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TESTO

Il testo è un atto comunicativo. La comunicazione umana è soprattutto verbale: il testo si basa su un codice
linguistico orale e scritto che una comunità di individui conosce, si tramanda e una per formare una rete di legami
grammaticali (fonetici, morfologici, sintattici) e semantici che consente di produrre ricevere informazioni e realizzare
scambi comunicativi. Questa rete di collegamenti si estende sia all’interno del testo stesso (parole, frasi, periodi) sia
verso l’esterno (in relazione alla particolare situazione comunicativa- sociale, culturale…). Il testo verbale è l’esito
dell’interazione delle parole in relazione al:

- Contesto  l’insieme di circostanze linguistiche ed extralinguistiche, in cui si verifica l’atto comunicativo


(tutto ciò che circonda la nostra comunicazione);
- Cotesto  l’insieme di parole che precedono o seguono un’altra parola in uno stesso testo e nella stessa
conversazione;

Ogni testo si basa su regole di cooperazione fondate sul comune buonsenso e chiamate “massime conversazionali”
(o massime comunicative di Grice  dal linguista Paul Grice):

1. Quantità  fa riferimento al giusto contenuto da comunicare, non si deve essere eccessivamente


ridondanti, e non possiamo essere nemmeno troppo sintetici, impliciti;
2. Qualità  fa riferimento all’attenersi a ciò che riteniamo vero, usando anche strategie come: credo, penso,
sembra, il condizionale per cose di cui non siamo certi (in modo da avvisare il nostro interlocutore che
stiamo parlando di una verità ma che non siamo sicuri);
3. Relazione; riguarda la pertinenza  dobbiamo essere coerenti con il contesto quando comunichiamo 
“Vieni alla festa?” - “Ho molti compiti”, anche se non è una risposta diretta, ho fornito una risposta
pertinente, se invece rispondessi “ho raccolto dei fiori”, la pertinenza è inefficace;
4. Modo riguarda la forma del nostro messaggio, dobbiamo essere chiari;

Vi ricordate la differenza tra frase ed enunciato?


- La frase deve collegare insieme in maniera grammaticalmente corretta.
- L’enunciato deve soprattutto essere legato alla logica e al contesto.

Quindi diciamo che il testo è composto da un insieme di enunciati che devono risultare coerenti. Se abbiamo frasi
come:

La spider rossa parla con la berlina azzurra.

Il testo grammaticalmente funziona però non ha senso, perché secondo la logica le auto non parlano, in contesto
naturale (avrebbe senso se fosse una frase detta in un cartone animato). Il contesto può cambiare:

Giovanni cammina da solo sulla riva del mare.

Cosa vuol dire questa frase? Se parliamo di un ragazzo di vent’anni, possiamo dire che a Giovanni piace il mare, è
felice, triste, insomma una moltitudine si significati. Ma se Giovanni è un bambino di tre anni? Si è perso, potrebbe
correre un pericolo e quini il contesto cambia. In questo caso, sono importanti le nostre conoscenze condivise (su
base planetaria), un bambino di tre anni non può camminare da solo sula riva del mare. Quando interpretiamo la
frase, compiamo quindi un’azione di decodifica:

Giovanni cammina da solo sulla riva del mare.

Cosa decodifichiamo in un nanosecondo? Mettiamo insieme i fonemi, capiamo che mettono insieme un nome, un
avverbio, un verbo e la sua logica; quindi, decodifichiamo la frase

Quando interpretiamo il testo lo vediamo nel suo insieme e in base al contesto in cui ci troviamo, ricaviamo un
significato complessivo, quindi noi facciamo un’infermezza.

I principi che costituiscono il testo sono base di due principi essenziali sono COERENZA e COESIONE.
1. Coerenza, si realizza quando l’unione delle parti tra loro (parole, frasi, periodi) non dà mai luogo a
contraddizioni, ambiguità o contrati;
2. Coesione, il rispetto delle regole grammaticali e la capacità di saperle usare adeguatamente all’interno di un
testo (sulla punteggiatura);

LA COERENZA

La coerenza riguarda le relazioni semantiche tra le parole. In ogni testo riusciamo a capire le presupposizioni e le
implicazioni:

- La presupposizione è l'informazione che risulta indispensabile ai fini del senso dell'enunciato e che viene
presentata come vera. Per esempio nella frase "Le bugie che mi dici mi fanno stare male" il fatto che siano
state dette delle bugie (l'eventuale risposta Io non dico le bugie non negherebbe dunque l'affermazione, cioè
il fatto che le bugie facciano stare male, ma il suo presupposto vale a dire che siano state dette);
- l'implicazione è un'informazione non espresso esplicitamente, ma lasciata intendere: è dunque ricavabile
per inferenza. A generala nel senso della frase e le sue relazioni logiche, cioè l'uso dei connettivi come: ma,
quindi, persino, non ancora ecc.
Va benissimo a scuola, ma fa anche tantissimo Sport
È molto alto, ma fa anche tantissimo sforzo
Entrambe le frasi lasciano intendere cose diverse

Il TITOLO ha una funzione fondamentale che indirizza la comprensione del lettore. tant’è vero che nella scrittura
giornalistica il mestiere del titolista è separato da quello del giornalista, perché il titolista vuole scegliere il titolo del
testo, vuole cercare di indirizzare la comprensione (poi magari l’articolo dice tutt’altra cosa).

GIOCHI SULLA SPIAGGIA

Giovanni portò la sua barchetta sulla spiaggia e la mise in acqua, osservando le onde tranquille si
addormentò, ma dopo un po' il cielo si annuvolò e la pioggia si affacciò all’orizzonte.

In questo caso, con questo titolo pensiamo che Giovanni e un bambino che gioca con la barchetta, che poi si
addormenta sulla spiaggia e che rischia di bagnarsi perché piove. Se noi cambiamo il titolo in “TRAGEDIA IN MARE”
seppure il testo sia identico l’interpretazione cambia senza nemmeno spostare un segno di interpunzione, questo
perché il titolo ci indirizza: Giovanni magari in questo caso non è un bambino, forse un pescatore che sta su una
barca e che la pioggia potrebbe rappresentare un problema serio.

Alcuni anni fa dei linguisti fecero un esperimento di fronte ad un certo numero di persone: “Giovanni si preparava
ad andare a scuola ed era molto preoccupato” --> si interpreta Giovanni come un bambino o alunno. Poi se si
aggiunge: “il preside lo aveva rimproverato per non aver tenuto il silenzio in classe” -> interpretiamo Giovanni
come un professore. Poi ancora: “era però la prima volta che il prof gli affidava quel compito...” -> l’interpretazione
di Giovanni si trasforma in un alunno... dunque il significato cambia di volta in volta.

LA DEISSI

La deissi è ciò che collega il contenuto del nostro enunciato al contesto esterno. Gli elementi deittici possono anche
servire per riprendere quanto abbiamo già detto. A volte usiamo anche coesivi che non sono deittici, ad esempio
pronomi che non si riferiscono a persone ma ad oggetti che servono per coesione anaforica e vengono utilizzati
come deittici.

Mi piace la camicia che hai comprato. Mi diresti dove l’hai trovata?

In questo caso il pronome l rinvia a “la camicia”. Se sono con un amico dico “dove l’hai trovata?” indicando la
camicia In questo caso non c’è nessun antecedente e nessun inizio di catena e il pronome l è usato come deittico
perché indica qualcosa che è al di fuori. Ovviamente può essere usato solo nel parlato.

Elementi deittici:

- Deissi personale Pronomi personali, soprattutto pronomi di 1 e 3 persona


- Deissi spaziale e temporale  avverbi spaziali (qui, sopra, sotto), elementi temporali (oggi, domani, ieri). Al
posto di ieri, oggi, domani abbiamo: il giorno prima, il giorno stesso, il giorno dopo. Invece di qui abbiamo: lì,
la;
- Deissi sociale pronomi di cortesia. Se uso il “tu” o il “lei” sto indicando una persona nel cotesto al di fuori
dell’enunciato e indico anche la relazione che ho con quella persona (stretta conoscenza, nuova conoscenza
rapporto di età, status sociale ecc…)

Se abbiamo una frase nel parlato come:

“Ora si è fatto buio; accendi il lume sul tavolo”

abbiamo una serie di elementi deittici che indicano la relazione temporale tra il momento in cui sto parlando e il
momento in cui avviene ciò che sto dicendo (temporale- ora; locativo- sul: fa capire a chi mi ascolta qual è il tavolo e
qual è il lume).

Nello scritto però, quando siamo distanti dalla persona che ci ascolta, questo sistema di deissi deve cambiare.

“Sul calare del giorno ieri si era fatto buio.”

Il rapporto temporale è cambiato. Rispetto al momento in cui parlo e in cui scrivo è passato, dunque devo specificare
quando si è fatto buio perché non è un contesto in comune.

“Sul calare del giorno ieri si era fatto buio e ho pregato mio fratello di accendere il lume che si trovava sul tavolo
vicino alla finestra.”

-C’è una forte differenza anche se riproduciamo qualcosa con il discorso diretto o con il discorso indiretto.

Mario mi ha detto: “oggi non eri qui con noi”

Mario mi ha detto che ieri non ero lì con loro

Nel discorso indiretto cambiano completamente i deittici in quanto sto riproducendo le parole dette da Mario per
collegare quello che lui dice al contesto intorno. Questo vuol dire che qualsiasi cosa noi diciamo ha un’origine e parte
dal centro della comunicazione. Chi è il centro della comunicazione? Colui che parla e che scrive, un io che dice: io,
qui, ora origo (sono i tre elementi di partenza della comunicazione). In base a questo punto di partenza ogni volta
cambia la combinazione della deissi.

“È arrivato quando avevo finito di mangiare”.

C’è un io che parla “è arrivato” e dice qualcosa di passato rispetto a me, qui, ora. Verbo deittico, indica solo la
relazione tra il momento dell’avvenimento e il momento in cui io comunico. Il secondo passato “quando avevo finito
di mangiare” indica due relazioni: una con il momento in cui comunico e l’altra con il momento in cui è arrivato, che
è un qualcosa che è già stato detto (deittico anaforico).

LA COESIONE

La coesione riguarda i rapporti grammaticali all’interno della frase si servono dei:

 Connettivi  congiunzioni coordinative, congiunzioni subordinative, ci rivelano le relazioni sintattiche


all’interno di un testo;
 Proforme o coesivi  sono elementi di vario genere che servono a riprendere ciò che è già stato detto nel
testo (valore anaforico), o talvolta ad anticipare ciò che sarà detto (valore cataforico);**
 Relazioni endoforiche/ esoforiche  endoforiche significa all’interno del testo, mettono in relazione parti
del testo con delle espressioni esplicite, come ad esempio “abbiamo detto” (rinvio a qualcosa per cercare di
ricordare quanto è già stato detto); Esoforico è tutto ciò che rinvia al di fuori del testo “come vedremo”
(anticipa a qualcosa che deve essere ancora detto);
**Inoltre i coesivi possono distinguere tra il coesivo lessicale (se ha un contenuto semantico ricco, comparendo
sottoforma di sostantivo, aggettivo, verbo) e non lessicale (se ha un contenuto semantico povero, come nel caso del
pronome, dell’ellissi e di alcuni avverbi). Tra coesivo nominale (se l’elemento richiamato è un sostantivo o un
sintagma nominale, un pronome, un aggettivo, avverbio) e testuale (se l’elemento al quale il coesivo rinvia è una
frase semplice, un intero periodo o una porzione di testo ancora più ampia).

La coesione cataforica è interessante nella scrittura giornalistica, dei gialli, poliziesca, nella cronaca giornalistica;

“È arrivato dopo un viaggio di mesi, stanco, affamato ma ora finalmente felice: Kamal è un giovane indiano...”

Può capitare che una cronaca di giornale faccia riferimento al soggetto che sarà poi specificato in un secondo
momento attraverso una serie di coesivi che rinviano a destra (è arrivato) ci riferiamo quindi ad una sola persona di
genere maschile stanco affamato e felice sono tutti aggettivi che concordano con qualcosa che non abbiamo ancora
introdotto e poi finalmente sveliamo il soggetto di cui parliamo.

Però, nella maggioranza dei testi, la coesione è di tipo anaforico. Fin ora abbiamo visto la dislocazione a sinistra “il
giornale lo compra Mario” clitico con valore anaforico, poi abbiamo visto la dislocazione a destra “lo compra Mario
il giornale” valore cataforico e abbiamo anche elementi e costruzioni non proprio di sintassi marcata ma che giocano
su questa diversa disposizione verso SX o DX con le costruzioni dichiarative “Ti dico questo che sei stato fortunato”
questa costruzione è diversa dalla completiva, ricordate che abbiamo detto delle completive, cioè, che sono
preposizioni nucleari, non dimenticatelo che sarebbe “Ti dico che tu sei stato fortunato”, invece la dichiarativa è
preceduta da un dimostrativo che serve per focalizzare o dare maggiore sottolineatura, e in questo caso il
dimostrativo ha valore cataforico, in quanto anticipa la proposizione che si trova a destra. Possiamo avere costrutti
dichiarativi anche all’inverso “ Questo ti dico che sei stato fortunato” qui invece “questo” ha valore anaforico, nelle
costruzioni dichiarative giusto per completare la parentesi, la proposizione può avere valore di complemento
oggetto sulla base del dimostrativo che la anticipa “questo mi piace, che sei gentile”. Quindi sulla base della
funzione del dimostrativo sono soggettive od oggettive.

I meccanismi della coesione hanno diversi gradi di forza o debolezza

 maggiore o minore esplicitezza, più la coesione è forte più sarà esplicita. Quando non siamo completamente
espliciti la coesione è debole; Il legame è forte quando c’è quindi una connessione evidente tra l’elemento
primario e quello con cui riprendiamo il discorso.
 Anafora 0 quando siamo di fronte a frasi con verbi di modo non finiti come “Avendo visto il cattivo tempo
Mario non è partito”, “Mario si è accorto di lui arrivando in ufficio”, “Mario ha comprato dei fiori per essere
gentile” (non esplicita soggetto numero e persona)
 Marca di accordo verbale “Maria ha comprato un appartamento e lo ha arredato” come vedete in questo
caso abbiamo Maria (capo catena), la terza persona singolare è l’anello che rimanda a Maria, poi a un
appartamento inizia una seconda catena, è un altro capo catena, e in questo caso abbiamo anche il maschile
del participio passato. La marca di accordo verbale è una coesione anaforica tipica dell’italiano.
 Proforme pronominali o dimostrative, “Maria ha comprato un appartamento e lo ha arredato”, quel “lo” è
una proforma, un pronome, si aggancia a questa seconda catena che abbiamo introdotto nel nostro testo, ed
è un pronome singolare maschile. Non c’è però l’esplicitezza totale che ci può dare un nome, anche se ho
una costruzione come “ho visto ottimi libri ma anche buoni giornali, e quelli sono da comprare subito, questi
non so” quelli rinviano ai libri (che sono più lontani), e questi giornali sta ad indicare che sono vicini, quindi è
chiaro che “questo e quello” rinviano a queste due catene.
 Sostituzione lessicale che può essere un sinonimo “Per il compleanno di mia mamma ho comprato 12 rose
rosse, ho girato a lungo per riuscire a trovarle, ma sono i fiori che mia madre preferisce” è chiaro che i “fiori”
rinviano alle “rose” che ho comprato è una sostituzione lessicale, non è un pronome ma un nome pieno.
 Ripetizione, cioè ripetere ciò che abbiamo introdotto (una forma di aggancio rispetto a ciò che abbiamo
detto a sinistra), infatti è molto usato nel parlato.

La successione in una frase è sempre costituita da un capocatena+ una ripresa oppure da una antecedente+ una
ripresa, “Maria ha comprato un appartamento e lo ha arredato”, quindi l’antecedente di questo pronome “lo” è
“l’appartamento”, abbiamo detto che la coesione deve essere forte quando questo antecedente è molto distante,
debole quando questo antecedente è vicino, di solito è debole quando l’antecedente è soggetto ed ha pregnanza
semantica.

Gli elementi che hanno pregnanza semantica sono quelli che nel loro significato hanno un tratto umano, quindi tutto
ciò che è riferito a un essere umano, a parte i nomi propri anche fratello, sorella, re, regina, ciclista ecc. Anche tutto
quello che ha un tratto animato, quindi moscerini, acni ecc. Quello che invece è inanimato, è la minore pregnanza
semantica.

Quindi la coesione cresce se ciò che dobbiamo riprendere è molto distante, se non è il soggetto della frase, se ha una
debole pregnanza semantica. Però è anche vero il contrario, cioè se questo elemento che dobbiamo riprendere, è
vicino, è soggetto e ha una forte pregnanza semantica non dobbiamo usare una coesione forte, per
esempio:“Manzoni scrisse tre volte il proprio romanzo; la prima volta egli/lui lo intitolò Fermo e Lucia”, dire “la prima
volta egli/lui”, “la prima volta lo intitolò Fermo e Lucia”  non è un errore grammaticalmente, ma è un errore di
coesione, perché “Manzoni” è il soggetto (ha una forte pregnanza semantica), è chiaro che non abbiamo bisogna a
questa distanza ravvicinata di riprenderlo con una proforma, ma basta la marca di accordo. Ma se ho “La riscrittura
del romanzo impegnò a lungo Manzoni: per molto tempo egli/ lui non fu soddisfatto della veste linguistica” posso
anche ometterlo, anche se non è soggetto.

Diverso è il caso in cui: “Le persone che scrivono sui social raccontano spesso fatti non veri, anche con l’aggiunta di
particolari appassionanti: sono costruiti in modo da ingannare”, “sono costruiti in modo da ingannare” perché
questa coesione non funziona? Perché non sappiamo se si riferisce ai “fatti” o ai “particolari”, infatti abbiamo
bisogno di un dimostrativo.

La coesione più frequente e soprattutto nella scrittura giornalistica perché tende ad evitare i pronomi; quindi, la
sostituzione lessicale diventa quasi obbligatoria.
Sostituiamo l’antecedente con una parola piena di significato che può includerla, per esempio un iperonimo.

Rosa  Fiore (iperonimo)

Posso utilizzare qualcosa che in un determinato contesto è equivalente, quindi un sinonimo.

Ragazzina  fanciulla

Oppure posso adoperare una perifrasi (un sintagma più ampio).

Sorrentino ha presentato il suo film  […] Il regista vincitore dell’oscar

Succede nella scrittura giornalista, dove la bravura del giornalista è di trovare sostituzioni lessicali adeguate al
contesto. Non sempre la coincidenza può essere assoluta:

Abitazione  Casa
Sono sinonimi e quindi la ripresa è totale, piena.

Ragazzo  Fattorino
Non sempre si ha una giusta ripresa, perché un fattorino può anche essere non più giovane; può funzionare perché
nella nostra concezione, sappiamo che la maggior parte delle volte il fattorino è apportato ad una persona giovane.
Esistono poi sostituzioni lessicali che riescono a rinviare ad un’intera frase: “Nel maggio 1618 i rappresentanti
imperiali invitati per dirimere la questione tra cattolici e riformati furono gettati dalla finestra nel fossato del
castello. L’EPISODIO passò alla storia come la defenestrazione di Praga”

In questo caso, EPISODIO a cosa si riferisce?


Non ad un capo catena preciso ma all’intero accaduto, quindi una sostituzione lessicale che riprende ad un contenuto
lessicale più ampio: Queste nozioni sono detti INCAPSULATORI ANAFORICI. Sono parole che racchiudono un
significato piuttosto ampio. La catena che si crea, crea anche una sequenza di COREFERENZE: Ho comprato una
casa in Via Veneto; è un’abitazione molto comoda e la vedrai presto.

Abitazione -> Coesivo, sostituzione lessicale


La -> Coesivo pronominale, sostituzione lessicale che rinvia sia a casa che ad abitazione.
Casa -> capo catena
Abitazione -> primo anello
La -> secondo anello

Talvolta succede, soprattutto nel parlato che ci siano solo coreferenze apparenti, dette ABNORMI. Ci sono
possibilità, della sostituzione lessicale, di aggiungere informazioni aggiuntive; nell’esempio della scrittura
giornalistica perché la sostituzione lessicale permette di aggiungere informazioni:

“EMILIANO DE CHERCHI è stato fermato dalla polizia per il delitto di via Cuffrano alla Garbatella. L’ASSASSINO
QUARANTENNE si è servito di un tagliacarte.”

Cosa abbiamo fatto sapere al lettore di aggiuntivo che nella prima frase non c’è? Ovviamente l’età (quarantenne) e ha
commesso un omicidio (l’assassino).

“EMILIANO DE CHERCHI è stato fermato dalla polizia per il delitto di via Cuffrano alla Garbatella. LO SPIETATO
ASSASINO ha ucciso la vittima con un tagliacarte.”

Qui cosa viene aggiunto? Un aggettivo diverso dalla prima affermazione, dove nel primo caso c’è un’aggiunta di
informazioni mentre nel secondo caso c’è un giudizio (spietato) da parte del giornalista.

L’uso forbito di aggettivi, sia nello scritto che nel parlato, possono veicolare giudizi e indirizzare i lettori a
condividere i miei giudizi. In questi casi si parla di ANAFORA VALUTATIVA. L’anafora valutativa si costruisce
molto più frequentemente con gli incapsulatori. L’incapsulatore anaforico è una parola o espressione che rinvia
all’intero contenuto di ciò che abbiamo detto prima.

Ex: la collina è stata distrutta da un incendio che ha compresso la flora locale. La tragedia ambientale è stata vissuta
con stupore dagli abitanti.

Sono meccanismi utilizzati nella scrittura giornalistica, nel parlato polito e anche nel parlato quotidiano. La coesione
anaforica, come già detto, si serve anche di dimostrativi o comunque non si tratta di dimostrativi quando si parla di
anafora di coesione, anaforica attraverso elementi deittici.

LA DISTRIBUZIONE

Noi distribuiamo la nostra informazione in un discorso.

Nella frase ''Mario ha regalato un libro a Giovanni'' sul piano della struttura tematica (nel senso che indichiamo a chi
ci ascolta il tema della nostra conversazione), di base:

- Mario  tema;
- Ha regalato un libro a Giovanni  rema.

Ovviamente in ogni testo abbiamo un tema: mettiamo che voi scriviate un saggio su Manzoni, a quel punto lo stesso
Manzoni sarà il tema del nostro testo, su cui daremo informazioni. Il tema in esame sarà però sempre un tema che
farà da sfondo e sul quale si svilupperanno, poi, un'infinita serie di altri sottotemi, quali quelli di ciascun capitolo, di
ciascun paragrafo e di ciascun enunciato.

Tornando alla frase analizzata ('''Mario ha regalato un libro a Giovanni'') effettuiamo un'ulteriore distinzione per cui
Mario è l'elemento noto, mentre ''ha regalato un libro a Giovanni'' diviene la nuova informazione inserita e
presentata.

Nel migliore dei modi possibili questi due elementi coincidono nell'ordine S-V-O. Tuttavia, per quanto riguarda
soprattutto i temi dei singoli enunciati non sempre funziona così. Si potrebbe, infatti, ottenere una frase scissa (''E'
Mario che ha regalato un libro a Giovanni'').
Sul piano della sintassi tutto questo si intreccia fortemente anche con la libertà, più o meno ampia, che, in italiano,
abbiamo conservato di disporre le componenti delle frasi. Sul piano della sintassi tradizionale e della vecchia analisi
logica, invece, avremo:

- MARIO  soggetto
- HA REGALATO  predicato
- UN LIBRO complemento oggetto
- A GIOVANNI complemento di termine

Quindi l'analisi logica pone ogni elemento sullo stesso piano analizzandone solo la funzione. In linguistica, invece,
possiamo analizzare la lingua da punti di vista diversi che, però, convivono. Abbiamo, infatti, bisogno di tenere
presente in ogni caso la struttura delle informazioni.

ALTRI REQUISITI DEL TESTO

I primi due requisiti del testo, che abbiamo già visto, sono coerenza e coesione, ai quali si aggiungono anche
l'intenzionalità, l'accettabilità, l'informatività, la situazionalità e l'intertestualità. Gli ultimi due requisiti citati sono
particolarmente legati all'interlocutore.

L'intenzionalità  Il testo, solitamente, ha come scopo la comunicazione. Per far sì che essa avvenga non solo deve
esserci l'intenzione di comunicare, ma a questa deve essere aggiunta una chiara intenzione comunicativa. L'
intenzione comunicativa si esprime in molti modi, facendo un esempio banale, se dicessimo ''Vorresti portarmi il
libro domani?'', in questo caso, adoperando il condizionale faremmo capire che stiamo facendo una richiesta. Se
invece dicessimo ''Portami il libro domani!'' è chiaro che l'intenzione è quella di dare un ordine.

L'accettabilità  L'accettabilità riguarda, invece, il destinatario, che deve trovare accettabile l'intenzione e poi
decidere di percepirla ed eventualmente accoglierla.

L'informatività  Ogni testo deve avere un'adeguata distribuzione tematica e informativa, quindi una giusta
successione di tema e rema.

La situazionalità  L'adeguamento di quanto stiamo dicendo alla situazione e al contesto in cui stiamo
comunicando.

L'intertestualità  Consiste in interazioni che si creano fra testi diversi. Si può avere un’intertestualità banale nella
conversazione di tutti i giorni. Se prima chiediamo, per esempio, di spegnere la luce esplicitandone i motivi e poi
chiediamo di riaccenderla semplicemente dicendo ''Riaccendete'', questo ''Riaccendete'' farà riferimento al testo
precedente, che non verrà ripetuto. Si crea, cosi, un rapporto intertestuale. L'intertestualità è anche molto
importante in letteratura perché molti autori possono fare esplicitamente riferimento ad altre opere o ad altri testi.

LE TIPOLOGIE TESTUALI

Abbiamo varie classificazioni delle tipologie testuali, ma ne analizzeremo principalmente due. Abbiamo una
classificazione tradizionale (che si fonda sulle finalità del testo) e una classificazione risalente agli anni 90 che si basa
sul vincolo che si crea tra il destinatario e il mittente.

Classificazione tradizionale

Distingue tra testi narrativi, espositivi, argomentativi e regolativi.

- Narrativi: testi che narrano di una vicenda, che si basano principalmente su un elemento: il tempo. Ogni
narrazione si distende lungo un determinato tempo. Questa temporalità si può esprimere in modi diversi.
Nella narrazione letteraria, per esempio, la narrazione scorre in maniera cronologica. Nella narrativa si
presenta maggiormente il cosiddetto intreccio, in cui il narratore colloca diversamente gli eventi. Non si
segue più un ordine cronologico ma la storia può aprirsi, ad esempio, con un protagonista che sta già
morendo che poi ricorda il suo passato.
- Espositivi: in cui l'elemento che fa da perno non è il tempo ma lo spazio. I testi espositivi si identificano con i
manuali, che illustrano qualcosa spiegandola.
- Descrittivi: Il testo utilizza numerose descrizioni, basate a loro volta su una persona o un oggetto presente in
un dato spazio.
- Argomentativi: dimostrano qualcosa. Dimostrano una tesi (annunciata) portando a favore di essa elementi,
fatti e dati. Essi richiedono una rigida organizzazione. Sono i cosiddetti testi accademici.
- Regolativi: Espongono norme di comportamento, istruzioni. Si tratta principalmente di testi giuridici.
Esaminare la classificazione delle tipologie testuali elaborata da Sabatini nel 1999, che diversamente da quella che
abbiamo visto precedentemente, che si basa sulla natura principale del testo, invece si fonda come abbiamo
anticipato su una sorta di vincolo che si crea fra chi produce o emette il testo, se siamo in una situazione di testi
parlato e non scritto, o il destinatario che riceve. Questo vincolo, questo fatto può essere più o meno rigido, libero,
per cui Sabatini scinde in 3 tipologie: testi molto vincolanti, mediamente e poco vincolanti.

1. I testi molto vincolanti sono quelli per il quale il lettore ha poche possibilità di interpretazione del testo, di
modificazione o di intervento, significa che da parte di colui che produce ci debba essere un’estrema attenzione
alla chiarezza, all’assenza di ambiguità, massima correttezza sul piano della costruzione sintattica e delle scelte
lessicali, proprio perché deve raggiungere il pubblico con ricezione da parte del destinatario o dell’ascoltatore
che deve concepire e accettare la totalità degli elementi del testo che riceve. In questa categoria è chiaro che
troviamo:
- I testi scientifici che sono quelli che rivelano contenuti di tipo scientifico portando le verità ad esso connesse,
quindi oltre il fatto che ne spiega la natura, rivela tutto ciò che è relativo come scoperte, documentazioni, che si
basano su un rapporto vero falso, nel senso che il testo scientifico va a dimostrare una verità e si deve poter
valutare la veridicità o falsità. Col tempo possono anche cambiare;
- I testi giuridici  si fondano sulla coercizione obbligata del lettore, nel senso che tutti sono obbligati a rispettare
questi testi, regolamenti e disposizioni e tutto ciò che appartiene al grande settore della giurisprudenza
dell’amministrazione, ovviamente anche qui col tempo i giuristi possono dare diverse interpretazioni e quindi
modificarle ma comunque devono essere seguite;
- I testi tecnici  si intende testi di carattere regolativo ma non stabiliscono regole di comportamento standard
stabile a cui ci si deve necessariamente attenersi, ma per esempio manuali di istruzioni o descrizioni di un
apparato tecnico, come il funzionamento di un tablet e quindi qui tradotto tipologia per tipologia i testi che
rientrano in questa tipologia, trattati, articoli scientifici, manuali di studio ecc.

2. I testi mediamente vincolanti sono quelli che lasciano maggior interpretazione, ossia possibilità di riflessione del
testo, quindi di solito rispondono sempre ad un’alta necessità di mantenere corretta la sintassi, il lessico preciso,
però hanno un modo di esporre meno rigido perché per esempio, rimanendo in questa tipologia, troviamo:
- i testi divulgativi che quelli che spiegano ad esempio questa scoperta che effetti avrà ecc. in maniera meno
rigida tale da consentire una maggiore comprensione di chi è alle prime armi o non ha praticità e conoscenza di
una determinata materia, ovviamente è necessario che il testo sia un’alta e buona divulgazione. (MANUALI DI
STUDIO)
- espositivi  le Enciclopedie.
- Informativi  saggi storici, politici ecc.
- Generalmente informativi articoli di giornale, libri divulgativi ecc.

Possiamo notare inoltre che per quanto riguarda queste relazioni tra testi di una stessa categoria vi è una sorta di
gerarchia che va dall’alto verso il basso, nel senso che si stabiliscono dei rapporti di difficoltà di testo in quanto alla
sua composizione e quindi comprensione, che vanno dall’alto verso il basso appunto. (divulgativo = + difficile nella
forma e nella composizione rispetto a testi genericamente informativi).

3. I testi poco vincolanti:


- Testi letterari (C’è un saggio di Umberto eco, Lector in fabula- a spiegare che i testi letterari differiscono perché
la narrazione è sempre concepita sotto una prospettiva soggettiva e non generica, quindi interpretata). Il lettore
infatti interpreta la poesia o la narrazione sulla base delle proprie esperienze e sensazioni, quindi non deve
attenersi al pensiero originale dell'autore, lo stesso autore lascia i testi a libera interpretazione.

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