di Augusto Ferrante
con contributi di Giacomo Baggio
Indice
1 Modelli di stato 3
1.1 Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Classi di sistemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
1.3 Costruzione di un modello di stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3.1 Scelta delle variabili di stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.4 Punti di equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.5 Linearizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
3 La stabilità 21
3.1 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.2 Stabilità nei sistemi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.2.1 Condizioni di stabilità per i sistemi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.2.2 Condizioni di stabilità per i punti di equilibrio di sistemi non lineari . . . . . 24
3.3 Stabilità BIBO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
A Esponenziale di matrici 25
A.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
A.2 Proprietà dell’esponenziale di matrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
A.3 Calcolo dell’esponenziale di una matrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
A.3.1 Caso di matrici diagonalizzabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
A.3.2 Caso di matrici non diagonalizzabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
1
2 INDICE
Capitolo 1
Modelli di stato
1.1 Premessa
Una classe molto generale di sistemi è quella dei cosiddetti modelli di stato in cui il legame fra
ingresso u(t) 2 Rm e uscita y(t) 2 Rp è espresso da una coppia di equazioni del tipo:
(
ẋ(t) = f (x(t), u(t), t),
(1.1.1)
y(t) = h(x(t), u(t), t),
allora, per l’unicità della soluzione dell’equazione di↵erenziale con condizione iniziale fissata, si ha
Si noti che potrebbe benissimo accadere che, per t < t0 , si abbia u0 (t) 6= u00 (t), x0 (t) 6= x00 (t) e y 0 (t) 6=
y 00 (t). Questo fatto si presta alla seguente importante interpretazione: di tutta l’informazione legata
1
Si indicherà con fi , i = 1, 2, . . . , n, hi , i = 1, 2, . . . , p, la i-esima componente di f , h, rispettivamente, cosicché
la equazioni in (1.1.1) si possono scrivere, componente per componente, nella forma ẋi (t) = fi (x(t), u(t), t), i =
1, 2, . . . , n e yi (t) = hi (x(t), u(t), t), i = 1, 2, . . . , p, rispettivamente.
2
Si noti che, con le ipotesi di regolarità fatte sulla f , si può dimostrare che la soluzione x̄(t) esiste ed è unica
almeno in un intorno destro di t0 .
3
4 CAPITOLO 1. MODELLI DI STATO
all’andamento delle traiettorie del sistema per t t0 (andamento passato), la parte necessaria e
sufficiente per calcolare l’andamento delle traiettorie di stato e uscita del sistema per t t0 , nota
la traiettoria dell’ingresso per t t0 , è contenuta nel valore del vettore di stato all’istante t0 . In
altre parole, nel vettore x(t0 ) è riassunta la parte del passato del sistema che serve per calcolarne
l’evoluzione futura. Questa proprietà si dice proprietà di separazione dello stato.
Definizione 1.2.1 Il sistema (1.1.1) si dice invariante nel tempo o tempo-invariante se le funzioni
f e h non dipendono esplicitamente da t. In caso contrario il sistema si dice variante nel tempo o
tempo-variante.
Per esempio, il seguente sistema (il cui stato, ingresso e uscita sono scalari) è tempo-invariante:
(
ẋ(t) = sin(x(t) + u(t)),
(1.2.1)
y(t) = x(t)2 u(t).
Al contrario, il sistema
(
ẋ(t) = sin(x(t) + u(t)) + t,
(1.2.2)
y(t) = x(t)2 u(t).
è tempo-variante.
Definizione 1.2.2 Il sistema (1.1.1) si dice lineare se f e h sono funzioni lineari di x(t) e u(t).
In caso contrario il sistema si dice non lineare.
Si ricorda che f (x(t), u(t), t) è funzione lineare di x(t) e u(t) se e solo se esistono matrici
F (t) 2 Rn⇥n e G(t) 2 Rn⇥m tali che3 f (x(t), u(t), t) = F (t)x(t) + G(t)u(t). Analogamente dicasi
per h(t). Pertanto i sistemi lineari sono tutti e soli quelli rappresentabili con le equazioni
(
ẋ(t) = F (t)x(t) + G(t)u(t),
(1.2.3)
y(t) = H(t)x(t) + J(t)u(t),
dove F (t) è una matrice quadrata di ordine n (matrice di stato), G(t) è un matrice n ⇥ m (matrice
degli ingressi), H(t) è una matrice p ⇥ n (matrice delle uscite) e J(t) è una matrice p ⇥ m (matrice
di feed-forward).
Se F (t), G(t), H(t) e J(t) sono costanti (indipendenti da t), allora il sistema, oltre che lineare,
è pure tempo-invariante. Pertanto i sistemi lineari e tempo-invarianti, noti anche con l’acronimo
di sistemi LTI, sono tutti e soli quelli che possono essere rappresentati da una coppia di equazioni
del tipo
(
ẋ(t) = F x(t) + Gu(t),
(1.2.4)
y(t) = Hx(t) + Ju(t),
+ b b
R1 R2
+
u(t) C1 C2 y(t)
b b
Figura 1.1: Rappresentazione di un doppio bipolo elettrico con due condensatori e due resistori.
tensione u(t) applicata come ingresso, e la tensione y(t) (a morsetti di uscita aperti) come uscita,
si vuole descrivere il circuito con un modello di stato. Si scelgano
" come
# variabili
" di# stato le tensioni
x1 (t) v1 (t)
v1 (t) e v2 (t) ai capi dei due condensatori C1 e C2 : x(t) = = . Indicando con
x2 (t) v2 (t)
ik (t) la corrente nel condensatore di capacità Ck , k = 1, 2, si hanno le due relazioni
1
ẋk (t) = ik (t), k = 1, 2. (1.3.1)
Ck
Si osservi anche che
x1 (t) x2 (t) u(t) x1 (t)
i2 (t) = , i1 (t) = i2 (t). (1.3.2)
R2 R1
Sostituendo queste relazioni nelle (1.3.1) e tenendo conto che y(t) = x2 (t), si ottiene il seguente
modello di stato. 8 " # " #
> R +R 1 2 1 1
< ẋ(t) = R1 R 2 C 1 R2 C1 x(t) + R1 C 1 u(t),
1 1
R2 C 2 R2 C 2 0 (1.3.3)
>
:
y(t) = [0 | 1]x(t).
Il modello cosı̀ ottenuto è lineare e del secondo ordine. Le matrici corrispondenti sono chiaramente
" # " #
R1 +R2 1 1
F = R1 R2 C1 R2 C 1 , G= R1 C 1 , H = [0 1], J = 0. (1.3.4)
1 1
R2 C2 R2 C2 0
Si noti che il modello è stato ricavato supponendo che i parametri Ck siano costanti (se non lo fossero
il modello cambierebbe). Se anche i parametri Rk , k = 1, 2, si possono considerare costanti nel
tempo allora anche F , G, H, e J lo sono e il sistema è tempo-invariante; se invece le variazioni nel
tempo di Rk (dovute per esempio ad invecchiamento dei componenti) non possono essere trascurate
allora il modello (1.3.3) è tempo-variante.
6 CAPITOLO 1. MODELLI DI STATO
La scelta delle variabili di stato è, in questo caso, suggerita da considerazioni sulla fisica del
sistema: è chiaro che la coppia di tensioni ai capi dei due condensatori gode della proprietà di
separazione. D’altro canto, è pure ovvio che una qualunque coppia di variabili (x01 (t), x02 (t)), legate
alla coppia (x1 (t), x2 (t)) da una mappa invertibile, gode della stessa proprietà. Per esempio si
potrebbero benissimo scegliere le variabili x01 (t) = x1 (t) + x2 (t) = v1 (t) + v2 (t) e x02 (t) = x1 (t)
x2 (t) = v1 (t) v2 (t) che sono chiaramente legate alla coppia (x1 (t), x2 (t)) da una mappa invertibile.
Si verifichi che anche in tal caso si ottiene un modello lineare le cui matrici sono
" #
1 2 1 1
1 R1 C1 R2 C 2 R2 C1 RP C1
F = 1 2 1 1 ,
2 R1 C1 R2 C2 R2 C 1 RP C 1
" #
1
R1 C 1 1 1
G= 1 , H= , J = 0, (1.3.5)
R1 C 1 2 2
R1 R2
dove si è posto RP = R1 +R2
Una scelta alternativa è x01 (t) = x31 (t) e x02 (t) = x32 (t), infatti le coppie (x01 (t), x02 (t)) e
(x1 (t), x2 (t)) sono chiaramente legate da una mappa invertibile" e quindi # contengono la stessa
x10
informazione. Si verifichi che, con questa scelta e definendo x0 := , il modello risulta
x02
8 2 q q 3
>
> 3 RR11R+R 2
x0 (t) + 3 3
(x01 (t))2 x02 (t) + 3 3
(x01 (t))2 u(t)
>
< ẋ0 (t) = 4 2 C1 1 R2 C 1 q R1 C 1 5
3 0 3
R2 C2 x2 (t) + R2 C 2
3
(x02 (t))2 x01 (t) (1.3.6)
>
> q
>
: y(t) = 3 x0 (t).
2
Questo sistema è chiaramente non lineare ed è molto più complesso da trattare del modello lineare
(1.3.3) che pure rappresenta lo stesso legame tra ingresso e uscita.
Infine si consideri la scelta x01 (t) = (t2 + 1)x1 (t), x02 (t) = (t2 + 1)x2 (t). Queste variabili,
prive di un’interpretazione fisica immediata, sono pur sempre variabili di stato; si verifichi che il
corrispondente modello risulta del tipo (1.2.3) con
" #
2t R1 +R2 1
F (t) = t2 +1 R1 R2 C 1 R2 C 1 , (1.3.7)
1 2t 1
R2 C2 t2 +1 R2 C 2
" #
t2 +1 1
G(t) = R1 C1 , H(t) = 0 , J(t) = 0. (1.3.8)
0 t2 +1
Con questa scelta delle variabili di stato, si è ottenuto un sistema tempo-variante pur considerando
costanti nel tempo i valori dei parametri Ri e Ci , i = 1, 2.
Sulla scorta degli esempi precedenti non è difficile scegliere le variabili di stato in modo da
ottenere un sistema non lineare e tempo-variante.
Esempio 1.3.2 Si consideri il sistema elettrico rappresentato in Figura 1.2 e si voglia determinarne
un modello di stato considerando come ingresso la di↵erenza di potenziale u(t) = v1 (t) e come uscita
la di↵erenza di potenziale y(t) = v2 (t) ai capi della resistenza (a morsetti di uscita aperti).
Si scelga come unica variabile di stato la corrente che circola in L: x(t) = i(t). Si hanno allora
le relazioni u(t) = Lẋ(t) + Rx(t) e y(t) = Rx(t) che si possono scrivere nella forma
(
ẋ(t) = R 1
L x(t) + L u(t), (1.3.9)
y(t) = Rx(t).
1.3. COSTRUZIONE DI UN MODELLO DI STATO 7
⌥⌥⌅
⌥⌅⌥⌅⌅
+a ⇥⇥⇥ a+
L
v1 (t) v2 (t)
a a
R
Il modello cosı̀ ottenuto è lineare e del primo ordine. Tale modello è stato ottenuto assumendo L
come parametro costante. Se anche il parametro R si può considerare costante nel tempo, il sistema
è anche tempo-invariante; se invece le variazioni nel tempo di R non possono essere trascurate allora
il sistema è tempo-variante.
Se, come uscita del sistema, invece che la tensione v2 , si considera la potenza dissipata nella
resistenza, si ha y(t) = i(t)v2 (t) = Rx(t)2 . Le equazioni del sistema sono
(
ẋ(t) = R 1
L x(t) + L u(t), (1.3.10)
y(t) = Rx(t)2 .
In questo caso il sistema è non-lineare perché tale è la seconda delle (1.3.10). Tuttavia, l’equazione
dinamica (ossia la prima delle (1.3.10)) che è la più difficile da trattare è lineare e quindi il modello
è ancora sufficientemente semplice.
Esempio 1.3.3 Si consideri ora un forno elettrico schematizzato come in Figura 1.3.
⌥⌥⌅
⌥⌅⌥⌅⌅
+a ⇥⇥⇥
L
v(t)
a
R
Siano RT e CT la resistenza termica delle pareti del forno e la capacità termica del forno. Siano
inoltre T (t) la temperatura all’interno del forno e Te la temperatura esterna. Si vuole determinare
un modello di stato considerando come ingresso la di↵erenza di potenziale u(t) = v(t) e come uscita
la temperatura del forno y(t) = T (t). Si scelgano
" come# variabili di stato la corrente che circola in L
i(t)
e la temperatura all’interno del forno: x(t) = . Analogamente a quanto visto nell’esempio
T (t)
precedente, per la variabile x1 (t) si ha la relazione
R 1
ẋ1 (t) = x1 (t) + u(t). (1.3.11)
L L
Per quanto riguarda la variabile x2 , la variazione Q della quantità di calore contenuta nel forno
è pari a CT x2 . Pertanto,
1 dQ 1 x2 (t) Te
ẋ2 (t) = = Rx1 (t)2 (1.3.12)
CT dt CT RT
dove si è tenuto conto del fatto che la potenza termica netta entrante nel forno è pari alla di↵erenza
fra la potenza fornita dalla resistenza Rx1 (t)2 e quella dispersa attraverso le pareti del forno x2 (t)
RT
Te
.
8 CAPITOLO 1. MODELLI DI STATO
k
F (t)
-
M
La massa M è soggetta ad una forza esterna F (t) e alla forza esercitata da una molla di costante
elastica k. Sia il coefficiente di attrito (viscoso) della massa sul piano e y(t) la posizione della
massa in un sistema di riferimento in cui y(t) = 0 corrisponde alla posizione di molla scarica (né
compressa né estesa). Assumiamo che i parametri M , k, e si possano considerare costanti nel
tempo.
Si vuole determinare un modello di stato considerando come ingresso la forza u(t) = F (t) e
come uscita la posizione y(t). " #
y
Si scelgano come variabili di stato la posizione e la velocità della massa: x = . È ovvio
ẏ
che ẋ1 (t) = x2 (t). Per quanto riguarda la variabile x2 , dalla seconda legge della dinamica si ha:
M ẋ2 (t) = F (t) ky(t) ẏ(t) = kx1 (t) x2 (t) + u(t) (1.3.14)
Esempio 1.3.5 Si consideri il pendolo rappresentato in Figura 1.5. Si vuole descrivere il sistema
r
A
A
A c(t)
A
A
A
# A
Az
A
con un modello di stato considerando come ingresso la coppia applicata u(t) = c(t), e come uscita
1.3. COSTRUZIONE DI UN MODELLO DI STATO 9
la posizione angolare y(t) = #(t). Sia l la lunghezza dell’asta del pendolo e m la sua massa (che
si suppone concentrata all’estremità del pendolo). Il momento di inerzia del pendolo (rispetto al
centro di rotazione) risulta dunque J = ml2 . Sia k il coefficiente di attrito viscoso del pendolo.
Poiché il movimento della massa è vincolato a giacere lungo una circonferenza risulta conveniente
scegliere come variabili di stato la" posizione
# angolare
" ##(t) e la sua derivata (anziché la posizione e
x1 (t) #(t)
la velocità della massa): x(t) = = . Ricordando che la coppia totale è pari al
x2 (t) #̇(t)
momento di inerzia per l’accelerazione angolare, si ottiene facilmente il seguente modello di stato:
8 " #
>
< ẋ(t) = x2 (t)
g k 1
l sin(x1 (t)) x (t)
ml2 2
+ ml2
u(t) (1.3.16)
>
:
y(t) = x1 .
Sistemi elettrici: Una scelta canonica che consente di ottenere modelli lineari di circuiti elettrici
RLC consiste nel selezionare come variabili di stato l’insieme di tutte le correnti che attraver-
sano le induttanze e di tutte le tensioni ai capi dei condensatori. Se il circuito è composto di
k induttanze e h capacità si otterrà cosı̀ un modello lineare di ordine h + k.
Sistemi meccanici: Una scelta canonica che consente di ottenere modelli di stato di sistemi mec-
canici consiste nel selezionare come variabili di stato l’insieme di tutte le posizioni e le velocità
delle masse in gioco o, nel caso di masse vincolate a un moto circolare, le posizioni angolari
e le velocità angolari.
10 CAPITOLO 1. MODELLI DI STATO
Sistemi termici: Una scelta canonica che consente di ottenere modelli di stato di sistemi termici
consiste nel selezionare come variabili di stato l’insieme di tutte le temperature dei componenti
del sistema.
Definizione 1.4.1 Il vettore x̄ si dice punto di equilibrio per il sistema (1.4.1) relativamente
all’ingresso ū se l’evoluzione di stato corrispondente all’ingresso costante u(t) ⌘ ū, t 0 e allo
stato iniziale x(0) = x̄, è la costante x(t) ⌘ x̄, t 0.
Dato un punto di equilibrio x̄ relativo all’ingresso costante ū, la quantità ȳ = h(x̄, ū) si dice
uscita di equilibrio corrispondente a (x̄, ū).
In termini meno formali, si può dire che, uno stato x̄ è di equilibrio relativamente all’ingresso
costante u(t) ⌘ ū se, in corrispondenza a tale ingresso, lo stato del sistema rimane ancorato al
valore iniziale x̄.
Risulta immediato verificare che x̄ è un equilibrio relativamente a ū se e solo se risolve l’equazione
Pertanto, per determinare l’insieme degli stati di equilibrio corrispondenti a ū è sufficiente risolvere
la (1.4.2) che è un’equazione algebrica (non di↵erenziale). Si noti che, fissato ū, la (1.4.2) può non
ammettere soluzioni o ammetterne infinite. Per esempio si verifichi che il sistema
(
ẋ(t) = sin(x(t)) + u(t),
(1.4.3)
y(t) = h(x(t), u(t))
F x + Gū = 0. (1.4.5)
1. se il vettore Gū appartiene allo spazio vettoriale generato dalle colonne di F o, in breve,
Gū 2 im F , la (1.4.5) ammette infinite soluzioni;
Si noti che nel caso in cui ū 6= 0, la condizione Gū 2 im F è equivalente alla im G ✓ im F (ossia lo
spazio vettoriale generato dalle colonne di G appartiene allo spazio vettoriale generato dalle colonne
di F ). Se invece ū = 0 allora la condizione Gū = 0 2 im F è sempre verificata e tutte e sole le
soluzioni della (1.4.5) sono gli elementi di ker F (lo spazio nullo di F ).
In particolare, si può quindi conludere che, in corrispondenza dell’ingresso nullo ū = 0, qualunque
sistema lineare ammette il punto di equilibrio x̄ = 0.
Esempio 1.4.1 Si consideri il pendolo dell’Esempio 1.3.5 e il relativo modello (1.3.16). Fissato un
ingresso costante u(t) = ū, si vogliono calcolare i corrispondenti stati di equilibrio. La (1.4.2) si
particolarizza nella " # " #
x2 0
g k = (1.4.6)
l sin(x1 ) x + ml1 2 ū
ml2 2
0
Questa equazione ammette soluzioni se e solo se
1.5 Linearizzazione
Si illustrerà ora come un sistema non lineare (ma tempo-invariante) può essere approssimato,
nell’intorno di un punto di equilibrio, da un modello lineare. Sia dunque dato il sistema (1.4.1) e
sia x̄ un suo punto di equilibrio relativo all’ingresso costante ū. Si definiscano i segnali
x (t) := x(t) x̄, u (t) := u(t) ū, y (t) := y(t) ȳ. (1.5.1)
Si indichi con @f
@x la matrice quadrata di ordine n che ha per elemento di posizione i, j la derivata
di fi (la i-esima componente di f ) rispetto alla j-esima variabile di stato xj (detta anche matrice
Jacobiana di f ). Analogamente, si indichi con @f @u la matrice n ⇥ m le colonna che ha che ha per
elemento di posizione i, j la derivata di fi rispetto alla j-esima componente di ingresso uj , con @h
@x
12 CAPITOLO 1. MODELLI DI STATO
@h
la matrice p ⇥ m che ha per elemento di posizione i, j la derivata di hi , rispetto a xj e con @u la
matrice p ⇥ m le colonna che ha che ha per elemento di posizione i, j la derivata di hi rispetto a
uj . Gli elementi di @f @f @h @h
@x , @u , @x e @u sono funzioni di x e u cosicché, valutandoli in corrispondenza
dello stato x̄ e dell’ingresso costante ū, si ottengono valori reali. Si ponga dunque
@f @f
F := x=x̄
2 Rn⇥n , G := x=x̄
2 Rn⇥m , (1.5.3a)
@x u=ū @u u=ū
@h @h
H := x=x̄
2 Rp⇥n , J := x=x̄
2 Rp⇥m . (1.5.3b)
@x u=ū @u u=ū
Ricordando che f (x̄, ū) = 0 e ȳ = h(x̄, ū), e tenendo conto delle definizioni (1.5.3), si ha
(
˙x (t) = F x (t) +G u (t) + o( x , u ),
(1.5.5)
y (t) = H x (t) +J u (t) + o( x , u)
In conclusione, fino a che il sistema si mantiene in un intorno del punto di equilibrio, la di-
namica degli scostamenti può essere approssimata da un sistema lineare. Questa possibilità è molto
importante perché:
1. I sistemi lineari sono molto più agevoli da trattare dei sistemi non lineari.
2. Nella pratica ingegneristica accade di frequente che ingresso e stato di un sistema non lineare
rimangano confinati in un intorno di un punto di equilibrio.
In questo capitolo si analizza il comportamento dei sistemi per i quali il legame fra ingresso u(t) e
uscita y(t) è espresso da una coppia di equazioni lineari del tipo:
(
ẋ(t) = F x(t) + Gu(t),
(2.0.1)
y(t) = Hx(t) + Ju(t),
Teorema 2.1.1 Fissato lo stato iniziale x(t0 ) = x0 e l’andamento futuro dell’ingresso u(t), t t0 ,
l’evoluzione dello stato per t t0 è data da
Z t
x(t) = eF (t t0 )
x0 + eF (t ⌧)
Gu(⌧ )d⌧. (2.1.1)
t0
x(t0 ) = eF 0 x0 = x0 . (2.1.3)
13
14 CAPITOLO 2. ANALISI DEI SISTEMI LTI
Quindi x(t) dato dalla (2.1.1) soddisfa l’equazione di↵erenziale (formula (2.1.4)) con le prescritte
condizioni iniziali (formula (2.1.3)) e quindi è la traiettoria dello stato corrispondente a stato iniziale
dato da x0 e ad ingresso dato da u(t).
La dimostrazione della (2.1.2) è immediata: essa si ottiene infatti sostituendo l’espressione (2.1.1)
di x(t) nella seconda delle (2.0.1).
Nel seguito, senza perdita di generalità, si assumerà t0 = 0 cosicché la (2.1.1) che è nota come
Formula di Lagrange, si scriverà nella forma
Z t
x(t) = eF t x0 + eF (t ⌧)
Gu(⌧ )d⌧, (2.1.5)
0
Analogamente la (2.1.6), cosı̀ come la (2.1.2), può essere scritta nella forma
y(t) = yl (t) + yf (t) (2.1.10)
dove
yl (t) := H eF t x0 , (2.1.11a)
Z t
yf (t) := H eF (t ⌧)
Gu(⌧ )d⌧ + Ju(t). (2.1.11b)
0
2.1. EVOLUZIONE DELLO STATO E DELL’USCITA 15
Si osservi che nella (2.1.8) l’evoluzione x(t) dello stato è decomposta additivamente in due termini:
il primo, xl (t), detto evoluzione libera dello stato del sistema, dipende solamente dallo stato iniziale
x0 e non dall’andamento dell’ingresso u(t); il secondo, xf (t), detto evoluzione forzata dello stato
del sistema, dipende solamente dall’ingresso u(t) e non dallo stato iniziale x0 . Analogamente, nella
(2.1.10) l’evoluzione y(t) dell’uscita è decomposta additivamente in due termini: il primo, yl (t),
detto evoluzione libera dell’uscita del sistema o risposta libera (del sistema) dipende solamente
dallo stato iniziale x0 e non dall’andamento dell’ingresso u(t); il secondo, yf (t), detto evoluzione
forzata dell’uscita del sistema o risposta forzata (del sistema) dipende solamente dall’ingresso u(t)
e non dallo stato iniziale x0 .
Si invita il lettore a verificare che questa decomposizione si può vedere come un caso particolare
del Teorema di sovrapposizione degli e↵etti. Essa corrisponde alla situazione in cui x00 = x0 ,
u0 (t) ⌘ 0, x000 = 0, u00 (t) = u(t) e ↵ = = 1.
Per ogni x0 2 Rn , ciascun elemento del vettore di stato xl (t) = eF t x0 è combinazione lineare
secondo coefficienti reali delle funzioni di M.
Inoltre, comunque data una funzione f (t) 2 M esistono condizioni iniziali x0 2 Rn tali che la
funzione f (t) compare con combinatore non nullo in almeno un elemento di xl (t).
Si noti che i modi del sistema dipendono dalla sola matrice F e nel caso in cui F è diagonaliz-
zabile l’insieme dei modi ha una struttura molto semplice:
it it it
M := {e : i = 1, 2, . . . , r} [ {e cos(!i t), e sin(!i t) : i = 1, 2, . . . , c}. (2.1.15)
Proposizione 2.1.2 Per ogni x0 2 Rn , l’evoluzione libera dell’uscita yl (t) = HeF t x0 è combi-
nazione lineare secondo coefficienti reali dei modi del sistema.
Si noti che non è a↵ato detto che per ogni f (t) 2 M esistano condizioni iniziali x0 2 Rn tali
che la funzione f (t) compaia con combinatore non nullo in yl (t). In tal caso si dice che alcuni dei
modi del sistema non sono osservabili dall’uscita.
cosicché
1
Xf (s) = [(sI F) G]U (s) (2.1.17)
che evidenzia come Xf (s) sia il prodotto della quantità (sI F ) 1 G indipendente dall’ingresso
per la trasformata U (s) dell’ingresso. In particolare, l’i-esima colonna di (sI F ) 1 G è la trasfor-
mata dell’evoluzione forzata dello stato in corrispondenza dell’ingresso u(t) con i-esima compo-
nente impulsiva, ui (t) = (t)ei , dove ei indica l’i-esimo vettore canonico di Rm , definito come
ei = 1 e ej = 0 per j 6= i. Infatti, in corrispondenza di questo ingresso si ha Ui (s) = ei , cosicché
Xf, (s) = (sI F ) 1 GU (s) coincide proprio con l’i-esima colonna di (sI F ) 1 G. L’antitrasformata
di (sI F ) 1 G si ottiene facilmente sostituendo (t)ei a u(t) nell’espressione (2.1.9b):
da cui consegue immediatamente che ciascuna componente del vettore dell’evoluzione forzata dello
stato corrispondente ad un ingresso con sole componenti impulsive è data da una combinazione
lineare dei modi del sistema.
che mostra come anche l’evoluzione forzata dell’uscita sia prodotto di un termine
1
W (s) := H(sI F) G+J (2.1.21)
2.2. FUNZIONE DI TRASFERIMENTO E RISPOSTA IMPULSIVA 17
indipendente dall’ingresso, per la trasformata di Laplace dell’ingresso. Come per il caso precedente,
si verifica immediatamente che la i-esima colonna di W (s) è la trasformata dell’evoluzione forzata
dell’uscita in corrispondenza ad un ingresso impulsivo u(t) = (t)ei :
Yf, (s) = W (s)ei . (2.1.22)
La W (s) che gioca un ruolo fondamentale nella teoria del controllo si dice matrice di trasferimento
(nel caso di sistemi SISO funzione di trasferimento o trasferenza) del sistema (2.0.1). La sua
antitrasformata è una matrice che ha colonne coincidenti con l’evoluzione dell’uscita ottenute per
ingressi con componenti impulsive ed è chiamata matrice delle risposte impulsive (nel caso di sistemi
SISO risposta impulsiva) del sistema. Quest’ultima si ottiene facilmente dall’espressione (2.1.11b):
w(t) = HeF t G + J (t) (2.1.23)
da cui consegue immediatamente che l’evoluzione forzata dell’uscita corrispondente ad ingressi con
sole componente impulsivo è data da una combinazione lineare dei modi del sistema e da un impulso
scalato per la matrice J.
Si noti che la matrice delle risposte impulsive ha elementi che sono una pura combinazione
lineare dei modi del sistema (ossia è priva della componente impulsiva J (t)) se e solo se J = 0;
in tal caso il sistema si dice strettamente proprio. Come si vede, in un sistema strettamente
proprio l’ingresso non influenza l’uscita direttamente, ma solo indirettamente attraverso la sua
azione sull’equazione di stato. Questa è un’equazione di↵erenziale che ha un e↵etto regolarizzatore
(un impulso in ingresso significa che la derivata di x(t) ha una componente impulsiva cosicché x(t)
presenta una semplice discontinuità del secondo ordine).
Per questo motivo, nei sistemi strettamente propri, un impulso in ingresso dà luogo ad un’uscita
forzata priva di componenti impulsive.
Esempio 2.1.1 Si consideri il circuito dell’Esempio 1.3.1 e il relativo modello (1.3.3). Siano C1 =
C2 = C = 16 10 3 F, R1 = 2 000 Ohm e R2 = 3 000 Ohm. Si calcolino l’evoluzione dello stato e
dell’uscita in corrispondenza ad un ingresso a gradino unitario (u(t) ⌘ 1 Volt, t 0 e u(t) ⌘ 0
Volt, t < 0) e a un stato iniziale in cui le tensioni ai capi dei due condensatori C1 e C2 sono di 0 e
5 Volt, rispettivamente.
Proposizione 2.2.1 Nel caso di sistemi SISO, la funzione W (s) data dall’espressione (2.1.21) è
una funzione razionale propria di s. Inoltre, W (s) è strettamente propria se e solo se J = 0.
1 1
(sI F) = adj(sI F ), (2.2.25)
det(sI F)
dove adj(sI F ) indica la matrice aggiunta di sI F ossia la matrice quadrata con le stesse
dimensioni di F il cui elemento di indice i, j è pari a
1. Come si caratterizza l’insieme delle funzioni razionali che sono funzioni di trasferimento di
un sistema del tipo (2.0.1)?
3. Data una funzione di trasferimento W (s) come si calcola una quadrupla (F, G, H, J) tale che
valga la (2.1.21) ? Come si caratterizza l’insieme di tali quadruple?
Definizione 2.2.1 Si dice realizzazione di una funzione di trasferimento W (s) una quadrupla
(F, G, H, J) per la quale è soddisfatta la (2.1.21). Una realizzazione (F, G, H, J) di W (s) si dice
minima se non esiste alcuna altra realizzazione (F 0 , G0 , H 0 , J 0 ) di W (s) tale che l’ordine della ma-
trice F 0 sia minore dell’ordine della matrice F .
Teorema 2.2.1 Data una qualunque funzione razionale propria W (s) esiste una sua realizzazione
(F, G, H, J).
2.2. FUNZIONE DI TRASFERIMENTO E RISPOSTA IMPULSIVA 19
D(s) = a0 +a1 s+. . . sn (senza perdita di generalità si è assunto D(s) monico). Si verifica facilmente
per ispezione che la quadrupla
2 3 2 3
0 1 0 ··· 0 0
6 0 0 1 ··· 0 7 6 0 7
6 7 6 7
6 .. .. .. .. 7 6 .. 7
F =6
6 . . . . 0
72
7 Rn⇥n G=6
6 .
72
7 Rn⇥1 (2.2.29)
6 7 6 7
4 0 0 ... 0 1 5 4 0 5
a0 a1 ... ... an 1 1
h i
H= b0 b1 . . . . . . bn 1 2 R1⇥n J = W (1) 2 R (2.2.30)
Teorema 2.2.2 Si consideri una rappresentazione minima di una funzione razionale propria W (s) =
N (s)
D(s) e sia (F, G, H, J) una realizzazione di W (s). Le seguenti condizioni sono equivalenti:
3. Le matrici 2 3
H
6 HF 7
h i 6 7
6 7
R := G | F G | F 2 G | · · · | F n 1
G e O := 6 HF 2 7
6 7
6 .. 7
4 . 5
HF n 1
Inoltre date due realizzazioni minime (F, G, H, J) e (F 0 , G0 , H 0 , J 0 ) di W (s), esiste una matrice non
singolare T 2 Rn⇥n tale che
F0 = T 1
F T, G0 = T 1
G H 0 = HT, J 0 = J. (2.2.31)
La stabilità
3.1 Definizioni
Si consideri il sistema (
ẋ(t) = f (x(t), u(t)),
(3.1.1)
y(t) = h(x(t), u(t)),
e sia (x̄, ū) un suo punto di equilibrio. Fissato uno stato iniziale x0 = x̄ + x, si indichi con x (t)
l’evoluzione dello stato in corrispondenza all’ingresso costante ū e alla condizione iniziale x0 .
In termini meno formali si può dire che un punto di equilibrio è semplicemente stabile se in
corrispondenza all’ingresso costante u(t) ⌘ ū, la traiettoria di stato del sistema rimane confinata
in un intorno arbitrariamente piccolo dello stato di equilibrio x̄, purché la condizione iniziale sia
sufficientemente prossima a tale stato.
In termini meno formali si può dire che un punto di equilibrio è asintoticamente stabile se in
corrispondenza all’ingresso costante u(t) ⌘ ū, la traiettoria di stato rimane confinata in un intorno
arbitrariamente piccolo dello stato di equilibrio x̄ e tende a tale stato, purché la condizione iniziale
sia sufficientemente prossima a x̄.
Si noti che:
1. La stabilità e la stabilità asintotica sono proprietà del punto di equilibrio, non del sistema.
2. Esistono sistemi (necessariamente non lineari) che presentano punti di equilibrio non stabili
ma per i quali vale la (3.1.3). Tali punti di equilibrio si dicono attrattivi.
1
Si indica con kxk la norma euclidea del vettore x, ossia, dette xi , i = 1, 2, . . . , n, le componenti di x,
v
u n
uX 2
kxk := t xi .
i=1
21
22 CAPITOLO 3. LA STABILITÀ
x (t) x̄ = eF t x. (3.2.4)
Osservando che il secondo membro della (3.2.4) è anche lo scostamento dallo stato nullo dell’evoluzio-
ne di stato corrispondente all’ingresso identicamente nullo e allo stato iniziale x0 = x, si ha subito
la conclusione.
Si è dunque dimostrato che, nei sistemi lineari, la stabilità e la stabilità asintotica non dipendono
dal punto di equilibrio in esame. Pertanto esse sono proprietà del sistema. Si può quindi dare la
seguente definizione.
lim eF t = 0. (3.2.8)
t!1
2. è semplicemente stabile se e solo se tutti gli autovalori della matrice F hanno parte reale
negativa o nulla e tutti gli autovalori con parte reale nulla hanno molteplicità algebrica uguale
alla molteplicità geometrica.
In formule:
(3.2.1) Asintoticamente Stabile , Re[ ] < 0, 8 2 (F ) (3.2.9)
(
Re[ ] 0,
(3.2.1) Semplicemente Stabile , 8 2 (F ) (3.2.10)
Re[ ] = 0 ) ⌫( ) = g( ),
Esponenziale di matrici
A.1 Definizione
Nel seguito si definirà l’esponenziale di una arbitraria matrice quadrata A 2 Rn⇥n e se ne illustreran-
no alcune proprietà. La definizione è fondata sul seguente risultato:
Si osservi che l’esponenziale di matrice è stato introdotto per analogia con il caso scalare; infatti
P Ak tk
per ogni A 2 R e t 2 R si ha eAt = 1 k=0 k! . Pertanto, quando A è scalare il suo esponenziale si
riduce a quello consueto.
1. Per ogni i, j = 1, 2, . . . n, aij (t) è una funzione continua con tutte le sue derivate.
25
26 APPENDICE A. ESPONENZIALE DI MATRICI
d At
[e ] = AeAt = eAt A. (A.2.4)
dt
7. Se
2 3
J1 0 0 . . . 0
6 7
6 0 J2 0 . . . 0 7
A=6
6 .. .. .. .. .. 7
7
4 . . . . . 5
0 0 0 . . . Jl
è una matrice diagonale a blocchi allora eAt è anch’essa diagonale a blocchi e ciascuno dei
suoi blocchi diagonali è l’esponenziale del corrispondente blocco di A:
2 3
e J1 t 0 0 . . . 0
6 7
At
6 0 eJ 2 t 0 . . . 0 7
e =6
6 .. .. .. .. .. 7
7 (A.2.5)
4 . . . . . 5
0 0 0 . . . e lt
J
Av = v ) eAt v = e t v. (A.2.6)
9. Data A 2 Rn⇥n , sia T 2 Cn⇥n non singolare. Allora, per ogni t 2 R si ha3
1 )t
e(T AT = T eAt T 1
. (A.2.7)
Le proprietà 2-9 sono di immediata verifica a partire dalla definizone di esponenziale. La di-
mostrazione della proprietà 1 è meno immediata.
Si osservi che dalla proprietà 7 segue che l’esponenziale di una matrice diagonale ⇤ è, a sua volta,
una matrice diagonale i cui elementi diagonali sono gli esponenziali dei corrispondenti elementi di ⇤.
2
Si dice che due matrici A1 e A2 commutano se A1 A2 = A2 A1 .
Si noti che T AT 1 in generale non è una matrice reale in quanto T 2 C
3 n⇥n
. Per altro, la definizione di
esponenziale di matrici si estende in modo ovvio al caso complesso (la Proposizione A.1.1 continua a valere anche se
A2C
n⇥n
).
A.3. CALCOLO DELL’ESPONENZIALE DI UNA MATRICE 27
Definizione A.3.1 Sia A 2 Rn⇥n . A si dice diagonalizzabile se esiste una matrice non singolare
T 2 Cn⇥n tale che D := T 1 AT è una matrice diagonale (eventualmente anche a valori complessi).
Si osservi che:
3. i i e gli elementi di T nella (A.3.3) non sono necessariamente reali; però, se A è una matrice a
elementi reali, eAt è una matrice i cui elementi sono funzioni a valori reali e quindi, eseguendo il
prodotto a secondo membro della (A.3.3), si deve necessariamente ottenere una matrice reale.
28 APPENDICE A. ESPONENZIALE DI MATRICI
4. dalla (A.3.3) segue subito che gli elementi di eAt sono combinazioni lineari degli esponen-
ziali degli autovalori di A. Inoltre, se = + j! è un autovalore complesso di A si
può dimostrare che anche il suo complesso coniugato ¯ = j! è autovalore di A; nel
prodotto a secondo membro della (A.3.3), gli esponenziali e = e t [cos(!t) + j sin(!t)] e
t
¯
e t = e t [cos(!t) j sin(!t)] si combinano secondo coefficienti complessi coniugati in modo
che il loro contributo agli elementi dell’eponenziale eAt è costituito da combinazioni lineari
delle funzioni reali e t cos(!t) e e t sin(!t).
La precedente osservazione 4. è resa più precisa dalla seguente proposizione.
Proposizione A.3.1 Sia A 2 Rn⇥n diagonalizzabile e siano i , i = 1, 2, . . . , r, i suoi autovalori
reali e i ± j!i , i = 1, 2, . . . , c, quelli con parte immaginaria non nulla. Si consideri l’insieme di
funzioni linearmente indipendenti
it it it
M := {e : i = 1, 2, . . . , r} [ {e cos(!i t), e sin(!i t) : i = 1, 2, . . . , c}. (A.3.5)
Ciascun elemento di eAt è combinazione lineare secondo coefficienti reali delle funzioni di M.
Inoltre, comunque data una funzione f (t) 2 M, esiste almeno un elemento di eAt in cui la
funzione f (t) compare con combinatore non nullo.
Si ricordano ora alcuni concetti sulla teoria delle matrici utili per enunciare una condizione
necessaria e sufficiente per la diagonalizzabilità di una matrice.
A( ) = det[ I F] (A.3.6)
Proposizione A.3.2 Sia A 2 Rn⇥n . Condizione necessaria e sufficiente perché A sia diagonaliz-
zabile è che per ogni i 2 (F ) si abbia
⌫( i ) = g( i ). (A.3.8)
ker L := {v 2 R : Lv = 0}.
q
Tale insieme è un sottospazio vettoriale di Rq e viene anche detto nucleo o spazio nullo di L.
A.3. CALCOLO DELL’ESPONENZIALE DI UNA MATRICE 29
Ciascun blocco Ji ha ordine pari alla molteplicità aglebrica di i come autovalore di A. Inoltre,
ciascun Ji ha il solo autovalore i e ha anch’esso struttura diagonale a blocchi:
2 3
Ji1 0 0 . . . 0
6 7
6 0 Ji2 0 . . . 0 7
Ji = 6
6 .. .. .. .. .. 7.
7 (A.3.19)
4 . . . . . 5
0 0 0 . . . Jiki
Il numero di blocchi ki di Ji è pari alla molteplicità geometrica di i come autovalore di A. Detto
mi,j l’ordine del blocco Jij si ha mi,j mi,j+1 (i blocchi Jij hanno ordine decrescente). Infine,
ciascun blocco Jij ha la struttura bidiagonale
2 3
i 1 0 ... 0
6 0 1 ... 0 7
6 i 7
6 .. .. .. ..7
Jij = 6
6 . . . .
7 = i I + N.
7 (A.3.20)
6 7
4 0 0 0 i 1 5
0 0 0 ... i
dove N è una matrice che ha solo la prima sopradiagonale non nulla e precisamente con tutti gli
elementi pari a 1.
2 3
0 0 ... 0 1
6 0 0 ... 0 0 7
6 7
m 1
6 .. .. .. .. .. 7
..., N =6
6 . . .
7
. . 7, Nq = 0 8 q m
6 7
4 0 0 ... 0 0 5
0 0 ... 0 0
3. si calcola
eAt = T diag{eJ11 t , eJ12 t , . . . eJlkl t } T 1
(A.3.26)
it it it it
MC := {e cos(!i t), e sin(!i t), te cos(!i t), te sin(!i t), . . . ,
I(µi ) 1 it I(µi ) 1 it
t e cos(!i t), t e sin(!i t) : i = 1, 2, . . . , c}.
(A.3.29)
Ciascun elemento di eAt è combinazione lineare secondo coefficienti reali delle funzioni di M.
Inoltre, comunque data una funzione f (t) 2 M esiste almeno un elemento di eAt in cui la
funzione f (t) compare con combinatore non nullo.
il cui nucleo 82 3 2 39
>
> 2 0 >
>
>
<6 3 7 6 0 7>=
6 7 6 7
ker[2I A] = span 6 7 , 6 7 (A.3.37)
>
> 4 4 5 4 5 5>>
>
: >
;
1 3
ha dimensione 2. Quindi g1 = 2 e la forma di Jordan di A ha due miniblocchi e perciò può essere
la (A.3.33) oppure la (A.3.34). Per stabilire di quale di queste si tratti, si osservi che
2 3 2 3
130 82 6 10 0 0 0 0
6 195 123 9 15 7 6 0 0 0 0 7
6 7 6 7
[2I A]2 = 6 7, [2I A]3 = 6 7. (A.3.38)
4 260 164 12 20 5 4 0 0 0 0 5
65 41 3 5 0 0 0 0
AT = T J (A.3.39)
che può essere considerata come un’equazione lineare in T . Una delle (infinite) soluzioni della
(A.3.39) è 2 3
2 1 0 0
6 3 2 0 0 7
6 7
T =6 7, (A.3.40)
4 4 1 2 5 5
1 4 1 3
da cui si calcola facilmente 2 3
2 1 0 0
6 3 2 0 0 7
1 6 7
T =6 7. (A.3.41)
4 65 41 3 5 5
25 16 1 2
In conclusione
2 3
t2 2t
e2t t e2t 2e 0
6 7
6 0 e2t t e2t 0 7
eAt = T eJt T 1
=T 6 7 T 1=
4 0 0 e2t 0 5
0 0 0 e2t
2 3
1 71 t 65 t2 45 t + 41 t2 3 t + 3 t2 5 t 5 t2
6 139 t 195 2 123 2 9 2
10 t 15 2 7
= e2t 6
6 2 t 1 + 88 t + 2 t 6t+ 2 t 2 t 7
7. (A.3.42)
4 77 t 130 t2 49 t + 82 t2 1 + 3 t + 6 t2 5 t 10 t2 5
65 2 41 2 3 2
263 t 2 t 166 t + 2 t 12 t + 2 t 1 20 t 52 t2