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Teatro di Pompeo

Il Teatro di Pompeo, oggi non più esistente, è stato il


primo teatro di Roma costruito in muratura, accanto al
luogo dove Pompeo era nato e che lui, ormai famoso e
ricchissimo, voleva nobilitare.

Il tempio si ergeva nella zona del Campo Marzio,


edificato a spese del console Pompeo, probabilmente
su terreno di sua proprietà, come regalo ai romani, tra il
61, anno del suo terzo trionfo e il 55 a.C. anno del suo
secondo consolato. Per Roma fu un'innovazione
storica perché la legge vietava la costruzione di teatri in
muratura.

LA STORIA Come narrano Livio e Tacito, la


costruzione di teatri stabili nell’Urbe era vietata e nel
154 a.C. il Senato aveva fatto abbattere un teatro in
muratura “in quanto inutile e dannoso per i costumi
della città.” Gli spettacoli si eseguivano su palcoscenici
di legno, smontati subito dopo le rappresentazioni e in
piedi, perché sono proibiti anche i sedili. Si disse che si
doveva mantenere il carattere religioso del teatro
tradizionale greco; infatti, i teatri provvisori in legno
venivano eretti solo vicino a luoghi di culto. In realtà gli
spettacoli teatrali erano osceni e pieni di satira contro i
politici, e il pubblico romano era abituato a manifestarsi
con grida, tamburi, battere di piedi e fischi. I teatri
potevano scatenare sommosse, cosa che i senatori
temevano quasi quanto una guerra.

Ma nel 55 a.C. il console Pompeo era un eroe,


vincitore degli schiavi rib elli di Spartaco, dei pirati del Mediterraneo, dei
Siriani, Armeni e Palestinesi, l’uomo che ha portato le legioni romane
fino al mar Caspio ed ha triplicato le entrate dello Stato. Pompeo, dunque,
aggirò la legge e fornì a Roma il teatro.

Costruì pertanto su un podio rialzato un tempio dedicato a Venere


vincitrice, con una gradinata d'accesso ad esedra davanti al tempio,
praticamente una classica cavea semicircolare, a ridosso di una
scena monumentale lunga ben 90 m, sistema utilizzato
successivamente dai romani per la costruzione di altri teatri in
muratura. Le scale di accesso al tempio, edificate a forma di cavea, erano
dunque diventate le gradinate del teatro, che diventava pertanto sacro.
Su quei gradini la gente sedette mirando gli spettacoli e voltando le spalle
al tempio, proprio come si fa oggi sulla scalinata di Piazza di Spagna.
Infine, fu edificato il palcoscenico di legno.

DESCRIZIONE L’edificio teatrale era rivolto verso est ed


esternamente aveva splendidi rivestimenti in pietra gabina,
materiale vulcanico di colore scuro, alternata al travertino, materiale
calcareo di colore chiaro, creando un piacevole contrasto di toni. Davanti
all'entrata del treatro erano le due gigantesche statue dei Dioscuri con i
cavalli, i semidei che aiutarono i Romani nella battaglia del lago Regillo
combattendo per loro, oggi visibili all'entrata della piazza del
Campidoglio, come è ricordato nelle epigrafi dei basamenti.

La cavea, del diametro di 150 m, era costituita da una doppia serie


di muri radiali collegati tra loro da strutture curvilinee che formavano i
cosiddetti cu nei, coperti da volta a botte, che avevano il compito di sostenere
le gradinate: All’interno la cavea era organizzata su due ordini di
gradinate, il cui andamento è oggi ricalcato dalla via di Grotta Pinta,
realizzata con un sistema di sostruzioni in muratura, con una serie di cunei
in opus reticulatum di tufo.
Le gradinate erano di eccezionale ampiezza e potevano ospitare fino a 30.000
persone. La scena era articolata nella parte anteriore da tre esedre colonnate,
delle quali la centrale era rettangolare mentre le due laterali semicircolari.

Dietro il palcoscenico c'era un immenso portico con colonne di granito di


m.180 x 135, con quattordici enormi statue delle nazioni da lui sottomesse, e
una zona aperta con fontane, giardini, ninfei e due boschetti di platani. Il
quadriportico, dove ci si poteva riparare in caso di pioggia, terminava con la
Curia di Pompeo per le periodiche riunioni del Senato, dominata da una sua
grande statua, che tiene un globo nella mano destra. Qui Cesare fu pugnalato,
ai piedi della statua monumentale di Pompeo.

Teatro di Marcello
Il teatro di Marcello, in gran parte conservato, è l’unico teatro antico rimasto a Roma. Innalzato nella zona sud del
Campo Marzio nota come Circo Flaminio, tra il fiume Tevere e il Campidoglio, fu voluto da Cesare e proseguito da
Augusto.

L'edificio fu eretto in Campo Marzio, nel


luogo che la tradizione aveva consacrato
alle rappresentazioni sceniche, dove già si
trovava il “Theatrum et proscenium ad
Apollinis”, connesso con il tempio di Apollo.

Quest’edificio fisserà lo schema del teatro


classico romano, in cui la cavea poggia su
strutture in muratura e non su un declivio
naturale, come nel teatro greco.

In più segnò un passaggio fondamentale


nell’evoluzione del teatro romano, perchè
fino ad allora gli spettacoli teatrali si
svolgevano in provvisorie strutture lignee,
cosa che tornerà nel medioevo, ricordando
che tale era ancora nel '600 il teatro di
Shakespeare.

Servì inoltre da modello per la costruzione del Colosseo, e la sobrietà nella struttura della facciata ne fece un modello di
riferimento per ogni teatro e anfiteatro romano futuro.

LA STORIA Si disse che Giulio Cesare


progettò la costruzione di un teatro che
oscurasse quello edificato nel Campo Marzio
dal nemico Pompeo.
Ma è del tutto falso, perchè prima di
costruire il teatro Marcello, Cesare fece
riedificare quello di Pompeo distrutto da un
incendio, cosa che avrebbe potuto evitare.
Inoltre il nuovo teatro non avrebbe avuto e
non ebbe mai, nonostante l'ampliamento del
progetto, la capienza del Teatro di Pompeo.

Cesare, non solo non dette a Pompeo


la damnatio memoriae, ma lo onorò nei
funerali, nei monumenti e nelle statue.
Infatti fu assassinato proprio sotto la statua di Pompeo posta dinanzi al senato.

Per la sua edificazione Iulius fece espropriare una vasta area, demolendo anche alcuni edifici sacri, come il tempio della
Dea Pietas. Alla morte prematura di Cesare però erano state gettate solo le fondamenta e i lavori furono ripresi da
Augusto, deciso a portare a termine ogni iniziativa del predecessore, che riscattò con il proprio denaro un'area più vasta
per un teatro più grande e munifico. Probabilmente occupò la parte curva del Circo Flaminio, che da allora divenne una
piazza, facendo spostare o riedificare gli edifici sacri circostanti, come il tempio di Apollo e il tempio di Bellona.
DESCRIZIONE Il teatro di Marcello costituisce uno dei più antichi edifici per spettacolo romani giunti fino a noi, nel quale
compaiono due tipi di ordini architettonici: al primo piano il tuscanico, al secondo ionico e al terzo piano lesene corinzie.
L'esterno è in travertino, con 41 arcate inquadrate da pilastri, mentre per i muri radiali e gli ambulacri sono utilizzate
l'opera quadrata in tufo, la cementizia e la reticolata. Si conservano solo i primi due piani, di ordine dorico e ionico.

I teatri romani, diversamente da quelli greci edificati lungo pendii collinari, sorgevano sul piano ed erano costruiti in
muratura a semicerchio, quindi necessitavano di robuste strutture per sostenere la gradinate interne.

Esteriormente presentavano piani sovrapposti di archi, che distribuiscono il peso su possenti pilastri quadrati. Il teatro
era costituito da tre parti essenziali: la cavea, cioè le gradinate, l'orchestra e la scena. Il popolo occupava la parte alta
della cavea, i patrizi avevano riservata la parte bassa.

La concezione dello spazio appare totalmente diversa da quella


del teatro greco. La presenza di una superficie curva esterna a
pianta semicircolare e a più ordini delimitava la cavea, costruita a
gradoni sostenuti da volte, intercalati da passaggi e gallerie con
funzione d'ingresso e uscita.

Il teatro è fatto a setti radiali e al primo piano una botte anulare


chiude un ambulacro. Al piano successivo le botti più esterne
sono radiali come quelle che sostengono per evitare le spinte
sulle facciate. I muri a raggiera, collegati da volte a botte inclinate
sotto i gradini della cavea, vengono interrotti da due ambulacri
concentrici, uno esterno, che si apre con arcate e uno più interno,
l'"Ambulacro dei Cavalieri".

Al di là dell'orchestra, riservata al coro e alle danze, s'innalza la


scena, costruita in pietra e decorata da statue, nicchie e colonne.
La scena fissa in muratura impediva la dispersione della voce
degli attori.

Gli ambienti più esterni, suddivisi da tramezzi in muratura


probabilmente in epoca giulio-claudia, furono probabilmente
utilizzati come botteghe sin dagli inizi. Un ambiente centrale
presenta sulla volta una decorazione in stucco bianco a tondi e
ottagoni figurati, realizzata probabilmente nella seconda metà del
II sec.

Il teatro poteva ospitare circa 15.000 spettatori e fino a 20.000 in


piedi come riportato nei Cataloghi Regionari.

Teatro di Balbo
LA STORIA Cornelio Balbo, figlio dell'omonimo generale di
Pompeo, poi fedele a Cesare e quindi ad Ottaviano, celebrò
nel 19 a.C. uno splendido trionfo a Roma per la sua vittoria
in Mauritania. Su esortazione di Ottaviano che chiedeva a
tutti il dono di bei monumenti per Roma, il generale fece
edificare, nel 13 a.C., come narra Cassio Dione, uno
splendido teatro finanziato col bottino conquistato in Africa.

La scelta del luogo in cui edificare il teatro voleva seguire il


programma, voluto da Augusto e da Agrippa, di abbellire e
arricchire il Campo Marzio, ossia a quella parte
pianeggiante della città che si estendeva sulla sinistra del
Tevere tra il Campidoglio e le pendici del Pincio. Infatti,
quando salì al potere, Augusto fece restaurare o costruire
ex novo numerosi edifici pubblici, esortando i suoi alleati e
tutti i patrizi di Roma a fare altrettanto.

Il devastante incendio che scoppiò a Roma sotto Tito, nell'80


d.c., danneggiò seriamente il teatro, che fu però restaurato
sotto Domiziano, come testimoniano i bolli dei laterizi.
Subì ulteriori modifiche e restauri sotto Adriano, quando il portico fu sopraelevato di un piano e l'emiciclo dell'abside fu
trasformato da esedra in latrina. Ma anche il teatro fu restaurato e rifatto, come dimostrano alcuni capitelli appartenenti
alla fronte scenica, rinvenuti di recente. A questa fase appartengono la muratura in mattoni, con la quale è stata tra l'altro
separata dalla piazza la grande esedra, e la decorazione architettonica a stucco che rivestiva i prospetti del portico.

Il teatro Balbo fu indicato facente parte della IX regione augustea, e risulta in funzione fino al IV sec. d.c., quando la
nuova religione proibiva l'uso dei teatri, considerati osceni e peccaminosi, ma spesso con scarso successo. Dal V sec.,
con lo stabilirsi delle leggi ecclesiastiche, il complesso monumentale andò in completa rovina. Nel X secolo, le sue
strutture murarie furono trasformate in fortilizio medievale, ricordato dalle fonti con il nome di Castellum aureum, in cui
vennero inseriti orti e chiese. Nei secoli successivi, l’area del criptoportico fu occupata dalle botteghe dei funari.

Il teatro è rimasto a lungo ignorato in epoca moderna, perché fino al 1960 la sua cavea, di cui sono ancora visibili i resti
inglobati nel Palazzo Mattei-Paganica, veniva identificata con l'emiciclo del Circo Flaminio, il quale si trovava invece
presso il Teatro di Marcello, ove è la via del Portico di Ottavia. Gli scavi del 1961 hanno liberato una parte della grande
esedra posta su uno dei lati del criptoportico quasi quadrato che costituisce la Crypta Balbi.

DESCRIZIONE Sembra fosse per


grandezza il terzo teatro, dopo quelli
di Marcello, che conteneva circa
20500 spettatori, e quello di Pompeo,
che ne conteneva 17600, sembra che
questo teatro contenesse invece circa
7000 spettatori, ma secondo altri
11500. Il portico dietro la scena,
ovviamente parte del teatro, costituiva
invece la Cripta Balbi.

Il teatro si estendeva in senso est-ovest con la cavea rivolta a ovest; alle spalle della scena si sviluppava un’area aperta,
circondata da un portico edificato sopra un criptoportico. La Crypta di Balbo era insomma un immenso quadrilatero,
posto sul retro del teatro, al cui centro sorgeva un edificio, forse usato come tempio. Su tutti i lati del quadrilatero,
correva un portico chiuso, a due piani con le finestre al piano superiore. Nell’area interna il tempio, probabilmente
preesistente, era dedicato a Vulcano, il cui antico culto è attestato nella zona. Il criptoportico era luogo di riparo per gli
spettatori in caso di pioggia, passaggio pubblico, poteva offrire ambienti per la preparazione degli spettacoli teatrali e
accogliere botteghe.

Il Teatro era costruito in opera reticolata mentre i muri perimetrali del portico, mossi da nicchie, erano in opera quadrata
in tufo e travertino. Plinio ricorda che il teatro era ornato tra l'altro da 4 piccole colonne di prezioso onice.

Le spoliazioni avvenute come al solito on parte per cancellare le tracce del paganesimo e in parte per adornare i palazzi
dei principi e pontefici romani, non hanno cancellato del tutto le poderose murature, in alcune parti conservate per
notevole altezza. Del resto un editto imperiale del 408 d.c. destinò ad uso pubblico tutti i luoghi di culto pagani.

Gli scavi hanno confermato la pianta del teatro delineato sulla "forma urbis", un'area quadrangolare, delimitata da un
muro in blocchi di travertino, con una grande abside sul lato opposto al teatro e portici aperti verso l'interno, sulla piazza
che circondavano.

Con l'abbandono dei teatri come luogo di perdizione. la Cripta Balbo divenne un laboratorio per la produzione del vetro,
poi una calcara e poi una stalla.

Prima del lento e graduale riassetto urbanistico che seguì ai secoli più bui dell'Altomedioevo, questa zona risentì come
tutta l'Italia e Roma stessa dei terribili effetti della povertà e dell'abbandono conseguenti alla caduta dell'impero. In
particolare gli effetti della guerra greco-gotica (535-553 d.c.) furono tali da immiserire terribilmente le condizioni di vita.
Per un certo periodo vi fu allestita anche una piccola necropoli con sepolture povere nei corredi, scavate nelle stesse
mura della Crypta. Per lungo tempo si ritenne erroneamente che i ruderi della scena del teatro fossero i resti del Circo
Flaminio.

Fu Francesco Albertini all'inizio del XVI sec. a identificare il teatro di Balbo nelle rovine che, ancora visibili al suo tempo
nei pressi della casa di Domenico Mattei, furono poi inglobate nella costruzione di altri edifici della stessa famiglia
nobiliare, scomparendo del tutto.

Oggi la Crfipta Balbi  conserva strutture monumentali ancora consistenti, come quando si scende nel piano interrato
dove si possono ammirare porzioni della Porticus Minucia e della Crypta stessa, e costituisce una delle quattro sedi
museali che compongono il Museo Nazionale Romano, insieme a Palazzo Altemps, Palazzo Massimo alle Terme e le
Terme di Diocleziano.

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