sindrome di
ipovirilizzazione maschile, per la cui diagnosi è
richiesta la dimostrazione di un difetto recetto-
riale, che comporta ginecomastia, ridotto svilup­
po del pene e della distribuzione dei peli alla
pubertà e normale spermiogramma, anche se fre­
quentemente infertilità.
Il deficit di steroido 5a-reduttasi, in particolare
legato a mutazione del gene SRD5A2 (espresso
nella prostata, nella cute della regione genitale e
nei dotti di Wolff, e ghe presiede alla sintesi del-
llsoenzima 2 della steroido 5a-reduttasi), condi­
ziona la carenza di diidrotestosterone che è
necessario per lo sviluppo della prostata, dei
genitali esterni maschili e per la regressione dei
dotti di Müller. I pazienti alla nascita mostrano
un fenotipo femminile, tuttavia alla pubertà
vanno incontro ad una mascolirdzzazione par­
ziale dei genitali esterni realizzandosi un quadro
di pseudoermafroditismo maschile (Fig. 7).

H Disordini della differenziazione


sessuale associati a cromosomi
sessuali anormali
Con ambiguità sessuale rara
a) La sindrom e di K lin efeiter è una malattia piutto­
sto frequente (circa un caso ogni 600 nascite) ed
è citogeneticamente caratterizzata da 47 cromo­
somi, per la presenza di un cromosoma X
soprai mumerario (47, XXY), che rende il test
della cromatina sessuale positivo. Clinicamente
questi pazienti presentano un abito eunucoide
caratterizzato da microrchidismo, ginecomastia,
obesità, scarsità dei peli, azospermia e bassi
8 2 2 ss Disordini della differenziazione sessuale

b) La sindrome di Tumer costituisce l'unico esempio


noto, nella specie umana, di monosomia totale,
con un'incidenza compresa tra 1:3.000 e 1:5.000
nati vivi con fenotipo femminile. Il cariotipo è 45,X
per la mancanza del secondo cromosoma sessuale
e la ricerca della cromatina sessuale è quindi nega­
tiva. È frequentemente associata ad aborto sponta­
neo: si calcola infatti che gli embrioni con carioti­
po 45,X non mosaico vadano incontro ad aborto
spontaneo entrò il primo trimestre nel 98% dei
casi; per converso, il cariotipo 45,X è riscontrabile
nel 5% degli aborti spontanei. Da un punto di
vista clinico la monosomia X è caratterizzata dalla
stasi linfatica che si manifesta con edema del
dorso, delle mani, dei piedi e talora del collo. All'e­
dema si associano bassa statura e talora altre mal-
formazioni somatiche e viscerali (Fig. 12). I genita­
li esterni sono di tipo femminile, tuttavia i caratte­
ri sessuali secondari sono poco sviluppati e l'ame­
norrea primaria è costante. Il tratto genitale fem-
. minile interno appare ipoplasico e le ovaie sono
piccole, fibrose, in pratica sprovviste di oociti; que-
st'ultima caratteristica spiega la rarità con cui si
osservano tumori germinali nella monosomia X.

Fig. 10 - Sindrome di Klinefelter. Marcata sclerosi della lamina


basale dei tubuli seminiferi.

Fig. 12 - Sindrome di Tumer. a) Paziente di 14 anni, si osser­


vano pterigio del collo, torace a "corazza", cubito valgo,
numerosi nevi al tronco e impianto prossimale del !V dito del
Fia. 11 - Sindrome di Klinefelter. Iperplasia nodulare delle cel­ piede bilateralmente. (Da G . Crepaldi, A. Barìtussio, l.c.). b)
lule interstiziali di Leydig. Donna di 35 anni.
Disordini della differenziazione sessuale associati a cromosomi sessuali anormali & 8 2 3

Con ambiguità sessuale frequente raccolte in nidi circoscritti; in questa forma, il


gonadoblastoma non è in grado di dare metastasi.
a) Le disgenesie gonadiche con cromosoma Y com­
In metà dei casi tuttavia, la componente germina­
prendono la disgenesia gonadica mista e due
le del gonadoblastoma diviene infiltrante forman­
' sindromi correlate costituite dalla disgenesia
do un germinoma (seminoma o disgerminoma) o
gonadica pura e dallo pseudoermafroditismo
meno frequentemente un tumore germinale più
maschile disgenetico. Tutte queste sindromi
aggressivo (coriocarcinoma, tumore del seno
sono caratterizzate dalla presenza del cromoso­
endodermico, carcinoma embrionario). In questi
ma Y e possono mostrare quadri clinici e cromo­
pazienti i tumori a cellule germinali (soprattutto i
somici di transizione.
germinomi) possono insorgere anche indipenden­
La disgenesia gonadica mista con mosaicismo è
temente da un preesistente gonadoblastoma. Per
in genere caratterizzata da un cariotipo
queste ragioni è opportuno che i soggetti con
45,X/46,XY ed è quindi spesso associata con le
disgenesia gonadica con cromosoma Y vengano
caratteristiche cliniche della sindrome di Turner.
sottoposti a gonadectomia nelle prime età della
Questi pazienti hanno Lutero, una o due tube e
vita.
genitali esterni prevalentemente femminili, che
spesso presentano una asimmetria delle pliche b) L'ermafroditismo vero si caratterizza per la pre­
labio-scrotali. Le gonadi sono generalmente senza sia di tessuto ovarico che di tessuto testico­
costituite da un cordone gonadico (streak gonad) lare. La combinazione di più frequente riscontro è
(Fig. 13) e da un testicolo controlaterale. La costituita da un ovaio e da un testicolo controlate­
"streak gonad" è istologicamente costituita da rale o da un ovaio e da un ovotestis controlatera­
tessuto fibroso con cellule ilari iperplastiche e da le. L'ovaio o il tessuto ovarico dell'ovotestis sono
strutture di tipo ovarico rappresentate da rari generalmente normali; la componente testicolare
follicoli primordiali e primari che tendono a dell'ovotestis o il testicolo sono spesso atrofici in
scomparire nell'età adulta. Il testicolo postpube­ conseguenza del frequente criptorchidismo e
re mostra atrofia e sclerosi dei tubuli con scom­ della secrezione estrogenica operata dal tessuto
parsa delle cellule germinali ed iperplasia delle ovarico funzionante. Il cariotipo di riscontro più
cellule di Leydig. comune nell'ermafroditismo vero è 46,XX, o meno
La disgenesia gonadica pura (sindrome di Swyer) frequentemente 46,XY; sono possibili varie forme
è caratterizzata da cariotipo 46,XY, da cordone di mosaicismo. Indipendentemente dal cariotipo
gonadico bilaterale, da un utero ipoplasico, da apparente, la componente testicolare dell'erma-
entrambe le tube e da un fenotipo femminile. froditismo vero è portatrice del fattore TDF. La
Lo pseudoermafroditismo maschile disgenetico presentazione clinica dell'ermafroditìsmo vero è
è caratterizzato da testicoli disgenetici bilaterali variabile; in linea generale questa patologia viene
criptorchidi, dal parziale sviluppo di derivati sia diagnosticata nell'adolescenza quando un pazien­
mulleriani che wolffiani e da genitali esterni te fenotipicamente maschile mostra una gineco­
maschili iposviluppati. mastia o quando una paziente fenotipicamente
Tutte le disgenesie gonadiche con cromosoma Y sono femminile denuncia dopo l'età puberale un'ame­
associate ad un'aumentata incidenza di tumori gonadi- norrea primaria o un deficit nello sviluppo dei
ci. Il più comune di questi tumori è costituito dal caratteri sessuali secondari. Nell'ermafroditismo
gonadoblastoma, in cui le cellule germinali primi­ vero si osserva un modico aumento dell'inciden­
tive e le cellule derivate dai cordoni sessuali sono za dei tumori gonadici germinali.

Fig. 13 - Streak gonade (cordone


gonadico): la gonade è costituita da
tessuto fibroso con cordoni di cellule
ilari iperplastiche.
824 - Disordini dello differenziazione sessuale

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Sistema endocrino
6.11 diffuso
C. Bordi

| Cenni morfo-funziondi delle cellule endocrine stesse che per definire il


fenotipo endocrino di neoplasie di incerta origine.
Il sistema endocrino diffuso è composto dall'in- La tabella 1 riporta l'elenco delle cellule endocrine
sieme di cellule endocrine singole disseminate nel gastrointestinali identificate, con i rispettivi prodot­
contesto di tessuti epiteliali non endocrini. Esso non ti di secrezione, funzione preminente ed area
è apprezzabile macroscopicamente; non solo, ma a gastrointestinale di localizzazione.
livello istologico, le singole cellule che lo compon­ I meccanismi funzionali del sistema endocrino
gono non sono di regola riconoscibili con le metodi­ diffuso comprendono quello endocrinologico classi­
che convenzionali per cui è necessario l'uso di tec­ co con liberazione degli ormoni (gastrina, colecisto-
niche specifiche, in particolare della immunoisto- chinina, secretina ecc.) nel circolo e loro trasporto a
chimica, per la loro evidenziazione e tipizzazione. distanza fino agli organi bersaglio. In aggiunta sono
Per questi motivi, le conoscenze sugli aspetti mor­ presenti meccanismi di tipo paracrino con azione
fologici della patologia di tale sistema rimangono a diretta su cellule circostanti per via interstiziale ed al
tutt'oggi relativamente limitate. di fuori della circolazione, come è il caso della soma­
Il sistema endocrino diffuso ha una distribuzio­ tostatina. Infine va ricordato il molo del sistema
ne ubiquitaria nell'organismo. Tuttavia esso rag­ autonomo neurovegetativo dell'apparato digerente
giunge la sua maggiore estensione e complessità che può sintetizzare e trasmettere a distanza con le
nell'apparato digerente, dove è costituito da cellule terminazioni nervose peptidi ormonali quali la
distribuite in tutte le regioni di tale apparato nell somatostatina ed, in particolare, il VIP così da realiz­
'ambito dell'epitelio delle ghiandole gastriche e zare un meccanismo di azione neuroparacrina.
delle cripte e dei villi intestinali. A tale proposito è Nel suo complesso la funzione del sistema endo­
stato stimato come, nonostante la già menzionata crino gastrointestinale consiste nel regolare le atti­
minuta distribuzione a cellule isolate, in ragione vità secretorie e motorie dell'apparato digerente
della considerevole estensione dell'apparato sotto l'influenza sia di stimoli locali di natura chi­
gastrointestinale nell'uomo, il sistema endocrino mica (quali le variazioni del contenuto gastrico o
gastrointestinale globalmente corrisponda ad una intestinale) o meccanica (quale la distensione del
massa di tessuto endocrino superiore a quella di viscere) che di stimoli ad origine più remota tra­
tutte le altre ghiandole polipeptidiche conosciute. smessi per via ematica o nervosa. Sulla base di tali
Attualmente si conoscono almeno 15 tipi diffe­ stimoli le singole cellule provvedono alla secrezio­
renti di cellule, con distribuzione non omogenea nei ne dei rispettivi ormoni per via sia paracrina che
diversi segmenti -gastrointestinali (Rindi et al., endocrina.
2001). Il loro prodotto di secrezione è rappresentato La struttura delle cellule endocrine gastrointe­
da ormoni polipeptidici (gastrina, somatostatina, stinali riflette chiaramente la funzione da esse svol­
secretina ecc.) o amine (serotonina, istamina). In te. La maggior parte delle cellule intestinali e della
aggiunta, esse esprimono proteine comuni a tutti i regione antropilorica dello stomaco hanno forma
tipi cellulari indipendentemente dal tipo di ormone allungata, così da raggiungere il lume ghiandolare
prodotto nonché a cellule neuronali che vengono nel quale aggettano sotto forma di microvilli
designate con il nome di marcatori neuroendocrini (Fig. 1). Tali cellule sono dette di tipo aperto e la
generali. Tra i numerosi marcatori neuroendocrini a loro regione apicale ha verosimilmente la funzione
tutt'oggi identificati i più conosciuti sono le cromo- di recezione degli stimoli fisico-chimici provenienti
granine (in particolare quella di tipo A), che sono dal lume gastrointestinale (Solcia et al., 1979). Per
localizzate nei granuli secretori, la sinaptofisina, contro le cellule di tipo chiuso, in prevalenza loca­
localizzala in microvescicole similsinaptiche e Te­ lizzate nell'area acido-secernente dello stomaco,
ndasi neurono-specifica, enzima diffuso nel citosol. non hanno contatti con il lume delle ghiandole e
L'importanza dei marcatori neuroendocrini genera­ conseguentemente la loro funzione non è diretta-
li in anatomia patologica risiede soprattutto nel loro mente influenzata dal contenuto gastrico ma da sti­
utilizzo immunoistochimico sia come identificatori moli di origine circolatoria o nervosa (Fig. 2).
8 2 6 ss Sistema endocrino diffuso

Ip '- t • Cellule endocrine dell'apparato digerente e del pancréas (àdattafo da


I Rindt et al.> 2Ó0ìj ^ ^
intestino ■;\
Tipo di
Ormoni Stomaco Tenue Grosso
cellula
Peptidi Amine Pa CF An Du DÌ 1 Ap C R

P/Dl Ghrelina f,r r r r :r


* , ;+ : •1 t + +
EC Serotonina r
D Somatostatina :V\+v > + :+ r :: r ;; r r

L GLI/PYY r ; : +:

A- v- vv' ; - ' Glucagone :+ ■ f


pp +■ ■

■B . v ■ Insulina -f-

X ignoto r
ECL Istamina
G Gastrina
CCK CCK . /-H; 1;

S Secretino Serotonina V
GIP .O ff ■V+;' r ’-’
M Moti lina V+ •
N Neurotensina + +
Legenda. Pa: pancreas; CF: corpo-fondo; A n: antro; Du: duodeno; Di: digiuno; I: ileo; A p : appendice; C: colon; R: retto;
+: presenza di cellule; r: presenza di rare cellule; f: presenza di cellule nel feto e neonato; EC: cellule enterocromaffini; GLI:
immunoreaftività "glucagon-like" (glicentìna, glucagone-37, glucagone-29); PYY: peptide "PP-like" con tirosinamide N-fer-
minale; PP: polipeptide pancreatico; ECL: cellule "enterochromaffin-like"; CCK: colecistochinina; *: sostanza P, neurochini­
ne, opioidi, guanilina e altri peptidi; GIP: peptide gastro-inibitorio.
Nota: Le cellule endocrine gastroenteropancreatiche sono abitualmente identificate con lettere maiuscole che solo in una
parte dei casi rappresentano l'iniziale dell'ormone prodotto (G = gastrìna, N = neurotensina ecc.).

| Sindromi do iperfunzione Sindrome da carcinoide


endocrina La sindrome da carcinoide è dovuta ad eccessi­
va liberazione di 5-idrossitriptamina (5-HT, seroto­
A causa della frammentarietà nella distribuzio­ nina) e altre sostanze attive sulla muscolatura liscia
ne del sistema endocrino diffuso e nella conoscenza (bradichìnina, prostaglandine, sostanza P) da parte
delle sue implicazioni cliniche, relativamente poco di una neoplasia composta da cellule enterocromaf­
si conosce sulla patologia di tale sistema, anche se è fini (EC) nella grande maggioranza dei casi localiz­
verosimile supporre che molte malattie dell'appa­ zata nell'ileo. Tuttavia, poiché il fegato ha un eleva­
rato digerente, soprattutto con impronta disfunzio­ to contenuto in monoaminoossidasi e altri enzimi
nale, lo coinvolgano in modo rilevante. Tale consi­ capaci di metabolizzare le sostanze attive secrete
derazione si estende anche al sistema dell'innerva­ dal tumore, la sindrome di regola si manifesta solo
zione autonoma peptidergica, di cui sono docu­ in presenza di metastasi che consentano di scaval­
mentate modificazioni in svariate condizioni mor­ care il filtro epatico stesso o in rare localizzazioni
bose, inclusi il morbo di Hirschprung (megacolon non legate alla circolazione portale.
congenito), l'acalasia esofagea ed il morbo di Le manifestazioni cliniche della sindrome da
Crohn. In questa sede verranno menzionate solo carcinoide si manifestano tipicamente in forma
due sindromi da iperfunzione del sistema endocri­ accessionale e sono caratterizzate da arrossamenti
no diffuso ormai universalmente conosciute mentre cutanei (flushes) soprattutto al volto, diarrea o altri
nessuna condizione di ipofunzione è sufficiente- disturbi da eccessiva motilità intestinale e, meno
mente documentata da giustificare una sua tratta­ sovente, asma da broncospasmo. Inoltre, nel 50%
zione. dei casi, compare fibrosi endocardica valvolare e
Sindromi da iperenzione endocrina ® 8 2 7

tumore pancreatico a secrezione ectopica di gastri­


na. Tuttavia appare in considerevole aumento la
frequenza di casi dovuti a tumore endocrino gastri-
no-secernente del duodeno.
Ipergastrinemia da iperplasia delle cellule G
antrali si osserva in pazienti con gastrite cronica
atrofica della mucosa fundica, associata o meno ad
anemia perniciosa. In tale caso l'iperplasia è secon­
daria alla mancata esposizione delle cellule G al
succo gastrico acido, dal quale esse sono in condi­
zioni fisiologiche inibite con meccanismo di feed­
back. Ovviamente in caso di gastrite atrofica fundi­
ca ripergastrinemia è asintomatica in quanto la
secrezione acida dei pazienti è abolita dalla gastrite
Fig. 1 - Cellule producenti colecistochinina nell'epitelio di villi stessa.
duodenali. Si noti la forma allungata che raggiunge la superfi-
eie luminale dell'epitelio {cellule ai tipo aperto) (immunoperos-
sidasi, ottica di Nomarski).

Come già menzionato, l'iperplasia di cellule del


sistema endocrino diffuso è documentabile solo
dopo evidenziazione delle cellule stesse con tecnica
immunoistichimica. Essa è contraddistinta dalla
confluenza delle cellule stesse, normalmente isolate
airintemo dell'epitelio delle ghiandole o delle crip­
te, a formare catenelle o micro-noduli e può rappre­
sentare la base di partenza per lo sviluppo di tumo­
ri carcinoidi.
Iperplasia si osserva sovente nelle cellule G,
gastrino-secernenti, dell'antro, soprattutto
secondariamente a condizioni che inibiscono la
secrezione acida gastrica (Fig. 3). Iperplasia delle
cellule endocrine ECL della mucosa ossintica
(acido-secernente) dello stomaco è di regola
associata a condizioni di ipergastrinemia (gastri­
Fig. 2 - Espressione di cromogranina A in cellule endocrine te atrofica corpo-fundica, gastrinoma) in quanto
dèlia mucosa gastrica oxìntico. Nota la disposizione tali cellule sono molto sensibili aireffetto trofico
intraghiandolare delle cellule che non sono mai in contatto con della gastrina.
il lume (tipo chiuso) (immunoperossidasi con colorazione
nucleare con ematossilina).

parietale del cuore destro che può portare a valvu­


lopatia stenotica polmonare e, nei casi più gravi, a
insufficienza cardiaca conclamata. Le alterazioni
cardiache sono limitate alle sezioni destre del cuore : t
in quanto serotonina e bradichinina sono inattivate
a livello del piccolo circolo dalle monoaminoossida-
si polmonari e pertanto non raggiungono il ventri­
colo sinistro.

Ipergastrinemia
L'eccessiva secrezione di gastrina, normalmente
prodotta dalle cellule G della regione antropilorica
dello stomaco e del bulbo duodenale, induce una
aumentata secrezione acido-peptica da parte della
mucosa fundica dello stomaco, che può portare alla
Fig. 3 - Iperplasia di cellule G producenti gastrina nella mucosa
comparsa di ulcere peptiche, condizione evidente antrale ai un soggetto con gastrite cronica atrofica ed achilia
nella sindrome di Zollinger-Ellison. Come già (immunoperossiaasi con colorazione nucleare con
accennato/tale sindrome può essere dovuta ad un ematossilina).
828 ; Sistema endocrino diffuso

§§ Tumori carcinoidi sono più comuni nei tumori dei segmenti embrioló­
gicamente derivati dall'intestino anteriore primiti­
I tumori del sistema endocrino diffuso, indipen­ vo (stomaco, duodeno). Nei segmenti derivati dal­
dentemente dalla sede nella quale sono localizzati, l'intestino intermedio primitivo (ileo, appendice e
sono abitualmente chiamati con il termine generico cieco) la struttura istologica è generalmente di tipo
di carcinoidi. Tuttavia, sebbene abbiano in comune insulare a nidi solidi.
l'origine dallo stesso sistema e molte caratteristiche I carcinoidi originano dalla mucosa e sovente si
istocitologiche, i carcinoidi nelle diverse sedi diffe­ estendono alla sottomucosa. Tuttavia è solo l'infil7
riscono tra loro in modo considerevole non solo per trazione della tonaca muscolare che contraddistin­
il tipo di ormone prodotto, che di regola corrispon­ gue la loro malignità, con possibilità di metastasi
de a quello delle cellule predominanti in quella spe­ linfonodali o a distanza, la cui comparsa è in rap­
cifica sede, ma anche per meccanismi patogenetici, porto anche alle dimensioni della neoplasia. Tumo­
comportamento clinico e prognosi. Per tale motivo ri con diametro inferiore ad un centimetro sono vir­
è stata proposta l'abolizione del termine di carcinoi­ tualmente privi di metastasi mentre l'80-90% di
de e la sua sostituzione con la definizione di tumo­ quelli superiori a 2 cm. hanno metastasi (Godwin,
re (o carcinoma) endocrino seguita dalla sede di ori­ 1975). La sopravvivenza media è del 99% per ica r­
gine e dal tipo di cellula endocrina da cui è compo­ cinoidi dell'appendice e di poco inferiore per quelli
sto. rettali (83%). Nelle altre localizzazioni l'incidenza si
Tale definizione consentirebbe anche di evitare aggira tra 52 e 54% (Godwin, 1975). Tra i carcinoidi
la frequente discordanza nel significato del termine gastrici sono sempre benigni quelli associati a
di carcinoide in ambito patologico rispetto a quello gastrite cronica atrofica. Nel complesso pertanto i
clinico. In quest'ultimo caso, infatti, esso si riferisce carcinoidi sono tumori a relativamente bassa mali­
specificatamente alla sindrome da carcinoide che, gnità, ciò che giustifica la constatazione che spesso
tuttavia, è presente esclusivamente in tumori com­ i pazienti muoiono con il loro carcinoide piuttosto
posti da cellule EC (di regola ileali) mentre è sem­ che per il loro carcinoide.
pre assente in tumori formati da altri tipi cellulari.
Le sede di più frequente localizzazione dei car­
cinoidi gastrointestinali è l'appendice (35-44%), IH Neoplasìe endocrine multiple
seguita dal digiuno-ileo (18-24%) e dal retto (12- Le neoplasie endocrine multiple (Multiple
20%). I carcinoidi gastrici, un tempo considerati rari Endocrine Neoplasia, MEN) sono sindromi tumora­
(2-2.5%), sono molto aumentati dopo l'introduzio­ li pluriendocrine di regola insorgenti su base ere­
ne dell'endoscopia ed attualmente ammontano a ditaria con trasmissione autosomica dominante e
circa il 30% di tutti i carcinoidi gastrointestinali. caratterizzate da lesioni proliferative di più ghian­
Non sono presenti significative differenze tra i sessi dole endocrine appartenenti al sistema endocrino
mentre l'età media dei pazienti è nella sesta e setti­ diffuso.
ma decade di vita. Fanno eccezione i carcinoidi Le MEN si suddividono in due tipi principali,
appendicolari che presentano una notevole preva­ chiamati rispettivamente MEN I e II, ed originaria­
lenza del sesso femminile ed una età media attorno mente identificati sulla base delle ghiandole endo­
ai 35 anni. crine affette (De Lellis, 1995). Peraltro, più recente­
I carcinoidi gastrointestinali hanno di solito una mente è stato dimostrato come le base eziologica
configurazione polipoide e dimensioni variabili da delle due forme sia totalmente differente. La MEN
1 a 2-3 cm. Essi hanno limiti piuttosto netti e sono I, infatti, è dovuta ad una inattivazione del gene
composti da tessuto giallastro o bianco grigiastro, omonimo, che ha caratteristiche di tipo oncosop-
senza aree emorragiche o necrotiche. Talora posso­ pressorio ed è localizzato nel cromosoma llq l3 . L'i­
no ulcerarsi e dare emorragie. I carcinoidi ileali, nattivazione avviene di regola per mutazione nella
producenti 5-idrossitriptamina, spesso inducono linea germinale seguita da delezione somatica del
una ipertrofia della tonaca muscolare e una reazio­ secondo alíele. Per contro la MEN II è causata da
ne desmoplastica nel segmento intestinale colpito una attivazione del protooncogene RET che codifi­
così da manifestare una sintomatologia occlusiva. ca per un recettore per la tirosina chinasi ed è loca­
Infine i carcinoidi appendicolari sono il più delle lizzato in 10qll.2. È interessante rilevare come RET
volte reperti casuali in corso di appendicectomia e sia coinvolto nella patogenesi anche del carcinoma
determinano rigonfiamenti localizzati del viscere papillare sporadico della tiroide, che origina dalla
da estesa infiltrazione della sottomucosa e della cellule follicolari. Tuttavia, il meccanismo di attiva­
tonaca muscolare. zione del gene è radicalmente diverso nelle due
L'aspetto istologico dei carcinoidi è contraddi­ condizioni patologiche, essendo legato ad una
stinto dalla grande uniformità delle cellule tumora­ mutazione puntiforme nella MEN II mentre nel car­
li: queste sono di piccole dimensioni con nuclei cinoma papillare dipende da un riarrangiamento
rotondeggianti, monomorfi e citoplasma eosinofilo, del cromosoma 10 che pone la regione tirosin-chi-
granuloso. Molto scarse sono le mitosi. Le cellule nasica di RET sotto il controllo del promoter di un
sono disposte in strutture trabecolari o a rosetta che gene espresso dalle cellule follicolari tiroidee.
Neoplasie endocrine multiple & 8 2 9

Il riconoscimento delle alterazioni geniche spe­


cifiche di entrambe le sindromi mediante appro­
priati test genetici, consente nelle famiglie affette, di
identificare precocemente i membri che hanno ere­
ditato il gene mutato. Tali procedure sono rese più
complesse nella MEN I dal fatto che la distribuzio­
ne intragenica delle mutazioni è molto più eteroge­
nea che nella MEN II.
Nella MEN I sono coinvolte Tipofisi (affetta nel
65% dei casi), le isole pancreatiche (81%) e le para-
tiroidi (87%). Inoltre in un significativo numero di
pazienti compaiono anche tumori endocrini gastro-
duodenali, bronchiali, timici. In conseguenza del
coinvolgimento di organi multiormonali, quali ipo­
fisi e isole pancreatiche, le sindromi cliniche asso­
ciate alla MEN I sono particolarmente varie: le più
frequenti sono l'ìperparatiroidismo e la sindrome
di Zollinger-Ellison, ma si possono osservare altre
sindromi endocrino-pancreatiche (ipoglicemia, sin­
drome da glucagonoma) e diverse sindromi ipofisa-
rie (acromegalia, sindrome di Cushing, iperprolatti-
nemia). La prognosi della MEN I è soprattutto
influenzata dalla eventuale evoluzione maligna dei
tumori pancreatici e dalla malattìa ulcerosa della
sindrome di Zollinger-Ellison, quest'ultima peral­ Fìg, 4 - Sezione trasversa di pancreas in un paziente con
tro attualmente ben controllata dalle moderne tera­ sindrome M EN I. Si noti la caratteristica molteplicità dei tumori
pie farmacologiche. endocrini (T) (ematossilina-eosina).
Nella MEN II sono coinvolte le cellule C (calcito-
nina secementi) della tiroide, che danno origine al
carcinoma midollare tiroideo, la midollare del sur-
rene, con sviluppo di feocromocitoma, e le parati- presentano caratteristiche basilari largamente
roidi. Quest'ultime, pertanto, rappresentano Tunica sovrapponibili. Le alterazioni si manifestano dap­
ghiandola endocrina affetta in entrambi i tipi di prima sotto forma di iperplasia multifocale che suc­
MEN. La prognosi della MEN II è soprattutto cessivamente può evolvere in adenoma ed in carci­
influenzata dalla malignità della neoplasia tiroidea noma. L'associazione di iperplasia diffusa e di neo­
e dalle crisi ipertensive indotte dal feocromocitoma, plasia di uno stesso tipo di cellule endocrine può
che comportano grave rischio soprattutto nei casi in consentire di riconoscere casi di MEN occulti. In
cui quest'ultimo non sia stato ancora identificato. caso di coinvolgimento di organi pari, quale surre-
Una particolare varietà di MEN II, chiamata Kb, rii o paratiroidi, la localizzazione è di regola bilate­
è quella contraddistinta da associazione di carcino­ rale, seppure con possibilità di sviluppo metacrono.
ma midollare della tiroide e . feocromocitoma con Nell'ambito della MEN I, la lesione ipofisaria è
rana serie di alterazioni muscolo scheletriche e ner­ costituita da adenoma, più spesso di tipo cromofo­
vose, le più comuni delle quali sono rappresentate bo e con disturbi da compressione, quella paratiroi­
da neuromi mucosi oro-labiali e da una costituzione dea da iperplasia a cellule principali e quella pan­
somatica simile a quella della sindrome di Marfan. creatica da adenomi insulari multipli (Fig. 4) ed, in
Nella MEN Ilb le paratiroidi non sono mai coinvol­ una parte dei casi, da tumori endocrini maligni.
te mentre il carcinoma midollare della tiroide com­ Anche le neoplasie gastroduodenali, tùniche e
pare di regola più precocemente ed ha un andamen­ bronchiali possono essere maligne. I gastrinomi
to più aggressivo. Sotto il profilo patogenetico la responsabili della sindrome di Zollinger-Ellison
MEN Hb si distingue per una diversa localizzazione sono frequentemente localizzati nel duodeno,
intragenica della mutazione di RET, che è di regola essendo sovente di piccole dimensioni.
situata nel codone 918 delTesone 16, mentre interes­ Nell'ambito della MEN II, il carcinoma midolla­
sa gli esorti 10 e 11 nella quasi totalità dei casi di re della tiroide presenta tipica localizzazione intra-
MEN Ila. Esiste infine ima varietà di carcinoma ghiandolare bilaterale e simmetrica ed è spesso
midollare familiare non associato ad altre neoplasie accompagnato da iperplasia delle cellule C nella
endocrine, che è peraltro riconducibile alla stessa tiroide extratumorale. Le lesioni surrenaliche sono
eziopatogenesi della MEN Ila a causa della comune rappresentate dapprima da iperplasia nodulare, da
dipendenza da mutazioni negli esoni 10 e 11 di RET. cui successivamente si sviluppa il feocromocitoma.
Indipendentemente dal tipo di MEN e dalla A differenza della neoplasia tiroidea, il feocromoci­
ghiandola colpita, le lesioni anatomo-patologiche toma è benigno nella grande maggioranza dei casi.
8 3 0 's Sistema endocrino diffuso

H Bibliografia essenziale Solcia E, Capella C, Buffa R, Uselliiu L, Frigerio B, Fonta­


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Pancreas endocrino
6.12 C. Bordi

| Cenni di anatomia, istologia de pancreatico agiscono con un meccanismo di tipo


endocrino classico, con effetto su organi bersaglio
e fisiologia distanti che raggiungono attraverso il circolo emati­
co. Per contro, la somatostatina, che ha un'azione
D. pancreas endocrino, deputato al controllo del
eminentemente di tipo paracrino, pare svolga all'in­
metabolismo glucidico, si compone di circa 1 milione
terno dell'isola pancreatica una funzione locale di
di piccoli aggregati cellulari, chiamati isole di Langer-
controllo dell'attività delle cellule circostanti produ­
hans, uniformemente dispersi nel contesto della
centi insulina e glucagone. Meccanismi di regolazio­
ghiandola pancreatica. Le isole di Langerhans di rego­
ne intrainsulare sono anche svolti dal complesso
la non superano il diametro di 300 micron e comples­
sistema di giunzioni sia di tipo occludente (tight junc-
sivamente rappresentano solo 1' 1-2% dell'intero volu­ tiorts) che facilitante (gap junctions) presenti sulle
me del pancreas nell'uomo adulto. Esse sono compo­ membrane delle cellule insulari. Tali giunzioni svol­
ste da quattro tipi di cellule, ciascuno producente un gono una funzione di modulazione reciproca e di
ormone specifico: la cellula A (ormone prodotto: glu- coordinamento tra cellule insulari contigue (Orci et
cagone), la cellula B (insulina), la cellula D (somatosta- al., 1982). In particolare le gap junctions, grazie al pas­
tina) e la cellula PP (polipepti.de pancreatico). La saggio di ioni e piccole molecole direttamente da una
distribuzione dei diversi tipi cellulari non è omogenea cellula all'altra, consentono la trasmissione di segnali
nelle diverse regioni del pancreas. Infatti le isole del intercellulari, meccanismo definito come accoppia­
corpo-coda e della parte anteriore della testa del pan­ mento metabolico. Sulla base di tali osservazioni si
creas sono composte in prevalenza da cellule B (70- evince pertanto come le cellule insulari svolgano la
80%) (Fig. 1), seguite a distanza dalle cellule A (10- loro attività in modo strettamente coordinato.
20%) e dalle cellule D (2-7%). Per contro le isole della Infine, vanno menzionate le correlazioni anato-
parte posteriore della testa sono in prevalenza compo­ mo-funzionali extrainsulari che le isole di Langer­
ste da cellule PP (55-90%), seguite da cellule B (5-40%) hans contraggono in particolare con il pancreas eso­
e da rare cellule D (0,5-2%) mentre le cellule A sono crino e l'apparato gastroenterico. I rapporti funziona­
virtualmente assenti (Stefan et al., 1982). Questa diffe- li con il pancreas esocrino si estrinsecano soprattutto
renza regionale nel contenuto dei diversi tipi cellulari grazie alla presenza di diffuse connessioni vascolari,
insulari riflette la diversa origine embriologica del tramite le quali il sangue refluo dalle isole passa nel
pancreas da due diversi abbozzi dell'intestino primi­ tessuto acinare adiacente. In tale sede gli ormoni
tivo. Infatti la porzione pancreatica ricca in cellule B insulari sono in grado di esercitare importanti azioni
ed A deriva dall'abbozzo dorsale, mentre la parte sia trofiche che di regolazione funzionale, che interes-
ricca in cellule PP deriva dall'abbozzo ventrale.
Le principali funzioni svolte dagli ormoni insu­
lari possono essere così schematizzate: 1) l'insulina,
ormone ad azione prettamente anabolizzante, svol­
ge un ruolo ipoglicemizzante mediante stimolazio­
ne della glicogenogenesi epatica e della utilizzazio­
ne di glucosio a livello delle cellule adipose e
muscolari; 2) il glucagone ha un'azione di tipo cata­
bolico ed iperglicemizzante opposta a quella del­
l'insulina in quasi tutti i meccanismi metabolici in
cui è coinvolto; 3) la somatostatina, essendo dotata
di un'attività inibitoria nei confronti della secrezio­
ne di glucagone e insulina, è verosimilmente impli­
cata in meccanismi di regolazione intrainsulare; 4)
il polipeptide pancreatico, infine, la cui funzione
specifica è tuttora poco conosciuta, è probabilmen­
Fig. 1 - Isola di pancreas umano normale colorata con anticor­
te coinvolto in diversi meccanismi gastrointestinali, po antì insulina. La maggioranza delle cellule risultano essere
sia a livello di secrezione che di motilità. cellule B contenenti insulina (immunoperossidasi con colorazio­
Insulina, glucagone e, verosimilmente, polipepti- ne nucleare con emaiossilina).
832 - Pancreas endocrino

sano la maggior parte del tessuto pancreatico in con­ Classificazione eziologica de! diabete
seguenza della fine distribuzione delle isole di Lan-
mellito
gerhans nel contesto della ghiandola pancreatica.
I rapporti con l'apparato gastroenterico sono
I. Diabete di tipo ì
dimostrati dal fatto che la secrezione di insulina
indotta del glucosio è molto più accentuata dopo I A. Su base autoimmune (tipo 1A)
assorbimento intestinale di quanto sia dopo som­ [ B. idiopatico
ministrazione parenterale. Tra gli ormoni intestina­ li. | Diabete di tipo 2 ~~
li che influenzano la funzione insulare, dando
II!. | Altri tipi di diabete
luogo al cosidetto asse enferò-in su lare, il ruolo più
importante è svolto dal GIP. A . Da difetto genetico della funzione della cellula
B* contraddistinti da mutazioni dei geni:
1. fattore di trascrizione nucleare degli epatoci-
M Diabete mellito ti 4 a
2.-glucochinasi
II diabete mellito è una malattia metabolica cro­ 3. fattore di trascrizione nucleare degli epatoci-
nica dovuta ad una deficienza assoluta o relativa ti l a
deirattività insulinica, che si manifesta con intolle­ 4. promoter dell'insulina
ranza glucidica e conseguente iperglicemia. Le B. Difetti genetici nell'azione dell'insulina (p.és.
alterazioni metaboliche del diabete, tuttavia, non insulinoresistenza di tipo A )
coinvolgono solo i carboidrati ma si estendono
anche alle proteine ed ai lipidi. Inoltre, in aggiunta C. Malattie del pancreas esocrino: pancreatite,
al deficit di insulina, una eccessiva secrezione di pancreatectomia, neoplasie, fibrosi cistica, emo-
cromatosi
glucagone contribuisce spesso ad aggravare il qua­
dro metabolico. Va peraltro preliminarmente ricor­ í D. Endocrinopatie: sindrome di Cushing, acromega-
dato come il diabete mellito non rappresenti un'u­ iia, feocromocitoma, ipertiroidismo, glucagonóma
nica entità morbosa ma piuttosto un insieme etero­
geneo di condizioni patologiche talora molto i E. Farmaci e sostanze chimiche: glucocorticoidi,
| tiazidici, altri
diverse tra loro per etiopatogenesi, quadro meta­
bolico e prognosi. | F. Infezioni: rosolia congenita, da cytomegalovirus,
La classificazione dei vari tipi di diabete è cam­ | da virus coxackie, altre ___________ j
biata più volte nel corso degli anni, e si è basata su
G . Forme rare di diabete immuno-mediato: sindrome
criteri come l'età di insorgenza, la costituzione
"stiff man", anticorpi anti recettore dell'insulina
somatica dei pazienti, il tipo di trattamento richie­
sto, e la distinzione tra forme primitive e seconda­ H. Altre sindromi genetiche associate a diabete: s.
rie. Nel 1997 l'Associazione Americana per il Diabe­ di Down, s. di Klinefeiter, altre
te ha raccomandato l'adozione di una classificazio­ IV. j Diabete mellito della gestante.______ _______ : .
ne basata sull'eziologia che è riportata nella tabel­
la 1. Essa include: a) il diabete di tipo 1, in prece­ *ln precedenza definiti cumulativamente come diabete di tipo adulto
denza chiamato anche diabete giovanile o magro o insorto in età giovanile (maturity-onset diabetes of thè young, MODY).
insulino-dìpendente, che rappresenta circa il 10%
dei casi e che è stato recentemente suddiviso in tipo diabete e che possono condurre a morte i pazienti,
1A ed 1B, entrambi caratterizzati da grave riduzio­ sono largamente sovrapponibili nei due tipi. Esse
ne delle cellule B delle isole, ma distinti per l'asso­ riguardano principalmente il sistema vascolare, il
ciazione con l'autoimmunità, presente nel tipo 1A, rene, l'apparato oculare ed i nervi.
che costituisce la grande maggioranza dei pazienti, Dal punto di vista epidemiologico il diabete di
ed assente nel tipo 1B; b) il diabete di tipo 2, in pre­ tipo 1A è caratterizzato da una disomogenea distri­
cedenza chiamato diabete adulto o grasso o non- buzione geografica, con picchi di maggiore inciden­
insulino-dipendente, che ammonta all'80% dei za in Finlandia ed in generale nelle popolazioni
pazienti; c) una lunga serie di altre forme che nord-europee ma non esclusivamente in esse. Sor­
approssimativamente corrispondono al rimanente prendentemente tassi molto diversi si osservano
10% dei casi. talora anche in nazioni contigue come la Finlandia
In questa sede verranno discusse le due forme e l'Estonia e riflettono verosimilmente un diverso
principali di diabete (tipo 1A e 2), che differiscono in patrimonio genetico delle rispettive popolazioni e
modo fondamentale per quanto riguarda il substra­ differenti condizioni ambientali favorenti. Le varia­
to genetico, i meccanismi patogenetici, le alterazioni zioni di incidenza tra aree a maggiore e quelle a
insulari e la dipendenza dall'insulina sul piano tera­ minore frequenza possono raggiungere valori del­
peutico, così da essere considerate come due malat­ l'ordine delle 400 volte (Atkinson e Eisenbarth,
tie sostanzialmente differenti (Tab. 2). Tuttavia, va 2001). Il diabete di tipo 2 è malattia tipica delle
sottolineato come le complicanze a lungo termine, popolazioni economicamente sviluppate, con ali­
che rappresentano il maggior problema clinico del mentazione abbondante (e sovente eccessiva) ed
Diabete mellito & 8 3 3

Caratteri differenziali tra diabete autoimmune. In tale contesto la suscettibilità gene­


tica legata a specifici alleli del complesso maggiore
mellito di tipo 1A e di tipo 2
di istocompatìbilità (ma non solo a quelli) predispo­
ne allo sviluppo di autoimmunità nei confronti
Tipo 1A Tipo 2
delle cellule B insulari. La conseguente reazione
Patogenesi Autoimmunità e relativi Insulinoresistenza autoimmune si manifesta spontaneamente o è sti­
meccanismi patologici molata da condizioni ambientali che, alterando la
Deficit grave di Deficit relativo di cellula B, la rendono immunogenica (Atkinson e
insulina insulina Eisenbarth, 2001).
Genetica 4 0 % di concordanza in 6 0 -8 0 % di concor­ Predisposizione genetica. Tra le diverse regioni
gemelli monocoriali danza in gemelli cromosomiche che hanno evidenziato un ruolo
monocoriali nella suscettibilità al diabete di tipo 1A, quella di
Non associato gran lunga preponderante e meglio studiata è rap­
Associazione a HLA-D presentata dal locus IDDM1 (da Insulin Depedent
a HLA-D
insulite precoce Assenza di insulite
Diabetes Mellitus) che si localizza nella regione 6p21
Lesioni
dove mappano i geni del complesso maggiore di
insulari : Marcata atrofia e Amiloidosi con istocompatìbilità di classe II. Tra gli alleli di tale
fibrosi atrofia focale
regione un particolare rischio di contrarre la malat­
Deplezione grave Deplezione lieve tia è conferito dagli HLA-DQ ed, in minor misura,
delle cellule B delie cellule B
HLA-DR e HLA-DP. È interessante rilevare come
Clinica Giovani > adulti Adulti > giovani nella stessa regione coesistono gli alleli responsabi­
Peso corporeo normale Obesità li di aumentato rischio di malattia (come gli HLA-
Insulinemia ridotta Insulinemia nor­ DR3 e 4) ed alleli che conferiscono protezione
male o aumentata (come HLA-DR2). Considerando il meccanismo di
azione del recettore T-cell dei linfociti T CD4+, che
Presenza di anticorpi Assenza di anti­
necessita del preventivo legame dell'antigene alle
anti-isole corpi anti-isole
molecole MHC di classe II sulla superficie delle cel­
Chetoacidosi frequente Chetoacidosi rara lule presentanti l'antigene stesso, è verosimile rite­
HLA: Human Leucocyte Antigen, geni del complesso maggiore di nere che i geni MHC di classe II condizionino la
istocompatìbilità di dasse II risposta autoimmune ad un antigene delle cellule B
o che un antigene di tali cellule venga presentato in
modo da indurre una reazione autoimmune (Und-
abitudini di vita sedentarie. Indipendente dalle lien et al., 2001).
diverse distribuzioni geografiche, l'incidenza di
Autoimmunità. La dimostrazione della comparsa
entrambe le due forme principali di diabete appare
di anticorpi contro antigeni delle cellule insulari ha
in sensibile aumento, un dato non solamente dipen­
rappresentato la prima inconfutabile evidenza del
dente da ima maggior capacità di diagnosticare la
meccanismo autoimmune che agisce nel diabete di
malattia. In particolare l'incidenza del diabete di
tipo 1A. Tali anticorpi compaiono da mesi ad anni
tipo 2 negli Stati Uniti si aggira attualmente tra il 5
prima della manifestazione clinica della malattia, a
ed il 7% della popolazione con un numero stimato
riprova che il processo di distruzione delle cellule B
di 13 milioni di individui affetti ed un tasso di mor­
inizia molto prima della comparsa dell'insufficien­
talità di 35000 casi all'anno (7° causa di morte). La
retinopatia diabetica è la prima causa di cecità za insulinica, per la quale è necessaria la scomparsa
acquisita in USA e nel Regno Unito. di almeno il 90% delle cellule B (Fig. 2). Gli anticor­
pi sono diretti contro antigeni intracellulari, in
primo luogo l'insulina (anticorpi più frequenti nei
Patogenesi del diabete mellito malati giovani), il GAD (acido glutammico decar­
Il diabete mellito è sostanzialmente dipendentebossilasi, più frequenti nelle forme di diabete
dall'azione scatenante di fattori ambientali in sog­ autoimmune degli adulti) ed altre proteine citopla­
getti geneticamente predisposti. Nonostante questo smatiche. Sebbene attualmente si ritenga che gli
assunto sia comune alle due forme principali di dia­ anticorpi contro antigeni B cellulari non abbiano un
bete mellito, le condizioni genetiche ed ambientali ruolo attivo nella distruzione delle cellule B, essi
coinvolte sono radicalmente differenti nel diabete possono avere un'importante applicazione clinica
di tipo 1 ed in quello di tipo 2 così da giustificare la nella diagnostica dei casi di tipo 1A e nella identifi­
trattazione separata delle rispettive patogenesi. cazione preventiva di pazienti in fase preclinica o a
rischio, con possibilità di trattamenti iinmunomo-
dulatori capaci di prevenire la malattia conclamata.
Patogenesi del diabete di tipo 1A
L'infiltrato infiammatorio delle isole, o insulite,
Caratteristica di questa forma è la progressiva prevalentemente composto da linfociti T CD8 + , è
distruzione di cellule B mediante un meccanismo la manifestazione anatomopatologica del processo
834 K Pancreas endocrino

Fig.2 - Andamento della massa di cellule B in rapporto alle varie fasi di sviluppo del diabete tipo 1A ed all'associazione con insu-
iite, autoanticorpi e malattia clinicamente conclamata {modificata da Atkinson e Eisenbarth, 2001).

autoimmune e si presenta nelle isole che ancora sistema dei geni HLA, mentre il difetto metabolico
albergano cellule B. Poiché al momento della com­ fondamentale risiede nei meccanismi funzionali
parsa clinica del diabete la maggior parte delle cel­ della secrezione insulirdca e della risposta all'azio­
lule B risulta già distrutta, ne consegue che il pro­ ne dell'insulina (Ostenson, 2001).
cesso insulitico, verosimilmente fiorente nella fase
Predisposizione genetica. La suscettibilità genetica
preclinica della malattia, ,è a questo punto modesto
nel diabete di tipo 2 è molto più accentuata che nel
e sporadicamente distribuito, tendendo a scompari­ diabete di tipo 1. A riprova di ciò è il tasso di con­
re nella fase tardiva della malattia. Il meccanismo cordanza nello sviluppo della malattia in gemelli
attraverso il quale i linfociti CD8+ citotossici omozigoti pari al 60-80% a fronte di meno del 40%
distruggono selettivamente le cellule B include il nel diabete di tipo 1. Tuttavia non è stato evidenzia­
rilascio di granuli citotossici e/o l'induzione di to nessun gene con influenza predominante ed allo
apoptosi mediata da Fas (Trudeau et al., 2000). stato attuale è più verosimile che sia in gioco un
L'associazione con altre malattie autoimmuni, accumulo di difetti genetici diversi.
quali la tiroidite di Hashimoto, il morbo di Base-
dow, la malattia di Addison, la gastrite autoimmu­ Alterata secrezione insulinica. A differenza di quan­
ne e la malattia celiaca dimostra che la condizione to descrìtto nel diabete di tipo 1 nel quale la distruzio­
di autoimmunità nei diabetici di tipo 1A non è ne delle cellule B porta inevitabilmente ad un marca­
necessariamente ristretta alle cellule B insulari e to deficit insulinico, è noto da tempo come nel diabe­
giustifica in tali pazienti indagini atte ad evidenzia­ te di tipo 2 i livelli circolanti di insulina siano estre­
re possibili coinvolgimentì di altri organi, in parti­ mamente variabili e sovente normali o addiritura ele­
colare della tiroide. vati. Tuttavia, il normale andamento della secrezione
insulinica, di tipo oscillante, pulsatile e la rapida ini­
Fattori ambientali. È diffusamente accettato che tra i ziale risposta dell'insulina indotta dal glucosio sono
fattori ambientali che possono scatenare la reazione alterati o perduti. Dal momento che queste alterazio­
autoimmune siano i virus. Questo convincimento si ni sono già presenti nella fase precoce della malattia,
basa su considerazioni epidemiologiche, quali l'an­ si può dedurre che un'alterata secrezione di insulina
damento stagionale nella diagnosi di nuovi casi in è un evento precoce e primario del diabete dì tipo 2,
parallelo con la maggior frequenza delle comuni infe­ verosimilmente in rapporto ad un deficit della capa­
zioni virali. Inoltre, esistono numerose osservazioni cità della cellula B di rispondere allo stimolo del glu­
cliniche e sperimentali di associazione con virus, tra i cosio. Negli stadi più tardivi della malattia si instau­
quali il coxsackie B, e quelli della parotite epidemica, ra un deficit effettivo delle secrezione insulinica che
della rosolia e della mononucleosi infettiva. Sebbene può talora giungere ad un livello tale da necessitare
manchi l'evidenza di un effetto citotossico diretto dei somministrazione esogena di insulina.
virus capace di indurre la distruzione delle cellule B, A tale deficit della secrezione insulinica negli
i virus possono agire alterando gli antigeni presenta­ stadi tardivi contribuiscono l'effetto tossico dell'i-
ti dalle cellule B ma anche attivando ima più intensa perglicemia prolungata e la deposizione di amiloi-
risposta immunitaria dei linfociti T a causa di analo­ de, caratteristica delle ìsole nel diabete di tipo 2
gie tra sequenze aminoacidiche virali e quelle di pro­ (vedi oltre). L'amiloìde deriva dalla amilina, un pep-
teine della cellula B, come ad esempio tra il virus cox­ tide normalmente prodotto dalle cellule B e cosecre-
sackie B ed il GAD (Benoist et al., 2001). to con l'insulina. Pertanto la ipersecrezione di insu­
lina conseguente alllperglicemia, e prolungata negli
Patogenesi del diabete di tipo 2 anni, determina anche un'abnorme secrezione di
amilina. Questa, associandosi con la proteina C del
Il diabete di tipo 2 è caratterizzato dall'assenza siero, tende a precipitare all'esterno della cellula B
di fenomeni autoimmuni e di coinvolgimento del sotto forma di fibrille costituendo un feltro che si
0/abefe me//í’fo ® 000

interpone tra la cellula B ed il circolo capillare ed agisce sui meccanismi post-recettoriali dell'insulina
ostacola il riconoscimento dello stimolo glicemico ed è prodotto in eccesso negli adìpociti dei soggetti
da parte della cellula B nonché il trasporto dell'insu­ obesi. La leptina è un ormone adipocitario di cui è
lina secreta. La amilina inoltre ha un effetto tossico stata convincentemente dimostrata a livello speri­
diretto sulla cellula B (Lorenzo et al., 1994). mentale l'azione protettiva nei confronti delì'instau-
rarsi della resistenza insulinica. Infine la resistina ha
Fattori ambientali (obesità) e resistenza un documentato effetto favorente la resistenza insu­
insulinica. La resistenza insulinica, ovvero l'inca­ linica opposto a quello della leptina.
pacità dei tessuti periferici a rispondere all'azione
dell'insulina, è assieme alle anomalie della secrezio­
ne insulinica il principale fattore responsabile del Anatomia patologica del diabete mellito
diabete di tipo 2. Il meccanismo responsabile della Nella trattazione delle alterazioni morfologiche
resistenza insulinica non è stato identificato con del diabete mellito appare opportuno tenere separate
certezza anche se si ritiene essere principalmente le lesioni pancreatiche da quelle extra-pancreatiche
localizzato a livello dei meccanismi intracellulari per due ordini di fattori: 1) le lesioni pancreatiche
post-recettoriali attivati nelle cellule bersaglio dal sono sostanzialmente differenti nel diabete di tipo 1A
legame dell'insulina con il suo recettore. ed in quello di tipo 2 (Klöppel e Clemens, 1997) men­
Alla base della resistenza insulinica è nella mag­ tre le lesioni extrapancreatiche sono sostanzialmente
gior parte dei casi l'obesità, condizione particolar­ identiche nelle due forme; 2) le lesioni pancreàtiche
mente diffusa nelle società sviluppate sulla base di sono in parte rilevante l'espressione dei meccanismi
fattori ambientali quali l'eccessiva alimentazione e causativi della malattia mentre per contro la patolo­
le abitudini di vita sedentarie. L'obesità è associata gia extrapancreatica riflette le complicanze dell'alte­
a resistenza insulinica anche in assenza di diabete razione metabolica.
così come una diminuzione di peso riduce fino ad
annullare la resistenza insulinica. Lesioni pancreatiche
I meccanismi in base ai quali l'obesità induce la
resistenza insulinica sono stati in parte chiariti da Diabete di tipo 1A. Caratteristica di questa forma è
recenti acquisizioni sulla funzione del tessuto adi­ una gravissima riduzione delle cellule B (Fig. 3a), e
poso. Infatti gli adipocìti non sono esclusivamente di conseguenza anche del volume delle isole. La
dei depositi di lipidi ma sono risultati in grado di maggior parte delle isole sono piccole, con cellule B
elaborare messaggeri molecolari in grado di influen­ rare o assenti, e sono prevalentemente composte da
zare il metabolismo dell'insulina negli organi bersa­ cellule A (Fig. 3b) ed, in minor misura, D (nonché
glio (Shuldiner et al., 2001). Tali molecole includono da cellule PP nella regione di derivazione dall'ab­
il fattore di crescita tumorale (tumor necrosis factor, bozzo embriologico ventrale). Le cellule non-B non
TNF), la leptina e la resistina. Il TNF, in aggiunta al sono atrofiche ma ricche di granuli secretori e del
più noto ruolo nell'infiammazione e nell'immunità, relativo contenuto ormonale.

Fig. 3 - Isola di paziente con diabete conclamato, o) Cellule B immunoreattive per insulina fortemente ridotte di numero, b) La mag­
gior parte delle cellule insulari sono cellule A immunoreattive per glucagone (immunoperossidasi} (Cortesia del Prof. G. Kloeppel,
Università di Kiei, Germania).
836 ^ Pancreas endocrino
L'atrofìa ed il depauperamento in cellule B delle
isole sono già presenti al momento dell'insorgenza
clinica della malattia a riprova del fatto che il pro­
cesso patologico è iniziato prima delle manifesta­
zioni cliniche. Nella fase acuta della malattia, inclu­
dente i primi mesi dopo la diagnosi, accanto a tali
isole povere in cellule B, si osservano meno fre­
quenti isole iperplastiche in prevalenza composte
da cellule B. Quest'ultime rappresentano un tenta­
tivo di iperplasia rigenerativa delle cellule B resi­
due che è probabilmente alla base della fase di
remissione clinica della malattia spesso presente in
tale periodo e pressoché sempre transitoria. Istolo­
gicamente ed ultrastrutturalmente le cellule B resi­
due infatti manifestano segni di iperattività, quali Fig. 4 - insulite in isola pancreatica di diabetico. Infiltrato pre­
ipertrofia nucleare, sviluppo del reticolo endopla- valentemente linfocita rio senza interessamento del tessuto aci-
smico rugoso e degranulazione. nare circostante (emotossilina-eosina) {Cortesia del Prof. G.
L'insulite, espressione del processo autoimmu-
Kloeppel, Università di Kiel, Germania}.
nitario nei confronti delle cellule B, è l'alterazione
specifica del diabete di tipo 1 (Fig. 4). L'infiltrato
infiammatorio è strettamente confinato alle isole ed
è composto in prevalenza da linfociti T CD8+ ed, in
misura più limitata, da linfociti T CD4+ e macrofa­
gi. Come già riferito, l'insulite, verosimilmente flo­
rida nella fase preclinica della malattia in concomi­
tanza con il processo di progressiva distruzione
delle cellule B, ha diffusione piuttosto scarsa nella
malattia conclamata ed è limitata esclusivamente
alle isole che contengono cellule B (Fig. 5). Ne con­
segue che essa di regola scompare nei casi di lunga
durata, nei quali può esitare in una forma di fibrosi
limitata esclusivamente alle isole. Naturalmente,
insulite non è mai presente nel diabete di tipo 2.
Nella fase cronica del diabete di tipo 1 (oltre 1
anno dall'insorgenza), le cellule B sono spesso Fig. 5 - Insulite: infiltrato linfocitario in isola con residue cellule
scomparse. Nelle isole piccole e composte esclusi­
B immunoreattive per insulina {immunoperossidasi) (Cortesia
del Prof. G. Kloeppel, Università di Kiel, Germania}.
vamente da cellule A e D i normali rapporti topo­
grafici intrainsulari sono ovviamente sovvertiti, in
quanto esse non si trovano più alla periferia ma
anche al centro delle isole. Tale condizione è verosi­
milmente importante per spiegare le alterazioni o addirittura iperplastiche mentre nelle fasi avanza­
della funzione delle cellule A ed in particolare la già te esse presentano riduzione di volume e di contenu­
menzionata iperglucagonemia. to in cellule B. Questi reperti sono in accordo con l'i-
Le isole presentano frequente fibrosi, sia isolata perfunzione di tali cellule nelle prime fasi della
che estesa al pancreas esocrino. Nel primo caso la malattia ed il loro esaurimento nelle fasi tardive.
L'alterazione più tipica del diabete di'tipo 2 è l'a-
fibrosi è, come detto, la conseguenza del processo
miloidosi insulare, in passato definita ialinosi
insulitico mentre nel secondo caso essa è in rappor­
(Fig. 6). Come discusso in precedenza, l'amiloide
to al grave deterioramento della circolazione emati­
deriva dalla amilina (Fig. 7), e costituisce un feltro
ca a seguito delle complicanze vascolari del diabe­
che ostacola gli scambi metabolici e funzionali tra la
te, e pertanto può essere presente anche in diabete
cellula B ed il circolo ematico. L'amiloidosi insulare
di tipo 2.
aumenta con l'età essendo virtualmente assente
Indipendentemente dalla presenza o meno di
sotto i 40 anni e massima oltre i 70, dove è presente
fibrosi il pancreas esocrino negli stati avanzati rive­
in oltre il 50% dei pazienti. Essa non è peraltro spe­
la grave atrofia con marcata riduzione di peso e
cifica per il diabete essendo presente, pur con signi­
volume dell'intera ghiandola, verosimilmente
ficativa minor frequenza, anche in soggetti anziani
dovuta alla mancanza dell'effetto trofico dell'insu-
apparentemente non diabetici.
lina.
Come già accennato, fibrosi insulare è presente
Diabete di tipo 2. In questa forma le lesioni pancrea­ anche nel diabete di tipo 2, ed è virtualmente sem­
tiche sono meno caratteristiche e patognomoniche. pre associata a fibrosi del parenchima esocrino e ad
Nelle prime fasi della malattia le isole sono normali arteriosclerosi.
Diabete mellito ® 837

Lesioni extrapancreatiche
Le complicanze extrapancreatiche rivestono un
ruolo predominante nell'evoluzione e nella pro­
gnosi del diabete mellito. Esse in prevalenza riflet­
tono alterazioni nell'apparato vascolare, in partico­
lare arterie e capillari ed, in quanto tali, sono diffu­
se virtualmente in tutti i tessuti e/o organi. Questa
trattazione peraltro sarà limitata alle lesioni più
frequenti ed importanti per l'evoluzione della
malattia.

Angiopafia diabetica
Fig.6 - Amiloidosi insulare in diabefe di tipo 2: l'amiloide si Le alterazioni vasali del diabete, in rapporto al
presenta come materiale amorfo e cromofobo, che si interpone tipo dei vasi colpiti e delle caratteristiche delle
tra residui atrofici deii'isola ed i capillari (ematossilina-eosina)
(Cortesia del Prof. G. Kloeppel, Università di Kiei, Germania). lesioni, si suddividono in due entità chiamate
rispettivamente macroangiopatia e microangiopa-
tia diabetica.
Macroangiopatia diabetica. Colpisce sia le grandi
Infiltrazione grassa è frequentemente presente arterie di tipo elastico che le arterie muscolari ed è
nel pancreas esocrino dei diabetici tipo 2. Anche qualitativamente indistinguibile dall'aterosderosi
questa alterazione può osservarsi in soggetti non dei soggetti non diabetici. Tuttavia, a parità di pos­
diabetici e quindi non è specifica per il diabete ed sibili fattori favorenti, la macroangiopatia diabetica
è possibile sia in rapporto con l'obesità dei pazien­ insorge in età più precoce ed ha una maggior diffu­
ti più che con la condizione diabetica in quanto sione e una maggiore tendenza a complicazioni
tale. rispetto all'aterosclerosi non diabetica. Inoltre con­

Fig. 7 —Amiloidosi insulare in diabete di tipo 2. a) Persistenza di cellule B immunoreattive per insulina, b) Dimostrazione immunoi-
stochimica di amilina nei depositi di amiloide (immunoperossidasi) (Cortesia del Prof. G. Kloeppel, Università di Kiel, Germania).
838 Pancreas endocrino
dizioni di relativa resistenza allo sviluppo dell'ate­ Microangiopatia diabetica. È costituita da un
rosclerosi, quali si verificano nel sesso femminile abnorme ispessimento della lamina basale dei
fino al momento della menopausa, sono compieta- capillari dovuto ad anomala deposizione di protei­
mente annullate dal diabete. ne, spesso composte in prevalenza da collageno di
La patogenesi di tale aterosclerosi accelerata è tipo IV. Nonostante tale aumentato ispessimento
certamente plurifattoriale ed include l'ipertensione della lamina basale, i capillari diabetici sono più
arteriosa, presente in oltre la metà dei pazienti, l'i- permeabili di quelli normali al passaggio delle pro­
perlipidemia, presente in più di un terzo dei teine, come documentato dall'abnorme filtrazione
pazienti ed alterazioni delle lipoproteine, in parti­ proteica nei capillari dei glomeruli renali. La
colare di quelle ad alta densità (HDL) con ruolo microangiopatia e le conseguenti alterazioni della
protettivo nei confronti dell'aterosclerosi, verosi­ permeabilità capillare sono alla base di molte com­
milmente connesse con i processi di glicosilazione plicanze del diabete, incluse la nefropatia, la retino-
non-enzimatica dipendenti dall'iperglicemia. patia, le neuropatie e l'aumentata predisposizione
Le più importanti complicanze della macroan­ alle infezioni che contraddistingue i pazienti diabe­
giopatia diabetica in ordine di frequenza sono l'in­ tici (Joshi et al., 1999).
farto miocardico, la gangrena degli arti inferiori e
l'infarto cerebrale. Coronarosclerosi e miocardiopa- Nefropatia diabetica
tia ischemica sono dimostrabili clinicamente nel 50-
75% dei diabetici e l'infarto miocardico è la prima Il rene è nel suo complesso l'organo più grave­
causa di morte nei diabetici adulti di età interme­ mente colpito nel diabete. L'insufficienza renale
dia. Come già accennato, il diabete annulla ogni dif­ cronica è infatti la causa di morte in almeno il 50%
ferenza nell'incidenza di infarto del miocardio tra i dei diabetici anziani.
due sessi. La gangrena, che è conseguente ad atero­ Le lesioni diabetiche del rene (si veda anche il
sclerosi di arterie periferiche e colpisce pressoché capitolo dedicato al rene) comprendono: a) le lesio­
esclusivamente gli arti inferiori, è 100 volte più fre­ ni glomerulari; b) le lesioni vascolari, sia di tipo ate-
quente nei diabetici rispetto ai non diabetici ed in rosclerotico che arteriolosclerotico; c) la pielonefri-
un quarto dei casi si manifesta prima dei 60 anni, te, inclusa la papillite necrotizzante.
allorché è virtualmente assente nei non diabetici. Lesioni glomerulari (Kg. 8). La glomerulosclerosi
Infine l'ictus cerebrale è da 2 a 3 volte più frequen­ diffusa è la più frequente alterazione, presente vir­
te nei diabetici. tualmente in tutti i diabetici conclamati di durata

Fig. - Glomerulopatia diabetica, a) Glomerulosderosi diffusa con ispessimento del mesangio. SÌ notino le anse capillari glome-
8

ruTari periferiche dilatate e con ispessimento della lamina basale, b) Glomerulosclerosi diffusa in stadio più avanzato associata a
glomerulosclerosi nodulare(*). Si noti la riduzione del letto capillare (Colorazione P.A.S.).
Diabete mellito & 839

superiore ai 10 anni. Essa tuttavia non è specìfica per porto alla durata della malattia, insorgendo di rego­
il diabete potendo presentarsi, sebbene in grado più la dopo 5-10 anni, ed essendo pressoché costanti
modesto, anche in soggetti anziani non diabetici, dopo 25 anni.
specie se ipertesi. Essa è dovuta ad una proliferazio­ Pur comprendendo anche la cataratta ed il glau­
ne delle cellule mesangiali e ad un aumento a carat­ coma, le lesioni oculari nel diabete compromettono
tere diffuso della matrice mesangiale, costantemen­ la funzione visiva soprattutto a causa delle altera­
te associati ad ispessimento della membrana basale zioni dei vasi-retinici, che costituiscono la retinopa­
dei capillari glomerulari e ad una spiccata ialinosi tia diabetica. Questa può essere suddivisa in due
deU'arteriola afferente e sovente anche efferente. fasi, non proliferativa e proìiferativa e nel suo insie­
Una seconda varietà di glomerulosclerosi è me è da considerarsi virtualmente diagnostica per
quella definita nodulare (di Kimmelstiel e Wilson). diabete mellito.
Questa è patognomonica del diabete ma è presente La fase non proliferativa della retinopatia è
solo nel 25% dei diabetici e spesso solo in ima mino­ contraddistinta dalla presenza dei microaneuri­
ranza dei glomeruli. Essa è caratterizzata da masse- smi, dilatazioni fusiformi o sacciformi dei capilla­
relle nodulari ialine PAS positive, situate nei lobuli ri con diametro variabile da 20 a 100 micron. Essi
periferici del glomerulo ed è, peraltro, sempre asso­ sono verosimilmente dovuti ad un indebolimento
ciata a glomerulosclerosi diffusa. della parete vasale a seguito della perdita di peri-
L'evoluzione delle lesioni glomerulari, indipen­ citi oppure di una fusione di shunt capillari tor­
dentemente dal loro tipo, è rappresentata dalla scle­ tuosi ed anomali che si formano in conseguenza di
rosi dei glomeruli con progressiva obliterazione aree di ridotta o scomparsa vascolarizzazione.
delle anse capillari. Tale obliterazione riduce il flus­ Altre lesioni retiniche sono rappresentate da dila­
so ematico glomerulare portando ad atrofia ische- tazioni venose, diffuso ispessimento delle mem­
mica anche della componente tubulare, che è infat­ brane basali dei capillari (che possono apparire
ti irrorata da sangue refluo dalle arteriole efferenti collassati) edema, microemorragie (che spesso
del glomerulo, con conseguente fibrosi interstiziale vengono riassorbite senza lasciare tracce) essudati
e graduale evoluzione verso il rene grinzo e l'insuf­ "duri" dovuti ad accumuli focali di materiale pro­
ficienza renale. teico e lipidico di derivazione ematica, ed essuda­
ti "tenui" o cotonosi, costituiti da microinfarti che
Lesioni vascolari. L'aterosclerosi renale, quale
appaiono quali macchie bianco-grigiastre a limiti
manifestazione locale della macroangiopatia diabe­
sfumati.
tica generalizzata può condurre a nefrosclerosi ed
La retinopatia non proliferativa, interessando
anche ad infarti renali. L'arteriolosclerosi, che come
prevalentemente regioni esterne alla macula, non è
già citato può interessare sia l'arteriola afferente che
di regola associata a gravi disturbi visivi. Tuttavia
quella efferente del glomerulo, è di regola associata
essa rappresenta il substrato sul quale in una parte
ad ipertensione ma può osservarsi anche in sogget­
dei casi, di regola con diabete di tipo 1 e dopo un
ti diabetici non ipertesi.
intervallo di 5-10 anni, si sviluppa la ben più grave
Pielonefrite. Il diabetico, nel quadro della genera­ forma di retinopatia proliferativa, che nell'arco di
lizzata suscettibilità alle infezioni già menzionata, ulteriori 5-10 anni conduce alla cecità il 50% dei
presenta sovente pielonefriti acute e croniche. Que­ pazienti.
ste non differiscono nelle loro caratteristiche da La retinopatia proliferativa è caratterizzata da
quelle che insorgono in soggetti non diabetici ma una marcata neoformazione di capillari, soprattutto
appaiono di regola più frequenti e di maggior gra­ alla giunzione tra retina e corpo vitreo. Dalla rottu­
vità. Una particolare forma di pielonefrite, frequen­ ra di tali vasi neoformati derivano frequenti emor­
temente osservata nel diabete anche se non specifi­ ragie del vitreo che esitano in organizzazione fibro­
ca per tale condizione morbosa, è rappresentata sa e che possono portare anche a distacchi di retina.
dalla papillite necrotizzante. In questa condizione Ovviamente, allorché tali processi interessano la
l'associazione tra l'infezione batterica delle pirami­ macula visiva, il deficit visivo diviene grave ed irre­
di midollari e il ridotto apporto ematico dovuto alla versibile fino alla cecità.
microangiopatia porta ad una necrosi della regione
papillare con possibile conseguente distacco del Neuropatia diabetica
tessuto necrotico e sua eliminazione con le urine. Se
la lesione interessa più piramidi in entrambi i reni, Sebbene la malattia diabetica presenti compli­
essa può condurre ad una insufficienza renale canze sia a livello del sistema nervoso centrale che
acuta. di quello periferico, la neuropatia dei nervi periferi­
ci è di gran lunga l'affezione di più comune osser­
Retinopatia diabetica vazione. Essa interessa con maggiore frequenza i
nervi degli arti inferiori, con prevalenza per quelli
Le lesioni oculari del diabete sono una compli­ sensoriali, ma si estende frequentemente anche al
canza frequente responsabile di gravi conseguenze sistema nervoso autonomo viscerale. Le lesioni
funzionali fino alla cecità. Tali lesioni sono in rap­ osservate sono rappresentate da focolai multipli di
840 & Pancreas endocrino
demielinizzazione segmentale che determinano La produzione e secrezione tumorale di PP di
sofferenza funzionale, cui fanno seguito prolifera­ regola non determina sindromi cliniche apprezzabili.
zione delle cellule di Schwann e rigenerazione della
mielina. La patogenesi della neuropatia diabetica è Sindromi da secrezione ormonale ectopica
verosimilmente legata alla microangiopatia e alle
conseguenti alterazioni circolatorie nonché altera­ 4) Sindrome di Zollinger-Ellison. È dovuta ad
zioni metaboliche conseguenti alla iperglicemia. eccessiva secrezione di gastrina con ipersecre­
La neuropatia degli arti inferiori induce disturbi zione gastrica massiva che porta allo sviluppo di
sia nelle funzioni sensitive che motorie mentre ulcere peptiche.
quella del sistema nervoso autonomo determina 5) Sindrome da diarrea acquosa (di Verner-Morri-
disfunzioni cardiache, oculomotorie, gastrointesti­ son, colera pancreatico). È indotta da eccessiva
nali, vescicali e della funzione sessuale. liberazione di sostanze influenti sulla motilità e
la secrezione intestinale (soprattutto il VIP).
6) Altre sindromi. Rari casi di sindrome di Cus-
H Tumori del pancreas endocrino hing, sindrome da carcinoide ed acromegalia
sono stati osservati in conseguenza di eccessiva
I tumori del pancreas endocrino, pur essendo secrezione ectopica rispettivamente di ACTH, 5~
meno frequenti di quelli del pancreas esocrino, sono idrossitriptamina o del releasing factor dell'or­
importanti per la loro capacità di indurre sindromi mone somatotropo.
caratteristiche e clinicamente rilevanti, legate alla
secrezione eccessiva di ormoni. Inoltre la diagnostica La più frequente delle sindromi da iperfunzione
per immagini consente attualmente di identificare endocrino-pancreatica è quella legata ad iperinsuli­
con maggior frequenza forme non funzionanti con nismo, che da sola comprende i 2/3 dei casi, segui­
conseguenti problemi di diagnostica differenziale ta dalla sindrome di Zollinger-Ellison. Le altre sin­
nei confronti dei tumori del pancreas esocrino, di dromi sono rare.
maggior gravità sotto il profilo prognostico e spesso
con più scarse opzioni di terapia chirurgica. Anatomia patologica dei tumori endocrini
Le sindromi cliniche legate ad iperincrezione pancreatici
ormonale da parte dei tumori endocrini pancreatici
possono riflettere sia una eccessiva ipersecrezione di Una condizione di iperplasia delle isole pan­
ormoni insulari (sindromi entopiche) che la produ­ creatiche, associata a iperinsulinismo, è conosciuta
zione tumorale di ormoni normalmente prodotti al solo nell'età neonatale dove può presentare due
varietà distinte per patogenesi ed evoluzione: a) l'i-
di fuori del pancreas (sindromi ectopiche). Le princi­
pèrplasia del pancreas endocrino dei figli di madri
pali caratteristiche delle sindromi da iperfunzione
diabetiche, che si sviluppata come risposta com­
endocrino-pancreatica possono essere così riassunte:
pensativa alTiperglicemia materna durante la vita
fetale, ha durata transitoria e regredisce spontanea­
Sindromi da secrezione ormonale entopica mente; b) per contro l'iperinsulinismo idiopatico
persistente non regredisce spontaneamente e può
1) Iperinsulinismo. È caratterizzata da secrezione indurre nel tempo cerebropatia dovuta a carenza di
insulinica eccessiva o comunque sproporzionata glucosio durante lo sviluppo encefalico.
rispetto ai concomitanti livelli di glucosio. Pro­ I tumori pancreatici endocrini sono in prevalenza
voca crisi ipoglicemiche che possono portare ad unici, rotondeggianti, a limiti piuttosto netti, di con-
alterazioni neurologiche o mentali (il sistema
nervoso centrale è il maggior consumatore di
glucosio deirorganismo).
2) Sindrome da glucagonoma. È contraddistinta da
eccessivi livelli circolanti di glucagone con con­
seguenti effetti catabolici. Questi si manifestano
di norma sotto forma di dermatite necrolitica
migrante, stomatite, perdita di peso ed ipoami-
noacidemia, sovente associati a lieve intolleran­
za glucidica.
3) Sindrome da somatostatinoma. È dovuta ad
ipersomatostalinemia con i conseguenti effetti
inibitori: colelitiasi da ridotta motilità colecisti­
ca, steatorrea da ridotta secrezione pancreatica,
ipocloridria da ridotta secrezione gastrica, diar­ Fig.9 - Prodotto di resezione chirurgica duodeno-cefalopan-
rea da ridotto assorbimento intestinale, diabete creatica per carcinoma endocrino dei pancreas. Si noti la netta
lieve da anomala regolazione insulare. delimitazione deiia neoplasia.
Tumori del pancreas endocrino s 841

Fig. 10 - Aspetto istologico caratteristico di un tumore endocri- Fig. 11 - Dimostrazione dell'insulina nelle cellule di un insulino-
no dei pancreas con struttura tra beco! a re nastriforme e cellule ma pancreatico. L'ormone tende ad accumularsi nel polo ceilu-
monomorfe con nuclei regolari e citoplasma ben rappresentato lare rivolto verso i capillari (immunofluorescenza).
(ematossilina-eosina).

sistenza variabile a seconda del contenuto in stroma Joshi N., Caputo G.M., Weitekamp M.R., Karchmer A.W.:
fibroso e di colorito biancastro o grigio roseo (Fig. 9). Primary care: Infections in patients with diabetes mel­
Istologicamente essi sono di regola ben differenziati, litus. N Engl J Med 1999; 341:1906-1912.
con struttura trabecolare o a nidi solidi, e sono com­ Klöppel G., Clemens A.: Insulin-dependent diabetes mel­
posti da cellule monomorfe, regolari con citoplasma litus: Islet changes in relation to etiology and patho­
ben rappresentato (Fig. 10). Il loro contenuto ormo­ genesis. Endocr Pathol 1997; 8: 273-282.
nale è dimostrabile solo con immimoistochimica Lorenzo A., Razzaboni B., Weir G.C., Yankner B.A.: Pan­
(Fig. 11). La malignità è definibile con certezza sol­ creatic islet cell toxicity of amylin associated with
tanto in presenza di infiltrazione dei tessuti adiacen­ type-2 diabetes mellitus. Nature 1994; 368: 756-760.
ti o di metastasi, che si localizzano prevalentemente
nei linfonodi regionali o nel fegato. Orci L.: Macro- and micro-domains in the endocrine pan­
creas. Diabetes 1982; 31:538-565.
La prognosi dei tumori endocrini del pancreas è
ottima dopo resezione chirurgica per neoplasie di Ostenson C.G.: The pathophysiology of type 2 diabetes
dimensioni inferiori a 2 cm. Le metastasi a distanza, mellitus: an overview. Acta Physiol Scand 2001; 171:
pur essendo associate a prognosi infausta, possono 241-247.
consentire sopravvivenze anche di anni. In genera­ Shuldiner A.R., Yang R.Z., Gong D.W.: Resistin, obesity,
le, i tumori producenti insulina hanno comporta­ and insulin resistance - The emerging role of the adi­
mento benigno mentre tutti gli altri tumori funzio­ pocyte as an endocrine organ. N Engl I Medicine
nanti sono a rischio di evoluzione maligna quando 2001; 345:1345-1346.
non già maligni all'atto della diagnosi. Stefan Y., Orci L., Malaisse-Lagae Fv Perrelet A., Patel Y.,
Unger R.: Quantitation of endocrine cell content in
the pancreas of nondiabetic and diabetic humans.
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tion: how good is thè case for T cefi epitope mimicry? type 1 diabetes and other autoimmune diseases. Which
Nat Immunol 2001; 2: 797-801. genes are involved? Trends Genet 2001; 17: 93-100.
SEZIONE
Apparato
cardiovascolare

7.1 Cuore (C.A. Beitrami) ■ Cardiopatie congenite con flusso polmonare


■ Cenni di embriologia normale
■ Generalità su! cuore ■ Cardiopatie congenite incompatibili con la vita
extra-uterina
■ Pericardio ■ Altre cardiopatie congenite complesse
■ Matrice extraceliulare cardiaca ■ Correzione chirurgica e cause di insuccesso
■ Circolo coronarico dell'intervento
■ Insufficienza cardiaca (IC)
■ Miocarditi e cardiomiopatie 7.3 Arterie (G. Magro, S. Grasso)
■ Endocarditi & Cenni istologici
■ Tumori cardiaci ■ Vasculiti (arteriti)
a Arferiectasie, aneurismi
7.2 Cardiopatie congenite (C. Frescura, G. Thiene)
■ Definizione 7.4 Vene e vasi linfatici (D. Batolo, M. Lentini)
■ Incidenza ed epidemiologia ■ Vene
m Patogenesi ed eziologia ■ Vasi linfatici
■ Storia naturale 7.5 Tumori vascolari (G. Magro, S. Grasso}
■ Embriologia cardiaca ■ Tumori benigni
m Classificazione delie cardiopatie congenite ■ Tumori a malignità intermedia
■ Cardiopatie congenite con iperafflusso polmonare ■ Tumori maligni
■ Cardiopatie congenite con ipoafflusso polmonare ■ Tumori perivascolari o pericitari
Cuore
7.1 C.A. Beltrami

9 Cenni di embriologia
Per un breve periodo di sviluppo nei mammife­
ri, le cellule della massa cellulare interna dell'em­
brione (embrioblasto) hanno la capacità di differen­
ziarsi in tutti i tipi cellulari dell'organismo. Con la
gastrulazione, questa pluripotenzialità va perduta e
le cellule diventano rapidamente commissionate
per il loro destino finale.
• L'abbozzo cardiaco si forma nella piastra cardio­
genica localizzata aH'estremità craniale dell'em­
brione; essa deriva dal mesoderma splancno-
pleurico. Il cuore è il primo organo embrionale,
che si sviluppa dopo la gastrulazione, dotato di
capacità funzionale. Il processo dello sviluppo
cardiaco coinvolge la proliferazione e la differen­
ziazione, così come l'organizzazione del tessuto Fig. 2 - Tappe iniziali di differenziazione degli abbozzi cardiaci.
nelle strutture anatomiche specifiche. I meccani­
smi genetici che sottendono la cardiogenesi sono
complessi e interconnessi, ma la loro compren­ diache precoci sia regolata da segnali stimolato­
sione può essere di notevole aiuto per capire i ri secreti daH'endoderma primitivo anteriore.
difetti di sviluppo o di funzione del cuore, così Sono inoltre essenziali, per la formazione del
come per la messa a punto di moderne terapie cuore, anche segnali provenienti dalle regioni latera­
basate sull'utilizzo di cellule multipotenti. li dell'embrione. Un ruolo di rilievo per l'induzione
• Esistono ormai numerose prove per affermare della formazione del cuore viene svolto dalle bone
che lo sviluppo di cellule precardiache non com­ morphogenetic proteins (BMPS), le quali appartengono
missionate mesodermiche verso le cellule car- alla superfamiglia del h'ansforming growth factor (5

Embrioblasto
Stroma
endometriale

Fig. 1 - La figura mostra le sezioni di una blastocisti umana aila vigilia dell'impianto e di una seconda blastocisti in fase di anni-
damento. Le sezioni hanno in entrambi i casi compreso nel taglio anche gii embrioblasti. La blastocisti che allo stato di libertà era
sferica, all'inizio dell'annidamento si appiattisce contro la mucosa uterina e ciò determina una migliore adesione delle cellule tro-
foblastiche alle cellule endometriali. |j radicamento della blastocisti inzia in corrispondenza del polo ove è situato l'embrioblasto,
(po/o embrionale) (immagini derivate da una microfoto di Hertig e Rock e da un disegno di Wisloki e Streeter) (Da G. Goglia,
Embriologia umana, Pìccin, 1997).
846 Cuore

Fig. 3 - Segnali sti­


molatori e inibitori
che agiscono sulla
formazione dell'ab­
bozzo cardiaco.
(TGF-j3) e sono espresse nell'endoderma laterale e confluiscono fino a formare due tubi endocardici, i
nell'ectoderma. Viceversa, segnali inibitori, secreti quali poi, a seguito del restringimeno cefalico e
dal tubo neurale, mediati dalle proteine Wnt, sop­ laterale, sono immessi nella cavità toracica dove si
primono la cardiogenesi nel mesoderma adiacente. fondono insieme per formare un singolo tubo endo­
La BMP-2 induce l'espressione delle proteine speci­ cardico.
fiche cardiache, come la catena pesante della miosi- Ciascun tubo si continua cranialmente con l'aor­
na ventricolare (vMHC), attraverso la mediazione ta dorsale, che rappresenta il tratto di efflusso, men­
dei fattori di trascrizione GATA-4 e Nkx2.5. GATA- tre caudalmente riceve la vena vitello-ombelicale,
4 promuove lo sviluppo del miocardio e regola l'e­ che rappresenta il tratto di afflusso. In questo stadio
spressione di numerosi geni cardiaco- specifici, primitivo di tubo cardiaco lineare, il cuore assume
come la catena pesante a della miosina (a-MHC), la l'aspetto di una Y invertita. Le braccia simmetriche
troponina cardiaca C e il peptide atriale natriuretico. della Y formano il polo venoso, mentre il gambo
Gruppi di cellule angiogeniche della piastra rappresenta il polo arterioso.

arco aortico
1° arco aortico
Amnios Intestino anteriore
Pericardio
primitivo

Tubo
endocardico
destro
Tubo Cavità
endocardico pericardica
destro

Fig. 4 - Le due immagini illustrano lo sviluppo dei tubi endocardici e del pericardio primitivo utilizzando la metà destra di spacca­
ti sagittali di embrioni di 20 e 21 giorni. Nelle immagini i vasi sono tinti in rosso e azzurro, la parete pericardica in rosa. Puntan­
do l'attenzione sui tubi cardiaci e sul pericardio si ha immediata percezione del fatto che, nello spazio di sole 24 ore, i tubi endo­
cardici, che erano situati ventralmente al pericardio, si sono spostati dorsalmente a tale cavità (da G. Goglia, l.c.).
Cenni di embriologia ® 847

Tubi
endocardici

i° arco aortico

Bulbo cardiaco

Septum
transversum

fig. 5 - Le due immagini mostrano il modo di costituirsi del tubo cardiaco, per la confluenza sulla linea mediana e la successiva
fusione dei due tubi endocardici, il tubo cardiaco rappresenta il primordio del cuore e lungo il suo descorso sono già distinguibili
un polo venoso inferiore, un polo arterioso superiore e gli abbozzi dell'atrio primitivo, de! ventricolo primitivo e del bulbo cardia­
co. I costituenti del polo venoso sono ancora compresi nello spessore del septum transversum (da G. Goglìa, l.c.}.

Il tubo cardiaco ha uno strato esterno miocardi­ completamento della spirale (intorno al 12° giorno
co,. miocardio primitivo, ed uno strato interno nel topo) il cuore ha assunto una forma simile a
endocardico, separati fra loro da matrice extracellu­ quella dell'organo adulto. Le strutture interne
lare depositata dal miocardio. Questo strato è chia­ vanno incontro ad un intenso rimodellamento
mato gelatina cardiaca ed è prevalentemente for­ durante questa spiralizzazione. Cominciano a cre­
mato da glicosaminoglicani. scere i setti atriali, ventricolari e del bulbus cordis
Il tubo può essere suddiviso nelle camere car­ in modo da formare gli atri destro e sinistro, i ven­
diache primitive, partendo caudalmente dall'estre- tricoli destro e sinistro e due grandi vasi: l'arteria
mità di immissione: il seno venoso, l'atrio primiti­ polmonare e l'aorta. Alla fine dell'ottava settimana
vo, il ventricolo e il bulbus cordis. Il tubo cardiaco si è completata la suddivisione ed è completo il
inizia poi a crescere rapidamente tanto da essere cuore fetale.
costretto a ripiegarsi su se stesso, trasformandosi Il tubo cardiaco primitivo dei vertebrati spinge il
nell'ansa bulboventricolare. L'allungamento del sangue con onde di contrazione peristaltiche unidi­
tubo cardiaco perde in gran parte le connessioni rezionali, il che indica una prevalente attività di
coirintestino primitivo cefalico ed assume la forma pacemaker della parte di afflusso cardiaca. La peri­
di una spirale destrogira attraverso un processo di stalsi richiede una lenta conduzione dell'impulso di
rotazione, per il quale le camere cardiache primiti­ depolarizzazione e quindi bassa velocità di condu­
ve diventano evidenti in forma di dilatazioni e zione: per questo esistono scarse gap-junctions fra
costrizioni lungo il tubo cardiaco. La rotazione ad le cellule, mentre le strutture sarcomeriche e il reti­
ansa è guidata da un orientamento embrionale colo sarcoplasmatico sono poco sviluppati, a diffe­
assiale sinistro/destro che determina la direzione renza del cuore maturo, con camere che si contrag­
destrogira della curvatura ventricolare e le distinte gono in maniera sincrona. Queste cellule, che pos­
identità morfologiche degli atri destro e sinistro. Al
siedono un'intrinseca automaticità, sono simili a
quelle che si trovano nei nodi del cuore maturo. Lo
sviluppo evoluzionistico del cuore pluriconcamera-
to assicura ai vertebrati un cuore più potente, nel
quale gli atri diventano l'area di drenaggio del
corpo in modo da assicurare un efficiente riempi­
mento dei ventricoli, mentre i ventricoli diventano
una potente pompa che assicura la generazione di
una adeguata pressione sanguigna. La trasforma­
zione del tubo cardiaco primitivo a contrazione
peristaltica, privo di valvole, in un organo conca­
merato a contrazione sincrona richiede la comparsa
di valvole monodirezionali ad entrambe le estremi­
tà della camera per prevenire il reflusso durante la
contrazione.
Fig. 6 - Dall'esterno nell'ordine: pericardio; spazio pericardico; Sulla base di criteri morfologici ed elettrofisiolo­
miocardio primitivo; gelatina cardiaca; endotelio. gici si possono distinguere quattro tipi principali di
848 ^ Cuore
Bulbo cardiaco
arco aortico arco aortico
destro Atrio
sinistro destro
Tronco arterioso
Atrio sinistro
Atrio destro
Solco
bulbo
Cono ventricolare
cardiaco Cavità Orifizio atrio
pericardica ventricolare

Ventricolo Ventricolo
primitivo primitivo
destro sinistro Parete
ventricolare
sinistra
Setto b
interventricoiare

Fig. 7 - a) Veduta ventrale del cuore dopo asportazione della parete anteriore del pericardio. Sono visibili, il ventricolo sinistro pri­
mitivo; il bulbo cardiaco comprendente il tronco arterioso, il cono cardiaco e il ventricolo primitivo destro; gli abbozzi dei due atri
destro e sinistro. Il bulbo cardiaco è separato dal ventricolo primitivo sinistro a mezzo del profondo solco bulbo ventricolare ed è
abbracciato a livello della sezione tronco-conica dai due atri, b) Spaccato frontale, l'aspetto interno del ventricolo sinistro dei bulbo
cardiaco e dei due atri. Tra il ventricolo sinistro e la regione ventricolare dei bulbo è visibile sullo spaccato il primo abbozzo del
setto interventricoiare e l'orifizio atrio-ventricolare che si sta dividendo negli orifizi atrio-ventricolari destro e sinistro
(da G. Goglia, !.c.}.

cardiomiociti che compaiono durante lo sviluppo. la sottotipizzazione delle cellule. Le cellule del tubo
Tutti quanti hanno sarcomeri e retìcolo sarcopla- cardiaco primitivo sono caratterizzate da alta auto­
smatico (SR), sono connessi da gap-junctions e pre­ maticità, bassa velocità di conduzione, bassa con­
sentano automaticità. Nella rappresentazione di trattilità e bassa attività SR. Questo fenotipo persi­
queste proprietà esistono differenze e ciò determina ste ampiamente nelle cellule nodali. Per contro,, le

Isole angioblastiche

Placca neurale

Cavità pericardica
primitiva

Isole angioblastiche

Linea primitiva

Fig. 8 - I tre disegni illustrano le prime fasi deila anaiogenesi intraembrionale. Il disegno a sinistra mostra l'aspetto della superfi­
cie dorsale di un embrione presomitico e le prime isole angioblastiche; i due disegni a destra mostrano due sezioni dell'embrione:
una prima medio-sagittale ed una seconda trasversale corrispondente al terzo cefalico dell'embrione. Nel disegno a sinistra sono
visibili, nella regione che circonda a ferro di cavallo l'estremità cefalica della placca neuraie, le isole angioblastiche che stanno
costituendo la zona cardiogena. Nelle due immagini di destra, in particolare in quella inferiore è precisata la topografia deile isole
le quali si sviluppano nello spessore della lamina splancnica del mesoderma. Va ricordato che in questa area il processo di dela-
minazione non comporta l'apertura della cavità neoformata, (pericardio primitivo), nel celoma extraembrionale (da G. Goglia, Le.}.
Cenni di embriologia ü 849

cellule miocardiche che lavorano, atriali e ventrico­ telio endocardico. Con lo sviluppo del miocardio, la
lari, non mostrano praticamente automaticità, sono superficie endocardica si accresce per un processo
ben accoppiate intercellularmente, hanno sarcome- di trabecolazione che permette di sviluppare la
rx ben sviluppati ed alta attività SR. Le cellule del superficie. Tuttavia, a causa della crescita miocardia
fascio atrioventricolare, dei fasci di branca e del e delTaumentata richiesta di ossigeno, precocemen­
sistema di conduzione periferico ventricolare te comincia a svilupparsi un plesso vascolare primi­
hanno sarcomeri poco sviluppati, bassa attività SR, tivo.
ma sono ben accoppiate e presentano automaticità Attorno alla 9a giornata, infatti, l'organo proepi-
elevata. cardico, localizzato tra il seno venoso ed il fegato
Nelle primissime fasi di sviluppo rapporto di primitivo, si attacca al cuore e gli angiobiasti, che
ossigeno avviene per diffusione attraverso l'endo- sono precursori endoteliali di origine dalla stessa
regione, cominciano a migrare attraverso il cuore
Endoderma del sacco vitellino entro la matrice subepicardica insieme con l'epicar­
dio; successivamente questi precursori si differen­
ziano in situ in cellule endoteliali e si organizzano
in una rete di capillari primitivi (vasculogenesi
coronaria), rete che non è ancora connessa con la
circolazione sistemica.
Questo plesso vascolare primario successiva­
mente si espande in una direzione che va dall'epi­
cardio verso l'endocardio e verso la base cardiaca
attraverso una gemmazione endoteliale a partire da
preesistenti capillari (angiogenesi coronaria), con­
nettendosi poi con l'aorta. Con la perfusione, questi
capillari miocardici si rimodellano in vasi di mag­
giori dimensioni che si ramificano in diramazioni
più piccole. Questi vasi vengono avvolti da cellule
peri-endoteliali (cellule muscolari lisce nei vasi
maggiori, di origine dall'epicardio; periciti, nei vasi
più piccoli) e da matrice extracellulare. Alla nascita,
accanto ad un aumento di spessore del miocardio,
di almeno quattro volte, avviene anche una signifi­
cativa espansione della vascolarizzazione miocar­
dica, con aumento della densità capillare di 3-4
volte.

| Generalità sul cuore


Il cuore ha la forma di una piramide triangolare,
con l'apice rivolto in avanti e a sinistra. Ha una fac­
cia anteriore o sterno-costale ed una inferiore o dia­
frammatica; ha un margine sinistro, polmonare od
ottuso, ed un margine destro, acuto, posto tra la fac­
cia sterno-costale e diaframmatica.
La sede è il mediastino anteriore, fra i due pol­
moni ed il diaframma.
Il peso del cuore è in rapporto alla massa corpo­
Cellule sanguigne primitive Endotelio rea, ma normalmente è di 250-300 g nel sesso fem­
Fig. 9 - Il diagramma illustra la cosfifuzione dei primi vasi e dei minile e di 300-350 g nel sesso maschile.
primi elementi figurati del sangue (megaiocitì}. Le tre immagini Lo spessore normale della parete libera del ven­
si riferiscono a quanto accade nella parete del sacco vitellino tricolo destro è 0,3-0,5 cm e quello del ventricolo
ove si verificano i primi eventi anaiogenetici. Il mesenchima che sinistro 1,3-1,5 cm.
circonda la parete del sacco vitellino è costituito, (immagine in La separazione tra atri e ventricoli è rappresenta­
alto), sino alla fine della 2a settimana da cellule del tutto indif­ ta dal solco coronario, mentre tra i due ventricoli
ferenziate. Gli angiobiasti si differenziano da queste cellule
intorno al 17° giorno e sì raggruppano in massereile tondeg- sono interposti i solchi longitudinali anteriore e
ianti o cordoniformi, (immagine centi aie), in corrispondenza posteriore che scendono verso l'apice e che accolgo­
i tali agglomerati le cellule anaioblastiche interne si differen­ no diramazioni coronariche.
ziano in megalodti, quelle periferiche si appiattiscono e si tra­ Le pareti del cuore sono per la maggior parte
sformano in cellule endoteliali, (immagine in basso). E così che
si formano i primi vasi ed i primi elementi figurati de! sangue formate da un particolare tessuto muscolare striato
(da G. Gogiia, Le.). che è denominato miocardio comune o aspecifico.
850 - Cuore
Vene tiroidee Inizio dei tronco Bulbo aortico aperto Lembi della valvola
inferiori dell'arteria anonima semilunare aortica
Inizio dell'arteria carotide
V. anonima comune sinistra Valvola
destra Inizio dell'arteria mitrale
succlavia sinistra
Arco dell'aorta Tendi netti
valvolari
Ligamento
arterioso

Ramo M. papillare
discendente Fig. - Valvola semilunare aortica (in alto), e valvola mitrale
anteriore 1 2

deli'a. appartenenti al cuore sinistro. 1 due dispositivi valvolari corri­


coronaria spondono rispettivamente all'inizio dell'aorta ed al forame atrio-
sinistra ventricolare. Sono stati messi in luce spaccando verticalmente le
due regioni e divaricando i due lembi creati dal taglio, in corri­
spondenza di due dei tre lembi della valvola semilunare sono
visibili due fori che corrispondono all'inizio delle due arterie
Vena coronarie (da G. Goglia, Anatomia umana, Piccin, 1999).
epatica
Vena cava
inferiore Nella compagine del miocardio comune si trovano
formazioni muscolari specializzate/ costituite da
Ventricolo destro ' miocardio specifico, che si organizza nel sistema di
Aorta discendente' conduzione del cuore. Il miocardio comune si
Fige 10 - Cuore e radice dei grossi vasi visti dall'avanti dispone in fasci che si inseriscono sullo scheletro
(Da L. Bucciante, Anatomia umana, Piccin, 1986). fibroso, formato da un insieme di anelli e fibre ela­
stiche che separano gli atrii dai ventricoli.
Istologicamente, il cuore è composto da miociti
cardiaci e da cellule non miocitarie. I miociti rap­
Arco dell'aorta lnizio deli'a. succlavia sinistra presentano circa il 70% della massa cardiaca, pur
Inizio deli'a. carotide sinistra
Inizio deli'a. anonima essendo numericamente soltanto circa il 30% delle
Vena cava superiore cellule, e sono immersi in una rete collagena che
funziona da supporto. L'apporto ematico è fornito
ai singoli miociti da capillari che sono strettamen­
Ligamento te vicini ad essi. I miociti sono costituiti da miofi-
arterioso lamenti di actina e miosina che conferiscono il tipi­
Biforcazione Pericardio
dell'arteria co aspetto striato alle cellule. Nel citoplasma sono
polmonare poi presenti due principali organelli, rappresentati
Vene
polmonari ^ dai mitocondri, che producono l'energia, e dal reti­
sinistre colo sarcoplasmatico, che regola il flusso del calcio
nella cellula. L'estensiva diramazione ed interdigi-
tazione delle cellule aiuta a raggiungere una
coesione meccanica delle stesse e, ancora di più,
Pericardio fornisce un substrato per la coesione elettrica. In
microscopia ottica si osservano una serie di
"bande" e "linee", che sono il risultato dell'ultra-
struttura cellulare. Il vero "motore" cellulare è rap­
presentato da fibrille fra loro interdigitate, costitui­
Ventricolo te da actina (filamenti sottili) e miosina (filamenti
destro spessi). Questi filamenti spessi presentano nume­
rose proiezioni terminali le quali possono scorrere
Ventricolo Ramo discendente avanti e indietro lungo i filamenti di actina, provo­
sinistro dell'arteria cando un accorciamento. L'unità fondamentale
coronaria destra
della cellula è il sarcomero: esso ha a ciascuna
Fig. 11 - Cuore e radice dei grossi vasi visti da dietro estremità un disco Z a cui si ancorano i filamenti
(Da L. Bucciante, l.c.). sottili di actina che si proiettano verso il centro; i
Generalità sul cuore ® 851

filamenti spessi di miosina si collocano verso il forme di particelle dense di 30-40 nm di diametro,
centro del sarcomero. localizzate nel sarcoplasma interfilamentoso; inol­
Il contenuto in glicogeno supera quello del tre si possono osservare particelle allineate in file
muscolo striato scheletrico. Esso si presenta in tra i mìofilamenti.

Miofibrìlia

Sarcoiemma

Tubuli T

Tubuli T

Reticolo
sarcoplasmatico

Laminina

Distroglicani

Fibra muscolare

Costamero

Fig. 13 - Proteine citoscheletriche associate aila linea Z ed al sarcoiemma. E anche indicato il complesso glicoproteico associato alla
distrofina {da Istologia di V. Monesi, Piccin, 2002}.
t
Linea 2
t
Linea M
t
Linea Z

Filam ento spesso

Fig. 14 - a) Organizzazione ultrastruHurale del sarcomero; b) e c] organizzazione molecolare dei miofilamenti (da Istologia
Monesi, l.c.j.
Generalità sul cuore ^ 853

Fig. 15 - Miocardio ventricolare destro di maschio di 27 anni morto per trauma cranico: evidenti la banda I, la banda A, la linea Z
e la linea M (a) e il sarcomero S compreso tra le due strie Z (b). Ingrandimento originale a) X 19.000;
b) X 44.000 {da G. Baroidi, G. Thiene, Biopsia endomiocardica, Piccin, 1996).

MATRICE EXTRACELLULARE

ACTiNA ACTINA
Fig. 16 - Rappresentazione schematica del complesso distrofina-glìcoproteina di membrana e delle sue connessioni con la matrice
extracellulare e i filamenti di F-actina {da Siliprandi & Tettamanti, Biochimica medica, III ed., Piccin, 2005).
854 ^ Cuore

Miofibriile

Sarcoiemma

Regione
di contatto Tubulo
del reticolo trasversale
sarcoplasmatico
con il tubulo T

Reticolo
sarcoplasmatico

Mitocondrio

Mitocondrio

Tubulo T
Tubulo T (invaginazione
del sarcoiemma)

Regione di contatto dei reticolo


sarcoplasmatico con il tubulo T

Fig. 17 - Disegno schematico deSSa disposizione del reticolo sarcoplasmatico e dei tubuli T nel muscolo cardiaco dei Mammiferi. I tubu­
li T sono disposti a livello della linea Z anziché delia giunzione A-l come nel muscolo scheletrico, sono più ampi e la loro superficie
interna è rivestita di una lamina gl ¡coproteica, in continuità con la lamina basale della fibra. Sono assenti le cisterne terminali ai lati
del tubulo T; si osservano invece piccole dilatazioni degli elementi longitudinali del reticolo che sono in contatto con il tubulo T forman­
do le cosiddette diadi (da D.W. Fawcett e S. McNutt, in Istologia di V. Monesi, i.c.).
Pericardio ® 855
Ligamento vertebro-pericardico
con i fasci posteriore ed anteriore
2. per mezzo delle sue superfici membranose, il
pericardio protegge il cuore riducendo le frizio­
ni esterne ed agendo come una barriera contro la
Arteria anonima diffusione di infezioni e di metastasi;
Arco dell'aorta 3. attraverso le sue funzioni ligamentose, il peri­
cardio fissa anatomicamente il cuore.
V. inter­
costale
Trachea Patologia del pericardio
V. cava Versamenti pericardio
superiore
Con questo termine si intende la presenza di
una raccolta liquida intrapericardica anormale per
Ilo del quantità e/o caratteristiche. La raccolta può essere
polmone
destro acuta o cronica e il tempo necessario per il suo svi­
luppo ha una notevole importanza per la caratteriz­
zazione del complesso sintomatologico.
Lo spazio pericardico normalmente contiene 15-
Vena 50 cc di liquido che serve per lubrificare le superfi­
azygos
Ligamento ci viscerale e parietale del pericardio. La formazio­
sterno- ne di questo liquido si pensa derivi dal pericardio
pericardico
inferiore viscerale attraverso un meccanismo di ultrafiltra­
zione del plasma. Il tasso totale delle proteine è di
regola basso.
L'aumento della produzione del liquido pericar­
dico dipende dall'etiologia del versamento, ma in
Ligamento freno-pericardico I Ligamento freno-pericardico genere è determinato da un danno, ad esempio
destro, porzione retrocavale \
Sbocco
destro, porzione precavale infiammatorio, del pericardio. Un versamento tra-
deila vena sudatizio dipende dall'ostruzione al drenaggio, che
cava inferiore avviene attraverso i vasi linfatici. Un versamento
Fig. 18 - Ligamenti del pericardio (da L. Bucciante, l.c.}. essudatizio è secondario a cause infiammatorie,
infettive, neoplastiche, autoimmuni.

| Pericardio
Il pericardio è un sacco conico costituito da tre
involucri: uno esterno, fibroso, ed imo interno, sie­
roso, a sua volta suddiviso in uno strato parietale
ed uno viscerale. Nel pericardio sono contenuti il
cuore e le radici dei grossi vasi. Il pericardio fibroso
ha funzione protettiva ed è fissato superiormente
all'aorta ed alle arterie e vene polmonari, mentre
inferiormente aderisce al diaframma; in questo
modo àncora in sede il viscere. Il pericardio viscera­
le è una membrana sierosa costituita da un singolo
strato di cellule mesoteliali, aderisce al grasso epi­
cardio e si riflette su se stesso per formare il peri­
cardio parietale. Tra questi due foglietti sono conte­
nuti in genere circa 50 cc di liquido che facilita lo
scorrimento durante la rivoluzione cardiaca. Le
principali funzioni del pericardio sono:
1. una funzione meccanica, che promuove l'effi­
cienza cardiaca limitando una dilatazione acuta,
mantenendo la compliance ventricolare, preser­
vando la curva di Starling e distribuendo le
forze idrostatiche. Si forma, inoltre, all'interno
della cavità pericardica ima pressione negativa
che facilita il riempimento atriale e abbassa le Fig. 19 - Pericardite fibrinosa trasmessa per contiguità da un
pressioni cardiache transmurali; processo broncopneumonico.
856 ® Cuore
Le manifestazioni cliniche dipendono dalla rapi­ 9 io n 12 .13
dità con la quale il liquido si accumula nel pericar­
dio. Un accumulo rapido di liquidi può causare i i t i i
un'elevata pressione intrapericardica con una
quantità anche di soli 80cc, mentre una raccolta
lenta può giungere fino a 2 litri senza dare sintomi.
Il tamponamento cardiaco è una sindrome clini­
ca determinata dall'accumulo di liquido nel peri­
cardio con secondario ridotto riempimento ventri­
colare e successiva compromissione emodinamica.
L'esito è fatale, a meno che non si intervenga tem­
pestivamente per rimuovere le cause del tampona­
mento. Il versamento può essere sieroso, sieroema­
tico, emorragico o chiloso.
La pericardite acuta è un'infiammazione del
pericardio caratterizzata da dolore toracico, sfrega­
menti pericardici e modificazioni ECG. Nella mag­
gior parte dei casi si tratta di un'infiammazione
acuta con accumulo di polimorfonucleati neutrofili :-,v; itrti
ed iperemia del pericardio. Spesso la flogosi ha una
prevalente impronta fibrinosa con essudato e ade­
renze. In corso di tubercolosi, micosi, artrite reuma-
toide e sarcoidosi si può osservare una flogosi gra­
nulomatosa. L'etiología può essere batterica (1-10%
dei casi) e determinare pericardite purulenta. L'in­
fezione può essere trasmessa per contiguità dal pol­ Fig. 20 - Pericardite fibrinosa epistenocardica.
mone, da ascessi miocardici o da endocarditi, da
lesioni suppurative sub-diaframmatiche, oppure
può dipendere da una diffusione ematogena .o da liquido di versamento non supera il 30-70% dei
traumi penetranti toracici. casi, per cui può essere indicata la biopsia pericar-
L'etiologia tubercolare è responsabile del 4% dei dica. La malattia può evolvere verso una pericardi­
casi. Va sospettata soprattutto nei pazienti anziani te costrittiva.
defedati con versamenti pericardici cronici. La L'etiologia virale è dimostrabile nel 1-10% dei
dimostrazione di bacilli alcool-acido resistenti nel casi. I principali virus responsabili sono il coxsac-

Fig. 21 - Origine, divisione e distribuzione delle due arterie coronarie del cuore e dei rami che ne nascono, secondo il tipo norma­
le. Le due facce del cuore si immaginano distese, una accanto all'altra, su di un piano. Schema (da L. Bucciante, Le.}.
Arteria coronaria sinistra e suoi rami: A, aorta; P, arteria polmo­ Arteria coronaria destra e suoi rami: A, P, a, p, c, come neila
nare; a, solco longitudinale anteriore; p, solco longitudinale figura precedente; ma, margine acuto; 1, arteria adiposa destra
posteriore; c, solco coronario; mo, margine ottuso; /, ramo cir­ e 1, piccolo ramo ventricolare destro anteriore, che nascono
conflesso; //, ramo discendente anteriore; 1, ramo ventricolare insieme; 2, ramo ventricolare destro anteriore; 3, ramo atriale
sinistro anteriore; 2, ramo atriale sinistro anteriore; 3, ramo del destro anteriore; 4, ramo dei margine acuto; 5, ramo ventricola­
margine ottuso; A, ramo ventricolare sinistro posteriore; 5, ramo re destro posteriore; 6, ramo del solco longitudinale posteriore;
atriale sinistro posteriore; 6, arteria adiposa sinistra; 7, 8, rami 7, rami ventricolari sinistri posteriori; 8, ramo atriale sinistro
collaterali discendenti; 9, arteria del setto (da Banchi). posteriore (da Banchi).
Pericardio ^ 857

kievirus B, l'echovirus, gli adenovirus, i virus Pericarditi in corso di neoplasie: rappresentano


influenzali, etc. È possibile l'associazione con la il 5-20% dei casi. Si presentano nel corso di neopla­
miocardite. sie avanzate che incarcerano il pericardio, con
La pericardite acuta è idiopatica nel 25-85% dei secondaria pericardite costrittiva, oppure, nella
casi; ha lo stesso andamento delle forme virali e, maggioranza dei casi, si tratta di metastasi pericar-
probabilmente, una parte delle forme idiopatiche diche. Le neoplasie più frequenti sono i carcinomi
ha un'etiologia virale misconosciuta. del polmone (33% dei casi), seguiti dal cancro della
In corso di malattie del collageno (Artrite reu- mammella (25%), leucemie e linfomi (15%) e mela-
matoide, LES, Sclerodermia) è frequente un coin­ nomi (5%). Sono frequente causa di tamponamento
volgimento infiammatorio del pericardio, che tutta­ cardìaco da versamento fibrino-emorragico od
via può essere silente nella maggior parte dei casi. emorragico.
Le stesse malattie, inoltre, possono essere responsa­
bili di miocarditi, per cui la prognosi è spesso sfavo­
revole. | Matrice exfracellulare cardiaca
Febbre reumatica: la flogosi pericardica è, di regola, Il tessuto connettivo cardiaco è costituito princi­
associata a miocardite ed endocardite (pancardite), palmente da collageno e da piccole quantità di ela­
specie nell'infanzia. Nell'adulto può presentarsi stina, laminina e fibronectina. Circa l'85% del colla­
isolata ed ha una migliore prognosi. geno totale cardiaco è rappresentato da collagene di
In corso di insufficienza renale può osservarsi tipo I. Oltre a questo, altre fibrille collagene, presen­
una pericardite sierosa o siero-fibrinosa nel 10% ti nel cuore, sono di tipo III e V, IV, VI, XIII, XV e
circa dei casi. In epoca pre-dialitica la percentuale XVIII. La precisa funzione della matrice collagena
giungeva fino al 50% dei casi di pazienti uremici. extra-cellulare consiste nel servire come supporto
Pericardite epistenocardica: si presenta in corso strutturale per trasformare le forze generate dai sin­
di infarti transmurali sotto forma di pericardite goli miociti in contrazioni ventricolari organizzate e
fibrinosa entro le 24 ore dall'episodio infartuale. di prevenire uno scivolamento dei miociti; essa
Questo versamento tende ad organizzarsi nel corso spiega la rigidità (stiffness) passiva durante la dia­
del primo mese di malattia ed evolve verso un stole e previene uno stiramento eccessivo, così
inspessimento fibroso del pericardio. come un edema interstiziale. Infine, la rete di tessu­
La sindrome di Dressler è invece rappresentata to connettivo interstiziale può svolgere un ruolo nei
da una pericardite che insorge a distanza di 2-3 set­ processi meccano-sensitivi attraverso le integrine.
timane da un infarto miocardico. L'incidenza è Il collageno di tipo I è sintetizzato principalmen­
molto bassa (inferiore al 4% dei casi), mentre la te dai fibroblasti cardiaci ed è soggetto ad un lento
patogenesi può essere autoimmune (da liberazione metabolismo con un'emivita di circa 100 giorni. La
di antigeni miocardici) o rappresentare un pericar­ degradazione dei collageni viene attuata attraverso
dite postinfartuale misconosciuta. Può manifestarsi l'intervento di specifiche collagenasi (metallopro-
come peggioramento di una pericardite acuta ed teinasi di matrice: MMP). Le MMP sono attivate da
assumere carattere emorragico. proteasi sieriche extracellulari. Inibitori tissutali
Analoga alla sindrome di Dressler è la pericardi­ delle MMP formano un complesso con le MMP
te postpericardiotomica, che insorge dopo chirurgia negli spazi extracellulari, bloccando la degradazio­
cardiaca. ne del collageno. L'osservazione sperimentale che

Principati ^
Componenti Funzione principale ; y.:.y • •' •• V- -' V1 ? X- . . y ;
Fibrille collagene (tipo 1e IH) Supporto strutturale, mantenimento della forma
Elastina Trasmissione della forza •
Fibroblasti Produzione collageno fibrillare; conversione a miofibroblastì dopo un danno
Macrofagi Fagocitosi, risposta infiammatoria; monociti
Plasmacellule Difesa immune
Altre cellule Cellule endotelio li; cellule muscolari lisce; periati; neuroni
Matrice Fluido viscoso di tipo gelatinoso; bagna le cellule e le fibrille
Glucosòaminoglicani ìdrofilici Diffusione di sostanze nutritizie, metaboliti, fattori di crescita, citochine, farmaci, ecc.
Glicoproteine Nutrimento miociti; lubrificante
1ntegri ne (recettori di matrice) Interazione mióciti-fibroblasti; rimodellamento di matrice
Fibronectina e laminina Principali proteine fibrose adesive non collagene.
858 & Cuore
l'inibizione delle MMP attenua la dilatazione del rami, coronaria discendente anteriore e circonfles­
VS, dopo infarto sperimentale nel ratto, ha suggeri­ sa, e la coronaria di destra. Questi vasi, posti sulla
to la possibilità di utilizzare inibitori delle MMP nei superficie epicardica, funzionano come vasi a bassa
pazienti post-infartuati a rischio di sviluppare resistenza con funzione distributiva. Essi poi si sud­
insufficienza cardiaca. dividono in arterie di dimensioni inferiori che si
approfondano nel miocardio e diventano il sistema
microvascolare di resistenza e regolano il flusso
IH Circolo coronarico coronarico. Le arteriole danno origine ad una densa
Le arterie coronariche sono i primi vasi a pren­ rete capillare, così che ogni miocita cardiaco ha
dere origine dall'aorta e portano al cuore, a riposo, numerosi capillari che corrono parallelamente al
circa il 5% dell'output cardiaco, pari a 250 mi/min. suo asse. Questa alta densità di capillari rispetto
Il flusso coronarico è regolato da un gradiente di alle, fibre assicura una breve distanza di diffusione
pressione e dalla resistenza dei vasi. in modo da massimizzare il trasporto di ossigeno
I vasi principali della circolazione coronarica dentro le cellule e la rimozione dei prodotti catabo­
sono la coronaria di sinistra, che si divide nei due lici dalle cellule (es. C 0 2, H+). Il flusso coronarico è

Legenda:
Nodo SA = Nodo seno-atriale
Nodo AV = Nodo atrio-ventricolare
ACD = Arteria coronaria destra
ADP - Arteria discendente posteriore
DAS - Discendente anteriore sinistra
Fig. 22 - Coronarografia del normale circolo arterioso coronarico.

V. cava superiore

Nodo
seno-atriale

Atrio dx Fig- 23 - Il ritmo contrattile cardiaco è


promosso e regolato da un sistema di cen­
ir- Atrio sn tri e di v/e costituiti da uno speciale tessu­
to e situati ne! contesto del miocardio, il
centro funzionalmente più elevato è situa­
to neilo spessore della parete atriale
Fascio destra, al confine tra vena cava superiore
di His e atrio. Il centro è detto per la sua posizio­
ne nodo seno-atriale. Dal nodo seno-
atriale partono ritmicamente impulsi con­
trattili che diffondono nel tessuto miocar­
dico degli atri e ne causano la contrazio­
Branche ne. Dopo aver attivato gli atri, ogni impul­
del fascio so raggiunge, ne! segmento inferiore del
di His
setto interatriale, un secondo nodo, detto
Nodo atrio nodo atrio-ventricolare. Questo si conti­
ventricolare nua con un cordone detto fascio di His, il
Ventricolo sn quale è fatto dello stesso speciale tessuto e
si addentra nello spessore de! setto inter-
ventricolare ove si apre in una branca
destra che arborizza nel miocardio del
Ventricolo dx ventricolo destro ed una branca sinistra
Setto che arbori zza nel miocardio del ventrico­
interventricolare lo sinistro, (da G. Goglia, Anatomia
umana, Le.}.
Circolo coronarico ss 859

Membrana basale Vasi sanguigni

EPCs derivate
da MO

Mobilizzazione
Incorporazione
Differenziazione in situ
Proliferazione
Migrazione

ECPs
in situ

Differenziazione in situ
Proliferazione
Migrazione
ANGIOGENESI VASCULOGENESI

Fig. 24 - La neovascolarizzazione in corso di eventi fisiologici o patologici è attribuibile ad una neoformazione vascolare determi­
nata da angiogenesi e vasculogenesi in diverse proporzioni. L'angiogenesi e la vasculogenesi sono dovute ad un'attivazione in situ
di cellule endoteliali o da precursori midollari o da precursori in situ.
Legenda: ECs: Cellule endoteliali
MO: Midollo Osseo
EPCs: Precursori cellulari endoteliali

strettamente correlato con la domanda d'ossigeno. rico; pertanto, la maggior parte del flusso coronari­
Infatti, il cuore ha uno dei più alti consumi d'ossi­ co avviene durante la diastole. A causa della com­
geno dell'organismo (8-10 mi 0 2/min/100 g). In pressione extravascolare, l'endocardio è più suscet­
assenza di malattie coronariche, ogni volta che tibile all'ischemia, specialmente a basse pressioni di
aumentano l'attività cardiaca e il consumo d'ossige­ perfusione. Inoltre, con la tachicardia c'è un tempo
no vi è un aumento del flusso coronarico (iperemia disponibile per il flusso coronarico durante la dia­
attiva) che è all'incirca proporzionata all'aumento stole relativamente minore e questo è particolar­
del consumo d'ossigeno. mente significativo nei pazienti con malattie delle
Una buona autoregolazione tra 60 e 200 mmHg arterie coronarie, in cui la riserva al flusso coronari­
di pressione di perfusione aiuta a mantenere il nor­ co (massima capacità di flusso) è ridotta.
male circolo coronarico ogni volta che la pressione
di perfusione coronarica si modifica in seguito a Manifestazioni di Malattia Ischemica
modificazione della pressione aortica.
L'adenosina e l'Ossido Nitrico sono mediatori
Cardiaca (MIC)
importanti per accoppiare il consumo d'ossigeno Angina pectoris: è un complesso di sintomi della
con il flusso coronarico. MIC, caratterizzato da attacchi parossistici di dolo­
L'attivazione del sistema simpatico, che innerva re toracico, in genere sottostemale o precordiale,
i vasi coronarici, provoca una vasocostrizione tran­ causato da ischemia miocardica che può evolvere
sitoria seguita da una vasodilatazione e da un rapidamente in IM. Si presenta con diversi quadri:
aumento del flusso coronarico dovuto all'attività 1. Angina stabile (tipica): attacchi parossistici di
metabolica incrementata (aumento del battito, con­ dolore in rapporto a esercizio e attenuati dal
trattilità) nonostante gli effetti vasocostrittori del­ riposo o vasodolatatori. Vi sono segni ECG di
l'attivazione simpatica sulle coronarie. ischemia subendocardica.
La stimolazione parasimpatica del cuore (es. 2. Angina di Prinzmetal: angina che si presenta
attivazione del nervo vago) induce una modesta caratteristicamente a riposo ed è causata da uno
vasodilatazione, dovuta all'effetto diretto sulle spasmo reversibile delle arterie coronarie nor­
coronarie prodotto dal rilascio di acetilcolina. mali o aterosclerotiche.
La malattia ischemica cronica coronarica deter­ 3. Angina instabile: dolore prolungato, dolore a
mina una crescita di nuovi vasi (detta angiogenesi) riposo in una persona con angina stabile, o peg­
per aumento del numero di vasi paralleli che irrora­ gioramento del dolore in un'angina stabile.
no il miocardio (cosiddetta collateralizzazione), 4. Morte cardiaca improvvisa: morte inaspettata
riducendo anche la resistenza vascolare nel miocar­ da cause cardiache in genere entro una- due ore
dio. da un attacco cardiaco o anche senza la compar­
La compressione extravascolare durante la sisto­ sa di sintomi. In genere vi è un grado elevato di
le ha una ripercussione notevole sul flusso corona­ stenosi con modificazioni acute delle coronarie.
860 & Cuore
una delle quali agisce come lesione colpevole. Una
placca può anche trombizzarsi, ma rimanere asinto­
matica per la presenza di rami collaterali o perché il
trombo non causa occlusione significativa del lume.
Sono comunque trombosi sub-cliniche che possono
contribuire alla rapida progressione della stenosi.
Nei casi di angina stabile, la lesione colpevole è
spesso una placca non-trombizzata.
La placca, compreso il suo endotelio, non è l'u­
nica causa di trombosi. Per la comparsa della trom­
bosi sono anche importanti la perdita del normale
equilibrio trombotico-trombolitico nel sangue circo­
lante e le condizioni di circolo locale.
Vengono -proposti i seguenti termini per descri­
vere le placche trombizzate responsabili delle sin­
dromi coronariche:
• Placca rotta: una placca con un danno profondo
ed un reale difetto o interruzione nella cappa
fibrosa, con scomparsa della separazione fra il
suo nucleo ateromatoso ricco di lipidi ed il san­
gue circolante, provocando l'esposizione del
nucleo trombogenico della placca. Questa è la
causa più comune di trombosi coronarica.
© Placca erosa: una placca con perdita e/o disfun­
zione delle cellule endotelìalx luminali che con­
duce alla trombosi. Non ci sono difetti struttura­
li (oltre al danno endoteliale) o interruzioni nella
Fia. 25 - Placca coronarica fibroialma gravemente stenosante placca, che è spesso ricca di cellule muscolari
il lume, ma senza deposizione di calcio. lisce ed in proteoglicani.

Una sindrome coronarica acuta può essere un


marcatore clinico di una malattia aterosclerotica
diffusa (multifocale) delle arterie coronarie, possi­
bilmente in relazione ad un'infiammazione. Il com­
pito clinico principale e l'obiettivo preventivo è di
identificare i pazienti che possono andare incontro
ad una trombosi coronarica acuta.
Tali pazienti sono probabilmente portatori di
voluminose lesioni aterosclerotiche, di placche vul­
nerabili ad alto rischio e/o da trombofilia ematica.
Si è proposto di chiamare placche "ad alto rischio" o
"vulnerabili" come sinonimi per indicare una plac­
ca ad elevato rischio di trombosi e di rapida progres­
sione della stenosi. Attualmente non vi sono metodi,
universalmente accettati, per identificare prospetti­
camente tali placche "ad alto rischio" o "vulnerabi­
li", per cui si tratta più di un concetto funzionale che
di una dimostrazione anatomo-patologica. Tuttavia,
esìstono studi autoptici retrospettivi, su pazienti
sintomatici, che hanno indagato le placche che
hanno causato trombosi e rapida progressione della
lesione. Tali placche sono chiamate "lesioni colpevoli"
e possono essere identificate, oltre che all'autopsia,
con metodi angiografici combinati con altri dati cli­
nici. Nelle sindromi coronariche acute, la lesione
colpevole è spesso una placca, complicata da trom­
bosi che si estende nel lume. Tali placche sono chia­
mate "placche trombizzate". In alcuni casi possono
essere presenti numerose placche trombizzate, solo Fig. 26 - Placca aieromasica sede di diffusa cafcificazione.
Circolo coronarico & 861

• Placca con un nodulo calcifico: una placca forte­ carotidee di pazienti che hanno subito episodi
mente calcificata con perdita e/o disfunzione ischemici cerebrovascolari.
delle cellule endoteliali sopra un nodulo calcifi­ Un legame tra questi eventi è rappresentato
co. Questa è la meno comune delle tre cause di dalla contemporanea presenza di segni sistemici di
trombosi sopra descritte. infiammazione, come l'elevazione dei livelli sierici
di proteina C reattiva.
Esiste un grande interesse per l'identificazione
Pertanto, i soggetti con sindromi coronariche
della placche che precedono l'avvento della trom­
acute, specialmente se hanno una elevazione della
bosi, perché una loro scoperta precoce potrebbe
proteina C reattiva, sono portatori probabili di
dare l'avvio a tentativi di nuove misure preventive.
lesioni coronariche diffuse, in particolare di placche
Come detto sopra, si è proposto di chiamare tali
instabili, e sono altresì a rischio di placche carotidee
placche con il nome di "alto rischio", "vulnerabili", ugualmente instabili e responsabili della possibile
o "tendenti alla trombosi", usando i tre termini insorgenza di attacchi ischemici cerebrovascolari.
come sinonimi.
Placche tendenti alla rottura: studi retrospettivi
suggeriscono che, prima della rottura, la placca sia Fisiopatologia dell'infarto
un fibroateroma infiammato, costituito da un Per infarto miocardico (IM) si intende la morte
nucleo ateromatoso, ricco di lipidi, e da un sottile del tessuto miocardico determinata da uno squili­
cappuccio fibroso con infiltrati macrofagici e linfo- brio tra flusso ematico miocardico e richiesta meta­
citari, essendo diminuito il numero di cellule bolica dello stesso. La causa dell'IM è determinata
muscolari lisce ed esteso il rimodellamento. in genere dalla interruzione del rivestimento endo-
Placca tendente all'erosione: studi patologici retro­ teliale in corrispondenza di una lesione aterosclero-
spettivi su erosioni di placche, complicate da trom­ tica di un'arteria coronaria. Ciò determina la forma­
bosi, suggeriscono che, prima dell'evento, la placca zione di un trombo che occlude l'arteria, impeden­
fosse ricca in proteoglicani, ma, nella maggioranza do il flusso ematico alla regione cardiaca dipenden­
dei casi, priva di una struttura distintiva come un te dairarteria occlusa. La trombosi coronaria è l'e­
pool di lipidi o un centro necrotico. Se è presente un vento critico che determina l'IM: un'angiografia
centro ricco di lipidi, la cappa fibrosa è generalmen­ coronarica, eseguita entro 4 ore dall'esordio dei sin­
te spessa e ricca di cellule muscolari lisce. Queste tomi di infarto e confermata da alterazioni ECG di
placche sono spesso associate ad un evento di rimo­ IM transmurale, mostra neir87% dei casi la presen­
dellamento stenosante. za di un'occlusione trombotica completa della coro­
Placca con nodulo calcifico: Studi patologici retro­ naria che irrora l'area miocardica infartuata; tale
spettivi di placche con trombosi che ricoprono un percentuale cade al 65% 12-24 ore dopo l'esordio
nodulo calcifico suggeriscono che, prima di questo dei sintomi a causa della fibrinolisi spontanea. I
fatto, la placca potesse essere fortemente calcificata dati sulla presenza di trombi su placche coronari­
con un nodulo calcifico protrudente nel lume. che rotte sono stati ampiamente confermati da sta­
Le placche sopra descritte si pensa comportino tistiche autoptiche.
alto rischio, siano vulnerabili e tendenti alla trom­
bosi; tuttavia mancano ancora studi prospettici e le
Meccanismi di occlusione
prove sufficienti. Si è anche visto che l'alto rischio/
vulnerabilità può variare nel tempo. L'uso di mar­ La maggior parte degli IM sono causati dalla
catori sistemici di infiammazione possono aiutare distruzione dell'endotelio vascolare associato ad
nella valutazione della variabilità nel tempo del una placca aterosclerotica instabile che stimola la
rischio. Infatti, studi recenti suggeriscono che la formazione di un trombo intracoronarico con suc­
presenza di placche coronariche instabili, multifo- cessivo blocco del flusso ematico arterioso corona­
cali in pazienti con sindromi coronariche acute, rico. L'occlusione che duri per un tempo sufficiente
possano essere espressione di un'infiammazione (20-40 minuti), comporterà un danno cellulare mio­
coronarica diffusa coinvolgente anche arterie senza cardico irreversibile con morte cellulare. Lo svilup­
stenosi angiograficamente rilevabili. Queste osser­ po di una placca aterosclerotica richiede un periodo
vazioni cliniche sono state confermate anche da variabile da anni a decenni. Non si conosce con cer­
studi post-mortem che hanno dimostrato la presen­ tezza quale sia la lesione vascolare iniziale che
za di placche multiple infiammate, in differenti porta allo sviluppo della placca aterosclerotica. Le
rami coronarici ed in pazienti deceduti per sindro­ due caratteristiche principali di una placca atero­
mi coronariche acute. E stata anche dimostrata la sclerotica, clinicamente sintomatica, sono un cap­
presenza simultanea di placche aterosclerotiche puccio fibromuscolare ed un sottostante nucleo
complesse e multiple in distretti arteriosi diversi ricco di lipidi. L'erosione della placca può avvenire
dalle arterie coronarie, come a livello delle arterie per l'azione delle metalloproteasi e per il rilascio di
carotidee in corso di accidenti cerebrovascolari. altre collagenasi e proteasi nella placca; ne conse­
Sono stati inoltre dimostrati infiltrati infiammatori gue un assottigliamento del sovrastante cappuccio
nelle placche coronariche multiple di soggetti dece­ fibromuscolare. L'azione delle proteasi, in associa­
duti per sindrome coronarica acuta e nelle placche zione con forze emodinamiche applicate al segmen­
862 íí Cuore
to arterioso, può condurre alla rottura dell'endote­ ti dopo l'occlusione completa di una delle arterie
lio e alla fissurazione e rottura del cappuccio fibro- coronarie maggiori, si sviluppa un "fronte d'onda"
muscolare. L'entità della rottura dell'endotelio di necrosi ischemica, che inizia nella zona subendo­
sovrastante può variare da una minima erosione ad cardica e progredisce fino ad interessare compieta-
una estesa fissurazione che provoca ulcerazione mente la parete ventricolare. Il subendocardio è la
della placca. La perdita della stabilità strutturale zona del ventricolo sinistro con perfusione più pre­
della placca spesso si presenta alla giunzione della caria, per il fatto che la sua microcircolazione è sog­
cappa fibromuscolare con la parete del vaso, sede getta alle forze compressive esercitate dagli strati
conosciuta anche come "regione della spalla" della esterni del miocardio durante la sistole. Inoltre, la
placca. L'entità della rottura della superficie endo- rete vascolare collaterale del miocardio è molto
teliale può causare la formazione di un trombo ricca nella zona subepicardica e molto povera nella
attraverso l'attivazione della cascata coagulativa zona subendocardica. Sembra provato che anche
mediata dalle piastrine. Se il trombo sarà grande nell'uomo gli infarti miocardici transmurali evolva­
abbastanza da occludere completamente il flusso no nello stesso modo, iniziando con una necrosi
ematico coronarico per un periodo di tempo suffi­ subendocardica.
ciente si formerà un IM. La patogenesi dell'infarto subendocardico è leg­
germente diversa da quella dell'infarto transmura­
Fattori di rischio le. Come già detto, la zona subendocardica è molto
vulnerabile per qualsiasi riduzione del flusso coro­
I fattori di rischio principali identificati per lonarico, quindi, pur essendo presente una grave ate­
sviluppo di aterosclerosi coronarica ed IM sono sei:
rosclerosi coronarica, non sempre esiste una stenosi
iperlipidemia, diabete mellito, ipertensione, fumo, critica. Praticamente tutti gli infarti transmurali
sesso maschile e storia familiare di malattia atero-
interessano il ventricolo di sinistra (compreso il
sclerotica.
setto interventricolare). Quando sono localizzati
La presenza di ciascun fattore di rischio è asso­
alla parete posteriore e alla porzione posteriore del
ciata ad un raddoppiamento del rischio relativo di
setto interventricolare possono estendersi, nel 15-
sviluppare malattia aterosclerotica delle arterie
30% dei casi, all'adiacente parete del ventricolo di
coronariche.
destra. Infarti isolati di questo ventricolo si verifica­
no raramente (1-3% dei casi), di solito in associazio­
Meccanismi di danno ne con ipertensione cronica ed ipertrofia del ventri­
La gravità e l'estensione del danno miocardico, colo stesso. Nel 5-10% dei casi, se cercato con cura,
determinato da occlusione coronarica, dipende dal­ si può trovare anche un infarto atriale. Più frequen­
l'area che viene irrorata dai vasi colpiti, dall'entità temente, l'infarto atriale si trova associato con un
dell'occlusione, dall'estensione del circolo collatera­ esteso infarto della parete posteriore del ventricolo
le, dalla richiesta metabolica del miocardio a rischio di sinistra, che si estende al ventricolo di destra e ad
e dal cosiddetto "pre-condizionamento". Il concetto uno o entrambi gli atri. La forma, in assoluto, più
di "pre-condizionamento ischemico" deriva dall'os­ rara è l'infarto atriale isolato, di solito localizzato
servazione sperimentale che la quantità di necrosi nell'atrio di destra. Gli infarti atriali sono degni di
che si sviluppa a seguito di un'occlusione coronari­ nota in quanto sono, invariabilmente, seguiti dalla
ca è significativamente minore se in precedenza è formazione di trombosi murali all'interno delle
avvenuto un breve periodo di occlusione-riperfusio- camere atriali colpite e, a volte, da rottura di cuore.
ne coronarica. Ciò dipenderebbe da un effetto pro­ Gli infarti transmurali generalmente hanno
tettivo secondario ad una fosforilazione delle protei­ dimensioni variabili da 4 a 10 cm, ma possono inte­
ne di membrana e da una diminuzione dell'accesso ressare anche l'intera circonferenza del ventricolo
intracellulare del calcio con riduzione della forza di sinistra. Quasi sempre è presente una rima di
contrattile e secondario risparmio di energia. subendocardio risparmiata daH'ischemia, in quanto
A seconda dell'azione reciproca di queste varia­ essa trae nutrimento direttamente dal sangue del
bili, l'area di necrosi può essere circondata da una ventricolo. Al momento dell'autopsia non sempre si
zòna marginale di miocardiociti danneggiati, ma in può evidenziare un trombo occlusivo in una sede
modo reversibile, ed irrorati in modo precario dal correiabile con l'area ischemica; in realtà, seppure
flusso di arterie coronarie non coinvolte dall'ostru­ raramente, le arterie coronarie sono apparentemen­
zione oppure da rami collaterali. Quindi la regione te normali. In tali casi si presume che il meccanismo
di necrosi ischemica totale può essere un'isola nel­ causale dipenda da un vasospasmo.
l'ambito di un'area più ampia, a flusso ematico pre­ L'arteria coronaria più frequentemente interes­
cario nella quale i miocardiociti possono presentare sata dal restringimento critico del lume, ed even­
danni variabili e spesso reversibili. È evidente, tualmente dalla trombosi, è l'arteria coronarica
quindi, che non sempre l'infarto miocardico è, fin discendente anteriore di sinistra (40-50%), segue
dall'inizio, un focolaio ben evidente di necrosi l'arteria coronarica di destra (30-40%) e l'arteria
coagulativa. coronarica circonflessa (15-20%). A volte sono inte­
Negli animali da esperimento, circa 20-40 minu­ ressate altre sedi, quali il tronco principale della
Circolo coronarico 863

coronaria di sinistra. Mai sono state descritte atero­ pazienti con spasmo coronarico in arterie coronarie
sclerosi stenosante o trombosi diuna ramificazione integre. La cocaina causa un intenso spasmo arte­
intramiocardica di un tronco epicardico. rioso coronarico e coloro che la usano possono pre­
Occasionalmente può essere presente un trombo sentarsi con angina od infarto indotto da cocaina.
in assenza di IMA: in questo caso sono i rami colla­ Gli studi autoptici e le angiografie coronariche
terali intercoronarici che possono provvedere a hanno dimostrato che la cocaina può indurre trom­
mantenere un flusso sufficiente a prevenire la bosi su arterie coronariche indenni o sede di preesi­
necrosi ischemica. Altre volte si possono verificare stenti ateromi.
stenosi severe múltiple o trombosi multiple, segui­ La perfusione delle arterie coronarie dipende
te da un solo infarto, come conseguenza della circo­ dalla pressione differenziale esistente tra gli osti
lazione collaterale. coronarici (pressione diastolica aortica) e il seno coro­
Sebbene la maggior parte degli infarti transmu­ narico (pressione dell'atrio destro). H flusso ematico
rali siano singoli, di rado si possono riscontrare coronarico è inoltre ridotto durante la sistole.
nello stesso cuore infarti plurimi subentranti. Il Sono fattori che riducono il flusso coronarico:
paziente può sopravvivere al primo episodio infar­ 1. riduzione della pressione diastolica aortica;
tuale, per soccombere poi ad un secondo infarto
2. aumento della pressione intraventricolare e
dopo settimane o anni. Comunque, gli infarti reci­
della contrazione miocardica;
divanti sono abbastanza frequenti; alternativamen­
3. Stenosi delle arterie coronariche, che può essere
te, l'espansione di un infarto può determinare lesio­
ulteriormente suddivisa nelle seguenti catego­
ni di aspetto variabile col tempo. In quest'ultimo
rie:
caso, l'esame del cuore rivela una zona centrale di
a. stenosi coronariche fisse;
necrosi databile in giorni o settimane, circondata da
b. modificazioni acute della placca (rottura,
un'area di necrosi ischemica più recente. Classica-
emorragia);
mente si ritiene che le cause che possono provocare
c. trombosi dell'arteria coronaria;
l'espansione di un infarto siano diverse: propaga­
d. vasocostrizione
zione retrograda di un trombo, vasospasmo in un
e. stenosi e rigurgito della valvola aortica;
punto più prossimale dell'arteria colpita, alterata
f. aumento della pressione atriale destra.
contrattilità del miocardio che rende critica una ste­
nosi prossimale, sviluppo di microemboli di fibrina Anche se vi è occlusione dei vasi di maggior cali­
e piastrine, comparsa di aritmie. La sequenza di tali bro, vasi collaterali di 40 micron sono presenti in
eventi viene definita "infarto progressivo". tutti i cuori con gradienti di pressione che permetta­
In relazione alla durata del periodo di sopravvi­ no il flusso. In generale, per alterare significativa­
venza dei pazienti, l'infarto transmurale va incon­ mente la perfusione, l'area della sezione trasversa
tro ad ima sequenza progressiva di alterazioni del lume arterioso coronarico deve essere ridotta
macroscopiche e microscopiche. più del 75%. L'aterosclerosi coronarica è di regola
La diagnosi di IM si colloca al termine di uno diffusa, coinvolgendo più di un ramo arterioso prin­
spettro di lesioni miocardiche ischemiche o di sin­ cipale; spesso è segmentaria e tipicamente coinvolge
dromi coronariche acute. L'IM si instaura quando i due cm prossimali delle arterie (rami epicardici).
l'ischemia miocardica eccede una soglia critica e Un IM può essere classificato su base anatomica-
supera i meccanismi di riparazione cellulare mio­ morfologica in due tipi, transmurale e non tran­
cardica capaci di mantenere una funzionalità nor­ smurale. Un IM transmurale è caratterizzato da una
male. L'IM può essere causato raramente da un'em­ necrosi ischemica a tutto spessore del miocardio
bolia arteriosa (es. nella stenosi aortica, nell'endo­ colpito, necrosi che si estende dall'endocardio,
cardite infettiva e nell'endocardite marantica della attraverso il miocardio, fino all'epicardio. Un IM
sezione sinistra). Talora, l'IM è stato segnalato in non transmurale è definito come un'area di necrosi

Ftg. 27 - a) Trombo occludente ¡'arteria coronaria discendente anteriore, b) Infarto miocardico della parete ventricolare anteriore
in vari stadi evolutivi.
864 & Cuore
coronaria sinistra, in particolare della discendente
anteriore, mentre gli infarti infero-posteriori sono
ascrivibili all'occlusione della coronaria destra o a
un'occlusione di un'arteria circonflessa sinistra
dominante.
Il termine di infarto miocardio (IM) può essere
definito in relazione alle caratteristiche cliniche, elet­
trocardiografiche, biochimiche e patologiche. In pre­
cedenza, l'OMS definiva l'infarto sulla base di tre
caratteri: sintomi tipici (es: dolore toracico) elevazio­
ne degli enzimi indicativi della necrosi miocardica
(CK o CPK: creatinchinasi o creatinfosfochinasi) e
alterazioni ECG tipiche con comparsa di onde Q.
L'avvento di nuove tecniche, gli studi epidemio­
logici e le sperimentazioni cliniche richiedono oggi
una definizione di IM più precisa. Inoltre, l'introdu­
zione di marcatori sierologici sensibili e specifici,
oltre alle moderne tecniche di imaging, esigono
anche una rivalutazione della definizione di IM.
Queste nuove e assai sensibili tecnologie sono in
grado di scoprire infarti anche molto piccoli: sono
infatti lesioni che in passato non sarebbero state
considerate infartuali. Oggi è possibile l'identifica­
zione clinica di aree di necrosi di circa 1,0 g di peso.
Per l'aumento della sensibilità e specificità dei
metodi diagnostici, l'European Society of Cardio­
logi (ESC) e l'American College of Cardiology
(ACC) nel 1999 hanno convenuto di riesaminare il
Fig. 28 - Vaso coronarico con lume completamente trombizza­ problema della definizione di IM, utilizzando sette
to; il trombo appare organizzato e con aspetti di ricanaiizza- parametri: patologia, biochimica, elettrocardiogra­
zione.
fia, imaging, sperimentazioni cliniche, epidemiolo­
gia e salute pubblica.
ischemica che non coinvolge l'intero spessore della L'accordo attuale consente di qualificare sempre
parete miocardica, ma si limita in genere al terzo un IM sulla base della grandezza (o quantità di tessu­
interno del miocardio, dove le tensioni di parete to miocardico perduto), della patogenesi (spontaneo
sono più elevate; queste sono le regioni meno per- o in corso di arteriografia coronarica o altre manovre
fuse del cuore, perciò le più vulnerabili all'ische­ diagnostiche), del tempo trascorso dall'insorgenza
mia, che può talora essere determinata da una pro­ (in atto, in via di cicatrizzazione, cicatriziale).
lungata ipotensione. Facendo riferimento alla grandezza, gli infarti pos­
L'IM è prevalentemente una malattia del VS, ma sono essere classificati in: microscopici (necrosi foca­
il danno può estendersi al VD o all'atrio. L'infarto le), pìccoli (meno del 10% del VS), medi (dal 10 al 30%
del VD fa seguito in genere all'occlusione della del VS), o grandi (più del 30% del VS); oppure, in rap­
coronaria di destra o di un'arteria circonflessa sini­ porto alla sede: anteriori, laterali, inferiori, posteriori,
stra dominante: è caratterizzato da un'alta pressio­ o settali o una combinazione di localizzazioni.
ne di riempimento del VD, spesso con grave rigur­ Il termine di infarto miocardico può essere quali­
gito della tricuspide e ridotta eiezione cardiaca. Un ficato come "acuto, in via di cicatrizzazione, cicatriz­
certo grado di disfunzione del VD si ha in circa la zato". Gli infarti sono classificati anche per la crono­
metà dei pazienti con un infarto infero-posteriore, logia, sulla scorta degli aspetti patologici: acuti (da 6
mentre nel 10-15% dei casi si associano alterazioni ore a 7 giorni), in via di cicatrizzazione (da 7 a 28
emodinamiche. Ogni paziente con infarto infero­ giorni), cicatrizzati (oltre i 29 giorni). L'infarto acuto
posteriore può accusare disfunzione del VD che si o in evoluzione è caratterizzato dalla presenza di
manifesta con ima pressione venosa giugulare ele­ leucociti polimorfonucleati. Durante le prime 6 ore
vata, associata ad ipotensione o shock. l'infiltrato di leucociti polimorfonucleati può essere
Generalmente i pazienti che hanno un infarto, o minimo o assente. La fase dell'infarto in via di cica­
l'associazione di cicatrice pregressa e reinfarto, trizzazione è caratterizzata daña presenza di cellule
superiore al 50% della massa del VS muoiono con mononuleate e di fibroblasti ed ancora dall'assenza
shock cardiogeno. Gli infarti anteriori sono di solito di leucociti polimorfonucleati. L'infarto cicatrizzato
più estesi e comportano una prognosi peggiore si riconosce per la cicatrice priva di infiltrazione cel­
rispetto agli infero-posteriori. Essi sono general­ lulare. Inoltre, la riperfusione altera l'aspetto macro
mente dovuti ad un'occlusione di un ramo della e microscopico della zona necrotica inducendo la
Circolo coronarico ss 865

comparsa di miociti con bande di contrazione e ima maggiore sarà la quantità del danno miocardico, a
notevole quantità di eritrociti stravasati. prescindere dal meccanismo del danno.
Va sottolineato che la temporizzazione clinica ed
ECG di un evento ischemico acuto può non essere Definizione di Infarto Miocardico (IM) (Criteri per
la stessa della valutazione patologica. Per esempio, un IM acuto, in evoluzione o recente) (The Joint Euro-
l'ECG può ancora dimostrare modificazione dei pean Society o f Cardiologi// American College ofCardio-
tratti ST-T in evoluzione e la troponina cardiaca l0gy Committee, 2000)
può ancora essere elevata (come per infarto recen- Ciascuno dei seguenti parametri soddisfa i crite-
te), mentre dal punto di vista patologico l'infarto è ri richiesti per la diagnosi di un IM acuto, in evolu­
ii! via di cicatrizzazione. zione o recente:
1) Tipico aumento e graduale caduta (troponina) o
Infarto miocardico nell'ambito di procedure aumento e caduta più rapidi (CK-MB) dei mar­
cliniche particolari catori biochimici di necrosi miocardica, con
Interventi percutanei sulle arterie coronarie: un almeno uno dei seguenti segni:
incremento dei biomarcatori cardiaci dopo un'an- a) Sintomi di ischemia;
gioplastica coronaria o un posizionamento di stent, b) Sviluppo di onde Q patologiche all'ECG;
o per entrambi, è indicativo di morte cellulare e c) Modificazioni ECG indicative di ischemia
quindi dovrebbe essere classificato come infarto (elevazione o depressione del segmento ST); o
miocardico alla luce della nuova classificazione. d) Intervento sulle arterie coronarie (es. Angio­
Infarti estesi in questo ambito possono essere cau­ plastica coronarica).
sati da complicazioni della procedura e, in genere, 2) Rilievi patologici di un IM.
sono riconosciuti clinicamente. Per contro, sono più Criteri per la diagnosi di IM consolidato sono:
frequenti gli infarti piccoli e possono essere il risul­
tato di microemboli a partenza da una lesione ate- 1) Sviluppo di nuove onde Q patologiche su ECG
rosclerotica che sia stata distrutta durante l'angio- seriatì. Il paziente può anche non ricordare sin­
plastica o per trombi particolati nella sede della tomi precedenti. I markers biochimici di necrosi
lesione incriminata. miocardica possono essersi normalizzati, in fun­
Il danno cellulare miocardico da angioplastica zione del tempo trascorso dall'esordio dell'in-
dovrebbe essere un fatto unico, in confronto alla farto.
natura spesso ripetitiva degli episodi di ischemia e 2) Rilievi patologici di infarto cicatrizzato o in via
necrosi miocardica che si presentano nelle forme di cicatrizzazione.
spontanee.
Comunque, è probabile che gli individui che Alterazioni macroscopiche
sviluppano un'embolia coronaria e piccoli infarti
abbiano lesioni aterosclerotiche che sono apparen­ - Dopo 6-12 ore, l'area infartuata è macroscopica­
temente instabili e che quindi rappresentino un mente inapprezzabile, a parte un lieve pallore, a
gruppo a rischio per successivi episodi. Infatti, è causa del tempo necessario perché si rendano
stato dimostrato, in maniera convincente, che il evidenti i cambiamenti morfologici legati alle
rischio di episodi successivi di malattia ischemica reazioni biochimiche tissutali;
cardiaca (morte o infarto miocardico) è indicato - dopo 18-24 ore, l'infarto si presenta usualmente
dall'entità della troponina cardiaca o dall'aumento come una zona più chiaramente anemica, talora
delTisoenzima MB della creatin-chinasi (CK-MB) e circondata da una rima bluastra di sangue sta­
per questi individui la prognosi è generalmente gnante;
peggiore rispetto a quella per i pazienti che non - dopo 24-72 ore, l'aspetto diventa più definito,
presentino queste lievi variazioni dei biomarcatori ben marcato e l'area colpita presenta una consi­
dopo procedure interventistiche. stenza più molle e colore giallastro;
Chirurgia cardiaca: Un danno miocardico associato - dopo 1 settimana, il tessuto necrotico centrale è
ad atti chirurgici può insorgere per diversi meccani­ notevolmente molle e spesso presenta aree
smi, compresi i traumi diretti da aghi di sutura, i emorragiche; i margini sono fortemente arrossa­
traumi focali da manipolazioni chirurgiche del ti e vascolarizzati;
cuore e l'ischemia globale da inadeguata perfusio­ - dopo alcune settimane, si osserva una progres­
ne, l'anossia cellulare miocardica, l'embolia arterio­ siva sostituzione del muscolo necrotico da
sa o venosa coronaria, o per altre complicazioni parte di connettivo fibroso vascolarizzato che
possibili. Una quota di questi danni può non essere tende a formare una cicatrice. Nella maggior
evitabile. Inoltre, nessun biomarcatore è in grado di parte dei casi, questa cicatrizzazione è progre­
distinguere il danno dovuto ad un infarto acuto dal dita già alla fine della sesta settimana, ma il
danno cellulare miocardico, esiguo ed usuale, asso­ tempo necessario per un totale rimpiazzo del
ciato alla procedura stessa. Tuttavia, più sono alti i tessuto necrotico dipende dalle dimensioni del­
valori dei biomarcatori cardiaci dopo l'intervento, l'infarto originale.
866 £? Cuore

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25
Fig. 29 - infarto recente (1 settimana) coinvolgente la quasi
totalità del VS ed il setto: da notare l'aspetto variegato con zone
grigiastre.

Alterazioni microscopiche (microscopia ottica)


Le alterazioni isto-patologiche seguono più o
meno la stessa evoluzione. Le cellule danneggiate
in modo irreversibile vanno incontro a una tipica
necrosi ischemica coagulativa seguita da fibrosi:
- dopo 0-30 minuti, si può osservare, ai margini del­
l'area infartuata, un'ondulazione delle miofibro-
cellule. Si pensa che questa alterazione sia la con­ Fig. 31 - Tipiche bande di contrazione ipereosìnofile alla peri­
seguenza della contrazione sistolica di queste feria di un'area infartuale.

Fig. 30 - Evidente ondulazione delle fibroceliule muscolari Fig. 32 - Aspetti di iniziale dissoluzione del sarcoplasma dei
come segno precoce di ischemia miocardica. miociti.
Circolo coronarico s 867

Fig. 33 - Diffusa omogeneizzazione delle fibre miocardiche, Fig. 35 - Aspetto di un reinfarto recente: in alto è presente tes-
con scomparsa dei nuclei ed intensa infiltrazione ad opera di suto cicatriziale, mentre in basso è presente un infiltrato neutro-
granulociti neutrofili. filo tra le fibre miocardiche superstiti.

Fig. 34 - Da notare l'infiltrazione ematica, di comune riscontro Fig. 36 - Dettaglio del caso precedente, per evidenziare l'infil-
negli infarti acuti trattati con farmaci trombolitici. trato ad opera dei polimorfonucleati neutrofili e la necrosi
coagulativa dei miociti.
868 ' Cuore
fibrocellule, ancora vitali, poste nelle immediate Alterazioni microscopiche
vicinanze di quelle necrotiche, non più contrattili; (microscopia elettronica)
- dopo 4-12 ore, si osserva l'inizio della necrosi
coagulativa: le cellule sono ipereosinofile, sono - Dopo 0-30 minuti, si osservano gli aspetti del
visibili un certo grado di edema, che separa tra danno reversibile: rigonfiamento mitocondriale,
loro le fibre miocardiche, e stravasi ematici; è infi­ distorsione delle christae; aumento della densità
ne osservabilè l'inizio deirinfiltrazione neutrofila; della matrice; rilassamento delle miofibrille;
- dopo 18-24 ore, la necrosi coagulativa si accen­ - dopo 1-2 ore, si osservano gli aspetti del danno
tua (picnosi dei nuclei; citoplasma addensato ed irreversibile: distorsione dei sarcolemmi e densi­
eosinofilo) e si può osservare necrosi marginale tà amorfe mitocondriali;
a bande di contrazione. Questa appare sotto forma - dopo 4-12 ore, si osserva la marginazione della
di bande trasversali, intensamente eosinofile, cromatina.
che interessano Finterò spessore della miofibra.
Si pensa che esse siano il risultato della riperfu­
sione precoce di un'area ischemica e pare siano
Infarto miocardico e morte cellulare
causate dalla ipercontrazione delle miofibrille Anche se si è pensato per molto tempo che l'uni­
all'interno della cellula morente; co tipo di morte cellulare presente nell'infarto mio­
- dopo 24 -72 ore, la necrosi coagulativa è comple­ cardico fosse la necrosi (necrosi coagulativa), recen­
ta, si notano la perdita dei nuclei e delle striatu- ti studi condotti su animali e sull'uomo hanno evi­
re; notevole l'infiltrazione interstiziale da parte denziato che nella fase acuta dell'infarto miocardi­
di neutrofili. co molte cellule vanno incontro alla cosiddetta
- dopo 3-7 giorni, inizia la degenerazione grassa a "morte cellulare programmata" (apoptosi) (Anver­
sa et al 1998, Kajstura et al 1996).
carico delle miofibre necrotiche, il riassorbimen­
L'apoptosi sembra comparire precocemente, 2-3
to del sarcoplasma ad opera dei macrofagi e la
ore dopo l'inizio dell'ischemia miocardica, e sembra
comparsa del tessuto di granulazione ai margini
essere la forma di morte cellulare prevalente nelle
della lesione. prime ore dell'infarto miocardico. Si è inoltre rile­
- dopo 10 giorni, la necrosi è ben evidente e il tes­ vato che il picco di morte cellulare apoptotica si ha
suto di granulazione ai margini della lesione 4-5 ore dopo l'occlusione di un'arteria coronaria,
aumenta. mentre la necrosi raggiunge il suo picco dopo 1
giorno. Tutte queste osservazioni suggeriscono,
quindi, che la morte cellulare apoptotica e la morte
cellulare necrotica possano contribuire, in modo
indipendente e differente, alle dimensioni dell'in-
farto miocardico, il cui principale fattore determi­
nante, tuttavia, sembra essere l'apoptosi che coin­
volge circa T85% delle cellule della zona infartuata.
La necrosi coinvolge soltanto il 15% dei miocardio-
citi immediatamente dopo l'occlusione di un'arte­
ria coronaria; successivamente, però, la necrosi si
estende ai miocardiociti apoptotici che vengono
coinvolti da tutte e due le forme di morte cellulare.
Quindi, l'area di miocardio infartuata è costituita
inizialmente da miocardiociti apoptotici e successi­
vamente da miocardiociti apoptotici-necrotici.
Questa progressione morfologica dalTapoptosi
alla necrosi, secondo alcuni autori, è dovuta al
superamento delle locali capacità di fagocitare le
cellule apoptotiche. Questo superamento può esse­
re secondario ad una insufficienza numerica di cel­
lule fagocitarie o ad ima insufficienza di segnale: i
corpi apoptotici non sono in grado di generare un
segnale che attragga le cellule fagocitarie, ossia, non
espongono le molecole di fosfatidilserina che con­
sentono di richiamare e di interagire con i fagociti.
Secondo altri Autori, invece, la coesistenza delle
due forme di morte cellulare nella stessa cellula,
Fig. 37 - Dopo una settimana circa dall'infarto, ai bordi com­ sembra essere secondaria all'esaurimento delle
pare un ricco infiltrato cellulare, costituito da cellule allungate di riserve energetiche cellulari necessarie per il com­
tipo fibroblastico, con ricca componente vascolare; sono visibi­ pletamento del processo apoptotico, essendo que­
li numerose mitosi.
Circolo coronarico & 869

sto un processo ATP-dipendente. Infatti, il miocar- no prodotti in quantità molto bassa durante l'ische­
diocita ischemico, pur avendo già attivato quella mia del miocardio ma, dopo il ripristino del flusso
cascata di eventi bio-molecolari, che consentono ematico, la loro produzione aumenta. Si ritiene che
alla cellula di morire per apoptosi, se permane l'i­ essi vengano prodotti dalle cellule parenchimali,
schemia non può procedere in un processo, energia­ endoteliali, e dai leucociti polimorfonucleati che
dipendente. Diversamente, la riperfusione garanti­ infiltrano il tessuto ischemico dopo la riperfusione.
sce il completamento del processo apoptotico. Inoltre, l'ischemia, compromettendo il sistema cel­
Quindi, la morte cellulare programmata sembra lulare anti-ossidante, favorisce l'accumulo dei radi­
essere la principale forma di danno prodotto nel cali liberi dell'ossigeno. L'anione superossido
miocardio sottoposto ad un prolungato periodo di (OH*), che è la specie reattiva prevalentemente pro­
ischemia o all'ischemia seguita dalla riperfusione. dotta nelle aree ischemiche riperfuse, è il prodotto
Questo fatto sembra accelerarne l'esordio e prece­ di una incompleta riduzione dell'ossigeno da parte
dere la comparsa della necrosi, anche se con il tra­ dei mitocondri danneggiati oppure è il prodotto
scorrere del tempo all'interno dell'area infartuata dell'azione delle Xantine-ossidasi delle cellule
nella maggior parte delle cellule coesistono le alte­ parenchimali, endoteliali, e dei leucociti.
razioni morfologiche tipiche dell'apoptosi e della I radicali liberi dell'ossigeno danneggiano le cel­
necrosi. Secondo alcuni autori (Anversa et al 1999) lule attraverso tre meccanismi principali: la perossi-
il miocardiocita può andare incontro a tre forme di dazione dei lipidi di membrana; le modificazioni
morte cellulare: apoptosi, necrosi e apoptosi-necro- ossidative delle proteine e le lesioni del DNA.
si, anche se l'apoptosi sembra essere il tipo di morte Evidenze sperimentali suggeriscono che la mag­
cellulare prevalente. gior parte, o anche tutti, i danni determinati dalla
Non è stato ancora dimostrato se ima differente riperfusione avvengono nei primi momenti della
proporzione tra apoptosi e necrosi possa indurre riperfusione. Di conseguenza, il "danno da riperfu­
una differenza nella conservazione della funziona­ sione" può essere evitato o limitato facendo una
lità cardiaca conseguente all'infarto. È anche da precoce terapia anti-ossidante. Giudicando gli effet­
ricordare che, dal momento che le cellule apoptoti- ti delle terapie con anti-ossidanti, pare che la com­
che preservano l'integrità della membrana e vengo­ ponente riperfusionale del danno sia maggiore di
no precocemente inglobate e digerite all'interno dei quella legata alla ischemia. Quindi, sapendo che lo
fagociti, la diagnosi enzimatica dell'infarto miocar­ stress ossidativo sviluppa apoptosi nel miocardio
dico acuto è dovuta soltanto alla componente ischemico riperfuso, una pre-perfusione con SOD
necrotica, poiché solo le cellule necrotiche perdono (Superossido dismutasi) e catalasi, capaci di rimuo­
l'integrità della membrana e quindi liberano in cir­ vere i radicali liberi, potrebbe prevenire questo
colo enzimi citoplasmatici. Quindi, quando prevale fenomeno.
la componente apoptotica, è ovvio che la diagnosi
enzimatica può non essere criterio valido per desu­ Morfologia e identificazione
mere l'estensione dell'infarto miocardico acuto.
delle cellule apoptotiche e necrotiche
Sulla scorta delle conoscenze acquisite circa l'a-
poptosi, quale forma di morte miocardiocitaria più L'apoptosi può essere distinta dalla necrosi in
precoce e prevalente dell'infarto miocardico acuto quanto differisce sia dal punto di vista morfologico
recente, sono state ideate e sperimentate varie stra­ che dal punto di vista biochimico. Dal punto di vista
tegie terapeutiche aventi come scopo la cardiopro­ morfologico, l'apoptosi, nelle prime fasi, è caratte­
tezione del miocardio in corso di infarto miocardi­ rizzata dalla coartazione cellulare, dalla condensa­
co acuto. zione (picnosi) e marginazione della cromatina, che
La riperfusione delle zone ischemiche, oltre a conferisce al nucleo il caratteristico aspetto a "ferro
garantire la sopravvivenza delle cellule che hanno di cavallo" o a "mezza luna" (Majno G et al 1995);
subito un danno ischemico reversibile, (conferendo successivamente, diventa evidente la frammenta­
però una temporanea disfunzione meccanica: zione nucleare (carioressi), la progressiva condensa­
cosiddetto "miocardio stordito"), è in grado di acce­ zione del citoplasma e la formazione, da ogni cellu­
lerare la morte, per necrosi o per apoptosi delle cel­ la che sta morendo, di uno o più "corpi apoptotici".
lule che, invece, hanno subito un danno irreversibi­ Questi "corpi apoptotici", die contengono fram­
le. Quindi, dopo il ripristino del flusso ematico, un menti di nucleo all'interno di un sottile strato di
numero variabile di cellule continua a morire. citoplasma verranno, successivamente, inglobati
Recenti studi dimostrano, infatti, che l'apoptosi è all'interno di macrofagi, monociti e anche all'inter­
iniziata dall'ischemia, ma che è necessaria la riper­ no di cellule adiacenti normalmente prive di attività
fusione per il completamento della cascata apopto­ fagocitarla (es. cellule muscolari lisce dei vasi).
tica. Dal punto di vista biochimico, l'apoptosi è carat­
Il danno da riperfusione sembra essere causato terizzata da una peculiare frammentazione del
dalle specie reattive dell'ossigeno (ROS). Apparten­ DNA. Infatti, il clivaggio del doppio filamento di
gono a questa categoria: ioni ipoclorito, radicali di DNA (dsDNA) non è casuale, ma avviene in prossi­
tipo idrossilico, l'anione superossido. I ROS vengo­ mità dei nucleosomi dove sono presenti sequenze
870 a Cuore
nucleotidiche che vengono riconosciute in modo Il rimodellamento si può suddividere in due
specifico dalle endonucleasi (DNasi I o DNasill) fasi: fase precoce (entro 72 ore) e fase tardiva (dopo
attivate dagli stimoli pro-apoptotici. La frammenta­ 72 ore). La fase precoce è caratterizzata dall'espan­
zione del DNA avviene ogni 180-200 coppie di basi sione dell'infarto, dalla dilatazione ventricolare e
e può essere facilmente individuata con una corsa dairassottigliamento della parete ventricolare.
elettroforetica su gel di Agarosio; questa mostra un L'espansione dell'infarto sembra essere causata
caratteristico pattern a banda di frammenti multipli dalla degradazione del collageno intermiocitario ad
di 200 bp di lunghezza. Questa tecnica consente di opera delle serin-proteasi e delle Matrix Metallo
individuare con certezza cellule apoptotiche nel Proteinasi (MMPs) attivate rilasciate dai granuloci-
tessuto esaminato, ma non assegna il processo ti polimorfonucleati. Le MMPs vengono secrete
apoptotico ad uno specifico tipo cellulare, qualora il nella loro forma latente proenzimatica e vengono
tessuto in esame contenga svariati e differenti tipi attivate attraverso il clivaggio proteolitico della
cellulari. Al contrario, le metodiche che consentono sequenza pro-peptidica. L'attività collagenolitica
una individuazione in situ della apoptosi permetto­ inizia, circa, 3 ore dopo l'infarto ed è confinata all'a­
no di riconoscere il tipo cellulare coinvolto. Il meto­ rea infartuata per la presenza di inibitori tissutali
do più comune per il riconoscimento delle cellule delle metallo proteinasi (TIMPs). Le TIMPs sono
apoptotiche su sezione è chiamato TUNEL (Termi­ proteine a basso peso molecolare che, formando dei
nal deoxynucleotidyl Transferase Biotin-dUTP Nick complessi con le metallo proteinasi attivate, neutra­
End Labeling). Questo metodo identifica le cellule lizzano la degradazione del collageno nelle aree
apoptotiche in situ usando la terminal deoxynu­ non infartuate. Secondo una segnalazione recente
cleotidyl transferase (TdT) per trasferire il biotin- (Modena MG. et al, 2001) nelle fasi immediatamen­
dUTP ai frammenti di DNA caratteristicamente eli- te successive all'infarto si avrebbe un incremento
vati in corso di apoptosi. Questi siti, marcati con acuto nella sintesi di collageno e ciò potrebbe rap­
biotina, sono successivamente identificati con una presentare un "processo riparativo" che potrebbe
reazione che lega la streptavidina ed infine eviden­ essere utile per migliorare le proprietà meccaniche
ziati in bruno con DAB (Diaminobenzidina). Altri del miocardio. Per contro, la deposizione cronica di
metodi recentemente introdotti svelano enzimi spe­ collageno dovrebbe essere considerata un "proces­
cificamente attivati in corso di apoptosi (come le so reattivo" con una forte influenza negativa sulla
caspasi, in particolare la caspasi 3), i ligandi-fas, geometria ventricolare sinistra.
l'annexina V, etc. Il rimodellamento del VS, dopo infarto miocar­
La necrosi, dal punto di vista morfologico è dico, è un processo complesso, dinamico, legato al
caratterizzata dal rigonfiamento cellulare, inizial­ tempo trascorso e che nei mesi procede parallela-
mente dei mitocondri, e in seguito dell'intera cellu­ mente alla cicatrizzazione. Coinvolge modificazio­
la; dalla aggregazione della cromatina e, infine, ni differenti tra la zona d'infarto (ZI) e la zona non
dalla rottura della membrana piasmatica che, deter­ infartuale (NIZ), in particolare con le seguenti
minando la fuoriuscita del contenuto degli organel- variazioni:
li citoplasmatici nell'ambiente circostante, stimola 1) struttura e forma del VS;
una risposta infiammatoria.
2) cellule coinvolte, quali miociti e non miociti;
Dal pimto di vista biochimico è, invece, caratte­
rizzata dalla frammentazione casuale del dsDNA. 3) proteine, citochine e fattori di crescita;
Nella necrosi, la liberazione delle proteasi lisoso- 4) matrice extracellulare.
miali, dovuta alla rottura della loro membrana,
Eventi della riparazione: La cicatrizzazione è ima
porta alla degradazione degli istoni dei nucleosomi
proprietà comune a tutti i tessuti vascolarizzati.
e, quindi, porta alla perdita della protezione del
Dopo la necrosi miocitaria cardìaca inizia un pro­
DNA e alla esposizione del DNA alle esonucleasi ed cesso riparativo. Esso inizialmente è svolto dalle
endonucleasi, anch'esse rilasciate dai lisosomi. cellule infiammatorie, quali i monociti e i macrofa­
gi, le quali invadono l'area danneggiata. I macrofa­
Ri mode! lamento cardiaco post-infartuale gi, attivati, producono peptidi fondamentali per il
processo riparativo. Successivamente, attratti nella
Studi quantitativi hanno dimostrato che se viene sede del danno i fibroblasti si trasformano in miofi-
perso il 40% del tessuto miocardico il paziente va broblasti.
incontro inevitabilmente a shock cardiogeno; se la La deposizione di tessuto fibroso è essenziale
quantità di tessuto miocardico persa è inferiore e per presevare l'integrità strutturale del miocardio
quando non siano state colpite aree funzionalmen­ nella sede della perdita miocitaria. Il turnover del
te vitali (es. sistema di conduzione) il cuore, nelle collageno varia nelle diverse sedi del miocardio e
fasi immediatamente successive all'infarto e anche nelle diverse fasi dell'evoluzione dell'infarto. Nella
in quelle più tardive, va incontro a modificazioni sede dell'infarto, la degradazione del collageno, in
della forma, delle dimensioni e dell'architettura che particolare delle sue frazioni solubili, nelle fasi
sono note come "rimodellamento ventricolare post­ molto precoci del processo riparativo supera la sin­
infarto" (Swynghedauw B., 1999). tesi. Le MMPs sono presenti nel miocardio in forma
Circolo coronarico ® 871

latente. Quando attivate, la MMP-1 (o collagenasi un assottigliamento della parete, ma soltanto l'au­
interstiziale) degrada il collageno fibrillare in fram­ mento del diametro trasverso e non del diametro
menti di 1/4 e 3/4 di lunghezza; le gelatinasi longitudinale. In ogni caso, senza la perdita cellula­
(MMP-2 e MMP-9) degradano questi frammenti re, lo scorrimento dei miocardiociti non può avve­
più piccoli. Nella sede dell'infarto l'attività collage- nire e di conseguenza né la dilatazione ventricolare
nasica aumenta a partire dal II giorno, per raggiun­ e nemmeno l'assottigliamento parietale.
gere un picco al VII giorno e poi declinare. L'attivi­ L'apoptosi che avviene nel rimodellamento ven­
tà gelatinasica invece nel ventricolo infartuato tricolare è principalmente causata dallo stiramento
mostra un aumento dell'espressione dell'mRNA ("stretching"). Lo "stretching" sarcomerico, in vivo,
collagenasico (MMP-1) solo a partire dal VII giorno, determina una sovra-regolazione del sistema Reni-
per compensare la perdita del pool latente consu­ na Angiotensina (RSA) dei miocardiociti con un
mato. Gli inibitori tissutali delle MMPs (TIMP) neu­ aumento della sintesi locale di angiotensina II (Ang
tralizzano l'attività collagenolitica. La trascrizione II) e dell'espressione dei recettori dell'angiotensina
nella sede di infarto dell'mRNA del TIMP ha un II, sia di AT1 che AT2.
picco al II giorno, poi scende lentamente nelle due La sovraespressione del RAS locale, l'aumentata
settimane successive. Nelle aree lontane dall'infarto formazione di angiotensina II, l'aumentata espres­
non si osservano attività collegate alla degradazio­ sione dei recettori AT1 e AT2 dell'angiotensina II, la
ne del collageno. La trascrizione dell'mRNA di up-regulation di Bax e la down-regulation di Bcl-2,
MMP-1 e TIMP è operata da cellule di tipo fibrobla- sembrano essere indotte dallo stiramento sarcome­
stico e non da cellule endoteliali o infiammatorie. rico attraverso l'attivazione dell'onco- soppressore
La dilatazione ventricolare e l'assottigliamento p53.
della parete ventricolare sono secondari all'aumen­ Infatti, l'induzione forzata di p53 nei miocardio­
to della pressione ventricolare tele-diastolica e citi di un ventricolo adulto, altera il rapporto protei­
all'aumento dello stress parietale diastolico: coeren­ co Bcl-2-Bax, determina una up-regulation del RAS
temente con la legge di Laplace, che regola il rap­ locale e quindi potenzia e stimola l'apoptosi (Pierz-
porto tra la contrattilità e il postcarico,, la tensione chalski P et al 1997). Parimenti, si può asserire che
di parete ventricolare (T) è direttamente proporzio­ lo stretch meccanico mima gli effetti di ima sovrae­
nale alla pressione (P) che vige alTinterno della spressione di p53.
cavità ed al suo raggio(r), inversamente proporzio­ Recentemente, inoltre, è stato dimostrato che
nale a due volte lo spessore della parete (delta). anche il fattore natriuretico atriale (ANF), che viene
Quindi aumentando la P o il volume, aumenta la T. abbondantemente liberato nelle fasi successive
Perché la T si riduca è necessario che questi due fat­ all'infarto a causa della diminuita performance
tori agiscano su un numero maggiore di elementi ventricolare, sembra aumentare l'indice apoptotico
contrattili, cioè che aumenti lo spessore della pare­ dei cardiomiociti dal 4,8% al 19%, anche se la
te. Viceversa, Io stress parietale viene ulteriormente aumentata produzione di ANF che si osserva nell'a­
aumentato dalla dilatazione e dall'assottigliamen- trio e nel ventricolo fetale non sembra scatenare l'a-
to. Lo stress parietale diastolico comporta un inten­ poptosi.
so stiramento ("stretching") sarcomerico. Al contrario, l'Insulin-Like Growth Factor-1
Ciò che consente la dilatazione e l'assottiglia­ (IGF)-l interferisce con gli stimoli che conducono
mento della parete ventricolare sembra da ricon­ alla morte cellulare sia apoptotica che non-apopto-
durre ai focolai di morte miocardiocitaria apoptoti- tica; infatti, gli animali che iperesprimono IGF-1 fin
ca ed allo scorrimento "faccia-faccia" dei miocar­ dalla nascita possiedono un numero maggiore di
diociti all'intemo della parete ventricolare. miocardiociti. Questo effetto protettivo deU'IGF-1 è
La cronica perdita dei miocardiociti comporta la stato documentato non soltanto nel cuore dopo un
perdita di tessuto funzionante che può alterare la infarto miocardico acuto o dopo il danno da ische-
"performance" cardiaca. Poiché l'apoptosi è l'unica mia-riperfusione, ma anche nel sistema nervoso
forma di morte cellulare trovata nel miocardio centrale dopo un'ischemia. Anche se i meccanismi
ancora vitale, la necrosi non sembra partecipare al attraverso i quali IGF-1 e/o il suo recettore IGF-1R
rimodellamento di un cuore infartuato. proteggono la sopravvivenza delle cellule sono
Lo scorrimento "faccia-faccia" dei miocardiociti ancora poco conosciuti, studi condotti su culture di
implica che questi siano in grado di traslocare "fac­ cardiomiociti hanno dimostrato che la sommini­
cia-faccia", evento che altera l'anatomia cardiaca in strazione di IGF-1 è in grado di ridurre l'apoptosi
modo diverso a seconda dei miocardiociti coinvol­ valutata in situ col metodo TUNEL, potenziare la
ti. Se sono coinvolti i miocardiociti orientati secon­ sopravvivenza delle cellule e inibire l'attivazione
do la circonferenza, la conseguenza immediata sarà delle caspasi (in particolare della caspasi-3).
l'assottigliamento parietale e l'allungamento del IGF-1 sembra potenziare la produzione da parte
diametro traverso e del diametro longitudinale del delle cellule endoteliali di ossido nitrico e questa
cuore. Al contrario, se lo slittamento interessa i mio­ modificazione può essere molto importante per la
cardiociti orientati secondo la circonferenza rispet­ sopravvivenza dei miocardiociti ventricolari di un
to all'asse longitudinale del cuore, ne deriva ancora cuore sovraccaricato. Inoltre, l'ossido nitrico, oltre
872 Cuore
ad essere un vasodilatatore, un antinfiammatorio e prime 72 ore sono la maggiore causa di morte e
un antitrombotico, diminuisce la formazione dell'a- comprendono tachicardie, da ciascun focus rapido,
nione superossido (OH*) (il radicale libero preva­ tanto frequenti da ridurre la gittata cardiaca, tachi­
lentemente formato durante la riperfusione), cardie ventricolari e fibrillazioni ventricolari.
aumentando la resistenza all'apoptosi delle cellule.
IGF-1 è in grado di attenuare l'apoptosi dei mio- Insufficienza cardiaca: si presenta in circa 2/3 dei
cardiociti indotta dallo stretch impedendo l'up- pazienti ospedalizzati con un IM acuto. In genere
regulation del sistema Renina Angiotensina cellula­ predomina una disfunzione del VS con dispnea,
re (RSA) mediante la soppressione deU/onco-sop- rantoli inspiratori alle basi polmonari e ipossiemia.
pressore p53 e dei geni indotti da p53. I segni clinici dipendono dalla grandezza dell'infar­
Il rimodellamento ventricolare tardivo (dopo 72 ore) e dall'entità della riduzione della gittata cardia­
to
è caratterizzato prevalentemente dairipertrofia dei ca. La mortalità varia direttamente con la gravità
miocardìociti, la quale tenta di controbilanciare il dell'insufficienza cardiaca.
sovraccarico di pressione e volume a cui è sottopo­ Ipossiemia, che generalmente accompagna l'IM
sto il ventricolo infartuato. acuto, è in genere secondaria all'aumento della
Gli stimoli che inducono l'ipertrofia sono: l'au­ pressione atriale sinistra con un alterato rapporto
mentato stress parietale sistolico; l'aumentato polmonare ventilazione/perfusione, edema polmo­
stretch diastolico; l'aumentata stimolazione adre- nare interstiziale e collasso alveolare.
nergica; l'aumentata produzione locale di angioten­
sina II e, infine, l'aumentato livello sierico dell'Al- Ipotensione: nell'IM acuto può essere dovuta ad un
dosterone. diminuito riempimento ventricolare o ad una per­
La coltivazione di cardiomiociti su dischi di sili­ dita della forza contrattile secondaria ad esteso IM.
cone elastico ha permesso di dimostrare che lo La diminuzione del riempimento VS è in genere
stretch induce un rapido aumento dell'mRNA di c- causata da un ridotto ritorno venoso secondario ad
fos in assenza di fattori di crescita o altri stimoli tro­ ipovolemia, specialmente nei pazienti che ricevono
fici. Generalmente, infatti, sono i fattori di crescita un'intensa terapia diuretica, ma può essere una
che inducono l'espressione di c-fos, come anche di conseguenza di un infarto del VD.
c-myc e c-jun. Lo stretch pare agire sui canali catio- Lo shock cardiogeno, caratterizzato da ipotensione,
nici sensibili allo stretch presenti nel sarcolemma tachicardia, ridotta escrezione urinaria, confusione
dei cardiomiociti. Questi canali consentono un mentale, sudorazione, estremità fredde, ha una
accumulo intracellulare di Ca2+; il Ca2+ attiva la mortalità maggiore del 65%. È in genere associato
Ca2+/Calmodulina protein Kinasi che fosforila ad infarto anteriore esteso, con perdita di miocardio
proteine nucleari come la Ca2+/cAMP Response funzionale del VS superiore al 40%.
Binding Protein (CREB) che lega il Ca2+/CRE
(Ca2+/cAMP Response Element) della regione pro­ Ischemia ricorrente: può far seguito ad un IM. Il dolo­
moter di c-fos. Anche la stimolazione adrenergica re toracico dell'IM generalmente sparisce entro le
del recettore al e la Endotelina~l inducono un prime 12-24 ore. Ogni dolore toracico residuo o suc­
aumento di c-fos e c-myc. cessivo può dipendere da una pericardite, un'em­
L'attivazione del Sistema Renina Angiotensina bolia polmonare, polmonite, gastrite, ischemia
(RSA) locale promossa dallo stretch ha un ruolo ricorrente. In genere l'ischemia si accompagna a
molto importante nella genesi dell'ipertrofia. Infat­ segni ECG, ma può decorrere in forma silente in
ti, si è osservato che la somministrazione di un circa 1/3 dei pazienti, e comporta un aumentato
ACE-inibitore nei ratti con un cuore sottoposto ad rischio di recidiva d'infarto.
un sovraccarico di pressione, impedisce la forma­ Insufficienza funzionale del muscolo papillare: si pre­
zione dell'ipertofia. senta in circa il 35% dei pazienti. In qualcuno di essi
L'ipotensione secondaria alla diminuzione della può instaurarsi un riflusso mitralico permanente
funzione ventricolare sistolica, attraverso la stimola­ determinato da una cicatrice del muscolo papillare
zione del sistema renina-angiotensina porta alla sin­
o della parete libera.
tesi e alla secrezione di Aldosterone; questo ha un
effetto anabolico sui miocardiociti. Infatti la sommi­ Rottura del cuore: può avvenire secondo tre modali­
nistrazione di Spironolattone,. antagonista dell'Al­ tà: rottura del muscolo papillare, rottura del setto
dosterone, sembra ridurre l'ipertofia ventricolare. interventricolare e rottura della parete ventricolare.
® La rottura del muscolo papillare è più spesso
Complicanze associata con un infarto infero-posteriore dovu­
Aritmie: sono presenti in oltre il 90% dei pazienti. to ad un'occlusione della coronaria destra. Essa
Durante il decorso dell'IM possono comparire pre­ produce un'insufficienza acuta e grave della
cocemente bradicardia o ritmi ventricolari ectopici. mitrale ed è caratterizzata dalTimprowisa com­
I disturbi di conduzione possono riflettere danni al parsa di un murmure apicale sistolico in genere
nodo del seno, al nodo atrio-ventricolare o al tessu­ associato ad edema polmonare.
to di conduzione specializzato. Aritmie gravi nelle • La rottura del setto interventricolare, benché
Circolo coronarico -> 873

rara, è circa 10 volte più comune della rottura Pericardite: può causare uno sfregamento pericardi-
del muscolo papillare. Essa si accompagna alla co in circa 1/3 dei pazienti con IM acuto transmu­
comparsa di ipotensione con o senza segni di rale. Lo sfregamento compare dopo 24-96 ore dalla
insufficienza del VS. comparsa dell'IM.
© La rottura della parete ventricolare aumenta in Sindrome di Dressler: si sviluppa in alcuni pazienti
incidenza con l'età ed è più comune nelle fem­ diversi giorni o settimane o anche mesi dopo un IM
mine. È caratterizzata dalla improvvisa perdita acuto, benché l'incidenza sembri essere diminuita
di pressione arteriosa con persistenza tempora­ negli ultimi anni. È caratterizzata da febbre, peri­
nea del ritmo del seno e da segni di tampona­ cardite con sfregamento pericardio, versamento
mento cardiaco. E quasi sempre fatale. pericardico, pleurite, versamento pleurico, infiltrati
• Purcaro et al (Am J Cardiol 1997; 29: 512-8.)
hanno identificato cinque varietà morfologiche
di rottura di cuore in sede di riscontro autoptico
o di intervento cardiochirurgico: trasudazione in
presenza di spessore parietale conservato;
microperforazioni multiple ("rottura multicana-
licolare") nell'ambito di un'area miomalacica;
ematoma epicardico ("rottura coperta"); infarci­
mento emorragico della parete senza trasuda­
zione; forme intermedie.
Pseudoaneurisma: è ima forma di rottura della pare­
te libera del VS, nella quale un aneurisma della
parete contenente coaguli ed il pericardio preven­
gono il sanguinamento.
Aneurisma ventricolare: è comune, specialmente nei
voluminosi infarti transmurali (in genere anteriori)
con miocardio residuo funzionalmente valido. L'a­
neurisma può svilupparsi in pochi giorni, settima­
ne o mesi. Esso non si rompe, ma può essere asso­
ciato con aritmie ventricolari ricorrenti, ed a bassa
gittata cardiaca. Un'altra complicazione deìl'aneu-
risma ventricolare comprende i trombi murali e
l'embolizzazione sistemica.
Trombosi murale: si presenta in circa il 20% dei
pazienti con IM acuto (60% dei pazienti con estesi
infarti anteriori). Il 10% dei pazienti con trombosi
del VS si complica con embolizzazione sistemica. Il
rischio è maggiore nei primi 10 giorni e persiste per Fig. 39 - Estesa trombosi murale su miocardio ventricolare sn in
almeno tre mesi. infarto antera settaie.
874 ss Cuore
polmonari e dolori articolari. La diagnosi differen­
ziale con una recidiva di infarto può essere difficile,
ma gli enzimi cardiaci restano normali. La sindro­
me può recidivare.
Asinergia ventricolare: si può presentare nell'IMA a
causa di un alternarsi di miocardio normale e anor­
male. Un segmento è acinetico quando non vi è
alcun movimento di contrazione sistolica. Un seg­
mento è ipocinetico quando ha una ridotta escursio­
ne contrattile ed ima parziale incapacità di contra­
zione sistolica. In casi di infarti multipli il miocardio
ipocinetico è diffuso e viene definito cardiomiopatia
ischemica se predominano l'insufficienza cardiaca
con bassa gittata cardiaca e congestione polmonare. I
più importanti aspetti istologici nella cardiomiopatia
ischemica comprendono: atrofia miocitaria diffusa;
miocitolisi di cellule singole o a gruppi. La fibrosi
viene classificata in termini quantitativi come: seg­
mentale, sostitutiva o riparativa ed interstiziale.
Nella cardiomiopatia ischemica sono presenti
focolai multipli di fibrosi sostitutiva associati alla
fibrosi interstiziale in entrambi i ventricoli, destro e
sinistro, e tale fibrosi, lontana dalla zona infartuale,
rappresenta più dei due terzi del tessuto fibroso che
si può osservare nelle cardiomiopatie ischemiche,
mentre le cicatrici infartuali rappresentano soltanto
un terzo. Per queste ragioni, l'infarto miocardio
innesca un processo evolutivo che coinvolge Fig. 41 - La fibrosi sostitutiva o riparativa si riferisce ad aree
entrambi i ventricoli. cicatriziali con dimensioni inferiori ad 1 cm2.

Fig. 40 - La fibrosi segmentale si riferisce ad un'area infartua­ Fia. 42 - La fibrosi interstiziale si riferisce ad un accumulo di
le di tessuto miocardico superiore ad 1 cm2. collageno interstiziale in assenza di una evidente perdita di tes­
suto miocardico.
Insufficienza cardiaca (¡C) ^ 875

Un segmento discinetico mostra un'espansione favorisce la comparsa di edemi polmonari o perife­


o rigonfiamento sistolico (movimento paradosso). rici (sovraccarico di volume vascolare o interstizia­
Queste modificazioni possono essere riconosciute le). L'IC è una condizione fisiopatologica nella
da un'ecografia bidimensionale, da una ventricolo- quale il cuore non è più in grado di garantire una
grafia con radionuclide, o con un'angiografia e pos­ gittata sistolica adeguata alle necessità metaboliche
sono contribuire ad una ridotta funzione ventrico­ dei tessuti oppure riesce a farlo aumentando la
lare ed ad un'insufficienza cronica. pressione di riempimento. Nella maggior parte dei
casi il deficit contrattile si instaura progressivamen­
te, ma non è raro osservare la medesima sindrome
5 Insufficienza cardiaco (IC) clinica in condizioni di sovraccarichi sistolici o dia-
L'insufficienza cardiaca (IC) è una sindrome cli­ stolici acuti, insorti in un cuore sano (Braunwald et
nica, che rappresenta l'esito clinico-patologico al., 1982). Quando si esauriscono i meccanismi di
comune di molte malattie cardiache; ed è anche una compenso, il quadro assume le caratteristiche clini­
delle principali cause di morte del mondo indu­ che delle cardiopatìe terminali, caratterizzate da un
strializzato. Colpisce circa il 6-10% degli individui basso performance status, mancata risposta alla
di età superiore ai 65 anni. Da sola giustifica oltre il terapia medica e impossibilità di procedimenti chi­
20% dei ricoveri ospedalieri per i soggetti della rurgici conservativi.
fascia di età compresa fra i 60 ed i 70 anni; inoltre, Cause: sono tutte le alterazioni strutturali o funzio­
negli ultimi 10 anni si è assistito ad un aumento di nali cardiache che alterano la capacità del ventrico­
ospedalizzazione per IC di circa il 160%. Pertanto, lo di riempirsi e di espellere il sangue. Esse posso­
l'IC è una delle principali voci di spesa del bilancio no dipendere da una alterata contrattilità miocardi­
sanitario. Una IC sintomatica è caratterizzata da ca con disfunzione sistolica del ventricolo sinistro
ima pessima prognosi, con mortalità ad un anno di (VS) e ridotta frazione di eiezione: in due terzi dei
circa il 45%, in sostanza più severa di quella della casi questo fenomeno è il risultato di malattie coro­
maggioranza delle neoplasie maligne. Per queste nariche con ischemia del VS (cardiomiopatia ische-
ragioni si comprende lo sforzo imponente per mica). I rimanenti casi di disfunzione sistolica non
accrescere le conoscenze sulla fisiopatologia dell'IC ischemica possono avere cause riconoscibili (malat­
e per trovare nuovi farmaci che siano in grado di tie valvolari, ipertensione, tossine miocardiche,
contrastare il deterioramento della funzionalità car­ miocarditi) oppure non riconoscibili (es. cardiomio­
diaca. Tuttavia, non è stato compiuto finora nessun patia dilatativa idiopatica).
tentativo, serio e su larga scala, di attuare un pro­ Esistono poi casi di IC determinati da aumento
gramma di screening per diagnosticare la malattia della rigidità della parete ventricolare o da alterato
in uno stadio iniziale, o per mettere in atto un pro­ rilasciamento miocardico (disfunzione diastolica,
gramma valido di prevenzione attraverso un con­ spesso associata a frazione di eiezione non alterata).
trollo accurato della pressione o dei fattori vascola­ Questi cuori sono in grado di contrarsi normalmen­
ri di rischio. Dedicheremo quindi un certo spazio al te, ma il rilasciamento (diastole) è alterato; pertanto,
chiarimento dei meccanismi che sottendono l'in­ la gittata cardiaca, specialmente in condizioni di
staurarsi e il peggioramento dell'IC.
esercizio fisico, è ridotta per la compromissione delle
Definizione: l'IC è una sindrome clinica caratterizza­ capacità di riempimento del ventricolo. In genere, ad
ta principalmente da un variabile grado di dispnea, un determinato volume ventricolare, le pressioni
affaticamento, diminuita capacità allo sforzo fisico risultano aumentate con ripercussione a monte, sul­
(ridotta perfusione tissutale), ritenzione idrica che l'atrio sinistro e sul circolo venoso polmonare, con

insufficienza cardiaca

^ Gittata cardiaca <

■J"
—— — ► f. Pressione* arteriosa
Resistenze Simpatico t Volume
'
t
Vascolari Angìotensina II ematlc° Pressione Edema polmonare
Sistemiche Aldostcrono f Tono venosa Edema sistemico
A Vasopressina ’ venoso

Peptide
natriuretico •*’
Fig. 43 - Riflessi sistemici dell'insuffi- Atriale <4-
cenza cardiaca
876 Cuore
conseguenti congestione, dispnea, edema, cioè con pazienti a domicilio in trattamento continuo endove­
un quadro clinico identico a quello dei pazienti con noso per trattamento sintomatico o sottoposti ad assi­
cardiopatia dilatativa e disfunzione ventricolare. stenza circolatoria meccanica; pazienti collocati in un
Classificazione: esiste una classificazione funzionale hospice per il trattamento dell'IC.
dell'IC, basata principalmente sulla gravità dei sin­ Così l'insufficienza cardiaca è inquadrata come il
tomi percepiti dal paziente e rilevati dal clinico; cancro, nel senso di individuare soggetti a rischio,
essa è suddivisa in quattro classi di gravità crescen­ pazienti con malattia in situ, e pazienti con malattia
te, con reversibilità possibile e per trattamenti tera­ conclamata o diffusa, (vedi M. Hoshijima e K.R. Chien,
peutici che sostanzialmente non differiscono fra 2002). Naturalmente, sia la diagnosi precoce che il trat­
loro. Tale classificazione è nota come NYHA (New tamento saranno adeguati allo stadio della malattia.
York Heart Association). In conclusione, i due parametri cruciali per valu­
® Classe I: pazienti senza limitazioni di attività; non ci tare insorgenza e grado dell'insufficienza cardiaca
sono sintomi in condizioni di attività normale. sono la contrattilità del muscolo cardiaco e l'emodi­
• Classe II: pazienti con lieve, media limitazione di namica. La capacità del cuore di mantenere la sua
attività; sono in buone condizioni a riposo o con funzione di pompa si può spiegare con diversi mec­
moderata attività. canismi, i più importanti dei quali sono:
• Classe III: pazienti con marcata limitazione di attivi­ - il meccanismo di Frank-Starling, grazie al quale
tà, stanno bene solo a riposo. un aumento del precarico produce un migliora­
• Classe IV: pazienti che dovrebbero stare a completo mento della performance cardiaca.
riposo, a letto o in poltrona; qualsiasi attività fisica è - i sistemi neuroumorali, tra cui il rilascio di nora-
mal tollerata e vi è sintomatologia anche a riposo. drenalina da parte dei nervi cardiaci, che hanno
Recentemente, l'American College of Cardio- effetto inotropo positivo sulle cellule del miocar­
logy e l'American Heart Association hanno propo­ dio, l'attivazione del sistema renina-angiotensi-
sto ima nuova classificazione basata su quattro na-aldosterone, che ha il ruolo di mantenere una
stadi, che rappresentano tappe evolutive e di pro­ efficace pressione di perfusione a seguito di
gressione dell'IC, stadi che possono progredire da ritenzione idrosalina.
A verso D, mentre la regressione non è possibile. - il rimodellamento del muscolo cardiaco, che
conduce ad un aumento della massa del tessuto
Stadi dell'IC contrattile, in presenza o in assenza di dilatazio­
• Stadio A: Pazienti ad alto rischio di sviluppare IC a ne delle camere.
causa della presenza di condizioni che sono stret­ Tutti questi meccanismi omeostatici, attivi a
tamente associate allo sviluppo di IC. Tali pazien­ breve o a lungo termine, sono in grado di mantene­
ti non hanno anormalità strutturali o funzionali re la funzionalità cardiaca a livelli pressoché nor­
del pericardio, miocardio o delle valvole cardiache mali, ma il loro effetto positivo è limitato e, alla
e non hanno mai mostrato segni o sintomi di IC. lunga, si giunge comunque allo scompenso.
Esempi: Ipertensione sistemica; malattie delle arterie L'inadeguatezza funzionale del miocardio ven­
coronariche; diabete mellito; storia per uso di farmaci tricolare, specie della sezione di sinistra, è da ricon­
cardiotossici o di abuso di alcool; storia personale di durre al fenomeno oggi noto come rimodellamento,
febbre reumatica; storia familiare di cardiomiopatia. che consiste in un'alterazione della grandezza,
® Stadio B: Pazienti che hanno sviluppato una forma e funzione del ventricolo.
malattia strutturale cardiaca strettamente asso­ Le cause che lo determinano sono svariate, in
ciata con lo sviluppo di IC, ma che non hanno particolare: infarto miocardico, cardiomiopatie,
mai mostrato segni o sintomi di IC. ipertensione, malattie valvolari. I fenomeni basilari
Esempi: Ipertrofia o fibrosi ventricolare sinistra; dila­ die sottendono il rimodellamento sono: l'ipertrofia,
tazione o ipocontrattilità VS; malattia valvolare car­ la perdita di miociti (apoptosi), l'aumento della
diaca asintomatica; precedente infarto miocardio. fibrosi interstiziale, lo scivolamento "faccia a fac­
® Stadio C: Pazienti che hanno sintomi precedenti cia" dei miociti.
o in atto di IC associati a segni di malattia car­
diaca strutturale. Ipertrofia cardiaca: questo termine indica un aumen­
Esempi: Dispnea o affaticamento dovuti a disfunzio­ to della massa cardiaca determinato da una ipertro­
ne sistolica VS; pazienti asintomatici che sono sotto­ fia cellulare, evocata da stimoli emodinamici, mec­
posti a trattamento per una precedente IC. canici, ormonali e patologici; si realizza per consen­
© Stadio D: Pazienti con avanzata malattia struttu­ tire la normalizzazione dello stress sistolico parieta­
rale cardiaca e marcati sintomi di IC a riposo e le. Nel caso di un sovraccarico di pressione si ha la
nonostante l'impiego di terapia medica a dosi replicazione in parallelo delle miofibrille, un ispes­
massime; richiedono interventi specializzati. simento dei miociti e un discreto incremento dello
Esempi: pazienti che sono frequentemente ospedaliz­ spessore parietale, determinando il quadro della
zati per IC o che non possono essere dimessi senza ipertrofia concentrica senza dilatazione della cavità
pericolo; pazienti ospedalizzati in attesa di trapianto; ventricolare.
Insufficienza cardiaca (IC) ly 877

conduce ad una replicazione in serie dei sarcomeri,


Fattori di rìschio
Ipertensione - Ipercolesterolemia
un allungamento dei miociti ed una dilatazione del
Diabete meiiito - Fumo di sigaretta ventricolo, con modico aumento dello spessore
:\ :
della parete: il risultato è l'ipertrofia eccentrica. In
Arteriosclerosi questo secondo caso però lo stress non viene nor­
Stress ossidativo - Disfunzione endoteiiale - Infiammazione malizzato.
; I Quanto sopra esposto trova un ottimo esempio
Malattia arteriosa coronarica nell'atleta, in cui un prolungato allenamento è
' 1 : causa di un moderato aumento della massa miocar­
ischemia miocardica
dica, inoltre Tesercizio isotonico che simula un cari­
Angiogenesi
co di volume provoca un incremento del volume
Trombosi coronarica
telediastolico del ventricolo sinistro, con un lieve
i aumento dello spessore della parete, peraltro l'eser­
Rottura di placca cizio isometrico simula un sovraccarico di pressio­
ne provocando un incremento dello spessore della
Infarto miocardico parete.
Non risulta che questa forma di ipertrofia fisio­
Aritmia logica sia dannosa e quando gli allenamenti vengo­
I no interrotti regredisce rapidamente. Il sovraccarico
Perdita di muscolo emodinamico provoca la riattivazione dei fattori di
crescita presenti nel cuore dell'embrione e inattivi
^M orte in quello adulto. Questi fattori stimolano l'ipertro­
cardiaca fia dei miociti e regolano sintesi e degradazione
improvvisa
della matrice extracellulare.
Ri modellamento
Nelle forme compensate, la dilatazione ventrico­
Dilatazione ventricolare lare è determinata dall'allungamento dei miociti
senza riduzione del numero degli stessi. Poiché
Insufficienza cardiaca cronica anche il diametro miocitario aumenta, si ha un rela­
tivo incremento dello spessore della parete, restan­
Insufficienza cardiaca terminale do rispettato il rapporto tra spessore della parete,
raggio della cavità ventricolare, massa ventricolare
Fig. 44 -Meccanismi fisiopatogenici dell'l. C. e volume cavitario.
L'alterazione di questi rapporti è concomitante
Nella forma compensata, l'ispessimento della allo sviluppo di un'ipertrofia ventricolare concen­
parete ventricolare deriva dall'aumento del diame­ trica od eccentrica scompensate. Questo è quello
tro dei miociti senza variazioni del numero delle che accade nelle cardiomiopatie ischemica e dilata-
cellule murali o del numero aggregato di cellule tiva.
dell'intero ventricolo. Questo determina un aumen­ Variazioni di forma e spessore della parete mio-
to del rapporto tra massa e volume ventricolare. In cardia possono avvenire non solo per una alterazio­
alcuni pazienti tuttavia si può avere un afterload ne di forma e volume della popolazione miocitaria,
mismatch cioè un aumento dello stress di parete ma anche per una variazione del numero delle cel­
causato da una ipertrofia inadeguata che limita l'ac­ lule (apoptosi, necrosi, iperplasia), e per una varia­
corciamento dei miociti. zione della matrice extracellulare.
Quando invece si attui un sovraccarico di volu­ Nonostante non ci sia ancora un consenso gene­
me, il conseguente aumento dello stress diastolico rale sull'entità e sui meccanismi di morte miocitaria

Fig. 45 - Risposte miocitarie agli stimoli.


878 kí Cuore
(apoptosi, necrosi, combinazione delle due), l'appli­ dell'esistenza del chimerismo miocitario in cuori di
cazione di probes molecolari sensibili associato femmine trapiantati in pazienti maschi e la forma­
all'utilizzo della microscopia confocale, ha reso zione di una banda di rigenerazione in topi infar­
accettabile il concetto che la morte miocitaria sia un tuati trapiantati con cellule staminali emopoietiche
parametro quantificabile in cuori normali e patolo­ ha infine dimostrato la possibilità della formazione
gici, sia neiruomo che in modelli animali. È sor­ ex-novo di miociti cardiaci, ovvero dell'esistenza di
prendente che, anche considerando i valori più con­ un microambiente cardiaco in grado di richiamare,
servativi, il cuore normale perderebbe gran parte ospitare e stimolare la proliferazione di cellule più
della sua massa in poche decadi e il cuore senile o primitive e di indurne il differenziamento lungo le
scompensato scomparirebbe al massimo nel giro di
diverse linee cellulari cardiache.
pochi anni (Guerra et al., 1999). Si è quindi fatta stra­
da l'idea che il cuore sia in grado di produrre nuovi
miociti a compensare, almeno in parte, la quota di
cellule andate incontro a morte cellulare, ovvero che
possa esserci una rigenerazione cardiaca.
La possibilità che i miociti ventricolari, di cuori
umani adulti, abbiano la capacità di rientrare nel
ciclo cellulare e proliferare è stata controversa per
più di 60 anni.
I primi studi ad introdurre l'idea che i miociti
siano cellule terminalmente differenziate, sono da
attribuire a Karsner, Saphir e Todd. Costoro, nel
1925, evidenziarono l'impossibilità nell'individuare
figure mitotiche nei nuclei miocitari di sezioni isto­
logiche di cuori ipertrofici, e su tali basi ipotizzaro­
no che la proliferazione di cellule muscolari, in un
miocardio adulto pienamente differenziato, fosse
assente (Karsner et al., 1925). Queste osservazioni
furono alla base della creazione del dogma secondo
il quale, subito dopo la nascita, i miociti ventricola­
ri escono permanentemente dal ciclo cellulare e
sono destinati a morire senza ulteriori replicazioni.
A supporto dell'ipotesi dell'esistenza di una
proliferazione cellulare a livello del cuore ci sono
stati studi morfometrici, evidenze dirette di sintesi
di DNA nei nuclei miocitari o espressione negli
stessi di proteine ciclo-cellulare dipendenti, docu­
mentazione dell'esistenza di miociti capaci di divi­
dersi, presenza di aumentata attività telomerasica Fig. 47 - Nello stesso caso sono visibili anche mitosi con divi­
miocitaria in condizioni patologiche. L'evidenza sione sarcolemmatica.

Fig. 46 - Zona periferica di un infarto recente; a sn si osserva una chiara figura mitotica; a destra si conferma la natura miocita­
ria della cellula attraverso l'applicazione della microscopia confocale e l'uso di anticorpi anti actina alfa sarcomerica (rosso) e iodu­
ro di propidio (blu) per il DNA.
Miocarditi e cardiomiopatie ® 879

Il danno evolve in genere in due fasi: una fase


| Miocarditi e cardiomiopatie acuta, che comprende le prime due settimane,
Le miocarditi sono malattie infiammatorie del durante le quali l'agente patogeno induce il danno
miocardio con necrosi dei miociti ed infiltrato miocardico con meccanismo citotossico cellulo-
infiammatorio. In. genere si presentano in individui mediato e liberazione di citochine. In questa fase è
per il resto sani; possono rapidamente portare ad molto raro individuare l'agente etiologico. Suben­
un'insufficienza cardiaca spesso fatale ed a gravi tra successivamente la fase cronica, durante la
aritmie. La diagnosi è basata su criteri istologici, quale la distruzione miocitaria è di regola causata
immunologia ed immunoistochimici. da eventi autoimmuni, con anormale espressione di
HLA nei miociti e persistenza del genoma virale nei
Etiología: possono essere causate da: numerosi cardiomiociti, in caso di etiología virale.
agenti infettivi, da malattie autoimmuni; da agenti
esogeni. Spesso concorrono predisposizioni geneti­ Frequenza: la miocardite è una malattia rara. Secon­
che o condizioni ambientali. Le infezioni virali sono do il WHO il coinvolgimento cardiaco dopo un'in­
la causa più frequente di miocardite, in particolare fezione enterovirale è del 1-4%, in rapporto all'a­
il Coxsackievirus B. Altri virus segnalati sono Echo- gente etiologico. L'incidenza tuttavia varia notevol­
virus, Influenza, Epstein-Barr, morbillo, varicella, mente in rapporto alle condizioni igieniche e socio-
epatite B e C. economiche ambientali.
In circa il 10% dei pazienti con HIV si sviluppa Il quadro fisiopatologico è caratterizzato dalla
una miocardite, o per aggressione diretta sul mio­ diminuzione della capacità contrattile del miocar­
cardio operata dal virus HIV o per infezione secon­ dio con contemporaneo ingrandimento del cuore
daria a insufficienza immunitaria (specie Toxopla- ed aumento del volume telediastolico determinato
smosi). da un aumento del precarico (preload). Il cuore non
Le infezioni batteriche sono rare e complicano le è in grado di compensare la dilatazione con un
endocarditi. Batteri patogeni sono lo Staphylococ- aumento della contrattilità (legge di Starling) e ciò a
cus aureus, gli enterococchi e il Corynebacterium causa dell'infiammazione e della necrosi cellulare.
diphteriae. Inoltre, i mediatori dell'infiammazione facilitano
Quest'ultimo agisce per liberazione di una tossi­ ulteriormente il danno miocitario facilitando l'a-
na ad azione miocardiotossica con danno miocardi­ poptosi e la necrosi. L'aumento progressivo del
co responsabile di una grave insufficienza congesti­ volume telediastolico del VS provoca aumento
zia nella prima settimana di malattia. delle pressioni dell'atrio sinistro, della pressione
La malattia di Lyme, ormai endemica in alcune venosa ed arteriosa polmonare con secondario
zone del nostro Paese, causata dal batterio Borrelia edema polmonare e insufficienza congestizia car­
burgdorferi, può provocare miocarditi in circa il diaca. Il processo può arrivare fino allo scompenso
irreversibile e alla morte.
10% dei pazienti.
La miocardite a cellule giganti è rara miocardite Evoluzione: I dati sono discordanti, tuttavia se si fa
caratterizzata: da una estesa necrosi miocitaria con riferimento all'infezione da Coxsackie virus B la
infiltrato infiammatorio nel quale spicca la presen­ mortalità nei neonati può giungere al 75%, mentre
za di cellule giganti multinucleate; da infiltrazione nei bambini si aggira sul 10-25%. La ripresa com­
variamente intensa di linfociti T e granulociti eosi- pleta si ha nel 50% circa dei pazienti. Alcuni di que­
nofili. Può insorgere in soggetti affetti da: timoma, sti, tuttavia, possono sviluppare una miocardite
LES, tireotossicosi, malattia infiammatoria intesti­ cronica persistente o una cardiomiopatia dilatativa
nale, tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide; che richiede il trapianto cardiaco (Cardiomiopatia
anche se la vera causa resta un mistero. La malattia infiammatoria).
in genere colpisce giovani adulti e porta rapida­ Macroscopicamente, il cuore ha un miocardio flac­
mente ad insufficienza cardiaca o a grave aritmia cido e pallido con presenza di petecchie. La parete
con morte nel 90% dei soggetti in tre anni. ventricolare può presentarsi sia assottigliata sia
La miocardite può essere causata anche da agen­ ipertrofica. Le valvole e l'endocardio sono general­
ti tossici (es. Alcool) o farmacologici (es. Doxorubi- mente risparmiate, ma nei casi di miocardite croni­
cina, ciclofosfamide, clorochina, sulfonamidi). ca possono presentarsi ispessiti come nella fibroela-
I meccanismi patogenetici della malattia posso­stosi endocardica; infatti, alcuni Autori ritengono
no essere diversi: che quest'ultima sia la conseguenza di una miocar­
dite virale.
• Effetto citotossico diretto sui cardiomiociti da Sulla base dei criteri patologici rilevati su biop­
parte dell'agente etiologico; sia, una miocardite può essere classificata, secondo
« Risposta immune secondaria che può essere la cos. classificazione di Dallas (1987), in tre tipi:
innescata dall'agente etiologico;
© Liberazione di citochine nel miocardio (es.: 1. Miocardite attiva: caratterizzata da un abbondan­
Tumor Necrosis Factor alpha, Nitric Oxide te infiltrato infiammatorio e da morte cellulare;
Syntase); 2. Miocardite "borderline": caratterizzata da una
• Induzione aberrante di apoptosi. risposta infiammatoria che è troppo scarsa per
880 > Cuore
essere inquadrata nella forma acuta; non si
vedono miociti necrotici al microscopio ottico;
3. Non evidenza di miocardite.
Posta la diagnosi di miocardite, attiva o border­
line, le successive biopsie di controllo possono met­
tere in evidenza lesioni classificabili come miocar­
diti evolutive, in risoluzione o risolte.
Nel 1995 la classificazione è stata lievemente
modificata dal WHO/ International Society and Fede-
ration of Cardiology Task Force sia per quanto riguar­
da la definizione che la classificazione. Attualmente,
la miocardite è definita come: processo caratterizzato
da un infiltrato infiammatorio del miocardio. Nella
miocardite acuta (attiva) si osserva obbligatoriamente
la presenza di miociti necrotici, mentre nella miocar­
dite cronica la necrosi non è costante. Rispetto aña
classificazione di Dallas la miocardite acuta corrispon­
de alla miocardite attiva, mentre la cronica compren­
de la borderline e la miocardite cicatriziale.
L'infiltrato infiammatorio è a sua volta distinto
in: linfocitario, eosinofilo, neutrofilo, a cellule
giganti, granulomatoso o misto. La distribuzione
può essere focale, confluente o diffusa.
L'entità della fibrosi viene classificata come: ine­
sistente (grado 0), lieve (grado 1), moderata (grado
2) o grave (grado 3). La localizzazione della lesione
può essere: endocardica, di sostituzione o intersti­
ziale; e va indicata.
Il quadro istologico varia a seconda delle fasi.
Nella prima biopsia il quadro può mostrare un
netto infiltrato diffuso, focale o confluente, costitui­
to da un numero superiore ai 14 linfociti/mm. La
necrosi miocitaria è sempre presente. La fibrosi può
essere assente (Miocardite acuta o attiva).
L'infiltrato va valutato con metodi immunoisto-
chimici e mostra una prevalenza di linfociti T
accanto ad un variabile numero di macrofagi.
Nella miocardite cronica il quadro è caratterizzato
da un infiltrato leucocitario (prevalentemente T lin­
focitario) superiore a 14 cellule per mm; è diffuso,
focale o confluente; la necrosi miocitaria è assente.
Può essere visibile fibrosi, che va graduata.
Quando nella biopsia gli infiltrati infiammatori
sono assenti o scarsi (<14 leucociti/mm) si conclu­
derà per assenza di miocardite (Nessuna miocardite).
La malattia va seguita con prelievi seriati nel
tempo; nelle biopsie in successione si potranno
riscontrare i seguenti quadri:
• Miocardite persistente: permane il quadro di una
miocardite acuta o cronica.
• Miocardite in risoluzione o cicatrizzazione: resta­
no gli aspetti dì una miocardite acuta o croni­
ca, ma sono più attenuati.
9 Miocardite risolta o cicatriziale: sono scomparsi gli
infiltrati infiammatori, mentre residua un tessu­
to fibroso cicatriziale.
Per l'inquadramento diagnostico può essere di
Fig. 48 - In queste immagini si osserva un imponente infiltrato
di granulociti eosinofili, con focolai di necrosi dei miociti. Dia-
particolare valore la dimostrazione dell'agente etio- gnosi di miocardite eosinofila come reazione da ipersensibilità
logico virale sul campione bioptico. A questo scopo a farmaci.
Miocarditi e cardiomiopatie * 881

sarebbe opportuno avere sempre a disposizione L'impiego della biopsia endomiocardica (BEM)
materiale bioptico congelato su cui eseguire PCR o nell'inquadramento diagnostico delle cardiomio­
RT-PCR per la ricerca del DNA o RNA virale: nel patie e dell'insufficienza congestizia del cuore è
caso di enterovirus la sensibilità del metodo può ancora dibattuto. Tuttavia, rimane un gruppo di
essere del 100%. cardiomiopatie che sfuggono alle indagini cliniche

Fig. 49 - In questa serie di immagini a partire dall'alto a sn si osservano focolai di infiltrazione miocardica ad opera di formazio­
ni granulomatose caratterizzate da cellule epiteliodi e cellule giganti con scarsa rappresentazione di linfociti. In basso a destra si
apprezza un aspetto di vasculite con formazione dì un trombo in sede sub-epicardica nello stesso caso. La malattia è stata inqua­
drata come miocardite granulomatosa morfologicamente simile alla sarcoidost.
882 & Cuore

Fig. 50 - Miocardite attiva caratterizzata da denso infiltrato lin­ Fig. 52 - Assai minore la quota di linfociti B, CD20 positivi.
focitario associato a necrosi miocitaria.
e per le quali può esistere l'indicazione ad una
BEM, purché eseguita in un Centro di alta qualifica­
zione ed esperienza e quando " esistono fondate
ragioni per ritenere che i risultati avranno un bene­
fico effetto sulle successive condotte terapeutiche"
(American College of Cardiology/ American Heart
Association: ACC/AHA). Malgrado tutto questo,
l'utilità della BEM rimane controversa per la possi­
bilità di un numero elevato di falsi negativi.
Due osservazioni recenti rivalutano l'importanza
della BEM: l'alta precisione diagnostica (75%) nei
casi che sfuggono ad un preciso inquadramento cli­
nico e l'importanza per una terapia immunosoppres-
siva di soggetti con miocarditi attive accompagnati
da autoanticorpi cardiaci o da virus C, mentre non
rispondono alla terapia i soggetti con miocarditi atti­
ve da virus diversi da HCV e senza autoanticorpi.
Le cardiomiopatie sono classificate, quando
possible, su base etiologica-patogenetica oppure sul
predominante quadro fisiopatologico.
Le cardiomiopatie sono classificate come:
1. cardiomiopatie dilatative
2. cardiomiopatie ipertrofiche
3. cardiomiopatie restrittive
4. cardiomiopatia aritmogenica del ventricolo
destro (VD).

Fig. 51 - La caratterizzazione immunoistochimica del l'infiltrato Cardiom iopatia dilatativa: questa forma è caratte­
mostra una diffusa positività all'anticorpo antÌ-CD3/ associato rizzata da dilatazione e insufficiente contrazione
ai linfociti T. del VS o di entrambi i ventricoli. È la forma più fre-
Miocarditi e cardiomiopatie & 883

quente, 5-8/100.000 (90% circa dei casi di cardio­ Danno miocitario


miopatia). Può essere idiopatica, genetica/familia-
re, virale e/o immunitaria, tossico-alcoolica, asso­ Contikttilìtà ^
ciata a malattie cardiovascolari quando il grado di
Volume eiezione^
disfunzione miocardica non è spiegabile dalle anor­
mali condizioni di carico o dall'estensione del Dilatazione VS , I

i
danno ischemico. (Etiología: "ABCD": Alcool, Beri­ A Aumento pressione i ¿ Gittata cardiaca
1 Riempimento
beri, Coxsackievirus,Cocaina, Chagas, Doxorubici- ventricolare
+,
Rigurgito mitralico Affaticamento
na). Il quadro istologico è aspecifico: fibrosi intersti­
debolezza
ziale, ipertrofia miocardica, modificazioni degene­
rative miocitarie. In genere è quello di un'insuffi­ Congestione polmonare
cienza cardiaca progressiva. Sono frequenti ad ogni • Dispnea
stadio di malattia le aritmie, le embolie o le morti • Ortopnea
improvvise. • Rantoli

C ardiom iopatia ipertrofica: questa forma, non Congestione sistemica


legata a sovraccarico ipertensivo, è la seconda per
• Edema
frequenza ed è caratterizzata da ipertrofia ventrico­ • Ascite
lare sinistra e/o destra, in genere asimmetrica con
• Dilatazione vene
ostruzione allo svuotamento ventricolare, e con giugulari
coinvolgimento del setto interventricolare. Tipica­
mente, il volume ventricolare sinistro è normale o
ridotto, mentre gli atri sono dilatati. Fig. 54 - Riflessi sistemici delle cardiomiopatie diiatativa.
Predominano le forme familiari (55%) con tra­
smissione autosomica dominante. La malattia è nosante, causata da un'ipertrofia della media, a
causata, in almeno il 60% dei casi, da una mutazio­ carico dei vasi coronarici intramurali. Sono comuni
ne in uno degli otto geni che codificano le proteine le aritmie e le morti improvvise.
contrattili sarcomeriche: catena pesante della miosi- Cardiom iopatia restrittiva: si caratterizza per un
na [3 (cromosoma 14), troponina T cardiaca (cromo­
alterato riempimento ventricolare durante la dia­
soma 1), troponina I cardiaca (cromosoma 19), tro-
stole a causa di un'anormale rigidità (stiffness)
pomiosina a (cromosoma 15), proteina C legante la
della parete ventricolare con normale funzione
miosina cardiaca (cromosoma 11), catene leggere sistolica (almeno all'inizio). La pressione intraveiv
costitutiva e regolatoria della miosina (rispettiva­
tricolare cresce bruscamente con modesti aumenti
mente cromosoma 3 e 12) e actina cardiaca (cromo­
di volume. È determinata da infiltrazione del mio­
soma 15). L'aspetto morfologico tipico, ma non cardio da sostanze anomale o da fibrosclerosi del­
patognomonico, comprende: ipertrofia miocitaria e
l'endocardio.
disorganizzazione miofibrillare (disarray) che cir­
condano aree con aumento del connettivo lasso. Cardiom iopatia aritmogena del ventricolo destro:
Caratteristicamente si associa una vasculopatia ste- è una malattia primitiva del muscolo cardiaco ad
eziologia ancora in gran parte sconosciuta, caratte­
rizzata da anomalie strutturali e funzionali del ven­
tricolo destro, sia in termini emodinamici che di
ritmo e conduzione dello stimolo elettrico, conse­
guenti ad atrofia miocardica progressiva con sosti­
tuzione adiposa o fibroadiposa (Nava, Rossi e Thie-
ne, 1997).
La malattia è familiare con trasmissione autoso­
mica dominante a penetrazione incompleta; è
descritta anche una forma recessiva. La patogenesi

Congestione
a Pressione Congestione
J giugulare
ventricolare — ►venosa
T diastolica
* Epatomegalia
Edemi periferici
Rigidità
miocardica
; \ ;
V] Riempimento I Efflusso > Debolezza
^ventricolare ▼cardiaco Affaticamento
Fig. 53 - Quadro macroscopico di cardiomiopatia ipertrofica (CO)
con aumento di spessore bilaterale della parete ventricolare e
relativa riduzione delle cavità. Meccanismi fisiopatologici della cardiomiopatia restrittiva.
Troponina

^
TROPOMIOSINATnT TnC
f ^ Tnl

COMPLESSO DELLA TROPONINA


Fio. 55 - a) Modello dell'organizzazione molecolare dei filamenti sottili (in alto] e dei filamenti spessi (in basso). Le sporgenze late­
rali dei filamenti spessi corrispondono alle teste delle molecole di miosina (modificato da J.M. Murray e A. Weber); b) Actina (G e
F), tropomiosina e troponina (con le sue tre subunità) nell'ambito di un filamento sottile (da Silipranai & Tettamanti, Le.).

Couse di Cardiomiopatie restrittive risiede verosimilmente in una mutazione delle pro­


teine di adesione cellulare plakoglobina e desmoplaki-
Miocardiche Endomiocardiche na: l'alterato meccanismo di adesione cellulare può
Malattie non infiltratìve Fibrosi endomioeardica comportare, sotto stress meccanico, un distacco dei
Malattia idiopatica Sindrome ipereosinofila miociti fra loro ed una successiva morte cellulare.
Malattia familiare (di Loeffier) In seguito può comparire un processo infiammato­
Ipertrofia Sindrome da carcinoide
Sclerodermia Metastasi da neoplasie rio caratterizzato da infiltrati linfocitari. Le cellule
Diabete mellito Esposizione alle radiazioni miocitarie andate distrutte vengono progressiva­
Pseudoxantoma elasticum Tossine mente sostituite da tessuto fibroadiposo con secon­
Malattìe infiltratìve Antracicline (doxorubicina dario rimodellamento cardiaco. L'esordio è giova­
Amiloidosi o daunorubicina) nile con aritmie e morte improvvisa. E fondamen­
Sarcoidosi Serotonina tale, nel caso di familiari o di sospetti portatori di
Malattia di Gaucher Metisergide malattia, abolire la partecipazione a sport competi­
Sindrome di Hurler Ergotamina tivi o a prolungati sforzi fisici. Attualmente, l'unica
Infiltrazione grassa Agenti mercuriali possibile protezione contro una morte improvvisa
Malattie da accumulo Busulfano è l'impianto di u n defibrillatore portatile.
Emocromatosi
Malattia di Fabry Cardiomiopatie inclassificate: comprende i rari casi
Malattie da accumulo che non sono facilmente inseribili in un gruppo spe­
di glicogeno cifico (es. Fibroelastosi, miocardio non compatto,
disfunzione sistolica con dilatazione minima, coin-
Miocarditi e cardiomiopatie ? 885

volgimento mitocondriale). Alcune malattie possono


presentarsi con aspetti di più di un tipo di cardiomio­
patia (es. Amiloidosi, ipertensione sistemica).
Cardiom iopatie specifiche: questo termine viene
usato per descrivere malattie del muscolo cardiaco
che sono associate con alterazioni specifiche cardia­
che o con malattie sistemiche. Esse comprendono:
1. Cardiomiopatia ischemica: si presenta come una
cardiomiopatia dilatativa con alterata capacità con­
trattile non spiegabile dall'estensione della malat­
tia arteriosa coronarica o dal danno ischemico.
2. Cardiomiopatia valvolare: si presenta con una
disfunzione ventricolare che eccede le alterate
funzioni di riempimento.
3. Cardiomiopatia ipertensiva: si presenta di rego­
la con una ipertrofia ventricolare sinistra in
associazione con aspetti di cardiomiopatia dila­
tativa o restrittiva con insufficienza cardiaca.
4. Cardiomiopatia infiammatoria: è caratterizzata
da miocardite in associazione con disfunzione
cardiaca. /La miocardite è diagnosticata sulla
base di criteri istologici, immunoistochimici e
immunologia (vedi sopra).
5. Cardiomìopatia metabolica: comprende le
seguenti categorie:
• Endocrine: tireotossicosi, ipotiroidismo, insuf­
Fig. 56 - Aspetto istologico caratterizzato dal "disarray" delle ficienza corticosurrenalica, feocromocitoma,
fibroceiiule muscolari. acromegalia, diabete mellito.
® Malattie familiari da accumulo: emocromatosi,
glicogenosi, sindrome di Hurler, sindrome di
Refsum, malattia di Nieman-Pick, malattia di
Hand-Schuller-Christian, malattia di Fabry-
Anderson, malattia di Morquio-Ullrich.
• Malattie da deficit: disturbi del metabolismo
del potassio, deficit di magnesio, deficit
nutrizionali come Kwashiorkor, anemia e
beri-beri, deficit di selenio.
• Amiloidosi: primaria, secondaria, familiare e
ereditaria, febbre familiare mediterranea,
amiloidosi senile.
6. Altre varianti sono:
• Malattie sistemiche: comprendono malattie del
tessuto connettivo,come LES, poliarterite
nodosa, artrite reumatoide, scleroderma e
dermatomiosite. La presenza di infiltrati e
granulomi includono la diagnosi di leucemia
e sarcoidosi.
• Distrofie muscolari: includono la diagnosi di
distrofia di Duchenne, tipo Becker e miotonica.
• Malattie neuromuscolari: comprendono l'atas­
sia di Friedreich, la sindrome di Noonan e la
lentiginosi
• Reazioni tossiche e da ipersensibilità: comprendo­
no l'alcool, le catecolamine, le antracidine, l'ir­
radiazione. La cardiomìopatia alcool ira può
Fig. 57 - Il ventricolo destro nella cardiopatia aritmogena è essere associata a esagerato consumo di alcool.
quasi interamente sostituito da tessuto adiposo, come neil'im- ® Cardiomiopatia periparto: si manifesta nelle
magine, ove a sinistra si osserva il rivestimento endocardico,
mentre il rimanente miocardio ventricolare è cosituito in grande prime settimane dopo il parto; probabilmen­
prevalenza da tessuto adiposo. te rappresenta un gruppo eterogeneo.
886 & Cuore
H Endocarditi Endocarditi infettive (EI)
La rarità delle endocarditi ed endoarteriti, pur in Si tratta di infezioni microbiche della superficie
presenza delle non rare batteriemie transitorie, sin­ endoteliale del cuore. Le valvole sono la sede più
tomatiche ed asintomatiche, fa ritenere che l'endo­ colpita, seguite dai difetti settali, dalle corde tendi­
telio normale sia resistente alle infezioni. Pertanto, nee o dall'endocardio murale stesso. Macroscopica­
per lo sviluppo delle endocarditi infettive (EI) sono mente, le vegetazioni appaiono come masse friabi­
necessarie condizioni favorenti, relative all'ospite li, tipicamente localizzate sul margine di chiusura
ed all'agente patogeno. Si possono ricordare: della valvola, di colorito rosso-giallastro nelle fasi
di attività.
• Danni dell'endotelio Con l'evolversi del processo, i lembi valvolari
• Patogenicità dei microorganismi vanno incontro ad ulcerazione, perforazione o rot­
® La risposta immune dell'organismo tura; nella fase cronica vi è una riparazione fibrosa,
• Difetti anatomici del cuore con ispessimento e possibile calcificazione valvola­
• Cause periferiche di batteri ernia. re. La lesione caratteristica è rappresentata da una
Quando l'endotelio è alterato, su di esso si pos­ vegetazione, di variabile grandezza costituita da
sono depositare piastrine e fibrina che formano un materiale amorfo comprendente piastrine, fibrina,
terreno ideale per la colonizzazione batterica. In numerosi microorganismi e rare cellule infiamma­
soggetti predisposti alle endocarditi questi deposi­ torie. I microorganismi responsabili sono, nella
ti, chiamati "endocardite trombotica non batterica" maggior parte dei casi, streptococchi, stafilococchi,
(ETNB) si formano spontaneamente e possono enterococchi, e bacilli gram-negativi.
venire colonizzati dai batteri in corso di batteriemie Il quadro clinico può essere definito acuto,
con formazione di endocarditi infettive. quando è caratterizzato da una rapida (giorni-setti­
AH'instaurarsi di ETNB concorrono due mecca­ mane) distruzione delle valvole e da un quadro
nismi: il danno endoteliale e l'ipercoagulabilità periferico di infezioni metastatiche. Si parla, invece,
ematica. Le condizioni che si associano più frequen­ di quadro sub-acuto quando l'evoluzione avviene
temente con questa patologia sono: le neoplasie, la in settimane o mesi con rare infezioni metastatiche
CID, l'uremia, le ustioni, il LES, le malattie valvola­ periferiche. I soggetti più colpiti sono i bambini
ri cardiache e il posizionamento di cateteri intracar- portatori di difetti congeniti (difetti aortici, difetti
diaci. I trombi fibrino-piastrinici si depositano del setto interventricolare, tetralogia di Fallot), nel
selettivamente sulla faccia atriale dei lembi di con­ 50% dei casi come complicazione dell'intervento
tatto delle valvole atrio-ventricolari, mitrale e tricu­ cardiochirurgico di correzione.
spide, e sulle facce ventricolari al limite dei bordi Negli adulti, la principale condizione predispo­
liberi delle valvole aortiche e polmonari. nente è rappresentata dal prolasso della mitrale in
Il danno endoteliale che concorre all'instaurarsisoggetti di età superiore a 45 anni (7-30% di EI su
delFETNB può essere indotto da fattori emodina- valvole native in soggetti non tossico-dipendenti).
mici, quali: l'alta velocità di flusso che colpisce l'en­ Una seconda classe di lesioni predisponenti, oggi
dotelio, un flusso da una camera ad alta pressione notevolmente diminuita nei paesi occidentali, è
verso una a bassa pressione, un flusso ad alta velo­ rappresentata dalle lesioni valvolari reumatiche
cità attraverso un orifizio ristretto, il trauma ritmi­ (mitraliche, aortiche). Un'ulteriore categoria di sog­
co a livello dei bordi di chiusura. getti adulti predisposti è rappresentata dai portato­
La sovrapposizione di ima batteriemia può indur­ ri di difetti cardiaci congeniti che si manifestano
re la trasformazione di una ETNB in EI. Le lesioni che nell'adulto, di cui il principale è costituito dalla val­
più frequentemente possono dare origine a dissemi­ vola aortica bicuspide.
nazioni batteriche sono quelle a carico delle mucose, La categoria dei soggetti tossico-dipendenti che
specie quella orale, o quelle della cute. La semplice si iniettano le varie droghe per via endovenosa ha
batteriemia e la concomitante presenza di una ETNB un rischio assai elevato di sviluppare EI, con possi­
non daranno origine ad una EI, a meno che il micror­ bile interessamento tipico sulle valvole del cuore
ganismo non trovi condizioni favorenti il suo svilup­ destro, pure in assenza di difetti valvolari congeni­
po. In genere queste sono legate ad una scarsa capa­ ti o acquisiti. In questi casi, le manifestazioni clini­
cità battericida del siero o ad una resistenza dei ceppi che possono essere caratterizzate da embolie setti­
batterici a tale attività (ad esempio, E. coli, Pseudo- che polmonari.
monas aeruginosa, Serratia marcescens). Altro fatto­ Le EI su valvole protesiche rappresentano da
re favorente è rappresentato dalla presenza di recet­ sole il 10-30% di tutti i casi di EI del mondo indu­
tori per la fibronectina espressi da alcuni ceppi batte­ strializzato. I quadri che insorgono precocemente
rici, poiché in tal modo essi possono legarsi all'endo­ dopo l'impianto (fino a 1 anno dopo l'intervento)
telio, che produce fibronectina, e questa si lega a sua sono verosimilmente dovuti ad infezioni nosoco­
volta anche alla fibrina ed al collagene sottoendote­ miali, mentre successivamente un fattore di rischio
liale. La liberazione da parte del tessuto valvolare di è rappresentato da una precedente EI su valvola
fattori tromboplastinici induce un ulteriore deposito nativa. Le EI insorte su valvole protesiche, specie
di fibrina che aggrava il quadro. meccaniche, hanno la tendenza ad estendersi locai-
Endocarditi ss 887

Fio. 58 - Lembo valvolare mitralico occupato da una voluminosa formazione grigiorossastra, con parziale erosione della pagina
valvolare.

Fig. 59 - Massa trombotica vegetante composta da detriti cel­ Fig. 60 - If trombo contiene, verso la superficie sfefb-endocardi­
lulari. ca, numerose colonie batteriche.

mente all'intero anello valvolare, provocando 2) embolizzazione più o meno massiccia di fram­
ascessi deH'anello, del setto, formazioni fistolose menti di trombi settici in sedi distanti con conse­
con possibile deiscenza secondaria della protesi ed guenti infarti, di regola settici;
insufficienze valvolari acute. 3) disseminazione ematogena continua di cariche
I quadri clinico-patologici delle EI possono batteriche;
dipendere dalle lesioni locali e da quelle generali: 4) danni d'organo determinati dalla deposizione di
complessi immuni antigene-anticorpo o anticor-
1) conseguenze cardiache proporzionate all'entità po-complemento che vanno a legarsi ad antige­
del danno anatomico determinato dalla flogosi; ni tissutali.
888 Cuore
Conseguenze cardiache: il quadro che si instaura è
quello determinato
Febbre reumatica (FR)
La FR è la causa più comune di malattie cardia­
- dalla distruzione di segmenti valvolari, partico­ che acquisite nei bambini e nei giovani nelle diver­
larmente della mitrale o delle valvole aortiche, se aree geografiche. L'incidenza e la prevalenza
- dalla rottura di tendini valvolari, variano, tuttavia, notevolmente, poiché nelle aree
- dalla diffusione del processo infettivo al tessuto industrializzate l'incidenza è in costante declino,
cardiaco circostante; evento questo che si realizza mentre nel terzo mondo essa rimane fissata attorno
per EI delle valvole aortiche e di quelle insorte su a 100 casi per 100.000 abitanti. Questo fenomeno è
protesi valvolari. Si tratta allora di ascessi a carico in rapporto con la supposta etiologia della malattia,
delTannulus e dei tessuti perivalvolari, con possi­ che è stata indicata in un'infezione faringo-tonsilla-
bile pericardite purulenta o alterazioni del fascio re da streptococco di gruppo A (Fig. 61a). La miglio­
di conduzione. La distruzione valvolare, specie re prova di ciò è data dalla mancata comparsa di
mitralica, produce un sovraccarico rapido del ven­ malattia dopo eradicazione completa dell'agente
tricolo sinistro che, associato ai frequenti danni microbico dal focolaio faringitico. Tuttavia, va
miocardici da miocardite embolica, spesso puru­ segnalato che, in una piccola percentuale di casi,
lenta, determina l'insufficienza cardiaca acuta. non è possibile individuare anamnesticamente un
Le complicanze em boliche sono molto frequenti precedente episodio faringitico. Fattori importanti
per lo sviluppo della malattia sono rappresentati,
(attorno al 50% dei casi) in rapporto alla friabilità
oltre che dalla persistenza dell'agente patogeno, da
delle vegetazioni ed alla turbolenza del flusso ema­
alcune peculiarità dello stesso agente (ceppi viru­
tico. Le conseguenze dipendono dalla virulenza
lenti, incapsulati, mucoidi- tipi M 1,3,5,6,14,18,19,27
della carica batterica (ascessi metastatici da emboli
e 29), con capacità di indurre elevate risposte
settici; infarti semplici da emboli a bassa carica bat­
immunitarie, di indurre risposte crociate, attraverso
terica o da microorganismi a bassa virulenza) e
la proteina fibrillare M di membrana dello strepto­
dalla sede che viene colpita: a causa della prevalen­ cocco, con antigeni che sono espressi anche dai
za di lesioni a carico del cuore di sinistra, le embo­
miociti cardiaci, in particolare da proteine di mem­
lie prediligono il circolo sistemico. In questo caso, si brana sarcolemmatica e dalla miosina cardiaca; è
avranno embolie cerebrali in oltre il 20% dei casi, inoltre importante la risposta dell'ospite stesso, il
con conseguenze spesso mortali, ed embolie del cir­ quale mostra predisposizione familiare con suscet­
colo sistemico di tipo terminale (milza, reni, mesen­ tibilità legata agli antigeni di istocompatibilità
tere), le quali possono decorrere anche in maniera HLA-DR 1,2,3 e 4.
clinicamente silente. Le embolie delle arterie coro­ La malattia reumatica è clinicamente rappresen­
narie sono rare, fatta eccezione per quelle seconda­ tata da una reazione infiammatoria a carico del tes­
rie ad EI delle semilunari aortiche e particolarmen­ suto connettivo e connettivo-vascolare, con interes­
te di quelle a carico delle protesi valvolari aortiche. samento di diversi organi, principalmente il cuore,
La batteriemia persistente, anche in assenza di le articolazioni, il SNC e i tessuti cutaneo e sottocu­
emboli settici, può provocare infezioni metastati­ taneo. La sindrome clinica è caratterizzata da segni
che, spesso di tipo miliariforme, ed aggravamento clinici maggiori e minori; per la diagnosi clinica
del quadro generale. occorrono due criteri maggiori od uno maggiore e
Le complicanze immunologiche sono prevalen­ due minori (vedere Tabella).
temente determinate dalla presenza in circolo di L'interessamento cardìaco della FR è rappresen­
titoli elevati di complessi immuni che possono tato dalla cardite e pericardite, la gravità è variabi­
depositarsi assieme al complemento in sede subepi­ le, da forme mortali di insufficienza cardiaca a
teliale glomerulare lungo la membrana basale con forme più lievi, caratterizzate dagli esiti sclerotici
quadri di glomerulonefrite focale o diffusa, che può delle flogosi a carico degli apparati valvolari.
evolvere in insufficienza renale in un numero eleva­
to di casi. Alla presenza di immunocomplessi circo­
lanti sono attribuiti quadri di artrite, emorragie Critèri per la diagnosi dinica di FR
subungueali, petecchie e porpora. I "noduli di (criteri di Jónes, aggiornati 1992)
Osler" sono piccoli noduli dolorosi della cute dei
polpastrelli e delle dita e sono verosimilmente
Segni maggiori Segni minori
determinati da fenomeni embolici, mentre le lesioni
purpuriche od emorragiche sono determinate da Pancardite Artralgie
lesioni vasculitiche per precipitazione di immuno­
complessi nella parete dei vasi. Quando il fenome­ Poliartrite migrante Febbre
no è a carico di diramazioni arteriose di maggior Corea VES elevata
calibro si determina una necrosi fibrinoide della
parete con concomitante risposta infiammatoria ed Eritema marginato Aumento Proteina C reattiva
un quadro che può simulare la panarterite nodosa Noduli sottocutanei ECG: allungamento intervallo PR
(cosiddetti aneurismi "micotici").
Endocarditi & 889

Vaso
linfatico
afferente

Streptococco
p-emolitico linfatico
TONSILLITE gruppo A efferente

Reazioni
immunologiche crociate
nei tessuti del cuore:

Miocardite reumatica Pericardite reumatica


Fig. 61 - Rappresentazione schematica delia etiopatogenesi e anatomia patologica della cardiopatia reumatica, a) Tonsillite acuta:
lo streptococco (3-emolitico di gruppo A (b) si diffonde ai linfonodi (c) dove si Formano le antìstreptolisine che reagendo immuno-
logicamente con i tessuti del cuore provocano l'endocardite (d), la miocardite (e) e la pericardite (f) reumatiche, (a: da O. Sala,
Atlante di otorinolaringoiatrìa, Piccin, 1996; b: da Luis M. de fa Maza, Atlante a colori di batteriologia medica, Piccin, 2006; d:
osservazione S. Dini; e: osservazione D. Sciarra; f: osservazione L. Giarelli).
890 * Cuore
Pericardio: La pericardite reumatica è costituita da Endocardio: Nella fase acuta si ha un interessamento
una essudazione che evolve in aderenze tenaci, dell'endocardio del ventricolo sinistro, delle corde
anche con il quadro della pericardite costrittiva tendinee e delle valvole di sinistra. La valvola mag­
(Fig. 61). giormente interessata è la mitrale, sia in forma iso­
lata, sia associata alle semilunari aortiche.
Miocardio: Nella fase acuta il processo infiammatorio, Le valvole appaiono edematose ed ispessite, con
essudativo e proliferativo, avviene principalmente a deposizione di piccole vegetazioni (1-2 mm di dia­
carico del tessuto connettivo o del collageno. Le metro) lungo il margine di chiusura dei lembi val­
modificazioni sono costituite da una degenerazione volari e sulle corde tendinee. Il connettivo valvola­
fibrinoide del tessuto connettivo interstiziale che re va incontro ad edema, degenerazione fibrinoide
diventa edematoso ed eosinofilo, con frammentazio­ ed infiltrazione infiammatoria, che causano una
ne e disintegrazione delle fibre collagene. L'infiltrato caduta dell'endotelio di rivestimento con seconda­
flogistico è costituito da linfociti T e da cellule istio- ria formazione di microtrombi prevalentemente
citarie multinucleate con citoplasma basofilo (cosid­ piastrinici, fortemente adesi alla valvola o alle
dette cellule giganti di Aschoff) (Fig. 62); altre cellule corde tendinee e, quindi, con scarsa tendenza al
giganti che possono comparire sono i cosiddetti distacco ed embolizzazione.
"miociti di Anitschhkow", i quali sono in realtà istio- Nei giorni successivi nel connettivo valvolare
citi caratterizzati da una cromatina nucleare a barra penetrano vasi neoformati a partenza dalla base
(cellule "caterpillar"). Questo insieme di alterazioni delle cuspidi, con migrazione anche di fibroblasti
costituisce il nodulo di Aschoff, che è ritenuto pato- che promuovono la deposizione di collagene di tipo
gnomonico della FR (Fig. 63). IH. Inizia così la cronicizzazione del processo che
I noduli di Aschoff, prevalenti in sede perivasco­può persistere per anni e portare ad ima deforma­
lare, possono localizzarsi al pericardio e, insieme zione della valvola con grave danno anatomico e
all'essudazione fibrinosa, caratterizzare la pericar­ funzionale. Le commissure, infatti, cominciano ad
dite reumatica (Fig. 61). Nel miocardio tendono a aderire e fondersi tra loro ("a zip"), inducendo un
localizzarsi preferenzialmente nel setto interventri- progressivo restringimento deirostio valvolare. Il
colare, nelle pareti del ventricolo sinistro e dell'au­ fenomeno si complica per una successiva fibrosi
ricola sinistra. cicatriziale dei lembi, che divengono rigidi e peg­

Fig. 62 - Nodulo reumatico a sede interstiziale, con cellule di Fig. 63 - Nodulo reumatico a sede perivasale, con grossi Tstio-
Aschoff (da Ferrara in G. Lanza, Anatomia patologica sistema­ citi e cellule di Aschoff al centro ed alcuni dementi iinfoidi alia
tica, Piccin). periferia (da Ferrara in G. Lanza I.e.).
Endocarditi sì 891

Fig. 64 - a) Granuloma di Aschoff in evoluzione cicatriziale e scomparsa delle fibre miocardiche; b) cicatrici reumatiche; c) cica­
trici reumatiche di vecchia data (Osserv. del prof. D. Sciarra).

giorano il danno funzionale della valvola. Il terzo realizzano, pertanto, stasi venosa polmonare ed
fenomeno che entra in gioco è rappresentato dalla aumento di carico del ventricolo destro con secon­
fusione delle corde tendinee che si ispessiscono ed daria ipertrofia. Nei gradi estremi, il ventricolo
iniziano un processo di retrazione. Infine, intervie­ destro si dilata (ipertrofia eccentrica) inducendo
ne la calcificazione distrofica dei lembi valvolari, una insufficienza relativa della valvola tricuspide
per precipitazione di sali di calcio sia all'interno dei (cosiddetta tricuspidalizzazione del vizio mitrali-
lembi valvolari fibro-sclerotici, sia a livello delTan- co), stasi del circolo venoso generale che finisce per
nulus valvolare. Il concorrere deirinsieme di questi compromettere il circolo epatico. I polmoni, a causa
fenomeni conduce ad un progressivo deteriora­ della stasi cronica, assumono un aspetto brunastro,
mento della funzione della valvola mitrale, con determinato sia dalla stasi ematica, sia dalla presen­
quadri che possono essere di stenosi pura (rara), di za di numerosi macrofagi carichi di emosiderina
steno-insufficienza o di insufficienza. Ogni danno
reperibili in sede endoalveolare (cosiddette cellule
valvolare provoca profonde ripercussioni funziona­
li sul circolo ematico. da vìzio cardiaco di Bizzozzero); aumento di consi­
La stenosi mitralica pura induce aumento di stenza del parenchima per fibrosi del connettivo
pressione nulTatrio sinistro, con conseguente iper­ interstiziale. Le arterie polmonari, sede di iperten­
trofia della muscolatura atriale ed aumento di pres­ sione secondaria, si dilatano e sono sede di deposi­
sione sul circolo polmonare. L'atrio, nelle fasi pro­ ti lipidici o di vere placche aterosclerotiche.
lungate di ipertensione da stenosi mitralica, tende L'insufficienza mitralica pura è assai rara, men­
alla dilatazione; talora questa può giungere a gradi tre è facile il riscontro di un quadro misto di steno-
assai elevati. In questi casi, in particolare, possono insufficienza per fibrosclerosi delle cuspidi associa­
aggiungersi due ulteriori complicazioni: la forma­ ta alla retrazione delle corde tendinee; così l'ostio
zione di trombi atriali, prevalentemente nell'aurico­ valvolare si restringe, essendo anche compromesso
la; talora occupanti gran parte dell'atrio (cosiddetti il ritorno completo dei lembi al momento della
"trombi a palla" per la forma sferoidale); la fibrilla­ sistole ventricolare. La conseguenza è ima ipertro­
zione della parete dell'atrio è una conseguenza di fia Ventricolare sinistra che complica ulteriormente
rilievo. Infatti, può instaurarsi la temibile complica­ il quadro della stenosi mitralica.
zione della formazione di emboli (circa 30% dei
casi), disseminati entro il circolo generale; se esiste Valvulopatia aortica: Come nel caso della mitrale,
una comunicazione interatriale con ipertensione l'insufficienza o la stenosi aortica pure post-reuma-
dell'atrio sinistro l'embolizzazione può raggiunge­ tiche sono molto rare: prevalgono infatti i danni
re il circolo polmonare. misti, di stenosi ed insufficienza. Il meccanismo del
La persistenza dell'ipertensione nel circolo danno è simile a quello già descritto per la mitrale:
venoso polmonare, secondaria all'ipertensione nel­ fusione delle commissure valvolari con impossibili­
l'atrio sinistro, induce ipertensione capillare, quin­ tà alla chiusura e restringimento dell'orifizio valvo­
di, ipertensione del circolo arterioso polmonare: si lare.
Valvulopatie non reumatiche corso di malattie del collageno. La radice aortica ha
ima circonferenza di cm 10,5; un suo aumento
Valvulopatia aortica non reumatica: la valvola aortica determina insufficienza, specie quando raggiunga i
normale è formata da tre cuspidi semilunari che, 12 cm. La dilatazione può avvenire in corso di
durante la diastole, entrano in mutuo contatto, malattia di Marfan: condizione dipendente da una
sovrapponendosi parzialmente; durante la sistole si mutazione del gene che codifica la proteina fibrilli-
piegano invece verso la parete aortica, restringendo na, e che comporta una alterazione della parete
i seni aortici di Vaisalva. Il combaciamento e la par­ media elastica dell'aorta, con scomparsa delle fibre
ziale sovrapposizione sono un elemento funzional­ elastiche e sostituzione con laghi di mucopolisacca-
mente determinante per assicurare la perfetta tenu­ ridi. La malattia determina precocemente non solo
ta valvolare durante la diastole del ventricolo sini­ la dilatazione dell'aorta, ma può anche causare la
stro, così come assicurano la tenuta nei casi di valvo­ formazione di un aneurisma dissecante del tratto
le fenestrate, sia per difetto congenito, sia per difet­ ascendente dell'aorta, con fissurazione lineare poco
to acquisito nel corso dell'invecchiamento. Oltra alla al di sopra dell'anello valvolare.
fenestratura, l'età induce una progressiva fibrosi dei Scomparsa praticamente la sifilide terziaria
lembi valvolari, specie lungo i margini, di chiusura, come causa di aneurismi dell'arco dell'aorta ascen­
e per lo stesso meccanismo probabilmente compaio­ dente per infiltrazione infiammatoria, prevalente­
no piccoli noduli fibrosi al centro di ogni cuspide mente plasmacellulare, dei vasa vasorum e loro
(noduli o corpuscoli di Aranzio), tuttavia privi di successiva endoarterite obliterativa, le infiamma­
significato patologico. Più importante, invece, il zioni della radice aortica sono oggi causate da
fenomeno età-correlato della calcificazione, che ini­ malattie del collageno (spondilite anchilosante,
zia a comparire in corrispondenza dei seni e si malattia di Reiter, artrite reumatoide) il cui quadro
estende progressivamente ad interessare le cuspidi istologico è caratterizzato da flogosi dei vasa vaso-
valvolari. La calcificazione distrofica delle semilu­ rum con infiltrazione linfo-plasmacellulare, distru­
nari aortiche può essere causa di stenosi valvolare zione secondaria della tonaca media e retrazione
nei soggetti di età, in genere, superiore ai 70 anni. deH'intima che assume aspetto ad "acciottolato"
La stenosi aortica pura può essere congenita,
quale conseguenza della mancata separazione delle
cuspidi valvolari aortiche. Essa è responsabile di Insufficienza mitralica non reumatica
circa il 5% dei casi di cardiopatie congenite e può Calcificazione distrofica delVannulus mitralico: è di
presentarsi sia come diaframma fibroso con perfo­ osservazione comune autoptica nei soggetti anziani
razione centrale, oppure come forma "unicommis­ che, in genere, passa inosservata per le inapparenti
surale" in cui è presente un orifizio eccentrico di conseguenze funzionali. Solo raramente, se molto
forma ellittica. grave, può provocare insufficienza valvolare. L'en­
La valvola aortica può essere congenitamente tità del fenomeno è condizionata da eventi favoren­
bicuspide (1-2% della popolazione) ed essere costi­ ti, quali l'ipertensione sistemica, la stenosi aortica,
tuita da due cuspidi di dimensioni aH'incirca ugua­ le patologie dello scheletro fibroso valvolare, quali
li; altra malformazione è data dalla presenza con­ quelle presenti nella malattia di Marfan.
temporanea di un tralcio di connettivo fibroso che
si diparte da una delle cuspidi e si ancora alla pare­ Sindrome da prolasso della valvola mitralica (PVM): è
te aortica (cosiddetto rafe mediano, che non corri­ sindrome clinica di diversa patogenesi, con danni
sponde ad una semilunare malformata). E malfor­ che possono coinvolgere i lembi valvolari, le corde
mazione ben tollerata, ed a lungo senza danni fun­ tendìnee, i muscoli papillari e l'annulus valvolare.
zionali; in età adulta precoce tende alla calcificazio­ È una condizione piuttosto comune, coinvolgendo
ne causando insufficienza aortica (età 30-50 anni). circa il 2,5-10% della popolazione, a seconda del
La stenosi aortica può essere una delle cause di rigore nell'applicazione dei criteri diagnostici. Nor­
morte improvvisa, probabilmente per l'insorgere di malmente, la valvola mitrale protrude lievemente
aritmie ventricolari secondarie all'ipertensione ven­ nell'atrio sinistro e, quando il fenomeno diventa
tricolare sinistra, condizione sfavorevole alla perfu­ molto consistente, si parla di valvola floscia o
sione miocardica subendocardica. "floppy": si instaura così un rigurgito mitralico
L'insufficienza aortica è il risultato di un'incom­ quando i lembi valvolari non chiudano compieta-
petenza tra area coperta dalle semilunari aortiche e mente. La condizione di PVM è spesso isolata, ma
area dell'anello valvolare aortico. Pertanto, le cause può essere associata ad altre malattie, in particolare
di insufficienza potranno dipendere da alterazioni a malattie ereditarie del tessuto connettivo, quali
delle semilunari (retrazione cicatriziale, perforazio­ Marfan, Ehlers-Danlos, osteogenesi imperfetta, etc.
ne) o da anomalie della radice aortica (infiammato­ La valvola mitrale ha un aspetto mixomatoso,
rie, dilatazione aortica). Le cuspidi aortiche sono per un'imbibizione mixoide, da parte di mucopoli-
distrutte a seguito di endocarditi infettive, mentre saccaridi acidi, dello strato intermedio della valvo­
una retrazione è il risultato di un processo cicatri­ la; l'indagine ultrastrutturale evidenzia anche
ziale determinato o dalla malattia reumatica o da disordine, frammentazione e riduzione delle fibril­
processi infiammatori che si possono osservare nel le collagene.
Tumori cardiaci a 893

UBI Tumori cardiaci


I tumori primitivi del cuore sono molto rari,
mentre le metastasi possono presentarsi in circa il
5% dei pazienti portatori di neoplasie. Si tratta in
genere (80-90% dei casi) di forme benigne, localizza­
te con maggior frequenza, negli atri, specie di destra.
II mixoma è il tumore benigno più frequente;
localizzato prevalentemente (4:1) all'atrio di destra,
in corrispondenza della fossa ovale (Fig. 65). Le
dimensioni possono variare da meno di 1 a più di
10 cm; si presenta come massa sessile o peduncola­
ta, lobulata, emorragica di consistenza variabile,
ma con aree translucide, d'aspetto gelatinoso. La
mobilità della massa può causare ostruzioni inter­
mittenti dell'ostio valvolare. Istologicamente, sono
presenti diversi tipi di cellule, stellate, endoteliali,
muscolari lisce, poco differenziate, immerse in uno
stroma mixoide, costituito da mucopolisaccaridi
acidi, intensamente Alcian- positivi; sono inoltre
presenti strutture che ricordano formazioni ghian­
dolari o vascolari. La lesione viene ritenuta essere
un tumore benigno, verosimilmente derivato da
cellule mesenchimali multipotenti.
La sintomatologia è caratteristica e legata all'o­
struzione ed alla frequenza con la quale possono
staccarsi emboli intermittenti, responsabili di qua­
Fig. 65 - Mixoma atriale (da Ferrara in G. Lanza i. c.). dri sintomatologici dipendenti dalla sede del mixo­
ma e del distretto interessato. Possono essere pre­
senti anche sintomi generali, quali astenia, febbre e
La sintomatologia, nelle forme isolate, può esse­ malessere, probabilmente in rapporto alla produ­
re assente, ma può manifestarsi anche con sincopi, zione di citochine pro-infiammatorie da parte del
palpitazioni, angina e, nelle forme gravi, sintomi di tumore.
insufficienza cardiaca. Può essere causa di morte Altro tumore benigno, raro, è rappresentato dal
improvvisa, probabilmente per fibrillazione ventri­ fibroelastoma papillare (Fig. 66), in genere reperto
colare. casuale autoptico; scarsa è la sintomatologia che

/•tSféS'’

Fia. 66 - Fibroelastoma papillare


dell'endocardio valvolare. Vege­
tazione peduncolata, a ciuffo,
costituita istologicamente (a
destra) da assi connettìvali rivestiti
da endotelio (da Badini e Bersi,
1968).
894 & Cuore

Fig. 67 - Rabdomioma miocardi­


co. Caratteristico aspetto arac-
neiforme dei miociti neopiastici.
Emat Eos 600x (da G. Baroidi,
G. Thiene, Le.).

può dare, fatta eccezione dei casi complicati da pos­ Il lipoma può essere presente in sede subendo­
sibili embolie. Si tratta di una lesione papillare digi­ cardica, subepicardica od intramiocardica nel ven­
tiforme costituita da sottili proiezioni che possono tricolo sinistro, atrio destro o setto interatriale; la
giungere ad un cm di diametro, localizzate sulla sua sintomatologia, se presente, dipende dalla loca­
superficie ventricolare delle valvole semilunari aor­ lizzazione e dal volume: in genere è asintomatico,,
tiche o sulla superficie atriale delle valvole atrio­ ma può provocare ostruzioni valvolari o determi­
ventricolari. Istologicamente, si tratta di raccolte di nare aritmie. La localizzazione atriale va sotto il
materiale mucopolisaccaridico mixoide, frammisto nome di ipertrofia lipoma tosa.
a fibre elastiche, rivestito da endotelio. Si discute se Il rabdomioma è il tumore più frequente, benigno,,
si tratti di una vera neoplasia o non piuttosto di una colpisce l'infanzia e si manifesta precocemente per
formazione trombotica organizzata. sintomi di ostruzione valvolare. Si tratta di masse
bianco-grigiastre, di alcuni cm di diametro, localiz­
zate al miocardio ventricolare e proludenti nella
cavità ventricolare. Istologicamente, è composto da
cellule in genere voluminose, con citoplasma chia­
ro/ ma ricco dì glicogeno, spesso plurivacuolato,
con nuclei ancorati al citoplasma da sottili tralci
citoplasmatici, così da assumere un aspetto "aracni-
forme" (cellule aracniformi) (Fig. 67). La natura
miocitaria delle cellule è testimoniata dalla presen-.
za di miofibrille. La natura di questa lesione è vero­
similmente amartomatosa, piuttosto che veramente
neoplastica; si associa infatti spesso ad altre lesioni
amartomatose, come la sclerosi tuberosa.

Interessamento cardiaco nei tumori


L'interessamento cardiaco in corso di neoplasie
maligne è raro, ma non eccezionale. Può avvenire
per contiguità da tumori della cavità toracica (carci­
nomi del polmone, dell'esofago), per estensione
secondaria (carcinomi della mammella), per disse­
minazione ematogena (melanomi, linfomi); per una
trombosi venosa neoplastica (carcinomi del rene o
del fegato) (Fig. 68).
Il sintomo più frequente è legato all'interessa­
Fig. 68 - Metastasi subepicardiche di carcinoma polmonare mento del pericardio, con secondaria pericardite
(donna di 45 anni) (da Ferrara in G. Lanza I. c.). siero-fibrinosa o siero-fibrino-emorragica e con
Tumori cardiaci & 895

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w ^
JmJm Cardiopatie
congenite
C. Frescura, G. Thiene

sono le stesse che nei paesi cosiddetti civilizzati. Si


| Definizione può pertanto affermare che circa un neonato su 100 è
Le cardiopatie congenite/ secondo la definizione affetto da cardiopatia congenita che è o diventerà
data da Mitchell nel 1971, sono anomalie struttura­ prima o poi sintomatica. Se nel conteggio viene presa
li del cuore e dei grandi vasi presenti fin dalla nasci­ in considerazione anche la valvola aortica bicuspide,
ta con evidente o potenziale significato funzionale. che è abitualmente silente ed ha ima incidenza di
Esse infatti possono essere sintomatiche precoce­ circa \'l%, la percentuale sale al 2%.
mente o rendersi manifeste in fasi più avanzate Nell'ambito delle malattie di cuore, le malfor­
della vita. mazioni congenite costituiscono la forma più fre­
quente (circa il 90%) delle malattie cardiache delTe-
poca pediatrica, seguite da reumatismo (6,2%),
I Incidenza ed epidemiologia miocarditi (0,7%) e tumori (0,2%) (Fig. 1) e costitui­
scono pertanto l'interesse prevalente del Cardiolo­
L'incidenza delle cardiopatie congenite, intesa
go in questo arco di vita.
come numero di casi ogni 1000 nati vivi, è di circa
Nell'ambito delle cause di morte in età pediatria,
l'8 per mille. In realtà, nelle diverse casistiche, varia
dalla nascita ai 14 anni, la mortalità per cardiopatia
dal 2 al 12 per mille (Tab. 1) a seconda del tipo di
congenita varia notevolmente a seconda dello svi­
popolazione analizzata (morti fetali, nati vivi, casi
luppo socio-economico e sanitario dei diversi paesi.
autoptici), metodi di selezione (clinica, ecocardio-
Ovviamente essa è meno frequente nei paesi del
grafica, chirurgica, autoptica), diversità di fattori
terzo mondo dove denutrizione e malattie infettive
ambientali (stagionalità, esposizione à teratogeni,
sono responsabili della maggior parte delle morti
uso di farmaci).
pediatriche. Ben diverso è il ruolo delle cardiopatie
Le caratteristiche etniche e le varie epoche stori­
congenite nella mortalità pediatrica nei paesi indu-
che non sembrano comunque influire sulla frequen­
za delle malformazioni congenite di cuore. L'inci­
denza ed il tipo tendono infatti ad essere ubiquitarie D 1 S T R 1 B U Z S O N E DELLE P A T O L O G ÌE

C A R D I A C H E SN E T À ’ P E D I A T R I C A (% )
fra le popolazioni viventi del nostro pianeta: le car­
diopatie congenite più frequenti fra gli aborigeni T o r o n t o 1 9 5 0 - 1 9 8 0

[ Numero di Cardiopatìe Congenite


! ogni 1000 nati vivi
Fyler (1980) 2.1 New England (USA) 1
Meszaros (1980) 10.6 Ungheria j
Nakazawa (1988) 10.0 Giappone j
Fisher (1991) 8.2 Austria
Manetti (1993) 12.3 Italia |
Andersen (1994) 10.2 Norvegia
Ferencz (1997) 4.2 Baltimora (USA) J
Grech (1998) 8.8 Malta |
Bosi (1999) 4.6 Italia Fig. 1 - Incidenza delle malattìe cardiovascolari in età pediatrica.
Samanek (1999) 6.1 Boemia Le forme congenite rappresentano la prima causa di morte fra le
cardiopatie cne colpiscono la popolazione da 0 a 14 anni. Da:
Incidenza delie cardiopatìe congenite a seconda delle varie casisti­ Keith, Rowe, Vlad: Heart disease in infancy and childhood. Mac­
che e deile diverse aree geografiche. Millan Publishing, Nev/York, 1978, modificata.
898 ? Cardiopatie congenite
strializzati dove le malattie infettive sono sotto con­ C A U S E Di M O R T A L IT À ’ IN F A N T IL E (% )
trollo in termini di prevenzione e cura e dove il pro­ T o ro n to 1 9 5 0 -1 9 8 0
blema nutrizione è pressoché inesistente. In questi
paesi le cardiopatìe congenite occupano il quarto
posto fra le cause di mortalità infantile, dopo la
mortalità perinatale causata da ipossia ed immatu­
rità (40%), le malformazioni extracardiache (15%) e
gli incidenti traumatici (14%), precedendo la morta­
lità per infezioni (6,9%) e neoplasie (3,5%) (Fig. 2).
Più costante risulta invece la distribuzione dei
diversi tipi di difetto: il difetto interventricolare iso­
lato è la cardiopatia che si situa al primo posto per
frequenza (dal 40 ai 45% dei casi), seguita dal difetto
interatriale (dal 5 alT8%) e dalla stenosi polmonare
(circa l'8%). La trasposizione completa delle grandi
arterie e la coartazione aortica rèndono conto ciascu­
na di circa il 5%, seguite da canale atrioventricolare,
cuore sinistro ipoplasico e tetralogia di Fallot con
circa il 3% dei casi ciascuna (Tab. 2). Le anomalie più
complesse, quali l'atresia delle valvole atrioventrico­
lari (mitrale e tricuspide) o semilunari (aorta e pol­ Fig. 2 - Cause di mortalità in età pediatrica. Le cardiopatie
monare) o il ventricolo singolo, sono più rare e ren­ congenite si posizionano ai quarto posto còme incidenza. Da:
Keitn, Rowe, Vlad: Heart disease in infancy and childhood.
dono conto ciascuna di non più dell'1% dei casi. Al MacMillan Publishing, NewYork, 1978, modificata.
contrario queste stesse cardiopatie nelle casistiche
autoptiche e di diagnosi prenatale balzano ai primi
posti in quanto gravate da alta mortalità (Tabb. 3,4).

Tab. 2 Incidenza delle Malformazioni Cardiache (%)

Malformazioni ' Boemia Quotar Malta Dallas


(Samanek, 1999) • [Robida, 1997) (Grecb, 1998) [Fixier, 1990)
Difetto interventricolare 41.5 40.6 y: ■
■45 ' 42.8
Difetto interatriale : yy;y,''' 8.6 ; 7.2 [ y :: 5 .
Stenosi polmonare 8.1 .y:;',y,:'y 8.7 ' 19 ■y- - - 9.8:
Trasposizione completa 53 3.;/.:y ' : 3.5
dei grandi vasi
Coartazione aortica 5.2 : 4.1; ■ 3 3.8
Canale atrioventricolare 4.0 2.8 4 5.2 v
Cuore sinistro ipoplasico ' 3-4 ;v 1.8 0 ^ 3.4
Tetralogia di Fallot .. 3.3/. ■ ' 5.1 y. yy ‘ 9 3.4
Incidenza delle diverse cardiopatie congenite a seconda delie casistiche: in tutte il difetto interventricolare risulta essere la cardiopatìa più
frequente.

Tab. 3 Incidènza dèlie Cardiopatìe Congenite alla Dicignosi Ecocardiografica Prenatale


Malformazioni Bull 1999 (1124 casi) y’ Allan 1994 (1006 cas/) Gallo 1998 [ } 7] casi) ■
n° casi (%) y n° casi {%) n°casi (%)
Cuore sinistro ipoplasico 228 (20) 211 (21) 19(11)
Canale atrioventricolare 218 (19) 177(17) 22(13)
Cuore univentricoiare 145(13) 63 (6) 13(3)
Atresia polmonare 59 (5) 55 (5) 10 (6)
Tetralogia di Fallot 73(6) 31 (3) 12 (7)
Incidenza delle diverse malformazioni cardiache rilevate con la diagnosi ecocardiografica prenatale nelle diverse casistiche. Ai primi posti
sono presenti le cardiopatie abitualmente meno frequenti ma più complesse.
Incidenza ed epidemiologia * 899

incidenza delle Cardiopatìe Congenite alla Diagnosi Autoptica


Istituto di Anatomia Patologica, Università di Padova
Malformazioni n° casi %
Cuore sinistro ipopiasico 155 11.1
Trasposizione completa deile grandi arterie 120 'v Y v 'v '- : - . - . 8 6 ■ : -
Atresia polmonare ; 115 8.2
Canale atrioventricolare \ 113 ■ ■ 8.1
Difetto interventricoiare isolato 103
Incidenza delle diverse cardiopatie nella Collezione Anatomica di Cardiopatie Congenite dell'istituto di Anatomia Patologica deli'Universi-
tà di Padova costituita da 1400 cuori. La distribuzione delle malformazioni è simile a quella rilevata alla diagnosi prenatale e vede ai primi
posti cardiopatie più complesse e gravate da maggior mortalità.

Significativa è la diversa incidenza stagionale: le (responsabili di ipoplasia del cuore sinistro ed


cardiopatie congenite mostrano infatti una maggior anomalie di sviluppo dell'arco aortico);
incidenza nei nati a dicembre,, giugno e luglio. Que­ • morte cellulare (responsabile di eccesso di rias­
sti picchi coincidono per io più con le epidemie sorbimento cellulare e causa di difetti settali);
influenzali registrate nei primi mesi gravidanza, 8-
9 mesi prima della nascita. ® anomalie della matrice extracellulare (responsabi­
Non vi sono invece significative variazioni li di alterato sviluppo dei cuscinetti endocardici).
annuali nel numero di nati con cardiopatie congeni­ Attualmente l'eziologia delle cardiopatìe congeni­
te, anche se è da ricordare che vi è stato un calo te viene attribuita a fattori genetici nell'8-15% dei casi,
significativo con l'avvento della diagnosi ecocar- a teratogeni ambientali nel 1-2% dei casi e ad una
diografica prenatale e la conseguente interruzione genesi multifattoriale nell'85-90% dei casi (Tab. 5).
di gravidanza. Nell'ambito dei fattori genetici le aberrazioni cro­
mosomiche sono chiamate in causa nel 5-10% dei
casi ed i difetti di un singolo gene nel 3-5% dei casi
j_j. Patogenesi ed eziologia (Tab. 5). È ben noto che alcune anomalie cromosomi­
Ancora relativamente poco si sa sull'eziologia e che si associano frequentemente a malformazioni
sui meccanismi patogenetici delle cardiopatie con­ cardiache. È stato stimato che, fatta uguale ad 1%
genite. Sicuramente vi sono dei meccanismi terato- l'incidenza delle cardiopatie congenite nella popola­
geni che intervengono nel periodo vulnerabile, zione normale, l'incidenza passa al 40% nei casi di
all'inizio della gravidanza, quando il cuore comin­ trisomia 21, al 50% nei casi di trisomia 13, al 99% nei
cia a svilupparsi verso il 20° giorno e si completa casi di trisomia 18 (Tab. 6). Le stesse sindromi di
attorno al 48-50° giorno dall'ovulazione feconda. Noonan e di Holt Oram mostrano entrambe una
Lo sviluppo precoce del cuore trova una sua incidenza di cardiopatie congenite pari al 50%
ragione nel fatto che la crescita del feto dipende dal­ (Tab. 7). In particolare la sindrome di Noonan
l'entrata in funzione dell'apparato circolatorio, che vedrebbe coinvolto il gene PTPN11 del braccio lungo
assicura ossigenazione e nutrimento agli altri orga­ del cromosoma 12, la sindrome di Marfan il gene
ni in via di sviluppo. Il primo e secondo mese di della fibrillina del braccio lungo del cromosoma 15;
gravidanza rappresentano pertanto il periodo criti­ per la sindrome di Holt Oram sarebbe coinvolto il
co per l'influenza di agenti teratogeni sull'organo- gene TBX5 del cromosoma 12.
genesi cardiaca. Si può pertanto affermare che il Con la sigla CATCH 22 sono state recentemente
cuore inizia a svilupparsi circa 35-40 giorni dall'ul­ denominate condizioni malformative accomunate
tima mestruazione, quando la madre non è ancora da delezioni che interessano il braccio lungo del
del tutto consapevole di essere incinta e quando la cromosoma 22. La maggior parte dei pazienti con
prevenzione all'esposizione agli agenti teratogeni sindrome di DiGeorge e parte di quelli con sindro­
può risultare tardiva. me velo-cardio-facciale, che presentano manifesta­
I meccanismi patogenetici chiamati in causa ezioni fenotipicamente sovrapponibili, riconoscono
descritti da Clark nel 1986 sono: questa etio-patogenesi. La sindrome di DiGeorge è
caratterizzata da difetto nello sviluppo dei IH e IV
m anomalie di migrazione del tessuto mesenchi- archi aortici e si manifesta con ipoplasia o agenesia
male (responsabili della formazione di difetti di timo e paratiroide e con malformazioni cardiache
tronco-conali per mancata migrazione delle cel­ che interessano la regione tronco-conale, quali il
lule della cresta neurale); tronco arterioso, la tetralogia di Fallot e l'interruzio­
• alterazioni dell'emodinamica cardiaca con ine­ ne dell'arco aortico.
guale ripartizione dei flussi intracardiaci Già dagli anni '60 e stato segnalato un rischio di
900 k Cardiopatie congenite

Eziologia delle Cc(idiopatìe Coiigenìte s Cromosorr»che è


Cardiopcitie Congenii t i l i
Fattori genetici ■ j 8-15%
Aberrazioni cromosomiche 5-10% 1 incidenza
Singolo gene 3-5% Popolazione generale 1% D1V, PDA,DIA
Teratogeni ambientali 1-2% Cri du chat 20% DIV, PDA
Eziologia multifattoriale 85-90% Trisom ia 21 40% CAV, DIA, DIV
L'eziologia delle cardiopatie congenite è per lo più di tipo muitifat- Trisomia 13 50% DIV, PDA
toriaie e solo in bassa percentuale imputabile a fattori genetici o a
teratogeni ambientali. Trisomia 18 99% DIV, PDA, SPo
CAV: canale atrioventricolare; DIA: difetto interatriale; D1V:
S Po: stenosi polmonare.
ricorrenza famigliare per le cardiopatie congenite. La presenza di anomalie cromosomiche aumenta noìevolmente il
Per rischio di ricorrenza s'intende la possibilità che rischio di malformazioni congenite di cuore.
una cardiopatia, dello stesso tipo o diversa, si mani­
festi nei fratelli ("siblings") o nei figli ("offsprings")
di un paziente affetto. Il rischio di ricorrenza è tanto i Anomalìe ton
più elevato quanto più quella cardiopatia è presen­ I e Cardiòftìfie Corigénife
te nella popolazione generale e si correla sia con il
numero dei soggetti affetti nella famiglia che con il Sindromi Incidenza Malformazioni
grado di consanguineità. In particolare il rischio
sembra essere maggiore se il genitore affetto è la Alpert 10% DIV, Tetralogia di Faliot
madre ed aumenta di ben tre volte se nell'ambito Holt Oram 50% DIA, DIV
della famiglia sono presenti due fratelli affetti Noonan 50% DIA, Stenosi polmonare
(Tabb. 8, 9). La maggior ricorrenza di cardiopatie
congenite nei figli, in presenza di una madre affet­ Marfan 60% Malformazioni aortiche e mitraliche
ta, suggerisce l'influenza di una eredità non solo Leopard 50% Stenosi polmonare, PR lungo
tipo nucleare ma anche di tipo citoplasmatico o DIA: difetto interatriale; DIV: difetto interventricolare.
mifocondriale di pertinenza dell'uovo materno.
Fra i teratogeni ambientali vanno annoverati: L'incidenza di cardiopatie congenite è elevata anche nelle sindro­
mi monogeniche.
Teratogeni chimici (Tab. 10):
• farmaci: talidomide, anticonvulsivanti, acido
retirico, ormoni; ! Rischio di Ricorrenza di Cardiopatìa
• prodotti chimici: alcol, insetticidi, diserbanti, ; Congenita {%) ;
disinfettanti.
Teratogeni biologici (Tab. 11): Malformazione ' Madre Padre
• infezioni neonatali: rosolia, morbillo, virus
affetta: affetto
influenzali; Stenosi aortica 13-18 3
® malattie famigliari: diabete, fenilchetonuria, Difetto interatriale 1.5
epilessia, lupus. Canale atrioventricolare :.h-- 1
Teratogeni fisici: Stenosi polmonare
• radiazioni ionizzanti, ipossia, fumo, polveri, Tetralogia di Faliot V V :: 2.5 1.5
rumore.
Difetto interventricolare 9.5 2.5
Fra i farmaci, ben noto è l'effetto teratogeno Il rischio di ricorrenza nei figli con un genitore affetto da cardiopatia
della talidomide, responsabile anche di focomelia. congenita sembra essere maggiore se il genitore affetto è la madre.
Il più noto fra i teratogeni biologici è il virus
della rosolia, responsabile di pervietà del dotto
arterioso e stenosi dell'arteria polmonare, oltre che Va ricordato che comunque in circa l'85% dei
di numerose malformazioni extracardiache quali la casi non sono individuabili né agenti teratogeni
sordità e la cataratta. Altri virus, quali quello del esterni né fattori genetici certi. In questi casi è stata
morbillo ed i virus influenzali, sono stati chiamati postulata un ipotesi multifattoriale quale interazio­
in causa senza però prove certe. ne fra fattori ambientali e suscettibilità genetica.
Ben noto è l'effetto dell'ipossia che sembra cau­ Sicuramente molte delle malattie oggi considerate a
sare pervietà del dotto arterioso in alcune popola­ genesi multifattoriale sono destinate ad essere
zioni delle Ande. riclassificate nei prossimi anni.
Patogenesi ed eziologia 901

itis c h iò d ifti correnza di Cardiopatia Tab. 11 Teratogeni Biologici


Congenita [c>
Rischio con 1 Rischiò con 2 | Incidenza Malformazioni
Malformazione : fratello affetto fratelli affètti Infezioni
Difetto interventricolare 3 10 Rosolia 35% Stenosi Polmonare,
PDA, DIV, DIA
Difetto interatriale 2.5 8
Dotto arterioso pervio 10
Patologia..Materno :
Canale àtriòventricolare : y : ; ^ 2 £ À ^ 10 ■ Diabete 3-5% Difetti truncali, DIV
Tetralogia di Fa Hot 8 Fenilchetonuria 25-100% TOF, PDA, DIV, DIA
Coartazione aortica K::; ó Lupus 40% Blocco àtrioventricolare
Cuore sinistro ipopiasico 10 DIA: difetto interatriale; DIV: difetto interventricolare; PDA:
pervieta del doito arterioso; T(Jr: tetralogia di FaHot.
Il rischio di ricorrènza aumenta di ben tre volte se sono già presen­
ti due fratelli anziché uno con cardiopatia congenita. Incidenza e tipo di cardiopatie congenite causate da teratogeni
biologici.

Tab. 10 Teratogeni Chimici rale delle cardiopatie congenite e sottolineano come


i due terzi dei decessi per cardiopatia congenita
avvenissero entro il primo anno di vita.
Farmaci Incidenza Malformazioni 0 ^ ;, Dati più recenti, riferiti alla popolazione della
Talidomide 5-10% TGA, TOF Boemia in un periodo di tempo che va dal 1980 al
Ormoni 2-4% DIV, TGA, TOF 1990 e riportati da Samanek nel '2000, mostrano
come su 816.569 nati vivi 5030 presentavano alla
Anfetamine 10% DIV, PDA, DIA, TGA nascita una cardiopatia congenita (incidenza pari al
Idantoina 2-5% Stenosi Polmonare, Stenosi . 6,16 ogni 1000 nati vivi). Di questi pazienti circa il
Aortica, Coartazione Aortica 20% è deceduto nel primo anno di vita, con una
Acido retìnoico 15-20% DIV, DIA, PDA maggior incidenza nella prima settimana. La
Alcool 40% DIV, PDA, DIA sopravvivenza è stata del 92% a 7 giorni, dell'88,5%
dopo il primo mese, deir80% ad un anno, del 78,8%
DÌA: difetto interatriale; DIV: difetto interventricolare; PDA: all'età di 5 anni e del 76% all'età di 15 anni (Fig. 3).
pervietà del dotto arterioso; TGA: trasposizione completa delle
grandi arterie; TOF: tetralogia di Fallot. vy E chiaro che la sopravvivenza in questi pazienti
dipende in primis dalla gravità delle.lesioni: difetti
Incidenza e tipi di cardiopatia congenita conseguenti all'uso di
alcuni teratogeni chimici.
S O P R A V V IV E N Z A (% ) IN P O R TA TO R I
DI C A R D IO P A T IA C O N G E N IT A

Wt Storia naturale B o e m ia 5 .0 3 0 ca si (1 9 8 0 -1 9 9 0 )

Gran parte delle cardiopatie congenite sono leta­


li se lasciate al loro decorso naturale. L'esperienza
del ventennio 1950-1970 dell'Hospital for Sick Chil-
dren di Toronto su 10.000 bambini affetti da cardio­
patia congenita ha mostrato una mortalità di 2.870
pazienti con la seguente progressione:
a) 1.027 decessi entro il primo mese di vita, pari al
35%;
b) 1.047 decessi dal primo mese all'anno di età
(36%);
c) 447 decessi dal primo al quinto anno di età
(15%);
d) 349 decessi oltre i 5 anni di età (12%).
Va ricordato che questa casistica si riferisce ad Fig. 3 - Sopravvivenza in pazienti portatori di cardiopatia
un epoca in cui la cardiochirurgia infantile era pra­ congenita nella popolazione della Boemia.
ticamente inesistente ed i numeri possono essere
A distanza di 15 anni più dei 75% dei pazienti è ancora in vita
e circa il 20% dei decessi avviene entro il primo anno di vita.
pertanto considerati corrispondenti alla storia natu­ Da: Samanek M, Cardio! Young, 2000, modificata.
902 < Cardiopatie congenite
settali/ interatriali e ventricolari, la stenosi aortica o Il tubo cardiaco appare formato da più segmen­
polmonare mostrano ima sopravvivenza attorno al ti, spesso divisi l'uno dall'altro da solchi (Fig. 4).
90% che si mantiene costante già a partire dal primo In realtà non tutte le componenti del tubo car­
anno di vita, mentre per cardiopatie congenite diaco si formano contemporaneamente; le prime a
gravi, quale il cuore sinistro ipoplasico, il decesso comparire sono il ventricolo primitivo e l'atrio
avviene entro poche settimane dalla nascita. comune in connessione con i seni venosi destro e
Di certo un ruolo importante è svolto dall'orga­ sinistro. L'aspetto iniziale di questo abbozzo cardia­
nizzazione dei livelli di cura, dalla qualità della car­ co è quello di una Y rovesciata in cui le due braccia
diochirurgia e dal miglioramento delle cure posto­ rappresentano i precursori delle camere atriali ed il
peratorie. corpo il ventricolo primitivo. Con l'espansione
Comunque il fatto che più del 75% dei pazienti della componente atriale si viene a determinare una
sia in vita dopo 15 anni dalla nascita è di sicuro un prominente giunzione fra atri e ventricolo primiti­
dato molto incoraggiante, soprattutto se confronta­ vo a cui corrispondono all'esterno il solco atrioven­
to con l'epoca prechirurgica. tricolare ed all'interno il canale atrioventricolare.
Solo più tardivamente cellule che derivano da
una seconda area cardiogena, distinta dalla prece­
f | Embriologia cardiaco dente e localizzata posteriormente alla parete dor­
sale della cavità pericardica, migrano nella regione
Comparsa degli abbozzi primordiali cardiaca e vanno a colonizzare la porzione craniale
e formazione dei tubo cardiaco del tubo cardiaco dando origine ai primordi del
futuro ventricolo destro ed ai tratti di efflusso. Il
Il sistema circolatorio e quindi il cuore come tubo cardiaco presenta in questa fase ima regione
organo propulsore della massa ematica inizia il suo centrale più sviluppata (ventricolo primitivo) men­
sviluppo a circa 20 giorni dall'ovulazione feconda tre le componenti caudali (atrio comune) e cefalica
(lunghezza cranio-caudale dell'embrione umano (tronco-cono) sono rudimentali. All'estremità cefa­
1,5 mm), quando cioè i semplici processi di scambio lica il tubo cardiaco si continua con il polo arterioso
chimico-fisici non bastano più a sopperire alle del cuore che è rappresentato dal sacco aortico (o
necessità metaboliche dell'embrione in via di rapi­ aorta ventrale) da dove prendono origine gli archi
do sviluppo. Il sistema cardiovascolare è infatti il
primo apparato a funzionare, anche se non proprio
il primo a comparire. VI Arco IV Arco
Il primo abbozzo cardiaco si sviluppa nella cavi­
tà celomatica (pericardio primitivo) come ispessi­
mento bilaterale (placca cardiogena) sui due lati
della linea mediana e viene a costituire due tubi
endocardici distìnti, simmetrici nei due lati e rivesti­
ti da imo strato di cellule endoteliali e da un mantel­
lo semicircolare di miocardio. Successivamente i due
tubi cardiaci si spostano verso la linea mediana e si
fondono a formare un unico tubo ancorato posterior­
mente dal mesocardio dorsale ed anche le due cavi­
tà pericardiche diventano una unica cavità. Lo spa­
zio fra miocardio ed endocardio è occupato da mate­
riale amorfo, la gelatina cardiaca, che una volta inva­
sa da cellule mesodermiche formerà i cosiddetti
cuscinetti endocardici, che avranno un ruolo fonda-
mentale nei processi di sepimentazione del cuore e
nella formazione degli apparati valvolari.
A 23 giorni dall'ovulazione (lunghezza delTem-
brione 2,2 mm) il cuore è pertanto formato da un
tubo diritto, situato nella linea mediana/ ventralmen­
te all'intestino primitivo, e ricoperto da tre strati:
endocardio, gelatina cardiaca e miocardio. L'epicar­
dio ha una comparsa più tardiva e si forma quando
il tubo cardiaco è andato incontro a fenomeni di tor­ Fig. 4 - Tubo cardiaco primitivo.
sione ed allineamento delie cavità cardiache. Le Il tubo cardiaco primitivo è costituito dall'atrio comune in cui
prime cellule epicardiche si sviluppano in prossimi­ confluiscono i due seni venosi destro e sinistro, dal ventricolo
tà del seno venoso di sinistra (sede di sviluppo delle primitivo (futuro ventricolo sinistro), dal bulbus cordis (futuro
vene polmonari) e si espandono ricoprendo a raggie­
ventricolo destro} e dalla regione tronco-conale in continuità
con il poio arterioso del cuore (future grandi arterie}. I piani di
ra il mantello miocardico ventricolare, prima nella sezione mostrano la sedazione atriale, ventricolare e arteriosa,
regione posteriore e poi in quella anteriore. rispettivamente. D: destra; S: sinistra.
Embriologia cardiaca - 903

aortici. AlTestremità caudale, invece gli atri sono in te. La porzione bulbo-ventricolare diviene presso­
contatto con le vene ombelicali, vitelline e cardinali ché libera nella cavità pericardica mentre le estre­
dei seni venosi (Fig. 4). mità caudale (atrio comune) e craniale (aorta ven­
Da ciascuna di queste regioni in cui è diviso il trale) rimangono ancorate alle riflessioni pericardi-
tubo cardiaco primitivo si origineranno le strutture che mediante il mesocardio dorsale. Esaurita la
cardiache definitive, mediante una serie di processi spinta anteriore, la crescita rapida della regione
di torsione, allineamento e sepimentazione. bulbo-ventricolare, rispetto alle altre regioni e alla
Già in questo stadio iniziano delle contrazioni cavità pericardica stessa, determina un processo di
irregolari ed intermittenti a livello della regione "looping", ovvero la formazione di un'ansa che
ventricolare. normalmente è rivolta verso destra ed è nota con il
Nella tabella 12 viene indicata la diversa termi­ nome di d-loop (Fig. 5). Questo fenomeno non è
nologia usata per indicare le varie porzioni del tubo casuale ma dovuto alla differente potenzialità gene­
cardiaco primitivo a seconda della letteratura clas­ tica di sviluppo degli abbozzi cardiaci primordiali
sica e più recente, e quali siano le strutture corri­ destro e sinistro. Lo sviluppo di un d-loop determi­
na la normale posizione spaziale dei due ventricoli
spondenti al termine dello sviluppo.
a termine dello sviluppo, che vede il ventricolo
destro posto a destra ed il ventricolo sinistro posto
Torsione de! tubo cardiaco e formazione a sinistra. Nel caso in cui l'ansa si pieghi verso sini­
dell'ansa bulbo ventricolare stra (1-loop), a termine dello sviluppo la posizione
dei ventricoli sarà speculare rispetto al normale
Tra il 23° e 25° giorno dalTovulazione (lunghez­ (Fig. 5).
za dell'embrione 2,5-3,2 mm) avvengono i processi Una volta avvenuto il processo di "looping", il
di torsione del tubo cardiaco primitivo. Con l'acqui­ cuore si presenta con una porzione discendente di
sizione della porzione atriale caudalmente e della entrata costituita dal ventricolo primitivo, cioè dal
regione degli efflussi a livello cefalico, il neo tubo futuro ventricolo morfologicamente sinistro, men­
cardiaco si è molto allungato e subisce inizialmente tre la porzione ascendente di uscita è formata dal
una spinta verso Lavanti con parziale rarefazione bulbus cordis, cioè dal futuro ventricolo morfologi­
del mesocardio dorsale che lo ancora posteriormen­ camente destro (Fig. 5) che supporta gli efflussi

Terminologia dei segmenti del tubo cardiaco primitivo


Terminologia clàssica Terminologia recente Strutture cardiache definitive
CORNI O SENI VENOSI SENI VENOSI Vene cave, seno coronarico, posizione
sinusale dell'atrio destro
ATRIO COMUNE COMPONENTE ATRIALE PRIMITIVA o Atrio destro, atrio sinistro
ATRIO PRIMITIVO
Solco afrioventricolare Solco afrioventricolare Giunzione atrioventricolare
Canale afrioventricolare Canale atrioventricolare
VENTRICOLO PRIMITIVO REGIONE VENTRICOLARE DI Ventricolo sinistro
ENTRATA
Solco bulbo ventricolare Solco intervenfricolare primario
Flangia bulbo-ventricolare Piega primaria Setto interventricolare
Forame bulbo-ventricolare Forame intervenfricolare primario
BULBUS CORDIS REGIONE VENTRICOLARE DI USCITA Ventricolo destro
CONO (cuscinetti conati) EFFLUSSO VENTRICOLARE: Efflussi ventricolari
PARTE PROSSIMALE Valvole semilunari (?)
EFFLUSSO VENTRICOLARE: Valvole semilunari (?)
TRONCO (cuscinetti truncafi) PARTE DISTALE Aorta e tronco polmonare
intrapericardici
SACCO AORTICO o AORTA VENTRALE SACCO AORTICO Aorta e tronco polmonare exlrapericardici
Ili arco aortico Arteria carotide
Archi aortici IV arco aortico Arco aortico
VI arco aortico Dotto arterioso
AORTA DORSALE AORTA DORSALE Aorta discendente
Terminologia delie componenti dei tubo cardiaco primitivo e corrispondenti strutture cardiache a termine dello sviluppo.
9 0 4 i* Cardiopatie congenite
ventricolari che portano sangue alle grandi arterie prende il nome di forame primario (o forame
che originano dal sacco aortico e si continuano bulb o-ventricolare).
attraverso gli archi aortici con le aorte dorsali. A questo stadio, malgrado le diverse torsioni a
Sempre a questo stadio di sviluppo la giunzione cui è andato incontro il tubo cardiaco primitivo, i
atrioventricolare è situata sulla sinistra mentre segmenti cardiaci sono ancora collocati in serie: l'a­
quella bulbo-truncale è spostata interamente sulla trio comune è in connessione solo con la porzione
destra. La spinta anteriore delTansa ha portato il di entrata (o ventricolo primitivo) che, attraverso il
bulbus cordis a situarsi anteriormente ed a destra forame primario, comunica conia porzione di usci­
rispetto al ventricolo primitivo che si trova poste­ ta (o bulbus cordis), che a sua volta si continua con
riormente ed a sinistra. Gli atri sono disposti dor­ la regione di efflusso.
salmente e cranialmente rispetto alle altre strutture
cardiache e la regione degli efflussi è progressiva­
mente spinta ad occupare una posizione anteriore
Allineamento atrìoventricolare e ventricolo­
rispetto agli atri. A livello della giunzione fra atri e arterioso
ventricolo primitivo compare un restringimento I fenomeni di allineamento fra le varie cavità
che è il futuro canale atrioventricolare. cardiache avvengono dopo la formazione dell'ansa
Anche la giunzione fra porzione di uscita (bul­ bulbo-ventricolare e si localizzano tutti a livello
bus cordis) e porzione di entrata (ventricolo primi­ della piccola curvatura e della corrispondente piega
tivo) è ristretta per la presenza di un profondo solco primaria (o flangia bulbo ventricolare).
noto come solco primario (o solco bulboventricola­ Lo scopo di questi fenomeni è di fornire ai ventri­
re) alla cui superficie interna corrisponde una piega coli destro e sinistro, che si stanno formando, una
chiamata piega primaria (o flangia bulbo-ventrico­ propria e distinta porzione di entrata e di uscita, per­
lare). La comunicazione fra porzione di entrata e mettendo così l'allineamento con il rispettivo atrio
porzione di uscita, delimitata dalla piega primaria, da un lato e con l'arteria corrispondente dall'altro.
Ovvero l'atrio comune deve guadagnare un apertu­
ra sul ventricolo destro, oltre che mantenere una con­
Tubo diritto nessione con il ventricolo sinistro, e d'altra parte
anche la regione di efflusso deve acquisire una con­
tinuità con il ventrìcolo sinistro, oltre che con il ven­
tricolo destro di cui è la naturale continuazione.
II primo processo, ovvero rallineamento fra atri e'
ventricoli, si attua con l'espansione verso destra del
canale atrioventricolare, che in seguito si dividerà in
due orifizi separati. Il secondo processo si attua con
il concomitante spostamento della regione di efflus­
so verso sinistra in modo da garantire l'incorpora­
zione dell'efflusso aortico sul ventricolo sinistro.

Sepimentazione delle cavità e formazione


delle molecole cardiache
Setto interatriaie (Fig. 6}
Nel tetto dell'atrio comune si viene a formare
una depressione determinata dalla compressione
del tronco arterioso situato anteriormente. Questo
setto passivo si approfonda sempre più ed assume
l'aspetto di una falce, il cosiddetto septum primum,
il cui margine libero è rivolto verso la regione del
canale atrioventricolare. Questo setto si sviluppa
fra lo sbocco del drenaggio sistemico e quello pol­
Fig. 5 - Formazione dell'ansa bulbo ventricolare. monare ed è una struttura muscolare con tessuto
Normalmente la torsione del tubo cardiaco avviene con ia for­ mesenchimale sul suo margine libero. La comunica­
mazione di un ansa rivolta verso destra (d-loop); in rari casi zione che rimane a questo stadio fra i due atri è
invece l'ansa può rivolgersi verso sinistra (l-ioop). Lo sviluppo di
un ansa rivolta verso destra o verso sinistra è responsabile della chiamata ostium primum ed è lo spazio delimitato
posizione spaziale dei due ventricoli a termine dello sviluppo: dal septum primum e dai cuscinetti endocardici
nei primo caso il ventricolo destro sarà posto a destra ed il ven­ atrioventricolari. Successivamente la progressiva
tricolo sinistro a sinistra, nel secondo caso ia situazione sarà crescita del septum primum e la sua fusione con i
specuiare. AC: atrio comune; BC: bulbus cordis; TA: tronco arte­
rioso; V: ventricoio primitivo; VD: ventricolo destro; VS: ventri­ cuscinetti endocardici atrioventricolari e con il tes­
colo sinistro. suto mesenchimale della spina vestibuli determina
Embriologia cardiaca ^ 905

Fig. 6 - Sedazione atriaie.


La settazione atriaie inizia con la formazione del septum primum che lascia aperta una prima comunicazione, l'ostium primum, al
di sopra delie valvole atrioventrìcoiari (a,b). Con la chiusura dei l'ostium primum da parte dei cuscinetti endocardici, fenomeni di
assorbimento tissutale che avvengono a livello dei septum primum portano alla formazione deH'ostium secundum (c,a,e). Quest'ul­
timo viene a sua voita chiuso dal septum secundum che si sviluppa a destra del septum primum (e). Ai termine deilo sviluppo per­
mane solo la cosiddetta pervietà della fossa ova!e,owero il forame ovale (f).

la chiusura deH'ostium primum. La spina vestibuli, te atriaie avvengono dei processi di espansione su
descritta già da His neh 1880, è una struttura che entrambi i lati che danno origine alle appendici
deriva dal tessuto mesodermico del mesocardio auricolari. È la formazione delle auricole, poste
dorsale. La fusione fra spina vestibuli e cuscinetti rispettivamente a destra ed a sinistra del tratto di
endocardici atrioventricolari darà origine al setto efflusso, che per prima differenzia la componente
membranoso. destra e sinistra dell'atrio comune. Questa differen­
Prima deHa completa chiusura deirostium pri­ ziazione avviene sotto controllo genetico.
mum, dal momento che la circolazione fetale è com­ L'atrio destro definitivo sarà in gran parte costitui­
patibile solo con due atri in comunicazione fra di to daU'auricola destra e dal seno venoso di destra,
loro, un processo di apoptosi del septum primum posto fra questa ed Hsetto interatriale, mentre l'atrio
in regione postero-superiore porta ad una sua per­ sinistro definitivo deriverà per lo più dal contributo
forazione ed alla formazione del cosiddetto ostium dell'atrio primitivo e sarà solo in piccola parte costi­
secundum. tuito daH'auricola sinistra e dalle vene polmonari.
Tra il septum primum e la radice del seno veno­
so, contrassegnata daHe valvole destra e sinistra del Setto interventricolare
seno stesso, cresce successivamente un'altra piega,
il septum secundum, il cui margine libero è diretto Con la formazione dell'ansa bulbo-ventricolare il
inferiormente e posteriormente a sovrapporsi aH'o- sangue dagli atri deve passare attraverso una porzio­
stium secundum ed a delineare il bordo del forame ne discendente (ventricolo primitivo) ed una porzio­
ovale. Quest'ultimo è pertanto formato nel suo con­ ne ascendente (bulbus cordis) dell'ansa per raggiun­
torno in parte dal septum primum ed in parte dal gere Hpolo arterioso. Il passaggio fra le due porzio­
septum secundum. ni è delimitato in alto, a HveUo deHa piccola curvatu­
Il forame ovale rimane pervio durante la vita ra deH'ansa, da una piega che prende il nome di flan­
fetale così assicurando ima comunicazione fra atrio gia bulbo-ventricolare o piega primaria.
destro e sinistro. Dopo la nascita, mediante la fusio­ A livello della grande curvatura fra il ventricolo
ne fra septum primum e septum secundum, il fora­ primitivo e la regione ventricolare di uscita (bulbus
me ovale si chiude, lasciando una depressione, la cordis) per processi di espansione ed escavazione a
fossa ovale, formata da tessuto del septum primum. carico deUe pareti Hbere, si viene a formare un primo
In concomitanza con i fenomeni di settazione, a abbozzo di setto interventricolare (setto interventri­
carico delle pareti latero-superiori deHa componen­ colare primario) che corrisponde alla definitiva por­
906 Cardiopatie congenite
zione trabecolata di entrambi i ventricoli. Il passaggio una struttura ad origine esclusiva dal ventricolo
fra ventricolo primitivo e bulbus cordis, delimitato in destro che a questo stadio comunica con entrambi gli
basso dal neo setto trabecolato ed in alto dalla piega efflussi. L'aorta comunica quindi con il ventricolo
primaria (o flangia bulbo-ventricolare), rappresenta il sinistro attraverso il forame interventricolare ma è in
forame interventricolare primario. La comparsa delle connessione con la cavità ventricolare destra.
trabecole inizia a carico della porzione di entrata L'allineamento fra aorta e ventricolo sinistro
ancor prima dei fenomeni di torsione ed è la forma­ avviene con la fusione dei cuscinetti endocardici
zione dì queste trabecole che differenzia morfologica­ con la cresta del setto interventricolare che darà ori-
mente la componente ventricolare di entrata dalla gine al vestibolo subaortico.
componente ventricolare di uscita. A differenza degli Il setto membranoso a termine dello sviluppo è
atri la morfologia dei ventricoli è il risultato non di costituito da due porzioni, una interventricolare,
una asimmetria destra-sinistra, ma riflette lo svilup­ che mette in comunicazione i due ventricoli, ed una
po in serie delle componenti ventricolari del tubo car­ atrioventricolare che mette in potenziale comunica­
diaco (Fig. 4). Per questo motivo è possibile avere un zione l7atrio destro con il ventricolo sinistro, divise
isomerismo atriale (due atri entrambi di morfologia dall'inserzione del lembo settale della tricuspide.
destra o sinistra) ma non lo sviluppo di un isomeri­ La porzione atrioventricolare deriva dalla fusione
smo ventricolare. dei cuscinetti endocardici atrioventricolari con la
Durante lo spostamento verso destra del canale spina vestibuli, mentre la porzione interventricola­
atrioventricolare, secondo alcuni autori si avrebbe la re è data dalla trasformazione fibrosa della parte
formazione di un'altra componente del setto musco­ prossimale dei cuscinetti endocardici conali.
lare, chiamata setto di afflusso o posteriore, che si ver­ In conclusione, il setto interventricolare alla fine
rebbe ad interporre fra i due orifizi atrioventricolari, dello sviluppo sembra formato da quattro porzioni
mitralico e tricuspidale. L'esatto meccanismo di for­ distinte, ciascuna con origine embriologica diversa
mazione di questa componente è ancora motivo di (Fig-7):
discussione. In realtà sembrerebbe che questa ipotesi, a) una porzione di afflusso o posteriore, che separa
fondata sullo studio di embrioni di pollo, non sia le valvole atrioventricolari;
applicabile al cuore dei mammiferi e che la formazio­
ne del setto di entrata avvenga in seguito a quelli stes­ b) una porzione trabecolata, che divide la porzione
si fenomeni di espansione e trabecolazione che danno apicale dei due ventricoli, entrambe ad origine
origine al setto trabecolato apicale. Di conseguenza il dai fenomeni di dilatazione ed escavazione delle
porzioni di entrata e di uscita dell'ansa bulbo­
setto interventricolare primario separerebbe intera­
ventricolare;
mente le due cavità ventricolari.
Prima della chiusura del forame interventricola­ c) una porzione di efflusso o infundibulare, che
re è necessario il trasferimento deH'efflusso aortico separa i due tratti di efflusso ventricolari, ad ori­
sul ventricolo sinistro. gine esclusivamente dalla porzione di uscita;
Nella regione degli efflussi la fusione dei cuscinet­ d) il setto membranoso, posto alla radice aortica,
ti endocardici conali ha già portato alla formazione di che deriva dalla fusione dei cuscinetti endocar­
un setto infundibulare o di uscita che al momento è dici atrioventricolari e conali.

Setto
infundibulare

Fig. 7 - Setto interventricolare.


Componenti del setto interventricolare viste dal versante destro (a) e sinistro (b) del cuore, li setto interventricolare è composto da
una parte fibrosa, setto membranoso (area tratteggiata), e da una parte muscolare. Quest'ultima può essere distinta in tre porzio­
ni: setto infundibulare o anteriore, setto trabecolato apicale e setto posteriore o di entrata. TSM: trabecola setto marginale.
Embriologia cardiaca - 907

Setfazione degli efflussi ventricolari cuscinetti endocardici atrioventricolari e con il con­


tributo della parte prossimale del cuscinetto conale
La porzione di efflusso si estende dall'area di svi- destro-dorsale e del setto interventricolare. I primi
luppo del futuro ventricolo destro fino ai limiti della a comparire sono i cuscinetti atrìoventricolari supe­
cavità pericardica dove è in continuità con il sacco riore ed inferiore ed in un secondo momento i due
aortico. La parete dell'efflusso è costituita inizialmen- - laterali, destro e sinistro, più piccoli dei precedenti.
te da miocardio e si possono distinguere due aree, La progressiva crescita dei cuscinetti superiore ed
una prossimale (cono) ed una distale (tronco). inferiore porta alla loro fusione mediana e di conse­
Per un processo non ancora del tutto noto, la guenza alla divisione in due orifizi separati. In par­
parte distale per prima cambia il suo fenotipo pas­ ticolare il lembo anteriore della mitrale deriverà
sando da tessuto miocardico a tessuto endoteliale dalla fusione del cuscinetto superiore con il cusci­
arterioso. In concomitanza a questo fenomeno il netto inferiore ed il lembo posteriore della mitrale
tubo cardiaco, inizialmente unico, si divide nella dall'intero cuscinetto laterale sinistro.
regione più distale a livello intrapericardico in aorta I tre lembi della tricuspide deriveranno rispetti­
ascendente e tronco polmonare e nella regione più vamente: l'anteriore dal cuscinetto conale destro­
prossimale ugualmente in due componenti con la dorsale; il posteriore daH'intero cuscinetto laterale
formazione delle cuspidi semilunari e delle porzio­ destro; mentre il settale avrebbe un'origine molto
ni sinusali corrispondenti. Sempre la regione pros­ più tardiva, non dai cuscinetti endocardici, bensì da
simale in un secondo momento darà origine agli un processo di escavazione della muscolatura del
infundibuli subaortico e subpolmonare. setto interventricolare. Questo spiegherebbe lo
Queste divisioni possono avvenire in quanto la stretto rapporto a fine sviluppo fra lembo settale
gelatina cardiaca, che inizialmente riveste unifor­ della tricuspide e setto interventricolare.
memente il lume del tratto di efflusso, si concentra I cuscinetti endocardici assumono un ruolo
a formare dei cuscinetti endocardici appaiati che anche nella sepimentazione delle cavità cardiache.
tendono ad unirsi fra di loro in modo spirale. Que­ Sul versante atriale costituiscono la base di anco­
sti cuscinetti corrispondono ai cosiddetti cuscinetti raggio per il septum primum, sul versante ventrico­
truncali e conali della vecchia nomenclatura. lare danno origine al setto membranoso. Va precisa­
I cuscinetti conali sono due, destro-dorsale eto che i cuscinetti endocardici fanno da guida,
sinistro-ventrale, mentre i cuscinetti truncali sono mediante la loro fusione, alla costituzione degli
quattro, superiore-destro, inferiore-sinistro e due apparati valvolari atrioventricolari, ma solo una
intercalati. piccola parte di questi ultimi originano dai cusci­
I cuscinetti truncali superiore-destro ed inferio-netti endocardici stessi. In realtà muscoli papillari,
re-sinistro si fondono rispettivamente con i due corde tendinee e parte rugosa dei lembi valvolari si
conali, destro-dorsale e sinistro-ventrale, contri­ originano da processi di escavazione miocardica.
buendo alla sepimentazione del cono. La fusione
inoltre dei cuscinetti truncali superiore destro e Polo venoso del cuore
inferiore sinistro fra di loro determina la separazio­
ne della radice delle grandi arterie in due orifizi, II polo venoso del cuore mantiene per lungo
aorta e polmonare, originando due cuspidi semilu­ tempo una condizione simmetrica, drenando in
nari per ciascun orifìzio. La restante cuspide semi­ modo speculare il flusso delle vene vitelline, cardi­
lunare di ogni orifizio prende origine dal cuscinet­ nali ed ombelicali (Fig. 8). La confluenza di queste
to trúncale intercalato corrispondente. ultime sui due lati costituisce il corno sinusale
La fusione dei due cuscinetti conali è più tardi­ destro e sinistro. Con la differenziazione dell'atrio
va rispetto a quella dei cuscinetti truncali e divide il comune in atrio destro e sinistro, il corno sinusale
cono in due porzioni: antero-laterale e postero- destro guadagna in grandezza mentre la contropar­
mediale. La porzione antero-laterale entrerà a far te sinistra si riduce.
parte del ventricolo destro definitivo, mentre la Il corno destro si incorpora nel lato destro dell'a­
porzione postero-mediale costituirà l'efflusso del trio comune, diventando la porzione sinusale del­
ventricolo sinistro. l'atrio destro e la vena cardinale comune destra si
La concomitante fusione con il setto aorto-pol- trasforma in vena cava superiore. Le vene ombeli­
monare mette in contatto l'aorta ascendente con il cali scompaiono e delle due vitelline, la destra per­
IV arco aortico (futuro arco aortico) ed il tronco pol­ siste come tratto sovraepatico della vena cava infe­
monare con il VI arco aortico (futuro dotto arterio­ riore. Inizialmente la porzione sinusale dell'atrio
so) che costituisce un ponte fra il tronco polmonare destro, che deriva dal corno venoso destro, è deli­
e l'aorta dorsale. mitata lateralmente da due pieghe note come le val­
vole destra e sinistra dei seno venoso.
O rifizi atrioventricolari
Il corno sinistro non si incorpora nell'atrio sini­
stro ma si trasforma in seno coronarico, che si con­
La divisione del canale atrioventricolare primiti­ nette con l'atrio destro. La vena cardinale comune
vo, in due orifizi valvolari distinti destro e sinistro, sinistra va in involuzione e si trasforma nel lega­
si ottiene attraverso lo sviluppo e la fusione dei mento di Marshall. Se tale involuzione non avviene,
9 0 8 sì Cardiopatie congenite
Atrio comune
Fig. 8 - Sviluppo del polo venoso del cuore.
a) nell'atrio comune drenano in modo sim­
metrico i due corni venosi destro e sinistro
del cuore formati dalla confluenza delle
vene vitelline, ombelicali e cardinali, b-dj il
corno venoso sinistro va incontro ad involu­
zione e si trasforma in seno coronarico e
legamento di Marshall; il corno venoso
destro si incorpora nella parte destra dell'a­
trio comune dando origine alla porzione
sinusale dell'atrio destro. La vena polmona­
VM VCS re comune entra in contatto da un lato con
il plesso polmonare e dall'altra con la pare­
te posteriore sinistra dell'atrio comune dove
darà origine al tetto dell'atrio sinistro e si
differenzierà nelle quattro vene polmonari.
AD: atrio destro; AS: atrio sinistro; SC: seno
coronarico; VA: vena azygos; VCA: vena
cardinale anteriore; VCC: vena cardinale
comune; VCI; vena cava inferiore; VCP:
vena cardinale posteriore; VCS: vena cava
superiore, VM: vena o legamento di Mars­
hall; VO vene ombelicali; VP: vene polmo­
nari; VPC: vena polmonare comune; W :
VCI vene vitelline.

a termine dello sviluppo, si avrà la persistenza della monare. Questa distinzione avviene attraverso la
vena cava superiore sinistra che potrà drenare o in settazione dell'aorta ventrale o sacco aortico in due
seno coronarico o direttamente in atrio sinistro. vasi e la connessione di queste con le aorte dorsali.
Lo sviluppo delle vene polmonari avviene più tar­ La divisione viene effettuata dal cosiddetto setto
divamente rispetto allo sviluppo delle vene sistemi­ aorto-polmonare, formato da cellule mesodermi-
che in quanto i polmoni non sono ancora funzionanti. che, che si fonde poi con il setto tronco-conale.
La vena polmonare comune si sviluppa nel La connessione fra il sacco aortico e le aorte dor­
mediastino e prende contatto da un lato con il ples­ sali avviene attraverso la crescita di sei paia di archi
so polmonare e dalTaltro lato con il cuore raggiun­ vascolari o archi aortici o archi faringei. Gran parte
gendo la parte sinistra dell'atrio comune attraverso di questi vanno in involuzione, persistono solo il
il mesocardio dorsale. Solo dopo che è avvenuta la m, IV e VI arco di sinistra che, a fine sviluppo, cor­
settazione atriale, la vena polmonare comune si risponderanno rispettivamente a parte della caroti­
espande a formare il tetto dell'atrio sinistro ed assu­ de, all'arco aortico ed al dotto arterioso (Fig. 9).
me l'aspetto definitivo a quattro orifizi. La porzione dell'aorta ventrale, che a sepimen-
Con l'incorporazione del seno venoso a destra e tazione avvenuta, connette il cuore con l'aorta
della vena polmonare comune a sinistra, l'atrio discendente (aorta dorsale di sinistra) via il IV arco,
destro e sinistro risultano connessi rispettivamente diventerà l'aorta ascendente, mentre l'altra porzio­
alla circolazione venosa sistemica e polmonare. ne dell'aorta ventrale che a fine sviluppo connette il
cuore con l'aorta discendente via il VI arco aortico
Polo arterioso del cuore diventerà l'arteria polmonare. La normale sepimen-
tazione tronco-conale divide gli efflussi e la radice
Il polo arterioso del cuore, posto distalmente al delle grandi arterie in due parti: una anteriore con­
tronco arterioso, sede di sviluppo delle valvole nessa con il ventricolo destro ed una posteriore con­
semilunari, è rappresentato dal sacco aortico o nessa con il ventrìcolo sinistro. La crescita del setto
aorta ventrale. Due fondamentali processi di svi­ aorto-polmonare avviene in modo spirale e fa si che
luppo avvengono a questo livello: l'efflusso anteriore del ventricolo destro si connetta
1. la divisione dell'aorta ventrale in aorta ascen­ con il VI arco aortico (dotto arterioso) e che l'efflus­
dente ed arteria polmonare; so posteriore del ventricolo sinistro si connetta con
il IV arco aortico (istmo aortico) (Fig. 9).
2. la connessione dell'aorta ventrale con le arterie
Nelle prime fasi dell'embriogenesi la circolazione
sistemiche e polmonari al fine di favorire la
arteriosa polmonare non si distingue da quella degli
distribuzione della massa ematica espulsa dai
altri organi e prende origine da arterie cosiddette
ventricoli.
intersegmentarie che si dipartono dall'aorta dorsale.
La settazione della regione di efflusso o tronco- Quando si sviluppano i VI archi aortici, collegati con
conale ha portato alla formazione di due efflussi la porzione di aorta ventrale che darà origine al tron­
ventricolari distinti e delle valvole semilunari ma co dell'arteria polmonare, il plesso arterioso polmo­
non ha ancora differenziato l'aorta dall'arteria pol­ nare prende contatto con questi e le arterie interseg-
Classificazione delle cardiopatie congenite s 909

IV arco Va ricordato che le cellule derivate dalla cresta


neurale danno origine anche alle cellule muscolari
lisce della tonaca media dei grandi vasi ed a strut­
ture, sempre di derivazione dall'apparato faringeo,
quali timo, parotite e tiroide.
L'ablazione parziale o totale della cresta neurale è
responsabile di una varietà di malformazioni. La
A.polmonare rimozione dell'intera regione cardiaca della cresta
post branchiale neurale ha come conseguenza lo sviluppo di un tron­
co arterioso; una rimozione parziale è responsabile di
malformazioni degli efflussi ventricolari (ventricolo
destro a doppia uscita, tetralogia di Fallot), anomalie
3v;A.a. inter- dell'arco aortico (arco aortico destro, doppio arco
■' segmentane aortico o interruzione dell'arco) e anomalie della tri­
cuspide (stenosi, atresia o tricuspide a cavaliere).
W »
Plesso polmonare | Classificazione delle cardiopatie
Fig. 9 - Sviluppo del polo arterioso del cuore. congenite
il plesso arterioso polmonare nelle prime fasi di sviluppo è in Come per ogni altra malattia vi sono diversi cri­
connessione con l'aorta discendente {aorta dorsale) attraverso
le arterie infersegmentarie e solo successivamente prende con­ teri per classificare le cardiopatie congenite. Il crite­
tatto con il VI arco aortico. Se non vi è un regolare sviluppo del rio anatomico si basa sulla descrizione delle lesioni
Vi arco aortico le arterie inetrsegmentarie tendono a persistere elementari ai vari livelli (vene, atri, ventricoli e arte­
(vedi atresia polmonare con diretto interventricolare e circolo rie). Il criterio clinico è fondato sull'esame obiettivo
collaterale sistemico). VD: ventricolo destro; VS: ventricolo sini­
stro. (ad esempio: cardiopatìe congenite cianogene, non
cianogene, con scompenso, etc.). Oppure può esse­
re adottato un criterio classificativo anatomo-fun-
mentarie scompaiono progressivamente. Se non vi è zionale che rappresenta la proiezione fisiopatologia
un regolare sviluppo dei VI archi aortici, le arterie delle lesioni anatomiche elementari.
intersegmentarie possono persistere anche dopo la Le lesioni anatomiche elementari possono esse­
nascita. Questa situazione si può trovare nelTatresia re così sintetizzate (Fig. 10):
polmonare con difetto interventricolare quando, in 1. alterazioni che compromettono la regolare sepa­
assenza del dotto arterioso, la circolazione polmona­ razione dei flussi polmonare e sistemico (es.
re è sostenuta da arterie collaterali sistemiche ad ori­
difetti settali) (Fig. lOb);
gine dell'aorta, che altro non sono che la persistenza
delle primitive arterie intersegmentarie. 2. alterazioni che ostacolano la progressione emati­
ca nei diversi segmenti cardiaci (es. stenosi pol­
monare, coartazione aortica) (Fig. lOc);
Ruolo della cresta neurale
3. alterazioni che sovvertono il normale allinea­
La cresta neurale è una struttura che appare pre­ mento dei segmenti cardiovascolari (es. traspo­
cocemente nello sviluppo embrionale e che ha una sizione completa o corretta delle grandi arterie)
breve esistenza in quanto le sue cellule tendono a (Fig. lOd);
migrare in varie parti del corpo dove si differenzia­ 4. alterazioni caratterizzate dalla combinazione
no in diverse linee cellulari. Solo dal 1975 è nota delle anomalie precedenti (es. tetralogia di Fal­
l'importanza della cresta neurale nello sviluppo del lot, coartazione aortica neonatale) (Fig. lOe).
sistema cardiovascolare, soprattutto nei processi di
sepimentazione dei tratti di efflusso ventricolare e Queste alterazioni si ripercuotono a livello del
dei grandi vasi. circolo polmonare per cui dal punto di vista clinico
Nella cresta neurale si possono distinguere due è preferibile una classificazione fisiopatologica in:
regioni: una craniale ed una truncale. Nella regione
1. cardiopatie congenite con iperafflusso polmona­
craniale esiste un preciso segmento, chiamato cresta
re da shunt sinistro-destro, per la presenza di
neurale cardiaca, da cui si dipartono le cellule che
incompleta separazione dei flussi polmonare e
raggiungono il cuore. Queste cellule si portano
sistemico (difetti settali e drenaggio venoso pol­
nella regione degli archi faringei ed in particolare
monare anomalo);
colonizzano i III, IV e VI archi aortici (responsabili
della formazione delle arterie carotidi, dell'arco 2. cardiopatie congenite con ipoafflusso polmona­
aortico e del dotto arterioso). Da qui proseguono la re, per la combinazione di difetti settali ed osta­
loro migrazione verso i tratti di efflusso del cuore in colo alla progressione ematica verso i polmoni;
via di sviluppo e partecipano alla formazione del 3. cardiopatie congenite con vascolarità polmonare
setto aorto-polmonare e del setto truncale. normale, nelle quali i setti sono integri e l'osta-
910 ; Cardiopatie congenite
INCOM PLETA SEPARAZIONE
CUORE ALTERATA PROG RESSIONE
DEI FLUSSI POLMO NARE
NORM ALE DEI FLUSSI EMATICI
E SISTEM ICO

ALTERAZIONI DELL’ALLINEAM ENTO ASSO CIAZIO NE DI ALTERAZIONI


CARDIO VASCOLARE FUNZIONALI

Fig. 10 - a) Nel cuore normale ie cavità cardiache sono disposte in regolare sequenza fa di loro, con camere destre separate dalie came­
re sinistre e senza alterazioni alla progressione ematica, b) In presenza di difetti settali, localizzati a livello cardiaco o extracardiaco, il
sangue tende a passare dalle cavità sinistre ad aita resistenza a quelle destre a bassa resistenza, determinando uh iperafflusso polmo­
nare. c| La presenza di stenosi, insufficienza o atresia valvoiare aitera la normale progressione ematica verso il circolo polmonare o siste­
mico. a) Vi sono situazioni in cui viene sovvertito il normale allineamento delle cavità cardiache o il rapporto fra ventricoli e grandi arte­
rie. L'alterata sequenza fra ventricoli e grandi arterie configura il quadro anatomico della trasposizione completa delle grandi arterie con
circoli in parallelo anziché in serie. Se ad essa di associa anche una alterata sequenza fra atri e ventricoli il quadro anatomico è quel­
lo della trasposizione corretta delle grandi arterie in cui i circoli sistemico e polmonare sì mantengono in serie, e) in alcune malforma­
zioni cardiache sono presenti più alterazioni elementari: la tetralogia di Fallot associa un difetto settale all'ostacolo alla progressione
ematica polmonare e al difettoso aiiineamento fra aorta e ventricolo destro.

colo alla progressione dei flussi polmonare e eccesso, può andare incontro a scompenso. Il letto
sistemico non è tale da compromettere la vasco­ vascolare polmonare inizialmente tende a vasoco-
larizzazione polmonare a riposo; stringersi per frenare l'eccesso ematico; con il tempo
4. cardiopatie congenite incompatibili con la vita può però andare incontro ad alterazioni strutturali
extrauterina, nelle quali le alterazioni anatomi­ obliterative, la cosiddetta malattia vascolare polmo­
che consentono la circolazione fetale ma non nare ipertensiva. Il rischio di quest'ultima complican­
quella postnatale. za dipende dalla sede dello shunt. Gli shunts sinistro­
destro che avvengono al di sopra del piano tricuspi­
dale (difetto interatriale, drenaggi venosi polmonari
¡S Cardiopatie congenite anomali) hanno un basso rischio di andare incontro a
malattia vascolare polmonare in quanto il sangue in
con iperafflusso polmonare eccesso viene spinto in arteria polmonare con la pres­
Il substrato anatomo-funzionale delle cardiopatie sione sistolica del ventricolo destro. Gli shunts sini­
congenite con iperafflusso polmonare è costituito stro-destro post-tricuspidali (canale atrioventricolare,
dalla incompleta separazione dei circoli sistemico e difetto interventricolare, dotto arterioso pervio, tron­
polmonare (Fig. lOb). Dal momento che il circolo co arterioso, finestra aorto-polmonare) sono invece
sistemico ha resistenze vascolari più elevate di quello ad altissimo rischio di malattia vascolare polmonare,
polmonare, in presenza di un difetto settale ed in in quanto il difetto settale in questi casi equipara le
assenza di ostruzione all'efflusso delle cavità destre, pressioni del settore destro a quelle sistemiche del
il sangue passa dal distretto ad alta resistenza a quel­ ventricolo sinistro e dell'aorta.
lo a bassa resistenza. Questa condizione determina Risulta pertanto logico dal punto di vista fun­
uno shunt sinistro-destro con iperafflusso di sangue zionale distinguere le cardiopatie congenite con
ai polmoni e di conseguenza un aumento del ritomo iperafflusso in due tipi: con shunt pre-tricuspidale e
venoso al ventricolo sinistro che, se sovraccaricato in con shunt post-tricuspidale.
Cardiopatie congenite con iperafffusso polmonare ^ 911

Cardiopatie congenite con shunt pre-


tricuspidale
Drenaggio venoso polmonare anomalo
Il ritomo venoso polmonare anomalo può essere
parziale o totale, a seconda che solo alcune o tutte le
vene polmonari drenino al di fuori dell'atrio sinistro.
Il drenaggio venoso polmonare anomalo totale è
generalmente una cardiopatia congènita molto
grave e sintomatica già in epoca neonatale. Il dre­
naggio venoso polmonare anomalo parziale può
restare invece a lungo asintomatico e rappresentare
talora un riscontro occasionale.
Nella classificazione dei drenaggi venosi ano­
mali polmonari vanno distinte la provenienza delle
vene polmonari e la loro sede di sbocco. Per quanto
riguarda la provenienza/ il drenaggio parziale può Fig. 11 - Drenaggio venoso polmonare anomalo.
essere classificato come unilaterale quando racco­ Lo sbocco anomalo delle vene polmonari può essere:
glie in tutto o in parte il flusso venoso di un polmo­ © sopracardiaco: in vena cava superiore destra o sinistra,
ne oppure come bilaterale quando raccoglie parte © intracardiaco: a livello dell'atrio destro o in seno coronarico,
del flusso venoso di entrambi i polmoni. ® sottocardiaco: in vena cava inferiore o nel distretto venoso
Per quanto concerne lo sbocco, sia nel drenaggio
portale.
parziale che totale, questo può essere sopracardiaco
al di sopra del diaframma (in vena cava superiore tipica deformazione radiologica conosciuta come
destra o in vena cava superiore sinistra persistente), "sindrome della scimitarra" (Fig. 12).
oppure cardiaco nel cuore stesso (in atrio destro o Nel drenaggio venoso polmonare anomalo tota­
in seno coronarico), oppure sottocardiaco al di sotto le tutte le vene polmonari si raccolgono in un collet­
del diaframma (in vena cava inferiore o nel distret­ tore unico che spesso può presentare stenosi nel suo
to venoso portale) (Fig. 11). decorso e rendere ragione di grave stasi polmonare.
Il drenaggio venoso polmonare anomalo parzia­ Questo tipo di cardiopatia viene trattata fra le emer­
le del polmone destro in vena cava inferiore dà una genze neonatali.

Fig. 12 - Drenaggio venoso polmonare anomalo parziale sotto cardiaco (sindrome della Scimitarra].
a) La vena polmonare destra inferiore, anziché drenare nell'atrio sinistro, drena in vena cava inferiore (freccia), configurando quel­
la situazione nota, per l'aspetto radiologico, come sindrome deila scimitarra.
b) Particolare dello sbocco della vena polmonare inferiore destra in vena cava inferiore (freccia).
91 2 & Cardiopatie congenite
Difetto interatriale d ife tti d el SETTO a t r ia l e

Per difetto interatriale si intende una comunica­ Tipo fossa ovaie Tipo ostium primum
zione fra i due atri per assenza di tessuto a livello del
setto. Va distinto dalla cosiddetta pervietà interatria­
le, che corrisponde alla persistenza del forame ovale
fetale e che può rimanere fisiologicamente pervio
anche in età adulta (circa il 25-30% dei cuori norma­
li), come potenziale comunicazione fra i due atri. In
questi casi però la pressione più elevata in atrio sini­
stro mantiene una chiusura virtuale di questa pervie­
tà. Il forame si può aprire in condizioni particolari di
aumento delle pressioni nel settore destro, quali in
corso di embolia polmonare o di manovra di Vaisal­
va, dando luogo eccezionalmente ad embolie para-
dosse trombotiche o gassose come nei sommozzatori.
I principali tipi di comunicazione interatriale Tipo seno venoso
sono (Fig. 13):
Fiq. 13 - Difetti interatriali.
© difetto interatriale tipo ostium secundum (o I difetti interatriali più comuni sono quelli localizzati a livello
fossa ovale); della fossa ovale e che prendono il nome di ostium secundum.
® difetto interatriale tipo ostium primum; i difetti localizzati nella parte bassa del setto, al di sopra delle
valvole atrioventricolari, sono i difetti tipo ostium primum. Talo­
• difetto interatriale tipo seno venoso; ra la comunicazione interatriaie può essere localizzata a livello
• atrio comune.
delia vena cava superiore in prossimità dello sbocco deSia vena
polmonare superiore destra {difetto tipo seno venoso). In questo
Vostium secundum è il tipo di difetto interatria­ caso vi è l'associazione con il drenaggio venoso polmonare
anomalo parziale superiore destro.
le più frequente. È abitualmente situato a livello
deÙa fossa ovale (Figg. 13, 14) e consiste embrioló­
gicamente in un eccesso di riassorbimento del sep­
tum primum. Può essere di varie dimensioni e talo­ un'ampia comunicazione interatriale posta alla
ra può interessare l'intera fossa ovale. giunzione atrioventricolare (Figg. 13, 15) associata
Vostium primum rappresenta una forma parzia­ ad una schisi ("cleft") del lembo anteriore della
le di canale atrioventricolare ed è caratterizzato da mitrale. Embriológicamente il difetto tipo ostium
Cardiopatìe congenite con iperafflusso polmonare ^ 913

Fig. 15 - Difetto interatriale tipo ostium primum.


a) Rappresentazione schematica: il difetto tipo ostiumprimum (frecce) è localizzato a livello della giunzione atrioventricolare, lon­
tano dalla fossa ovale, e si accompagna ad un "cieft" o schisi dei lembo anteriore della valvola mitrale per incompleta fusione dei
cuscinetti endocardici superiore ea inferiore che appaiono in continuità fibrosa.
b] Esemplare anatomico con ampio difetto tipo ostium primum e "cieft" mitralico (freccia) visti dalle cavità sinistre del cuore.

primum è conseguente aña mancata fusione dei sede più frequente è alla radice della vena cava supe­
cuscinetti endocardici con il septum primum, con riore (Fig. 13), in prossimità dello sbocco della vena
persistenza pertanto deirostium primum. La schisi polmonare superiore di destra; questa stretta relazio­
della mitrale deriva da un'incompleta fusione fra ne favorisce l'associazione con il drenaggio venoso
cuscinetto endocardio superiore ed inferiore. La polmonare anomalo parziale superiore destro in atrio
comunicazione settale è in genere più ampia dell'o- destro. Embriológicamente il difetto sembra derivare
stium secundum, per cui il difetto diventa sintoma­ più da una anomalia di drenaggio che da una sepi-
tico più precocemente. La schisi della mitrale può mentazione errata del setto interatriale.
essere causa di insufficienza mitralica. Più rari sono i difetti del seno venoso situati in
Il difetto tipo seno venoso si localizza nella porzio­ prossimità della vena cava inferiore o del seno coro­
ne del sètto interatriale situata ha le due vene cave. Le narico.

Fig. 16 - Canale atrioventricolare completo.


a) Rappresentazione schematica: esiste un unico orifizio atrioventricolare ed un ampio difetto settale sia al di sopra che al di sotto
dei piano valvolare.
b) Visione della valvola atrioventricolare comune dall'alto dell'atrio destro: sono ben riconoscibili i lembi, inferiore e superiore,
della valvola comune in discontinuità fra di loro e posti a cavaliere del setto interventricolare (canale tipo C di Rasfelli).
914 » Cardiopatie congenite

Fig. 17 - Canale atrioventricolare completo.


a) Visione delle cavità destre del cuore: i lembi superiore ed infe­
riore sono in discontinuità ed il iembo superiore ha inserzioni cor­
dali sul setto {canale tipo A di Rastelli). In questo caso, oltre al
difetto settale atrioventricolare è presente un difetto interatriale
situato a livello della fossa ovale (ostium secundum).
b) Visione del difetto da sinistra. A livello atrioventricolare è
presente un ampio difetto settale che mette in comunicazione fra
di loro atri e ventricoli. Esiste una valvola atrioventricolare
comune con lembi superiore ed inferiore in discontinuità,
c} Efflusso ventricolare sinistro: si noti l'inserzione delle corde ten­
dinee sulla cresta del setto interventricolare. la regione di efflus­
so è più lunga rispetto a quella di afflusso; questo Tatto è respon­
sabile del cosiddetto aspetto radiologico a collo di cigno.

Fig. 18 - Difetto interventricolare.


a) Difetto interventricolare peri membranoso. I bordi del difetto interventricolare, visto dal ventricolo sinistro, sono in parte costitui­
ti da muscolo ed in parte dal tessuto fibroso nella sede di continuità fibrosa mitro-aorto-tricuspidale. li difetto si estende verso l'a­
pice. Da notare in questo caso la presenza di una valvola aortica bicuspide.
b] Difetto interventricolare muscolare. Un ampio difetto con bordi costituiti completamente da tessuto muscolare è presente nella
porzione frabecoio-apicale del setto interventricolare, visto da sinistra. Si noti sullo sfondo del difetto la trabecola setto-marginale
del versante destro.
Cardiopatie congenite con iperaiflusso polmonare ' ■91 5
L'atrio comune, caratterizzato da una totale inserzioni cordali e posto a cavaliere del setto inter­
assenza del setto interatriale o dalla presenza di un ventricolare (tipo C di Rastelli) (Fig. 16). Molto fre­
setto rudimentale, è raramente un difetto isolato e quente è l'associazione del canale atrioventricolare
più spesso si associa a malformazioni cardiache completo con trisomia 21 (Tab. 6).
complesse quali l'asplenia. L'alterazione di base è tale per cui lo shunt sini-
stro-destro avviene sia a livello atriale che ventrico­
Cardiopatìe congenite lare. I lembi valvolari sono talora displasici ed i
con shunt post-tricuspidale muscoli papillari possono essere dislocati in modo
anomalo, per cui la valvola comune spesso è incon­
Canale atriovenfricolare completo tinente. Non rara è l'associazione con altri difetti
congeniti (tetralogia di Fallot, difetto interatriale
Hcanale atrioventricolare completo è caratterizza­ tipo ostium secundum).
to dalla presenza di un unico orifizio atrioventricola-
re (Fig. 16), da una comunicazione settale interatriale, Difetto interventricolare
posta sopra il piano valvolare, ed una comunicazione
settale interventricolare, posta sotto il piano valvola­ H setto interventricolare è normalmente costituito
re (Fig. 17). Esso rappresenta la persistenza del cana­ per oltre il 95% da ima componente muscolare e per
le atrioventricolare primitivo con mancata saldatura il rimanente da una porzione membranosa situata in
dei cuscinetti endocardici atrioventricolari superiore sede subaortica alla base dei ventricoli (Fig. 7). I difet­
ed inferiore e loro assente contributo alla chiusura dei ti settali interventricolari possono essere localizzati
setti cardiaci. La comunicazione interatriale corri­ quindi o a livello del setto membranoso in sede sub-
sponde alTostium primum. Il difetto interventricola­ aortica (difetto membranoso) (Fig. 18a) o a livello del
re, situato sotto i lembi della valvola comune, è anche setto muscolare (difetto muscolare) (Fig. 18b). I difet­
la conseguenza di una ipoplasia del setto interventri­ ti che coinvolgono il setto membranoso sono molto
colare muscolare, oltre che di una difettosa crescita più frequenti dei muscolari e le loro dimensioni sono
del setto membranoso. ben maggiori del solo setto membranoso, in quanto si
A seconda del rapporto del lembo superiore con estendono anche alle componenti muscolari circo­
il setto interventricolare si distinguono un primo stanti. Per questa ragione vengono chiamati difetti
tipo di canale atrioventricolare completo con inser­ perimembranosi (Fig. 18a). In base alla loro estensio­
zioni cordali del lembo superiore sulla cresta del ne muscolare, i difetti interventricolari perimembra­
setto interventricolare (tipo A di Rastelli) (Fig. 17) nosi si distinguono in posteriori (Fig. 19), trabecolo-
ed un secondo tipo con lembo superiore privo di apicali (Fig. 18b) ed infundibulari (Fig. 20).

Fig. 19 - Difetto interventricolare perimembranoso posteriore.


a) Visione dal ventricolo sinistro: il difetto perimembranoso è molto ampio e si estende posteriormente. E evidente come il bordo
sìa costituito in parte da tessuto muscolare ed in parte da tessuto fibroso nella sede di continuità mitro-aorto-tricuspidale.
b) Visione dal ventricolo destro: il muscolo papillare aei Lancisi (freccia) si inserisce sul bordo superiore del difetto.
91 ó > Cardiopatìe congenite

Fig. 20 - Difetto interventricolare perimembranoso infundibulare.


a) Visione dai ventricolo sinistro: il difetto situato in posizione subaorticamostra un bordo costituito in parte da tessuto muscolare
ed in parte da tessuto fibroso nella sede di continuità mitro-aorto-tricuspidale. Si noti l'estensione verso il setto infundibulare.
b} Visione dal ventricolo destro: il muscolo papillare del Lancisi (freccia) si inserisce sul bordo inferiore del difetto.

Fig. 21 - Difetto interventricolare sottoarterioso. Fig. 22 - Difetti inferventricolari muscolari multipli.


Visione dal ventricolo destro: il difetto interventricolare è posto II setto interventricoiare muscolare presenta multipli difetti, tutti
al di sotto delle valvole semilunari. Da notare l'importante dila- con bordo muscolare, localizzati nella porzione trabecolata-
tazione dell'arteria polmonare per lo shunt sinistro-destro. apicale che conferiscono l'aspetto a "formaggio svizzero".

La differenza fra un difetto peri membranoso Mentre i difetti perimembranosi confinano con
infundibulare ed un difetto perim em branoso poste­ il corpo centrale fibroso ed hanno pertanto il margi­
riore o trabecolato, visti dal ventricolo destro, si ne postero-inferiore fibroso, i difetti muscolari
basa sulla posizione del muscolo di Lancisi che nel hanno il margine interamente muscolare. Nel caso
primo caso si inserisce sul bordo inferiore del difet­ di difetti perimembranosi vi è una stretta relazione
to e negli altri sul bordo superiore del difetto. con il fascio di His che perfora il corpo centrale
Cardiopatie congenite con iperafflusso polmonare ■
■9 1 7
fibroso e decorre nell'angolo fibroso postero-infe- Tronco arterioso
riore del difetto. La correzione di questo difetto è a
Il tronco arterioso è una malformazione caratte­
rischio di trauma del tessuto di conduzione.
rizzata da un unico grande vaso arterioso che emer­
Un particolare tipo di difetto interventricolare è infi­
ge dalla base del cuore e da cui originano la circola­
ne quello situato al di sotto delle valvole polmonare ed
zione sistemica, polmonare e coronarica (Fig. 23). Vi
aortica, il cosiddetto difetto sottoarterioso (Fig. 21) che
ha come tetto entrambe le valvole semilunari. è pertanto un'unica uscita arteriosa per entrambi i
Per essere sintomatico il difetto interventricolare ventricoli, un'unica valvola semilunare ed una
deve avere una dimensione uguale o superiore ai comunicazione settale sia sotto il piano valvolare
due terzi della radice aortica, condizione che con­ (difetto interventricolare) che sopra il piano valvo­
sente una parità di pressione a livello dei due ven­ lare (difetto aorto-polmonare).
tricoli ed un ampio shunt sinistro-destro. La classificazione del tronco arterioso si basa
Il difetto può essere singolo o multiplo. Un parti­ sulle modalità di origine delle arterie polmonari. Si
colare difetto multiplo è quello muscolare localizzato parla di tronco tipo I quando le arterie polmonari si
nella porzione apico-trabecolata del cuore che appare dipartono con l'interposizione di un tronco polmo­
tarlata come un "formaggio svizzero" (Fig. 22). nare. Il tipo II è caratterizzato dall'origine diretta
Vi sono molteplici spiegazioni embriologiche per il delle arterie polmonari dal tronco comune, in pros­
difetto interventricolare. Il difetto perimembranoso simità l'una all'altra. Nel tipo HI le arterie polmona­
può essere dovuto o ad una mancata chiusura del ri si originano sempre direttamente dal tronco
forame interventricolare da parte dei cuscinetti endo­ comune, ma di lato e contrapposte. Nel tronco tipo
cardici o a lieve maleallineamento del setto infundibu- IV vi è agenesia delle arterie polmonari intraperi-
lare con il restante setto interventricolare. I difetti cardiche e la circolazione polmonare è sostenuta da
muscolari conseguono invece verosimilmente ad un arterie collaterali sistemiche.
eccessivo processo di escavazione del setto interventri­ La valvola trúncale può essere costituita da 2, 3 o
colare, che normalmente porta alla formazione delle 4 cuspidi semilunari, talora displasiche, stenotiche o
trabecole carnee e della trabecola setto marginale. insufficienti. Il difetto interventricolare è localizza­
Il difetto interventricolare isolato è la più fre­ to a livello della normale sede del setto infundibu-
quente fra tutte le cardiopatie congenite e, se di pic­ lare. Frequente è l'associazione con interruzione
cole dimensioni, può andare incontro a chiusura dell'arco aortico e persistenza del dotto arterioso.
spontanea. Embriológicamente il tronco arterioso rappre­
senta la persistenza del tronco arterioso primitivo
per mancata formazione del setto tronco-conale, il

Fig. 23 - Tronco arterioso comune.


a) Rappresentazione schematica del tronco arterioso: un unico grande vaso arterioso emerge dal cuore e dà origine alla circola-
zione sistemica, coronarica e polmonare.
b) Esemplare anatomico: l'unico vaso che emerge dai cuore rifornisce di sangue sia il circolo polmonare che sistemico. Al di sotto
del tronco comune è presente un ampio difetto interventricolare che mette in comunicazione i due efflussi ventricolari.
918 Cardiopatie congenite
che spiega sia il difetto settale a livello infundibula- vio nei bambini prematuri con distress respiratorio e
re che la valvola truncale comune. Nel tronco tipo I nelle popolazioni che risiedono oltre i 3-4000 metri
il setto aorto-polmonare si è parzialmente sviluppa­ sul livello del mare. H dotto può essere corto o lungo
to mentre nel tipo II, III, IV manca qualsiasi abboz­ e la pervietà di varia ampiezza.
zo di setto aorto-polmonare. Nel tipo IV, inoltre, La mancata chiusura del dotto può essere dovu­
l'assenza dell'arteria polmonare è verosimilmente ta o ad una difettosa formazione della parete del
conseguenza dell'agenesia dei VI archi aortici e le dotto, che non va incontro ai fenomeni obliterativi
arterie collaterali sistemico-polmonari rappresenta­ postnatali, o ad una mancata risposta della parete
no la persistenza delle primitive arterie interseg- stessa ai normali stimoli di chiusura per alterazioni
mentarie. biochimiche (ipossia, acidosi, ecc.).

Finestra aorto-polmonare M alattia vascolare polmonare ipertensiva


È una cardiopatia congenita molto rara, caratte­ Il letto vascolare polmonare in utero mostra una
rizzata da una comunicazione fra aorta ascendente discreta ipertrofia della tonaca media delle piccole
e tronco dell'arteria polmonare. A differenza del arterie ed arte riole, che è responsabile in parte delle
tronco arterioso comune abitualmente la radice elevate resistenze che consentono l'esclusione dei
delle grandi arterie è distinta in due orifizi e non vi polmoni dalla circolazione fetale. Alla nascita, nel
è un difetto interventricolare (Fig. 24). cuore normale, ad avvenuta separazione della cir­
E la conseguenza embriologica della mancata colazione polmonare e sistemica, il letto vascolare
formazione del setto aorto-polmonare. polmonare si trasforma progressivamente in circolo
a bassa resistenza mediante un assottigliamento
delle pareti delle arteriole ed un aumento del cali­
Dotto arterioso pervio
bro vasale. Nel caso di difetti settali post-tricuspi­
La persistenza del dotto arterioso, viene a mante­ dali, il letto vascolare polmonare reagisce alla pres­
nere la comunicazione extracardiaca fra circoli siste­ sione sistemica mediante mantenimento ed incre­
mico e polmonare della vita uterina. Anatomicamen­ mento dell'ipertrofia della tonaca media, riduzione
te si presenta come la continuazione del tronco comu­ della sezione vasale ed aumento delle resistenze
ne dell'arteria polmonare con l'aorta a livello dell'ist­ vascolari. Questa reazione, che tende a limitare
mo, al di là dell'origine della succlavia sinistra l'entità dello shunt sinistro-destro ed a prevenire lo
(Fig. 25). È una struttura che normalmente va incon­ scompenso ventricolare sinistro, comporta a lungo
tro a chiusura dopo la nascita. Tende a rimanere per­ andare una patologia della parete vasale caratteriz-

Fig. 24 - Finestra aorto-polmonare.


a) Rappresentazione schematica che mostra la comunicazione fra aorta ascendente e tronco dell'arteria polmonare. All'origine dal
cuore i due grandi vasi sono separati.
b) Visione esterna del cuore: un unico vaso sembra emergere dal cuore e dividersi in aorta ed arteria polmonare,
c} In realtà, solo l'aorta ascendente e il tronco polmonare sono in comune, per mancata formazione del setto aorto-polmonare,
mentre all'origine dei grandi vasi sono presenti due valvole semilunari distinte e due porzioni tubulari.
Cardiopatie congenite con iperafflusso polmonare ^ 919

3. Grado III: fibrosi intimale ostruttiva (Fig. 27b);


4. Grado IV: lesioni aneurismatiche, proliferazioni
intimali di tipo plessiforme (Fig. 27c) e glomoi-
de (Fig. 27d), arterite necrotizzante e dilatazioni
aneurismatiche.

I gradi III e IV rappresentano situazioni patolo­


giche irreversibili.
Canale atrioventricolare e tronco arterioso sono
le cardiopatie congenite con shunt post-tricuspida-
le a frequente complicanza di malattia vascolare
polmonare fin dalla prima infanzia. Nel canale
atrioventricolare la sindrome di Down sembra anti­
cipare e aggravare la vasculopatia polmonare.
Con l'instaurarsi della malattia ipertensiva vi è
un progressivo aumento delle resistenze polmona­
ri che possono raggiungere e superare quelle siste­
miche. Lo shunt sinistro-destro può scomparire o
Fig. 25 - Dotto arterioso pervio.
Un ampio dotto arterioso pervio mette in comunicazione il tron­ addirittura invertirsi in shunt destro-sinistro con
co polmonare con l'aorta discendente. comparsa di cianosi.
La sindrome di Einsenmenger è il quadro anato-
mo-clinico che accomuna tutte le cardiopatie con­
zata da processi proliferativi intimali. Si sviluppa genite con iniziale iperafflusso polmonare, compli­
così, talora precocemente, un'arteriopatia oblite­ cate da vasculopatia polmonare ipertensiva e
rante. I gradi di questa malattia vascolare possono inversione dello shunt. Neirambito di questa sin­
essere così sintetizzati (Fig. 26): drome, va distinto il complesso di Eisenmenger,
che consiste in un difetto interventricolare peri­
1. Grado I: ipertrofia della tonaca media (Fig. 27a); membranoso infundibulare con aorta a cavaliere e
2. Grado II: proliferazione cellulare intimale; vasculopatia polmonare ipertensiva.

Fig. 26 - Gradi di malattia vascolare ipertensiva.


Il grado I è caratterizzato dall'ipertrofia della tonaca media; il grado il da proliferazione cellulare intimale; il grado III da fibrosi
concentrica con ostruzione del lume vasale. Nel grado IV vi è rottura della parete vasale con proliferazione glomoide nel lume e
dilatazioni aneurismatiche.
920 & Cardiopatie congenite

Fig. 27 - Malattia vascolare polmonare iperfensiva.


a) Ipertrofia delia media {grado I). Colorazione Weigert Van Gieson, ingrandimento x 50.
b) Fibrosi intimale concentrica con grave ostruzione del lume vasale {grado ili}. Colorazione Weigert Van Geison,
ingrandimento x 50.
c) Lesione aneurismatica con rottura delle membrane elastiche (grado IV). Colorazione Weigert Van Geison, ingrandimento x 50.
d) Lesione glomerulare (grado IV). Colorazione ematossilina-eosina, ingrandimento x 80.

| Cardiopatie congenite Tetralogia di Failot

con ipoaffiusso polmonare La tetralogia di Fallot è la combinazione di più


lesioni elementari ed è costituita da mancata separa­
Il substrato anatomo-funzionale delle cardiopa­zione del flusso polmonare e sistemico a livello ven­
tie congenite con ipoafflusso polmonare è costituito tricolare, ostacolo alla progressione ematica polmo­
da un ostacolo alla progressione ematica verso i nare ed errato allineamento fra ventricoli ed aorta.
polmoni associata ad ima comunicazione settale a Essa è caratterizzata infatti da stenosi polmonare
monte dell'ostacolo stesso con conseguente shunt
infundibulo-valvolare, difetto interventricolare ed
destro-sinistro. Dal punto di vista clinico, il passag­
aorta a cavaliere del setto interventricolare (Fig. 28).
gio di sangue dal settore destro a quello sinistro,
L'ipertrofia del ventricolo destro, che rappresenta la
saltando il circolo polmonare, comporta una ciano­
quarta componente del complesso malformativo
si per mancata ossigenazione.
descritto originariamente da Fallot, non è un'anoma­
In base al coinvolgimento del ventricolo destro,
si possono distinguere due grandi gruppi: lia congenita ma la conseguenza del ruolo sistemico
del ventricolo destro. L'infundibulo polmonare appa­
1. cardiopatie congenite con ipoafflusso polmona­ re ristretto per una dislocazione del setto infundibu-
re ed ipertrofia del ventricolo destro (es.: tetra­ lare che è deviato antero-superiormente. Anche la
logia di Fallot, atresia polmonare con difetto valvola polmonare è stenotica e spesso bicuspide.
interventricolare, stenosi polmonare serrata con Talora la stenosi può essere aggravala da ipertrofia
difetto interatriale); delle trabecole setto parietali o per la formazione di
2. cardiopatie congenite con ipoafflusso polmona­ un anello fibroso sottovalvolare. Il difetto interventri­
re ed ipoplasia del ventricolo destro (atresia colare, che deriva dall'errato allineamento del setto
della tricuspide, malattia di Ebstein). infundibulare con il restante setto muscolare, viene a
Cardiopatie congenite con ipoafflusso polmonare & 921

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Fig. 28 - Tetralogia di Fallot.


a) Rappresentazione schematica della tetralogia di Fallot che associa stenosi polmonare, difetto interventricolare ed aorta destro-
posta, a cavaliere del setto interventricolare.
b) L'uscita verso i'arteria polmonare appare stenotica per deviazione anteriore del setto infundibulare. L'aorta è posta a cavaliere
del setto interventricolare e vi è un ampio difetto interventricolare che rappresenta la via di uscita dell'aorta dal ventricolo destro.

rappresentare l'uscita dell'aorta dal ventricolo destro. rispondenti ad infarti cerebrali per embolie parados-
La posizione a cavaliere dell'aorta è dovuta alla se o trombosi in situ. Non rare sono le endocarditi che
destroposizione della radice aortica ed è anche la con­ possono instaurarsi o sul margine del difetto inter­
seguenza emodinamica dello shunt destro-sinistro. ventricolare o sulla valvola polmonare.
Embriológicamente l'intero complesso malfor­ Un particolare tipo di tetralogia di Fallot è quel­
mativo può essere riconducibile1ad una anomala la associata ad assenza della valvola polmonare,
sepimentazione tronco-conale per dislocazione che determina una dilatazione aneurismatica del
anteriore dei cuscinetti tronco-conali, con restringi­ tronco e delle arterie polmonari, con compressione
mento del cono polmonare e mancato contributo dei bronchi e gravi problemi ventilatori che aggra­
del setto tronco-conale alla chiusura del setto inter­ vano la cianosi.
ventricolare per errato allineamento.
Dal punto di vista fisiopatologico, lo shunt destro­ Atresia polmonare con difetto interventricolare
sinistro responsabile della cianosi non è legato all'ori­
gine biventricolare dell'aorta bensì all'ostacolo pol­ L'atresia polmonare con difetto interventricolare
monare, la cui resistenza supera quella sistemica. Nel rappresenta il grado estremo di tetralogia di Fallot
complesso di Eisenmenger, in cui vi è destro-posizio­ per atresia dell'efflusso polmonare. Viene chiamata
ne aortica con difetto interventricolare senza stenosi anche pseudotronco arterioso in quanto vi sono
polmonare, lo shunt destro-sinistro, responsabile comunque due vasi distinti che emergono dal
della cianosi, è invece conseguenza di un aumento cuore, anche se quello polmonare è atresico.
delle resistenze polmonari a livello distale, per malat­ La circolazione arteriosa polmonare in questo
tia vascolare polmonare ostruttiva. caso può essere sostenuta dal dotto arterioso
Anomalie associate alla tetralogia di Fallot pos­ (Fig. 29a) o, in sua assenza, da arterie collaterali
sono essere: il difetto interatriale, che non cambia sistemiche ad origine dell'aorta discendente
sostanzialmente la fisiopatologia della malforma­ (Figg. 29b, 30), che rappresentano la persistenza
zione; l'arco aortico destro, presente nel 30% dei delle primitive arterie intersegmentarie.
casi, il canale atrioventricolare e il decorso anomalo Nel caso di atresia polmonare con circolo polmo­
delle arterie coronarie, in particolare l'origine del nare dotto dipendente, la chiusura di quest'ultimo,
ramo discendente anteriore dall'arteria coronaria immediatamente dopo la nascita, rende incompatibi­
destra, che può ostacolare l'intervento chirurgico. le la vita per l'esclusione della circolazione polmona­
La storia naturale di questi pazienti è caratterizza­ re. Nel caso invece di atresia polmonare con circolo
ta, oltre che dalla cianosi, da ridotta crescita e polici- collaterale sistemico-polmonare (Figg. 29b, 30), la
temia per ipossia, che determina la formazione di malformazione è più diffìcilmente riconoscibile in
trombosi periferiche a causa dell'"ispissatio sangui­ quanto il paziente può non presentare cianosi; infatti
nisi Frequenti sono gli ascessi cerebrali "freddi", cor­ il circolo collaterale sistemico-polmonare non costi­
922 Cardiopatie congenite

Fig. 29 - Atresia polmonare con difetto interventricolare.


a) Circolazione polmonare dotto dipendente, b) Circolazione polmonare sostenuta da arterie collaterali sistemiche.

Fig. 30 - Atresia polmonare con difetto interventricolare.


a} Visione dal ventricolo destro: manca una comunicazione diretta fra ventricolo destro ed arteria
polmonare, vi è un ampio difetto infer
ventricolare con aorta posta a cavaliere. Si noti l'estrema ipoplasia del tronco e delle arterie polmonari (pseudotronco arterioso’
b) Visione posteriore del cuore e dell'aorta discendente: ia circolqzione polmonare è sostenuta da arterie collaterali sistemico-po;
monari che si portano verso l'ilo polmonare.

tuisce una circolazione di tipo nutritivo, come quella nare ed elevazione dell'apice cardiaco sul profilo
bronchiale, bensì una vera e propria circolazione pol­ sinistro del cuore.
monare funzionale. L,'atresia polmonare con arterie
collaterali sistemiche si differenzia dal tronco arterio­ Stenosi polmonare con comunicazione interatriale
so tipo IV per la presenza alTintemo del cavo pericar-
dico di arterie polmonari, se pur ipoplasìche. È conosciuta anche con il nome di trilogia di Fal­
La patogenesi dell'a fresia polmonare è verosi­ lot perché, al pari della tetralogia di Fallot, è caratte­
milmente legata ad errato sviluppo del setto tronco- rizzata da cianosi per shunt destro-sinistro, ma in
conale, che durante la sepimentazione del tronco- realtà i due complessi malformativi sono totalmente
cono primitivo oblitera totalmente la via di efflusso diversi. Nella stenosi polmonare il setto interventri­
polmonare. colare è intatto e l'ostruzione all'efflusso ventricolare
Sia la tetralogia di Fallot che l'atresia polmonare destro è abitualmente situata a livello della valvola
con difetto interventricolare sono caratterizzate da polmonare, che si presenta con un'unica cuspide
ipertrofia ventricolare destra ed ipoplasia dell'arte­ cupoliforme con orifizio centrale (Fig. 31). L'aumento
ria polmonare, che rendono conto del tipico aspetto pressorio nelle cavità destre è tale da forzare la fossa
radiologico a zoccolo per assenza dell'arco polmo­ ovale e mantenere perno il forame ovale consenten­
Cardiopatie congenite con ipoafflusso polmonare ' 923

Fig. 31 - Stenosi valvolare polmonare con difetto interatriale.


a) Rappresentazione schematica della stenosi valvolare polmonare severa, la cosiddetta trilogia di Fallot. Il setto interventricolare
è integro e lo shunt destro-sinistro avviene a livello atriale attraverso il forame ovale.
b) Visione anatomica delia valvola polmonare stenotica che presenta un aspetto cupoliforme per fusione delle commissure.

do uno shunt destro-sinistro a livello atriale e renden­ M alattia di Ebstein


do ragione della cianosi. Le modificazioni secondarie
in questo caso sono del tutto differenti rispetto alla Si tratta di una anomalia della tricuspide che
tetralogia di Fallot, in quanto il ventricolo destro pre­ coinvolge soprattutto i lembi settale e posteriore, che
si presentano displasici e con impianto basso rispet­
senta, per il suo ruolo ipersistemico, un/ipertrofia
to all'anello atrioventricolare, tanto da risultare dis­
concentrica molto più spiccata. L'infundibulo polmo­ locati airinterno del ventricolo destro (Fig. 32).
nare può diventare secondariamente stenotico per Coesistono pure anomalie delle corde tendinee e dei
ipertrofia delle pareti e l'arteria polmonare può esse­ muscoli papillari. L'orifizio tricuspidale può diven­
re dilatata per ectasia post-stenotica (Fig. 31 a). tare stenotico o più spesso insufficiente. L'abbassa­
Embriológicamente l'anomalia è spiegata da mento deH'inserzione della tricuspide determina
una lesione a livello dei cuscinetti francali nel ver­ l'"atrializzazione" di parte della porzione di afflusso
sante polmonare, che non vanno incontro a diffe­ del ventricolo destro con conseguente ipoplasia della
renziazione in tre cuspidi semilunari distinte. restante cavità ventricolare. La parte atrializzata può
mostrare una atrofia del miocardio.

Fig. 32 - Anomalia di Ebstein della tricuspide.


a] Rappresentazione schematica delle cavità destre del cuore: i lembi della tricuspide, settale e posteriore, non si inseriscono a livel­
lo defl'aneilo atrioventricolare, ma più in basso a livello della muscolatura ventricolare. In questo modo una porzione del ventrico­
lo destro risulta atrializzata e la cavità ventricolare destra residua è ridotta.
b} Esemplare anatomico: i lembi della tricuspide oltre che dislocati all'interno del ventricolo destro sono gravemente displasici.
924 ? Cardiopatie congenite
L'alterazione emodinamica a carico della tricu­ destro è ipoplasico in quanto privo della porzio­
spide provoca un aumento della pressione in atrio ne di afflusso ed ipoplasici sono pure l'infundi-
destro tale da mantenere pervio il forame ovale e buio e l'arteria polmonare in quanto percorsi da
determinare uno shunt destro-sinistro a livello una scarsa quantità di sangue. Quando il difetto
atriale. Questo spiega la cianosi in pazienti affetti interventricolare è molto ampio o quando le arte­
da malattia di Ebstein. L'impianto basso della tricu­ rie sono trasposte (in questo caso l'arteria polmo­
spide favorisce pure un contatto diretto fra musco­ nare origina dal ventricolo sinistro), si può creare
latura atriale e ventricolare e la comparsa di pre­ una condizione di iperafflusso ai polmoni ed
eccitazione cardiaca. assenza di cianosi.
Embriológicamente la malattia trova la più verosi­ Embriológicamente l'atresia della tricuspide è
mile spiegazione in un anomalo sviluppo dell'appara­ con tutta probabilità dovuta ad un mancato allinea­
to valvolare tricuspidale, soprattutto del lembo setta­ mento dell'atrio comune con il bulbus cordis, cioè il
le che normalmente si sviluppa per processi di esca- futuro ventricolo morfologicamente destro, per
vazione della muscolatura del setto interventricolare. insufficiente, espansione verso destra del canale
atrioventricolare.
Atresia dello tricuspide
L'atresia della tricuspide è una malformazione Ü Cardiopatie congenite con flusso
caratterizzata da mancata formazione dell'orifi­
zio atrioventricolare destro per cui l'atrio destro e
polmonare normale
il ventricolo destro sono privi di connessione Abbiamo visto come molte cardiopatie congeni­
diretta (Fig. 33). Vi è una comunicazione intera- te coinvolgano la vascolarizzazione polmonare per
triale, di solito una ampia pervietà del forame l'esistenza di uno shunt. Le cardiopatìe congenite
ovale, che rappresenta l'unica via di uscita per il con shunt sinistro-destro si accompagnano ad iper­
sangue venoso sistemico dall'atrio destro. San­ afflusso polmonare, mentre quelle con shunt sini­
gue venoso sistemico e polmonare si mescolano e stro-destro si accompagnano ad ipoafflusso polmo­
raggiungono il ventricolo sinistro attraverso la nare. Nelle prime esiste solo un difetto settale fra
valvola mitrale. Abitualmente, quando i vasi circolo sistemico e circolo polmonare, nelle seconde
sono normocorrelati, solo una piccola parte del il difetto settale è associato ad un ostacolo alla pro­
sangue raggiunge i polmoni attraverso un difetto gressione ematica verso i polmoni. Vi sono però
interventricolare restrittivo, mentre la gran parte anche cardiopatie congenite caratterizzate da una
va direttamente in aorta. Il sangue che raggiunge lesione elementare con ostacolo alla progressione
l'aorta è pertanto parzialmente deossigenato in ematica aortica e polmonare, prive di cortocircuiti
quanto si mescolano i ritorni venosi sistemici e associati, che non necessariamente alterano la
polmonari e ciò giustifica la cianosi. Il ventricolo vascolarità polmonare. Si tratta rispettivamente

Fig. 33 - Atresia della tricuspide.


a) Rappresentazione schematica: in assenza di connessione fra atrio e ventricolo destro, il sangue venoso sistemico attraversa una
comunicazione interatriafe e raggiunge le cavità sinistre, per portarsi nell'arteria polmonare tramite un difetto interventricolare.
b) Esemplare anatomico: fra l'atrio destro ed il ventricolo destro manca la valvola atrioventricolare. Ventricolo destro e arteria poi'
monare sono ipoplasici.
Cardiopatie congenite con flusso polmonare normale 9 25

della stenosi polmonare isolata da un lato e della dopo la nascita e peggiorare progressivamente l'en­
stenosi aortica e della coartazione istmica dall'altro. tità della stenosi. Qualora si associ a difetto inter­
ventricolare a monte della stenosi, il complesso
Stenosi polmonare isolata malformativo può simulare clinicamente la tetralo­
gia di Fallot, anche se non è anatomicamente ed
In questo caso la stenosi polmonare non è così embriológicamente assimilabile.
serrata da forzare la fossa ovale e mantenere pervia Dal punto di vista embriologico, questa forma è
la comunicazione interatriale. Si tratta di forme con spiegabile sulla base di una anomala differenziazio­
setto interventricolare integro, con ostacolo localiz­ ne della trabecola setto marginale o di una trabeco­
zato a livello della valvola o della regione sottoval­ la setto parietale durante i processi di escavazione
volare. del miocardio primitivo.
In caso di stenosi valvolare la deformazione
delle cuspidi polmonari è pari a quella descritta
nella trilogia di Fallot, con valvola unicuspide/ a Stenosi aortica
cupola, con orifizio centrale. Altre volte possono Ostacoli all'efflusso aortico possono essere
essere presenti tre lembi differenziati ma grave­ situati sotto la valvola, a livello della valvola o nel
mente displasie! tratto sopravalvolare.
La stenosi, polmonare è una delle cardiopatie
congenite più frequenti e meno sintomatiche per la
mancata ripercussione sul circolo polmonare.
Sfenosi sottovalvolari aortiche
Anche in questo caso l'errore embriologico risiede Le stenosi sottovalvolari aortiche possono essere
verosimilmente in ima difettosa differenziazione di diversa natura: la più frequente è la forma cosiddet­
dei cuscinetti endocardici truncali. Le alterazioni ta a diaframma caratterizzata da un cercine di tessuto
secondarie sono un'ipertrofia concentrica del ven­ fibroso che circonda e restringe l'efflusso ventricolare
tricolo destro, proporzionata al grado della stenosi, sinistro, qualche millimetro al di sotto del piano val­
una ostruzione dello stesso infundibulo polmonare volare aortico e coinvolge sia il setto interventricolare
ed una frequente ectasia post-stenotica dell'arteria che il lembo anteriore della mitrale (Fig. 34). I vortici
polmonare. creati da questo ostacolo ai di là della stenosi determi­
nano una alterazione acquisita dalle semilunari aorti­
che, che con il tempo si possono deformare o diventa­
Stenosi polmonare sottovalvolare
re calcifiche e a rischio di endocardite,
La stenosi sottovalvolare polmonare isolata è Nella cosiddetta stenosi subartica a tunnel fib ro ­
dovuta all'ipertrofia di bande muscolari setto parie­ so, il tratto di efflusso ventricolare sinistro è molto
tali, quali la trabecola setto marginale, o altre bande ristretto per una stenosi tubulare e la stessa radice
anomale, che restringono l'ingresso all'infundibulo aortica è ipoplasica (Fig. 35). Questa forma è più
polmonare e che possono dividere il ventricolo rara ma decisamente più grave della precedente.
destro in due camere. L'ipertrofia può aggravarsi Infine nella cosiddetta stenosi subaortica musco­

Fiq. 34 - Stenosi subaorffca a


diaframma.
a] Rappresentazione schematica:
al di sotto della valvola aortica è
presente una membrana fibrosa,
spesso circonferenziale, che
ostruisce l'efflusso ventricolare
sinistro. I vortici ematici, che si
formano al di là delia membrana,
possono essere causa di iesioni a
carico delle cuspidi valvolari aor­
tiche.
b) Diaframma fibroso subaortico
asportato durante intervento chi­
rurgico.
926 - Cardiopatie congenite

Fig. 35 - Stenosi subaortica a tunnel.


a) Rappresentazione schematica: il tratto di efflusso del ventricolo sinistro in regione subaortica è ostruito da un iungo ispessimen­
to fibrotico dell'endocardio.
b) Esemplare anatomico corrispondente.

lare vi è una protrusione del setto interventricolare, forme. La stenosi a diaframma non è da tutti consi­
per ipertrofia asimmetrica rispetto alla parete libera derata congenita; sicuramente acquisita è la defor­
del ventricolo, tale da creare un ostacolo alla pro­ mazione valvolare post-stenotica. La forma a tun­
gressione del sangue verso l'aorta (Fig. 36). Trattasi nel è verosimilmente legata a displasia del cono
della cardiomiopatia ipertrofica con ipertrofia asim­ subaortico. La forma muscolare ipertrofica è inqua­
metrica del setto. La frizione fra il lembo anteriore drabile nell'ambito della cardiomiopatia ipertrofi­
della mitrale e il setto ipertròfico crea con il tempo ca, malattia genetica caratterizzata da aberrazioni
una placca fibrotica sull'endocardio settale subaor­ dei geni delle proteine del sarcomero e da una ano­
tico che ulteriormente aggrava la stenosi. mala disposizione spaziale delle fibre miocardiche
L'embriologia è diversa a seconda delle varie tipo "disarray".

Fig. 36 - Stenosi subaortica da ipertrofia del setto interventricolare.


a) Schema dell'ostruzione subaortica da ipertrofia del setto interventricolare nell'ambito diuna cardiomiopatia ipertrofica: si noti la plac­
ca fibrosa sovrapposta all'ipertrofia asimmetrica.
b) L'ipertrofia asimmetrica del setto interventricolare ostruisce la via di efflusso verso l'aorta.
Cardiopatie congenite con flusso polmonare normale - 9 27

Stenosi valvolare aortica e la displasia valvolare infantile possono essere attri­


buite a difettosa differenziazione dei cuscinetti endo­
Le forme più frequenti di stenosi valvolare aor­ cardici truncali, la valvola aortica bicuspide si genera
tica congenita sono: la valvola displasica con dege­ per assenza del contributo di un cuscinetto truncale
nerazione mixoide dei lembi, la valvola unicuspide alla formazione dei lembi valvolari o per mancata
e la valvola bicuspide. separazione di due lembi a livello della commissura
La displasia della valvola aortica è una malfor­ interposta, con persistenza di un "raphe".
mazione precocemente sintomatica e che si accom­
pagna a difettosa differenziazione dei lembi valvo­
lari con degenerazione mucoide e noduli mixoidi
situati sia nel margine libero che ' nella base di
impianto delle cuspidi valvolari (Fig. 37). Quando
associata a fibroelastosi ed ipoplasia del ventricolo
sinistro essa diventa letale in età neonatale (Fig. 38).
Nella stenosi aortica da valvola unicuspide è
presente una sola cuspide valvolare a cupola con
un lume stenotLco spostato eccentricamente verso
la singola commissura (Fig. 39).
La valvola bicuspide è una cardiopatia congeni­
ta estremamente frequente (1-2% di incidenza nella
popolazione autoptica) ed è per sé compatibile con
una normale funzione (Figg. 40,41). Spesso però va
incontro a complicanze che la rendono altamente
sintomatica, quali calcificazioni o endocarditi infet­
tive (Fig. 40b). Può anche associarsi a morte
improvvisa per rottura aortica da dissezione per
medionecrosi cistica.
Embriológicamente, mentre la valvola unicuspide

Fig. 38 - Stenosi valvolare aortica da displasia dei lembi ed


ipoplasia del ventricolo sinistro.
La valvola aortica mostra una degenerazione mucoide nodula­
re dei lembi. In questo caso la stenosi si accompagna ad una
grave ipoplasia e fibroelastosi del ventricolo sinistro.

Fig. 37 - Stenosi valvolare aortica da displasia dei lembi. Fig. 39 - Valvola aortica unicuspide.
La valvola aortica si presenta displasica con degenerazione La valvola aortica normale presenta tre cuspidi che in chiusura
mucoide nodulare dei lembi. mostrano un aspetto ad Y (a). La valvola unicuspide è formata
da un'unica cuspide con una piccola apertura eccentrica (b).
928 ; Cardiopatie congenite

Fig. 40 - Valvola aortica bicuspide.


La valvola aortica bicuspide è costituita da due lembi valvolari. Può presentarsi come un reperto auioptico occasionale (a) o diven­
tare sintomatica se si complica in età adulta con endocardite o calcificazioni (b}.

Fig. 41 - Valvola aortica bicuspide.


La valvola bicuspide può presentarsi con cuspi­
di in posizione lato a lato (a) o antero-posterio-
re (b). Ne! primo caso le arterie coronarie ori­
ginano da seni contrapposti, nel secondo caso
entrambe originano dallo stesso seno, abitual­
mente quello anteriore. La valvola bicuspide
spesso può andare incontro a calcificazione.

Stenosi aortiche sopravalvolari tubulare mostra un lungo tratto omogeneamente


stenotico per ipoplasia dell'aorta ascendente. La
Sono forme assai rare e si possono presentare stenosi sopravalvolare aortica si associa frequente­
con tre diversi aspetti (Fig. 42). La stenosi a dia­ mente a sindrome di Williams con ipercalcemia e
fram m a è costituita da un restringimento a cercine facies peculiare. Questo particolare tipo di patolo­
situato al punto di passaggio fra porzione sinusa- gia è dovuta ad una delezione e traslocazione del
le e tubulare dell'aorta ascendente. Nella forma a gene dell'elastina situato nel braccio lungo del cro­
clessidra, il restringimento aortico è progressivo e mosoma 7.
tale da far assumere al lume dell'aorta ascendente L'embriologia della malformazione va ricercata
l'aspetto a clessidra. La stenosi sopravalvolare in un'anomalia di sviluppo del sacco aortico.
Cardiopatie congenite con flusso polmonare normale ® 929

Fig. 42 - Stenosi aortica sopravalvo­


lare.
La stenosi aortica sopravaivolare può
essere dovuta a:
a) membrana fibrosa sopravalvolare,
b) restringimento a clessidra,
c) ipoplasia della porzione tubulare
dell'aorta ascendente.

Coartazione istmica dell'aorta coartazione diventa incompatibile con la vita extrau­


terina (vedi coartazione aortica "infantile" fra le car­
L'istmo aortico è quel segmento vascolare inter­ diopatie caratterizzate da emergenza neonatale). La
posto fra succlavia sinistra e dotto o ligamento arte­ cosiddetta coartazione "adulta" invece ha un'evolu­
rioso. A questo livello possono essere localizzati zione più benigna. Questi pazienti possono diventa­
restringimenti focali o diffusi che vanno sotto il re sintomatici solo a 20-30 anni in quanto l'ostacolo a
nome di coartazione aortica e che rappresentano un livello Ístmico, inizialmente meno marcato, consente
ostacolo alla progressione ematica fra aorta ascen­ lo sviluppo di un circolo collaterale. La stenosi nella
dente ed aorta discendente (Fig. 43). Nella coartazio­ coartazione aortica "adulta" può apparire sotto
ne aortica infantile,, oltre ad un restringimento istmi- forma di plicatura focale della parete aortica giustap­
co molto più marcato, sono frequentemente associa­ posta al legamento arterioso (Fig. 43). Nel 50% dei
te anomalie intracardiache, quali ostruzioni all'ef­ casi è associata ad una valvola aortica bicuspide.
flusso ventricolare sinistro e difetti interventricolari, Con l'accrescimento, la stenosi diventa relativa­
che determinano uno shunt imponente sinistro­ mente più serrata per cui si sviluppano numerosi
destro ed una insufficienza biventricolare precoce. circoli collaterali. I principali si formano fra le
La chiusura inoltre del dotto arterioso in epoca neo­ mammarie interne, che originano dall'arteria suc­
natale/in combinazione con la grave coartazione clavia, poste a monte della stenosi, e l'aorta discen­
aortica, è causa di una brusca riduzione della perfu­ dente, via le arterie intercostali. L'ectasia di queste
sione dell'aorta discendente con conseguente insuffi­ ultime è responsabile delle tipiche erosioni costali,
cienza renale. È per questa ragione che questo tipo di facilmente individuabili alla radiografia del torace.

Fig. 43 - Coartazione ístmica dell'aorta.


a) Una grave ostruzione sotto forma di plicatura è localizzata a livello
delia regione istmica dell'aorta, al di là dell'origine della succlavia sini­
stra in corrispondenza dell'inserzione del ligamento arterioso.
b) Rappresentazione schematica della coartazione aortica.
930 Cardiopatie congenite
A monte dell'ostacolo si crea uno stato ipertensi-
vo che si ripercuote nel tempo a carico del cuore, 2 Cardiopatie congenite
del circolo coronarico, dell'aorta ascendente e del incompatibili con lo vita
circolo cerebrale. Il sovraccarico sistolico provoca extra-uterina
un'ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro da
cardiopatia ipertensiva. L'ipertensione nel circolo Appartengono a questo gruppo di cardiopatie
arterioso coronario favorisce lo sviluppo precoce di congenite quelle malformazioni che, se lasciate al
aterosclerosi ostruttiva con possibili infarti miocar­ loro decorso naturale, portano a morte precocemen­
dici giovanili. Lo stato ipertensivo sulla parete aor­ te nella prima settimana o mese di vita e costitui­
tica può accelerare la comparsa o aggravare feno­ scono quindi una situazione di emergenza neonata­
meni degenerativi tipo medionecrosi cistica, in le. Le modificazioni circolatorie che avvengono
grado di complicarsi con dissezione aortica e morte infatti subito dopo la nascita sono tali da rendere
improvvisa. Aneurismi sacciformi si possono anche incompatibili lo loro anatomia malformativa con la
formare e rompere nel tratto aortico post-stenotico. circolazione ematica postnatale. Le alterazioni di
La valvola aortica bicuspide, a sua volta, può base responsabili di questa incompatibilità sono:
complicarsi con fenomeni calcitici o infettivi.
L'ipertensione arteriosa a livello cerebrale può 1. ostruzioni estreme al flusso polmonare od aorti­
provocare la rottura di aneurismi aterosclerotici co, dove la fisiopatologia del circolo è dipenden­
del poligono di Willis o una emorragia cerebrale te dalla pervietà del dotto arterioso (cardiopatie
dei nuclei della base da rexi delle arterie lenticolo- congenite dotto-dipendenti): atresia polmonare
striate. Aneurismi subaracnoidei possono essere (Fig. 44), atresia aortica (Fig. 45), atresia mitrali-
anche di natura congenita, quale anomalia vascola­ ca, coartazione aortica infantile;
re associata. 2. circoli sistemico e polmonare in parallelo: tra­
Tipiche in questi pazienti sono l'assenza dei sposizione completa delle grandi arterie.
polsi femorali e l'asimetria di sviluppo fra arti
superiori ed inferiori per la diversa perfusione ema­ 3. ostruzioni al deflusso venoso polmonare: dre­
tica. L'ipertensione arteriosa sistemica sembra esse­ naggi venosi polmonari anomali totali e cuore
re aggravata da un meccanismo nefrovascolare per triatriatum.
ridotta perfusione renale.
Embriológicamente molte sono le teorie formu­
late per spiegare questa stenosi: un errore di svi­
Cardiopatìe congenite dotto-dipendenti
luppo del IV arco aortico, una estensione del tessu­ La funzione di ossigenazione ematica nella vita
to duttale a livello Ístmico, ima biforcazione del fetale è svolta dalla placenta che è perfusa dalle arte­
flusso duttale fetale a perfondere sia l'aorta discen­ rie ombelicali ad orìgine delle arterie iliache. I polmo­
dente che la succlavia sinistra, con conseguente ni vengono in gran parte esclusi dalla circolazione e
formazione di una plicatura della parete aortica la portata ematica del ventricolo destro è trasferita in
giustapposta. aorta discendente attraverso il dotto arterioso. Il san­

Fig. 44 - Atresia polmonare.


a) Rappresentazione schematica di atresia polmonare con dotto dipendenza delia circolazione polmonare.
b) Visione esterna del cuore: per la presenza di atresia delia valvola polmonare il sangue può raggiungere il circolo poimonare
solo attraverso il dotto arterioso pervio.
Cardiopatie congenite incompatibili con la vita extra-uterina : 931

Fig. 45 - Atresia aorfica.


a] Rappresentazione schematica della dotto dipendenza deil'atresia aortica.
b] Visione esterna del cuore: l'aorta ascendente risulta estremamente ipoplasica. La perfusione dell'arco aortico, dell'aorta ascen­
dente e delle coronarie avviene in via retrograda tramite il dotto arterioso.

gue di ritomo dalla vena cava inferiore, che raccoglie 1. atresia polmonare con setto interventricolare
il flusso placentare, il flusso splancnico nonché quel­ integro (Fig. 44);
lo degli arti inferiori, raggiunge prevalentemente l'a­ 2. atresia polmonare con difetto interventricolare e
trio sinistro attraverso il forame ovale, in questo faci­ dotto arterioso.
litato dalla valvola di Eustachio, ed è quindi spinto in
aorta dal ventricolo sinistro. Il sangue cavale superio­ Entrambe queste forme sono caratterizzate da
re passa prevalentemente dajTatrio destro al ventri­ discontinuità fra ventricolo destro e arteria polmo­
colo destro e, tramite l'arteria polmonare ed il dotto nare con ipoafflusso di sangue ai polmoni, che pos­
arterioso, è spinto in aorta discendente. Entrambe le sono essere perfusi solo attraverso la pervietà del
circolazioni, destra e sinistra, possono essere conside­ dotto arterioso.
rate pertanto sistemiche. Nella forma di atresia polmonare con setto inte­
Alla nascita l'espansione dei polmoni apre il gro lo shunt destro-sinistro è a livello atriale: tutto il
letto vascolare polmonare alla circolazione ematica. sangue venoso cavale passa dall'atrio destro al sini­
Il dotto arterioso si chiude, per cui la portata ventri­ stro e quindi in ventricolo sinistro ed aorta. Nella
colare destra va esclusivamente ai polmoni. Il ritor­ forma con difetto interventricolare lo shunt destro­
no venoso polmonare alza la pressione in atrio sini­ sinistro avviene a livello ventricolare: l'aorta ha
stro e chiude il forame ovale, obbligando l'intero un'origine biventricolare e raccoglie la gittata siste­
ritorno venoso sistemico deossigenato a defluire in mica di entrambi i ventricoli. In ambedue le condi­
ventricolo destro e a portarsi verso i polmoni; in zioni, la circolazione arteriosa polmonare dipende
questo modo solo il sangue venoso polmonare ossi­ dalla pervietà del dotto arterioso. La situazione è
genato passa in ventricolo sinistro e quindi in aorta. perfettamente compatibile con la circolazione fetale,
Si realizzano così i presupposti anatomici per la quando il dotto è pervio e i polmoni non funzionano.
completa separazione dei due circoli e per la loro Dopo la nascita, la fisiologica chiusura del dotto arte­
disposizione in serie. rioso interrompe runica fonte ematica per i polmoni,
Nelle ostruzioni estreme alla progressione ema­ vanifica la funzione respiratoria e rende il complesso
tica sistemica o polmonare la presenza del dotto malformativo incompatibile con la vita. Solo il man­
arterioso rappresenta l'unica via per il superamen­ tenimento della pervietà del dotto, con farmaci quali
to dell'ostruzione stessa ed è per questa ragione che le prostaglandine, può consentire la sopravvivenza:
tali malformazioni sono note come cardiopatie con­ ecco la ragione per cui questa cardiopatia congenita
genite dotto-dipendenti. è considerata dotto-dipendente. L'atresia polmonare
a setto interventricolare integro si accompagna gene­
ralmente ad ipoplasia del ventricolo destro e della
Atresia polmonare
tricuspide. La sede deil'atresia è per lo più a livello
Esistono due forme di atresia polmonare che valvolare, più raramente a livello infundibulo-valvo­
costituiscono un emergenza neonatale: lare. Frequente è la presenza di fìbroelastosi endocar­
932 Cardiopatie congenite
dica e di sinusoidi che connettono la cavità ventrico­ rina. In queste condizioni è ipotizzabile che l'ipopla-
lare destra con le arterie coronarie subepicardiche. sia del cuore sinistro sia la conseguenza emodinami­
La cavità ventricolare destra può essere estremamen­ ca della chiusura precoce del forame ovale stesso.
te dilatata quando l'atresia polmonare si associa ad Più rara è invece l'associazione di atresia aortica
una displasia della valvola tricuspide o ad una con difetto interventricolare. In questo caso il ventri­
malattia di Ebstein. In questi casi l'atrio destro può colo sinistro e la valvola mitrale sono normalmente
assumere dimensioni gigantesche. sviluppati per l'azione decompressiva del difetto
Embriológicamente l'ostruzione polmonare è interventricolare. Pur venendo a mancare l'ostacolo al
legata ad una noxa a livello delle valvole semiluna­ deflusso venoso polmonare, la cardiopatia è comun­
ri polmonari, che abitualmente agisce quando la que gravissima con morte neonatale per la chiusura
sepimentazione cardiovascolare e gli archi aortici si fisiologica del dotto arterioso, che interrompe la
sono già formati. potenziale connessione fra cuore e circolo sistemico.
L'atresia polmonare con difetto interventricolare Embriológicamente la malformazione è attribui­
è caratterizzata da atresia infundibulare e valvolare, bile o ad un'anomala sepimentazione a livello tron-
difetto interventricolare e destroposizione aortica. co-conale a spese dell'afflusso aortico (atresia aortica
Frequente è l'associazione di arco aortico destro. con ipoplasia mitralica), o a mancato sviluppo del­
Embriológicamente la malformazione è spiegabile, l'orifizio mitralico con coinvolgimento secondario
al pari della tetralogia di Fallot, con un'anomala dell'efflusso aortico (atresia mitro-aortica), 0 nel caso
divisione del tronco-cono e ostruzione totale del­ della forma con difetto interventricolare, a sepimen­
l'efflusso polmonare, per verosimile dislocazione tazione tronco-conale ineguale a spese dell'aorta,
anteriore dei cuscinetti endocardici tronco-conali. con difetto interventricolare da maleallineamento.

Atresia aortica Atresia mitralica

In questa condizione vi è una completa interru­ Nell'atresia mitralica manca la formazione del­
zione della continuità fra ventricolo sinistro ed aorta l'orifizio atrioventricolare sinistro (Fig. 46).
ascendente (Fig. 45). Abitualmente il setto interven­ Più del 50% dei casi di atresia mitralica si associa
tricolare è integro ed il ventricolo sinistro e la mitra­ ad atresia aortica per cui l'aspetto fisiopatologico,
le appaiono ipoplasici e fibroelastoticì. Durante la come pure le modificazioni secondarie, sono equiva­
vita fetale, per l'ipopìasia del settore sinistro, tutto il lenti alTatresia aortica a setto integro. Gli altri casi
sangue venoso sistemico passa dall'atrio destro in presentano un'aorta pervia o per l'associazione con
ventricolo destro e quindi in aorta discendente tra­
mite l'arteria polmonare ed il dotto arterioso. A livel­
lo Ístmico, il sangue si biforca in un flusso retrogra­
do che perfonde l'arco aortico e i vasi brachiocefali-
ci, l'aorta ascendente e il circolo coronario, ed in un
flusso anterogrado che perfonde l'aorta discendente
e quindi il letto splancnico, i reni e la placenta. Alla
nascita l'espansione dei polmoni attiva il piccolo cir­
colo; gran parte della portata ventricolare destra rag­
giunge le arterie polmonari e toma al cuore in atrio
sinistro attraverso le vene polmonari. L'ostacolo
determinato dall'ipoplasia del cuore sinistro e dalla
struttura anatomica della valvola del forame ovale,
che non consente il passaggio di sangue dall'atrio
sinistro all'atrio destro, determinano un'imponente
congestione polmonare. La chiusura fisiologica del
dotto arterioso interrompe l'unica connessione fra
cuore e circolo sistemico con ischemia coronarica,
cerebrale e renale. Anche in questo caso la sopravvi­
venza dipende dal mantenimento dalla pervietà del
dotto arterioso, oltre che dalla decompressione del­
l'atrio sinistro mediante atriosettostomia.
Se nell'atresia polmonare è la circolazione pol­
monare ad essere dotto-dipendente, nell'atresia aor­
tica lo è la circolazione sistemica.
Frequente è la forma di atresia aortica con asso­
ciata atresia mitralica die presenta una fisiologia
Fig. 46 - Atresia mitralica.
sovrapponibile alla precedente. Esemplare anatomico in sezione quattro camere: manca una
In alcuni casi il forame ovale è chiuso già alla comunicazione diretta fra l'atrio sinistro ed ¡1 ventricolo sinistro
nascita per probabile obliterazione precoce intraute­ e quest'ultimo risulta estremamente ipopiasico.
Cardiopatie congenite incompatibili con la vita extra-uterina & 933

un difetto interventricolare o perché l'aorta nasce dal


ventricolo destro. Pur in presenza di un difetto inter­
ventricolare, il ventricolo sinistro è scarsamente svi­
luppato, l'aorta ascendente è ipoplasica e, quasi di
regola, è presente coartazione aortica. Dal punto di
vista fisiopatologico vi è un imponente congestione
polmonare da ostruzione al deflusso venoso ed inter­
ruzione del flusso sistemico, legato alla chiusura del
dotto arterioso. Le forme con aorta ad origine dal
ventricolo destro (per doppia uscita dal ventricolo
destro o per trasposizione completa delle grandi arte­
rie) presentano una perfusione sistemica migliore ma
rimangono pur sempre gravi per intrappolamento di
sangue nei polmoni a causa delTatresia dell'orifizio
atriovéntricolare sinistro.

Coartazione aortica infantile


La coartazione aortica di tipo infantile è una car­
diopatia congenita dotto-dipendente in quanto l'o­
struzione a livello dell'istmo aortico è cosi severa che
la perfusione dell'aorta discendente è strettamente
dipendente dalla pervietà del dotto arterioso.
Le ostruzioni a livello aortico, situate in sede Fig. 47 - Ostruzioni dell'arco aortico.
preduttale, possono essere del tipo (Fig. 47): L'ostruzione dell'arco aortico può presentarsi come:
a) coartazione isolata da plicatura della parete in regione istmica;
• coartazione aortica focale da plicatura della b) ipoplasia dell'arco;
c-d) atresia dell'arco. In questo caso un tratto di arco aortico
parete istmica (Fig. 48); può essere sostituito da un cordoncino fibroso o mancare com­
® ipoplasia tubulare dell'istmo aortico; pletamente.
m interruzione o atresia dell'arco aortico localizza­
ta a livello istmico (Fig. 49) o tra carotide e suc­
litano l'instaurarsi di un imponente shunt sinistro­
clavia di sinistra o in casi eccezionali fra tronco
anonimo e carotide sinistra. destro con iperafflusso polmonare. Dal punto di
vista fisiopatologico pertanto questa cardiopatia alla
La malformazione è raramente isolata, spesso si nascita è caratterizzata da ipoperfusione sistemica
accompagna ad anomalie intracardiache quali ostru­ per chiusura del dotto arterioso ed ostruzione ístmi­
zioni all'efflusso sinistro, difetto interventricolare ca con conseguente insufficienza renale, e da iperaf­
(Fig. 49), malformazioni della mitrale. L'ostruzione flusso polmonare con scompenso ventricolare. La
all'efflusso sinistro, per deviazione posteriore del sintomatologia è ingravescente e la malformazione è
setto infundibulare, e il difetto interventricolare faci- fatale nei primi mesi di vita. La tradizionale interpre-
934 Cardiopatie congenite

Fig. 49 - Interruzione dell'arco aortico.


a) La zona di arco aortico compresa fra l'origine della succlavia di sini­
stra e lo sbocco de! dotto arterioso (regione istmica) appare sostituita da
un cordoncino fibroso. La circolazione all'aorta discendente viene garan­
tita dalla pervietà del dotto arterioso.
b] Taglio in sezione ecocardìografica deilo stesso esemplare anatomico:
a livello intracardiaco è presente un difetto intervenir!cola re per devia-
zione del setto infundibulare con stenosi subaortica.

tazione embriologica vorrebbe attribuire la coarta­ re dal ventricolo sinistro (Fig. 50). Il sangue venoso di
zione aortica a difettoso sviluppo del IV arco aortico ritorno dal circolo sistemico va dall'atrio destro al
per noxa teratogena a questo livello. I tipi di difetto ventricolo destro e quindi direttamente in aorta, ed a
intracardiaco fanno pensare in alternativa che l'ipo- sua volta il sangue venoso di ritorno dai polmoni va
plasia dell'arco aortico sia la conseguenza emodina­ dall'atrio sinistro al ventricolo sinistro e quindi di
mica di una preferenziale perfusione ematica fetale nuovo in arteria polmonare. Le due circolazioni sono
del VI arco aortico (dotto arterioso) rispetto al IV pertanto in parallelo invece che in serie e non vi è pos­
arco aortico (istmo aortico), per ineguale ripartizione sibilità per il sangue sistemico di ossigenarsi (Fig. 50).
dei flussi a livello intracardiaco. La cardiopatia è gravemente cianotica e sintomatica
fin dalla nascita. L'incompatibilità di questa malfor­
Cardiopatie congenite con circuiti in parallelo mazione con la sopravvivenza è legata al parallelismo
fra i due circoli. Essa invece è perfettamente compati­
Trasposizione completa delle grandi arterie bile con la circolazione fetale/ quando il circolo polmo­
Nella trasposizione completa delle grandi arterie nare non è attivo ed entrambe le circolazioni, destra e
l'aorta nasce dal ventricolo destro e l'arteria polmona­ sinistra, spingono il sangue nel circolo sistemico.

Fig. 50 - Trasposizione completa delle


grandi arterie.
Le circolazioni poimonare e sistemica
alla nascita, anziché funzionare in
serie, funzionano in parallelo. Il san­
gue ossigenato refluo dai polmoni non
riesce a raggiungere la circolazione
sistemica ed il sangue venoso sistemico
non riesce a raggiungere i polmoni per
ossigenarsi.
Cardiopatie congenite incompatibili con la vita extra-uterina & 935

Fig. 51 - Trasposizione completa delie grandi arterie con setto interventricolare integro.
a) Rappresentazione schematica: l'aorta nasce dal ventricolo destro e la polmonare dal ventricolo sinistro. Il setto interventricoiare
è integro.
b) Esemplare anatomico corrispondente in sezione ecocardiografica longitudinale.

La sopravvivenza neonatale è possibile solo


mediante la creazione di uno shunt per sfondamen­
to del setto interatriale con atriosettostomia e man­
tenimento della pervietà del dotto arterioso con
prostaglandine.
Esistono quattro varianti anatomiche di traspo­
sizione delle grandi arterie:
• trasposizione delle grandi arterie con setto inter­
ventricolare integro (Fig. 51);
• trasposizione delle grandi arterie con difetto
interventricolare (Fig. 52);
• trasposizione delle grandi arterie con difetto
interventricolare e stenosi polmonare;
© trasposizione delle grandi arterie con difetto
interventricolare e coartazione aortica (Fig. 53).
La forma con setto interventricolare integro
mostra una totale separazione fra circolo sistemico e
polmonare, mentre quella con difetto interventrico­
lare consente un certo mescolamento di sangue ed
una maggior probabilità di sopravvivenza. In que­
sto caso però l'iperafflusso polmonare comporta il
rischio di vasculopatia polmonare ipertensiva. La
trasposizione con difetto interventricolare e stenosi
polmonare è la combinazione migliore dal punto di
vista fisiopatologico perché in questa condizione il
flusso di sangue ai polmoni è limitato ed è facilitato
lo shunt di sangue ossigenato dal ventricolo sinistro Fio. 52 - Trasposizione completa delle grandi arterie con
verso l'aorta. Quest'ultima forma ha pertanto una diretto interventricolare.
fisiologia simile alla tetralogia di Fallot ovvero cia­
Visione dai ventricolo sinistro da cui origina l'arteria polmona­
re trasposta: a livello del setto interventricolare è presente un
nosi con polmoni protetti. difetto interventricolare di tipo muscolare.
9 3 6 sì Cardiopatie congenite

Fig. 53 - Trasposizione completa delle grandi arterie con coartazione aortica.


a) Visione esterna dei cuore cori grandi vasi trasposti: a livello dell'arco aortico il tratto compreso fra carotide e succlavia sinistra
è sostituito da un cordoncino fibroso.
b) Da un ventricolo destro, di ridotte dimensioni, prende origine l'aorta.

Infine la trasposizione con coartazione aortica è la


forma più grave perché vede l'associazione di molte­
plici anomalie: trasposizione dei grandi vasi, ostru-
zìone dell'istmo aortico, difetto interventricolare e
frequente patologia ostruttiva del ventricolo destro.
L'embriologia della malformazione è verosimil­
mente legata ad alterato sviluppo del setto aorto-
polmonare, con conseguente errata connessione fra
efflusso ventricolare destro e IV arco aortico e fra
efflusso ventricolare sinistro e VI arco aortico.

Cardiopatie con ostruzione al deflusso


venoso polmonare
Drenaggio venoso polmonare anomalo totale
Fra le cardiopatie che possono risultare fatali nel
corso delle prime settimane di vita, se non sottopo­
ste a tempestiva correzione chirurgica, va ricordato
il drenaggio venoso polmonare anomalo totale. Fig. 54 - Drenaggio venoso polmonare anomalo totale.
È questa una malformazione caratterizzata dal Le vene polmonari, anziché arenare nell'atrio sinistro, conflui­
fatto che tutte le vene polmonari drenano al dì fuori scono in un unico condotto venoso che si porta al di sotto dei
dell'atrio sinistro nel circolo venoso sistemico. La per­
diaframma verso ia vena porta. La chiusura del dotto di Aran-
zio obbliga il sangue di ritorno dai polmoni a passare attraver­
sistenza della pervietà del forame ovale è essenziale so il letto sinusoidale epatico, creando pertanto un ostacolo.
per garantire lo scarico del sangue venoso polmona­
re dalle sezioni destre a quelle sinistre del cuore, ma
il passaggio può risultare restrittivo. E d'altro canto la
decorso del condotto ed il passaggio obbligato attra­
chiusura del dotto arterioso interrompe il transito di
verso i sinusoidi epatici, per la chiusura del dotto di
sangue dal ventricolo destro in aorta.
Aranzio, aggravano la congestione polmonare.
Particolarmente grave è la stasi polmonare che si
viene a determinare nei drenaggi venosi sottodia­
frammatici (Figg. 54, 55). In questi casi tutte le vene Cuore triafratum
polmonari confluiscono in un un condotto comune Il cuore triatriatum sinistro è caratterizzato dalla
che attraversa il diaframma per sfociare nel sistema divisione in due parti dell'atrio sinistro da parte di
portale. La frequente presenza di stenosi lungo il una membrana, che viene a causare una grave ste­
Cardiopatie congenite incompatibili con la vita extra-uterina & 937

Fig. 55 - Drenaggio venoso polmonare anomalo totale.


a} Le vene polmonari drenano in un unico condotto che si porta al di sotto del diaframma e sbocca nel sistema portale. Questo
tipo di drenaggio anomalo risulta particolarmente frequente nella sindrome asplenica (si notino tre lobi nel polmone sinistro},
bj Particolare dell'immagine precedente: nel passaggio al di sotto del diaframma il condotto diventa stenofico.

Fig. 56 - Cuore triatriatum sinistro.


a) Visione della cavità atriale sinistra che risulta divisa in due parti da una membrana fibro-muscolare (freccia).
b) Visione delle cavità sinistre con la membrana ostruttiva situata al di sopra di una valvola mitrale normale.

nosi al deflusso del sangue polmonare (Fig. 56). Le La malformazione è del tutto silente durante la
vene polmonari drenano al di sopra della membra­ vita fetale, per la scarsità di ritorno venoso al cuore
na mentre il forame ovale è situato al di sotto. La sinistro dai polmoni, e diventa invece sintomatica
stenosi risulta più o meno grave a seconda delle alla nascita con l'entrata in funzione del piccolo circo­
dimensioni del pertugio che fa comunicare le due lo e conseguente grave stasi polmonare. La presenza
parti in cui l'atrio risulta diviso. della pervietà del forame ovale, al di sotto della mem­
938 í Cardiopatie congenite
brana stenotica, rappresenta una via alternativa attra­ S IT U S V IS C E R O -A T R IA L E
verso cui il sangue dall'atrio destro può raggiungere
l'atrio sinistro e quindi il circolo sistemico.
Embriológicamente questa malformazione risul­
ta da una difetto di sviluppo nella connessione
della vena polmonare comune con l'atrio sinistro.

fü Altre cardiopatìe congenite


complesse
Vi sono altre cardiopatie congenite più rare, che
sono caratterizzate da anomalie del piano di sim­
metria viscerale o dell'allineamento dei segmenti
cardiaci. Esse rendono conto solo del 5-6% di tutte
le malformazioni di cuore.
L'espressione fisiopatologica e clinica di queste
anomalie è in funzione della presenza o meno di
difetti settali, di ostruzione più o meno grave agli
efflussi arteriosi, e del sovvertimento della sequen­
za fisiologica di circolo.
La comprensione della nosografia di queste mal-
formazioni è facilitata da un approccio logico alla
diagnostica clinica e patologica, basato sulla rico­
struzione dei segmenti cardiaci ovvero deh situs Isom erism o destro
viscero-atriale, delle connessioni atrioventricolari Fig. 57 - Situs viscero-atriale.
delle connessioni e ventricolo-arteriose. La situazione di normalità è costituita dal situs atriale solitus. El
situs inversus è la situazione speculare. Il situs ambiguus è
caratterizzato da isomerismo destro o sinistro, con simmetria
Anomalie del situs viscero-atriale (Fig. 5 7 ) bilaterale rispettivamente destra o sinistra. Il primo caso è asso­
ciato a sindrome asplenica ed il secondo a sindrome polisple­
Nel situs viscero-atriale solitus l'atrio destro è nica.
situato a destra e l'atrio sinistro a sinistra.
La situazione speculare, con atrio destro a sinistra La sindrome polisplenica (Figg. 57,59) è contrad­
e atrio sinistro a destra, è tipica del situs viscerum distinta dallo sviluppo di più milze su entrambi i lati
inversus caratterizzato anche da specularità degli del mesogastrio dorsale, ad indicare un piano di sim­
organi toracici e addominali. Frequente è la destro- metria viscerale bilateralmente sinistro. In questo
cardia associata a situs inversus, la quale però non è caso i polmoni sono entrambi bilobati con lingula
esclusiva di questo piano di simmetria viscerale bilaterale nei lobi superiori, i bronchi sono lunghi, di
potendo essere presente anche nel situs solitus o morfologia sinistra e le auricole presentano entrambe
negli isomerismi atriali. La frequenza autoptica del una conformazione di tipo sinistro (isomerismo sini­
situs inversus è di circa 1 su 100.000 casi. stro). Le malformazioni cardiache associate general­
In presenza di due atri entrambi di morfologia mente sono meno gravi che nella asplenia. Tipica
destra o sinistra si parla rispettivamente di isomeri­ della polisplenia è Ìinterruzione del tratto epatico
smo destro o sinistro (Fig. 57). Il primo è tipico della vena cava inferiore e la continuazione di que-
della sindrome asplenica ed il secondo della sindro­ st'ultima tramite le vene azygos. Le vene sovraepati-
me polisplenica. che sboccano direttamente in atrio senza interposi­
La sindrome asplenica o di Ivemark, dal nome di zione della vena cava inferiore. Le anomalie intracar-
chi per primo l'ha descritta, è caratterizzata da agene- diache coinvolgono per lo più l'efflusso aortico con
sia della milza (Figg. 57-58), che rappresenta l'unico presenza di stenosi o coartazione aortica. Il drenaggio
organo sinistro nel normale piano di simmetria visce­ venoso polmonare è spesso simmetrico con due vene
rale. La mancata formazione della milza comporta un polmonari che drenano nell'atrio destro-posto e due
isomerismo destro di tutti gli organi bilaterali asim­ vene polmonari che drenano nell'atrio sinistro-posto.
metrici. I polmoni si presentano entrambi trilobati, i
bronchi entrambi corti, le auricole con morfologia Anomalie della connessione atrioventricolare
destra (Fig. 58). Frequente è la malposizione di cuore
(Fig. 6 0 )
tipo meso e destrocardia. L'asplenia si associa di rego­
la a gravissime malformazioni cardiovascolari quali Nel cuore normale vi è una connessione atrioven­
drenaggio venoso polmonare anomalo totale, canale tricolare concordante in quanto l'atrio destro si con­
atrioventricolare completo, stenosi o atresia della arte­ nette con il ventricolo destro e l'atrio sinistro con il
ria polmonare. È di regola assente il seno coronarico. ventricolo sinistro. Viceversa la connessione è discor-
Altre cardiopatie congenite complesse ^ 939

Fig. 58 - Isomerismo atriaie destro


o sìndrome asplenica.
a} Entrambi i bronchi sono corti e
di morfologia destra,
b} Visione esterna del cuore che
mostra Una morfologia di tipo
destro delle auricole, entrambe di
forma triangolare,
c) Visione delle cavità cardiache: è
presente un ampio difetto del setto
atrioventricolare (canale tipo C di
Rastelii).

Fig. 59 - isomerismo atriaie sinistro o sindrome polispienica.


a) Entrambi i bronchi sono lunghi, di morfologia sinistra, ed ipoarterio­
si, ovvero posti al di sotto delle arterie polmonari.
b) Visione esterna de! cuore che mostra auricole entrambe allungate e
di morfologia sinistra.
c) Milze multiple.

dante quando l'atrio destro si connette con il ventri­ presentano morfologia destra o sinistra, non si può
colo sinistro e l'atrio sinistro con il ventricolo destro. definire una connessione atrioventricolare come con­
Il termine concordanza e discordanza presuppo­ cordante o discordante, in questi casi si parlerà di
ne ovviamente l'esistenza di due atri e di due ventrì­ connessione univentricolare o biventricolare, a
coli distinti, ovvero la presenza di un situs atriaie seconda che siano presenti mio o due ventrìcoli. Di
definito, che permette di stabilire le fondamenta questi ventricoli dovrà quindi essere definita la posi­
della sequenza delle cavità cardiache. Nel caso di zione spaziale in termini di d- o 1-loop. Il d-loop è la
isomerismo destro o sinistro, in cui entrambi gli atri situazione che vede il ventricolo destro posto a
940 ^ Cardiopatie congenite
C O N N E S S IO N I A T R IO V E N T R IC O L A R I

VCS VCS

Fig. 60 - Connessioni atrioventricolari.


Nel caso di un situs atriale definito, le connessioni
atrioventricolari possono essere biventricolari in
presenza di due ventricoli o uni ventri cola ri quando
il sangue di entrambi gli atri drena di preferenza in
un unico ventricolo. Nel primo caso le connessioni
si distinguono in concordanti o discordanti, nel
secondo caso va precisato se manca una connessio­
ne (destra o sinistra) o se vi è una situazione di dop­
pia entrata ventricolare.
AD: atrio destro; AS: atrio sinistro; CR: camera ven­
tricolare rudimentale; V: ventricolo principale; VCI:
vena cava inferiore; VCS: vena cava superiore; VD:
connessione connessione
ventricolo destro; VS: ventricolo sinistro; VP: vene
destra sinistra polmonari.

destra ed anteriormente ed il ventricolo sinistro il ventricolo destro, ma anche il ventricolo destro è


posto a sinistra e posteriormente; l'1-loop è la situa­ connesso con l'aorta ed il ventricolo sinistro con
zione speculare. l'arteria polmonare (discordanza ventricolo-arterio­
La più nota cardiopatia congenita caratterizzata sa). Questa doppia discordanza, atrio-ventricolare e
da discordanza atrioventricolare è la trasposizione ventricolo-arteriosa, determina il mantenimento
fisiologicamente corretta delle grandi arterie una normale fisiologia di circolo e spiega l'aggetti­
(Fig. 61), nella quale non solo l'atrio destro è con­ vo "corretta". Infatti il sangue venoso sistemico, pur
nesso con il ventricolo sinistro e l'atrio sinistro con passando attraverso il ventricolo morfologicamente

Fig. 61 - Trasposizione
fisiologicamente corret­
ta delle grandi arterie.
a) L'atrio destro, ricono­
scibile per la presenza
delia cresta terminale,
comunica con il ventrico­
lo sinistro tramite la val­
vola mitrale (discordan­
za atrio-ventricolare).
b] Dal ventricolo destro,
posto a sinistra, prende
origine l'aorta (discor­
danza ventricolo-arterio-
sa).
Altre cardiopatie congenite complesse & 941

sinistro posto a destra, raggiunge l'arteria polmo­ associa una trasposizione dei grandi vasi (Fig. 62).
nare, ed il sangue ossigenato di ritorno dai polmo­ Anomalia frequentemente associata è la stenosi pol­
ni raggiunge normalmente l'aorta, pur passando monare, die determina la presenza della cianosi dal
attraverso il ventricolo morfologicamente destro punto di vista clinico.
posto a sinistra. È la presenza di anomalie associa­ Embriológicamente il ventricolo singolo di tipo
te, quali difetto interventricolare, la stenosi polmo­ sinistro può considerarsi come un arresto di svilup­
nare o l'anomalia tipo Ebstein della valvola tricu­ po allo stadio in cui il canale atrioventricolare met­
spide, posta a sinistra, che rende sintomatica questa teva in comunicazione gli atri esclusivamente con il
cardiopatia. Va ricordato anche che la discordanza ventricolo primitivo (futuro ventricolo morfologi­
atrioventricolare comporta una dislocazione ante­ camente sinistro).
riore del nodo atrioventricolare e del fascio di His, Complessi malformativi intermedi fra la doppia
con frequente blocco atrioventricolare congenito o entrata ventricolare e la concordanza o discordanza
acquisito. atrioventricolare sono rappresentati dalle situazio­
Embriológicamente la malformazione consegue ni in cui si osserva una valvola mitrale o tricuspide
allo sviluppo di un'ansa bulbo-ventricolare con "straddling", ovvero posta a cavaliere del setto
convessità a sinistra (1-loop), che determina a sua interventricolare (Fig. 63). In questo caso mia valvo­
volta un'anomala sepimentazione del tronco-cono la atrioventricolare con il suo apparato tensore
per errata torsione. cavalca il setto interventricolare e mette in comuni­
L'assenza dell'orifizio atrioventricolare destro o cazione l'atrio corrispondente con entrambi i ven­
sinistro (Fig. 60) configura un altro tipo di anomala tricoli. Se il cavalcamento è minimo le connessioni
connessione atrioventricolare, che si traduce sul atrioventricolari saranno concordanti; se il cavalca­
piano anatomo-clinico in atresia della tricuspide e mento è maggiore del 50% si parlerà di doppia
della m itrale rispettivamente, delle quali si è già entrata ventricolare, perché entrambi gli atri risul­
parlato in precedenza. tano connessi prevalentemente con un'unica cavità
Una cardiopatia del tutto particolare è il così ventricolare.
detto ventricolo singolo, noto anche come ventrico­
lo comune o cuore univentrìcolare, in cui il sangue Anomalie della connessione ventricolo-arteriosa
di entrambi gli atri attraverso le valvole atrioventri­
(Fig. 64)
colari drena in un unico ventricolo (doppia entrata
ventricolare) (Fig. 60). In realtà raramente vi è un’u­ La situazione in cui l'aorta nasce dal ventricolo
nica cavità ventricolare in quanto abitualmente esi­ sinistro e l'arteria polmonare dal ventricolo destro
ste una seconda camera ventricolare ipoplasica o configura una concordanza ventricolo-arteriosa.
rudimentale che è in comunicazione con la camera Nel cuore normale i vasi sono anche normocorrela-
ventricolare principale tramite un difetto interven­ ti, la polmonare essendo anteriore ed a sinistra e
tricolare. La forma più frequente è il ventricolo sin­ l'aorta posteriore ed a destra. Una concordanza
golo di tipo sinistro, cioè con camera ventricolare ventricolo-arteriosa esiste però anche con aorta
principale morfologicamente sinistra e camera anteriore, la quale prende origine con un infundi-
accessoria morfologicamente destra, a cui spesso si bulo subaortico ugualmente dal ventricolo sinistro

Fig. 62 - Doppia entrata in ventricolo sinistro.


a) Nel ventricolo di morfologia sinistra drenano entrambe le
valvole atrioventricolari. La valvola atrioventricolare sinistra è
riconoscibile per la presenza di un "cleft" nel lembo anteriore.
L'arteria polmonare origina da questa camera principale e
mostra una stenosi sottovai vola re cercine.
b) Dalla camera ventricolare destra rudimentale, posta ante­
riormente, prende origine l'aorta trasposta (discordanza ventri-
colo-arteriosa).
942 f Cardiopatie congenite
C O N N E S S IO N I V E N T R IC O L O A R T E R IO S E

Concordante Discordante

Doppia uscita dx Doppia uscita sx

«ss
TA

A
D
A
P il
VS VD
A
P

.VS

Singola uscita ventricolare

Fig. 64 - Connessioni venfricolo-arteriose.


Nel cuore normale le connessioni ventricolo arteriose sono con­
Fig. 63 - Valvola mitrale "straddling". cordanti con aorta ad origine dal ventricolo sinistro e polmonare
Visione delle cavità sinistre. La valvola mitrale presenta alcune dal ventricolo destro; si paria di trasposizione o discordanza ven-
corde tendinee che si inseriscono normalmente sui muscoli {ricolo-arteriosa quando l'aorta origina dal ventricolo destro e la
papillari del ventricolo sinistro ed altre corde tendinee che, polmonare da! ventricolo sinistro. Quando le due arterie nascono
cavalcando il setto intervenni colare, si inseriscono sul ventrico­ in prevalenza da un solo ventricolo si parla di doppia uscita
lo destro. {destra o sinistra); si ha una situazione di sìngola uscita nel caso
di atresia polmonare o atresia aortica quando vi è un solo gran­
de vaso pervio. Un caso particolare di singola uscita è costituito
dal tronco arterioso.
A: aorta; P: arteria polmonare; TA: tronco arterioso; VD: ventrico­
lo destro; VS: ventricolo sinistro.

per una malposizione. Si tratta della cosiddetta © ventricolo destro a doppia uscita con difetto
malposizione anatomicamente corretta delle gran­ interventricolare in rapporto con entrambi i
di arterie che spesso si associa ad atresia o stenosi grandi vasi ("doubly committed");
della tricuspide, giustapposizione auricolare ed • ventricolo destro a doppia uscita con difetto
ostruzione all'efflusso polmonare. interventricolare lontano dalla radice delle gran­
Quando entrambe le grandi arterie prendono di arterie ("uncommitted").
origine dallo stesso ventricolo, destro o sinistro si
configura rispettivamente un ventricolo destro o Il quadro fìsiopatologico/in assenza di ostruzio­
sinistro a doppia uscita (Fig. 64). Quest'ultimo è ni dell'arteria polmonare, è dominato dalTiperaf-
molto raro ed associato per lo più ad ipoplasia del flusso polmonare,, mentre è contrassegnato da cia­
ventricolo destro. Non trascurabile è invece la fre­ nosi ed ipoafflusso polmonare in presenza di steno­
quenza del ventricolo destro a doppia uscita (0,5- si polmonare.
1% delle cardiopatie congenite), che quasi di regola Embriológicamente il ventricolo destro a doppia
si associa a difetto interventricolare (Fig. 65). A uscita con difetto sottoaortico è dovuto ad un manca­
seconda della posizione di quest'ultimo si distin­ to trasferimento dell'aorta sul ventricolo sinistro con
guono quattro tipi fondamentali: persistenza di infundibulo muscolare subaortico. Il
ventricolo destro a doppia uscita con difetto sottopol­
® ventricolo destro a doppia uscita con difetto monare va inquadrato nella trasposizione completa
interventricolare subaortico; delle grandi arterie con difettoso trasferimento della
@ ventricolo destro a doppia uscita con difetto arteria polmonare sul ventricolo sinistro.
interventricolare subpolmonare (complesso di Vi sono infine situazioni in cui dal cuore emerge
Taussig-Bing) (Fig. 65); un unico grande vaso .pervio (Fig. 64). Si parla in
Altre cardiopatie congenite complesse 943

Fig. 65 - Ventricolo destro a doppia uscita con difetto interven-


fricolare sotto polmonare (complesso di Taussig Bing). Fig. 66 - Ectopia cordis.
Sezione ecocardiografica di esemplare anatomico che mostra Esemplare anatomico con ectopia cordis conservato presso il
l'origine di entrambi i grandi vasi dal ventricolo destro, separati Museo di Anatomia Patologica dell'università di Padova, il
dal setto infundibulare. cuore si trova al di fuori del torace per mancata saldatura della
parete toracica.

questo caso di cuore a singola uscita. Si può avere forma parziale (ectopia cordis tecta) è presente il
un'unica uscita polmonare quando l'aorta è atresica, sacco pericardio ed un sottile strato di pelle. Le
o un'unica uscita aortica per atresia polmonare, forme più frequenti sono l'ectopia cordis toracica,
oppure infine una singola uscita per tronco arterioso dovuta a mancata fusione dello sterno, e l'ectopia
quando aorta e polmonare non sono divise. Di que­ cordis addominale, che si viene a determinare attra­
ste anomalie si è parlato in precedenza. verso un'ernia diaframmatica.
Si parla di destrocardia (Fig. 67) quando il cuore
Maiposizione di cuore è situato per lo più a destra della linea mediana con
asse base-apice rivolto a destra. La destrocardia non
Le malposizioni di cuore, pur rappresentando è solo caratteristica del situs inversus, nel quale rap­
una grossolana anomalia congenita, non implicano presenta la normale posizione del cuore, ma può
necessariamente la presenza di malformazioni car­ essere presente anche in situs solitus, in associazione
diache ed in ogni caso la gravità di queste ultime a trasposizione completa o più spesso corretta delle
prescinde dalla posizione del cuore. grandi arterie. La destrocardia si osserva anche in
. In termini di diagnostica segmentarla delle car­ isomerismo destro in associazione ad asplenia e in
diopatie congenite, la posizione del cuore non isomerismo sinistro con polisplenia (Fig. 67).
influenza la sequenza delle cavità cardiache, per cui Se la posizione del cuore a destra è dovuta a difet­
l'informazione riguardante la posizione cardiaca ti extracardiaci quali l'agenesia del polmone destro o
rappresenta un corollario alla descrizione delle con­ ernie diaframmatiche sinistre, è più corretto parlare
nessioni e delle malformazioni associate. di destroposizione o destroversione cardiaca.
Il cuore normale in situs solitus giace nel torace Si parla di m esocardia quando il viscere cardia­
con l'asse base-apice rivolto a sinistra e per i 2/3 è co è posto nella linea mediana, per lo più nella parte
situato nell'emitorace sinistro/situazione nota con centrale della gabbia toracica e l'asse base-apice e
il nome di levocardia. Ogni volta che il cuore non si pure rivolto centralmente. E una situazione estre­
trova in questa posizione si parla di maiposizione mamente rara, anche perché molte mesocardie sono
di cuore. solo apparentemente tali.
Si parla di ectopia cordis (Fig. 66) quando il La frequente associazione di maiposizione di
cuore è parzialmente o completamente posto al di cuore con trasposizione corretta, sia in situs solitus
fuori del torace. È una malformazione rara, con (destrocardia) che inversus (levocardia), trova la
un'incidenza autoptica dello 0,1% di tutte le cardio­ sua spiegazione embriologica nello sviluppo in
patie congenite. L'ectopia cordis può essere com­ questa malformazione di un'ansa bulboventricola­
pleta o parziale. Nella prima (ectopia cordis nuda) re discordante rispetto al piano di simmetria visce­
il sacco pericardio e la pelle mancano, mentre nella rale.
944 & Cardiopatie congenite
cui le auricole sono situate entrambe o sulla destra
o più frequentemente sulla sinistra (Fig. 68). Si
parla rispettivamente di giustapposizione auricola­
re destra o sinistra. Quasi di regola la giustapposi­
zione auricolare sinistra si associa ad atresia della
tricuspide e a malformazioni della regione tronco-
conale quale la malposizione anatomicamente cor­
retta delle grandi arterie (Fig. 68).
Embriológicamente la giustapposizione aurico­
lare può essere attribuita ad un difetto di allinea­
mento fra atri e ventricoli e ad una anomala forma­
zione dell'ansa bulboventricolare.

| Correzione chirurgico e couse


di insuccesso dell'intervento
La terapia delle cardiopatie congenite e la pre­
venzione delle loro complicanze è sostanzialmente
legata ad una correzione chirurgica dei difetti. L7ob­
biettivo è quello di ricostruire la circolazione del
sangue, con circoli polmonare e sistemico in
Fig. 67 - Destrocardia.
Esemplare anatomico costituito dai blocco cuore-polmoni e sequenza, privi di comunicazioni e di ostacoli e con
dagli organi sottodiaframmatici in neonato con sindrome poli­ apparati valvolari continenti.
splenica. Da notare la destrocardia con cuore posto in preva­ A parte alcuni interventi per difetti extracardia­
lenza nella parte destra del torace e con apice cardiaco rivol­ ci (resezione della coartazione aortica, chiusura
to verso destra. Il fegato è in posizione mediana ed entrambi i del dotto arterioso pervio) o alcune manovre pal­
polmoni sono bilobati con lingula bilaterale.
liative (bendaggio dell' arteria polmonare, shunts
aorto-polmonari) (Fig. 69), la gran parte delle ope­
Giustapposizione auricolare razioni deve essere eseguita a cuore aperto/ ovvero
con arresto della circolazione ed uso della macchi­
Normalmente le auricole destra e sinistra sono na cuore-polmone per sostituzione temporanea
poste rispettivamente a destra ed a sinistra della delle funzioni cardio-polmonari. L'intervento può
radice delle grandi arterie. Esistono situazioni in consistere in:

Fig. 68 - Giustapposizione auricolare sinistra.


Visione esterna del cuore in un caso di trasposizione completa deile grandi arterie: entrambe le auricole sono situate alla sinistra
del peduncolo arterioso.
Correzione chirurgica e cause di insuccesso dell'intervento ® 945

• chiusura con patch di difetti settali (es. difetti


interatriali o interventricolari, canale atrioven­
tricolare);
• resezione di stenosi o allargamento degli efflus­
si (es. tetralogia di Fallot);
• riallineamento delle circolazioni in serie con
"switch atriaie" o con "switch arterioso" (Fig. 70)
(es. trasposizione completa delle grandi arterie);
• ricostruzione della continuità fra ventricolo
destro ed arteria polmonare con condotto valvo-
lato (es. atresia polmonare con difetto interven-
tricolare, tronco arterioso comune) (Fig. 71);
• plastica o sostituzione con protesi delle valvole
atrioventricolari (es. displasia mitralica, malattia
di Ebstein);
• corto circuito del cuore destro con anastomosi
atrio-polmonare o cavo-polmonare (es. atresia
della tricuspide, cuori univentricolari, ventrico­
lo destro o sinistro ipoplasici) (Fig. 72) con defi­
nitiva trasformazione univentricolare della cir­
colazione.
Fig. 69 - Chirurgici palliativa.
La complessità dell'anomalia di base, con le conse­ Nelle situazioni ai ipoafflusso polmonare (tetralogia di Fallot, atre­
guenti difficoltà tecniche nella ricostruzione, rap­ sia polmonare) è possibile aumentare la quota di sangue che rag­
presenta la causa principale del fallimento chirurgi­ giunge i polmoni mediante un intervento ai anastomosi fra succla­
co. Vi sono cardiopatie congenite che possono esse­
via destra e ramo destro dell'arieria polmonare (intervento di Bla-
lockTaussig).
re considerate il 6° grado superiore nella correzione
chirurgica, ad esempio la sindrome asplenica per la
combinazione di drenaggio venoso polmonare ano­ li, rappresentano ancora una causa di complicanze
malo, canale completo, cuore univentricolare, atre­ operatorie, anche fatali.
sia polmonare. Anche i cuori destro e sinistro ipo­ La seconda causa di insuccesso è conseguenza di
plasici, dove la circolazione post-correzione non un danno miocardico intraoperatorio, per l'eccessiva
può che essere univentricolare, hanno una mortali­ durata dell'intervento legata a difficoltà tecniche,
tà chirurgica molto elevata. Errori chirurgici, con per cui il paziente esce dalla pompa in bassa gittata.
danno ad esempio del tessuto di conduzione che Difetti non riconosciuti prima dell'operazione,
generalmente decorre in prossimità dei difetti setta- per errata o incompleta diagnosi, possono complicare

Fig. 70 - Chirurgia della trasposizione completa delle grandi arterie.


a) Rappresentazione schematica di trasposizione completa delle grandi arterie caratterizzata da discordanza ventricolo arteriosa.
b) Correzione chirurgica tipo "switch arterioso" con riposizionamento dei grandi vasi e delle arterie coronarie in modo da ripri­
stinare la concordanza ventricolo-arteriosa.
946 Cardiopatie congenite

Fig. 71 - Chirurgia del tronco arterio­


so comune.
a) Rappresentazione schematica del
tronco arterioso in cui un unico grande
vaso arterioso emerge dal cuore e dà
origine alla circolazione sistemica,
coronarica e polmonare,
b} Correzione chirurgica con chiusura
del setto interventricobre, deconnessione
del tronco polmonare dal tronco comune
e incorporazione dell'aorta nel ventricolo
sinistro. La valvola truncaie diventa valvo­
la aortica.
c) Ricostruzione con condotto valvolato
della continuità fra ventricolo destro ed
arteria polmonare.

o allungare i tempi di intervento. La precisione dia­ La rianimazione postoperatoria infine è fondamen­


gnostica con l'angio-ecocardiografia oggi è tale che tale nel sostenere la circolazione e le funzioni rena­
in mani esperte, con buone conoscenze dell'anato­ le, respiratoria e circolatoria. Le nuove tecniche
mia, questa evenienza è sempre più rara. anestesiologiche, nonché l'ipotermia profonda, ren­
Il "timing" dell'intervento è pure fondamentale. dono possibili interventi a cuore aperto anche in
Difetti settali con iperafflusso polmonare vanno neonati.
operati presto, soprattutto, quelli con shunt post tri- Complessivamente la mortalità per cardiopatie
cuspidale (canale atrioventricolare, tronco arterio­ congenite è scesa dal 50% degli anni '70 a meno del
so), prima dell'insorgenza della vasculopatia pol­ 5% attuale. A questo hanno contribuito non poco le
monare ipertensiva la quale può comparire anche conoscenze anatomiche atte a favorire una corretta
entro Tanno di età. In presenza di ipertensione pol­ diagnosi e mirate terapie chirurgiche, prive dì com­
monare un intervento di correzione completa può plicanze.
tradursi in un cuore polmonare acuto all'atto della
ripresa post intervento del circolo.

Fig. 72 - Chirurgia dell'atresia della tricuspide.


a] Rappresentazione grafica di atresìa delia tricuspi­
de: il sangue passa dall'atrio destro all'atrio sinistro,
di qui ai ventricolo sinistro e quindi in parte anche
all'arteria polmonare attraverso un difetto interven-
tricolore.
b-c) Correzione chirurgica con chiusura dei setti inte-
ratriaie ed interventricoiare e creazione, mediante
condotto valvolato, deila continuità fra atrio destro e
arteria o infundibulo polmonare.
Bibliografia essenziale - 947

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Le arterie possono essere distinte in tre categorie
in base al calibro, ad alcune caratteristiche istologi­
che ed al significato funzionale della loro struttura:
1) arterie di grosso calibro o arterie elastiche (o di con­
duzione); 2) arterie di medio calibro o muscolari (o di
distribuzione); 3) piccole arterie ed arteriole o (arterie
di resistenza). Questa distinzione ha grande signifi­
cato patologico dato che i diversi processi patologi­
ci tendono a colpire arterie di struttura e calibro
diverso. Nella parete di tutte le arterie si possono
distinguere tre strati: 1) uno strato interno, tonaca
intima (o semplicemente "intima"),, interamente
rivestita da un singolo strato di cellule endoteliali;
2) uno strato intermedio, tonaca media (o tonaca
muscolare o semplicemente "media") costituisce la
struttura caratterizzante i vari tipi dì arteria; 3) uno
strato esterno, tonaca avventizia (o semplicemente
"avventizia") che connette il vaso ai tessuti circo­
stanti e contiene arterie e vene (vasa vasorum), vasi
linfatici e nervi vasomotori che provengono dal
connettivo perivascolare. I nervi non penetrano
nella media/ ma formano ricchi plessi al confine
medio-awentiziale. Essi sono composti da fibre
amieliniche del sistema nervoso autonomo ed il
loro numero aumenta man mano che il calibro del
vaso diminuisce. I vasa vasorum nelle arterie di
grosso calibro assicurano la nutrizione della parete
a partire dalTawentizia fino al terzo esterno della
media, mentre le rimanenti tonache interne sono
nutrite per diffusione diretta dal sangue circolante
nel lume vasale. Nelle arterie di medio calibro la
nutrizione da parte dei vasa vasorum è limitata,
fino a scomparire nelle arterie più piccole che,
essendo prive di vasa vasorum, vengono nutrite
esclusivamente per diffusione diretta.
Le arterie elastiche (o arterie di conduzione),
cosiddette per la prevalente struttura elastica della
tonaca media, hanno un diametro compreso fra
0,7-3 cm e comprendono l'aorta, i rami che si dipar­
tono dall'arco aortico (il tronco brachio-cefalico, la
carotide comune e l'arteria succlavia), le arterie ilia­
che comuni e la maggior parte dei vasi polmonari.
L'intima è costituita da uno strato di cellule endote­
liali appiattite, saldamente unite fra di loro e pog­
gianti su una membrana basale, e da un sottile stra­
to di tessuto connettivo sub-endoteliale. Questo
strato, assai sottile alla nascita, col tempo va ispes­
sendosi per accumulo di sostanze mucopolisaccari-
Arterie
G. Magro, S. Grasso

diche e per la comparsa di cellule muscolari lisce


provenienti dalla tonaca media e capaci di elabora­
re matrice extracellulare. Il limite esterno dell'inti­
ma è contrassegnato da un addensamento mal defi­
nito di fibre elastiche, in continuazione con le fibre
elastiche della media. La tonaca media è particolar­
mente ampia e risulta costituita da numerose lami­
ne fenestrate di tessuto elastico, allineate concentri­
camente al lume vasale e connesse tra loro da tralci
di elastina. Gli spazi fra le lamine elastiche conten­
gono fibre collagene e cellule muscolari lisce (mio-
citi) immerse in una matrice ricca di glicosaminogli-
cani. In generale, man mano che il lume di un vaso
si riduce, diminuisce la quantità di tessuto elastico
mentre aumenta la componente di cellule muscola­
ri lisce. La tonaca avventizia, relativamente sottile,
è formata da tessuto connettivo in cui sono immer­
se fibre elastiche, fibre nervose e i vasa vasorum, e
trapassa gradualmente nel tessuto connettivo circo­
stante. Il numero dei vasa vasorum diminuisce con
il diminuire dello spessore della tonaca media men­
tre l'aorta addominale è priva di vasa vasorum. Le
arterie elastiche funzionano come condotti (arterie
di conduzione) per il trasporto del sangue ai vasi
arteriosi più piccoli. Ad ogni sistole ventricolare il
sangue viene spinto nell'aorta, causando l'espan­
sione della parete. Durante la diastole, il successivo
ritorno elastico della parete aortica spinge il sangue
distalmente nel letto vascolare, trasformando così
un flusso pulsatile - tale sarebbe in assenza di ela­
sticità dell'aorta -, in flusso continuo fino ai capilla­
ri. Inoltre l'aorta e la carotide contengono termina­
zioni nervose, la cui stimolazione esercita profondi
effetti non solo sulla frequenza cardiaca ma anche
sul calibro vasale (resistenza al flusso), sulla respi­
razione e sulla contrattilità del miocardio. Nelle
suddette terminazioni nervose si localizzano recet­
tori sensibili alla pressione arteriosa (pressocettori o
barocettori) e alle modificazioni della composizione
chimica del sangue (chemocettori).
Le arterie muscolari (o arterie di distribuzione)
hanno un diametro compreso fra 7-2,5 mm e sono le
principali ramificazioni del sistema arterioso. L'inti­
ma è nettamente separata dalla tonaca media, da una
ben definita membrana elastica interna, fenestrata e a
decorso ondulato, e dalla tonaca avventizia da una
membrana elastica esterna, normalmente meno svi­
luppata rispetto a quella interna. L'intima è di regola
così sottile che gli endoteli sembrano talora adagiarsi
sulla membrana elastica interna, direttamente o con
952 « Arterie
l'interposizione di un sottile strato di tessuto connet­ e le venule. Essi hanno un diametro variabile fra 7-20
tivo. La media è costituita quasi esclusivamente da firn e sono costituiti, oltre che dall'endotelio, da una
cellule muscolari lisce, disposte in strati concentrici esile membrana basale e da occasionali cellule
ed intercalate da un delicato reticolo di fibre collage­ appiattite che, accolte in uno sdoppiamento della
ne ed elastiche; il loro numero diminuisce man mano membrana basale, abbracciano, con i loro sottili pro­
che diminuisce il calibro dell'arteria. Nell'avventizia i lungamenti l'intero capillare: i periciti. Queste cellu­
vasa vasorum sono scarsi e sottili. le, oltre ad una funzione di sostegno, possono assu­
È da notare che, a differenza dell'albero arterio­ mere anche funzione contrattile. I capillari rappre­
so sistemico, in quello arterioso polmonare le arte­ sentano l'unico tratto del circolo sistemico attraverso
rie fino ad un diametro compreso fra 0,5-1 mm. il quale avvengono gli scambi tra cellule e sangue e
hanno una media prevalentemente elastica, al pari la loro morfologia varia per soddisfare le diverse esi­
delle arterie di grosso calibro. genze fisiologiche dell'organo di cui fanno parte. A
Le piccole arterie hanno un diametro inferiore a seconda della disposizione dell'endotelio si distin­
2,5 mm e differiscono istologicamente dalle arterie guono tre tipi di capillari: 1) capillari continui in cui
di medio calibro, per la progressiva scomparsa, nel le cellule endoteliali formano un rivestimento inin­
trapasso verso le arteriole, della membrana elastica terrotto; sono presenti nei muscoli, nel cuore, nel pol­
esterna, prima e di quella interna dopo. mone e nella cute; 2) capillari fenestrati in cui le cel­
Le arteriole (o arterie di resistenza), rappresen­ lule endoteliali contengono, ad intervalli, regolari e
tano le più fini diramazioni arteriose ed hanno un numerosi grandi pori o "fenestrazioni", sbarrati da
diametro variabile da 20 a 100 Lim; mancano di un diaframma molto sottile; all'esterno dell'endote­
lamine elastiche e la media, costituita da uno a due lio la lamina basale appare continua e passa a ponte
strati di cellule muscolari lisce, è delimitata da sulle fenestrazioni; sono presenti nelle ghiandole
un'avventizia composta da scarse e delicate fibre endocrine, nell'intestino e nelle cellule endoteliali
collagene che si confondono con il tessuto connetti­ dei glomeruli renali, dove i pori non hanno diafram­
vo circostante. Le arteriole, oltre a mantenere un ma; 3) i sinusoidi sono canali vascolari di calibro soli­
flusso di sangue sempre adeguato alle necessità tamente grande ed irregolare e sono caratteristici del
metaboliche dei tessuti, svolgono un ruolo di fon­ fegato, della milza, del midollo osseo e di alcune
damentale importanza nella regolazione della pres­ ghiandole endocrine (surrene ed ipofisi). Nei sinu­
sione arteriosa sistemica. La pressione nell'albero soidi del fegato le cellule endoteliali, in alcuni tratti
arterioso dipende soprattutto dalla gittata cardiaca della parete, sono separati da larghe fessure e la
e dalle resistenze periferiche totali. Il distretto più lamina basale è discontinua o completamente assen­
importante di resistenza all'efflusso del sangue dal te (sinusoidi discontinui). Nei sinusoidi dell'ipofisi e
letto arterioso è proprio quello arteriolare. Le arte­ del surrene l'endotelio è provvisto di pori chiusi da
un diaframma e la lamina basale è continua (sinusoi­
riole, grazie alla capacità di variare il loro calibro,
di fenestrati).
mediante vasodilatazione o viceversa vasocostri­
zione, regolano la resistenza dei vasi al flusso di
sangue e quindi direttamente la pressione arteriosa Modificazioni delle arterie con l'età
sistemica. Secondo la legge di Poiseuille, la resisten­ Le arterie non sono strutture statiche, ma vanno
za al flusso è inversamente proporzionale alla quar­ incontro a modificazioni strutturali lungo tutto il
ta potenza del raggio, per cui piccoli aumenti o periodo della crescita e deH'invecchiamento. Tali
riduzioni del raggio (calibro) di un vaso causano, modificazioni interessano l'intima e la media, e, pur
rispettivamente, forti riduzioni o forti aumenti differendo per tipo e grado nei diversi vasi dello
della resistenza al flusso. Gli stimoli che possono stesso individuo, sono essenzialmente rappresenta­
modificare il calibro vasale sono i mediatori chimi­ te dall'ispessimento progressivo dello strato di tes­
ci delle terminazioni nervose, gli ormoni che giun­ suto connettivo sub-endoteliale cui si associa, in età
gono con il sangue, e i prodotti metabolici prodotti senile, la degenerazione degli elementi mio-elastici
in loco o portati dal torrente sanguigno. della media. Poiché simili alterazioni si possono
Le arteriole si connettono alla rete capillare sia riscontrate in lesioni patologiche primitive della
direttamente, sia attraverso vasi intermedi, denomi­ arterie (aterosclerosi; vedi oltre), talora è molto dif­
nati metarterìole, caratterizzati, a differenza delle ficile distinguere morfologicamente modificazioni
arterie, da un rivestimento incompleto di cellule da invecchiamento rispetto a quelle sostenute da
muscolari lisce. Nel punto di origine dei capillari è patologie.
localizzata una piccola struttura muscolare denomi­ Lo spessore della parete arteriosa e la sua com­
nata sfintere pre-capillare che è in grado di regolare la posizione sono strettamente correlate alla tensione
perfusione del letto capillare posto a valle. Vi posso­ tangenziale - generata ad ogni battito cardiaco -
no essere inoltre piccole comunicazioni artero-veno- che incide sulla parete. Dopo la nascita e durante lo
se tra arteriole e venule, in grado di escludere il san­ sviluppo, le arterie si adattano all'aumento della
gue dal letto capillare di un dato distretto. tensione tangenziale aumentando gradualmente,
I capillari originano dalle estremità delle arterio­nelle arterie elastiche, il numero e lo spessore delle
le e formano una vasta rete interposta fra le arteriole membrane elastiche della tonaca media, e nelle
Cenni istologici & 953

arterie muscolari, gli strati delle cellule muscolari circa il 6° decennio, nelle arterie di grande e medio
lisce. Alla nascita, l'aorta ascendente ed il tronco calibro, a prescindere dai processi arteriosclerotici e
dell'arteria polmonare hanno uguale diametro e dalle notevoli variazioni individuali e distrettuali,
spessore ed una concentrazione simile di .elastina e si assiste ad una graduale modificazione delle
collagene. Nell'immediato periodo post-natale la diverse componenti della parete vasale: la sostanza
pressione nell'arteria polmonare si riduce, mentre fondamentale del tessuto connettivo si arricchisce
quella dell'aorta aumenta. L'aorta, sottoposta ad progressivamente di calcio e di una sostanza meta­
alte tensioni, si ispessisce per un aumento del cromatica, dovuta ad un'aumentata polimerizza­
numero degli strati muscolo-elastici della media. zione dei glicosaminoglicani; nella media diminui­
Nell'intima, in rapporto alle sollecitazioni emodi­ scono le cellule muscolari lisce ed aumenta la com­
namiche, si assiste alla migrazione di cellule ponente connettivale; nell'intima si ha un aumento
muscolari lisce che provengono dalla media, capaci
di spessore dovuto ad accumulo progressivo di col­
di elaborare fibre collagene, elastina e glicoproteine
lagene (fibrosi), cui si associa, in alcuni tratti della
(Fig. 1). Questo strato aumenta progressivamente
di spessore con l'età fino al terzo decennio, quando parete vasale, la formazione di nuove lamine elasti­
che (falso slaminamento della membrana elastica
cominciano a verificarsi processi di atrofia a carico
delle strutture mio-elastiche, che vengono gradual­ interna).
mente sostituite da fibre collagene. L'ispessimento Nell'età più avanzata, nelle arterie predomina
intimale non si sviluppa nello stesso grado in tutte ima progressiva atrofia della parete a carico soprat­
le arterie, né nei diversi segmenti dello stesso vaso. tutto degli elementi muscolari ed elastici della
In generale, è minimo nell'arteria polmonare, a media. Le cellule muscolari lisce vanno incontro a
meno che non sia presente ipertensione polmonare processi regressivi e scompaiono; le fibre elastiche
prolungata, mentre nell'aorta è più spiccato nel si assottigliano, perdono in parte la loro tingibilità,
tratto distale e di solito è più evidente nella porzio­ si frammentano, vengono riassorbite e sostituite da
ne dorsale rispetto a quella ventrale. Nelle arterie un aumentato accumulo di fibre collagene. Questo
muscolari l'ispessimento intimale progressivo, par­ processo di atrofia che determina un aumento di
ticolarmente visibile nelle coronarie, non è unifor­ rapporto collagene-elastina, risulta più evidente
memente diffuso in tutto il vaso; infatti l'attività nelle grandi arterie e soprattutto nell'aorta, dove si
proliferativa e migratoria delle cellule muscolari ha una dilatazione ed un allungamento, accompa­
lisce predilige singoli punti del vaso, talché si ven­ gnati da anelasticità ed assottigliamento della pare­
gono a formare delle rilevatezze muscolo-elastiche te vasale e frequentemente anche da una stenosi
a forma di cuscinetto che sporgono nel lume in vici­ valvolare aortica calcifica. La perdita della distensi-
nanza degli orifizi delle diramazioni o dei punti di bilità della parete vasale è probabilmente responsa­
fissazione del vaso. Sia l'ispessimento intimale che bile del progressivo aumento della pressione arte­
le placche aterosclerotiche tendono a formarsi nelle riosa che comunemente si osserva con l'avanzare
stesse sedi e l'ispessimento intimale è molto più dell'età. Inoltre si perde, anche se solo parzialmen­
evidente in vasi che sono particolarmente soggetti te, la capacità di risposta dei barocettori e dei che­
all'aterosclerosi (vedi oltre). mocettori situati sull'arco aortico e nei seni caroti­
Nei decenni immediatamente successivi e fino a dei. Nelle arterie di medio calibro questi fenomeni
degenerativi comportano spesso il cedimento della
parete del vaso che pertanto si dilata ed allunga,
diventando tortuoso. Nelle arterie di tipo elastico,
con la scomparsa delle cellule muscolari lisce e
delle fibre elastiche, si ha talvolta la formazione di
fessure e spazi cistici contenenti materiale amorfo.
Tale aspetto morfologico è talora indistinguibile da
quello della cosiddetta "medionecrosi cistica della
media", la cui estensione e gravità è direttamente
proporzionale all'età del paziente e può essere esa­
sperata da diversi stress, quali per esempio l'iper­
tensione. Nella parete delle piccole arterie e nelle
arteriole, la quantità di collagene presente nella
parete aumenta progressivamente e si ha, partico­
larmente nelle arterie interlobulari del rene, neofor­
mazione di fibre elastiche che si dispongono con­
centricamente al lume del vaso. Frequentemente
nella parete vasale si ha accumulo di una sostanza
Fig. 1 - Ispessimento intimale. Migrazione di cellule muscolari jalina, eosinofila, che diventa più evidente con l'a­
liscie dalla media all'intima, con accumulo di matrice extracel­
lulare (freccia). La lesione, anche se di a rado variabile, interes­ vanzare dell'età e più diffusa nei soggetti ipertesi
sa gran parte delia circonferenza vasale. e/o con diabete.
954 > Arterie
nella patogenesi di alcune vasculitì. In base alla
9 Vasculitì farferiti) immunolocalizzazione cellulare, gli ANCA si distin­
Le vascullti sono patologie infiammatorie a carico guono in perinucleari (p-ANCA; l'antigene è la pro-
della parete dei vasi. Possono colpire vasi di qualsia­ teinasi 3) e citoplasmatici (c-ANCA; l'antigene è la
si tipo e calibro e di qualsiasi distretto corporeo. Da mieloperossidasi). Gli anticorpi c-ANCA si possono
ciò si deduce che possono dare un'ampia varietà di riscontrare prevalentemente in pazienti con granulo­
manifestazioni cliniche che vanno da sintomi mode­ matosi di Wegener, mentre anticorpi p-ANCA sono
sti, confinati ad un organo o tessuto, fino ad un impe­ di solito osservabili nella maggior parte dei casi di
gno sistemico associato a modificazioni ischemiche poliangite microscopica, sindrome di Churg-Strauss,
dei tessuti irrorati dai vasi compromessi. Una vascu- glomerulonefrite necrotizzante rapidamente pro­
lite può avere un esordio acuto, con lesioni focali, che gressiva. Si ipotizza che processi autoimmuni da
morfologicamente si trovano tutte allo stesso stadio cause ancora sconosciute portino alla formazione di
evolutivo, come avviene per esempio nelle vasculitì ANCA; qùesti, si legano a molecole bersaglio pre­
da ipersensibilità. In altri casi, come nella poliarterite senti sulla membrana citoplasmatica dei neutrofili,
nodosa e nella granulomatosi di Wegener, l'esordio è che vengono espresse, in corso di infezioni o neopla­
subdolo, con un andamento cronico e le lesioni mor­ sie maligne, in seguito all'azione di citochine infiam­
fologiche appaiono nello stesso vaso in differenti matorie. Da questo legame anticorpale si innesca
stadi di evoluzione. Le manifestazioni cliniche protei­ l'attivazione e la degranulazione dei neutrofili con
formi e la scarsa specificità del quadro istologico ren­ danneggiamento delle cellule endoteliali e conse­
dono talora arduo distinguere nettamente un'entità guente danno vascolare. Il dosaggio degli ANCA
dall'altra e quindi la possibilità di giungere ad una rappresenta un utile marker sierologico per alcuni
corretta classificazione nosologica che possa giovare tipi di vasculitì. Va tuttavia ricordato che questi
ad intraprendere un'adeguata strategia terapeutica e autoanticorpi possono essere riscontrati in altre
ad assicurare al paziente una corretta informazione patologie in assenza di vasculitì, quali il LES, l'artri­
prognostica. Sebbene poco sia ancora noto sulla pato­ te reumatoide, la retto-colite ulcerosa, il morbo di
genesi, è possibile distinguere patogeneticamente Crohn, sindrome da immunodeficienza acquisita
almeno due grandi categorie di vasculitì: i) vasculitì (HIV).
provocate da agenti infettivi capaci di aggredire Oltre agli ANCA, altri autoanticorpi, per esempio
direttamente la parete vasale; ii) vasculitì mediate da anti-cellule endoteliali (AECA), forse indotti da
meccanismi di tipo immuriologico. A dire il vero difetti deU'immuno-regolazione, sono stati trovati in
attualmente si ritiene che un meccanismo immunolo- pazienti con granulomatosi di Wegener, nella malat­
tia di Kawasaki, poliangite microscopica o affetti da
gico sia responsabile della quasi totalità delle vasculi­
vasculite in corso di sclerodermia e LES. Inoltre nella
tì. Infatti virus e batteri possono anche indurre indi­
malattia di Goodpasture le alterazioni vascolari che
rettamente, ed è l'eventualità più frequente, una
comportano glomerulite e polmonite sono causate
vasculite non-infettìva su base immunologia, attra­
da anticorpi diretti contro la membrana basale dei
verso la formazione di immunocomplessi o attraver­
vasi. In pazienti con granulomatosi di Wegener, Sin­
so lo sviluppo di reattività crociata. La patogenesi
drome di Churg-Strauss e arterite temporale, la rea­
immunologica è sostenuta dal fatto che alterazioni
zione immunologica implicata nel danno vascolare
vascolari da immunocomplessi indotte sperimental­ si ritiene non essere da immunocomplessi ma prima­
mente (malattia da siero) sono morfologicamente
riamente di tipo cellulo-mediato.
simili a quelle riscontrabili nelle comuni vasculitì. La classificazione delle vasculitì tiene conto del­
Inoltre immunocomplessi e complemento sono stati l'eventuale: i) etiopatogenesi,; ii) dimensione dei
trovati sia nel siero che nelle pareti vascolari di vasi sanguigni colpiti; iii) distribuzione anatomica;
pazienti con manifestazioni cliniche di vasculite, iv) quadro istologico caratteristico delle lesioni; v)
affetti da lupus eritematoso sistemico (immunocom­ manifestazioni cliniche.
plessi DNA-antiDNA e complemento), e soprattutto
da epatite virale B (immunocomplessi HbsAg-anti-
HbsAg e complemento). È ancora da chiarire se gli Arterìti infettive
immunocomplessi si formano in circolo e poi si depo­ Possono essere determinate dalla propagazione
sitano nei vasi o invece se la reazione immunologica aH'avventizia e successivamente alle altre tonache
avviene in situ, cioè nella parete stessa dei vasi o se del vaso, di un processo flogistico che si svolge pri­
entrambe le possibilità possano verificarsi. mitivamente nei tessuti circostanti (ascessi, flemmo­
Oltre ad una patogenesi da immunocomplessi, la ni, flogosi necrotizzanti). Istologicamente, si riscon­
base di alcune vasculitì può riconoscere un meccani­ tra un'infiltrazione leucocitaria con edema, che dai
smo immunologico autoimmunitario. È questo il tessuti periawentiziali e dairawentizia, tende ad
caso di autoanticorpi, definiti ANCA (Antineutro- estendersi fino all'intima, predisponendo alla trom­
phil Cytoplasmic Autoantìbodies), e diretti contro bosi, o anche, nel caso di un'arterite suppurativa,
enzimi presentì nei granuli azzurrofili o primari dei alla rottura del vaso; quest'eventualità è tuttavia
neutrofili e anche nei lisosomi dei monocitì e delle oltre modo rara a verificarsi nelle arterie di tipo ela­
cellule endoteliali che sembrano essere coinvolti stico (aorta, arteria polmonare), data la efficace resi­
Vosculiti (aderiti) ; : 955

stenza che il tessuto elastico oppone ai processi sup­ media che reagiscono a tutte le noxae, infiammatorie
purativi. Talora è possibile che emboli settici possa­ e non, che ledono in modo specifico o aspecifico gli
no localizzarsi nei vasa vasorum o essere intrappo­ strati più esterni della parete o anche i tessuti peri-
lati nel lume di un vaso ed ivi iniziare un processo awentiziali. In effetti, l'endoarterite obliterante non
flogistico; se l'embolo settico interessa un piccolo ha alcun carattere di specificità né, di per sé, impron­
vaso terminale, alla tromboarterite purulenta fa-' ta flogistica, ma sembra piuttosto una modalità di
seguito un infarto settico. difesa della parete arteriosa, che ha come fine quello
Altra causa, forse la più comune, di arteriti infet­ di impedire la rottura del vaso e quindi la conse­
tive è la fissazione, in un punto della superficie inti­ guente emorragia, in seguito ad un suo rimaneggia­
male, di germi circolanti nel sangue, in numero suf­ mento strutturale di qualsiasi natura.
ficiente per dare invasione locale. Sebbene questo
evento possa verificarsi in arterie normali, più spes­ Arterite luetica
so interessa vasi aterosclerotici di grosse dimensio­
ni. Le arterie più frequentemente coinvolte sono le La sifilide acquisita causa di solito danni vasco­
stesse che presentano alterazioni aterosclerotiche in lari e l'interessamento arteritico può osservarsi in
fase avanzata, vale a dire, l'aorta addominale, i vasi tutti gli stadi della malattia. Già nel sifiloma prima­
femorali, iliaci e poplitei. Infezioni arteriose posso­ rio si riscontra di frequente una vasculite obliteran­
no anche svilupparsi in seguito a traumi penetranti te con reperto di spirochete negli strati sottoendote-
arteriosi che avvengono durante manipolazioni liali; ma è nel periodo terziario che si manifestano le
chirurgiche o per procedure diagnostiche di tipo lesioni anatomo-cliniche di maggior rilievo. L'arte-
invasivo o per puntura arteriosa nell'abuso di rite luetica terziaria compare in genere 10-15 anni
droga oppure, infine, come risultato di una lesione dopo l'infezione primaria e può riguardare qualun­
traumatica. L'infezione della parete vasale può que segmento dell'albero arterioso. Di gran lunga
avvenire per contaminazione diretta (batteri pre­ più frequente è però l'interessamento dell'aorta
senti nella ferita chirurgica o traumatica o negli toracica ove, peraltro, dato il particolare tropismo
strumenti o negli aghi) o per disseminazione emati­ del processo luetico per i piccoli vasi, le lesioni ini­
ca e linfatica. In tutti questi casi si realizza una ziano a livello dei vasa vasorum.
forma di endoarterite settica caratterizzata dalla Aortite luetica. È la più frequente delle localizzazio­
stratificazione di un essudato fibrino-Ieucocitario ni vascolari della lue terziaria. Preferisce il sesso
sull'endotelio necrotico; la flogosi, con conseguente maschile e l'età media e si localizza all'arco aortico
trombosi parietale, di solito si diffonde alla tonaca e all'aorta ascendente. Le lesioni si attenuano lungo
media e ai tessuti perivasali; nei grossi vasi (ad es. il tratto discendente e non oltrepassano di regola
l'aorta), all'endoarterite settica, può seguire, per l'aorta toracica. L'abituale risparmio dell'aorta
l'indebolimento o la distruzione locale della parete addominale è verosimilmente dovuto alla deficien­
arteriosa, la formazione di un aneurisma infettivo za, in questa sede dei vasa vasorum. Macroscopica­
(ìmicotico). In passato, la sifilide, dotata di un spicca­ mente l'aorta, in corrispondenza dell'arco e della
to angiotropismo, assieme all'endocardite batterica, parte ascendente, si presenta ectasica e con ispessi­
erano le cause più comuni di arteriti e di aneurismi mento fibroso dell''avventizia, particolarmente evi­
infetti. Oggi queste patologie sono diventate rare dente nel tratto intrapericardico, dove il vaso è rico­
grazie ad un efficace trattamento antibiotico. perto dalla sierosa. Caratteristico è l'aspetto della
I microrganismi che più frequentemente si asso­ superficie intimale che presenta grossolane rien­
ciano alTarterite microbica sono le varie specie di Sai- tranze cicatriziali stellate, alternate a placche fibro­
monella, gli stafilococchi e l'Escherichia Coli. Le spe­ se rilevate con superficie lievemente zigrinata. La
cie di Salmonella presentano una particolare propen­ frequente coesistenza nei soggetti anziani, di lesio­
sione all'invasione di aorte patologiche (ateroscleroti­ ni arteriosclerotiche, anche gravi, può rendere scar­
che). Le infezioni arteriose fungine sono estremamen­ samente riconoscibile le lesioni intimali specifiche.
te rare e molto spesso si verificano in pazienti immu- Istologicamente le lesioni interessano tutte e tre le
nodepressi. Le specie spesso chiamate in causa sono tuniche vasali, ma sono più gravi a livello degli
l'Histoplasma capsulatum, l'Aspergillus fungatus, la strati medio e awentiziali e pertanto l'affezione
Candida albicans e la specie PemcUlum. viene indicata come mesoaortite luetica. Inizial­
Nel capitolo delle arteriti è compresa la cosiddet­ mente il processo si svolge neH'awentizia, soprat­
ta endoarterite obliterante che si riscontra spesso in tutto intorno ai vasa vasorum che appaiono ispessi­
arterie che decorrono in vicinanza o nel contesto di ti, con lume ristretto per un processo di endoarteri­
focolai infiammatori. Questa lesione, che interessa te obliterante e circondati da un infiltrato flogistico
vasi di piccolo calibro è cararatterìzzata da un ispes­ ricco di vasellini neoformati, di linfociti e plasma-
simento intimale, ad effetto stenosante od occluden­ cellule ed in parte anche da istiociti con rare cellule
te, inizialmente costituito da una placca mio-elastica giganti. Detto tessuto di granulazione, seguendo il
che in seguito subisce una trasformazione in senso decorso dei vasi, raggiunge successivamente gli
sclero'ialino. La lamina elastica è conservata. Il pro­ strati della tonaca media, specie quelli esterni, dove
cesso è opera dei miociti del terzo interno della provoca degenerazione e frammentazione delle
956 & Arterie
strutture mio-elastiche. Assai raro è, per contro, il arterie, che tendono alla ectasia, nella lue dei medi e
reperto di microgomme con presenza di cellule gia- piccoli vasi (anche intraparenchimali) il lume è sem­
ganti tipo Langhans attorno ad un'area centrale di pre ridotto di ampiezza od anche obliterato. Istologi-
necrosi. In una fase ulteriore si ha l'evoluzione camente, le lesioni sono più spesso di tipo periarteri-
fibrosa del tessuto granulomatoso con conseguente tico e consistono in un manicotto awentiziale e
sclerosi cicatriziale della parete del vaso nelle zone periawentiziale di tessuto granulomatoso ricco di
colpite, per cui si determinano sulla superficie inti­ linfociti e plasmacellule, a volte aggregati in gomme
male le già ricordate cicatrici stellate rientranti. Nel­ miliari. Il processo infiammatorio può estendersi
l'avventizia la sclerosi cicatriziale può coinvolgere i dall'avventizia alla media e provocare un ispessi­
rami nervosi del plesso aortico (aortalgia). L'intima, mento intimale reattivo ad effetto stenosante cha a
nei tratti corrispondenti alle lesioni medio-avventi- livello cerebrale realizza il quadro della cosiddetta
ziali, va incontro ad un ispessimento fibroso più o endoarterite obliterante di Heubner. Assai più rara è
meno cospicuo, costituito inizialmente da miociti l'arterite gommosa, anche questa più frequente a
proliferati e migrati dalla media, e successivamente livello cerebrale.
da fibre collagene e scarse fibre elastiche. L'irregola­
rità della neoformazione connettivale sottoendote- Arterite tubercolare
liale spiega l'aspetto macroscopico "zigrinato"
delle placche fibrose intimali. Il danno e la cicatriz­ A differenza della lue, nella tubercolosi non si
zazione della prima porzione dell'aorta portano di osserva un interessamento elettivo a sé stante delle
solito alla distensione dell'anello aortico e alla scle­ arterie, le quali possono presentare lesioni aspecifi­
rosi e deformazione delle cuspidi valvolari. Ne che e specifiche quando percorrono territori colpiti
deriva un'insufficienza valvolare progressiva aorti­ dalla malattia. Le lesioni aspecifiche consistono in
ca con conseguente ipertrofia del ventricolo sinistro una sclerosi awentiziale e in una proliferazione reat­
(insufficienza aortica sifilitica o morbo di Hodgson). tiva delle cellule muscolari lisce a livello mio-intima-
L'aortite luetica a livello dei seni di Vaisalva può le, che culmina nel quadro della cosiddetta endoarte­
rite obliterante. Le lesioni specifiche, sia di tipo pro­
interessare gli imbocchi delle coronarie, dando luogo
duttivo, sia di tipo necrotico-caseoso, si stabiliscono
a stenosi od anche occlusione orifiziale di una di esse
più frequentemente per propagazione da lesioni
(possibile causa di crisi stenocardiche ed anche di
tubercolari periawentiziali; assai rara è. invece la
morte improvvisa); meno di frequente il processo si
localizzazione diretta di bacilli, circolanti nel sangue,
propaga per contiguità al tratto iniziale dei tronchi
sull'intima vasale con formazione di tubercoli milia­
coronarici (dando luogo a sindromi anginose e a
ri medio-intimali. Quando il processo specifico, pro­
gravi disturbi di circolo del miocardio), mentre ecce­
venendo dall'esterno, aggredisce e distrugge àmpia­
zionale è l'interessamento coronarico delle ramifica­
mente la parete dell'arteria ed in particolare le strut­
zioni vascolari più periferiche, che di solito fa parte
ture mioelastiche della media, è possibile lo sfianca-
integrante del quadro della miocardite luetica.
mento aneurismatico del vaso; esempio tipico sono i
La formazione di un aneurisma aortico è una com­ cosiddetti aneurismi di Rasmussen, di frequente
plicanza frequente dell'aortite luetica, legata alla riscontro nelle pareti delle caverne tubercolari del
estesa distruzione del tessuto elastico della tonaca polmone. Tuttavia l'ispessimento intimale obliteran­
media, specie nel suo terzo esterno, e alla sua sosti­ te e/o la trombosi occlusiva, che quasi costantemen­
tuzione con tessuto fibroso, scarsamente resistente te accompagnano le lesioni specifiche, impediscono
all'urto della corrente sanguigna. L'aneurisma ha molto spesso la rottura del vaso e la conseguente
sede di solito nella porzione ascendente dell'aorta e emorragia. Va anche ricordato che l'apertura nel
nell'arco; è caratteristicamente sacciforme e a svilup­ lume vasale di tubercoli intimali caseificati può, in
po progressivo (donde la frequenza dei fenomeni casi rari provocare una miliare circoscritta nel terri­
compressivi). La rottura dell'aorta luetica non prece­ torio di irrorazione di quella data arteria, od anche
duta da aneurisma, in una zona di intenso rimaneg­ una miliare generalizzata nel caso eccezionale di una
giamento strutturale della media, è un evento oltre­ localizzazione tubercolare endoaortica.
modo raro. Va sottolineata infine, la frequenza con
cui l'aortite luetica si associa a lesioni ateroscleroti-
che, a volte di grado tanto vistoso da mascherare Arterite a cellule giganti
microscopicamente le lesioni luetiche; anche la coro- Questa forma di arterite granulomatosa, nota
narosclerosi è assai frequente nei luetici con aortite. anche come arterite temporale o di Horton, è la
Ciò ha indotto a pensare che il substrato luetico favo­ forma più comune di vasculite in soggetti anziani
risca l'insorgenza precoce e grave dell'aterosclerosi. con più di 50-60 anni di età; la frequenza aumenta
Sifilide dei medi e piccoli vasi. Ne è prototipo la loca­ con l'avanzare dell'età. Le donne sono più colpite
lizzazione ai vasi di medio e piccolo calibro del poli­ con un rapporto di 2:1-4:1. Non si tratta di ima affe­
gono del Willis che, nei casi tipici, appaiono diffusa- zione limitata all'arteria temporale, come in passa­
mente ispessiti, rigidi e di colorito biancastro col to ritenuto, bensì di un'arte rite a distribuzione
classico aspetto a "maccherone cotto". Contraria­ sistemica che può colpire qualunque arteria di gros­
mente a quanto si verifica nella sifilide delle grosse so e medio calibro con predilezione per l'arteria
Vosculiti (arteriti) & 957

temporale, le cui lesioni possono peraltro mancare sono ima cefalea intensa e persistente, diffusa o
in casi tipici della malattia. Sedi preferenziali, oltre localizzata lungo il decorso delle arterie occipitali e
alTarteria temporale superficiale, sono l'arteria temporali, accompagnata da dolorabilità e nodosità
oftalmica, i rami ciliari posteriori della carotide delle arterie ed eritema della cute sovrastante. La
interna, i rami occipitali, facciali e mascellari della claudicatio intermittens dei muscoli della mascella
carotide esterna e l'arteria vertebrale. L'aorta e i durante la masticazione, legata alla progressiva
grandi vasi che da essa originano risultano affetti in occlusione dell'arteria facciale, è ritenuta un segno
circa il 15% dei casi. patognomonico. Sintomi oculari, causati da neurite
Istologicamente nei casi Classici la lesione, nella ottica ischemica o da ostruzione dell'arteria centra­
fase conclamata, ha un carattere granulomatoso, le della retina, variano dall'annebbiamento alla
localizzazione medio-intimale ed è spesso compli­ diplopia o alla perdita della vista transitoria o per­
cata da trombosi. Nel granuloma spiccano istiociti e manente e si verificano in circa la metà dei pazienti
numerose cellule giganti plurinucleate, sia da corpo e possono essere le uniche manifestazione della
estraneo, che tipo Langhans, situate in prossimità malattia. In generale la diffusione della malattia è
della lamina elastica interna, rigonfia e frammenta­ più grande di quanto suggerito dalla sintomatolo­
ta; talora è possibile osservare frammenti di fibre gia. In caso di interessamento delle arterie di gros­
elastiche all'interno del citoplasma delle cellule so calibro, i sintomi sono simili a quelli dell'arterite
giganti. In altri casi, meno frequenti, i granulomi di Takayasu e sono il risultato dell'ischemia dei
sono rari o assenti ed è presente una panarterite distretti riforniti dall'arteria colpita. Tali sintomi
aspecifica con un infiltrato infiammatorio costituito possono comprendere la claudicatio degli arti supe­
da linfociti, macrofagi, e leucociti (neutrofili ed riori od inferiori, angina addominale, ischemia
eosinofili) in assenza di cellule giganti. Nella fase coronaria, attacchi ischemici transitori cerebrali e
tardiva del processo flogistico, sia esso granuloma- occasionalmente il fenomeno di Raynaud. All'esor­
toso o meno, l'infiltrato infiammatorio si riduce dio della malattia o durante il suo decorso può
fino a scomparire ed è sostituito da uno spiccato comparire la sintomatologia tipica della polimialgia
ispessimento intimale e sclerosi della tonaca media reumatica con una sovrapposizione di molti dei
con frammentazione delle lamine elastiche, aspetti segni clinici. Questa sindrome clinica è caratterizza­
morfologici questi del tutto aspecifici e difficili da ta da dolori e difficoltà motorie dei muscoli dei cin­
distinguere da quelli legati all'età. L'organizzazione goli (scapolare e pelvico), da una VES elevata, e da
del trombo luminale trasforma l'arteria in un cor­ una buona risposta alla terapia steroidea. Circa il
done fibroso. L'interessamento dell'aorta e dei suoi 30-40% dei pazienti con arterite a cellule giganti
rami principali, di solito, coesiste con la sindrome può presentare i sintomi di una polimialgia reuma­
più classica e prevalente dell'arterite temporale, tica, mentre nel 5-40% dei pazienti in cui è stata
sebbene l'aorta possa costituire l'obiettivo primiti­ fatta diagnosi di polimialgia reumatica è presente,
vo della malattia. Oltre all'aorta (aortite a cellule in modo silente, un'arterite quando si esegue di
giganti), i tratti arteriosi più comunemente interes­ routine la biopsia dell'arteria temporale.
sati sono le arterie succlavia, ascellare, omerale e La diagnosi si fonda sulla biopsia e sul relativo
l'arteria femorale profonda e superficiale. Rara­ reperto istologico in grado di evidenziare le tipiche
mente vengono interessati le coronarie, il tronco lesioni vascolari. Bisogna tuttavia tener conto che
celiaco, l'arteria mesenterica superiore, l'iliaca e la frequentemente l'arterite è focale e segmentaria e che
renale. Occasionalmente si osserva un aneurisma le aree colpite dalla vasculite misurano non più di
dell'aorta ascendente, spesso con dissecazione e tal­ 300-400 micron di lunghezza, per cui la biopsia
volta con insufficienza aortica. potrebbe fornire reperti di falsa negatività. La biop­
L'eziopatogenesi di questa malattia è sconosciuta sia, per essere adeguata, deve misurare almeno 2-3
ma la precocità delle lesioni a carico della lamina ela­ cm. ed è necessario esaminare numerose sezioni isto­
stica interna, e la pronta risposta alla terapia steroi­ logiche a diversi livelli. Inoltre il prelievo bioptico
dea, farebbero supporre una patogenesi immunita­ deve essere eseguito nella fase acuta della malattia,
ria. La vasculite sarebbe indotta da meccanismi prima del trattamento medico. Va infatti sottolineato
immunologici cellulo-mediati diretti contro compo­ che il reperto delle cellule giganti, pur non essendo
nenti strutturali della parete arteriosa, verosimil­ obbligatorio né tanto meno specifico della vasculite
mente le fibre elastiche. E stata descritta tra i pazien­ in questione, è un importante marker morfologico
ti ima maggiore incidenza dell'antigene HLA differenziale nei confronti delle arteriti necrotizzanti
DRB1*0404 suggerendo quindi una predisposizione che di regola ne sono privi e non rispondono alla
genetica. Ciò è giustificato dal più alto numero di terapia corticosteroidea. L'ecografia riesce talora a
casi osservato in certe aree geografiche dove la popo­ differenziare l'aortite dall'aterosclerosi, inoltre l'età
lazione ha un comune background etnico. di insorgenza aiuta a differenziare questa entità da
Il quadro clinico generale comprende astenia, altre vasculiti, come la malattia di Takayasu.
anoressia, febbre, dimagrimento, debolezza e mial­ Generalmente la risposta alla terapia corticoste­
gie. Sono pure spesso presenti anemia e una VES roidea è molto rapida con attenuazione della sinto­
molto elevata. Segni più specifici, legati all'arterite, matologia, a meno che non ci siano gravi localizza­
9 5 8 fe Arterie
zioni viscerali. Può residuare cecità permanente. La e ancor più con quella a cellule giganti di Horton. Per
mortalità è dovuta a dissecazione aortica, rottura di questo motivo, la diagnosi differenziale fra le varie
aneurisma, infarto del miocardio o cerebrale. Tutta­ lesioni a cellule giganti dell'aorta, soprattutto nella
via mortalità e significativa morbilità delle compli­ fase attiva della malattia, si basa ampiamente su dati
canze oculari ed arteriose possono essere prevenu­ clinici, fra cui l'età del paziente.
te da una precoce ed adeguata terapia steroidea. Le manifestazioni cliniche sono diverse a secon­
da della sede delle lesioni vasculitiche, della loro
Arterite di Takayasu gravità e velocità di progressione, nonché dello
stato del circolo collaterale. Nelle prime fasi, quan­
È un'arterite granulomatosa cronica, segmenta­ do la flogosi vascolare è ancora attiva ci possono
ria, ad eziologia sconosciuta in cui il processo essere sintomi non specifici, quale febbre, malesse­
infiammatorio coinvolge soprattutto l'aorta e i suoi re, vertigine ed artralgie. In uno stadio successivo,
rami principali, causando stenosi, occlusioni, e quando lesioni stenotiche ed ostruttive dominano
meno frequentemente aneurismi. È una malattia la clinica, i pazienti affetti dai tipi I e ILE presentano
rara che predilige i soggetti giovani, con netta preva­ quei reperti che sono considerati i più tipici di que­
lenza nel sesso femminile, fra la prima e quarta sta malattia, vale a dire: polsi superiori diminuiti o
decade di vita. In Asia è piuttosto frequente, mentre assenti con pressione appena percettibile alle brac­
è più rara in Occidente. Nei casi più tipici, l'arterite cia e pressione più elevata agli arti inferiori, mani­
interessa esclusivamente l'arco aortico, ma in molti festazioni ischemiche nei vari distretti interessati,
casi essa colpisce anche l'aorta discendente e i suoi disturbi del visus fino alla cecità e sintomi cerebro­
rami principali, nonché l'arteria polmonare. La vascolari come ictus, e attacchi ischemici transitori.
malattia è stata suddivisa in diversi tipi sulla base I pazienti con arterite di tipo II possono presentare
della sede coinvolta: il tipo I è localizzata all'arco angina addominale e claudicatio degli arti inferiori
aortico e ai tronchi epiaortici; il tipo II risparmia Var­ e tendono anche a sviluppare ipertensione a causa
co aortico e interessa l'aorta toracica e l'aorta addo­ della compromissione dell'arteria renale, H coinvol­
minale; il tipo III presenta aspetti dei tipi I e II; il tipo gimento dell'arteria polmonare può determinare
IV unisce aspetti del tipo I e del tipo III con interes­ ipertensione polmonare e manifestazioni di cuore
samento dell'arteria polmonare. Molti dei casi ripor­ polmonare. L'interessamento cardiaco è frequente e
tati (65,4%) rientrano nel tipo III, sottolineando così rappresenta la prima causa di morte. Quando la
la natura diffusa di questa aortite. L'eziologia è sco­ lesione si estende all'aorta ascendente, può eviden­
nosciuta. La maggior incidenza in certe aree geogra­ ziarsi una retrazione cicatriziale dei lembi della val­
fiche e la sua comparsa in gemelli monozigoti o in vola aortica o una diffusa dilatazione della parete
alcune famiglie fanno pensare che una predisposi­ del vaso che determinano un'insufficienza valvola­
zione genetica stia alla base della malattia. Nella re. La stenosi degli osti coronarici o del tratto pros­
popolazione giapponese la maggiore incidenza sem­ simale delle coronarie può causare un infarto del
bra essere legata all'antigene HLA-B52. miocardio. L'ipertensione arteriosa, secondaria alla
Il reperto macroscopico consiste in un irregolare stenosi dell'arteria renale o a coartazione aortica
ispessimento con raggrinzimento della superficie acquisita, emodinamicamente significativa, aggra­
intimale di natura cicatriziale della parete aortica e vata da una ridotta reattività baro-recettoriale e da
dei segmenti prossimali delle grosse arterie che da una diminuita distensibilità aortica è presente nel
esso derivano; gli orifizi dei grossi rami collaterali 50% dei casi e può causare una cardiopatia iperten-
sono spiccatamente stenosati e a volte obliterati. siva. L'interessamento delTarteria polmonare è
Istologicamente le lesioni iniziali hanno sede nel­ spesso asintomatico ma a volte può determinare
l'avventizia sotto forma di infiltrato linfomonocitario ima grave ipertensione polmonare e manifestazioni
disposto soprattutto attorno ai vasa-vasorum. A que­ di cuor polmonare. Il decorso della malattia è varia­
ste lesioni infiammatorie fa seguito una diffusa infil­ bile ma di regola sia assiste ad una lenta progressio­
trazione, costituita inizialmente da polimorfonucleatì ne nel corso di mesi o di anni con recrudescenze di
e successivamente da mononucleati, che invade la complicanze quali una retinopatia, un'insufficienza
tonaca media. A queste alterazioni conseguono lesio­ aortica o aneurismi dell'aorta o delle arterie perife­
ni focali necrotiche della media, che vengono ripara­ riche. La terapia con cortisonici, se somministrata
te da tessuto di granulazione, talora ricco in cellule precocemente, è in grado di controllare i sintomi
giganti plurinucleate di tipo Langhans. Lo stadio sistemici, di arrestare il processo e di far regredire le
evolutivo ultimo di queste lesioni è un'estesa sclerosi stenosi arteriose. I pazienti resistenti alla terapia
della media e un marcato ispessimento fibrotico del­ cortisonica possono trovare beneficio dall'uso di
l'intima con stenosi del lume vasale, che può essere farmaci citostatici come la ciclofosfamide e il
breve e segmentario o lungo e diffuso. Il processo methotrexate.
può essere complicato da fenomeni trombotici che
contribuiscono a restringere ulteriormente il lume
vasale, fino alla sua obliterazione completa. Morfolo­
Poliarterite nodosa
gicamente il reperto non è caratteristico e presenta È una vasculite sistemica di tipo necrotizzante
evidenti analogie con altre aortiti, come quella luetica segmentarla, poco frequente, a decorso cronico con
Vasculiti (arteritij & 959

accentuazioni episodiche, che interessa le arterie di to della parete, motivo per cui non è frequente in
piccolo e medio calibro di svariati distretti. Sono questa fase l'emorragia per rottura degli eventuali
invece risparmiati i glomeruli renali, il microcircolo aneurismi. Nel terzo stadio prevale la formazione di
(arteriole, capillari e venule) e generalmente la cir­ tessuto di granulazione, con infiltrazione linfopla-
colazione polmonare. Nello stesso vaso, le lesioni smocitaria e granulocitaria eosinofila, associata a
morfologiche sono irregolarmente distribuite, con proliferazione fibroblastica (Fig. 2B) con progressiva
segmenti coinvolti dal processo flogistico, alternati sostituzione delle aree necrotico-essudatìve. Il tessu­
a segmenti indenni. Altre caratteristiche sono: la to di granulazione occupa le aree della media e del­
predilezione per le biforcazioni vasali, la loro abi­ l'intima distrutte e si estende all'avventizia contri­
tuale limitazione ad un breve tratto del vaso, la ten­ buendo alle formazioni dei rigonfiamenti nodulari
denza alla formazione di sacche aneurismatiche, le visibili macroscopicamente. I trombi eventualmente
gravi ripercussioni che esse determinano sulla, presenti vengono organizzati, e, gradualmente, si ha
nutrizione degli organi colpiti, l'evoluzione ciclica l'evoluzione fibrotica delle lesioni, cosicché l'arteria
del processo arteritico e la contemporanea presenza assume l'aspetto di un cordone fibroso; la cicatrizza­
di lesioni in diversa fase evolutiva. zione può inoltre determinare la guarigione dell'a­
Dal punto di vista istologico il processo attraver­ neurisma con stenosi o addirittura l'obliterazione del
sa schematicamente quattro stadi evolutivi, spesso lume. Nel quarto stadio si hanno unicamente lesioni
coesistenti. Nel primo stadio si ha la comparsa di fibrotiche con infiltrati flogistici residui.
focolai di necrosi con deposizione di sostanza fibri- È bene sottolineare che raramente le lesioni vasali
noide, a partire dalla media con estensione all'intima si presentano tutte allo stesso stadio evolutivo, poten­
(Fig. 2A), provocando sollevamento e desquamazio­ dosi osservare stadi diversi nello stesso vaso o in vasi
ne dell'endotelio. Nel secondo stadio, alle lesioni diversi, data l'evoluzione a poussèes del processo
necrotiche, si aggiunge un'intensa infiltrazione leu­ morboso. Un reperto che va ancora sottolineato è
cocitaria con discreta quota di eosinofili, che può quello che si riferisce alle caratteristiche dilatazioni
interessare tutte e tre le tuniche dell'arteria e i tessu­ aneurismatiche multiple, sino ad 1 cm di diametro, dei
ti perivascolari. Se il danno necrotico è esteso a vasi di medio calibro, ben visibili nei casi classici nelle
buona parte dello spessore della media, con distru­ arterie del rene, cuore, fegato e visceri. Pur potendo
zione anche della lamina elastica interna, si può raramente osservarsi anche in altre arteriti (ad es. nel
avere la formazione di piccole dilatazioni aneuri­ lupus) questo reperto è virtualmente patognomonico
smatiche, spesso multiple, donde il tipico aspetto di questa arterite. Come già ricordato detti aneurismi
macroscopico nodulare "a corona di rosario" dei vasi si formano nella fase acuta necrotica in seguito alla
colpiti (il reperto è particolarmente evidente a livello distruzione focale della membrana elastica interna;
delle coronarie e nei vasi mesenterici in prossimità per la sovrapposizione di fenomeni di trombosi e di
dell'inserzione mesenteriale) che ha dato il nome alla organizzazione del trombo, essi appaiono tuttavia
malattia. Dato il calibro modesto dei vasi colpiti, la più spesso "pieni" e non inclini alla rottura.
trombosi che accompagna la necrosi medio-intimale La malattia, colpisce preferenzialmente giovani
può risultare occludente anche quando c'è cedimen­ adulti di sesso maschile. Le sedi più frequenti delle

Fig. 2 - Poiiarterite nodosa. La necrosi fibrinoide, la trombosi vascolare e la flogosi acuta medio-intimale, sono aspetti morfologi­
ci tipici dei primo stadio (a). Nei terzo stadio !a struttura della parete vasale è in gran parte alterata per la presenza di infiltrati
linfo-plasmo-granulocitari transmurali e per la deposizione di tessuto fibroso (b).
960 Arterie
lesioni arteriose sono il rene (80% dei casi), il cuore lare, granulomatosa o sclerotica. L'eziologia della
(70% dei casi), il fegato (65%), ed il tratto gastrointe­ poliarterite nodosa permane sconosciuta. La presen­
stinale (50%); frequente anche l'interessamento dei za talora di depositi di immunocomplessi nelle pare­
nervi periferici (40%) e della cute (25%) (qui sotto ti vasali in preda a lesioni acute, depone per una rea­
forma di noduli sottocutanei periarteriosi il cui pre­ zione immune. Detta reazione potrebbe essere scate­
lievo bioptico assume importanza diagnostica) e dei nata da farmaci, da agenti microbici, da antigeni
muscoli scheletrici (utilità della biopsia muscolare in tumorali o da virus. Particolare interesse, in questo
assenza di noduli cutanei). Le lesioni arteriose com­ ordine di idee, suscita l'elevata incidenza dell'antige-
portano gravi turbe nutritive degli organi interessati nemia dell'epatite B (HbsAg) o degli immunocom­
con conseguenze diverse da organo ad organo. Nel plessi HbsAg-anti-HbsAg nel siero e talora nelle
cuore, l'interessamento delle arterie coronarie - rami pareti vasali lesionati dei pazienti con poliarterite
extramurali - (ben apprezzabile al tavolo anatomico nodosa. Prima dell'introduzione del vaccino, l'HBV
per il tipico aspetto nodulare delle pareti arteriose era considerato la causa del 25-40% di tutti i casi di
ispessite e con lume ristretto) è causa di fenomeni poliarterite nodosa. Va segnalato che sono stati con­
anginosi, di miocardiosclerosi e talora anche di infar­ siderati come possibili agenti eziologici anche il cito-
to del miocardio e di rottura di un'aneurisma coro­ megalovirus, l'HIV, il parvovirus, il virus T-linfotro-
narico con emo-pericardio mortale; praticamente pico e l'HCV. Gli ANCA sono presenti soltanto nel
costante è l'ipertrofia del ventricolo sinistro in rispo­ 10-15% dei pazienti e sono prevalentemente p-
sta all'ipertensione arteriosa secondaria all'interessa­ ANCA. La prognosi della poliarterite nodosa, un
mento renale. Il rene presenta spesso il quadro di tempo infausta, è stata decisamente migliorata dal­
una nefrosclerosi per lo più di tipo maligno (iperten­ l'introduzione della terapia con corticosteroidi e
sione arteriosa, insufficienza renale, ematuria) con ciclofosfamide. Nei pazienti HbsAg positivi può
associati infarti ischemici multipli in vario stadio essere utile la sostituzione dei farmaci immunosop-
evolutivo. Le lesioni poliarteritiche hanno sede pressori con farmaci antivirali e cicli di plasmaferesi.
soprattutto nelle arterie interlobari, arciformi ed
interlobulari, che appaiono al tavolo anatomico Malattia di Kawasaki
ispessite, trombizzate e spesso sede dì aneurismi.
Nel fegato sono possibili infarti ischemici in territori
(sindrome mucoso-cutanea finfonodaie)
appartenenti a rami dell'arteria epatica, occlusi o E una malattia febbrile che colpisce di solito i
sede di aneurismi trombizzati. Nell'intestino sono neonati ed i bambini di età inferiore a 4 anni (la
rare le lesioni ulcerative ischemiche (ileo, duodeno, maggioranza sotto i 2 anni). È associata a vasculite
digiuno, colon, con possibilità di emorragie e di peri­ sistemica delle arterie di medio e piccolo calibro
tonite da perforazione). Il sistema nervoso centrale è con caratteri sovrapponibili a quelli della poliarteri­
solo raramente sede di emorragie o di rammollimen­ te nodosa e con una particolare predilezione per le
ti cerebrali (eccezionalmente midollari); frequenti arterie coronarie. La malattia si manifesta con: i)
invece sono le lesioni dei nervi periferici legati ad febbre che dura più di 5 giorni, resistente al tratta­
arterite dei vasi nutritizi con secondaria atrofia e mento con antibiotici; iì) una congestione della con­
demielizzazione dei tronchi nervosi. Infarti ischemi­ giuntiva oculare bilaterale; iii) alterazioni nelle lab­
ci sono segnalati in altri organi, fra cui ricordiamo il bra e nella cavità orale: arrossamento delle labbra e
testicolo, la colecisti, il polmone etc. I sintomi di esor­ della lingua con prominenza delle papille (lingua a
dio sono aspecifici: febbre, perdita di peso, leucocito­ fragola), iperemia diffusa della mucosa orale e
si con frequente eosinofilia e aumento della VES, faringea; ìv) linfoadenopatia non purulenta cervica­
mentre nelle fasi più avanzate spiccano sintomi rife­ le e raramente generalizzata; v) un eritema poli­
ribili agli organi maggiormente interessati che, data morfo su tutto il tronco e le estremità, che talvolta
la diversa entità e distribuzione delle lesioni vascola­ può assumere aspetto morbilliforme e scarlattifor-
ri, variano notevolmente da caso a caso. Tra le cause me; vi) edema ìndurativo ed eritema delle mani e
di morte più frequenti figurano l'infarto del miocar­ dei piedi seguito più tardi nel corso della malattia
dio, la rottura di un aneurisma coronarico (emoperi- da una desquamazione membranosa della punta
cardio), mesenterico (emoperitoneo) o renale (emor­ delle dita. Una compromissione delle coronarie si
ragia intraparenchimale o ematoma perirenale), la ha in circa il 20% dei pazienti non trattati e attual­
peritonite da perforazione di un'ulcera intestinale. mente la malattia di Kawasaki rappresenta la causa
Per la diagnosi bioptica (su prelievi cutanei o musco­ principale di cardiopatia acquisita in età pediatrica.
lari), va tenuto presente che il reperto istologico della Si ritiene che in soggetti geneticamente predisposti,
poliarterite nodosa, per quanto caratteristico, non è un gran numero di comuni agenti infettivi, agendo
strettamente specifico, potendo una poussés acuta di come superantigeni, stimolino una selettiva espan­
questa malattia essere indistinguibile, per esempio sione ed attivazione dei linfociti T helper. Questi
da una arterite allergica. Per l'accertamento istologi­ assieme a cellule monocitico-macrofagiche secerno­
co della poliarterite nodosa si esige, infatti, la dimo­ no una grande varietà di citochine che, oltre a
strazione della cronicità della malattia attraverso la mediare i quadri clinici della malattia, potrebbero
documentazione di reperti attestanti una fase nodu­ essere responsabili della proliferazione di vari cloni
Vasculiti (arteriti) « 961

di linfociti B che produrrebbero autoanticorpi con­ (vasculite leucocitoclastica cutanea), si rende manife­
tro le cellule endoteliali. sto con la comparsa di papille emorragiche (porpora
Istologicamente l'arterite si manifesta con un'infil­ palpabile) localizzate preferibilmente nelle partì
trazione di granulociti neutrofili e di cellule mononu- declivi (arti inferiori e nelle regioni sacrali nei pazien­
cleate, con scarsi fenomeni di necrosi fibrinoide. La ti allettati). Quando la vascidite assume carattere
flogosi in genere è transmurale, con distruzione di sistemico, i distretti maggiormente colpiti sono i reni,
tutti i componenti della parete vasale anche se può le articolazioni, i polmoni, l'apparato gastro-enterico,
essere di lieve entità e limitata alla sola tonaca intima. il sistema nervoso periferico ed i muscoli scheletrici.
Le lesioni possono complicarsi con la trombosi del Piuttosto frequenti sono la glomerulonefrite necrotiz­
lume e la formazione di aneurismi. Negli stadi più zante e le capillarite polmonare. Possibili agenti cau­
avanzati l'infiltrato infiammatorio tende a scompari­ sali possono essere farmaci (penicilline, tetracicline,
re, sostituito da una fibrosi della parete vascolare a sulfonamidi), sostanze chimiche (insetticidi, erbicidi,
cui si associa, frequentemente, un'iperplasia intimale prodotti del petrolio), batteri (stafilococchi, strepto­
che può provocare stenosi del lume. Durante la fase cocchi, micobatteri), virus (virus dell'influenza, cito-
acuta della malattia è possibile il riscontro di versa­ megalovirus) proteine eterologhe (sieri), ed antigeni
mento pericardico asintomatico, di miocardite e di autoioghi. In molti casi non è possibile identificare
vasculite coronarica. Questa arterite predilige i grossi alcun agente causale. Da un punto di vista patogene-
rami sub-epicardici con comparsa di aneurismi nella tìco si ritiene che lo sviluppo del processo vasculitico
seconda settimana di malattia e raggiungimento sia provocato dal deposito, nelle pareti vasali, di
delle dimensioni massime, dalla terza all'ottava setti­ immunocomplessi o dalla formazione di immuno-
mana successiva all'esordio della febbre. Complican­ complessi in situ. In molti pazienti sono stati trovati
ze fatali (infarto del miocardio, emopericardio per elevati livelli di immunocomplessi circolanti, anche
rottura aneurismatica) si verificano in circa l'l% dei se le indagini con immunofluorescenza non hanno
casi. Studi angio-cardio-grafici seriati hanno dimo­ riscontrato con costanza la presenza di depositi
strato una notevole capacità evolutiva delle lesioni immunitari nelle lesioni vascolari. Depositi di Immu­
coronariche; circa la metà dei bambini con aneurismi noglobuline e complemento sono stati evidenziati
coronarici diagnosticati subito nella fase acuta della nelle lesioni nelle prime 24 ore dal loro sviluppo. Le
malattia, ha, 1-2 anni più tardi, vasi di apparenza nor­ lesioni vasali consistono istologicamente in una
male all'esame angiocardiografico. Invece pazienti vasculite necrotizzante (Fig. 3), con deposito di
con aneurismi di diametro maggiore di 8 mm (3-5% sostanza fibrinoide, infiltrazione di leucociti polimor-
di tutti casi di dilatazione coronaria) hanno scarsa
possibilità di regressione ed una elevata possibilità di
stenosi o occlusione del segmento coronarico colpito.
L'arterite è stata anche riscontrata con frequenza
decrescente nelle arterie ascellari, iliache, renali,
mammarie interne, mesenteriche e nell'aorta. La for­
mazione di aneurismi è meno frequente nelle arterie
sistemiche che nelle arterie coronarie; uno studio cli­
nico-patologico ha individuato aneurismi arteriosi
sistemici (ascellari ed iliaci) nel 3,3% su 662 pazienti
con malattia di Kawasaki e con aneurismi coronarici.
Il trattamento con gammaglobuline endovena e
aspirina per via orale ad alte dose si sono dimostra­
te efficaci nel ridurre la formazione di aneurismi e la
trombosi delle coronarie, la persistenza della febbre
e la flogosi miocardica nella fase acuta della malattìa.

Poliangioiti microscopiche (angioiH


da ipersensibilità o leucocitoclastiche
poliarteriti microscopiche)
Si tratta di un vasto ed eterogeneo gruppo di sin­
dromi anatomo-cliniche ad inizio acuto e decorso per
lo più rapido (a volte recidivante) che hanno in
comune l'interessamento predominante di vasi più
piccoli rispetto a quelli coinvolti nella poiiarterite
nodosa (arteriole, capillari, venule e glomeruli renali) Fiq. 3 - Vasculite ieucocitociasfìca cutanea. Piccoli vasi (frecce)
e tutte le lesioni tendono ad essere allo stesso stadio
del derma superficiale infiltrati da granulociti poiinrcorfonuclea-
ti, molti dei quali si frammentano durante l'invasione della
evolutivo. Il distretto maggiormente colpito è quello parete vascolare. In un vaso {freccia lunga} è possibile osserva­
cutaneo, il cui interessamento, a volte esclusivo re anche necrosi fibrinoide.
962 ■ Arterie
fonucleati, molti dei quali si frammentano man mano riole, venule e linfatici; la parete vasale è diffusa-
che diffondono attraverso la parete arteriosa (vasculi- mente infiltrata da polimorfonucleati, linfociti, pla-
te leucocitoclastica) e stravasi ematici. Poiché la pare­ smacellule con dissociazione delle tonache e distru­
te vasale è interessata a tutto spessore, ne derivano zione della membrana elastica interna (Fig. 4); la
aspetti simili ai quadri acuti della poliarterite nodosa, necrosi fibrinoide subintimale è documentabile
senza tuttavia i relativi aspetti macroscopici (cosid­ negli stadi iniziali. A questa fase acuta essudativo-
detta poliarterite microscopica). Le lesioni sono tutte necrotica segue la formazione di tessuto granulo-
allo stesso stadio evolutivo e manca l'aspetto granu- matoso con cellule giganti e più tardivamente l'i­
lomatoso. Nella grande maggioranza di pazienti spessimento fibroso della parete con deformazione
(80%) si riscontrano nel siero gli anticorpi p-ANCA. e riduzione del lume vasale. Per lo più le lesioni si
Queste angioti da ipersensibilità possono colgono in diverse fasi evolutive. L'interessamento
riscontrarsi in ima serie di sindromi relativamente renale in corso di malattia di Wegener è caratteriz­
distinte fra loro come la porpora di Schonlein- zato, nelle fasi precoci, da una glomerulonefrite
Henoch, la vasculite più comune dell'infanzia focale e segmentale che, in casi più gravi, evolve in
(caratterizzata dal deposito nelle pareti di venule, una glomerulonefrite rapidamente progressiva con
capillari, arteriole e nella regione mesangiale dei formazione di semilune. Il riscontro di immuno­
glomeruli renali, di immunocomplessi di tipo IgA) complessi nelle pareti vasali e nei glomeruli in alcu­
e la crioglobulinemia mista con depositi di immuno- ni pazienti depone a favore di un meccanismo
globuline crio-precipitabili, composti da policloni immunologico. Anche la presenza di granulomi ed
IgG e da un monoclone-IgM con attività di fattore ima immediata risposta alla terapia immunosop-
reumatoide ed anti-IgG. In questa sindrome sono pressiva suggeriscono che un meccanismo immu­
particolarmente colpiti i vasi cutanei ed il segno nologico, forse di tipo cellulo-mediato, sia coinvolto
prevalente è una porpora palpabile che è localizza­ nella genesi e nello sviluppo della malattia.
ta agli arti inferiori e che compare dopo l'esposizio­ Gli autoanticorpi c-ANCA sono stati evidenziati
ne al freddo o in seguito a stasi periferica. Alla por­ in percentuale variabile (80-100% dei casi) nei
pora si associano spesso sinoviti e glomerulonefri- pazienti con granulomatosi di Wegener attiva ed in
ti focali e diffuse. Vasculiti leucocitoclastiche dei percentuale notevolmente più bassa quando la
piccoli vasi, a localizzazione soprattutto cutanea malattia è in remissione.
ma anche viscerale, possono osservarsi inoltre nel
lupus eritematoso sistemico (2% dei casi), nella Angioine allergica granulomatosa
artrite reumatoide e, sebbene di rado, nel corso di
neoplasie maligne, per lo più malattie linfoprolife- [sindrome di Churg e Strauss)
rative (leucemia linfatica cronica, linfomi, malattia Detta anche sindrome di Churg e Strauss è
di Hodgkin, mieloma multiplo) e occasionalmente caratterizzata da: i) rinite allergica, asma bronchia­
in numerose altre malattie (colite ulcerosa, cirrosi le; ii) infiltrazione tissutale di eosinofili e con eosi­
biliare primitiva, sindromi di Goodpasture e di Sjo- nofilia in circolo; iii) vasculite e granulomi extrava­
gren etc.). Gli anticorpi ANCA non sono di solito scolari necrotizzanti con infiltrati ricchi di eosinofi­
presenti. li. È una malattia rara che colpisce pressocché in
egual misura maschi e femmine. L'età media di
Granulomatosi di Wegener insorgenza è di 44 anni.
È una malattia granulomatosa ad impronta
necrotica, a probabile patogenesi da immunocom­
plessi, i cui principali caratteri anatomo-clinici sono
rappresentati da: i) lesioni granulomatose necrotiz­
zanti nelle vie aeree superiori e inferiori (cavità
nasali e seni paranasali, laringe, trachea, polmoni);
ii) lesioni flogistiche necrotizzanti dì arterie e vene
di medie e piccole dimensioni (vasculite necrotiz­
zante), disseminate ma con particolare predilezione
per il polmone e le vie aeree superiori; iii) una glo-
merulite focale necrotizzante con periglomerulite
granulomatosa. Quando queste lesioni non sono
presenti tutte, contemporaneamente, si parla di gra­
nulomatosi di Wegener "limitata" in cui il rene non
è colpito e le lesioni sono limitate all'apparato respi­
ratorio. Rimandando al cap. "Polmoni" per maggio­
ri particolari, va qui ricordato che le lesioni vasali si
trovano sia nel contesto dei granulomi che al di Fig. 4 - Granulomatosi di Wegener {fase acuta). Arteria di pic­
fuori di questi, in distretti parenchimali per il resto colo calibro diffusamente infiltrata aa linfociti e granuiociti; è
rispettati; sono colpiti vasi di piccolo calibro, arte- ancora visibile residuo di tonaca muscolare.
Vasculiti (arteriti) ® 963

La malattia tipicamente evolve in diverse fasi: l'e­ dal farmaco o non sia invece una forma frusta di sin­
sordio (fase prodromica o prevasculitica) è caratterizza­ drome di Churg-Strauss non più controllata dal cor­
to dalla presenza di rinite allergica e poliposi nasale tisone sostituito dal zafirlukast.
a cui si associa, dopo diversi anni, l'asma bronchiale I p-ANCA sono presenti nel 70% dei casi di gra­
e successivamente (in media dopo 3 anni) la vasculi­ nulomatosi di Wegener.
te sistemica. Questa è preceduta da una eosinofilia
periferica con valori che superano i 1.000 eosinofi- Tromboangioite obliterante
11/mm3 da infiltrazione parenchimale dì eosìnofìli
che rappresenta l'aspetto morfologico più caratteri­
(malattia di Buerger)
stico e diagnostico della fase prevasculitica della Questa malattìa/ descritta da Buerger nel 1908, è
malattia. L'infiltrazione parenchimale può interessa­ una malattìa flogistica delle arterie, a distribuzione
re qualsiasi organo, ma si presenta più frequente­ segmentaria, con decorso cronico, remissioni e rica­
mente come polmonite eosinofila (nel 50-70% dei dute periodiche, che colpisce selettivamente le arte­
casi), con infiltrati fugaci parenchimali evidenziabili rie di medio e piccolo calibro degli arti, specie infe­
alla radiografia o come gastroenterite eosinofila con riori, interessando solo occasionalmente e tardiva­
dolori addominali e diarrea mucosanguinolenta o mente i vasi viscerali (cuore, rene, tratto gastrointe­
come linfadeniti eosìnofile con ingrossamento dei stinale, cervello). Nel Nord America circa il 50% dei
linfonodi. Questo quadro può regredire o ripresen­ pazienti con malattia di Buerger ha un interessamen­
tarsi anche a distanza di anni, insieme alla/«se vascu- to isolato degli arti inferiori, il 30-40% presenta coin­
litica della malattìa,, che è caratterizzata dalla flogosi volgimento degli arti superiori e di quelli inferiori e
vascolare e da granulomi necrotizzanti extravascola­ circa il 10% presenta interessamento dei soli arti
ri. Generalmente sono interessate arterie di medio e superiori. Si manifesta quasi esclusivamente in sog­
piccolo calibro/arteriole, venule e le vene di polmo­ getti di sesso maschile di età compresa tra i 25 ed i 45
ne/ cuore, milza, nervi periferici e cute. Istologica­ anni, forti fumatori di sigarette, anche se recente­
mente le lesioni acute sono caratterizzate da un'in­ mente la sua incidenza è risultata aumentata anche
fiammazione transmurale della parete vasale con un nel sesso femminile. Colpisce tutte le razze ma è pre­
infiltrato ricco di eosinofili che si accompagna a minente nel Medio Oriente rispetto all'Europa e agli
necrosi fibrinoide (vasculite necrotizzante). Frequente­ Stati Uniti. Agli arti inferiori e superiori, la malattia
mente e specialmente nelle venule e piccole vene inizia a livello delle arterie digitali e delle piccole
manca la necrosi (vasculite non necrotizzante) e talvol­ arterie del piede e della mano e si estende poi alle
ta le lesioni vascolari consistono in una semplice arterie della gamba e dell'avambraccio. Le arterie
infiltrazione di eosinofili senza alterazioni della pare­ maggiori, come la femorale e l'omerale, sono colpite
te vasale. I granulomi hanno un diametro approssi­ tardivamente e solo quando la malattia è grave e
mativo di 1 mm e sono comunemente localizzati vici­ progressiva. Le lesioni sono spiccatamente segmen­
no alle piccole arterie o venule. Sono caratterizzati da tarle (per cui tratti lesi si alternano caratteristicamen­
una zona centrale necrotica circondata da istiociti e te a tratti normali), ed episodiche (sicché i vari seg­
cellule epiteliodi disposti a palizzata e sono infiltrati menti interessati sembrano essere ad uno stadio evo­
da eosinofili che appaiono abbondanti anche nel tes­ lutivo differente) con estensione in senso prossimale
suto circostante. L'interessamento renale è rappre­ verso la radice degli arti. Le remissioni e le recidive
sentato da un quadro di glomerulonefrite acuta che della malattia si correlano strettamente con la
raramente evolve verso l'insufficienza renale. Abba­ sospensione e la riassunzione del fumo di sigaretta.
stanza frequente è l'interessamento cardiaco che La partecipazione delle vene si verifica nel 40% dei
rimane la prima causa di morte. La lesioni più fre­ casi; sono colpite soprattutto le vene di piccolo e
quenti sono i granulomi eosinofili del miocardio e la medio calibro superficiali, con carattere episodico e
vasculite coronarica con necrosi focale del miocardio migrante (tromboflebite migrante) di notevole signi­
e, talora, infarto. In circa i 2/3 dei pazienti si osserva­ ficato clinico-diagnostico quando associate ad arte-
no noduli sottocutanei e porpora, espressióne clinica riopatia ostruttiva. L'essenza patologica della malat­
di un interessamento dei piccoli vasi affetti da una tia è costituita da focolai disseminati di tromboarte-
vasculite leucocitoclastica in cui, oltre ai polimorfo- rite occlusiva, con integrità della parete arteriosa nei
nucleati, spiccano gli eosinofili. La neuropatia perife­ tratti interposti tra i focolai di trombosi. La somma di
rica, sotto forma di mononeurite multipla o di poli­ questi focolai succedutisi nel tempo determina un
nevrite, è presente in circa il 65-75% dei pazienti ed è peculiare profilo arteriografico a linee spezzate e una
la consequenza di una vasculite dei vasa nervorum. progressiva riduzione della portata sanguigna che
Recentemente sono stati segnalati casi di sindro­ può determinare gangrena di parti successivamente
me di Churg-Strauss associati alla somministrazione più estese delle estremità. La gravità della malattia
di zafirlukast, farmaco appartenente ad un nuovo dipende dalla rapidità di sviluppo e dall'estensione
gruppo di sostanze antinfiammatorie non steroidee dell'occlusione arteriosa, le cui conseguenze ische-
ad azione antagonista sui recettori dei leucotrieni ed miche sui tessuti possono, per un periodo più o
usato nella profilassi dell'asma. Non è ancora chiaro meno lungo, essere compensate da un efficace circo­
se la comparsa della vasculite sia causata veramente lo anastomotico collaterale.
964 Arterie
Dal punto di vista istologico, il morbo di Buer-
ger è una panarterite e/o panflebite non suppura­
Arterite reumatica
tiva e abitualmente non necrotizzante con preva­ È poco frequente e può osservarsi soprattutto
lenza delle lesioni intimali, il che spiega la fre­ nella fase acuta della malattia reumatica, a livello
quenza e la precocità della trombosi occlusiva. per lo più delle arterie coronarie ma anche dell'aor­
Nella fase più precoce, sia a livello arterioso che ta, dei vasi polmonari e di altri distretti arteriosi. Le
venoso, le lesioni sono caratterizzate da un'infil­ lesioni sono simili a quelli della vasculite da iper­
trazione flogistica parvicellulare di linfociti, pla­ sensibilità ma tendono a localizzarsi nell'intima con
scarso interessamento della media e dell'avventi­
sma cellule e leucociti polimorfonucleati, che inte­
zia. La coronarite reumatica interessa di regola i
ressa tutti gli strati della parete, ma particolar­
piccoli rami intramurali nel quadro della miocardi­
mente spiccata in sede sottoendoteliale, e da Una
te reumatica (vedi Cuore) ma può localizzarsi
trombosi ostruente o sub-ostruente. Di significato
anche ai rami subepicardici (da cui la possibilità di
diagnostico è il reperto entro il trombo di cumuli trombosi e di infarti in soggetti giovani affetti da
di granulociti a tipo microascessi, circondati da cardite reumatica); le lesioni consistono in necrosi
un tessuto di granulazione spesso ricco di cellule fibrinoide intimo-mediale con eventuale trombosi
giganti tipo Langhans. Si tratta di quadri istologi­ ed infiltrazione flogistica parvicellulare dell'avven­
ci che non si riscontrano in genere nelle trombosi tizia che, negli stadi successivi, può assumere carat­
vasali di altra natura e che danno l'impressione di tere granulomatoso (eccezionale, tuttavia il reperto
un'infiammazione che si svolge nel contesto del di noduli di Aschoff). Nel reumatismo inattivo le
trombo stesso. Sebbene la flogosi interessi tutto lo lesioni coronariche intramurali sono di tipo fibroso
spessore del vaso, l'architettura di base permane e non di rado il vaso appare circondato da lamelle
riconoscibile e appare integra la lamina elastica connettivali a disposizione concentrica. L'aortite
interna. La fase cronica è contraddistinta dalla reumatica ha una certa analogia macroscopica e
vivace proliferazione fibroblastica dell'intima microscopica con l'arterite luetica, ma predilige
(anche nelle zone prive di trombosi) e dalla orga­ l'aorta addominale. Microscopicamente sulla
nizzazione e ricanalizzazione del trombo con superficie intimale possono notarsi rientranze cica­
sostituzione fibrosa dei microascessi e del tessuto triziali e placche biancastre, zigrinate, di significato
granulomatoso. L'esito di tali lesioni porta, oltre diagnostico quando sì tratta di soggetti giovani con
che all'obliterazione del lume, a fibrosi avventi- chiare stigmate reumatiche (esiti di endocardite).
ziale e periavventiziale che, non di rado, coinvol­ Istologicamente le lesioni hanno sede nell'avventi­
ge le vene e le strutture nervose adiacenti, cosic­ zia (attorno ai vasa vasorum) e negli strati esterni
ché negli stadi tardivi, tutte le componenti del della media (mesoaortite reumatica), sotto forma di
fascio vascolo-nervoso dell'arto vengono ad esse­ infiltrati lìnfoidi ad evoluzione cicatriziale; la com­
re inglobate in un manicotto di tessuto fibroso promissione delle strutture elastiche della media è
denso. L'estesa proliferazione fibroblastica del­ di regola meno grave che nella lue (donde la rarità
l'intima, la cellularità del trombo e l'infiltrazione delle complicanze aneurismatiche); l'ispessimento
flogistica medio-avventiziale, unite all'assenza di fibroso dell'intima è da considerarsi reattivo alle
focolai di ateromatosi intimali e di irregolari feno­ lesioni della media. Alterazioni simili sono state
meni di fibrosi e di calcificazione della media, riscontrate anche a carico dell'arteria polmonare.
costituiscono importanti caratteri morfologici dif­
ferenziali rispetto all'arteriosclerosi obliterante Arterite reumatoide
degli arti, almeno nei casi in cui alle lesioni burge- In pazienti con artrite reumatoide si può osser­
riane non si sovrappongono col tempo lesioni vare un'arterite delle arterie dì medio e piccolo cali­
arteriosclerotiche. Il carattere vasculitico del pro­ bro, indistinguibile dalla poliarterite nodosa e che
cesso esclude, d'altra parte, la trombosi arteriosa solo di rado comporta gravi ripercussioni sui
semplice, mentre l'assenza di necrosi fibrinoide parenchimi interessati, pur essendo possibili quadri
intimo-mediale, l'integrità della membrana elasti­ ischemico-infartuali a carico del miocardio, musco­
ca interna e l'assenza di aneurismi escludono la li, apparato gastro-enterico, nervi periferici etc., su
poliarterite nodosa. base arteriolitica con trombosi sovrapposta. La
L'eziologia di questa vasculite non è nota ma vasculite si verifica tardivamente nel decorso della
sembra esservi una forte correlazione con il fumo di malattia, quando già i pazienti presentano altera­
sigaretta. La quasi totalità dei pazienti colpiti fa zioni gravi delle articolazioni, noduli cutanei, posi­
infatti uso di tabacco e la patologia riflette forse una tività dei test per gli autoanticorpi anti-nucleo ed
forma di ipersensibilità specifica verso agenti con­ elevati titoli sierici del fattore reumatoide. Nelle fasi
tenuti nel tabacco. La terapia medica si fonda in attive, prevalgono le arteriti essudativo-necrotiz-
primo luogo sull'astensione totale dal fumo. Qua­ zanti, con necrosi fibrinoide (vedi patologia del
lunque procedura terapeutica non accompagnata connettivo) delle pareti vasali ed infiltrazione flogi­
dalla sospensione del fumo non ha successo nel stica perivasale, prevalentemente linfoplasmocellu-
trattamento dell'insufficienza arteriosa. lare. Nelle fasi croniche, prevalgono le arteriti prò-
Vasculiti (arteriti) & 9 65
duttive (con ispessimento intimale, infiltrati flogi­
stici e noduli linfoistiocitari perivasali) e la ialinosi
Malattia e fenomeno di Raynaud
intimo-mediale. Nelle pareti vasali sono stati dimo­ La malattia di Raynaud consiste in turbe funziona­
strati depositi di IgG-IgM e C3. L'aorta risulta inte­ li vasospastiche transitorie delle piccole arterie e arte­
ressata nel 2% dei casi con aspetti morfologici simi-" riole delle estremità che, nella maggior parte dei casi,
li (ma di regola di più modesta entità) alla lue (aor­ interessano le dita di entrambi le mani, pollice esclu­
tite reumatoide); infiltrati linfoplasmocellulari, dai so, meno frequentemente quelle dei piedi e raramen­
vasa vasorum (ispessiti) si propagano alla tonaca te la punta del naso e i padiglioni auricolari. È una
media, accompagnandosi talora a necrosi focale e a malattia idiopatica a decorso benigno che colpisce
presenza di cellule giganti perinecrotiche. Non rara soprattutto donne giovani per il resto sane. Questi
la localizzazione alla base della valvole aortiche con pazienti presentano una risposta vasocostrittiva
possibile esito in insufficienza valvolare. Merita abnormemente accentuata all'esposizione al freddo o
anche di essere ricordato che i caratteristici noduli a stress emotivi. La crisi è caratterizzata da tre fasi suc­
reumatoidi localizzati nel connettivo e nei tessuti cessive: pallore, cianosi ed eritema, a ciascuna delle
periarticolari si instaurano inizialmente attorno ai quali corrisponde una precisa situazione fisiopatolo-
piccoli vasi interessati dal processo arteritico essu­ gica. Con la costrizione delle arterie digitali, la cute
dativo con necrosi fibrinoide della parete. delle dita diventa pallida ed in seguito cianotica per
una vasoparalisi arteriolare e venulare con stasi ema­
tica da ipossia tissutale. Dopo l'eliminazione dello sti­
Arteriti collagenosiche molo scatenante, la cianosi viene sostituita da rossore
Nel lupus eritematoso sistemico è tipico, in tutti i intenso dovuto a iperemia reattiva. Di regola non
tessuti ed organi coinvolti, l'interessamento delle compaiono lesioni ischemiche e le arterie digitali sono
piccole arterie e delle arteriole sotto forma di vascu- pervie e le pressioni arteriose digitali sono normali tra
lite essudativa necrotizzante, con necrosi fibrinoide un attacco e l'altro. Persistendo nel tempo, la malattia
intimo-mediale, interruzioni parcellari della mem­ si può accompagnare ad ispessimento dell'intima e la
brana elastica interna, infiltrazione flogistica preva­ tonaca muscolare può apparire ipertrofica.
lentemente linfo-plasmocellulare dell'avventizia. Nel fenomeno di Raynaud l'angiospasmo peri­
Nelle fasi più avanzate, si possono avere fenomeni ferico si verifica in soggetti che hanno un'ostruzio­
riparativi con sclerosi parietale ed iperplasia fibrosa ne significativa delle arterie palmari o digitali o
dell'intima. Dato il piccolo calibro dei vasi colpiti e delle arterie prossimali dell'avambraccio con una
l'abituale assenza di fenomeni di trombosi è infre­ concomitante riduzione della pressione arteriosa
quente la comparsa di lesioni infartuali negli organi digitale a riposo. In questi pazienti, una normale
interessati (rene, miocardio, milza, ecc). Depositi di risposta vasocostrittiva al freddo sembra sufficiente
immunoglobuline, complessi DNA-anticorpi anti- a causare la chiusura dell'arteria digitale con conse­
guente ischemia episodica. Il fenomeno di Raynaud
DNA e complemento possono essere documentabili
nelle pareti vasali, in supporto alla teoria che le lesio­ può manifestarsi in corso o rappresentare l'esordio
di numerose malattie tra le quali la sclerodermia, il
ni sono mediate da immunocomplessi. Anche nella
lupus eritematoso sistemico, l'aterosclerosi, il
sclerodermia le frequenti lesioni vasali, a distribu­
morbo di Buerger e la crioglobulinemia; può inoltre
zione sistemica, interessano soprattutto le arteriole e
presentarsi nelle intossicazioni da farmaci e da
le piccole arterie, risparmiando i grossi vasi. Il tipo
metalli pesanti e nei pazienti con ostruzione arterio­
di alterazione più comune consiste in un ispessi­
sa palmare e digitale post-traumatica per uso pro­
mento fibro-mucoide dell'intima e proliferazione
lungato di agenti vibranti. Alterazioni trofiche,
concentrica delle cellule intimali con riduzione del
ulcerazioni e gangrene possono aversi nelle parti
lume vasale e modesti infiltrati flogistici awentizia- colpite. Il fenomeno di Raynaud in alcuni casi può
li. Meno frequente è il reperto di vasculite necrotiz­ precedere di anni la comparsa della "malattia".
zante, con necrosi fibrinoide e infiltrazione flogistica
leucocitaria perivasale, osservata soprattutto nei
soggetti ipertesi. A livello cutaneo, le alterazioni Fibrodisplasia arteriosa
vasali possono precedere anche di anni la comparsa La fibrodisplasia arteriosa comprende un grup­
della sclerosi cutanea con manifestazioni tipo feno­ po eterogeneo di malattie vascolari, ostruttive ed
meno di Raynaud; esse sono responsabili delle turbe aneurismatiche, non arteriosclerotiche o infiamma­
trofiche (ulcerazioni, gangrena) presenti in alcuni torie, che interessa le arterie di medio calibro. Nella
casi. Nella polimiosite e dermatomiosite, le lesioni maggior parte dei casi è interessata l'arteria renale,
vasali (a tipo ispessimento fibromucoide dell'inti­ con le arterie carotide e iliaca che rappresentano, a
ma) sono poco frequenti e per lo più limitate alle pic­ distanza, la seconda e terza sede d'interessamento.
cole arterie dei muscoli, della cute e del sottocuta­ La fibrodisplasia dell'arteria renale è seconda solo
neo, mentre è raro l'interessamento delle arterie all'aterosclerosi come causa più comune di iperten­
viscerali, salvo che nelle forme infantili, ove sono sione chirurgicamente correggibile. Il 90% dei
descritte vasculiti acute necrotizzanti in parte simili pazienti adulti con questa malattia displastica è di
alla poliarterite nodosa. sesso femminile in età feconda.
9 6 6 si Arterie
Sono stati descritti 3 tipi di displasia, a seconda di reintegro delle strutture specifiche della media
della tonaca vasale interessata: i) la fibrodisplasia che si manifestano nella senilità sono alla base delle
intimale appare come una lunga stenosi che interes­ ectasie e degli allungamenti delle arterie in tale età.
sa, di solito, tutta la circonferenza del vaso e consi­
b) Aneurismi. Si intende per aneurisma un'abnorme
ste in un cospicuo ispessimento dell'intima per la
dilatazione circoscritta e a sviluppo progressivo del
presenza di un tessuto connettivo lasso privo di lume di un vaso (per lo più arterioso), nella quale non
depositi lipidici e cellule infiammatorie. La limitan­ sono più riconoscibili le pre-esistenti strutture inti-
te elastica interna è conservata e la tonaca media e mo-mediali. Classicamente gli aneurismi si distin­
l'avventizia sono normali; ii) la fibrodisplasia della guono in veri e falsi. Negli aneurismi veri la zona dila­
media è l'aspetto più comune della fibrodisplasia tata corrisponde allo sfiancamento della parete alte­
fibro-muscolare. Sono state individuate due forme rata del vaso, i cui tessuti sono stati progressivamen­
istologiche che sembrano rappresentare il prosegui­ te e totalmente sostituiti da connettivo collageno, per
mento di un'unica malattia. La prima {forma perife­ cui soltanto ai margini della sacca possono essere
rica) è caratterizzata da un connettivo fibroso com­ riconosciute 'tracce degli strati parietali. In questi
patto che sostituisce il muscolo liscio della parte più aneurismi il sangue circola all'interno del sistema cir­
esterna della media. Nella seconda (forma diffusa) si colatorio. Gli aneurismi falsi si formano in seguito ad
ha la sostituzione di tutta la muscolatura liscia della una soluzione di continuo a tutto spessore della pare­
media da parte di tessuto connettivo fibroso com­ te arteriosa (per trauma o per processo morboso) e
patto. Le lesioni possono consistere in una stenosi che comunica con il lume vasale. Attorno al sangue
singola localizzata e ben definita o in una serie di stravasato si ha la neoformazione di una parete con-
restringimenti multipli alternati a tratti in cui la nettivale ad opera dei tessuti awentiziali e periav-
media è sensibilmente assottigliata o quasi assente ventiziali. Di solito la rottura è poco ampia ed il san­
ed è in queste zone che, frequentemente, si ha la gue fuoriesce con una certa lentezza permettendo al
dilatazione aneurismatica dando luogo ad un carat­ connettivo circostante di arginare l'emorragia.
teristico aspetto angiografico a "corona di rosario". La patogenesi degli aneurismi è legata in via gene­
La fibrodisplasia della media è responsabile di rale ad una grave alterazione strutturale della parete
quasi l'85% delle lesioni displastiche reno-vascola- vasale, essenzialmente della media, con conseguente
ri; iii) la displasia perimediale (10% dei casi di fibrodi­ scadimento funzionale delle strutture mio-elastiche,
splasia) è caratterizzata dall'accumulo di tessuto cui compete la resistenza del vaso agli stimoli presso­
elastico al punto di giunzione tra la media e l'av­ ri. Le cause degli aneurismi sono molteplici, ma tra
ventizia. Interessa le arterie renali ed è associata a essi figurano in primo luogo Yaterosclerosi e la cosid­
microaneurismi. detta "necrosi cistica della tonaca media" che complessi­
vamente sono responsabili della quasi totalità degli
aneurismi aortici. Gli aneurismi possono essere cau­
I Arteriectasie, aneurismi sati anche da arteriti, eventi traumatici, da malattie
ereditarie del connettivo e da infezioni. Aneurismi
a) Arteriectasie. Si intende per arteriectasia la dila­ possono verificarsi solo come risultato di fattori mec­
tazione, per lo più diffusa, di un'arteria, la cui pare­ canici. Elevate pressioni parietali laterali dovute ad
te conserva, più o meno inalterata, la sua struttura. un aumento della velocità di flusso per superare ima
Le dilatazioni del calibro delle arterie possono esse­ stenosi e le vibrazioni della parete arteriosa, dovute
re fisiologiche o patologiche. Nel primo caso sono alla turbolenza, sono responsabili della formazione
legate ad aumento del flusso ematico e si accompa­ degli aneurismi del tratto post-stenotico (metastenotici).
gnano ad iperplasia delle strutture contrattili della L'aneurisma dell'arco aortico in caso di coartazione
media. Le arteriectasie patologiche, che possono aortica è un esempio classico. Un rapporto esiste tra
essere associate ad allungamento del vaso, sono, gravidanza e aneurismi e dissecazione aortica. Circa
dovute invece ad inadeguata resistenza assoluta o la metà di tutti gli aneurismi e delle dissezioni aorti­
relativa della media alle sollecitazioni delle forze che che vanno incontro a rottura nelle donne al di
endoluminali. Nella patogenesi di tali alterazioni, sotto dei 40 anni di età, si verifica durante la gravi­
importanza non trascurabile si attribuisce alle cellu­ danza, tipicamente nel terzo trimestre e, occasional­
le muscolari lisce che non sarebbero capaci di ade­ mente, nell'immediato periodo post-parto. I vasi che,
guare la resistenza della tonaca media alle esigenze più frequentemente, vanno incontro a rottura dell'a­
funzionali o per ipoplasia o per ridotta capacità neurisma durante la gravidanza si trovano in sede
contrattile o per ridotta produzione di fibre elasti­ splenica, cerebrale e aortica. Si ritiene che la riduzio­
che o per metaplasia fibro-elastica. In effetti, istolo­ ne dei livelli dei mucopolisaccaridi acidi e la fram­
gicamente si ha una riduzione delle strutture mio- mentazione delle fibre reticolari delle pareti delle
elastiche ed un aumento progressivo della quota arterie, descritte in donne gravide, nonché le modifi­
fibrosa come componente della media. Non si cono­ cazioni cardiocircolatorie che accompagnano la gra­
sce il ruolo, peraltro molto probabile, che possano vidanza ed il puerperio, siano responsabili delle dila­
giocare le terminazioni nervose. A riguardo ricor­ tazioni aneurismatiche e della dissezione in queste
diamo che i lievi difetti quantitativi della capacità donne. Gli aneurismi infettivi (vedi arteriti infettive)
Arteriectasie, aneurismi & 967
sono poco frequenti e possono essere causati da: i) conferiscono al vaso un decorso serpiginoso o a vitic­
emboli settici che si arrestano in un certo punto del cio, come si verifica nell'arteria splenica). Le dimen­
vaso o nei vasa vasorum, di solito come complicanza sioni degli aneurismi variano secondo il calibro del
di endocarditi infettive; ii) estensione di un processo vaso interessato per cui si passa dai voluminosi aneu­
suppurativo attiguo al vaso; iii) microrganismi circo­ rismi sacciformi dell'aorta, agli aneurismi delle
lanti che si depositano su un'intima malata, ateroscle- dimensioni di una noce dei vasi di medio calibro e
rotica o traumatizzata durante manipolazioni chirur­ agli aneurismi miliarici delle arterie intraparenchi-
giche o procedure diagnostiche di tipo invasivo o, nei mali. La sede dell'aneurisma può essere rappresenta­
tossicodipendenti, da iniezioni intra-arteriose. Talvol­ ta da qualunque segmento arterioso ma di gran
ta può avvenire che gli aneurismi vengono infettati lunga preferita è l'aorta e di questa il tratto più colpi­
dalla deposizione nella loro parete di micorganismi to è quello addominale (Fig. 5); seguono a distanza le
circolanti. Sebbene Tinfezione possa svilupparsi ih arterie poplitea, femorale, carotide, succlavia etc.
qualsiasi punto dell'albero arterioso in cui pre esiste Notevole importanza al riguardo ha la causa deter­
un aneurisma, tuttavia, tutte le casistiche della lette­ minante; così ad esempio: gli aneurismi luetici prefe­
ratura hanno dimostrato una forte propensione al riscono l'arco dell'aorta, quelli aterosclerotici l'aorta
coinvolgimento degli aneurismi dell'aorta addomi­ addominale, mentre gli aneurismi su base malforma­
nale. I micorganismi più comunemente isolati in que­ tiva hanno sede generalmente nelle ramificazioni del
sta patologia sono lo stafilococco aureo e la salmonel- poligono di Willis- Per il numero, gli aneurismi pos­
la, quest'ultima colonizza la parete aneurismatica sono essere unici o multipli, in una stessa arteria, inte­
durante episodi di batteriemia che si sviluppano nel ressare nello stesso tempo più arterie. Indipendente­
corso di gastroenteriti primitive da salmonella. Gli mente dalle cause, una volta formatosi l'aneurisma,
aneurismi infettivi e l'infezione di un aneurisma pre- la sua dilatazione è governata da principi fisici e in
sistente costituiscono un processo infettivo fulminan­ particolare dalla legge di Laplace. Questa legge stabi­
te e devono essere trattati tempestivamente. La sup­ lisce che in un vaso sanguigno (o in un viscere cavo)
purazione può determinare un rapido sfiancamento quanto più grande è il raggio del vaso, tanto maggio­
e la conseguente rottura dell'aneurisma. re è la tensione della parete necessaria per equilibra­
Dal punto di vista macroscopico, gli aneurismi re la pressione endoluminale. Così la tensione parie­
vengono classificati a seconda della loro forma. Si tale di un aneurisma con un diametro di 6 cm è 12
distinguono pertanto: aneurismi sacciformi (rappresen­ volte maggiore di quella che si ha nella parete di una
tano una dilatazione anche estesa ma limitata a un aorta normale con diametro di 2 cm. E evidente che,
tratto della circonferenza della parete di un vaso; la una volta iniziata la dilatazione dell'aorta, il processo
sacca, spesso ripiena di masse trombotiche stratifica­ si accentua e che gli aneurismi di grosse dimensioni
te, comunica con il lume vasale mediante un orifizio hanno una maggiore tendenza alla rottura rispetto a
più o meno ristretto detto "colletto"),fusiformi (si for­ quelli di pìccole dimensioni. L'ipertensione è un
mano in seguito ad una progressiva, ma graduale, importante fattore di rischio per la rottura. L'evolu­
dilatazione dell'intera circonferenza della parete zione anatomica dell'aneurisma può presentare
vasale) e cirsoidei (sono caratterizzati da piccole dila­ diverse modalità: è possibile, specie nei piccoli aneu­
tazioni varicose multiple, disposte in sequenza, che rismi, l'obliterazione della sacca ad opera delle masse
968 ^ Arterie
trombotiche prima e del tessuto di organizzazione ligendo nettamente il sesso maschile e l'età sui
dopo; ma più spesso, come di regola negli aneurismi 35-45 anni. La genesi di tali aneurismi è direttamen­
aortici, la sacca aneurismatica tende ad ingrandirsi te legata all'estesa distruzione della tonaca media,
progressivamente, determinando fenomeni di com­ caratteristicamente provocata dal processo granu-
pressione e di stiramento degli organi vicini, che lomatoso specifico a partenza dai vasa vasorum. Si
variano, a seconda della sede di origine della sacca, e tratta di solito di aneurismi sacciformi a sviluppo
del volume che questa può raggiungere e degli orga­ espansivo che possono col tempo raggiungere
ni interessati; d'altra parte, per il progressivo assotti­ dimensioni notevoli (fino a 15-20 cm di diametro)
gliamento della parete, si può arrivare alla rottura che provocando gravi fenomeni di ingombro mediasti-
può avvenire in un organo cavo che si trovi a suo con­ nico (vedi sopra), irritazione e compressione dei
tatto, in una cavità sierosa, nel tessuto cellulare sotto- nervi laringei e talora usura delle costole e dei corpi
cutaneo od eccezionalmente all'esterno per usura vertebrali. Frequente è la rottura della sacca (che
della cute. Negli aneurismi dell'aorta ascendente può avvenire nel cavo peritoneale, nel cellulare
sono frequenti i fenomeni di compressione sul bron­ lasso mediastinico, nel cavo pleurico, nella trachea
co destro, sulla vena cava superiore ed eventualmen­ e bronchi, nell'esofago, od anche all'esterno) segui­
te sull'arteria polmonare e sulle costole; inoltre, si ta da morte per lo più improvvisa.
può avere insufficienza delle valvole aortiche (a moti­
vo della dilatazione dell'ostio aortico) con restrizione
degli osti coronarici. Negli aneurismi dell'arco aorti­ Aneurismi aterosclerotìci
co possono venire compresse la trachea, l'esofago, il In seguito alla ridotta frequenza della lue vasco­
bronco sinistro, il nervo frenico e il ricorrente di sini­ lare, l'aterosclerosi è divenuta la causa principale
stra, mentre, per l'usura :del manubrio sternale, la degli aneurismi. Eccezionali prima dei 50 anni,
sacca aneurismatica può diventare sottocutanea. Se hanno un'incidenza che aumenta con l'età, e sono
localizzati nell'ultimo tratto dell'arco è possibile l'ero­ più frequenti nei maschi, con sede elettiva nell'aorta
sione delle vertebre dorsali e la compressione midol­ addominale; contrariamente agli aneurismi luetici,
lare (paraplegia). Negli aneurismi dell'aorta toracica sono relativamente rari nell'aorta toracica. Frequen­
discendente, che si estrinsecano nel mediastino te è pure l'interessamento a livello delle arterie ilia­
posteriore, le strutture compresse riguardano il bron­ che comuni, femorali e poplitee ed anche delle arte­
co sinistro, il polmone, e vertebre, le costole, il midol­ rie di medio e piccolo calibro, comprese le arterie
lo spinale e l'esofago. Negli aneurismi dell'aorta cerebrali e le arterie coronarie. Gli aneurismi delle
addominale i fenomeni compressivi sui visceri addo­ arterie iliache comuni si riscontrano spesso in conti­
minali sono rari e rara è anche l'usura dei corpi ver­ nuità od in associazione con quelli dell'aorta addo­
tebrali con compressione midollare. minale mentre, come lesioni isolate, sono rare. Gli
Riepilogando, le principali conseguenze degli aneurismi dell'aorta addominale si localizzano al di
aneurismi aortici sono: i) la trombosi, parietale o sotto delle arterie renali; solo il 2-5% degli aneurismi
massiva, particolarmente frequente quando si tratta ha sede intra- o sopra-renale con frequente coinvol­
di sacche profonde o anfrattuose; ii) il distacco spon­ gimento dei vasi renali e delle mesenteriche superio­
taneo, o provocato da traumi anche lievi, di fram­ ri e/o inferiori. Gli aneurismi soprarenali in buona
menti embolici da trombi di cui sopra, con le intuibi­ parte rappresentano la continuazione di un aneuri­
li conseguenze (morte improvvisa, rammollimento sma dell'aorta toracica (aneurismi toraco-addomina-
cerebrale, infarti intestinali, splenici, gangrena degli li). Gli aneurismi aortici addominali possono essere
arti inferiori); iii) la compressione degli organi con fusiformi, cilindrici o sacciformi, a volte multipli,
cui la sacca aneurismatica è venuta a contatto (tra­ spesso ripieni di masse trombotiche, di dimensioni
chea, bronchi, polmoni, esofago, nervo ricorrente, variabili, talora con diametro superiore a 15 cm. Fre­
tronchi venosi ecc.), comprese le ossa (sterno, costo­ quentemente sì associano ad aterosclerosi sistemica e
le, vertebre) che possono subire fenomeni da usura; coronarica, ectasie delle grandi arterie e aneurismi in
iv) la rottura in organi vicini (trachea, grossi bronchi, altre sedi (arteria poplitea e arteria iliaca comune o
esofago, cavo pleurico o pericardico, mediastino, interna). Il 70-75% di tutti gli aneurismi dell'aorta
spazio retroperitoneale, cavo peritoneale, tubo addominale sottorenale è asintomatico al momento
gastroenterico) od anche all'estemo, con possibilità della diagnosi. La maggior parte viene individuata
di morte istantanea; v) l'insufficienza cardiaca e le durante un esame obiettivo di routine o durante uno
complicanze broncopolmonari (edema polmonare studio radiografico eseguito per un'altra ragione.
acuto, broncopolmonite, ascessi). Essi diventano clinicamente manifesti in seguito alle
lesioni che possono accompagnare la dilatazione
Aneurismi luetici aneurismatica. Il dolore, soprattutto se di recente
insorgenza, è un segno indicativo di probabile pros­
Oggi assai meno frequenti che in passato, quan­ sima rottura. L'embolia di materiale trombotico pre­
do costituivano il 90% dì tutti gli aneurismi aortici, sente nelle dilatazioni aneurismatiche comporta con­
hanno di regola sede nell'aorta toracica ed in verità seguenze patologiche e cliniche dipendenti dalle
soprattutto nell'aorta ascendente e nell'arco, predi­ dimensioni degli emboli, dalle sedi di incuneamento
Arteriectasie, aneurismi s 969

(reni e arti inferiori). Tali aneurismi provocano di difetti delle proteine strutturali (ad es. sindrome di
rado fenomeni di compressione su strutture adiacen­ Marfan o sindrome di Ehlers-Danlos), possano avere
ti (ad es. l'uretere); frequente è invece (specie negli una variante o forme fruste di questi sindromi. E
aneurismi con un diametro superiore ai 6 cm) la rot­ infatti noto che queste sindromi sono in grado di per
tura con stravaso ematico nel peritoneo, nei tessuti sé di produrre aneurismi e dissecazioni.
retro-peritoneali, nel tubo digerente (duodeno o
tenue), od anche nella vena cava inferiore (fistola
aorta-cava); lo stravaso può essere discreto e sub­
Aneurisma infiammatorio
continuo oppure grave ed acuto. Esiste la possibilità L'aneurisma infiammatorio interessa più spesso
di "rottura contenuta" caratterizzata dalla formazio­ l'aorta addominale, tende ad essere di grosse dimen­
ne di un ematoma retroperitoneale con temporaneo sioni e assomma circa il 5% di tutti gli aneurismi di
tamponamento della soluzione di continuità della questo distretto. In questi casi le manifestazioni clini­
parete deH'aneurisma. Istologicamente, la parete del­ che sono di solito più chiare, caratterizzate da com­
l'aneurisma, risulta costituita da uno strato più o promissione dello stato generale, dolori addominali,
meno spesso di tessuto fibroso denso poco vascola- perdita di peso, ed elevata velocità di eritrosedimen­
rizzato, nel quale abitualmente non è possibile rico­ tazione. Alla laparotomia, l'aneurisma è immerso in
noscere traccia alcuna delle normali strutture della una densa reazione fibrosa che si estende, comprime
parete arteriosa. Sulla sua superficie interna, per lo ed ingloba strutture vicine (il duodeno nel 90% dei
più priva di endotelio, aderiscono quasi costante- casi, la vena cava inferiore e la vena renale sinistra nel
mente stratificazioni trombotiche la cui organizza­ 51% e gli ureteri nel 25%). L'intima mostra una mor­
zione, almeno negli aneurismi voluminosi, procede fologia identica a quella degli aneurismi aterosclero-
molto lentamente ed in modo incompleto. tici mentre il resto della parete è formato da uno spes­
La maggior parte degli aneurismi aortici è asso­ so strato di tessuto fibroso denso con un intenso infil­
ciata ad aterosclerosi e questa viene considerata tra­ trato linfo-plasmocitario ricco di cellule macrofagi-
dizionalmente l'eziologia più comune. Fattori anato­ che; talora sono evidenti aspetti granulomatosi con
mici potrebbero spiegare la predilezione della malat­ cellule giganti. L'eziologia dell'aneurisma infiamma­
tia aneurismatica per la porzione dell'aorta infrare- torio rimane a tutt'oggi sconosciuto. Il quadro morfo­
nale rispetto ad altri segmenti aortici. L'aorta addo­ logico è comparabile a quello della periaortite croni­
minale manca di vasa vasorum e lo strato interno ca e della fibrosi idiopatica retroperitoneale. Può esse­
della media riceve ossigeno e nutrizione solamente re che queste malattie siano essenzialmente aspetti
attraverso diffusione dal lume aortico. Il processo diversi: una reazione infiammatoria autoimmune il
aterosclerotico, causando un ispessimento dell'inti­ cui fattore scatenante rimane sconosciuto.
ma, compromette la diffusione dell'ossigeno e della
sostanze nutritizie alla tunica media. Questa iposse- Aneurismi dell'aorta toracica
mia può causare un danno ischemico della media ed Gli aneurismi dell'aorta toracica sono molto meno
un indebolimento della parete aortica che nel tempo comuni di quelli dell'aorta addominale e vengono
consente la formazione di dilatazioni aneurismati­ classificati a seconda della porzione di aorta coinvol­
che. Tuttavia oggi si ritiene che alterazioni genetiche, ta e distinti in: i) aneurisma dell'aorta ascendente; ii)
o altri fattori interagenti fra loro, o con l'aterosclero­ aneurismi dell'arco aortico; iii) aneurismi dell'aorta
si possano compromettere gli elementi strutturali toracica. Gli aneurismi dell'aorta ascendente, nella
della parete aortica. Circa il 20-29% dei pazienti con maggior parte dei casi, riconoscono come processo
aneurisma. dell'aorta addominale ha un parente di patogenetico la necrosi cistica della tonaca media,
primo grado con la stessa patologia. mentre rara è la causa aterosclerotica. Gli aneurismi
La perdita di elastina è uno dei dati biochimici ed dell'arco aortico sono spesso contigui ad aneurismi
istochimici più importanti negli aneurismi dell'aorta. dell'aorta toracica ascendente o discendente e posso­
Studi hanno dimostrato ridotte quantità di elastina e no essere dovuti a malattia aterosclerotica, a medio­
collageno nella parete degli aneurismi già nelle prime necrosi cistica, a sifilide o ad altre infezioni. La causa
fasi di sviluppo ed un'attività proteoMtica maggiore pi*edominante degli aneurismi dell'aorta toracica
che nei campioni provenienti da aorta affetta da ate­ discendente è l'aterosclerosi e la loro patogenesi può
rosclerosi ma senza aneurisma. Sono stati anche essere simile a quelli dell'aorta addominale.
descritti deficit di antiproteasi, come Tinibitore tessu­
tale della metalloproteasi e dell'a-l-antitripsina, uno
dei più importanti antagonisti delTelastasi. La fre­ Aneurismi traumatici
quenza di aneurismi in alcune famiglie potrebbe Conseguono a traumi contusivi o penetranti che
essere l'espressione di un aumento, geneticamente provocano dall'esterno una soluzione di continuo
determinato, della produzione locale di enzimi pro- parziale della parete arteriosa o una distruzione
teolitici o di un squilibrio tra proteasi ed antiproteasi. parziale degli elementi elastici e muscolari della
E stato anche a lungo sospettato che alcuni pazienti, parete vasale, minorandone la resistenza. Nella
portatori di aneurisma dell'aorta addominale, senza maggior parte dei casi si tratta di aneurismi falsi o
le classiche manifestazioni di una delle malattie da ematomi pulsanti. Assai più raramente si tratta di
970 ^ Arterie
aneurismi veri, quando il trauma ha provocato una ricercati. Non di rado la loro rottura, con conse­
necrosi circoscritta, oppure la rottura parziale di un guente emorragia sub-aracnoidea, e frequente inte­
tratto della parete, cui segue la formazione di cica­ ressamento del parenchima cerebrale contiguo,
trice; tali aneurismi traumatici si riscontrano avviene in età media o giovanile dopo un lungo
soprattutto a livello delle arterie periferiche. periodo di latenza clinica; sia la trasformazione
Quando contemporaneamente alla ferita arterio­ aneurismatica che l'eventuale rottura sono favorite
sa, si ha una ferita parziale della vena satellite, si dalla coesistenza di uno stato ipertensivo. Ricorda­
forma un aneurisma artero-venoso o una fistola artero- ta va anche la frequente natura congenita degli
venosa traumatica. Questa eventualità si verifica nelle aneurismi dei seni di Valsalva, specie se a sede nel
zone dove l'arteria e la vena decorrono nella stessa seno coronario destro, e che, dato il loro prevalente
guaina (ad es. i vasi femorali) così da rendere possi­ sviluppo intracardiaco, tendono a rompersi più
bile, per effetto del trauma, una comunicazione tra spesso nel cono della polmonare o nell'atrio destro.
arteria e vena con l'interposizione di un aneurisma
falso. Istologicamente, in prossimità della fistola, la
vena per la maggiore pressione cui viene qui sotto­ Dissecazione aortica (ematoma dissecante)
posta, va incontro ad una vera e propria "arterializ- Quando il sangue si fa strada, sotto la spinta della
zazione" con ispessimento dell'intima ed aumento pressione arteriosa, tra i piani laminari della tonaca
delle fibre elastiche e muscolari della media; l'arteria media, scollandoli e dissociandoli per tratti più o
si presenta, invece, assottigliata per la riduzione meno lunghi, creando spesso una cavità entro le pare­
delle strutture mioelastiche. Si ricorda in proposito ti vasali stesse, si parla di aneurisma dissecante, o più
che esistono fistole arterovenose acquisite non traumati­ propriamente di dissecazione aortica acuta, dato che
che (ad es. aneurismi dell'aorta ascendente, che si in effetti non esiste, nella maggior parte dei casi, una
aprono nella vena cava superiore) e fistole arteroveno­ vera dilatazione aneurismatica dell'aorta. Poiché il
se congenite (più frequenti nel polmone, nel cervello e sangue stravasato è contenuto nello spessore stesso
negli arti). Queste ultime, sono di frequente molte­ della parete vasale, ne risulta una configurazione
plici,talora cause delle comunicazioni arterovenose, intermedia tra l'aneurisma vero (la cui parete coinci­
associate, specie se in sede viscerale, con emangiomi, de con la parete vasale stessa, della quale le normali
teleangectasie e altre angiodisplasie. strutture, dall'intima alla avventizia, sono per lo più
Fattori eziologici, con frequenza sempre mag­ sostituite da connettivo neoformato) e l'aneurisma
giore, sono i traumi iatrogeni da tecniche chirurgi­ falso (che si realizza per incapsulamento di un ema­
che invasive, pregressi interventi chirurgici su toma extravascolare, senza partecipazione diretta
un'arteria e le punture arteriose ripetute nei tossico- della parete vasale interrotta). L'aneurisma dissecan­
dipendenti. Una trattazione a parte meritano gli te si osserva quasi esclusivamente nell'aorta, pur
aneurismi anastomotici e gli aneurismi protesici. Quan­ potendo in casi rari, aver sede in altri vasi (arterie
do vengono inserite delle protesi per sostituire o renali, carotide comune, coronarie, mesenterica supe­
by-passare segmenti arteriosi ostruiti o aneurisma­ riore, splenica etc.). La dissecazione interessa per lo
tici, si possono formare aneurismi nel punto di più l'aorta toracica (ed in primo luogo l'aorta ascen­
sutura tra protesi ed arteria (aneurisma anastomotico) dente) e assai raramente l'aorta addominale. La dis­
ed anche nel corpo stesso della protesi (aneurisma secazione aortica si realizza di solito in due gruppi di
protesico). Gli aneurismi anastomotici sono essen­ pazienti. Il primo gruppo è costituito da soggetti di
zialmente pseudoaneurismi costituiti da una sacca età compresa fra ì 60-70 anni, nei quali l'ipertensione
di tessuto connettivo, causati in genere, da deiscen­ è una condizione quasi sempre costante e anteceden­
za dei punti di sutura. Aneurismi protesici si posso­ te. Gli uomini sono colpiti due volte più spesso delle
no formare nel corpo di quasi tutte le arterie utiliz­ donne. H secondo gruppo è rappresentato da sogget­
zate come protesi e anche nelle protesi sintetiche. ti più giovani, in cui il tessuto connettivo dell'aorta è
alterato in modo diffuso (ad es. nella sindrome di
Aneurismi congeniti Marfan). In questo gruppo non c'è preponderanza di
sesso. Nel maggior numero di casi, il versamento
Insorgono come conseguenza di un difetto con­ emorragico che dissocia la parete prende origine da
genito, si costituiscono a livello di aree di ipoplasia una lacerazione della parete aortica che interessa l'in­
mio-elastica della parete arteriosa ed il loro pro­ tima e la media (Fig. 6). Il piano (ma a volte più di un
gressivo sfiancamento avviene sotto l'azione della piano) di dissecazione è posto per lo più ai limiti tra
pressione sanguigna. Si osservano soprattutto in il terzo esterno e i 2/3 interni della media (raramente
corrispondenza delle arterie che compongono il tra l'intima e la media), e può estendersi sia in senso
poligono di Willis (nell'84% dei casi sono interessa­ anterogrado che retrogrado per lunghezze variabili,
te le arterie della metà anteriore del poligono, spe­ da pochi centimetri fino a tutta l'aorta, avvolgendola
cie a livello delle loro biforcazioni). Sacciformi o a a manicotto. Spesso lo scollamento si continua, per
"bacca" e a volte multipli, sono di regola di piccole breve tratto, nei grandi vasi del collo, nelle coronarie,
dimensioni, sicché possono sfuggire all'osservazio­ mesenteriche, renali, iliache e perfino nelle femorali,
ne autoptica quando non vengono attentamente dove la raccolta di sangue, respingendo verso l'inter­
Arteriectosie, aneurismi * 971

no l'intima e la media, provoca una stenosi più o intramurale può essere scarsa, separando in strati più
meno spiccata fino aìTocclusione del lume del vaso. o meno sottili le lamine della media, o formando dei
La dissecazione dell'aorta ascendente si accompagna rigonfiamenti fusiformi o sacciformi negli strati ester­
in oltre il 50% dei casi ad insufficienza valvolare aor­ ni della parete. Non di rado sulla superficie intimale
tica. La lacerazione intimale della parete aortica è in dell'aorta è presente una seconda lacerazione, distal­
genere lineare e trasversale, a margini netti come un mente alla breccia prossimale (situata di solito nel­
taglio da rasoio, e lunga 4-5 cm; meno frequentemen­ l'aorta addominale) attraverso la quale, il sangue che
te è obliqua ed irregolare come da "scoppio". La sua dissocia la parete, rientra nel lume aortico. Può così
sede elettiva è rappresentata dall'aorta ascendente, costituirsi nello spessore della media aortica un
pochi centimetri al di sopra delle valvole semilunari; nuovo canale vascolare a flusso di sangue continuo,
altra sede, assai meno frequente, e di relativa predile­ parallelo a quello del lume vero; col tempo la parete
zione si trova al limite dell'istmo aortico, in prossimi­ di questo nuovo canale può apparire liscia e rivestita
tà del legamento arterioso. La quantità di sangue, da endotelio (aorta a doppia canna di fucile).
fluido o più spesso coagulato, che si trova nella sacca In base alla sede della lacerazione intimale e all'i­
nizio della dissecazione possono distinguersi secon­
do De Bakey et al. tre tipi di dissezione aortica acuta.
Il tipo I è caratterizzato dalla lacerazione intimale
immediatamente al di sopra delle valvole aortiche
con dissecazione a manicotto estesa all'aorta ascen­
dente, all'arco e all'aorta discendente, compresa talo­
ra la porzione addominale; è la forma più frequente
(75% dei casi autoptici). Il tipo II comprende i casi in
cui la dissezione interessa soltanto l'aorta ascendente;
è la forma più rara (5% dei casi). Nel tipo IH la lacera­
zione intimale è a livello dell'arteria succlavia o più
sotto e la dissezione può estendersi a varia distanza
nell'aorta toracica e addominale (2°-25% dei casi). I
tipi I e II sono stati in seguito riuniti nella classe A,
che comprende tutti i casi di dissecazione che coin­
volgono l'intera aorta ascendente e discendente o
solo il tratto ascendente; mentre la classe B compren­
Fig. 6 - Dissecazione aortica. Infiltrazione emorragica (emato­ de tutte le dissecazioni che si localizzano distalmente
ma) dissecante la tonaca media (M). all'arteria succlavia (Fig. 7). Questa distinzione è utile
ai fini prognostici e terapeutici; difatti il tipo A è
molto frequente e quasi sempre letale se non si inter­
viene chirurgicamente, mentre il tipo B è più raro ed
ha una prognosi migliore.
La causa della dissecazione aortica, nella maggio­
ranza dei casi, rimane a tutt'ora sconosciuta. Mentre
l'ipotesi patogenetica più logica è che l'aneurisma
dissecante si realizzi per una rottura spontanea e
incompleta della parete aortica, cui segue la irruzio­
ne del sangue circolante nella compagine della pare­
te e la sua dissecazione emorragica. In questo senso
depone il reperto, presente almeno nel 90% dei casi,
di una breccia più o meno vasta sulla superficie inti­
male dell'aorta che può essere considerata il punto
di partenza del focolaio emorragico. Non mancano
tuttavia autori che affermano che la dissecazione
può originare invece dalla rottura dei vasa vasorum
nel terzo esterno della tonaca media. L'emorragia
così formatasi si fa poi strada tra le unità laminari e,
distruggendo gli strati più interni della media, deter­
mina la rottura intimale e quindi la dissecazione aor­
tica. Alla base della rottura dei vasa vasorum ci
sarebbero fenomeni degenerativi e atrofici delle loro
componenti mio-elastiche. Nella rottura spontanea,
Fig. 7 - Classificazione di De Bakey della dissecazione aortica importanza preminente si attribuisce alla degenera­
nei tipi I, II, IH. Classificazione in tipo A (prossimale) e in tipo B
(distale), rispettivamente, con interessamento o risparmio del­ zione cistica della tonaca media dell'aorta, che è l'a­
l'aorta ascendente. nomalia morfologica più rappresentata nei casi di
9 7 2 i; Arterie
aneurisma dissecante, specie a livello dell'aorta si trovano nella matrice extracellulare. Queste fibrille
ascendente e dell'arco. La lesione, descritta da Erd- formano un'impalcatura su cui si dispone la tropoe-
heim nel 1929, come "medio-necrosi cistica idiopatica", lastina per formare le fibre elastiche, e sono partico­
consiste istologicamente nel reperto, nella tonaca larmente abbondanti nell'aorta, nei legamenti, nelle
media aortica (sono note anche osservazioni nelle zonale ciliaris del cristallino, dove hanno una funzio­
arterie coronarie e nei rami principali dell'aorta), di ne di supporto; questi sono anche i tessuti maggior­
focolai, irregolarmente distribuiti, di atrofia e di dis­ mente colpiti nella sindrome di Marfan. La malattia è
sociazione degli elementi mio-elastici con formazio­ caratterizzata da manifestazioni scheletriche, cardio-
ne di fessure sacciformi o di lacune contenenti un vascolari ed oculari. Le complicanze cardiovascolari
materiale amorfo basofilo, debolmente PAS ed più gravi di tale sindrome comprendono la disseca­
Alcian positivo, simile alla sostanza fondamentale zione aortica, la dilatazione della radice aortica ed il
del tessuto connettivo (Fig. 8). Queste lacune, se prolasso della valvola mitralica.
vistose, appaiono come cavità irregolari e vengono Alcune anomalie cardiovascolari congenite
definite cistiche, pur essendo prive di una parete risultano essere predisponenti alla dissecazione
propria. In realtà non si tratta di veri e propri feno­ aortica e tra queste la valvola aortica mono o bicu­
meni necrotici ma di lesioni regressivo-distrofiche spide e la coartazione aortica. Anche il trauma ope­
delle strutture elastiche e muscolari della media, con ratorio legato all'intervento cardiochirurgico sulla
progressiva scomparsa delle une e delle altre, sino ad valvola aortica o al clampaggio del vaso può costi­
aspetti pseudocistici per accumulo interstiziale di tuire fattore predisponente alla dissecazione aorti­
sostanza amorfa muco-polisaccaridica. Nei casi ca, che può manifestarsi durante la procedura o tar­
meno gravi non si osserva aumento della sostanza divamente, generalmente a distanza di 4-6 anni dal­
mucoide, e la lesione è svelata dalla scomparsa delle l'intervento. Altre forme di dissezione aortica iatro­
fibrocellule muscolari lisce e dall'addensamento gena sono quelle che si determinano in corso di
delle fibre elastiche, spesso maltingibili con metodi cateterismo arterioso o di applicazione di contro­
specifici, ed in via di frammentazione o di lisi. Non pulsatore aortico, probabilmente in seguito a trau­
si riscontrano processi infiammatori. Queste altera­ mi diretti sull'intima o con formazione iniziale di
zioni sono state anche osservate nella tonaca media ematoma intraparietale.
aortica di soggetti con sindrome di Marfan, e, con un
grado ed estensione variabili, anche nel normale pro­
cesso di invecchiamento dell'aorta. Va tuttavia ricor­ Dissecazione aortica atipica
dato che in molti pazienti con dissecazione aortica si
osservano soltanto alterazioni istologiche minime Vi sono altre due malattie strettamente collegate
del tipo "medio-necrosi cistica della tunica media" con la disseczione aortica: Yematoma intramurale del­
che di per sé non possono giocare un ruolo patoge- l'aorta e Yulcera aterosclerotica penetrante. Queste due
netico determinante per lo sviluppo della patologia. condizioni condividono con la dissecazione aortica
La sindrome di Marfan è un disordine sistemico molti dei fattori di rischio e dei sintomi all'esordio e
geneticamente determinato del tessuto connettivo, entrambe possono causare sia una dissecazione aorti­
trasmesso come condizione autosomica dominante, ca classica che una rottura. L'ematoma intramurale o
dovuto alla mutazione di uno dei geni della fibrillina, "dissezione aortica senza rottura intimale" è essen­
il componente più importante delle microfibrille che zialmente un'emorragia limitata allo strato medio
della parete aortica, localizzato o estendendosi a
distanza variabile lungo lo strato esterno della media
al di sotto dell'avventizia. Si distingue dalla disseca­
zione aortica tìpica per la mancanza di una rottura
dell'intima e sì ritiene che l'evento iniziale sia una rot­
tura dei vasa vasorum in grado di produrre un'emor­
ragia nello strato esterno della media. Gli ematomi
intramuraìì possono regredire col tempo o anche
risolversi completamente, o alternativamente posso­
no progredire fino alla classica dissezione aortica. Le
manifestazioni cliniche dell'ematoma intramurale
possono essere indistinguibili da una vera dissecazio­
ne aortica. In un recente studio retrospettivo, Niena-
ber et al. hanno stabilito che il 13% su 195 pazienti,
con sindrome analoga alla dissecazione aortica,
aveva in effetti un ematoma intramurale. L'ematoma
intramurale che coinvolge l'aorta ascendente com­
porta un rischio elevato di morte e di complicanze
Fig. 8 - Medio-necrosi cistica aortica. Frammentazione di fibre che richiedono l'intervento chirurgico, mentre gli
elastiche con formazioni di spazi pseudocistici nel contesto ematomi dell'aorta discendente hanno una prognosi
della tonaca media (colorazione Gomori-fibre elastiche). più favorevole.
Arteriectasie, aneurismi ® 973

L'ulcera aterosclerotica penetrante è un'entità clini­ ghezza, ma non dà origine ad un falso lume e rara­
co-patologica distinta che si localizza quasi esclusi­ mente causa la dissecazione aortica classica. L'ulce­
vamente nell'aorta toracica discendente, soprattut­ razione può progredire fino a determinare una rot­
to nella sua porzione media o distale, e, raramente, tura aortica transmurale o formare un aneurisma
nell'aorta ascendente o nell'arco. L'ulcerazione ate­ aortico fusiforme o sacciforme. I pazienti affetti dal­
rosclerotica penetra attraverso la lamina elastica l'ulcerazione aterosclerotica penetrante sono iperte­
interna nella media e determina gradualmente la si e presentano una sintomatologia dolorosa simile
formazione di un ematoma che di solito rimane a quella riscontrabile nella dissezione aortica.
localizzato o si estende per alcuni centimetri di lun­

Classificazione e caratteristiche dèlie vasculiti


Vascuiiti dei grandi vasi 'v:;^ ■■'-W- 'v^y
Aderite (temporale) a cellule giganti Vascuiite granuiomatosa dell'aorta e dei suoi rami principali con predile­
zione per una o più diramazioni della carotide in particolare dell'arteria
temporale. In genere colpisce pazienti di età superiore ai 50 anni ed è
frequentemente associata a polimialgia reumatica.
Arterite di Takayasu Arterite granuiomatosa dell'aorta e delle sue diramazioni principali è tal­
volta delle arterie polmonari. E a netta prevalenza femminile e colpisce
donne con meno di 40 anni di età.
Vasculiti dei vasi di media dimensione
Poiiarterite nodosa (poliarterite nodosa classi­ Arterite necrotizzante, segmentale, delle arterie di piccolo e medio cali­
ca) bro, a prevalente impegno renale e viscerale. Giomerulonefrite e vasculi-
te delle arteriole, dei capillari e delle venule sono assenti. Risparmia la
circolazione polmonare. Le lesioni sono in vario stadio di evoluzione.
Malattia di Kawasaki Arterite dell'infanzia che interessa le arterie di piccolo e medio calibro,
in particolare le coronarie. Si associa alla sindrome linfonodale mucoso-
cutanca.
Väscülifi dei piccoli vasi -y-Ay-':.
Granulomatosi di Wegener Vascuiite necrotizzante di vasi di piccola e media dimensioni (capillari,
venule, arteriole}, associata alla formazione di granulomi coinvolgenti la
parete dei vasi e i tessuti circostanti. Interessa prevalentemente le alte e
basse vie respiratorie e i polmoni. Frequente è una giomerulonefrite
necrotizzante, spesso rapidamente progressiva l e-ANCA sono presenti
nell'80-100% dei pazienti.
Sindrome di Churg-Strauss Vascuiite necrotizzante sistemica che interessa i piccoli vasi (arteriole,
venule e capillari); granulomi necrotizzanti con infiltrati ricchi di eosino-
fili, preceduti da rinite, asma bronchiale, da eosinofila periferica e da
infiltrati di eosinofili parenchimali. 1 p-ANCA sono positivi nel 70% dei
pazienti.
Poliangioite Microscopica Vascuiite necrotizzante sistemica che interessa i piccoli vasi (arteriole,
capillari e venule), a prevalente interessamento cutaneo, renale e polmo­
nare (porpora palpabile, giomerulonefrite necrotizzante e capillarite pol­
monare). Tutte le lesioni sono allo stesso stadio evolutivo.

Porpora di Schonlein-Henoch Vascuiite con depositi immuni prevalentemente di IgA, che colpisce i pic­
coli vasi (capillari, venule e arteriole). Tipicamente coinvolge la cute, il
tratto gastroenterico ed i glomeruli, ed è associata ad artralgie ed artriti.
Vascuiite Crioglobulinemica Vascuiite con depositi immuni di crioglobuline che colpisce i piccoli vasi
(capillari, venule e arteriole) con associata crio-giobulinemia. Spesso
sono coivolti cute e glomeruli.
974 Arferie
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Vene
7.4 e vasi linfatici
D. Batolo, M. Lentini

Vene di grande calibro - Rispetto alle vene di


H Vene medio calibro l'intima ha uno strato connettivale di
Cenni anatomici spessore maggiore. In alcune vene, come le iliache,
le femorali, le poplitee, le grandi safene, il connetti­
Il sistema venoso trasporta il sangue dalle reti vo subendoteÙale dell'intima contiene fibrocellule
capillari al cuore. Le vene profonde decorrono di rego­ muscolari lisce a decorso longitudinale o circolare.
la insieme alle arterie corrispondenti, di cui sono La media è poco sviluppata e può mancare; nelle
però più numerose; hanno anche diametro maggiore vene polmonari però si ha una media muscolare
per cui la capacità dei sistema venoso è più che dop­ ben evidente.
pia rispetto al sistema arterioso. Le vene superficiali Valvole delle vene - Molte vene di medio e grosso
decorrono invece in maniera indipendente. calibro, specie delle estremità, sono fornite di val­
La parete delle vene è molto più sottile e flessibi­ vole a forma di tasche semilunari con margine libe­
le di quella arteriosa. E difficile tracciare una distin­ ro diretto nel senso della corrente sanguigna. La
zione precisa delle vene in vari tipi, poiché sovente parete del seno valvolare di regola è assottigliata.
non esiste una correlazione precisa tra calibro e strut­ Le valvole sono costituite da una sottile membrana
tura. Anche la divisione della parete venosa nelle tre connettivale, contenente una rete di fibre elastiche,
classiche tuniche è frequentemente poco agevole. In rivestita da un endotelio continuo con quello del­
linea generale va tenuto presente die nelle vene le l'intima vasale.
componenti muscolari ed elastiche sono scarse, men­ La nutrizione delle pareti venose si realizza per
tre è più abbondante il collagene, con inversione mezzo dei vasa vasorum awentiziali. L'eventuale
quindi del rapporto elastina-collagene delle arterie. ruolo della diffusione di sostanze nutritive dalla
In rapporto allo sviluppo della media si possono corrente sanguigna è trascurabile.
distinguere vene di tipo recettore, povere di fibrocel- Circolazione venosa - La circolazione venosa
lule muscolari e idonee a fungere come serbatoi dipende da numerosi fattori comunemente distinti
(grosse vene cervicali e mediastiniche), e vene di tipo in estrinseci ed intrinseci. Si deve tener presente che
propulsore, ricche di fibrocellule muscolari (vene la gran parte della forza propulsiva del cuore si
degli arti). Con riferimento alla struttura delle pare­ consuma nella circolazione arteriosa e capillare.
ti è comunque possibile delineare una distinzione Alla residua forza propulsiva che mantiene ancora
in vene di piccolo, medio e grande calibro). una pressione di 10-15 mm Hg nella sezione veno­
Vene di piccolo calibro - Le più piccole venule del sa dei capillari si devono quindi aggiungere altri
diametro di 20 micron, sono formate da un endote­ fattori che giocano un ruolo più o meno importan­
lio stretto e continuo e da un sottile strato di fibro- te. I fattori estrinseci al sistema venoso esercitano la
blasti e di fibre collagene. Nelle venule il cui calibro propria azione mediante un meccanismo compres­
si aggira intorno ai 50 micron compaiono fibrocellu­ sivo o di aspirazione. Appartengono al primo grup­
le muscolari lisce che a partire dai vasi con diame­ po la contrazione dei muscoli scheletrici con conse­
tro di circa 200 micron formano uno strato conti­ guente compressione delle vene situate in vicinan­
nuo. Nelle venule di calibro ancora maggiore com­ za e l'effetto dell'espansione arteriosa che ha però
paiono reti di fibre elastiche. L'avventizia compren­ rilievo modesto. I meccanismi di aspirazione sono
de rari fibroblasti e fibre collagene ed elastiche. rappresentati dall'aspirazione cardiaca diastolica,
Vene di medio calibro - Appartengono a questo di valore molto limitato, e dall'aspirazione toracica
gruppo con diametro compreso tra 2 e 9 millimetri legata agli atti respiratori, di notevole importanza.
le vene superficiali e quelle profonde delle estremi­ II fattore intrinseco è rappresentato dal tono dei
tà distalmente alla brachiale ed alla poplitea, le vasi venosi sul quale influiscono una serie di stimo­
vene dei visceri e della testa. L'intima è poco svilup­ li veno-attivi e diversi fattori locali, meccanici, ter­
pata, ed è formata da cellule endoteliali e da uno mici e riflessi, e generali, ormonali, farmacologici,
strato connettivale molto ridotto con fibre elastiche. nervosi.
La media è molto sottile ed è costituita da fibrocel­ L'influsso negativo della gravità sulle vene della
lule muscolari lisce e parecchie fibre collagene. metà inferiore del corpo è bilanciato dal sistema
976 Vene e vasi linfatici
valvolare e dal maggiore sviluppo della muscolatu­ Flebotrombosi
ra della parete.
Etiopcitogenesi. Le flebotrombosi, per la fre­
quenza e la gravità delle complicazioni, costituisco­
Malattie congenite delle vene no una entità di grande interesse.
La patologia malformativa del sistema venoso La flebotrombosi si verifica in concomitanza di
comprende anomalie di numero e di posizione nel­ svariate condizioni predisponenti. Le principali fra
l'ambito delle grandi vene in prossimità del cuore, queste sono le malattie infettive, le malattie cardio-
sia delle vene cave, specie della cava superiore, che vascolari con scompenso, le dilatazioni varicose
delle vene polmonari. Esse vengono abitualmente delle vene, le condizioni che determinano prolunga­
considerate tra le malformazioni del cuore e dei ta immobilità degli arti, gli stati post-operatori, il
grossi vasi. . puerperio, i tumori maligni, i traumi, specie le frattu­
Si possono avere malformazioni anche concomi­ re del bacino e degli arti inferiori, le ustioni. Trombi
tanti di vene toraciche, addominali e delle estremi­ si formano anche in alcune condizioni caratterizzate
tà. Tra le malformazioni segnalate in letteratura da aumentata 'viscosità del sangue, come le policite-
ricordiamo l'atresia della cava inferiore soprarenale mie.
e del suo segmento distale, l'assenza della porzione Le trombosi venose intervengono più facilmen­
terminale della vena porta, la stenosi dello sbocco te in soggetti ultracinquantenni e negli obesi.
delle vene iliache. Ricordiamo ancora la persistenza I meccanismi patogenetici principali sono rap­
della pervietà del segmento epatico della vena presentati dal rallentamento della corrente circola­
ombelicale e la molto rara pervietà della vena toria, da modificazioni della parete vasale e da
ombelicale comunicante con le vene epigastriche, modificazioni fisico-chimiche del sangue che porta­
associata ad ipoplasia del fegato e della vena porta. no ad una sua ipercoagulabilità. A questi può anche
Questa condizione viene indicata come malattia di aggiungersi l'effetto dovuto ad eventuali turbolen­
Cruveilhier-Baumgarten. ze della circolazione. L'influsso combinato delle
Tra le malattie venose congenite si devono inol­ cause fondamentali spiega la possibilità delle flebo-
tre considerare alcune affezioni dovute a difettoso trombosi negli stati post-operatori; negli operati di
sviluppo della parete venosa, tanto diffuso, come recente si possono difatti facilmente avere stasi cir­
nel caso della sindrome di insufficienza venulare siste­ colatoria per la degenza e immobilità successiva
mica quanto circoscritto a determinate sedi, come all'intervento, forte aumento del tasso di trombo-
nel caso delle flebectasie diffuse congenite del midollo chinasi ematica libera a seguito di distruzione di
spinale (mielite necrotizzante di Foix e Alajouanine). tessuti e lesioni traumatiche di pareti venose.
Se si considerano separatamente i principali fatto­
Flebotrombosi e tromboflebiti ri patogenetici si vede come questi abbiano importan­
I due processi hanno stretti rapporti di interdi­za diversa. Hrallentamento della corrente sanguigna è un
pendenza che ne giustificano una trattazione unita­ elemento comune a molte condizioni che predispon­
ria. Nella realtà una distinzione tra flebotrombosi e gono alla trombosi venosa: si ritiene che la stasi di per
tromboflebiti ha valore dal punto di vista della sé non sia capace di determinare la trombosi e che
patogenesi. Nelle tromboflebiti preesiste una può esercitare il suo effetto favorendo la deposizione
infiammazione della parete venosa e la trombosi è delle piastrine sull'endotelio.
secondaria al processo flogistico. Nelle flebotrom­ L'importanza della stasi nella patogenesi della
bosi si ha invece formazione autonoma di Un trom­ trombosi è comunque testimoniata dalla prevalen-
bo in una vena altrimenti normale; le modificazioni
infiammatorie successive sono però frequenti e a un
intervallo breve dalla formazione del trombo, che
può essere anche soltanto di qualche ora.,
Questo decorso fa sì che in molti casi i quadri
morfologici non siano distinguibili. È peraltro pos­
sibile osservare quadri di trombosi venosa con
parete inalterata. Si può quindi dare una distinta
definizione morfologica dei due processi: la flebo-
trombosi può essere indicata come l'occlusione parziale o
totale di una vena ad opera di un trombo lassamente ade­
rente, e la tromboflebite come Vocclusione parziale o tota­
le di una vena ad opera di un trombo aderente associato
ad una infiammazione della parete venosa.
Ad entrambe le condizioni va riconosciuta una
potenzialità embolica, più elevata nelle flebotrom­
bosi, appunto in ragione della scarsa aderenza del Fig. 1 - Flebotrombosi. El lume della vena è parzialmente occu­
trombo. pato da un trombo recente.
Vene ^ 977

za di questa nelle vene degli arti inferiori e dai riscontro più raro, prevalentemente osservata nei
buoni risultati che si ottengono nella profilassi delle capillari e nelle piccole vene, definita come trombo
trombosi post-operatorie con l'evitare la stasi. ialino. Si tratta di zaffi di materiale jalino che occu­
Le alterazioni endotelìali gravi sono costanti ma in pano interamente il lume di piccoli vasi e si trova­
molti casi sono con ogni probabilità secondarie alla no principalmente in corrispondenza di ustioni o di
formazione del trombo. Le alterazioni deir endote­ gravi processi infiammatori.
lio hanno importanza preminente per talune trom­ I trombi rossi o trombi da coagulazione sono
bosi localizzate successive ad effetti traumatici sulle formati da tutti i componenti del sangue e devono
pareti venose; si tratta in questi casi di necrosi di il loro colore all'elevata percentuale di globuli rossi.
cellule endoteliali. La loro distinzione da coaguli cruorosi post-morta-
II danno endoteliale può essere dovuto ad una li è per lo più possibile per la maggior consistenza
infiammazione della parete vasale, tanto primitiva ed una certa rugosità, friabilità ed asciuttezza dei
che conseguente airinteressamento del vaso in un trombi intravitali.
processo infiammatorio dei tessuti vicini o a fattori L'esame istologico di un trombo rosso dimostra
tossici (ad es. nelle ustioni) o ancora all'infiltrazio­ la sua composizione di fibrina, di un grande nume­
ne neoplastica di vasi venosi. ro di globuli rossi e di un'esigua quantità di globu­
Le modifiche dello stato chimico-fisico del san­ li bianchi. È possibile apprezzare al microscopio la
gue che ne facilitano la coagulazione possono esse­ presenza di formazioni stratificate, indice di una
re dovute anche a cause genetiche come mutazioni deposizione del trombo in fasi successive.
del Fattore V, mancanza di anticoagulanti (anti­ I trombi bianchi, o trombi da agglutinazione o
trombina IH, proteina C o S) e interessano sia ele­ da separazione sono essenzialmente formati da pia­
menti figurati che componenti del plasma. Tra le strine conglutinate e da fibrina. Anche qui va trac­
prime è di rilievo l'aumento delle piastrine che si ciata la distinzione, che peraltro è più agevole che
osserva durante e dopo malattie infettive/ nello per i trombi rossi, con i coaguli post-mortali di aspet­
shock, negli stati post-operatori. Le piastrine inoltre to lardaceo; i trombi bianchi sono asciutti, granulo­
aumentano di adesività e vanno in lisi più rapida­ si, anelastici, friabili e di colorito più torbido, giallo­
mente che di norma mettendo in libertà il fattore grigiastro. Al microscopio la struttura dei trombi
tromboplastico. Nelle stesse condizioni si ha bianchi, alquanto più complessa di quella dei trom­
aumento della viscosità del plasma e del contenuto bi rossi, risulta di una intelaiatura di cordoni pia-
di fibrinogeno. strinici avvolti da manicotti leucocitari. Gli spazi
Tra i fattori favorenti l'insorgenza di trombosi interposti sono occupati da fibrina e da eritrociti.
venose va incluso l'impiego prolungato di contrac­ Questa complessa struttura testimonia una origine
cettivi orali. polifasica, legata assai più a deposizione di elemen­
Flebotrombosi e tromboflebiti colpiscono con mar­ ti corpuscolati del sangue, che all'attivazione della
cata prevalenza i distretti venosi degli arti inferiori. coagulazione intravitale del sangue, in causa nei
I vasi più colpiti sono la safena piccola e le vene profonde trombi rossi.
della coscia. È segnalata una maggiore incidenza a cari­ I trombi di più frequente riscontro sono comunque
co dell'arto inferiore sinistro in dipendenza di condi­ i trombi misti risultanti dalTaltemarsi longitudinale
zioni anatomiche favorenti maggiormente i rallenta­ di parti bianco-grigiastre e di parte rosse; per lo più è
menti di circolo, quali il minor calibro della vena ilia­ possibile considerare in un trombo misto tre parti: la
ca comune di sinistra e il suo più acuto angolo di con­ testa, formata da un trombo bianco, il corpo di aspetto
fluenza nella cava. La stessa vena può risentire inoltre variegato per l'alternarsi di trombi di coagulazione e
della compressione tra il promontorio sacrale e l'arte­ di trombi bianchi e la coda, totalmente formata da un
ria iliaca comune destra che la incrocia anteriormente. trombo rosso di coagulazione. Altre possibili combi­
Le trombosi venose profonde si possono distin­ nazioni delle due componenti portano ad una stratifi­
guere, in base alla distribuzione, in due gruppi: cazione trasversale, sicché alla sezione si nota l'alter­
trombosi alte o prossimali e trombosi basse o periferiche. narsi di irregolari strati diversi (linee di Zahn), ovvero
Le trombosi alte hanno sede nei tratti cavale, ilia­ ad una struttura in cui la componente bianca avvolge
co, iliaco-femorale fino alla femorale comune. come un involucro il nucleo centrale rosso.
Le trombosi basse interessano i tratti femoro- La permanenza di un trombo all'interno del vaso
popliteo, tibiale e suro-plantare. per un certo periodo - si tratta di giorni o di settima­
Dal punto di vista macroscopico non è possibile ne - porta obbligatoriamente ad una serie di modifi­
differenziare una flebotrombosi da una tromboflebite. cazioni del trombo, oltre che alla risposta infiamma­
Le vene colpite appaiono come iniettate, consistenti, toria nella parete venosa, che formano il processo di
ben disegnate nel loro decorso. Il lume appare occu­ organizzazione del trombo stesso. Questo diventa tena­
pato da un trombo granuloso, rosso-bruno, recente, cemente aderente alla parete da dove fibroblasti e
ovvero da un trombo compatto grigiastro, antico. capillari neoformati lo invadono trasformandolo
In rapporto alla loro struttura i trombi vengono progressivamente in ima masserella fibrosa vascola-
classicamente distinti in trombi rossi, bianchi e misti. rizzata. L'endotelio della parete venosa può prolife­
Va ricordata anche una particolare varietà, di rare sulla superficie del trombo che viene così endo-
978 Vene e vasi linfatici
telizzato. I capillari neoformati nel contesto del trom­ dall'esterno o dall'interno. In alcune flebiti che inter­
bo connettivizzato possono percorrerlo in tutta la vengono in corso di determinate malattie l'agente
sua lunghezza e ristabilire una certa continuità della etiologico è lo stesso della malattia principale: esem­
circolazione (ricanalizzazione del trombo), anche se di pi di ciò si vedono nel tifo e nella melitense.
importanza relativa ai fini del ripristino del circolo a Nelle periflebiti ad una prima fase di iperemia
valle del vaso occluso. della parete per congestione attiva dei vasa vasorum
Una possibile ma infrequente evoluzione del segue la formazione di un essudato dapprima liqui­
trombo è rappresentata dalla calcificazione. Questa do e poi corpuscolato, sovente ricco di granulociti
possibilità riguarda essenzialmente i trombi bianchi neutrofili che gli conferiscono aspetto purulento.
mobili in sedi di dilatazioni varicose e si traduce Un ruolo importante nello sviluppo e nella propa­
nella formazione dei cosiddetti fleboìiti, di forma gazione del processo infiammatorio è svolto dai
rotondeggiante per i movimenti nel sistema circola­ vasi linfatici, per il cui tramite l'infezione si propa­
torio. Le sedi più frequenti sono le vene spleniche e ga lungo la parete venosa. La periflebite è stata così
quelle dei plessi prostatici e uterini. definita come «una linfangite della parete venosa».
Accanto all'evoluzione organizzata del trombo Allorché la -flogosi raggiunge l'intima e si ha
bisogna considerare altre possibilità rappresentate essudazione leucocitaria nel lume vasale si deter­
dal rammollimento e dalla colliquazione purulenta. Il mina la formazione del trombo con il quadro della
rammollimento semplice è facile a verificarsi nelle tromboflebite. La diffusione del processo flogistico
grosse masse trombotiche, specie se peduncolate. conduce ad un ispessimento notevole della parete
Sotto l'azione dei fermenti proteolitici elaborati dai venosa che nei casi gravi può andare in necrosi.
granulociti in esso contenuti, il trombo comincia a Sotto l'azione di germi anaerobi è anche possibile
dissolversi centralmente e si trasforma in una densa giungere alla necrosi gangrenosa.
poltiglia grigio-giallastra da cui possono facilmente Nelle endoflebiti gli agenti flogogeni colpiscono
staccarsi emboli. la parete venosa dal lume. Si ha quindi il primitivo
La colliquazione purulenta si verifica per azione interessamento dell'intima con precoce formazione
di germi piogeni e conseguente afflusso di granulo­ del trombo. È possibile che i germi non raggiunga­
citi. Il disfacimento del trombo può portare ad no il lume venoso per via circolatoria ma arrivino
embolie settiche. all'intima attraverso la parete venosa da un focolaio
infiammatorio circostante.
Tromboflebiti Le vene più frequentemente interessate da pro­
cessi tromboflebitìci sono:
Si è già avuto modo di accennare ripetutamente
a) la vena safena, specie in corrispondenza di dila­
alla difficoltà obiettiva di distinguere morfologica­
tazioni varicose;
mente le tromboflebiti dalle flebotrombosi. Anche
b) le vene uterine, in corso di infezioni dell'utero per
nella valutazione topografica della flogosi delle
aborto settico o nella setticemia puerperale;
pareti venose si incontrano sensibili difficoltà in rap­
c) le vene femorali e altre vene degli arti inferiori, in
porto all'assai più sfumata distinzione in tuniche
corso di malattie infettive acute;
diverse che le pareti stesse presentano nei confronti
dì le vene emorroidarie, specie quando sono sedi di
di quelle arteriose. Sono solo le prime fasi del proces­
varici;
so a consentire la distinzione, più che altro patogene-
e) le vene del plesso prostatico, in casi di ipertrofia
tica, in periflebiti ed in endoflebiti. Etiologicamente
prostatica;
sono in causa soprattutto streptococchi, stafilococchi
f) le vene della diploe e i seni della dura madre; si tratta
e pneumococchi che raggiungono la parete venosa
in questi casi di tromboflebiti secondarie a pro­
cessi flogistici delle meningi, del cuoio capelluto,
del volto, delle cavità nasali ed orbitarie e soprat­
tutto dell'orecchio medio e della mastoide;
g) la vena porta, che può essere interessata a segui­
to di processi infiammatori a sede nel cavo
peritoneale (appendiciti, peritoniti, salpingiti).

Conseguenze della flebotrombosi


e delle tromboflebiti
L'ovvia conseguenza principale delle trombosi
venose è l'impedimento del reflusso venoso del
sangue che sarà di grado notevolmente diverso a
seconda della vena colpita e dell'estensione del
trombo. Quando si tratta di trombosi di vene super­
Fig. 2 - Periflebite. L'essudato corpuscoiato awolge il vaso ficiali, la circolazione collaterale compensa piutto­
venoso riducendone il lume. sto agevolmente l'ostacolo; se sono invece in causa
Vene 1 9 7 9

trombosi di grosse vene profonde il circolo coliate-, ® Phlegmasia alba dolens. Si manifesta in donne nel
rale superficiale riesce solo in piccola parte ad periodo del puerperio ed è in rapporto con la pro­
ovviare all'ostruzione e si instaura una ipertensione pagazione alle vene femorali di una tromboflebite
venosa a monte della trombosi. In questa situazio­ delle vene uterine.
ne si verifica un edema tessutale legato agli effetti La definizione si riferisce al quadro clinico che sta
dell'ipertensione venosa permanente sul territorio ad indicare come l'edema dell'arto sia dolente e, a
capillare e sul versante arterioso. Nella genesi del­ differenza dei comuni edemi flogistici, si associa
l'edema interviene anche un interessamento dei ad un aspetto lucido, cereo della pelle (v. Apparato
vasi linfatici perivenosi, compressi dalla vena diste­ genitale femminile).
sa. Possono anche concorrere eventuali spasmi • Phlegmasia coei-ulea dolens. È dovuta a propa­
delle arteriole dovuti a impulsi vasocostrittori ori­ gazione della trombosi femoro-iliaca verso l'alto
ginati dal tratto tromboflebitico, con ischemia arte- con sbarramento di tutto il circolo collaterale. Si
riolo-capillare, aumento della permeabilità dell'en­ ha aggravamento dell'edema, comparsa di cia­
dotelio e fuoriuscita di liquidi nei tessuti. nosi e ipotermia.
Altra frequente e grave conseguenza delle ® Tromboflebite migrante. Si tratta di un quadro
trombosi venose è data dal distacco di parti del caratterizzato da episodi multipli tromboflebiti-
trombo con em bolie, sovente ripetute, più frequen­ ci talora concomitanti, talora in successione cro­
ti nei polmoni dove in concomitanza con una situa­ nologica anche con lunghi intervalli. La malattia
zione di stasi, possono formare la base di un infar­ colpisce talvolta soggetti affetti da tumori mali­
to emorragico. Se l'embolizzazione conduce alla gni del digerente, dei polmoni, della mammella,
ostruzione del tronco dell'arteria polmonare o di soprattutto del pancreas (segno di Trousseau). In
uno dei suoi rami principali si ha la possibilità questi casi si suppone che dalle necrosi tumora­
della morte improvvisa. li si liberino sostanze di tipo tromboplastinico
con conseguente facilità dei fenomeni tromboti­
Q uadri particolari dì flebotrombosi e di ci. L'etiologia è del resto oscura.
Le vene più colpite sono quelle superficiali degli
tromboflebiti
arti inferiori di piccolo o medio calibro che si
® Sindromi cavali superiore e inferiore. La trombo- vedono come brevi cordoni duri, arrossati,
flebite della vena cava superiore è quanto mai tumefatti. Esistono anche forme con interessa­
rara. È giustificato fame menzione per la notevo­ mento di vene profonde (cardiache, polmonari,
le gravità della sindrome che ne consegue con mesenteriche) in cui il decorso anziché benigno
spiccata dilatazione delle vene del collo e cianosi come di norma può essere fatale.
intensa. La sindrome è in genere in rapporto con II reperto istologico è contraddistinto dalla pre­
l'azione invasiva o compressiva di un tumore valenza della componente infiammatoria su
broncogeno o di un linfoma mediasthiico. Altre quella trombotica, talora mancante, con infiltra­
cause ostruttive della cava superiore sono le neo- ti granulocitari e linfoidi, possibilità di forma­
formazioni intratoraciche benigne, ad es. timomi, zione di noduli microgranulomatosi, iperplasia
tumori neurogeni, gozzi retrosternali, la media- connettivale e sclerosi ostruttiva del vaso.
stinite' cronica sclerosante, gli aneurismi del­ • Flebite di Mondor. In questa malattia sono colpi­
l'aorta toracica, la pericardite costrittiva cronica. te le vene superficiali delle regioni laterali del
Un po' più frequenti sono le ostruzioni trombo- torace, con comparsa di strutture cordonali, di
flebitiche della vena cava inferiore. Qui oltre all'a­ regola unilaterali, che possono estendersi fino
zione invadente o compressiva di neoplasie è da alla regione inguinale. La malattia è stata descrit­
tener presente la possibile propagazione di trom­ ta in soggetti di entrambi i sessi, soprattutto adul­
bosi ileo-femorali o delle vene epatiche. Una delle ti e ha decorso favorevole. Istologicamente si nota
possibilità principali è in rapporto alla spiccata dapprima una infiltrazione linfo-plasmacellulare
tendenza del carcinoma renale ad invadere la avventiziale che si estende al grasso perivenoso.
vena renale e quindi la cava inferiore. Nella trom­ In seguito si stabilisce una fibrosi della parete
bosi completa del vaso compare edema bilaterale venosa e dei tessuti circostanti. E possibile la for­
degli arti, diffuso alla regione lombare, alla pare­ mazione di trombi. La causa di questa flebite è
te addominale e ai genitali esterni. ignota. In qualche caso è stata notata l'associazio­
• Trombosi delle vene ascellari. Dopo le prime ne con tumori della mammella.
antiche e sporadiche segnalazioni (Cruveilhier; • Flebodinia epidemica. È una sindrome indivi­
Paget; von Schroetter) la malattia è stata osser­ duata nel 1953 da Pearson che si manifesta con
vata con più frequenza negli ultimi 40 anni piccole epidemie, probabilmente di natura infet­
(Tagariello suggerisce la definizione di «sindro­ tiva, osservabile in donne, specie in infermiere, a
me da ostacolato scarico venoso ») ad inizio acuto, prognosi favorevole, ma con frequenti recidive.
spesso in dipendenza di traumi o di iperlavoro Sono colpite le vene superficiali e profonde degli
dell'arto interessato («trombosi da sforzo»)', ha arti inferiori con un reperto istologico di flogosi
decorso favorevole, ma con facili recidive. avventiziale. Non si trovano fenomeni trombotici.
980 s Vene e vasi linfatici
• Sclerosi lipomatosa multipla. È una rara malattia, Flebiti specifiche
caratterizzata dalla presenza di noduli fìbrolipo-
matosi nel grasso sottocutaneo in rapporto ad @ Flebiti tubercolari. Si presentano sotto forma di
ischemia da trombosi occlusiva di numerose pic­ endoflebiti o di periflebiti a seconda che i bacilli
cole vene del sottocutaneo. raggiungano la parete venosa dal lume o da foco­
• Sindrome occlusiva delle vene polm onari. Fra i lai tubercolari perivenosi. Anche nel caso della
periflebite in struttura venosa prossima a lesioni
quadri di ipertensione polmonare si ha una
tbc, il processo tubercolare, non ostacolato nella
forma caratterizzata da ipertensione post-capil­
sua diffusione da spessi strati muscolari ed elasti­
lare dovuta a diffuse occlusioni di piccole e
ci, raggiunge facilmente l'intima. È quindi fre­
medie vene ad opera di trombi che sovente si quente una reazione proliferativa intimale con
vedono canalizzati. Si trova una fibrosi intersti­ successiva formazione di trombi (tromboflebite
ziale a focolai con depositi emosiderinici. L'ori­ tubercolare). I nodulini miliariformi intimali posso­
gine della forma è oscura. no andare in necrosi dando origine ad embolie di
Si può avere anche ostruzione di vene polmona­ materiale tubercolare, massiva bacillemia tuberco­
ri di calibro maggiore a seguito di affezioni lare e sviluppo di una miliare tbc generalizzata.
mediastiniche, di infezioni locali o di stasi circo­
Frequente è l'interessamento delle vene nella
latoria polmonare.
meningite tubercolare e nella tubercolosi pol­
• Endoflebite obliterante prim itiva delle vene monare; in quest'ultimo caso va segnalato come
epatiche (m alattia di Budd-Chiari). È una siano più colpiti i rami nell'ambito di aree paren-
forma ad etiología oscura, caratterizzata da ste­ chimali scarsamente interessati dal processo. Giò
nosi delle vene epatiche con ostacolo al deflusso conferma il dato morfologico che suggerisce
venoso. Solo a tale forma spetta a rigore la defi­ un'origine endoflebitica delle lesioni venose.
nizione di malattia di BuddChiari, preferendosi
• Flebiti luetiche. Come espressione autonoma
indicare con il termine di sindrome di Budd-Chia­
dell'infezione sono molto rare. Anche raro è il
ri la stenosi delle vene epatiche secondaria a
riscontro di lesioni gommose delle grosse vene.
cause note estrinseche, quali compressioni, Le piccole vene, anche parenchimali, partecipano
trombosi neoplastiche, embolie retrograde. Le invece frequentemente ai processi luetici nelle
pareti delle vene epatiche maggiori presentano loro varie fasi con espressioni morfologiche
diffusi ispessimenti fibrosi. E frequente la for­ sostanzialmente analoghe (proliferazione intima­
mazione di trombi che vanno incontro a orga­ le e infiltrazione linfo-plasmacellulare della pare­
nizzazione e sclerosi. L'endoflebite obliterante te) nelle lesioni del periodo primario e del perio­
può colpire anche le più piccole radici delle vene do secondario. Nel periodo terziario è possibile
epatiche (malattia veno-occlusiva del fegato). che piccole vene comprese in focolai gommosi
Istologicamente l'intima presenta accumulo di subiscano la distruzione della loro parete, anche
fibrinoide ed iperplasia cellulare. L'ispessimento se rimarranno visibili i contorni del vaso.
intimale è talvolta molto irregolare. Nel fegato si • Flebiti leprose. Le vene comprese nell'ambito di
hanno necrosi centrali con successiva comparsa focolai leprosi vanno incontro ad una periflebi­
di aree di sclerosi. La causa della malattia è te. Il granuloma leproso può raggiungere l'inti­
oscura. Le opinioni più recenti fanno riferimen­ ma e provocare una reazione produttiva con ste­
to all'azione di intossicazioni alimentari dovute nosi del lume vasale.
a consumo di infusi di piante epatotossiche. Per
altri particolari v. Fegato.
• Piletrom boflebite. L'occlusione tromboflebitica
Vene ed embolie
del tronco portale può verificarsi per propaga­ Nel sistema vasale venoso non di rado è presen­
zione di una trombosi di una delle radici porta­ te materiale estraneo grossolano che viene traspor­
li, per compressione o invasione neoplastica, per tato dalla corrente sanguigna con conseguente
l'instaurarsi di una trombosi marantica, molto occlusione finale di un vaso di dimensioni variabili.
raramente come conseguenza di lesioni del vaso Questo materiale estraneo trasportato con la
secondarie a trauma addominale chiuso. corrente sanguigna costituisce appunto gli emboli,
La causa più frequente di piletrombosi è la cirro­ classicamente distinti a seconda della natura del
si epatica, ed in particolare la cancrocirrosi. La materiale in emboli solidi, liquidi e gassosi.
trombosi si verifica di solito in corrispondenza Gli emboli solidi sono di gran lunga i più frequen­
della confluenza delle vene mesenteriche con la ti ed hanno origine e struttura diversa. Di regola
splenica. Se il trombo si canalizza la vena porta essi provengono dal distacco di piccole porzioni o
può apparire sostituita da un ammasso di tessu­ frammenti di trombi a seguito di processi colliqua­
to cavernoso in cui sono inglobate vene porte tivi o di lisi del trombo.
accessorie dilatate e i vasi neoformati del trom­ È anche possibile l'embolia di piccoli frammenti di
bo (trasformazione cavernosa della vena porta. Per le parenchimi normali o di cellule sia nell'ambito di
conseguenze della piletrombosi, vedi Fegato. processi fisiologici (trasporto di cellule coriali dei
Vene ^ 981

villi, in gravidanza) sia a seguito di traumatismi di eventuali differenze nella struttura delle pareti veno­
rilievo. se e non considera le differenze patogenetiche.
Di notevole importanza sono le embolie di tessuto Una classificazione patogenetica delle varici
neoplástico, di cui si farà cenno in seguito. Le vene permette di distinguere tre gruppi:
possono ancora trasportare emboli solidi di natura
parassitarla o batterica con conseguente diffusione a) varici congenite (di raro riscontro);
del processo morboso. b) varici primitive o essenziali, quelle che derivano
da una ipoplasia delle pareti vasali, condizione
Gli em boli liquidi sono di regola costituiti da che funziona da terreno favorente l'effetto di
sostanze grasse. E necessario, infatti, per la forma­ cause diverse sopravvenute;
zione di un embolo liquido che il materiale penetra­
to in circolo non sia solubile dal sangue. Gli emboli c) varici secondarie o sintomatiche, quando conse­
grassosi traggono origine il più spesso dal tessuto guono ad un ostacolo al deflusso del sangue nel
midollare a seguito di traumi che interessano l'osso. vaso di cui le vene interessate sono tributarie.

Gli emboli gassosi derivano da penetrazione d'aria Le vene di gran lunga più colpite sono quelle
nei vasi o da liberazione di gas sciolti nel sangue. degli arti inferiori, soprattutto la safena interna. Con­
Affinché l'aria penetri nei circolo si deve avere una viene ricordare anche la frequenza con cui vanno
pressione bassa nei vasi in corrispondenza dei quali incontro a dilatazione le vene emorroidarie e, per l'im­
si avvera la penetrazione; pertanto sono le vene in portanza clinica del fenomeno, le vene esofagee in
cui la pressione è negativa, come le giugulari, quelle condizione di ipertensione portale. Altre sedi di pre­
più frequentemente interessate. La liberazione di gas dilezione sono rappresentate dal plesso venoso del cor­
(azoto) nel sangue si realizza nel corso di rapide done spermatico, con il quadro del varicocele, dal ples­
decompressioni, ad esempio in palombari o subac­ so pudendo, dalle vene vescicali, dalle vene della lingua.
quei che risalgono rapidamente alla superficie. La varici costituiscono un'evenienza di facile ri­
scontro, specie in corrispondenza delle vene degli
Il materiale embolico trasportato nel sangue arti inferiori negli anziani dove la percentuale dei
venoso, quale che sia la sua origine, raggiunge il soggetti colpiti si aggira intorno al 50%. Il sesso fem­
cuore destro e si arresta quindi in un ramo di adat­ minile risulta colpito con frequenza notevolmente
to calibro dell'arteria polmonare (per le conseguen­ maggiore; ciò si può spiegare con l'espressione del
ze v. Polmone). Fanno ovviamente eccezione a tale recettore per il progesterone nelle vene safene.
regola gli emboli delle vene tributarie del sistema Etiopatogenesi. I meccanismi che intervengono
portale che raggiungono il fegato, con conseguenze nel determinare la formazione di varici riguardano
varie (v. Fegato). In caso di comunicazione intera- principalmente l'aumento della pressione venosa e
triale o interventricolare, associata ad aumentata le alterazioni della parete venosa e dei tessuti circo­
pressione nelle cavità cardiache di destra con conse­ stanti, fattori che si possono combinare in vario
guente shunt destro-sinistro, gli emboli venosi pos­ modo.
sono, anziché raggiungere il polmone, passare nel Le alterazioni delle pareti possono essere congeni­
grande circolo (em bolia paradossa). te, come testimoniano i rari casi di varici già presen­
Un altro comportamento assai infrequente degli ti alla nascita e la tendenza familiare alla formazio­
emboli venosi, che concerne emboli formatisi nel ne di varici. In alcuni soggetti la facilità con cui si
distretto della vena cava superiore, dà luogo aWem­ sviluppano dilatazioni venose si associa a compar­
bolia reti’ograda. In queste circostanze eccezionali sa di ernie e di prolassi; si tratterebbe in questi casi
l'embolo anziché pervenire nell'atrio destro imbocca di displasie costituzionali dei connettivi. L'obesità
la vena cava inferiore e finisce con l'occludere qual­
che ramo delle vene sopraepatiche o la vena renale.
Il fenomeno sarebbe da rapportare ad improvvisi
cambiamenti dei rapporti pressori nelle grosse vene
vicine al cuore determinati da violenti movimenti
espiratori; si avrebbe in tal caso una momentanea
pressione positiva nel seno venoso auricolare che
provocherebbe la proiezione di un embolo presenta­
tosi in quel momento nella vena cava inferiore.

Fiebectasie e varici
Con tali termini si indicano dei processi
caratterizzati principalmente dalla dilatazione delle
vene. Una distinzione classica indica come fiebectasie
le dilatazioni venose diffuse, di regola cilindriche, e
come varici le dilatazioni circoscritte, di foggia sva­ Fig.3 - Fiebectasie. I vasi venosi sono dilatati e congesti. Non
riata. Tale distinzione non prende in considerazione sono evidenti alterazioni delle pareti.
982 Vene e vasi linfatici
può favorire lo sviluppo di varici superficiali in ni varicose potrebbe così schematizzarsi: le cellule
ragione del diminuito sostegno che le vene trova­ muscolari lisce verrebbero trasformate dall'agente
no nei tessuti circostanti eccessivamente ricchi di lesivo dalla forma « contrattile» alla forma «meta­
grasso. Anche l'atrofia dei muscoli e il diminuito bolica» con aumento del numero dei lisosomi, pro­
tono dei tessuti perivenosi che si verificano nell'e­ duzione di fibre connettivali displastiche funzional­
tà avanzata possono concorrere allo sviluppo di mente inadatte e conseguente dilatazione del vaso
varici nei soggetti anziani in questa condizione o suà parziale obliterazione.
più facile. Le anomalie nel comportamento dei lisosomi
Il fattore principale nella, patogenesi delle varici con i loro riflessi sulla struttura della sostanza intra­
acquisite è comunque rappresentato dall'aumento cellulare fornirebbero così una base morfologica
della pressione nei tratti venosi interessati. Questo più concreta del concetto alquanto vago di «debo­
può instaurarsi a seguito di cause generali quali l'in­ lezza della parete vasale» come causa delle varici
sufficienza circolatoria, o di cause locali, quali osta­ venose.
coli al deflusso a valle o compressioni delle vene ad Conseguenze. La presenza di varici venose
opera di neoformazioni dei tessuti vicini. L'elemen­ determina, nel territorio corrispondente, edema ed
to di maggior peso è rappresentato dalla stazione iperplasia del connettivo sottocutaneo. Sulla pelle
eretta protratta in cui la pressione venosa negli arti insorge frequentemente un eczema associato a pig­
inferiori aumenta in misura anche cospicua. mentazione brunastra. II successivo decorso può
Le vene superficiali degli arti inferiori, prive portare al formarsi di ulcerazioni - ulcere varicose -
come sono sia del sostegno muscolare che di quello ed a rottura delle varici tanto in sedi superficiali che
dell'asse arterioso per la posizione isolata nel tessu­ profonde. Particolarmente grave è l'evenienza di
to sottocutaneo, sono particolarmente esposte rotture di varici esofagee che danno luogo ad emor­
all'effetto ipertensivo. ragie spesso mortali. Le ulcere varicose, talora molto
estese e profonde, sono lentissime a guarire, data la
Da quanto esposto appare evidente come nello
loro sede in tessuti con scarso trofismo ed in cui
sviluppo delle varici concorrano, variamente com­
facilmente si sviluppano processi infiammatori. Una
binati, fattori costituzionali, fattori anatomici locali,
sorta di guarigione spontanea delle varici si attua
condizioni di patologia circolatoria generale e loca­
mediante formazione di un trombo evenienza molto
le, effetti dovuti al lavoro svolto dal soggetto.
facile - e sua successiva organizzazione con conse­
Macroscopicamente le vene varicose appaiono
guente obliterazione della dilatazione varicosa.
allungate, tortuose ed asimmetricamente dilatate
con estroflessioni ampollari e noduli irregolari.
Per quanto riguarda le modificazioni strutturali delle Flebosclerosi
pareti, nelle semplici dilatazioni funzionali queste Con il termine di flebosclerosi si indica un indu­
sono limitate ad un assottigliamento relativo con un rimento della parete venosa dovuto all'ispessimento
modesto ispessimento della muscolatura media. del connettivo, associato talvolta a ipertrofia della
Nelle vere varici la lesione fondamentale è l'atrofia muscolatura. Quadri di questo tipo possono forse
delle fibre elastiche e muscolari della parete che risul­ rappresentare l'equivalente, nelle vene, del processo
ta prevalentemente formata da connettivo collagene. arteriosclerotico; sono però molto rari e quando pre­
La microscopia elettronica ha dimostrato la pre­ senti vanno probabilmente rapportati ad alterazioni
senza di fibre collagene ed elastiche displastiche, pressorie. La vena cava inferiore è il vaso interessato
associata ad incrementata formazione di lisosomi con maggior frequenza, seguita dalla vena porta,
intra- ed extracellulari. La morfogenesi delle lesio­ dalla splerrica e dalle vene polmonari.

Fìg. 4 - Dilatazione del lume di una vena associata a modera­ Fig. 5 - Emboio neoplastico intravenoso.
to ispessimento della muscolatura.
Vene 983

Più facilmente quadri di flebosclerosi si determi­ Dal punto di vista morfologico i vasi linfatici
nano come esito di processi infiammatori. Le vene possono, venire distinti in tre tipi principali: tronchi,
interessate sono ispessite, consistenti, rigide, di colo­ collettori e capillari.
rito bianco-grigiastro. L'alterazione può essere diffu­
Tronchi linfatici. Sono i vasi linfatici più grossi, ad
sa ad un lungo tratto della parete o essere localizzata ampio calibro e parete spessa; sono muniti di valvo­
a focolai multipli con aspetto moniliforme della vena. le e nella parete si distinguono tre tuniche. L'intima è
Istologicamente si trova aumento del connettivo formata da uno strato endoteliale che poggia su una
dell'intima e dell'avventizia mentre il tessuto elastico membrana basale e da uno strato subendoteliale col­
e muscolare della media è ridotto fino alla scomparsa. lagene elastico; la media è formata da più strati di cel­
lule muscolari lisce che si alternano con fibre collage­
Tumori delle vene ne ed elastiche; l'avventizia è formata da connettivo e
contiene fascetti nervosi e «vasa vasorum». Gli endo­
I tumori primitivi delle pareti venose sono rarissi­
teli sono cuboidali e con nucleo aggettante nel lume
mi. La vena più colpita è la vena cava inferiore segui­
■nel vaso contratto, appiattiti nel vaso disteso; il loro
ta da altre vene degli arti inferiori come la femorale e
spessore va dai 2 micron delle aree perinucleari ai 0,2
la safena. Il maggior numero di segnalazioni si riferi­
micron delle porzioni citoplasmatiche più strette. Al
sce a tumori di natura muscolare benigna e maligna,
microscopio elettronico la membrana cellulare pre­
leiomiomi e leiomiosarcomi. Sono segnalati anche
senta invaginazioni pinocitosiche analoghe a quelle
lipomi, endoteliomi e sarcomi indifferenziati.
dei vasi e dei capillari sanguigni.

Vene e matasfasi tumorali Collettori linfatici. Sotto questa definizione si rag­


gruppano vasi linfatici di diametro variabile, sempre
Le vene, al contrario delle arterie, sono facilmen­ provvisti di valvole ed in cui è possibile la distinzio­
te invase da tessuto neoplastico tanto di natura epite­ ne delle tre tuniche della parete. Nei vasi linfatici le
liale che connettivale. Infiltrazioni tumorali del siste­ valvole" sono relativamente più numerose che nelle
ma venoso possono dare origine a disseminazioni vene; consistono in estroflessioni dell'endotelio
emboliche con formazione di metastasi a distanza, accoppiate ed originate dalle facce opposte del vaso.
specie nei polmoni. Queste vanno comunque ritenu­ Si proiettano nel lume in direzione del flusso ed in
te relativamente infrequenti rispetto alla grande faci­ modo da prevenire una circolazione reflua. La strut­
lità con cui i tumori infiltrano le vene. In parte infat­ tura delle valvole risulta, oltre che dalle cellule endo-
ti le cellule tumorali non raggiungono la circolazione teliali e dalla membrana basale, di una modesta
perché trattenute sull'intima da depositi trombotici; quantità di collagene con rarissimi fibroblasti
è soprattutto a livello dei capillari polmonari però
Capillari linfatici. Hanno diametro alquanto varia­
che gli elementi neoplastici vengono distrutti.
bile, oscillante tra i 20 e i 60 micron. La loro parete è
Nell'invasione neoplastica delle vene, particola­
formata da un rivestimento endoteliale continuo che
re rilievo assumono alcune grossolane infiltrazioni
non è però avvolto da una lamina basale continua.
delle vene cave. È il caso del carcinoma renale, che
Alla giunzione fra le cellule endoteliali determinate
forma sovente grossi trombi neoplastici nella vena
condizioni pressorie consentiranno pertanto il libero
renale e quindi nella cava inferiore, e del carcinoma passaggio di grandi molecole e di cellule dall'inter­
bronchiale per la vena cava superiore; talora si pro­ stizio. Questi passaggi costituiscono l'elemento ini­
pagano fino al cuore. ziale del sistema vasale linfatico di drenaggio dei
liquidi interstiziali. Le ricerche più recenti di micro­
scopia elettronica, chiarendo molti dettagli sulla
| Vasi linfatici struttura dei capillari linfatici, hanno dimostrato
Cenni anatomici alcune differenze con la struttura dei capillari san­
guigni. Le più significative sono la maggior ampiez­
II sistema vasale linfatico va considerato come za e l'irregolarità del lume, la estrema sottigliezza
un sistema di drenaggio unidirezionale e può venir del citoplasma endoteliale, la discontinuità della
raffigurato come una struttura arboriforme i cui lamina basale, l'assenza delle giunzioni cellulari a
tronchi principali sono rappresentati dal dotto tora­ perfetta tenuta descritte nei capillari sanguigni, la
cico e dalla grande vena linfatica. I rami principali di presenza di filamenti di ormeggio che legano l'endo­
questa struttura sono formati da collettori linfatici telio capillare al connettivo circostante e sono utili
sul cui decorso si trovano i linfonodi, stazioni di fil­ nel mantenere la pervietà del capillare. Anche alcuni
tro e protezione. I ramuscoli terminali sono costitui­ metodi immunoistochimici possono essere utili per
ti dai vasi più permeabili, i capillari linfatici, situati disinguere gli endoteli linfatici da quelli sanguigni.
nelle sedi degli scambi extracellulari negli intersti­ Il sistema dei vasi linfatici non costituisce un siste­
zi; attraverso la parete dei capillari linfatici i liquidi ma circolatorio paragonabile a quello sanguigno. Si
dei tessuti connettivi sono prontamente trasportati tratta piuttosto di un sistema di drenaggio unidire­
per un regolare mantenimento dell'omeostasi nei zionale i cui piccoli canali possiedono la capacità di
vari distretti e tessuti deirorganismo. fornire una rete di vie aperte che prontamente
984 & Vene e vasi linfatici

entrano in contatto con l'interstizio circostante in ghiandole in casi di tumore. Uno degli esempi più
modo da fornire un mezzo per il flusso ininterrotto comuni è dato dallo svuotamento del cavo ascellare
del liquido interstiziale. nel corso della mastectomia. Analoghi effetti può
È funzione precipua del sistema vasale linfatico con­ avere l'irradiazione di determinate zone con conse­
correre airomeostasi tessutale. Benché il plasmalem- guente fibrosi; altra causa, la sclerosi che può segui­
ma dell'endotelio dei capillari sanguigni sia permea­ re ad una linfangite. Un cenno a parte va fatto per la
bile all'acqua e ai cristalloidi è solo semipermeabile possibilità dell'occlusione dei vasi linfatici ad opera
ai colloidi delle dimensioni di una molecola proteica. di parassiti dell'ordine dei nematodi, le filane. Tale
I colloidi sono quindi largamente trattenuti nel lume condizione morbosa si riscontra principalmente in
dei capillari sanguigni con il conseguente stabilirsi di Egitto e in altri paesi africani e asiatici.
un gradiente di pressione osmotica utile a riassorbi­ Nelle prime fasi il processo è contraddistinto
re acqua e cristalloidi nella circolazione sanguigna. dalla dilatazione dei collettori e capillari linfatici
Le proteine con peso molecolare inferiore a 40.000 del derma e del sottocutaneo, abbondantemente
attraversano però la parete dei capillari; se tali pro­ imbibiti da un liquido ad alto contenuto proteico.
teine dovessero essere riassorbite dai capillari san­ Con l'aumentare dell'accumulo di liquido si deter­
guigni si avrebbe una scomparsa del gradiente di mina una iperplasia fibroblastica con progressiva
pressione colloidosmotica con arresto del riassorbi­ fibrosi e ulteriore dilatazione dei vasi linfatici, spe­
mento di acqua ed elettroliti. Ne conseguirebbe cie in corrispondenza della cute (pachidermia linfan-
diminuzione del volume intravasale con le gravi gectasica), e con un aumento di volume del territo­
conseguenze relative. La rimozione di tali molecole rio colpito che, nei casi più gravi, fa attribuire al
avviene ad opera dei capillari linfatici. processo la definizione di elefantiasi. La cute assu­
me un aspetto a buccia d'arancia ed è sede di feno­
La linfa non è pertanto una semplice soluzione meni distrofici sempre più gravi.
acquosa ma, pur con sensibili variazioni nella sua Linfedema primitivo. Raramente il linfedema
composizione in rapporto alle sedi e alle condizioni compare come fenomeno primitivo. Si tratta di
della sua derivazione, ricorda un plasma molto forme congenite, o, ancora più raramente, di forme
diluito. Uistolinfa che permea gli spazi interstiziali, che compaiono primitivamente in età giovanile.
presenta differenze sensibili nei confronti del pla­ Tra le forme congenite si distingue: un linfedema
sma solo per il suo contenuto proteico che ammon­ congenito eredofamiliare o malattia di Milroy ; un linfe­
ta solo al 18% di quello piasmatico (Tosatti). La linfa dema congenito semplice in cui non vi sono gli ele­
propriamente detta, contenuta nei vasi linfatici, e menti sufficienti per ammettere il carattere eredita­
distinta in pre e post-linfonodale, comprende gli rio dell'affezione. Gli arti inferiori sono le sedi pre­
elementi corpuscolati del sangue in proporzioni valentemente colpite; può coesistere anche un in­
variabili; la sua componente liquida è simile al pla­ teressamento delle parti superiori del corpo e sono
sma anche se i rapporti percentuali delle varie descritti casi con distribuzione irregolare dell'ede­
sostanze possono essere diversi. ma che può anche risparmiare gli arti inferiori. Tra
La propulsione della linfa nel sistema vasale è prin­ le sedi colpite con una certa frequenza vanno ricor­
cipalmente attribuita a fattori estrinseci quali i dati i genitali esterni. Nelle forme congenite l'ede­
movimenti dei muscoli respiratori, la pressione tes­ ma può mantenersi a lungo molle. L'evoluzione
sutale, la spremitura dei linfonodi mediante la con­ verso l'edema duro e la pachidermia è probabil­
trazione della loro capsula. Alcuni studi hanno sot­ mente dovuto alla sovrapposizione di fatti infiam­
tolineato anche il ruolo delle contrazioni ritmiche matori. Le cause del linfedema congenito non sono
intrinseche dei vasi linfatici muniti dì valvole. molto chiare. Si pensa trattarsi di un difetto di svi­
Hanno dimostrato con metodi istochimici fibre ner­ luppo dei vasi linfatici che sarebbero molto più
vose adrenergiche nella parete di collettori linfatici dilatabili che di norma. Possono associarsi anche
cervicali di cane. anomalie dei linfatici di organi interni, come il
fegato.
Linfedema Le forme di linfedema primitivo dell'età giova­
nile si riscontrano per lo più in giovani donne all'e­
Si definisce linfedema l'accumulo di linfa nei tes­ poca della pubertà ed interessano le estremità infe­
suti che segue ad un ostacolo al suo deflusso attra­ riori. Il processo progredisce nel tempo sia esten­
verso il sistema vasale linfatico con formazione di dendosi che assumendo rilievo maggiore. L'etiolo-
un edema duro nei territori interessati. Se si eccet­ gia è oscura.
tuano alcune particolari condizioni in cui sì instau­
ra primitivamente, il linfedema nella grande mag­
gioranza dei casi rappresenta un evento secondario
Linfangiti
ad altra situazione che ha causato l'occlusione dei La partecipazione dei vasi linfatici ai processi in­
vasi linfatici. fiammatori è in pratica costante. Talvolta la diffusio­
Tra le cause principali si annoverano l'occlusione ne delle infezioni batteriche attraverso i linfatici de­
dei vasi linfatici ad opera di un'infiltrazione neopla­ termina reazioni infiammatorie evidenti nelle pareti
stica e l'asportazione chirurgica di gruppi di linfo- vasali, con i quadri delle linfangiti acute e croniche.
Vas» linfatici ^ 985

Nelle linfangiti superficiali si apprezza la compar­ assumere rilievo notevole con interessamento di
sa di strie cutanee rosse e dolenti che segnano il numerosi distretti. Il polmone è la sede principale
decorso dei vasi linfatici fino ai linfonodi regionali. di questa alterazione cui va riferito un numero, in
Tra le linfangiti acute si distinguono forme sem­ verità non elevato, dei casi di polmone policistico. Il
plici e purulente. quadro decorre con cianosi e dispnea fino alla
Nelle forme semplici la parete vasale è iperemica morte che si verifica di regola molto presto. I pol­
ed è infiltrata da elementi essudati; i vasi sono spes­ moni sono rossobluastri, scarsamente aerati. La
so dilatati e ripieni di linfa coagulata (trombosi lin- superficie pleurica appare irregolare per la presen­
fangitìca) o di una rete di fibrina che racchiude lin­ za di molte vescicole sottopleuriche di dimensioni
fociti e granulociti. diverse (Giammalvo). Le superfici di taglio hanno
Il processo può guarire completamente, o un caratteristico aspetto spugnoso. Istologicamente
trasformarsi in una forma purulenta, o evolvere si trova un notevole aumento del numero e delle
verso la cronicizzazione. Nelle linfangiti purulente, dimensioni dei linfatici, da semplici dilatazioni fino
legate prevalentemente ad infezioni strepto- o sta­ alla formazione di vere cisti.
filococciche, i linfatici sono ripieni di granulociti .. Linfangectasie polmonari possono anche instau­
neutrofili; l'endotelio desquama e la parete è sede rarsi secondariamente a processi infiammatori o
di infiltrazione purulenta. Il processo si propaga ai ad ostacoli al deflusso attraverso le vene polmo­
tessuti circostanti e si può avere la formazione di nari. Oltre che nel polmone, linfangectasie di que­
ascessi o di flemmoni. I linfonodi di drenaggio sono sto genere possono trovarsi in altre sedi, dove
sempre interessati con quadri di linfoadenite acuta. danno luogo alla formazione di grosse cisti linfa­
Tra le linfangiti acute sono di particolare interes­ tiche solitarie, anche di notevoli dimensioni.
se quelle del derma che caratterizzano soprattutto Esempi sono dati dalle osservazioni di grosse cisti
Yerisipela. linfangectasiche gastriche, e surrenali, anche se per
Nelle linfangiti croniche la parete vasale presen­ talune osservazioni di questo tipo è stata prospet­
ta una iperplasia fibrosa che può condurre all'oblite­ tata uh'origine malformativa. Nella cirrosi epatica
razione del lume anche di vasi di un certo calibro. sono state descritte linfangectasie del legamento fa l­
ciforme.
• Linfangiti tubercolari. Nella propagazione La distinzione delle cisti linfangectasiche dai lin-
della infezione tubercolare i vasi linfatici rico­ fangiomi cistici si basa sui caratteri degli endoteli di
prono un molo notevolissimo. E quindi fre­ rivestimento, sempre appiattiti nelle cisti da stasi,
quente il riscontro di linfangiti e di perilinfangi- sull'assenza di immagini di neoformazione di vasi
ti tubercolari sia nel complesso primario, dove linfatici nei tessuti adiacenti, oltre che sul riscontro
la linfangite è costante, che in altre forme tuber­ di condizioni capaci di provocare la stasi linfatica
colari del polmone. Le pareti vasali sono ispes­ (trombosi venose; metastasi tumorali).
site e disseminate di tubercoli, mentre il lume
può contenere materiale caseoso. Merita anche
di essere ricordato l'interessamento dei linfatici Vasi linfatici e metastasi tumorali
della parete intestinale nella tubercolosi di que­
La grande frequenza con cui i carcinomi si
sto apparato. Anche il dotto toracico può essere
diffondono attraverso le vie linfatiche è ben nota.
colpito da processi tubercolari, di regola localiz­
Allorché il processo di diffusione neoplastica inte­
zati sull'intima e che danno luogo a manifesta­
ressa i vasi linfatici delle sierose, il quadro è macro­
zioni produttive o ulcerose. Si può avere una
scopicamente ben evidente, specie nella pleura,
disseminazione di grosse cariche bacillari nel
sotto forma di strie biancastre rilevate sulla superfi­
lume del dotto con conseguente possibile tuber­ cie di taglio dei polmoni allorché sono interessati i
colosi miliare generalizzata. linfatici intrapolmonari.
• Linfangiti luetiche. Lesioni luetiche a carico dei La presenta di zaffi epiteliali neoplastici nel
vasi linfatici possono riscontrarsi nello stadio lume di sottili vasi linfatici costituisce un reperto
primario a seguito della diffusione delle spiro­ istologico di comune riscontro nelle sezioni di car­
chete lungo i vasi stessi dal luogo di infezione ai cinomi di varie sedi. Sulle sezioni lo zaffo neoplasti­
linfonodi regionali. Lesioni aspecifiche, consi­ co appare separato dal rivestimento endoteliale da
stenti in ispessimento e sclerosi delle pareti, pos­ un sottile spazio vuoto.
sono trovarsi nei vasi linfatici anche nel terzo Metastasi carcinomatose possono impiantarsi
stadio della infezione luetica; si tratta di lesioni sulla parete dei più grossi tronchi linfatici, infiltran­
secondarie a quelle specifiche che si svolgono do l'intima o anche l'intero spessore della parete,
nei relativi parenchimi. con un quadro impropriamente definito di «linfan­
gite carcinomatosa»: le definizioni di «linfangiosi
Linfangectasie e cisti linfatiche carcinomatosa» o di «linfangiocarcinosi» appaiono
più aderenti alla realtà del fenomeno.
La presenza di linfangectasie multiple in determi­ La diffusione dei carcinomi per via linfatica può
nate sedi costituisce un'anomalia congenita che può dar luogo a quadri di «embolia » con trasporto di
986 ^ Vene e vasi linfatici
frammenti tumorali nella corrente linfatica o di
«permeazione» in cui i linfatici, anche di grosso | Bibliografia essenziale
calibro, appaiono occupati da solidi cordoni neo­ De Bakeg M.E.: Critical evaluation of problem of throboembo-
plastici. Quest'ultima modalità può determinare gli lism. Int Abstr Surg 1954; 98:1-27.
effetti secondari di cui si è detto a proposito del lin­ McCartney J.S.: Postoperative pulmonaiy embolism. N Engl
fedema. Si può inoltre determinare una reazione J Med 1957; 257: 147-157.
fibrosa perivascolare.
Infiltrazioni neoplastiche dei vasi linfatici si Stallworth J.M. et al.: Phlegmasia cerulea dolens. Ann Surg
1965; 161: 802-811.
verificano anche nei sarcomi. Va sottolineato il ruo­
lo importante che spetta ai linfatici nella precoce Larson R.A., Smith P.S.: Varicose veins. Mayo Clin Proc
disseminazione dei melanomi. In proposito viene 1943; 18: 400-408.
attribuito un significato, anche se non del tutto pre­ Schirger A. et al.: Idiopathic lymphedema. JAMA 1962; 182:
cisato, alle precoci dilatazioni dei linfatici che si svi­ 124-132. •
luppano in corrispondenza dei melanomi.
Tumori vascolari
7.5 G. Magro, S. Grasso

La classificazione dei tumori vascolari è molto temente cutanea, ma può insorgere anche a livello
complessa sia perché con il progredire delle cono­ di alcune mucose, soprattutto della cavità orale
scenze vengono riconosciute nuove entità clinico­ (gengiva). Clinicamente può presentarsi sotto
patologiche sia perché oggi risulta molto difficile - forma piatta, o come chiazza più o meno rilevata, o
se non impossibile - stabilire con certezza la natura come formazione polipoide, a superficie lobulata o
tumorale, malformativa o reattiva di alcune lesioni. moriforme, spesso ulcerata, di colorito variabile,
Dopo tale premessa, che potrebbe apparire scorag­ per lp più rosso-vivo o rubino. Istologicamente si
giante, va tuttavia detto che da un punto di vista osserva una proliferazione di vasi simil-capillari e
clinico la classificazione dei tumori vascolari risulta di venule che si organizzano in strutture lobulari,
particolarmente agevole poiché non sì discosta da ciascuna delle quali, risulta circondata da una
quella normalmente in uso per altre neoplasie (per quantità variabile di tessuto fibroso. Tutti i vasi
es. tumori dei tessuti molli e dell'osso; alcuni tumo­ capillari contengono un sottile strato esterno di
ri ovarici; alcuni tumori della mammella) e che per­ periciti, evidenziabili immunoistochimicamente
tanto prevede tumori benigni, tumori a malignità con anticorpi anti-a-actina muscolare liscia. La base
intermedia, tumori maligni. In questa sede verranno della lesione è ben delimitata rispetto ai tessuti
trattate le lesioni vascolari tumorali/malformative adiacenti, ma non vi si trova una vera e propria cap­
che sono di più comune riscontro, rimandando a sula. Quando la lesione assume clinicamente un
testi specialistici per ulteriori approfondimenti. aspetto polipoide, l'epidermide sovrastante va
facilmente incontro ad ulcerazione, innescando
processi flogistico-riparativi, la cui finalità è forma­
| Tumori benigni re di tessuto di granulazione in corrispondenza del­
I tumori benigni, denominati emangiomi (angio­l'area ulcerata. Questi eventi secondari possono
mi) o linfangiomi, sono di comune riscontro clinico a oscurare la primitiva natura vascolare della lesione,
livello cutaneo e mucoso ed in minor misura posso­ giustificando così il termine di "granuloma piogeni-
no insorgere sia nei tessuti molli che in alcuni orga­ co” con cui spesso, soprattutto nel passato, veniva
ni viscerali. A seconda delle caratteristiche istopato- denominato l'emangioma capillare lobulare.
logiche si riconoscono le seguenti entità: L'emangioma cavernoso, così denominato per il
L'emangioma capillare è ima lesione vascolare tipico aspetto istologico delle strutture vascolari
molto frequente che colpisce qualsiasi età. Le sedi che lo compongono, è una lesione che può presen­
maggiormente interessate sono la cute ed alcune tarsi ad ogni età, sia a livello cutaneo che nei tessu­
mucose (cavità orale e labbra). È possibile anche ti molli profondi o in organi viscerali. Tra gli eman­
ima localizzazione sottocutanea, nonché un interes­ giomi cavernosi va, qui, ricordato l'emangioma
samento primitivo di alcuni organi (fegato, mam­ definito tradizionalmente "nevus flammeus", una
mella, rene). Generalmente si tratta di lesioni di lesione vascolare presente fin dalla nascita, che si
colorito rosso vivo o bluastro, lievemente rilevate, ingrandisce lentamente con l'età, senza tuttavia
talora di aspetto peduncolato. Tra le varie forme cli­ andare incontro a regressione. Le lesioni profonde o
niche, ricordiamo quella "giovanile", in cui l'eman­ viscerali possono raggiungere notevoli dimensioni
gioma, denominato "nevo a fragola", si presenta e, a seconda della sede, creare problematiche di
nel neonato, e va ingrandendosi nei primi mesi di diverso significato clinico. Se, per esempio, l'eman­
vita, per poi regredire entro i primi anni gioma cavernoso epatico - la neoplasia benigna più
(1-3 anni) in circa il 70-90% dei casi. Istologicamen­ frequente di quest'organo - può essere del tutto
te l'emangioma capillare si caratterizza per la pre­ asintomatico e diagnosticato per lo più occasional­
senza di una proliferazione di vasi di aspetto simil- mente, la stessa lesione, se localizzata all'encefalo,
capillare, ripieni di sangue e a lume ristretto. I vasi può risultare fatale in caso di rottura per emorragia
neoformati risultano costituiti da un monostrato di intracranica, o causare comprcssionc/ipertensione
cellule endoteliali circondate da periciti. Possibile il cerebrale in quanto massa occupante spazio. Rara­
riscontro di trombosi e piccole emorragie intralesio- mente l'emangioma cavernoso può essere una
nali. lesione sindromica, cioè far parte di una sindrome
L’em angiom a capillare lobulare (granuloma caratterizzata dalla coesistenza di lesioni vascolari
piogenico) è una lesione vascolare a sede prevalen­ multiple: cerebrali (encefalo, cervelletto, tronco
988 - Tumori vascolari
da attribuire ad una incompleta escissione chirurgi­
ca o alle caratteristiche biologiche della lesione è da
chiarire. Infatti rimane ancora incerta la sua natura,
esistendo evidenze sia a favore di una lesione
tumorale che di tipo reattivo.
Gli emangiomi costituiti da grossi vasi (eman­
gioma venoso ed emangioma artero-venoso) sono lesio­
ni vascolari la cui natura è verosimilmente malfor­
mativa più che tumorale. Sebbene possano colpire
ogni età, si presentano con maggior frequenza nei
bambini e nei giovani adulti. Le sedi più interessa­
te sono il sottocute ed i tessuti molli profondi, pre­
valentemente degli arti, glutei, e della regione testa-
collo. Istologicamente si osserva una proliferazione
di vasi venosi (emangioma venoso) o mista: vasi
arteriosi ed in minor misura vasi venosi (emangio­
ma artero-venoso) che variabilmente si intrecciano
a formare shunt artero-venosi (Fig. 2). Un esame
angiografico, evidenziando la presenza di tali
shunt, può essere diagnostico pre-operatoriamente
e risultare altresì indispensabile nel documentare
l'estensione della lesione. In rari casi gli shunt sono
Fig. 1 ~ Emangioma cavernoso dermo-ipodermico. La lesione così imponenti da determinare ipertrofia della sede
è costituita da vasi simil-capillari di ampie dimensioni, ripieni di colpita o più eccezionalmente insufficienza cardia­
sangue. ca. Le colorazioni istochimiche per le fibre elastiche,
evidenziando o meno l'esistenza di una membrana
encefalico e viscerali in associazione), con altre neo­ elastica interna a livello dei vasi, sono d'ausilio per
plasie viscerali (malatia di Lindau-von Hippel). poter distinguere, rispettivamente, una struttura
Istologicamente l'emangioma cavernoso è costitui­ vascolare arteriosa da una venosa, e quindi per
to da una proliferazione di strutture vascolari a classificare correttamente una lesione come eman­
parete sottile, simil-capillari, contenenti sangue gioma venoso o artero-venoso. Si possono riscon­
fluido, con lumi così cisticamente dilatati da assu­ trare aree di trombosi vascolare con microcalcifica-
mere un aspetto "cavernoso". I suddetti vasi sono zioni. La recidiva locale è frequente nelle lesioni più
separati tra loro da una scarsa quantità di stroma.
Frequentemente si osservano trombosi ed emorra­
gie a carico dei vasi più sottili, che raramente pos­
sono assumere dimensioni tali da mettere a rischio
la vita del paziente, spesso se si associa coagulopa-
tia da consumo.
L'emangioma epitelioide (iperplasia angio-lin-
foide con eosinofilia) si localizza più frequentemen­
te nel sottocute ed in minor misura nel derma o nei
tessuti molli profondi. Le sedi più colpite sono la
testa e le porzioni più distali degli arti, soprattutto
le dita. Istologicamente è caratterizzato da una pro­
liferazione di vasi capillari immaturi, rivestiti da
cellule endoteliali di aspetto epitelioide, e a citopla­
sma eosinofilo. Nella maggior parte dei casi, la sud­
detta proliferazione vascolare si accompagna ad un
processo flogistico ricco in linfociti ed eosinofili,
con possibile formazione di follicoli linfatici che
talora possono circondare completamente la perife­
ria della lesione, dando l'impressione di avere a che
fare, sia macroscopicamente che microscopicamen­
te, con un linfonodo. Gli emangiomi epitelioidi sot­
tocutanei e dei tessuti molli più profondi spesso si
sviluppano nel contesto della parete di un'arteria
muscolare. Sebbene l'emangioma epitelioide abbia Fig. 2 - Emangioma artero-venoso. Lesione vascolare costitui­
un decorso clinico di benignità, una recidiva locale ta da grossi vasi a spessa parete, di tipo artero-venoso anasto-
è stata riportata in circa un terzo dei casi. Se ciò sia mizzantesi tra loto.
Tumori benigni ^ 989

profonde, a causa delle difficoltà di ottenere un'e­ ginocchio, il gomito e la mano. Clinicamente si può
scissione chirurgica completa. avere dolore, rigonfiamento e/o emartro dell'arti­
L'angiomatosi è un'entità clinico-patologica ben colazione interessata. La R M N è l'indagine radiolo­
distinta, che rappresenta una forma diffusa di gica più idonea ai fini diagnostici. Istologicamente
emangioma con interessamento di diversi strati tis- si osserva, al di sotto della membrana sinoviale,
sutali (derma, sottocute, muscoli) di un'ampia area una proliferazione di vasi cavernosi, spesso fram­
di un segmento corporeo. L'etiopatogenesi dell'an- misti. a vasi capillari e meno frequentemente a vasi
giomatosi è tuttora da stabilire ma diversi dati clini~- artero-venosi, nel contesto di stroma fibro-mixoide.
co-patologici fanno propendere per una natura Attualmente si ritiene che l'emangioma sinoviale
malformativo-congenita della lesione, che però si rappresenti un processo malformativo. L'asporta­
manifesta clinicamente in età giovanile. La maggior zione chirurgica completa della lesione assicura un
parte dei casi si presenta in giovani adulti (entro i basso rischio di recidiva locale.
20 anni d'età) con predilezione per il sesso femmi­ Il linfangioma capillare è una lesione relativa­
nile. Le sedi più colpite sono gli arti, soprattutto mente frequente che si localizza soprattutto nel sot­
quelli inferiori, l'addome e la parete toracica. Clini­ tocute della regione testa-collo ed ascellare. La
camente la lesione si presenta come un rigonfia­ mucosa della cavità orale e più raramente anche
mento della parte interessata, talora con dolore, alcuni organi viscerali possono essere sede d'insor­
soprattutto durante alcuni movimenti. Gli esami genza di linfangiomi capillari. Clinicamente si pre­
radiologici (TAC) evidenziano una massa a margini sentano come lesioni lievemente rilevate, talora
mal definiti che può variare da pochi centimetri peduncolate, del diametro di pochi centimetri. Isto­
fino a 20-25 centimetri. Istologicamente si osserva logicamente si osserva proliferazione di vasi capil­
una proliferazione mista e disordinata di vasi simil- lari simili a quelli riscontrabili nell'emangioma
capillari, cavernosi e venosi, di calibro piuttosto capillare, dal quale si distinguono per lo più per
variabile, nel contesto del derma, sottocute e talora l'assenza di sangue intraluminale.
anche nei muscoli striati. Nonostante l'angiomatosi Il linfangioma cistico o cavernoso (igroma cisti­
sia una lesione biologicamente benigna, circa il 90% co) è una lesione vascolare di natura verosimilmen­
dei casi persiste dopo asportazione chirurgica. Ciò te malformativa, tipica dell'età pediatrica. Infatti la
è essenzialmente dovuto al fatto che un trattamen­ maggior parte dei casi è diagnosticata alla nascita o
to chirurgico radicale è spesso impossibile da otte­ comunque entro i primi anni di vita. L'associazione
nere, data la notevole estensione e profondità della del linfangioma cistico con alcune sindromi geneti­
lesione. Si consiglia follow-up clinico-radiologico che, soprattutto la sindrome di Turner, è un dato a
con eventuali escissioni chirurgiche multiple, sol­ favore della natura malformativo-disontogenetica
tanto in caso di dolore persistente, compromissione di questa lesione vascolare. Le sedi più colpite sono
funzionale del segmento corporeo interessato, o più il collo, le ascelle, gli arti, il tronco e più raramente
semplicemente per problemi estetici.
L’emangioma muscolare è una proliferazione
vascolare benigna nel contesto di tessuto muscolare
striato. I soggetti più colpiti sono gli adolescenti ed i
giovani adulti. Le sedi più comunemente interessa­
te sono gli arti, la testa, il collo ed il tronco. Clinica­
mente la lesione si presenta come una massa a lento
accrescimento, dolente per lo più in corso di alcuni
esercizi fisici. Istologicamente si osserva una prolife­
razione vascolare mista di vasi capillari, cavernosi,
linfatici, venosi e talora anche di tipo artero-venosi
tra le fibre del muscolo striato interessato. Un aspet­
to morfologico costante è la presenza di una quanti­
tà variabile di tessuto adiposo maturo di accompa­
gnamento, che è parte integrante della lesione e non
il risultato di un intrappolamento di tessuto adipo­
so pre-esistente. Per tale motivo, oggi si è propensi a
considerare l'emangioma muscolare come una
lesione malformativa e non tumorale. L'incidenza di
recidiva locale è alta, pari a circa il 30-50% a causa di
una incompleta resezione chirurgica.
L'emangioma sinoviale è una rara proliferazio­
ne vascolare che origina nelle superfici rivestite da
membrana sinoviale (articolazioni e borse). La Fig. 3 - Linfangioma cistico (igroma cistico). Proliferazione ipo­
maggior parte dei pazienti sono bambini ed adole­ dermica di vasi linfatici dilatati cisticamente contenenti materia­
scenti e le sedi più comuni d'insorgenza sono il le proteinaceo.
990 & Tumori vascolari
il mesentere ed il retroperitoneo. Rara ma possibile (forma linfoadenopatica) si associa ad un decorso
una localizzazione viscerale primitiva (intestino, clinico aggressivo; 3) "la forma iatrogena" si svilup­
milza). Clinicamente, le lesioni superficiali si pre­ pa in seguito a trattamento con farmaci immuno-
sentano con un rigonfiamento indolore della parte soppressori per cause diverse, spesso dopo qualche
interessata che, alla palpazione, risulta essere flut­ mese/arino da un trapianto d'organo solido (rene,
tuante. Le lesioni profonde, essendo masse occu­ cuore). Sia la cute che gli organi viscerali possono
panti spazio, possono invece causare importanti essere interessati e la prognosi è piuttosto incerta;
problemi clinici, dislocando e/o occludendo organi 4) "la forma AIDS-associata" è quella più aggressiva
viscerali a sede mediastxnica o intra-addominale. e si presenta soprattutto in maschi omosessuali,
Indagini radiologiche, soprattutto l'ultrasuonogra- essendo colpiti circa il 40% dei soggetti appartenen­
fia, consentono di svelare la natura cistica della ti a questo gruppo. La localizzazione cutanea, oltre
massa e spesso sono diagnostici pre-operatoria- agli arti, può essere comunemente riscontrata
mente. Macroscopicamente il linfangioma cistico si anche a livello del viso e dei genitali e si associa
presenta come una massa di dimensioni variabili, variabilmente a quella mucosa e viscerale (linfono­
per lo più di grosse dimensioni (5-15 centimetri) di, tratto gastro-intestinale, polmoni). Il decorso è
che, alla superficie di taglio, appare multicistica, e particolarmente aggressivo con possibile insorgen­
contenente liquido lattescente. Istologicamente la za di una seconda neoplasia maligna che, più fre­
lesione è sostenuta da una proliferazione di vasi quentemente, sarà un linfoma.
capillari rivestiti da cellule endoteliali appiattite, di Da un punto di vista istologico, nel sarcoma di
calibro varabile, dilatati cisticamente, i cui lumi Kaposi si possono osservare almeno tre diverse fasi
possono esseri vuoti, o ripieni di materiale protei- che sono alla base dei tre diversi quadri clinico­
naceo, o contenere linfociti e/o globuli rossi. Non è macroscopici delle lesioni osservabili a livello cuta­
infrequente riscontrare attorno ai vasi di maggiori neo: i) nella fase di papula si osservano spazi vasco­
dimensioni Un evidente strato di muscolatura liscia lari delimitati da cellule endoteliali con modeste
(linfangiomioma). Processi flogistici e fibrosi reatti­ atipie citologiche, di forma irregolare, che disseca­
va a sede perivascolare sono di frequente riscontro, no le fibre collagene del derma papillare e reticola­
soprattutto nelle lesioni di vecchia data. Le recidive re, a sede per lo più peri-annessiale e peri-vascola­
sono dovute ad incompleta escissione chirurgica. re; è di frequente riscontro la presenza di infiltrati
flogistici linfocitari e plasmocellulari, di globuli

H Tumori a malignità intermedia


rossi stravasati e di depositi extracellulari di emosi-
derina; ii) nella fase di placca si ha un quadro istolo­
gico simile a quello della fase precedente ma quan­
Il sarcoma ài K aposi è una neoplasia vascolare
titativamente più rappresentato; ili) nella fase nodu-
ad aggressività locale, che si localizza nella cute ma
lare si osserva la formazione di noduli cutanei soste-
può interessare anche le mucose (cavità orale), i lin­
fonodi e gli organi viscerali. La patogenesi sembra
essere strettamente virus-correlata, dato che, sia
l'Herpes virus umano di tipo 8 che il virus da HIV,
anche se non inducono direttamente, sono certa­
mente coinvolti nell'insorgenza della malattia che
oggi viene considerata come il risultato di una com­
plessa interazione tra infezione virale, sistema
immunitario, fattori genetici ed ambientali. Il sarco­
ma di Kaposi, seppur con lo stesso denominatore
istologico, si presenta in contesti clinici piuttosto
eterogenei con prognosi molto variabile. General­
mente si distinguono quattro forme clinico-epide­
miologiche di sarcoma di kaposi: 1) "la forma classi­
ca" che colpisce soggetti anziani dell'area Mediter­
ranea, con localizzazione cutanea preferibilmente
agli arti inferiori sotto forma di papule-placche-
noduli multipli di colorito rossastro e/o bluastro.
Tale forma ha un decorso clinico indolente nella
maggior parte dei casi, con possibile aumento del
numero ed estensione delle lesioni in sedi più pros­
simali. È raro il contemporaneo coinvolgimento Un-
fonodale e/o viscerale; 2) la "forma endemica Africa­
na" si riscontra in bambini e giovani adulti dell'A-
frica equatoriale. Le sedi più colpite sono la cute ed Fig. 4 - Sarcoma di Kaposi: fase nodulare. Proliferazione di
i linfonodi; la prognosi è favorevole per gli adulti celluie fusate di aspetto sarcomatoso, con formazione di picco­
mentre nei bambini la localizzazione linfonodale li vasi contenenti globuli rossi.
Tumori o malignità intermedio & 991

nuti da fasci di cellule fusate, intersecantesi tra loro, che il precursore sia una cellula mesenchimale pri­
con lievi atipie citologiche, nel cui contesto sono mitiva capace di differenziarsi verso la linea endo­
presenti spazi vascolari contenenti globuli rossi teliale. In ogni caso, per una neoplasia maligna
(Fig. 4). Le indagini immunoistochimiche rivelano costituita da cellule che mostrano differenziazione
che le suddette cellule fusate tumorali sono positi­ endoteliale, si utilizza il termine di "angiosarcoma".
ve ai marker endoteliali (CD31 e CD34). La progno­ U angiosarcoma è ima rara neoplasia maligna
si dipende dalla forma clinico-epidemiologica della che si sviluppa nella cute, nei tessuti molli profondi
malattia. Nonostante siano stati recentemente otte­ ed in alcuni organi (mammella, fegato, milza, osso)
nuti alcuni miglioramenti con la chirurgia, la che- di soggetti soprattutto anziani. L'angiosarcoma
mio- e radio-terapia, le forme viscerali avanzate cutaneo si presenta più frequentemente alla regione
non risentono di alcun trattamento. testa-collo di soggetti anziani, sotto forma di nodu­
L'emangioendo teliom a epitelioide è una neopla­ li rossi asintomatici che successivamente possono
sia vascolare che insorge nei tessuti molli superfi­ trasformarsi in grosse masse di aspetto carnoso. È
ciali e profondi. Va tuttavia ricordato che anche degno di essere menzionato l'angiosarcoma che
alcuni organi, come il fegato ed il polmone, posso­ insorge dopo una lunga storia (circa 10 anni) di lin-
no essere primitivamente interessati. Nei tessuti fedema del braccio, da pregressa mastectomia radi­
molli l'emangioendotelioma epitelioide origina cale (sindrome di Stewart-Treves). I tumori che si
(circa il 30% dei casi) da un piccolo vaso, general­ localizzano nei tessuti molli formano masse ad
mente una vena, del quale occupa il lume, con pos­ accrescimento progressivo con sintomi variabili
sibile estensione ai tessuti circostanti. Clinicamente quali coagulopatia, anemia, ematomi persistenti.
si presenta come un nodulo superficiale o profon­ Tra gli angiosarcomi viscerali, ricordiamo soprat­
do, spesso doloroso. Istologicamente è caratterizza­ tutto quelli epatici e mammari. I primi insorgono
to da una proliferazione di cellule epitelioidi, orga­ più frequentemente negli addetti all'industria pla­
nizzate in singoli cordoni o sotto forma di nidi soli­ stica, probabilmente in rapporto all'esposizione al
di, immerse in uno stroma variabilmente fibro- cloruro di polivinile, e pertanto rappresentano un
mixoide. Le cellule tumorali hanno citoplasma per esempio di cancerogenesi chimica nell'uomo. Seb­
lo più eosinofilo ed alcune presentano un unico bene l'angiosarcoma possa insorgere primitiva­
vacuolo citoplasmatico (lume vascolare) all'interno mente nella mammella ex novo, recentemente è
del quale è possibile riscontrare singoli globuli stato notato un incremento di tale neoplasia in
rossi. Quest'ultimo aspetto morfologico è un donne trattate con chirurgia conservativa seguita
importante parametro diagnostico poiché aiuta a da radioterapia locale per carcinoma mammario.
svelare la natura endoteliale delle cellule neoplasti­ Rara ma possibile è l'origine da grossi vasi quali la
che epitelioidi, che va comunque confermata con vena cava inferiore, l'arteria polmonare e l'aorta
indagini immunoistochimiche, utilizzando marker (sarcoma intimale, sarcoma luminale). L'aspetto
endoteliali (CD31 e CD34). Una focale espressione istologico di un angiosarcoma è piuttosto variabile:
di citocheratina - marker di differenziazione epite­ da una neoplasia che forma vasi anastomizzantesi
liale - può riscontrarsi in circa il 20% dei casi e deve tra di loro, rivestiti da cellule endoteliali fusate e/o
essere tenuta in considerazione al fine di evitare epitelioidi atipiche (Fig. 5), ad una neoplasia molto
potenziali errori diagnostici con neoplasie epitelia­ indifferenziata senza evidenti strutture vascolari,
li. Generalmente le cellule epitelioidi hanno un che può simulare un carcinoma indifferenziato, un
aspetto blando e le mitosi sono assenti o molto rare.
In alcuni casi, il riscontro di pleomorfismo nuclea­
re, elevato indice mitotico (>1 mitosi/10 HPF) e di
necrosi autorizza a classificare questa lesione come
"emangioendotelioma epitelioide maligno" dal quale ci
si aspetta un comportamento clinico più aggressi­
vo. L'emangioendotelioma epitelioide va classifica­
to come neoplasia a malignità intermedia perché
può recidivare in circa il 10-20% dei casi e metasta-
tizzare nel 20-30% dei casi.

818 Tumori maligni


Sono un gruppo di neoplasie costituite da cellu­
le endoteliali morfologicamente maligne, capaci di
metastatizzare a distanza e con una prognosi infau­
sta, dato che la maggior parte dei pazienti muore
entro cinque anni dalla diagnosi. Nonostante sia Fig. 5 - Angiosarcoma. Neoplasia costituita da vasi con lumi
possibile ipotizzare che la neoplasia possa origina­ contenenti gìobuii rossi, rivestiti da cellule endoteliali con carat-
re dall'endotelio vascolare o linfatico, è probabile teri morfologici di malignità.
992 & Tumori vascolari
melanoma, o un linfoma anaplastico. In questi casi, dei giorni in queste sedi. Altre sedi interessate in
le indagini ancillari immunoistochimiche, rivelan­ minor misura sono gli arti inferiori, gli avambracci
do la natura endoteliale delle cellule neoplastiche ed altre regioni cutanee. Tuttavia si possono trova­
(positività per CD31 e CD34), sono determinanti ai re tumori glomici a localizzazione profonda ed
fini diagnostici. Frequenti sono le recidive locali, anche a partenza da alcuni organi viscerali, come lo
spesso seguite da metastasi a distanza. Complessi­ stomaco, il polmone, il pene, le ossa, il mediastino
vamente la prognosi deirangiosarcoma è piuttosto etc. Clinicamente le neoplasie a localizzazione cuta­
infausta. nea si presentano di norma come piccoli noduli ben
delimitati, di colorito rosso-bluastro; le dimensioni
medie sono inferiori al centimetro e possono essere
| Tumori perivaseoiarí o pericifari così piccole da renderne difficile l'evidenziazione,
specie se a sede sub-ungueale, dove appaiono come
In questo gruppo di neoplasie oggi vanno inclu­
semplici microemorragie. I diametri massimi si
si tutti i tumori vascolari le cui cellule mostrano una
aggirano sui 1-3 centimetri. È caratteristico il dolo­
tendenza alla differenziazione pericitica, cioè verso
re acuto in occasione di esposizione a basse tempe­
quelle cellule perivascolari mioidi che hanno capa­
rature o in occasione di traumi locali anche di mini­
cità contrattile. Lo spettro morfologico è molto
ma entità. Le lesioni profonde e viscerali possono
ampio, andando da tumori costituiti da cellule che
essere asintomatiche oppure causare sintomi aspe­
ricordano le cellule del giorno vascolare, a cellule
cifici riferibili alla sede d'insorgenza. Istologica­
che mostrano inequivocabili segni di differenzia­
mente i tumori glomici benigni sono caratterizzati
zione muscolare liscia. Data la sede del presunto
da una proliferazione di vasi simil-capillari o simil-
precursore morfologico, questi tumori hanno la
venosi, circondati da una proliferazione solida di
naturale tendenza ad una crescita perivascolare, in
cellule monomorfe rotondeggianti o poligonali, di
modo circonferenziale. La progressiva acquisizione piccole-medie dimensioni, che possono mostrare
di dati clinici, morfologici, immunoistochimici ed vari gradi di differenziazione muscolare liscia. La
ultrastrutturali, ha recentemente consentito di distinzione in quattro istotipi è un esercizio classifi-
poter inquadrare in un unico spettro morfologico cativo puramente istologico che non ha alcun
lesioni tumorali che prima erano state considerate impatto clinico. La variante più comune è il " tumo­
come entità a se stanti. All'ampia categoria dei re glomico solido" costituito da nidi di cellule giorni-
tumori pericitici/perivascolari appartengono alme­ che che circondano i vasi capillari neoformati, talo­
no due gruppi tumorali: i tumori glomici e la fami­ ra sotto forma di cuffie perivascolari, immersi in
glia del miopericitoma che forma uno spettro mor­ uno stroma variabilmente fibro-mixoide. Se la lesio­
fologico continuo con il miofibroma/miofibroma- ne vascolare è costituita da vasi venosi dilatati e cir­
tosi, rangioleiomioma ed il cosiddetto emangiope- condati da strati concentrici di cellule glomiche,
ricitoma infantile.

Tumori glomici benigni


Sono neoplasie composte da cellule che ricorda­
no le normali cellule del corpo glomico - cellule
muscolari liscie modificate - con una tendenza ad
una variabile differenziazione muscolare liscia, e ad
una crescita prevalentemente perivascolare. A con­
ferma della differenziazione glomica/muscolare
liscia, le cellule tumorali esprimono marker tipici
delle cellule muscolari liscie (a-actina muscolare
liscia) e come queste sono singolarmente circonda­
te da collagene di tipo IV, un componente essenzia­
le di tutte le membrane basali. Sono tumori relativa­
mente rari, che soltanto in circa il 10% dei casi pos­
sono essere multipli. Sebbene ogni età possa essere
colpita, si riscontrano più frequentemente nei gio­
vani adulti. Non si nota una predilezione per Tuno
o l'altro sesso, anche se alcuni autori segnalano una
maggiore incidenza nelle donne per le neoplasie a
localizzazione ungueale. La maggioranza dei tumo­
ri glomici si localizza nella cute e nei tessuti molli
superficiali, essendo interessate soprattutto le dita
delle mani, soprattutto a livello delle regioni sub­ Fig. 6 - Tumore glomico. Proliferazione di cellule monomorfe
ungueali ed in corrispondenza dei polpastrelli, in rotondeggianti disposte attorno a vasi simil-capillari e di tipo
naturale rapporto con la locale maggiore densità venuiare.
Tumori perivascolari o pericitari & 993

viene denominata "glomangioma". Questa variante tutto al tumore fibroso solitario. Clinicamente la
istologica rappresenta circa il 20% di tutti i tumori neoplasia si presenta come una massa a lenta cresci­
glomici benigni ed è la forma più frequente nei ta che può insorgere nei tessuti molli degli arti,
pazienti che presentano lesioni multiple o familiari. soprattutto nella coscia, come lesione unica o mul-
Se in un tumore glomico solido o in un glomangio­ tinodulare o in sedi profonde come il retroperito-
ma si osservano anche cellule di forma fusata, con neo. Istologicamente la diagnosi di emangioperici­
aspetti morfologici transizionali tra le cellule glomi- toma va riservata ad una neoplasia costituita quasi
che e le cellule muscolari liscie, la neoplasia prende; esclusivamente da vasi a parete sottile, sia ectasici
il nome di "glomangiomioma". Infine la presenza che compressi, frequentemente di aspetto ramifica­
di un pattern vascolare ramificato, simil-emangio- to (aspetto a "coma di cervo"), immersi in una com­
pericitoma, fa designare il tumore glomico "glo- ponente di cellule dalla morfologia variabile - da
mangiopericitoma". Sebbene raramente, alcuni cellule rotonde a cellule fusate- contenute in mode­
tumori glomici benigni, indipendentemente dal sto stroma fibroso.
loro istotipo, possono presentare cellule con marca­
to pleomorfismo nucleare, in assenza però di altri Miopericitoma, miofibroma/miofibromatosi,
parametri morfologici di malignità (mitosi e necro­
si). Per queste lesioni si utilizza il termine di “tumo­
angioleiomioma
re glomico simplastico o a cellule bizzarre", similmente Queste, neoplasie, fino a poco tempo fa conside­
a quanto già in uso per altre neoplasie (per es. il rate diverse tra loro, in realtà formano un conti­
leiomioma a cellule bizzarre). Le atipie nucleari nuum morfologico e sono pertanto da classificare
sono considerati fenomeni di tipo regressivo-dege- nell'ambito dello stesso gruppo.
nerativo e non di natura neoplástica, e ciò trova Il m iopericitoma è una neoplasia benigna, gene­
conferma nel fatto che tali neoplasie hanno un com­ ralmente localizzata nel sottocute, composta da cel­
portamento clinico di benignità. Con il termine di lule di forma variabile, da ovalare a fusata, con
"glomangiomatosi" si intende una rara prolifera­ marcata tendenza ad una crescita perivascolare
zione vascolare che clinicamente ed istologicamen­ concentrica. Può insorgere a qualunque età ed in
te è simile all'angiomatosi (emangioma diffuso), in qualsiasi sede, anche se gli arti sembrano essere il
cui però è possibile riscontrare una componente segmento più interessato. Clinicamente si presenta
addizionale di noduli di tumore glomico di tipo come un nodulo sottocutaneo a lenta crescita, per lo
solido attorno alle pareti vascolari. E probabile che più indolore. Lesioni multiple che interessano una
la glomangiomatosi sia soltanto una variante istolo­ stessa regione sono state riportate. Istologicamente
gica deirangiomatosi. si osserva una proliferazione di vasi a pareti sottili
circondati da diversi strati concentrici di cellule di
Tumori glomici maligni/ forma ovalare/fusata di aspetto mioide. Talora cel­
lule fusate a citoplasma eosinofilo, che ricordano le
a malignità intermedia normali cellule muscolari liscie, assumono atteggia­
Raramente i tumori glomici possono avere un mento fascicolato e/o vorticoide con possibile inva­
comportamento clinico aggressivo con recidive ginazione e/o restringimento del lume del vaso
locali, invasione delle strutture adiacenti e metasta­ attorno al quale proliferano. Questi aspetti morfolo­
si a distanza. Una lesione va classificata come mali­ gici sono riscontrabili anche nel miofibroma/miofi-
gna (glomangiosarcoma) se ha: i) dimensione > a 2 bromatosi. Occasionalmente si può osservare una
cm; ii) localizzazione profonda (sede sub-fasciale) o componente cellulare addizionale che ricorda i
viscerale; iii) mitosi atipiche, oppure se, oltre ad un tumori glomici benigni, a testimonianza dell'origi­
marcato pleomorfismo nucleare, si osserva un'atti­ ne perivascolare comune per tutte queste neoplasie.
vità mitotica, anche modesta. Tutte quelle neoplasie M iofibrom aìtosi è il termine usato per indicare,
a cellule glomiche che presentano soltanto uno dei rispettivamente, sia la forma solitaria che quella
suddetti parametri di malignità, a parte il pleomor­ multicentrica di una neoplasia vascolare che si può
fismo nucleare ( per esempio: tumore glomico dello riscontrare a tutte le età, anche se la maggior parte
stomaco, di cm 6 di diametro massimo, senza atipie dei casi viene diagnosticata in neonati o comunque
nucleari né mitosi), vanno meglio classificati come entro i primi due anni di vita. Negli adulti è più fre­
"tumori a potenziale malignità o a comportamento quente la forma solitaria (miofibroma) mentre nei
biologico incerto". bambini è possibile riscontrare entrambe le forme.
Le sedi più colpite sono la cute ed il sottocute della
Emangiopericitoma regione testa-collo, le aponeurosi, i muscoli schele­
trici ed in minor misura le ossa (cranio ed ossa lun­
L'emangiopericitoma è una neoplasia rara, la cui ghe). Le forme multicentriche sono caratterizzate
diagnosi si pone per esclusione. Infatti nel recente da un simultaneo coinvolgimento dei tessuti molli,
passato si è abusato di tale termine, applicandolo dell'osso (soprattutto ossa lunghe), e di alcuni
indiscriminatamente a diverse neoplasie dei tessuti visceri, quali il polmone, il rene, il fegato, il tratto
molli con pattern simil-emangiopericitoma, soprat­ gastrointestinale e più raramente il sistema nervoso
994 ; Tumori vascolari
centrale. Clinicamente le lesioni possono presentar­ più organi viscerali vitali (complicanze cardiocirco­
si, a seconda della localizzazione, come macule che latorie e/o polmonari e/o gastrointestinali).
simulano lesioni vascolari (sede cutanea), oppure L'angioleiom iom a sta alla fine dello spettro
come masse a margini ben circoscritti o irregolari morfologico della famiglia dei tumori perivascolari.
(nei tessuti molli) oppure causare sintomi organo­ Si caratterizza infatti per la presenza di vasi neofor­
specifici, a seconda del viscere interessato. La dia­ mati di diverso tipo (venosi, a pareti sottili, talora di
gnosi di certezza è soltanto istologica. Istologica­ aspetto cavernoso) circondati da cellule muscolari
mente si osserva una proliferazione multinodulare, liscie mature che si intersecano variabilmente tra
in cui è possibile individuare, per ciascun nodulo, loro. Spesso la componente vascolare di base è poco
due aree morfologicamente di aspetto diverso:
evidente poiché predomina quella muscolare liscia.
i) pattern emangiopericitoma-simile, generalmente
Sebbene l'angioleiomioma sia ancora oggi, per
localizzato al centro del nodulo, caratterizzato da
comodità, incluso e trattato tra i tumori muscolari
una proliferazione di cellule di aspetto primitivo, di
forma rotondeggiante-poligonale, che crescono lisci benigni, sarebbe più corretto considerarlo
attorno a vasi sottili neoformati con ramificazioni come una neoplasia perivascolare in cui le cellule
tipo "a corna di cervo"; ii) pattern mioide, general­ tumorali (periciti) vanno incontro ad una esuberan­
mente localizzato alla periferia del nodulo, costitui­ te differenziazione muscolare liscia completa che
to da ima proliferazione di cellule fusate di aspetto finisce per oscurare l'origine vascolare della lesio­
mioide che, intersecandosi tra loro, assumono un ne, simulando pertanto un leiomioma.
atteggiamento fascicolato e/o vorticoide con possi­
bile invaginazione e/o restringimento del lume del
vaso attorno al quale proliferano. È molto probabi­ ¡¡H Bibliografia essenziale
le che le cellule fusate miodi siano il risultato di un Fletcher C.D.M., Unni K.K., Mertens F.: Vascular tumours
processo differenziativo a carico delle cellule più in Pathology and Genetics of Tumours of Soft Tissue
primitive verso una linea miofibroblatica/leiomu- and Bone. World Health Organization (WHO) Blue
scolare. La forma solitaria (miofibroma) è una lesio­ Books. 2002; IARC Press-Lyon.
ne benigna che, pur recidivando in circa il 10% dei
casi, può essere facilmente controllata con re-escis- McKee P.H.: Pathology of the skin with clinical crrela-
tions; second edition. 1996.
sione chirurgica. La forma multicentrica, tipica del­
l'età pediatrica, può avere in alcuni casi ima pro­ Weedon D.: Skin Pathology; second edition. 2002; Chur­
gnosi infausta, soprattutto se le lesioni interessano chill Livingstone; Mosby-Wolfe.
Mediastino e
Apparato respiratorio

8.1 Vie aeree superiori (L. D'Angelo, R. Ross ¡elio) ■ Patologie acquisite
Naso e seni paranasali ■ Processi infiammatori
(L. D'Angelo, R. Rossiello, G. iannaci, P. Sapere, ■ Mediastinite fibrosante o fibrosi mediastinica
G. Salerno, G. Buongiorno) b Masse mediastiniche
e Processi infiammatori ■ Neoplasie primitive del mediastino
» Malattie granulomatose croniche m Sindromi mediastiniche
& Lesioni epiteliali benigne ■ Quadri anatomo-dinici
b Tumori maligni 8.3 Parete toracica (&. Murer)
■ Lesioni fibrose ■ Anomalie del torace
s Lesioni ossee e cartilaginee ■ Traumi della parete toracica
Rinofaringe ■ Tumori della parete toracica
(L. D'Angelo, R. Rossiello, V. Coluccino, V. Allocca,
G. Salerno, G. Buongiorno) 8.4 Pleura (G. Barbolini, A.M. Gatti, B. Murer)
■ Malattie infiammatorie a Anatomia ed istologia della pleura
■ Lesioni espansive benigne ■ Patologia non neoplastica
m Carcinoma del rinofaringe b Malattie benigne della pleura asbesto associate
Laringe b Tumori
{L. D'Angelo, R. Rossiello, L. Montone,
F. Di Marco, G. Salerno, G. Buongiorno) 8.5 Trachea, bronchi e polmoni (B. Murer)
■ Malformazioni congenite, cisti, laringoceli b Anatomia ed istologia del polmone e vie aeree
■ Disturbi di circolo b Procedure diagnostiche nelle malattie polmonari
b Malattie polmonari neonatali, perinatali
■ Malattie infiammatorie
■ Neoformazioni benigne e malformative
■ Laringiti croniche specifiche ■ Polmoniti
a Patologia polmonare nei pazienti
m Laringiti granulomatose immunocompromessi e nella sindrome
■ Interessamento delia laringe in corso di patologie da immunodeficienza acquisita (AIDS)
infiammatorie croniche b Patologia polmonare da trapianto
■ Lesioni epiteliali benigne b Polmoniti da aspirazione
■ Tumori benigni b Atelettasia e collasso polmonare
■ Tumori maligni Broncopneumopatie croniche ostruttive
m Stenosi laringee b
b Danno Alveolare Diffuso (DAD)
8.2 Patologia mediasfinica b Pneumopatie interstiziali diffuse
(G.M. Mariuzzi, M. Lesioni, R. Mori, b Vasculiti polmonari
L. Mariuzzi} b Pneumoconiosi
■ Cenni di anatomia b Disturbi di circolo e malattìe vascolari
m Metodi di indagine per imaging con esami b Processi dismetabolici e tesaurismosi
cito-istologici estemporanei b Malattie ad eziologia incerta
■ Malformazioni congenite b Tumori dei bronchi e dei polmoni
i
Vie aeree
8.1 superiori
L. D'Angelo, R. Rossiello

Le vie aeree superiori sono deputate al passaggio dell'aria fino alla trachea e comprendono il naso con i
seni paranasali (etmoidali, mascellari, frontali e sfenoidali), la faringe (rino-, oro- ed ipo-faringe) e la laringe.

Naso e seni paranasali


L. D'Angelo, R. Rossiello, G. Iannaci, P. Sapere, G. Salerno, G. Buongiorno

Richiami anatomici sfenoidali, sono cavità pari e paramediane comuni­


canti con le fosse nasali attraverso propri osti di
Il naso, da cui prendono inizio le vie aeree supe­ sbocco e ventilazione.
riori, si compone di due cavità parallele poste ai lati I seni frontali sono cavità di forma e dimensioni
del piano sagittale mediano, le fosse nasali; queste estremamente variabili in cui si possono riconosce­
sono separate da una lamina sagittale, in parte carti­ re tre pareti: una anteriore, convessa, una posterio­
laginea ed in parte ossea, denominata setto nasale. re, concava ed una inferiore, incostante. Assenti alla
L'accesso anteriore a ciascuna fossa nasale è chia­ nascita, i seni frontali si sviluppano entro la puber­
mato vestibolo nasale; di forma approssimativamen­ tà in modo spesso asimmetrico, pertanto si osserva
te circolare, è delimitato dalle cartilagini alari. quasi sempre un seno più voluminoso dell'altro,
Al vestibolo fa seguito la cavità nasale vera e sviluppato oltre il piano sagittale mediano. Molto
propria, divisa convenzionalmente in tre differenti frequente è il riscontro di setti ossei che tendono a
meati: superiore, medio ed inferiore. formare tre cavità indipendenti.
La parete laterale del naso presenta una com­ I seni etmoidali, allocati neiromonimo osso cra­
plessa serie di rilievi (i tre turbinati) e di recessi (lo nico impari e mediano, sono costituiti dairinsieme
hiatus semilunare, il recesso frontale ed il recesso di numerose cavità (celle o cellule) concamerate,
sfeno-etmoidale); al fondo di questi ultimi si trova­ approssimativamente sferoidali, contenute in due
no gli osti dei seni frontale e mascellare, mentre lo strutture parallele a forma di parallelepipedo, in cui
sbocco del seno sfenoidale è situato nelle fosse si distinguono tre diametri principali: antero-poste-
nasali, a livello del recesso sfeno-etmoidale, medial- riore (da 4,0 a 5,0 cm), cranio-caudale (da 2,5 a
mente al turbinato superiore. 3,0 cm) e laterale (da 0,5 ad 1,5 cm). Ogni seno
Il pavimento di ciascuna fossa nasale, di aspetto etmoidale è suddivisibile convenzionalmente in
leggermente convesso, è costituito dal processo una porzione anteriore ed una posteriore, separate
palatino dell'osso mascellare e dall'osso palatino dalla lamina d'inserzione ossea del turbinato medio
propriamente detto. (lamella basale o "ground lamella"). NeH'etmoide
Il tetto del naso, meno esteso del pavimento, è anteriore le cellule sono più piccole e numerose (da
formato dalle ossa proprie del naso, da parte del­ 8 a 14), mentre nell'etmoide posteriore le cellule, di
l'osso frontale e dalla lamina cribrosa dell'etmoide, numero variabile da 1 a 5, sono evidentemente più
che è una sottile struttura ossea attraversata dalle ampie.
terminazioni periferiche del nervo olfattivo e corri­ I seni mascellari (antri mascellari di Highmore),
sponde al pavimento della fossa cranica anteriore. situati anch'essi nell'omonimo osso dello splancno-
Lo sbocco posteriore di ciascuna fossa nasale, cranio, sono i più voluminosi tra i seni paranasali.
detto coana, di forma approssimativamente qua­ Hanno forma approssimativa di piramide triango­
drangolare, immette direttamente nel cavo rinofa- lare, con la base mediale (parete laterale del naso)
ringeo, la porzione più craniale della faringe. ed apice (tronco) diretto lateralmente. In ogni seno
I seni paranasali, frontali, etmoidali, mascellari e mascellare è possibile riconoscere una faccia ante­
998 ì Naso e seni para nosoli
riore, ricoperta dalla cute inaiare, una faccia poste­ posizione microbica di natura batterica. La mucosa
riore, corrispondente alla fossa pterigopalatina ed a nasale si presenta diffusamente edematosa ed iper-
quella infratemporale, ed una superiore, costituita emica, spesso ricoperta da abbondante secrezione
dal pavimento dell'orbita. mucosa. A livello microscopico, in particolare, si
I seni sfenoidali sono cavità ricavate all'interno osserva una estesa congestione vasale, con infiltra­
deirosso sfenoidale; pari e paramediani, sono gene­ zione perivasale di granulociti neutrofili e, in misu­
ralmente di forma cuboidale, anche se in realtà pos­ ra minore, di linfociti. A livello più superficiale,
sono assumere le conformazioni più bizzarre ed inoltre, si rileva una involuzione di numerose cellu­
irregolari; sono, infatti, le cavità caratterizzate dalla le ciliate, che tendono a perdere le ciglia ed a des­
maggiore variabilità anatomica di tutto il corpo quamare. Una parte dei neutrofili, fuoriusciti dai
umano. I due seni sfenoidali, collocati quasi al cen­ capillari congesti, migra verso la superficie epitelia­
tro del basicranio, sono separati da un sottile sepi- le e si dispone a sostituire le cellule ciliate. Nel vol­
mento osseo, costantemente inclinato rispetto al gere di pochi giorni tale fenomeno si esaurisce e si
piano sagittale mediano, e hanno sempre volumi può constatare una completa restitutio ad integrum
molto differenti tra loro. dell'epitelio schneideriano.

Istologia Riniti e rinosinusiti croniche


Le fosse nasali ed i seni paranasali sono rivestiti Le riniti e le rinosinusiti croniche sono processi
da differenti tipi di epitelio. Il vestibolo nasale è flogistici, di durata solitamente superiore a tre
tappezzato da epitelio squamoso stratificato scarsa­ mesi, nel corso dei quali si osservano modificazioni
mente cheratinizzato, diretta estensione della cute permanenti della mucosa nasale. Esistono differen­
del viso. Al di sotto di tale epitelio sono rappresen­ ti tipi di rinosinusiti croniche, ognuno caratterizza­
tati tutti gli annessi cutanei, quali i follicoli piliferi, to da un peculiare momento etiopatogenetico
le ghiandole sudoripare e le ghiandole sebacee. A (degenerativo, infettivo, allergico, da abuso di far­
circa 2 cm dal bordo della narice, gli annessi cutanei maci e da esposizione a sostanze irritanti) e da uno
si diradano e si passa gradualmente ad un tipo specifico aspetto della mucosa.
diverso di epitelio denominato "schneideriano",
rivestimento mucoso comune alle fosse nasali ed ai Rinosinusite cronica semplice
seni paranasali. Si tratta di un particolare tipo di
epitelio di derivazione ectodermica che si compone È una forma di rinopatia cronica, spesso conse­
di cellule squamose non cheratinizzate, cellule olia­ guente a ripetuti fenomeni di flogosi acuta su base
te e cellule mucipare (o "goblet"). Le cellule squa­ batterica. Macroscopicamente è possibile osservare
mose non cheratinizzate possono essere disposte a un ispessimento generalizzato della mucosa, parti­
formare un epitelio pseudostratificato (a livello dei colarmente apprezzabile a livello dei turbinati infe­
turbinati medi ed inferiori) oppure monostratifica­ riori. Dal punto di vista microscopico, in particola­
to con un unico strato di elementi cuboidali (a livel­ re, si rilevano dilatazione dei capillari venosi e delle
lo del setto nasale e dei seni paranasali). La mucosa lacune venose dei turbinati inferiori, infiltrati sotto­
olfattoria, terzo tipo di epitelio, tappezza solo la mucosi di linfociti e plasmacellule, nonché meta-
porzione superiore delle fosse nasali; essa è limita­ plasia pavimentosa dell'epitelio che può interessare
ta alla lamina cribrosa, a parte del turbinato supe­ aree più o meno estese della mucosa nasale (Fig. 1).
riore ed alla porzione più craniale del setto nasale.
Si tratta di un epitelio specializzato, di tipo pseudo­
stratificato, in cui si riconoscono tre diversi tipi di
elementi cellulari: le cellule basali (quelle site in
vicinanza della membrana basale), le cellule olfatto­
rie (propriamente dette) e le cellule di sostegno. Le
cellule olfattorie sono dotate di un prolungamento
assonico prossimale (filo olfattorio) che prosegue
fino al bulbo olfattorio.

H Processi infiammatori
Riniti e rinosinusiti acute
Le riniti e le rinosinusiti acute sono processi flo­
gistici, generalmente della durata inferiore a tre set­ Fig. 1 - Rinosinusite cronica: sì evidenzia l'epitelio pavimento-
timane, provocati e sostenuti da infezioni virali; nel so stratificato, io stroma molto vascolarizzato e focali infiltrati
corso della malattia è molto frequente una sovrap­ linfocitari.
Processi infiammatori « 999

Rinosinusite cronica ipertrofica ne volumetrica dei turbinati, con una conseguente


alterazione del flusso aereo, che appare significati­
È una variante della rinite cronica semplice, in vamente rallentato.
cui l'ispessimento della mucosa dei turbinati
inferiori e medi, ovvero di quella dei seni mascel­
lari (specie a livello del pavimento), è particolar­ RÌnosìnusopatia allergica
mente evidente. Oltre ad un persistente edema La rinopatia allergica, comunemente detta
congestizio sottomucoso, si osserva un netto rinite allergica, è una delle più comuni forme di
aumento delle fibre collagene della sottomucosa. patologia nasale, arrivando ad interessare tra il 10
Questi due eventi concomitanti conferiscono alla ed il 20% della popolazione adulta delle aree
mucosa un aspetto granulare ed un colorito urbane. E determinata da una reazione immuno-
rosso-violaceo. logica di I tipo, cioè da una degranulazione di
mastociti conseguente ad un'attivazione di immu-
Rinite cronica atrofica noglobuline della classe E (IgE). La mucosa nasa­
le si presenta edematosa e pallida, ricoperta da un
È un processo distrofico cronico, limitato quasi
film di secrezione trasparente (rinorrea acquosa).
esclusivamente alla mucosa nasale, determinato da
Microscopicamente si apprezza un aumento del
fenomeni degenerativi spontanei; esso può anche
èssere conseguente ad esposizione ad inalanti tossi­ numero delle cellule "goblet" (metaplasia calici­
ci ovvero ad abuso prolungato di vasocostrittori forme) ed una perdita dell'attività ciliare. La sot-
nasali. La mucosa si presenta pallida, secca e talvol­ tomucosa è ispessita perché invasa da un essuda­
ta ricoperta da croste. Microscopicamente è possibi­ to ricco di granulociti eosinofili (Fig. 3). Il persi­
le osservare una netta diminuzione del numero stere di questa condizione crea i presupposti per il
delle cellule "goblet" ed una sclerosi del tessuto con- determinarsi di aree di prolasso della mucosa,
nettivale sottomucoso (Fig. 2). particolarmente frequenti a livello dell'infundibu-
lum etmoidale (ma possibili anche a livello degli
Rinite cronica ozenatosa altri seni paranasali); queste ultime possono evol­
vere in polipi nasali, di tipo allergico, che rappre­
È una patologia nasale ormai rara, la cui etiolo­ sentano il 90% circa delle forme di poliposi.
gía non è mai stata chiarita; per anni si è ritenuto
che fosse conseguente ad un'infezione batterica
acuta da Klebsiella Ozenae. Un tempo essa era rela­
Rinosinusiti micotiche
tivamente comune nelle giovani donne con proble­ Con tale denominazione generica si indica un
mi di anemia, avitaminosi e/o denutrizione. L'oze- gruppo di flogosi nasali, acute o croniche, estrema-
na è caratterizzata dalla completa atrofia delle cel­ mente eterogeneo, sia per il quadro anatomo-pato-
lule "goblet", dalla scomparsa delle ciglia vibratili, logico, sia per la rilevanza clinica e la gravità della
da ima metaplasia pavimentosa e da un marcato prognosi. Un tempo ritenute rare, le rinosinusiti
assottigliamento della lamina basale. La mucosa micotiche sono in realtà relativamente frequenti;
nasale si presenta pallida, sottilissima e ricoperta da circa il 10% dei pazienti sottoposti a chirurgia per
croste maleodoranti. Il diametro delle fosse nasali è un processo flogistico cronico endonasale si ritiene
abnormemente aumentato, specie per una riduzio­ sia affetto da una delle forme di micosi nasale.

Fig. 2 - Rinosinusite cronica atrofica: mucosa in gran parte Fig. 3 - Rinosinusite allergica: aumento delle "goblet celi" e
disepitel ¡zzata e sclerosi del tessuto conneitivale sottomucosaie. numerosi granulociti eosinofili nella softomucosa.
1000 ! ■ Naso e seni paronasali
Facendo riferimento al quadro clinico ed anato- Si tratta di accumuli compatti di ife fungine, di
mo-petologico, una delle più complete classifica­ colorito variabile dal bianco al giallo fino al verda­
zioni delle sinusiti micotiche è quella proposta da stro; anche la consistenza della massa è estrema-
Dhong e Lanza (2001): mente variabile.
Le specie fungine più frequentemente riscontra­
© Sinusiti micotiche extra-mucose (o non invasive):
te sono sicuramente gli Aspergini (specie il "Fumiga­
- micosi naso-sinusale superficiale
tus", più raramente il "Flavus") e la "Pseudallescheria
- micosi localizzata (micetoma o "fungus
ball") Boydii".
- sinusite fungina allergica Microscopicamente, il micetoma è composto da
una massa di ife fittamente stipate, senza elementi
® Sinusiti micotiche invasive: cellulari interposti. La mucosa sinusale, a diretto
- sinusite micotica invasiva cronica (o indo­ contatto con la massa fungina, presenta sovente un
lente) infiltrato linfocitario e plasmacellulare.
- sinusite micotica invasiva fulminante
c) Sinusite fungina allergica
Sinusiti micotiche extra-mucose (o non invasive)
Entità clinica la cui identità era messa in discus­
a) Micosi naso-si nusole superficiale sione fino allo scorso decennio, la sinusite allergica
micotica è in realtà una delle micosi nasali di più
Patologia comune anche in soggetti immuno- frequente riscontro; essa è definibile come un pro­
competenti, più frequente in pazienti sottoposti a cesso flogistico cronico in cui si riscontrano contem­
chirurgia endonasale, la micosi superficiale consiste poraneamente:
in un'infezione cronica, a decorso indolente, talvol­
ta asintomatica. Gli agenti causali più frequente­ • miceti immersi in una sostanza "mucinoide" di
mente riscontrati sono funghi della classe degli origine nasale;
Aspergini, specialmente il "Fumigatus".
® assenza di invasione fungina diretta sub-epite­
Macroscopicamente si osservano croste o dei
liale;
veri e propri "ciuffi" di ife di colorito marrone
(Aspergini) o biancastro (Mucor) in corrispondenza • reazioni di ipersensibilità al micete, con risposta
degli osti dei seni paranasali ovvero sulla porzione Ig E mediata documentabile.
anteriore dei turbinati medi ed inferiori. Microsco­
picamente (Fig. 4), invece, si rilevano ife fungine Si presenta solitamente in pazienti allergici (o
disposte concentricamente a bulbo di cipolla, che asmatici) da anni, spesso in soggetti sottoposti ripe­
poggiano su di un epitelio "schneideriano" sostan­ tutamente a chirurgia per poliposi nasale.
zialmente indenne. Gli agenti etiologici chiamati in causa compren­
dono i generi " Bipolaris Specifera", "Aspergiìlus" e
h} Micosi nasale localizzata
"Curvularia" .
Macroscopicamente è possibile apprezzare una
(micetoma o "fungus ball")
mucosa nasale intensamente congesta ed edemato­
Forma di sinusite prevalentemente mascellare, sa, ricoperta da un muco denso, di colorito marron­
più raramente sfenoidale, il micetoma si può pre­ cino, a "burro di arachidi" (mucina allergica); è fre­
sentare associato ad altre forme di sinusite cronica. quente il riscontro di una poliposi nasale concomi­
tante, spesso tipicamente unilaterale.
Alla microscopia si osservano ife sparse, immer­
se in una secrezione nasale vischiosa, ricca di eosi-
nofili e di cristalli di Charcot-Leyden; questi ultimi
sono composti da granuli di fosfolipasi contenuti
negli eosinofili.
Sebbene le ife micotiche non penetrino diretta-
mente nella mucosa nasale, l'abbondante infiltra­
zione della sottomucosa da parte di eosinofili e
mastcellule può innescare fenomeni di osteolisi; per
questo motivo la sinusite fungina allergica può
essere considerata più propriamente una micosi
nasale ad invasività intermedia.

Sinusiti micotiche invasive


a) Sinusite micotica invasiva cronica (o indolente)
Fig. 4 - Sinusite micotica d a A spergili]: ciuffi di ife e, in basso, La sinusite micotica invasiva cronica è una pato­
focali infiltrati infiammatori (PAS-ematossilina). logia flogistica nasale, diffusa tra soggetti immuno-
Processi infiammatori m. 1001

competenti, caratterizzata da sintomi sfumati (lieve Mucocele e mucopiocele


cefalea e congestione nasale) ed un decorso clinico
prolungato fino a dieci anni. Diffusa ubiquitaria­ Il mucocele è una lesione espansiva cistica a con­
mente, è particolarmente comune in Sudan, ove l'a­ tenuto sieromucoso (Fig. 5) conseguente al blocco
gente etiologico responsabile è quasi sempre deirostio di sbocco del seno paranasale colpito;
Y"Aspergillus Fìavus", veicolato dalla polvere solle­ questo evento stimolerebbe una produzione abnor­
vata dalle tempeste di sabbia. me di muco da parte delle cellule "goblet". Solita­
mente localizzato al seno frontale e/o all'etmoide
Il seno paranasale interessato, solitamente
anteriore, il mucocele può interessare più raramen­
unico, presenta microscopicamente una mucosa
te l'etmoide posteriore, lo sfenoide ed il seno
diffusamente ispessita, con la cavità occupata da mascellare. La raccolta di muco cresce fino a deter­
un granuloma aspecifico, da ife fungine e da secre­ minare compressione sull'osso circostante, che va
zioni nasali; microscopicamente, le ife sono presen­ in atrofia; in questo caso, è possibile una deforma­
ti in quantità e con disposizione estremamente zione dell'anatomia primitiva del seno interessato,
variabili/ mentre nel granuloma si ritrovano diver­ con una tumefazione liscia apprezzabile all'ispezio­
se cellule giganti multinucleate. Col progredire ne del paziente. In alcuni soggetti, il contenuto del
della malattia, le ife invadono massicciamente la mucocele può essere colonizzato da batteri e dive­
mucosa e l'osso sottostante, che viene riassorbito, nire francamente purulento, dando luogo ad un
dando luogo a deformità malari, erosioni della piocele ovvero ad un mucopiocele.
lamina papiracea (o del palato duro), proptosi e
nevralgie trigeminali.
Il quadro anatomo-clinico, pertanto, giustifica
Poliposi del naso e dei seni paranasali
come la terapia di queste forme di rinosinusite pre­ La poliposi è una condizione flogistica cronica
veda rimpiego associato della chirurgia e di una delle fosse nasali e dei seni paranasali caratterizza­
terapia antifungina sistemica con amfotericina B ta da aree di prolasso spontaneo della mucosa, la
per periodi prolungati. quale si presenta spiccatamente edematosa e modi­
ficata nelle sue caratteristiche costitutive. Si tratta di
una patologia estremamente comune, che può inte­
b) Sinusite micofica invasiva fulminante
ressare fino al 4% della popolazione adulta. Alcune
La sinusite micotica invasiva fulminante è una categorie di pazienti hanno una incidenza altissima
rara e severissima infezione opportunistica acuta di poliposi nasale; nei soggetti allergici all'acido
determinata prevalentemente da funghi di tre spe­ acetilsalicilico, ad esempio, essa raggiunge il 36%.
cie particolari: "Rhizopus Oryzae”, "Mucor" (mucor- Altre patologie strettamente caratterizzate dalla fre­
micosx) ed "Absidia”. Si tratta di muffe saprofitiche quente associazione con la poliposi nasale sono la
ubiquitarie, innocue per i soggetti sani; di conse­ Sindrome di Kartagener, la Sindrome di Churg-
guenza, questo tipo di micosi colpisce selettiva­ Strauss, la Sindrome di Young, l'asma allergico e le
mente soggetti seriamente immunodepressi, ovve­ sinusiti micotiche.
ro anziani e/o pazienti affetti da diabete mellito Ogni polipo presenta macroscopicamente una
grave e scompensato. Solitamente unilaterale, que­ base d'impianto, solitamente nella zona del meato
sta forma di rinosinusite acuta ha la peculiarità cli­ medio, un peduncolo ed un corpo, suddivisibile in
una parte prossimale ed una distale. In alcuni casi,
nica di diffondersi rapidamente alla fossa cranica
anteriore ed alla cavità orbitaria, provocando pare­
si dei muscoli oculomotori e danno diretto al nervo
ottico, con conseguente calo del visus. Macroscopi­
camente la mucosa nasale è solitamente iperemica,
si può reperire una classica escara nerastra, quale
marker clinico delle infezioni da "Mucor". In altri
casi si osservano esclusivamente delle croste emati­
che nelle aree degli osti sinusali. Microscopicamen­
te si rilevano granulomi aspecifici, con numerose
cellule giganti ed istiociti; le ife tendono ad espan­
dersi nel torrente circolatorio, potendo così sconfi­
nare nell'orbita e nella base cranica anteriore. L'in­
vasione massiva dei vasi è la caratteristica anato-
mo-patologica che spiega la rapidità della progres­
sione della patologia. Le moderne tecniche di chi­
rurgia nasale e le nuove molecole antifungine non
hanno modificato in modo significativo la prognosi
Fig. 5 - Mucocele: cisti a parete connettivaie infiltrata da eie'
di questa patologia, che continua ad essere letale menti infiammatori e contenente materiale mucoide frammisto
nella quasi totalità dei casi. a detriti cellulari.
1002 & Naso e seni paranasali
il polipo sembra originarsi dal seno mascellare e a) Tubercolosi
protrudere, attraverso lo hiatus semilunare, nel
meato medio (polipo antro-coanale); più raramente, La tubercolosi nasale, oggi relativamente rara, si
invece, esso può nascere nel seno sfenoidale e di qui può presentare in due diverse forme: il lupus vul-
estendersi al recesso sfeno-etmoidale ed alla coana garis e la forma granulomatosa classica.
Il lupus vulgaris è una forma di infezione tuber­
omolaterale (polipo sfeno-coanale). I polipi nasali
colare cutanea che inizia a livello dell'ala del naso,
sono di colorito dal giallo al grigio, lisci e transluci­
per poi progredire all'interno del vestibolo nasale.
di, di consistenza gelatinosa. Microscopicamente si
Macroscopicamente si osserva un nodulo eritema-
distinguono uno stroma connettivale lasso ed un
toso che tende ad ulcerarsi spontaneamente,
epitelio di rivestimento polimorfo. Nello stroma
distruggendo l'impalcatura cartilaginea del vesti­
connettivale si osservano numerose ghiandole
bolo nasale. Istologicamente è possibile riscontrare
secretorie, di diversa forma e dimensione, capillari
il classico' granuloma tubercolare, solitamente
arteriosi dilatati ed un infiltrato ricco di eosinofili,
senza fenomeni di caseificazione.
mastcellule e linfociti. L'epitelio dei polipi può pre­
La tubercolosi nasale classica (o granulomatosa) si
sentare caratteristiche estremamente diverse, origina dalla porzione anteriore del setto come una
variando da zone tìpicamente di tipo respiratorio, lesione nodulare unica, a diffusione superficiale,
monostratificato con prevalenza di cellule ciliate, ad facilmente sanguinante. L'indagine istologica
aree ricoperte da cellule cilindriche, disposte in mostra un granuloma a diffusione superficiale,
modo stratificato o pseudostratificato (Figg. 6 e 7). senza segni di infezione; per la diagnosi definitiva,
La percentuale delle cellule mucipare (o "goblet") il micobatterio di Koch deve essere ricercato nelle
varia in modo considerevole a seconda della regio­ secrezioni bronchiali.
ne del polipo; essa è sempre elevata nelle zone rico­
perte da epitelio cilindrico pseudostratificato. Nei
b) Sifilide
polipi caratterizzati da un abbondante infiltrato
eosinofilo (polipi infiammatori) la percentuale di La sifilide può interessare le cavità nasali in
cellule "goblet" è sempre elevata. ognuna delle sue fasi d'infezione.
La poliposi nasale è una patologia sicuramente La forma primaria, di eccezionale riscontro, è
non grave, ma praticamente non curabile; l'exeresi causata da inoculo diretto attraverso le mani a livel­
chirurgica, unica terapia possibile, non evita il lo del vestibolo o dell'ala del naso. Macroscopica­
ripresentarsi di continue recidive. L'uso prolungato mente si osserva una lesione unica, rilevata, a mar­
di steroidi topici sembra produrre una riduzione gini netti, di colorito grigiastro e con parte centrale
del tasso di recidive, ma solo in alcuni pazienti. ulcerata; si rilevano, inoltre, concomitanti adenopa-
tie satelliti a sede parotidea o sottomandibolare.
RinosinusìH croniche granulomatose specifiche La forma secondaria della malattia, costante-
mente correlata ad infezione polmonare, si manife­
Le rinosinusiti specifiche sono processi granulo­ sta con lesioni papulose (o pustolose) multiple, ana­
matosi cronici, attualmente di raro riscontro, ad loghe a quelle della sifilide orale; le lesioni sono
etiologia infettiva; tra essi i più importanti sono localizzate al vestibolo ed al setto nasale.
costituiti dalla tubercolosi, dalla sifilide, dalla leb­ La forma terziaria della sifilide nasale è quella di
bra e dallo scleroma. più frequente riscontro. Essa segue costantemente

Fig. 6 - Polipo nasale: si apprezza l'epitelio pseudostratificato Fig. 7 - Polipo nasale: stroma riccamente vascolarizzato con
con cellule caliciformi e infiltrati infiammatori nell'asse connet­ aree emorragiche.
tivale.
Processi infiammatori - 10 0 3

la forma secondaria e si manifesta con una lesione plasma di aspetto "cremoso" per l'abbondanza di
gommosa unica che interessa il setto, la columella polisaccaridi, le cellule di Mikulicz. Tali elementi
e/o la porzione anteriore dei turbinati inferiori. Col cellulari, probabilmente derivati dai macrofagi,
tempo la gomma tende ad ulcerarsi, dando luogo a sono praticamente patognomonici di rinoscleroma.
riassorbimento dello scheletro cartilagineo del La fase cicatriziale segue l'ulcerazione dei noduli; le
naso. La localizzazione alla porzione vomeriana del cicatrici retraenti si formano per l'intensa attività
setto, con perforazione spontanea posteriore, è riparativa attuata dai fibroblasti.
pressoché esclusiva della sifilide nasale.

c) Lebbra | Malattie granulomatose croniche


L'infezione da micobatterio della lebbra è anco­
ra molto diffusa in alcuni paesi tropicali e la localiz­ Le malattie granulomatose croniche interessanti
zazione nasale è molto comune, specie nelle fasi ini­ il naso sono patologie multiorgano, ad etiologia
ziali della malattia. La mucosa nasale, infatti, costi­ non infettiva, con decorso clinico prolungato e pro­
tuisce un "pabulum" ideale per la replicazione del gnosi spesso severa o infausta. Le più importanti
batterio. Le lesioni obiettivabili sono limitate, di patologie granulomatose, che possono localizzarsi
solito, alla testa dei turbinati inferiori ed alla por­ a livello naso-sinusale, sono: la granulomatosi di
zione anteriore del setto; si tratta macroscopica­ Wegener, la sarcoidosi ed il granuloma letale della
mente di noduli, di ulcerazioni o di aree di perfora­ linea mediana.
zione, ricoperte da un denso muco. L'esame micro­
scopico del muco rivela la presenza di abbondanti
macrofagi, spesso repleti di micobatteri fagocitati,
Granulomatosi di Wegener
immersi in un essudato ricco di proteine. La lebbra La granulomatosi di Wegener è una patologia
nasale viene controllata in modo soddisfacente cronica, a decorso progressivo, descritta per la
dalla terapia medica con dapsone e rifampicina; prima volta nel 1939; interessa contemporaneamen­
tuttavia, esiti cicatriziali importanti possono deter­ te il naso e tutte le vie aeree, superiori ed inferiori,
minare deformità permanenti del naso. nonché il glomerulo renale. L'etiologia della malat­
tia resta ignota, ma è stata dimostrata la costante
d] Scleroma presenza di anticorpi C-ANCA (Anti Neutrophil
Lo scleroma è una malattia granulomatosa cro­ Cytoplasmic Antibodies), riscontro che fa propen­
nica che interessa il naso (rinoscleroma) è tutte le dere per un'origine autoimmunitaria.
vie aeree, riconducibile ad un'infezione da Klebsiel- Questa granulomatosi è contraddistinta, macro­
la Pneumoniae della sottospecie Rhinoscleromatis. scopicamente, dalla comparsa spontanea di lesioni
Diffuso maggiormente, fino agli anni '70, in diversi superficiali, localizzate al setto nasale ed ai turbina­
paesi centroeuropei (Ungheria, Polonia, Slovacchia ti inferiori, in alcuni casi estese anche ad altri
e Ucraina) e nell'Africa Mediterranea, specialmente distretti a livello delle vie aeree superiori; le lesioni
in Egitto, lo scleroma colpisce soggetti giovani, pre­ tendono a confluire formando delle aree ulcerate,
valentemente nella terza decade di vita; il contagio ricoperte da croste ematiche, e rimaneggiando par­
avviene per via aerea, specie in comunità con bassi zialmente l'osso sottostante, specie a livello del
standard di igiene ambientale. setto nasale cartilagineo. In conseguenza dell'osteo-
La malattia evolve attraverso tre fasi successive: lisi, si determina un infossamento del profilo nasa­
fase di rinite catarrale, fase granulomatoso-prolife- le, caratteristico della malattia. Clinicamente si
rativa e fase cicatriziale. ____ __ osservano ostruzione nasale, lievi epistassi recidi­
La fase di rinite catarrale, di breve durata, è con­ vanti, astenia, calo ponderale, mialgie e febbricola.
trassegnata da iniziale infiltrazione di macrofagi e L'istologia della granulomatosi di Wegener è
linfociti nella mucosa nasale, che si presenta rico­ caratterizzata da granulomi multipli associati ad
perta da una sottile patina di muco essudatizio. un'importante vasculite, con aree di necrosi a "carta
La fase granulomatoso-proliferativa, di lunga geografica". Nel contesto dei granulomi si ricono­
durata, è quella clinicamente evidente della malat­ scono numerosi istiociti, disposti a palizzata, e cel­
tia; la mucosa nasale si presenta evidentemente lule giganti multinucleate analoghe a quelle della
ispessita per l'abbondanza di plasmacellule, linfoci­ tubercolosi e, pertanto, non patognomoniche; carat­
ti e macrofagi. Macroscopicamente si osservano teristica peculiare di tali granulomi è la scarsità di
lesioni nodulari multiple, che conferiscono un linfociti.
aspetto ondulato alla mucosa nasale; in alcuni casi, In assenza di appropriata terapia steroidea ad
inoltre, i noduli tendono ad ulcerarsi per effetto di alto dosaggio, la malattìa può divenire letale nel
una sovrainfezione batterica. volgere di alcuni mesi; adeguatamente trattata,
La zona immediatamente sub-epiteliale appare invece, la granulomatosi di Wegener può determi­
occupata da voluminosi elementi cellulari repleti di nare proptosi, edema malare e/o deformità della
bacilli raggruppati in grappoli, immersi in un cito­ piramide nasale.
10 0 4 - Naso e seni paranasali
Sa reoidosi Malattie immunoproliferative
La sarcoidosi è una malattia cronica granuloma- non granulomatose
tosa, ad etiología ignota, descritta nel 1889 come Le malattie immunoproliferative del distretto
patologia cutanea e dieci anni dopo come forma cervico-cefalico comprendono l'istiocitosi X (per la
generalizzata. L'interessamento delle fosse nasali è cui trattazione si rimanda al capitolo "orecchio") e
di eccezionale riscontro, poiché le localizzazioni pol­ la malattia di Rosai-Dorfman; solo quest'ultima
monari, cutanee e linfonodali sono di gran lunga più può avere una localizzazione esclusiva a livello
comuni. Le lesioni nasali, localizzate al setto ed ai nasale e, pertanto, verrà descritta di seguito.
turbinati inferiori, sono costituite macroscopicamen­
te da piccole aree d'ispessimento della mucosa, rico­
perte da croste sanguinanti. Dal punto di vista isto­ Malattia di Rosai-Dorfman
logico, invece, la sarcoidosi è contraddistinta da gra­ La malattia di Rosai-Dorfman (istiocitosi dei
nulomi non caseificanti e non necrotizzanti, ricchi di seni paranasali con adenopatie massive) è una rara
istiociti e di cellule giganti multinucleate. Tale reper­ patologia idiopatica del distretto cervico-cefalico,
to, alquanto aspecifico, può non essere sufficiente caratterizzata dalla proliferazione di un clone di
per raggiungere una diagnosi certa; è opportuno, istiociti attivati; solitamente limitata ai linfonodi
pertanto, ricercare eventuali manifestazioni polmo­ delle catene latero-cervicali, essa può interessare lo
nari e/o cutanee della malattia. scheletro cartilagineo del naso, i seni paranasali ed
il basicranio. A livello delle fosse nasali, si osserva­
Granuloma letale della linea mediana no macroscopicamente lesioni polipoidi grigie, di
consistenza gommosa, che possono ulcerarsi e
Il granuloma letale della linea mediana, noto con
varie denominazioni, quali: "granuloma gangraene- determinare deformità evidenti dello scheletro
osteocartilagineo. Istologicamente, le lesioni della
scens", reticulosi polimorfa, neoplasia granulomato-
sa o granuloma di Stewart ("non healing granulo­ malattia di Rosai-Dorfman sono esclusivamente a
ma"), è una rara ed aggressiva forma di linfoma a sede sottomucosa: è tipico l'alternarsi di aree di
cellule T (T/NK), a localizzazione tipicamente nasa­ accumulo di linfociti (aree scure) con quelle di istio­
le. Nelle fasi iniziali, la malattia si presenta con iper­ citi (aree chiare), mentre sono tipicamente assenti le
emia ed infiltrazione linfoide del pavimento delle cellule giganti, caratteristiche dei granulomi.
fosse nasali e del setto nasale; in un secondo momen­ Il "marker" istologico della malattia è il riscon­
to, invece, si verifica una progressiva ed inarrestabi­ tro di numerosi istiociti, che hanno fagocitato linfo­
le erosione dello splancnocranio, la quale si origina citi, plasmacellule e qualche leucocita (emperipole-
invariabilmente dalla linea mediana e può giungere si); tali istiociti mostrano, pertanto, un citoplasma
a coinvolgere anche i piani cutanei. intensamente eosinofilo. L'epitelio di superficie è
Nella prima fase della malattìa, l'istologia mette in generalmente risparmiato e conserva l'aspetto
evidenza un infiltrato estremamente polimorfo, ricco schneideriano normale.
di granulociti, linfociti e macrofagi; la tipologia e la La prognosi di questa malattia è solitamente
percentuale dei suddetti tipi cellulari varia considere­ favorevole, anche in assenza di terapie, a differen­
volmente in relazione alla risposta immune del za di quanto si registra per le varie forme di istio-
paziente colpito (reticulosi polimorfa). Successivamen­ citosì X.
te si assiste ad una necrosi spontanea del granuloma
che coinvolge estesamente l'osso sottostante; ciò spie­
ga l'importante rimaneggiamento dello scheletro nasa­ j § Lesioni epiteliali benigne
le e del palato duro. NeUa fase finale della malattia, il
quadro istologico si modifica ulteriormente: si osserva­ Le lesioni epiteliali benigne comprendono i
no un gran numero di elementi lìnfoidi atìpici caratte­ papillomi nasali e paranasali, nelle loro due diverse
rizzati da citoplasma chiaro ed evidenti nucleoli. La varianti: squamosi e schneideriani; questi ultimi
disposizione degli elementi linfoìdi è spesso angiocen- possono essere ulteriormente suddivisi in invertiti,
trica, inoltre è possibile riconoscere diverse tipologie fungiformi ed oncocitici. Gli istotipi oncocitico ed
cellulari: piccoli linfociti T maturi, plasmacellule, linfo­ invertito sono caratterizzati dalla possibilità di una
citi atipici, più raramente eosinofili ed istiociti. Estese trasformazione maligna, che si verificherebbe in
aree di necrosi sono tipiche di questa patologia. una percentuale di casi all'incirca del 10%.
Le colorazioni immunoìstochimiche hanno
dimostrato su queste cellule antigeni di superficie
tipici dei linfociti della serie T, in particolare CD2 +,
Papilloma squamoso
CD56 +, CD3 '; ciò dimostra che il granuloma letale Il papilloma squamoso è una lesione proliferati-
della linea mediana è determinato da una prolifera­ va superficiale che insorge nella regione del vesti­
zione monoclonale di cellule immature della serie T bolo nasale, spesso a livello della porzione antero-
e, pertanto, è da considerarsi a tutti gli effetti un lin­ inferiore del setto. A differenza degli altri papillomi
foma T/NK ad alta aggressività. interessanti le vie aeree, i papillomi squamosi del
Lesioni epiteliali benigne & 1005

naso non sono in alcun modo in relazione con pre­ Papilloma fungiforme
cedenti infezioni virali da "human papilloma
virus" (HPV). Macroscopicamente, la lesione si pre­ Il papilloma fungiforme rappresenta la forma
senta come una verruca cutanea, di colorito roseo- più comune di papilloma schneideriano e, a diffe­
grigiastro, sempre a sede nel vestibolo. Il microsco­ renza della forma invertita, si origina dalla superfi­
pio rivela la presenza di uno stroma fibrovascolare, cie del setto nasale e non è associato a neoplasie
ricoperto da un epitelio squamoso cheratinizzante, maligne. La lesione, solitamente unica, si presenta
con aree di ipercheratosi (Fig. 8). macroscopicamente come un polipo grigio, "mori-
forme" e di grande consistenza. L'istologia rivela
Papillomi schneideriam un asse fibrovascolare ramificato ed un epitelio di
rivestimento di tipo transizionale, con elementi
I papillomi schneideriani sono lesioni prolifera- ciliati, pavimentosì ed intermedi (Fig. 9). L'escissio­
tive esofitiche, originate dalla mucosa respiratoria ne della lesione non è solitamente seguita da recidi­
del naso, tìpicamente dalla parete laterale delle va loco-regionale.
fosse nasali. La loro incidenza massima è registrabi­
le tra la terza e la quinta decade di vita, con un rap­ Papilloma oncocitico
porto maschi/femmine di 2/1.
Il papilloma oncocitico (o papilloma a cellule
cilindriche) rappresenta in assoluto la forma più
Papilloma invertito
rara di papilloma schneideriano (tra il 3 e l'8%). Si
II papilloma invertito è la più singolare delle tratta di una lesione che predilige la parete laterale
patologie nasali; l'epitelio tende a crescere anche del naso, solitamente unica ed unilaterale, di colori­
verso lo stroma, introflettendosi a formare delle to roseo. Istologicamente (Fig. 10), l'asse fibrovasco­
strutture tubulari simil-ghiandolari, talvolta dila­ lare, sempre molto sottile, presenta sia aree di estro-
tate. Macroscopicamente, la lesione si presenta flessione che di introflessione, assommando in sé
come un polipo grigiastro, carnoso e mammello-
nato, spesso occupante il meato medio, il seno
mascellare e/o l'etmoide anteriore. L'epitelio è
cilindrico ciliato monostratificato in superficie,
mentre il rivestimento delle introflessioni è costi­
tuito da cellule transizionali e qualche cellula
mucipara (goblet). Il comportamento biologico di
queste lesioni rivela un'altissima propensione alla
recidiva loco-regionale dopo exeresi chirurgica
(fino al 74% dei casi) e la possibilità di una trasfor­
mazione in carcinoma squamoso, fenomeno ripor­
tato con incidenze estremamente variabili (dallo 0
al 53%). Secondo molti autori, la percentuale di
papillomi invertiti realmente trasformati in carci­
nomi è invero bassa, circa il 2%; in molti casi, infat­
ti, il carcinoma sarebbe stato presente "ab initio" e
misconosciuto perché occultato da patologie beni­
gne concomitanti.

Fig. 8 - Papilloma nasale squamoso. Fig. 10 - Papilloma oncocitico.


1 0 0 6 ss Naso e seni para nasali
caratteristiche della forma fungiforme e di quella È stata dimostrata un'incidenza molto più eleva­
invertita. L'epitelio di rivestimento, pluristratifica- ta di queste neoplasie in soggetti esposti per motivi
to, è composto da cellule cilindriche particolarmen­ professionali al nickel ed alle polveri di legno. Il
te ricche di mitocondri (dette "oncociti") ed, in comportamento biologico di questi tumori è carat­
misura molto minore, da cellule ciliate. Il comporta­ terizzato dalla erosione del tessuto osseo, con con­
mento biologico del papilloma oncocitico è analogo seguente sconfinamento nella fossa pterigopalati-
a quello della forma invertita. na, nella cavità orbitaria e nella fossa cranica ante­
riore. L'interessamento dei linfonodi delle stazioni
linfatiche contigue, meno frequente di quel che si
Hf Tumore maligni riscontra in altre neoplasie cervico-cefaliche, si veri­
fica in una percentuale compresa tra il 18 ed il 50%,
I tumori maligni del naso e dei seni paranasalicoinvolgendo - in base all'evoluzione del tumore
sono neoplasie rare, rappresentando circa I'l% di primitivo ed al suo istotipo - i gruppi linfonodali
tutte le neoplasie ed il 3% di quelle interessanti le vie parotidei, i giugulo-digastrici ed i retrofaringei. La
aero-digestive superiori. In Italia l'incidenza appros­ clinica di questi tumori è inizialmente subdola, i
simativa è di circa 1 caso/100.000 abitanti per anno, principali sintomi sono costituiti da: ostruzione
con un rapporto maschi/femmine di circa 2/1. nasale unilaterale, nevralgia monolaterale del ramo

Classificazione TNM delle neoplasie delle cavità nasali e dei seni paranasali (AJCC - UiCC, 2002)

Neoplasìe q partenza dal seno mascellare:


T-| : tumore limitato alla superficie mucosa del seno mascellare, senza segni d'erosione ossea; .
ì 2: tumore che provoca erosione del palato duro o della parete mediale del seno mascellare;
T3: tumore che invade almeno una delie seguenti strutture: la parete posteriore del seno mascellare, il tessuto sottocuta­
neo della regione malore, il pavimento (o la parete mediale) dell'orbita, la fossa pterigopaiatina e/o l'etmoide ante­
riore;
T4a: tumore che invade una delle seguenti strutture: il contenuto orbitario, la cute delia guancia, i processi pterigoidei, la
fossa infratemporale, la lamina cribrosa, il seno sfenoidale e/o il seno frontale;
T ^: tumore che invade una delie seguenti strutture: l'apice orbitario, la dura madre, l'encefalo, il pavimento delia fossa
cranica media, il rinofaringe, il clivo occipitale, un qualunque ramo nervoso oltre la branca infraorbitaria del nervo
trigemino.
Neoplasie a partenza dalle cavitò nasali o dall'etmoide anteriore:
T^: tumore limitato ad una sola sottosede della fossa nasale o dell'etmoide, senza ségni d'erosione ossea;
T2: tumore che invade due differenti sottosedi (per esempio una fossa nasale e una porzione dell'etmoide corrisponden­
te), senza erosione del tessuto osseo;
I 3: tumore che si estende alla parete mediale dell'orbita, al seno mascellare, al palato duro, alia lamina cribrosa;
T4a: tumore che invade una delle seguenti strutture: contenuto orbitario anteriore, cute della guancia o del naso, fossa
cranica anteriore, processi pterigoidei, seno sfenoidale o seno frontale;
T^: tumore che invade una delle seguenti strutture: l'apice orbitario, la dura madre, l'encefalo, il pavimento della fossa
cranica media, il rinofaringe, il clivo occipitale, un qualunque ramo nervoso oltre la branca infraorbitaria del nervo
trigemino.
Stato delie stazioni linfonodali
Per i tumori maligni naso-sinusali vaie la stessa classificazione delle adenopatie utilizzata per gli altri distretti anatomici
cevico-cefalici, fatta eccezione per il rinofaringe e la tiroide; più precisamente:
N0: assenza di adenopatie clinicamente palpabili o apprezzabili radiologicamente;
presenza di una sola adenopatia omolateraìe alla lesione e di diametro inferiore a 3 cm;
N2a: presenza di una sola adenopatia omolaterale alla lesione e di diametro compreso tra 3 e 6 cm;
N ^ : presenza di almeno due adenopatie, di qualsiasi diametro, omolaterali alla lesione;
N2c: presenza di almeno due adenopatie palpabili, una omolaterale ed una controlaterale alla lesione;
N3: presenza di almeno un'adenopatia del diametro massimo superiore a 6 cm.
Stato di eventuali localizzazioni secondarie della neoplasia
Mx: non è stato possibile documentare clinicamente (o per mezzo di indagini strumentali) localizzazioni a distanza della
neoplasia;
M0: assenza di metastasi;
presenza di una o piò localizzazioni secondarie distanti dal tumore primitivo.
Tumori maligni s 1007

infraorbitario del n. trigemino (spesso patognomo- nevralgia monolaterale della branca infraorbitaria
niea) ed iposmia; unico segno clinico è dato da epi­ del nervo trigemino, sempre molto dolente alla pal­
stassi ricorrenti, solitamente di modesta entità. pazione. L'aspetto macroscopico del carcinoma
Per lo staging dei tumori maligni del naso e dei squamoso è quello di una massa polipoide, grigia e
seni paranasali viene attualmente adottata la sesta friabile, talvolta con un'area francamente ulcerata
edizione della classificazione TNM, proposta dalla ricoperta da coaguli ematici.
American Joint Committee on Cancer (AJCC) nel Dal punto di vista istologico, il carcinoma appa­
2002; questa versione propone una divisione in due re costituito da cordoni, lobuli e/o nidi di cellule
diverse zone di origine per il "T" (vedi tabella a poliedriche atipiche, spesso cheratirdzzanti; è
pagina precedente). importante sottolineare come il grado di differen­
La classificazione TNM, universalmente accetta­ ziazione delle cellule vari notevolmente nel conte­
ta, costituisce il più valido ausilio possibile nella sto dello stesso tumore (Figg. 11 e 12).
pianificazione della strategia terapeutica integrata, In casi molto più rari, il carcinoma squamoso
che prevede l'uso combinato di chirurgia, radiote­ naso-sinusale può mostrare cellule indifferenzia­
rapia e polichemioterapia. te analogamente a quanto avviene nel rinofarin-
A livello della regione naso-sinusale è possibi­ ge (linfoepitelioma), cellule fusiformi analoga­
le rilevare una notevole varietà di istotipi; tutta­ mente a quanto si osserva nella laringe (spintile
via, il carcinoma squamoso è di gran lunga il
celi carcinoma) o avere un aspetto francamente
tumore maligno di più frequente riscontro, segui­
verrucoso.
to dall'adenocarcinoma e dal neuroblastoma
olfattorio, mentre decisamente più rari sono il
melanoma ed i linfomi non Hodgkin. Eccezionali, Adenocarcinoma
infine, sono il sarcoma, l'istiosarcoma e l'eman- L'adenocarcinoma è una neoplasia a struttura
giopericitoma. ghiandolare, con aspetti simil-intestinali (Intestinal
Type Adenocarcinoma), al secondo posto in ordine
Carcinoma squamoso d'incidenza tra i tumori naso-sinusali. Caratteristi­
Il carcinoma squamoso naso-sinusale mostra che peculiari di questo istotipo sono l'elevata per­
spiccata predilezione per il seno mascellare (80% centuale di casi insorti tra i lavoratori a contatto con
dei casi) e, più in generale, per la parete laterale le polveri di legno e la predilezione per l'etmoide
delle fosse nasali, ma può localizzarsi anche all'et­ anteriore. L'esame rinoscopico evidenzia macrosco­
moide anteriore o arila regione del meato medio; l'o­ picamente una massa polipoide, di colorito roseo,
rigine da altre sedi è considerata rara. Una seconda solitamente con una zona ulcerata, tenacemente
neoplasia metacrona delle vie aeree si presenta in adesa all'osso sottostante. Microscopicamente si
circa il 25% dei pazienti. osservano cellule cilindriche e mucipare che tap­
La neoplasia cresce senza produrre evidenti sin­ pezzano strutture ghiandolari tubulari, con un pat­
tomi; pertanto, al momento della diagnosi, si osser­ tern di crescita indistinguibile dalle neoplasie del
va molto comunemente un interessamento combi­ colon (Fig. 13). Nonostante una spiccata invasività
nato di più seni paranasali (cavità nasale, mascella­ locale, gli adenocarcinomi nasali invadono rara­
re e/o etmoidale). Marker clinico della malattia è la mente il sistema linfatico.
1008 & Naso e seni paranasali
ancora più rara. Il melanoma cresce in modo clini­
camente silente, talvolta producendo solo episodi
di lieve epistassi. Macroscopicamente, la produzio­
ne di pigmento è irregolare, pertanto il colorito
della massa non è sempre marrone scuro o nero, ma
più spesso roseo. Microscopicamente, la presenza
di melanina (Figg. 14 e 15), alla colorazione del pre­
parato con il metodo di Fontana-Masson, conferma
la diagnosi; in assenza di pigmento, invece, si utiliz­
zano diversi marcatori immunoistochimici come
FHMB45 e la proteina S-100.

Linfomi primitivi
La presentazione extranodale dei linfomi non
Hodgkin (NH) nel distretto cervico-cefalico è gene­
Fig. 13 - Adenocarcinoma del naso. ralmente limitata all'anello di Waldeyer; tuttavia,
localizzazioni alle ghiandole salivari maggiori ed
alle fosse nasali sono anche possibili, specialmente
Neuroblastoma olfattorio in alcune regioni dell'Asia. I linfomi rappresentano
circa il 6% delle neoplasie ad origine nasale; essi
Il neuroblastoma olfattorio (o estesioneurobla- sono generalmente ad alto grado di malignità e pre­
stoma) è una rara neoplasia neuroendocrina che si valentemente del tipo a grandi cellule. La crescita
origina dalle cellule olfattorie della volta delle cavi­
tà nasali; da qui tende a crescere occupando la parte
più craniale delle fosse nasali e l'etmoide, ma può
estendersi alla fossa cranica anteriore attraverso la
lamina cribrosa. L'estesioneuroblastoma colpisce in
misura eguale soggetti di entrambi i sessi e mostra
una distribuzione bimodale, con due diversi picchi
di incidenza a 15 e 55 anni. Macroscopicamente si
presenta come una massa polipoide rossastra,
molto vascolarizzata e facilmente sanguinante. Isto­
logicamente Testesioneuroblastoma è caratterizzato
da "nidi" di cellule piccole e monomorfe, con scar­
se mitosi, tipicamente ripiene di fibrille citoplasma­
tiche; talvolta, le cellule sono disposte a formare
delle rosette che circondano ammassi di fibrille
(Homer Wright rosette). Gli agglomerati cellulari
sono separati da bande di connettivo fibroso, di
spessore estremamente variabile. Nella diagnosi di Fig. 14 - Melanoma dei setto nasale.
queste neoplasie, rimmunoistochimica riveste un
ruolo importante: la enolasi neuro-specifica (NSE) e
la proteina S-100 sono considerati i markers più
caratteristici del neuroblastoma olfattorio. La
sopravvivenza complessiva a cinque anni dei
pazienti affetti da estesioneuroblastoma è estrema-
mente variabile, dal 50 al 90% a seconda delle varie
casistiche; la malattia tende a recidivare in circa un
terzo dei pazienti trattati.

Melanoma
Le cavità nasali ed i seni paranasali sono le sedi
extracutanee più frequentemente colpite dal mela­
noma nel distretto cervico-cefalico e si calcola che
TI,5% circa dei melanomi si localizzi alle fosse
nasali. La neoplasia si origina dagli scarsi melanoci-
ti normalmente presenti nella mucosa e nella sotto­ Fig. 15 - Un particoiare a maggiore ingrandimento della pre­
mucosa schneideriana, specie a livello del setto cedente figura: molteplici depositi di pigmento melanico, spic­
nasale; l'insorgenza dal seno mascellare, pertanto, è cate atipie citologiche e pleomorfismo.
Tumori maligni & 1009

tende ad interessare tutte le cavità paranasali di un modesta atipia citoplasmatica. Questo tipo di lesio­
solo emicranio in modo uniforme, provocando ne sembra originarsi da una lenta evoluzione di un
ostruzione respiratoria ed epistassi. L'aspetto polipo infiammatorio.
macroscopico dei linfomi nasali non è distinguibile
da quello di un papilloma schneideriano; si tratta,
infatti, di masse grigio-rosee, di aspetto "carnoso",
Tumore fibroso solitario
e la diagnosi si basa esclusivamente sull'esame isto­ Il tumore fibroso solitario è una lesione benigna,
logico di un campione bioptico sufficientemente tipica dell'età adulta, di colorito grigio ed a superfi­
rappresentativo. cie liscia, che può raggiungere anche 6-7 cm di dia­
I linfomi NH naso-sinusali sono più frequente­ metro. Istologicamente, questa lesione risulta costi­
mente "a cellule B"; microscopicamente si possono tuita da fibroblasti e fibre collagene disposti in
osservare voluminosi linfociti (grandi cellule) modo anarchico; le mitosi sono scarse e rare le zone
disposti a formare lamine che occupano la regione di necrosi. Caratteristica è la colorazione immunoi­
subepiteliale (Figg. 16 e 17). Le grandi cellule sono stochimica con vimentina.
positive alla colorazione immunoistochimica CD20
ed alla CD45RA. Fibromatosi aggressiva
I linfomi naso-sinusali NH "a cellule T" sono La fibromatosi aggressiva è ima rara patologia
rare neoplasie, a prognosi infausta, originate dalla del tessuto connettivo che interessa il distretto cer-
componente linfatica intraepiteliale della mucosa vico-cefalico in una percentuale bassa di casi (dal 12
nasale; si tratta di linfomi T/NK, ad alta aggressivi­ al 22%). Macroscopicamente si presenta come una
tà locale, che possono simulare il granuloma letale massa di aspetto cicatriziale, a margini mal definiti
della linea mediana. ed infiltranti, adesa all'osso sottostante. Istologica­
mente si riconoscono fibroblasti ("spinelle cells")
disposti in fasci incrociati e fibre collagene, tra le
| Lesioni fibrose quali si ritrovano scarsi linfociti. La caratteristica di
questa lesione è la parziale differenziazione delle
Le lesioni fibrose naso-sinusali sono neoforma- • "spinelle cells" in miociti, fenomeno confermato
zioni connettivali, di rara osservazione, costituite dalla positività della immuno-colorazione dell'acti-
da varie proliferazioni di fibroblasti; se ne ricono­ na. Il comportamento biologico della fibromatosi
scono quattro tipi principali: il fibroma nasale, il aggressiva è caratterizzato dalla grande capacità di
tumore fibroso solitario, la fibromatosi aggressiva invasività locale e dalla spiccata tendenza alla reci­
ed il fibrosarcoma. diva dopo exeresi chirurgica.

Fibroma nasale Fibrosarcoma


II fibroma nasale (o polipo fibroso), è ima lesio­ H fibrosarcoma è una severa neoplasia mesenchi-
ne nodulare liscia e sferica, solitamente localizzata male che può interessare le fosse nasali e/o i seni
alle fosse nasali, del diametro inferiore al centime­ mascellari; macroscopicamente è indistinguibile
tro; si compone di un connettivo ricco di fibre colla­ dalla fibromatosi aggressiva, tuttavia determina
gene e di fibroblasti fusiformi ("spintile cells") omo­ chiare aree di osteolisi. Istologicamente si riconosco­
genei, caratterizzati da nuclei voluminosi e da no numerosissimi fibroblasti, che formano fasci

Fig. 16 - Linfoma non-Hodgkin a grand! cellule del naso. Fig. 17 - Le diffuse e intense positività per il CD 20 conferma­
no la natura B-linfocitaria del linfoma.
1010 « Naso e seni paranasali
disposti ad angolo retto; le cellule sono sempre reat­
tive alla colorazione per la vimentina, le figure mito-
Osteosarcoma e condrosarcoma
tiche sono spesso numerose, il collagene intercellula­ L'osteosarcoma è una lesione neoplastica rara­
re è disposto in modo irregolare, spesso concentrato mente localizzata allo splancnocranio; in questa
in aree ristrette. Nel distretto cervico-cefalico, questi sede solitamente si presenta associata al morbo di
tumori sono quasi sempre ben differenziati, quindi a Paget, alla displasia fibrosa ovvero ad un preceden­
basso grado di malignità; il comportamento biologi­ te trattamento radiante. Prevalentemente localizza­
co è contraddistinto più dalla invasività locale che to al seno mascellare, l'osteosarcoma del massiccio
dalla tendenza alla metastatizzazione a distanza. facciale è ima neoplasia ad alto grado di malignità,
tipicamente radioresistente. Istologicamente si rico­
noscono osteoblasti pleomorfi immersi in imo stro­
I l Lesioni ossee e cartilaginee ma trabecolare non ossificato, caratteristica che
Le lesioni ossee dei seni paranasali comprendo­ rende difficile la diagnosi differenziale con il con­
no l'osteoma e, più raramente, l'osteosarcoma (ed il drosarcoma. La terapia prevede una exeresi chirur­
condrosarcoma) e la displasia fibrosa. gica radicale, che consente percentuali di sopravvi­
venza a cinque anni superiori al 60%.
Osteoma Displasia fibrosa
L'osteoma è un tumore osseo benigno, a lenta cre­
scita, che si presenta microscopicamente come una La displasia fibrosa è una patologia non neopla­
formazione pressoché sferica, solitamente unica, stica, ad etiología ignota, caratterizzata dallo svilup­
solida, a consistenza ossea, che interessa prevalente­ po di lesioni fibromatose uniche o multiple (nel 20%
mente il seno frontale e, più raramente, il mascellare; dei casi). Nel distretto cranio-cefalico la sede più
esso è di agevole identificazione mediante indagini spesso interessata è l'osso mascellare, seguita dalla
radiologiche. Talvolta la massa occlude Tostio di mandibola. Macroscopicamente la displasia fibrosa
sbocco del seno colpito, provocando un versamento si presenta come un massa opaca, di consistenza
sinusitico. Istologicamente, l'osteoma è formato da variabile, spesso contenente aree cistiche, facilmente
lamelle ossee ordinate in modo concentrico, con sanguinante. L'istologia mostra trabecole di tessuto
scarso contenuto connettivale interposto. Poiché osseo, di forma irregolare ("woven bone"), immerse in
nella maggior parte dei casi l'osteoma è un processo un abbondante tessuto connettivale ricco di fibrobla-
asintomatico (tanto che, talora, può essere identifica­ sti. La lesione non ha capsula propria e tende ad infil­
to anche come reperto radiologico occasionale), l'e- trare in parte il tessuto osseo sano confinante. L'uni­
xeresi chirurgica è limitata ai soli casi sintomatici ca terapia possibile è quella chirurgica che, tuttavia,
ovvero a quelli complicati da sinusopatia. non consente di escludere la possibilità di recidive.

Rinofaringe
L. D'Angelo, R. Rossiello, V. Coluccino, V! Allocca, G. Salerno, G. Buongiorno

Richiami anatomici • laterali, formate dal muscolo costrittore superio­


re della faringe e dall'aponeurosi faringea, corri­
Il rinofaringe (o cavo rinofaringeo) costituisce la
porzione più craniale della faringe, mettendo in spondono allo spazio para-faringeo.
comunicazione le fosse nasali con l'orofaringe; di Le facce laterali del rinofaringe sono quelle clini­
forma approssimativamente cuboidale, ha tre diame­ camente più importanti, in quanto presentano lo
tri principali, uno antero-posteriore (da 2,5 a 3,5 cm) sbocco delle tube di Eustachio, un condotto in parte
uno cranio-caudale (di circa 4,0 cm) ed imo trasverso, osseo ed in parte muscolo-cartilagineo, che mette in
solitamente il maggiore dei tre (da 4,0 a 5,5 cm). comunicazione la cassa timpanica e le vie aeree
Collocato al centro della base cranica, inferior­ superiori. L'ostio tubarico rinofaringeo è delimitato
mente ad essa, il rinofaringe offre a considerare da un rilievo cartilagineo, detto "torus tubarius";
complessivamente sei facce: posteriormente a quest'ultimo si trova un piccolo
• anteriore, aperta, corrispondente alle coane, recesso, la fossetta di Rosenmuller, che è la zona di
separate tra loro dal setto nasale; origine della maggior parte dei carcinomi di questa
• superiore (o tetto) è formata dal corpo dello sfe- regione anatomica. La parete del rinofaringe risulta
noide e da parte dell'osso occipitale; formata, dall'interno verso l'esterno, da quattro
• posteriore, in diretta continuità con la superiore, distinti strati: la mucosa, la fascia faringo-basilare
corrisponde a parte dell'atlante ed all'epistrofeo; (o aponeurosi faringea), il muscolo costrittore supe­
® inferiore, aperta ed in diretta continuità con l'o­ riore della faringe e la fascia bucco-faringea; la por­
rofaringe, viene chiusa dal palato molle durante zione più craniale del rinofaringe, tuttavia, ha una
la deglutizione; parete più sottile, che risulta composta soltanto
Rinoforinge: malattie infiammatorie & 1011

dalla mucosa e dall'aponeurosi faringea, che si latoria; gli agenti etiologici più frequentemente
vanno a fissare alla base cranica. implicati nella patogenesi delle rinofaringiti sono
gli adenovirus, i coronavirus, i paramyxovirus, i myxo-
Istologia virus, i rhinovirus ed il virus respiratorio sinciziale.
Tutte queste specie virali sarebbero capaci di gene­
La mucosa rinofaringea è costituita fondamen­ rare una massiccia risposta immunologica, preva­
talmente da tre principali tipi cellulari: cellule lentemente mediata dalle linfochine.
colonnari ciliate, di tipo respiratorio, disposte a for­ La mucosa si presenta, macroscopicamente, ede­
mare un epitelio pseudostratificato, cellule squa­ matosa ed iperemica, ricoperta da un eccesso di
mose, disposte su più strati, e cellule intermedie (o secrezione di muco. Da un punto di vista microsco­
di transizione), di forma cuboidale, anch'esse pico, in particolare, si apprezzano infiltrazione lin­
disposte a formare un epitelio pseudostratificato. In focitaria ed edema sottomucoso determinati
età infantile si osserva una netta preponderanza entrambi dal rilevante rilascio di interleuchine IL8
numerica degli elementi colonnari su quelli pavi- ed IL6, potenti mediatori deU'infiammazione. A
mentosi; tuttavia, dopo la pubertà, si verifica una livello dell'epitelio, infine, si osserva una evidente
inversione di tale rapporto e, in un soggetto adulto infiltrazione di neutrofili e di polimorfonucleati,
normale, il rinofaringe risulta tappezzato per il 60% senza alcun danneggiamento delle cellule ciliate.
da cellule di tipo pavimentoso. La disposizione
degli elementi cellulari del rinofaringe segue un
preciso ordine topografico: in vicinanza delle
Rinofaringite cronica
coane, l'epitelio è completamente di tipo respirato- La rinofaringite cronica è un processo distrofico
rio, ma procedendo distalmente compaiono le cel­ della mucosa, che si verifica costantemente in asso­
lule di transizione, che raggiungono la massima ciazione a rinosinusiti, spesso in soggetti esposti a
concentrazione in corrispondenza della fossetta di polveri e/o a fumi tossici per motivi professionali.
Rosenmuller. Proseguendo ulteriormente verso l'o­ La persistenza del tessuto linfatico della tonsilla
rofaringe, compaiono le cellule squamose; queste faringea sembra predisporre allo sviluppo di questa
ultime diventano sempre più numerose, fino a condizione clinica. La mucosa, dal punto di vista
sostituire completamente gli elementi di transizio­ macroscopico, si presenta ispessita, di colorito vio­
ne. Questo progressivo "viraggio" della mucosa è laceo, talvolta con un'accentuazione del "disegno"
sicuramente la caratteristica peculiare del rinofarin­ dei vasi sottomucosi. L'istologia dimostra una
ge ed è alla base delle principali patologie che pos­ metaplasia mucosa con riduzione del numero delle
sono colpire questo distretto anatomico. In alcune cellule ciliate, che presentano anche delle anomalie
aree del rinofaringe, le cellule squamose, che sono citologiche, fattore decisivo nella differenziazione
dotate di caratteristiche microplicature e vengono dalle forme acute.
definite "cellule M", si dispongono in maniera tale
da formare dei canali, attraverso i quali gli antigeni
sarebbero convogliati dall'epitelio verso i follicoli
Cisti di Thòrnwaldt
linfatici sottostanti. Al centro della parete posteriore del rinofaringe,
La sottomucosa del rinofaringe, particolarmente esattamente sulla linea mediana, si trova un resi­
ricca di capillari linfatici, presenta numerose ghian­ duo embriologico (la "borsa faringea"), che è un
dole salivari minori ed aggregati di tessuto linfatico piccolo recesso sacciforme della mucosa, che può
(la cosiddetta tonsilla faringea), privi di una capsu­ divenire sede di flogosi e/o di infezione. Quando la
la propria, che giocano un importante ruolo immu- flogosi tende a persistere per un periodo più pro­
nologico nel processare le sostanze antigeniche vei­ lungato, la borsa faringea tende a riempirsi di secre­
colate dall'aria inspirata. In prossimità dello sbocco zione mucipara, formando ima vera e propria cisti,
nel rinofaringe, la sottomucosa della tuba di Eusta­ denominata "cisti di Thòrnwaldt". In casi più rari,
chio presenta dei piccoli agglomerati di tessuto lin­ una infezione batterica sovrapposta può trasforma­
fatico, la tonsilla peri-tubarica di Gerlach; questa re il contenuto della cisti in pus. Macroscopicamen­
ultima, insieme alla tonsilla faringea, alle tonsille te, la cisti di Thòrnwaldt si presenta come una
palatine ed alla tonsilla linguale (tessuto linfatico massa emisferica, a contorno liscio e regolare, rico­
presente a livello della base linguale) concorre a for­ perta da mucosa indenne, delle dimensioni di circa
mare l'anello linfatico di Waldeyer. 5 mm.

Ipertrofia della tonsilla faringea


| Malattie infiammatorie (Adenoidismo)
Rinofaringite catarrale acuta L'ipertrofia della tonsilla faringea rappresenta
una delle più comuni patologie rinofaringee, rag­
La rinofaringite catarrale acuta (o raffreddore giungendo il picco di massima incidenza tra 5 e 10
comune) è una flogosi dell'intera faringe conse­ anni di vita. La causa dell'ingrandimento dei folli­
guente ad una infezione virale contratta per via ina- coli linfatici della sottomucosa rinofaringea non è
1012 - Rinoforinge
nota; probabilmente si tratta di una predisposizione fi in modo uniforme e simmetrico, di colorito roseo-
genetica (diatesi linfatica) a sviluppare un'ipertro­ biancastro e di consistenza aumentata. Istologica­
fia del tessuto linfatico selettivamente in alcuni mente si osserva una "iperplasia follicolare florida"
distretti, per esempio a livello dell'anello di Walde- con notevole ingrandimento dei follicoli che posso­
yer. no contenere macrofagi, cellule giganti e figure
Macroscopicamente, la mucosa della volta del mitotiche. I centri geminativi mostrano una rete di
rinofaringe si presenta sollevata in diverse pliche, cellule "dendritiche" CD21 positive, le quali con­
prodotte dai follicoli linfatici iperplastici. tengono accumuli di proteina p24 dimostrabili con
Istologicamente, si osserva una metaplasia colorazione immunoistochimica.
squamosa deirepitelio di rivestimento, con una Col progredire della malattia si assiste ad un'in­
sostituzione massiva degli elementi cellulari ciliati voluzione della iperplasia follicolare, con un ritor­
(Figg. 18 e 19). Immediatamente al di sotto dell'epi­ no a dimensioni normali di tutto il tessuto linfatico
telio, si evidenzia una cospicua deposizione di tes­ dell'anello di Waldeyer.
suto ialino, mentre i follicoli linfatici si presentano
ingranditi per iperplasia del centro germinativo.
L'ipertrofia della tonsilla faringea tende a regre­ | Lesioni espansive benigne
dire spontaneamente attorno alla pubertà, tuttavia, Il cavo rinofaringeo può essere sede di neofor­
può persistere fino alla seconda decade di vita. In mazioni benigne, sia di origine epiteliale che con-
alcuni soggetti in età pediatrica, l'ipertrofia della nettivale; tra le prime vanno annoverati i papillo-
tonsilla palatina raggiunge dimensioni tali da mi schneideriani (del tutto analoghi alle lesioni
occludere l'ostio della tuba di Eustachio, evento nasali) e gli adenomi pleomorfi (neoplasie ghian­
che favorisce la formazione di versamenti catarrali dolari originate dalle ghiandole salivari minori),
nella cassa del timpano. L'unica soluzione possibi­ mentre fra le seconde vanno ricordati i fibromi ed
le per questa particolare condizione clinica è rap­ i mixomi.
presentata dall'intervento chirurgico di adenoidec­
tomia.
Papillomi schneideriani
Ipertrofia del tessuto linfatico del rinofaringe I papillomi schneideriani possono originarsi
in corso di infezione da HIV dalla mucosa del rinofaringe in prossimità delle
coane, ove vi è un netta predominanza di cellule
La sieropositività per infezione da HIV può ciliate; la loro incidenza è di gran lunga più bassa di
durare da qualche mese ad anni senza produrre sin­ quanto si registra nelle cavità naso-paranasali. Si
tomi clinici apprezzabili; tuttavia, prima dell'esor­ possono riscontrare tutti e tre i tipi istologici princi­
dio della malattia conclamata, si può assistere ad pali (invertito, oncocxtico e fungiforme), tuttavia è
una fase prodromica. Tipica di questo periodo è frequente il riscontro contemporaneo di due "pat­
una ipertrofia del tessuto linfatico. dell'anello di tern" di crescita (per esempio oncocitico ed inverti­
Waldeyer. I pazienti più spesso interessati da que­ to) (Fig. 20); in tal caso la diagnostica istopatologica
sta forma di manifestazione sono soggetti di sesso definirà l'aspetto prevalente. L'aspetto microscopi-
maschile tra la terza e la quinta decade di vita. Le co, il comportamento biologico e la prognosi sono
tonsille ed il rinofaringe in toto si presentano rigon­ analoghi a quelli dei papillomi nasali.

Fig. 18- l p ertrofia delia tonsilla faringea: si apprezzano alcu­ Fig. 19- A maggiore ingrandimento, si rileva la struttura pavi-
ni follicoli linfatici secondari. mentosa pluristratificata dell'epiteiio di rivestimento, un diffuso
infiltrato ìinfoide ed un follicolo secondario.
Lesioni espansive benigne 1013

Flg. 20 - Papilloma oncocitico invertito del rinofaringe. Fig. 21 - Adenoma pleomorfo del rinofaringe: alcune strutture
ghiandolari immerse in uno stroma mixoide.

Adenoma pleomorfo scenza, attorno al 15° anno di vita. La crescita di


queste neoplasie sarebbe favorita dai livelli ormo­
Le ghiandole salivari minori,, circa 600 in tutto, nali, specie di testosterone.
tappezzano prevalentemente il palato duro, il pala­ La massa tende ad estendersi dal rinofaringe
to molle e l'orofaringe. Sporadiche ghiandole sali­ alla coana ed alla fossa nasale corrispondenti, alla
vari minori si trovano, però, anche nel rinofaringe e fossa pterigopalatina, al seno sfenoidale, al seno
da queste possono originarsi neoplasie benigne, a mascellare e/o all'apice•della cavità orbitaria. A
struttura tubulare, quali gli adenomi pleomorfi. causa della spiccata aggressività locale, per l'angio­
Questi si presentano come piccole masse sferiche, fibroma del rinofaringe è stato proposto un criterio
capsúlate, a superficie esterna liscia, di colorito ros­ di staging, proprio come se si trattasse di una neo­
sastro o rosso scuro; lesioni con queste caratteristi­ plasia maligna:
che macroscopiche sono indistinguibili dalle neo­
plasie maligne, molto frequenti a livello delle © Stadio 1: tumore limitato al rinofaringe;
ghiandole salivari minori. • Stadio 2: tumore esteso alle cavità nasali o al
Macroscopicamente, il tumore ha ima capsula seno sfenoidale;
incompleta, attraversata da numerosi "pseudopo­
• Stadio 3: tumore esteso al seno mascellare, al seno
di". A livello microscopico, sono presenti aspetti
etmoidale, alla fossa infratemporale, alla fossa pte­
istologici variabili, caratterizzati da aree epiteliali
costituite da cordoni, nidi e/o tubuli di cellule epite­ rigopalatina, alla cavità orbitaria e/o alla guancia;
liali e da aree connettivali, di aspetto mixoide, talora • Stadio 4: tumore esteso aH'interno della cavità
con foci di tessuto osseo e cartilagineo (Fig. 21), del cranio.
Le cellule di origine epiteliale sono piccoli ele­ Macroscopicamente, l'angiofibroma appare
menti basofili, omogenei e disposti in modo "trabe- come una massa bozzoluta, non capsulata, di consi­
colare"; tra di esse si osserva uno stroma, di consi­ stenza fibrosa, priva di vasi apprezzabili ad una
stenza molto variabile, che contiene cellule mixoidi,
prima ispezione, tuttavia facilmente sanguinante se
condroidi e fibroidi.
manipolata.
Gli adenomi pleomorfi richiedono l'exeresi chi­
Istologicamente (Fig. 22), l'angiofibroma si pre­
rurgica, con ampio margine di tessuto sano; il
senta con un abbondante stroma ricco di collagene
motivo. di un trattamento radicale va ricercato
e di elementi cellulari di origine mesenchimale
principalmente nella invasività locale, che determi­
na la possibile comparsa di recidive, ma anche (fibroblasti), di forma stellata o fusata; assieme a
nella potenzialità alla trasformazione maligna di questi ultimi si ritrovano mastcellule e cellule
questi tumori. giganti multinucleate.
Lo stroma fibroso contiene lacune vascolari, di
taglia molto variabile, ed una sottile rete di capillari
Angiofibroma neoformati; questi ultimi possono mancare di parte
L'angiofibroma del rinofaringe è un singolare della tonaca muscolare, caratteristica che li rende
tumore fibrovascolare, che si origina dalla regione predisposti al sanguinamento. Da un punto di vista
iuxta-coanale del rinofaringe, caratterizzato da una immunoistochimico, va sottolineato come questi
notevole invasività locale. Praticamente esclusivo tumori abbiano le lacune stromali tappezzate da cel­
del sesso maschile, l'angiofibroma raggiunge il lule endotelioidi positive ai principali markers vasco­
picco di massima incidenza nel corso dell'adole­ lari (antigene correlato al fattore Vili, CD31, CD34).
1014 & Rinofaringe
uno tra 65 e 69 anni; si tratta di certo della neoplasia
più precoce tra quelle del distretto cervico-cefalico.
La clinica di questa neoplasia è particolarmente
subdola; non di rado il primo segno della malattia è la
comparsa di un'adenopatia latero-cervicale non dolen­
te, talvolta in associazione con un versamento sieroso
endotimpanico non rispondente alla terapia medica.
Segno patognomordco di carcinoma del rinofaringe è
la comparsa di una paralisi del nervo abducente (VI
nervo cranico), che provoca un improvviso strabismo
convergente con conseguente diplopia; tale segno cli­
nico è sempre molto grave perché indica l'invasione
del basicranio a livello del clivus.
Per la sua particolare evoluzione clinica, questa
neoplasia ha'reso necessaria una classificazione
TNM dedicata, unica nel suo genere:
Fig. 2 2 - A n g io fib ro m a del rinofaringe: stroma fib ro so edem a­
toso con numerosi vasi a pareti sottili.
Classificazione TNM delie neoplasie dei rinofaringe
(AJCC - UICC, 2002)
La terapia delTangiofibroma del rinofaringe può
essere chirurgica (previa embolizzazione arteriosa T,: tumore confinato al rinofaringe;
dei vasi afferenti al tumore) o radiante; quest'ulti- T2: tumore localizzato ai tessuti molli della fossa nasale
ma viene sconsigliata in letteratura (Chen e Bauer, o dell'orofaringe:
1982), in quanto è stata dimostrata in alcuni casi - T2a: non esteso allo spazio parafaringeo;
una trasformazione sarcomatosa conseguente all'ir- - J ? <D: con estensione allo spazio parafaringeo; ;
radiazione. In seguito all'exeresi chirurgica la per­ L>: tumore che invade il tessuto osseo ovvero esteso ad
centuale di recidive è solitamente superiore al 25%,
uno dei seni paranasali;
T4: tumore con estensione endocranica, interessante l'i-
confermando la mancanza di capsula e l'elevata pofaringe, la fossa infratemporale, l'orbita e/o uno
invasività locale di questa patologia. dei nervi cranici.
Stato delle stazioni iinfonodali
| Carcinoma del rinofaringe
Il carcinoma del rinofaringe merita un posto a sé
N 1: metastasi unilaterale, di diametro inferiore a ó cm,
al di sopra della fossa sovraclaveare;
stante tra le neoplasie di origine epiteliale della N2: metastasi bilaterali, di diametro inferiore a ó cm, al
regione cervico-cefalica. Estremamente frequente in di sopra della fossa sovraclaveare;
alcune regioni dell'Asia, specie ad Hong Kong, città N3a: metastasi in un unico linfonodo di diametro supe-
prevalentemente popolata da cinesi provenienti riore a 6 cm; ■ '
dalla provincia meridionale del Guangdong (da 25 N-^: metastasi in un unico linfonodo, in fossa, sovracla­
a 30 casi per 100.000 abitanti), il carcinoma del rino­ veare, di diametro superiore a 6 cm.
faringe è una neoplasia ben più rara in Europa e Stato di eventuali localizzazioni secondarie della neoplasia
negli Stati Uniti, ove mostra una incidenza di 2-5
casi su 100.000 abitanti. Mx: non è stato possibile documentare clinicamente (o per
A differenza degli altri tumori epiteliali della mezzo di indagini strumentali) localizzazioni a
faringe, esso non pare direttamente collegato all'e- distanza della neoplasia;
sposizione a fumo ed alcool. Studi epidemiologici e M0: assenza di metastasi;
sierologici hanno dimostrato che il carcinoma del M j: presenza di una o più localizzazioni secondarie
rinofaringe trarrebbe origine da una combinazione
distanti dal tumore primitivo.
di predisposizione genetica, fattori ambientali ed
infezione persistente da virus Epstein Barr (EBV); la Macroscopicamente, il carcinoma del rinofarin­
presenza di questo virus nel contesto della neopla­ ge si presenta in modo multiforme: l'aspetto classi­
sia è stata dimostrata in diversi studi mediante la co è quello di una massa, approssimativamente sfe­
tecnica deiribridizzazione in situ o con metodiche rica, che si origina dalla fossetta di Rosenmuller. In
di colorazione immunoistochirrdca. La predisposi­ molti casi la mucosa che ricopre la lesione è appa­
zione genetica permetterebbe all'EBV di integrare il rentemente normale, in altri pazienti la neoplasia è
proprio genoma nel patrimonio genetico delle cel­ solo microscopica e può essere identificata soltanto
lule epiteliali del rinofaringe e queste ultime ne con prese bioptiche "random" a livello della fosset­
risulterebbero trasformate. ta di Rosenmuller.
Altra peculiarità epidemiologica di questa neo­ Istologicamente, questo tumore viene diviso in
plasia è la sua incidenza in rapporto all'età; si osser­ tre diversi sottotipi dall'Organizzazione Mondiale
va una distribuzione bimodale dei casi, con due della Sanità (WHO):
distinti picchi d'incidenza, uno tra 15 e 25 anni ed • Carcinoma squamoso (I tipo WHO) (Fig. 23);
Carcinoma del rinofaringe & 1015

(con stroma linfoide o senza stroma linfoide) (HI


tipo WHO).
Il secondo ed il terzo tipo di carcinoma del rinofa­
ringe possono essere unificati in un'unica definizione
di "carcinoma indifferenziato" (Figg. 24,25, 26 e 27).
Il carcinoma squamoso, istotipo più raro a livel­
lo del rinofaringe, non è in alcun modo collegabile
all'infezione da EBV e, macroscopicamente, appare
del tutto analogo, agli altri carcinomi squamosi
delle vie aeree superiori; la crescita è solitamente
superficiale, per cui può essere identificato precoce­
mente all'esame endoscopico. Tende a presentarsi
in età lievemente più tardiva rispetto agli altri tipi
istologici, mai prima della quarta decade; inoltre,
essendo composto da elementi cellulari moderata-
Fig. 23 - Carcinoma squamoso ben differenziato del rinofaringe. mente differenziati, risponde poco alle terapie
radianti. Istologicamente è composto da grandi cel­
© Carcinoma non cheratinizzante, parzialmente lule epiteliali ripiene di cheratina, di struttura omo­
differenziato (con stroma linfoide o senza stro­ genea, disposte parallele al piano della mucosa e
ma lìnfoide) (II tipo WHO); circondate da infiltrato infiammatorio.
® Carcinoma non cheratinizzante indifferenziato Il carcinoma non cheratinizzante, parzialmente

Fig. 24 - Carcinoma indifferenziato: lo stroma adiacente rive­ Fig. 25 - Carcinoma indifferenziato: il denso infiltrato linfoide
la infiltrati linfocitari. rende difficile l'identificazione delle cellule epiteliali carcinoma­
tose.

Fig. 26 - Stesso caso della figura precedente: le positività per Fig. 27 - Agoaspirato di un linfonodo latero-cervicale metasta-
la citocheratìna facilitano l'identificazione delle cellule epitelia­ tizzato da un carcinoma rinofaringeo occulto: si evidenzia un
li carcinomatose. piccolo aggregato di cellule, con gravi atipie cellulari, circon­
date da linfociti.
1016 ; « Laringe
differenziato, si compone di cellule non completa­ denominazione in realtà utilizzata anche per il car­
mente mature, quindi incapaci di produrre una che- cinoma di II tipo WHO. Le cellule neoplastiche pos­
ratinizzazione; si tratta di cellule disposte in strati sono essere organizzate in voluminosi aggregati
compatti immersi in uno stroma linfoide. Questa compatti ("carcinoma tipo Regaud") oppure in nidi
caratteristica lo rende molto simile al III tipo classi­ più piccoli dispersi nello stroma linfoide ("carcino­
ficato dalla WHO. ma tipo Schmincke").
Il carcinoma indifferenziato è l'istotipo di più I carcinomi di II e III tipo WHO del rinofaringe
frequente riscontro, nonché quello con la più stretta sono particolarmente radiosensibili; pertanto, la
relazione con le infezioni da EBV. Risulta formato terapia iniziale consiste nel solo trattamento radian­
da cellule uniformi per morfologia e dimensioni te (per le lesioni T1 e T2) ovvero in un'associazione
con nucleo e nucleoli prominenti, che crescono in di polichemio- e radioterapia per i tumori local­
"nidi" in cui i confini cellulari appaiono indistinti; mente avanzati. Nonostante i progressi delle tecni­
le figure mitotiche sono sempre numerose. Intorno che di radiodiagnostica e di radioterapia, il carcino­
ai nidi di cellule neoplastiche si trova un infiltrato ma del rinofaringe resta una delle neoplasie con la
composto da plasmacellule e linfociti; la quantità più bassa sopravvivenza a cinque anni nel distretto
dei linfociti è particolarmente elevata, giustificando cervico-cefalico; negli studi retrospettivi, infatti, tali
la vecchia denominazione di "linfoepitelioma", percentuali sono comprese dal 36 al 57%.

Laringe
L. D'Angelo, R. Rossiello, L. Montone, F. Di Marco, G. Salerno, G. Buongiorno

Richiami anatomici tiche tese dai bordi laterali deU'epiglottid alle car­
tilagini aritenoidi; la superficie laterale di tali pliche
La laringe è il principale organo di controllo forma la parete mediale del seno piriforme ed è
delle funzioni primarie delle vie aeree superiori; considerata un sottosito delTipofaringe, mentre la
sita tra l'ipofaringe e la trachea, la laringe è respon­ loro superficie mediale concorre a formare il vesti­
sabile della fonazione, del controllo della respira­ bolo laringeo. Più in basso si osservano due rilievi
zione e della protezione delle vie aeree inferiori nel simmetrici, le false corde vocali (o pliche ventrico­
corso della deglutizione. lari), immediatamente al di sotto di esse si apre un
La forma geometrica della laringe è quella di recesso a fondo cieco, il ventricolo laringeo di Mor­
una piramide triangolare con l'apice tronco rivolto gagni. Procedendo ancora più distalmente, si rico­
in basso; nell'adulto i principali diametri sono: noscono le corde vocali vere, caratterizzate dal
• il cranio-caudale (di 44 mm nei maschi e di 36 bordo tagliente e dal colorito prevalentemente
mm nelle femmine); biancastro per la presenza di epitelio squamoso.
• l'antero-posteriore (di 36 mm nei maschi e di 26 Al di sotto delle pliche mucose della laringe si
mm nelle femmine); rileva un complesso sistema di membrane, che con­
• il trasverso (di 43 mm nei maschi e di 41 mm giungono le diverse componenti cartilaginee.
nelle femmine). La membrana tiro-ioidea riunisce il bordo superio­
re della tiroide a quello inferiore dell'osso ioide; essa è
La laringe ha una struttura osteo-cartilaginea, attraversata dai vasi e dai nervi laringei superiori.
ricoperta da una serie di muscoli intrinseci, che ne Le membrane quadrangolari, che sono tese tra i
determinano e ne controllano i movimenti. In dire­ bordi laterali dell'epiglottide e le aritenoidi, costi­
zione cranio-caudale si allineano l'epiglottide (com­ tuiscono l'impalcatura delle false corde vocali e
posta da cartilagine elastica), la cartilagine tiroidea delle pliche ariepiglottxche.
(dal greco "thyrus", scudo) e quella cricoidea (dal La membrana crico-vocale o "cono elastico" è la
greco "cricos", anello), composte di cartilagine iali­ struttura membranosa più importante della laringe;
na; oltre la terza decade di vita si assiste alla pro­ essa si origina dal bordo superiore della cricoide e
gressiva ossificazione della cartilagine tiroide. si va ad inserire all'angolo diedro dello scudo tiroi­
Il bordo superiore della cricoide si articola condeo. Il margine superiore del cono elastico resta
due cartilagini sesamoidi denominate aritenoidi libero e forma il legamento vocale (che è l'impalca­
(dal francese "arytenoid", vaso); queste ultime tura tendinea delle corde vocali vere), costituendo
svolgono un ruolo essenziale nella fonazione in lo strato intermedio e quello profondo della lamina
quanto sono sede d'inserzione dei muscoli e dei propria delle corde vocali vere.
legamenti vocali. Le cartilagini "corniculate" sono In una immagine coronale della laringe, inoltre, è
piccole cartilagini libere contenute nello spessore di possibile osservare la posizione del cono elastico e
uno dei legamenti laringei, la plica ari-epiglottica. delle membrane quadrangolari in rapporto alla
Osservando la laringe dall'alto è possibile iden­ superficie interna della cartilagine tiroide. Lo spazio
tificare una serie di pliche e di rilievi. All'imbocco compreso tra il sistema di membrane e lo scheletro
(vestibolo laringeo) si rilevano le pliche ariepiglot- cartilagineo è denominato spazio paraglottico; ripieno
Laringe: malformazioni congenite, cisti, laringoceli ® 1017

di connettivo lasso, esso riveste una rilevanza assolu­ secrezioni prodotte dalle ghiandole mucose presen­
ta in oncologia laringea, in quanto la sua invasione ti nel ventricolo di Morgagni.
costituisce un importante indicatore prognostico. Al di sotto della mucosa, inoltre, si estende una
I muscoli intrinseci della laringe sono: i cricoti- sofisticata lamina propria composta da tre diversi
roidei, i cricoaritenoidei posteriori, i cricoaritenoi- strati: profondo, intermedio e superficiale. Lo strato
dei laterali, Taritenoideo traverso (unico impari), profondo, a diretto contatto con Ü muscolo tiroarite­
gli aritenoidei obliqui, i tiroaritenoidei esterni ed i noideo interno, è spesso e ricco di fibre collagene. Lo
tiroaritenoidei interni. strato intermedio è prevalentemente composto di
II muscolo cricotiroideo, dotato di due capi, è fibre elastiche, con una quota minoritaria di fibre col­
posto sulla superficie laterale della laringe, tra la cri- lagene. L'insieme dei due strati (profondo ed inter­
coide ed il bordo inferiore dello scudo tiroideo; la medio) va a costituire il legamento vocale, la porzio­
sua contrazione, avvicinando la tiroide alla cricoide ne libera nonché il bordo superiore del cono elastico.
anteriormente, tende ed adduce le corde vocali vere. Lo strato superficiale (o spazio di Reinke) è compo­
Il muscolo cricoaritenoideo posteriore è teso tra sto di connettivo lasso, con scarse fibre elastiche e
la superficie posteriore della cricoide ed il processo collagene, peraltro disposte in modo non ordinato;
muscolare dell'aritenoide corrispondente; la sua questa peculiare caratteristica gli conferisce la capa­
contrazione ruota Taritenoide sull'asse verticale in cità di determinare una vibrazione ottimale del
maniera tale da abdurre le corde vocali vere. È l'u­ bordo libero della corda vocale vera nel corso della
nico muscolo abduttore puro del piano glottico ed è fonazione. La rilevanza clinica dello spazio di Rein­
sotto il diretto controllo dei centri respiratori tron­ ke risiede nel fatto che questa zona della lamina pro­
co-encefalici. pria è sovente sede di edema, sia acuto che cronico.
Il muscolo cricoaritenoideo laterale si origina dal
bordo superiore della cricoide e si dirige in alto e
indietro per inserirsi al processo vocale deU'aritenoi- ¡H Maiformozioni congenite, cisti,
de omolaterale; la sua contrazione produce una rota­
zione dell'aritenoide che chiude il piano glottico. laringoceli
Il muscolo aritenoideo traverso (o interaritenoi- Le malformazioni congenite, entità anatomo-
deo), unico impari e mediano, collega tra loro le cliniche di raro riscontro, sono: l'agenesia o la ste­
superfici posteriori delle due aritenoidi; la sua con­ nosi completa della laringe (incompatibili con la
trazione produce la chiusura del piano glottico. vita), la laringomalacia e l'aplasia dell'epiglottide
Il muscolo aritenoideo obliquo si inserisce sul(generalmente compatibili con la vita), nonché l'e­
processo muscolare dell'aritenoide e si estende alla piglottide bifida, la fissurazione laringea congenita
membrana quadrangolare omolaterale; la sua con­ ed i diaframmi incompleti della laringe (questi ulti­
trazione concorre alla chiusura del piano glottico. mi sono costituiti da una membrana fibrosa, rivesti­
Il muscolo tiroaritenoideo esterno (laterale) si ta da epitelio pavimentoso, che unisce anteriormen­
origina dall'angolo diedro dello scudo tiroideo, si te le due corde vocali vere ovvero è tesa in corri­
dirige posteriormente e si fissa alla superficie late­ spondenza della regione ipoglottica).
rale dell'aritenoide corrispondente; la sua contra­ Le cisti possono essere distinte, in rapporto alla
zione adduce la falsa corda vocale corrispondente. loro patogenesi, in:
Il muscolo tiroaritenoideo interno (o vocale) costi­
tuisce il corpo della corda vocale vera; originato dal­ a) disembriogenetiche;
l'angolo diedro dello scudo tiroideo, decorre poste­ b) duttalx;
riore e parallelo al legamento vocale del cono elastico c) sacculari;
e si va ad inserire al processo vocale dell'aritenoide; d) tonsillari;
la sua contrazione produce un'adduzione ed una ten­ e) epidermoidi.
sione della corda vocale vera corrispondente.
a) Le cisti disembriogenetiche sono in genere poste
nello spessore della plica ari-epiglottica ovvero
Istologia in corrispondenza della regione glosso-epiglotti-
ca (cisti iuxta-laringee); più spesso si riscontrano
La mucosa della laringe comprende due diversi nei lattanti o nella prima infanzia e derivano da
tipi di epitelio. La quasi totalità è ricoperta da epi­ residui delle fessure branchiali. Sono rivestite da
telio cilindrico ciliato pseudostratificato, di tipo epitelio cubico o pavimentoso e sono, di solito,
respiratorio, mentre la parte più craniale dell'epi­ ripiene di muco (Fig. 28).
glottide, la porzione superiore delle pliche ariepi- b) Le cisti duttali sono il risultato della dilatazione
glottiche e le corde vocali vere sono ricoperte da di ima ghiandola mucosa. Sono di solito di pic­
epitelio squamoso stratificato non cheratinizzato.
cole dimensioni e sono situate superficialmente
Questo tipo di epitelio, completamente privo di
nella corda vocale vera o neU'epiglottide.
ghiandole, è sicuramente il più adatto a resistere
allo stress meccanico da contatto prodotto dalla c) Le cisti sacculari si formano per distensione del
fonazione. Le corde vocali vere sono umettate dalle sacculo laringeo, la porzione più anteriore del
1018 Laringe

Fig. 29 - Cisti tonsillare delimitata da epitelio pavimentoso


Fig. 28 - Cisti disembriogenetica dell'epiglottide; a destra si
stratificato e circondata alla periferia da un denso infiltrato
rileva un particolare della parete cistica costituita da epitelio
linfocitario.
pavimentoso stratificato. (Da G. Motta e G. Lanza in Anatomia
patologica sistematica Voi. Il, Piccin, 1985).

ventricolo di Morgagni. Sono grandi e situate in


profondità nel ventricolo laringeo. Le cisti sac-
culari differiscono dai laringoceli perché non
comunicano direttamente con il lume laringeo.
Mentre le cisti sacculari contengono muco, nei
laringoceli è contenuta prevalentemente aria.
Entrambe le cisti possono essere rivestite da epi­
telio squamoso, da epitelio cilindrico di tipo
respiratorio o da una combinazione di entrambi
gli epiteli. Talora, nelle cisti duttali, Tepitelio di
rivestimento può essere sostituito da cellule
oncocitarie o può disporsi a formare papille.
Entrambe queste condizioni sono considerate
come espressione di una metaplasia ed iperpla-
sia piuttosto che di trasformazione neoplastica. Fig. 30 - Laringocele a piccolo e medio ingrandimento. {Da G.
Motta e G. Lanza in Anatomia patologica sistematica Voi. li,
d) Le cisti tonsillari sono rivestite da epitelio squa­ Piccin, 1985).
moso e mostrano abbondante tessuto linfoide
nella parete (Fig. 29). realtà, tutti i laringoceli esterni sono misti, in quan­
to contengono sempre una componente interna ed
e) Le cisti epidermoidi (cisti da inclusione epitelia­
una esterna, caratteristica che conferisce un aspetto
le) sono relativamente rare a livello laringeo e la
a clessidra. La patogenesi dei laringoceli è molto
loro struttura istopatologica è analoga a quella
discussa. Generalmente la genesi malformativa è
delle lesioni degli altri distretti.
ammessa per i laringoceli esterni, mentre per quelli
I laringoceli sono delle estroflessioni diverticola­interni non si può escludere l'importanza dei feno­
ri che, in genere, si originano dal ventricolo di Mor­ meni meccanici dovuti all'aumento della pressione
gagni, più precisamente da una dilatazione abnor­ dell'aria contenuta nel tubo laringo-tracheale (per
me del sacculo. Essi sono costituiti da sacche ripiene esempio: nelle affezioni flogistiche delle vie aeree
di aria, rivestite da una mucosa di tipo respiratorio, che provocano accessi continui di tosse ovvero nei
in connessione diretta con il ventrìcolo di Morgagni suonatori di strumenti a fiato o nei soffiatori di vetro
e, quindi, con il lume laringeo stesso (Fig. 30). fi loro che necessitano di espirazioni forzate e prolungate).
volume può variare da caso a caso, ma in genere Il laringocele è stato più volte correlato al carci­
tende progressivamente ad accrescersi per la pres­ noma squamoso ed alTadenocarcinoma ventricola­
sione che Faria esercita sulle pareti della sacca, spe­ re poiché si può ritrovare associato ad essi in una
cie durante i colpi di tosse. A seconda della posizio­ discreta percentuale di casi, variabile dal 5 al 28%,
ne, i laringoceli vengono distinti in interni (contenu­ nelle diverse casistiche riportate in letteratura.
ti nello spessore della corda vocale falsa e/o della In realtà, è da ritenere che il carcinoma possa
piega ari-epiglottica) ed esterni (che si estrinsecano favorire la formazione di un laringocele, ostruendo
anche all'esterno della membrana tiro-ioidea); in lo sbocco naturale delle secrezioni del sacculo nel
Disturbi di circolo « 1019

ventricolo di Morgagni. In questi casi, il contenuto discrasico è legato a glomerulopatie e può essere di
del laringocele è liquido ed aereo; quando la com­ entità tale da richiedere la tracheotomia d'urgenza.
ponente liquida si infetta, il laringocele tende pro­ Ugualmente drammatico può essere l'edema aller­
gressivamente a riempirsi di pus, divenendo un gico (o edema di Quincke), che viene in genere pro­
laringopiocele e non viceversa, per cui tale lesione vocato da allergeni (alimentari o respiratori) ovve­
non sembra avere significato oncologico. ro dall'impiego di sieri o di farmaci. L'edema flogi­
stico di grave entità è per lo più in rapporto con una
laringite streptococcica o difterica.
B Disturbi di circolo
Edema deila laringe B Malattie infiammatorie
È il più importante disturbo circolatorio. Consi­ Le malattie infiammatorie della laringe costitui­
ste nell'accumulo, nel connettivo sottomucoso della scono un ampio e variegato capitolo della patolo­
laringe, di un trasudato o di un essudato, a volte di gia di quest'organo, comprendendo patologie
entità tale da essere mortale, per le gravi difficoltà acute e croniche, di varia etiología (infettiva, tossi­
respiratorie che può provocare. Predilige la faccia ca e idiopatica).
linguale dell'epiglottide, le pliche ari-epiglottiche
(Fig. 31) ed il vestibolo laringeo. Eccezionale è, Processi infiammatori acuti
invece, l'edema delle corde vocali (impropriamente
si parla, pertanto, di "edema della glottide"), in Laringite acuta
quanto la mucosa delle corde vocali aderisce inti­ La laringite acuta è un termine generico che
mamente al muscolo ed al legamento. L'edema pro­ comprende una serie di flogosi laringee ad etiologia
voca un rigonfiamento molliccio della mucosa che sia virale che batterica; tra i virus quelli più fre­
diviene pallida. Nei casi autoptici il rigonfiamento quentemente responsabili sono gli Adenovirus, i
scompare per dare posto ad un raggrinzimento Paramyxovirus ed i Myxovirus, mentre i batteri più
della mucosa. Dal punto di vista etiopatogenetico si spesso implicati nelle laringiti sono lo Streptococcus
possono distinguere un edema da stasi, in genere di pyogenes, lo Streptococcus pneumoniae e VHemophilus
modesta entità, dovuto a scompenso cardiocircola­ influenzae.
torio o a compressione dei vasi venosi del collo e L'aspetto macroscopico della laringite acuta rive­
del mediastino da parte di voluminosi gozzi ovve­ la una iperemia cordale bilaterale, talvolta associata
ro di tumori del collo e del mediastino. L'edema ad un modesto edema dello spazio di Reinke. Nelle
forme ad etiologia batterica, in particolare, non è
raro osservare delle piccole ulcerazioni della muco­
sa, espressione di limitate aree di necrosi mucosale.
A livello microscopico, invece, è possibile
riscontrare un infiltrato linfocitario della lamina
propria che può essere sede di edema più o meno
abbondante.
Le laringiti acute sono solitamente malattie auto-
limitanti, che regrediscono anche in assenza di tera­
pia medica; in rari casi, tuttavia, la flogosi può con il
tempo trasformarsi in un fenomeno cronico, con
modificazione permanente dell'istologia cordale.

Laringite acuta da Corynebacterium Dyphteriae


La difterite è una malattia infettiva acuta, causa­
ta dall'infezione da Corynebacterium Dyphteriae, un
batterio GRAM" responsabile di una flogosi faringea
acuta che tende ad estendersi alle vie respiratorie
(faringo-laringite discendente). Per gli estensivi pro­
grammi di vaccinazione è una malattia ormai rara in
Italia, con casi solo sporadici. Macroscopicamente,
la difterite è contraddistinta dalla formazione di
pseudo-membrane di colorito grigiastro, adese tena­
cemente alla mucosa della faringe e della laringe
Fig. 31 - Edema acuto delle pliche ariepiglottiche. (Da G. Motta (Fig. 32). Le pseudo-membrane sono costituite da
e G. Lanza in Anatomia patologica sistematica Voi. Il, Piccin, essudato fibrinoso rappreso contenente leucociti,
1985). residui di cellule epiteliali necrotizzate e Corynebat-
1020 s Laringe
un'infezione da Haemophilus Influenzae tipo B. L'in­
fezione fa registrare una netta prevalenza nel perio­
do invernale, presentandosi solitamente come com­
plicanza di una flogosi faringea acuta.
Clinicamente, l'epiglottite si palesa con la com­
parsa, rapidamente progressiva, di notevole faringo-
dinia, difficoltà respiratoria con ortopnea, disfagia
marcata, con sintomi che peggiorano in 12-24 ore,
fino a determinare un quadro di rilevante dispnea.
Macroscopicamente la malattia si presenta con
edema ed iperemia marcatissimi dell'epiglottide
("bright red cherry"), che produce una severa ridu­
zione dello spazio respiratorio; la base linguale e l'i-
pofaringe appaiono solitamente indenni.
L'istologia dell'epiglottite acuta vede la forma­
zione di un rapidissimo infiltrato ricco di neutrofi-
li, che tende a risolversi molto rapidamente con la
terapia antibiotica ed antiflogistica endovenosa. In
seguito all'introduzione dei vaccini diretti contro
l'Hemophilus Influenzae, si è assistito ad una ulterio­
re riduzione dell'incidenza dell'epiglottite.
La sopraglottite acuta dell'adulto, invece, è una
malattia acuta dell'ipofaringe e del vestibolo larin­
geo che rappresenta l'equivalente della precedente
patologia flogistica nei soggetti adulti, condividen­
do con questa forma numerosi aspetti etiopatoge-
netici e clinici. Nella sopraglottite acuta dell'adulto
l'agente etiologico non è più frequentemente l'He­
Fig. 32 - Laringotracheite pseudomembranosa difterica. {Da G. mophilus Influenzae, ma piuttosto altri patogeni
Motta e G. Lonza in Anatomia patologica sistematica Voi. Il, quali lo Streptococcus Piogenes, lo Streptococcus Viri-
Piccin, 1985).
dans ed il Diplococcus Pneumoniae.
Macroscopicamente, la sopraglottite acuta è carat­
ieri. La principale pericolosità della difterite consiste terizzata da un edema diffuso localizzato ai sottositi
nella possibile ostruzione acuta della via aerea, anatomici della laringe sovraglottica (epiglottide, pli­
eventualità oggi molto più rara rispetto al passato. che ariepiglottiche e corde vocali false). È importante
rimarcare il fatto che la sopraglottite (come l'epiglot-
Laringite acuta da inalanti tossici tite) è una cellulite sottomucosa, pertanto la saliva e
le secrezioni laringee non contengono patogeni; per
Un tipo particolare di laringite acuta è la larin-
la diagnosi è importante un'emocoltura, associata
go-tracheite da inalazione di vapori tossici, solita­
alla conta leucocitaria, solitamente elevata.
mente in forma di fumi tossici; questa patologia
L'istologia mostra un chiaro edema sottomucoso
può essere provocata da una lunga lista di compo­
di tutte le zone interessate, con un infiltrato caratte­
sti chimici (il biossido d'azoto, l'idrogeno solforato,
rizzato da abbondanti granulociti neutrofili. La
l'acido idrocloridrico, l'ammoniaca, i sali di cloro,
sopraglottite acuta dell'adulto regredisce in seguito
etc.). La laringe e l'ipofaringe si presentano iper­
a terapia antibiotica ed antiflogistica endovenosa.
emia in toto, con depositi di muco e di cellule cilia­
te desquamate. A livellò microscopico si osserva
disepitelizzazione della mucosa respiratoria, con Laringiti micotiche
aree di necrosi che espongono la lamina propria e, Le laringiti micotiche costituiscono un gruppo di
talvolta, anche le cartilagini sottostanti. L'evoluzio­ infezioni a decorso acuto o cronico, che possono inte­
ne delle laringo-tracheitì da vapori tossici può por­ ressare esclusivamente le vie aeree superiori o l'inte­
tare alla formazione di stenosi cicatriziali a vari ro organismo, come nel corso dell'infezione da HIV.
livelli della via aerea, stenosi che possono richiede­
re un trattamento chirurgico.
istoplasmosi
Epigloftite acuta del bambino e sopraglottite Uistoplasmosi è provocata da un'infezione da
acuta dell'adulto Histoplasma Capsulatum; la laringe si presenta ede­
matosa, talvolta con delle aree limitate di necrosi;
L'epiglottite acuta è una patologia infettiva tipi­ l'istologia mostra granulomi infettivi a sede sotto­
ca dell'età infantile (la massima incidenza è tra il mucosa, con centri necrotici e con un infiltrato ricco
secondo ed il settimo anno di vita) causata da di cellule giganti e linfociti.
Malattie infiammatorie & 1021

Coccidiom icosì cazione del timbro della voce, solitamente più duro.
Macroscopicamente la laringe si presenta unifor­
La coccidiosi è un'infezione polmonare contrat­ memente di colorito rosso scuro, talvolta con la
ta dall'inalazione di Coccidioides Immitis; in rari casi mucosa ispessita (laringite cronica ipertrofica). L'e­
(7% circa) si osserva una localizzazione laringea, pitelio respiratorio può mostrare, dal punto di vista
caratterizzata da eritema diffuso della mucosa. L'a­ istopatologico, una iniziale metaplasia, con virag­
spetto microscopico della coccidiosi è analogo a gio verso ima mucosa di tipo pavimentoso pluri-
quello di altre micosi, con granulomi diffusi nella stratificato; a livello della sottomucosa è diffuso un
lamina propria. edema di grado lieve, responsabile dell'aspetto
ipertrofico delle pliche laringee.
Blastomicosi
La blastomicosi è un'infezione da Blastomyces Laringite cronica posteriore
Dennatìditis, che interessa la laringe in modo caratte­ La laringite posteriore è la forma più frequente
ristico: la lesione è solitamente localizzata ad una di laringite cronica ad etiologia non infettiva; si trat­
corda vocale vera, mimando l'aspetto di un carcino­ ta di una condizione di flogosi limitata alla regione
ma squamoso di tipo infiltrante. L'aspetto istologico, della commissura posteriore provocata dallo stra­
oltre alle lesioni granulomatose tipiche della lamina vaso di secrezione gastrica dallo sfintere esofageo
propria, mostra una spiccata iperplasia dell'epitelio. superiore. E importante sottolineare come il reflus­
so gastro-esofageo possa essere presente anche in
Criptococcosi assenza di una evidente ernia iatale esofagea. I sin­
La criptococcosi è provocata da un'infezione da tomi principali sono tosse secca notturna, faringo-
Criptococcus Neoformans, un micete ubiquitario che dinia e raucedine mattutine. La pirosi, bruciore
retrosternale classico indicatore clinico di reflusso
causa delle polmoniti lievi ed autolimitanti nei sog­
gastro-esofageo, è presente solo in alcuni pazienti.
getti immunocompetenti. La laringe si presenta eri-
Macroscopicamente, l'unico segno di questa
tematosa ed edematosa a livello del terzo anteriore
patologia è costituito dall'eritema delle aritenoidi,
delle corde vocali vere. L'esame istologico mostra
talvolta associato ad edema, non sempre marcato;
una notevole iperplasia epiteliale e infiammazione
per tale motivo, nei casi meno gravi, la diagnosi
estensiva della sottomucosa, sede di cellule giganti
non sempre viene posta con tempestività.
e macrofagi che hanno fagocitato i miceti.
Nelle forme non trattate di laringite posterio­
re si può assistere alla formazione di un granulo­
Candidosi ma cicatriziale (granuloma vocale); quest'ultimo
La candidosi laringea è provocata quasi esclusi­ si presenta come una massa irregolarmente sferi­
vamente da infezioni da Candida Albicans, un mice­ ca, generalmente centrata al processo vocale di
te comune commensale delle alte vie respiratorie. una delle aritenoidi. Più raramente il granuloma
In corso di infezione da HIV tale micete diviene cicatriziale può avere sede a livello dello spazio
patogeno, occupando la sottomucosa della faringe interaritenoideo (pachidermia interaritenoidea),
e della laringe. La laringe viene interessata in modo assumendo una morfologia generalmente sessile.
pressoché completo, divenendo eritematosa e rico­ La caratteristica dei granulomi provocati dall'e­
perta da un essudato giallastro che copre delle aree sofagite da reflusso è la tendenza alla regressione
ulcerate. L'infiltrato plasmacellulare della lamina dopo appropriata terapia con farmaci inibitori
propria è sempre molto abbondante. della pompa protonica.
L'istologia mostra un'iperplasia epiteliale senza
Processi infiammatori cronici segni di atipia, mentre la lamina propria è sede di
un granuloma riccamente vascolarizzato, composto
Le laringiti croniche sono processi flogistici che da linfociti, plasmacellule e poche cellule giganti. I
determinano una modificazione permanente dell'e­ granulomi più voluminosi richiedono l'exeresi chi­
pitelio e/o della lamina propria della laringe. Sono rurgica, ma mostrano una tendenza alla recidiva,
solitamente conseguenti al "surmenage" vocale, pertanto la chirurgia deve essere sempre affiancata
all'esposizione a fumo di sigaretta e/o a polveri dalla terapia medica.
irritanti (o tossiche), più spesso al coesistere di tutti
questi fattori. Flogosi laringee croniche dello spazio d i Reinke
Le flogosi laringee localizzate allo spazio dì
Laringite catarrale cronica semplice
Reinke sono sostanzialmente costituite dai noduli
La laringite catarrale cronica semplice è una vocali, dai polipi cordali, dalle cisti cordali e dal­
delle più comuni forme di flogosi laringea; prevale l'edema di Reinke (laringite edematosa). Si tratta
nettamente nel sesso maschile, specie tra i fumatori di processi cronici non infettivi consegùenti ad
oltre la quinta decade di vita. Clinicamente si mani­ eccessiva stimolazione meccanica delle corde
festa con un senso di corpo estraneo ed una modifi­ vocali vere (specie nel punto fra il terzo anteriore
1022 & Laringe
e quello medio) durante la fonazione (noduli, poli­
pi e cisti) ovvero esiti finali di una prolungata
esposizione a fumo di sigaretta ovvero a vapori
nocivi (edema di Reinke); in tutti i casi un ruolo
rilevante viene rivestito dall'errata impostazione
della voce, per la quale è necessaria una rieduca­
zione logopedica.
La prevalenza delle patologie menzionate, consi­
derata globalmente, è molto elevata raggiungendo il
2-3% del totale dei pazienti otorinolaringoiatria.

f§ Neoformazioni benigne
Le neoformazioni benigne della laringe (nodulo,
polipo, cisti, edema di Reinke e granuloma) sono
patologie di frequente riscontro nella pratica clini­ Fig. 33 Nodulo laringeo delle corde vocali: si rileva un asse con-
ca; esse possono essere unilaterali o bilaterali e pos­ neitivale centrale delimitato da epitelio pavimentoso stratificato.
sono coesistere fra loro. Fattori predisponenti l'in­
sorgenza di tali patologie sono l'abuso e/o l'errata
solo in circa il 10% dei casi), prevalenti nel sesso
impostazione della voce, l'esposizione a stimoli
maschile e nella fascia di età tra la quarta e la quin­
irritanti (specie il fumo), i fattori perfrigeranti e, in
ta decade di vita. L'aspetto macroscopico dei polipi,
misura minore, il consumo di alcoolici.
sia in termini di dimensioni che di morfologia, è
estremamente variabile; si tratta di lesioni localiz­
Noduli zate al terzo cordale anteriore, sia di tipo sessile che
I noduli laringei sono la lesione di più comunepeduncolato, di aspetto emorragico (teleangectasi-
riscontro a livello delle corde vocali vere e rappre­ co) o edematoso (gelatinoso). E frequente riscontra­
sentano la seconda causa di raucedine dopo le re, analogamente a quanto segnalato per il nodulo,
laringiti diffuse. La loro origine è messa in relazio­ una lesione fibrosa "da contatto" sulla corda vocale
ne con l'abuso vocale, sia in termini di "surmenage" vera controlaterale, generalmente di dimensioni
che per l'impostazione del timbro della voce. Essi si inferiori a quelle del polipo.
presentano come aree rilevate puntiformi, di colori­ Da un punto di vista strettamente istologico, i
polipi laringei sono raggruppati in tre categorie
to bianco-perlaceo, solitamente bilaterali e simme­
principali: gelatinosi (edematosi), teleangectasici
triche ("kissing nodules"), poste al passaggio tra
(emorragici) o transizionalì (misti).
terzo medio e quello anteriore del bordo libero delle
Il tipo gelatinoso (o edematoso) è composto da
corde vocali vere; talora, tuttavia, è possibile rileva­
uno stroma edematoso, nel contesto del quale si
re la presenza di un nodulo su di una corda vocale
osservano spazi lacunari rivestiti da cellule endote-
e di un ispessimento fibroso "da contatto" sul corri­
liali (Fig. 34); i capillari arteriosi sono in gran parte
spondente tratto di mucosa della corda vocale vera chiusi o collassati.
controlaterale. Alla videostroboscopia laringea, un Il tipo teleangectasico (o emorragico), corrispon­
esame diagnostico che studia il movimento delle dente macroscopicamente al polipo ‘ emorragico,
corde vocali alla luce stroboscopica, i noduli si contiene ampi ed irregolari spazi vascolari (Fig. 35),
muovono consensualmente al bordo libero cordale. circondati da aree di edema dello stroma; quest'ul­
I cambiamenti dell'istologia della corda vocaletimo, a sua volta, possiede una quantità di fibrobla­
vera mostrano un ispessimento dell'epitelio, con sti e di collagene molto inferiore rispetto ai noduli.
vari gradi di cheratinizzazione (Fig. 33), mentre lo Il tipo transizionale (o misto) contiene sia aree
strato superficiale dello spazio di Reinke è sede di gelatinose che teleangectasiche.
sclerosi ialina, con infiltrato di fibroblasti e di linfo­ L'epitelio dei polipi è generalmente normale,
citi. Lo strato intermedio e quello profondo della non presentando l'ipercheratosi tipica dei noduli,
lamina propria contengono un numero più elevato ma piuttosto delle aree d'iperplasia. Nei soggetti
del normale di fibre collagene; i capillari, infine, forti fumatori è possibile riscontrare ristrette aree di
nonostante la flogosi cronica, non appaiono dilata­ atipia che possono precedere una trasformazione in
ti. I noduli laringei possono regredire in seguito ad carcinoma "in situ". La terapia dei polipi è chirurgi­
appropriata terapia ortofonica, ovvero possono ca e viene attuata mediante microlaringoscopia
richiedere un'exeresi chirurgica endoscopica. diretta in sospensione.

Polipi Cisti
I polipi laringei sono lesioni cordali benigne, Le cisti laringee rappresentano la terza categoria
quasi esclusivamente unilaterali (sono bilaterali in ordine di incidenza tra le patologie flogistiche
Neoformazioni benigne ® 1023

chiaro, prodotto da ghiandole mucipare il cui


dotto escretore è rimasto probabilmente occluso.
b) Le cisti epidermoidali sono più spesso localizzate
sulla faccia superiore della corda vocale vera,
prevalentemente all'altezza del terzo medio;
rispetto alle cisti da ritenzione, esse appaiono
come aree giallastre, solo lievemente rilevate.
L'ipotesi etiopatogenetica più accreditata postu­
la che queste lesioni si formino per un invagina­
zione di epitelio squamoso all'interno della
lamina propria. La cisti epidermoidale ha una
matrice esterna composta da epitelio squamoso
pluristratificato (Fig. 36); quest'ultimo produce
cheratina e colesterolo, che si vanno ad accumu­
lare all'interno della cisti, accrescendone le
dimensioni. Lo stroma che circonda la lesione è
Fig. 34 -Polipo gelatinoso caratterizzato da uno stroma molto sede di flogosi cronica, con un infiltrato di linfo­
lasso ed edematoso. citi e plasmacellule. L'accrescimento della cisti
non prosegue illimitatamente, ma tende ad arre­
starsi spontaneamente.
Le cisti laringee sono trattabili soltanto median­
te exeresi chirurgica in microlaringoscopia diretta
in sospensione.

Edema di Reinke
L'edema di Reinke (cordite poliposa, laringite
edematosa) è una delle più comuni patologie corda­
li; si tratta di una forma localizzata di edema croni­
co della laringe, limitata allo spazio di Reinke. Il
fumo di sigaretta sembra esser uno dei fattori etio-
logici più importanti, tuttavia l'esposizione a diver­
se sostanze chimiche sembra favorire lo svilupparsi
di un edema in questa sede. Macroscopicamente,
Fig. 35- Polipo teleangectasico: sono visibili neilo stroma l'edema di Reinke si presenta come un "cuscinetto"
numerosi vasi dilatatati e ripieni di emazie.
translucido, situato a livello del bordo libero della
dello spazio di Reinke (edemi esclusi), risultando corda vocale vera, specie al terzo anteriore di que-
essere più rare sia dei noduli che dei polipi; a diffe­ st'ultima; la lesione può essere unilaterale o, più
renza di questi ultimi, tuttavia, le cisti sono lesioni spesso, bilaterale, talvolta è a "ferro di cavallo", con
esclusivamente sottomucose, ad epitelio del tutto le due corde vocali interessate in modo ineguale.
indenne. Uaspetto laringoscopico di una cisti larin­ Con il trascorrere del tempo, l'edema di Reinke
gea è quello di un'area rilevata, di forma emisferica diviene leggermente più "gelatinoso" e ricoperto
o ovoidale, solitamente situata al terzo medio di una
sola delle corde vocali vere; le cisti bilaterali esisto­
no, ma rappresentano una rarità. È possibile riscon­
trare lesioni da contatto controlaterali alla cisti.
La visione della cisti può risultare difficile alla
laringoscopia indiretta tradizionale, spesso è possi­
bile soltanto con l'ausilio di un laringoscopio a
fibre ottiche.
Le cisti possono essere suddivise in due gruppi
principali: quelle da ritenzione di muco e quelle
epidermoidali.
a) Le cisti laringee da ritenzione sono più spesso
localizzate a ridosso del bordo libero cordale, sia
a livello del terzo medio che di quello anteriore;
nel contesto della lamina propria si osserva una
cavità unica, capsulata, tappezzata da epitelio
cilindrico o cuboidale, contenente un fluido Fig. 36 - Cisti epidermoide.
1024 k Laringe
da una mucosa più opaca. Al microscopio ottico, lo un danno termico rilevante direttamente a livello
strato superficiale della lamina propria (spazio di della cartilagine. Tali granulazioni, che sono costi­
Reinke) appare diffusamente occupato da liquido, tuite da uno stroma connettivale, ricco di vasi san­
probabilmente prodotto per infiltrato flogistico; la guigni, non mostrano la presenza di un epitelio di
quantità di fibrina è notevolmente variabile e la cel- rivestimento. La loro istopatogenesi non è nota; tut­
lularità dello stroma è sempre molto scarsa. tavia ricerche anatomo-cliniche (Motta e coll, 1984)
L'edema di Reinke riduce in parte le sue dimensio­ portano a ritenere che queste neoformazioni, la cui
ni all'interruzione dello stimolo irritativo causale, struttura istologica è simile a quella dei granulomi
oppure in seguito a trattamento prolungato con da intubazione, siano espressione di una reazione
cortisonici per via aerosolica, tuttavia l'unica tera­ flogistica da mancato scorrimento dell'epitelio
pia risolutiva è costituita dalla chirurgia in microla­ laringeo a livello della cartilagine, il cui pericondrio
ringoscopia diretta in sospensione. interno sia stato leso, specie se in maniera rilevante,
dal raggio Laser. Al di sotto di tali granulazioni si
G ranulom a forma, infatti, una lamina fibrosa che non deve
essere rimossa quando si effettua l'exeresi chirurgi­
Con la definizione generica di granuloma voca­ ca dèi granuloma (che, ovviamente, andrà asporta­
le (ulcera da contatto, granuloma da contatto, to in microlaringoscopia diretta in sospensione con
pachidermia da contatto) si intendono le neoforma­ tecnica chirurgica tradizionale, senza l'impiego del
zioni tipiche della porzione posteriore delle corde Laser); tale lamina fibrosa, infatti, costituisce un
vocali, in particolare del processo v.ocale delle arite- "binario" sul quale l'epitelio mucoso delle zone
noidi; si tratta di lesioni che riconoscono tre possi­ adiacen

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