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FINANZA ETICA – lezione 1

CONCETTI FONDAMENTALI
Cosa è l’economia?
È l’organizzazione della gestione dell’utilizzo delle risorse che o una persona fisica, un’azienda o un
ente pubblico (quindi o un soggetto singolo o plurale) ha per soddisfare i bisogni e
garantirsi/garantire il benessere per sè stesso e per la propria cerchia.
La parola deriva dall’unione di casa e regole, quindi l’insieme delle regole che governano la casa.
Economia non è sinonimo di finanza (anche se spesso viene mischiata alla finanza e viene usata in
maniera interscambiabile), perché finanza è l’insieme di quegli strumenti che ci consentono di fare
economia. Finanza deriva dal francese “finance” significa finire cioè portare a termine un
pagamento, quindi è l’insieme di mezzi e strumenti (patrimonio, casa, capannone, auto, reddito più
il credito) che possono essere monetari ma non necessariamente (patrimonio, reddito e credito etc)
di cui un soggetto economico (consumatore, soggetto pubblico o privato, pubblica amministrazione
o stato italiano) dispone per svolgere le proprie attività economiche e per il perseguimento dei
propri scopi.
Chi è l’agente economico e come agisce? → UTILITA MASSIMA
Secondo la teoria economica classica l’homo economicus è un agente razionale (bravo a saper
scegliere sempre il miglior prodotto, a non sbagliare mai nelle opzioni di acquisto, sa sempre cosa
scegliere e sa sempre spendere il proprio denaro in maniera adeguata) con il desiderio di soddisfare
sempre i propri bisogni ed ha un’altissima capacità di discernere perché è ben informato e sa
precisamente scegliere tra varie opzioni e ha tutte le informazioni a sua disposizione.
Ma l’informazione di cui disponiamo non è tutta e ci sono dei FATTORI ESTERNI (CULTURA) che ci
condizionano, tale per cui io devo comprare un prodotto non perché ne ho bisogno ma perché
acquistando quel prodotto io faccio parte di una tribù di acquisto, mi sento gratificato e mi riconosco
in una fetta di classe sociale più apprezzata rispetto ad un’altra. Non ho un impellente bisogno ma
ne faccio richiesta e la desidero altrimenti non mi sento realizzato. Quindi i fattori interni quando
vengono combinati ai fattori esterni e alla propria capacità di spesa immediata/futura e prevista,
fanno sì che si sceglie un investimento e si fa un determinato acquisto.
Secondo il paradigma dell’economia neoclassica, sembrerebbe che più ricchezza genera aumento
dei posti di lavoro, maggiore possibilità di spesa, maggiore possibilità di erogare stipendi anche a
quelle fasce di popolazione che non riescono a farcela, significa che con questo schema aumenta la
possibilità nel pagare tasse e quindi di contribuire alle spese della macchina pubblica e tanti altri
effetti positivi. Ma questo è un falso mito. Perché?
Perché l’EFFETTO TRICKLE DOWN (teoria della goccia) sostanzialmente si dovrebbe sviluppare con
lo sgocciolamento dei livelli più bassi di ricchezza ma in realtà con il tempo, con le crisi finanziare
sostanzialmente ecc, il trickle down si è materializzato con un aumento della crescita per alcuni, in
aumento della ricchezza per alcuni e non per tutti. L’effetto sgocciolamento ha in questi anni,
attraverso una finanziarizzazione esagerata, consentito che pochi potessero arricchirsi ai danni dei
molti. Infatti ci hanno detto che il trickle down poteva garantire benessere per tutti ma così non è
stato.
Evidenze su come l’effetto sgocciolamento non ha funzionato. Com’era la società prima della
pandemia Covid-19?
Prima che arrivasse questo virus credevamo profondamente che eravamo indirizzati verso uno
sviluppo che avrebbe garantito benessere per tutti, ma la pandemia viene vista come un’epifania
che ci ha dato molte verità come:
- 62 ricchi al mondo prima della pandemia possedevano la stessa ricchezza di oltre 3.6 bilioni di
poveri nel modo. Quindi la curva, la domanda e l’offerta, la mano invisibile? Il benessere per tutti?

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Il mito dell’equilibrio? Se 62 ricchi possedevano la stessa ricchezza di 3.6 bilioni di poveri
evidentemente qualcosa nel mito del turbocapitalismo non funzionava.
- Lo sviluppo e il progresso non era per tutti, basta osservare l’indice globale della fame.
- Democrazia ecologica: i paesi più ricchi inquinano di più di quelli più poveri. Questo sviluppo eguale
che dovrebbe garantire benessere a tutti gli abitanti del pianeta, è un benessere a trazione primo
mondo i cui i costi li paga il terzo mondo e complessivamente tutto il mondo (perché un
inquinamento globale ha ripercussioni su tutti gli abitanti del pianeta). Il costo ambientale è
diseguale rispetto allo sviluppo capitalistico.
EARTH OVERSHOOT DAY: è quel giorno in cui ufficialmente terminiamo tutte le risorse nel mondo
disponibili in un anno e quindi consumiamo le risorse future facendo pagare le generazioni future
(dal 15 agosto 2021 noi stiamo utilizzando risorse dell’anno successivo, cioè del 2022). Questo
ovviamente è un grande problema perché le risorse non sono infinite e i costi di quell’inquinamento
li pagano chi vive il presente. Questo problema è direttamente collegato con la finanziarizzazione
dell’economia.
- Democrazia energetica: lo sviluppo tecnologico è per tutti? NO! Ci sono zone nel mondo che
sono completamente al buio, perché non arriva nemmeno la corrente elettrica, e guarda caso
sono quei paesi che sono poveri e inquinano di meno. Quindi tutto il mondo non è connesso.
A proposito del tecnologico, siamo veramente tutti connessi? No, non è vero. Dove manca energia
elettrica ovviamente mancano i computer, ma lo sviluppo non doveva essere per tutti?
Le stesse zone al buio, che non hanno strumenti tecnologici e inquinano di meno sono le zone
dove continuano ad esserci dei conflitti, prima della pandemia 45,7 milioni di persone erano in
guerra (significa 61 conflitti nel mondo), ma l’economia non doveva assicurare benessere?
- Negli stessi contesti poveri c’è il più alto tasso di corruzione, per non parlare delle mafie. (La
condizione di povertà quindi di deprivazione, indebolisce il governo o le persone, ciò fa abbassare
le difese e rende più fragili e più aggredibili alla corruzione, aumenta anche la propensione a
cedere a forme di illegalità e criminalità economico-finanziaria.)
Cosa è accaduto dopo la pandemia...? (Alcune riflessioni sull’andamento dei mercati finanziari)
Il crollo verticale come è avvenuto con la crisi del ‘29, ma è bastato l’annuncio del vaccino per far
risalire gli indici.
Ovviamente è accaduto che alcuni settori hanno visto un’impennata (sanitario, tech e
distribuzione); i consumi si sono spostati online, tutti gli investimenti dopo quel momento di crollo
sono stati incentivati sull’online. Quindi ancora una volta questa è la testimonianza che la
pandemia ha stravolto il mondo. sempre la pandemia ha anche tirato fuori dall’educazione
tantissime persone (1,6 bilioni), noi siamo stati fortunati grazie per esempio a google meet.
Possiamo parlare anche del -33% di investimenti nel green durante la pandemia, perché la
macchina doveva comunque andare avanti, ma comunque si sono interrotti gli investimenti sulla
transizione energetica. Più 335 milioni di persone nella povertà.
Infine parlando dei vaccini, possiamo anche notare che ci sono stati paesi che sono
immediatamente ripartiti grazie ai vaccini a disposizione e quindi possono concludere il ciclo entro
marzo 2022 (parliamo dei paesi più ricchi), fino ad arrivare al dramma degli ultimi che bene che va
avranno la prima dose forse qualcuno di loro tra aprile 2022 e il 2023 (solo il 7% della popolazione
africana ha ricevuto il vaccino).
Ciò ancora una volta è la dimostrazione che la finanziarizzazione dell’economia quindi il correre di
questo turbocapitalismo esageratamente spinto non sul benessere per tutti ma sul benessere per
pochi, è testimonianza che Adam Smith ha fallito.

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Lezione 2
Moneta nella prospettiva storica
Definire il denaro
Cos'è la moneta? Intanto, quando si dice Finanza si intende sia il denaro che io investo sia il denaro
che utilizzo per effettuare acquisti di beni o di servizi. La moneta è uno strumento che favorisce gli
scambi economici, quindi sostanzialmente una tecnologia (la moneta in sé, la carta moneta, la
moneta del digitale) che agevola il consumo e ci consente di soddisfare i nostri bisogni (che siano
bisogni primari o non primari).
Simmel non avanza una definizione prosaica di denaro, da un lato effettua uno studio analitico del
denaro concentrandosi sulla sua essenza estrapolando l’oggetto dal contesto sociale, dall’altro lato
invece, il denaro è calato all’interno della realtà empirica. Una proposta di ricomposizione della
definizione riguarda quattro temi principali: il denaro come espressione di fiducia o fede nel sistema
sociale, il denaro come predicato o azione economica, il denaro come strumento e il denaro come
oggetto materiale.
La moneta può tradursi in un fine, da mezzo si traduce in fine, quando diventa lo strumento che fa
sì che si tenda solo ad un’accumulazione (non per la spesa) ma solo per il possesso. Quindi la moneta
da strumento che agevola nostra vita (soddisfacimento dei bisogni, raggiungimento del benessere)
diventa fine quando si conclude con il mero possesso di per sé. Per Simmel il denaro è uno
strumento che assolve principalmente tre funzioni: conservazione del valore, unità di misura e
mezzo di scambio. Il denaro serve a mettere in comunicazione grazie alla sua scambiabilità, serve a
misurare il valore di oggetti e prestazioni data la sua oggettività e a trasportare/conservare il valore
poiché dura nel tempo.
La situazione peggiore è invece quando diventa strumento per la speculazione, cioè quando dalla
moneta si fa moneta. Se la moneta (denaro) diventa strumento per acquistare qualcosa o per
effettuare investimenti per raggiungere mio benessere è uno strumento, ma se la moneta diventa
strumento per fare altra moneta, la moneta cambia la sua natura e la sua la sua essenza. In entrambi
i casi c'è una prospettiva relazionale molto importante, perché la moneta non è un freddo oggetto;
la moneta incorpora tanti significati che non sono solo significati numerici, non si limita soltanto a
dire quanto vale. La moneta ha un valore nella dimensione, in cui tramite la moneta noi dimostriamo
di essere qualcosa, per questo ha una grande dimensione relazionale.
Possiamo parlare anche del BARATTO, che testimonia il fatto che la moneta non è sempre esistita.
Esso nacque in un periodo in cui, successivamente alla rivoluzione agricola, gli uomini si
trasformarono in produttori, acquistarono cosi autonomia nella produzione dei beni che erano loro
necessari attraverso l’organizzazione di un vero e proprio processo produttivo. Cosi si ebbe il
passaggio dall’economia della caccia all’economia dell’agricoltura e dell’allevamento che ha
consentito una crescita rilevante delle disponibilità alimentari, aumentò quindi anche il lavoro e si
ebbe l’esigenza di dividerlo. Con la divisione del lavoro l’attività di scambio diventò il modo con cui
ognuno riusciva a procurarsi ciò di cui aveva bisogno. E con gli scambi sorse il problema del rapporto
di scambio, diventò cioè necessario stabilire che cosa chiedere in cambio della merce che si offriva.
Ecco che nacque il BARATTO caratterizzato dal fatto che ciascuno dei due contraenti deve
incontrare qualcuno che dispone della merce che a lui serve. Quindi le parti si mettono d'accordo e
i reciproci bisogni si compensano e sono equivalenti. Se, ad esempio, un pastore vuole scambiare

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una pecora con del grano deve trovare un agricoltore che non solo abbia del grano in eccedenza,
ma che abbia anche bisogno di una pecora. Se l’agricoltore ha il grano, ma invece della pecora vuole
un vaso, lo scambio non si può fare. I soggetti coinvolti nel baratto infatti hanno ambedue l’obiettivo
di ottenere un bene da utilizzare. Essi cioè sono entrambi interessati al valore d’uso (il valore d’uso
dei beni corrisponde alla loro capacità di soddisfare i bisogni delle persone) della merce che
acquistano.
Ci sono state e continuano a esserci civiltà che hanno fatto a meno della moneta, perché non c'era
bisogno di una tecnologia che fungesse da strumento terzo. Il baratto funziona benissimo dove le
economie sono piccole e primitive e le risorse sono scarse.
La difficoltà di far collimare esigenze così diverse portò un po’ ovunque a un veloce superamento
del baratto e all’introduzione di un sistema di scambio basato invece sulla moneta-merce.
L’agricoltore che voleva il vaso, ad esempio, iniziava accettando la pecora e cercando in un secondo
momento qualcuno disposto a scambiarla con un vaso. Così facendo il nostro agricoltore ha
accettato la pecora non per il suo valore d’uso, ma per il suo valore di scambio, ossia per la sua
possibilità di essere scambiata con un vaso. In questo caso possiamo dire che la pecora viene usata
come una moneta, essa infatti serve per pagare il grano. Quando la moneta è costituita da un bene
che possiede un valore d’uso diciamo che si tratta di una moneta-merce. Con l’introduzione della
moneta-merce soltanto uno dei due contraenti ottiene in cambio valore d’uso, ossia il bene a cui è
interessato, l’altro ottiene valore di scambio, ossia un bene che può servire per essere scambiato
con un altro bene.
Quando le economie diventano più avanzate, quindi quando smettono di essere banalmente
primitive, la moneta diventa quello strumento che agevola le transazioni, perché diventa velo
neutro cioè quello strumento/tecnologia che fa sì che la moneta possa favorire sempre di più lo
scambio in contesti più allargati. Nel caso in cui economia primitiva diventa un’economia avanzata
significa che allarga il suo perimetro geografico (significa che un soggetto può non andare a
prendere le pecore da lui e andare a 10 km, quindi può comparare la tua pecora con la pecora a 10
km – qui entra in gioco la leva della concorrenza). Quindi in una economia avanzata dove peraltro
c'è bisogno di spostarsi c'è bisogno di uno strumento tecnico che fa sì che non mi porti tutte le
pecore o il vino, utilizzo uno strumento tecnico che agevoli questa transazione. Immaginate il
mercato, (luogo di incontro dove si incontrano bisogni e la possibilità di soddisfacimento dei bisogni)
la moneta funziona benissimo dove non c'è la doppia coincidenza dei bisogni. Nelle economie
avanzate, c'è bisogno di uno strumento tecnico che agevoli questi scambi perché altrimenti tutto si
incarta, ecco perché velo neutro.
Nacquero così le premonete (le monete primitive) erano monete sostanzialmente irregolari, come
il rude romano fatto di bronzo non lavorato (erano di leghe preziose come ferro, rame, oro o
argento). Ciò che testimoniava il valore di questo strumento era la preziosità del materiale (bronzo,
leghe preziose) quindi prendevo in cambio quella moneta perché sapevo che avevo ricchezza.
In un primo momento quando la moneta ancora non era strumento socialmente riconosciuto c’era
bisogno di uno strumento tecnico che fosse prezioso, che avesse un valore legato al fatto che era
una lega (oro argento bronzo) e quindi che ha un valore in sé, non importava la forma infatti le rude
sono dei pezzi di bronzo non lavorati.

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Gradualmente nella storia i passaggi importanti sono stati quelli in cui ci si è accorti che bisognava
non solo dare valore di preziosità al pezzo di moneta ma istituzionalizzare, rendere legale, suggellare
il pezzo lega. Sostanzialmente ci si rese conto che c'era bisogno che quell'oggetto fosse ritenuto
valido da un soggetto terzo, ecco l'inizio delle stampigliature e dei disegni. Senza un soggetto terzo
che legittima l'utilizzo di quella moneta il circuito monetario implodeva. La prima moneta a forma
regolare della storia è del 685 a.c (Libia – Asia Minore) in lega di oro e di argento con il suggello
Leonino (questo simbolo faceva sì che questa moneta nel circuito dove poteva essere utilizzata
nessuno poteva rifiutarla, per altro il suggello garantiva che la lega era una lega autentica. Perché
mettere un un simbolo? Il simbolo legittima il circuito e legittima la moneta in sé, il contenuto, la
quantità di prezioso) e si chiamava elettro.
Perché la moneta si chiama moneta? C'è un’origine storica, in riferimento a un evento accaduto nel
390 a.c. a Roma che in quel periodo era assediata dai Galli, stavano entrando a Roma. La leggenda
narra che presso il tempio di Giunone al Campidoglio c'erano delle oche sacre, queste avendo
appreso che c'erano i barbari alle porte cominciarono a starnazzare così tanto che allertarono i
militari e andarono alle porte di Roma, combatterono contro gli invasori e sconfissero il pericolo. Le
oche starnazzano “ammonendo”, e fecero si che in quel luogo (tempio della dea Giunone) venisse
ribattezzato da Dea Giunone a Dea Moneta – la prima moneta si chiama Moneta.
In quel posto venne edificata la prima zecca di stato, in ricordo di quell'evento.
Una moneta circola per la legittimazione che ha, ma cosa legittima e cosa agevola l'uso di una
specifica moneta? Ci sono stati momenti nella storia in cui le monete erano assolutamente
corrispondenti al metallo prezioso che contenevano, come il caso dinar una moneta d'oro di 4,25 gr
di oro a 22 carati che è stata utilizzata per 13 secoli. Cosa legittimava la circolazione quella moneta?
La stampigliatura sulla moneta stessa e legittimare il fatto che era preziosa, quindi la socialità
conseguente era legata a questa doppia caratteristica. Nel corso del tempo è accaduto che, invece,
emergesse la necessità di simboli che suggellassero la validità (due esempi sono: una moneta
romana in cui c'è scritto Roma e una moneta della Repubblica italiana in cui c'è scritto Repubblica
Italiana le lire). Le monete quindi sono tecnologie sì, ma sono anche simboli il cui valore è garantito
da un soggetto che fa parte del sistema dentro cui quelle monete circolano (quindi senza il soggetto
istituzionale che legittima quelle monete la relazione tra compratore e venditore non sarebbe
possibile). Le monete hanno questo questa funzione relazionale proprio perché c'è un soggetto
istituzionale, ma le monete non comunicano solo valore economico (non sono solo strumenti per
transazioni economiche) si parla anche di monete satiriche. Una moneta satirica può essere quella
che ha stampigliato nel collo di Napoleone III la scritta Sedan, questa moneta nel 1851 è stata una
moneta in cui qualcuno in ricordo della sconfitta di Sedan, proprio per prendersi scherno di
Napoleone e comunicare politicamente la propria posizione avversa e per destabilizzare la guida di
Napoleone ha ritirato alcune monete e gli ha stampigliato sopra Sedan. Perché? Perchè le monete
sono nelle tasche di tutti più o meno, sono uno strumento comunicativo eccezionale, in quel caso
quella moneta valeva come un volantino/manifesto che poteva essere affisso e ciò rappresenta un
modo per veicolare alcuni messaggi politici che andavano contro Napoleone. La forza comunicativa
di una moneta e il suo potere relazionale, non è solo potere di scambio e quindi la possibilità di
intessere relazioni commerciali, ma può comunicare tantissimo altro. Un altro esempio, è una
moneta del 1856 del Regno delle Due Sicilie (Ferdinando II) in cui con lo stesso meccanismo

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precedente, degli oppositori a Ferdinando II hanno ritirato delle monete e hanno stampigliato su la
scritta “boia”, perché era il modo più efficace per arrivare nelle tasche di tutti (esistono monete
satiriche anche moderne). Ma Soprattutto in quel periodo lì in cui fare opposizione politica era
particolarmente complicato soprattutto ai grandi, le monete diventano lo strumento relazionale
importante. Un altro esempio per arrivare ai nostri tempi, non si tratta di una moneta satirica
l'esempio però richiama molto al potere comunicativo di una moneta, si tratta del Dodge Coin a
guardarlo sembra roba bambini, ma il valore di questo Bitcoin in questi anni è cresciuto ma in ogni
caso il perno di una discussione importante su le criptomonete e criptovalute. Quel cagnolino però
ha un potere comunicativo che ci sta portando verso questo nuovo mondo in cui si parla moltissimo
di Bitcoin, quindi anche quel simbolo la ha un certo significato. Quindi quando guardiamo la moneta
e la finanza e a tutti questi esempi, dobbiamo portare la mente e riflettere sul valore relazionale.
Un altro esempio ancora è la carta del reddito di cittadinanza che è di colore giallo, questa ha lo
stesso colore di un'altra carta cioè quella della Postepay. La scelta è stata mirata perché il soggetto
percettore reddito cittadinanza non poteva essere stigmatizzato quindi biasimato della propria
condizione, perché la povertà in genere non può essere considerata una colpa (i percettori del
reddito di cittadinanza che hanno diritto a un sussidio quando andavano in un negozio non
dovevano vedersi come una colpa la loro condizione, quindi è stato quel colore perché
sostanzialmente è come dare un Postepay).
Quindi la moneta anzitutto è credito, e credito è credere, e credere significa avere fiducia. L’essenza
del denaro è la sua capacità di far si che la gente creda, nel duplice senso di avere fede o fiducia, nel
suo valore presente ma soprattutto futuro poiché il denaro presuppone di essere “creduto” da chi
lo accetta e da chi lo offre. La definizione di denaro quindi si declina in un duplice moto segnato dal
rapporto tra debito e credito in un contesto in cui la fiducia è l’elemento essenziale. Quindi se non
ci fidiamo dell'operatore che abbiamo davanti che intesse con noi relazioni commerciali, se non ci
fidiamo del della merce o dei servizi che ci scambiamo, se non ci fidiamo dello strumento che
utilizziamo come tramite, se non ci fidiamo del soggetto istituzionale che ha stampigliato quello
strumento, tutta la transazione non si può sviluppare. Quindi non è banale sottolineare che la
moneta è uno strumento tecnico che facilita ma non è tutto, ci vuole una rete relazionale di fiducia
per questo si dice credito. Bisogna credere, cioè bisogna fidarsi quindi cedere un pezzo di sé nella
relazione con l'altro e fidarsi significa stabilire delle relazioni anche che si protraggono nel futuro
tramite appunto credito e debito (come i bastoncini medievali che venivano utilizzati nelle
transazioni commerciali, venivano spezzate a metà e valevano solo se uniti. Il loro valore era tale se
quei due bastoncini venivano riposti l’uno sull'altro, quindi i due soggetti che avevano stabilito le
relazioni avevano credito e debito reciproco). Tutte le monete nella storia dalla premoneta in avanti,
più o meno hanno qualcosa di sacro pensiamo ad esempio alla prima Zecca di Stato è stata su un
tempio, i greci e romani prestavano le offerte dei fedeli, le prime banche si trovavano nei pressi i
templi perché luoghi più sicuri, la prima banca italiana fu dedicata a San Giorgio, la prima forma di
microcredito fu quello Francescano - c'è questo richiamo al Sacro ricorrente. (Nella banconota di $1
ci sono almeno tre simboli che richiamano il sacro). È importante questa dimensione religiosa che
ricorre, perché continua a ricorrere anche nel dollaro? Rassicura, garantisce il velo neutro, agevola;
questo richiamo al Divino che quanto di più terzo che c'è è più terzo del soggetto banca istituzionale,
più terzo del soggetto stato o di Stato sovranazionale, fa sì che ci si possa fidare. Dunque ci affidiamo

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e abbiamo fede in quello strumento, in quanto senza la fiducia tutta l'impalcatura delle transazioni
viene meno.
(Esistono delle monete simili ai Bitcoin un po' più stabili, meno fluttuanti, che sono agganciate ad
una moneta detta Fiat).
Altri tempi in cui il denaro è importante perché è legame con qualcosa di ultraterreno ma sempre
divino, sono le monete ritrovate negli antichi sarcofagi o nelle tombe in bocca ai morti o sugli occhi
dei morti, perché il valore e la possibilità di utilizzo della moneta va oltre il pianeta Terra.
Oggi nel momento in cui la moneta è quanto di più smaterializzato possibile, non paghiamo più col
contante ma non è davvero un atto di Fede? Non è davvero un atto di fiducia? Nel momento in cui
la moneta è totalmente smaterializzata. Dobbiamo fidarci dello strumento, del canale, del soggetto
che abbiamo davanti, del buon fine dell'operazione, delle informazioni connesse alla nostra
transazione non siano utilizzati chissà per quale fine. Il nostro livello di fiducia sta crescendo o meglio
c'è chiesto un maggiore Atto di Fede, ci si chiede sempre di più nella smaterializzazione della moneta
di affidarci sempre di più al sistema di credito e quindi al sistema monetario. È curioso vedere che
nel momento in cui la modernità sembra rinnegare l’ultraterreno, il divino e lo spirituale, noi invece
chiediamo transazioni che hanno una forte componente spirituale (intendiamo una cosa irrazionale
e intangibile). Il processo di smaterializzazione del denaro sembra poter arrivare a compimento ma
questo è impossibile a livello tecnico perché il denaro come simbolo ha bisogno di un denaro in
forma materiale per poter circolare. Il tema della materialità del denaro assume perciò un posto
centrale perché rende concreto ciò che risulta raggiungibile solamente nella norma pura.
Il sentimento di fiducia è quindi il punto paradigmatico da cui far partire ogni riflessione che riguarda
il denaro, è il contesto necessario per il suo circolo. Questa può essere ricercata a più livelli, dagli
Stati che ne controllano la produzione fino alle pratiche di gestione quotidiane oggetto di questo
volume.
Il denaro ha bisogno per espletare le sue funzioni, oltre che di un contesto fiduciario, anche di una
rete concreta in cui circolare.

Lezione 3
BREVE STORIA DEGLI ISTITUTI DI CREDITO
I primi istituti di credito nascono in luoghi sacri, come ad esempio i templi, dove l’attività
commerciale era molto affluente. In particolare la costituzione di mercati tanto vasti obbligava i
mercanti a cambiare continuamente le loro monete per poter effettuare i pagamenti.
Così nell’economia romana e greca nacquero i banchi di cambio, la banca custodiva moneta ed
agevolava il cambio in rapporto al peso ed al contenuto del metallo grezzo che costituiva la moneta.
Tali banchi erano legno coperti di panno ai quali era possibile rivolgersi per ottenere il cambio delle
monete e i cambiatori o banchieri che sedevano dietro il banco (trapezita in Grecia e argentarii a
Roma) avevano il compito di convertire le monete, controllando ovviamente che fossero di buona
qualità. La loro attività però non si limitava al solo cambio delle monete, essi infatti disponevano di
loro capitali che all’occorrenza potevano prestare ai mercanti dietro il pagamento di un interesse.
Si inizio ad utilizzare anche le forme di prestito con le prime forme di assegni e in tale periodo iniziò
la cosiddetta SPECULAZIONE DEL DENARO, quindi il denaro diventa strumento che agevola lo
scambio ma allo stesso tempo diventa strumento di speculazione (fare denaro con il denaro).

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Andando molto avanti nel tempo arriviamo al Medioevo in cui ci furono due grandi innovazioni:
-Sviluppo delle lettere di credito che garantivano il deposito presso le banche di denaro o di
preziosi. Con l’estendersi dei mercati, infatti, i mercanti erano costretti a trasportare con sé, insieme
ai carichi di merci, ingenti quantità di monete che, oltre a essere estremamente ingombranti, erano
anche soggette al rischio di furti o di contraffazioni. Per evitare tali inconvenienti i mercanti presero
l’abitudine di depositare i propri denari presso i cambiatori, i quali rilasciavano loro una lettera atte-
stante la proprietà delle monete depositate. Ci si accorse quindi che la ricchezza fisica della moneta
non poteva essere trasportata quando si acquistava tantissima merce e quindi ci si inventò tale
strumento che diceva a mezzo di una scrittura “Mario rossi ha depositato una quantità di denaro
che dice di utilizzare per pagare tale merce”; così mercanti e sovrani, al momento dell’acquisto,
potevano cedere la lettera invece della moneta e chi a sua volta aveva ricevuto la lettera, poteva
ritirare il denaro dal cambiatore, tutto ciò garantì il commercio e acquisto di merce/armi (prime
forme mi smaterializzazione della moneta e nuovo modo di fare finanza) e garantì anche una
riduzione di forzieri dato che non vi erano più quantità di denaro da trasportare. La prassi delle
lettere di cambio era talmente comoda che anche chi chiedeva prestiti non voleva ritirare il denaro,
ma si accontentava della sola lettera. Tutto perciò si risolveva semplicemente in una circolazione di
lettere per un valore molto spesso superiore all’oro depositato presso i banchi.
-Nella seconda metà del XV secolo su iniziativa dei frati francescani nascono i monti di pietà cioè il
CREDITO FRANCESCANO/OPERATIVO. Come funzionava? Ipotizzate di non avere soldi e dover
pagare qualcosa di estrema urgenza, si può portare un orologio, come bene prezioso, e darlo in
pegno al monte di pietà (come una banca) il quale ti da un prestito e tu ti impegni a restituirlo, ma
loro si trattengono il bene prezioso portato. Tali crediti francescani nacquero come monti
frumentai/granai in cui un agricoltore aveva necessità di sementi e non aveva soldi per acquistarli
quindi si recava al monte frumentai il quale gli consegnava queste sementi per arare un pezzo di
terreno, ma una parte dei frutti del raccolto dovevano successivamente andare al monte. Questa
genialata dei francescani evitava che gli agricoltori andassero dagli usurai per farsi dare i soldi poiché
i francescani non chiedevano soldi in più ma chiedevano semplicemente un po' di raccolto. Tale
esperienza è il cosiddetto MICRO CREDITO cioè piccoli prestiti di entità microscopica emessi a
soggetti non bancabili (senza garanzie) la cui garanzia è data dalla comunità a cui appartengono. Il
micro credito funziona bene nel caso in cui sono piccoli prestiti risarcibili infatti in esso l’ipoteca non
c’è, le persone non hanno nulla da poter ipotecare ed inoltre sono piccole somme. Quindi la
differenza sostanziale tra micro credito e prestito sta nell’ipoteca.
Durante il Rinascimento e Seicento si sviluppano le BANCHE PUBBLICHE (BATTERE MONETA), che
come ulteriore garanzia della loro serietà si impegnavano a non effettuare prestiti e a tenere il
denaro depositato a completa disposizione dei loro clienti. Quindi vi è un soggetto pubblico ovvero
lo stato:
-in Italia a Genova nel 1406 nasce il BANCO DI SAN GIORGIO con compiti di gestione del debito
pubblico cioè a Genova c’era bisogno di denaro perché dovevano restituire dei redditi scaturenti
dalla conquista di colonie così si inventano un’operazione finanziaria di prestito definita “compera”
cioè bussavano alla porta di coloro più ricchi e dicevano “abbiamo bisogno di soldi” e così 18 cittadini
privati misero denaro a disposizione per un’operazione pubblica con un vantaggio alla conquista.

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-anche in Inghilterra nel 1694 nasce la BANCA DI INGHILTERRA con compiti di emissione di moneta,
nata al fine di raccogliere fondi per la guerra, gli inglesi consegnavano in banca il proprio oro e
ricevevano banconote o al contrario consegnavano banconote e in cambio avevano l’oro (un
sistema monetario che garantisce una convertibilità completa e stabile tra la carta- moneta e l’oro
si chiama gold standard). Tale sistema i diffuse in tutta l’Europa e anche in America ma con il passare
del tempo l’oro estratto non riusciva a crescere allo stesso ritmo della produzione industriale e così
il sistema monetario, anziché favorire lo sviluppo economico finì per frenarlo. Il problema divenne
talmente grave che negli anni tra le due guerre mondiali, la Banca d’Inghilterra fu costretta a
sospendere la parità con l’oro e nel volgere di poco tempo tutto il sistema gold standard finì.
La circolazione monetaria diventò così a corso forzoso. Ciò significa che le banconote avevano
valore, non più perché esisteva da qualche parte una merce con cui avrebbero potuto essere
cambiate, ma perché una legge dello Stato imponeva a tutti i cittadini l’obbligo di utilizzarle nei
pagamenti. Come sappiamo il corso forzoso delle monete vige anche oggi, anche noi, infatti, usiamo
l’euro perché una legge italiana ci obbliga ad accettare questi pezzetti di carta come mezzo di
pagamento.

BANCONOTE E BANCAROTTA
Nel corso del XV secolo i banchieri erano diventa- ti talmente ricchi e potenti da prestare capitali
anche ai principi o alla Chiesa. Non sempre però i sovrani, erano in grado di restituire il denaro
ricevuto. Così, quando si spargeva la voce che una banca non poteva più convertire le lettere di
cambio in moneta, tutti si affrettavano a ritirare i propri depositi e ciò porta- va inevitabilmente alla
bancarotta.
Nel XVII secolo le banche erano ormai un’istituzione consolidata e il loro compito consisteva
principalmente nel raccogliere depositi a fronte dei quali emettevano prestiti, il tutto in cambio di
un interesse. Come sappiamo però i prestiti potevano superare la quantità di oro depositato e
dunque possiamo concludere che le banche creavano direttamente denaro. Le lettere di cambio nel
frattempo erano diventate banconote e circolavano di mano in mano senza necessariamente essere
trasformate in oro a ogni passaggio. Tale situazione, se da un lato favoriva il commercio e la crescita
economica, portò però anche a non pochi dissesti finanziari. Il più famoso riguarda la Francia dove
un banchiere di nome John Low aprì una banca che raccoglieva denaro per finanziare prestiti
attraverso l’emissione di banconote. I titoli di questo nuovo prestito andarono a ruba e la banca
incominciò a stampare banconote che tutti accettavano con grande entusiasmo.

Durante l’Ottocento vi sono le rivoluzioni industriali le quali cambiarono del tutto la società
occidentali. Ricordiamo Marx il quale vede la società come dittatura e proletariato (lettura politica),
plus valore concetto importantissimo (alienazione). Per Marx la rivoluzione industriale ha cambiato
radicalmente i rapporti di produzione, prima che ci spaccasse la società in borghesi e proletari
ciascuno si riconosceva in ciò che faceva dato che non c’era la catena di montaggio.
La lettura marxista afferma che tutto questo può cambiare con la lotta di classe perché la storia
della società è storia di lotta. Attraverso questa lotta che è possibile con la coscienza di classe il
lavoratore deve capire che è sfruttato così fa una rivoluzione.

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In tale periodo si sviluppò l’industria che ebbe bisogno di denaro e investimenti pubblici per
infrastruttura le città e favorire gli scambi. Quindi si assiste ad una moltiplicazione di banche che
servivano all’imprenditore per ampliare i suoi capitali e la sua produzione, ed allo stato per
agevolare i processi dato che aveva bisogno lo stato stesso dei soldi per costruire i porti.

Durante il Novecento arrivò la prima grande crisi finanziaria del ’29 che travolse il sistema bancario,
in questo periodo accadde che a seguito della crisi si rese necessario distinguere le BANCHE DI
AFFARI (finanziarono le industrie) e BANCHE DI DEPOSITO (raccoglievano il deposito e non
potevano detenere quote azionarie di imprese dato che avevano funzione di servizio). Cosa era
accaduto? Che l’esagerata speculazione su alcuni merci e l’esagerato consumo di alcuni merci spinse
i capitalisti ad indebitarsi a mezzo di speculatori di conseguenza si rese necessario distinguere le due
tipologie di banche sopra descritte.
Un'altra grande crisi è quella del 2009 e poi quella della pandemia però le differenze è che non è
dovuta dalla speculazione poiché è dovuta da un fattore esterno. Adesso però stiamo vivendo il
momento del digitale e la trans-finanziarizzazione moderna. Digital banking, fintech, monete
digitali, criptovalute sono le nuove espressioni della finanza nell’era post-moderna.
Una lettura progressiva affiderebbe a questi novità di merito di innovare e velocizzare gli scambi e
di allargare gli spazi e le opportunità di mercato.
Una lettura invece nostalgica invece criticherebbe proprio le doti smaterializzanti delle monete
virtuali dando loro la colpa di “liquefare” ulteriormente la società.

Lezione 4
ALFABETIZZAZIONE FINANZIARIA/LITERACY FINANZIARIA
È importante perché sapere gestire il denaro, sia da consumatore (soggetto che spende il proprio
denaro per acquistare bene e servizi) che da investitore (soggetto privato o azienda che investe il
proprio denaro), è il primo passo per l’investitore per fare un investimento di successo quindi avere
un ritorno dell’investimento fatto e dall’altro lato per il consumatore è il passo per non farsi frodare
dal venditore.
Se non so utilizzare correttamente il mio denaro incorro al sovra-indebitamento e di conseguenza
all’usura dalla quale non ne esco più perché incorro alla denuncia.
LITERACY FINANZIARIA
OCSE misura le competenze in materia finanziarie. È scomposta in tre aree/domini:
-conoscenze (knoledge) punteggio da 0 a 7→ comprensione dei concetti di base utili per fare scelte
finanziari: inflazione; tasso di interesse; differenza tra tasso di interesse semplice e composto;
diversificazione del rischio (si diversifica investendo in un portafoglio che permette di scegliere tra
strumenti finanziari che abbiano abilità diverse).
-comportamenti (behaviour) punteggio da 0 a 9→ comportamento di gestione delle risorse
finanziarie nel breve e nel lungo termine: fissazione di obiettivi finanziari; programmazione delle
risorse da destinare a consumi, pagamenti di bollette, risparmi negli ultimi mesi.
-attitudini (attitude) punteggio da 1 a 5→ rileva l’orientamento degli individui rispetto al risparmio
soprattutto di tipo precauzionale, in un’ottica di lungo periodo cioè la propensione dell’individuo e

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delle famiglie a risparmiare “per i giorni di pioggia” cioè risparmio precauzionale, togliere il denaro
al proprio consumo per destinarlo a spese o investimenti futuri.
L’alfabetizzazione è calcolata come somma dei punteggi precedenti e assume quindi valori compresi
tra un minimo di 1 e un massimo di 21.
Ricordiamo Monignani che diceva che bisogna considerare il reddito e quindi il denaro che abbiamo
a disposizione lungo il corso della vita perché il reddito sottratto al consumo diventa risparmio che
diventerà consumo. Dobbiamo quindi attenzionare al risparmio precauzionale per evitare il sovra-
indebitamento. Saper gestire il denaro e saper comprendere inflazione, tasso indebitamento,
diversificare il rischio, saper comportarsi in materia corretta quindi saper scegliere tra un ventaglio
infinito di possibilità e destinare una quota di proprio reddito da lavoro ma anche da parte di affitti
e saper gestire anche una quota di risparmio è la strada giusta per evitare il sovra-indebitamento
cioè evitare meno costi e quindi l’usura.
Come siamo messi noi italiani nei confronti della literacy?
OCSE in particolare fa una classifica che rileva L’ITALIA drammaticamente in coda alla classifica però
nella drammaticità ci salviamo per le attitudini.

Come mai gli italiani hanno un’altissima attitudine al risparmio e viceversa basse conoscenze e buoni
comportamenti?
-Prima motivazione: legato al fatto che non c’è molta cultura finanziaria e quindi la gente preferisce
conservare i soldi piuttosto che investirli. Proprio per questo le materie di ordine finanziario sono di
dominio solo degli studi tecnici in quanto nei licei non si studiano e quindi l’utilizzo sapiente del
denaro è dominio esclusivo di un tipo di studi e quindi non tutti si ritrovano a saper queste
tematiche. A differenza dell’Italia, nei paesi in cima alla classifica come ad esempio Hong Kong, tali
materie finanziarie sono inserite in tutti gli indirizzi di studio .
-Seconda motivazione: gli italiani culturalmente hanno una bassa propensione al rischio quindi
predomina l’attitudine al risparmio tanto che la nostra imprenditorialità non è paragonabile ai paesi
continentali.

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-Terza motivazione metodologica: il 100% del punteggio è il risultato di attribuzione di maggiore
peso all’area conoscenza e comportamento e minor peso all’area attitudini.

Lezione 5
ECONOMIA E FINANZA COMPORTAMENTALE
L’economia comportamentale (behavioural economics BE) e la finanza comportamentale
(behavioural finance BF) sono domini particolari a cavallo tra la sociologia e psicologia e studiamo,
rispettivamente, il processo decisionale e di scelta dei consumatori e degli investitori.
La psicologia dei mercati finanziari (o behavioral finance) è il settore della psicologia che tenta, per
l’appunto, di spiegare il modo in cui gli individui utilizzano le informazioni quando prendono delle
decisioni nei mercati finanziari.
A differenza della teoria della scelta razionale classica (consumatore e investitore visto come
soggetto meccanicamente guidato che fa sempre la migliore scelta, ha sempre conoscenze
complete che fanno si di acquistare e investire in maniera meccanica e sicura), BE e BF analizzano il
comportamento reale che può basarsi anche su motivazioni “apparentemente irrazionali”
(sembrerebbero stupide, da agente economico sprovveduto invece esse si cristallizzano e diventano
comportamento ripetuto e di massa). Quindi l’apparente irrazionalità proposta dall’economia
comportamentale e dalla finanza comportamentale afferma di non guardiamole come stupidità tali
motivazioni ma come RAZIONALITÀ RELATIVA (non esiste un agente economico universalmente
guidato poiché ciascuno di noi può muoversi in maniera diversa, ciascuno di noi assegna un valore
diverso, relativo alla spesa o ad un prodotto etc). Quindi BE e BF assegnano grande importanza ai
processi cognitivi soggettivi e sociali che sono culturalmente condizionati, legati alla percezione
relativa, soggettiva del valore del prodotto, della spesa, della ricchezza, del reddito.
Da queste erronee percezioni ne possono dipendere errori di preferenza (bias) e quando si
cristallizzano questi errori e quindi diventano comportamenti ricorrenti (cristallizzazione di bias).
Dalla BE e BF ha origine il marketing comportamentale (behavioural marketing BM) che studia i
processi psicologici e sociali e le strategie di prezzo (pricing) da cui dipendono le scelte di acquisto.
→Un esempio di bias comportamentale: è una profezia che si auto-avvera è una previsione che si
realizza per il solo fatto di essere stata espressa. È tipica la “corsa agli sportelli” tipica nei periodi di
crisi e che si innesca con il cosiddetto “panico di borsa” a seguito di informazioni lanciate da
speculazioni al fine di determinare rialzo o abbassamento del valore dei titoli azionario (es.
aggiotaggio). La corsa agli sportelli ha caratterizzato la crisi del 29, la crisi in Grecia del debito
sovrano e cosi via. Come funziona la crisi che si innesca dal panico da borsa? Uno speculatore lancia
un messaggio su un’impresa e dice che sta fallendo, di conseguenza il crollo del prezzo delle azioni
di tale impresa coinvolge tutte le altre imprese collegate e quindi la curva che riguarda un
determinato indice comincia a crollare e allora la gente corre negli sportelli per ritirare il denaro
piuttosto che perderlo. Se tutti vanno a raccogliere il denaro le banche non avranno più denaro a
disposizione e la banca fallisce perché si ritrova a non aver più soldi da restituire in quanto
ricordiamo anche che la banca presta a sua volta il denaro che depositano i propri clienti. Un altro
esempio di panico da borsa è il caso della corsa ai supermercati per fare la spesa quando è scoppiato
il covid.

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BAYERS COMPORTAMENTALI sono la recidività di commettere degli errori nonostante la
“razionalità” ci dovrebbe far propendere verso una direzione. Perché compiamo delle scelte
probabilmente irrazionali? Perché il nostro comportamento è guidato dall’irrazionalità, cioè da ciò
che non si può spiegare meccanicamente.
Esempi di errori di preferenza e bias comportamentali:
-OVERCONFIDENZE
-LOSS AVERSION (avversione alle perdite) → marketing
-HERD BEHAVIOR (comportamento del gregge)
-ANCHORING (ancoraggio) → molto da marketing → marketing
-MENTAL ACCOUNTING (contabilità mentale)
-DISPOSITION EFFECT (effetto disposizione)

L’overconfidence è l’eccessiva fiducia nei propri mezzi, nelle proprie abilità cioè in sé stessi.
È un pregiudizio, consiste nell’eccessiva fiducia in sé stessi e delle proprie prestazioni, capacità,
possibilità di successo. Come ad esempio quando guidiamo e diamo sempre la colpa agli altri.
Chi ha “eccesso di fiducia” sottostima le prestazioni altrui e esprime con eccessiva precisione e
accuratezza la sua certezza ingiustificata, (un esempio: acquisto casa con tasso variabile e dico al
mio amico “fidati fai come me, il mercato andrà bene, fidati, fidati e fidati” e di conseguenza
quest’eccessiva fiducia diventa un bias comportamentale anche per gli altri). L’overconfidence si
può tradurre in operazione altamente rischiosi, in investimenti finanziari sbagliati e in operazioni di
consumo che non ci danno benessere.
Nei mercati finanziari l’eccessiva fiducia nelle proprie capacità porta ad ottenere risultati più scarsi.
Chi ha un più elevato livello di fiducia in sé stesso ottiene profitti inferiori. Lo studio di questi
ricercatori mostra anche che gli investitori più sicuri di sé tendono a modificare di frequente il loro
portafoglio, forse spinti dall’impressione di essere più capaci degli altri.
L’overconfidence è una falsa credenza quella che noi abbiamo sempre ragione, che facciamo sempre
delle scelte intelligenti e che gli altri sono coloro i quali sbagliano. L’eccesso di fiducia sottostima le
prestazioni altrui (es. fare un investimento su un determinato titolo senza avere delle adeguate
informazioni sul medesimo titolo o acquistare un mutuo ad un determinato tasso non avendo grandi
competenze rispetto alla fluttuazione del tasso Euribor e Eurirs).
Tasso fisso → prevede 2 componenti:
- Spread è il guadagno che la banca ha rispetto all’operazione;
- Eurirs è indice calcolato su prestiti a tasso fisso. Il tasso fisso rimane invariato per tutta la
durata dell’ammortamento.
Tasso variabile → in questo caso l’indice non è l’Eurirs ma l’Euribor che varia costantemente, l’unica
cosa certa è la rata in cui c’è lo spread della banca.
In genere costa di più il tasso fisso, in quanto nel T.F. in più si paga la sicurezza. Il mutuo a tasso fisso
sta a BTP (Titoli di Stato o Buoni Postali) come il mutuo a tasso variabile sta ad azione. Con i mutui
a tasso fisso c’è certezze “guadagno” ed una perdita contenuta. Quindi l’eccesso di fiducia consiste
nell’investire in operazioni esageratamente erronee per eccesso di fiducia in se stessi.

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Loss aversion = Avversione alle perdite → è una distorsione cognitiva tale per cui tendenzialmente
alle perdite viene attribuito un peso maggiore rispetto ai possibili guadagni. Es. il volantino a livello
di comunicazione visuale trasmette il messaggio di affrettarsi ad acquistare. Il piacere di guadagnare
qualcosa è più basso del dispiacere di perdere l’occasione. Quindi, la leva comunicativa insiste sulla
nostra aversion, qualsiasi scelta facciamo è un affare. Es. l’acquisto di un jeans al 70% di cui non
abbiamo bisogno, ciò consiste cognitivamente nel rafforzare la nostra competenza economica
(capacità di fare affari). Questo avviene perché si ha paura di perdere delle occasioni (avversione
alle perdite). Alcuni es.: smartphone → gli elementi che fanno leva sulla nostra aversion sono
numerose, troviamo: spedizione gratis, il prezzo tagliato rafforza l’affare della riduzione del costo, il
più venduto, commenti, ecc… La stessa cosa è la strategia comunicativa e il conseguente praising di
Ryanair, come ad es. 5 posti rimanenti, ecc... Ancora una volta abbiamo la conferma che la nostra
aversion insiste fortemente sul nostro desiderio di fare affari, di avere conferme sulla nostra abilità,
che vanno oltre l’esborso finanziario, di essere degli agenti in grado di saper spendere il danaro nel
miglior modo. Noi compriamo, non solo per soddisfare i nostri bisogni, ma anche per avere
gratificazione, abbiamo il bisogno di rinforzi delle nostre scelte.
“STATUS” → più si ha il desiderio di emanciparsi, che gradualmente scompare, più si è in una
condizione di non bisogno. Questi studi sono stati svolti a fino 800 da George Zimmerman, padre
fondatore della sociologia. Si parla di consumo vistoso e di utilizzo delle proprie finanze per
ostentare l’appartenenza ad una classe piuttosto che ad un’altra.

Herd behavior = Comportamento gregario → L’influenza dei comportamenti e delle opinioni del
gruppo sui comportamenti ed opinioni del singolo è molto forte, soprattutto quando la situazione
decisionale è caratterizzata da incertezza. Questo tipo di comportamento viene paragonato a quello
degli animali che si muovono in gregge e viene definito comportamento gregario. È stato
dimostrato che questo tipo di comportamento è adottato con grande facilità dagli individui quando
sono posti di fronte ai giudizi o alle opinioni delle altre persone. Quando un individuo adotta un
comportamento di tipo gregario le sue azioni possono apparire razionali dal momento che utilizza
delle nuove informazioni fornite da altre persone per modificare le sue scelte, tuttavia ciò che si
produce in realtà è un comportamento di gruppo irrazionale. Paradossalmente infatti il
comportamento di gruppo può spingere le persone ad imitarsi l’un l’altra accordando la preferenza
ad una soluzione che non è la migliore in assoluto ma semplicemente quella scelta dalla
maggioranza dei membri del gruppo.
All’interno dei mercati finanziari il comportamento di gruppo sarebbe innescato da un processo di
cascata di informazioni, cioè da un processo guidato principalmente dal meccanismo del
passaparola. Si parla di cascata di informazioni perché tramite il passaparola si mette in atto una
trasmissione delle informazioni che assomiglia ad un flusso che si propaga fino a raggiungere la
maggioranza degli investitori.
Partendo da queste considerazioni Shiller (2000) sostiene che il livello delle quotazioni di mercato
non è il risultato delle valutazioni dei singoli relativamente all’autentico valore del mercato, ma il
risultato del comportamento collettivo. Il comportamento di gruppo sarebbe prodotto dal fatto che
le persone decidono di non perdere tempo ed energie per giudicare l’autentico valore del mercato

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rinunciando così alla possibilità di produrre un impatto indipendente sul valore delle quotazioni di
mercato.
Esempio pratico: Dove entreresti, in un ristorante vuoto o ristorante pieno? Entriamo nel locale
pieno perché il nostro mindset si poggia su una presunta razionalità oggettiva, ma non c’è alcun
indicatore oggettivo. Seguiamo la folla, “gregge”, perché sostanzialmente quando facciamo delle
scelte finanziarie navighiamo nell’incertezza con un’ampia marginalità di errore (l’errore si può
ridurre ma non si può eliminare). Quindi, tendiamo a seguire il “gregge” perché egoisticamente è
l’unico modo per avere conferme delle nostre scelte.

Teoria dell’ancoraggio → le persone quando risolvono un problema utilizzano soltanto le


informazioni che sono presenti nel testo del problema stesso senza cercare di utilizzare quelle
informazioni che pur non presenti nel testo possono essere inferite con facilità (informazioni
implicite). L’uso di strategie euristiche volte ad organizzare lo spazio del problema o il recupero
delle informazioni permette generalmente di essere efficaci, ma non sempre è così. Per quanto
riguarda i mercati finanziari è stato riscontrato l’uso di due euristiche note da tempo agli psicologi
della decisione: l’euristica della disponibilità e l’euristica dell’ancoraggio.
L’euristica della disponibilità è utilizzata quando nel fornire una stima riguardo al possibile accadere
di eventi futuri le persone utilizzano la loro esperienza relativa all’accadimento di quegli eventi in
passato. Tuttavia le informazioni che vengono recuperate dalla memoria non sono quelle con il
potere informativo maggiore, ma sono spesso quelle più vivide, sono cioè le informazioni alle quali
l’individuo ha associato i connotati emotivi più forti. Nel caso dei mercati finanziari in particolare gli
investitori pensano di ottenere guadagni migliori da quei titoli che rappresentano aziende ben
gestite e senza debiti.
L’euristica dell’ancoraggio si riferisce alla formazione di un giudizio di stima a partire da un valore
di riferimento (anche un valore casuale). Questa euristica viene utilizzata dagli investitori quando,
per decidere se un titolo crescerà in futuro, si avvalgono del prezzo del titolo in un determinato
momento senza considerare la storia del titolo e la variabilità del suo prezzo nel passato.
Un titolo potrebbe avere un valore molto elevato in un certo momento ma non essere un
investimento sicuro poiché in passato ha tenuto un andamento molto altalenante con forti crescite
di valore seguite da altrettanto forti ribassi. Anche utilizzare informazioni relative all’andamento
passato di un titolo per prevederne l’andamento futuro non è, in realtà, un comportamento
razionale ma certamente permette una valutazione più accurata di quella che si ottiene
considerando soltanto il valore delle azioni in un determinato momento.
Esempio: banchetto siciliano, in cui la scelta di praising sta proprio nel fatto di mettere il costo di
1,99€ al kg. In questo caso, l’àncora sta nell’1, che non è 2 ma è 2 perché 1,99€ sono 2€.
Quando si deve prendere una decisione ci si affida sovente in modo eccessivo alla prima
informazione offertaci. L’àncora, richiama anche altre decisioni simili prese in passato e rende così
più rassicurante e/o conveniente un gesto di acquisto.

Mental accounting = Contabilità mentale → si riferisce all’uso del denaro e alle relative scelte
d’acquisto considerando budget differenziati. La propria ricchezza ed il proprio reddito risulta così
essere differenziato per ogni categoria di spesa. Cosi facendo, però non si considerano gli effetti

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relativi alle scelte connesse ed alle conseguenze generali di una scelta economico-finanziaria
sull’intero budget.
La contabilità mentale riguarda il modo in cui le persone rappresentano le loro azioni in termini di
guadagno e di perdita. In alcuni casi le persone possono utilizzare un solo conto mentale generale
che comprende tutte le operazioni compiute in un certo periodo. In questo caso si parla di conti
mentali integrati che rappresentano la differenza tra ciò che l’individuo ha guadagnato e perso. In
altre situazioni le persone utilizzano conti mentali separati rappresentandosi per esempio i guadagni
e le perdite in due conti mentali differenti. In questo caso l’individuo valuterà le strategie per ridurre
le perdite in modo indipendente da quelle per incrementare i guadagni.
Benartzi e Thaler (2001) hanno studiato la relazione tra il modo in cui gli investitori decidono di
allocare i risparmi in un portafoglio di investimento e la loro tendenza ad utilizzare una contabilità
mentale di tipo separato per le diverse opzioni possibili per la creazione del portafoglio.
Es. il biglietto perduto di Richard Thaler → Esperimento n.1 dice: immagina di aver deciso di vedere
uno spettacolo e di aver già acquistato il biglietto al prezzo di 10 €. Quando entri scopri di aver perso
il biglietto. Il posto non era contrassegnato e quindi il biglietto non può essere rimborsato.
Domanda, pagheresti altri 10 € per un altro biglietto? Solo il 46% dice si.
Esperimento n.2: stessa situazione del n.1, ma anziché aver perso il biglietto scopri di aver perso la
banconota. Domanda, pagheresti ancora 10€ per il biglietto? Solo l’88% dice di si.
Se pur parliamo della stessa perdita, il nostro set mentale da un lato percepisce di aver perso
qualcosa che è stata acquista, per la quale è stata destinata una quota di budget, e in questo caso
solo il 46% sarebbe propenso ad acquistare un altro biglietto. Invece, se si perde una quota di denaro
non destinata, in questo secondo caso solo l’88 % sosterrebbe ugualmente la spesa perché ancora
non c’è l’equivalente della contabilizzazione.
Benartzi e Thaler osservarono che quando sono disponibili due fondi di cui il primo investito in azioni
ed il secondo investito in bond le persone investono metà del loro patrimonio nel primo fondo e
metà nel secondo. Se però ai due fondi iniziali si aggiunge un terzo fondo investito in azioni si osserva
che le persone dividono equamente i loro investimenti tra i tre fondi costruendo così un portafoglio
costituito per due terzi da azioni e per un terzo da bond. La spiegazione di Benartzi e Thaler (2001)
è che gli investitori valutano le tre soluzioni separatamente e non come parti di uno stesso
portafoglio.
Secondo Benartzi e Thaler (2001) queste scelte di investimento si configurano come un’evidenza
della scarsa capacità degli investitori individuali ad interpretare il concetto di diversificazione del
portafoglio. Conseguenze dei processi cognitivi sistematici sul comportamento degli investitori.

Disposition effect = effetto di disposizione → Un altro comportamento tipico degli investitori è la


loro abitudine a tenere troppo a lungo i titoli in perdita ed a vendere troppo presto quelli in fase di
crescita (questo fenomeno è stato chiamato disposition effect ed è stato inizialmente messo in
evidenza da Shefrin e Statman, 1985; Kahneman e Riepe, 1998). Secondo Thaler (1999) la
prospettiva di chiudere un conto in perdita e di dover dichiarare il mancato guadagno è vissuta in
modo “doloroso” dagli investitori e per questo motivo essi tendono a non vendere titoli che stanno
perdendo valore.

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In questo caso è come se l’investitore fosse posto di fronte ad una scelta tra una perdita sicura ed
una scommessa che offre una certa probabilità di non perdere nulla. Pur di cercare di evitare la
perdita l’investitore mette in atto un comportamento “rischioso” decidendo di accettare la
scommessa.
Recentemente Odean (1998) ha dimostrato che l’effetto di disposizione si riscontra costantemente
sui mercati se si eccettua il mese di dicembre di ogni anno; in dicembre infatti gli investitori sono
soliti vendere sia i titoli che stanno guadagnando sia quelli che sono in perdita. Ciò avviene perché
le perdite realizzate alla fine dell’anno autorizzano gli investitori a chiedere degli sgravi fiscali. Il
disposition effect è stato riscontrato anche nelle decisioni di vendita degli investitori professionali
anche se in questo gruppo sembra meno marcato (Shapira e Venezia, 2000).

Lezione 6
CAPITALISMO FINANZIARIO
Mega-macchine sociali: cosí sono state definite le grandi organizzazioni gerarchiche che usano
masse di esseri umani come componenti o servo-unità. Quest’ultime potenti ed efficienti esistono
da migliaia di anni.
Il capitalismo finanziario è una mega-macchina che è stata sviluppata nel corso degli ultimi decenni
allo scopo di massimizzare e accumulare, sotto forma di capitale e insieme di potere, il valore
estraibile sia dal maggior numero possibile di esseri umani, sia dagli ecosistemi.
L’estrazione di valore tende ad abbracciare ogni momento e aspetto dell’esistenza degli uni e degli
altri, dalla nascita alla morte o all’estinzione. L’estrazione di valore è un processo affatto diverso
dalla produzione di valore, si produce valore quando si costruisce una casa o una scuola, per contro
si estrae valore quando si provoca un aumento del prezzo delle case manipolando i tassi di interesse
o le condizioni del mutuo.
Come macchina sociale, il capitalismo finanziario è l’evoluzione/involuzione infatti può essere visto
da una prospettiva come un passaggio regressivo, una mutazione che ha danneggiato molto mentre
dall’altra prospettiva potrebbe essere il contrario.
È infatti il passaggio successivo al capitalismo industriale → involutivo (pensiero del professore) ed
è quel capitalismo che cambia radicalmente il principio alla base della produzione.
Capitalismo industriale: si parte dal denaro cioè acquisto merce (prodotto grezzo), successivamente
viene elaborata quindi se ne fa un prodotto che va sul mercato. Se è una merce appetibile la merce
verrà acquistata caso contrario ritorna indietro. (Formula → denaro1 - merce – denaro2) Al centro
vi è il LAVORO. La differenza tra D2 e D1 è un reddito chiamato solitamente profitto o rendita.
Alla base di ciò vi è il principio generativo e trasformativo della merce e del lavoro, infatti su questo
paradigma si è retto il periodo delle rivoluzioni industriali.
A differenza del capitalismo industriale vi è il capitalismo finanziario in quanto l’imprenditore si è
accorto che poteva generare valore, cioè denaro, dal denaro stesso quindi anche dal denaro non
proprio, quindi viene meno la merce e quindi di conseguenza anche il lavoro. Alla base di tale
capitalismo vi è il principio accumulativo. Il capitalismo finanziario persegue l’accumulazione di
capitale facendo tutto il possibile per saltare la fase intermedia, la produzione di merci. Il denaro
viene impiegato, investito, fatto circolare sui mercati finanziari allo scopo di produrre
immediatamente una maggior quantità di denaro.

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Questo capitalismo rappresenta una lunga stagione che si continua a vivere, in cui la formula è
denaro – denaro. Si deve ricavare dalla produzione di denaro per mezzo di denaro un reddito
decisamente piú elevato rispetto alla produzione di denaro per mezzo di merci.
Nella sua veste di mega-macchina deputata a estrarre valore, il capitalismo finanziario ha indotto
negli anni ’90 e nei primi anni 2000 un cospicuo incremento dei valori di borsa. Si fosse mai trattato
di un qualsiasi altro elemento, un simile fenomeno sarebbe stato giudicato un processo fortemente
inflattivo.
In particolare le differenze tra i due capitalismi sono:
-si distinguono per un set distinto e coordinato di valori (cioè quelle spinte che dipendono da un set
coordinato di credenze religiose o laiche, una credenza è credere in qualcosa, confidare in qualcosa,
quindi reputarla importante).
Esempio: Marx Veber nel suo libro “etica protestante e spirito del capitalismo” osserva lo sviluppo
del capitalismo in Europa e fa questa considerazione “Come mai il capitalismo e quindi le fabbriche
nascono nei paesi protestanti e non in quelli cattolici?”. Egli fa una correlazione e si da una risposta
valoriale, ovvero dice che nei paesi Nordici dell’Europa continentale ci sono valori differenti a quelli
dell’Europa mediterranea, individuando principalmente il VALORE RELIGIOSO. Infatti la religione è
un valore, e si chiede “quali sono i punti di differenza fra un cattolico ed un protestante?” per un
cattolico l’ascesi è un ascesi extramondana, il ricongiungimento con Dio si ha quando finisce la vita
sulla terra e lui ci accoglie perché Dio è amore; per un protestante invece l’ascesi è intramondano
ovvero è sulla terra, le azioni quotidiane mi agganciano in dio, più faccio opere di bene più rientro
nelle grazie di Dio in quanto quest’ultimo mi giudica a differenza del Dio cattolico che invece è
amore. Detto ciò come condiziona l’operato di un imprenditore e di un potenziale imprenditore nel
contesto nordico e in quello mediterraneo? Nell’Europa Continentale c’è un maggior dinamismo
mentre nel mediterraneo i cattolici sono statici perché da un lato i valori mi dicono fai del bene che
a sua volta può essere un rischio ma è necessario farlo, infatti il capitalismo protestante si regge sul
rischio (tipico del capitalismo finanziario) e non sull’incertezza a cui invece si regge il capitalismo
industriale (il mio prodotto è buono?); per un protestante il capitalismo è un capitalismo ascetico
ovvero è la strada che mi riconduce a dio mentre nel mediterraneo non è così dato che pensa che
Dio ha le porte aperte per tutti.

Quindi il CAPITALISMO INDUSTRIALE/protestante(Europa continentale) caratterizzato da:


-Capitalismo ascetico cioè lo strumento che mi ricongiunge a Dio, ed il lavoro è visto come
vocazione.
-Spirito dell’incertezza che si doma (domare l’incertezza) con la razionalità metodica del calcolo (es:
catena di montaggio inventata da Ford che è un’organizzazione razionale metodica che doma
l’incertezza)
-Sacralità della società cioè la società è il luogo dove si sviluppano le relazioni, è sacra perché è il
bene che io devo fare nella prospettiva del rischio, io vengo giudicato per il bene se è nella
prospettiva del rischio cioè se io ho rischiato per me e per le persone che mi stanno intorno allora
vengo giudicato bene infatti il sé di cui parliamo è unitario (unitarietà e coerenza del sé).
Tale schema cambia con l’introduzione del CAPITALISMO FINANZIARIO/cattolico, il quale ha
diverse caratteristiche:

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-Capitalismo amorale: ovvero senza connotati etici della produzione e distribuzione del bene (senza
nessuna morale) perché la generazione di denaro da denaro ha come obiettivo unico quello della
valorizzazione del proprio investimento (schema su cui si basano le crisi finanziarie).
-Spirito del rischio: il rischio è l’alea che dipende fortemente da fattori esterni che si possono un
prevedere in quantità minima a differenza dell’incertezza.
-Profitto senza causa e magico: il profitto da sacro (remunerazione che mi riconduce a Dio) diventa
magico perché non c’è più l’incertezza ma c’è il rischio ed il suo risultato è proprio magia. Quindi il
paradosso è che se nello schema industriale il calcolo è uguale alla scienza (scienze contabili) nello
schema finanziario vi è una regressione in quanto non vi è calco ma magia, alea.
-Sfruttare l’alea cioè il caso, ciò che non è più calcolabile quindi diventa sacro il mercato (sacralità
del mercato) e di conseguenza i sé diventano atomizzati e discontinui. Più ho denaro (più capitale
ho) più posso sfruttare l’alea poiché posso diversificare il rischio dato che scommetto
contemporaneamente su più fronti e quindi domo il rischio. A differenza del capitalista industriale
che il denaro che genera lo utilizza per pagare il lavoro mentre il capitalista finanziario il denaro che
genera lo investe ulteriormente.
Tutto questo genera le crisi finanziarie, ovvero questa forma di capitalismo amorale, che insiste sul
rischio, che sfrutta l’alea ed intende il mercato come soggetti atomizzati e discontinui.

RIFLESSIONI SU QUESTE FORME DI CAPITALISMO


Il mercato può essere il luogo dell’umanesimo, il mercato è il luogo in cui le persone (produttori e
consumatori) si incontrano, è il luogo della concorrenza (correre insieme), è il luogo della
competizione, quindi non è il luogo dell’aggressione ma dell’incontro.
Esiste un gigante il quale afferma che il mercato si autoequilibria, l’egoismo dell’imprenditore è utile
per far esistere gli stipendi. Quindi siamo sicuri che sia egoismo? Siamo sicuri che l’unico obiettivo
è quello di massimizzare le proprie scelte?
-C’è una sorte di condizionamento ascetico? Oggi dato che tutti gli dei sono morti, secondo voi, c’è
un desiderio ascetico? Potrebbe essere un esempio l’acquisto di cibo biologico poiché ricorda la
natura. Ma perché non è un consumo di massa? Freud diceva che l’azione umana oscilla tra pulsioni
di amore e di morta ovvero è lotta tra eros e thanatos, è come se avessimo un diavoletto e un
angioletto che combattono. Quindi se seguiamo Freud è necessario capire quale lente (bene o male)
utilizzare.

Componenti strutturali del capitalismo finanziario


Il braccio operativo del capitalismo finanziario è il sistema finanziario di cui si è dotato. Lo formano
un paio di componenti strutturali che hanno raggiunto entrambe negli ultimi anni una eccezionale
dimensione e complessità, piú una terza che si colloca per vari aspetti a cavallo delle altre due. La
prima componente del sistema finanziario opera in larga misura alla luce. Per definirla si è usato
spesso, discutendo della crisi, il termine “sistema bancocentrico”, volendo sottolineare come le
istituzioni in esso predominanti sono soprattutto grandi banche. Questa componente del sistema
finanziario, per quanto complessa, è composta da entità visibili, nel senso che hanno nome e
indirizzo, società controllate o filiali ufficialmente elencate, tot dirigenti e tot dipendenti, azionisti o

19
proprietari privati per lo piú chiaramente individuabili, nonché bilanci ufficiali in cui sono registrati
attivi e passivi.
Per contro esiste una seconda componente del sistema stesso che risulta priva di tutti o quasi i
suddetti caratteri, sicché le sue attività sono discernibili a fatica anche dagli esperti. Per questo viene
chiamata finanza ombra; essa è formata da montagne di derivati che una banca detiene ma che per
varie ragioni non sono registrati in bilancio; da migliaia di società prive in realtà di sostanza
organizzativa, costituite dalle banche unicamente allo scopo di veicolare fuori bilancio attivi che
dovrebbero figurarvi (per questo sono chiamate «veicoli»); da altre migliaia di intermediari
specializzati nel confezionare e vendere soprattutto a investitori istituzionali ed enti pubblici dei
titoli obbligazionari complicatissimi..
Una terza componente del sistema finanziario che sta a cavallo tra il sistema bancocentrico e la
finanza ombra è costituita dagli investitori istituzionali: principalmente fondi pensione, fondi
comuni di investimento, compagnie di assicurazione e fondi comuni speculativi. Gli investitori
istituzionali sono una delle maggiori potenze economiche del nostro tempo.
La mega-macchina del capitalismo finanziario è giunta a sottomettere ai propri scopi di estrazione
del valore ogni aspetto come ogni angolo del mondo contemporaneo. Un simile successo non è
dovuto a un’economia che con le sue innovazioni ha travolto la politica, bensí a una politica che ha
identificato i propri fini con quelli dell’economia finanziaria, adoperandosi con ogni mezzo per
favorire la sua ascesa.
In tal modo la politica ha abbandonato il proprio compito storico di incivilire, governando
l’economia, la convivenza umana. Ma non si è limitata a questo. Ha contribuito a trasformare il
capitalismo finanziario nel sistema politico dominante a livello mondiale, capace di unificare le
civiltà preesistenti in una sola civiltà-mondo, e al tempo stesso di svuotare di sostanza e di senso il
processo democratico.

Lezione 8
CRIMINALITA’ ECONOMICA-FINANZIARIA
Quando si parla di criminalità economica-finanziaria si fa riferimento alla finanza sporca, capitali
illegali, operazioni illegali, comportamenti illegali orientati al profitto etc…
I motivi economici sono spesso alle origini di comportamenti criminali orientati al profitto. In
particolare a noi interessa cercare di comprendere la razionalità che sta dietro la scelta di orientarmi
verso una strada etica o criminale.
La teoria microeconomica può spiegare alcuni comportamenti criminali e aiutare a diminuirne la
quantità contribuendo alla formazione di politiche che ne riducano i benefici e ne aumentino i costi.
È questa una prima relazione tra economia e criminalità. Una seconda relazione riguarda i veri e
propri comportamenti criminali definiti “economici”. Nella categoria di criminalità economica si
comprendono, infatti, tutti quei comportamenti criminali che sono commessi da autori di elevata
posizione sociale all'interno di un'attività economica legittima, e con l'abuso della fiducia di terzi,
vittime di questi comportamenti. Si tratta di reati che possono essere compiuti da professionisti o
dai responsabili di imprese per accrescere in modo criminale i profitti di impresa oppure dai
responsabili o addetti di un'impresa contro di questa.

20
Una terza relazione tra economia e criminalità riguarda le relazioni tra criminalità e mercati.
Economia e criminologia ci aiutano a capire le relazioni tra ciclo economico e criminalità, così come
ci forniscono elementi per capire in che modo la criminalità distorce i diversi mercati, facendo
affluire in essi una grande quantità di ricchezza che deve essere ripulita per non lasciare tracce
identificabili (riciclaggio). Quando questa ricchezza viene investita nell'economia legittima essa
altera le condizioni dei mercati facilitando le infiltrazioni dell'economia criminale in quella legittima.
Ci sono diverse ipotesi, tra cui:
- il comportamento criminale come decisione razionale: La più nota tra le teorie economiche della
criminalità è quella formulata dal premio Nobel per l'economia Gary Becker. L'autore parte dal
presupposto che i criminali siano esseri razionali spinti ad agire dalla massimizzazione del proprio
benessere. Becker individua i fattori che determinano la scelta del comportamento criminale:
probabilità di essere scoperti e puniti, severità delle sanzioni, reddito disponibile per altre attività
legali o illegali, valutazione dei benefici ricavabili, inclinazione personale a compiere reati e
circostanze ambientali. Secondo Becker un individuo decide di violare una norma se l'utilità attesa
da questa violazione eccede il livello di soddisfazione al quale può pervenire utilizzando il suo tempo
e le sue risorse in maniera alternativa, e cioè dedicandosi a un'attività 'legale'. Su questo versante,
quello dei costi, è fondata l'ipotesi della 'prevenzione penale' speciale o generale altrimenti
chiamata 'deterrenza', secondo la quale il comportamento criminale tenderebbe a variare rispetto
a un aumento della probabilità e severità della punizione. In sintesi, quanta sanzione per quanta
riduzione della criminalità?
-ipotesi della deterrenza: I problemi metodologici che sopravvengono nel misurare la sensibilità dei
comportamenti criminali alle sanzioni attese sono di notevole portata e il problema della qualità dei
dati e l'esclusione di alcune variabili che poi influenzano quelle inserite nel modello restano i due
problemi più importanti. Se si considera poi l'elevato numero di variabili delle quali tenere conto, si
comprende la difficoltà di arrivare a conclusioni certe. Per ogni reato infatti occorrerebbe
individuare sia le variabili proxies della punizione attesa (cioè la probabilità di essere identificato,
condannato e arrestato e la durata media della condanna ipotetica per quel reato), sia le altre
variabili legate ai costi di opportunità del comportamento criminale (livello di disoccupazione,
ammontare e distribuzione del reddito), sia altre variabili sociodemografiche come la composizione
della popolazione per età, razza, percentuale residente in aree urbane, che hanno influenza nella
decisione di commettere un reato.
Tra le varie ricerche fatte si è giunto che il fattore che più degli altri riduceva la probabilità di
commettere nuovi reati era proprio la condanna precedente e il carcere.
Esempio prof: Le domande sono: il beneficio derivante dalla natura della punizione attesa o
l’eventualità della stessa punizione incentiva comportamenti criminali? Se mi beccano, se pago,
quanto pago? Se pago di meno delinquo e compio attività economico-finanziarie. Purtroppo molto
spesso, in specifici paesi, si incentiva a delinquenza di questo tipo. Cioè molto spesso per diversi
motivi (incapacità del sistema di indagine, incapacità del sistema giudiziario, incapacità del sistema
di prevenzione etc) sono tali che si diffondono operazioni di questo genere. Ad esempio le ammende
sono cosi tanto basse che alle volte è facile delinquere piuttosto che avere comportamenti etici.

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-Ciclo economico e criminalità: Forse non si è sufficientemente colto un aspetto della formula di
Becker cioè tutte quelle condizioni economiche, sociali e culturali che, se migliorate, potrebbero
costituire incentivi a un'attività legale, diminuendo così la propensione all'attività criminale. E uno
spazio lasciato alla prevenzione sociale, cioè a tutto quel complesso di situazioni modificabili
attraverso la creazione di opportunità di reddito e la sua distribuzione, opportunità educative e
formative, sostegno psicologico, che portano a sostenere l'individuo nei suoi comportamenti legali
e a scoraggiarne la devianza. Agendo su questo fronte si possono limitare i comportamenti
criminali? Si può affermare che un miglioramento delle condizioni economiche scoraggia la
criminalità? Le risposte sembrano essere prevalentemente negative, almeno alla luce delle ricerche
sulle relazioni tra condizioni economiche e criminalità. È difficile se non impossibile isolare queste
relazioni per capire se la povertà costituisce la variabile dipendente della criminalità. Infatti fino a
che punto si è criminali perché si è poveri? La prevalenza degli studi sui rapporti tra disoccupazione
e criminalità conferma al contrario l'assenza o quasi di significatività nella relazione tra andamento
della disoccupazione e criminalità. Lo stesso vale per i rapporti tra ciclo economico e comportamenti
criminali. Se nel breve periodo si possono trovare relazioni tra alcuni reati e l'andamento del ciclo
economico, la ricerca di Cook e Zarkinha dimostrato come nel lungo periodo l'andamento dei tassi
di criminalità non sia imputabile all'andamento del ciclo economico.
In queste ricerche si è rimasti probabilmente a grandi aggregati, approfondendo meno i diversi
aspetti delle singole variabili. Non si sono considerati il momento del ciclo lavorativo nel quale è
intervenuta la disoccupazione e la sua durata: aspetti importanti per capire da vicino un tessuto di
relazioni tra condizioni economiche e criminalità che i grandi aggregati statistici non potevano
rappresentare. Forse proprio la componente strettamente economica di questi studi ha fatto
perdere di vista l'influenza di altre variabili collaterali, come quella dell'istruzione, che possono
modificare i livelli di disoccupazione e quindi, indirettamente, ridurre l'ammontare di criminalità
prodotto accrescendo i costi di opportunità per il criminale.
Esempio prof: la prevenzione sociale tramite opportunità di reddito, educative, di sostegno
complessivo disincentiva comportamenti illegali e devianze? Se vi dico questa ipotesi ricorda
l’esempio del reddito di cittadinanza, il quale è una forma di criminalità economico-finanziaria
poiché ci sono cittadini che frodano lo stato, in molti casi abbiamo visto anche cittadini che facevano
parte di associazioni mafiose. La prevenzione sociale, far si che molti non si trovano nella condizione
di sovra indebitarsi, di consumare irresponsabilmente, di saper gestire bene il proprio denaro forse
evita il ricorso a sistemi di incentivi e assistenza come ad esempio il reddito di cittadinanza?
Potrebbe essere di si come di no.

- La scelta della sanzione ottimale: Il problema di quale punizione applicare a un dato reato è un
problema economico, se si considera che la scelta della sanzione è anche un problema di allocazione
delle risorse e non soltanto di giustizia. La scelta di quale sanzione applicare al comportamento
criminale di un dato soggetto deve corrispondere, oltre che a criteri di giustizia anche a criteri di
efficacia (raggiungimento dell'obiettivo di ridurre l'ammontare della criminalità) e di efficienza
(minimo costo possibile). Quali sono allora le sanzioni che ottimizzano la massima efficacia,
efficienza e giustizia. La risposta pone immediatamente la necessità di valutare i costi e i benefici
delle attuali sanzioni disponibili e degli attuali meccanismi della loro applicazione, tenendo in

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considerazione anche alcune soglie definite da quel complesso di diritti umani che sono conquiste
della civiltà moderna e che escludono metodi come la tortura e sanzioni come la pena di morte
indipendentemente dalla loro efficacia. La soluzione della reclusione in carcere va valutata alla luce
delle possibili misure alternative, come la reclusione domiciliare, o il controllo elettronico a distanza
(braccialetto elettronico), ma soprattutto il ricorso alle sanzioni pecuniarie.
Il carcere è la sanzione più diffusa la cui crisi sta nella difficoltà di adeguare il ristretto spazio
disponibile alla domanda di carcerazione in crescita. La sua funzione è molteplice: da quella di
impedire al criminale di commettere altri reati perché recluso (incapacitazione), alle funzioni
retributiva, riabilitativa e deterrente.

LA CRIMINALITÀ ECONOMICA E LE SUE FORME.


La distinzione tradizionale tra criminalità violenta e appropriativa riguarda il rapporto mezzi-fini. Il
concetto di criminalità economica si indicano tutti quei reati che hanno un contenuto economico e
una qualche relazione con un'attività imprenditoriale o professionale. Si tratta cioè di reati che per
i soggetti che li commettono, per il loro contenuto e per le tecniche usate sono riferiti direttamente
a un'impresa economica o a un'attività professionale. Se un imprenditore falsifica il bilancio della
sua impresa commette un reato economico.
Il tema di fondo è che le nostre norme escono già dal legislatore già deboli e quindi nella percezione
del cittadino non c’è la norma intesa come norma da seguire ma la norma intesa come qualcosa che
c’è ma che verrà sostituita a breve. Tutto questo incentiva quindi comportamenti criminali oppure
comportamenti virtuosi. Il mix tra questi due agevola la diffusione di comportamenti criminali che
sfociano in forme organizzate come ad esempio le mafie, criminalità organizzata.
Esempi di crimini economico-finanziari
-Crimini dei colletti bianchi (white collar crime): è il concetto usato dal criminologo americano
Edwin H. Sutherland per spiegare la criminalità economica con particolare attenzione agli autori di
reato e alla loro posizione nella struttura sociale e produttiva di appartenenza. Si tratta di
un'innovazione significativa nella riflessione criminologica del tempo dato che erano considerati
criminali soltanto coloro che erano reclusi in carcere e che appartenevano in prevalenza alle classi
sociali più disagiate.
Le stesse rilevazioni statistiche, secondo Sutherland, soffrivano di questo stereotipo, seguendo
modalità di rilevazione delle attività criminali di per sé discriminatorie, perché riferite ai reati violenti
e appropriativi commessi dalle classi povere trascurando i reati economici commessi da soggetti
socialmente privilegiati. In un momento successivo delle sue ricerche sulla criminalità dei colletti
bianchi, Sutherland sposta l'attenzione dall'individuo che commette reati di natura economica al
contesto imprenditoriale e professionale nel quale questi reati vengono commessi. La conclusione
cui giunge l'autore è che gli uomini d'affari e la grande impresa sono molto simili ai ladri
professionali. Le violazioni commesse nel mondo degli affari sono veri e propri reati e gli autori
dell'illecito (singoli o imprese) delinquono non perché affetti da patologie o spinti da povertà, ma
perché apprendono questo comportamento.
Infatti la definizione di Sutherland si riferisce più agli autori del reato e al loro status sociale, che al
tipo di reato commesso. Il "delinquente dal colletto bianco è: una persona rispettabile, o almeno
rispettata, appartenente alla classe superiore, che commette un reato nel corso dell'attività

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professionale, violando la fiducia formalmente o implicitamente attribuitagli". Proprio questo
contesto di impresa ha permesso uno sviluppo delle teorie di Sutherland e un'estensione della sua
definizione alla criminalità dell'impresa definita come corporate oppure organizational crime.
Schrager e Short definiscono il crimine imprenditoriale come l'insieme dei comportamenti illeciti
che vengono adottati all'interno di un'organizzazione legale in conformità con il suo ordinamento
normativo, producendo un danno ai dipendenti, ai clienti o a un pubblico in generale. Questa
definizione è stata specificata da Box, che introduce la distinzione tra “crimini per l'impresa” e
“crimini contro l'impresa”, in relazione ai soggetti che traggono benefici dall'attività criminosa: le
imprese stesse o i singoli individui.
-Crimini delle imprese (corporate crime, come ad es. spionaggio): attuati dalla stessa sono detti
anche corporate crime, intendendono quei reati commessi dall'impresa per ottenere un beneficio
economico per sé. Braithwaite estende questo concetto e parla di organizational crime, riferendosi
alla struttura di organizzazione di cui fa parte l'autore del reato, indipendentemente dalla sua
condizione di soggetto pubblico o privato.
-Criminalità contro le imprese (occupational crime come ad es. reati informatici, reati
occupazionali): I reati occupazionali si possono definire come tutti quei comportamenti posti in
essere da dipendenti dell'impresa a danno della stessa. In tale categoria rientra una varietà di atti
commessi sia da lavoratori comuni che da colletti bianchi. Cools specifica un particolare tipo di
occupational crime, che definisce come employee crime, riferendosi a quelle situazioni in cui un
soggetto, lavoratore dipendente di un'impresa, mette in atto comportamenti illeciti ai danni della
stessa, che diviene, in tal modo, vittima di reati come furto, frode, diffamazione, diffusione di
informazioni segrete, spionaggio, uso illecito di computer.
I reati occupazionali si possono dividere in almeno tre tipi: il furto, la corruzione e la frode. I furti
contro le imprese da parte dei loro dipendenti sono i reati prevalenti. Per frode in senso stretto si
intende una falsa rappresentazione della realtà posta in essere intenzionalmente da un soggetto
individuale o da un'organizzazione per ottenere un vantaggio personale.
Il reato di corruzione si definisce come il dare o ricevere denaro o altra utilità per indurre un
soggetto a compiere atti contrari ai propri doveri o a omettere o ritardare un atto del proprio ufficio.
Nel contesto aziendale si parla di “corruzione privata” e si può definire come il dare o ricevere beni
per influenzare una decisione nel campo degli affari senza che la vittima (un'azienda) ne sia a
conoscenza o lo consenta. E corruzione la illegal gratuity, cioè il dare o ricevere beni di valore perché
un atto ufficiale sia compiuto.
Un'altra minaccia alle imprese è costituita dalla criminalità informatica. Tra gli autori ci sono coloro
che comunemente vengono definiti hackers, un concetto che non rispecchia le diverse tipologie di
soggetti che fanno pirateria informatica. E più opportuno distinguere tra hackers e crackers. I primi
possono essere considerati soggetti poco pericolosi per la sicurezza aziendale perché non si
prefiggono la distruzione dei sistemi informatici o l'acquisizione di informazioni riservate. Il loro fine
è più tecnologico e in certi casi etico spesso una sfida e il desiderio di comprovare le proprie capacità
con i sistemi di sicurezza del sistema oggetto di attacco. I crackers, al contrario, sono i veri criminali
informatici dai quali le imprese devono difendere l'integrità delle loro reti informatiche. Essi sono
definiti come: "quegli specialisti che manipolano le insicurezze che esistono all'interno dei sistemi

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digitali per copiare, alterare e/o distruggere le informazioni”. La loro finalità principale è quella di
distruggere i sistemi in cui riescono a penetrare.
Lo spionaggio industriale è un reato economico diffuso e difficile da prevenire. Rubare informazioni
dai concorrenti non risulta particolarmente difficile, soprattutto nei confronti delle società di più
ampie dimensioni caratterizzate da una maggiore vulnerabilità sia per il numero e le possibilità di
collegamenti telematici, sia per il rilevante numero di soggetti che ricoprono mansioni di prestigio
e che, quindi, possono conoscere dati segreti.
La criminalità connessa con l'uso del mezzo informatico, o cybercrime, comprende una varietà di
tipologie criminali diverse tra loro. Lo sviluppo delle reti informatiche e i processi di globalizzazione
dell'economia hanno delocalizzato, tra gli altri, il commercio e l'investimento finanziario
incrementando il numero delle transazioni on line. L'inevitabile conseguenza è che la criminalità
finanziaria, come il riciclaggio dei proventi illeciti, lascia il posto a quella appropriativa, come le truffe
o frodi on line, dove le possibilità offerte dal mezzo informatico producono una vastissima tipologia
di comportamenti criminali.
L'high tech law sta diventando la risposta giuridica necessaria all'evoluzione delle tecnologie e alle
loro distorsioni per fini appropriativi e fraudolenti. L'efficacia di questa risposta dipende dalla
capacità di rivedere sia i processi di formazione che quelli di reclutamento del personale addetto sia
alla regolazione civilistica ed amministrativa che al controllo e alla giustizia penale.

-criminalità organizzata ed economica (organizational crime come ad esempio usura, crimini


mafiosi): Le definizioni di criminalità economica sono incentrate sul paradigma di origine, quello del
colletto bianco, cioè dell'autore del reato, e poco considerano le dinamiche organizzative e
strutturali che caratterizzano oggi i comportamenti criminali di strutture societarie legali. C'è
un'ampia letteratura che sottolinea il continuum tra criminalità organizzata e criminalità economica,
spiegando perché, dove e come il crimine organizzato tradizionale e i criminali del colletto bianco si
muovano nella medesima direzione, caratterizzata da una sempre maggiore razionalizzazione e
organizzazione. Si tratta di un'area in cui le attività criminali e i criminali stessi si confondono con
attività legali, imprese e professionisti che operano nell'ambito della legalità. L'ampliarsi di tale area
aumenta i livelli di corruzione e inquina i sistemi economici nazionali.
La tendenza cui si assiste oggi permette di affermare che da un lato la criminalità organizzata compie
sempre più spesso reati di natura economica, con lo scopo di aumentare i propri guadagni, e
dall'altro i white collar criminals si organizzano, si specializzano e offrono la loro collaborazione al
crimine organizzato tradizionale. Alla luce di recenti ricerche sembra possibile riferirsi a questo tipo
di criminalità, definendola come impresa criminale. In tal modo si vuole sottolineare non solo la
capacità di integrarsi con l'economia legale, le risorse e le dimensioni del nuovo crimine organizzato,
ma anche, e soprattutto, la capacità di attribuire alla struttura stessa dell'organizzazione un ruolo
strategico.
La struttura organizzativa della nuova criminalità economica è flessibile e frammentata; "il modello
di nuova criminalità organizzata si caratterizza proprio per una maggior rapidità di movimento,
indicativa della capacità dell'impresa di anticipare le opportunità offerte dall'economia legale di
riferimento e di integrarsi in forma profonda con essa. La capacità dell'impresa criminale di

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integrarsi con l'economia legale di riferimento interessa alcune attitudini dell'organizzazione prima
ancora che le risorse e la dimensione dell'organizzazione stessa".
Le imprese criminali di seconda generazione fanno della struttura organizzativa il proprio punto di
forza. Si occupano della produzione di beni e servizi illegali, spesso gestiscono anche attività nei
settori legali dell'economia (come il riciclaggio), si infiltrano nei circuiti finanziari e commerciali a
livello locale, nazionale e internazionale. La criminalità organizzata si trasforma da soggetto
passivo/istituzione a soggetto attivo/impresa (che crea le opportunità per un incremento della
domanda di attività criminali), rompendo i vincoli etici e culturali che caratterizzavano la tradizionale
criminalità organizzata di stampo mafioso.

CRIMINALITÀ E MERCATI
Vi sono parecchi mercati vulnerabili all'influenza di imprese criminali: essi sono caratterizzati da un
alto livello di corruzione nell'ottenimento di licenze ed autorizzazioni che precludono la
partecipazione di imprese che usano metodi legali. L'infiltrazione di attività illegali nell'economia
legale priva quest'ultima di risorse, abbassa le prospettive di sviluppo di un paese, diminuisce la
produttività del lavoro e fa aumentare i prezzi dei beni di consumo. Inoltre, dal momento che
l'impresa illegale non paga le tasse, danneggia anche il sistema legale.
Il potere dell'impresa non è solo economico, ma si basa sull'uso della violenza e dell'intimidazione.
Le regole di mercato sono cioè violate. Questo può avvenire in diversi modi: attraverso le estorsioni,
l'usura e una concorrenza scorretta. Inoltre la produzione viene falsata quando si garantisce la
sopravvivenza di aziende fantasma per coprire attività criminali.
L'uso dell'intimidazione e della violenza da parte delle imprese criminali verso altre imprese
concorrenti tende a produrre condizioni di monopolio che escludono le imprese legali. Ma non è
solo con la violenza che si può eliminare la concorrenza e acquisire posizioni monopolistiche. Basta
disporre di capitali a costo zero o di forza lavoro sottopagata per riuscire a ottenere in un dato
momento prezzi nettamente inferiori a quelli di mercato.

La criminalità economica influenza anche il mercato del lavoro, soprattutto in luoghi che soffrono
di “disoccupazione strutturale”. Infatti in zone caratterizzate da scarse alternative occupazionali
legali e da una forte presenza criminale è facile reclutare forza lavoro che, proprio per l'assenza di
offerta di occupazione legale, è disponibile a essere retribuita a basso costo (caporalato) o inserita
direttamente in attività criminali. In ciascuno dei due casi il controllo criminale della forza lavoro
costituisce uno strumento di controllo del territorio e di pressione sulle imprese legali con il
conseguente rafforzamento delle organizzazioni criminali.

Le stime sulla dimensione dei capitali frutto di attività illecite sono poco attendibili. Si tratta
comunque di miliardi di dollari che transitano dall'economia criminale a quella legale per essere
ripuliti e perdere così le tracce dell'origine criminale ed essere investiti anche nell'economia legale.
Tra le tecniche più diffuse di riciclaggio c'è proprio il commingling. Infatti l'impresa che viene
finanziata con capitali criminali è avvantaggiata rispetto a quella che deve acquisirli sul mercato dei
capitali e che alla fine rischia di essere esclusa perché meno concorrenziale della prima, la quale può
permettersi, proprio per i costi inferiori, prezzi più bassi. Anche questa distorsione del mercato dei

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capitali è funzionale a un rafforzamento delle organizzazioni criminali e del loro controllo del
territorio, soprattutto tra le piccole imprese.
La conclusione frequente di tale processo è l'acquisizione criminale dell'impresa che non riesce a
pagare le rate del prestito usurario, con l'effetto di moltiplicare il numero delle imprese `infiltrate'.
Un circuito perverso per il quale la disponibilità di capitali criminali costituisce l'origine
dell'infiltrazione criminale nell'economia legale, con tutte le conseguenze inevitabili in termini di
costi economici e sociali per l'intera collettività.
Articolo del professore Di Maggio con Notarstefano: hanno analizzato le relazioni perverse tra tax
citing e il reddito di cittadinanza e l’economia non osservata. La domanda che si sono posti è: ma il
tax citing quindi l’infedeltà fiscale, l’evasione fiscale dov’è più diffusa al nord, sud o al centro? Dato
che è più diffuso in specifici contesti, come si può spiegare il tax citing in relazione al reddito di
cittadinanza e in relazione dell’economia non osservata? Quindi hanno utilizzato due variabili, e
hanno osservato che molti percettori di reddito di cittadinanza fanno altri lavori e nella maggior
parte dei casi in nero. Se c’è un lavorato in nero di conseguenza c’è anche un l’imprenditore che
assume personale in nero quindi si parla sempre dei furbetti del reddito di cittadinanza ma gli
imprenditori invece? La vera domanda è: dove sono più diffusi il tax citing? I dati dicono al 2019
che sostanzialmente non c’è polarizzazione nord sud, gli imprenditori che fanno tax citing non sono
tutti al sud come ci immaginiamo. Sulla base delle ispezioni fatte si sono accorti che al sud ci sono
tante irregolarità ma anche al centro e nord est e ovest, la percentuale delle irregolarità sale.

Importante è l’Art 416 bis codice penale - LEGGE LA TORRE (promulgata solo dopo l’assassinio di
Pio La Torre nel 82 insieme al suo agente di scorta): l’associazione è di tipo mafioso quando coloro
che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione
di assoggettamento di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto
o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di
autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se o per altri,
ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a se o ad altri
in occasione di consultazioni elettorali. Questo è un articolo che ogni economista dovrebbe portare
con sé perché all’interno ci sono molti termini di natura economico-finanziario che vanno oltre la
solita narrazione che dice che la mafia è fatta solo da “viddani”, mafia come sistema culturale, la
mafia è solo un anti-stato, mafia come solo sistema terroristico e cosi via. Questo articolo scritto da
Pio La Torre invece è un articolo per economisti poiché dice soprattutto che la mafia è un sistema
economico-finanziario, le organizzazioni mafiose sono sistemi economici-finanziari. Perché?
Acquisire in modo diretto o indiretto (l’utilizzo di capitali illegali per fare attività legali) il controllo
di attività economiche è tema di economisti (le mafie hanno sempre avuto la doppia forza motrice
ricordiamo l’omicidio di Placido Rizzotto al quale ha assistito un giovane pastore il quale è stato a
sua volta ucciso dal medico di Corleone Navarra quindi la narrazione della mafia fatta da viddani
non è poi cosi vera).

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Lezione 7
LA BOLLA DEI TULIPANI (1637) -> fu la prima grande crisi finanziaria innescata dall’utilizzo di
strumenti finanziari con finalità speculative. Nella seconda metà del 1500 i bulbi di tulipano
cominciarono ad essere esportati dalla Turchia in Europa perché erano molto desiderati. Il paese
che si fece promotore della loro diffusione fu l’Olanda. Negli anni del 1500 la coltivazione del
tulipano fu avviata nei Paesi Bassi (in cui si sviluppò il primo mercato borsistico da una famiglia di
mercati veneti, che si chiamava Borsa). Le varietà meno comuni di questo fiore vennero considerate
come merce di lusso dalla borghesia e dai ricchi mercanti, si iniziò a parlare di “mania dei tulipani”.
Ben presto la domanda di nuovi fiori superò la loro offerta, a causa del lento ciclo riproduttivo,
cosicché i prezzi delle specie più ricercate di tulipani subirono delle continue spinte al rialzo (dal 36
al 37 – da novembre fino a febbraio si assiste ad un aumento esponenziale). Tutto ciò comportò
l’utilizzo dei bulbi come una occasione di speculazione. Infatti, si arrivò a considerare il bulbo del
tulipano come un solido investimento, in quanto rappresentava un “concentrato di fiori futuri”.
L’espansione commerciale dell’Olanda favorì lo sviluppo di questa bolla non solo per gli
intenditori/appassionati di fiori, ma anche i fioristi/commercianti.
L’interesse generato dal commercio di tulipani fu tale che si negoziavano i “diritti sul bulbo”, cioè i
“futures” di tulipani, pagando subito un acconto del prezzo finale e corrispondendo il saldo alla
consegna del bulbo fiorito, dando luogo a un fenomeno che prende il nome di “commercio al vento”
proprio perché lo scambio reale era di fatto differito ad una data futura individuata nel contratto (a
prezzi fissi ex-ante). Gli acquisti con consegna futura del bulbo erano effettuati allo scopo di
partecipare al “gioco del rialzo” dei prezzi, così da poter lucrare, attraverso la vendita,
sull’incremento indotto dei prezzi stessi.
Ben presto, però i prezzi ebbero un andamento slegato dalla realtà, dando luogo ad una vera e
propria “bolla”, infatti nella bolla, per come i prezzi salgono immediatamente, crollano appena una
qualsiasi informazione comincia a circolare nel mercato. La bolla dei tulipani culminò (5 febbraio
1637) in una asta di Alkmaar, in cui centinaia di lotti di bulbi furono venduti per 90.000 fiorini
(equivalente di circa 5 milioni di euro), ossia ciascun bulbo venduto al prezzo medio pari al reddito
di oltre un anno e mezzo di un muratore dell'epoca. Si arrivò addirittura a vendere immobili per
poter acquistare i diritti sui bulbi più grandi e pregiati.
Nei giorni immediatamente successivi, la febbre dei tulipani si tramutò all'improvviso in panico, il
c.d. “panic selling”, facendo precipitare i prezzi di mercato. Di conseguenza, la domanda divenne
insufficiente a sostenere le forti richieste di vendite, il mercato dei tulipani crollò del tutto e le
negoziazioni s'interruppero. In una tale situazione, chi aveva acquistato attraverso i contratti
(futures) i bulbi (i fioristi) si ritrovò a pagarli ad una cifra più elevata rispetto ai prezzi reali del
momento, a vantaggio dei contadini (possessori dei bulbi). La diffusione dell'informazione circa il
crollo dei prezzi e l'impossibilità di trovare acquirenti innescò una corsa dei fioristi a vendere a
qualsiasi prezzo. La lobby dei fioristi, gravemente colpita, indusse la giustizia delle Provincie unite
olandesi alla trasformazione dei contratti a termine (i futures) in contratti di opzione. In questo
modo il detentore del contratto (fiorista o commerciante) fu autorizzato a non onorare l'impegno
(nei confronti dei contadini o coltivatori) pagando solo una penalità pari al 3,5% del prezzo pattuito.
Dunque, questa bolla può essere considerata come il primo grande crack finanziario della storia
originato da un comportamento di massa guidato dalla diffusa credenza del facile arricchimento.

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SCHEMA: un nuovo prodotto sul mercato (tulipani)→ euforia → prezzo sale vertiginosamente a
causa del comportamento del gregge (gregario) → una qualsiasi informazione lanciata sul mercato
(o in maniera deliberata per spaccare il fronte o per qualsiasi altro motivo) crea disordine → il
mercato crolla → comportamento gregario, disegno opposto ma identico (solita psicosi) e desiderio
folle di vendere → la vendita fa deprezzare tutto → crollo del sistema.

LA CRISI DEL ’29 -> grave crisi economico-finanziaria che inizia negli Stati Uniti d’America,
sconvolgendo l’economia mondiale con devastanti ripercussioni sociali e politiche.
Gli USA avevano sperimentato il boom economico, dall’inizio della prima guerra mondiale, in una
fase di grande espansione del PIL grazie alle numerose innovazioni tecnologiche (radio, telefono,
energia elettrica) e alla rapida crescita di settori come quelli del petrolio, della costruzione di uffici,
fabbriche e case, costituendo il motore del rialzo dell’indice azionario Dow Jones. Nel periodo che
va dal 1922 al settembre 1929 l’indice azionario era passato da 63,0 a 381,17, i c.d. “ruggenti anni-
venti” (roaring twenties) degli americani.
Il CROLLO dell’indice di Wall Street accaduto il 24 ottobre del 1929 (giovedì nero di W.S., seguito da
due ulteriori crolli il 28 e 29 ottobre) diede origine ad un fenomeno di vendite incontrollate di azioni
da parte di investitori privati (il Dow Jones Industrial Average subì una flessione del 40% nell’arco di
un mese diffondendo panico). Il problema della crisi è radicato in una politica monetaria fortemente
espansiva della Riserva Federale che, nel 1927, rese disponibili a banche e individui, una massa
rilevante di liquidità, impiegata per l’acquisto di azioni ed effettuare consumi.

Il grande economista statunitense, John K. Galbraith, descrive questo "clima psicologico" di


ostentato (e artificioso) ottimismo economico che si era creato all'epoca: "Affermando
solennemente che la prosperità continuerà, si può contribuire, così si crede, ad assicurare che la
prosperità effettivamente continui. Specialmente fra gli uomini d'affari è grande la fede nell'efficacia
di tale formula magica".

Un elemento importante della dinamica della “bolla” azionaria sta nella tecnica di acquisto delle
azioni tramite contratti di “riporto”, ossia contratti conclusi da investitori privati con operatori di
borsa, i c.d. agenti di cambio, i quali fornivano ai propri clienti a prestito la liquidità necessaria agli
acquisti di titoli ricevendo a garanzia i titoli medesimi, con l’obbligo di restituzione del prestito.
Inoltre, gli operatori di borsa si finanziavano presso le banche portando a garanzia i titoli azionari
consegnati loro dai propri clienti “a riporto”. Questo circuito finanziario si reggeva sul presupposto
che gli incrementi di prezzo dei titoli medesimi registrati sul mercato di Wall Street fossero superiori
ai tassi d’interesse sui prestiti concessi nel periodo di riferimento.
Agli inizi del 1929, i segnali di un possibile crollo del mercato borsistico erano stati avvertiti dalla
Riserva Federale che pur sapendo decise di non agire. Quando nell'ottobre dello stesso anno si
assistette ad una brusca correzione dei prezzi azionari registrati a Wall Street, gli investitori furono
presi dalla paura di un inizio della corsa al ribasso dei prezzi, di fatto affluirono sul mercato per
vendere azioni fino a generarne il tracollo in preda al panico. A tal proposito gli operatori di borsa
iniziarono a richiedere maggiori garanzie per i prestiti concessi ai propri clienti.

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La forte esposizione delle banche sul mercato azionario indusse i risparmiatori al ritiro dei loro
depositi, dando luogo ad una vera e propria "corsa agli sportelli" (bank run).
Tutto questo si ripercuote sulla riduzione dei prezzi di prodotti agricoli, del cotone e delle materie
prime non agricole, proprio perché come i beni industriali anche quelli agricoli utilizzavano
l’industria. In particolare, la contrazione dell’economia statunitense si registra da una notevole
riduzione dei prezzi dei beni agricoli e dei manufatti, dovuto ad un incremento della produzione
dell’uso delle moderne tecniche e dell’energia a basso costo. Dunque, la sovra-produzione agricola,
prima, e industriale, poi, fu il risultato di una ridotta capacità degli Stati europei d’importare beni e
prodotti da oltre Altantico per effetto delle conseguenze della Guerra.
QUAL È IL PRIMO ERRORE PER PROTEGGERE UN’ECONOMIA ED EVITARE CHE RICEVA
L’AGGRESSIONE DEGLI ALTRI PAESI? È il protezionismo (i dazi), infatti la risposta degli USA alla
riduzione di domanda e prezzi dei beni agricoli era tesa a difendere il settore agricolo con una
politica protezionistica. Pur facendo questo a livello nazionale divenne una questione a livello
internazionale (perché il protezionismo degli USA verso la Cina, diventa anche protezionismo della
Cina verso gli USA e così via). L'approccio protezionistico si rafforzò quindi a seguito del crollo di
Wall Street dell'ottobre del '29 e la sua estensione a livello di tutti i paesi esportatori (anche europei)
portò a un collasso del commercio internazionale. La Grande Depressione, che ne conseguì, ebbe
effetti recessivi devastanti sotto diversi profili, nello specifico della situazione degli USA, il crollo
economico e finanziario mise in ginocchio centinaia di migliaia di americani, con il fallimento di
numerose aziende, l'incremento della disoccupazione e una contrazione del reddito. In ultimo, le
esigenze nazionali spinsero gli istituti finanziari degli Stati Uniti a richiamare i prestiti erogati
all'estero estendendo gli effetti recessivi della crisi su scala mondiale.
SCHEMA: vittoria prima guerra mondiale → aumento del PIL → aumento del Dow Jones → politica
espansiva della Federal Reserve → di conseguenza rialzo dei prezzi → speculazione → euforia
(nonostante la presenza della speculazione) → panico (la curva ha il break, crollo verso il basso) →
vendita incontrollata → bank run (corsa agli sportelli per prelevare denaro) → richieste di garanzia
sui prestiti (quelle imprese che avevano avuto prestiti perché le banche avevano il denaro e
ricevevano denaro non per solidità della propria impresa ma perché era il momento contingente
che diceva di dare soldi alle imprese per ripartire, ciò però senza garanzie) → quindi bancarotta
delle banche e delle imprese → l’economia contrae → la produzione aumenta e diventa
sovrapproduzione dovuta anche allo sviluppo tecnologico.

Gli anni ’90 ed inizio 2000


Le crisi finanziarie degli anni ‘90 si caratterizzano per squilibri sia di finanza pubblica sia nei rapporti
con l'estero, circostanza indicata con l'espressione "deficit gemelli": a un deficit pubblico (differenza
tra entrate e uscite dello Stato) si accompagna un deficit della bilancia commerciale (differenza tra
esportazioni e importazioni). Queste condizioni possono indebolire la fiducia nella sostenibilità del
debito complessivo del Paese, determinare pressioni sul tasso di cambio e sui tassi di interesse e sul
livello dei prezzi.

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Crisi del Messico, 1994
Nei primi anni ’90 la liberalizzazione delle transazioni finanziarie aveva causato un importante
afflusso di capitali verso il Messico. Quest’ultimo, al fine di combattere l'elevata inflazione aveva
ancorato la propria valuta, il peso, al dollaro statunitense. Tuttavia, l'ancoraggio al dollaro e
l’impossibilità di ricorrere allo strumento della svalutazione determinarono: una perdita di
competitività del Paese sui mercati internazionali, un calo delle esportazioni e un progressivo
aumento del deficit della bilancia commerciale (reputato eccessivo e incoerente rispetto a un tasso
di cambio ancorato a una parità di poco più di 3 pesos per dollaro).
Nel 94 i disordini politici contribuirono ad alimentare una crisi di fiducia e spinsero le autorità
messicane a sostituire i titoli di debito pubblico denominati in valuta locale, che giungevano a
scadenza, con titoli in dollari, per ridurre i rendimenti richiesti dai creditori esteri per coprirsi dal
rischio di svalutazione. Tuttavia, questa misura non riuscì ad evitare l'aumento dei rendimenti dei
titoli pubblici.
Il livello delle riserve contenuto, era sufficiente solo a coprire circa un quarto del debito, e la
difficoltà di reperire capitali sui mercati internazionali, costrinse le autorità ad abbandonare la parità
(tra settembre 94 e aprile 95, il peso si svalutò quasi del 100%). Nel 95 il PIL messicano si ridusse di
quasi il 6%. L'intervento del FMI e del governo degli Stati Uniti ristabilì la fiducia dei mercati e frenò
la crisi. Nel 96 i titoli in dollari furono rimborsati in anticipo rispetto alla loro scadenza e il PIL tornò
a crescere a un tasso del 4%.

La crisi del Sud Est asiatico, 1997


Fra il 65 e il 96 i paesi dell'Asia Orientale avevano registrato un tasso medio annuo di crescita del PIL
pro-capite pari a circa il 6%, valore superiore a qualsiasi altra economia mondiale (c.d. "miracolo
asiatico" o "miracolo delle tigri asiatiche").
L'inizio della crisi valutaria si fa coincidere con la svalutazione del baht (1997), decisa dalla Banca
centrale tailandese a seguito di una serie di attacchi speculativi da parte di fondi di investimento
internazionali, provocando un deprezzamento rispetto al dollaro pari al 15%. I deflussi di capitali
esteri e la conversione delle attività nazionali in valuta estera concorsero ad aggravare la crisi. Il
crollo della moneta tailandese coinvolse anche le economie limitrofe (Malesia, l’Indonesia e la Corea
del Sud). Infatti, la svalutazione del baht tailandese aveva alimentato il timore che altri paesi
avrebbero tentato una svalutazione competitiva, al fine di stimolare le esportazioni, ridurre il costo
del debito e proteggersi dal ribasso del costo delle importazioni (le monete dell'area si svalutarono
in misura dal 20% circa per il dollaro di Taiwan al 110% per cento circa per il won coreano).
La crisi valutaria si ripercuote anche sull'economia reale, infatti la fuga dei capitali, indotta dal
timore di ulteriori svalutazioni, mise in gravi difficoltà banche, imprese e istituzioni finanziarie (che
nel giro di pochi mesi fallirono e i debiti vennero ritenuti di incerta esigibilità dalle agenzie
internazionali di valutazione). Alla fine del 97, le Borse dell'area registrarono perdite tra il 20% di
Hong Kong e il 55% della Tailandia.
Al fine di ripristinare la fiducia del mercato, il FMI dal luglio 1996, concesse prestiti condizionati per
l’attuazione di "riforme strutturali" che prevedevano anche: tagli alla spesa pubblica, aumento della
pressione fiscale, maggiore apertura e trasparenza del sistema finanziario e una riforma della
legislazione su banche e istituti di credito.

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Crisi della Russia 1997-98
La crisi valutaria russa del 1998 si sviluppò in un contesto di difficoltà (politiche, sociali, economi-
che e finanziarie) che il paese stava attraversando a fronte del crollo dell'URSS e della transizione
da un'economia pianificata a un'economia di mercato. Questi fattori, al contagio della crisi asiatica,
misero sotto pressione il rublo. Al fine di limitare le pressioni speculative sul rublo, la Russia decise
di ancorare il valore della valuta domestica al dollaro statunitense, secondo un meccanismo che
prevedeva la possibilità che il tasso di cambio si muovesse entro bande di oscillazione
predeterminate (il valore centrale del tasso di cambio venne fissato a 6,2 rubli per dollaro con una
banda di oscillazione del ±15%).
La Banca centrale cercò di proteggere l'ancoraggio al dollaro con operazioni sul mercato valutario
(vendendo valuta estera in cambio di rubli) e innalzando il tasso ufficiale di sconto. Tuttavia, le
riserve in valuta estera si riducevano senza risultare efficaci, a fronte di una riduzione del prezzo del
petrolio.
Inoltre, l’instabilità politica aumentò il timore circa la sostenibilità dell'ancoraggio del rublo al
dollaro. Il governo Russo mise a punto un piano anticrisi che prevedeva da un lato riforme strutturali
e fiscali, dall'altro la richiesta di un prestito alle istituzioni internazionali per fronteggiare gli attacchi
speculativi. Il FMI varò, nel 1998, un piano di sostegno finanziario (23 miliardi di dollari).
Queste misure, tuttavia, non risultarono efficaci, infatti la Borsa di Mosca continuò a registrare
pesanti ribassi e le riserve valutarie della Banca centrale si esaurirono. Nel 1998 venne
definitivamente abbandonato l'ancoraggio del rublo al dollaro. Il tasso di cambio passò in pochi
giorni da 6 rubli per dollaro a 21 rubli per dollaro.
Negli anni successivi l'economia russa sperimentò una ripresa molto rapida, sostenuta anche dal
rialzo del prezzo del petrolio e dal conseguente miglioramento dalla bilancia dei pagamenti. Già nel
1999, infatti, il tasso di crescita del PIL superava il 5%.

Brasile 1998-99
Nel 1998 le vendite di obbligazioni brasiliane, pubbliche e private, innescarono pressioni sul tasso
di cambio. L’ancoraggio del real al dollaro si rivelò insostenibile. Nell'ottobre del 1998 il FMI varò
un programma di aiuti finanziari (oltre 41 miliardi di dollari), a fronte di un piano di aggiustamento
fiscale per limitare gli squilibri di finanza pubblica. Tali aiuti consentirono di sostenere il real
brasiliano solo temporaneamente.
Agli inizi del 1999 il Brasile varò una nuova manovra fiscale correttiva, per contenere il debito
pubblico, alimentato dagli elevati livelli dei tassi di interesse (per mitigare il deprezzamento della
valuta) e dell'inflazione (accresciuta dal deprezzamento del real). L'abbandono dell'ancoraggio del
real al dollaro prima che le riserve ufficiali della Banca centrale fossero esaurite contribuì, inoltre, a
limitare l'impatto della crisi valutaria sull'economia reale.

Argentina, 2001
Il paese entrò in recessione nel 1999, quando il PIL argentino diminuì del 4%. La decisione del
governo di non abbandonare il regime di cambi fissi contribuì a peggiorare la situazione. Il timore di
una svalutazione innescò, nel 2001, una corsa agli sportelli bancari da parte dei correntisti che
ritiravano pesos da convertire in valuta pregiata.

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Nel 2001, la sospensione della scadenza delle obbligazioni governative ebbe riflessi anche sugli
investitori italiani, che avevano sottoscritto titoli pubblici argentini, dando avvio ad una complessa
fase di negoziati internazionali finalizzati alla ristrutturazione del debito. Nel 2002 il governo
abbandonò la parità con il dollaro e in poco tempo il peso perse gran parte del proprio valore. Infatti,
il deprezzamento progressivo della valuta nazionale provocò un rialzo del tasso d'inflazione. Tutto
ciò compromise molte le imprese che chiusero o fallirono; molti prodotti importati divennero
inaccessibili ai consumatori, la qualità media della vita si ridusse e il tasso di disoccupazione
raggiunse il 25%. A partire dal 2003, le misure a sostegno della produzione domestica assieme alla
debolezza del peso e alla ripresa delle esportazioni consentirono all'economia argentina di tornare
a crescere.

Lo scoppio della bolla delle c.d. dotcom


A metà degli anni '90, la bolla speculativa legata alla scoperta delle nuove tecnologie informatiche
ha generato la crisi del Dot.com. sviluppata attraverso la classica sequenza:
- estrema fiducia da parte degli investitori nelle potenzialità di un prodotto/azienda crescita
rapida del prezzo del prodotto;
- evento che fa vacillare le aspettative di importanti guadagni;
- elevati flussi di vendite;
- crollo finale del prezzo del prodotto.
La quotazione di Netscape (1994) diede avvio a un nuovo ciclo economico, definito New Economy.
Quest’ultima si contrapponeva alla Old Economy basata prevalentemente sul settore
manifatturiero. In pochi anni si assistette allo sviluppo di aziende operanti nel settore informatico,
chiamate Dot-com companies (suffisso ‘.com' dei siti attraverso i quali tali società operavano),
agevolate anche dal basso costo del capitale in un contesto di bassi tassi di interesse.
I concetti di sviluppo, progresso e crescita, associati a un settore all'avanguardia (new economy),
alimentò le aspettative di futuri e continui aumenti del valore dei titoli emessi dalle aziende del
settore.
Bisogna precisare che lo scoppio di una bolla speculativa può essere causato, tipicamente, dalla
saturazione del mercato, ossia dall'assenza di investitori disposti ad effettuare ulteriori acquisti a un
prezzo che nel frattempo è diventato elevato, dall'incentivo a disinvestire per monetizzare il
guadagno.
Nel caso della bolla del Dot-com, a marzo 2000, i bilanci sconfortanti di molte aziende evidenziarono
che l’investimento poteva rivelarsi non profittevole. La conseguenza fu quella che le quotazioni
cominciarono a calare, per effetto delle vendite da parte di coloro che intendevano disinvestire
prima che i titoli in portafoglio si svalutassero ulteriormente (Nasdaq, l'indice azionario di
riferimento, perse in tre giorni quasi il 9%). Nel 2001 molte Dot-com companies chiusero o furono
oggetto di operazioni di acquisizione e fusione.
Un elemento tipico delle bolle speculative è costituito dall'attitudine degli individui a mettere in atto
comportamenti imitativi (herding behaviour), sia nella fase di crescita sia nella fase di scoppio della
bolla. Infatti, gli operatori di mercato attuano scelte di investimento e disinvestimento indotte
dall'euforia del momento e dalla paura diffusa di perdere in pochi istanti l'intero valore dei titoli in

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portafoglio (c.d. panic selling), piuttosto che da valutazioni oggettive sulle prospettive di futuri
rendimenti.

LA CRISI FINANZIARIA DEL 2007-2009


La crisi finanziaria dei mutui subprime ha avuto inizio negli Stati Uniti nel 2006. I presupposti della
crisi risalgono al 2003, quando iniziò ad aumentare l’erogazione di mutui ad alto rischio, cioè a clienti
che in condizioni normali non avrebbero ottenuto credito poiché sarebbero stati in grado di fornire
sufficienti garanzie. Dal 2000 fino alla metà del 2006, negli Stati Uniti i prezzi delle abitazioni sono
cresciuti, generando una vera e propria bolla immobiliare, tale dinamica era favorita dalla politica
monetaria (FED) che mantenne i tali di interesse bassi fino al 2004, in risposta alla crisi della bolla
internet e all’attacco dell’11 settembre 2001 (dove c’è stato un momento in cui tutto il mondo
sembrava spostarsi online). La bolla immobiliare rendeva conveniente la concessione di mutui da
parte delle istituzioni finanziarie che potevano recuperare, in caso di insolvenza, il denaro prestato
attraverso il pignoramento e la rivendita dell'abitazione.
La crescita dei mutui subprime è stata sostenuta anche dallo sviluppo delle operazioni di
CARTOLARIZZAZIONE, ossia dalla possibilità per gli istituti creditizi di trasferire i mutui, dopo averli
trasformati in un titolo, a soggetti terzi le c.d. “società veicolo” (fungono da tramite per gli investitori
che acquistano dei titoli sui crediti, chiamati abs, sui quali fanno le loro valutazione di profittabilità.
Più titoli ha la società veicolo da più banche più denaro ottiene, più può sviluppare nel mercato
operazioni a suo vantaggio) e di recuperare parte del credito che altrimenti avrebbero riscosso solo
al termine dei mutui stessi.

Le società veicolo (Special purpose vehicle) presentavano all'attivo gli impieghi a medio e lungo
termine ceduti dalle banche e al passivo titoli a breve termine (le cosiddette Asset backed commercial
paper – ABCP), garantiti dalle attività bancarie cedute e assistiti da linee di liquidità messe a
disposizione dalle banche stesse. Una modalità alternativa di cartolarizzazione prevedeva
l'emissione dei cosiddetti Collateralised Debt Obligations (CDO) sempre tramite apposite società
veicolo (spesso indicate anch'esse con la sigla CDO) e operazioni di ricartolarizzazione, nelle quali le
attività sottostanti erano in prevalenza titoli strutturati.

Lo sviluppo delle cartolarizzazioni ha comportato il passaggio del modello di business delle banche
dall'approccio originate and hold (la banca eroga il mutuo e attende un lasso di tempo, fino alla
scadenza, prima di recuperare la somma prestata e i relativi interessi) all'approccio originate and
distribute (la banca eroga il mutuo e lo trasferisce a terzi –istituzioni e/o investitori- tramite
cartolarizzazione, recuperando subito la somma prestata). Il fulcro di questo modello è la gestione
del rischio, il rischio viene trasferito dalla banca agli obbligazionisti, cosicché la banca ha risorse di
capitale da utilizzare. Grazie alla cartolarizzazione, le istituzioni finanziarie poterono espandere le
attività in rapporto al capitale proprio (fenomeno del leverage o leva finanziaria).
Inoltre, le operazioni di cartolarizzazione generavano prodotti strutturati molto complessi, poco
standardizzati e poco liquidi, scambiati over the counter (OTC), ossia al di fuori dei mercati
regolamentati, e in assenza di prezzi significativi.

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A partire dal 2007 e per il 2008 si susseguirono vari declassamenti del merito di credito
(downgrading) di titoli cartolarizzati da parte delle agenzie di rating. Tali titoli, persero ogni valore
e diventarono illiquidabili, costringendo le società veicolo a chiedere fondi alle banche che li
avevano emessi e che avevano garantito linee di liquidità. Alcune banche, tuttavia, non furono in
grado di reperire la liquidità necessaria per soddisfare tali richieste, poiché nessun istituto
finanziario era disposto a fare loro credito. Dalla crisi di fiducia si sviluppò dunque una crisi di
liquidità. Le banche subirono pesanti perdite non solo per l'esposizione verso le società-veicolo, ma
anche per le esposizioni verso soggetti colpiti dalla crisi (ad esempio, i fondi che avevano investito
nei titoli cartolarizzati), ovvero il possesso diretto di titoli strutturati per motivi di investimento. Tali
circostanze condussero alcuni istituti di credito statunitensi verso il fallimento, evitato
dall'intervento del Tesoro di concerto con la FED. L'insolvenza della banca d'affari americana
Lehman Brothers innescò una nuova fase di intensa instabilità, generando preoccupazioni sulla
solidità di altre banche d'affari e timori per gli effetti dell'esposizione verso questi istituti di tutti gli
altri partecipanti al mercato.
L'aggravarsi della crisi spinse il governo americano a intervenire con un piano di salvataggio del
sistema finanziario e dei grandi istituti di credito statunitensi. Durante il biennio 2007-2009, il
programma di acquisto di titoli cartolarizzati Tarp (Troubled asset relief program), comportò
immissione di liquidità sul mercato bancario a tassi prossimi allo zero dalla FED a sostegno di banche
e compagnie di assicurazione. Tuttavia, i piani di salvataggio per istituti di credito in difficoltà
accrebbero in modo significativo il debito pubblico dei paesi coinvolti, c.d. crisi del debito sovrano.
Oltre agli interventi pubblici di salvataggio e nazionalizzazione di alcuni istituti in maggiore difficoltà
i securities regulators (la Consob tra i primi) hanno attivato misure di intervento urgenti, come il
divieto di vendite allo scoperto di titoli azionari. Infine, si è messo in evidenzia la necessità di una
riforma degli assetti istituzionali della supervisione finanziaria in Europa e negli Usa.

LA CRISI DEL DEBITO SOVRANO DEL 2010-2011


La crisi del debito sovrano nell'Area euro trova le sue radici nella crisi del settore dei mutui
residenziali statunitensi. In seguito alla crisi subprime, numerosi istituti di credito europei in
difficoltà sono stati salvati da interventi pubblici. Tali interventi, hanno aggravato gli squilibri di
finanza pubblica dei Paesi più vulnerabili, concorrendo a provocare una contrazione del Pil a livello
globale. In particolare, mentre nei principali paesi in via di sviluppo si ridussero i tassi di crescita, nei
paesi industrializzati si è registrata una variazione del Pil negativa. Per l'Italia la contrazione del
prodotto nel 2009 è risultata prossima al 5 per cento, configurando una delle più gravi recessioni
dal dopoguerra.
Nella vicinanza dello scoppio della crisi del debito sovrano, i paesi dell'eurozona presentavano
differenze significative di finanza pubblica e del tasso di crescita. I c.d. Paesi core (come la Germania)
si connotavano per livelli contenuti del debito pubblico e per un‘attività economica più solida,
mentre i c.d. Paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), si caratterizzavano per una
maggiore vulnerabilità legata a dinamiche non sostenibili del debito pubblico, dovuta
all'indebitamento accumulato negli anni, all'incremento incontrollato del deficit, ai bassi tassi di
crescita del PIL e agli oneri delle operazioni di salvataggio degli istituti bancari in crisi.

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Nonostante tali differenze, nel 2010 l'Area euro ha avuto una ripresa economica: i tassi di crescita
del Pil hanno raggiunto i valori pre-crisi negli Stati Uniti e in Germania, ma si sono mantenuti a livelli
inferiori nel Regno Unito e in molti paesi dell'Area euro (tra i quali l'Italia).
Tuttavia, il dissesto dei conti pubblici della Grecia, nel 2009, ha segnato il passaggio a una nuova
fase della crisi, quella del debito sovrano, interrompendo la ripresa già incerta.
La crisi ha avuto epicentro nei paesi periferici dell'eurozona (Portogallo, Irlanda e Grecia) per poi
estendersi nel corso del 2011 a Spagna e Italia. Con riferimento all'Italia, il rendimento dei Btp
decennali ha raggiunto livelli prossimi al 7%, con il rialzo del costo complessivo di rifinanziamento
del debito pubblico. Il differenziale di rendimento rispetto al Bund tedesco (il cosiddetto spread) è
passato in pochi mesi da valori inferiori ai 200 punti base a valori superiori ai 500 punti base (570
punti nel mese di novembre). Uno spread così consistente è stato il risultato dell'effetto combinato
da un lato dell'incremento della percezione del rischio sovrano italiano e dall'altro della preferenza
degli investitori verso i titoli tedeschi, considerati più sicuri (c.d. flight to quality).
L'Unione europea è intervenuta tramite il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), fornendo
prestiti, ricapitalizzando banche e comprando titoli di debito sovrano. Tali iniziative hanno attenuato
solo temporanea le tensioni sul debito sovrano europeo, apparendo come interventi poco risolutivi.
Nel settembre 2014 la BCE ha assunto due misure straordinarie, il Targeted Long Term Refinancing
Operation (TLTRO) e l'acquisto di titoli ABS e Covered Bond. Nel 2015, i mercati azionari hanno
beneficiato del programma di acquisto di titoli della BCE (EAPP, c.d. quantitative easing) che ha
esteso il programma di acquisto sul mercato secondario di titoli emessi dal settore privato, in
particolare ABS e covered bonds, anche ai titoli pubblici denominati in euro. Conseguentemente, il
market sentiment degli investitori nell'Area euro è migliorato mostrando un rialzo.
In seguito all'annuncio dell'EAAP, i rendimenti del debito sovrano sono scesi in tutta l'area,
conseguentemente la percezione del rischio sovrano per i paesi dell'Eurozona si è attenuata.

La questione covid esula dal trend, perché è arrivato il virus ed è entrato a gamba tesa su una
situazione già non ottimale. Quali somiglianze rintracciamo tra i momenti che ci sono stati durante
queste crisi e il momento post covid? I fattori comuni sono: l’erogazione del credito, momento di
shock, incentivo credito/debito (in una di queste manovre c’è la possibilità di dare garanzie ai
giovani per l’acquisto di case oppure la ristrutturazione – il 110%), incentivo ai consumi, inflazione
(maggiore domanda sull’offerta – aumento dei prezzi), utilizzo di strumenti finanziari inediti, euforia
(come il revenge tourisam o consuption).
Cose ricorrenti per tutti le crisi? - euforia pre-crisi; -incentivi ai consumi; -inflazione etc;
-speculazione (strumenti finanziari inedite, non sono collegati all’economia reale e proprio per
questo causano speculazione); -panico da crisi; -manovre espansive (incentivi ai consumi,
credito…).

Uso dei derivati finanziari


I contratti finanziari c.d. derivati hanno la funzione di assicurazione o di copertura e trasferimento
del rischio finanziario tra due parti. La negoziazione di derivati, inoltre, può essere effettuata per
motivi di arbitraggio o per speculazione. In tale categoria rientra ogni strumento il cui prezzo si basi

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sul valore di un'altra attività, definito "sottostante" (es. azioni, indici finanziari, valute, tassi
d'interesse, materie prime, ecc…).
L'origine dei futures risale all'età romana, in quel periodo esistevano dei mercati, chiamati fora
vendalia, per la vendita di particolari produzioni agricole. Solo nel Medioevo si è assisto alla nascita
di moderni mercati futures, i quali si svilupparono per andare incontro alle necessità degli agricoltori
e dei mercanti (gli accordi avevano per oggetto un raccolto futuro e l’obbiettivo era quello di
giungere un prezzo giusto e consentire alle parti di eliminare il rischio legato all'incertezza sul prezzo
futuro del grano).
I primi mercati organizzati per lo scambio di derivati risalgono al sedicesimo e diciassettesimo
secolo. Nel 1600 ci fu l'inclusione alla negoziazione al Royal Exchange di Londra di contratti forward
(cui seguiva nel 1637 la prima bolla speculativa sui tulipani). A seguito della rivoluzione industriale
si avvertì l'esigenza di standardizzare questo tipo di contratti, quando i mercanti europei iniziarono
a stipulare contratti sul cotone e sui grani detti "to-arrive contract".
I prodotti derivati essendo considerati di difficile comprensione non venivano presi in
considerazione dai piccoli risparmiatori.
Il processo di innovazione finanziaria nel corso degli ultimi anni ha tratto forza nel settore di imprese
di matrice bancaria e assicurativa. Si può pensare al fenomeno delle obbligazioni bancarie c.d.
strutturate, ovvero a titoli di debito emessi da intermediari bancari che possono essere divisibili in
una componente obbligazionaria ed in una o più componenti derivative, il cui rendimento è regolato
al verificarsi o meno di certi eventi imputabili all'andamento ad es. di un titolo azionario (equity-
linked), di un indice azionario (index-linked) o al merito creditizio di un emittente (credit-linked).

LEVA FINANZIARIA (o Leverage) -> un soggetto ha la possibilità di acquistare o vendere attività


finanziarie per un ammontare superiore al capitale posseduto e di beneficiare di un rendimento
potenziale maggiore rispetto a quello derivante da un investimento diretto nel sottostante e di
esporsi al rischio di perdite molto significative.
Come funziona? - Ipotizziamo di avere 100 € da investire in un titolo e poniamo che le aspettative
di guadagno o perdita siano pari al 30%: se le cose vanno bene, avremo 130 €, in caso contrario,
avremo 70 €. Questa è una speculazione in cui scommettiamo su un determinato evento. Nel caso
in cui decidessimo di rischiare di più investendo, oltre ai nostri 100 €, anche altri 900 € presi in
prestito, allora l'investimento assumerebbe un'articolazione diversa poiché utilizziamo una leva
finanziaria di 10 a 1 (investiamo 1000 € avendo un capitale iniziale unicamente di 100). Se le cose
andranno bene e il titolo sale del 30%, riceveremo 1300 €, restituiamo i 900 presi in prestito con un
guadagno di 300 € su un capitale iniziale di 100. Otteniamo, quindi, un profitto del 300% con un
titolo che in sé dava un 30% di rendimento. Ovviamente sui 900 € presi in prestito dovremo pagare
un interesse, ma il principio generale rimane valido: la leva finanziaria permette di aumentare i
possibili guadagni.
Inoltre, le diverse leve finanziarie si possono cumulare, in questo modo si realizzano operazioni di
speculazione utilizzando una "leva finanziaria al quadrato". Tuttavia, quello che può sembrare una
potenzialità per l'investitore presenta, invece, dei rischi. Infatti, se il sistema finanziario lavora con
una leva molto elevata e gli istituti finanziari si prestano soldi a vicenda per moltiplicare i possibili

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profitti, la perdita di un singolo investitore può innescare un effetto domino contagiando l'intero
mercato finanziario.
Lo sviluppo del mercato per il trasferimento del rischio di credito (dagli intermediari finanziari al
mercato) ha fatto sì che il modello di banca tradizionale, denominato "originate-and-hold" («crea e
detieni»: la banca che ha erogato il prestito lo mantiene in bilancio fino alla scadenza), sia stato
sostituito per molti operatori da quello "originate-to-distribute" («crea e distribuisci»:
l'intermediario seleziona i debitori, ma poi trasferisce ad altri il prestito, recuperando la liquidità e
il capitale regolamentare prima impegnati (cartolarizzazione) o il puro rischio di credito (derivati
creditizi)), con l'effetto di un ulteriore incremento della leva finanziaria. La diffusione di questo
secondo modello di banca è uno dei fattori che spiegano la crisi innescatasi sul mercato dei mutui
subprime.
L'inflazione dei prezzi immobiliari ha sostenuto l'emissione dei prestiti cartolarizzati e lo sviluppo
esponenziale del relativo mercato consentendo incrementare la leva finanziaria. Alla fine molte
banche si sono ritrovate senza capitale sufficiente per assorbire le perdite derivanti dall'inversione
del mercato immobiliare. Nel frattempo, la leva finanziaria aveva preso il sopravvento, soprattutto
negli Stati Uniti, generando un enorme volume di investimenti a rischio.
Per ritornare a livelli di capitale bancario sufficiente si può ricorrere ad aumenti di capitale, alla
riduzione dell'importo dei prestiti alle imprese e alla dismissione di altre attività liquide. Il risultato
di tutto ciò, nel periodo di scoppio della crisi dei subprime, è stata la sospensione del credito e un
crollo del mercato azionario. Questi sono i principali canali attraverso cui la crisi finanziaria ha
colpito l'economia reale. Il razionamento del credito ha colpito gli investimenti e il calo del mercato
azionario ha ridotto il valore della ricchezza delle famiglie e quindi dei consumi.
Dunque, un determinato livello di leverage è fisiologico per sostenere la crescita economica, anche
se non si hanno indicazioni del livello ottimale. In un sistema economico-finanziario, tuttavia,
globalizzato e interdipendente la leva finanziaria può rappresentare un fattore scatenante delle
bolle speculative.

LA "SECURITISATION" (o in italiano CARTOLARIZZAZIONE) -> è una tecnica finanziaria usata per


attingere risorse finanziarie aggiuntive (come strumento per la raccolta di finanziamenti e fonte
alternativa di reddito). Nel corso degli ultimi anni è diventata una delle componenti principali del
c.d. "sistema bancario ombra". La cartolarizzazione ha consentito alle banche di alimentare il
meccanismo di concessione dei mutui subprime «senza preoccupazioni». La cartolarizzazione del
debito è un processo attraverso il quale una o più attività finanziarie indivise ed illiquide vengono
"trasformate" in attività divise e vendibili, ossia in titoli obbligazionari denominati Asset Backed
Securities (ABS).
A seconda del sottostante che viene cartolarizzato, si può parlare ad es. di titoli MBS (mortgage
backed securities, il cui sottostante sono mutui), CDO (collaterali-zed debt obligation, il cui
sottostante sono titoli obbligazionari pubblici o privati), ABCP (asset backed commercial paper, il cui
sottostante è rappresentato da crediti a breve termine). -Un es. di cartolarizzazione è rappresentato
da una banca che ha fra le sue attività prestiti immobiliari, se la banca decide di cartolarizzare tali
attività emetterà dei titoli, che hanno come garanzia quei mutui, che poi verranno venduti a
investitori privati o istituzionali.- In pratica, la banca cede l'insieme dei suoi mutui ad una Società

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Veicolo la quale emette delle obbligazioni che colloca presso gli investitori, e successivamente
utilizza il ricavato della vendita delle obbligazioni per acquistare i mutui stessi. Cosi facendo il rischio
viene trasferito ai sottoscrittori finali delle obbligazioni, in quanto il rimborso degli interessi che
maturano e del capitale a scadenza collegato alle obbligazioni è strettamente dipendente dalla
effettiva riscossione delle rate dei mutui stessi. I pagamenti destinati agli investitori in titoli
cartolarizzati dipendono esclusivamente dai flussi di cassa prodotti dai crediti ceduti.
Negli anni antecedenti la crisi dei mutui subprime vi è stata una forte crescita della cartolarizzazione
a livello globale.
La crescita di questi strumenti è dovuta anche allo sviluppo di strutture quali i già citati CDO, che
sono diventati il sottostante delle c.d. CDO-squared (supportate da emissioni di CDO). In pratica, le
CDO-squared consentono alle banche di "impacchettare" il rischio di credito di cui si sono fatte
carico detenendo delle CDO. Sulla scia di questi prodotti finanziari sono stati creati anche i
cosiddetti CDO-cubed, il cui sottostante è rappresentato da titoli di CDO-squared. Questi strumenti
hanno consentito un aumento delle emissioni e un trasferimento dei rischi delle attività originarie
sottostanti senza controllo.
Oggi la securitisation è vista come un meccanismo potenziale per favorire il trasferimento dei rischi
e per incrementare la capacità delle banche di liberare risorse ulteriori da destinare al finanziamento
dell'economia (ponte tra credito di origine bancaria e finanza basata sul mercato).

Lezione 9
L’usura consiste nel prendere/prestare denaro con tassi d’interesse molto elevati considerati
illegali. Quest’ultimi sono più alti rispetto a ciò che tendenzialmente sarebbe lecito.
Sportello Antiusura → servizio di primo ascolto, fare una scrematura di possibili richieste di
risarcimento da usura di potenziali vittime di usura (“Loan Sharking” = prestito degli squali).
Normalmente si pensa che l’usura riguardi grandi operazioni di cifre esorbitanti, in realtà circa il 90%
dell’usura colpisce gente semplice, che per un uso inconsapevole del denaro o per un gesto d’amore
(es. la sorella che si offre di pagare la ditta di ristrutturazione) entra nel turbine dell’usura. Cosi
facendo subisce la cosiddetta Sindrome di Stoccolma, ovvero la vittima che subisce l’usura non
denuncia quasi mai, perché si pensa che l’usurario viene visto come colui che da speranza, quindi
paradossalmente si nutre un sentimento positivo verso il proprio usurario.

CREDITO INFORMALE
Schema classico → immaginiamo che vi sono due soggetti Luca e lo zio Giovanni, Luca deve spedire
del denaro e lo zio Giovanni lo deve ricevere.
Quando si fa riferimento un sistema di credito formale, si deposita il denaro, si fa ad es. un vaglia
postale, un bonifico oppure si dà accesso al conto corrente e si preleva. Invece, se si va oltre il
sistema formale e si vuole spedire del devano, esistono dei sistemi efficienti con costi più bassi
raggiungibili in tutte le zone del mondo. Ritornando all’es. Luca per mezzo di un broker A che è in
diretto collegamento con Luca spedisce il denaro. Il broker A si mette in contatto con il broker B il
quale è direttamente collegato con lo zio Giovanni. Quindi, i soldi di Luca passano da A a B, i quali
hanno dei legami finanziari (operazioni che possono realizzare) tali per cui il broker B può dare i soldi
allo zio Giovanni tramite un codice di accesso. Dunque, il denaro non viene spedito direttamente

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ma fa il seguente giro: da Luca va al broker A, dal broker A va al broker B, il broker B a sua volta gira
il denaro allo zio Giovanni. Tuttavia il denaro non è il denaro fisicamente individuato da Luca, ma è
una somma di denaro che è possibile scambiare proprio perché tra il broker A e il broker B c’è una
relazione economico-finanziaria.

INTEGRAZIONE DOCUMENTO 12 – CONSUMO, RISPARMIO, RIMESSE


Gli studi empirici e teorici che hanno indagato sul ruolo dei consumi nel processo di integrazione dei
cittadini stranieri sono recenti. Istituzioni quali il consiglio d’Europa o l’OECD non considerano tra
gli indicatori di integrazione, la crescita dei consumi dei cittadini immigrati, neanche in forma di
indicatore indiretto. Vi è inoltre un filone di studi che vede il consumo come fase finale di un
processo di “acculturazione” - consumer acculturation theory - degli stili di vita di cui il consumo
stesso costituirebbe un elemento importante nel processo di integrazione sociale e che può volgere
sia verso una “piena integrazione” o al contrario.
Accanto all’analisi del processo di acculturazione via consumo, sono state osservate alcune evidenze
empiriche che riguardano altre due modalità importanti nella dimensione economico/culturale del
processo di integrazione/assimilazione, segregazione/emarginazione ovverosia l’analisi
dell’andamento delle rimesse nel corso del tempo prodotte dai cittadini stranieri e l’analisi delle
diverse strategie di risparmio. In un articolo che ha come focus il comportamento dei migranti in
Germania, ad esempio, si evidenzia come differenze nella pratica di risparmio o di destinazione di
quote di reddito risparmiate per le rimesse siano evidenti fra immigrati permanenti e immigrati
cosiddetti “temporanei”. E, d’altra parte, che ad un confronto fra famiglie native e famiglie
immigrate rispetto ai comportamenti di risparmio, la variabile che incide significativamente rimane
il reddito familiare - all’aumentare del numero di componenti del nucleo che percepiscono reddito
aumenta anche la quota risparmiata - ma che l’effetto della condizione occupazionale incide assai
più sugli immigrati che sui native. Ancora, variabili quali la differenza nei redditi tra le diverse attività
occupazionali hanno evidenziato come siano altre le variabili che incidono oltre al reddito percepito.
In studi ormai confermati, è stato evidenziato come la competenza linguistica abbia degli effetti
significativi sull’ammontare del salario e ciò avviene perché la competenza linguistica ha effetti sia
sul tipo di lavoro che si riesce a svolgere - chi ha maggiore competenza linguistica ha anche maggiore
possibilità di raggiungere posizioni lavorative più prestigiose e meglio retribuite - sia,
conseguentemente, sulla capacità di consumare, risparmiare o destinare al Paese di origine le
risorse monetarie via via accumulate. A questo punto si può ritenere che la possibilità di consumare,
risparmiare o destinare alle rimesse sia certamente funzione del reddito che è però funzione della
capacità di intrecciare relazioni sociali e lavorative a più elevato valore economico grazie ad una
variabile importante quale la competenza linguistica. Ma la competenza linguistica risente,
ovviamente, della formazione scolastica, ovvero dell’investimento in capitale umano che le
comunità decidono di avviare o hanno già avviato nel Paese di origine.
Inoltre, va tenuto conto di alcune variabili, che potremmo definire “di contesto” non indifferenti,
ovverosia il periodo storico a cui si fa riferimento nei diversi studi, nonché i Paesi di immigrazione a
cui si fa riferimento e la nazioanlità degli immigrati. Differenze significative nel rapporto redditi,
risparmi, stili di consumo sono anche funzione del diverso tipo di emigrazione che è fortemente
connessa alle condizioni storico sociali del paese di origine e del paese di destinazione.

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Dunque, le probabilità di scelta di una strategia di permanenza di lungo termine o di breve termine
nel Paese ospitante possono essere assai diverse nei diversi periodi.
Ma cosa succede invece in Italia? Complessivamente in Italia gli indicatori di spesa riguardanti i
consumi dei cittadini stranieri vedono un incremento significativo sia delle quote di reddito
destinate alle diverse voci di spesa, sia delle pratiche indirettamente indicative di una maggiore
“integrazione” nel mercato locale. Ad esempio, l’Osservatorio Nazionale sull’Inclusione Finanziaria
dei Migranti in Italia evidenzia come il ricorso al credito al consumo fra cittadini stranieri sia
cresciuto significativamente tra il 2011 e il 2016. Le spese si concentrano su alimentari e abitazione
ma assai meno in ricreazione, spettacoli e cultura. Lo stesso report evidenzia che il processo di
integrazione finanziaria dei migranti ha avuto in Italia diverse fasi durante le quali domanda e offerta
di credito e risparmio hanno subito variazioni anche in ragione del diverso livello di integrazione
“percepita” dalla popolazione locale oltre che dagli stessi migranti. La prima fase, viene definita
come “passiva”, in cui la “bancabilità” del migrante veniva considerata ad elevato rischio ed in
generale di scarso interesse per futuri investimento da parte delle banche e durante la quale gli
stessi migranti non domandavano servizi bancari in ragione della scarsa necessità al loro accesso - a
cominciare dal conto corrente bancario - ne è seguita una seconda, che è stata definita “proattiva”.
In questa fase, da parte degli operatori finanziari si è cominciato ad intravedere nel migrante un
possibile destinatario di politiche di offerta di servizi. Ancora, una terza fase, definita “di
consolidamento” e che possiamo considerare tale sia dal punto di vista della domanda che dal punto
di vista dell'offerta dei servizi di intermediazione bancaria. In questa fase di crescita di
intermediazione si è dunque consolidata sia la fiducia da parte delle istituzioni bancarie nei confronti
dei clienti migranti, sia la pratica di uso dei servizi da parte dei migranti stessi. Infine, una quarta
fase in cui accanto al processo di integrazione finanziaria che si va consolidando, si presentano però
nuovi scenari i cui protagonisti sono sia i nuovi arrivati, sia gli immigrati ormai da più tempo nonché
quelli che si trovano in una condizione intermedia, per i quali l’integrazione finanziaria potrebbe
funzionare da acceleratore di una più generale integrazione.
Inoltre emerge che la relazione fra anzianità di migrazione e integrazione finanziaria sia in Italia
molto stretta. A confermare ciò sono i dati offerti da Banca d’Italia che evidenzia come, a fronte di
una propensione media degli italiani al risparmio pari al 27% del reddito, i cittadini stranieri
presentano una propensione più elevata di 9 punti.
Attraverso lo studio dei legami fra risparmio, consumo, investimenti, accesso al credito si evidenzia
come una maggiore inclusione finanziaria rappresenta un importante elemento nel processo di
integrazione e di radicamento nel tessuto economico e sociale. In questa sezione, partendo dalla
definizione di esclusione finanziaria, si analizza, più generalmente, il comportamento economico dei
cittadini immigrati in Italia. Anche se non esistono definizioni universalmente accettate di inclusione
ed esclusione finanziaria, nel corso degli anni sono stati elaborati diverse modalità di declinazione
di tali concetti. Partendo dalla definizione data dalla Commissione Europea (2008), l’esclusione
finanziaria si riferisce: «all’insieme di difficoltà e ostacoli che determinate fasce di individui
incontrano nell’accesso e/o utilizzo di servizi e prodotti offerti dal settore finanziario tradizionale da
essi stessi considerati adatti a soddisfare i loro bisogni e che contribuiscono a permettere di
condurre una vita sociale considerata normale nella collettività al quale essi appartengono».

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L’esclusione finanziaria si riferisce a forme di emarginazione di tipo sociale riguardanti, ad esempio,
l’ambito lavorativo, quello abitativo, l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari.
L’esclusione finanziaria è legata anche al basso livello di conoscenza ed esposizione al mercato
finanziario, come ad esempio avviene per le fasce di popolazione più giovani o più anziane. La
connessione tra inclusione finanziaria e sociale è particolarmente significativa in questo periodo di
crisi economica dovuta alla pandemia, in cui i gruppi vulnerabili, come ad esempio i cittadini
immigrati, si trovano in condizioni precarie di occupazione e di reddito.
L'esclusione finanziaria, o la mancanza di accesso ai servizi finanziari formali, può avere conseguenze
negative sulla vita economica, finanziaria e sociale non solo degli individui coinvolti, ma anche
dell'intera comunità. Una delle conseguenze negative dell’esclusione dai canali legali di accesso al
credito è il ricorso a canali illegali o informali. Nel mondo, il fenomeno dell’esclusione finanziaria
riguarda circa 2,5 miliardi di individui, di questi, oltre il 90 per cento vive in paesi emergenti e in via
di sviluppo. Nei paesi ad alto reddito l’esclusione finanziaria riguarda in media poco meno del 10
per cento della popolazione.
L’Italia presenta un livello di esclusione finanziaria lievemente superiore rispetto alla media dei paesi
OCSE. I fattori determinanti l’esclusione finanziaria sono molteplici e sono spesso collegati alle
caratteristiche socio-economiche, istituzionali, regolamentari, culturali e attinenti al grado di
sviluppo e alla struttura dell’offerta dei servizi finanziari in ciascun paese.
La domanda dipende dalla propensione al consumo di determinati beni e servizi da parte dei
cittadini immigrati
L’offerta di beni pubblici o servizi nei confronti dei cittadini stranieri, invece, dipende sia dagli
obiettivi di policy, come ad esempio le politiche per il contrasto alla povertà, all’inclusione finanziaria
e sia dalla crescente offerta dei prodotti e servizi del settore bancario e finanziario, la cosiddetta
diversity banking.
I flussi di reddito dei cittadini immigrati, oltre ad essere quantitativamente modesti rispetto a quelli
dei cittadini autoctoni sono spesso caratterizzati da una elevata incertezza ed irregolarità.
Il reddito delle famiglie straniere deriva in prevalenza da redditi da lavoro dipendente, segue il
lavoro autonomo, e il reddito da capitale. Le famiglie straniere che riescono a risparmiare, per la
maggior parte decidono di indirizzare il proprio denaro depositandolo in conti correnti bancari o
postali. Una parte molto marginale decide di investire in obbligazioni, in titoli di stato o in altre
forme di investimento. Dal rapporto del fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi
emerge che nell’ambito del bilancio personale le spese che pesano maggiormente sui bilanci dei
cittadini immigrati sono quelle legate ai bisogni primari dell’alloggio e dell’alimentazione.
Un’altra voce di spesa molto rilevante all’interno dei bilanci familiari è la spesa legata ai figli che
vivono in Italia con i genitori.
Un’altra esigenza fondamentale alla quale vengono destinate le risorse del bilancio personale è
quella dell’invio di denaro a familiari residenti nel Paese di origine. Questa spesa rappresenta una
priorità assoluta per tutti i migranti, anche se è variabile in funzione di diversi fattori. L’importanza
di tale voce è così rilevante che non viene percepita come un risparmio, ma come un’esigenza
primaria. Ad esempio, il processo di bancarizzazione è strettamente legato al tempo di permanenza
in Italia dove la progressiva bancarizzazione dei cittadini immigrati è un fenomeno in pieno sviluppo.
La variabile è di assoluto rilievo in quanto gli individui senza conto corrente sono esposti a una

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maggiore vulnerabilità di assenza di strumenti finanziari di base e sono anche esposti ad una minore
possibilità di pianificare i loro risparmi. I cittadini immigrati si rivolgono alla banca prevalentemente
per aprire un conto corrente per la gestione della liquidità familiare. E questo accade quando il
cittadino immigrato ha una stabilità economica e lavorativa di base e i documenti per l’apertura del
conto. L’avvio della relazione con la banca avviene solitamente dopo i primi cinque anni di
permanenza nel Paese di accoglienza. Il rapporto con la banca attraverso l’apertura di un conto
corrente rappresenta spesso un’opportunità per l’accesso ad ulteriori servizi, in primis il credito.
Oggi si assiste anche ad una crescente diffusione di diversity banking: con essa si definiscono
prodotti e servizi finanziari che guardano alle diverse comunità etniche. L’accesso al credito è
considerato un elemento chiave nel processo di inclusione finanziaria.
Dalle analisi condotte dal CeSPI emerge un dato di particolare interesse: sono aumentati i redditi
per l’acquisto di un’abitazione intestati a correntisti immigrati. Tale dato conferma che esiste una
domanda crescente di stabilizzazione in Italia da parte dei cittadini immigrati. Questa è tipicamente
associabile all’acquisto di un’abitazione e ad un investimento (immobili, piccole attività
commerciali) di lungo periodo. Resta comunque il fatto che le molte famiglie straniere vivono in
affitto in abitazioni di medio-piccole dimensioni e spendono in canone di locazione oltre un quarto
del proprio reddito disponibile.
Per quanto riguarda i consumi, il comportamento delle famiglie straniere non si differenzia di molto
rispetto a quello delle famiglie italiane. La quasi totalità dei consumi è destinata a spese per beni
non durevoli, il rimanente per la spesa di beni durevoli.
Le famiglie straniere mediamente spendono leggermente di meno di quanto guadagnano, e ciò
permette di calcolare una propensione al consumo che è pari al 96,6 per cento, quando per le
famiglie italiane la quota si aggira attorno al 76 per cento.
Anche il dato relativo al credito al consumo assume una valenza particolare in relazione ai temi
dell’inclusione sociale e finanziaria in quanto contribuisce a svolgere una funzione determinante nel
processo di acquisizione di beni necessari al processo di stabilizzazione e integrazione, come
l’acquisto di beni di consumo o beni durevoli, la riduzione della vulnerabilità economica e sociale e
lo sviluppo di una progettualità futura attraverso la disponibilità temporanea di fondi ad
integrazione del proprio livello di disponibilità finanziarie.
Dai dati del rapporto del fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi emerge che per
i cittadini immigrati, una volta coperte le spese primarie e sottratte le risorse destinate all’invio del
denaro nel paese di origine, i margini di risparmio siano piuttosto ridotti. Si registra, così, una diffusa
difficoltà nell’accumulare risparmio e, tale difficoltà sarebbe riconducibile a un ridotto livello di
reddito, piuttosto che all’assenza di cultura del risparmio.
Una strategia che molti cercano di seguire è quella di accantonare risorse in Italia al fine di
accumulare risparmio e/o investire nel Paese di origine acquistando, ad esempio, un’ abitazione. La
forma più diffusa di risparmio è rappresentata dall’acquisto di un’abitazione nel paese di origine.
Solo raramente i migranti decidono di depositare i loro risparmi nel Paese di origine.
Inoltre, è interessante notare come la pandemia abbia fatto crescere le rimesse dei cittadini
immigrati in Italia. Si ritiene che questo aumento delle rimesse sia stato dettato sia da un
atteggiamento prudenziale e sia da un possibile progetto di rientro nel paese di origine.

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Quest’ultima scelta può anche essere semplicemente prudenziale e temporanea in attesa di
comprendere l’andamento della pandemia.
La rimessa è quindi destinata ad una pluralità di funzioni di cui il consumo è solo una delle tante
componenti. Le rimesse possono anche avere un ruolo di investimento che tende a crescere con
l’evolversi del processo di integrazione nel paese di accoglienza, quando si accresce l’autonomia
economica e finanziaria e si riducono i bisogni immediati per l’inserimento nel paese ospitante.
Le statistiche ufficiali però non riescono a rilevare quei camuffamenti delle rimesse che in realtà
sono a copertura di transazioni commerciali, trasferimenti artificiosi di profitti nonché forme di
finanziamento di operazioni illecite.
Una metodologia di Banca Mondiale, messa in atto per ovviare a questa problematica, propone di
stimare tutti i flussi delle rimesse formali ponderandole al divario economico e al peso della
comunità nel Paese d’arrivo in termini di contribuzione al PIL nazionale. La metodologia però non
può tenere conto delle rimesse informali le quali, per loro natura, sfuggono alle rilevazioni. Queste,
d’altra parte, possono essere utilizzate per pagare debiti e obbligazioni che possono non riguardare
propriamente il sostegno ai consumi al nucleo familiare rimasto nel Paese di origine.
Le statistiche sulle rimesse possono riferirsi esclusivamente ai flussi degli intermediari ufficiali
(istituti bancari e postali, money transfer registrati ed autorizzati) e quindi non considerano i
trasferimenti effettuati tramite circuiti informali. A ciò si aggiungano anche il volume cospicuo di
quei trasferimenti che avvengono senza intermediari e tramite contante al seguito del viaggiatore.
Questi flussi sono stimati tra il 10 e il 30 per cento del totale dei trasferimenti e sono diffusi laddove
la distanza tra i Paesi è ridotta. Rispetto allo scenario attuale colpito dalla recessione innescata dalla
pandemia da Covid, si stima che le rimesse si ridurranno da 554 miliardi di dollari a 445. A subirne
le conseguenze saranno primariamente le famiglie residenti nei cosiddetti Sud del mondo. Di
conseguenza il calo delle rimesse colpirà le economie locali e nazionali che si giovano delle rimesse
per coprire in parte le debolezze dei fattori produttivi locali e che sono già in grande difficoltà a
causa del crollo delle materie prime, della sospensione del flusso turistico.
In un sistema informale di trasferimento di valore (IVTS) si agevola il passaggio di disponibilità di
fondi tra soggetti residenti in differenti contesti geografici ma appartenenti alla stessa rete
relazionale. Tramite questo meccanismo si rende immediatamente disponibile al soggetto
beneficiario il valore equivalente alla somma che il soggetto trasferente intende spedirgli. I
trasferimenti così connotati escludono il sistema bancario convenzionale e si servono di istituzioni
finanziarie non tradizionali e legali, nonché di altre istituzioni commerciali che pur non avendo come
attività principale la trasmissione di denaro, fanno parte della medesima rete di scambio. I sistemi
di questo tipo sono ampiamente diffusi, socialmente riconosciuti ed apprezzati e, attraverso una
fitta rete di mediatori ed utilizzatori, si sostituiscono alle pratiche bancarie tradizionali.

SISTEMA HAWALA
Hawāla è uno degli IVTS più antichi. Ampiamente diffuso in Asia meridionale, Medio Oriente, Corno
e Nord d’Africa, questo meccanismo finanziario di matrice islamica, era già presente nel Medioevo.
Tramite Hawāla si movimentano ingenti somme di denaro senza la necessità di note contabili.
Fiducia reciproca tra broker e clienti che intervengono nella transazione riducono i rischi di
opportunismo e quindi comportamenti sleali (es. il furto dei fondi) tra gli attori e rendono Hawāla

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efficiente e, pertanto, alternativo al sistema bancario ufficiale. Il trasferimento dei fondi, al netto di
una ridotta commissione, avviene senza tassi ufficiali di cambio. Come evidenzia la Guardia di
Finanza, tra i broker non avviene alcuna movimentazione poiché lo schema di pagamento informale
si regge sul pilastro fiduciario e su successivi contro-bilanciamenti delle movimentazioni monetarie.
Come funziona?
Precisamente accade che l’ḥawāladar che riceve il denaro dall’immigrato che intende trasferirlo,
trattiene la commissione concordata e contatta il suo omologo nel paese di destinazione. A questo
broker viene successivamente dato l’ordine di pagare la somma al rispettivo beneficiario. Costui,
utilizzando un codice alfanumerico, deve confermare la sua identità per ottenere l’accredito. La
compensazione finanziaria tra i due intermediari avviene però senza flussi monetari immediati ma
per mezzo di successive operazioni commerciali, fatturazioni o altre operazioni che bilanciano i flussi
in entrata ed uscita.
La maggior parte delle organizzazioni che gestivano le rimesse informali, secondo un’analisi della
guardia di finanza, erano sostanzialmente legate al traffico di migranti e ad organizzazioni
terroristiche.
Velocità, praticità, versatilità e potenziale anonimato sono sostanzialmente le più importanti
caratteristiche che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, giustificano l’uso degli IVTS come
l’Hawāla. Questi sistemi vengono preferiti perché la loro legittimazione si basa sui legami fiduciari
e di solidarietà tra migranti che vivono la medesima condizione e che subiscono il peso di barriere
linguistiche e analfabetismo generale e non possono quindi affidarsi ai sistemi formali. D’altronde,
questi ultimi risultano essere, nonostante i progressi tecnologici, meno efficienti nel colmare la
distanza necessaria al trasferimento della rimessa dal luogo dove il lavoratore immigrato risiede alle
regioni o villaggi rurali di destinazione, anche se Hawāla non è un sistema finanziario universale.
Il Financial Action Task Force del G7 inquadra questa pratica finanziaria e quelle ad essa simili in un
unico gruppo classificato come Hawāla and other similar service providers (hossp). Questo consta di
3 tipologie: tradizionali puri (legittimi); ibridi tradizionali (spesso inconsapevoli); criminali (complici).
Ad ognuna di queste corrispondono gradi diversi di rischio di riciclaggio e rischio di finanziamento a
terrorismo e criminalità. Gli hossp “tradizionali puri” sono a carattere tribale e popolare nonché
caratterizzate da legami di tipo familiare. Vengono utilizzati per trasferimenti legittimi di fondi
laddove v’è soprattutto marcata esclusione finanziaria. Gli hossp “ibridi tradizionali” pur
caratterizzandosi da un uso relativamente legittimo sono spesso usati inconsapevolmente per
trasferimenti illegittimi di fondi. Infine Gli “hossp criminali” sono strutturati specificamente a fini
delinquenziali se non addirittura terroristici.

Esempio Professore: Nel paese A, ipotizziamo l’Italia, il mittente, anche in questo caso ipotizziamo
un Tamil, deve spedire dei soldi al paese B, ovvero alla moglie. Il mittente dà il contante all’agente
hawala (Hawaladar A). Hawaladar A da alla controparte del paese B quanto denaro è stato ricevuto.
Come è possibile questo scambio? Il mittente passa un codice al destinatario (un codice
alfanumerico, deve confermare la sua identità per ottenere l’accredito) , dicendo quanto cash è
stato consegnato. Il destinatario dà il codice a Hawaladar B che gli consegna il contante, meno la
tassa, che sarebbe il prezzo della sua operazione di intermediazione.

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Com’è possibile che il denaro fisicamente si sposti dall’Italia all’India? E come è possibile che arrivi
in zone cosi lontane quando la relazione tra mogli e marito fisicamente non c’è, perché il denaro
non viaggia nel mondo. Ciò è possibile perché tra Hawaladar A e Hawaladar b c’è una relazione
economico-finanziaria.

Sistema Black Market Peso colombiano → DECISAMNETE ILLEGALE è un sistema di riciclaggio,


implementato dai cartelli colombiani.
Come funziona? Il cartello colombiano vende droga al mercato statunitense per dollari USA. Per
riciclare i dollari USA il cartello contatta un intermediario chiamato Peso broker. Il Peso broker
prende i dollari statunitensi del cartello e li colloca nel sistema finanziario statunitense, ad es.
attraverso depositi strutturati nelle banche. Il Peso broker identifica un esportatore statunitense
che spedisce merci in Colombia e un importante colombiano che acquista quelle merci. Il Peso
broker organizza il pagamento in dollari all’esportatore statunitense per merci spedite in Colombia.
Le merci sono spedite all’importatore colombiano, che vende le merci per pesos e rimborsa il Peso
broker, che poi paga il cartello in pesos. Il cartello colombiano reinveste parte dei proventi per
produrre e distribuire narcotici sul mercato statunitense. Tutto questo avviene senza che ci siano
dei bonifici diretti che pagano la fornitura di quintali di cocaina, soprattutto, questo si chiama Black
Martket Peso. È illegale, non etico ma funziona perfettamente.

CRYPTO ATTIVITÀ → dette anche “valute virtuali” sono “una rappresentazione di valore digitale che
non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente
legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è
accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita,
memorizzata e scambiata elettronicamente”.
BITCOIN
Il termine Bitcoin ha un duplice significato. Con la B maiuscola indica l’algoritmo tramite cui network
di computer dialogano reciprocamente (peer-to-peer). Con la b minuscola rappresenta la moneta
utilizzata online in specifiche transazioni (non è moneta legale di stato). Il bitcoin-moneta non
necessità di intermediari finanziari poiché è validata dalla tecnologia stessa. Questa versione di
“denaro elettronico” svincolato dal controllo di un’Autorità centrale è stato creato nel 2008 al fine
di trasmettere denaro da un soggetto all’altro senza l’intercessione di soggetti terzi. Il valore di
questo tipo di denaro, pertanto, è basato solo dall’incrocio tra domanda ed offerta dello stesso.

Tecnologia blockchain
Il progetto tecnologico è open-source e si regge su un database distribuito tra i singoli nodi della
rete detto “blockchain”. Tramite questa rete viene tenuta traccia criptata delle transazioni, e viene
generata e gestita la moneta digitale. Il sistema cosi costruito garantisce, in linea di principio,
trasparenza, affidabilità, immutabilità e incorruttibilità delle informazioni.
Ciò perché per ogni transazione è necessario che avvenga una validazione da parte dei blocchi che
sono a loro volta archivio di tutto lo storico delle transazioni. Ogni modifica, infatti, deve essere
approvata da tutta la rete dei nodi (i nodi sono di due tipi: “nodi-miners”, che investono ingenti
somme in computer dedicati e in consumo di elettricità per risolvere particolari algoritmi creati dal

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protocollo blockchain. Il loro incentivo primario è la possibile vincita di bitcoin a un prezzo di
mercato sufficiente a coprire i costi – assieme a una modesta commissione pagata dagli utenti – e a
garantire un margine di profitto positivo; “nodi non-miners”, che hanno il compito di validare e
registrare sulla blockchain le transazioni mandate in rete in attesa di una verifica).
Le transazioni si basano su una tecnologia P2P (peer-to-peer) e quindi sul trasferimento di
“moneta” da utente ad utente senza l’intervento di soggetti terzi (mettono direttamente in contatto
la domanda e l’offerta in modo anonimo).
Esistono tre tipi di DLT (distributed ledger technology):
- protocolli DLT “pubblici” (o permissionless) a gestione interamente decentrata su internet,
attraverso l’azione di soggetti specializzati detti miners, come nella DLT di bitcoin;
- protocolli DLT “privati”, ove i “nodi” sono abilitati dal gestore del protocollo informatico
“permissioned” (questa classe di DLT può operare anche senza i miners);
- protocolli ibridi, caratterizzati da un sistema di validazione decentrata tramite “nodi” (non
tutti direttamente abilitati dal gestore), pur lasciando al soggetto che promuove il protocollo
pieno controllo dello stesso.

La moneta è accumulata su un portafoglio (wallet) online o installato localmente sul proprio device
(PC, smartphone,…).
Funzionamento della blockchain: L’utente che detiene bitcoin e voglia cederli a terzi, invia in rete
la richiesta di trasferirli dal proprio borsellino elettronico (wallet) a un altro utente con un analogo
dispositivo. In un sistema dei pagamenti tradizionale, la movimentazione dei fondi avviene tramite
una o più autorità centrali, da tutti ritenute affidabili (trusted). Nel sistema blockchain questo
risultato si ottiene attraverso un complesso meccanismo di consenso collettivo tra i possessori dei
computer (“nodi”) partecipanti. Ogni utente finale opera attraverso una coppia di chiavi
crittografiche: una “privata” (simile ad un PIN), che permette di utilizzare il wallet e, in particolare,
di dare istruzioni di accredito a favore di un altro utente; l’altra “pubblica” (simile ad un codice
IBAN), necessaria ai validatori per finalizzare la transazione immessa. Il processo di aggiornamento
della blockchain avviene attraverso i seguenti passaggi: 1) la richiesta di una nuova transazione viene
messa in rete dall’utente; 2) ciascun nodo raccoglie le richieste messe in rete e crea dei blocchi
(ciascun blocco con numerose transazioni da validare); 3) ciascun nodo cerca di risolvere il puzzle
crittografico per la “prova di lavoro” necessaria per vincere il bitcoin; 4) il nodo che risolve per primo
il puzzle crittografico mette in rete il blocco, rendendolo pubblico a tutti gli altri nodi; 5) i nodi
accettano il blocco solo se tutte le transazioni del blocco sono valide; 6) i nodi (a maggioranza)
esprimono il consenso creando un nuovo blocco e usando il codice del blocco precedente. Il
consenso si raggiunge solo quando il 51% della potenza di calcolo (CPU) dei nodi è d’accordo che la
soluzione proposta sia corretta.
Exchanges e wallet providers
Un exchange è una piattaforma che permette di scambiare cripto-attività con moneta tradizionale
o con altre cripto-attività a un determinato prezzo di mercato. I wallet providers sono società che
vendono applicazioni per conservare, trasferire e gestire le cripto-attività possedute. Poiché una
valuta virtuale consiste materialmente in una stringa di informazioni elettroniche (bits), per
detenerla o più propriamente per salvarla sul proprio dispositivo elettronico (private wallet) esiste

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la chiave crittografica privata, simile a un PIN, che ne permetta l’uso, quindi è necessario avere una
applicazione informatica, detta “virtual currency wallet application”.
I wallet possono anche essere salvati online (“hot storage”) oppure offline (“cold storage”). Nel
primo caso i borsellini elettronici sono gestiti e conservati per conto del cliente da società
specializzate (wallet providers o exchanges); nel secondo, sono salvati in remoto, ad esempio sul PC
o sullo smart phone dell’utente.
Per acquistare beni e servizi tramite una “valuta virtuale” è sufficiente mandare un messaggio dal
proprio smart phone al wallet indicato dall’esercente che possiede un’analoga applicazione. La
transazione si finalizza, in normali condizioni di mercato, in circa 10 minuti, ma in momenti di alta
volatilità può richiedere molte ore, a parità di commissione offerta. Una volta avvenuta la
transazione, i bit (che rappresentano il bitcoin) assumono idealmente una nuova posizione nella
blockchain e divengono utilizzabili dalla persona che li ha ricevuti. Il bitcoin resta pertanto “salvato”
su una procedura informatica pubblicamente disponibile su internet e, in quanto tale, non risiede
in nessuna giurisdizione. Ciò che rileva non è il luogo dove viene “salvato” il bitcoin, ma la possibilità
di usarlo.

Mining
Oltre ad essere acquistati o ad essere accettati come mezzo di pagamento i bitcoin possono essere
generati tramite il “mining” (da minare, minatore).
Il mining avviene con tre modalità:
1. Singolarmente tramite il proprio hardware quando questo ha una notevole potenza di
calcolo;
2. Collettivamente tramite un “mining-pool” (coordinano centinaia di miners operativi nei vari
paesi) di hardware condiviso;
3. Tramite un “cloud mining” quando l’hardware non è fisicamente vicino al soggetto ma
“noleggiato” online.
La nuova moneta immateriale generata è assegnata, tramite un meccanismo incentivante, agli
utenti che contribuiscono alla sicurezza della rete bitcoin.
Il mining è un’attività molto dispendiosa in termini energetici (consumo pari ad un paese come
l’Austria), perché necessita di hardware con grande potenza di calcolo e di attrezzate infrastrutture
di raffreddamento (essa richiede una quantità di energia 75 volte superiore al circuito VISA, a fronte
di un volume di transazioni molto più ridotto). Al fine di evitare comportamenti opportunistici, la
partecipazione al processo di validazione deve essere artificiosamente onerosa, e tale da rendere
più costoso un comportamento scorretto rispetto ad un comportamento corretto.
A causa di ciò la ricompensa sta passando dalla produzione alla transazione di questa moneta
digitale.

Bitcoin e sostenibilità
Elon Musk, a proposito di Tesla e di bitcoin, dice che la cryptocurrency pur essendo una buona idea
non è sostenibile, e quindi Tesla non avrà come riferimento l’acquisto di bitcoin. “Noi di Tesla stiamo
puntando ad una cryptocurrency che consumi <1%”. Quindi si può produrre con un impatto quasi
0.

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Lezione 10
Le difficoltà implementative dei bitcoin sono:
(lo status sociale è riconosciuto dall’accettabilità e dall’uso commerciale che ne viene fatto - c’era
un tempo in cui i bitcoin non erano molto accettati, oggi invece sono molto più diffusi e accettati).
- Il valore è altamente volatile, a meno che parliamo di stable coin che sono una particolare
tipologia di bitcoin. Per cui non possiamo utilizzarli come riserva di valore, come le
cosiddette monete fiat, quelle a corso legale, perché il loro valore è un rischio (il loro prezzo
è anche influenzato da news relative alla vita della valuta stessa, come per esempio attacchi
informatici, manipolazione del mercato o improvvisi cambiamenti delle aspettative);
- Non vi è un’istituzione che ne garantisce la validità (l’istituzione incentiva la fiducia, la
credibilità);
- L’accettabilità è ancora relativamente bassa
- Non ha una unità di conto relativo, quindi non ha un potere di acquisto stabile (nel senso
che non si può dire che tot bitcoin sono sempre tot euro)
- Il mining, in quanto impatta sull’ambiente.

A proposito della volatilità, guardando il valore al 1° ottobre di 1 bitcoin esso equivale a circa 38 mila
euro, inoltre il grafico mostra l’oscillazione che da più di 40 mila il valore è sceso a meno di 35 mila,
per poi gradualmente risalire e oscillare di nuovo, fino ad arrivare a 37 mila) → tutto questo è pane
per gli speculatori che riescono con queste grandi fluttuazioni a marginare tantissimo.
Oggi (9 novembre) a distanza di un mese, il valore dei bitcoin è di 58.606 euro. Ciò ovviamente è
interessante per chi ha grandi capitali o piccoli e vuole marginare quel poco che riesce. (A tal
proposito, abbiamo visto il sito Coin Market Cap guardando tutte le fluttuazioni).

Stable coin → sono delle criptovalute precise ai bitcoin quindi anche queste si basano sulla
tecnologia blockchain, questa volta però per risolvere il problema dell’esagerata volatilità dei
bitocoin - in quanto non si reggono con nessuna riserva di valore - queste invece hanno delle riserve,
vale a dire che possono o basarsi su oro, petrolio, beni reali (come grano). Il valore può reggersi sul
valore di beni, su altra valuta stabile oppure su altri bitcoin (un po’ più stabili e quindi meno volatili),
ciò per ridurre la volatilità, per favorirne la diffusione e quindi un maggiore utilizzo.
I metodi di emissione sono:
-a fronte di una moneta Fiat, tipo il dollaro. Questo meccanismo è applicato da Teter, ci vuole un
custode della moneta depositata, un revisore e così si garantisce che c’è una moneta fiat (si chiama
così proprio perché è stabile, quindi è una sorta di ibrido tra moneta tradizionale e digitale cripto).
-a fronte di un'altra criptovaluta ma in questo caso devono essere sovra garantite per ridurre la
volatilità legata a quella cripto valuta che è una criptovaluta (il rapporto deve essere 1 a 2).
Quindi il massimo della garanzia è quando è agganciata ad una moneta stabile (riconosciuta, di conio
ufficiale) in quanto su questa le fluttuazioni non ci sono. Se mi aggancio ad una criptovaluta, anche
se stabile, è sempre una criptovaluta quindi devo avere una garanzia di stabilità ulteriore.
-oppure si emettono senza garanzia sulla base della fiducia e il loro valore fluttua in funzione della
domanda e dell’offerta della moneta (questa è quella più simile ai bitcoin tradizionali, si da come
punto di forza la rete di scambio).

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Inoltre, si può speculare di meno perché è un po’ come se comprassimo obbligazioni e non
comprassimo azioni (la sicurezza costa e il rischio viene pagato – più rischio, più instabilità, più
possibilità di fluttuazione, più possibilità di margine o di perdita. Più sicurezza, meno fluttuazioni,
meno rischio, meno possibilità di guadagno).

La difficile tracciabilità degli utenti si presta all’utilizzo delle “cripto-attività” per diverse tipologie di
crimini, anche a livello transnazionale. In particolare:

- cyber-attack per estorsioni: si tratta di attacchi informatici associati alla richiesta di “valute
virtuali” per decriptare dati dei soggetti colpiti (spesso istituzioni, banche, università, ecc.).
- riciclaggio di denaro: si tratta di conversione di denaro di provenienza illecita in “valute
virtuali” e la vendita di merce di provenienza illecita in cambio di “valute virtuali”
eventualmente create da miners compiacenti. Ciò può avvenire senza passare attraverso un
exchange centralizzato;
- furti o truffe: attacchi informatici che possono fare perdere le chiavi crittografiche private
che permettono di utilizzare le “valute virtuali” possedute. Nell’ambito delle truffe possono
essere ricondotte anche quelle forme di raccolta di fondi via internet.

BLACK MARKET E DARK WEB


Non tutti i bitcoin vengono utilizzati per operazioni non etiche però una buona parte si (si tratta di
black market e dark web).
Il web ha un suo spazio deep, a cui è possibile accedere solo tramite un protocollo e dei software
specifici (tipo Tor, protocollo onion) sempre con l’anonimato più assoluto e ciò che è oltre il web, la
cui sottoparte decisamente illegale, è la dark web (è quel luogo dove è possibile in totale anonimato
avere una sorta di attività digitale che molto spesso sfocia in operazioni illegali). Nel dark web
esistono i dark market, come se fossero i market place di facebook o i subito.it, dove è possibile
acquistare di tutto e di più (es. il vaccino per il covid, su una piattaforma dark web era in vendita il
Pfzer a 500 dollari pagabile in bitcoin in quanto necessitano di un pagamento non tracciabile, oppure
commissionare omicidi, acquistare armi, comprare organi ecc).
Secondo una ricerca del professore, rispetto alla Romania è emerso come sia ampiamente diffuso il
traffico di organi di bambini che vengono censiti e catalogati per oltre alle caratteristiche fisiche,
anche in base al gruppo sanguigno o alle caratteristiche genetiche dei genitori ecc.
Come nel caso dei greenpass falsi pagati con i bitcoin, quindi il problema non è la tecnologia ma
l’uso che se ne fa di essa. Il tema di fondo è l’assenza di un soggetto regolatore perché il mercato se
lasciato a se stesso, con il mito della mano invisibile, non regge (ancora una volta abbiamo la
testimonianza che il mito di Smith non esiste).
(Altre notizie invece sono: il nuovo sindaco di New York vuole essere pagato in bitcoin; El Salvator
è il primo paese dove i bitcoin sono moneta legale, il presidente Bukele ne ha comprati per 21 milioni
di dollari).

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La nuova frontiera legata alle criptovalute → le FAN TOKEN (riguarda lo sport in genere, soprattutto
nel calcio): Milan, Roma, Inter, Lazio, Juventus e Atalanta hanno tutte come sponsor criptovalute e
bitcoin (main sponsor). Sta accadendo che tantissime operazioni guardano ai tifosi non più come
tifosi e basta, ma come investitori che a mezzo del proprio denaro possono sostenere
costantemente l’attività della società, infatti si parla di fan token. I calciatori, i presidenti, gli
allenatori ecc sono sostenute con questo principio: il tifoso è un investitore che a mezzo di
criptovalute può, ogni giorno, sostenere la squadra comprando e investendo in criptovalute marcate
Milan, Juventus ecc. È la nuova frontiera quella di considerare un tifoso come
investitore/finanziatore, al quale io chiedo di sostenere la squadra non solo romanticamente ma dal
punto di vista economico – finanziario.
Chi compra un token di milan, oltre ad essere sostenitore romantico e appassionato sportivamente,
si sente quota parte e un autentico investitore ed è spronato ancora di più a sostenere la propria
squadra. Il tema è… “quanti che investono nell’inter sono interisti e così via?”
Dobbiamo dare importanza e considerare la finanza come forma di consumo, un investimento che
è consumo cioè scegliere razionalmente un tipo di acquisto che mi generi una risposta, una
gratificazione e un ritorno anche economico. Quindi considerare l’investitore finanziario sportivo
tifoso, come un soggetto che è fermamente convinto che scegliere un determinato colore (del
milan, inter ecc) è qualcosa che va oltre il tema romantico, ma conviene investire in queste squadre?
Prima del fan token invece avevamo l’azionariato popolare: esistono grandi squadre come per
esempio il barcellona, che si reggevano e si reggono sull’importanza che i tifosi acquistino azioni
della squadra e con queste si finanziano le attività (come per le spa). La nuova frontiera sono i fan
token che è molto più veloce come sistema, perché mentre le azioni le posso acquistare solo in
determinati periodi dell’anno, mentre i token possono essere comprati costantemente.
Esistono dei giocatori che chiedono di essere pagati anche in bitcoin, anche tennisti, piloti di formula
1 ecc.

Lezione 11 LA FINANZA ETICA


Cos’è l’etica in ambito economico-finanziario dalla prospettiva del consumatore e dell’investitore
Definizione treccani generale: è il comportamento pratico dell’uomo in quanto intenda indicare
quali sia il vero bene e quali i mezzi atti a conseguirlo, quali siano i doveri morali verso sé stessi e
verso gli altri. → Questa definizione mette insieme tante questioni riguardo l’etica:
1. L’etica non è sospesa nell’iperuranio del possibile, quindi non è vero che dobbiamo
comportarci così perché è giusto così. L’etica è un comportamento pratico, quotidiano che
emerge dalla relazione tra noi e gli altri.
2. A proposito del vero bene sono necessari dei mezzi per raggiungerlo. I mezzi atti a
conseguire il bene, oggi, si traducono in un termine nonché la SOSTENIBILITA’, infatti l’etica
deve essere sostenibile e praticabile, altrimenti rimane un’idea.
3. I doveri morali (ciò che è giusto fare) devono riguardare noi stessi in rapporto agli altri.

Tante volte intendiamo l’etica come morale, ma la differenza è che la morale riguarda un
condizionamento interno che può rimanere interno mentre l’etica ha un richiamo più pratico e
meno generico più immediato.

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Weber dice che l’etica protestante è lo spirito del capitalismo, ovvero quell’etica pratica
dell’imprenditore che si impegna in qualsiasi condizione.
La dimensione etica è molto importante per gli economisti poiché bisogna essere pratici, ma con un
chiaro riferimento a ciò che è giusto.

Quanti tipi di etica ci sono? Tantissimi ma oggi ne studieremo tre.


1)C’è un’etica che insiste sugli effetti generati dall’azione nonché l’etica teleologica cioè riguarda
specificamente l’azione, la domanda è “C’è coerenza tra fine prefissato e risultato ottenuto?”. Si
dice teleologica perché è un’etica che cerca di coniugare il bene con il risultato ottenuto, anche se
non ci riesce. È un’etica relativa che va ad analizzare la non corrispondenza tra fine prefissato e
risultato ottenuto.
2)L’altra etica nonché quella deontologica è quell’etica che insiste su “ma cosa è giusto? Ci sono dei
principi superiori che devono prevalere?”. È un’etica che si interroga ed è orientata allo scopo.
3) infine abbiamo un’etica dialogica la quale immischia le due etiche precedentemente analizzate,
quindi tra “c’è coerenza tra fine e risultato? Stiamo giungendo ad un bene che riguarda tutti?” Se sì
allora siamo sulla strada giusta, se la risposta è no non è ancora etica.
Un’etica dialogica è quella che dice di utilizzare le risorse che abbiamo a disposizione e soprattutto
in un’ottica sostenibile.
La finanza etica deve essere un’etica dialogica (teleologica + deontologica) poiché altrimenti
avremo una finanza contabile e non può essere cosi. Quindi deve avere una coerenza forte tra fine
e risultato ottenuto ed in più deve puntare ad un bene che riguarda tutti e non semplicemente
alcuni. È un’etica tormentata poiché significa mettersi in discussione, essere dialettici, adattarsi agli
stimoli che arrivano.

AGIRE ORIENTATO IN SENSO ETICO → AGIRE IN SENSO ECONOMICO-FINANZIARIO


Marx Weber fa la differenza tra etica dei principi e etica della responsabilità, prendendo in
riferimento il cristiano e afferma: “Dobbiamo renderci chiaramente conto che ogni agire orientato
in senso etico può essere ricondotto a due massime fondamentalmente l’uno dell’altra e
inconciliabilmente opposte: può cioè orientarsi nel senso di un'etica dei principi oppure di un ‘etica
di responsabilità. Ciò non significa che l'etica dei principi coincida con la mancanza di responsabilità
e l'etica della responsabilità con una mancanza di principi. Non si tratta ovviamente di questo. Vi è
altresí un contrasto radicale tra l'agire secondo la massima dell'etica dei principi, la quale, formulata
in termini religiosi (in termini economici), recita: «Il cristiano (L’AGENTE ECONOMICO-FINANZIARIO)
agisce da giusto e rimette l'esito del suo agire nelle mani di Dio (MERCATO)», oppure secondo la
massima dell'etica della responsabilità secondo la quale si deve rispondere alle conseguenze
prevedibili del proprio agire. Ad esempio: a un sindacalista convinto che agisca in base all’etica dei
principi voi potrete mostrare in modo assai persuasivo che in conseguenza del suo agire
aumenteranno le possibilità della reazione, crescerà l'oppressione della sua classe, verrà rallentata
la sua ascesa: ciò non farà su di lui alcuna impressione, perché nel sindacalista ciò che conta è il
principio quindi stare nella parte del giusto. Se le conseguenze di un'azione derivante da un puro
principio sono cattive, a suo giudizio ne e responsabile non colui che agisce, bensì il mondo, la
stupidità di altri uomini, o la volontà del dio che li ha creati tali. (Io se sono animato solamente

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dall’etica dei principi farò parte di un mondo che forse non è nemmeno il mondo che io ho creato,
quindi mi associo e vado avanti). Colui che invece agisce secondo l'etica della responsabilità tiene
conto, per l'appunto, di quei difetti propri della media degli uomini. (Agisce dicendo sarebbe giusto
fare così però in questo momento non è possibile quindi farò in un altro modo, ma a poco a poco
raggiungerò l’obiettivo iniziale.)
Quindi:
-l’etica dei principi: è un’etica bella, romantica ma probabilmente impraticabile nell’immediato.
-l’etica della responsabilità: praticabile, che non negozi più di tanto, e che faccia riferimento ai
mezzi.
La finanza etica che stiamo studiando non è ideale, tutti vorremmo un mondo senza mafia, senza
povertà, il punto è come ci arriviamo con gli strumenti a disposizione? Se non li abbiamo come li
costruiamo?
Il prisma weberiano sull’etica
-Etica della convinzione/o dei principi: richiama ai principi ritenuti giusti a prescindere delle
conseguenze. Ha un fortissimo contenuto ideale ma un bassissimo contenuto sostenibile. Es: il
religioso, il sindacalista (secondo Veber), invece noi aggiungiamo i mafiosi.
-Etica della responsabilità: richiama al rapporto mezzi a disposizione, fini da raggiungere e risultati
ottenibili. Es: l’imprenditore, ogni giorno incarna l’etica della responsabilità in quanto fa riferimento
ai mezzi indispensabili per raggiungere un determinato fine.

E l’investitore finanziario etico, il consulente finanziario etico, il banchiere etico che specifica etica
può o deve scegliere? → Sì l’ETICA DELLA RESPONSABILITA’. Ma oggi a che punto siamo? Loro non
possono guidarci verso un fine romantico, ma non praticabile. Ad esempio la carità (beneficenza)
può diventare un problema, perché se è l’unica forma di finanziamento si cristallizzano i rapporti di
potere.
La finanza etica è diventata matura, deve suggerire strumenti che non danneggino l’investitore, non
danneggino l’ambiente, la comunità la banca ecc..
Il credito è un diritto (infatti tutti ne abbiamo diritto) e la gestione di esso è un dovere, poiché
gestiscono il denaro di altre persone. Anche se gli standard sono troppo alti e molti non riescono ad
accederci.

L’ETICA FINANZIARIA E LA FUNZIONE SOCIALE DELLA FINANZA


La finanza ha una funzione sociale, così come l’economia. L’impresa ha una funzione sociale
imprescindibile, poiché genera ricchezza, e lo si fa a mezzo di strumenti (finanza). La funzione sociale
fondamentale del sistema finanziario è quella di dotare di capitale (investimento e credito) sia le
iniziative produttive e commerciali sia i singoli cittadini. Un buon sistema finanziario è quello capace
di mobilitare le eccedenze (risparmio, liquidità, eccedenze di liquidità) in modo efficace
(orientandole verso iniziative redditizie e di rischio controllato). Il sistema finanziario ha bisogno di
etica perché le iniziative devono essere indirizzate verso il bene di tutti. Una buona finanza ottimizza
l’uso delle eccedenze in maniera efficiente (a costi ridotti) e in modo controllato e regolamentato
(dalle varie autorità di regolamentazione e dai meccanismi propri del mercato).

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La finanza si regge su uno Stato regolatore cioè agisce per garantire quanto più possibile gli interessi
di tutti.
L’allontanarsi da questi propositi può causare situazioni, purtroppo frequenti di recente, ove
l’impressionante crescita della sfera speculativa, con un’attività finanziaria che si trasforma in
un’attività di vendita e rivendita di denaro nelle sue diverse forme, sottrae risorse all’economia reale
e, perciò, alla sua funzione sociale fondamentale.

Dilemma della presunta insufficienza della finanza “etica”


Come coniugare quindi:
-il diritto al credito, sancito dalla costituzione. Lo stato deve ridurre quanto più possibile le
condizioni che impediscono l’accesso al credito.
-l’obbligo etico al sostegno, siamo obbligati a sostenere gli altri. Non è vero che siamo homo homini
lupus, l’evoluzione della specie umana è stata possibile perché ha prevalso l’istinto della
cooperazione a discapito della competizione.
-la sostenibilità delle richieste di finanziamento, bisogna farsi guidare secondo l’etica della
responsabilità, quindi bisogna valorizzare i soggetti che danno e ricevono i crediti.
-il diritto alla redditività dei prestiti erogati, l’interesse significa mettere insieme e va considerato
come un diritto. È necessario identificare il quanto però.

Lezione 12
LA FINANZA ETICA (Ferri)
DEFINIZIONE, STORIA, PRINCIPI E LEGISLAZIONE
Cos’è la finanza etica?
Il termine finanza etica è relativamente recente e indica la necessità di attenzione etica nella qualità
del portafoglio crediti (come raccolgo il denaro con connotati etici) e nelle scelte di investimento
(come/dove investo denaro). Sostanzialmente un intermediario finanziario etico deve preoccuparsi
di due cose: 1)come lo raccolgo il denaro? Qual è la mia fonte? Chi sono i soggetti che mi danno
denaro? 2)Quel denaro che io ho raccolto, come devo investirlo? A chi lo do? La finanza etica deve
quindi coniugare queste due dimensioni (scegliere come raccogliere denaro e come investirlo).
La finanza etica a sua volta deve ovviamente escludere coloro i quali ad esempio non hanno
sensibilità ambientale, o chi dimostra di essere contro l’ambiente (comportamenti non etici).
La finanza è perciò chiaramente e costantemente connessa alle conseguenze sociali, ambientali e
culturali generate dalle attività finanziarie.
Per finanza etica è fondamentale inoltre anche il ruolo di pressing nei confronti delle istituzioni per
far si che le norme in vigore siano orientati verso la sostenibilità, verso la democrazia economica,
quindi si impegna costantemente a chiedere forti cambiamenti delle norme vigenti, stabilendo per
esse regole diverse rispetto a quelle da applicare agli intermediari della finanza globale sui mercati
finanziari internazionali. Quindi un intermediario finanziario etico deve quanto più possibile essere
attivo politicamente, civicamente; sostanzialmente la finanza etica non si accontenta di avere clienti
ma considerare essi prima che clienti, li considera dei cittadini attivi (azionariato attivo). Quando
apro un conto in una banca etica non vengo trattato allo stesso modo di un correntista di una banca
qualunque ma vengo considerato come SOCIO cioè divento correntista e in più vengo coinvolto in

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diverse iniziative soprattutto di natura sostenibile e per il bene dei cittadini come temi di democrazia
economica, mafia (inoltre le quote che io verso vengono anche utilizzati per aiutare anche
cooperative piccole etc).
La finanza etica è giovane, è un dominio che via via si esplora e si definisce.
Quindi possiamo certamente dire che la finanza etica….
1.Non ripudia la raccolta di denaro, non ripudia l’intermediazione ed il prestito di denaro perché si
pensa che si danno soldi in beneficienza ma non è cosi;
2.Riformula gli obiettivi ed i mezzi per ottenere la giusta remunerazione dell’investimento e quindi
il profitto (responsabilità). Se raccolgo denaro da parte di cittadini io devo essere RESPONSABILE di
quel denaro, non posso sperperarlo o investirlo senza pensarci;
3.Pone al centro la persona e non il capitale o comunque la remunerazione e la mera speculazione
che non possiamo considerare demoniaca perché è legittimo pensare alla remunerazione del
capitale. La finanza etica quindi pone al centro la persona, lo vediamo con la differenza tra società
di capitali e cooperativa la quale cooperazione ha l’obiettivo di far reperire ai soci beni e servizi
favorevoli rispetto a quelli sul mercato (principio dell’orizzontalità). Nella società di capitali si decide
a fine anno se dividere o meno gli utili mentre nella cooperativa al più si può decidere di trattenere
le quote a fine anno e destinarli ad acquisto macchinari, aprire nuove occupazioni. Questo esempio
mette al centro le persone, quindi si viene incontro ai bisogni del socio cooperativo, tutti ne
traggono beneficio ma non è beneficienza. Quando al centro c’è la persona c’è l’ambiente e quindi
il beneficio dell’intera comunità.

Tappe storiche della finanza etica


La finanza etica è un’esperienza recente ma ha delle tappe storiche:
-anni 20-30 sono gli anni del proibizionismo, nascono negli USA gli ethical funds cioè investimenti
effettuati con “criteri politici di esclusione” (analisi negativa) contro i “sin stocks” cioè “azioni del
peccato” e quindi avversi ai temi alcool, gioco d’azzardo, tabacco (temi negativi) etc. Quindi le prime
esperienze di finanza etica, le prime banche, i primi intermediari ragionavano solo con criteri di
esclusione negativa cioè scartavano tutti coloro i quali erano peccatori quali ad esempio operatori
commerciali che vendevano o producevano alcool, coloro i quali vendevano tabacco, etc tutto il
resto era praticabile, quindi il denaro si poteva raccogliere da tutti gli altri.
-anni 60-70 la questione etica negli investimenti si comincia ad estendere a temi che riguardano il
sociale perché negli anni 60 sono gli anni che succedono la seconda guerra mondiale che segnarono
i movimenti pacifisti, ambientalisti, femministi. È il momento in cui con la crescita economica
(industriale) fioriva anche la necessità di crescere socialmente tant’è che si affermarono tutti questi
movimenti. Sono anni in cui gli stati uniti erano presi nel fare la guerra del vietnam (68) che hanno
perso. È il momento in cui monta il tema dell’apartheid (nelson mandela), è il momento in cui il
mondo non ne poteva più delle guerra quindi cominciò ad emergere il tema che riguarda il diritto,
le donne etc.
-1976 il nobel per la pace Yunus fonda in Bangladesh la Grameen Bank di microcredito strutturato
(group lending).
-1977 la general moto propone la famosa triple botton line secondo cui l’impresa deve perseguire
tre obiettivi fondamentali → profitto, utilità sociale e sostenibilità ambientale.

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-1983 nasce la prima società EIRIS (Ethical Investimenti Research Services) come prima società di
analisi etica di titoli azionari.
-2000 nasce la definizione di analisi ESG (environmental, social and governance) come “analisi
positiva” di titoli.

PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI IN ITALIA


Art 111-bis Testo Unico Bancario (TUB) specificamente parla di finanza etica.
Dice che gli operatori di finanza etica e sostenibile:
a)valutano i finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo standard di rating etico
internazionalmente riconosciuti, con particolare attenzione all’impatto sociale e ambientale. La
finanza etica non è solo green cioè sostenibile ma incorpora anche il sociale;
b) danno evidenza pubblica, almeno annualmente, anche via web, dei finanziamenti erogati di cui
alla lettera a) tenuto conto delle vigenti normative a tutela della riservatezza dei dati personali;
c) devolvono almeno il 20% del proprio portafoglio di crediti a organizzazioni senza scopo di lucro o
a imprese sociali con personalità giuridica, come definite dalla normativa vigente;
d) non distribuiscono profitti e li reinvestono nella propria attività (es: cooperative dove si privilegia
la valorizzazione della persona e non la remunerazione del capitale seppur legittima);
e) adottano un sistema di governance e un modello organizzativo a forte orientamento democratico
e partecipativo, caratterizzato da un azionariato diffuso (società cooperativa in cui vige il principio
secondo cui ogni testa un solo voto, non è come la società di capitali in cui il voto è rilevante in base
alle quote partecipative);
f) adottano politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione
maggiore a quella media delle banche, il cui rapporto comunque non può superare il valore di 5 (il
delta che riguarda il top e il management non deve superare il 5 poiché vige quel principio della
mutualità/orizzontalità).

Problematiche ESG:
-ENVIRONMENTAL: strategia sul cambiamento climatico, biodiversità, efficienza idrica, efficienza
energetica, intensità di carbonio, ambientale, sistema di gestione;
-SOCIAL: pari opportunità, libertà di associazione, salute e sicurezza, diritti umani, clienti e
responsabilità del cliente e del prodotto, lavoro minorile;
-GOVERNANCE: etica aziendale, conformità, indipendenza del consiglio, compensazione dei
dirigenti, democrazia degli azionisti. Es: azienda che nel cda ha solo uomini e non donne.

Principi di investimento responsabile


1. Incorporare le problematiche ESG nell’analisi degli investimenti e nei processi decisionali,
quindi temi ambientali, sociali e governance devono essere costantemente messi al centro;
2. Essere azionisti attivi che incorporano i problemi ESG nelle proprie politiche e pratiche di scelte
azionarie (azionariato diffuso);
3. Cercare un’adeguata divulgazione su questioni ESG da parte delle entità in cui si investono
capitali;

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4. Promuovere l’accettazione e l’attuazione dei principi nel settore degli investimenti cioè cercare
sempre di promuovere e attuare la finanza etica anche nei confronti di coloro che non operano
eticamente;
5. Lavorare insieme per migliorare la propria efficacia nell’attuazione dei principi (un operatore
etico deve essere RESPONSABILE);
6. Riferire sulle proprie attività e sui progressi verso l’attuazione dei principi quindi rendere
sempre pubblica la propria attività.

Quindi possiamo dire che gli intermediari finanziari etici fanno:


LOBBYNG + ENGAGEMENT → AZIONARIATO ATTIVO

Lezione 13
Come si valuta l’impiego del denaro in finanza etica? Si valuta attraverso i seguenti principi:
Obiettivi strategici → privilegiare impieghi con ricadute sociali ed ambientali. Va bene sostenere le
imprese che hanno l’interesse a produrre qualsiasi tipo di bene e servizio, ma è meglio privilegiare
tutte coloro le quali hanno chiare le ricadute sociali e ambientali. Quindi a parità, le imprese che
hanno queste connotazioni sono privilegiate, rispetto a possibili finanziamenti al loro credito.
Trasparenza → valutare la correttezza formale e normativa nei contratti ma anche sulle
conseguenze sociali ed ambientali delle transazioni. Là dove si vedono formule strane o richiami
nebulosi evidentemente qualcosa non funziona bene, dunque bisogna indirizzare investimenti in
imprese che hanno nella loro condotta quanto più possibile la trasparenza. Questo è un tema che si
collega alla CSR (Responsabilità sociale d’impresa), es. rendicontazione sociale, bilanci sociali, ecc..
Quando una impresa comunica bene, oltre alla rendicontazione meramente contabile, anche
l’impatto sociale delle proprie attività tramite il bilancio sociale, ha un vantaggio competitivo su
altre imprese.
Mutualità → distribuire in modo equo i rischi e le opportunità tra creditori e debitori. Significa che
ci sia un patto, affinché se io posso ripagare un finanziamento lo faccio, se non posso perché è un
sovra-indebitamento non mi devono mettere nelle condizioni di contrarlo perché tanto pagherà
“pantalone”. Memori del disastro di Lehman Brothers ci si è accorti che non possono contrarre
debiti se non può mantenere l’impegno. Come si ha il diritto di avere il credito si ha anche il dovere
di ripagarlo e di onorarlo.
Accessibilità → favorire l’inclusione e l’accesso al credito rimuovendone le asimmetrie informative,
le barriere culturali, educative, economiche e di contesto. Ciò ci riporta alla Literacy finanziaria,
quando è bassa o è distorta, alla fine in che cosa si incorre? Nei bias. Meno so, più bassa è la mia
literacy più è probabile che si entra nel turbine della teoria dell’ancoraggio, ecc.. La comunicazione
d’impresa è un ambito importante, non basta informare è necessario comunicare e comunicare è
l’informazione che rende il soggetto destinatario pienamente consapevole. Es. i temi economico-
finanziari si apprendono meglio in un contesto informale, cioè a casa intorno ad un tavolo o
discutendo tra amici. Quindi in alcuni contesti, là dove si frequenta un liceo è probabile che si discuta
di temi legati a investimenti ed economia, invece, in altre fasce lo si fa meno.
Assetti proprietari → conoscere la coerenza etica (democraticità, equilibrio di genere, strutture di
controllo, sensibilità ambientale e sociale, …) della società che eroga il servizio finanziario. Coerenza

57
etica è rispettare il criterio di democraticità, equilibrio di genere, strutture di controllo, sensibilità
ambientale e sociale e ciò significa che la società (istituto finanziario) che deve erogare credito e che
fa lo screening ESG, deve rispettare ESG.
Perché banca etica risolve il problema della coerenza? Perché il cliente ancor prima di essere
correntista/utente della banca è socio.

Accenni sul Cooperativismo → una società per azioni non può avere lavoro volontario al pari di una
società cooperativa. Le ore di volontariato hanno un ritorno economico per una impresa? Certo, è
costo in meno sul lavoro. Come si quantificano le ore lavoro di un ordinario di politica economica
che si mette a disposizione, in pensione, per una cooperativa? Tutto il calcolo va nel bilancio sociale,
in cui si scrive il coinvolgimento ad es. di 100 volontari. La reportistica di una impresa sociale di per
sè deve avere un ampio spazio sul lato del bilancio sociale.

Strategie rispetto all’incertezza → rifiuto delle finalità speculative a favore del finanziamento del
credito per l’economia reale. Questo, ancora una volta ha avuto conferma dallo Shock sui mutui
subprime, in cui si finanziava denaro-denaro (D1-D2).

Finanza tradizionale vs. Finanza Etica


La finanza etica è una finanza altamente competitiva, tanto che in molti aspetti supera la finanza
tradizionale. Perché?
1. Reputazione e pricing, che comportamento la capacità di poter operare anche in condizioni
diverse da quelle del mercato. La finanza etica riesce ad entrare là dove le imprese tradizionali
non entrano. Es. la finanza etica va a sostenere tutte quelle forme di credito di zone remote del
mondo che la finanza tradizionale ignora. Se un istituto finanziario etico finanzia, con
l’esperienza del micro-credito pochi denari, una piccola impresa e la fa sua correntista, questo
l’istituto finanzia una operazione che può avere tra qual anno un ritorno importante. Es. prestito
di 1.000 dollari in un villaggio del Bangladesh ad un giovane, il quale dopo qualche anno con i
suoi prodotti riesce a sfondare il mercato su un determinato ambito. Il debitore che ha avuto il
credito di 1.000 dollari, che poi sarà correntisti, cosa farà? Genererà un indotto che farà
riferimento a quella banca che ha dato il prestito al giovane. Quindi, ci saranno altri correntisti
che chiederanno altri prestiti perché dovranno navigare su quel mercato che hanno generato
loro.
In Sicilia, innumerevoli esperienze d’impresa sono state possibili a mezzo del credito etico. La
conferenza dei vescovi ogni anno destina parte dell’8 per mille ad un progetto che prende il
nome di “Policoro”, è un progetto di sostegno di start-up giovanili che vengono tutorate da un
gruppo tecnico che fa riferimento alla diocesi specifica di quel posto. Ci sono diverse esperienze
palermitane, tra cui: “Terra da mare”, “Addio pizzo travel”, “Il giusto di viaggiare”, ecc..
2. Stabilità delle relazioni con la clientela e i soci;
3. Riduzione del rischio mediante le garanzie relazionali. Il credito viene erogato perché si ha la
sicurezza che verrà onorato.

58
4. Potenzialità di crescita del mercato della finanza etica: processi partecipativi e promozione
culturale. Biggeri, “Il valore dei soldi non è nei soldi: è nelle persone che li usano, nelle relazioni
che favoriscono, nel bene comune che creano”.

La vulgata vorrebbe che la finanza etica non è competitiva ed è sostanzialmente residuale, rispetto
alla finanza tradizionale. Così non è affatto, tanto che dal report che viene annualmente rilasciato
(siamo arrivati al 4 rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa) emerge che:
a proposito dei crediti a disposizione di istituti che possono essere considerati di finanza etica → i
crediti calcolati come percentuale del totale dell’attivo, mentre le banche tradizionali hanno appena
il 38,7%, la cifra cresce per le banche puramente etiche e green (76,4 %) quindi che fanno
riferimento al tema della sostenibilità. Si può osservare come le banche etiche sono decisamente
competitive, perché avere credito e gestirlo è il perno portante di un istituto finanziario; mentre gli
istituti tradizionali arrancano, le banche etiche raggiungono il doppio in percentuale. → Perché i
crediti sono maggiori nelle banche etiche e minori in quelle tradizionali? I crediti erogati da queste
sono maggiori, perché i criteri per erogare il credito sono più elastici, cioè si eroga credito a quei
soggetti che per le banche tradizionali non sono bancabili.
Altro indicatore sono i depositi, calcolati come percentuale del passivo, mentre le banche
tradizionali hanno il 40,8%, le banche di credito cooperativo il 52,8%, le banche etiche e sostenibili
il 73,2%. Anche questo è un indicatore importante, depositi significa denaro depositato da clienti
(soci) che decidono di destinare la propria fetta di stipendi/patrimonio a deposito di queste forme
di finanza. Come possiamo leggere questa differenza abissale? La parola chiave è la FIDUCIA, perché
la finanza etica dato che fanno riferimento a criteri ESG ti garantiscono che il tuo denaro non va a
finire in fondi di speculazione strani.
Anche se siamo in una fase in cui tutte le banche scoppiano di denaro, durante la pandemia i depositi
sono riesplosi, perché al di là di non poter consumare fisicamente si è aggiunta anche la paura.
(BANCA ETICA è in assoluto in Italia, Spagna e altri contesti, quella che più precisamente ricalca il
modello delle banche etiche dove non sei cliente ma sei cittadino che vuole con il proprio denaro
contribuire allo sviluppo del territorio– a Palermo c’è una filiale in via Catania. La banca etica nasce
come banca popolare, quindi che fa parte del credito cooperativo poi diventa puramente etica.)
Un altro indicatore ancora è il Patrimonio netto, calcolato come percentuale del totale passivo: qui
le banche tradizionali salgono un pochettino rispetto alla classifica, le banche di credito cooperativo
invece scendono un poco, invece le banche etiche sono ancora al primo posto con il 10,5% che ci
dice della performance importante → I valori delle banche etiche sono più alti perché sono più
solide tendenzialmente, perché riescono a sviluppare la propria attività senza intaccare il patrimonio
netto, ciò perché i soci restituiscono puntualmente quello che devono. A parità è molto più
probabile che il mutuo venga onorato in un istituto di tipo etico, perché c’è una cintura di sicurezza
fatta dalla comunità locale che subentra nel caso in cui non viene pagata una rata, per esempio.
Un altro indicatore potrebbero essere le riserve (che si trovano dentro in PN) questo perché l’utile
non si può distribuire ai soci ma si accantona e si mette a riserva, nelle cooperative.
Altri indicatori:

59
i tassi di crescita →(i dati fanno riferimento alla pre pandemia) in 5 anni crescita di banca etica e
sostenibili, è dell’8,90 %, delle banche tradizionali (europee) appena dello 0,82%. Inoltre, ci sono più
correntisti e più strumenti utilizzati a favore di imprese e famiglie.
I prestiti → mentre le banche etiche hanno erogato il 10,18%, le banche europee 1,44% (se
guardiamo ai 10 anni – 2009 al 2019 – addirittura scende a 0,63% il valore delle banche europee).
I depositi → le banche etiche 9,46% (10,84 nei 10 anni) e banche europee 3,18%.
In questi ultimi 10 anni dal 2009 al 2019, le banche non etiche hanno fatto speculazione, spostandosi
ancora di più al modello originate to distribute (raccolto denaro e lo investo cercando di avere
profitto da quel denaro). Sicuramente le banche etiche fanno parte del modello originate to hold
nonostante il profitto non sia disdegnato anche se indirizzato verso fini giusti.

Lezione 14
Microcredito → è una parte della finanza etica ed è un’esperienza nata nei paesi in via di sviluppo
(soprattutto Bangladesh, India, Pakistan) e ha funzionato e continua a funzionare decisamente
bene, laddove si eroga un piccolo credito (modestissime entità) a favore - nel caso delle prime forme
di microcredito - di donne povere e non bancabili che garantiscono il prestito ricevuto, non perché
hanno patrimonio a disposizione perché sono povere, ma perché fanno parte di una rete
comunitaria così forte che garantisce il ritorno dell’investimento.
Il meccanismo è semplice: Umberto Di Maggio chiede un prestito piccolissimo di 1000 euro, e deve
ritornare 1000 euro + interesse in un anno, per un progetto di imprenditoria sociale. Esso riesce ad
avere i 1000 euro, innanzitutto perché ha un progetto da sviluppare e poi perchè fa parte una
comunità forte (costituita da legami relazionali forti). Se sarà bravo e fortunato pagherà ogni mese
la quota più l’interesse, se andrà male il progetto non è un problema perché subentra la comunità
pagando la rata al suo posto (Umberto è stato soggetto contraente del prestito ma non l’ha fatto da
solo, perché parte di una comunità) – questo è lo schema del Bangladesh.
Il microcredito erogato qui in occidente – funziona esattamente come in Bangladesh (collegato al
prestito erogato dalla chiesa cattolica - progetto Policoro), ma in più intervengono associazioni,
cooperative, gruppi di volontariato, grandi organizzazioni laiche e religiose che garantiscono.
ES: Siamo una cooperativa di 6 persone, che ha bisogno di 5000 euro per realizzare un orto urbano,
in quanto cooperativa aderente per esempio a Confcooperative chiediamo accesso ad un fondo di
microcredito e otteniamo un credito pur non avendo nulla. Otteniamo il credito perché è una cifra
modesta per la banca e la sicurezza è data dal progetto che andremo a sviluppare che è
sostenibile/responsabile, e in più la garanzia è data dal fatto che siamo dentro un circuito che è fatto
da tante altre cooperative come noi che fanno parte di una rete particolare.
Il perno della solidarietà funziona decisamente bene soprattutto dove i soggetti sono non bancabili
anche perché sono soggetti che sono stati sempre esclusi da circuiti di credito, ed una delle
condizioni di esclusione è data dalla bassa literacy.
Ci possono essere anche delle condizioni strutturali – gli sportelli che chiudono, quindi viene meno
il rapporto di fiducia e la possibilità del direttore di filiale di conoscere la persona che ha davanti –
ma tutti devono poter accedere al credito (il credito è un diritto), e che il ritorno dell’investimento
del prestito sia un dovere onorabile → Tutti devono poter avere accesso al credito, tutti devono
poter essere messi nelle condizioni di onorare il prestito.

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Quindi, il credito si conferma essere un atto di fiducia e in quanto tale si stabilisce dove si possono
eliminare le barriere che possono essere legate a condizioni interne ma anche esterne, ecco perché
è stato istituito e funziona bene il concetto di banca di prossimità o del banchiere ambulante.
Piuttosto che aspettare che la gente vada agli sportelli, dato che questi non ci sono allora gli sportelli
vanno dalle persone → banca etica per esempio non ha filiale ad Agrigento, infatti il concetto di
banchiere ambulante è applicato anche qui in occidente, questo perché vi sono contesti sforniti di
filiali o sono delle situazioni complicate. Ad esempio, un pensionato, una persona con bassa literacy,
è meglio che venga direttamente a contatto con il banchiere ambulante, che direttamente lo
informa sulle condizioni delle attività, piuttosto che aspettare che le persone vadano in filiale (ciò
anche per ridurre le tempistiche, abbattere i pregiudizi su alcuni prodotti, abbattere il pregiudizio
rispetto all’accesso agli strumenti finanziari). Quindi il banchiere ambulante ha un linguaggio
adeguato, meno tecnico, quanto più friendly, è capace di informare a proposito dei piani di
restituzioni fatti a piccoli importi adattando il prodotto, le garanzie relazionali.
Dall’approccio individuale che considera l’utente un cliente, si passa all’approccio di gruppo in cui
scopare l’utente ma emerge la comunità finanziaria che insiste sul valore relazionale → questo è il
microcredito, che comunque non è l’unica forma di finanza etica e non risolve la finanza etica, ma
è un pezzo della finanza etica.

L’investimento sostenibile e responsabile → che è un'altra forma di finanza etica


I protagonisti sono i criteri ESG, sono investimenti indirizzati ad attività che sono implementate da
imprese che rispettano precisamente i criteri ESG. Quindi, si selezionano e gestiscono titoli sulla
base di criteri che non possono essere solo finanziari (quindi legati alla solvibilità o al patrimonio),
sono investimenti fortemente orientati all’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di
cambiamento di governance nella visione di maggiori diritti, uguaglianza, partià ecc.
Un esempio sono i fondi comuni di investimento gestiti da etica SGR. Come vediamo sul sito ci sono
fondi etici indirizzati ad esperienze economiche a basso impatto di carbonio (decisamente green).
I fondi di investimento hanno una maggiore garanzia rispetto a quelli tradizionali (che fluttuano in
base alla capacità speculativa), in quanto fanno riferimento ad imprese chiaramente monitorate
(perché le imprese che fanno riferimento alla finanza etica devono rispettare dei criteri
assolutamente rigidi). Come funzionano i fondi etici di investimento sostenibile e responsabile?
Nulla di nuovo, si ragiona con i criteri di esclusione, sono gli stessi criteri dei sin stocks cioè delle
azioni del peccato (anni 20-30 Stati Uniti) questo è il primo step. Infatti vengono escluse (qui il
concetto di peccato è più largo perché riguarda una lettura della società e dello sviluppo che va in
una certa direzione): attività di imprese che ad esempio si caratterizzano per estrazione ed
esplorazione di fondi fossili (petrolio, gas, carbone, oleodotti) → non che questa attività non si
possano fare, ma l’idea della finanza etica è di una finanza green; imprese che fanno estrazioni
minerarie (mining tradizionale), estrazione di metalli preziosi (ad esempio in Africa c’è la corsa per
accaparrarsi i metalli preziosi); attività di finanza speculativa; il real estate (finanza immobiliare);
gioco d’azzardo; ingegneria genetica; energia nucleare (di questa generazione); pesticidi;
armamenti; tabacco (in tutte le sue forme); deforestazione; test sugli animali; pellicce; prodotti che
violano le condizioni internazionali (come prodotti creati da bambini sfruttati); società che hanno
subito accuse pubbliche in controversie gravi.

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Quindi dal 1920, uno dei primi criteri è escludere chi si comporta in negativo (è sufficiente vedere
il core business qual è e in base a quello decido cosa fare).

IMPACT INVESTING → investimento ad impatto


Si effettuano investimenti tenendo conto che quell’investimento deve avere un profitto (che è
legittimo) ma è necessario che questo investimento abbia impatti positivi sugli investitori e sullo
sviluppo sostenibile di un determinato territorio, città, paese. Quindi investimenti in imprese,
organizzazioni e fondi i quali hanno l’intento di generare un impatto sociale e ambientale misurabile
(es. disagio abitativo, riutilizzo di beni confiscati, inter-cultura, lotta al cambiamento climatico..) e
in grado, al tempo stesso, di dare un ritorno economico agli investimenti.
Esempio pratico: investitori che hanno voglia di poter destinare una quota del proprio denaro a
progetti specifici che hanno tematiche sostenibili, il risultato è doppio perché in primis l’investitore
avrà un margine sull’investimento che ha fatto e poi il territorio, associazione, parrocchia o la
comunità riescono a sviluppare le loro attività. Quindi oltre ad ottenere un ritorno, si da un impatto
positivo su alcuni aspetti dello sviluppo sostenibile.
Gli elementi della strategia impact investing sono:
-l’intenzionalità dell’investitore di generare un impatto positivo in tema sociale e ambientale;
-il rendimento finanziario atteso, che può variare in funzione degli obiettivi dell’investitore ma, in
ogni caso, deve prevedere almeno il rientro del capitale investito;
-l’eterogeneità delle classi di attivo, che comprendono anche anticipi sui flussi di cassa, fixed income
(titoli di investimento che pagano agli investitori interessi fissi o pagamenti di dividendi fino alla data
di scadenza), venture capital (attività di investimento istituzionale in capitale di rischio di aziende
non quotate, in fasi di start up, caratterizzate da un elevato potenziale di sviluppo. È un investimento
ad alto rischio) e private equity (attività di investimento istituzionale in capitale di rischio di aziende
non quotate caratterizzate da un elevato potenziale di sviluppo, qui il rischio è ridotto perché sono
aziende in sviluppo);
-la misurabilità dell’impatto sociale e ambientale, con specifici metodi;
-la rendicontazione degli impatti generati attraverso la pubblicazione di una reportistica dedicata
(report d’impatto).

Lezione 15
FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO E SGR (SOCIETÀ GESTIONE RISPARMIO)
È un patrimonio che è costituito con il denaro dei sottoscrittori e gestito dalla SGR. Il fondo
strumento che consente di conseguire obiettivi simili al fondo comune, con una veste giuridica
diversa, è la SICAV o la SICAF (rispettivamente società di investimento a capitale variabile o fisso).
SICAV e SICAF rappresentano vere e proprie società e il capitale di queste società coincide con il
patrimonio che amministrano. L’investitore che detiene quote di tali società, diviene socio e quindi
in quanto socio ha il diritto di voto.
Esempio pratico: Io investo in questo fondo, il fondo a sua volta alimenta progetti orientati in aree
di interesse di questo genere e quando il progetto decolla allora l’investitore avrà il ritorno
dell’investimento. Chi investe diventa socio e quindi ha l’opportunità a fine anno, in sede di voto, di

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proporre una propria area di interesse (es. vogliamo inserire un’area che contrasta il gambling cioè
scommesse online).
Un altro esempio è NaturaSì (catena di vendita di prodotti bio) ed è sostenuta attraverso il retail
biologico, c’è l’esperienza del community audit e cosi via… Altri esempi di fondi comuni di
investimento: Amundi, l’esperienza di BNL, eticasgr….

I BOND SOSTENIBILI E A IMPATTO


I bond in genere sono titoli obbligazionari (differenza tra obbligazione ed azione, nell’azione io
compartecipo del rischio quindi godo del margine alto se quell’azione ha effetto positivo oppure
vado in perdita, le obbligazioni invece sono investimenti che hanno una redditività relativamente
garantita quindi non c’è rischio → a parità ovviamente sono più redditizie le azioni se va bene).
(I bond argentini sono i bond più famosi della finanza non etica: erano agganciati a delle imprese
vuote. Un altro esempio sono i bond di Parmalat.)
L’investimento sostenibile può realizzarsi tramite veicoli di investimento collettivo del risparmio
ma anche mediante singoli strumenti obbligazionari, vincolati nell’uso delle risorse raccolte verso
progetti di pubblica utilità o che aiutano a raggiungere obiettivi di sostenibilità. Come le obbligazioni
tradizionali, questi bond possono essere emessi da Stati, enti locali (comune, impresa cooperativa)
e organizzazioni pubbliche o private e sono negoziati sul mercato obbligazionario.
(Es: se non sono un investitore che voglio sostenere in un’attività di impatto sostenibile ma non
voglio comprare azioni (con rischio), investo su quell’attività senza partecipare al rischio ma investo
con l’obbligazione).
A differenza del fondo comune di investimento e dell’impact investing, nel quale si compartecipa
al rischio quindi si aspetta che il progetto viene realizzato e se va bene ho il guadagno, i bond fanno
parte dello stesso meccanismo cioè investo sempre su una attività che ha impatto sostenibile ma
non partecipo al rischio ma investo con l’obbligazione. Con i bond quindi io sostengo a mezzo di un
acquisto di obbligazione e avrò un rendimento certo a una determinata scadenza mentre con l’
impact investing e con il fondo comune di investimento io compartecipo del rischio e divento socio.
Essi sono:
-Green bond (GB): per progetti a matrice ambientali, come mitigazione dei/adattamento ai
cambiamenti climatici, conservazione delle risorse naturali, conservazione della biodiversità,
prevenzione e controllo dell’inquinamento;
-Social bond (SB): per progetti sociali (es infrastrutture di base a prezzi accessibili, accesso a servizi
essenziali, alloggi popolari, posti di lavoro, sicurezza alimentare e sistemi alimentari sostenibili);
-Sustainability bond (SUB): un mix dei GB e SB;
-Transition bond (TB): per finanziare le brown companies ad alto impatto ambientale desiderose di
cambiare strategia d’impresa, quindi finanziano imprese che al momento sono browm (non green)
ma che voglio andare verso il green;
-Sustainability-linked bond (SLB): per finanziare enti che si pongono obiettivi di sostenibilità entro
una certa tempistica, definiscono quindi una tempistica certa;
-Social impact bond (SIB): riguardano il terzo settore, sono progetti di pubblica utilità, specie per
mezzo di organizzazioni non profit o imprese sociali che forniscono un certo servizio (associazioni
sociali, cooperazioni sociali, associazioni di volontariato, no srl, no spa).

63
GREEN BOND E PNRR POST-COVID
I cosiddetti green bond, le obbligazioni verdi emesse dalla Ue, serviranno a finanziare parte di Nex
Generation Eu: il pacchetto da 800 miliardi di euro lanciato da Bruxelles per favorire la ripresa
dell’economia Ue dalla crisi pandemica. L’obiettivo dei vertici comunitari è di raccogliere 250
miliardi di euro entro il 2026, circa il 30% dell’intero piano per la “prossima generazione” europea.
Il PNRR, a mezzo del nex generation eu che prevede la distribuzione di denaro ai paesi membri,
prevede di raccogliere denaro da parte di investitori anche a mezzo di bond.
I bond emessi devono rispondere a dei criteri fissati dalla Commissione per verificare che l’impatto
dei finanziamenti sia davvero a beneficio della svolta Green impressa dal palazzo Berlaymont e
recepita dal maxi-piano europeo. Gli Stati membri che incasseranno le quote di risorse destinate ai
propri Recovery Plan, i piani di ripresa nazionale, dovranno poi rendere conto alla Commissione
europea sulle spese Green effettuate. La rendicontazione ruoterà intorno a nuove categorie incluse
energia pulita, Efficienza energetica e trasporti puliti.
Il PNRR è organizzato in missioni/obiettivo che sono 6:
-digitalizzazione, innovazione, competitività cultura e turismo;
-rivoluzione verde e transizione ecologica;
-infrastrutture sostenibili;
-istruzione e ricerca;
-inclusione e coesione;
-salute.
Questo documento dice che l’Europa che verrà è l’Italia che verrà deve potersi potenziare e
sviluppare dentro queste sei missioni, altro non è consentito. Il denaro da utilizzare deve spingere
fortemente quindi su queste sei tematiche. Ogni paese ha un budget per ogni missione, i quali
devono presentare progetti coerenti a tali temi per poterli sviluppare.
Notizia di Repubblica di Ottobre 2021 → il primo green bond europeo va a ruba: ordini a 135 miliardi
per l’emissione da 12. Collocamento lampo per il debutto della Commissione sul mercato delle
obbligazioni verdi, un piano da 250 miliardi per finanziare gli interventi pro ambiente previsti dai
Recovery Plan. Doppio record per dimensioni dell’emissione e volumi di domanda. Rendimento a
0,453%.
Quindi c’è grande entusiasmo nel mercato, dietro ogni crisi c’è sempre un’opportunità.

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Lezione 16
Gli advisor etici sono società ed istituti di ricerca che hanno il compito di analizzare, controllare e
classificano le imprese che rispettano specifici criteri di eticità. A queste imprese viene assegnato
un giudizio non solo finanziario, ma anche sociale ed ambientale, in riferimento ai criteri ESG, ovvero
ciò che viene definito rating etico. Quest’ultimo è un combinato di solidità finanziaria e compliance
rispetto ai criteri ESG. A che servono gli advisor? -> Servono a classificare le imprese, porle nei
confronti del mercato come credibili e solide.
Tra gli advisor etici e tra coloro i quali si occupano della classificazione, troviamo: Standard ethics e
l’indice Dow Jones (fa riferimento alla sostenibilità).
- Standard ethics (standardethicsrating.eu) -> in cui si può verificare il rating di corporate delle
imprese o il rating di paesi oppure il rating di bond emessi. Nella sezione corporate troviamo
imprese come: l’Oreal, Salvatore Ferragamo, Cocacola, Apple, Ferrari, etc.. classificate per tipologia.
Es. Ferrari-> classificazione positiva E+, ha due criteri ESG: strategie ambientali e miglioramento
della propria governance; AstraZeneca-> classificazione EE- quindi adeguata, in quanto i criteri non
sono del tutto trasparenti; Unipol (banca di credito cooperativo) -> detiene il massimo che una
banca può ottenere rispetto alla compliance ESG della governance; Vodafone-> classificazione EEE,
premiata per la gender equality; ect..
Per quanto riguarda la classificazione dei paesi, troviamo la Danimarca, Slovenia, Lettonia, Lituania
ed Estonia. Es. la Slovenia è degradata, in quanto si riscontrano problematiche riguardanti
soprattutto la libertà di stampa; l’Italia nel 2020-> ha ricevuto un giudizio negativo perché il
fallimento di riforme importanti, in quanto l’elettorato si è polarizzando su scelte di tipo populista
anti-europee, facendo aumentare l’instabilità politica.
Infine abbiamo la classificazione dei bond, in cui il massimo è EEE.
- Dow Jones Sustainability World Index (www.spglobal.com) -> fa riferimento al mercato
finanziario caratterizzato per questioni di sostenibilità. Quando guardiamo i grafici, soprattutto là
dove ci sono delle tendenze dobbiamo cercare di capire cosa accade ad un preciso momento
laddove c'è un crollo o un repentino innalzamento. Es. Che cos'è accaduto 8 novembre 2021? C'è
stato un crollo, in quanto è cominciata la quarta andata. Quindi quando studiamo fenomeni
economici, in questo caso economico finanziario, e vediamo il crollo o l'innalzamento, la prima
domanda che ci dobbiamo porre è “Cos'è accaduto?”. La risposta va cercata nella cronaca andando
indietro negli anni.

Un altro metodo, per misurare l’impatto di attività svolte da intermediari finanziari, da imprese e da
organizzazioni, è quello degli Adbusters, ovvero un collettivo canadese di comunicatori e attivisti,
nato nel 1989 a Vancouver. Ha come fine di combattere la pubblicità con la pubblicità. Come
operano? Selezionano il linguaggio con cui i grandi brand influenzano le scelte delle persone e lo si
riutilizza per realizzare messaggi mirati a fare emergere le criticità reali che si nascondono dietro tali
miraggi. Il nome Adbusters indica proprio questo obiettivo: Ad sta per advertising, mentre busters
deriva dal verbo to bust, sfatare. Es. Malboro country; bambino MD; big mac attack; eat fast, die
young; etc. (www.adbusters.org/spoof-ads)

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RepRick valuta i rischi, le accuse e le critiche su questioni che possono avere un impatto sulla
reputazione di un’organizzazione, la relativa redditività finanziaria o le possibili criticità di
conformità e rispetto normativo. In particolare, analizzare ambiti di potenziale criticità, quali
degrado ambientale, violazione di diritti umani, lavoro infantile, lavoro forzato, frode e corruzione.
Il database è usato dalle istituzioni finanziarie e dalle multinazionali come due deligence e strumento
di ricerca e monitoraggio del rischio. Es. Volkswagen -> a settembre del 2015 è stata accusa di
emissioni truccate che violavano gli standard, di conseguenza i titoli hanno subìto un calo.
(www.reprisk.com/news-research/case-studies/volkswagen)

Report d’impatto – Il caso Etica SGR (investimenti responsabili)


Etica SGR misura l’impatto degli investimenti utilizzando indicatori riconducibili agli Obiettivi di
Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Dvelopment Goals, SDGs) definiti nell’Agenda
2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il programma d’azione sottoscritto dai governi di 193 Paesi membri
dell’ONU per conciliare la crescita economica con l’inclusione sociale e la tutela dell’ambiente.
L’Etica SGR dice: laddove i criteri sono maggiormente agganciati all’Agenda 2030 è meglio poiché,
più ci si allontana, meno i criteri vengono rispettati, più la situazione diventa critica. Es. OBIETTIVI
PER LO SVILUPPO SOSTENIBILI (sconfiggere la povertà; sconfiggere la fame; salute e benessere;
istruzione di qualità; parità di genere; acqua pulita e servizi igienico-sanitari; energia pulita e
accessibile; lavoro dignitoso e crescita economica; imprese innovative e infrastrutture; ridurre le
disuguaglianze; città e comunità sostenibili; consumo e produzione responsabile; lotta contro il
cambiamento climatico; vita sott’acqua; vita sulla terra; pace, giustizia e istituzione sociale e
partnership per gli obiettivi). Hanno verificato che il 29% delle società hanno un comitato
responsabile di tematiche di sostenibilità; il 18% delle società hanno una presenza femminile in ruoli
dirigenziali del 20% o maggiore; etc.
Il Report d’impatto-> le aziende che fanno riferimento a Etica SGR, rispetto alla compliance degli
Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, hanno una crescita del 119% in tema di impatto ambientale perché
sono allineate all’accordo di Parigi (punta ad abbassare l’impatto delle emissioni); il 24% delle
società si impegna a ridurre l’utilizzo di acqua e aumenta l’efficienza idrica dei processi; il 20% delle
società sviluppano iniziative per la tutela della biodiversità; etc. Quindi un modo per poter misurare
l’impatto è: io soggetto di gestore di fondi ho una crescita maggiore di imprese che fanno
riferimento a me, che hanno compliance sui criteri ESG che poi non sono altro che i criteri
dell’Agenza 2030. È un modo per qualificare un fondo di investimento etico da un altro fondo di
investimento che non è etico.

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IL COOPERATIVISMO
La prima differenza che bisogna fare è tra cooperativismo e cooperazione, poiché il cooperativismo
non è cooperazione dato che per cooperazione intendiamo la cooperazione di sviluppo,
cooperazione come attitudine di lavorare insieme etc...
In questo testo la cooperazione viene trattata come attitudine, nonché un comportamento nella
prospettiva di un fenomeno-movimento (cooperativismo) che si sviluppa come un modo di risolvere
i problemi del sistema capitalistico che insiste sull’auto-equilibrio, mano invisibile, sulla libertà di
mercato. Ci si è chiesto “quindi le imprese cooperativiste e tutto il movimento attorno tali imprese,
può essere una soluzione a questi problemi di liberismo sfrenato?” Il professore da sociologo ha
cercato di confermare questa sua ipotesi.
Cooperativismo come movimento specifico nato in Europa e diffusosi in Europa durante la
rivoluzione industriale come tentativo di risolvere i problemi generati da un capitalismo
esageratamente lasciato alla mano invisibile.
Primo interrogativo → Possiamo prescindere dalla cooperazione? È un optional o c’è tanta
cooperazione attorno a noi?
Se ci guardiamo intorno soprattutto la natura, vediamo che siamo pieni zeppi di comportamenti
cooperativisti come ad esempio gli animali che al fine di ottimizzare le proprie risorse, di valorizzare
le forze a diposizione e di raggiungere specifici obiettivi (nonché mettere insieme le forze per
raggiungere degli obiettivi che da soli non si raggiungerebbero) quindi cooperano per dare un
beneficio a tutti, ad esempio le formiche. Un altro esempio è la simbiosi tipica dei pesci pagliaccio
e anemone di mare, qui il mutualismo lo vediamo con i pesci che si nascondono e le anemoni di
conseguenze si proteggono ed entrambi raggiungono lo stesso obiettivo cioè quello di proteggersi
(specie animale e vegetale) dato che entrambe ottengono l’obiettivo e nessuno viene danneggiato
ecco che ottengono la cooperazione.
Un altro esempio sono le tattiche cooperative di megattere che circondano pesci emettendo delle
bolle affinché intrappolano i pesci e cosi li mangiano, nel frattempo ci sono anche gli uccelli che
mangiano. Un ultimo esempio è il fatto che noi, come essere umano, siamo pieni di cooperazione,
pensiamo alle cellule, agli organi.
Seconda domanda → è vero o no che il mito capitalistico insiste sull’evoluzione della specie spinta
su chi va avanti è non il migliore ma chi riesce ad adattarsi? Chi si adatta non è per forza il migliore,
è colui che riesce a fare di necessità, virtù.
È vero o no che il mito insiste sulla lotta all’esistenza? Il mito darwiniano dice ci sono due soggetti,
entrambi competono, stanno sulla stessa linea ma vince chi riesce ad adattarsi meglio. Questo mito
ha costruito una idea di mercato tale per cui il mercato è un luogo dove almeno due soggetti si
scontrano ed uno deve soccombere (lotta per l’esistenza) poiché uno dei due ha vantaggi superiori.
Questo mito della lotta per l’esistenza è stato smentito, è sfatato da delle scoperte in materia di
virus. Due anni fa, mentre emergeva il corona virus, è tornato un articolo del 2012 il quale affermava
che sostanzialmente la strategia cooperativa è stata quella vincente perché nei cicli replicativi delle
molecole RNA sono state quelle che hanno scelto strategie cooperative e non competitive;
sostanzialmente la vita è stata possibile, nonché la riproduzione, poiché la scelta presa è stata una
scelta cooperativa. Questo testimonia che non è vero che è la lotta sull’esistenza la base per
l’evoluzione di qualsiasi sistema. Questa scoperta conferma che il cooperativismo è imprescindibile

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e quindi bisogna necessariamente considerarla non come opzione ma probabilmente come il punto
di partenza e di arrivo di un modello economico che non può essere più centrato solo sul mito della
lotta sull’esistenza.

Principio di cooperazione e mutuo appoggio VS Selezione della specie e lotta per la vita.
Principio di cooperazione e mutuo appoggio
Secondo Pétr Kropotkin (1902) “nella selezione naturale la cooperazione è un fattore determinante
tanto quanto la competizione."
Marx Weber dice che la prima forma di impresa è la famiglia, analizziamo il comportamento della
razionalità di una coppia di genitori che decide di mettere al mondo o di adottare un bambino, dal
punto di vista economico questo comporta una perdita immediata con una speranza di profitto,
nonché COSTI in termini di cose da comprare, in termini di preoccupazione, tempo, salute mentale,
fisica e cosi via. Il possibile ritorno economico ci sarà in un futuro spalmato nel tempo e non è
identificato. Quindi in termini di utilità qual è il vantaggio di mettere al modo un bambino?
NESSUNO. In termini economici si può spiegare, se consideriamo una qualificazione precisa al
comportamento economico; cioè il comportamento amorevole, guidato dall’amore, può avere una
valenza economica? L’amore può avere una qualificazione economica?
Noi siamo abituati ad allontanare tutto ciò che riguarda l’amore dalla questione economico
finanziario, invece se noi le consideriamo come attività economiche finanziarie guidate dall’amore
vediamo che il genitore che versa amore per il proprio figlio, al fine del corso della sua vita la
situazione si capovolgerà poiché anche se in termini economici sono costi lo facciamo ugualmente
perché c’è un’opportunità più grande a cui andiamo incontro ovvero il sentimento amorevole, la
solidarietà umana. Quindi affrontiamo il costo in maniera più tranquilla.
La cura dell’ambiente, il comportamento sostenibile comporta costi e sforzi, è infatti un impegno in
più ma lo si fa perché si ha un fine più grande che riguarda tutti. Come ad esempio l’imprenditore
che denuncia il racket, mette in conto tutti i problemi che ne derivano ma lo fa.
Possiamo quindi dire che il principio di cooperazione e mutuo appoggio si basa sul riconoscimento
inconscio della forza che dà a ciascuno la pratica del mutuo appoggio, della stretta dipendenza della
felicità di ciascuno dalla felicità di tutti, e del senso di giustizia o di equità che porta l'individuo a
considerare i diritti di ogni altro individuo come uguali ai propri.
Selezione della specie e lotta per la vita
Secondo Charles Darwin (1858) l'evoluzione della specie avviene come risultato di caso e necessità:
nelle specie si hanno delle mutazioni naturali casuali (piccoli errori nella riproduzione) e l'ambiente
salva quelli adatti e elimina gli altri, principalmente attraverso la lotta per la vita. Quindi lotta di uno
contro l’altro.

Da qui nasce il grande interrogativo ovvero cosa ci muove e cosa regge l’economia l’AUTO
INTERESSE o il BENE COMUNE? Metafora: abbiamo due oggetti che hanno le stesse potenziali
funzioni, la catena e la corda; le loro funzioni interscambiabili sono legare, tirare, cingere, fissare,
reggere qualcosa. Se pensiamo ad una nave, certe volte vediamo delle catene altre corde. Ma qual
è la differenza sostanziale tra le due? Il materiale ma principalmente cambia la struttura nonché la
catena è composta da anelli legati l’un l’altra mentre la corda è composta da cordicelle più piccole

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abbracciate tra di loro. Un evento shock, che può essere la rottura di un anello della catena, la catena
ovviamente si rompe e di conseguenza viene meno la sua funzione, mentre con la corda qualora si
logora una cordicella ci saranno le altre a reggere quindi la funzione della corda è direttamente
collegate alla possibilità di forza che si mettono le une sulle altre.
Corda in latino si dice fides, entra in gioco la fiducia. Quindi la cooperazione necessita di fiducia, per
poter stare tutti insieme c’è bisogno di fiducia complessiva, alimentare questa fiducia.
Quindi su cosa si REGGE L’ECONOMIA? Si regge quasi esclusivamente sull’auto interesse ma
dobbiamo spingere quanto più possibile sul bene comune, nonostante sia complicato e faticoso è
quello che ha risolto tanti problemi.

LA PRIMA COOPERATIVA DI CONSUMO DELLA STORIA


A Rochdale nel Lancashire inglese, distretto del cotone, nel 1843, un gruppo di tessitori poveri si
riunirono per risolvere la propria situazione di indigenza. Con la loro misera paga non riuscivano ad
ottenere per come volevano prodotti sul mercato a prezzi accessibili. Quindi hanno avuto l’idea
geniale di mettere insieme una parte del loro capitale (soldi) e di andare sul mercato per acquistare
pane, latte etc... e con un capitale maggiore, rispetto al singolo capitale, comprano all’ingrosso dato
che hanno un potere di acquisto superiore possono trattare sul prezzo e quindi avere gli stessi ed
identici prodotti ad un prezzo minore. E loro stessi crearono un magazzino dove vendere prodotti
alimentari ai propri soci con il principio della sovranità del consumatore. Nacque cosi la prima
cooperativa di consumo della storia con l’obiettivo di risolvere un grande problema nonché il prezzo
troppo alto dei beni per i singoli.
Da lì (fine 800) in poi nasce la cooperazione intesa come forma organizzativa economica.

ALTRE ESPERIENZE COOPERATIVISTICHE EUROPEE


Dopo la prima esperienza inglese, la cooperativa di consumo, ne sono nate altre simili (intorno alla
metà dell’800).
Soprattutto in Francia e Regno Unito il cooperativismo è stato sostenuto dalle correnti ideologiche
di matrice socialista dove le rivoluzioni industriali si sono esplicitate anche in una "questione
operaia". In Inghilterra, nel 1817, fu l'imprenditore Robert Owen uno dei primi ad utilizzare la parola
cooperazione presentando il piano di riforma sociale che aveva la cooperativa come forma
organizzativa inevitabile. Lo schema adottato fu simile a quello francese dove, nel 1831, nel periodo
di propaganda delle idee socialiste degli utopisti Fourier e Proudhon, il sansimonista Joseph Buchez
stilò il primo progetto di una cooperativa di produzione che poi venne costituita nel 1834
dall'industriale Michel Derrion.
Il modello tedesco, le cooperative nate in Germania, riguardavano le esperienze di credito
cooperative, vedevano l'imprenditoria agraria finanziata.
I modelli di cooperazione diffusisi in Europa furono quindi essenzialmente di due tipi:
- quello inglese e francese, a connotazione operaia, incentrato sul consumo e la produzione;
- quello tedesco sul credito e l’imprenditoria agraria a cui fece principalmente riferimento il
cooperativismo italiano e la Scandinavia.
Il modello tedesco ricorda i frati francescani.

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Mentre la matrice socialista-comunista caratterizza la Francia e l’Inghilterra, la matrice cristiana
caratterizza la Germania e l’Italia, Cristiana Protestante la Germania e Cristiana Cattolica l’Italia.
Tra i più importanti territori in Italia c’è il Trentino, nascono decine di cooperative di consumo, di
credito e agricole soprattutto ad opera di sacerdoti.

LA GLORIOSA COOPERAZIONE SICILIANA


In Sicilia, tra il 1891 e 1894, si organizzò il movimento dei “Fasci Siciliani dei Lavoratori” composti
da contadini, operai, minatori il quale aggregò circa 300-400 mila siciliani su una popolazione di 3
milioni e 300 mila.
I fasci si organizzavano sulla linea della resistenza economica cooperativa al padronato, anche quello
mafioso. L’intento era smentire lo stereotipo che voleva le donne siciliane recluse in casa infatti esse
ebbero un ruolo attivo come organizzatrici e agitatrici.
I fasci vennero infiltrati, osteggiati e perseguiti dalla mafia agraria (proprio nel momento in cui Cosa
Nostra nasceva e si organizzava) ed anche dallo Stato. La prima forma di opposizione alla mafia è
una forma di cooperativismo di consumo.
Il modello ispira molto le forme attuali di riutilizzo cooperativo dei beni confiscati alle mafie.

REGOLATIRÀ IDEALTIPICHE della cooperazione in Inghilterra - Francia e Germania – Italia e Sicilia


Le prime cooperative di fine 800 riportavano questo profilo tipico:
-erano composte trasversalmente da operai, contadini, piccoli imprenditori, consumatori, venivano
esclusi tutti i ceti ambienti.
-vedevano il coinvolgimento del ceto medio come quello proletario;
-ricevevano il sostegno laico di intellettuali di diversa estrazione, ma anche il pieno appoggio di
religiosi da parte di Prelati;
-erano impegnate nella produzione agricola e di prodotti di vario genere che gestivano, anche,
tramite strutture di commercio;
-erogavano prestiti di prossimità e gestivano il credito di piccoli e medi imprenditori;
-si occupavano di attività edili, commercio ed infrastrutturali.
Il cooperativismo nasce come movimento di protesta a frazione economica.

DEFINIZONE DI COOPERATIVA
È una società caratterizzata dallo scopo mutualistico, nonché aiuto reciproco per ottenere vantaggi
che altrimenti non potrebbero raggiungere da soli (pesce pagliaccio e anemone di mare), la cui
organizzazione sociale è fondata sul contributo in capitale (denaro, strumenti, mezzi) e in lavoro di
tutti i soci (ognuno deve contribuire con ciò che ha a disposizione).
Il fine della cooperativa è economico e sociale (cioè il raggiungimento del benessere generale,
collettivo). Ciò che conta è il modo con cui questo fine si persegue (es. democrazia nelle scelte,
interesse verso la comunità, crescita umana).
Sia nelle società cooperativa che in quelle di capitali si persegue il profitto, ma la differenza
sostanziale sta nel COME, infatti nella cooperativa vige il principio della democrazia delle scelte, ogni
testa ha un voto, crescita umana; mentre nelle società di capitali il profitto è l’obiettivo ultimo che

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riguarda una o più persone. In entrambi i casi c’è eticità ma i cooperativisti ci arrivano in un altro
modo.
È una forma particolare di impresa che non rigetta lo spirito del mercato. La forma organizzativa
cooperativistica – proprio perché confida nel mercato, come luogo di scambio e confronto – cerca
di migliorare il rapporto tra gli attori protagonisti del mercato.
La cooperazione quindi non è l’opposto del liberismo o dello spirito del mercato, non è una costola
del socialismo o del comunismo. È una terza via che cerca di risolvere i problemi tipici del capitalismo
e specificamente quel mito che insiste sulla mano invisibile. Si regge sullo scopo mutualistico come
aiuto pratico che si traduce nel conferire/sostenere economicamente l’esperienza di impresa, (tra
i principi infatti troviamo la compartecipazione economica) e si caratterizza per l’organizzazione che
deve essere necessariamente orizzontale, quindi non basata sul possesso di capitali ma sulla
capacità che il socio ha nel contribuire alla vita della cooperativa e al benessere suo personale e
della comunità.
Quindi una cooperativa non è un’associazione, non è un gruppo di filantropia, non è un gruppo di
volontariato. → una cooperativa è un IMPRESA, si tratta infatti di società cooperative (una società
a tutti gli effetti).
4
Le società per azioni si organizzano sulla base: del capitale investito, delle quote azionarie
possedute e quindi al potere che dipende dalle quote possedute perciò dal capitale investito.
Se io ho investito 100, ho 100 quote quindi 100 mani da alzare a chiusura del bilancio; queste mani
ovviamente essendo che sono 100 valgono più di 1 manina. → nelle società di capitali chi ha più
capitale ha più potere, perché questo potere è in misura del capitale posseduto (quote).
Nelle società cooperative invece, vige il principio di una testa un voto. Quindi a prescindere dalle
quote possedute ogni socio rappresenta una testa (una manina – si chiama voto capitario), questo
principio fa si che tutti i soci a prescindere dalle quote versate sono trattati sullo stesso livello.
Prendere decisioni aziendali risulta essere infatti complicatissimo, perché si basa tutto sul principio
dell’orizzontalità e quindi bisogna gestire la democraticità.
Es: Mario Rossi ha 10 quote, Giuseppe Verdi ha 1 quota → è uguale.
Il vantaggio di questa forma, sta che le decisioni si prendono in funzione dei fini della cooperativa
(non in base ai fini dei possessori di capitale). Quindi si deve arrivare ad un compromesso sul fine
ultimo che la cooperativa deve perseguire (che deve essere iscritto nella sua mission).
Es: La cooperativa coop, ogni anno convoca i propri soci per votare il bilancio e per decidere le
attività sociali da sviluppare.

PRINCIPI COOPERATIVI:
Questi 7 principi cooperativi sono sanciti dall’alleanza delle cooperative e decisi a livello
internazionale dal congresso di Manchester, ed intorno ad essi si sviluppano tutte le cooperative:
1 - adesione libera e volontaria → nessuno può essere obbligato a far parte di una cooperativa o
essere socio a sua insaputa. Quindi non si possono sottoscrivere delle quote per soggetti che poi
non fanno parte della vita della cooperativa (diversamente dalle società di capitali, dove si può
essere soci e avere quote e non partecipare alla vita dell’azienda). L’adesione deve essere libera e
volontaria, perché deve essere chiaro il desiderio/bisogno di fare parte della compagine;

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2 - controllo democratico soci → le decisioni vanno prese in maniera orizzontale, senza nessuno
sbilanciamento rispetto ai ruoli (es: limite di 5 rispetto agli stipendi);
3 - partecipazione economica dei soci → dato che una cooperativa non è un gruppo di filantropia,
i soci devono pagare in qualche modo, devono sostenere l’attività della cooperativa; vale a dire che
o partecipano a livello economico (sottoscrivendo delle quote), o con dei mezzi o con il lavoro (es:
un socio si presta a servizio). Esiste una categoria specifica di soci che si chiamano “soci sovventori”,
che sostengono a prescindere dal possibile margine che la cooperativa ha (danno denaro che non è
donazione);
4 - autonomia e interdipendenza → immaginiamo una grandissima cooperativa che fa attività di
multiservizi; queste cooperative svolgono attività di pubblica utilità su appalto della pubblica
amministrazione (gestiscono denaro pubblico) e il comune di Palermo da i denari ad una cooperativa
che gestisce una casa famiglia, questa cooperativa non è considerata braccio armato del comune di
Palermo e nemmeno una costola delle politiche sociali dell’assessorato di Palermo. È autonoma e
interdipendente, gestisce fondi pubblici ma non può essere considerata come dipendente in termini
politici dal comune di Palermo. L’autonomia è a prescindere dalla formula di finanziamento.
5 - educazione, formazione e informazione → è un principio importantissimo. Al di là delle iniziative
che in genere vengono fatte per aggiornamenti vari (ad es: sulla sicurezza), la cooperativa punta a
qualcosa di più profondo (vanno bene gli adempimenti minimi di formazione, ma bisogna
necessariamente considerare tantissimo altro) i soci sono considerati come soggetti che devono
essere formati, sensibilizzati, educati su tantissimi ambiti, soprattutto in ambiti ESG.
(es: un’iniziativa che coop spesso fa è quella di mandare i propri dipendenti a fine estate, in giro per
il mondo per fare volontariato, perché si trattano di iniziative che richiamo i diritti umani, la cura
dell’ambiente, la lotta al cambiamento climatico ecc). Quindi i soci devono molto di più delle società
di capitali essere coinvolti in percorsi educatici e formativi perché il benessere complessivo di una
società cooperativa va oltre il possesso di denaro, è l’interesse verso la comunità si tratta del
miglioramento della vita di tutti.
6 - cooperazione tra cooperative → esistono le cosiddette centrali cooperative.
In Italia le più grandi sono:
CONFCOOPERATIVE che si rivede in uno schema cristiano cattolico - è una centrale cooperativa che
funge da sindacato delle cooperative.
LEGA DELLE COOPERATIVE (matrice socialista – comunista)
AGC (alleanza generale delle cooperative italiane) ed ha una prospettiva un po’ più liberale.
Questo conferma l’importanza della cooperazione tra cooperative, esiste poi una rete di
cooperative internazionali.
7 - impegni per la collettività → la remunerazione oltre a essere finanziaria deve concretizzarsi in
impegni per la collettività.

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BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO
In Sicilia ad esempio c’è Banca Toniolo di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta; Banca etica è
una banca di credito cooperativo ecc.
La costituzione italiana incoraggia il credito soprattutto quello cooperativo, l’art 45 recita:
“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini
di speculazione privata.”
L’art. 47: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e
controlla l'esercizio del credito.”
Quindi la costituzione italiana non rigetta l’idea di una finanza molto più attenta rispetto a come si
è sviluppata la parte dark (es: speculazione). Questi due richiami normativi sono il punto di partenza
e sono stati lo stimolo per la nascita di banche popolari (es: banca popolare di Bari ecc), forme molto
simili alle banche di credito cooperativo (capitolo 1 libro).
Quali sono i principi del credito cooperativo?
- principio di democraticità → significa che è garantito il voto capitario e c’è un limite per le azioni
possedute, che non superare i 100 mila euro;
- principio dell’indivisibilità delle riserve, significa che non posso lucrare con gli utili, tanto che devo
necessariamente tenerne il 70% a riserva legale, questo perché l’azione di una cooperativa non è
indirizzata alla speculazione ma al soddisfacimento dei bisogni dei propri soci. Quindi se io margino,
questo margine deve rimanere in cooperativa e deve essere investito in cooperativa (significa quindi
nuovi posti di lavoro, nuovi macchinari o lo metto a riserva per tempi bui), non posso investire in
fondi come fa la società di capitali.
Peraltro il 3% deve andare a fondi mutualistici (es: foncoop) che servono allo start up di nuove
cooperative.
Infine, i ristorni ai soci non possono eccedere il 50% dell’utile netto dopo l’accantonamento a
riserva e i fondi mutualistici. Perché? Se non vi fosse questo limite, l’obiettivo massimo dello
speculatore sarebbe quello di avere il massimo dell’utile disponibile, sulla base di questo ho il
massimo del ristorno (più metto soldi, più alzo l’utile affinché io possa avere il massimo del ristorno).
(il RISTORNO è una compensazione – ipotizziamo che siamo in una cooperativa agricola e io ho una
stalla, io metto a disposizione questa per un determinato periodo e nel frattempo svolgo la mia
attività di socio. Se la cooperativa margina sul lavoro fatto, io ho diritto a una quota di margine,
perché la cooperativa è marginale. Quanto ho diritto e su che base? Sul ristorno, questo si misura
in base alla partecipazione del socio. Nel caso del lavoro, se ho lavorato 300 ore in più io posso avere
diritto ad un plus che vado a compensare. Quindi prima di ogni cosa bisogna tirare una linea, se ho
margine compenso);
- principio della prevalenza → più del 50% dei prestiti deve essere destinato ai soci e/o ad attività
prive di rischio. Significa che le banche di credito cooperativo possono investire in fondi (fondi green
per esempio) che sono attività di rischio, ma c’è un limite perché tutto il resto deve essere credito
al consumo per famiglie, imprese, enti locali ecc, deve essere in attività tendenzialmente prive di
rischio. La cooperazione sostiene l’economia reale, non disdegna il profitto da speculazione
finanziaria, ma non quello brutto di cui abbiamo parlato. (Le bbc possono speculare ma
limitatamente);

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- principio di territorialità → è importante perchè le bcc (banche di credito cooperativo) sono
espressione diretta del territorio, tanto che il credito deve essere prioritariamente reinvestito nel
territorio. Quindi una determinata banca, ha soprattutto correntisti del contesto da cui raccoglie
denaro, il cui denaro gestire e il cui denaro poi destina per credito. Ha all’interno dei soci che sono
il quanto più possibile del contesto quindi: soci del contesto - credito erogato al contesto.

SOCI delle banche di credito cooperativo


L’adesione da parte dei soci ad una banca di questo tipo, tramite la sottoscrizione di una quota
azionaria, è finalizzata non all’ottenimento di un dividendo ma l’ottenimento di condizioni
vantaggiose. I soci di una BCC sono:
SOCI COOPERATORI che sono quelli che partecipano direttamente allo scambio mutualistico e che
sottoscrivono azioni ordinarie. Questi (visto il principio di territorialità) devono essere residenti o
aventi sede o devono comunque operare con carattere di continuità nella zona dove la BCC ha
competenza (posso essere socio della banca di san cataldo, se la mia impresa lavora più o meno con
quel contesto);
SOCI FINANZIATORI che non compartecipano nello scambio mutualistico (non hanno condizioni
vantaggiose come i soci ordinari) sono quelli che sottoscrivono azioni di finanziamento con capitale
di rischio – a questi importa solo che la cooperativa margini.

MAPPATURA DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO PRESENTI IN ITALIA:


La distribuzione è più o meno uniforme, si ha una grandissima presenza dove è nata la cooperazione
Italiana ovvero in Alto Adige (41 cooperative), 16 nel Trentino (soprattutto credito agricolo).
Dove sta la forza del credito cooperativo rispetto al credito tradizionale?
Gli sportelli delle BCC chiudono di meno rispetto a quelli tradizionali, perché le BCC senza
territorialità non raccolgono denaro e quindi non erogano denaro, di conseguenza non fanno
profitto. Il principio di territorialità si sviluppa con il presidiare il territorio.
Il 52,6% delle banche operanti in Italia sono BCC (254 banche), ci sono 4225 sportelli che
corrispondono al 17,6 degli sportelli bancari italiani.

ULTIMI CAPITOLI:
COSA È IL CAMOUFLAGE (camuffamento/mimetizzazione) ISOMORFO COOPERATIVISTICO?
Il camouflage cooperativistico isomorfo, si verifica e si è troppo verificato laddove la governance
cooperativistica viene adottata da organizzazioni che decidono di adottarla perché è il miglior modo
per avere dei vantaggi competitivi (per svolgere concorrenza sleale).
Le cooperative hanno una serie di vantaggi, uno di questi è che riescono ad essere accattivanti nei
confronti, per esempio, della pubblica amministrazione e quindi grandi soggetti che possono
erogare credito. Perché hanno una governance democratica, orizzontale e che favorisce lo sviluppo
e la collaborazione, ciò rassicura quindi attira. Qualora io voglio fare business e voglio poter
profittare in maniera rapace io preferisco vestirmi da cooperativa, non esserlo (faccio finta) – si
tratta di dumping. Io posso fingere di essere una cooperativa, prendere i soldi, non erogare il servizio
con lo spirito con cui abbiamo detto e fare profitto.

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Ipotizziamo che siamo in cinque in una cooperativa e abbiamo uno spirito per niente cooperativo,
abbiamo un aggancio al Comune e decidiamo di costituire cinque cooperative finte → lo spirito è
quello di società di capitali ma si tratta di criminalità economico - finanziaria.
In più attraverso questa forma cooperativa posso fare dumping sapendo che ho degli sgravi in
materia contributiva ad esempio: Ho una cooperativa sociale e devo avere come dipendenti almeno
1/3 dei soci lavoratori deve essere soggetto svantaggiato, quindi diversamente abile o con disturbi
psichici o ex tossico dipendente e così via. Se io faccio lavorare soggetti con questi svantaggi, io ho
dei contributi quindi degli sgravi in materia contributiva. Io posso far finta di avere dei lavoratori che
sono soggetti svantaggiati che non lavorano per me, ma di cui prendo i contributi, non faccio
nemmeno uscire lo stipendio. Questo fenomeno è stato ampiamente denunciato in grandissimi casi
in Italia un esempio è mafia capitale oppure i mega appalti di mega cooperative nell’emiliano. Tutte
queste cooperative vengono identificate come spurie: sono imprese costituite ad hoc al fine di
comprimere i costi di produzione attraverso la riduzione degli oneri lavorativi. Il meccanismo ha
consentito loro di ottenere incentivi, agevolazioni e di guadagnare spazi di mercato proprio grazie
alla reputazione cooperativa.
Tutto questo è sempre più diffuso proprio perchè la forma cooperativa è la migliore veste per
profittare e svolgere specifiche attività di interesse generale, ma anche il migliore livello
organizzativo. Quindi è un paradosso: I PUNTI DI FORZA DELLE COOPERATIVE SONO GLI STESSI
PUNTI DI DEBOLEZZA. Proprio perché sono le migliori organizzazioni possibili per raggiungere i
migliori risultati economici - quel punto di forza diventa il tallone di Achille.
Powell e Di Maggio nel ‘91 parlarono di isomorfismo organizzativo a prescindere dalla cooperazione.
L’isomorfismo (vuol dire assumere la stessa forma) è un fenomeno ampliamente diffuso tra le
imprese ed è legittimo. Una forma di isomorfismo si ha quando c’è un’impresa vincente sul mercato
perché fa un buon prodotto, io mi isomorfismo a quell’impresa offrendo lo stesso prodotto magari
modificandolo un po’ o sul fronte del prezzo o sul fronte della qualità, quindi entro in quella nicchia
di mercato perché è vincente e godo del vantaggio posizionale che quell’impresa ha. Un’altra forma
di isomorfismo è quando un’impresa ha una governance specifica fatta ad esempio con un board in
cui in testa c’è una donna e questo rappresenta il suo punto di forza, quindi faccio la stessa cosa;
oppure a proposito della questione normativa, in un contesto vincente perché ci sono delle norme
che agevolano i giovani quindi mi sposto in quel contesto così avrò dei vantaggi.
ISOMORFISMO COMPETITIVO → per guadagnare spazi di mercato;
ISOMORFISMO ISTITUZIONALE → per ottenere una legittimazione;
ISOMORFISMO COERCITIVO → per rispondere alle pressioni (un esempio è il racket, nel senso
positivo è denunciarlo – nel senso negativo è piegarsi);
ISOMORFISMO MIMETICO → per fronteggiare l’incertezza (ci sono imprese che in un periodo
scompaiono, non si cancellano ma abbassano le armi per fronteggiare l’incertezza e aspettano che
la marea passi);
ISOMORFISMO NORMATIVO → per conformarsi ad un modello efficiente (come il caso del board).
L’evidenza empirica ci dicono che laddove c’è il cooperativismo isomorfo ci sono contemplate tutte
e cinque queste funzioni → È una forma di criminalità economico – finanziaria (crimine dei white
collar).

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COMPITO
L'avversione al rischio
-Spiega che le persone preferiscono i risultati a bassa incertezza a quelli con alta incertezza, anche
se il risultato medio di questi ultimi è uguale o superiore in valore monetario al risultato più certo.
-Spiega che le persone scartano metodicamente gli investimenti e fanno scelte di consumo che
hanno un alto grado di rischio
-Spiega che le persone propendono per scelte a basso rischio di perdita poiché questa è più rischiosa
L'espressione "finanza etica" indica la necessità
-Di organizzare responsabilmente il credito favorendo la remunerazione responsabile
-Di scegliere eticamente le fonti del denaro raccolto e di orientare eticamente le rispettive attività
di investimento
-Di sostenere eticamente soprattutto coloro che non hanno accesso al credito
-Di investire soltanto in fondi socialmente utili
Nell’impact investing
-L'impatto è risultato inintenzionale dell'attività finanziaria
-L'impatto dipende dalle scelte consapevoli degli investimenti
-L'impatto dipende dalle condizioni d'investimento
Qual è il significato dell’acronomio ESG Fund
-Fondi per l'investimento in progettualità ambientali, sociali e per il cambiamento organizzativo
-Fondi per l'investimento in economia sociale, sviluppo sostenibile e gruppi deboli
-Fondi per lo sviluppo eco-sostenibile, scientifico e green
Lo scambio mutualistico
-Consente alle cooperative di contrarre mutui a migliori condizioni
-Consente di ottenere vantaggi che non sarebbero possibili perseguire singolarmente
-Impegna mutualmente i soci in attività finanziarie etiche
-Consente alle cooperative di mutuare i vantaggi delle società di capitali
Il principio della indivisibilità delle riserve in una banca di credito cooperativo (risposta erronea)
-Esclude il lucro
-Favorisce la destinazione di una parte degli utili a fondi mutualistici
-Incentiva la destinazione di quote di utili a riserva per attività finanziarie di rischio territoriale
-Consente di ristornare ai soci una quota dell’utile
Cosa è falso a proposito dell’etica della convinzione/principi
-Si rifà ai principi universali ritenuti moralmente validi
-Pondera moralmente il rapporto tra mezzi, fini e risultati
-Prescinde dalle conseguenze dell'azione
-Si richiama convintamente ai fondamenti morali
Le banche pubbliche nascono
-Per sostenere l'infrastrutturazione industriale
-Per favorire la diffusione della moneta legale
-Per contrastare la finanza illegale
I fattori di successo della cooperazione al Sud sono
-La legislazione sul lavoro che consente impiego volontario
-La possibilità di avere appalti sempre sottosoglia
-Il supporto e delega della P.A. per attività di interesse generale
Quali di queste affermazioni a proposito del modello originate-to-distribute è scorretta
-I finanziatori erogano credito e lo cedono prima della scadenza
-I finanziatori detengono i prestiti fino a quando il loro valore non è manipolato al rialzo
-I finanziatori riducono il rischio trasferendolo ad altri soggetti finanziari
Nel capitalismo industriale
-Il profitto è il premio alla capacità di effettuare investimenti finanziari
-Il capitale si accumula tramite la trasformazione di materie prime in merci finite
-Il denaro va prioritariamente investito nei mercati al fine di generare ricchezza
L'homo oeconomicus
-È un agente razionale che spende il proprio denaro e contrae prestiti sulla base del minor costo
possibile
-È un agente che esprime una razionalità relativa dipendente dai fattori di contesto e dai
condizionamenti psicologici
-È un agente razionale che pondera costi-benefici ed effettua spese ed investimenti sulla base
dell’informazione disponibile
La criminalità economico-finanziaria
-E' incentivata da attività finanziarie inferiori al capitale in possesso
-Dipende dall'entità della sanzione prevista e dalla sua effettiva combinazione al reo (colpevole)
-Permette l'ottenimento di attività finanziarie superiori al capitale in possesso
Quale di questo non è un principio cooperativo
-Adesione libera e volontaria
-Controllo democratico dei soci
-Partecipazione economica dei soci
-Autonomia ed indipendenza
-Sostegno ai soggetti finanziari più deboli
-Educazione, formazione e informazione
-Cooperazione tra cooperative
-Impegno per la collettività
Le cryptovalute (indica la risposta sbagliata)
-Impattano sull'ambiente
-Si generano tramite hardware connessi P2P
-Hanno un valore stabile poiché il blockchain equilibra il sistema di scambio
-Hanno un livello di accettabilità basso
Gli operatori di finanza etica e sostenibile
-Devolvono il 100% dei propri crediti a fondi mutualistici per il sostegno all'imprenditoria sociale
-Devolvono il 20% a organizzazioni del Terzo Settore
-Devolvono i propri crediti a organizzazioni senza fini di lucro in relazione al volume dei profitti
generati
La prima cooperativa della storia era
-Una cooperativa di lavoro
-Una cooperativa di consumo
-Una cooperativa industriale
-Una cooperativa sociale
-Una cooperativa bancaria
La società veicolo
-Comprano il debito delle famiglie rivendendolo alle banche a migliori condizioni
-Vendono il portafoglio degli investitori rivendendolo alle banche
-Comprano il portafoglio delle banche rivendendolo agli investitori
I sin stocks (indicare l'affermazione vera)
-Promuovono attività immorali purché remunerative
-Promuovono attività morali poiché responsabilmente remunerative
-Promuovono attività morali ed immorali indistintamente poiché, comunque, è la scelta razionale
del consumatore ad indirizzare l'azione finanziaria etica
Durante la pandemia i rendimenti dei titoli di Stato
-sono rimasti stabili
-sono diminuiti
-sono aumentati
Dato l’incentivo ai consumi quindi politica espansiva, i tassi di interesse si abbassano e il prezzo delle
obbligazioni sale e di conseguenza il rendimento dei titoli scende.
L’avversione alla perdita
-E’ quel meccanismo per cui si preferisce evitare perdite piuttosto che acquisire guadagni
equivalenti.
-E’ quel meccanismo per cui alle perdite viene assegnato un peso minore ai possibili guadagni
equivalenti.
-E’ quel meccanismo per cui si evitano metodicamente le perdite ottenendo sempre guadagni
Le lettere di cambio…
-Sono state introdotte alla fine del medioevo come forma di pagamento a saldo di un debito
-Sono state introdotte nel medioevo come forma di riscossione di un credito
-Sono state introdotte all'inizio del medioevo come strumento di pagamento
Quali di queste affermazioni non è corretta a proposito della crisi finanziaria dei mutui subprime
-La crisi è dipesa dalla diminuzione dei tassi di interesse che ha determinato la caduta del livello dei
salari e degli stipendi
-La crisi è dipesa da una manovra espansiva dello Stato per favorire lo sviluppo
-La crisi è dipesa da una politica monetaria accondiscendente e da manovre speculative
I fondi mutualistici
-Sono alimentati da donazioni delle cooperative
-Si costituiscono da una quota di utile destinato dalle cooperative
-Si creano tramite contribuzione volontaria di parte del lavoro volontario dei soci cooperatori
La crisi dei mutui subprime in USA è dipesa
-Dal crollo del sistema di debito nazionale
-Soltanto dalla diffusione del sistema delle cartolarizzazioni
-Dalla crisi precedente e quindi da una bolla immobiliare e dalla conseguente politica monetaria
acquiescente che intendeva favorire la ripresa economica
La financial literacy misura
-Il livello di indebitamento letterale della finanza
-La letteratura finanziaria
-L'orientamento alla spesa e alle finanze pubbliche
-L'uso della moneta elettronica finaziarizzata
-La capacità di comprendere le nozioni elementari per compiere scelte finanziarie oculate
La stable coin è
-Una cryptovaluta sottogarantita a bassa fluttuazione
-Una cryptovaluta il cui valore dipende dal valore di una moneta standard
-Una bitcoin legale scambiabile immediatamente con una moneta a corso legale
Quale di queste affermazioni non è coerente con le definizioni di cooperativismo spurio e
camouflage isomorfo cooperativistico
-Consente di comprimere i costi aziendali
-Comporta una metodica infrazione delle norme
-E' determinato dal grado di affidabilità generale della cooperazione nel territorio
-Può essere compiuto da società di capitali che camuffano la loro governance svolgendo attività di
interesse pubblico
-E' sviluppato esclusivamente da organizzazioni criminali che svolgono crimini economico-finanziari
Il rating etico (segna la risposta errata)
Si basa sulla reputazione
Si basa sulle conformità normative
Considera i criteri ESG
Serve per monitorare i rischi aziendali
E' coordinato da organi pubblici che garantiscono la liceità e correttezza della valutazione
Quale di queste affermazioni sul baratto è falsa
-Il baratto si regge sul valore d'uso della merce
-Necessita che entrambe le parti si accordino sul valore dei beni scambiati
-Necessita di una valuta di scambio che agevoli l'incrocio tra domanda ed offerta
-Non necessita che compratore e venditore siano mediati da un soggetto terzo che favorisca lo
scambio e agevoli la doppia coincidenza dei bisogni

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