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SULLA VERITÀ, MORALITÀ

ED UTILITÀ DELLA RELIGIONE

Ultimo aggiornamento: 02/07/07

Indice dei contenuti


Introduzione..........................................................................................5

PARTE I. ANALISI DELLA VERITÀ, MORALITÀ ED


UTILITÀ DELLA RELIGIONE.................................................. 6
Salti di coscienza...................................................................................7
Che cosa intendiamo per “religione”?.............................................11
Il rispetto speciale per le credenze religiose...................................15
Politeismo e Trinità.............................................................................19
La pochezza dell'agnosticismo.........................................................25
La disonestà intellettuale che divide...............................................29
Come la fede distorce il senso di moralità......................................32
Un rispetto immeritato.......................................................................33
I mali causati dalla religione moderata...........................................37
Criticare la fede è tabù.....................................................................37
Le religioni non sono tutte uguali...................................................37
Negare che la fede sia causa delle stragi..........................................38
La pochezza logica della religione moderata....................................40
La pochezza teologica della religione moderata............................... 41
I moderati impediscono la creazione di una spiritualità moderna.. 42
I moderati non hanno mai condannato l'immoralità della Bibbia.. 42
1
Perché siamo tutti relativisti..........................................................44
Ostacolare i discorsi razionali......................................................... 45
Scienza e religione non sono indipendenti.....................................46
Le religioni fanno affermazioni scientifiche sull'universo.............. 50
Senza Dio può esistere la moralità?.................................................52
La moralità delle Sacre Scritture.......................................................57
L'Antico Testamento.......................................................................58
La moralità del Nuovo Testamento.................................................68
Ama il prossimo tuo...........................................................................73
Insegnare ai bambini il genocidio....................................................75
Le dimostrazioni dell'esistenza di Dio. S. Tommaso d'Aquino.. 82
L'argomento ontologico per l'esistenza di Dio...............................85
Come la fede moderata favorisce il fanatismo...............................88
Infanzia, abuso e fuga dalla religione..............................................96
Abuso fisico e mentale.....................................................................101
In difesa dei bambini........................................................................110
L'argomento delle Sacre Scritture .................................................117
I quiz morali. Uno studio applicato sulle radici della moralità 123
Uccidere una “persona potenziale”...............................................129
Come la morale umana cambia nel tempo ..................................132
Il fondamentalismo e la sovversione della scienza..................... 143
I miracoli............................................................................................148
L'atteggiamento religioso..............................................................148
...e l'atteggiamento scientifico.......................................................150
L'argomento dell'esperienza personale..........................................152
Uno di noi ha ragione, l'altro ha torto...........................................158
Come si spiega ciò che fecero i Padri della Chiesa?....................161
Il grande esperimento della preghiera..........................................161
Integrare il dubbio nella propria fede...........................................166
Le Scritture, un generatore eterno di fondamentalismo................167
“Gli atei sono intolleranti, arroganti e dogmatici”......................171
Arrogante è chi afferma di sapere cose che non può sapere...........172
Disonestà intellettuale......................................................................174
Ingannare i propri figli..................................................................175

2
Come la religione ostacola sistematicamente la scienza............ 176
Il pericolo per l'umanità................................................................178
La spiritualità non richiede la fede................................................179
Insegnare ai bambini........................................................................181
Il successo di una dottrina non ne implica la verità....................181
Le esperienze mistiche non sono evidenza...................................184
La personalità di Gesù.....................................................................185
Sull'utilità della religione.................................................................188
Il non cambiare idea.........................................................................191
L'innovazione del Concilio Vaticano II.........................................194
Dubitare non è dogmatico...............................................................196
Definire qualcosa non lo fa automaticamente esistere............... 197
Il Vangelo è documento storico. Perché non credervi?.............. 198
La differenza tra storia e religione.................................................200
La religione come fenomeno naturale...........................................202
Lettera a una nazione cristiana.......................................................206
Etichettare i bambini con la religione di nascita..........................209
Il mito del caos morale laico............................................................213
La fede è compatibile con la ragione?............................................218

PARTE II. L'ORIGINE DELLA VITA...................................... 221


Siamo stati creati da Dio?................................................................222
Perché esistiamo?..............................................................................222
L'evoluzione è casuale?....................................................................226
Come nasce un organo complesso come l'occhio umano?.........236
Il paradosso del mimetismo............................................................242
Qual è l'evidenza per l'evoluzione?...............................................247
L'origine della vita............................................................................247
Perché esistono le persone?.............................................................257
Perché la teoria del “bene della specie” è sbagliata........................264
Spirali immortali...............................................................................271
Perché esiste la morte?.....................................................................287
Perché esiste la mente......................................................................291
In che senso i geni controllano le nostre decisioni........................ 298
3
I geni prevedono il futuro...............................................................303
Il potere della simulazione.............................................................306
Perché esiste l'altruismo..................................................................310
La teoria del gene egoista...............................................................314
APPENDICE. APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ......... 319
Argomenti bayesiani per l'esistenza di Dio..................................320
La scommessa di Pascal...................................................................324
“La ragione non si applica a Dio”..................................................326
Il firewall della fede..........................................................................327
L'insegnamento della religione.......................................................331
L'agnosticismo ignora il concetto di probabilità..........................335
Darwin e la religione........................................................................340
La tolleranza indica l'indebolimento della fede...........................343
L'Islam e il rifiuto della scienza.....................................................345
Un uomo raggiunto dalla fede....................................................... 347
Baciare il culo di Hank.....................................................................347
L'infanzia di Christopher Hitchens................................................352
La vita ci appartiene?.......................................................................355
Le responsabilità dei genitori verso i figli.................................... 355
Trinità e teoria quantistica...............................................................360

CONCLUSIONE............................................................................ 362
La necessità di un associazionismo laico......................................362
Postfazione.........................................................................................365

4
INTRODUZIONE
Questa è una raccolta di scritti e discorsi, principalmente ad
opera del biologo evoluzionista Richard Dawkins e del neuro-
scienziato Sam Harris, aventi come argomento la religione.
Lo scopo principale della raccolta è far riflettere il lettore cir-
ca il ruolo odierno della religione nel mondo, da un punto di
vista pressoché sconosciuto nel panorama culturale italiano.
Come presto scoprirete, la convinzione di fondo è che sia ne-
cessario ed urgente l'avvento di un nuovo movimento illumi-
nista su scala planetaria.
A scanso di equivoci è bene precisare che le posizioni qui so-
stenute non sono né “di destra” né “di sinistra” ― anzi incon-
trano forti opposizioni su entrambi i fronti ― e sono tutte for-
temente argomentate con evidenza. Tutto ciò che occorre è che
il lettore consideri questa evidenza con la mente aperta. E' pra-
ticamente certo che chiunque legga il volume in questo modo
apprenderà molti fatti nuovi che contribuiranno alla sua com-
prensione del mondo.
I passaggi ritenuti più importanti dall'editore di questo volu-
me sono evidenziati in grassetto. Sebbene la raccolta sia già
molto sintetica rispetto ai testi originali, è possibile ottenere
una ulteriore sintesi leggendo soltanto le parti in grassetto. Se
ritenete che un certo discorso sia poco interessante, potreste
decidere di saltare al successivo paragrafo in grassetto.
La raccolta è pensata per essere letta in modo sequenziale.
Essa si può persino vedere, se avrete la pazienza di leggere
fino alla fine della Parte II, come un percorso graduale verso
una presa di consapevolezza circa le ragioni della nostra esi-
stenza.

5
PARTE I. ANALISI DELLA VERITÀ,
MORALITÀ ED UTILITÀ DELLA RELIGIONE

6
SALTI DI COSCIENZA
(dal libro “l'illusione di Dio” di Richard
Dawkins)

Quando era bambina, mia moglie odiava la scuola e voleva


lasciarla. Anni dopo, superati i venti anni, lo rivelò ai suoi ge-
nitori e la madre fu sconvolta: "Ma cara, perché non ce lo hai
mai detto?". La risposta di Lalla fu: "Ma non sapevo di poterlo
fare".
Non sapevo di poterlo fare.
Sospetto ― anzi ne sono sicuro ― che ci siano molte persone
nate e cresciute dentro una qualche religione ma che ne sono
insoddisfatte, o non ci credono, o sono preoccupate dei mali
che sono fatti in nome di essa; persone che sentono un vago
desiderio di lasciare la religione dei loro genitori ma non si
rendono pienamente conto che questo è possibile. Se tu sei
una di queste persone, questo libro è per te. Lo scopo del libro
è permetterti un salto di coscienza ― renderti conscio che essere
atei è un'aspirazione realistica, coraggiosa e splendida. È inte-
ramente possibile essere un ateo felice, equilibrato, morale
ed intellettualmente soddisfatto. Questo è il primo dei mes-
saggi che compongono il salto di coscienza. Voglio elevare le
coscienze in altri tre modi, che mi accingo ad illustrare. [...]
Immagina, come John Lennon, un mondo senza religione.
Immagina che non ci siano persone che si fanno esplodere, né
11 settembre, né crociate, né cacce alle streghe, né Congiura
delle Polveri, né ripartizione dell'India, né guerra tra israeliani
e palestinesi, né massacri serbo/croato/musulmani, né perse-
cuzione degli ebrei come "carnefici di Cristo", né violenza nel-
l'Irlanda del Nord, né delitti d'onore, tele-evangelisti con abiti
splendenti che raggirano persone suggestionabili per i loro
soldi ("Dio vuole che tu doni finché non hai più nulla"). Imma-
gina che non ci siano né talebani a far esplodere antiche statue,
né decapitazioni pubbliche di blasfemi, né flagellazione di car-
ne femminile per il crimine di averne mostrata troppa in pub-
7
blico. Tra parentesi, il mio collega Desmond Morris mi infor-
ma che la splendida canzone di John Lennon è a volte cantata
in America censurando la frase "and no religion too" [e neppure
la religione]. In una versione, essa è stata anche sfrontatamen-
te sostituita con "and one religion too" [ed un'unica religione].
Forse pensi che l'agnosticismo sia una posizione ragionevo-
le, mentre l'ateismo sia dogmatico quanto una credenza reli-
giosa? Se è così, spero che il capitolo 2 fossa farti cambiare
idea, persuadendoti che "l'ipotesi di Dio" è una ipotesi scienti-
fica sull'universo, la quale va analizzata con scetticismo non
meno delle altre.
Forse ti hanno insegnato che i filosofi ed i teologi hanno pro-
dotto buone ragioni per credere in Dio. Se pensi ciò, potresti
apprezzare il capitolo 3 sugli "Argomenti in favore dell'esi-
stenza di Dio" ― i quali si rivelano spettacolarmente deboli.
Forse pensi che Dio debba necessariamente esistere, altri-
menti come potrebbe aver avuto origine il mondo? In quale
altro modo potrebbe esistere la vita, in tutta la sua ricca di-
versità, e tutte le specie animali avere caratteristiche che sem-
brano evidentemente essere state progettate? Se la pensi così,
spero tu possa trarre illuminazione dal capitolo 4, "Perché
quasi certamente non esiste alcun Dio". Lungi dal suggerire
un atto di progettazione intelligente, l'illusione della progetta-
zione nel mondo vivente viene spiegata in modo molto più
economico e con devastante eleganza dalla selezione naturale
darwininana. E, sebbene la selezione naturale si limiti a spie-
gare perché esistono gli esseri viventi, ci fa fare un salto di co-
scienza sulla probabilità di altre spiegazioni non magiche che
possono aiutare la nostra comprensione del cosmo. La potenza
di meccanismi non magici come la selezione naturale è il se-
condo dei miei quattro salti di coscienza.
Forse pensi che debba esistere un dio, o più di uno, perché
gli antropologi e gli storici raccontano che i credenti domina-
no ogni cultura umana. Se trovi convincente questo argomen-
to, ti prego di riferirti al capitolo 5, su "Le origini della religio-
ne", che spiega perché la fede è così onnipresente.

8
O forse pensi che la credenza religiosa sia necessaria per
avere una morale giustificabile? Non abbiamo forse bisogno
di Dio, per poter essere buoni? Ti prego di leggere i capitoli 6
e 7 per scoprire perché non è così.
Resti vagamente bendisposto verso la religione perché la
consideri una “cosa buona” per il mondo, anche se personal-
mente non hai fede? Il capitolo 8 ti inviterà a riflettere su alcu-
ni aspetti della religione che sono tutt'altro che buoni per il
mondo.
Se ti senti intrappolato dalla religione in cui sei stato cresciu-
to da piccolo, vale la pena chiedersi come questo sia potuto
avvenire. La risposta è in genere qualche tipo di indottrina-
mento giovanile. Se sei pur minimamente religioso, è enorme-
mente probabile che la tua religione sia quella dei tuoi genito-
ri. Se sei nato in Arkansas e pensi che il Cristianesimo sia vero
e l'Islam falso, pur sapendo che penseresti il contrario se fossi
nato in Afghanistan, allora sei stato vittima di indottrinamen-
to giovanile. Mutatis mutandis se sei nato in Afghanistan.
L'intera relazione tra religione e l'infanzia è trattata nel capi-
tolo 9, che contiene anche il mio terzo salto di coscienza. Pro-
prio come le femministe rabbrividiscono quando sentono dire
"lui" invece di "lui o lei", oppure "uomo" invece di "persona",
io voglio che tutti rabbrividiscano quando sentono dire
"bambino cattolico" o "bambino musulmano". Se volete, par-
late pure di "bambino di genitori cattolici"; ma se sentite qual-
cuno parlare di "bambino cattolico", fermatelo e fate educata-
mente notare che i bambini sono troppo giovani per sapere
da che parte stanno in tali questioni, proprio come sono trop-
po giovani per sapere come la pensano in economia e in politi-
ca. Proprio perché il mio scopo è elevare le coscienze, non
chiederò scusa per averlo menzionato qui oltre che nel capito-
lo 9. Non potrei mai ripeterlo abbastanza. Lo dirò di nuovo.
Quello non è un bambino musulmano, ma un bambino di ge-
nitori musulmani. Quel bambino è troppo giovane per sapere
se è musulmano o no. Non esiste niente di simile a un bambi-
no musulmano. Non esiste niente di simile a un bambino cri-
stiano.
9
Il quarto argomento del salto di coscienza è l'orgoglio ateo.
Essere atei non è una cosa di cui vergognarsi o chiedere scu-
sa. Al contrario, è qualcosa di cui essere orgogliosi, una cosa
per cui restare ben dritti fissando l'orizzonte, perché l'ateismo
indica quasi sempre una sana indipendenza intellettuale e, in-
vero, una mente sana. Molte persone che conosco sanno, nel
profondo del loro cuore, di essere atee, ma non osano ammet-
terlo davanti alle loro famiglie o persino, in alcuni casi, a loro
stessi. Il motivo è, in parte, che la stessa parola "ateo" è stata
pervicacemente fatta diventare un'etichetta terribile e spaven-
tosa. Nel capitolo 9 presenterò la storia tragicomica del comico
Julia Sweeney, di quando i suoi genitori scoprirono che era di-
venuta atea. Che ella non credesse in Dio, potevano anche
sopportarlo. Ma che fosse un'atea. Un'ATEA! (La voce della
madre era divenuta un urlo.)
[...]
La condizione degli atei in America oggi è pari a quella de-
gli omosessuali 50 anni fa. Ora, dopo il movimento del Gay
Pride, è possibile, sebbene non molto facile, che un omoses-
suale sia eletto in una carica pubblica. Un sondaggio Gallup
del 1999 chiese agli americani se voterebbero per una persona
altrimenti ben qualificata che fosse donna (il 95% lo farebbe),
cattolica romana (il 94% lo farebbe), ebrea (il 92%), nera (92%),
mormone (79%), omosessuale (79%) o atea (49%). Chiaramen-
te c'è molta strada da fare. Ma gli atei sono molto più numero-
si di quanto sembra.
[...]
Il motivo per cui molte persone non notano gli atei è che
molti di noi sono riluttanti a "rivelarsi" come tali. Il mio so-
gno è che questo libro possa aiutare le persone a rivelarsi.
Esattamente come il movimento gay, più gente si rivela, più
facile sarà per gli altri unirsi a loro. Potrebbe esserci una mas-
sa critica per innescare una reazione a catena.
I sondaggi americani suggeriscono che ci sono molti più atei
ed agnostici che ebrei osservanti, e che gli atei siano anche di
più della maggior parte di altri gruppi religiosi. Diversamente

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dagli ebrei, però, che notoriamente sono una delle lobby poli-
tiche più potenti degli Stati Uniti, e diversamente dai Cristiani
Evangelici, che hanno un potere politico ancora più grande,
gli atei e gli agnostici non sono organizzati e quindi esercita-
no influenza zero. Invero, organizzare gli atei è stato parago-
nato a mantenere un gregge di gatti, perché tendono a pensa-
re indipendentemente e non si conformano ad una autorità.
Ma un buon primo passo sarebbe costruire una massa critica.
[...]

CHE COSA INTENDIAMO PER “RELIGIONE”?


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Carl Sagan scrisse in “Pallido puntino blu”:


Una religione, vecchia o nuova, che enfatizzasse le mera-
viglie dell'universo così come sono rivelate dalla scienza
moderna riuscirebbe a suscitare sentimenti di riverenza
e stupore di gran lunga maggiori di qualunque fede con-
venzionale.
Tutti i libri di Carl Sagan toccano le terminazioni nervose
della meraviglia trascendente che la religione ha monopoliz-
zato nei secoli scorsi. I miei libri hanno la stessa aspirazione.
Di conseguenza, scopro di essere spesso descritto come un
uomo religioso. Uno studente americano mi scrisse di aver do-
mandato ad un suo professore cosa pensasse di me. “Daw-
kins”, rispose il professore, “è convinto che la scienza sia in-
compatibile con la religione, ma poi parla della natura e del-
l'universo con toni estatici e romantici. Per me, questa è reli-
gione!” Ma “religione” è davvero la parola adatta? Io non cre-
do. Il premio Nobel per la fisica (ed ateo) Steven Weinberg
fece luce su ciò meglio di chiunque altro ne “Il sogno di una
teoria definitiva”:
Alcune persone hanno una visione di Dio così ampia e
flessibile che inevitabilmente troveranno Dio dovun-
que lo cerchino. Si sente spesso dire che "Dio è l'assolu-

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to", o che "Dio è la nostra migliore natura", o che "Dio è
l'Universo". Naturalmente, alla parola "Dio" puoi dare il
significato che preferisci, come ad ogni altra parola. Se
vuoi dire che "Dio è energia", allora puoi trovare Dio in
un pezzo di carbone.
Se vogliamo che la parola Dio non divenga completamente
inutile, bisogna usarla nel modo in cui la gente la comprende
generalmente: per denotare un creatore soprannaturale che
sia in qualche modo appropriato venerare.
Molta deplorevole confusione è causata dalla incapacità di
distinguere tra la cosiddetta religione einsteiniana e la reli-
gione sovrannaturale. Einstein invocò a volte il nome di Dio (e
non è l'unico scienziato ateo a farlo), invitando al fraintendi-
mento. [...] Il drammatico (o fuorviante?) finale di Una Breve
Storia del Tempo di Stephen Hawking, "Perché allora noi do-
vremmo conoscere la mente di Dio", è notoriamente frainteso.
Ha portato le persone a credere erroneamente che Hawking
sia religioso. Una nota scienziata atea, Ursula Goodenough,
arriva a chiamare se stessa "naturalista religiosa". Questo è
sintomo di confusione del naturalismo con la religione. La
parola giusta dovrebbe essere "naturalista filosofico".
[...]
I pensieri e le emozioni umane emergono da connessioni
enormemente complesse di entità fisiche nel cervello. Un ateo,
nel senso di naturalista filosofico, è uno che crede che non ci
sia nulla oltre il mondo fisico, naturale; che non ci sia alcuna
intelligenza creativa sopra-naturale nascosta sotto l'universo
osservabile; nessuna anima che perdura al corpo; e nessun
miracolo ― tranne che nel senso di fenomeno naturale che
non comprendiamo ancora. Se c'è qualcosa che sembra giacere
oltre il mondo naturale, come oggi lo comprendiamo in modo
imperfetto, noi speriamo che alla fine lo comprenderemo e lo
faremo rientrare nel contesto del naturale. Quando decompo-
niamo un arcobaleno, esso non diventa meno meraviglioso.
[ Il seguente scritto di Einstein chiarisce la sua posizione: ]
Sono un non credente profondamente religioso. [...] Non
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ho mai imputato alla Natura uno scopo, o qualunque
cosa si possa intendere come antropomorfa. [...] L'idea di
un Dio dotato di una personalità mi è del tutto aliena ed
anzi mi appare persino sciocca.
[...]
L'unica cosa che i teisti compresero è che Einstein non era
uno di loro. Si indignava ripetutamente al suggerimento che
fosse un teista. Allora, era un deista, come Voltaire e Diderot?
O un panteista, come Spinoza, la cui filosofia ammirava? [...]
Ricordiamo la terminologia. Un teista crede in un'intelligen-
za sovrannaturale che, oltre al compito principale di aver crea-
to l'universo in primo luogo, è tuttora al lavoro per osservare
ed influenzare il successivo destino della sua creazione inizia-
le. In molti sistemi di credenze teistici, la divinità è intima-
mente coinvolta nelle vicende umane: risponde alle preghiere;
perdona o punisce i peccati; interviene nel mondo effettuando
miracoli; si duole o rallegra delle nostre buone e cattive azioni,
e sa quando le compiamo (e perfino quando pensiamo di com-
pierle). Un deista crede anch'egli in un'intelligenza sovranna-
turale, ma un'intelligenza le cui attività si limitarono a creare
le leggi che governano l'universo in tempi remoti. Il dio deista
non interviene mai da quel punto in poi, e certamente non ha
alcun interesse specifico nelle vicende umane. I panteisti non
credono affatto in un Dio sovrannaturale, ma usano la parola
Dio come sinonimo non-sovrannaturale della Natura, o del-
l'Universo, o delle leggi che ne governano il funzionamento. I
deisti differiscono dai teisti nel fatto che il loro Dio non ri-
sponde alle preghiere, non è interessato ai peccati o alle con-
fessioni, non legge i nostri pensieri e non interviene con ca-
pricciosi miracoli. I deisti differiscono dai panteisti nel fatto
che il Dio deista è un qualche tipo di intelligenza cosmica,
piuttosto che il sinonimo usato dai panteisti (poeticamente o
metaforicamente) per riferirsi alle leggi dell'universo. Il pan-
teismo è un ateismo con una punta di erotismo. Il deismo è
un teismo smorzato. C'è ragione di credere che le famose frasi
di Einstein come "Dio è sottile ma non malizioso" o "Dio non

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gioca a dadi" o "Dio ha avuto scelta nel creare l'Universo?" sia-
no panteistiche, e non deistiche, e certamente non teistiche.
"Dio non gioca a dadi" andrebbe tradotto con "la casualità non
fa parte delle leggi della fisica". "Dio ha avuto scelta nel creare
l'universo?" significa "Potrebbe l'universo avere avuto inizio in
qualunque altro modo?". Einstein usava la parola "Dio" in un
senso puramente metaforico, poetico. Lo stesso fa Stephen
Hawking. [..]
Riassumiamo la religiosità di Einstein citandolo ancora una
volta:
La religiosità è sentire che oltre ciò che possiamo speri-
mentare c'è qualcosa che la nostra mente non può affer-
rare, la cui bellezza ci appare solo indirettamente e come
un debole riflesso. In questo senso, io sono religioso.
In questo senso, anch'io sono religioso, con la riserva che
"non può afferrare" non significa "per sempre inafferrabile".
Ma preferisco non chiamare me stesso religioso perché è fuor-
viante. È distruttivamente fuorviante perché, per la stragran-
de maggioranza delle persone, "religione" implica "sovran-
naturale". Carl Sagan l'ha spiegato bene: "Se per Dio intendia-
mo l'insieme di leggi fisiche che governano l'universo, chiara-
mente Dio esiste. Questo Dio è però insoddisfacente dal
punto di vista emozionale... non ha molto senso pregare la
legge di gravità". [...] Vorrei che i fisici evitassero di usare la
parola Dio nel loro speciale senso metaforico. Il Dio metafori-
co o panteistico dei fisici è lontano anni luce dal Dio interven-
tista, dispensatore di miracoli, lettore del nostro pensiero,
punitore dei peccati, risponditore delle preghiere, che è pro-
prio della Bibbia, dei preti, dei mullah, dei rabbini, e del lin-
guaggio comune. Confondere deliberatamente questi due è,
a mio parere, un alto tradimento intellettuale.

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IL RISPETTO SPECIALE PER LE CREDENZE RELIGIOSE
(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Il titolo del mio libro, L'Illusione di Dio, non si riferisce al


Dio di Einstein e degli altri scienziati illuminati della sezione
precedente. [...] Nel resto del libro mi occuperò soltanto di
dèi sovrannaturali, il più familiare dei quali per la maggio-
ranza dei miei lettori sarà Yahweh, il Dio dell'Antico Testa-
mento. Verrò a lui tra un momento. Ma prima di terminare
questo capitolo introduttivo devo affrontare una questione
che altrimenti graverebbe sull'intero libro. E' una questione di
educazione. E' possibile che alcuni lettori si sentano offesi da
ciò che ho da dire, e che non trovino in queste pagine abba-
stanza rispetto verso le loro credenze (o per le credenze al-
trui). Sarebbe un peccato se questa offesa impedisse loro di
proseguire la lettura, quindi vorrei risolvere la questione sin
da ora.
C'è un'assunzione molto diffusa, accettata quasi da tutti nel-
la nostra società, compresi i non religiosi: l'assunzione che la
fede religiosa sia particolarmente vulnerabile alle offese e
vada protetta con un particolare muro di rispetto, un rispetto
diverso da quello che ogni essere umano è tenuto a riservare
agli altri esseri umani. Lo scrittore Douglas Adams lo spiegò
così bene, in un discorso improvvisato che tenne a Cambridge
poco prima di morire, che non mi stancherò mai di citare le
sue parole:
La religione... ha nel suo nucleo alcune idee che noi chia-
miamo sacre, o sante, il che significa semplicemente
"Questa è un'idea o una nozione di cui non è permesso
dire nulla di male; semplicemente non si può fare. E per-
ché? Perché no."
Se qualcuno vota per un partito politico con cui non
siete d'accordo, siete liberi di discutere quanto volete;
tutti sosterranno una posizione ma nessuno si sentirà of-
feso da questo. Se qualcuno pensa che le tasse debbano
salire o scendere, sei libero di dire la tua. Però se qual-

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cuno dice "Di domenica non bisogna premere l'inter-
ruttore della luce", tu dici "io lo rispetto".
Perché mai dovrebbe essere perfettamente legittimo
sostenere il partito laburista o il partito conservatore, i
repubblicani o i democratici, questo modello economico
o quell'altro, il Macintosh invece di Windows... però non
si può avere un'opinione su come è iniziato l'universo,
o su chi lo ha creato, in quanto "è un argomento sacro"?
Siamo abituati a non mettere in discussione le idee reli-
giose, ma è interessante il polverone che solleva Richard
ogni volta che lo fa! Tutti diventano assolutamente iste-
rici perché non è permesso dire queste cose. Eppure
quando ci pensi razionalmente non c'è motivo per cui
queste idee non debbano essere aperte al dibattito come
tutte le altre, tranne il fatto che abbiamo tutti acconsenti-
to che non lo siano.
Ecco un esempio del rispetto esagerato della nostra società
nei confronti della religione, un esempio importante. Per otte-
nere lo stato di obiettore di coscienza in tempo di guerra, la
motivazione più semplice è di gran lunga quella religiosa.
Puoi anche essere un brillante filosofo della morale, autore di
una tesi di dottorato pluripremiata che analizza i mali della
guerra, e, nonostante ciò, passerai sotto l'esame di un comitato
che metterà a dura prova la tua pretesa di essere obiettore di
coscienza. Però, se dici che uno dei tuoi parenti era quacche-
ro, supererai l'esame come niente fosse, non importa quanto
illetterato ed inarticolato tu sia nell'esporre la tua teoria del
pacifismo e nella conoscenza del quaccherismo stesso.
Cambiando completamente versante: noi abbiamo una vile
riluttanza ad usare nomi religiosi per indicare fazioni belli-
geranti. Nell'Irlanda del Nord, ci si riferisce ai cattolici e ai
protestanti eufemisticamente come a "nazionalisti" e "lealisti".
La parola stessa "religioni" viene trasformata in "comunità", ad
esempio nel termine "intercommunity warfare" [stato di guer-
ra tra le comunità]. In Iraq, in conseguenza dell'invasione an-
glo-americana del 2003, è nata una guerra civile tra musulma-
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ni sunniti e sciiti. È chiaramente un conflitto religioso, eppure
sull'Independent del 20 maggio 2006 il titolo principale e l'arti-
colo di fondo lo descrivevano entrambi come "pulizia etnica".
"Etnica" in questo contesto è un altro eufemismo. Quello che
avviene in Iraq è pulizia religiosa. L'uso originale del termine
viene dalla Yugoslavia ed è anche (seppur discutibilmente) un
eufemismo per la pulizia religiosa che coinvolgeva i serbi or-
todossi, i croati cattolici e i bosniaci musulmani.
Già in precedenza1 ho portato all'attenzione i privilegi della
religione nelle discussioni pubbliche di etica, nei media e
nel governo. Ogni volta che nasce una controversia sulla mo-
rale sessuale o riproduttiva, potete scommettere che i leader
religiosi di vari diversi gruppi di fede saranno rappresentati in
modo prominente in convegni influenti, o in dibattiti televisivi
o radiofonici. Non sto suggerendo che dovremmo censurare i
punti di vista di queste persone. Ma perché la nostra società
stende loro un tappeto rosso, come se avessero qualche com-
petenza comparabile a quella, che so, di un filosofo morale,
un avvocato di famiglia o un medico?
Ecco un altro strano esempio dei privilegi della religione. Il
21 febbraio 2006, la Corte Suprema degli Stati Uniti deliberò
che una chiesa nel New Mexico fosse esentata per legge dal di-
vieto, che tutti gli altri devono osservare, di assumere droghe
allucinogene. I fedeli del Centro Espirita Beneficente Uniao do
Vegetal credono che si possa comprendere Dio solo bevendo tè
hoasca, che contiene la droga illegale allucinogena chiamata di-
metiltriptamina. Notate che è sufficiente che essi credano che
la droga migliori la loro comprensione. Non devono produr-
re evidenza. Per contro, c'è moltissima evidenza scientifica
che la cannabis allevia la nausea ed il dolore dei malati di can-
cro che si sottopongono a chemioterapia. Eppure, la Corte Su-
prema ha deliberato, nel 2005, che tutti i pazienti che usano
cannabis a scopi medicinali sono soggetti a prosecuzione fede-
rale (anche in quella minoranza di Stati dove questo uso spe-
ciale è legalizzato). La religione, come sempre, è una carta vin-

1 “Dolly and the cloth heads”, Dawkins 2003.


17
cente. Immaginate i membri di una società di estimatori d'ar-
te che sostengano in tribunale di "credere" di aver bisogno
di una droga allucinogena per aumentare la loro compren-
sione dei dipinti impressionisti o surrealisti. Eppure, quando
una Chiesa dichiara un bisogno equivalente, incontra il favore
della corte più importante del Paese. È tale il potere della reli-
gione come talismano.
Diciassette anni fa, ero uno dei trentasei scrittori ed artisti in-
caricati dal New Statesman di scrivere in supporto di Salman
Rushdie, allora condannato a morte per aver scritto un roman-
zo. I leader cristiani e persino alcuni opinionisti laici espresse-
ro "vicinanza spirituale" ai musulmani "offesi" e "feriti"; ispira-
to da ciò, tracciai il seguente parallelo:
Se i sostenitori dell'apartheid fossero furbi, affermereb-
bero (senza mentire, per quanto ne so) che permettere
alle razze di mescolarsi è contro la loro religione. A quel
punto, una buona parte dell'opposizione si defilerebbe
rispettosamente.
E non serve obiettare che il paragone è scorretto perché
l'apartheid non ha giustificazione razionale. Il punto car-
dine della fede religiosa, in tutta la sua forza e gloria, è
che non richiede giustificazione razionale. A noialtri
viene chiesto di giustificare i nostri pregiudizi; ma
chiedete a una persona religiosa di giustificare la sua
fede ed infrangerete la sua "libertà religiosa".
Non sapevo che qualcosa di molto simile sarebbe avvenuto
nel ventunesimo secolo. Il Los Angeles Times (10 aprile 2006)
riportava che numerosi gruppi cristiani nei campus sparsi per
gli Stati Uniti stavano denunciando le loro università per aver
applicato leggi anti-discriminazione, tra cui la proibizione di
molestare o di commettere abusi su omosessuali. Come esem-
pio tipico, nel 2004 un tribunale conferì a James Nixon, un ra-
gazzo di dodici anni dell'Ohio, il diritto di indossare a scuola
una maglietta con impresse le parole "L'omosessualità è pec-
cato, l'Islam è una menzogna, l'aborto è omicidio. Alcune
questioni sono chiare e semplici!" [Fonte: Columbus Dispatch,
18
19 agosto 2005]. La scuola gli disse di non indossare la ma-
glietta, e i genitori del ragazzo denunciarono la scuola. I geni-
tori avrebbero potuto ragionevolmente basarsi sul Primo
Emendamento, che garantisce la libertà di espressione. Ma
non lo fecero; ed in verità non potevano, perché la libertà di
parola esclude la propaganda di odio. Ma basta dimostrare
che l'odio è religioso, e non viene più considerato odio. Così,
invece della libertà di espressione, gli avvocati dei Nixon si
appellarono al diritto costituzionale alla libertà di religione. La
loro causa vittoriosa fu sostenuta dalla Alliance Defense Fund of
Arizona [Fondo dell'Arizona per la Difesa dell'Alleanza], il cui
scopo è "supportare battaglie legali per la libertà religiosa".
Il reverendo Rick Scarborough, supportando l'onda di de-
nunce cristiane di questo tipo, finalizzata a consolidare la reli-
gione come giustificazione morale per discriminare gli omo-
sessuali ed altri gruppi, si riferisce a questa battaglia come la
battaglia per i diritti civili del ventunesimo secolo: "I cristiani
dovranno alzarsi e combattere per il diritto di essere cristiani".
Ancora una volta, se queste persone si alzassero a combattere
per il diritto di parola, si potrebbe anche con riluttanza sim-
patizzare con loro. Ma non è di questo che si tratta. La legaliz-
zazione della discriminazione degli omosessuali viene soste-
nuta come contro-denuncia alla discriminazione religiosa! E la
legge sembra rispettare tutto questo. Non puoi cavartela di-
cendo "se cerchi di impedirmi di insultare gli omosessuali vio-
li la mia libertà di pregiudizio". Ma puoi cavartela dicendo
"violi la mia libertà di religione". Quando ci rifletti, qual'è la
differenza? Ancora una volta, la religione trionfa su tutto.

POLITEISMO E TRINITÀ
(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Non è chiaro perché il passaggio da politeismo a monotei-


smo dovrebbe essere considerato un miglioramento auto-evi-
dente. Ma viene largamente considerato tale ― assunzione
che ha spinto Ibn Warraq (autore del libro "perché non sono
19
un musulmano") a congetturare che il monoteismo sia destina-
to a sua volta a sottrarre un ulteriore dio, divenendo ateismo.
L'enciclopedia cattolica liquida il politeismo e l'ateismo con la
stessa nonchalance:
"L'ateismo dogmatico formale si refuta da solo, e di fat-
to non ha mai conquistato il consenso ragionato di un
numero considerevole di persone. Né può il politeismo,
per quanto facilmente si impadronisca dell'immagina-
zione popolare, soddisfare la mente di un filosofo".
Fino a poco tempo fa, lo sciovinismo monoteista era scritto
nero su bianco nella legge di Inghilterra e Scozia, la quale
discriminava le religioni politeiste nel garantire l'esenzione
fiscale, mentre permetteva vita facile agli istituti caritatevoli
che hanno lo scopo di promuovere la religione monoteista, ri-
sparmiando loro le indagini rigorose che sono giustamente
richieste agli istituti caritatevoli laici. Io avevo l'ambizione di
persuadere un membro della rispettabile comunità Hindu bri-
tannica a farsi avanti e ad intentare un'azione civile contro
questa discriminazione contro il politeismo.
Molto meglio sarebbe, naturalmente, abbandonare del tutto
l'idea che la promozione della religione sia una base valida
per ottenere lo status di associazione caritatevole. Il benefi-
cio di questo alla società sarebbe grande, specialmente negli
Stati Uniti, dove la quantità di denaro esente da tasse che vie-
ne succhiata dalle chiese, e che finisce a lucidare le scarpe di
tele-evangelisti già fin troppo ricchi, raggiunge dei livelli che
si possono equamente chiamare osceni. Oral Roberts (mai
nome fu più appropriato) una volta disse al suo pubblico te-
levisivo che Dio li avrebbe uccisi se non gli avessero dato 8
milioni di dollari. Quasi incredibilmente, funzionò. Esenti
da tasse! Lo stesso Roberts va ancora fortissimo, così come l'u-
niversità a lui intitolata, la "Oral Roberts University", sita in
Tulsa, Oklahoma. I suoi edifici, del valore di $ 250 milioni, fu-
rono commissionati direttamente da Dio stesso, con queste pa-
role: "Solleva i tuoi studenti perché sentano la mia voce, e si
rechino dove la mia luce è debole, dove la mia voce si sente

20
poco, e dove la mia forza di guarigione non è nota, anche se
questo significa andare nei confini estremi della terra. Il loro
lavoro sarà più grave del tuo, e di questo Io sono
compiaciuto".
Ora che ci penso, il mio immaginario litigante Hindu proba-
bilmente avrebbe giocato la carta del "se non puoi batterli uni-
sciti a loro". Il suo politeismo non è davvero politeismo, ma
monoteismo travestito. Esiste solo un dio ― Brahma il creato-
re, Visnu il preservatore, Shiva il distruttore, la dea Saraswati,
Laxtmi e Parvati (mogli di Brahma, Vishnu e Shiva), Ganesh il
dio elefante, e centinaia di altri, sono soltanto differenti mani-
festazioni o incarnazioni di un unico Dio.
I cristiani dovrebbero scaldarsi di fronte a questa sofistica-
zione. Sono stati versati fiumi di inchiostro medioevale, per ta-
cere del sangue, sopra il "mistero" della Trinità, e per soppri-
mere le deviazioni come nel caso dell'eresia ariana. Ario di
Alessandria, nel quarto secolo AD, negò che Gesù fosse consu-
stanziale (cioè della stessa sostanza o essenza) con Dio. Che
cosa mai potrebbe significare questa cosa, vi state probabil-
mente chiedendo? Sostanza? Quale "sostanza"? Che cosa si in-
tende esattamente per "essenza"? "Molto poco", sembra l'unica
risposta ragionevole. Eppure la controversia ha diviso il Cri-
stianesimo a metà per un secolo, e l'imperatore Costantino or-
dinò di bruciare tutte le copie del libro di Ario. Dividere il cri-
stianesimo dividendo il capello ― questo è sempre stato il
modo di fare della teologia.
Abbiamo un solo Dio in tre parti, o tre dèi in uno? L'Enciclo-
pedia Cattolica chiarisce la cosa per noi, in un capolavoro di
ragionamento teologico:
Nell'unità della divinità ci sono tre persone, il padre, il
figlio e lo spirito Santo, queste tre persone essendo vera-
mente distinte l'una dall'altra. Così, nelle parole del
Credo Atanasiano: "Il Padre è Dio, il figlio è Dio, e lo
spirito Santo è Dio, e allo stesso tempo non ci sono tre
dei ma un solo Dio".
Come se questo non fosse abbastanza chiaro, l'enciclopedia
21
cita il teologo del terzo secolo San Gregorio, il Compitore di
Miracoli:
Quindi nella Trinità non c'è nulla di creato, niente che
sia soggetto a qualcos'altro: né c'è qualcosa che sia stato
aggiunto come se una volta non fosse esistito, ma fosse
entrato in seguito: quindi il Padre non è mai esistito sen-
za il Figlio, né il Figlio senza lo Spirito: e questa stessa
Trinità è immutabile ed inalterabile per sempre.
Quali che siano i miracoli che hanno accordato a San Grego-
rio il suo soprannome, non erano miracoli di lucidità. Le sue
parole esemplificano il caratteristico sapore oscurantista della
teologia, la quale ― diversamente dalla scienza o dalla mag-
gior parte dei rami del sapere umano ― non è progredita in 18
secoli. Thomas Jefferson aveva ragione (come spesso gli capi-
tava) quando disse
Il ridicolo è l'unica arma che si può usare contro le pro-
posizioni non intelligibili. Le idee devono essere chia-
re e ben definite prima che la ragione possa agire su di
esse; e nessun uomo ha mai avuto un'idea chiara della
Trinità. Sono semplicemente dei ciarlatani del montim-
banco che chiamano se stessi sacerdoti di Gesù.
L'altra cosa che non posso fare a meno di non notare è la si-
curezza ingiustificata con cui i religiosi fanno affermazioni
precise su minuscoli dettagli per cui essi non hanno, né po-
trebbero avere, alcuna evidenza. Forse è proprio il fatto che
non c'è evidenza in favore delle opinioni teologiche ad alimen-
tare la caratteristica ostilità draconiana verso quelli che la pen-
sano in modo leggermente diverso (specialmente, si dà il caso,
nel campo della trinità).
Jefferson, nella sua critica al calvinismo, mise in ridicolo la
dottrina secondo cui, per usare le sue parole, “esistono tre
dèi”. Ma è specialmente il ramo cattolico romano della cristia-
nità che spinge il suo ricorrente flirt con il politeismo verso un
estremo. Alla trinità si aggiunge Maria, "regina dei cieli", una
dea in ogni senso tranne che di nome, la quale sicuramente
viene subito dopo Dio in quanto a numero di preghiere rice-
22
vute. Il Pantheon si riempie inoltre di un esercito di santi, i cui
poteri di intercessione li rendono, se non semidei, ben merite-
voli di un loro argomento specialistico. Il Forum della comu-
nità cattolica elenca 5.120 santi, insieme alle loro aree di spe-
cializzazione, che comprendono dolori addominali, vittime
di abusi, anoressia, trafficanti di armi, costruttori di armi,
ossa rotte, tecnici delle bombe e disordini intestinali, e que-
sto solo fino alla lettera B. E non dobbiamo dimenticare i
quattro cori dell'Esercito Celeste, disposti in nove ordini: sera-
fini, cherubini, troni, domini, virtù, poteri, principalità, arcan-
geli (i capi di tutto l'Esercito), oltre ai semplici angeli tradizio-
nali, che comprendono i nostri amici più cari, i sempre attenti
angeli custodi. Ciò che mi impressiona della mitologia cattoli-
ca è in parte il kitsch e la mancanza di gusto, ma soprattutto la
beata disinvoltura con cui queste persone inventano i dettagli
strada facendo. E lo fanno senza vergogna.
Papa Giovanni Paolo II creò più santi di tutti i suoi predeces-
sori dei secoli passati messi insieme, e aveva una speciale affi-
nità con la vergine Maria. Le sue tendenze politeiste furono
dimostrate drammaticamente nel 1981 quando fu ferito da un
tentativo di assassinio a Roma, ed attribuì la sua sopravvi-
venza all'intervento della Nostra Signora di Fatima: "Una
mano materna ha guidato il proiettile". Uno non può evitare
di chiedersi perché non lo abbia guidato a mancare il bersa-
glio del tutto. Altri potrebbero pensare che bisognerebbe attri-
buire almeno un pochino del merito alla squadra di chirurghi
che lo ha operato per sei ore; ma forse anche le loro mani sono
state guidate da mano materna. Il punto rilevante, comunque,
è che nell'opinione del Papa non è stata semplicemente La
Nostra Signora a guidare il proiettile, ma specificamente la
Nostra Signora Di Fatima. Presumibilmente la nostra Signora
di Lourdes, la nostra signora di Guadalupe, la nostra Signora
di Medjugorie, la nostra Signora di Akita, la nostra Signora di
Zeitoun, la nostra Signora di Garabandal e la nostra Signora di
Knock erano impegnate in altre faccende in quel momento.
Come facevano i greci, i romani e i vichinghi a barcamenarsi
in questa confusione politeistica? Venere era solo un altro
23
nome di Afrodite, o erano solo due diverse dea dell'amore?
Thor con il suo martello era una manifestazione di Wotan, o
un dio separato? Ma chi se ne importa? La vita è troppo breve
per essere sprecata a distinguere tra un capriccio dell'immagi-
nazione ed altri. Ora che ho parlato del politeismo per riparar-
mi da un'accusa di negligenza, non dirò più altro su questo.
Per brevità mi riferirò a tutte le divinità, politeiste o monotei-
ste, semplicemente come "Dio". Sono anche consapevole che il
Dio di Abramo è (per usare un eufemismo) aggressivamente
maschio, ed adotterò anche questo come convenzione per usa-
re i pronomi. Teologi più sofisticati proclamano che Dio è pri-
vo di sesso, mentre alcuni teologi femministi cercano di rad-
drizzare delle ingiustizie storiche proclamandolo femmina.
Ma, dopotutto, che differenza c'è tra una femmina inesistente
e un maschio inesistente? Suppongo che, in questa surreale in-
tersezione di teologia e femminismo, l'esistenza sia un attribu-
to meno importante del sesso.
Sono consapevole che i critici della religione possono essere
criticati a loro volta perché non danno credito alla fertile di-
versità delle tradizioni e delle visioni del mondo che sono sta-
te chiamate religiose. Alcune opere antropologicamente infor-
mate, da "golden bough" di James Frazer a "religion explai-
ned" di Pascal Boyer a "in gods we trust" di Scott Atran, docu-
mentano in modo affascinante la bizzarra fenomenologia della
superstizione e del rituale. Leggete questi libri e meravigliate-
vi della ricchezza della credulità umana.
Ma questo libro seguirà un'altra strada. Io criticherò il so-
vrannaturalismo in tutte le sue forme, e il modo più efficace
di procedere sarà concentrarmi sulla forma che più probabil-
mente è familiare ai miei lettori ― la forma che ha un impatto
più minaccioso su tutte le nostre società. La maggior parte dei
miei lettori saranno stati marcati stretti da una delle tre "gran-
di" religioni monoteiste (quattro se contiamo il mormonismo),
le quali risalgono tutte al patriarca mitologico Abramo, e sarà
conveniente tenere in mente questa famiglia di tradizioni per
tutto il resto del libro.
Questo momento è buono come ogni altro per rispondere ad
24
una critica inevitabile che riceverà questo libro: "il Dio in cui
Dawkins non crede è un dio in cui non credo neanche io. Io
non credo in un vecchio con la barba bianca nel cielo". Quel
vecchio è una distrazione irrilevante e la sua barba è tanto lun-
ga quanto noiosa. Anzi, la distrazione è peggio che irrilevante.
La sua stessa stupidità è fatta apposta per distrarre l'attenzio-
ne dal fatto che ciò in cui l'interlocutore crede davvero non è
molto meno stupido. Lo so che non credete in un vecchio
uomo barbuto che siede su una nuvola; non perdiamo altro
tempo su questo. Io non sto attaccando alcuna versione parti-
colare di Dio o degli dei. Sto attaccando Dio, tutti gli dei, qua-
lunque cosa e tutto ciò che è soprannaturale, dovunque e
quandunque sia stato o sarà inventato.

LA POCHEZZA DELL'AGNOSTICISMO
(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Non c'è niente di male nell'essere agnostici quando non si


ha evidenza di una alternativa o l'altra. È la posizione ragio-
nevole. Carl Sagan fu orgoglioso di essere agnostico quando
gli fu chiesto se ci fosse vita da qualche altra parte nell'univer-
so. [..] L'agnosticismo, in una certa forma, è una posizione
appropriata per molte domande scientifiche come, ad esem-
pio, cosa abbia causato l'estinzione permiana, la più grande
estinzione di massa nella storia dei fossili. Potrebbe essere sta-
to un meteorite come quello che, con probabilità più grande
secondo l'evidenza attuale, causò la successiva estinzione dei
dinosauri. Ma potrebbe essere stata una qualunque causa tra
varie possibili, o anche una combinazione di cause. E' ragione-
vole essere agnostici circa queste due estinzioni di massa. Ma
che dire della domanda su Dio? Dovremmo essere agnostici
anche sull'esistenza di Dio? Molti hanno risposto con un sì de-
ciso [..]. Hanno ragione?
[ Molte persone, sia agnostiche sia religiose, affermano spes-
so che “non si può dimostrare che Dio non esiste”, e da que-
sto concludono che l'agnosticismo (o la loro particolare reli-
25
gione) è più ragionevole dell'ateismo. Ma il loro ragionamento
è fallace. ]
Un modo di esprimere il loro errore è in termini di “onere
della prova”, ed in questa forma è gradevolmente dimostrato
dalla parabola di Bertrand Russell della teiera celestiale.

Molte persone parlano come se fosse compito degli scet-


tici confutare i dogmi ricevuti piuttosto che compito dei
dogmatici dimostrarli. Questo è, naturalmente, un erro-
re. Se io suggerissi che tra la Terra e Marte c'è una teie-
ra cinese che ruota intorno al sole in orbita ellittica,
nessuno riuscirebbe a dimostrare che la mia afferma-
zione è falsa nel momento in cui io aggiungessi atten-
tamente che la teiera è troppo piccola per essere rivela-
ta dal nostro più potente telescopio. Ma se io poi pro-
seguissi dicendo che, visto che è impossibile dimostra-
re la falsità della mia affermazione, dubitare di essa è
una intollerabile presunzione da parte della ragione
umana, pensereste giustamente che io sia impazzito.
Se, però, l'esistenza di questa teiera viene proclamata in
antichi libri, ed insegnata ogni domenica come una veri-
tà sacra, ed inculcata nelle menti dei bambini a scuola, la
mia esitazione a credere nella sua esistenza diventa un
marchio di eccentricità, e consegna lo scettico alle atten-
zioni di uno psichiatra in un'era illuminista o di un in-
quisitore in un tempo precedente.
Noi non perdiamo tempo a dirlo perché nessuno, per quanto
ne so, venera le teiere2, ma, se fossimo pressati, non esiterem-
mo a dichiarare la nostra ferma convinzione che non esiste al-
cuna teiera orbitante. Eppure tecnicamente dovremmo essere
tutti agnostici della teiera: non possiamo dimostrare per cer-
to che non esiste alcuna teiera celestiale. Ma in pratica ci al-

2 Forse ho parlato troppo presto. L'Independent on Sunday del 5 giugno


2005 aveva il seguente articolo: "ufficiali della Malesia dicono che la
setta religiosa che costruì una teiera sacra grande come una casa ha
violato il piano regolatore". Vedere anche la notizia della BBC
all'indirizzo http://news.bbc.co.uk/2/hi/asia-pacific/4692039.stm.
26
lontaniamo dall'agnosticismo della teiera per avvicinarci all'a-
teierismo.
Un mio amico, che è stato cresciuto da ebreo ed osserva an-
cora il sabato ed altre usanze ebraiche in segno di lealtà verso
la sua stirpe, descrive se stesso come un “agnostico sulla fati-
na dei denti”. Egli considera Dio non più probabile della fati-
na dei denti3. Non puoi dimostrare falsa nessuna delle due
ipotesi, e sono entrambi ugualmente improbabili. Egli è un
ateo esattamente nella stessa grande misura in cui è un a-fata-
dei-denti. Ed è anche agnostico su entrambe le cose, nella stes-
sa piccola misura.
La teiera di Russell, naturalmente, rappresenta un infinito
numero di cose la cui esistenza è concepibile e non si può di-
mostrare falsa. Il grande avvocato americano Clarence Darrow
disse "Non credo in Dio come non credo nella cicogna che
porta i bambini". Il giornalista Andrew Mueller è dell'opinio-
ne che abbracciare qualunque religione particolare "non è più
strano che credere che il mondo sia a forma di rombo, e collo-
cato nel cosmo dalle pinze di due enormi aragoste verdi di
nome Esmeralda e Keith". Un favorito dai filosofi è l'invisibile,
intangibile, inudibile unicorno, l'inesistenza del quale alcuni
bambini cercano di dimostrare ogni anno a Camp Quest. Una
divinità attualmente popolare su Internet ― impossibile da di-
mostrare falsa tanto quanto Yahweh o ogni altra ― è il Mostro
Volante di Spaghetti che, molti dicono, li ha raggiunti per mez-
zo della sua sinuosa appendice. Noto con piacere che il Van-
gelo del Mostro Volante di Spaghetti è stato pubblicato in un
libro, con grande successo. Io personalmente non l'ho letto, ma
chi ha bisogno di leggere un Vangelo quando semplicemente
sai che è vero? A proposito, doveva succedere ― è accaduto
un grande scisma, che ha avuto come risultato la Chiesa rifor-
mata del Mostro Volante di Spaghetti.
Il punto di tutti questi esempi fuori di testa è che è impossi-
bile dimostrare che sono falsi, eppure nessuno pensa che l'i-
3 Gli anglosassoni hanno una tradizione per cui, se un bambino perde
un dente e lo mette sotto il cuscino, di notte una fata preleva il dente e
lo sostituisce con una moneta.
27
potesi della loro esistenza sia sullo stesso piano dell'ipotesi
della loro inesistenza. Il punto centrale di Russell è che l'o-
nere della prova spetta ai credenti, non ai non credenti. Il
mio argomento correlato è che le probabilità in favore dell'e-
sistenza della teiera (o mostro spaghetto, Esmeralda, unicor-
no) non sono uguali alle probabilità contro.
Il fatto che le teiere orbitanti e le fatine dei denti non si pos-
sano dimostrare falsi non viene sentito, da nessuna persona
ragionevole, come un fatto conclusivo di alcunché di interes-
sante. Nessuno di noi si sente in obbligo di dimostrare la falsi-
tà di milioni di cose strampalate che un'immaginazione fertile
può produrre. Ho scoperto che è divertente, quando mi chie-
dono se sono ateo, far notare all'interlocutore che anche lui è
ateo rispetto a Zeus, Apollo, Amon-Ra, Mitra, Baal, Thor,
Wotan, il Vello d'Oro o il Mostro Volante di Spaghetti. Io mi
spingo oltre solo di un Dio.
Tutti noi sentiamo di avere il diritto di esprimere estremo
scetticismo fino a liquidare completamente una certa cosa ―
se non fosse che oggigiorno non c'è bisogno di farlo, nel caso
degli unicorni, delle fate dei denti, e degli dei della Grecia,
Roma, Egitto e dei vichinghi. Nel caso del Dio di Abramo,
però, il bisogno di farlo c'è, perché una proporzione notevole
delle persone con cui condividiamo il pianeta credono ferma-
mente nella sua esistenza. La teiera di Russell dimostra che
l'ubiquità della fede in Dio, comparata con la fede nella teiera
celestiale, non sposta l'onere della prova in logica, sebbene
possa sembrare che lo sposti dal punto di vista pratico e politi-
co. Viene accettato come una cosa banale il fatto che non si
può provare l'inesistenza di Dio, se non altro perché non pos-
siamo mai provare assolutamente l'inesistenza di alcunché.
Ciò che conta non è se Dio si possa dimostrare falso (non si
può), ma se la sua esistenza sia probabile. Questa è tutta
un'altra faccenda. Alcune cose che non si possono dimostrare
false sono giudicate ragionevolmente molto meno probabili di
altre cose che non si possono dimostrare false. E certamente
non c'è motivo di supporre che, soltanto perché Dio non si
può né dimostrare né falsificare, la sua probabilità di esistere
28
sia 50%. È vero il contrario, come vedremo in capitoli successi-
vi.
[ Questa sezione è stata ridotta per non appesantire il discorso. Se
siete particolarmente interessati al tema, andate a pagina 335 per
leggere le parti omesse. ]

LA DISONESTÀ INTELLETTUALE CHE DIVIDE


(articolo di Sam Harris)

Pete Stark, un democratico della California, sembra essere il


primo parlamentare nella storia degli Stati Uniti ad ammet-
tere di non credere in Dio. È stato un atto di coraggio politico,
in un paese in cui l'83% della popolazione pensa che la Bibbia
sia la parola letterale o "ispirata" del creatore dell'universo.
Naturalmente, possiamo immaginare che i consiglieri di Ci-
cerone nel primo secolo A. C. abbiano passato brutti momenti
quando egli assimilò le storie tradizionali degli dei greco-ro-
mani ai "sogni dei pazzi" e alla "folle mitologia egiziana".
La mitologia è quel luogo dove vanno a morire tutti gli dei, e
sembra che Stark si sia assicurato un posto nella storia ameri-
cana semplicemente ammettendo che è giunto il momento di
scavare una fossa al Dio di Abramo ― quel geloso, genocida,
maniacale, auto-contraddittorio tiranno che si trova nella Bib-
bia e nel Corano. Stark è il primo dei nostri leader ad aver mo-
strato un livello di onestà intellettuale degno di un console
dell'antica Roma. Bravo.
La verità è che nessuno al mondo ha una buona ragione
per credere che Gesù sia resuscitato dalla morte o che Mao-
metto abbia parlato all'angelo Gabriele in una caverna. Ep-
pure miliardi di persone affermano di essere certe di queste
cose. Come risultato, alcune idee degne dell'età della pietra
riguardanti gli argomenti più disparati ― il sesso, la cosmo-
logia, l'eguaglianza tra i sessi, l'anima immortale, la fine del
mondo, la validità della profezia, eccetera ― continuano a
dividere il nostro mondo e a sovvertire il nostro dialogo tra

29
le nazioni. Molte di queste idee, per loro stessa natura, osta-
colano la scienza, infiammano il conflitto umano e dilapida-
no risorse già scarse.
Naturalmente, nessuna religione è monolitica. All'interno di
ogni fede le credenze delle persone si dispongono lungo un
vasto spettro. Immaginate dei cerchi concentrici di ragione-
volezza decrescente: al centro della sfera possiamo trovare i
credenti più genuini ― i musulmani jihadisti, per esempio, i
quali non solo supportano il terrorismo suicida ma sono i pri-
mi a trasformare se stessi in bombe; o i cristiani Dominionisti,
che invocano apertamente la pena di morte per i blasfemi e gli
omosessuali.
Al di fuori di questa sfera di maniaci, troviamo molti altri
milioni che condividono le loro idee ma non con lo stesso zelo.
Subito più fuori, incontriamo moltitudini di persone pie che
rispettano le credenze dei loro fratelli più deviati ma dissento-
no da loro su piccoli punti di dottrina ― naturalmente il mon-
do sta per finire nella Gloria e Gesù apparirà nel cielo come un
supereroe, ma non possiamo essere sicuri se avverrà nell'arco
della nostra vita o no.
Ancora più fuori, incontriamo religiosi moderati e liberali di
diverse tonalità ― persone che continuano a supportare lo
schema basilare che ha diviso il nostro mondo in cristiani, mu-
sulmani ed ebrei, ma che sono meno propensi a dichiarare di
essere certi di qualsiasi articolo di fede. Gesù è veramente il fi-
glio di Dio? Incontreremo veramente le nostre nonne in para-
diso? I moderati e i liberali non ne sono troppo sicuri.
Agli occhi di queste persone, quei colleghi che sono collocati
più verso il centro appaiono troppo rigidi, dogmatici e ostili al
dubbio; e quelli collocati più fuori appaiono loro come corrotti
dal peccato, dotati di volontà debole, o inosservanti.
Il problema è che, dovunque uno si collochi in questo
spettro continuo, inavvertitamente fornirà a quelli più fana-
tici di lui una protezione dalle critiche. I normali fondamen-
talisti cristiani, affermando con decisione che la Bibbia sia il
mondo perfetto di Dio, inavvertitamente favoriscono i Do-

30
minionisti ― milioni di uomini e donne che, a loro volta,
stanno silenziosamente trasformando il nostro paese in una
teocrazia totalitaria che ricorda la Ginevra di Giovanni Cal-
vino. I cristiani moderati, con il loro attaccamento alla divi-
nità di Gesù, proteggono la fede dei fondamentalisti dalla
pubblica derisione e stigmatizzazione. I cristiani liberali ―
che non sono sicuri di cosa credono ma semplicemente ama-
no l'esperienza di andare in chiesa di tanto in tanto ― pro-
teggono i moderati da un'adeguata collisione con la raziona-
lità scientifica. E in questo modo sono trascorsi secoli e secoli
senza che nella nostra società fosse fatta un'affermazione one-
sta su Dio.
Le persone di tutte le fedi ― e quelle senza alcuna fede ―
regolarmente cambiano in meglio la propria vita, per buone e
cattive ragioni. Eppure queste trasformazioni vengono rego-
larmente considerate come evidenza in favore di un particola-
re credo religioso. Il presidente Bush ha citato la propria di-
sintossicazione dall'alcol come evidenza per la divinità di
Gesù. Senza dubbio i cristiani si disintossicano di tanto in tan-
to ― ma lo fanno anche gli induisti (politeisti) e persino gli
atei. Ma allora, come può un essere pensante credere che la
sua esperienza di sobrietà avvalori l'idea che un essere supre-
mo stia osservando il nostro mondo e che Gesù sia suo figlio?
Senza dubbio molte persone fanno cose buone in nome
della loro fede; però ci sono ragioni migliori per aiutare i po-
veri, sfamare gli affamati e difendere i deboli, del credere
che un Amico Immaginario vuole che tu lo faccia. La compas-
sione è più profonda della religione. E lo è anche l'estasi misti-
ca. È il momento di mettere in chiaro che gli esseri umani
possono essere profondamente etici ― e persino spirituali
― senza fingere di sapere cose che non sanno.
Speriamo che il candore di Stark ispiri altri nostri parlamen-
tari ad ammettere i loro dubbi su Dio. Davvero, è il momento
di rompere in massa quest'incantesimo. Tutte le “grandi” reli-
gioni del mondo banalizzano completamente l'immensità e
la bellezza del Cosmo. Le affermazioni sul mondo e sugli
uomini fatte dalla Bibbia e dal Corano sono quasi tutte sba-
31
gliate. Ogni campo scientifico ― dalla cosmologia alla psico-
logia all'economia ― ha superato e abrogato la saggezza del-
le Scritture.
Qualunque cosa di valore possiamo trovare nella religione si
può ottenere anche in modo più onesto, senza fingere di sape-
re cose senza evidenza sufficiente. Il resto è solo auto-inganno
trasposto in musica.

COME LA FEDE DISTORCE IL SENSO DI MORALITÀ


(da "Lettera a una nazione cristiana" di Sam
Harris)

Considerate, ad esempio, il virus umano papilloma (HPV).


Tra le malattie sessualmente trasmesse, ormai HPV è la più
comune negli Stati Uniti. Questo virus infetta più della metà
della popolazione americana e causa la morte di quasi 5000
donne ogni anno per cancro cervicale; i Centri Per Il Controllo
Delle Malattie (CDC) stimano che ogni anno in tutto il mondo
muoiono più di 200.000 persone per questo motivo. Adesso
abbiamo un vaccino per l'HPV che sembra sia sicuro e funzio-
nante. Il vaccino ha prodotto il 100% dell'immunità nelle 6000
donne che lo hanno ricevuto in un esperimento clinico. Eppu-
re, i conservatori cristiani nel nostro governo si sono opposti
al programma di vaccinazione sostenendo che HPV è utile
ad impedire il sesso prematrimoniale. Queste persone pie
vogliono mantenere il cancro cervicale come incentivo all'a-
stinenza, anche se sacrifica le vite di migliaia di donne ogni
anno.
Uno degli effetti più perniciosi della religione è che tende
ad allontanare la moralità dalla realtà della sofferenza uma-
na ed animale. La religione induce le persone a pensare che
le loro preoccupazioni siano morali quando in realtà non lo
sono ― perché non hanno niente a che vedere con la sofferen-
za e la sua alleviazione. Anzi, la religione fa pensare le perso-
ne che le loro preoccupazioni siano morali quando in realtà
sono altamente immorali ― perché attuarle significa inflig-
32
gere sofferenze terribili e non necessarie su esseri umani in-
nocenti. Questo spiega perché i cristiani spendano più ener-
gia "morale" ad opporsi all'aborto piuttosto che a combattere
il genocidio. Spiega perché si preoccupino più degli embrio-
ni umani che della promessa di salvare vite che ci giunge
dalle cellule staminali embrionali. E spiega perché possano
predicare contro l'uso del preservativo nell'Africa subsaha-
riana quando milioni di persone lì muoiono ogni anno di
Aids.
Voi Cristiani credete che le vostre preoccupazioni religiose
sul sesso abbiano qualcosa a che fare con la moralità. Eppu-
re, i vostri sforzi di porre restrizioni al comportamento sessua-
le di adulti consenzienti ― e persino di scoraggiare i vostri
stessi figli dal fare sesso prima del matrimonio ― non sono
quasi mai finalizzati ad alleviare la sofferenza umana. In veri-
tà, alleviare la sofferenza sembra essere una delle ultime
cose nella vostra lista di priorità.

UN RISPETTO IMMERITATO
(da un discorso di Sam Harris per presentare il
suo libro “La fine della fede”)

Prendiamo la credenza cattolica che l'uso dei preservativi sia


in qualche modo immorale. Questa è un'idea genuinamente
assurda. Posso assicurarvi che tutta la potenza del cervello
umano è insufficiente a fornire una buona giustificazione di
essa. Ma applicate questa idea all'Africa subsahariana, dove
letteralmente milioni (circa 3 e mezzo o quattro) milioni di
persone muoiono ogni anno per il virus dell'Aids, e tutto ciò
che vedono sono ministri di culto cattolici che predicano lette-
ralmente che usare i preservativi è peccato... e questa è l'unica
fonte di informazione che hanno sull'uso dei preservativi...
beh, a me sembra che il tempo di rispettare credenze di que-
sto tipo sia passato da un pezzo. Questo è genocidio. Questa
è stupidità che causa genocidio. È una negligenza criminale
che noi non tollereremmo in nessun'altra istituzione. Eppure
33
il Vaticano non si può criticare come meriterebbe, perché è il
Vaticano, e c'è un tabù onnicomprensivo sul criticare la fede
religiosa.
Abbiamo tutti assimilato questa idea che dovremmo rispet-
tare le credenze religiose di altre persone. Il tuo vicino ha il
diritto di credere tutto ciò che vuole su Dio, e sulla struttura
morale di questo universo... ha il diritto di credere qualunque
cosa vuole su ciò che accade dopo la morte, e tu dovresti ri-
spettare queste credenze semplicemente perché lui le crede.
Ma quando mai, nelle normali conversazioni, noi seguiamo
questa regola? Quando mai vi è stato detto di rispettare, nelle
conversazioni, le credenze di un'altra persona riguardanti la
storia, o la geografia, o l'ingegneria, o la medicina? Noi non ri-
spettiamo ciecamente le credenze delle persone. Al contra-
rio, noi valutiamo le loro ragioni. Se le mie ragioni sono ab-
bastanza buone, sarà inevitabile che tu creda quello che cre-
do io. È questo che significa essere persone razionali: le ra-
gioni sono contagiose.
Se salissi su questo palco e dicessi che l'Olocausto non è
mai avvenuto, non sareste minimamente tenuti a rispettare
le mie credenze. E non rispettiamo le credenze della gente che
pensa che Elvis sia ancora vivo, e le persone che fanno tutti
quei folli pellegrinaggi a Graceland [la casa di Elvis Presley].
Queste persone non vengono invitate nei nostri comitati di di-
rezione. Non diventano presidi di un'università [qualcuno dal
pubblico mormora "presidenti degli Stati Uniti"]... Voglio dire,
va tutto benissimo, fino a che non sposti l'argomento su Dio,
nel qual caso tutte le scommesse saltano, tutto è concesso. In
questo caso, il cielo è l'unico limite. In questo caso, puoi esse-
re certo di qualcosa al 100%, pur avendo zero prove, zero evi-
denza. E sei addirittura rispettato per questo. Ed è tabù osare
una critica, orientare la conversazione verso una critica a que-
ste credenze.
Quindi, quello che io sto sostenendo, e che sostengo nel
mio libro, è che dovremmo divenire intolleranti nelle con-
versazioni che facciamo. Non voglio dire che abbiamo biso-
gno di nuove leggi. Non servono leggi contro la negazione
34
dell'Olocausto. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è uno
standard di onestà intellettuale, per cui le persone che so-
stengono di essere certe di una cosa che chiaramente non
possono sapere vengano pressati nelle conversazioni, messi
in difficoltà. Vedete, sarebbe tutto risolto. Se trattassimo tutti
coloro che parlano di Dio nell'aula del senato come se aves-
sero appena parlato di Poseidone... [il pubblico ride] ... voglio
dire, immaginate: abbiamo tutti questi uragani nel Golfo, e
immaginate che qualche senatore dicesse che in realtà dob-
biamo tutti pregare Poseidone, che dopotutto quella è la sua
giurisdizione, che l'oceano si sta riprendendo le nostre città.
Chiaramente questa sarebbe la fine della carriera politica di
quella persona. E guardate, non è che qualcuno abbia sco-
perto nel terzo secolo che il Dio biblico esiste e Poseidone
no: le due affermazioni hanno esattamente la stessa dignità
intellettuale.
Dal punto di vista biologico, la ricerca sulle cellule staminali
embrionali è una delle aree più promettenti di oggi, per pro-
durre terapie mediche. Ci sono letteralmente decine di milioni
di persone solo negli Stati Uniti che soffrono di diabete, danni
alla spina dorsale, Parkinson, [...]. La preoccupazione del pun-
to di vista religioso è che per fare questa ricerca dobbiamo di-
struggere embrioni umani che hanno tre giorni di vita. Ed il
dibattito etico, dal punto di vista religioso, si ferma qui. I re-
ligiosi semplicemente assumono che un embrione di tre gior-
ni possieda l'anima. [..] Non viene chiesto loro di entrare nei
dettagli. La fede pone fine alla discussione. E noialtri dob-
biamo rispettarli. Dobbiamo rispettare la proposizione di fede
che "la vita comincia con il concepimento" ― qualunque cosa
significhi.
Ma esaminiamo un attimo i dettagli. Forse vi suona spaven-
tosa l'idea di sacrificare embrioni umani. Ma un embrione
umano di tre giorni è un insieme di 150 cellule. Hanno la for-
ma di una sfera, non hanno il cervello, non hanno alcun tipo
di sistema nervoso. Forse il numero 150 vi dà l'impressione di
essere un bel po' di cellule. Ma ci sono 100.000 cellule nel cer-
vello di una mosca. Sapete, le mosche hanno il cervello, han-
35
no i neuroni, molto simili ai nostri. Se noi sappiamo qualcosa
della relazione tra la complessità fisica e la capacità di avere
un'esperienza [sensoriale], sappiamo che in questo mondo si
consuma più sofferenza ogni volta che schiacciamo una mo-
sca di quando uccidiamo un embrione di tre giorni. E non ha
senso dire che gli embrioni sono esseri umani potenziali. Dati i
progressi sull'ingegneria genetica, ogni cellula del corpo
umano che possiede un nucleo è un essere umano potenzia-
le, data la manipolazione giusta. Ogni volta che il presidente
si gratta il naso sta dando luogo ad un olocausto di esseri
umani potenziali. [il pubblico ride.] Oppure prendete l'idea
che ci siano anime in questi embrioni. Ebbene, gli embrioni in
questa fase si possono dividere in due. E allora che cosa suc-
cede? Un'anima diventa due anime? Inoltre due embrioni, in
una fase ancora successiva, si possono fondere in uno solo
chiamato chimera, dando luogo ad un individuo singolo. E al-
lora cosa abbiamo? Due anime che diventano una sola? Que-
sta aritmetica delle anime non ha senso. Ma a nessuno viene
mai richiesto di cercare di dare un senso a tutto ciò, perché la
fede viene considerata un argomento etico valido.
Dunque l'argomento del mio libro è che sono possibili due
casi: o hai delle buone ragioni per credere ciò che credi, oppu-
re non le hai. Se hai buone ragioni, la tua credenza fa parte del
panorama generale della razionalità scientifica, e quindi non
c'è bisogno della fede perché ciò che credi dia i suoi frutti. [..].
La religione è l'unica area della nostra vita dove non avere
ragioni, o avere ragioni che non stanno in piedi, è considera-
to una cosa buona e nobile. Anzi viene considerato ancor più
nobile se credi solo per fede, senza evidenza... è proprio
questo il messaggio della parabola di Tommaso che dubita-
va.

36
I MALI CAUSATI DALLA RELIGIONE MODERATA
(da un discorso di Sam Harris per presentare il
suo libro “La fine della fede”)

Nel mio libro io critico la religione moderata piuttosto seve-


ramente, e questa è tra le parti più controverse del libro. Vor-
rei brevemente elencare i miei argomenti in merito, perché
hanno suscitato qualche reazione sdegnosa.
La prima cosa da dire è che la religione moderata è meglio
del fondamentalismo. Non c'è dubbio su questo. I religiosi
moderati non fanno schiantare gli aeroplani negli edifici. I reli-
giosi moderati non organizzano le loro vite intorno all'apoca-
lisse, e questa è una cosa molto buona. Ma la religione mode-
rata ha dei veri problemi.

CRITICARE LA FEDE È TABÙ

Il primo problema è che dà copertura al fondamentalismo.


Perché il moderatismo religioso ha reso tabù criticare la
fede. I religiosi moderati vogliono che la fede sia rispettata.
Vogliono che l'intero processo di essere religiosi (essere
identificati come cristiani, musulmani, ebrei) sia rispettato.
Vogliono che sia impossibile mettere in discussione questo
processo, mettere in discussione la sostenibilità etica di cre-
scere un bambino convincendolo di essere cristiano anziché
qualcos'altro. E a causa della copertura di questo rispetto,
ora noialtri non possiamo più criticare neanche l'estremismo
religioso. Perché? Perché criticare la fede è tabù. Devi rispetta-
re la fede in quanto fede.

LE RELIGIONI NON SONO TUTTE UGUALI

Il secondo problema della religione moderata è che fa diven-


tare tabù il notare le differenze tra le religioni. È tabù osser-
vare che le diverse religioni non predicano la stessa cosa. Sa-
pete, le religioni non sono tutte ugualmente sagge, e, anche
quando insegnano la stessa cosa, non la insegnano tutte
ugualmente bene. Voglio dire, dove sono i buddisti tibetani
che si fanno esplodere? [il pubblico ride.]. Se riflettiamo per
37
un attimo che il tipo di violenza che vediamo nel mondo mu-
sulmano nasce dall'occupazione israeliana, e da tutte le nostre
disavventure in Iraq, eccetera, allora noi dovremmo vedere
buddisti tibetani che si fanno esplodere: i tibetani hanno su-
bito un'occupazione ugualmente brutale e molto più cinica
di qualunque occupazione che noi o gli inglesi o gli israelia-
ni abbiamo imposto al mondo musulmano. Circa un milione,
o 1.2 milioni di tibetani sono morti dall'inizio dell'occupazione
cinese. Dove sono le folle di tibetani nelle strade, che invocano
la morte dei cinesi combattenti? Dove sono i tibetani che si
fanno esplodere negli autobus cinesi durante i matrimoni, in
mezzo a folle di bambini, o davanti agli uffici della Croce Ros-
sa delle Nazioni Unite? Non sta succedendo. Non è probabile
che succeda. Non è che sia impossibile formare un culto di
morte usando i principi del buddhismo tibetano. Infatti, entro
certi limiti, il buddhismo zen ha nutrito la visione del mondo
dei piloti kamikaze durante la seconda guerra mondiale. Ma
devi sforzarti davvero molto per deformare i principi basila-
ri del buddhismo in questo tipo di orgia di violenza. Non
devi sforzarti tanto, invece, se sei musulmano. E sarebbe im-
possibile se tu fossi giainista. Sapete, i giainisti, questa religio-
ne che ha circa 10 milioni di fedeli, credo. Il centro stesso della
loro religione è la non violenza. Non importa quanto fanatico
tu sia, con la tua dottrina del Giainismo diventerai sempre
meno violento. I giainisti davvero religiosi si coprono la bocca
con un velo per non inalare e quindi uccidere un insetto. [...]
Ebbene, è tabù notare tutto questo. E specialmente è un tabù
tra i religiosi moderati. Persino i nostri religiosi fondamentali-
sti lo notano: Franklin Graham è là fuori che dice che l'Islam è
una religione malvagia. Loro notano la differenza tra le reli-
gioni: secondo loro tutti gli altri hanno la religione sbagliata.
Ma i religiosi moderati lo hanno reso un tabù.

NEGARE CHE LA FEDE SIA CAUSA DELLE STRAGI

Facciamo ora una digressione: noi non siamo in guerra con-


tro i fondamentalisti islamici. Non con Al-Qaeda, non con l'I-
slam estremista... siamo in guerra con la dottrina principale
38
["mainstream"] dell'Islam. La dottrina principale dell'Islam
contiene questa nozione di jihad. Contiene questo imperati-
vo: convertire, soggiogare o uccidere gli infedeli. Chiunque
dice che non è vero non ha letto il Corano, e non ha letto gli
Hadith. Oppure sta mentendo. Ed è un tabù notare questo.
Se avete dei dubbi su questo ― sono sicuro che ci siano ancora
persone in questa stanza che pensano “no no, non può essere
colpa della religione, è mancanza di opportunità economi-
che, è mancanza di opportunità di istruzione nel mondo mu-
sulmano” ― se avete dei dubbi su questo, considerate soltan-
to per un momento le biografie dei 19 uomini che si sono sve-
gliati l'11 settembre 2001 e hanno deciso di tagliare la gola dei
piloti e di far esplodere gli aerei sugli edifici. Queste persone
avevano preso la laurea in college, come minimo; alcuni ave-
vano anche un dottorato. Molti erano stati educati in Occi-
dente. Appartenevano alla classe media o a quella ricca. Non
so quanti ingegneri ed architetti debbano schiantarsi a 100 mi-
glia l'ora, per farci entrare in testa che questo non è semplice-
mente un problema di educazione o economia. Queste perso-
ne non si erano prese la briga di ribellarsi al cambio di regime
in medio oriente. Hanno invece speso un'enorme quantità di
tempo nella loro moschea ad Amburgo parlando dei piaceri
che aspettano gli assassini in paradiso e demonizzando la cul-
tura infedele. La circostanza in cui ci troviamo è molto più si-
nistra di quanto molti vogliano capire. Oggi è possibile essere
così istruiti da saper costruire una bomba atomica e allo stes-
so tempo pensare che otterrai 72 vergini in paradiso. La men-
te umana è così divisa in compartimenti stagni che questo è
possibile. Le nostre conversazioni sono così settoriali e parti-
zionate che le proposizioni religiose sono immuni alla pres-
sione critica. Del resto il 40% degli scienziati crede nel Dio bi-
blico. Questo non suggerisce che ci siano buone ragioni scien-
tifiche per credere nel Dio biblico. Suggerisce soltanto che il
40% degli scienziati non stanno facendo il loro mestiere. C'è
davvero un punto fondamentale da trarre qui. Quindi un pro-
blema della religione moderata è che i moderati sono accecati
dalla loro stessa moderazione. Un moderato non sa che cosa
39
significa essere sicuri del paradiso. Un moderato non sa che
cosa significa essere sicuri di Dio. Essere sicuri che il libro che
tieni a fianco al letto è il mondo perfetto del creatore dell'uni-
verso. E quindi, quando il moderato vede la jihad nella video-
camera, o vede gente che dice "noi amiamo la morte più di
quanto gli infedeli amino la vita" e poi si fa esplodere, è il mo-
derato che rimane a guardare stupefatto e dice "no, questa non
può essere la fede. È propaganda, o non so che cos'altro". Ma
non è così. È la religione.
Quindi sono proprio i discorsi dei religiosi moderati che
continuano a convincerci che la religione non è il problema;
che la violenza succederebbe in ogni caso. Che questi 19 in-
dividui avrebbero ucciso in ogni caso tante persone. Ma non
c'è evidenza per affermare questo.

LA POCHEZZA LOGICA DELLA RELIGIONE MODERATA

Un terzo problema della religione moderata è che è un falli-


mento intellettuale. In realtà rappresenta un uso della ragione
fondamentalmente privo di principi. Persino il credente più
fondamentalista parla di evidenza: se chiedi a un fondamen-
talista perché crede che Gesù fosse il figlio di Dio, o che la Bib-
bia sia il mondo perfetto di Dio, ecc., costui ti risponderà con
delle ragioni. Non sono buone ragioni, ma immediatamente
noterai che queste persone sono impegnate alla ricerca di evi-
denza... diranno cose come "il nuovo testamento conferma tut-
te le profezie del vecchio testamento", oppure "ogni singola
profezia della Bibbia si è avverata". Certo, sono argomenti che
non stanno in piedi... ma i moderati sono molto peggio. I mo-
derati non parlano di evidenza. I moderati parlano del signi-
ficato che la religione dà alla loro vita. Parlano degli effetti
positivi di credere come fanno loro. Ora, trasponete questo
tipo di argomentazione in un altro campo: sostituite Dio con
qualunque altra proposizione consolante, e rendetevi conto di
quale enorme non-sequitur sia questa risposta, per la domanda
"perché credi in Dio?". Prendiamo un esempio del mio libro:
immaginate che il vostro vicino creda di avere, sepolto nel suo
giardino, un diamante grande come un frigorifero. Gli chiede-
40
te perché, e lui risponde: "Ma non capisci? Questo diamante
dà alla mia vita un enorme significato", oppure "la mia fami-
glia va matta per le riunioni che facciamo in giardino cercando
di scavare per tirarlo fuori ogni domenica. E tu mi vuoi toglie-
re questa cosa?" [Il pubblico ride.]. Oppure immaginate che ri-
sponda "non vorrei vivere in un universo in cui non ci fosse
un diamante nel mio giardino grande quanto il mio frigorife-
ro". Per me è chiaro, immediatamente chiaro, che queste rispo-
ste sarebbero inadeguate. Profondamente inadeguate. Sono in
realtà le risposte di un pazzo. O di un idiota. [Il pubblico
ride.]. Eppure, prendete lo stesso identico ragionamento e
trasportatelo nel campo della religione, e vi accorgete che
queste risposte hanno immenso prestigio. Anzi, fino a che
non sostieni un qualche ragionamento di questo tipo, è im-
possibile per te essere eletto in una carica politica nel nostro
paese.

LA POCHEZZA TEOLOGICA DELLA RELIGIONE MODERATA

Un quarto problema della religione moderata è che è un fal-


limento anche teologico. Non è che leggendo i libri sacri sco-
priamo tutte queste ragioni per essere moderati. [..] Ho una
notizia per voi: io ho letto questi libri, e Dio non è affatto un
moderato. In questi libri, da nessuna parte Dio dice "quando
arrivi nel nuovo mondo e sviluppi i tre rami del governo e hai
una società civile allora puoi lasciare da parte tutta la barbarie
che ho raccomandato nei primi libri". [il pubblico ride.] Questi
libri in realtà sono un generatore di fondamentalismo, sono
macchine dell'intolleranza.
[..]
In realtà non è un caso che gente come San Tommaso D'A-
quino o Sant'Agostino, che ancora oggi sono insegnati come
le grandi luci della civiltà occidentale, dicessero nel caso mi-
gliore che gli eretici dovevano essere uccisi direttamente (nel
caso di Sant'Agostino dovevano anche essere torturati). L'ar-
gomento di Sant'Agostino per l'uso della tortura ha gettato le
basi per l'inquisizione. Questo non è un caso ed è perfettamen-

41
te ragionevole. Noi oggi abbiamo l'idea che l'aver bruciato
vivi gli eretici per cinque lunghi secoli in Europa sia stata
una specie di deriva della civiltà verso la psicopatologia.
Non è così. È perfettamente ragionevole fare queste cose, se
credi in quei libri. Se avete certe credenze, l'eretico della
porta accanto è molto più pericoloso del molestatore di bam-
bini della porta accanto. Gli eretici possono dire ai vostri
bambini cose che danneranno la loro anima per l'eternità. I
religiosi moderati perdono contatto col fatto che è possibile
credere tutto questo.

I MODERATI IMPEDISCONO LA CREAZIONE DI UNA SPIRITUALITÀ


MODERNA

E finalmente, l'ultimo problema è questo: il moderatismo re-


ligioso consiste semplicemente nel diminuire il rigore con
cui seguiamo le superstizioni e i tabù; nell'essere più permissi-
vo. Ma non mette in discussione l'idea stessa di entrare a far
parte di queste tradizioni. Non mette in discussione la legitti-
mità di venerare questi libri ed escludere qualunque altro li-
bro. Ma così facendo ci impedisce di sviluppare delle vere
alternative moderne, degne del ventunesimo secolo; ci impe-
disce di scatenare tutto il nostro potenziale creativo verso il
raggiungimento della felicità umana. [Vedi pagina 179 per
approfondimenti.]

I MODERATI NON HANNO MAI CONDANNATO L'IMMORALITÀ DELLA


BIBBIA

Esaminiamo ora questo legame tra religione e moralità, lega-


me che sentiamo sempre affermare nella nostra cultura, e che
accomuna la religione fondamentalista e quella moderata...
cioè questa idea che senza la religione andrebbe perduto
qualcosa di fondamentale per la nostra moralità. Quest'idea
è davvero discutibile, quando leggi i libri in questione. La ve-
rità è (parlando specificamente della Bibbia per un momento)
che neppure un ebreo ortodosso o un cristiano fondamentali-
sta può prendere Dio alla lettera, dato il sadismo dimostrato
da Dio in libri come Levitico, Deuteronomio, Esodo. Se doves-
42
si trarre la tua agenda e la tua morale da un libro come il Levi-
tico, al tuo confronto il talebano Mullah Omar sembrerebbe
come Franklin Delano Roosevelt. [il pubblico ride.]. La Bibbia
dipinge una visione della vita così inutilmente orribile, così
sovversiva del progetto stesso di creare una società sosteni-
bile dove la felicità umana sia anche lontanamente possibi-
le... che noi di fatto abbiamo modificato la Bibbia. Persino i
fondamentalisti l'hanno fatto. Ma il punto importante è che
nessuno dice mai che questi passaggi sono immorali. Ad
esempio l'idea che trovi una donna che non è vergine la not-
te del matrimonio e per questo la lapidi a morte; che lapidi
gli omosessuali a morte; che se i tuoi figli ti rispondono in
modo sgarbato tu li lapidi a morte; che se vai in una città e
vedi una persona che prega un dio straniero uccidi la sua fa-
miglia, uccidi i suoi figli, e tutte le persone della città. Guar-
date che queste non sono metafore. Non sono allegorie di
qualche travaglio spirituale interno. Queste sono direttive
esplicite ad uccidere delle persone per crimini teologici. E
nessuno dice mai che questo è immorale. I cristiani dicono
semplicemente che noi non dobbiamo più farlo perché Gesù
ci ha portato la dottrina della grazia. Beh, incidentalmente,
Gesù ha detto anche che ogni linea di quella legge deve es-
sere rispettata alla lettera, e per questo motivo gli inquisitori
del medioevo hanno avuto una giustificazione razionale per
applicare questo tipo di legge. Vi posso assicurare che San-
t'Agostino e San Tommaso D'Aquino avevano letto il sermo-
ne della montagna. Sono riusciti a conciliare l'insegnamento
di Gesù con il loro impulso di uccidere le persone per crimi-
ni di pensiero. [Vedere sezioni a pagina 68 e 185 per dettagli.]
Dal punto di vista del fondamentalismo, la Bibbia è il mi-
glior libro che abbiamo, il Corano è il miglior libro che abbia-
mo, e così via, perché sono stati letteralmente dettati dal crea-
tore dell'universo. Dal punto di vista del religioso moderato,
questo è ancora il miglior libro che abbiamo, solo che non si
sa chi l'ha scritto davvero ― comunque sicuramente è stato
scritto dalle persone più intelligenti che siano mai vissute. Se
davvero la Bibbia è il miglior libro che abbiamo in Occiden-
43
te per le questioni etiche, dovremmo praticare la schiavitù. Il
creatore dell'universo si aspettava chiaramente che noi te-
nessimo degli schiavi. Ci dice semplicemente di non picchiar-
li in modo così duro da far saltare loro i denti o cavar loro gli
occhi. Gesù stesso chiaramente si aspettava che avessimo degli
schiavi. Non criticò mai l'istituzione della schiavitù. Egli fa
analogie in cui compaiono gli schiavi. Paolo, in Tommaso I,
ammonisce gli schiavi di servire bene i loro padroni, e i loro
padroni cristiani particolarmente bene, così che possano otte-
nere una parte della loro santità. Gli abolizionisti erano asso-
lutamente dalla parte sbagliata del dibattito teologico. Se que-
sto è il libro più saggio che abbiamo, gli schiavisti del sud
avevano ragione. Dal punto di vista teologico erano dalla
parte del giusto. E questo è vero per tantissime altre questio-
ni. Se questo è il libro più saggio che abbiamo, dovremmo
picchiare i nostri figli con dei bastoni. Viene detto nei Pro-
verbi. Tra parentesi, i fondamentalisti nel nostro paese lo fan-
no davvero. Picchiano i bambini col bastone. Soltanto l'anno
scorso in Alabama 40.000 bambini furono picchiati nelle loro
scuole. È legale fare questo. Si tratta di un'iniziativa basata
sulla fede.

PERCHÉ SIAMO TUTTI RELATIVISTI

È importante capire che siamo noi a decidere che cosa è


buono e che cosa è cattivo in questi libri. Noi selezioniamo
arbitrariamente [cherry-pick] alcuni pezzi isolati di questi li-
bri, basandoci sulla nostra personale intuizione etica. Tutto
ciò che abbiamo per decidere in questioni etiche è la nostra
stessa intuizione etica, e le intuizioni etiche degli altri con cui
discutiamo.
[Per usare le parole di Richard Dawkins: “noi scegliamo tra
le Scritture le parti belle e scartiamo quelle brutte. Ma allora
dobbiamo avere qualche criterio indipendente per decidere
quali sono le parti morali e quali no: un criterio che, da do-
vunque provenga, non può venire dalla Scrittura stessa e
presumibilmente è disponibile a noi tutti, non importa se re-
ligiosi o meno.” Vedi pagina 62. ]
44
Quindi, in sostanza, possiamo decidere di fare una discus-
sione moderna e degna del ventunesimo secolo riguardo l'eti-
ca, oppure di fare una discussione da primo secolo dopo Cri-
sto, quale è preservata in questi libri.

OSTACOLARE I DISCORSI RAZIONALI

Ed il problema è che la fede è qualcosa che blocca la con-


versazione. Fino a che tu non devi fornire ragioni per ciò che
tu credi, ti sei completamente immunizzato dal potere della
conversazione umana. Si sentono persone religiose dire
"niente di ciò che tu possa dire mi farà cambiare idea". Im-
maginate solo se questa cosa venisse detta in medicina. Non
c'è niente che si può dire che ti farà cambiare idea. Non esiste
alcuna evidenza o argomento che si possa addurre. Questo di-
mostra che nelle tue credenze non stai prendendo in conside-
razione alcuno stato del mondo.
Il problema di questo è che, quando la posta in gioco è
alta, l'alternativa è tra la conversazione e la violenza. E, a li-
vello della società, abbiamo scelta tra il dialogo, la negoziazio-
ne e la guerra. La disponibilità a prendere in considerazione
nuova evidenza, nuovi argomenti, è l'unica cosa che garanti-
sce che la collaborazione umana abbia una possibilità di
sbocco. Solo questa disponibilità garantisce ciò. La religione è
l'unica area del discorso in cui abbiamo fatto un feticcio di
una tendenza mentale completamente opposta.
E questo conduce a due tipi di violenza, due tipi di conflitto.
Prima di tutto c'è da dire che ci sono altre fonti per i conflitti
umani. Ci sarebbero guerre senza la religione. C'è il tribali-
smo, il nazionalismo, il razzismo, la rivalità etnica... ma non
c'è alcun tipo di mentalità "noi contro di loro" che veramente
faccia divenire la differenza tra i gruppi etnici una questione
trascendentale. In questo caso la differenza tra te e il tuo pros-
simo non è semplicemente il colore della pelle, non è solo la
lingua, non è solo la politica, non è solo che vuoi qualcosa che
appartiene a lui... la differenza è che questo significa qualcosa
per l'eternità. E quindi ciò che abbiamo sono popolazioni che

45
organizzano la loro identità morale intorno all'affiliazione reli-
giosa, indipendentemente dal fatto che si interessino davvero
di dettagli teologici. È questo conduce al conflitto. Quando
una società è in un momento difficile, continuamente vediamo
società che si spaccano lungo linee religiose: è successo in Ir-
landa, Bosnia... non è che gli irlandesi stessero combattendo
sulla dottrina della transustanziazione. Ma le loro identità, le
loro identità morali centrali, erano costruite intorno all'appar-
tenenza religiosa.
Poi c'è l'altro tipo di violenza religiosa, che è esplicitamente
teologica. È quando ci sono persone che uccidono altre perso-
ne letteralmente perché credono che il creatore dell'universo
vuole che noi lo facciamo, e pensano che ci sarà un premio per
loro per averlo fatto. L'esempio principale di questo è ciò che
vediamo ogni giorno nella prima pagina dei giornali. La jihad.
Quindi, una tesi del mio libro è che, a meno che non met-
tiamo in discussione il dogma della fede, a meno che non
mettiamo in discussione l'idea che delle credenze si possano
santificare in qualche modo diverso dall'evidenza e dagli ar-
gomenti, non elimineremo mai la violenza religiosa, perché
non estirperemo mai la sua radice profonda.

SCIENZA E RELIGIONE NON SONO INDIPENDENTI


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

[ Il noto biologo evoluzionista di Harvard, Stephen Jay


Gould disse: ]
Parlo per tutti i miei colleghi e per la milionesima volta
[..]: la scienza semplicemente non può (mediante i suoi
metodi legittimi) pronunciarsi sulla possibile sovrinten-
denza di Dio sulla natura. Noi non la affermiamo né la
neghiamo; semplicemente non possiamo commentare su
di essa come scienziati.
A parte il tono arrogante, quasi intimidatorio, dell'afferma-
zione di Gould, quale sarebbe esattamente la sua giustificazio-

46
ne? Perché mai non dovremmo commentare su Dio, come
scienziati? E perché la teiera di Russell, o il Mostro Volante
di Spaghetti, non sono ugualmente immuni dallo scettici-
smo scientifico? Come sosterrò tra poco, un universo dotato
di un sovrintendente creativo sarebbe un universo molto di-
verso da uno senza. Perché mai questo non sarebbe una que-
stione scientifica?
Gould sfoggiò la sua arte di ritrarsi all'indietro fino ad assu-
mere posizione completamente supina in uno dei suoi libri
meno ammirati, Rocks of Ages. In quel libro coniò l'acronimo
NOMA, che sta per “magisteri non sovrapposti” [non-over-
lapping magisteria]:
Il dominio, o magistero, della scienza copre il reame em-
pirico: di cosa è fatto l'universo (fatto) e perché funziona
in questo modo (teoria). Il magistero della religione si
estende sopra le domande dei significati ultimi e del va-
lore morale. Questi due magisteri non si sovrappongono
[..] La scienza studia come va il cielo, la religione come
andare in cielo.
Questo discorso fa uno splendido effetto ― fino a che non ci
rifletti un attimo. Quali sarebbero queste domande ultime
sulle quali la religione è ospite gradito e la scienza deve ri-
spettosamente farsi da parte?
Martin Rees, noto astronomo di Cambridge che ho già men-
zionato, inizia il suo libro “Il nostro habitat cosmico” ponendo
due candidati allo stato di "domanda ultima" e dando ad esse
una risposta di tipo NOMA:
Il mistero principale è perché esista qualche cosa in pri-
mo luogo. Cosa infonde vita alle equazioni, e cosa le ha
concretizzate in un cosmo reale? Tali domande giaccio-
no oltre la portata della scienza, comunque: sono il rea-
me dei filosofi e teologi.
Io preferirei dire che, se davvero queste domande giacciono
oltre la portata della scienza, allora senza ombra di dubbio
giacciono anche oltre la portata della teologia (e dubito che i
filosofi ringrazierebbero Martin Rees per averli accomunati ai
47
teologi). Sarei tentato di andare oltre e chiedermi in quale
campo i teologi possano mai essere considerati competenti.
Ricordo ancora con divertimento l'osservazione di un ex diri-
gente del mio college di Oxford. Un giovane teologo aveva
fatto domanda per un posto di ricerca, e la sua tesi di dottora-
to sulla teologia cristiana ispirò il dirigente a dire "ho seri dub-
bi persino se questa sia una materia".
Quale contributo o competenza possono portare i teologi
alle domande cosmologiche profonde, che gli scienziati non
possano portare? In un altro libro ho riportato le parole di un
astronomo di Oxford che, quando gli posi le stesse domande
profonde, rispose: "Ah, adesso ci muoviamo oltre il reame del-
la scienza. A questo punto devo farmi da parte e lasciare la pa-
rola al nostro buon amico, il cappellano". Non ebbi la prontez-
za di spirito di rispondere: "Ma perché proprio il cappellano?
Perché non il giardiniere o lo chef?". Perché gli scienziati
sono così timidamente rispettosi verso le ambizioni dei teolo-
gi, su domande che i teologi certamente non sono più quali-
ficati ad affrontare degli scienziati stessi?
C'è un cliché irritante (e, diversamente da molti cliché, non
è neppure vero) che afferma che la scienza si occupa delle
domande sui come, ma solo la teologia abbia gli strumenti
per rispondere alle domande sui perché. Ma che cosa è mai
una domanda sul perché? Non tutte le frasi che cominciano
con la parola perché sono domande legittime. Perché gli uni-
corni sono vuoti? Alcune domande semplicemente non meri-
tano risposta. Di che colore è l'astrazione? Qual è l'odore della
speranza? Il fatto che io possa costruire una frase sintattica-
mente corretta non le conferisce automaticamente un signifi-
cato, né la rende degna della nostra attenzione. Ed anche
quando la domanda è una domanda vera, il fatto che la scien-
za non possa rispondere non implica in nessun modo che la
religione possa.
Forse esiste qualche domanda davvero profonda e dotata di
significato che giace per sempre oltre le possibilità della scien-
za. Forse la teoria quantistica sta già bussando alla porta del-
l'incomprensibile. Ma se la scienza non può rispondere a
48
qualche domanda ultima, cosa fa pensare a qualcuno che la
religione possa? Io sospetto che né l'astronomo di Cambridge
né quello di Oxford credessero veramente che i teologi avesse-
ro qualche capacità che permetta loro di rispondere a doman-
de che sono troppo profonde per la scienza. Sospetto che en-
trambi gli astronomi si stessero, ancora una volta, inchinando
in segno di educazione: i teologi non hanno niente di significa-
tivo da dire su nessun'altra cosa; lasciamo loro questo giocat-
tolo e lasciamo che si preoccupino su un paio di domande a
cui nessuno può rispondere e forse nessuno risponderà mai.
Diversamente dai miei amici astronomi, io non credo che do-
vremmo lasciar loro il giocattolo. Devo ancora sentire una
buona ragione per supporre che la teologia (anziché la lettera-
tura, la storia biblica, eccetera) sia una materia in primo luogo.
In modo simile, possiamo essere tutti d'accordo che il diritto
della scienza di darci consigli sui valori morali sia problemati-
co, a dir poco. Ma davvero Gould vuole cedere alla religione
il diritto di dirci cosa è bene e cosa è male? Il fatto che essa
non abbia nient'altro da contribuire alla conoscenza umana
non è un motivo di concedere gratuitamente alla religione il
diritto di dirci cosa fare. Quale religione, tra l'altro? Quella in
cui ti trovi casualmente ad essere stato cresciuto? Ed allora, a
quale capitolo, di quale libro della Bibbia dovremmo guardare
― perché sono tutt'altro che unanimi, ed alcuni di essi sono
odiosi secondo qualunque standard ragionevole. Quante per-
sone, tra quelle che sostengono l'interpretazione letterale
della Bibbia, l'hanno letta abbastanza da sapere che essa
prescrive la pena di morte per l'adulterio, per raccogliere ba-
stoncini di legno di sabato e per rivolgersi sgarbatamente ai
genitori? E se rifiutiamo il Deuteronomio e il Levitico (come
fanno tutte le persone moderne illuministe), con che criterio
decidiamo quali valori morali religiosi accettare? O forse
dovremmo scegliere a nostro piacimento tra tutte le reli-
gioni del mondo finché non ne troviamo una la cui mora-
le ci soddisfa? Se è così, di nuovo dobbiamo chiedere:
con che criterio scegliamo? E se abbiamo dei criteri indi-

49
pendenti per scegliere quale tra le varie religioni è più
morale, perché non scavalcare completamente l'inter-
mediario e seguire direttamente quella morale, senza
abbracciare alcuna religione? Tornerò su questa questio-
ne nel capitolo 7.
[......]

LE RELIGIONI FANNO AFFERMAZIONI SCIENTIFICHE SULL'UNIVERSO

Richard Swinburne, uno dei teologi più importanti della


Gran Bretagna, afferma: [..]
Dio può certo far muovere i pianeti nel modo sco-
perto da Keplero... ma può anche farli muovere in
modi completamente diversi. [..]
Dio non è limitato dalle leggi della natura; egli le crea
e le può cambiare e sospendere ― se ne ha voglia.
C'è qualcosa che non va, non vi pare? Qualunque cosa sia,
questa posizione è molto lontana dalla NOMA. E qualunque
altra cosa possano dire, quelli scienziati che abbracciano la
scuola di pensiero dei "magisteri separati" dovrebbero ammet-
tere che un universo con un creatore intelligente in modo so-
vrannaturale è molto diverso da un universo senza. La diffe-
renza tra i due universi ipotetici non potrebbe essere più fon-
damentale in linea di principio, anche se non è così facile da
testare in pratica. E mina alle fondamenta l'idea seducente e
un po' vile che la scienza debba stare completamente zitta sul
motivo principale di esistenza della religione. La presenza o
l'assenza di una superintelligenza creativa è inequivocabil-
mente una domanda scientifica, anche se non ha in pratica ―
o non ancora ― una risposta. E lo è anche la verità o la falsità
di ogni storia di miracoli su cui le religioni fanno leva per im-
pressionare moltitudini di fedeli.
Gesù ha avuto un padre umano, o sua madre era vergine
nel momento della nascita? Sebbene possa non esserci evi-
denza per rispondere a questa domanda, essa è strettamente
una domanda scientifica, per cui esiste una risposta ben pre-
50
cisa: sì o no. O è vero o è falso. Gesù ha risuscitato o no Laz-
zaro dalla morte? Lui stesso è o no resuscitato, tre giorni dopo
essere stato crocifisso? Ad ognuna di queste domande esiste
una risposta, indipendentemente dal fatto che noi riusciamo a
scoprirla, ed è strettamente una domanda scientifica. I meto-
di che noi useremmo per rispondere alla domanda, nel caso
improbabile che venissimo in possesso di evidenza rilevan-
te, sarebbero metodi puramente ed interamente scientifici.
Per drammatizzare questo punto, immaginate che, per qual-
che straordinaria circostanza, qualche archeologo disseppellis-
se evidenza sul DNA che mostrasse che davvero Gesù non ha
avuto un padre biologico. Riuscite ad immaginare i difensori
della religione che stringono le spalle e dicono "chi se ne im-
porta? L'evidenza scientifica è completamente irrilevante nelle
questioni teologiche. Magistero sbagliato! A noi interessano
solo le domande ultime e con valori morali. Nè il DNA né al-
cuna altra evidenza scientifica potrebbe mai avere importanza
in questa questione, in un modo o nell'altro".
L'idea stessa è ridicola. Potete scommettere le vostre mutan-
de che, semmai venisse alla luce una tale evidenza scientifi-
ca, i religiosi se ne impadronirebbero sbandierandola ai
quattro venti. NOMA è un'idea popolare soltanto perché
non c'è evidenza per avvalorare l'ipotesi di Dio. Nel momen-
to in cui comparisse il più piccolo accenno a qualunque evi-
denza in favore delle credenze religiose, i difensori della reli-
gione non perderebbero tempo a gettare NOMA fuori dalla fi-
nestra. A parte i teologi sofisticati (ed anche loro sono lieti di
raccontare storie di miracoli alle persone ingenue per far cre-
scere le comunità), sospetto che i presunti miracoli forniscano
per molti credenti la ragione più forte per avere fede; ed i mi-
racoli, per definizione, violano i principi della scienza.
La Chiesa cattolica romana da una parte sembra qualche
volta sostenere NOMA, ma, dall'altra parte, considera essen-
ziale per diventare santi l'aver compiuto dei miracoli. Il defun-
to re del Belgio è candidato a diventare santo a causa della sua
posizione sull'aborto. Adesso sono in corso delle attente in-
vestigazioni per scoprire se le preghiere che sono state rivolte
51
a lui dopo la sua morte abbiano prodotto delle guarigioni mi-
racolose. Non sto scherzando. È proprio così, ed è una cosa ti-
pica delle storie dei santi. [..]
Gould, se si trovasse di fronte alle storie sui miracoli, presu-
mibilmente risponderebbe su queste linee. NOMA deve vale-
re in entrambe le direzioni. Nel momento in cui la religione
entra nel campo della scienza ed inizia ad avere a che fare con
il mondo reale per quanto riguarda i miracoli, smette di essere
una religione nel senso che Gould sta difendendo, e l'amiche-
vole concordia è spezzata. Notate però che la religione di
Gould, religione priva di miracoli, non piacerebbe ai teisti
[...] ma, al contrario, sarebbe per loro un grande disappunto.
[..] A che cosa serve un Dio che non fa miracoli e non rispon-
de alle preghiere? Ricordate l'intelligente definizione del ver-
bo "pregare" data da Ambrose Bierce: "chiedere che le leggi
dell'universo vengano annullate a favore di un singolo richie-
dente che, a suo stesso dire, non è degno di ciò". Esistono degli
atleti che chiedono a Dio di aiutarli a vincere ― contro avver-
sari che, sembrerebbe, non sono o meno degni del suo favori-
tismo. Questo stile di teismo è popolare in modo imbaraz-
zante, ed è improbabile che sia impressionato da una cosa (su-
perficialmente) ragionevole come NOMA.
Ciononostante, seguiamo Gould e riduciamo la nostra reli-
gione ad un minimo assoluto non interventista: niente miraco-
li, niente comunicazione personale tra Dio e noi in alcuna dire-
zione, niente alterazioni delle leggi della fisica, nessuno scon-
finamento nel campo della scienza. Al massimo, un piccolo in-
put deista circa le condizioni iniziali dell'universo [...] Suggeri-
sco che anche in questo caso l'ipotesi di Dio sia un'ipotesi
scientifica. [...]
[Torneremo su questo argomento nel capitolo 4.]

SENZA DIO PUÒ ESISTERE LA MORALITÀ?


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

“Se Dio non esiste, perché essere buoni?”


52
Questa domanda, posta così, suona davvero ignobile. Quan-
do una persona religiosa me la pone così (e molti lo fanno), la
mia tentazione immediata è di rispondere: "Davvero tu stai
affermando che l'unica ragione per cui cerchi di essere buo-
no è ottenere l'approvazione ed il premio di Dio, o evitare la
sua disapprovazione o punizione? Questa non è moralità, è
soltanto lecchinaggio, è una vile adulazione di potenti, è un
agire per timore di una grande telecamera nel cielo, o di un
piccolo dispositivo di sorveglianza installato nel tuo cervello,
che tiene d'occhio ogni tuo spostamento e persino i tuoi pen-
sieri". Come disse Einstein, “Se davvero le persone sono buo-
ne soltanto perché temono una punizione o sperano in un pre-
mio, allora c'è davvero poca speranza per l'umanità”. Michael
Shermer, ne La Scienza del Bene e del Male, pronuncia su questo
la parola definitiva: se tu sei capace di affermare che, in as-
senza di Dio, “commetteresti furti, stupri ed omicidi”, allora
tu mostri di essere una persona immorale, “e noi tutti farem-
mo bene a stare alla larga da te il più possibile”. Se, al con-
trario, ammetti che continueresti a comportarti in modo retto
anche senza sorveglianza divina, hai demolito la tua stessa
affermazione che Dio sia necessario per essere una persona
retta. Io sospetto che molte persone pensino che sia la religio-
ne che li motiva ad essere buoni, specialmente se appartengo-
no a una di quelle confessioni religiose che sfruttano sistemati-
camente il senso di colpa delle persone.
[.....]
Abbiamo davvero bisogno di un sorvegliante ― che sia Dio
o chiunque altro ― per impedirci di comportarci in modo
egoistico e criminale? [..] Per indebolire la tua sicurezza, ascol-
ta con disillusione l'esperienza di Steven Pinker dello sciopero
della polizia a Montreal nel 1969, che egli descrive nel suo li-
bro “Tabula Rasa”:
[...] Alle 11:20 fu rapinata la prima banca. A mezzogior-
no la maggior parte dei negozi aveva chiuso per sac-
cheggio. Entro qualche ora, i tassisti avevano bruciato il
garage di un servizio di limousine che faceva loro con-

53
correnza per i clienti dell'aeroporto; un cecchino da un
tetto aveva ucciso un ufficiale di polizia; dei rissosi ave-
vano fatto irruzione in molti hotel e ristoranti, ed un
dottore aveva ucciso un ladro entratogli in casa. Alla
fine della giornata, erano state rapinate sei banche, sac-
cheggiati un centinaio di negozi, appiccati dodici incen-
di, rotte tante vetrine di negozi da riempire 40 camion, e
tre milioni di dollari di danni complessivi erano stati in-
flitti, prima che le autorità cittadine fossero costrette a
chiamare l'esercito [...]
Può darsi anche che sia troppo ottimista credere che la gente
resterebbe buona senza la sorveglianza di Dio. D'altra parte, la
maggior parte della popolazione di Montreal presumibil-
mente credeva in Dio. Come mai il timore di Dio non li ha
tenuti a bada quando i poliziotti terrestri erano temporanea-
mente assenti? La vicenda di Montreal non è forse un ottimo
esperimento naturale per verificare l'ipotesi che credere in
Dio ci rende buoni? Oppure aveva ragione il cinico H. L.
Mecken quando diceva: 'La gente dice che c'è bisogno di Dio
quando in realtà intende che c'è bisogno di polizia'?
Naturalmente, non tutti a Montreal si comportatono male
[...]. Sarebbe interessante sapere se c'è una tendenza statistica
[...] per i credenti a saccheggiare e distruggere più o meno dei
non credenti. [..] Sono propenso a sospettare, con qualche pro-
va [..], che ci sono molti pochi atei in prigione. [..] Un'altra
possibilità è che l'ateismo sia correlato a qualche altro fattore,
come un'istruzione migliore, una maggiore intelligenza o ten-
denza a riflettere, che potrebbe contrastare gli impulsi crimi-
nali. [..]
[....]
La maggior parte delle persone riflessive sarebbe d'accordo
che una moralità in assenza di un controllore sia in qualche
modo più morale di quella falsa moralità che scompare non
appena la polizia si assenta o la telecamera di sorveglianza
viene spenta [...] Ma forse non è del tutto equo interpretare in
modo così cinico la domanda 'se Dio non esiste, perché essere

54
buoni?'. Un pensatore religioso potrebbe offrire un'interpreta-
zione più genuinamente morale, nel modo che segue.
Se non credi in Dio, allora non credi che esista alcuno
standard assoluto di moralità. A questo punto tu puoi
anche avere tutta la buona volontà del mondo a compor-
tarti bene, ma come decidi cosa è bene e cosa è male?
Solo la religione, alla fine, può fornire uno standard di
cosa è bene e cosa è male. Senza la religione, lo standard
devi costruirtelo tu strada facendo. Questa sarebbe una
moralità senza regole: una moralità che non starebbe in
piedi perché si poggia su sé stessa. Se la moralità è sol-
tanto una questione di scelta, Hilter potrebbe affermare
di essere morale secondo gli standard eugenetici che si è
dato lui stesso, e tutto ciò che gli atei possono fare è
compiere la scelta personale di vivere in modo diverso
da lui. Invece i cristiani, gli ebrei e i musulmani possono
affermare che il male ha un significato assoluto, vero in
tutti i tempi e in tutti i luoghi, secondo cui Hitler era as-
solutamente malvagio.
Anche se fosse vero che abbiamo bisogno di Dio per essere
morali, ciò non renderebbe più probabile l'esistenza di Dio,
ma solo più desiderabile (molte persone non capiscono la dif-
ferenza). Ma ora non è questo il punto. Questo immaginario
sostenitore della religione non ha bisogno di affermare che
Dio è una ragione per far bene. Piuttosto egli afferma che,
quale che sia la ragione per far bene, senza Dio non ci sareb-
be un criterio per decidere cosa è bene. Ognuno di noi potreb-
be farsi la propria definizione di bene, e comportarsi secondo
essa. I principi morali che si basano solo sulla religione (invece
che, ad esempio, su qualche "regola d'oro", che spesso viene
associata alla religione ma può provenire da altrove) si posso-
no chiamare assolutisti. Il bene è bene e il male è male, e non
perdiamo tempo a ragionare se in alcuni casi particolari, ad
esempio, c'è qualcuno che soffre. Il religioso ipotetico di cui
sto parlando decide cosa è bene soltanto in base alla religio-
ne.

55
Alcuni filosofi, come Kant, hanno cercato di derivare una
morale assoluta da fonti non religiose.
[...]
A parte Kant, si ha la tentazione di essere d'accordo col mio
ipotetico sostenitore della religione sul fatto che le morali as-
solute siano spesso guidate dalla religione. È sempre sbaglia-
to porre fine alla sofferenza di un malato terminale su sua ri-
chiesta? È sempre sbagliato fare l'amore con una persone
dello stesso sesso? È sempre sbagliato uccidere un embrio-
ne? Ci sono persone che credono di sì, e le loro basi sono as-
solute. Essi non portano argomentazioni e non ammettono
dibattiti. Chiunque non sia d'accordo merita la fucilazione:
ovviamente in senso metaforico, non letterale ― tranne che
nel caso di alcuni dottori nelle cliniche americane dove si pra-
tica l'aborto (vedi prossimo capitolo). Fortunatamente, però,
la morale non ha bisogno di essere assoluta.
I filosofi della morale sono le nostre personalità di riferimen-
to quando si parla di bene e male. Come dice efficacemente
Robert Hinde, essi affermano che 'i precetti morali, sebbene
non necessariamente fondati sulla ragione, dovrebbero essere
difendibili mediante la ragione'. I filosofi morali [...] si posso-
no classificare in 'deontologisti' (come Kant) e 'consequenzia-
listi' [...]. La deontologia è un nome complicato per la creden-
za che la moralità consista nell'obbedire a regole. È letteral-
mente la scienza del dovere, dal greco "ciò che è vincolante,
doveroso". La deontologia non è proprio uguale all'assoluti-
smo morale ma, per la maggior parte degli scopi, in un libro
sulla religione non è necessario distinguere tra queste due
cose. Gli assolutisti credono che esistano un bene e un male
assoluti, degli imperativi la cui rettitudine non dipende dalle
loro conseguenze. I consequenzialisti pensano più pragmati-
camente che la moralità di un'azione debba essere giudicata in
base alle sue conseguenze.
[...]
Non tutto l'assolutismo è derivato dalla religione. Cionono-
stante, è molto difficile difendere una morale assoluta su basi

56
diverse dalla religione. L'unico concorrente che mi viene in
mente è il patriottismo, specialmente in tempo di guerra.
[...]
La gente disprezzava gli obiettori di coscienza, anche quelli
del Paese nemico, perché il patriottismo era considerato una
virtù assoluta. È difficile dire una cosa più assoluta dello slo-
gan del soldato professionista, "My country right or wrong"
["Sto con la mia patria, che essa abbia ragione o torto"], perché
questo slogan è una promessa di uccidere chiunque si trovi un
domani ad essere dichiarato "nemico" dai politici del tempo. Il
ragionamento consequenzialista potrebbe influenzare la deci-
sione di entrare o meno in guerra ma, una volta che la guerra
è cominciata, il patriottismo assolutista prende il comando con
una forza mai vista da nessun'altra parte ad eccezione della re-
ligione. Un soldato che si lasciasse persuadere da una morale
consequenzialista a non andare sul fronte probabilmente subi-
rebbe la corte marziale e sarebbe giustiziato.
[...]
Il prossimo capitolo dimostrerà che le persone che afferma-
no di derivare la propria morale dalle Scritture non lo fanno
davvero in pratica. [Tutti sono quindi “relativisti”]. E questa è
una cosa molto buona, come loro stessi dovrebbero ammettere
col senno di poi.

LA MORALITÀ DELLE SACRE SCRITTURE


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Le Scritture hanno due modi di produrre per noi una mo-


rale o delle regole di vita. Uno è darci delle istruzioni dirette,
come ad esempio i Dieci Comandamenti [...]. L'altro è fungere
da esempio: Dio, o qualche altro personaggio biblico, potreb-
bero fungere da modello di vita. Entrambi questi percorsi spi-
rituali basati sulle Scritture, se seguiti religiosamente (uso que-
sto avverbio in senso metaforico ma senza ignorarne le origi-
ni), incoraggiano un sistema morale che qualunque persona

57
moderna e civile, religiosa o meno, troverebbe ― non so
come dirlo più educatamente ― nauseante.
Ad essere equi, la maggior parte della Bibbia non è sistema-
ticamente malvagia ma semplicemente bislacca, come ti aspet-
teresti da un'antologia di documenti disgiunti caoticamente
raggruppati insieme, rivisti, tradotti, distorti e 'migliorati' da
migliaia di autori anonimi, editori e copisti, sconosciuti a noi e
che non si conoscevano tra loro, nell'arco di nove secoli. [...]
Ma sfortunatamente è lo stesso strano libro che i fanatici reli-
giosi sbandierano come la fonte infallibile della nostra morale
e delle nostre regole di vita. Coloro che vogliono basare la
propria morale letteralmente sulla Bibbia non l'hanno letta o
non l'hanno compresa, come osserva giustamente il vescovo
John Shelby Spong ne I Peccati delle Scritture.
[...]

L'ANTICO TESTAMENTO

Si comincia nella Genesi con l'amata storia di Noè, derivata


dal mito babilonese di Uta-Napisthim e nota dalle mitologie
più antiche di molte culture. La leggenda di animali che entra-
no a due a due nell'arca è affascinante, ma la morale della sto-
ria di Noè è sconcertante. Dio aveva una bassa opinione degli
uomini e per questo (ad eccezione di una famiglia) li affogò,
compresi i bambini ed anche, per buona misura, il resto degli
animali (che erano presumibilmente innocenti).
Naturalmente, i teologi irritati obietteranno che non pren-
diamo più alla lettera il libro della Genesi. Ma è proprio
questo il punto! Noi scegliamo a nostro piacimento a quali
parti delle Scritture credere, e quali invece mettere da parte
come simboliche o allegoriche. Questa selezione è una deci-
sione personale, tanto quanto la decisione degli atei di se-
guire quel tale precetto morale o quella decisione personale,
senza un fondamento assoluto. Se quella degli atei è "una
moralità che si fonda solo su sé stessa", lo è anche l'altra.
In ogni caso, nonostante le buone intenzioni dei sofisticati
teologi, un numero spaventosamente grande di persone

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prende ancora sul serio e alla lettera le Scritture, compresa la
storia di Noè. Secondo la nota compagnia di sondaggi Gal-
lup, queste persone sono più del 50% degli elettori america-
ni. E lo stesso fanno, senza dubbio, molti di quei ministri di
culto asiatici che hanno dato la colpa dello Tsunami non ad
uno spostamento tettonico ma ai peccati umani, che spaziano
dal bere e ballare nei bar all'infrangere qualche insensata rego-
la del sabato. Chi può permettersi di criticarli, credendo allo
stesso tempo alla storia di Noè ed ignorando tutto tranne la
Bibbia? Tutta l'educazione che hanno ricevuto li ha portati a
considerare i disastri naturali come collegati alle vicende
umane, come vendette per le malefatte degli umani piuttosto
che qualcosa di impersonale come la tettonica a zolle. Tra pa-
rentesi, che presuntuoso egocentrismo credere che eventi che
scuotono la terra, della magnitudine a cui operano gli dei (o la
tettonica a zolle), debbano sempre avere una connessione con
l'uomo. Perché mai un essere divino, con in mente la creazione
e l'eternità, dovrebbe preoccuparsi anche minimamente delle
puerili malefatte umane? Noi uomini ci diamo delle arie, ingi-
gantendo i nostri miseri peccati fino a renderli significativi a
livello cosmico!
Quando intervistai per la televisione il reverendo Michael
Bray, un attivista anti-abortista di fama, gli chiesi perché i cri-
stiani evangelici fossero così ossessionati dalle inclinazioni
sessuali private come l'omosessualità, inclinazioni che non
interferiscono con la vita di nessun altro. La sua risposta tirò
in ballo l'autodifesa. Dei cittadini innocenti rischiano di di-
venire vittime collaterali quando Dio deciderà di colpire la
loro città con un disastro naturale perché ospita dei peccato-
ri. Nel 2005, la bella città di New Orleans fu catastroficamente
inondata come contraccolpo dell'uragano Katrina. Il reveren-
do Pat Robertson, uno dei più famosi tele-evangelisti d'Ameri-
ca, diede la colpa dell'uragano ad una cabarettista lesbica
che abitava a New Orleans. Verrebbe da pensare che un Dio
onnipotente adotterebbe un approccio leggermente più pre-
ciso per freddare i peccatori: un giudizioso attacco di cuore,
forse, piuttosto che la distruzione di un'intera città, solo per-
59
ché il caso ha voluto che fosse il domicilio di una cabarettista
lesbica.
Quando i cittadini di Dover, Pennsylvania, votarono contro
l'insegnamento nelle loro scuole della cosiddetta "teoria del di-
segno intelligente", questo stesso reverendo disse:
[..] se accadrà un disastro nella vostra città, non rivolge-
tevi a Dio. Lo avete appena cacciato dalla vostra città [..].
Quando lo invocherete, Egli potrebbe non esserci.
[...]
Nella distruzione di Sodoma e Gomorra, Lot, nipote di
Abramo, ricopre lo stesso ruolo di Noè, nel senso che viene
scelto per essere risparmiato assieme alla sua famiglia in
quanto individuo retto. Due angeli maschi vennero mandati a
Sodoma per avvisare Lot di abbandonare la città prima che ar-
rivassero le pietre. Lot accolse con ospitalità gli angeli in casa
sua, al che tutti gli uomini di Sodoma si radunarono intorno
alla sua casa e domandarono che Lot consegnasse loro gli an-
geli in modo che potessero (e cos'altro?) sodomizzarli: 'Dove
sono gli uomini che vennero da te questa notte? Portali a noi,
così che possiamo conoscerli' (Genesi 19:5). Sì, “conoscere” ha
il significato eufemistico classico della Versione Autorizzata, il
che è divertente in questo contesto. Il coraggio di Lot nel dire
di no alla richiesta suggerisce che Dio poteva non avere tutti i
torti a salvarlo. Ma la nobiltà di Lot è annebbiata dalle parole
che usa per rifiutare: “Vi prego, non fate tale cosa malvagia.
Guardate: io ho due figlie che non hanno mai conosciuto un
uomo; vi prego, permettete che io ve le porti, e fate a loro ciò
che vi piace: soltanto, non fate nulla a questi uomini; perché
essi sono venuti all'ombra del mio tetto” (Genesi 19:7-8).
Qualunque cosa significhi questa storia bislacca, di certo ci
dice qualcosa sul rispetto accordato alle donne in questa cul-
tura intensamente religiosa. Comunque, si dà il caso che il ba-
ratto di Lot si rivelò non necessario [..]. Tutta la famiglia si sal-
vò, ad eccezione della sfortunata moglie di Lot, che il Signore
trasformò in un pilastro di sale per l'offesa ― debole al con-
fronto, si potrebbe pensare ― di essersi voltata a guardare i
60
fuochi d'artificio della distruzione.
Le due figlie di Lot comparvero di nuovo nella storia. [..]
Vissero col padre in una caverna. Affamate di compagnia ma-
schile, decisero di far ubriacare il padre e copulare con lui. [...]
Lot era troppo ubriaco per accorgersi che si stava accoppiando
con le figlie. Se questa famiglia con dei problemi era il meglio
che Sodoma aveva da offrire in quanto a morale, qualcuno di
voi potrebbe cominciare a sentirsi d'accordo con Dio e la sua
severa scure.
C'è un altro episodio tetramente simile a quello di Lot nel ca-
pitolo 19 del libro dei Giudici. [...]
No, amici, vi prego, non fate una cosa tanto malvagia,
perché quest'uomo è venuto in casa mia; ecco, ho una fi-
glia con la sua concubina; ve le porterò ora entrambe, e
ve le umilierò, e fate loro quel che vi pare; ma su que-
st'uomo non fate una cosa così vile [...]
Ancora una volta, l'etica misogina si rivela, forte e chiara.
Trovo particolarmente agghiacciante la frase “ve le umilierò”.
Divertitevi pure umiliando e stuprando mia figlia e la concu-
bina di questo sacerdote, ma mostrate un giusto rispetto per il
mio ospite che, dopo tutto, è maschio. Nonostante la similarità
tra le due storie, il finale fu meno felice per la concubina del
Levite (sacerdote) che per le figlie di Lot.
Il Levite la consegnò ai malviventi, che la stuprarono per tut-
ta la notte: "la conobbero e abusarono di lei per tutta la notte
fino al mattino: e quando il giorno cominciò a sorgere, la la-
sciarono andare. Poi la donna all'alba arrivò davanti alla porta
della casa dov'era il suo signore, e restò al suolo finché non di-
venne giorno". (Giudici 19:25-6). Di mattina, il Levita trovò la
sua concubina che giaceva prostrata sull'uscio e disse ― con
ciò che oggi potrebbe sembrare una crudele brutalità ― "Alza-
ti e andiamo". Ma lei non si muoveva. Era morta. Per cui egli
"prese un coltello, si chinò sulla sua concubina, e la fece a pez-
zi, anche le ossa, il tutto in 12 pezzi, e la mandò sulle coste di
Israele". Sì avete letto bene. Andatelo a leggere in giudici
19:29. [...]
61
Lo zio di Lot, Abramo, fu il padre fondatore di tutte e tre le
"grandi" religioni monoteistiche. Il suo status di patriarca lo
rende degno di divenire per i fedeli un modello di vita quasi
quanto Dio stesso. Ma quale moralista moderno vorrebbe
emularlo?
[.....]
Dio ordinò ad Abramo di offrirgli in sacrificio il suo amato
figliolo, uccidendolo e bruciandolo. Abramo costruì un altare,
ci mise sopra la legna da ardere, ed issò Isacco sopra di essa. Il
suo coltello era già alzato quando un angelo intervenne con
un cambio di piano: Dio stava solo scherzando dopo tutto,
'mettendo alla prova' Abramo e testando la sua fede. Un mo-
ralista moderno non può evitare di chiedersi come un bam-
bino possa recuperare dopo un trauma psicologico di questo
tipo. Secondo gli standard moderni di moralità, questa storia
scellerata è un esempio allo stesso tempo di abuso di minori,
di due atti di bullismo verso persone di rango inferiore, ed è
il primo caso documentato di utilizzo della difesa di Norim-
berga: "Ho solo eseguito gli ordini". Eppure la leggenda è
uno dei grandi miti fondanti di tutte e tre le religioni monotei-
stiche.
Ancora una volta, i teologi moderni obietteranno che la sto-
ria del sacrificio di Isacco non dovrebbe essere intesa lette-
ralmente come un fatto. Ed ancora una volta, la risposta cor-
retta è duplice. Primo, moltissime persone, anche oggi, pren-
dono tutte le Scritture alla lettera come un fatto vero, ed han-
no molto potere politico su tutti noi, specialmente negli Stati
Uniti e nel mondo islamico. Secondo, se non lo dobbiamo
prendere alla lettera, come lo dobbiamo prendere? Come
un'allegoria? Ma un'allegoria di che cosa? Certo di nulla che
sia lodevole. Come una lezione morale? Ma che tipo di morale
si potrebbe mai derivare da questa storia sconcertante?
Ricordate, tutto ciò che sto cercando di stabilire per il mo-
mento è che noi non deriviamo la nostra morale dalle Scrit-
ture. O, se lo facciamo, noi scegliamo tra le Scritture le parti
belle e scartiamo quelle brutte. Ma allora dobbiamo avere

62
qualche criterio indipendente per decidere quali sono le par-
ti morali e quali no: un criterio che, da dovunque provenga,
non può venire dalla Scrittura stessa e presumibilmente è
disponibile a noi tutti, non importa se religiosi o meno.
Alcuni difensori cercano persino di attribuire decenza al per-
sonaggio di Dio in questa deplorevole storia. Non è stato forse
buono Dio a risparmiare la vita di Isacco all'ultimo momento?
Nel caso improbabile che alcuni di voi siano persuasi da que-
sto osceno tentativo di giustificazione, vi racconterò un'altra
storia di sacrificio umano, che non andò a finire così bene.
Nel capitolo 11 dei Giudici, il capo militare Jephthah strinse
il patto con Dio che, se Dio gli avesse garantito la vittoria con-
tro gli Ammoniti, Jephthah avrebbe in cambio, senza fallo, sa-
crificato a Dio e bruciato “chiunque uscisse per primo fuori da
casa mia per salutarmi, quando sarò tornato”. Jephthah scon-
fisse davvero gli Ammoniti (“con un massacro maestoso”,
come è la norma in tutto il libro dei Giudici) e tornò vittorioso
a casa. Chi venne a salutarlo fuori da casa fu, non sorprenden-
temente, la sua unica figlia, accogliendolo con danze e feste.
[...] Non c'era niente che Jephthah potesse fare. Dio stava ov-
viamente aspettando il sacrificio promesso, e in quella circo-
stanza la figlia acconsentì molto carinamente ad essere sacrifi-
cata. Chiese solo di poter andare sulle montagne per due mesi
per perdere la verginità. Alla fine di questo periodo tornò e
Jephthah la fece fuori. Dio non ritenne opportuno interveni-
re in questa occasione.
[...]
Mosè corse giù dalla montagna, portando le tavole di pietra
su cui Dio aveva scritto i Dieci Comandamenti. Quando arrivò
e vide il vello d'oro, fu così furioso che lasciò cadere le tavole e
le ruppe (più tardi Dio gli diede un set di tavole di ricambio,
quindi non ci fu alcun problema). Mosè si impadronì del vello
d'oro, lo bruciò, lo fece in polvere, lo mischiò con acqua e lo
fece bere a tutte le persone. Poi disse a tutti nella tribù di sa-
cerdoti di Levi di raccogliere una spada e uccidere quante
più persone possibile. Questo ammontò a circa tremila vitti-

63
me che, qualcuno avrebbe sperato, avrebbero dovuto placare
l'ira gelosa di Dio. Ma no, Dio non aveva ancora finito. Nell'ul-
timo verso di questo terribile capitolo il suo colpo di grazia fu
inviare una pestilenza su ciò che restava delle persone “perché
essi avevano fatto il vello, che Aaron aveva fatto”.
Il Libro dei Numeri ci racconta come Dio incitò Mosè ad at-
taccare i Midianiti. Il suo esercito massacrò rapidamente gli
uomini, e bruciò tutte le città dei Midianiti, ma non uccise le
donne e i bambini. Questa pietosa astensione dei soldati fece
infuriare Mosè, che diede ordine di uccidere tutti i bambini,
e tutte le donne non vergini. “Ma tutte le bambine, che non
hanno conosciuto un uomo, lasciatele vive e tenetele per voi
stessi” (Numeri, 31:18). No, Mosè non è un buon esempio di
vita per i moralisti moderni.
Per quanto alcuni scrittori religiosi moderni attribuiscano
qualche tipo di significato simbolico al massacro dei Midianiti,
il simbolismo è orientato completamente nella direzione sba-
gliata. Gli sfortunati Midianiti, per quanto possiamo giudicare
dal resoconto biblico, furono vittime di genocidio nel loro
stesso Paese.
[...]
Nei Numeri, libro 25, molti israeliti furono adescati dalle
donne moabite ad offrire sacrifici al dio Baal. Dio reagì con la
sua furia caratteristica. Ordinò a Mosè di “Prendere tutte le te-
ste delle persone e appenderle sotto il sole al cospetto del Si-
gnore, così che la furiosa rabbia di Dio possa allontanarsi da
Israele”. Ancora una volta, non possiamo evitare di stupirci
alla reazione straordinariamente draconiana di Dio di fronte al
peccato di farsi sedurre da un Dio rivale. Per il nostro senso
moderno di giustizia, sembra un peccato veniale in confronto,
ad esempio, all'offrire tua figlia a una banda di stupratori. E'
un ulteriore esempio della distanza tra la morale delle scrittu-
re e quella moderna (sarei tentato di dire “civile”). Natural-
mente, si spiega abbastanza facilmente in termini della teoria
della “memetica” [la teoria della sopravvivenza dell'idea più
adatta, ideata da Dawkins], e delle qualità che una divinità

64
deve possedere per per poter sopravvivere alle idee concor-
renti.
Questa tragicomica gelosia maniacale di Dio contro gli dei
alternativi ricorre incessantemente per tutto l'Antico Testa-
mento. Motiva il primo dei Dieci Comandamenti (quelli sulla
tavoletta rotta da Mosè: Esodo 20, Deuteronomio 5), ed è an-
cora più prominente nei comandamenti sostitutivi forniti da
Dio per rimpiazzare le tavole rotte (Esodo 34). Dopo aver pro-
messo di cancellare dalle loro terre gli sfortunati Amoriti, Ca-
naaniti, Hittiti, Perizziti, Hiviti e Gebusiti, Dio arriva alla que-
stione che conta davvero: gli dei rivali!
... tu distruggerai i loro altari, infrangerai le loro raffigu-
razioni, e taglierai i loro pali sacri. Perché tu non venere-
rai alcun altro dio: perché il Signore, il cui nome è Gelo-
so, è un dio geloso. Non fare alleanza con gli abitanti di
quel paese, altrimenti, quando si prostituiranno ai loro
dèi e faranno sacrifici ai loro dèi, inviteranno anche te: tu
allora mangeresti le loro vittime sacrificali. Non prende-
re per mogli dei tuoi figli le loro figlie, altrimenti, quan-
do esse si prostituiranno ai loro dèi, indurrebbero anche
i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi.

Non forgerai alcun Dio di metallo fuso. (Esodo


34:13-17)
Lo so, lo so, i tempi sono cambiati, e nessun leader religioso
oggi ragiona come Mosè (tranne i Talebani e i loro equivalenti
Cristiani americani). Ma è proprio questo il punto. Tutto ciò
che voglio dimostrare è che la moralità moderna, da dovun-
que venga, certamente non viene dalla Bibbia. E i difensori
della Bibbia non possono farla franca dicendo che la religione
fornisce loro qualche tipo di criterio interno per definire cosa è
buono e cosa è cattivo ― una fonte privilegiata non disponibi-
le agli atei. Non possono farla franca con questo argomento,
neppure se usano il loro trucco preferito di interpretare alcuni
brani scelti “simbolicamente” anziché letteralmente. Con qua-
le criterio decidono quali passaggi interpretare simbolica-
mente e quali letteralmente?
65
La pulizia etnica iniziata al tempo di Mosè arriva al massimo
di orrore nel libro di Giosuè [Joshua], un testo notevole per i
massacri sanguinosi che narra e per la follia xenofobica con
cui lo fa. [..] Il bravo vecchio Giosuè non si riposò finché “non
ebbero distrutto completamente tutto ciò che era nella città,
uomini e donne, giovani e vecchi, e pecore, bufali, asini, col
filo della spada” (Joshua 6:21).
Ancora una volta, protesteranno i teologi, questo non è acca-
duto davvero. [..] Ma il punto è che, che sia vero o no, la Bib-
bia viene sbandierata come la fonte della nostra moralità. E
la storia biblica della distruzione di Gerico da parte di Gio-
suè, e in generale l'invasione della terra promessa, è moral-
mente indistinguibile dall'invasione della Polonia da parte
di Hitler, o dai massacri dei Curdi e degli arabi Marsh da
parte di Saddam Hussein. La Bibbia potrebbe essere anche
una poetica opera di fantasia, ma non è il genere di libro che
dovreste dare ai vostri bambini per formare la loro moralità. Si
dà il caso che la storia di Giosuè a Gerico sia l'argomento di un
interessante esperimento sulla moralità dei bambini, che ve-
dremo più tardi [pagine 75,77 ].
Tra parentesi, non pensate neppure che il personaggio di
Dio nella storia serbasse degli scrupoli o dei dubbi sui massa-
cri e i genocidi che accompagnarono la conquista della terra
promessa. Al contrario, i suoi ordini, per esempio in Deutero-
nomio 20, erano brutalmente espliciti. Fa una chiara distinzio-
ne tra le persone che vivono in quella terra e quelli che vivono
molto lontano. Questi ultimi dovevano essere invitati ad ar-
rendersi pacificamente. Se si rifiutavano, tutti gli uomini dove-
vano essere uccisi e le donne portate via per fare figli. In con-
trasto con questo trattamento relativamente umano, guardate
cosa c'era in serbo per quelle tribù tanto sfortunate da trovarsi
già nella Lebensraum promessa. “Ma delle città di queste perso-
ne, che il Signore Dio tuo ti dà in eredità, non lascerai vivo
niente che respiri, ma dovrai distruggerli completamente. Per
la precisione, gli Hittiti, gli Amoriti, i Canaaniti, i Perizziti, Gli
Hiviti e i Gebusiti; come il Signore Dio tuo ti ha comandato”.
Le persone che tengono in mano la Bibbia come ispirazione
66
alla rettitudine morale hanno la più pallida idea di che cosa c'è
davvero scritto dentro? Le seguenti offese meritano la pena
di morte, secondo il Levitico 20:
• insultare i genitori;
• commettere adulterio;
• fare l'amore con la madrina o la figliastra;
• omosessualità;
• sposare una donna e sua figlia;
• amare le bestie (e, per aggiungere il danno all'insul-
to, la sfortunata bestia viene uccisa anch'essa).
Devi essere ucciso anche, ovviamente, se lavori di sabato:
questo viene ripetuto più e più volte per tutto l'Antico Testa-
mento. In Numeri 15, i figli di Israele trovarono un uomo che
raccoglieva legna nel giorno proibito. Lo arrestarono e chie-
sero a Dio cosa fare di lui. Dio si rivelò non essere in vena di
mezze misure quel giorno. “E il Signore disse a Mosè: l'uomo
sarà sicuramente messo a morte: tutte le congregazioni lo la-
pideranno [...]. E tutte le congregazioni lo lapidarono, ed egli
morì”. Questo innocuo raccoglitore di legna aveva forse una
famiglia e delle figlie che lo piangevano? Tremò di terrore
quando sibilò la prima pietra, e urlò di dolore mentre la raffica
gli fracassava il cranio? Quello che mi sconvolge oggi di que-
ste storie non è che siano realmente accadute. Probabilmente
non è così. Quello che mi fa cadere la mascella a terra è che
delle persone oggi basano la propria vita su un modello di
vita così sconcertante come Yahweh – e ancor peggio, cercano
di imporre questo mostro malvagio (che sia vero o opera di
fantasia) a tutti noi.
[...]
Se prendessimo sul serio i Dieci Comandamenti, dovremmo
classificare la venerazione del dio sbagliato come il peccato
più grave in assoluto, seguito dal produrre raffigurazioni di
Dio4. Anziché condannare il vandalismo agghiacciante dei Ta-
4 Nota del traduttore: sebbene questo sia il secondo comandamento
secondo la Bibbia (Esodo 20:2-17), in Italia esso non viene normalmente
67
lebani, che fecero esplodere i Budda Bamiyani alti 150 piedi
nelle montagne dell'Afghanistan, dovremmo lodarli per la
loro religiosità. Quello che consideriamo vandalismo è stato
certamente motivato da sincero zelo religioso. Questo è dimo-
strato in modo lampante da una storia davvero bizzarra [....]
Non credo che ci sia un ateo al mondo che raderebbe al suo-
lo la Mecca. [...] Come disse il premio Nobel per la fisica Ste-
ven Weinberg, “La religione è un insulto alla dignità umana.
Con o senza di essa, avremmo persone buone che fanno buone
azioni e persone malvagie che fanno azioni malvagie. Ma per
far fare cose malvagie a persone buone, occorre la religione.”
[...]
Il mio scopo principale qui è stato dimostrare che non do-
vremmo derivare la nostra morale dalle Scritture (sebbene sia
solo la mia opinione). Un altro mio scopo è stato dimostrare
che noi (compresi molti religiosi) di fatto non deriviamo la no-
stra morale dalle Scritture. Se lo facessimo, osserveremmo ri-
gorosamente il sabato e riterremmo giusto lapidare chiun-
que non lo faccia. Uccideremmo con la lapidazione ogni
donna che non potesse dimostrare di essere vergine, se il
marito si dimostrasse insoddisfatto di lei. Giustizieremmo i
figli disobbedienti.
Ma un momento. Forse sono stato ingiusto. I cristiani avran-
no protestato per tutta la durata di questa sezione: tutti sanno
che il Vecchio Testamento è molto sgradevole. Ma il Nuovo
Testamento di Gesù ripara i danni ed aggiusta tutto. O no?

LA MORALITÀ DEL NUOVO TESTAMENTO


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Beh, non si può negare che, da un punto di vista morale,


Gesù sia un enorme miglioramento rispetto al crudele orco del
Vecchio Testamento. In verità Gesù, se è esistito (o chiunque
insegnato, in quanto è stato abolito dalla Chiesa Cattolica (il buco
restante è stato riempito con “non desiderare la donna d'altri” che nella
Bibbia faceva parte del decimo comandamento).
68
abbia scritto le sue parole se non è esistito) fu sicuramente uno
dei più grandi innovatori della storia. Il Sermone sulla Monta-
gna era molto in anticipo rispetto al suo tempo. Il suo “porgi
l'altra guancia” anticipò Gandhi e Martin Luther King di due-
mila anni. Non per nulla ho scritto un articolo chiamato “Atei
per Gesù” [..].
Ma il punto è esattamente questo: la superiorità morale di
Gesù. Egli non si accontentò di derivare la sua etica dalle Scrit-
ture con cui era stato cresciuto. Si allontanò esplicitamente da
esse, per esempio quando sgonfiò le severe diffide dall'infran-
gere la sacralità del sabato. Ciò fu generalizzato nel proverbio
“Il sabato è fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato”. Poiché
la tesi principale del capitolo è che noi non deriviamo (e non
dovremmo derivare) la nostra morale dalle Scritture, Gesù
deve essere onorato come un modello perfetto della tesi.
I valori familiari di Gesù, bisogna ammetterlo, non erano tali
da rendere piacevole parlarne. Era sgarbato fino alla brutalità
con la madre, ed incoraggiava i discepoli ad abbandonare le
famiglie per seguirlo. 'Se si presenta da me un uomo che non
odia suo padre, sua madre, sua moglie, i suoi figli, i fratelli,
le sorelle, e la sua stessa vita, non può essere mio discepolo'.
La cabarettista Julia Sweeney espresse il proprio stupore nel
suo show personale, Letting Go of God [vai a pagina 185 se vuoi
leggerlo subito]: "Non è proprio questo che fanno i culti? Ti
fanno rifiutare la tua famiglia per plagiarti?"
Tralasciando i suoi valori familiari un po' scavezzacollo, gli
insegnamenti etici di Gesù erano ammirevoli ― almeno in
confronto al disastro etico che è il Vecchio Testamento. Ma ci
sono alcuni precetti nel Nuovo Testamento che nessuna perso-
na buona dovrebbe supportare. Mi riferisco principalmente
alla dottrina centrale del Cristianesimo: l' “espiazione” per il
“peccato originale”. Questo insegnamento, che si trova al cuo-
re della Teologia del Nuovo Testamento, è moralmente repel-
lente quasi quanto la storia di Abramo che si prepara a cucina-
re Isacco, storia a cui tra l'altro assomiglia ― e non è una coin-
cidenza, come chiarisce Gaza Vernes in The Changing Faces of
Jesus. Lo stesso peccato originale proviene direttamente dal
69
mito di Adamo ed Eva nel Vecchio Testamento. Il loro peccato
― mangiare il frutto di un albero proibito ― sembra così de-
bole da meritare un semplice rimprovero. Ma la natura sim-
bolica del frutto (la conoscenza del bene e del male, che in
pratica si rivelò essere la conoscenza che loro stessi erano
nudi) fu sufficiente a trasformare la loro marachella nella “ma-
dre di tutti i peccati”. Essi assieme a tutti i loro discendenti
vennero per sempre banditi dal Giardino dell'Eden, privati del
dono della vita eterna, e condannati a generazioni di doloroso
lavoro, rispettivamente nei campi e nel parto.
Finora, è vendicativo il Dio del Vecchio Testamento. Ma la
teologia del Nuovo Testamento aggiunge una nuova ingiusti-
zia e, come se ciò non bastasse, un nuovo sadomasochismo la
cui perversione è superata solo di poco dal Vecchio Testamen-
to. Se ci pensate, è notevole che una religione adotti come sim-
bolo sacro uno strumento di tortura e di esecuzione, spesso in-
dossandolo attorno al collo. Lenny Bruce ha giustamente nota-
to che “se Gesù fosse stato ucciso venti anni fa, i ragazzi nelle
scuole cattoliche indosserebbero piccole sedie elettriche attor-
no al collo”. Ma la teologia, e la teoria della punizione che c'è
dietro, è molto peggiore. Si presume che il peccato di Adamo
ed Eva si sia trasmesso lungo la linea maschile ― trasmesso
nel seme, secondo S. Agostino. Che razza di filosofia etica è
quella che condanna ogni bambino, anche prima che sia
nato, ad ereditare il peccato di un suo lontano antenato? S.
Agostino, tra l'altro, che correttamente riteneva di essere una
specie di autorità nel campo del peccato, è colui che coniò la
frase “peccato originale”. Prima di lui era noto come “peccato
ancestrale”. I pronunciamenti e i dibattiti di Agostino sono
emblematici, per me, della malsana preoccupazione dei primi
teologi cristiani verso il peccato. Avrebbero potuto dedicare le
loro pagine e sermoni ad esaltare il cielo pieno di stelle [...].
Ma l'attenzione cristiana è prepotentemente sul peccato pecca-
to peccato peccato peccato peccato. Che orribile misera preoc-
cupazione per farsi dominare da essa per tutta la vita. Sam
Harris muove una critica magnifica nel suo Lettera ad una Na-
zione Cristiana: 'La vostra principale preoccupazione sembra
70
essere che il Creatore dell'universo si offenda per qualcosa che
la gente fa quando è nuda. Questa vostra ossessione contribui-
sce giornalmente all'eccesso di miseria umana'.
Ma veniamo ora al sadomasochismo. Dio si incarnò in un
uomo, Gesù, affinché questi fosse torturato e giustiziato come
espiazione del peccato ereditario di Adamo. Sin da quando
Paolo articolò questa repellente dottrina, Gesù è stato venera-
to come il redentore dei nostri peccati. Non solo del peccato
passato di Adamo: anche dei peccati futuri, indipendente-
mente dal fatto che le persone decidessero di commetterli op-
pure no!
Tra parentesi, molte persone, come Robert Graves nel ro-
manzo epico King Jesus, hanno notato che il povero Giuda
Iscariota è stato trattato ingiustamente dalla Storia, dato che il
suo 'tradimento' era una parte necessaria del piano cosmico.
Lo stesso si potrebbe dire dei presunti carnefici di Gesù. Se
Gesù voleva essere tradito e poi assassinato, al fine di poter-
ci redimere tutti, non è piuttosto ingiusto che quelli che si
considerano redenti se la prendano con Giuda e con gli ebrei
nell'arco dei secoli? Ho già menzionato la lunga lista dei van-
geli non-canonici. Recentemente è stato tradotto un manoscrit-
to che afferma di essere il vangelo perduto di Giuda, ed ha ri-
cevuto di conseguenza della pubblicità. [..] Si discute sulle cir-
costanze della sua scoperta, ma sembra sia apparso in Egitto a
un certo punto negli anni 70 o 80. [..] Chiunque fosse l'autore,
il Vangelo è visto dal punto di vista di Giuda Iscariota ed af-
ferma che Giuda tradì Gesù solo perché Gesù glielo chiese.
Era tutto parte del piano, crocifiggere Gesù in modo che po-
tesse redimere l'umanità. Repellente che sia questa dottrina,
sembra implicare che Giuda è stato vituperato sin da allora.
Ho descritto l'espiazione, la dottrina centrale della Cristiani-
tà, come perversa, sadomasochistica e repellente. Dovremmo
anche liquidarla come una completa follia, se non fosse per la
sua onnipresente familiarità che ha annebbiato la nostra obiet-
tività. Se Dio voleva perdonare i nostri peccati, perché non
perdonarli e basta, senza far torturare e giustiziare sé stesso
in pagamento? (condannando così, tra l'altro, remote genera-
71
zioni future di ebrei a persecuzioni come 'carnefici di Cristo':
forse anche quel peccato originale si è tramandato di seme in
seme?)
Paolo, come chiarisce lo studioso ebreo Geza Vermes, era
immerso fino al collo nel vecchio principio teologico ebraico
che senza sangue non c'è espiazione. [..] In verità, nella sua
Epistola agli Ebrei (9:22) lo affermò lui stesso. Gli eticisti mo-
derni trovano difficile difendere qualunque tipo di teoria retri-
butiva della pena, figuriamoci la teoria del capro espiatorio
― giustiziare un innocente come pagamento per i peccati del
colpevole.
Ma in ogni caso (uno non può evitare di chiederselo), chi è
che Dio stava cercando di impressionare? Presumibilmente
sé stesso ― giudice e giuria oltre che vittima dell'esecuzione.
E come se non bastasse, Adamo, il presunto perpetratore del
peccato originale, non è neppure mai esistito in realtà ― è
perdonabile a Paolo il fatto che non lo sapesse, ma presumibil-
mente doveva essere noto ad un Dio onnisciente (ed anche a
Gesù, se credete che fosse Dio) ― e questo fatto curioso mina
alle fondamenta le premesse dell'intera contorta e repellente
teoria.
Oh, ma naturalmente la storia di Adamo ed Eva è soltanto
simbolica, non è vero? Simbolica? Quindi, al solo scopo di
impressionare sé stesso, Gesù si è fatto torturare ed ammaz-
zare, come pagamento per un peccato simbolico commesso
da un individuo che non è mai esistito? Come ho detto, è fol-
lia pura, oltre che sgradevolmente perversa.
Prima di terminare il discorso sulla Bibbia, devo richiamare
l'attenzione su un aspetto particolarmente sgradevole dei suoi
precetti etici. I cristiani comprendono solo di rado che gran
parte della considerazione morale verso gli altri, apparente-
mente promossa dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, in
realtà doveva essere applicata soltanto ad un gruppo di per-
sone ristretto. “Ama il tuo prossimo” non significava ciò che
noi oggi pensiamo significhi. Significava soltanto “ama un
altro ebreo”. Questo punto è argomentato in maniera deva-

72
stante da John Hartung, fisico ed antropologo evoluzionista
americano. Egli ha scritto un notevole trattato sull'evoluzione
e sulla storia biblica della moralità diretta a un gruppo ristret-
to, ponendo l'accento, tra l'altro, sul rovescio della medaglia
― l'ostilità verso chi è fuori dal gruppo.5

AMA IL PROSSIMO TUO


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Lo humour nero di John Hartung è evidente sin dall'inizio


della sua pubblicazione6, in cui racconta dell'iniziativa di un
Battista del Sud di contare il numero di cittadini dell'Alabama
che sono all'inferno. Come riportato dal New York Times e dal
Newsday, il totale finale, 1.86 milioni, fu stimato utilizzando
una formula di pesatura segreta secondo cui i metodisti hanno
più probabilità di essere salvati rispetto ai cattolici romani,
mentre “virtualmente chiunque non appartenga a una congre-
gazione ecclesiastica fu contato tra i perduti”. La boria incredi-
bile di queste persone si riflette oggi nei vari siti web
"rapture"7, dove l'autore dà sempre completamente per sconta-
to che lui sarà tra quelli che “scompariranno” in paradiso
quando l' "ora finale" arriverà. Ecco un esempio tipico, dall'au-
tore di "rapture ready" [pronto per il rapimento], uno degli
esemplari più odiosamente santimoniosi della specie: “Se il
“rapimento” dovesse aver luogo, risultando nella mia assen-
za, diventerà necessario che i Santi della Tribolazione facciano
da mirror a questo sito oppure lo supportino finanziariamen-
te”. (Potreste ora domandarvi cosa siano i "Santi della Tribola-
zione", ma credetemi: avete di meglio da fare che indagare su
ciò.)
L'interpretazione della Bibbia fatta da Hartung suggerisce
5 Disponibile in inglese all'indirizzo
http://www.lrainc.com/swtaboo/taboos/ltn01.html
6 Dawkins sta parlando della pubblicazione dello studioso Hartung
disponibile (in inglese) all'indirizzo
http://www.lrainc.com/swtaboo/taboos/ltn01.html
7 Rapimento del fedele da parte di Dio, per portare il fedele in Paradiso.
73
che essa non offre ai cristiani alcuna base per una simile com-
piacenza snobistica. Gesù restringeva il gruppo di persone
che saranno salvate ai soli ebrei, rispetto ai quali egli stava
seguendo la tradizione del vecchio testamento, che è tutto ciò
che conosceva.
Hartung mostra chiaramente che l'imperativo "non uccidere"
non significò mai ciò che noi ora pensiamo che significhi. Si-
gnificava, molto specificamente, "non devi uccidere gli ebrei".
E tutti quei comandamenti che si riferiscono al "tuo prossimo"
sono ugualmente esclusivi. "Prossimo" significava il tuo vicino
ebreo. Mosé Maimonides, il rispettatissimo fisico e rabbino
del dodicesimo secolo, spiega l'intero significato di "non ucci-
dere" come segue: "se uno uccide un solo israelita, trasgredisce
un comandamento negativo, perché la scrittura dice che tu
non devi assassinare. Se uno uccide di proposito alla presenza
di testimoni, verrà messo a morte mediante la spada. Inutile
dirlo, uno non viene messo a morte se uccide un pagano
[heathen]". Inutile dirlo!
Hartung cita il Sanhedrin (la Corte Suprema Ebraica, capeg-
giata da un alto sacerdote) che ha un simile atteggiamento,
cioè esonera un uomo ipotetico che uccida un israelita per
sbaglio, quando in realtà intendeva uccidere un animale o
un pagano. Questo simpatico precetto morale solleva una bel
dilemma. Che succede se costui lancia una pietra in un grup-
po di nove pagani e un israelita, ed ha la sfortuna di uccidere
l'israelita? Hm, difficile! Ma la risposta arriva subito: "Allora
la sua non colpevolezza può essere dedotta dal fatto che la
maggioranza di essi erano pagani".
Hartung utilizza molte delle stesse citazioni bibliche che io
ho usato in questo capitolo, sulla conquista della terra promes-
sa da parte di Mosé, Giosuè e i Giudici. Io sono stato attento a
concedere che le persone religiose non pensano più in modo
biblico. Per me, questo dimostra che la nostra morale, non im-
porta se siamo religiosi o no, deriva da un'altra fonte; e che
quella fonte, qualunque essa sia, è disponibile a tutti noi, indi-
pendentemente dalla religione o mancanza di essa.

74
INSEGNARE AI BAMBINI IL GENOCIDIO

Ma Hartung racconta un raccapricciante studio dello psico-


logo israeliano George Tamarin. Tamarin presentò a più di
1000 studenti israeliani, tra gli 8 e i 14 anni, il racconto della
battaglia di Gerico che si trova nel libro di Giosuè:
Giosuè disse alle persone "gridate, perché il Signore vi
ha dato la città. E la città, e tutto ciò che è dentro la città,
sarà offerta a Dio per la distruzione... ma tutto l'oro e
l'argento, e gli oggetti di bronzo e ferro, sono sacri al Si-
gnore; essi andranno nella cassaforte del Signore"... Poi
essi distrussero completamente tutto quello che era nella
città, sia uomini che donne, giovani e vecchi, bufali,
pecore, asini, trapassandoli con il filo della spada... e
bruciarono la città con il fuoco, e tutto ciò che era den-
tro di essa; solo l'argento e l'oro, e gli oggetti di bronzo
e di ferro, misero nella cassaforte del Signore.
A questo punto Tamarin pose ai bambini una semplice do-
manda morale: "Credete che Giosuè e gli israeliti abbiano
agito rettamente o no?". Essi dovevano scegliere tra A (appro-
vazione totale), B (approvazione parziale) e C (disapprovazio-
ne totale). I risultati furono polarizzati: il 66% diede approva-
zione totale e il 26% disapprovazione totale, e molti pochi
(l'8%) un'approvazione parziale. Ecco le risposte tipiche del
gruppo dell'approvazione totale (A):
• A mio parere Giosuè e i figli di Israele hanno agito
bene, ed ecco la ragione: Dio aveva promesso loro
questa terra, e aveva dato loro il permesso di conqui-
stare. Se non avessero agito in questo modo o non
avessero ucciso nessuno, allora ci sarebbe stato il pe-
ricolo che i figli d'Israele fossero assimilati tra i Goy-
im.
• A mio parere Giosuè aveva ragione quando fece que-
sto, perché Dio gli aveva comandato di sterminare le
persone così che le tribù di Israele non potessero esse-
re assimilate tra di loro ed apprendere le loro usanze

75
sbagliate.
• Giosuè fece bene perché le persone che abitavano
quella terra erano di una religione diversa, e quando
Giosuè le uccise cancellò quella religione dalla fac-
cia della terra.
La giustificazione del genocidio di Giosuè è in tutti i casi
religiosa. Perfino quelli della categoria C, che diedero disap-
provazione totale, la diedero, in alcuni casi, per ragioni reli-
giose rovesciate. Ad esempio una bambina disapprovò l'atto
di Giosuè di conquistare Gerico perché, per poterlo fare, ci
dovette entrare dentro:
Credo che sia sbagliato, perché gli arabi sono impuri, e
se uno entra in una terra impura diventerà impuro an-
che lui e dividerà con loro la dannazione.
Altre due che diedero disapprovazione totale lo fecero per-
ché Giosuè distrusse tutto, compresi gli animali e la proprietà,
invece di conservare qualcosa per darlo agli israeliti:
• "Credo che Giosuè non abbia agito bene, perché avreb-
be potuto risparmiare gli animali per farli usarli alla
sua gente."
• "Credo che Giosuè non agì bene, perché avrebbe potu-
to lasciare intatte le proprietà di Gerico; se non avesse
distrutto le proprietà, sarebbero appartenute agli
israeliti."
Ancora una volta il saggio Maimonides, spesso citato per la
sua saggezza di studioso, non ha alcun dubbio sulla sua posi-
zione nella questione:
Distruggere le sette nazioni è un comandamento positi-
vo, poiché viene detto: "Tu le devi distruggere completa-
mente". Se uno non mette a morte chiunque di essi in-
contri sulla sua strada, costui trasgredisce un comanda-
mento negativo, poiché viene detto: "Tu non lascerai
vivo niente che respiri."
Diversamente da Maimonides, i bambini nell'esperimento di
Tamarin erano abbastanza giovani da essere innocenti. Presu-
76
mibilmente i punti di vista selvaggi che esprimevano erano
quelli dei loro genitori, o dei gruppi culturali in cui erano stati
cresciuti. Suppongo che non sia improbabile che i bambini pa-
lestinesi, cresciuti nello stesso paese devastato dalla guerra, of-
frirebbero delle opinioni equivalenti nella direzione opposta.
Queste considerazioni mi riempiono di disperazione. Sembra-
no mostrare l'immenso potere della religione (e specialmen-
te del crescere i bambini con un'educazione religiosa) di di-
videre le persone e propagare inimicizie storiche e vendette
ereditarie. Non posso non notare che due delle tre citazioni
rappresentative del gruppo A parlavano dei mali dell'assimi-
lazione, mentre la terza accentuava l'importanza di uccidere
le persone al fine di cancellare la loro religione.
Tamarin, nel suo esperimento, coinvolse anche un affasci-
nante “gruppo di verifica”. Ad un gruppo diverso di 168
bambini israeliani fu presentato lo stesso testo del libro di
Giosuè, ma con il nome di Giosuè sostituito da "Generale
Lin", e "Israele" sostituito con "un regno cinese 3000 anni fa".
Adesso l'esperimento diede risultati opposti. Solo il 7%
approvò il comportamento del generale Lin, e il 75% disap-
provò. In altre parole, quando la loro lealtà al giudaismo ve-
niva rimossa dal ragionamento, la maggioranza dei bambini
si trovava d'accordo con i giudizi morali dati dalla maggior
parte degli esseri umani moderni. Le azioni di Giosuè furono
una barbarica opera di genocidio. Ma tutto sembra diverso
dal punto di vista religioso. E la differenza comincia presto
nella vita. Per quei bambini, fu la religione a fare la diffe-
renza tra condannare un genocidio e giustificarlo.
Hartung, nella seconda metà della sua pubblicazione, passa
a parlare del nuovo testamento. Per riassumere brevemente la
sua tesi, Gesù osservava la stessa moralità ristretta soltanto
al proprio gruppo ― unita all'ostilità verso chi è fuori dal
gruppo ― che veniva data per scontato nel vecchio testa-
mento. Gesù era un ebreo leale. Fu Paolo che inventò l'idea di
portare ai Gentili il Dio degli ebrei. Hartung è più brusco di
quanto io abbia il coraggio di fare: "Gesù si sarebbe rivoltato
nella tomba se avesse saputo che Paolo avrebbe portato il suo
77
piano ai porci".
Hartung si concede un po' di divertimento con il libro del-
l'Apocalisse, che certamente è uno dei libri più bislacchi della
Bibbia. Si suppone che sia stato scritto da San Giovanni, e, per
usare le parole di "Ken's Guide to the Bible", se le sue epistole si
possono considerare come Giovanni sotto l'effetto di uno spi-
nello, allora l'Apocalisse è Giovanni sotto l'effetto dell'acido.
Hartung attira la nostra attenzione sui due versi dell'Apocalis-
se dove il numero di persone "sigillate" (che secondo alcune
sette, come i testimoni di Geova, significa "salvati") è limitato a
144.000. La tesi di Hartung è che dovevano essere tutti ebrei:
12.000 da ciascuna delle 12 tribù. Ken Smith si spinge oltre, fa-
cendo notare che i 144.000 eletti "non si sporcavano con le
donne", il che presumibilmente significa che nessuno di essi
può essere donna. Beh, è il tipo di cosa che oramai abbiamo im-
parato ad aspettarci.
C'è molto di più nella pubblicazione di Hartung. La racco-
manderò una volta di più, e la riassumerò in una citazione:
La Bibbia è un piano meticoloso per una moralità ristret-
ta ad un gruppo specifico, completa di istruzioni per il
genocidio, schiavizzazione degli altri gruppi, e domina-
zione del mondo. Ma la Bibbia non è malvagia a causa
dei suoi obiettivi, o persino per la sua glorificazione
dell'omicidio, della crudeltà e dello stupro. Molte altre
opere antiche fanno questo ― l'Iliade, le saghe islan-
desi, i racconti degli antichi siriani e le iscrizioni degli
antichi Maya, per esempio. Ma non c'è nessuno che
spacci l'Iliade come fondamento della moralità. È qui
il problema. La Bibbia viene venduta, e comprata,
come una guida per insegnare alle persone come vive-
re la loro vita. Ed è, di gran lunga, il più grande best-sel-
ler di tutti tempi.
Perché non si pensi che l'atto del giudaismo tradizionale di
escludere gli altri gruppi sia unico tra le religioni, guardate il
seguente fiducioso verso tratto da un inno di Isaac Watts
(1674-1748):

78
Signore, ascrivo alla tua grazia,
e non al caso, come fanno altri,
il fatto che nacqui di razza cristiana
e non pagano o ebreo.
Quello che mi sconcerta di questo verso non è l'esclusività di
per sé, ma la logica. Visto che molti sono nati in religioni di-
verse dal cristianesimo, come fece Dio a decidere quali di
queste persone future dovessero avere il privilegio di nasce-
re cristiani? Perché favorire Isaac Watts [..]? In ogni caso, pri-
ma che Isaac Watts fosse concepito, qual era la natura di
questa entità che veniva prescelta? Queste sono acque pro-
fonde, ma forse non troppo profonde per una mente tendente
alla teologia. L'inno di Isaac Watts ricorda tre preghiere gior-
naliere che vengono insegnate agli ebrei ortodossi e conserva-
tori (ma non a quelli riformati):
"Benedetto tu sia per non avermi fatto nascere Gentile.
Benedetto tu sia per non avermi fatto nascere donna.
Benedetto tu sia per non avermi fatto nascere schiavo."
La religione è indubbiamente una forza che divide, e que-
sta è una delle accuse fondamentali che si assestano contro di
essa. Ma si dice frequentemente e giustamente che le guerre,
e le rappresaglie tra i gruppi e le sette religiose, sono rara-
mente davvero dovute a disaccordi teologici. Quando un pa-
ramilitare Ulster Protestante uccide un cattolico, non sta ri-
muginando tra sé "Prendi questo, bastardo transustanziazio-
nista, adoratore di Maria, che puzzi di incenso!". È molto più
probabile che stia vendicando la morte di un altro protestan-
te ucciso da un altro cattolico, forse nel corso di una vendetta
transgenerazionale che va avanti. La religione è una etichetta
che permette l'ostilità e la vendetta tra un gruppo interno e
un gruppo esterno, non necessariamente peggiore di altre eti-
chette come il colore della pelle, la lingua, o la squadra di foot-
ball preferita, ma è un'etichetta che è spesso disponibile
quando altre non lo sono. Ma sì, sì, naturalmente i problemi
nell'Irlanda del Nord sono politici. C'è stata davvero un'op-
79
pressione economica e politica di un gruppo su un altro, e lun-
ga secoli. Ci sono davvero genuine ingiustizie, e queste sem-
brano avere poco a che fare con la religione; tranne che ― e
questo è tanto importante quanto regolarmente trascurato ―
senza la religione non ci sarebbero etichette per decidere chi
opprimere e chi vendicare. E il vero problema nell'Irlanda
del Nord è che queste etichette vengono ereditate di genera-
zione in generazione. I cattolici, i cui genitori, nonni e bi-
snonni andavano alle scuole cattoliche, mandano i loro figli
alle scuole cattoliche. I protestanti, i cui genitori, nonni e bi-
snonni andavano alle scuole protestanti, mandano i loro figli
alle scuole protestanti. Questi due insiemi di persone hanno
lo stesso colore della pelle, parlano la stessa lingua, amano
le stesse cose, eppure è come se appartenessero a due specie
diverse, tale è la divisione storica tra di loro. E senza la reli-
gione, e l'educazione segregata religiosamente, la divisione
semplicemente non ci sarebbe. Dal Kosovo alla Palestina,
dall'Iraq al Sudan, da Ulster al subcontinente indiano, osserva-
te attentamente qualunque regione del mondo dove trovate
ostilità intrattabili e violenza tra gruppi rivali. Non posso ga-
rantirvi che troverete la religione come etichetta dominante
per distinguere il gruppo interno dal gruppo esterno. Ma è
una scommessa molto buona da fare.
In India, al tempo della "Partition", furono massacrate più
di un milione di persone in rivolte religiose tra gli indù e mu-
sulmani (e 15 milioni furono allontanati dalla loro casa). Non
c'era alcun elemento distintivo eccetto quello religioso, per
etichettare chi uccidere. In ultima analisi, non c'era niente
che li dividesse tranne la religione. Salman Rushdie fu spin-
to, da una più recente ripresa di massacri religiosi in India, a
scrivere un articolo intitolato "La religione, come sempre, è il
veleno nel sangue dell'India". Ecco il paragrafo conclusivo:
Cosa c'è da rispettare in tutto questo, o in uno qualun-
que dei crimini che ora vengono commessi quasi quoti-
dianamente in tutto il mondo in nome della religione?
Quanto bene, e con che risultato fatale, la religione erige
dei totem, e quanto noi siamo bendisposti ad uccidere
80
per essi! E quando l'abbiamo fatto abbastanza spesso, la
diminuzione nell'impatto emotivo che ne risulta rende
più facile farlo di nuovo.
Così il problema dell'India finisce per essere il problema
del mondo. Ciò che è successo in India è successo nel
nome di Dio.
Il nome del problema è Dio.
Io non nego che le forti tendenze dell'umanità verso la
lealtà al proprio gruppo interno e l'ostilità ai gruppi esterni
esisterebbero anche in assenza di religione. I tifosi delle
squadre di football rivali sono un esempio in miniatura di
questo fenomeno. Anche i tifosi di football a volte si dividono
lungo linee religiose, come nel caso dei Ranger di Glasgow e i
Celtic di Glasgow. Altri importanti elementi di divisione pos-
sono essere la lingua (come in Belgio), la razza e la tribù (spe-
cialmente in Africa). Ma la religione amplifica ed inasprisce
il danno in almeno tre modi:
1. Etichettatura dei bambini. I bambini vengono de-
scritti come "bambini cattolici", " bambini protestan-
ti" ecc, sin da un'età giovanissima, e certamente trop-
po giovane perché abbiano sviluppato un'opinione
sulla religione (ritorno su questo abuso di bambini
nel capitolo 9).
2. Scuole segregate. I bambini vengono educati, di
nuovo sin dalla giovanissima età, assieme a membri
del loro stesso gruppo religioso e separatamente dai
bambini le cui famiglie aderiscono ad altre religioni.
Non è esagerato affermare che i guai dell'Irlanda
del Nord scomparirebbero in una generazione se
fossero abolite le scuole segregate.
3. I tabù contro il matrimonio "misto". Questo propa-
ga all'infinito le vendette ereditarie impedendo la
commistione tra gruppi nemici. Il matrimonio incro-
ciato, se fosse permesso, tenderebbe naturalmente a
smorzare le ostilità.

81
[.....]
Anche se la religione non facesse altro danno in sé e per sé,
la sua divisività ostinata e attentamente alimentata ― il suo
deliberato e coltivato incoraggiamento alla naturale tendenza
umana di favorire il gruppo interno e ad evitare ciò che è
esterno ― sarebbe sufficiente a renderla una forza significati-
va del male nel mondo.

LE DIMOSTRAZIONI DELL'ESISTENZA DI DIO. S.


TOMMASO D'AQUINO
(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Le cinque "dimostrazioni" fatte da Tommaso d'Aquino nel


tredicesimo secolo non provano nulla, e si possono facilmente
― sebbene io esiti a dirlo data la sua eminenza ― liquidare
come sbagliate. Le prime tre sono solo modi diversi di dire la
stessa cosa, e si possono considerare insieme. Hanno tutte al
loro centro un regresso infinito ― la risposta ad una doman-
da solleva una domanda precedente e così via all'infinito.
1. Il motore non mosso. Niente si muove senza un moto-
re precedente. Questo ci porta ad un regresso, da cui
l'unica via di fuga è Dio. Qualcosa deve aver dato la
prima mossa, e questo qualcosa lo chiamiamo Dio.
2. La causa non causata. Niente è causato da se stesso.
Ogni effetto ha una causa precedente, ed ancora una
volta veniamo spinti all'indietro in un regresso. Que-
sto regresso deve essere terminato da una "causa pri-
ma", che chiamiamo Dio.
3. L'argomento cosmologico. Ci deve essere stato un tem-
po in cui non esisteva alcuna cosa fisica. Ma, poiché
le cose fisiche esistono adesso, ci deve essere stato
qualcosa di non fisico che le ha portate ad esistere, e
questo qualcosa noi chiamiamo Dio.
Tutti e tre questi argomenti si affidano all'idea di "regressio-
ne" ed invocano Dio per terminarla. Fanno l'assunzione asso-
82
lutamente illecita che Dio stesso sia immune alla regressione.
Anche se ci concediamo il lusso discutibile di postulare arbi-
trariamente un terminatore ad un regresso infinito e di dargli
un nome, semplicemente perché ce ne occorre uno, non c'è as-
solutamente alcuna ragione per attribuire a questo termina-
tore alcuna delle proprietà che normalmente vengono attri-
buite a Dio: l'onnipotenza, l'onniscienza, la bontà, la creati-
vità della progettazione, per tacere di attributi umani come
l'ascoltare le preghiere, il perdonare i peccati, il leggere i
pensieri più intimi. (Tra parentesi, non è sfuggito ai logici che
l'onniscienza e l'onnipotenza sono mutuamente incompati-
bili. Se Dio è onnisciente, deve già sapere come egli stesso in-
terverrà per cambiare il corso della storia usando la sua onni-
potenza. Ma questo significa che non può cambiare idea sul
suo intervento, e quindi non è onnipotente. )
[...]
Per tornare al regresso infinito ed alla futilità di invocare Dio
per terminarlo, è molto più economico postulare, ad esempio,
una "grande singolarità Big Bang", o qualche altro concetto fi-
sico finora ignoto. Chiamarlo Dio è nel caso migliore inutile e
nel caso peggiore perniciosamente fuorviante. La “Ricetta
Nonsense per Cotolette Sbriciolose” di Edward Lear ci invita a
"procurarci delle fettine di bistecca, tagliarle nei pezzi più pic-
coli possibile, poi tagliarle ancora più piccole, otto o forse
nove volte". Alcuni regressi raggiungono sicuramente un ter-
minatore naturale. Gli scienziati si chiedevano che cosa succe-
derebbe se tu dividessi, ad esempio, l'oro nei pezzi più piccoli
possibile. Perché non dovresti tagliare a metà uno di questi
pezzi e produrre un pezzetto d'oro ancora più piccolo? Il re-
gresso in questo caso è terminato decisamente dall'atomo. Il
pezzo d'oro più piccolo possibile è un nucleo che consiste di
esattamente 79 protoni ed un numero di neutroni leggermente
superiore, accompagnato da 79 elettroni. Se "tagli" l'oro oltre il
livello del singolo atomo, ciò che ottieni non è più oro. L'ato-
mo fornisce un terminatore naturale al tipo di regresso delle
Cotolette Sbriciolose. Ma non è affatto chiaro che Dio forni-
sca un terminatore naturale al regresso di Tommaso d'Aqui-
83
no. E questo significa essere gentili, come vedremo in seguito.
Proseguiamo con la lista di d'Aquino.
4. L'argomento del grado. Notiamo che le cose nel mondo
sono diverse. Ci sono dei gradi di, diciamo, bontà o per-
fezione. Ma noi giudichiamo questi gradi solo compa-
randoli ad un massimo. Gli umani possono essere sia
buoni che cattivi, quindi la bontà massima non può ri-
siedere in noi. Quindi ci deve essere qualche altro massi-
mo che definisca gli standard della perfezione, e questo
massimo lo chiamiamo Dio.
E questo sarebbe un ragionamento? Allo stesso modo po-
tremmo dire che le persone puzzano in modo diverso ma
possiamo effettuare una comparazione solo riferendoci ad
un massimo perfetto di puzza concepibile. Quindi ci deve
essere un puzzone supremo ed ineffabile, e questo lo chia-
miamo Dio. Oppure sostituite qualunque dimensione di com-
parazione ed arriverete ad una conclusione ugualmente fatua.
5. L'argomento teleologico, o l'argomento della proget-
tazione. Le cose nel mondo, specialmente le cose viven-
ti, appaiono come se fossero state progettate. Niente di
ciò che conosciamo appare frutto di progettazione a
meno che non sia stato davvero progettato. Quindi deve
esserci stato un progettista, e lo chiamiamo Dio. D'A-
quino usò l'analogia di una freccia che si muove verso
un obiettivo, ma un moderno missile teleguidato sareb-
be stato più adatto il suo scopo.
L'argomento della progettazione è l'unico che sia oggi anco-
ra regolarmente usato, ed alcuni lo considerano come l'argo-
mento definitivo, che pone fine alle discussioni. Il giovane
Darwin ne fu impressionato quando, prima di laurearsi, lo les-
se sul libro "teologia naturale" di William Paley. Sfortunata-
mente per Paley, il Darwin adulto lo fece a pezzi. Probabil-
mente non c'è mai stato un annientamento più devastante di
una credenza popolare per mezzo della ragione, della distru-
zione fatta da Darwin dell'argomento della progettazione.
Grazie a Darwin, non è più vera la frase “niente di ciò che
84
conosciamo sembra progettato a meno che non sia progetta-
to”. L'evoluzione per selezione naturale produce un'eccel-
lente imitazione della progettazione, che arriva ad altezze
prodigiose di complessità e di eleganza. E tra queste vette di
progettazione apparente ci sono i sistemi nervosi che ― tra le
loro molte imprese ― hanno un comportamento per cui perse-
guono degli obiettivi, comportamento che, anche in un piccolo
insetto, somiglia ad un missile teleguidato più di una semplice
freccia che vada sull'obiettivo. Tornerò all'argomento della
progettazione [vedi pagine da 222 a 246].

L'ARGOMENTO ONTOLOGICO PER L'ESISTENZA DI DIO


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Gli argomenti per l'esistenza di Dio cadono in due categorie


principali, quelli a priori e quelli a posteriori. I cinque di San
Tommaso D'Aquino sono argomenti a posteriori, che si basa-
no sull'ispezione del mondo. Il più famoso degli argomenti a
priori, quelli che si basano sulla ragione pura di gente como-
damente seduta in poltrona, è l'argomento ontologico propo-
sto da Sant'Anselmo di Canterbury nel 1078 e riproposto in
forme diverse da numerosi filosofi successivi. Una cosa strana
dell'argomento di Anselmo è che in origine non doveva essere
diretto agli uomini ma a Dio stesso, in forma di preghiera
(penseresti che un'entità capace di ascoltare le preghiere non
abbia bisogno di essere convinta della propria esistenza).
È possibile concepire, disse Anselmo, un essere tale che non
si possa concepire niente di più grande. Anche un ateo può
concepire tale essere superlativo, sebbene l'ateo negherebbe la
sua esistenza nel mondo reale. Però, continua l'argomento, un
essere che non esiste nel mondo reale è, per questo stesso
motivo, imperfetto. Quindi abbiamo una contraddizione e,
voilà, Dio esiste!
Lasciatemi tradurre questo argomento infantile in un lin-
guaggio più appropriato, che è il linguaggio del parco giochi:

85
• Scommettiamo che ti dimostro che Dio esiste?
• Io scommetto di no.
• Bene, allora immagina la cosa più perfetta perfet-
ta perfetta perfettissima possibile.
• Ok, e adesso?
• Ora, è reale questa cosa perfetta perfetta? esiste?
• No, è solo nella mia mente.
• Ma se fosse reale sarebbe ancora più perfetta,
perché una cosa veramente veramente perfetta
dovrebbe essere meglio di una stupida cosa im-
maginaria. Così ho provato che Dio esiste. Tra la
la la la. Tutti gli atei sono dementi.
Non ho scelto a caso la parola "demente". Anselmo stesso
citò il primo verso del quattordicesimo salmo, "Il demente dis-
se nel proprio cuore: Dio non esiste", ed ha ben pensato di
usare il nome "demente" (dal latino insipiens) per il suo ipoteti-
co ateo:
Per questo motivo, anche il demente si convince che nel-
la comprensione esiste qualcosa più grande di qualun-
que altra cosa si possa concepire. Perché, quando gli
dico così, lui lo capisce. È qualunque cosa venga capito
esiste nella comprensione. D'altra parte, ciò che è più
grande di qualunque altra cosa che si possa concepire
non può esistere soltanto nella comprensione. Perché, se
esistesse soltanto nella comprensione, allora potremmo
concepire che esista anche nella realtà, ma allora sarebbe
ancora più grande.
L'idea stessa che si possano ottenere conclusioni importanti
con questi giochetti basati solo sull'uso delle parole mi offende
esteticamente, quindi devo stare attento a non usare a mia vol-
ta la parola “demente”. Bertrand Russell (che non era un de-
mente) disse: “è più facile convincersi che l'argomento ontolo-
gico sia viziato che trovare esattamente quale sia l'errore”.
Russell stesso, da giovane, per qualche tempo ne fu persuaso

86
[...]
[...]
I Greci non riuscivano a falsificare la "dimostrazione" di Ze-
none che Achille non raggiungerà mai la tartaruga. Ma aveva-
no il buon senso di non concludere che allora Achille non
raggiungerà mai la tartaruga. Lo chiamarono invece parados-
so ed aspettarono che generazioni successive di matematici lo
spiegassero (mediante, come ora sappiamo, la teoria delle se-
rie infinite convergenti ad un valore finito). Perché Russell [..]
non fu ugualmente cauto rispetto ad Anselmo?
[..]
Il mio sentimento, al contrario, sarebbe stato un automatico,
profondo sospetto verso un ragionamento che raggiungeva
conclusioni così significative senza avere avuto in input al-
cun dato sul mondo reale.
[...]
Kant localizzò il trucco di Anselmo nell'assunzione scivolosa
che l'esistenza sia più perfetta della non esistenza. Il filosofo
americano Norman Malcolm la mette così: "la dottrina per cui
l'esistenza sarebbe indice di perfezione è notevolmente strana.
Ha senso, ed è corretto, dire che la mia casa futura sarà miglio-
re se sarà isolata dal freddo piuttosto che se non lo sarà; ma
che cosa potrebbe mai significare che sarà una casa migliore
se esisterà piuttosto che se non esisterà?" . Un altro filosofo,
l'australiano Douglas Gasking, è ricorso all'ironia producendo
delle "prove" che Dio non esiste [...]:
• La creazione del mondo è l'azione più meravigliosa
che si possa immaginare.[..]
• Più grande è la menomazione (o l'handicap) del crea-
tore, più impressionante è il risultato finale.
• L'handicap più formidabile in assoluto per un creatore
sarebbe la non esistenza.
• Quindi, se supponiamo che l'universo sia il prodotto
di un creatore esistente, possiamo concepire un essere
ancora più grande ― quello che ha creato tutto senza
87
esistere lui stesso.
• Un dio esistente, quindi, non sarà l'essere più grande
che noi possiamo concepire, perché un dio che non
esiste sarebbe un essere ancora più formidabile e in-
credibile.
• Quindi Dio non esiste.
Inutile dirlo, Gasking non ha provato davvero che Dio non
esiste. Per lo stesso motivo, Anselmo non ha provato che esi-
ste. La differenza è che Gasking cercava di essere spiritoso di
proposito. Come egli aveva ben compreso, l'esistenza o la non
esistenza di Dio è una domanda troppo grande per essere de-
cisa mediante un gioco di prestigio dialettico. E non credo
neppure che il fatto di considerare l'esistenza un indice di per-
fezione sia il punto peggiore dell'argomento. Ho dimenticato i
dettagli ma, una volta, ad un convegno di teologi e filosofi, ho
adattato l'argomento ontologico in modo da provare che i ma-
iali volano. Hanno sentito il bisogno di ricorrere alla logica
modale per dimostrare che mi sbagliavo. [...]

COME LA FEDE MODERATA FAVORISCE IL FANATISMO


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Nell'illustrare il lato oscuro dell'assolutismo, ho menzionato


i cristiani d'America che fanno esplodere le cliniche dove si
pratica l'aborto, e i talebani afghani, la cui lista di crudeltà,
specialmente verso le donne, è per me troppo dolorosa da
elencare. Avrei potuto dilungarmi sull'Iran sotto gli ayatollah,
o l'Arabia Saudita sotto i principi sauditi, dove le donne non
possono guidare, e sono nei guai se escono di casa senza un
parente maschio (che può essere anche, come concessione ge-
nerosa, un bambino piccolo). Leggete "price of honour" di Jan
Goodwin per un'esposizione devastante del modo in cui le
donne sono trattate in Arabia Saudita e in altre democrazie
odierne. Johann Hari, uno dei più attivi editorialisti dell'Inde-
pendent (di Londra) scrisse un articolo il cui titolo parla da
88
solo: "il modo migliore di combattere i jihadisti è suscitare la
ribellione delle donne musulmane".
Oppure, passando al cristianesimo, avrei potuto citare quei
cristiani cosiddetti "rapture" ["rapimento". Queste persone cre-
dono che Cristo tornerà per "rapirli" e portarli in Paradiso] in
America, la cui enorme influenza sulla politica estera america-
na nei confronti del medio oriente è guidata dalla loro creden-
za biblica che Israele abbia un diritto conferito da Dio su tutte
le terre della Palestina. Alcuni cristiani "rapture" si spingono
anche oltre, fino ad auspicare apertamente la guerra nucleare
perché la interpretano come l'Apocalisse che, secondo la loro
bizzarra ma pericolosamente popolare interpretazione del li-
bro dell'Apocalisse, preluderà alla seconda venuta di Cristo.
Non posso migliorare il commento di Sam Harris, che fa veni-
re i brividi, nel suo "lettera a una nazione cristiana":
Quindi non è un'esagerazione dire che se la città di New
York fosse improvvisamente rimpiazzata da una palla di
fuoco, una percentuale significativa della popolazione
americana vedrebbe un meraviglioso presagio nella nu-
vola a forma di fungo, poiché ciò suggerirebbe loro che
sta per accadere la cosa più bella che possa mai accade-
re: il ritorno di Cristo. Dovrebbe essere assolutamente
ovvio che questo tipo di credenze non aiutano a creare
un futuro duraturo per noi stessi ― socialmente, econo-
micamente, ambientalmente o geopoliticamente. Imma-
ginate le conseguenze se ogni componente significati-
va del governo degli Stati Uniti credesse davvero che il
mondo stia per finire e che la sua fine debba essere
gloriosa. Il fatto che quasi la metà della popolazione
americana creda tutto questo, puramente sulla base di
un dogma religioso, dovrebbe essere considerato un'e-
mergenza morale ed intellettuale.
Ci sono quindi delle persone la cui fede religiosa le porta del
tutto fuori del consenso illuminato del mio “Zeitgeist morale”
[vedi pagina 132]. Essi rappresentano ciò che io ho chiamato il
lato oscuro dell'assolutismo religioso, e sono spesso chiamati

89
estremisti. Ma la mia tesi in questa sezione è che anche una re-
ligione mite e moderata aiuta a costruire il clima di fede in cui
l'estremismo prospera naturalmente.
Nel luglio 2005, Londra fu vittima di un attacco suicida
concertato: tre bombe in metropolitana e una in un autobus.
Non grave come l'attacco del 2001 alle torri gemelle, e certa-
mente non così inaspettato (anzi, Londra era stata preparata
proprio a questo tipo di evento sin da quando Blair volonta-
riamente ci costrinse a spalleggiare, contro la nostra volontà,
l'invasione dell'Iraq di Bush), tuttavia le esplosioni di Londra
ricoprirono di orrore la Gran Bretagna. I giornali si riempirono
di valutazioni concorrenti su cosa possa aver spinto quattro
giovani uomini a farsi esplodere e a portare con loro molte
persone innocenti. Gli omicidi erano cittadini britannici,
amanti del cricket, dotati di buone maniere, proprio il tipo di
giovani uomini la cui compagnia è piacevole.
Perché questi giovani amanti del cricket hanno fatto ciò? Di-
versamente dalle loro controparti palestinesi, o dalle loro con-
troparti kamikaze in Giappone, o dalle loro controparti Tamil
Tiger nello Sri Lanka, queste bombe umane non si aspettavano
che le loro famiglie fossero glorificate, accudite, o che riceves-
sero le pensioni riservate ai martiri religiosi. Al contrario, in
alcuni casi i loro parenti furono costretti a nascondersi. Uno di
questi uomini rese volontariamente vedova la moglie incinta e
rese orfano il suo piccolo bambino che stava imparando a
camminare. L'azione di questi quattro uomini è stata una to-
tale sciagura non solo per loro stessi e le loro vittime, ma an-
che per le loro famiglie e per l'intera comunità musulmana
della Gran Bretagna, che adesso si trova a fronteggiare il con-
traccolpo. Solo la fede religiosa è una forza sufficiente a mo-
tivare una follia così completa in persone altrimenti sane e
decenti. Ancora una volta, Sam Harris illustra la cosa con du-
rezza adeguata, facendo l'esempio del leader di al Qaeda, Osa-
ma Bin Laden (che tra parentesi non ha avuto niente a che fare
con il bombardamento di Londra). Perché mai qualcuno do-
vrebbe voler distruggere le torri gemelle e tutto ciò che con-
tengono? Chiamare Bin Laden "malvagio" significa evadere
90
dalla responsabilità di dare una risposta adeguata ad una que-
stione così importante.
La risposta alla domanda è ovvia ― se non altro perché
è stata ripetuta con pazienza, fino alla nausea, da Bin La-
den stesso. La risposta è che persone come Bin Laden
credono davvero ciò che dicono di credere. Credono
nella verità letterale del Corano. Perché mai 19 uomini
ben istruiti della classe media hanno barattato la loro
vita terrena con il privilegio di uccidere migliaia dei no-
stri simili? Perché credevano che sarebbero andati diret-
tamente in paradiso facendo questo. È raro trovare una
spiegazione più completa e soddisfacente di un com-
portamento umano. Perché siamo stati così riluttanti
ad accettare questa spiegazione?
Il rispettato giornalista Muriel Gray, scrivendo per il Gla-
sgow Herald il 24 luglio 2005, sostiene una tesi simile, in que-
sto caso con riferimento al bombardamento di Londra.
Si dà la colpa a tutti, a partire dall'ovvio duo di malfatto-
ri George Bush e Tony Blair, fino ad arrivare all'inerzia
delle "comunità" musulmane. Ma non è stato mai più
chiaro che c'è solo una cosa a cui dare la colpa, ed è sem-
pre stato così. La causa di tutta questa miseria, disastri,
violenza, terrore e ignoranza è naturalmente la religio-
ne stessa, e se sembra superfluo dover dire una cosa così
ovvia, sta di fatto che il governo e i media stanno fingen-
do con caparbietà e successo che non sia così.
I nostri politici occidentali evitano di utilizzare la parola che
comincia con "R" (religione), e invece caratterizzano la loro
battaglia come guerra contro il "terrore", come se il terrore fos-
se una specie di spirito o forza, con una volontà e una mente
propria. Oppure caratterizzano i terroristi come motivati dal
puro "male". Ma non sono motivati dal male. Per quanto noi
possiamo pensare che siano nel torto, essi sono motivati, pro-
prio come i cristiani che uccisero i dottori che praticavano l'a-
borto, da ciò che loro percepiscono come giustizia, perseguen-
do fedelmente ciò che la loro religione dice loro. Non sono de-
91
gli psicotici; sono degli idealisti religiosi che, in base alla
loro logica, sono razionali. Percepiscono i loro atti come buo-
ni, non a causa di qualche perversa idiosincrasia personale, e
non perché sono posseduti da Satana, ma perché sono stati al-
levati, sin dalla culla, per avere una fede totale ed indiscus-
sa. Sam Harris cita le parole di un attentatore palestinese che
non è riuscito a portare a termine il suo obiettivo, che dice che
ciò che lo spinse ad uccidere gli israeliani fu "l'amore del mar-
tirio... io non volevo vendetta per alcunché. Volevo soltanto
essere un martire". Il 19 novembre 2001, il New Yorker riporta-
va un'intervista a Nasra Hassan e un altro attentatore fallito,
un istruito giovane palestinese dell'età di 27 anni noto come
"S". È un pezzo così poeticamente eloquente dell'attrazione del
paradiso, quale è predicato dai leader e dagli insegnanti reli-
giosi moderati, che penso che valga la pena riportarlo per este-
so:
"Qual è l'attrazione del martirio?" io domandai.
"Il potere dello spirito ci eleva verso l'alto, mentre il po-
tere delle cose materiali ci trascina verso il basso", disse
lui. "Chi è votato al martirio diventa immune all'attra-
zione dei beni materiali. Il nostro istruttore ci chiese 'Che
farete se l'operazione fallisce?'. Gli rispondemmo: 'In
ogni caso, riusciremo ad incontrare il profeta e i suoi
compagni, inshallah' ".
"Stavamo galleggiando, nuotando, nel sentimento che
stavamo per entrare nell'eternità. Non avevamo dubbi.
Facemmo un giuramento sul Corano, alla presenza di
Allah ― il giuramento di non esitare. Questo giuramen-
to di jihad si chiama "bayt al-ridwan", nome che deriva
dal giardino del paradiso che è riservato solo ai profeti e
ai martiri. So che ci sono altri modi di fare la jihad. Ma
questo qui è dolce ― il più dolce. Tutte le azioni di mar-
tirio, se fatte per il bene di Allah, fanno meno male di
una puntura di zanzara!"
"S" mi mostrò il video che documentava la pianificazio-
ne finale dell'operazione. Nel video sfocato, vidi lui e al-
92
tri due giovani uomini che intrattenevano un dialogo ri-
tuale con domande e risposte sulla gloria del martirio...
Poi i giovani uomini e l'istruttore si inginocchiarono e
misero la mano destra sul Corano. L'istruttore disse "sie-
te pronti? domani sarete in paradiso"
Se io fossi stato S, sarei stato tentato dal dire all'istruttore
"beh, in questo caso, perché non ci vai tu, mettendo la tua pel-
le in gioco anziché le parole? Perché non fai tu le missioni sui-
cide, prendendo la strada breve verso il paradiso?". Ma ciò che
per noi è così difficile capire è che ― ripeto perché è così im-
portante ― queste persone credono veramente ciò che dico-
no di credere. La morale di tutto ciò è che dovremmo dare la
colpa alla religione stessa, non all'estremismo religioso ―
come se fosse una specie di terribile perversione della religio-
ne vera e decente. Voltaire aveva ragione molto tempo fa: "Co-
loro che possono farti credere delle assurdità possono farti
commettere atrocità". Ed aveva ragione anche Bertrand Rus-
sell: "Molte persone preferirebbero morire piuttosto che pen-
sare. Anzi, per la verità lo fanno."
Finché accettiamo il principio che la fede religiosa debba es-
sere rispettata semplicemente perché è fede religiosa, è diffici-
le non rispettare la fede di Osama Bin Laden e quella dei bom-
baroli suicidi. L'alternativa, così trasparente che non dovrebbe
servire menzionarla, è abbandonare il principio del rispetto
automatico per la fede religiosa. Questo è uno dei motivi per
cui faccio tutto ciò che posso per mettere in guardia le persone
dalla fede stessa, non solo dalla fede cosiddetta "estremista".
Gli insegnamenti della religione "moderata", sebbene non
estremisti di per sé, sono una porta spalancata all'estremismo.
Si potrebbe dire che non c'è niente di speciale nella fede reli-
giosa. Anche l'amore patriottico per la patria, o per il proprio
gruppo etnico, spiana la strada per la sua versione di estremi-
smo, non è vero? Sì, è vero, ed è ciò che è successo con i kami-
kaze in Giappone e i Tamil Tigers in Sri Lanka. Ma la fede reli-
giosa è un silenziatore particolarmente potente del calcolo ra-
zionale, silenziatore che di solito sembra prevalere su ogni al-

93
tra fede. Questo è dovuto, credo, alla sua promessa facile e ac-
cattivante che la morte non sia la fine, e che il paradiso dei
martiri sia particolarmente glorioso. Ma è dovuto anche al fat-
to che la fede religiosa scoraggia l'atto di metterla in discus-
sione, per sua stessa natura.
La cristianità, proprio come l'Islam, insegna ai bambini che
la fede priva di discussione sia una virtù. Non devi produrre
un motivo per ciò che tu credi. Se qualcuno annuncia che
una cosa è parte della sua "fede", il resto della società, non
importa se ha la stessa fede, o un'altra fede, o nessuna fede,
è obbligato, per un'usanza radicata, a "rispettarla" senza di-
scutere; rispettarla fino al giorno in cui si manifesta con un'or-
ribile massacro come la distruzione delle torri gemelle, o i
bombardamenti di Londra o Madrid. E poi tutti fanno a gara a
"prendere le distanze": il clero e i "leader delle comunità" (ma
chi li ha eletti, a proposito?) si fanno in quattro per spiegare
che questo estremismo è una perversione della "vera" fede.
Ma come può esistere una perversione della fede, se la fede,
essendo priva di giustificazione oggettiva, non ha alcuno
standard dimostrabile che si possa pervertire?
Dieci anni fa Ibn Warraq, nel suo eccellente libro "perché
non sono musulmano", sostiene una tesi simile, dal suo punto
di vista di studioso dell'Islam particolarmente sapiente. In ve-
rità, un buon titolo alternativo per il suo libro sarebbe stato "il
mito dell'islam moderato", che è il vero titolo di un articolo
più recente sul London Spectator (30 luglio 2005) da parte di
un altro studioso, Patrick Sookhdeo, direttore dell' "istituto
per lo studio dell'Islam e della cristianità".
La stragrande maggioranza dei musulmani oggi vive la
propria vita senza ricorso alla violenza, perché il Corano
è un miscuglio dove puoi trovare di tutto. Se vuoi la
pace, puoi trovare versi pacifici. Se vuoi la guerra, puoi
trovare versi bellicosi.
Sookdeo prosegue spiegando come gli studiosi dell'Islam,
per potersi barcamenare tra le tante contraddizioni che trova-
rono nel Qur'an, svilupparono il principio dell'abrogazione,

94
secondo il quale i testi scritti dopo abrogano i testi precedenti.
Sfortunatamente, i passaggi pacifici del Qur'an sono quelli più
antichi, risalenti al tempo in cui Maometto si trovava alla Mec-
ca. I versi più belligeranti tendono ad essere più recenti, dopo
la sua fuga a Medina. Il risultato è che
La frase "l'Islam è pace" non è più valida da quasi 1400
anni. È stato vero soltanto per 13 anni circa che l'islam
sia soltanto pace... per gli odierni musulmani radicali ―
proprio come per i turisti medioevali che svilupparono
l'Islam classico ― sarebbe più vero dire che "l'islam è
guerra". Uno dei gruppi islamici più radicali della Gran
Bretagna, al-Ghurabaa, affermò, quando avvennero i
due bombardamenti di Londra, "Ogni musulmano che
neghi che il terrore sia parte dell'Islam è un kafir". Un
kafir è un non credente (cioè un non musulmano), il che
è un insulto terribile.
[...]
Potrebbe darsi che i giovani uomini che si suicidarono
non fossero né ai bordi della società musulmana britan-
nica, né seguissero un'interpretazione eccentrica ed
estremista della loro fede, ma piuttosto che venissero
dallo stesso nucleo della comunità musulmana, e fossero
motivati da un'interpretazione principale [mainstream]
dell'Islam?
Più in generale (e questo si applica all'Islam come alla cri-
stianità) ciò che è veramente pernicioso è la pratica di inse-
gnare ai bambini che la fede stessa sia una virtù. La fede è il
male, precisamente perché non richiede giustificazione e
non ammette argomentazioni contrarie. Insegnare ai bambini
che la fede indiscussa sia una virtù li rende soggetti a trasfor-
marsi in armi potenzialmente letali per future jihad o crociate
(dati certi altri ingredienti che si verificano senza difficoltà).
Immunizzato dalla paura a causa della promessa di un para-
diso dei martiri, l'autentico fedele merita un posto di primo
piano nella storia delle armi, a fianco all'arco, al cavallo, al car-
ro armato e alla bomba cluster. Se si insegnasse ai bambini a
95
mettere in discussione le loro credenze e a sottoporle a una
verifica, invece di insegnare loro la virtù superiore della
fede senza discussione, possiamo scommettere che non ci sa-
rebbero attentatori suicidi. Gli attentatori suicidi fanno ciò
che fanno perché credono davvero ciò che è stato insegnato
loro nelle scuole religiose: che la lealtà verso Dio prevale su
tutte le altre priorità, e che il martirio per Dio sarà premiato
nei giardini del paradiso. E questa lezione fu insegnata loro
non necessariamente da fanatici estremisti, ma da istruttori re-
ligiosi decenti, gentili, "mainstream", che li hanno fatti mettere
in fila nelle loro madrasas, seduti in riga, ad annuire ritmica-
mente con le loro piccole teste innocenti, su e giù, mentre im-
paravano a memoria ogni parola del libro sacro come dei pap-
pagalli dementi. La fede può essere molto molto pericolosa, ed
impiantarla deliberatamente nella mente vulnerabile di un
bambino innocente è un male imperdonabile. È un male ver-
so l'infanzia stessa: è violenza sui bambini da parte della reli-
gione, cosa di cui parleremo nel prossimo capitolo.

INFANZIA, ABUSO E FUGA DALLA RELIGIONE


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Comincio con un aneddoto proveniente dall'Italia del dician-


novesimo secolo. Non voglio implicare che qualcosa di simile
a questa brutta storia possa accadere oggi. Ma gli atteggia-
menti mentali che essa descrive sono tristemente attuali, seb-
bene i dettagli pratici non lo siano. Questa tragedia umana del
diciannovesimo secolo mette in luce ― una luce impietosa ―
l'atteggiamento religioso attuale verso i bambini.
Nel 1858 Edgardo Mortara, un bambino di sei anni nato da
genitori ebrei che vivevano a Bologna, fu legalmente seque-
strato secondo la legge papale sotto l'ordine dell'inquisizione.
Edgardo fu trascinato via forzatamente dalla sua madre in la-
crime e padre distrutto per andare nei catecumeni (luogo per
la conversione di ebrei e musulmani) a Roma, e da quel mo-
mento in poi fu cresciuto come cattolico romano. A parte alcu-
96
ne brevi visite occasionali sotto stretta sorveglianza del clero, i
suoi genitori non lo videro mai più. La storia viene narrata da
David I. Kertzer nel suo ammirevole libro "il rapimento di Ed-
gardo Mortara".
La storia di Edgardo non era affatto inusuale nell'Italia di
quel tempo, e la ragione di questi rapimenti perpetrati dai pre-
ti era sempre la stessa. In ogni caso, il bambino era stato segre-
tamente battezzato in qualche data precedente, di solito da
una nutrice cattolica, e l'inquisizione in seguito era venuta a
conoscenza del battesimo. Una parte centrale del sistema di
credenze cattolico romano era che, una volta che un bambino
fosse stato battezzato, quantunque informalmente e clandesti-
namente, quel figlio era irrevocabilmente trasformato in un
cristiano. Nel loro mondo mentale, permettere ad un "bambi-
no cristiano" di restare con i suoi genitori ebrei non era un'op-
zione, e conservarono questa posizione bizzarra e crudele in
modo saldo, e con la sincerità più totale, di fronte all'indigna-
zione di tutto il mondo. Quest'indignazione diffusa, tra l'altro,
fu liquidata dal quotidiano romano "civiltà cattolica" come do-
vuta al potere internazionale dei ricchi ebrei ― suona familia-
re, non è vero?
A parte la pubblicità che suscitò, la storia di Edgardo Morta-
ra era interamente rappresentativa di molte altre. Tempo pri-
ma egli era accudito da Anna Morisi, una ragazza cattolica
quattordicenne di poca cultura. Lui si ammalò e lei cominciò a
temere che potesse morire. Essendo stata cresciuta nella cre-
denza che un bambino, che morisse non battezzato, avrebbe
sofferto per sempre all'inferno, chiese aiuto ad un vicino catto-
lico che le insegnò ad effettuare un battesimo. Ella tornò in
casa, versò dell'acqua di secchio sulla piccola testa di Edgardo
e disse "io ti battezzo nel nome del padre del figlio e dello spi-
rito Santo". Tutto qui. Da quel momento in poi, Edgardo era
legalmente un cristiano. Quando i sacerdoti dell'inquisizione
appresero dell'incidente anni dopo, agirono in modo pronto e
deciso, senza preoccuparsi delle angosciose conseguenze della
loro azione.
Sorprendentemente per un rito che ha un significato fonda-
97
mentale per un'intera comunità, la Chiesa cattolica permette-
va (e ancora permette) a chiunque di battezzare chiunque al-
tro. Né il bambino, né i parenti, né nessun altro deve con-
sentire al battesimo. Non c'è bisogno di firmare niente. Non
c'è bisogno di alcun testimone ufficiale. Tutto ciò che serve un
po' d'acqua, qualche parola, un bambino indifeso, ed una
baby-sitter superstiziosa a cui è stato lavato il cervello dal ca-
techismo. Anzi, è necessaria solo l'ultima di queste cose per-
ché, assumendo che il bambino sia troppo giovane per essere
un testimone, chi lo verrà a sapere? Una mia collega america-
na che era stata cresciuta da cattolica mi scrive ciò che segue:
"Battezzavamo persino le nostre bambole. Non ricordo che al-
cuni di noi battezzassero i nostri piccoli amici protestanti, ma
senza dubbio questo è successo e succede ancora oggi. Rende-
vamo le nostre bambole delle piccole cattoliche, le portavamo
in chiesa, davamo loro la comunione eccetera. Ci facevano il
lavaggio del cervello per farci diventare brave madri cattoli-
che sin da piccole".
Se le ragazze del diciannovesimo secolo erano anche lonta-
namente simili alla mia moderna corrispondente, è sorpren-
dente che un caso come quello di Edgardo Mortara non fosse
ancora più comune di così. Fatto sta che queste storie fossero
terribilmente frequenti nell'Italia del diciannovesimo secolo, il
che ci costringe a porre la domanda ovvia. Perché gli ebrei
degli Stati papali assumevano servitori cattolici, dato il ri-
schio notevole che poteva sorgere? Perché non facevano at-
tenzione ad assumere servitori ebrei? La risposta, ancora una
volta, non ha niente a che fare con il buon senso e tutto a che
fare con la religione. Gli ebrei avevano bisogno di servitori la
cui religione non proibisse loro di lavorare di sabato. Una ra-
gazza ebrea certamente dava garanzie che non avrebbe battez-
zato tuo figlio [..]. Ma non poteva accendere il fuoco o pulire
la casa di sabato. Ecco perché, di tutte le famiglie ebraiche bo-
lognesi che potevano permettersi dei servitori, la maggior par-
te li prendevano cattolici.
In questo libro ho evitato deliberatamente di narrare nel det-
taglio gli orrori delle crociate, dei conquistadores o dell'inqui-
98
sizione spagnola. Le persone crudeli e malvagie si possono
trovare in ogni secolo e per ogni idea. Ma questa storia dell'in-
quisizione italiana ed il suo atteggiamento verso i bambini è
particolarmente rivelatrice della mentalità religiosa, e dei mali
che sorgono specificamente perché è religiosa. La prima cosa
notevole è la percezione delle menti religiose che un goccio
d'acqua e una piccola formula magica possano totalmente
cambiare la vita di un bambino, acquistando la precedenza
sul consenso dei genitori, sul consenso del bambino stesso,
sulla felicità del bambino stesso e sulla sua salute psicologi-
ca... sopra qualunque cosa che il normale buon senso e i nor-
mali sentimenti umani considererebbero importante. Il cardi-
nale Antonelli in quel tempo lo spiegò in una lettera a Lionel
Rothschild, il primo membro ebreo del Parlamento della Gran
Bretagna, che aveva scritto per protestare sul rapimento di Ed-
gardo. Il cardinale rispose che non aveva il potere di interveni-
re, ed aggiunse "qui sarebbe opportuno osservare che, se la
voce della natura è potente, ancora più potenti sono i sacri do-
veri della religione". Beh, questo da solo dice tutto, no?
La seconda cosa è il fatto straordinario che i preti, i cardinali
e il Papa sembrano sinceramente non aver compreso quale
cosa terribile stessero facendo al povero Edgardo Mortara.
Sorpassa qualunque comprensione sensata, ma loro credevano
sinceramente di stare facendo a lui qualcosa di buono, portan-
dolo via dai suoi genitori e crescendolo come un cristiano. Si
sentivano in dovere di proteggerlo! Un giornale cattolico negli
Stati Uniti difese la posizione del Papa sul caso Mortara, affer-
mando che era impensabile che un governo cristiano "potesse
lasciare che un bambino cristiano fosse cresciuto da ebreo" ed
invocando il principio della libertà religiosa, "la libertà di un
bambino di essere cristiano e di non essere costretto con la for-
za ad essere ebreo... la protezione del bambino da parte del
Santo padre, alla faccia di tutto il feroce fanatismo dell'infedel-
tà e della bigotteria, è la più grande manifestazione di gran-
dezza morale che il mondo abbia mai visto da secoli". C'è mai
stato un abuso più spudorato di parole come "costretto", "con
la forza", "feroce", "fanatismo" e "bigotteria"? Eppure tutti gli
99
indizi dicono che gli apologisti cattolici, dal Papa in giù, cre-
devano sinceramente che ciò che stavano facendo fosse giusto:
assolutamente giusto moralmente, e giusto per il bene del
bambino. Tale è il potere della religione (quella moderata,
quella ufficiale, "mainstream") di piegare il giudizio e di per-
vertire l'ordinaria decenza umana. Il quotidiano "Il cattolico"
fu sinceramente stupito dalla diffusa incapacità del mondo di
capire quale magnanimo favore la Chiesa avesse fatto ad Ed-
gardo Mortara quando lo salvò dalla sua famiglia ebraica:
[..]
La terza cosa è la presunzione con la quale le persone reli-
giose sanno, senza evidenza, che la fede in cui sono nati è l'uni-
ca vera fede, e tutte le altri sono aberrazioni o semplicemente
false. Le citazioni di cui sopra danno degli esempi vivi di que-
sto atteggiamento dal lato cristiano. Sarebbe molto ingiusto
equiparare i due lati in questo caso, ma è appropriato notare
che i Mortara avrebbero potuto immediatamente riavere in-
dietro Edgardo, se solo avessero accettato il ricatto dei preti e
avessero acconsentito ad essere battezzati loro stessi. Edgardo
era stato rapito in primo luogo a causa di un goccio d'acqua e
di qualche parola senza senso. Tale è la vacuità delle menti in-
dottrinate dalla religione, che sarebbe bastato un altro paio di
gocce d'acqua per invertire il processo. Per alcuni di noi, il ri-
fiuto dei genitori indica testardaggine. Per altri, la loro posi-
zione di principio li fa entrare a far parte della lunga lista di
martiri di tutte le religioni nel corso dei secoli.
[...]
Quarta cosa, per continuare su questo tema, è l'assunzione
che un bambino di sei anni possa avere una religione, indi-
pendentemente se questa religione sia ebrea o cristiana o altro.
Per metterla in un altro modo: certamente sembra assurda
l'idea che battezzare un bambino inconsapevole, che non ca-
pisce nulla, possa di colpo trasformarlo da una religione al-
l'altra ― ma sicuramente non è più assurdo dell'idea che un
piccolo bambino possa appartenere a una qualunque religio-
ne, in primo luogo. Ciò che importava per Edgardo non era la

100
"sua" religione (era troppo giovane per possedere opinioni ra-
gionate sulla religione) ma l'amore e l'attenzione dei suoi geni-
tori e famiglia; e lui fu privato di queste cose da alcuni preti
celibi la cui grottesca crudeltà era mitigata solo dalla loro cras-
sa insensibilità verso i normali sentimenti umani― un'insensi-
bilità che arriva fin troppo facilmente in una mente deviata
dalla fede religiosa.
Anche quando non c'è un rapimento fisico, non è forse un
abuso di bambini l'atto di etichettarli come possessori di cre-
denze che sono troppo giovani per avere? Eppure la pratica
persiste ancora oggi, quasi senza che si metta in discussione.
Metterle in discussione è il mio scopo principale nel seguito di
questo capitolo.

ABUSO FISICO E MENTALE


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Oggi, quando si parla di abuso di bambini da parte dei sa-


cerdoti, si intende abuso sessuale, ed io mi sento obbligato, sin
dall'inizio, a ridimensionare l'intera faccenda dell'abuso ses-
suale e a metterla da parte. Altri hanno notato che viviamo in
un tempo di isterismo verso la pedofilia, secondo una psicolo-
gia malata che ricorda le cacce alle streghe di Salem nel 1692.
Nel luglio 2000 il "News of the world" , largamente considera-
to nonostante l'aspra competizione il quotidiano più disgusto-
so della Gran Bretagna, organizzò una campagna "ricopriamo-
li di vergogna", spingendosi quasi fino al punto di incitare i vi-
gilanti ad intraprendere un'azione violenta diretta contro i pe-
dofili. La casa di un pediatra ospedaliero fu attaccata da mili-
tanti che non conoscevano la differenza tra un pediatra e un
pedofilo [..]. L'isterismo di massa verso i pedofili ha raggiunto
proporzioni epidemiche ed ha portato nei genitori crisi di pa-
nico. Gli odierni Just Williams, Huck Finn, gli odierni Swallo-
ws ed Amazon sono privati della libertà di andare in giro libe-
ramente, che in passato era una delle cose più belle della gio-
ventù (quando i rischi reali di molestia, non quelli percepiti,
101
non erano probabilmente inferiori).
[...]
Ciononostante, è chiaramente ingiusto infliggere a tutti i pe-
dofili una vendetta adatta alla piccola minoranza di essi che si
macchiano anche di omicidio. Tutte e tre le boarding school
[scuole con obbligo di alloggio] che ho frequentato assumeva-
no insegnanti il cui attaccamento ai ragazzini superava i confi-
ni della decenza. Questo fatto era chiaramente deprecabile.
Ciononostante se, cinquant'anni dopo, fossero stati trattati dai
vigilantes o dagli avvocati alla stregua di omicidi di bambini,
mi sarei sentito obbligato a prendere le loro difese, pur essen-
do stato vittima di uno di loro (un'esperienza imbarazzante
ma altrimenti innocua).
La Chiesa cattolica romana ha subito una buona proporzio-
ne di questo scandalo. Per tante ragioni io non ho simpatia per
la Chiesa cattolica romana. Ma ho ancora meno simpatia per
l'ingiustizia, e non posso evitare di domandarmi se questa isti-
tuzione sia stata demonizzata ingiustamente sulla questione,
specialmente in Irlanda e in America.
[..]
Dovremmo essere consapevoli della grande capacità della
mente di generare delle memorie false, specialmente quando
è fuorviata da terapisti privi di scrupoli ed avvocati mercenari.
La psicologa Elizabeth Loftus ha mostrato grande coraggio [...]
nel dimostrare quant'è facile per le persone formarsi delle me-
morie che sono interamente false ma che sembrano, alla vitti-
ma, reali come quelle vere. [..] Questo fatto è così controintui-
tivo che le giurie sono facilmente ingannate da testimonianze
sincere ma false.
[.....]
Una volta, durante le domande del pubblico dopo una mia
conferenza a Dublino, mi fu chiesto che cosa pensassi dei casi
ben noti di abuso sessuale da parte di sacerdoti cattolici in Ir-
landa. Io replicai che, per quanto orribile fosse l'abuso ses-
suale, il danno era notevolmente inferiore al danno psicolo-
gico a lungo termine inflitto al bambino crescendolo da cat-
102
tolico in primo luogo. Fu un'osservazione improvvisata, e fui
sorpreso di ottenere molti applausi entusiasti del pubblico ir-
landese (composto, certo, da intellettuali di Dublino e presu-
mibilmente non rappresentativo della nazione intera). Ma
questo fatto mi fu ricordato in seguito quando ricevetti una
lettera da una donna americana di circa 40 anni che era stata
cresciuta da cattolica romana. All'età di sette anni, mi disse, le
erano successe due cose spiacevoli. Aveva subito abusi sessua-
li dal suo parroco, nell'automobile di lui. Inoltre, più o meno
nello stesso periodo, una sua piccola compagna di scuola, che
era morta tragicamente, andò all'inferno perché era una pro-
testante. O così le aveva fatto credere la dottrina ufficiale di al-
lora della Chiesa dei suoi genitori. Il suo punto di vista da
adulta matura era che, di questi due esempi di abuso di bam-
bini cattolici romani, uno fisico e l'altro mentale, il secondo
fosse di gran lunga il peggiore. Ella scrisse:
Essere toccata dal prete mi lasciò semplicemente
un'impressione (nella mia mente di bambina di sette
anni) di "stranezza", mentre la memoria della mia ami-
ca che andava all'inferno era una memoria di paura,
fredda e smisurata. Non ho mai perso il sonno a causa
del prete ― ma ho passato molte notti nel terrore che
le persone che amavo andassero all'inferno. La cosa mi
dava gli incubi.
Certamente, l'abuso sessuale che ella subì nell'automobile
del prete fu relativamente blando se lo compariamo, ad esem-
pio, al dolore e il disgusto di un chierichetto sodomizzato. E al
giorno di oggi si dice che la Chiesa cattolica non si preoccupi
tanto dell'inferno come una volta. Ma l'esempio mostra che,
quantomeno, è possibile che un abuso psicologico di bambi-
ni sia più grave di un abuso fisico. Si dice che Alfred Hitch-
cock, il grande esperto cinematografico nell'arte di spaventare
le persone, stesse una volta guidando l'automobile in Svizzera
quando all'improvviso indicò qualcosa fuori dal finestrino e
disse "questa è la visione più spaventosa che io abbia mai avu-
to". Si trattava di un prete che conversava con un bambino,

103
con la mano sulla spalla del bambino. Hitchcock si sporse dal
finestrino e gridò "corri, ragazzino! Scappa, per la tua vita!"
"I bastoni e le pietre possono rompermi le ossa, ma le parole
non possono farmi male". Questo proverbio [anglosassone] è
vero soltanto fino a che tu non credi davvero alle parole in
questione. Ma se tutta la tua educazione sin dall'infanzia, e
tutto ciò che che ti è stato detto dai genitori, insegnanti e sa-
cerdoti, ti ha portato a credere, credere davvero, completa-
mente ed assolutamente, che i peccatori brucino all'inferno
(o qualche altro repellente articolo di dottrina come il fatto
che le donne siano di proprietà dei loro mariti), allora è inte-
ramente plausibile che le parole abbiano su di te un effetto
molto più duraturo e dannoso degli abusi fisici. Io sono con-
vinto che la frase "abuso di bambini" non sia un'esagerazione
quando viene usata per descrivere ciò che gli insegnanti e i sa-
cerdoti fanno ai bambini, incoraggiandoli a credere a qualcosa
come la punizione dei peccati mortali in un inferno eterno.
Nel mio documentario televisivo "root of all evil?", di cui ho
già fatto menzione, ho intervistato una quantità di leader reli-
giosi e fui criticato per aver scelto un estremista americano
piuttosto che un rispettabile sostenitore della corrente religio-
sa più diffusa, come un arcivescovo. [...] sembra una critica
giusta ― tranne che, nell'America del ventunesimo secolo,
ciò che sembra estremo al mondo esterno è in realtà una cor-
rente principale [mainstream]. Una delle persone da me inter-
vistate, che lasciarono di più senza parole il pubblico televisi-
vo britannico, fu il pastore Ted Haggard di Colorado Springs.
Ma, ben lungi dall'essere un estremista nell'America di Bush,
il pastore Ted è presidente dell'associazione nazionale degli
evangelici, associazione forte di 30 milioni di persone, e affer-
ma di avere il privilegio di una conversazione telefonica con il
presidente Bush ogni lunedì. Se avessi voluto intervistare i
veri estremisti secondo i moderni standard americani, avrei
dovuto intervistare i "ricostruzionisti", la cui "teologia del do-
minio" sostiene apertamente l'avvento di una teocrazia cri-
stiana in America. Come mi scrive un preoccupato collega
americano:
104
Gli europei devono sapere che c'è uno show itinerante di
invasati che predica davvero la reintroduzione della leg-
ge del vecchio testamento ― uccidere gli omosessuali
eccetera ― e di restringere ai soli cristiani il diritto di ac-
cedere a cariche pubbliche o anche di votare. La folla
della classe media applaude a questa retorica. Se i laici
non stanno attenti, i Dominionisti e i Ricostruzionisti sa-
ranno presto la corrente principale e più diffusa in una
reale teocrazia americana.
Un altro di coloro che intervistai fu il pastore Keenan Ro-
berts, proveniente dallo stesso Stato del Colorado del pastore
Ted. La particolare forma di follia del pastore Roberts consiste
in ciò che lui chiama "case dell'inferno". Una casa dell'inferno
è un luogo dove vengono portati i bambini, dai loro genitori o
dalle scuole cristiane, allo scopo di terrorizzarli su ciò che po-
trebbe accader loro dopo che saranno morti. Ci sono degli at-
tori che recitano spaventosi esempi di alcuni particolari "pec-
cati" come l'aborto e l'omosessualità, al cospetto di un diavolo
scarlatto che li guarda con aspetto terrificante. Queste cose
fungono da preludio per il pezzo forte, l'inferno stesso, com-
pleto di un realistico odore di zolfo e delle grida agonizzanti
di anime per sempre dannate.
Dopo aver guardato una di queste trasmissioni [..] Intervi-
stai il pastore Roberts alla presenza del suo cast di attori. Egli
mi disse che l'età ideale per visitare una casa dell'inferno è 12
anni. Questo mi colpì, e gli chiesi se non si preoccupasse che
un bambino di 12 anni potesse avere degli incubi dopo una di
queste performance. Egli replicò, presumibilmente con onestà:
Preferisco che loro capiscano che l'inferno è un posto
dove assolutamente non vogliono andare. Preferisco
raggiungerli con quel messaggio a 12 anni che non rag-
giungerli affatto con quel messaggio e permettere che
conducano una vita di peccato senza trovare mai il Si-
gnore Gesù Cristo. E se davvero finissero per avere gli
incubi, come risultato di questa esperienza, credo che ci
sia un bene più elevato che si può ottenere in questa vita

105
semplicemente di avere degli incubi.
Suppongo che, se veramente voi credeste ciò che il pastore
Roberts dice di credere, allora sembrerebbe giusto anche a
voi intimidire i bambini.
Non possiamo liquidare il pastore Robert come un folle
estremista. Come Ted Haggard, lui fa parte di una corrente re-
ligiosa largamente diffusa [mainstream] nell'America di oggi.
Sarei sorpreso se persino loro credessero a ciò che credono al-
cuni dei loro discepoli, come il fatto che si possono sentire le
urla dei dannati ascoltando i vulcani, o che gli enormi vermi
tubolari che si trovano nelle correnti calde profonde dell'ocea-
no siano in realtà l'avverarsi di Marco 9:43-4 "Se se la tua
mano ti offende, tagliatela: è meglio che tu viva mutilato, che
avere due mani per andare all'inferno, nel fuoco che non sarà
mai estinto: dove i vermi delle mani non muoiono, e il fuoco
non si estingue". Qualsiasi cosa essi credano sull'inferno, tutti
questi entusiasti del fuoco dell'inferno sembrano avere la cer-
tezza beata di essere tra quelli che saranno salvati; il che è ben
espresso da San Tommaso D'Aquino, uno dei teologi principa-
li, nella Summa Teologica: "che i santi possano godersi la loro
beatitudine e la grazia di Dio più abbondantemente di quanto
possano vedere la punizione dei dannati all'inferno". Brav'uo-
mo.
La paura del fuoco infernale può essere molto reale, anche
tra persone altrimenti razionali. Dopo il mio documentario te-
levisivo sulla religione, tra le tante lettere che ricevetti c'era
questa, proveniente da una donna ovviamente intelligente ed
onesta:
Sin dall'età di cinque anni frequentai una scuola cattoli-
ca, e fui indottrinata da suore che brandivano bastoni e
cinghie. Nell'adolescenza lessi gli scritti di Darwin, e ciò
che egli diceva aveva perfettamente senso nella parte lo-
gica della mia mente. Ciononostante, ho passato la vita
soffrendo tanti conflitti ed avendo una profonda paura
dell'inferno, che mi viene molto spesso. Ho fatto della
psicoterapia, che mi ha permesso di risolvere alcuni dei

106
miei problemi precedenti, ma non riesco a superare
questa profonda paura.
Quindi, la ragione per cui le scrivo è per chiederle il
nome e l'indirizzo del terapista, che lei ha intervistato
nel programma di questa settimana, che è esperto di
questa particolare paura.
Fui commosso dalla sua lettera e (sopprimendo un senti-
mento di dispiacere che non esista alcun inferno dove queste
suore possano andare) le risposi che avrebbe dovuto affidarsi
alla propria ragione, un grande dono che lei ― diversamente
da persone meno fortunate ― ovviamente possedeva. Sugge-
rii che l'orrore dell'inferno, così come descritto da sacerdoti e
suore, è reso così grande per compensare la sua implausibilità.
Se l'inferno fosse una cosa plausibile, basterebbe che fosse
moderatamente spiacevole per poter fungere da deterrente.
Dato che è così improbabile che sia vero, deve essere pubbli-
cizzato come una cosa molto molto spaventosa, per bilanciare
la sua implausibilità e mantenere un qualche valore di deter-
renza. L'ho anche messa in contatto con la terapista, Jill Myt-
ton, una donna amabile e profondamente sincera che avevo
intervistato. La stessa Jill era stata cresciuta in una setta più
odiosa del solito chiamata "Exclusive Brethren": così spiacevo-
le che c'è persino un sito Web, www.peebs.net, dedicato inte-
ramente a prendersi cura di coloro che sono riusciti a fuggir-
ne.
La stessa Jill Mytton era stata cresciuta in modo da essere
terrorizzata dall'inferno, era sfuggita alla cristianità da adulta,
e adesso dà consiglio ed aiuta altre persone similmente trau-
matizzate in gioventù: "se ripenso alla mia infanzia, era un'in-
fanzia dominata dalla paura. Ed era la paura della disappro-
vazione nel presente, ma anche dalla dannazione eterna. E per
un bambino, le immagini del fuoco eterno e delle strida di
denti sembrano davvero molto reali. Non sono assolutamente
metaforiche". Poi le chiesi di illustrare che cosa le fosse stato
detto sull'inferno, da bambina, e la sua risposta fu commoven-
te quanto il suo volto durante la lunga esitazione che ebbe pri-

107
ma di rispondere: "è strano, non è vero? Dopo tutto questo
tempo ha ancora il potere di... farmi soffrire... quando tu...
quando mi fai questa domanda. L'inferno è un posto spaven-
toso. È il rifiuto completo di te da parte di Dio. È il giudizio
completo, c'è un fuoco reale, c'è tormento reale, tortura reale, e
continua così per sempre e non c'è via d'uscita".
Proseguì dicendomi del gruppo di sostegno che lei presiede
per coloro che fuggono da un'infanzia simile alla sua, e ci tiene
a chiarire quanto sia difficile per molti di loro uscirne: "il
processo di andare via è straordinariamente difficile. Ti stai la-
sciando indietro un'intera rete sociale, un intero sistema in cui
sei stato praticamente cresciuto, stai abbandonando un intero
sistema di credenze che tu stesso hai avuto per anni. Molto
spesso abbandoni la tua famiglia e gli amici... non esisti dav-
vero più per alcuno di loro". Riuscii a contribuire alla discus-
sione con le lettere di americani che mi avevano scritto affer-
mando di aver letto i miei libri e di aver abbandonato la loro
religione in conseguenza di ciò. Molti di essi proseguono in
modo sconcertante dicendo che non osano dirlo alle loro fami-
glie, o che lo hanno fatto con risultati terribili. Il seguente ac-
conto è tipico. Colui che scrive è un giovane studente di medi-
cina americano.
Sento il bisogno di scriverle un'email perché condivido
la Sua visione della religione, visione che in America ci
rende emarginati, come sicuramente Lei sa. Sono cre-
sciuto in una famiglia cristiana e sebbene l'idea di reli-
gione non mi abbia mai convinto solo recentemente ho
avuto il coraggio di dirlo a qualcuno. Questo qualcuno
era la mia ragazza, la cui reazione fu di... orrore. Com-
prendo che una dichiarazione di ateismo potrebbe esse-
re scioccante ma adesso è come se lei mi vedesse come
una persona completamente diversa. Non si può più fi-
dare di me, dice, perché la mia morale non deriva da
Dio. Non so se supereremo mai questa cosa, e non ci
tengo particolarmente a condividere le mie credenze con
altre persone che mi sono vicine perché temo la stessa
reazione di disgusto... non mi aspetto una risposta. Le
108
scrivo solo perché speravo che avrebbe avuto compas-
sione per me e avrebbe condiviso la mia frustrazione.
Immagini di perdere qualcuno che ama, e che la amava,
a causa della religione. A parte il punto di vista di lei
che io ora sono un senza-dio, eravamo perfetti l'uno per
l'altra. Ciò mi ricorda la Sua osservazione che le persone
fanno cose folli in nome della loro fede. Grazie per la sua
attenzione.
Risposi a questo sfortunato giovane notando che, se la sua
ragazza aveva scoperto qualcosa su di lui, anche lui aveva sco-
perto qualcosa su di lei. Era davvero abbastanza in gamba per
lui? Io ne dubitavo.
Ho già menzionato la cabarettista americana Julia Sweeney e
il suo comico sforzo di trovare alcune caratteristiche positive
nella religione e di riscattare il dio della sua infanzia dai suoi
dubbi da adulta.
[.....]
"Losing faith in faith: front preacher to atheist" di Dan Bar-
ker è la storia della sua conversione graduale, da ministro fon-
damentalista devoto e predicatore viaggiatore militante, all'a-
teo forte e fiducioso in sé che è diventato oggi. Cosa notevole,
Barker continuò a predicare il cristianesimo per qualche tem-
po dopo essere diventato ateo, perché era l'unica carriera che
conosceva, e si sentiva intrappolato in una ragnatela di obbli-
ghi sociali. Ora egli conosce molti altri uomini di Chiesa ame-
ricani che si trovano nella stessa posizione in cui si trovava lui,
ma che lo hanno confidato solo a lui, dopo aver letto il suo li-
bro. Essi non osano ammettere il loro ateismo neppure alle
proprie famiglie, data la reazione terribile che prevedono. La
storia di Barker ebbe una conclusione più felice. All'inizio, i
suoi genitori furono profondamente e dolorosamente scossi.
Ma poi ascoltarono il suo calmo ragionamento, e, alla fine, di-
vennero atei anche loro.
Due professori da un'università americana mi scrissero indi-
pendentemente circa i loro genitori. Uno disse che sua madre
soffre un dolore permanente perché teme per l'anima im-

109
mortale di lui. L'altro disse che suo padre vorrebbe che lui
non fosse mai nato, tanto è convinto che suo figlio passerà
l'eternità all'inferno. Questi sono professori di università
dotati di grande educazione, che confidano nella loro maturi-
tà e nella loro cultura, che presumibilmente hanno superato i
loro genitori in tutte le questioni intellettuali, non soltanto
nella religione. Pensate semplicemente a quanto maggiore
possa essere il problema per persone meno solide intellet-
tualmente, meno equipaggiate di loro (o di Julia Sweeney)
nelle capacità retoriche e nell'educazione ricevuta, per fronteg-
giare questi membri della propria famiglia. Forse non molto
diverso che per i pazienti di Jill Mytton.
Nella nostra conversazione televisiva precedente, Jill aveva
descritto questo tipo di educazione religiosa come una forma
di abuso mentale, ed io ritornai su questo punto come segue:
"Dovresti usare il termine abuso religioso. Se tu dovessi com-
parare l'abuso di crescere un bambino per fargli credere nel-
l'inferno... con l'abuso sessuale, quale pensi che sia il peso rela-
tivo di queste due cose in termini di trauma?" Lei replicò: "è
una domanda molto difficile... credo che ci siano molte cose in
comune, per la verità, perché in entrambi i casi c'è un abuso di
fiducia; in entrambi i casi si nega al bambino il diritto di sen-
tirsi libero e capace di relazionarsi con il mondo in modo nor-
male... è una forma di violenza; è in entrambi i casi una cosa
che impedisce il realizzarsi della sua vera personalità".

IN DIFESA DEI BAMBINI


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Un mio collega, lo psicologo Nicholas Humphrey, citò il pro-


verbio "i bastoni possono farmi del male ma le parole no" per
aprire la sua conferenza Amnesty, ad Oxford nel 1997. Hum-
phrey cominciò dicendo che il proverbio non è sempre vero,
citando il caso dei credenti Vodoo haitiani che morivano,
apparentemente per qualche effetto psicosomatico del terrore,
nel giro di qualche giorno dopo che veniva lanciato su di loro
110
un "incantesimo" maligno. Poi egli chiese se Amnesty Interna-
tional, il beneficiario della serie di conferenze a cui lui aveva
contribuito, dovesse fare delle campagne contro le pubblica-
zioni o i discorsi dannosi o pericolosi. La sua risposta fu un so-
noro no a tale censura, in generale: "la libertà di parola è una
libertà troppo preziosa perché noi la limitiamo". Ma poi pro-
seguì, mettendo a dura prova le sue idee di liberale, sostenen-
do un'importante eccezione: per sostenere la censura nel
caso speciale dei bambini:
...l'educazione morale e religiosa, specialmente l'educa-
zione che i bambini ricevono a casa, secondo cui ai geni-
tori è permesso di decidere cosa i loro bambini debba-
no considerare vero o falso, giusto o sbagliato. (Non
soltanto tutto ciò è permesso ai genitori, ma addirittura
ci si aspetta che lo facciano.) Io sosterrò che i bambini
hanno il diritto umano a non avere le loro menti dan-
neggiate dall'esposizione alle idee sbagliate di altre
persone ― non importa chi siano queste altre persone. I
genitori, da parte loro, non hanno alcun diritto conferi-
to da Dio di indottrinare i loro figli in qualunque
modo scelgano: nessun diritto di limitare l'orizzonte
della conoscenza dei loro bambini, di farli crescere in
un'atmosfera di dogma e superstizione, o di insistere
che seguano i percorsi stretti ed oscuri della loro stessa
fede.
In breve, i bambini hanno il diritto di non avere le loro
menti alterate da cose senza senso, e noi come società
abbiamo il dovere di proteggerli da ciò. Quindi non
dovremmo più permettere ai genitori di insegnare ai
loro figli a credere, ad esempio, nella verità letterale
della Bibbia o che i pianeti governino le loro vite, più
di quanto dobbiamo permettere ai genitori di far salta-
re loro i denti o di chiuderli a chiave in cantina.
Naturalmente, un'affermazione così forte necessita, ed ha ri-
cevuto, molti chiarimenti. Non è forse questione d'opinione
personale cosa è senza senso? Non è forse vero che la scienza

111
ortodossa è stata capovolta abbastanza spesso da farci diven-
tare più cauti? Gli scienziati potrebbero pensare che sia senza
senso insegnare l'astrologia e la verità letterale della Bibbia,
ma ci sono altre persone che pensano l'opposto, e non avreb-
bero questi il diritto di insegnarle ai loro figli? Non è ugual-
mente arrogante insistere che ai bambini bisognerebbe inse-
gnare la scienza?
Ringrazio i miei genitori di aver seguito la regola di inse-
gnare al proprio figlio non tanto cosa pensare quanto come
pensare. Se, dopo che è stata adeguatamente presentata loro
tutta l'evidenza scientifica, i bambini dovessero crescere e
decidere che la Bibbia sia letteralmente vera o che il movi-
mento dei pianeti governi le loro vite, questo è loro diritto. Il
punto importante è che è loro il diritto di decidere cosa pen-
sare, e non diritto dei genitori imporlo per forza maggiore. È
questo, naturalmente, è particolarmente importante se riflet-
tiamo che i bambini di oggi diventano i genitori di domani,
nella posizione di tramandare qualunque indottrinamento che
essi stessi abbiano ricevuto.
Humphrey suggerisce che, finché i bambini sono piccoli,
vulnerabili e bisognosi di protezione, il modo davvero morale
di crescerli è il tentativo onesto del genitore di indovinare
che cosa sceglierebbero da soli se fossero abbastanza grandi
per farlo. Egli cita in modo commovente l'esempio di una gio-
vane ragazza Inca i cui resti, risalenti a 500 anni fa, furono tro-
vati congelati nelle montagne del Perù nel 1995. L'antropologo
che la scoprì scrisse che lei era stata vittima di un sacrificio ri-
tuale. Humphrey racconta che la televisione americana man-
dò in onda un documentario su questa giovane fanciulla dei
ghiacci. Gli spettatori erano invitati
a meravigliarsi della dedizione spirituale dei sacerdoti
Inca e a condividere con la ragazza l'orgoglio e l'eccita-
zione per essere stata scelta per l'onore di essere sacri-
ficata. Il messaggio del programma televisivo era in ef-
fetti che la pratica del sacrificio umano era di per sé una
gloriosa invenzione culturale ― un altro fiore all'occhiel-

112
lo del multiculturalismo, se volete.
Humphrey è scandalizzato, tanto quanto me:
Come osa chiunque suggerire una cosa simile? Come
osano invitarci ― seduti comodamente in poltrona,
mentre guardiamo la televisione ― a provare trasporto
al pensiero di un omicidio rituale: l'omicidio di un bam-
bino che dipendeva psicologicamente da un gruppo di
stupidi, ignoranti, superstiziosi vecchiacci? Come si per-
mettono di invitarci a trovare del bene per noi stessi con-
templando un'azione immorale verso qualcun altro?
Di nuovo, il buon lettore liberale potrebbe sentirsi lievemen-
te in disaccordo. Immorale secondo i nostri standard, certa-
mente, e anche stupido, ma che dire degli standard Inca?
Certamente, per gli Inca, il sacrificio era un atto morale e tut-
t'altro che stupido, sancito da tutto ciò che loro ritenevano sa-
cro? La ragazzina era senza dubbio una leale credente nella re-
ligione in cui era stata cresciuta. Chi siamo noi per usare una
parola come "omicidio", giudicando i sacerdoti Inca secondo i
nostri standard anziché i loro? Forse questa ragazza era incre-
dibilmente felice del suo destino: forse lei credeva davvero
che sarebbe andata in un paradiso eterno, scaldata dalla com-
pagnia radiante del Dio sole. O forse ― come sembra molto
più probabile ― gridava disperatamente di terrore.
Il punto di Humphrey ― e il mio ― è che, indipendente-
mente dal fatto che lei fosse una vittima volontaria o meno,
c'è una forte ragione di credere che lei non avrebbe voluto
ciò se fosse stata in pieno possesso dei fatti. Ad esempio,
supponi che lei avesse saputo che il sole è davvero una palla
di idrogeno, più calda di un milione di gradi Kelvin, che si
converte in elio mediante fusione nucleare, e che si formò in
origine dallo stesso disco di gas dal quale si condensò anche la
Terra e tutto il sistema solare... allora, presumibilmente, co-
stei non lo avrebbe venerato come un dio, e questo avrebbe
alterato la sua prospettiva di essere sacrificata per propiziar-
lo.
Non si possono criticare i sacerdoti Inca per la loro ignoran-
113
za, e forse si può considerare esagerato giudicarli stupidi e in-
vasati. Ma si possono colpevolizzare per avere instillato le
loro credenze su un bambino troppo giovane per decidere se
venerare il sole o no. Il punto addizionale di Humphrey è che
gli autori degli odierni documentari, e noi che siamo il loro
pubblico, abbiamo la colpa di vedere della bellezza nella mor-
te di questa piccola ragazza ― come qualcosa che arricchisca
la nostra cultura collettiva. La stessa tendenza a glorificare le
abitudini religiose delle varie etnie, e di giustificare le crudel-
tà fatte nel loro nome, salta fuori regolarmente nei discorsi. E
produce un conflitto interno nella mente di brave persone li-
berali che, da una parte, non possono sopportare la crudeltà e
la sofferenza, ma dall'altra sono state condizionate dai post-
modernisti e dai relativisti a rispettare le altre culture quan-
to la propria.
L'infibulazione [circoncisione femminile] è senza dubbio or-
ribilmente dolorosa, è un sabotaggio del piacere sessuale delle
donne (in verità, questo probabilmente è proprio il suo scopo),
e una buona metà delle menti liberali decenti vuole abolire
questa pratica. L'altra metà, però, 'rispetta' la cultura etnica e
sente che non dovremmo interferire se 'loro' vogliono muti-
lare le 'loro' figlie. Il punto, naturalmente, è che ciò che chia-
miamo 'le loro figlie' appartengono in realtà a loro stesse, non
ai genitori, e i loro desideri non dovrebbero essere ignorati.
Ecco una domanda più difficile: e se la ragazza stessa dice
che vuole essere circoncisa? Ma potrebbe costei, un domani,
divenuta adulta informata, desiderare che questo fosse suc-
cesso? Humphrey nota che nessuna donna, che da bambina
sia per qualche motivo riuscita a scampare alla circoncisione,
si è mai offerta volontaria per l'operazione da adulta.
Dopo una discussione sugli Amish, ed il loro presunto dirit-
to di crescere i "loro" figli a modo loro, Humphrey critica il no-
stro entusiasmo come società di
preservare la diversità culturale. Potreste voler dire:
d'accordo, è duro per un bambino Amish, o Hasidim, o
Rom essere cresciuto come vogliono i suoi genitori ―

114
ma almeno abbiamo la conseguenza positiva di far con-
tinuare queste affascinanti tradizioni culturali. Non sa-
rebbe impoverita la nostra civiltà intera se queste tradi-
zioni scomparissero? Forse è un peccato che degli indivi-
dui debbano essere sacrificati per mantenere questa di-
versità. Ma, dopotutto, è il prezzo che paghiamo come
società. Tranne che, vi vorrei ricordare, non lo paghiamo
noi, lo pagano loro.
Questa questione venne all'attenzione pubblica nel 1972
quando la corte suprema degli Stati Uniti si pronunciò in un
processo, Wisconsin contro Yoder, circa il diritto dei genitori
di ritirare i loro figli da scuola per motivi religiosi. Gli Ami-
sh vivono in comunità circoscritte in varie parti degli Stati
Uniti, parlando per lo più un dialetto arcaico del tedesco chia-
mato olandese della Pennsylvania ed astenendosi, in modo
più o meno rigido, dall'usare elettricità, motori a combustione
interna, pulsanti e altre manifestazioni della vita moderna.
C'è, in effetti, qualcosa di affascinante in un'isola in cui si vive
come nel 700, è una specie di spettacolo per occhi moderni.
Non vale la pena di preservarlo, per salvaguardare la ricchez-
za della diversità umana? E l'unico modo di preservarlo è per-
mettere agli Amish di educare i loro bambini a modo loro, e
proteggerli dall'influenza corruttrice della modernità. Ma, si-
curamente vogliamo chiedere, non dovrebbero i bambini
stessi avere qualche voce in capitolo sulla questione?
Alla corte suprema fu chiesto di pronunciarsi nel 1972,
quando alcuni genitori Amish del Wisconsin sottrassero i
bambini dal liceo. L'idea stessa di istruzione oltre una certa
età era contraria ai valori religiosi degli Amish, specialmente
l'educazione scientifica. Lo stato del Wisconsin portò i geni-
tori sotto processo, affermando che stavano privando i bambi-
ni del loro diritto ad un'educazione. Dopo essere passato per
tutte le corti, il caso alla fine raggiunse la corte suprema degli
Stati Uniti, che produsse un pronunciamento diviso (6:1) in fa-
vore dei genitori. L'opinione di maggioranza, scritta dal Chief
Justice Warren Burger, includeva quanto segue: "come mostra
la registrazione [record], obbligare i bambini Amish a frequen-
115
tare la scuola fino a 16 anni è una reale minaccia verso la co-
munità Amish e la pratica religiosa che esiste oggi; essi sono
costretti a scegliere tra abbandonare le proprie credenze ed es-
sere assimilati nella società più estesa, oppure convertirsi a
qualche forma di religione più tollerante."
L'opinione di minoranza del Justice William O. Douglas era
che si sarebbero dovuti consultare i bambini stessi. Voleva-
no veramente interrompere la propria istruzione? Volevano
veramente restare nella religione Amish? Nicholas Humphrey
si sarebbe spinto persino più oltre. Anche se avessimo inter-
pellato i bambini stessi ed essi avessero scelto di restare nel-
la religione Amish, possiamo supporre che avrebbero fatto
lo stesso se fossero stati bene istruiti ed informati sulle alter-
native disponibili? Perché questa ipotesi sia plausibile, non
dovrebbe esserci qualche esempio nel mondo esterno di ra-
gazzini che volontariamente si associno alla religione Ami-
sh? Il Justice Douglas andò oltre in una direzione leggermente
diversa. Egli non vide ragione particolare di conferire al punto
di vista religioso dei genitori uno status speciale nel decidere in
che misura essi debbano poter privare i figli di un'istruzione.
Se la religione è un valido motivo di esenzione, non potrebbe-
ro esserci anche delle credenze laiche che si qualificano come
tali?
La maggior parte della corte suprema ha tracciato un paral-
lelo con alcuni dei valori positivi degli ordini monastici, i qua-
li arricchiscono (secondo la corte) la società stessa. Ma, come
osserva Humphrey, c'è una differenza cruciale. I monaci si
offrono volontari per la vita monastica, di loro proprio libero
arbitrio. I bambini Amish non si sono mai offerti volontari
per diventare Amish; sono nati tali, e non hanno avuto scel-
ta.
C'è qualcosa di orribilmente degradante e disumano nel-
l'atto di sacrificare qualcuno, specialmente i bambini, in
nome della "diversità", per preservare la varietà delle tradi-
zioni religiose. Noialtri ci godiamo le nostre automobili e i
computer, i nostri vaccini e gli antibiotici. Ma voi, esserini pri-
mitivi con i vostri strani cappellini e i pantaloni al ginocchio,
116
le vostre carrozze, il vostro dialetto arcaico e le vostre latrine
all'aperto, voi arricchite le nostre vite. Naturalmente vi deve
essere permesso intrappolare i vostri figli insieme a voi nel
vostro mondo parallelo del diciassettesimo secolo, altrimenti
noi perderemmo qualcosa di irrecuperabile: una parte della
meravigliosa diversità della cultura umana. Una piccola parte
di me riesce persino a trovare un minimo di senso in tutto
questo. Ma la parte più grande di me ne è davvero nauseata.

L'ARGOMENTO DELLE SACRE SCRITTURE


(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Ci sono ancora persone che affermano di credere in Dio a


causa di "evidenza" derivante dalle Scritture. Un argomento
comune, attribuito tra gli altri a C. S. Lewis (dal quale ci si
aspettava qualcosa di meglio) dice che, poiché Gesù affermò
di essere il figlio di Dio, deve aver avuto ragione oppure deve
essere stato pazzo o bugiardo: "pazzo, malvagio o Dio". O,
con una semplice parafrasi, "pazzo, bugiardo o Nostro Signo-
re". L'evidenza storica che Gesù abbia affermato di avere qual-
che tipo di natura divina è minima. Ma anche se quell'eviden-
za fosse buona, non è assolutamente vero che ci sarebbero sol-
tanto queste tre alternative. Una quarta possibilità, quasi
troppo ovvia per meritare menzione, è che Gesù semplice-
mente si stesse sbagliando in buona fede. Molte persone lo
fanno. In ogni caso, come ho detto, non c'è buona evidenza
storica che lui abbia mai pensato di essere divino.
Il fatto che qualcosa sia scritto nero su bianco persuade quel-
le stesse persone che non sono abituate a fare domande come
“chi l'ha scritto, e quando?” “Come sapevano che cosa scrive-
re?” “Intendevano davvero, a quei tempi, ciò che noi nel no-
stro tempo abbiamo capito?” “Erano osservatori distaccati e
imparziali, oppure avevano una “agenda” [un obiettivo] con
cui “coloravano” i loro scritti?”. Sin dall'inizio del diciannove-
simo secolo, gli studiosi di teologia hanno dimostrato ampia-
mente che i Vangeli non sono un resoconto affidabile di ciò
117
che successe nella storia reale del mondo. Furono tutti scritti
molto tempo dopo la morte di Gesù, e anche dopo le epistole
di Paolo, che non menzionano quasi nessuno dei fatti presunti
della vita di Gesù. Poi furono tutti copiati e ricopiati, per mol-
te diverse generazioni di "sussurratori cinesi" (vedi capitolo 5)
da scrivani non infallibili che, in ogni caso, avevano le proprie
"agende" religiose.
Un buon esempio di come le agende religiose causino una
“ricolorazione” dei fatti è l'intera commovente leggenda della
nascita a Betlemme di Gesù, seguita dal massacro degli inno-
centi da parte di Erode. Quando furono scritti i Vangeli, molti
anni dopo la morte di Gesù, nessuno sapeva dove egli fosse
nato. Ma una profezia del vecchio testamento (Micah 5:2) ave-
va portato gli ebrei ad aspettarsi che il Messia atteso da lungo
tempo sarebbe nato a Betlemme. A causa di questa profezia, il
vangelo di Giovanni nota esplicitamente che i seguaci di Gesù
si sorpresero che lui non fosse nato a Betlemme: “Alcuni disse-
ro, questo è il Cristo. Ma altri dissero: non dovrebbe Cristo ve-
nire dalla Galilea? Non ha detto la scrittura che Cristo verrà
dal seme di Davide, e dalla città di Betlemme, dove fu
Davide?”
Matteo e Luca gestiscono il problema diversamente, decre-
tando che Gesù deve essere nato a Betlemme, dopo tutto. Ma lo
fanno arrivare lì in modi diversi. Matteo fa stare Maria e Giu-
seppe a Betlemme per tutto il tempo, facendoli spostare a Na-
zareth solo molto tempo dopo la nascita di Gesù, durante il
loro ritorno dall'Egitto dove erano andati per fuggire a Erode
e il suo massacro degli innocenti. Luca, invece, ammette che
Maria e Giuseppe vivevano a Nazareth prima che Gesù na-
scesse. Ma allora come far sì che si trovassero a Betlemme nel
momento cruciale, per poter soddisfare la profezia? Luca dice
che, al tempo in cui Quirino era governatore della Siria, Cesa-
re Augusto decretò un censimento a scopo di tassazione, e che
tutti dovevano "recarsi nella propria città". Giuseppe era "del-
la casa e del lignaggio di Davide" e quindi doveva andare nel-
la "città di Davide, che è chiamata Betlemme". Questa deve es-
sergli sembrata una buona soluzione. Se non fosse che storica-
118
mente è completamente insensata, come è stato notato tra gli
altri da A. N. Wilson in "Jesus" e da Robin Lane Fox in "The
Unauthorized Version". Perché mai i romani avrebbero dovu-
to chiedere a Giuseppe di andare nella città dove era vissuto
un suo lontano antenato mille anni prima? E' come se a me
fosse richiesto di specificare come mia città di residenza, ad
esempio, Ashby-de-la-Zouch sul modulo di un censimento,
qualora io potessi per caso far risalire la mia linea genealogica
fino al Signeure de Dakeyne, che arrivò con Guglielmo il con-
quistatore e si stabilì in quel luogo.
Inoltre, Luca fa errori di datazione menzionando con legge-
rezza alcuni eventi che gli storici possono indipendentemente
verificare. È vero che c'è stato un censimento sotto il governa-
tore Quirino ― un censimento locale, non uno decretato da
Cesare Augusto per tutto l'impero ― ma avvenne troppo tar-
di: nell'anno del Signore 6, molto dopo la morte di Erode.
Lane Fox conclude che "la storia di Luca è storicamente im-
possibile e internamente incoerente", ma simpatizza con il de-
siderio di Luca di soddisfare la profezia di Micah.
Nell'edizione di Free Inquiry del dicembre 2004, Tom Flynn,
editore di quella eccellente rivista, mise insieme una collezio-
ne di articoli che documentavano le contraddizioni e i buchi
nella beneamata storia del Natale. Lo stesso Flynn elenca le
molte contraddizioni tra Matteo e Luca, gli unici due evangeli-
sti che trattino la nascita di Gesù. [...] Robert Gillooly mostra
come tutte le caratteristiche essenziali della nascita di Gesù,
compresa la stella nell'est, la nascita da una vergine, la venera-
zione del bambino da parte di re, i miracoli, l'esecuzione, la ri-
surrezione e l'ascensione, siano prese in prestito ― una per
una ― da altre religioni già esistenti nel Mediterraneo e nella
regione del medio oriente. Flynn suggerisce che il desiderio di
Matteo di soddisfare le profezie messianiche (la discendenza
da Davide, la nascita a Betlemme) per compiacere i lettori
ebrei entrò in conflitto con il desiderio di Luca di adattare il
cristianesimo per i Gentili, ed in tal modo ingraziarsi le fami-
liari religioni ellenistiche pagane (nascita da una vergine, ve-
nerazione da parte di re, eccetera). Le contraddizioni che risul-
119
tano da tutto ciò saltano palesemente all'occhio, ma sono rego-
larmente non viste dai fedeli.
I cristiani sofisticati non hanno bisogno di George Gershwin
per convincersi che " le cose che ti capita / di leggere nella Bib-
bia / non sono necessariamente vere". Ma ci sono tanti cristiani
non sofisticati là fuori che pensano che sia assolutamente e ne-
cessariamente così ― che prendono la Bibbia molto sul serio
come documento letterale ed accurato della storia, e quindi
come evidenza che supporta le loro credenze religiose. Ma
queste persone non aprono mai libro che credono essere la ve-
rità letterale? Perché non notano queste evidenti contraddizio-
ni? Non dovrebbero i letteralisti preoccuparsi del fatto che
Matteo faccia risalire la discendenza di Giuseppe a re Davide
attraverso 28 generazioni intermedie, mentre Luca presenta
41 generazioni? Ancora peggio, non c'è quasi alcuna sovrap-
posizione tra i nomi che compaiono nelle due liste! In ogni
caso, se davvero Gesù è nato da una vergine, la discendenza
di Giuseppe è irrilevante e non si può utilizzare per soddisfa-
re, verso Gesù, la profezia del vecchio testamento che il Mes-
sia dovrebbe discendere da Davide.
Lo studioso biblico americano Bart Ehrman, in un libro sot-
totitolato "La storia dietro chi modificò il nuovo testamento e
perché", mostra l'enorme incertezza che annebbia i testi del
nuovo testamento. Nell'introduzione al libro, il professor Ehr-
man illustra in modo commovente il suo viaggio personale di
educazione, dal credere nella Bibbia in modo fondamentalista
fino a divenire uno scettico assennato, viaggio guidato dalla
sua presa di coscienza della enorme fallibilità delle scritture.
Cosa significativa, mentre egli risaliva la gerarchia delle uni-
versità americane, dal fondo assoluto del "Moody Bible Insitu-
te", passando per il Wheaton College [...], fino a Princeton, in
ogni momento gli fu ricordato che avrebbe avuto problemi a
conservare la sua cristianità fondamentalista di fronte al peri-
coloso progressismo. La cosa si dimostrò infatti difficile; e noi,
i suoi elettori, ne siamo i beneficiari. Altri rinfrescanti libri ico-
noclasti di critica biblica sono "the unauthorized version" di
Robin Lane Fox, già menzionato, e "the secular bible: why
120
nonbelievers must take religion seriously" di Jacques Berliner-
blau.
I quattro Vangeli che sono entrati nel cannone ufficiale sono
stati scelti, più o meno arbitrariamente, da una rosa più vasta
di almeno dodici, tra cui il Vangelo di Tommaso, Pietro, Nico-
demo, Filippo, Bartolomeo, e Maria Maddalena. È a questi
Vangeli che si riferiva Thomas Jefferson nella sua lettera al ni-
pote:
Dimenticavo di osservare, quando parliamo del nuovo
testamento, che dovresti leggere tutte le storie di Cristo,
non solo quelle che un concilio di ecclesiastici ha deciso
che vadano considerate opera di pseudo-evangelisti.
Perché questi pseudo-evangelisti sostengono di avere
avuto un'ispirazione divina, tanto quanto gli altri, e devi
valutare tale pretesa con la tua stessa ragione, e non con
la ragione di quegli ecclesiastici.
I Vangeli che non ce l'hanno fatta sono stati omessi da quegli
ecclesiastici forse perché contenevano storie che erano ancor
meno plausibili ed ancor più imbarazzanti di quelle nei quat-
tro Vangeli canonici. Il Vangelo di Tommaso, ad esempio, con-
tiene numerosi aneddoti in cui Gesù abusa dei suoi poteri
magici come una fatina dispettosa, trasformando impietosa-
mente i suoi compagni di giochi in capre, o tramutando il fan-
go in passeri, o aiutando suo padre nel mestiere di carpentiere
allungando miracolosamente un pezzo di legno8. Si risponde-

8 A. N. Wilson, nella sua biografia di Gesù, mette in dubbio l'intera storia


che Giuseppe facesse il carpentiere. La parola greca tekton significa in
effetti carpentiere, ma fu tradotta dalla parola aramaica "naggar", che
potrebbe significare "craftsman" o "learned man". Questa è una delle
molte traduzioni errate che tormentano la Bibbia, la più famosa delle
quali è la traduzione erronea della parola "almah", che nell'ebraico di
Isaia significa "giovane donna", nella parola greca "vergine"
("parthenos"). Si tratta di un errore facile da fare (pensate alle parole
inglesi "maid" e "maiden" per rendervi conto di come ciò potrebbe
succedere), ma questo errore è stato gonfiato a tal punto da produrre
l'intera assurda leggenda che la madre di Gesù fosse una vergine!
L'unico concorrente per il titolo di "più grande errore di traduzione di
tutti i tempi" riguarda anch'esso le vergini. Ibn Warraq ha affermato in
121
rà che nessuno crede davvero alle crude storie di miracoli
come quelle che si trovano nel Vangelo di Tommaso. Ma non
c'è alcuna ragione per cui si debba credere di più (o di meno)
ai quattro Vangeli canonici. Tutti hanno lo status di leggende,
e sono tanto dubbi fattualmente quanto le storie di re Artù e i
cavalieri della tavola rotonda.
La maggior parte delle cose in comune ai quattro Vangeli
deriva da una fonte comune: o il Vangelo di Marco oppure un
lavoro perduto, di cui quello di Marco è il primo derivato
giunto fino a noi. Nessuno sa chi fossero i quattro evangelisti,
ma quasi certamente non incontrarono mai Gesù di persona.
Molto di ciò che scrissero non era affatto un tentativo onesto
di fare storia, ma semplicemente una continuazione del vec-
chio testamento, perché gli autori del Vangelo erano devota-
mente convinti che la vita di Gesù dovesse soddisfare le pro-
fezie del vecchio testamento. È perfino possibile fare l'ipotesi
storica seria, sebbene non largamente supportata, che Gesù
non sia mai vissuto, come è stato fatto, tra gli altri, dal profes-
sor G. A. Wells dell'Università di Londra in molti libri, tra cui
"Did Jesus exist?".
Sebbene Gesù sia probabilmente esistito, gli studiosi biblici
rispettabili generalmente non considerano il nuovo testamen-
to (e ovviamente neppure il vecchio testamento) come una
fonte attendibile di ciò che è successo davvero nella storia, ed
io non considererò più la Bibbia come evidenza di alcun tipo
di divinità. Nelle parole lungimiranti di thomas jefferson, che
scriveva al suo predecessore, John Adams, "verrà il giorno in
cui il mistico concepimento di Gesù, avente come padre un
essere supremo e come madre una vergine, sarà considerato
alla stregua della favola di Minerva nata dal cervello di Gio-
ve".

modo divertente che, nella famosa promessa di 72 vergini a ogni


martire musulmano, "vergine" sia una traduzione errata per "acini di
uva bianca di chiarezza cristallina". Se solo questa cosa fosse stata più
nota, quante vittime innocenti di missioni suicide avrebbero potuto
essere salvate? (Ibn Warraq, "Virgins? What virgins?", Free Inquiry 26:
1, 2006, 45-6)
122
Il romanzo "il Codice Da Vinci" di Dan Brown, e il film da
esso derivato, stanno suscitando un'enorme controversia nei
circoli ecclesiastici. Si incoraggiano i cristiani a boicottare il
film e ad assediare i cinema che lo proiettano. È vero che si
tratta di un'invenzione dall'inizio alla fine: una storia inventa-
ta di sana pianta. In questo senso, è esattamente come i Van-
geli. L'unica differenza tra il codice da Vinci e i Vangeli è che i
Vangeli sono fiction antica mentre il codice da Vinci è fiction
moderna.

I QUIZ MORALI. UNO STUDIO APPLICATO SULLE


RADICI DELLA MORALITÀ
(da “L'Illusione di Dio”, Richard Dawkins)

Se il nostro senso morale, come il desiderio sessuale, ha


davvero radici nel nostro passato darwiniano [vedi Parte II],