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CAPITOLO IX

A Monza dove sono giunti trasportati da un barocciaio i tre si separano: Renzo prosegue solo per Milano.
Agnese e Lucia bussano alla porta del convento di suore indicato dal frate a cui li ha presentati padre
Cristoforo. Sono presentate non alla badessa ma ad una suora, suor Gertrude, che in convento gode di
particolari privilegi, anche perché, figlia di grandi aristocratici, per eredità conserva sul convento dei
diritti feudali. E qui il Manzoni si ferma nella presentazione di questa strana suora che già attraverso il
primo colloquio con le nostre due donne evidenzia atteggiamenti scontrosi accanto a gesti gentili ed
affettuosi. Era figlia di un principe di origine spagnola, stanziatosi a Milano: molto ricco, ma interessato
anche, secondo le consuetudini della società, a conservare intatta la proprietà all'erede maschio. in
conseguenza della legge non scritta detta del maggiorasco, tutti i beni dovevano passare a questi: per gli
altri figli non c'era che il convento, il sacerdozio. Gertrude fin dall'infanzia era stata destinata al convento
e vi viene rinchiusa quando è ancora una bambina. Qui tutte le suore collaborano a persuaderla della
bontà di una scelta monacale; tutte la servono e la esaltano. Quando torna a casa prima di pronunciare i
voti definitivi e manifesta la sua intenzione di non diventare monaca, trova tutto ostile: freddo, anzi
gelido ed autoritario il padre; fredda la madre, tutti cospirano a renderle impossibile l'esistenza. Una
piccola avventuretta con un paggio gliela presentano come un grave delitto, una macchia, a lavare la
quale non giova che il suo assenso a tornare al convento e a farsi suora.

CAPITOLO X

Quando Gertrude, cinicamente sottoposta ad un'autentica tortura psicologica, avverte che per lei non c'è
posto nella sua casa ed esprime in termini poco chiari il proposito di tornare in convento) la cosa è
accolta con grande entusiasmo dalla famiglia. Con estrema rapidità si sfrutta il momento. Portata in
convento fa domanda di essere definitivamente accolta nel monastero. C'è una prova da superare:
Gertrude deve sostenere un esame con il padre guardiano che deve stabilire che la decisione è
autenticamente spontanea e libera e non condizionata da pressioni esterne. Gertrude non ha il coraggio
di dire la verità e tra grandi festeggiamenti si trova suora per sempre. Vittima del sopruso, della frode,
del ricatto, come non seppe perdonare, così non seppe cercare nella fede le grandi consolazioni che si
concedono a tutti gli infelici. Continuò a rammaricarsi con se stessa, ad avvertire le suore come strumenti
dell'inganno, a vedere dappertutto una realtà sociale da cui era esclusa e che l'esclusione contribuiva a
rendere gradevole, anzi veramente felice.riassunto del capitolo 10 dei Promessi SposiLa sua vita di suora
conosce l'altalena delle passività e delle ribellioni, l'insoddisfazione e la ricerca di una persona a cui
appoggiarsi e in cui trovare fiducia. Non certo le dava se non provvisorie consolazioni il sapersi di grande
famiglia, come anche i privilegi di cui godeva nel convento. La sua vita mutò radicalmente, quando
cedendo alle pressioni e alla corte di un giovane scellerato, Egidio, che abitava accanto al convento, si
lasciò da lui sedurre divenendone l'amante. Per un po' una sorta dì gioia le diede l'illusione di aver
trovato ciò che cercava. A volte però cadeva in stati d'animo di prostrazione e di abbattimento. Ma
scivolò via via dal peccato al delitto. Un giorno una suora conversa minacciò di rivelare ai superiori la
tresca amorosa: poco dopo scomparve. Era stata uccisa da Egidio e sepolta vicino al convento. È passato
un anno dopo questi fatti, quando Lucia bussa alla porta del convento, si raccomanda alla generosità
della suora cui era dato il titolo distintivo di "signora" e viene accolta nel monastero.
Domande da interrogazione

Cosa succede nel capitolo 10 Promessi Sposi

Nel capitolo 10 dei Promessi Sposi viene descritto come Gertrude lascia la propria casa e famiglia dove
non si sente amata e a proprio agio chiedendo di essere trasferita al monastero. Una volta qua la
fanciulla deve superae una prova: il padre guardiano infatti deve stabilire se lei è andata in monastero
per sua volontà senza subire pressioni. Una volta in monastero conosce Egidio e si innamora di lui,
diventando la sua amante. Si descrive la vita di Gertrude nel monastero.

Come termina il capitolo 10 dei Promessi Sposi?

Il capitolo 10 termina con Lucia che bussa al monastero chiedendo di Gertrude. Lucia viene accolta
all'interno del monastero raccomandandosi alla sua generosità.

Come reagisce in realtà Gertrude al destino impostole?

Reagisce credendo di avere trovato l'amore in Egidio, da cui viene sedotta e di cui diventa l'amante
proprio per non pensare al triste destino impostole.

In che modo il Principe approfitta dell'attimo di debolezza della figlia?

In maniera subdola approfitta del momento di debolezza di sua figlia continuando a parlare
ripetutamente dell'errore fatto da lei.

Come finisce il capitolo 10 dei Promessi Sposi?

Il capitolo 10 finisce con Lucia che bussa al monastero chiedendo di Gertrude. Lucia viene accolta
all'interno del monastero raccomandandosi alla sua generosità.

CAPITOLO XI

Nel capitolo 11 dei Promessi Sposi vengono lasciate in secondo piano le vicende di Lucia che è stata
rapita e di Agnese, per riprendere a narrare le vicende del celebre "paesello", in cui Don Rodrigo discute
circa le conseguenze del rapimento di Lucia per mano del Griso. Di ritorno nel paese, la situazione di
delusione è latente, in quanto i due bravi si sono lasciati scappare dalle loro mani Lucia che nel frattempo
è riuscita a scappare a Pescarenico con Renzo.

A questo punto il Griso viene costretto a ripartire verso Pescarenico, in modo tale da potere avere
informazioni sui due innamorati. Egli scopre quindi che Lucia si trova a Monza in compagnia della madre
Agnese e che Renzo invece si trova nella città di Milano. Don Rodrigo viene a sapere che i due si trovano
in luoghi separati e inizia a ordire e pensare qualche piano in modo tale da dividerli per sempre. Nel
frattempo Renzo si trova a Milano, attirato dagli avvenimenti che stanno investendo la città.

CAPITOLO XII

Effettivamente Milano era una città in rivolta. Gli animi erano esasperati e dalle lamentele si era passati
ai fatti che si erano precisati come assalti ai forni. Non era solo la città, ma tutto il territorio lombardo
soggetto agli Spagnoli a soffrire la fame, ad essere investito dalla carestia. C'erano all'origine dei fatti
naturali: c'era stata una grande siccità, molte terre poi erano state abbandonate dai signori, la guerra del
Monferrato e di Mantova per la successione ai Gonzaga, attraverso lo spreco che è proprio degli eserciti
e attraverso le razzie distruttive compiute dai mercenari, procurava perdite e dissennato consumo di un
bene fattosi raro: ma erano anche responsabilità degli uomini al potere con la loro insipienza e la loro
incapacità di concreti provvedimenti. Questi avevano potenziato e complicato le situazioni imposte dalle
avversità naturali. Il governatore don Gonzalo, tutto preso dalla guerra, conduceva l'assedio alla città di
Casale e si disinteressava di Milano; il vice governatore Ferrer era un demagogo. Prima pose un calmiere
al pane obbedendo alle richieste dei fornai; poi, premuto dalla protesta popolare, abbassò il prezzo del
pane. La mattina in cui Renzo giunse a Milano era stato ordinato l'aumento del prezzo del pane. Una folla
di proporzioni sempre più vaste si raccolse prima in piazza Duomo. La scintilla della rivolta viene data da
un ragazzo di fornaio che porta il pane in casa dei signori: è il primo assalto. Di qui si passa al vicino forno
delle grucce. A questo punto interviene la polizia: il capitano di giustizia, affacciatosi ad una finestra per
invitare la folla a tornare alla calma e a casa, viene raggiunto da un sasso alla fronte che lo costringe ad
una rapida ritirata. Il forno è assaltato e saccheggiato. Dalle parole che sente, Renzo comprende che il
responsabile della mancanza di pane è il vicario di provvisione, addetto agli approvvigionamenti della
città. Renzo è ormai uno della folla e dalla stessa è trascinato fin in piazza del duomo. A questo punto
come obbedendo ad un perentorio ordine la folla si scarica verso la casa del vicario.

CAPITOLO XIII

Il vicario aveva cominciato a sentire le conseguenze della sommossa. sulla sua tavola non era arrivato il
pane fresco e lui stava facendo una digestione agra e stentata. D 'un tratto sente venire delle voci, poi la
voce possente della folla che si muove con il ritmo di un torrente inarrestabile. I servitori provvedono a
chiudere porte e finestre e a barricarsi in casa: il vicario, preso da paura, si raccomanda a tutti e crede di
trovare salvezza in soffitta. Renzo che, ormai, è entrato dentro la psicologia della folla e si accorge che
questa si muove per una richiesta di giustizia, parteggia per essa, ma non è d'accordo quando sente
alzarsi delle voci che chiedono la morte del vicario. E ad alta voce dice la sua disapprovazione: scambiato
per un partigiano dei vicario, si sottrae alla folla solo perché l'attenzione generale è attratta dalla voce
che dice che sta per arrivare il cancelliere Ferrer, l'amico del popolo: viene, dicono, a portare in carcere il
vicario.riassunto del capitolo 13 dei Promessi SposiFerrer si affaccia agli sportelli della carrozza
distribuendo sorrisi e gesti affettuosi di saluto: a tutti dà ragione, al cocchiere in spagnolo consiglia fretta
e prudenza. Renzo che, dalla folla, ha saputo che Ferrer è l'uomo della giustizia, un uomo che va bene
anche per lui che ha subito da poco una grave ingiustizia, si dà da fare per creare spazio alla carrozza di
Ferrer. Si trova a lui vicino, recita la parte del protagonista, fa da battistrada. Ferrer, giunto alla porta del
palazzo del vicario, si fa aprire e senza che la gente s'avveda fa entrare nella carrozza il vicario ed inizia il
viaggio di ritorno. Stavolta le cose vanno più rapidamente: i sorrisi si sprecano, la folla è più che mai certa
che le cose stanno per cambiare. L'angoscia è tutta concentrata nel vicario che, in fondo alla carrozza,
dice che vuoi tirarsi via dalla politica per andare a vivere in una montagna, in una grotta, a far l'eremita.

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