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40 Geodesia
40 Geodesia
La Geodesia è la disciplina che studia la forma e le dimensioni della Terra. La prima stima delle
dimensioni terrestri viene fatta risalire ad Eratostene (Cirene 273 - Alessandria 192 a.C.), il quale
determinò la lunghezza della circonferenza terrestre misurando l'ampiezza dell'arco di meridiano che
univa Alessandria ad Assuan (l'antica Siene).
Eratostene aveva notato che durante il solstizio d'estate a mezzogiorno i raggi solari risultavano
perpendicolari a Siene, mentre ad Alessandria producevano ombra. L'inclinazione α dei raggi solari
rispetto alla verticale di Alessandria fu misurata da Eratostene in 1/50 di angolo giro.
Poichè tale angolo è evidentemente uguale all'angolo al centro che sottende l'arco di meridiano che
unisce Alessandria a Siene e la distanza tra le due città era allora stimata in 5.000 stadi egiziani, una
semplice proporzione permette di calcolare la lunghezza dell'intera circonferenza, pari a 50 volte
5.000 stadi (250.000 stadi, valore sorprendentemente vicino alle stime attuali).
Il metodo di Eratostene è fondamentalmente usato ancora oggi. Esso pone però dei problemi per
quel che riguarda l'accuratezza e l'attendibilità nella misura delle lunghezze (gli angoli si misurano
con estrema precisione). Si pensi ad esempio che nel 1527 J. Fernel, medico di corte del re di
Francia, valutò la distanza tra Parigi ed Amiens contando il numero di giri effettuati dalle ruote della
sua carrozza, ottenendo una misura del grado di meridiano di 111 km.
La misura delle lunghezze giunse ad una precisione accettabile con l'introduzione del metodo della
triangolazione. Nel 1617 l'olandese Willebrord Snell (Snellius) pubblicò i risultati del primo
rilevamento geodetico (1615) eseguito con tale metodo (proposto verso la fine del '500 da Brahe), in
cui ottenne come lunghezza del grado di meridiano 55.100 tese (circa 107,4 km).
Il metodo si basa sulla individuazione sulla superficie terrestre di una catena di triangoli aventi vertici
e lati in comune, costruiti in modo da raccordare gli estremi A e G dell'arco di meridiano. Si esegue
con grande precisione la misura di un solo lato (base geodetica) di cui si determina anche
l'orientamento rispetto al meridiano, mentre tutti gli altri lati si ricavano dalle misure degli angoli
(molto più semplici e precise da effettuare rispetto alle misure di distanza), utilizzando le usuali
regole della trigonometria. La misura dell'arco AG si ottiene come somma delle proiezioni dei lati dei
triangoli sul meridiano stesso.
Fino alla metà del Seicento si riteneva che la terra fosse perfettamente sferica. Ciò comportava che la
misura di un arco di meridiano di 1° poteva essere effettuata a qualsiasi latitudine, fornendo sempre il
medesimo risultato. I primi dubbi sul fatto che la terra fosse una sfera perfetta sorsero in seguito ai
risultato conseguiti nel 1671 dall'astronomo francese J. Richer.
Nell'ambito delle attività promosse dalla Académie des Sciences di Parigi, Richer si era trasferito
nell'isola di Cayenne nella Guyana francese, per osservare in contemporanea con G.D. Cassini
(Cassini I), rimasto a Parigi, un'opposizione di Marte. Lo scopo della duplice osservazione era di
determinare la parallasse del pianeta, essendo nota la distanza tra i due punti di osservazione (base
parallattica). Ma Richer scoprì che in Guyana, a 5° di latitudine nord, il pendolo che si era portato da
Parigi per la misura del tempo ritardava di circa 2,5 minuti al giorno. Richer spiegò il fenomeno
ipotizzando che la terra non fosse perfettamente sferica, ma rigonfia nelle zone equatoriali.
Venuto a conoscenza del fenomeno, Newton, che in quel periodo lavorava alla sua teoria della
gravitazione, intuì che l'effetto sul pendolo poteva essere spiegato con una diminuzione locale del
valore dell'accelerazione di gravità g.
Il periodo di oscillazione di un pendolo di lunghezza l è infatti pari a
l
T = 2π
g
In effetti la diminuzione che il valore di g manifesta mentre ci si avvicina all'equatore è dovuta a due
componenti:
a) aumento della forza centrifuga, legato all'aumento della distanza D dall'asse di rotazione
b) diminuzione della forza gravitazionale, legata alla maggior distanza R dal centro della terra
Se ipotizziamo che la terra si possa comportare almeno parzialmente come un fluido, la forza
centrifuga, il cui valore cresce costantemente dai poli (dove è nulla, D = 0) all'equatore (dove assume
il valore massimo (D = R), deve averla deformata, provocando un rigonfiamento all'equatore ed una
depressione ai poli. Il raggio terrestre non deve quindi essere costante alle varie latitudini e con esso
anche l'arco di meridiano di 1°.
In base a considerazioni teoriche Newton era dunque convinto dello schiacciamento polare della
terra, mentre in Francia Cassini sosteneva che la terra fosse protuberante ai poli.
Ora, poiché si può dimostrare che se la terra è rigonfia all'equatore un grado di meridiano assume il
suo valore massimo nelle zone polari, per diminuire man mano che ci spostiamo verso le basse
latitudini, la questione poteva essere risolta misurando e confrontando archi di meridiano di egual
ampiezza misurati a diverse latitudini.
2
Tra il 1669 ed il 1670 Picard aveva misurato un arco di meridiano tra Parigi ed Amiens. Utilizzando
tale misura i geodeti dell'Accademie delle Scienze di Parigi, prolungarono e misurarono verso nord
(fino a Dunkerque) e verso sud (fino a Collioure) l'arco misurato da Picard. I risultati ottenuti (1683
- 1718) sembrarono inizialmente confermare l'ipotesi di Cassini del rigonfiamento polare. Ma le
misurazioni apparivano eccessivamente imprecise per essere accettate come definitive.
Per poter ottenere dati conclusivi l'Accademia delle Scienze inviò due spedizioni a misurare un
grado di meridiano al polo e all'equatore, dove le eventuali differenze sarebbero state sicuramente
evidenti.
La prima (1736 - 1737) in Lapponia, diretta da Maupertuis e alla quale partecipò anche Clairaut,
trovò che l'arco di un grado di meridiano misurato in prossimità del polo nord era
inequivocabilmente più lungo dell'arco di un grado misurato in Francia da Picard. Il risultato venne
definitivamente confermato anche dalla seconda spedizione in Perù (1735 - 1744), alla quale
partecipò tra gli altri Bouguer.
Sferoide ed ellissoide
Uno dei compiti fondamentali della geodesia è dunque descrivere la forma di tale sfera deformata.
Se ipotizziamo che la terra si comporti come una sfera fluida in equilibrio sotto l'azione delle forze ad
essa applicate (gravitazionali e centrifughe), la sua superficie dovrebbe disporsi sempre
perpendicolarmente alla risultante di tali forze (gravità), in modo tale che non si produca nessun
lavoro netto che possa ulteriormente modificarne la forma (un movimento perpendicolare alla forza
non compie infatti lavoro).
Tale superficie teorica può essere calcolata e prende il nome di sferoide. L'equazione in coordinate
polari assume la forma (trascurando i termini in α con potenze superiori alla prima)
1) Rc = a (1 − αsen 2ϕ c + ......)
Dove Rc indica la distanza dal baricentro dello sferoide e ϕc la latitudine geocentrica. Il significato
dei parametri a ed α si ricava facilmente.
Infatti per ϕc = 0° e quindi sen2 ϕc = 0, Rc = a (semiasse maggiore o raggio equatoriale).
Mentre ponendo ϕc = 90° e quindi sen2 ϕc = 1, poiché ai poli deve essere Rc = b (semiasse minore o
raggio polare), la relazione diventa
a −b
b = a(1 − α ) e quindi 2) α=
a
dove α è definito schiacciamento polare (o ellitticità o ellissoidicità).
Se ora si prende in considerazione l'ellissoide di rotazione che ha gli stessi semiassi (a e b) dello
sferoide, si trova che esso coincide in pratica con lo sferoide (le differenze nel raggio non superano i
14 metri). Poichè per i calcoli l'ellissoide risulta più semplice, si è convenuto di assumere quest'ultimo
come superficie teorica di riferimento per rappresentare la forma della terra.
L'equazione in coordinate cartesiane di una sezione meridiana dell'ellissoide è
3
x2 y2
1
a 2 b2
per trasformare tale equazione in coordinate polari, notiamo come le coordinate x e y di un generico
punto P sulla superficie dell'ellissoide rappresentino la proiezione del raggio Rc sugli assi cartesiani e
quindi
x R c cos c y R c sen c
Nell'ellisse il rapporto tra le dimensioni reciproche dei due semiassi è espresso da un parametro detto
eccentricità e, per il quale vale la relazione
a2 − b2 b2
3) e =
2
e quindi a2 =
a2 (1 − e 2 )
5) e2 = 2α - α2
Rc =
(
a 1 − 2α − α 2 )
6)
(
1 − 2α − α cos ϕ c 2
) 2
4
Possiamo comunque calcolare quale sarebbe la direzione della verticale teorica sull'ellissoide di
riferimento e determinare di conseguenza la relazione tra latitudine geocentrica e latitudine
geografica ellissoidica. Si noti comunque che la verticale ellissoidica è solo teorica in quanto non
coincide necessariamente con la verticale vera (filo a piombo). Ciò è dovuto all'esistenza di disturbi
gravitazionali locali (anomalie gravimetriche), legati alla non omogenea distribuzione delle masse
terrestri, che producono deviazioni sul filo a piombo.
dove con R' indichiamo la derivata prima della funzione che per l'ellisse 4) vale
b ⋅ e 2 senϕ c cos ϕ c
Rc' = −
(1 − e 2 cos 2 ϕ c ) 3
( )
tan ϕ g ⋅ 1 − e 2 = tan ϕ c e ( )
tan ϕ g ⋅ 1 − 2α + α 2 = tan ϕ c
Le dimensioni dell'ellissoide
Per poter fissare in modo univoco le dimensioni dell'ellissoide di riferimento è necessario determinare
il valore di almeno due parametri. In genere viene determinato il valore del semiasse maggiore (a) e
dello schiacciamento polare (α).
5
La determinazione di tali parametri può essere fatta confrontando misure di lunghezza di archi di
meridiano fatte a latitudini diverse.
La lunghezza di un arco s di curva in coordinate polari, compreso tra l'angolo αA e αB è
αB
∫ ( f (α ) ) + ( f ' ( α ) ) dα
2 2
s A− B =
α A
Se utilizziamo tale relazione per calcolare un arco di ellisse a diverse latitudini geocentriche usando
la funzione 6) troviamo che gli archi di un ellisse che sottendono angoli di pari ampiezza sono in
realtà più lunghi nella zona equatoriale. Il problema si risolve o sostituendo i limiti di integrazione in
funzione delle coordinate geografiche utilizzando la 7)
ϕ Bc [
atn (1− e 2 ) tan ϕ B g ]
∫ ( f (ϕ c ) ) + ( f ' ( ϕ c ) ) dϕ c = ∫ ( f ( ϕ c ) ) 2 + ( f ' (ϕ c ) ) 2 dϕ c
2 2
s=
ϕ Ac [
atn (1− e 2 ) tan ϕ A g ]
o, più semplicemente, utilizzando la relazione che fornisce il raggio di curvatura ρ in funzione della
latitudine geografica ellissoidica ϕg.
ρ=
a 1 − e2( )
8)
(1 − e sen ϕ )
3
2 2 2
g
Il raggio di curvatura in un punto P di una curva è il raggio del cerchio osculatore, cioè del cerchio
che presenta, nel punto considerato, la medesima curvatura della curva. Nel punto P curva e cerchio
osculatore presentano un tratto d'arco infinitesimo ds in comune. Tale arco può quindi essere
ottenuto come prodotto tra il raggio e l'angolo infinitesimo dϕ (espresso in radianti) ad esso sotteso
ds = ρ dϕ
ϕ1 1 ϕ1 1 − e 2
sen 2
ϕ g
2
6
Con lo scopo di promuovere le ricerche sulla forma e le dimensioni della Terra, nel 1861 venne
fondata l"Associazione Internazionale per la Misura del Grado" trasformatasi poi nell'"Unione
Geodetica e Geofisica Internazionale" (IUGG).
anno a 1/α
Gravimetria
Essendo l'ellissoide una superficie teorica equipotenziale è possibile calcolare in modo preciso il
valore del campo gravitazionale teorico ad essa associato. Il valore dell'accelerazione di gravità
teorica sull'ellissoide è detto gravità normale γ.
La gravità normale può essere calcolata in modo rigoroso, ma si preferisce usare i primi termini di
uno sviluppo in serie di calcolo più semplice.
7
10) ( )
γ = γ e 1 + a o sen 2 ϕ g + a1 sen 4 ϕ g + + a2 sen 6 ϕ g ......
(
γ = γ e 1 + β sen 2 ϕ g )
dove il significato di β si trova ponendo ϕg = 90°, cioè calcolando la gravità γp al polo.
γ −γe
11) γ p = γ e (1 + β ) e quindi β = p
γe
5
α +β = m χ
2
ω 2a
dove m = è il rapporto tra l'accelerazione centrifuga e la gravità normale all'equatore e χ = 1
γe
(nell’approssimazione di Clairaut).
Le relazioni 11) e 12) sono fondamentali perché permettono di determinare il valore dello
schiacciamento α in base a semplici misure gravimetriche.
(
γ = γ e 1 + a o sen 2 ϕ g + a1 sen 4 ϕ g )
1
e tenendo conto che sen 4 α = sen 2 − sen 2 2α
4
1
γ = γ e 1 + a o sen 2 ϕ g + a1 sen 2 ϕ g − a1 sen 2 2ϕ g
4
a
ponendo infine (ao + a1) = β e − 1 = β1 si ottiene
4
(
γ = γ e 1 + β sen 2 ϕ g + β1 sen 2 2ϕ g )
in modo tale che il primo coefficiente (β) mantenga il significato fisico visto in precedenza
Nel 1929 Somigliana determinò una relazione approssimata ancor oggi diffusamente utilizzata,
derivandola dalle soluzioni esatte del campo geopotenziale trovate nel 1894 da Pizzetti.
17 1 2
χ = 1− α− α .......
35 245
17
Trascurando i termini con potenze superiori alla prima si ha χ = 1 − α e la relazione di Clairaut
35
diventa
8
5 17 5 17
α +β = m1 − α e quindi β= m − αm − α
2 35 2 14
12)
5 α2 5
(
γ = γ e 1 + β sen 2 ϕ g + β1 sen 2 2ϕ g ) 2
17
14
= γ e 1 + m − αm − α sen ϕ g +
2
− αm sen 2 2ϕ g
8 8
Le misure relative si eseguono tramite gravimetri, i quali misurano g utilizzando la relazione tra
forza-peso P e massa m (P = mg). Un gravimetro è in pratica costituito da una massa m sostenuta
dalla tensione di una molla. Dopo esser stato tarato in un luogo di cui sia nota la gravità assoluta, il
gravimetro misura le differenze di peso P (e quindi di g) che la massa m (considerata costante)
manifesta in luoghi diversi rispetto al luogo di taratura.
Le misure gravimetriche così effettuate forniscono valori di gravità effettivi, determinati sulla
superficie fisica della terra. Per essere utilizzati al fine di determinare i parametri della relazione 10)
tali valori devono essere corretti per tener conto dell'altezza, della distribuzione locale delle masse
(rilievi e avvallamenti), della loro densità etc. Le correzioni da apportare ai valori misurati per
ottenere i valori teorici (normali) vanno sotto il nome di riduzione all'ellissoide.
Se h è positivo (il punto P si trova cioè su di un rilievo) il valore di g misurato risulterà inferiore a
quello teorico (essendo P più distante dal centro della terra di P'). La correzione in aria libera deve
in tal caso essere aggiunta alla g misurata per ridurla al livello del mare.
9
b) Riduzione di Bouguer (o correzione per la piastra)
Con tale correzione si elimina l'attrazione esercitata sul punto P dalla materia compresa tra il punto P
e la superficie di riferimento. A tal fine si considera la piastra di altezza h e densità δ (in genere δ =
2,67)
c) Riduzione topografica
La riduzione di Bouguer non tiene evidentemente conto delle masse che sporgono dalla piastra (A) e
di quelle che mancano (B) e che rappresentano la vera topografia del rilievo.
10
Nel 1967 (XIV Assemblea Generale IUGG - Lucerna 1967) L’Associazione Internazionale di
Geodesia (IAG) propose di assumere un nuovo ellissoide di riferimento (GRS-67) con a = 6.378.160
e α = 1/298.247.. Utilizzando tali parametri ed il valore 978.03185.. per la gravità all’equatore si
ottiene la Formula della gravità 1967:
Nel 1980 l’IAG (XVII Assemblea Generale - Camberra 1979) ha proposto, assieme al nuovo geoide
di riferimento (GRS-80) con a = 6.378.137 e α = 1/298.257222101, anche una nuova formula di
gravità con ge = 978.0327
Ma l'ellissoide di Hayford resta ancor oggi diffusamente utilizzato nelle applicazioni geodetiche.
L'Istituto Geografico Militare utilizza invece per la cartografia 1:100.000 l'ellissoide di Bessel.
Il geoide
L'ellissoide è evidentemente una rappresentazione geometrica della terra che non tiene conto delle
irregolarità della crosta terrestre. Se i valori di g opportunamente ridotti coincidessero ovunque con i
valori γ normali della gravità in modulo e direzione allora l'ellissoide rappresenterebbe anche
fisicamente una superficie equipotenziale. Poichè ciò non avviene deve esistere una superficie
equipotenziale fisica della gravità ridotta, che Gauss e Bessel chiamarono 'superficie matematica della
terra' e alla quale venne in seguito (Listing,1873) dato il nome di geoide.
La forma del geoide non viene calcolata direttamente, ma se ne calcolano le differenze rispetto
all'ellissoide di riferimento. Gli scostamenti che il geoide manifesta rispetto all'ellissoide sono dette
onde geoidiche.
I procedimenti utilizzati per la determinazione della forma del geoide sono essenzialmente tre: il
primo (Villarceau - 1873) utilizza le deviazioni della verticale, il secondo (Stokes - 1849) si avvale
della determinazione delle anomalie gravimetriche. In entrambi i casi si eseguono confronti tra il
vettore γ (gravità normale) ed il vettore g. Nel primo caso si valutano le differenze nella direzione,
nel secondo le differenze in modulo. Il terzo metodo sfrutta i disturbi gravitazionali che il geoide
produce sulle orbite dei satelliti artificiali.
b) anomalie gravimetriche
11
Il metodo che utilizza le anomalie gravimetriche è di applicazione più semplice e non presenta le
limitazioni del precedente. Esso consiste nel calcolare la differenza tra i valori di gravità misurata ed
opportunamente ridotta all'ellissoide (g), con i valori di gravità normale (γ).
∆g = g - γ
Le differenze trovate ∆g vengono dette anomalie gravimetriche e permettono di risalire agli
scostamenti tra ellissoide e geoide, attraverso la relazione di Stokes.
lat. geogr. ±0.5° arco di grado lat. geocen. ±0.5° arco di grado
ϕg (m) ϕc (m)
0° 110.575,5 0° 111.323,9
15° 110.650,2 15° 111.298,8
30° 110.854,8 30° 111.230,3
45° 111.135,3 45° 111.136,6
60° 111.417,1 60° 111.042,9
75° 111.624,0 75° 110.974,2
90° 111.699,9 90° 110.949,1
Per stimare il raggio terrestre con la 4) dobbiamo sostituire la latitudine geocentrica con quella
geografica. Eleviamo dunque al quadrato la relazione 4) e sostituiamo e2 secondo la 3)
2 b2
Rc = 2 b2
a −b
2 2 Rc = a 22
1− 2
cos 2 ϕ c a − a 2 cos 2 ϕ c + b 2 cos 2 ϕ c
a
2 b2 2 b2
Rc =a 2
2
Rc =a 2
2
( )
a − a 2 1 − sen 2ϕ c + b 2 cos 2 ϕ c a sen 2ϕ c + b 2 cos 2 ϕ c
12
dividiamo ora numeratore e denominatore per b2 cos2 ϕc
1
2 cos 2 ϕ c
Rc = a 22
b cos 2 ϕ c + a 2 cos 2 ϕ c
b 2 cos 2 ϕ c
b2
ricordando che cos2ϕ + sen2ϕ = 1 e che 2
= 1 − e 2 potremo scrivere
a
2 1 + tan 2 ϕ c 1 + tan 2 ϕ c
Rc =a 2
=a 2
a2 1
1 + 2 tan ϕ c
2
1+ tan 2 ϕ c
b 1− e 2
( )
essendo infine tan ϕ g ⋅ 1 − e = tan ϕ c
2
2
Rc = a 2
(
1 + 1 − e2 ) 2
tan 2 ϕ g
(
1 + 1 − e 2 tan 2 ϕ g )
e quindi
Rc = a
(
cos 2 ϕ g + 1 − e 2 sen 2ϕ g ) 2
(
cos 2 ϕ g + 1 − e 2 sen 2ϕ g )
lat. geogr. ϕg Raggio ellissoide (metri)
α = 1 /297
0° 6.378.388,00
15° 6.376.960,65
30° 6.373.052,86
45° 6.367.695,24
60° 6.362.314,94
75° 6.358.361,93
90° 6.356.911,95
L'accelerazione centrifuga ac nel punto P di latitudine geocentrica ϕc, possiede un modulo pari a
13) ac = ω 2 D
dove ω è la velocità angolare della terra, la quale compie una rotazione completa (2π radianti)
intorno al proprio asse in un giorno sidereo (86.164 s)
2π
ωTerra = = 7.292123517 ⋅ 10 −5 rad / s
86.164
esprimiamo ora D in funzione della latitudine geografica ϕg. Sostituiamo nella 14) il valore di Rc
ottenuto nella 4) ed eleviamo al quadrato
b 2 ⋅ cos 2 ϕ c
D =
2
1 − e 2 cos 2 ϕ c
sostituiamo e2 secondo la 3)
b 2 ⋅ cos 2 ϕ c
D2 = a 2 b 2 ⋅ cos 2 ϕ c
a2 − b2 D2 =
1− 2
cos 2 ϕ c ( )
a 2 1 − cos 2 ϕ c + b 2 cos 2 ϕ c
a
a 2 b 2 ⋅ cos 2 ϕ c
D2 =
a 2 sen 2ϕ c + b 2 cos 2 ϕ c
dividiamo ora numeratore e denominatore per b2 cos2 ϕc
a2
D = 2
a2
2
tan 2 ϕ c + 1
b
a2 a 2 cos 2 ϕ g a 2 cos 2 ϕ g
D2 = D = 2
D2 =
b2
tan 2 ϕ g + 1
b 2 sen 2ϕ g + a 2 cos 2 ϕ g (
b 2 sen 2ϕ g + a 2 1 − sen 2ϕ )
2
a a 2
a 2
a cos ϕ g
2 2
D2 = a 2 cos 2 ϕ g
2
(
a − a − b sen ϕ g
2 2
) 2 D = 2
1 − e 2 sen 2ϕ g
2
a
e quindi
a cos ϕ g
15) D=
1 − e 2 sen 2ϕ g
sostituendo ora nella 13) potremo calcolare il modulo dell'accelerazione centrifuga in funzione della
latitudine geografica
ω 2 a cos ϕ g
16) a c = ω D =
2
1 − e 2 sen 2ϕ g
14
lat. geogr. ϕg acc. centrif. (cm/s2)
α = 1 /297
0° 3,3917
15° 3,2769
30° 2,9398
45° 2,4023
60° 1,7001
75° 0.8806
90° 0
Abbiamo già visto come l'accelerazione gravitazionale g può essere considerata la somma vettoriale
dell'accelerazione newtoniana aN e dell'accelerazione centrifuga ac. Possiamo dunque determinare il
modulo dell'accelerazione newtoniana (gravità vera) nel punto P di latitudine geografica ϕg che, per
la regola del parallelogramma, è uguale al segmento BC.
ora, poiché l'angolo che la verticale forma con la direzione del vettore accelerazione centrifuga è
uguale alla latitudine geografica ϕg, possiamo scrivere
AB = a c senϕ g
AC = AP + PC = a c cos ϕ g + g
sostituendo opportunamente otterremo infine
utilizzando ora la 10) per stimare l'accelerazione di gravità g (sostituiamo la gravità g con la gravità
normale γ calcolata sull'ellissoide) e la 16) per calcolare l'accelerazione centrifuga, si ottengono i
seguenti valori
15
0° 978,049 981,441
15° 978,394 981,560
30° 979,338 981,885
45° 980,629 982,330
60° 981,924 982,775
75° 982,873 983,102
90° 983,221 983,221
Nei calcoli che implicano la gravità reale è necessario utilizzare il valore di aN e non di g (o di γ). Ad
esempio per calcolare la massa della terra possiamo utilizzare le due relazioni che esprimono
l'attrazione gravitazionale che un corpo di massa m subisce da parte della massa MT della terra.
mM T
Fg = ma N Fg = G
R2
Si noti come non compare il peso del corpo (P = mg), ma la sola forza di attrazione gravitazionale.
Eguagliando i due secondi membri si ottiene
aN R 2
MT =
G
in prima approssimazione possiamo utilizzare l'accelerazione newtoniana a 45° di latitudine pari a
9,823 m/s2, ed il raggio medio dell'ellissoide ( 3
)
Re2 Rp , pari a 6,371 106 m. Con La costante di
gravitazione universale G = 6,67259 10-11 otteniamo il valore
MT = 5,975 1024 kg
16
Osservando come il segmento AB = ac sen ϕc è uguale al segmento A'B' = aN sen θ possiamo scrivere
a
a N senθ = a c senϕ g e quindi 17) θ = a sin c senϕ g
aN
utilizziamo la 17 per costruire la tabella seguente e confrontiamo i valori con le differenze tra
latitudine geografica e geocentrica calcolate con la tan ϕ g ⋅ (1 − e ) = tan ϕ c
2
lat. geogr. ϕg θ ϕg - ϕc
(in primi) (in primi)
0° 0 0
15° 2,970' 5,780'
30° 5,146' 10,024'
45° 5,945' 11,594'
60° 5,150' 10,058'
75° 2,974' 5,814'
90° 0 0
Come si può osservare dalla tabella, a parte all'equatore e ai poli, l'angolo θ è sempre minore
dell'angolo ϕg - ϕc. Ciò significa che anche il vettore aN (e non solo il vettore g) non punta in realtà
verso il centro dell'ellissoide, ma risente dell'attrazione prodotta dal rigonfiamento equatoriale e viene
leggermente deviato verso l'esterno.
17