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Il Diritto Commerciale è la disciplina delle regole dedicate agli imprenditori, alle loro attività e al
contesto in cui operano. Si tratta di un diritto molto complesso perché è il risultato della
coordinazione di diversi interessi che spesso vengono definiti come interessi a geometria variabile.
Si tratta infatti di posizioni molto diverse che interagiscono tra loro in modo diverso in funzione sia
del tempo che del contesto.
Gli interessi anche nell’ambito della singola posizione infatti si evolvono sia nel tempo che nel
contesto. Altro elemento di complessità è dato dalla molteplicità delle fonti del diritto commerciale,
tra queste troveremo non solo disposizioni di legge ma anche direttive comunitarie, regolamenti
emanati da particolari soggetti (CONSOB, Banca d’Italia, ecc) inoltre dovremo tenere in
considerazione l’interpretazione che viene data dalla giurisprudenza.
Da sempre il diritto commerciale ha una vocazione ultra-nazionale, in quanto gli scambi economici
si realizzano sempre più spesso tra soggetti appartenenti ad ordinamenti differenti.
E’ quindi necessaria una certa apertura e una certa elasticità nei confronti di altri ordinamenti per
cercare di avere una disciplina il più possibile uniforme per l’Italia e soprattutto che dia la stessa
tutela ai soggetti che appartengono anche ad ordinamenti diversi.
Per riuscire a capire il diritto commerciale oggi dobbiamo fare un breve excursus della sua storia:
L’origine del diritto commerciale tipicamente viene fatta coincidere con il basso medioevo, in questo momento infatti
avviene il passaggio dal sistema feudale a quello delle città e dei comuni, prima all’interno del feudo si poteva trovare
tutto il necessario per il sostentamento collettivo, non si trattava quindi di un sistema basato sugli scambi.
Questo sistema si rompe proprio con la nascita delle città e dei comuni, in questo momento gli scambi diventano i veri
protagonisti della vita economica, tanto che la figura emergente in questo ambito diventa quella del mercante il quale
scambiava non per la propria sussistenza ma come professione, infatti egli cercava di guadagnare. I beni vengono quindi
scambiati con funzione speculativa e non di sostentamento.
Il contesto giuridico era però insufficiente e inadatto a questo cambiamento. Il diritto a quel tempo aveva come punti
fondamentali infatti la conservazione della ricchezza e la tutela della proprietà privata.
Questo problema è stato risolto attraverso le corporazioni (associazioni di soggetti che svolgevano la stessa
professione), in particolare quella dei mercanti, le quali hanno iniziato a individuare una serie di regole dedite agli scambi
commerciali che effettuavano. Questa è proprio quella che viene chiamata “Lex mercatoria”.
Si trattava infatti di un insieme di regole che costituivano un diritto speciale, ovvero che si scostava dal
diritto comune, venivano infatti create dai mercanti per disciplinare l’attività dei mercanti e anche amministrate dai
mercanti (facevano le regole, le applicavano e le facevano osservare).
In questo periodo anche le attività di produzione erano marginali allo scambio, infatti i mercanti erano al vertice della
società.
Diritto Commerciale 1
Il passo di evoluzione successivo è quello dei grandi stati monarchici, qui si va ad instaurare una posizione nettamente
diversa in cui le monarchie tendono ad accentrare il potere legislativo e amministrativo delle regole create dalla classe
mercantile.
Si tratta però di un momento in cui gli interessi delle classi mercantili e statali non sono poi così distanti, in quanto ci
troviamo nel periodo delle grandi scoperte geografiche.
Lo stato infatti spingeva per ottenere nuove terre, e per i mercanti questo significava ottenere nuovi mercati, sia di
approvvigionamento che di sbocco.
E’ in questo momento che abbiamo la nascita delle prime società di capitali (Compagnia delle indie orientali) nate per
raccogliere i finanziamenti necessari per le spedizioni oltreoceano.
Il rischio dei soci in questo caso era limitato solamente al capitale che loro stessi decidevano di apportare per la
spedizione.
Facendo un ulteriore passo avanti ci troviamo in quella che è la Rivoluzione francese, in questo periodo infatti nascono
le cosiddette codificazioni Napoleoniche, cioè un sistema di regole organizzate in codici. Parallelamente vediamo la
definitiva caduta delle corporazioni e il totale stacco dai grandi fondi.
Per concentrarci sull’aspetto giuridico, in Italia erano state adottate codificazioni di tipo napoleonico. Avevamo infatti un
codice civile, concentrato sui rapporti fra privati, e un codice di commercio (che ricalca quasi in toto quello francese)
concentrato principalmente sugli atti di commercio.
Questa modalità organizzativa è andata avanti fino al 1942, momento nel quale c’è stata l’unificazione di questi due
codici con la seguente nascita del codice civile (che strutturalmente è ancora quello odierno). Quest’unificazione ha
comportato un’importante modifica al codice civile, infatti andiamo a trovare delle regole incentrate sulla figura
dell’imprenditore.
L’imprenditore
Art. 2082: “E’ Imprenditore colui che svolge professionalmente un’attività economica organizzata
al fine dello scambio di beni e servizi”.
Sottolineiamo che si tratta di imprenditore dal punto di vista giuridico quando ci si trova in presenza
dei seguenti elementi:
- Svolge un’attività: con questo intendiamo che l’imprenditore non si limita al mero godimento di
beni.
Es. chi è proprietario di un immobile e lo affitta non è imprenditore, mentre chi in questo
immobile svolge un’attività produttiva lo è.
- Economica: l’attività è economica giuridicamente parlando, se è tendenzialmente volta alla
copertura dei costi con i ricavi (mira quindi almeno a realizzare il pareggio di bilancio).
Es. L’attività svolta per fini assistenziali/di beneficienza non è imprenditoriale, invece quella
svolta con l’obbiettivo di guadagno o di almeno di pareggio è Economica.
- Organizzata: significa che l’imprenditore va a coordinare una molteplicità di fattori/elementi, più
comunemente chiamato “requisito della eterorganizzazione”.
Es. colui che ha il solo compito di organizzare solo il proprio lavoro non è imprenditore ma
bensì lavoratore autonomo.
- Professionalmente: in questo caso si sta ad indicare semplicemente l’opposto
dell’occasionalità, l’attività esercitata dall’imprenditore infatti deve essere caratterizzata da
una continuità nel tempo. Ciò non significa che l’attività deve essere ininterrotta (Infatti
esistono imprese stagionali).
- Al fine dello scambio di beni e servizi: ciò significa che l’imprenditore crea qualcosa (materiale
o immateriale), in questo caso la dottrina solleva un dubbio riguardo coloro che
esercitano una “impresa per proprio conto”. La soluzione la troviamo nel caso concreto.
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Diritto Commerciale 2
Seconda lezione: Giov. 19.9
CATEGORIE DI IMPRENDITORI
Abbiamo visto che giuridicamente parlando si può parlare di imprenditore quando si possiedono
le caratteristiche riportate nell’Art. 2082. Dobbiamo però cercare di capire che di imprenditori ce
ne sono di moltissimi tipi, allora cerchiamo di cominciare a distinguerli in categorie secondo diverse
categorie.
Il primo criterio che utilizziamo per distinguere l’imprenditore in categorie diverse è in base
all’oggetto della loro attività, in questo caso potremo distinguere:
- Imprenditore Agricolo
- Imprenditore Commerciale
Altro criterio è quello che prende in considerazione la natura dell’attività, qui si possono
individuare ulteriori classificazioni come ad esempio:
- Imprenditore Pubblico o Privato
- Imprese Individuali o Collettive
Questa definizione si è evoluta moltissimo nel corso degli anni perché all’inizio si parlava solo
di “coltivazione della terra” e di “allevamento di bestiame”, infatti nel 1942 quando era stato
scritto questo articolo, l’attività agricola era strettamente legata al “fattore terra” e questo andò a
giustificare il trattamento che l’imprenditore agricolo ottenne a poco a poco. Egli era colui che non
solo sopportava il rischio economico (come tutti coloro che esercitavano attività d’impresa) ma allo
stesso modo sosteneva un rischio ambientale e meteorologico che non poteva prevedere/
quantificare/contenere.
Anche l’agricoltura però ha subito un’enorme evoluzione, pensiamo all’utilizzo delle sostanze
chimiche o ai sistemi di irrigazione o addirittura ad oggi le coltivazioni in serra e fuori terra che
consentono la crescita delle piante senza l’elemento della terra. Se la definizione fosse rimasta
invariata alcuni soggetti allora si sarebbero potuti considerare al di fuori di questa definizione,
medesima cosa può valere per l’allevamento di bestiame.
Diritto Commerciale 3
Per quanto riguarda la “silvicoltura”, coloro che la svolgono devono anche attuare un’attività di
ripristino e di manutenzione del sottobosco.
Se noi notiamo queste tre attività mentre prima erano legate al fattore terra ora vengono
connesse ad un ciclo biologico (animale o vegetale). Quindi chi va a partecipare a tutto o
anche solo ad una parte di un ciclo biologico, svolge un’attività agricola essenziale.
Accanto a queste attività agricole essenziali troviamo delle attività agricole definite “attività agricole
connesse”, queste sono delle attività che possono essere esercitate dall’imprenditore agricolo
accanto a una attività agricola essenziale, per la valorizzazione e commercializzazione del suo
prodotto.
Perciò ci si trova nella posizione di imprenditore agricolo solo se si svolge una delle 3 attività
agricole essenziali sopracitate ed eventualmente, a volte, si può connettere ad essa una attività
agricola connessa senza perdere la qualifica di imprenditore agricolo (Es. Viticoltore che coltiva la
vite e produce il vino).
Ovviamente tutto questo a certe condizioni, in particolare si richiede che questa connessione
presenti sia caratteristiche oggettive che soggettive.
Dal punto di vista soggettivo chi svolge l’attività connessa deve essere lo stesso soggetto che
svolge l’attività agricola essenziale.
In realtà ci sono anche alcuni casi in cui questa coincidenza non è perfetta.(Es. cooperative di
viticoltori).
Ma l’aspetto più importante in assoluto è la connessione di carattere oggettivo, in termini astratti
questa significa che l’attività connessa deve essere svolta prevalentemente con i prodotti o i mezzi
dell’attività agricola essenziale.
Potremmo quindi dire che l’attività agricola deve prevalere su quella connessa, il concetto viene
spiegato evidenziando una prevalenza nello svolgimento dell’attività agricola connessa l’utilizzo di
ciò che deriva dall’attività agricola essenziale.
Un discorso a parte dovrebbe essere fatto per le attività di agriturismo, le quali per le loro
particolarità hanno richiesto una normativa apposita, di carattere regionale.
In linea generale per mantenerla nell’ambito dell’attività agricola comunque ci vuole sempre lo
stesso requisito, cioè lo svolgimento di una attività svolta attraverso prodotti, mezzi e strutture
provenienti dall’attività agricola essenziale.
Imprenditore commerciale
>>> Viene definito dall’Art. 2195 che va ad enunciare 5 tipi di attività che vengono considerate
come commerciali:
1- Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi, in sostanza si tratta di considerare
come industriale non in senso tecnico, ma allargato, ovvero come un’attività diversa da quella
agricola.
2- Attività intermediaria nella circolazione dei beni, in pratica coloro che non producono nulla ma
si limitano ad acquistare e poi rivendere i prodotti senza modificarli o trasformarli, si pongono
quindi come intermediari nella circolazione dei beni.
3- Attività bancaria o assicurativa, in questo ambito le imprese che esercitano attività di
finanziamento sono state oggetto di una disquisizione, si può semplificare il tutto dicendo che non
è attività bancaria ma di intermediazione nella circolazione del denaro.
4- Attività di trasporto, sia essa via terra/acqua/aria.
Diritto Commerciale 4
5- Altre attività ausiliarie delle precedenti, in realtà questo punto è un po’ fuorviante perché ad
esempio il mediatore o l’agente di commercio che potrebbero rientrare nel punto 2, fanno
comunque un’attività ausiliaria ad un’altra attività, ma lo fanno sia per prodotti industriali che per
prodotti agricoli.
Piccolo Imprenditore
>>> La definizione viene data nell’Art. 2083, questo ci dice che:
“Sono piccoli imprenditori, coltivatori diretti del fondo, artigiani, piccoli commercianti e coloro che
svolgono l’attività prevalentemente con lavoro proprio e dei propri familiari”
In realtà la vera definizione di piccolo imprenditore la ritroviamo nel 4° punto cioè il piccolo
imprenditore si qualifica per essere colui che si trova a svolgere la sua attività
prevalentemente con il lavoro proprio e dei propri familiari.
Se andiamo ad analizzare bene la definizione del 2083, noteremmo che nel Codice Civile non c’è
alcuna definizione di artigiano.
Per saperlo dobbiamo fare riferimento alla legge quadro sull’artigianato che inizialmente applicava
il titolo di artigiano a tutti gli effetti di legge, attualmente quest’ultima parte non è presente.
Arrivando poi al piccolo commerciante non abbiamo assolutamente nessun appiglio giuridico. É
vero però anche che nel 1942 tutte queste figure erano soggetti che integravano la caratteristica
tipica del piccolo imprenditore.
La vera caratteristica che distingue il piccolo imprenditore la troviamo dunque al 4° punto,
ma cerchiamo di capire che cosa voglia dire tuttociò.
Diritto Commerciale 5
Il concetto di prevalenza va inteso riguardo il lavoro proprio che deve prevalere su tutti gli
altri fattori della produzione, quindi non solo sul lavoro altrui ma ad esempio anche sul capitale
investito.
Il lavoro personale del soggetto deve essere l’elemento predominante su tutti gli altri elementi che
vengono utilizzati nello svolgimento dell’attività d’impresa.
Con una situazione del genere avevamo una definizione di piccolo imprenditore che si basava su
delle caratteristiche qualitative e una legge fallimentare che individuava delle caratteristiche di
carattere matematico/quantitativo.
Il primo elemento ad essere abrogato è stato il primo comma, a causa dell’abrogazione
dell’imposta sulla ricchezza mobile. Il secondo comma invece è stato progressivamente
implicitamente abrogato per il mancato adeguamento dell’importo (900.000 lire corrispondono a
circa 450€).
Diritto Commerciale 6
Era rimasto valido sostanzialmente il terzo comma, fino a quando nel 2007 con la riforma della
Legge Fallimentare sono stati risolti gran parte dei problemi.
È stata revisionata dicendo che “sono esonerati dal fallimento coloro che si trovano al di
sotto di 3 determinati limiti quantitativi” (ha semplicemente rimosso l’ultimo riferimento alla
nozione di piccolo imprenditore).
Nel Codice però troviamo l’Art. 2221 che dice espressamente che “Le procedure concorsuali non
si applicano ai piccoli imprenditori”, la Legge Fallimentare però è una legge dedicata a una
specifica fattispecie di soggetti che sono imprenditori commerciali che presentano caratteristiche di
insolvenza.
Quindi nonostante la discrepanza diciamo che il conflitto iniziali tra fonti è stato risolto.
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Eravamo rimasti nell’ambito della distinzione basata sul criterio delle dimensioni nelle diverse
categorie di imprenditore e abbiamo parlato del piccolo imprenditore e ci eravamo soffermati su
aspetti particolari che necessitavano di approfondimenti.
Ora specifichiamo che qualora un soggetto presenti la qualifica di “piccolo imprenditore” ma
dovesse superare uno dei limiti quantitativi specificati dalla legge fallimentare sarebbe
comunque soggetto a fallimento, questo perché la legge fallimentare è una legge speciale cioè
dedicata appositamente alle procedure concorsuali.
>>> Lo stesso Art. 2221 mi dice che “Sono esonerati dal fallimento i piccoli imprenditori salvo
quanto previsto dalle leggi speciali”, quindi è possibile essere qualificati come piccolo imprenditore
secondo la definizione del codice civile ed essere assoggettato a fallimento qualora dovessi
superare uno di quei limiti che la legge fallimentare indica come tetto per l’esonero.
Dobbiamo ancora dire qualcosa sull’impresa familiare, questo perché la menzione riguardo il
lavoro dei propri familiari può indurre in inganno.
L’impresa familiare è regolata dall’Art. 230bis, in effetti l’istituzione dell’impresa familiare è
avvenuta per motivi totalmente diversi da quelli di classificazione dell’imprenditore, questa
necessità era nata dal fatto che ci si era accorti che c’erano tantissime attività portate avanti
“sfruttando” il lavoro dei propri familiari, senza riconoscere nulla in cambio.
I familiari inoltre non potevano godere di alcuna tutela giuridica (come ad esempio tutela dei
dipendenti, tutela dei soci delle attività, contributi, ecc).
Il legislatore ha cercato di porre rimedio a questo fenomeno creando la fattispecie dell’impresa
familiare in cui secondo l’Art. 230 “Collaborano il coniuge, i parenti in linea diretta entro il terzo
grado e gli affini”. Questa forma d’impresa non è automaticamente una piccola impresa ma può
darsi che lo sia se va a rispettare i requisiti imposti dall’Art. 2083.
Diritto Commerciale 7
hanno diritto a partecipare agli utili dell’impresa. Questa partecipazione deve fondarsi però su
un criterio il quale è costituito dalla quantità e dalla qualità del lavoro prestato.
Hanno poi diritti sui beni acquisiti con gli utili, se questi non vengono distribuiti ma sono
reinvestiti nell’impresa.
Da un punto di vista amministrativo, hanno diritto a partecipare alle decisioni di carattere
straordinario. Inoltre nel caso in cui l’imprenditore decidesse di cedere l’azienda, i familiari hanno
un diritto di prelazione rispetto a terzi, quindi essi devono essere preferiti rispetto ai terzi a
parità di condizioni nella cessione dell’azienda.
L’ingresso e l’uscita di familiari da quest’impresa è un qualcosa che deve essere subordinato
al consenso di tutti i familiari.
La cosa interessante da sottolineare è il fatto che l’impresa familiare rimane comunque
un’impresa a carattere individuale, cioè il titolare dell’impresa rimane comunque uno solo.
Questo è importante da sottolineare perché significa che agli occhi dei terzi a livello di
responsabilità dell’esercizio dell’attività sarà responsabile solo e soltanto il titolare dell’impresa.
L’ultima precisazione che andiamo a fare in merito alle dimensioni è quella che riguarda
due definizioni ovvero le Piccole Medie Imprese (PMI) e le Microimprese.
Le Piccole Medie Imprese sono state individuate fuori dal Codice Civile in funzione di
ottenimento di agevolazioni/esenzioni in favore della crescita di queste imprese,
individuandole attraverso limiti e soglie di fatturato, ricavi, numero di occupati.
Tutto questo solo in funzione di ottenimento di particolari agevolazioni.
Le Microimprese sono state inserite abbastanza di recente nel codice civile all’Art.
2400ter per individuare delle società di capitali che hanno la possibilità di redigere il
bilancio in una forma molto semplificata.
Del bilancio infatti esistono almeno 3 forme:
- Ordinario
- In forma abbreviata > consente l’omissione di alcune informazioni e l’aggregazione di alcune
voci.
- Delle Microimprese (detto anche super-semplificato) > consente di avere un bilancio completo
con il solo Conto Economico e Stato Patrimoniale + alcune brevissime informazioni
(normalmente contenute nella nota integrativa).
Dovremmo aver così una generale idea del nostro imprenditore cioè il destinatario di tutte le regole
che andremo a studiare, la definizione che abbiamo dato però non è del tutto completa
Ci sono degli elementi che la definizione di imprenditore data dall’Articolo 2082 non
menziona e questi sono necessari per avere un’idea completa della figura dell’imprenditore.
Andremo quindi a parlare:
- della liceità,
- delle professioni intellettuali,
- della imputazione dell’attività,
- del momento di inizio e di fine dell’attività di impresa,
- della capacità intesa come la capacità giuridica di compiere determinati atti.
Diritto Commerciale 9
nell’ambito dei rapporti con i terzi, perché già erano sottoposti a controlli dai loro ordini di
appartenenza.
Con gli anni però si sono moltiplicate delle professioni che potremmo dire non protette, cioè per
l’esercizio delle quali non è necessaria l’iscrizione ad un ordine/albo e che quindi non trovano una
regolamentazione specifica. Per questo motivo si sta facendo sempre più strada la convinzione
che questa netta separazione tra imprenditore e professionista intellettuale sia un po’ da rivedere.
Addirittura in alcuni ambiti si sta già cercando di andare ad equiparare il professionista intellettuale
all’imprenditore, come ad esempio nell’ambito della concorrenza che ad oggi è equiparato.
Tuttavia i professionisti intellettuali possono diventare imprenditori, questo può accadere
quando l’esercizio della loro attività assume i connotati dell’impresa (Es. medico che gestisce casa
di cura).
Un caso molto particolare è quello del Farmacista, il quale potrebbe sembrare un professionista
intellettuale, ma questo forse 50 anni fa, ad oggi la figura del farmacista si avvicina maggiormente
ad un commesso che possiede un’abilitazione professionale che gli consente di individuare quale
soluzione sia più adatta al problema del consumatore, ma di fatto è semplicemente un
intermediario nella circolazione dei beni, per questo motivo egli deve essere considerato come un
imprenditore.
Veniamo ora al problema della imputazione dell’attività: abbiamo detto che l’attività d’impresa
viene svolta secondo i criteri individuati dal 2082, ma l’articolo non mi dice che il soggetto deve in
prima persona svolgere l’attività, egli potrebbe quindi farlo avvalendosi della collaborazione di tanti
soggetti.
Quindi in questo caso dovremmo andare a capire a quale tra tutti attribuire la qualifica di
imprenditore. Istintivamente lo andremmo ad individuare in colui che sopporta il rischio dell’attività,
ma giuridicamente parlando, queste è una delle conseguenze di essere qualificato imprenditore.
Dobbiamo utilizzare un criterio più formale, in questo caso emerge il principio della “Spendita
del nome” (gli effetti giuridici di un atto ricadono sul soggetto il cui nome è utilizzato). Quindi per
andare ad individuare l’imprenditore andiamo a cercare il soggetto il cui nome è speso
nell’esercizio di questa attività economica.
Il 2082 non mi dice nulla riguardo l’esercizio diretto o indiretto dell’attività d’impresa per cui quando
l’attività è esercitata in modo diretto non ci sono problemi (sia compiendo le operazioni
direttamente sia attraverso operatori che hanno un mandato di rappresentanza).
I problemi potrebbero aumentare nel momento in cui trovassimo un soggetto che esercita
un’attività attraverso un altro soggetto, il quale però utilizza il proprio nome.
Questa è la situazione dell’imprenditore occulto. In questo caso l’imprenditore è colui che
utilizza il proprio nome, ma in realtà alle sue spalle c’è l’imprenditore occulto ovvero il primo
soggetto.
Ci sono stati molti tentativi di far emergere l’imprenditore occulto dall’organizzazione della sua
attività. E’ stato proposto di estendere al caso dell’imprenditore occulto una “regola
dell’institore” (figura di collaboratore dell’imprenditore), il quale quando viene nominato
ottiene una rappresentanza e proprio per questo motivo esiste una regola che dice che quando
l’institore agisce, utilizza il nome dell’imprenditore, ma nel caso utilizzasse il suo nome, di
quell’operazione andrà a rispondere sia l’institore che l’imprenditore nel caso in cui l’operazione sia
tipicamente svolta nell’ambito dell’esercizio dell’impresa.
Diritto Commerciale 10
L’intenzione era di estendere questa regola anche al caso dell’imprenditore occulto (impossibile
perché nel caso dell’imprenditore occulto l’institore non sarebbe formalmente nominato).
Una delle teorie più utilizzate per cercare di far rispondere l’imprenditore occulto delle proprie
azione è quella elaborata da Bigiavi che sosteneva, facendo riferimento all’Art. 147 della Legge
Fallimentare, il quale mette come regola: il fallimento del socio occulto di società palese:
“Nel caso in cui dovesse fallire una società falliscono tutti i suoi soci illimitatamente responsabili” e
prosegue dicendo “falliscono anche tutti quei soci illimitatamente responsabili anche se scoperti
dopo la dichiarazione di fallimento”.
Partendo da questo punto Bigiavi ha sostenuto che questa situazione è molto simile a quella
dell’imprenditore occulto e del prestanome perché fra i due esiste un accordo e, seppur la società
non sia stata resa palese tramite una pubblicità, esiste.
Allora la situazione presente tra imprenditore occulto e prestanome non è altro che una società
occulta tra i due, e dato che la legge mi dice che fallisce il socio occulto di società palese, allo
stesso modo dovrebbe fallire il socio occulto di una società occulta. Facendo fallire l’imprenditore
occulto i soggetti che partecipano al suo fallimento sono tutti i suoi creditori, che potrebbero essere
quelli derivanti da molte sue altre attività ed eventualmente anche il prestanome nel caso in questo
dimostri che c’era un accordo tra i due.
Il problema è andare a dimostrare l’esistenza della società occulta, causa la difficoltà di
realizzazione della prova di questa situazione.
La situazione è cambiata con la riformulazione della legge fallimentare del 2007 che ha aggiunto
un 4° comma all’Art 147 che dice “Dopo il fallimento di un’impresa individuale è possibile il
fallimento della società occulta a cui l’impresa è riferibile”.
Altra teoria elaborata con lo stesso obbiettivo è quella della cosiddetta “impresa fiancheggiatrice”,
essa è stata elaborata attraverso una sentenza, il caso era quello dei Fratelli Caltagirone i quali
avevano dato vita ad una rete di imprese che si spalleggiavano le une con le altre.
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RIPRENDIAMO CIÒ CHE È STATO VISTO NELLA LEZIONE PRECEDENTE: ART.2082 DEFINISCE
L’IMPRENDITORE
Le 5 integrazioni del 2082
1) Liceità
2) Professionisti intellettuali
3) Imputazione dell’attività
4) Momento di inizio e di fine dell’attività di impresa > bisogna distinguere Impresa individuale
a Società. Le Società sono considerate come imprenditori dalla loro nascita; poiché
vengono create allo scopo di svolgere attività di impresa.
Sono state però introdotte delle imprese che prendono il nome di Società Unipersonali
(attualmente), e ancora di più sono state disciplinate le Società tra professionisti, realizzate
da professionisti per svolgere attività dello stesso tipo.
L’unico criterio per capire il momento di inizio, è quello di “effettività dell’inizio dell’attività”, che
segnala quando effettivamente l’attività ha iniziato a svolgersi.
Diritto Commerciale 11
Alcune di esse hanno bisogno di atti propedeutici per lo svolgimento della loro attività (ad. Esempio
prendere in affitto un luogo dove lavorare, assumere personale, comprare materie prime e
macchinari da combinare per creare il prodotto; etc.
Dal punto di vista pratico non è cosi semplice da applicare il criterio di effettività.
Uno strumento però ci può fornire una scorciatoia. Il registro delle imprese, dove è possibile
consultare la data (gg/mm/aa) di quando esattamente l’attività ha iniziato a svolgersi ufficialmente,
ma non vale se non come appiglio teorico.
Vale appunto la sua effettività. E’ infatti possibile dimostrare che l’attività sia iniziata in un momento
diverso, si tratta di una semplificazione.
Per il momento di fine, il discorso è analogo, parallelo. Anche qui si distinguono impresa
individuale e società, ma ancora di più in questo ambito, questa impostazione risulta inefficace e
contraria a diverse regole.
La fine deve essere individuata in modo preciso. L’imprenditore deve dichiarare il fallimento e
dal momento di fine dell’impresa è assoggettato dal fallimento ancora per un’anno. E’ importante
per comprendere la norma della legge fallimentare. Quest’ultima è stata fissata per far si che gli
imprenditori non possano eludere la procedura di fallimento ((chiedendo anticipatamente una
nuova attività d’impresa.))
Il problema più grande per le società è che esse continuano ad esistere fino a quando esistono
posizioni giuridiche attive o passive che fanno capo alla società.
Si possono scogliere, cancellare dal registro, ma se dopo anni emerge una posizione giuridica
attiva o passiva, l’attività non può essere considerata come estinta. Una data precisa è
individuabile nel registro delle imprese (ma solo per semplificarsi la vita). Anche per il momento di
fine il criterio da osservare è quello dell’effettività, cioè quando abbiamo la disgregazione
dell’apparato produttivo.
5) Capacità > (...) di compiere atti giuridici. Comporta poter contrarre dei contratti, o realizzare atti
con valenza giuridica. Il soggetto che svolge queste operazioni deve essere in grado di svolgere
queste operazioni. (Capacità di agire: si acquista ai 18 anni di età ma si può perdere totalmente
per interdizione o abilitazione; diventando incapace in accezione giudica, come il minore,
l’interdetto e l’inabilitato).
L’incapace può essere imprenditore, ma con eccezioni, ad esempio: per i minori, solo chi lo
rappresenta potrà svolgere le attività di lui stesso.
C’è da fare una distinzione, per le attività agricole non ci sono regole particolari, quindi in questo
caso si farà riferimento al diritto privato che regola la capacità di agire.
Nelle attività commerciali ci sono regole che si affiancano a quelle di diritto privato. C’è un
espresso divieto di iniziare un’attività di impresa di tipo commerciale per l’incapace. L’unica
eccezione sta nella figura del minore emancipato (che ha in sostanza anticipato la propria capacità
giuridica, ad esempio per continuare l’attività di impresa in caso di eredità, se e solo se non procuri
danno all’incapace e che sia acconsentito dal tribunale).
L’inabilitato invece potrebbe essere autorizzato dal tribunale a poter condurre la propria attività.
Diritto Commerciale 12
Statuto dell’imprenditore commerciale
Oggi questa distinzione sta perdendo significato, è sempre meno netta rispetto al passato (ora
anche l’imprenditore agricolo viene integrato).
Sull’ultimo gradino troviamo i commessi che hanno una funzione meramente esecutiva, non
hanno potestà decisionale, ma eseguono le direttive dell’imprenditore. Non possono derogare alle
condizioni di contratto, non possono concedere sconti, hanno quindi pochissimo margine di
autonomia. Possono rappresentare l’imprenditore in caso di segnalazioni, lamentale da parte del
cliente. Possono compiere atti cautelativi nei confronti dell’imprenditore. Potenzialmente il numero
dei commessi può essere molto elevato, ci può essere infatti un grosso ricambio, quindi non è
prevista la registrazione nei registri dell’impresa.
- Le procedure concorsuali > ne esistono diverse di procedure, come il fallimento, ognuna delle
quali dedicate ad un’azione specifica. Solitamente vengono richiamate per risolvere una
situazione di crisi. Per ogni momento e tipologia di crisi è stata progettata una procedura
contrattuale per evitare di arrivare a situazione spiacevoli.
Nel caso di fallimento avviene lo spostamento dei beni, quindi il patrimonio viene gestito da un
Curatore Fallimentare. Difficilmente segue il principio della “Parcondicio Creditorium”, ma ha il
compito di ricavarne il più possibile per soddisfare i creditori.
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Diritto Commerciale 14
Quinta Lezione 26/09/2019
STATUTO IMPRENDITORE COMMERCIALE: RAPPRESENTANZA, PROCEDURE CONCORSUALI.
(VEDI SOPRA);
AZIENDA (NOZIONE, FORMA NEGOZIO, EFFETTI SU ALIENANTE, CONTRATTI, CREDITI E DEBITI)
L’azienda nell’Art.2555 “complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per esercitare l’attività
di impresa”.
Non necessariamente si parla di beni materiali, ma possono far parte anche beni immateriali: come
il personale.
Per la teoria unitaria, l’azienda è un bene autonomo, distinto da quelli che la compongono.
Per la teoria atomistica, l’azienda è la sommatoria dei beni che la compongono.
Quello che conta non è tanto quanto la qualifico, ma mi interessa a capire come è composta. È
irrilevante il titolo giuridico (proprietà) dei beni attraverso cui l’imprenditore svolge l'attività.
Non tutti i beni fanno parte dell’azienda. Conta la destinazione funzionale, cioè la caratteristica
del sistema di essere coordinato dall’imprenditore per svolgere l’attività di impresa. Tutti questi beni
hanno un valore che è superiore alla semplice sommatoria del valore dei singoli beni.
Qual è il valore dell’azienda?
Questi beni sono coordinati, organizzati, quindi crea un tipo di organizzazione che vale di
più di un singolo bene. Questo viene definito come “avviamento”.
Questo dipende da fattori oggettivi e da fattori soggettivi.
Per motivi oggettivi: ci sono delle sinergie che portano ad una qualità migliore della produzione.
Ci sono fattori soggettivi che stanno nell’abilità dell’imprenditore di organizzare l’attività di impresa
e di migliorarsi, oppure di attrarre e migliorare il rapporto con la clientela. Grazie a questi fattori
l’insieme di questi beni opportunamente organizzati vale di più dei singoli beni.
Il legislatore infatti quando si concentra sul trasferimento dell’azienda, perché cerca di
conservare questo maggior valore che l’azienda ha rispetto i singoli beni. Il momento più
delicato che potrebbe far perdere questo valore è quando questi beni passano da un soggetto
all’altro.
È meglio vendere in blocco l’azienda.
Trasferimento d’azienda
Devo tenere conto della destinazione funzionale (che sia anche del trasferimento di 20-40-60
beni su 100) e se i beni sono idonei alla nuova attività di azienda, allora si tratta di trasferimento di
azienda.
Ci sono delle regole in particolare per il trasferimento di azienda.
Ci sono degli effetti:
1. Nei confronti dell’alienante > Quando c’è una cessione, il valore totale dell’azienda
comprende l’avviamento, che ha un valore anche a seconda della clientela che ho fidelizzato, e
si deve pagare questo maggior valore per poterne godere. Questo va a comporre due diversi
interessi, interesse di chi gode dell’avviamento, interesse di chi vende di essere valutato in
Diritto Commerciale 15
modo coerente. Chi trasferisce ad un’altra azienda subisce il divieto di concorrenza. La
limitazione di concorrenza consiste nel fatto che chi aliena l’azienda non può, per un periodo
massimo di 5 anni, iniziare un’attività d’impresa che per oggetto o ubicazione possa indurre
sviamento della clientela trasferita. Il divieto di concorrenza notiamo che è delimitato sia
nell’oggetto, ossia che non si possono esercitare attività simili o affini a quella venduta, sia nel
tempo, il limite a questo divieto è fissato in un periodo non inferiore ai 5 anni, tenendo conto
che le parti potrebbero concordare un tempo inferiore.
2. Contratti in corso di esecuzione > durante lo svolgimento dell’attività di impresa,
l’imprenditore dà vita ad una serie di contratti volti al corretto funzionamento aziendale. Cosa
succede a questi contrati durante il trasferimento aziendale? Come detto sono contratti inerenti
allo sviluppo dell’attività di impresa nei quali entrambi le parti non hanno ancora terminato la
loro prestazione. Sono contratti che servono per godere dei beni dell’azienda (in forza di un
contratto d’affitto per esempio). In caso di trasferimento dell’azienda, i contratti in essere
dell’azienda in corso (affitti etc), le parti possono decidere di trasferire i contratti alla
nuova parte, altrimenti di base la disciplina distingue due tipi di contratti:
1. Aventi carattere personale, che non sono né contratti stipulati dall’imprenditore, ma non
sono neanche contratti personali che riguardano la sfera personale dell’imprenditore (che
non sono comunque da considerare). Sono contratti che sono stati conclusi sulla base di
valutazione di carattere personale sulla validità e in base alle competenze della
controparte. Sono detti anche contratti aventi “intuito persone”. Non passano direttamente
durante il passaggio dell’azienda, possono essere trasferiti ma devono essere le parti a
volerlo, deve essere specificato. In questo senso ci si rifà al diritto privato, devono essere
d’accordo tutte le parti coinvolte, ma il passaggio in questo caso potrebbe essere
fortemente rallentato. In questo caso il legislatore ha deciso di sopprimere gli interessi del
diritto privato per mettere in rilievo l’interesse di integrità dell’azienda durante il
trasferimento.
Ad ogni modo si può recedere dal contratto per un giusta causa ed entro 3 mesi dalla
notizia di trasferimento.
2. Generalmente gli altri tipi di contratto si trasferiscono automaticamente all’acquirente
dell’azienda, altrimenti se non si trovano d’accordo tutte le parti, la volontà delle parti è
quella di rescindere, aspettando le tempistiche standard di rescissione. Per i contratti di
lavoratore-dipendente, continuano con l’acquirente dell’azienda. Il trasferimento
dell’azienda infatti non è ritenuto come un giustificato motivo per licenziare il personale.
3. Sui debiti e crediti > esiste il passaggio di debiti e crediti in caso di trasferimento dell’azienda.
Anche in questo ci sono delle deroghe sul diritto privato.
Per quanto riguarda i crediti sappiamo che la cessione di un credito viene perfezionata nel
momento in cui c’è la notifica al debitore ceduto (colui che deve pagare al nuovo creditore).
Nel caso funzionasse così anche nell’ambito dell’attività d’impresa questo potrebbe creare
rallentamenti, perché colui che trasferisce l’azienda potrebbe possedere molti crediti d’impresa.
Infatti in questo caso la notifica è sostituita dall’iscrizione del trasferimento nel Registro delle
Imprese, in questo modo tutti i debitori dell’azienda saranno a conoscenza del trasferimento del
loro debito.
Nel caso in cui il debitore, dopo il trasferimento paghi comunque il vecchio proprietario, non
sorgeranno problemi nel caso in cui il vecchio proprietario trasferisca il pagamento al nuovo
Diritto Commerciale 16
proprietario, mentre nel caso non si verificasse l’ultimo scenario, la responsabilità cadrà sul
debitore nel caso egli abbia pagato in malafede o nel caso il trasferimento di impresa fosse stato
iscritto a registro delle imprese.
Situazione leggermente diversa è quella dei debiti, in questo caso la legge andrà a tutelare il
creditore.
La disciplina standard prevede che i debiti vengano passati all’acquirente dell’azienda ma per
tutelare il creditore, l’alienante (colui che cede il debito) non è liberato, ma rimane coobbligato in
via sussidiaria fino a che il debito non sarà soddisfatto, salvo che non ci sia una espressa e
apposita liberazione da parte del creditore.
Bisognerà però tutelare anche l’acquirente dell’Azienda (colui che dovrà accollarsi i debiti della
vecchia gestione), infatti egli diverrà responsabile solamente dei debiti che risulteranno dalle
scritture contabili, egli quindi potrà essere cosciente quali debiti si andrà ad accollare. Piccola
eccezione si ha per i debiti che derivano da lavoro subordinato (non retribuito) per i quali
l’acquirente dell’azienda andrà a rispondere anche se non risultassero dalle scritture contabili.
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Le regole viste finora valgono sia per cessione non definitiva, con piccoli accorgimenti.
L’usufruttuario o affittuario devono compiere l’attività sotto la ditta che la contraddistingue,
preservando l’integrità dell’organizzazione e dell’efficienza dell’azienda, senza ovviamente
cambiare la destinazione.
Alla fine del contratto, dal punto di vista pratico si farà un inventario sia all’inizio che alla fine del
contratto e le discrepanze si regoleranno tramite denaro (ad esempio per sostituzione dei
macchinari etc, vengono posti all’interno dell’inventario).
Le ultime regole che riguardano il trasferimento d’azienda riguardano la forma per cui avviene il
trasferimento. Per la validità del contratto, la forma richiesta dipende dai beni che sono trasferiti.
La forma come minimo deve essere scritta, soprattutto nel registro delle imprese, tramite un atto
scritto che deve certificare il passaggio dell’azienda da un soggetto ad un altro, ai fini probatori.
Questo è stato importante per rientrare nei vincoli della legge di antiriciclaggio, tramite appunto
atto pubblico, oppure atto scritto.
Diritto Commerciale 17
I segni distintivi tipici dell’azienda vengono disciplinati dal codice civile e sono:
- Ditta > è il nome commerciale dell’imprenditore, attraverso cui svolge l’attività di impresa. Deve
rispettare alcuni requisiti.
a. Liceità > utilizzare termini conformi al tipo di attività, rispettando usi e consumi;
b. Verità > deve contenere il nome civile o almeno il cognome dell’imprenditore (è un
obbligo ma anche un diritto), con nome e cognome si contraddistingue una ditta
Patronimica. Nelle ditte non può esserci una totale coincidenza se questo provoca
confusione della clientela e della concorrenza, nel caso il secondo imprenditore
dovrà modificare il nome della ditta per ovviare il problema. Il nome civile inoltre è
indisponibile, non può essere venduto, ma la ditta si, ma solo e soltanto insieme
all’azienda (ovvero la sua attività). Il requisito della verità dovrà essere inteso come
storica.
- Insegna > è il segno distintivo che contraddistingue i locali in cui viene esercita l’attività.
- Marchio > può essere suddiviso in molti rami, si può parlare di marchio generale se viene
utilizzato per tutti i prodotti dell’impresa, o il marchio speciale per specifici prodotti dell’impresa.
Possiamo avere diversi tipi di marchio, come il marchio di fabbrica; oppure un marchio di
commercio per chi vende i prodotti, li commercializza; il prodotto potrebbe avere più marchi.
Viene prodotto (marchio di fabbrica), viene commercializzato (marchio di commercio) etc.
Si può avere anche un marchio figurativo, con un simbolo, oppure un marchio denominativo, con
una scritta, oppure un marchio definito da un misto di questi.
Ci sono alcune caratteristica che il marchio deve conseguire:
a. Liceità > non deve essere contrario alla legge, conferme agli usi e consumi;
b. Verità > non deve trarre in inganno sulla provenienza, natura o composizione del
prodotto.
c. Novità > non può essere uguale a uno che già esiste
d. Originalità > essere dotato di capacità distintiva, ovvero che non deve presentare delle
generalità, (scarpa per un modello di scarpa), è una caratteristica che si può acquisire ma anche
perdere, come il caso di Spizzico®, era un termine di uso comune, ed è diventato un termine
immediatamente associato a quel prodotto e tipo di attività, nel tempo l’originalità del marchio è
stata persa. Questo fenomeno è detto “volgarizzazione del marchio”, ad esempio per il termine
“BIRO” per strumenti con inchiostro, che inizialmente era un marchio vero e proprio.
Posso accedere alla registrazione del marchio se rispetta tutti i requisiti e serve per avere l’utilizzo
esclusivo. Questo da un tutela a livello nazionale e successivamente a quella internazionale,
tramite un’altra pratica.
Se il marchio è registrato godo della tutela di poter sfruttare economicamente il marchio. Ha
durata decennale ma può essere rinnovata senza limiti di tempo. Inoltre godo di “azione di
contraffazione” ovvero il diritto che spetta al titolare del marchio registrato di agire contro chi lo
sta utilizzando in modo illegale. Consiste nel rivolgersi al tribunale per poter raggiungere 4 obiettivi:
1. Inibizione alla continuazione dell’utilizzo del marchio;
2. Distruzione dei prodotti sui quali è stato applicato il marchio;
3. Posso chiedere risarcimento del danno subito (sempre se provato);
4. Posso ottenere anche la pubblicazione della sentenza del giudice che intima le conseguenza
della causa.
Diritto Commerciale 18
Se non registro il marchio, esiste comunque la tutela del “pre uso”. Se io sto utilizzando il marchio
ma lo sto utilizzando a livello locale e un altro imprenditore che vuole utilizzare lo stesso marchio,
senza essere al corrente della preesistenza, non può registrarlo perché il marchio è già esistente.
Può continuarlo ad utilizzare ma solo ed esclusivamente nei limiti in cui lo stai facendo.
Esistono anche marchi detti protettivi, ossia marchi leggermente diversi da quelli originali per
renderli effettivamente diversi ma nei limiti di non dover indurre in confusione.
La trasferibilità del marchio è libera e prescinde dal trasferimento dell’azienda, può addirittura
essere trasferita a titolo definitivo o a titolo temporaneo.
I segni distintivi non tipici:
- Denominazione d’origine-> funzione simile al marchio
- Modelli -> possono sostituire il marchio (es. la forma)
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L’ultimo argomento erano i segni distintivi dell’azienda ed era rimasto da dire qualcosa a riguardo
di Brevetti e Diritti d’autore. Entrambi fanno riferimento ad opere dell’ingegno, le quali
possono essere in campo tecnologico (Brevetto) oppure in campo culturale (Diritto d’Autore).
Per quanto riguarda le opere d’ingegno in campo tecnologico possiamo dire che si tratta di
soluzioni originali, nuove, di un problema tecnico che possono essere applicate nella produzione di
beni/servizi. Le cose fondamentali che andremo a dire sono:
Aver effettuato un’opera d’ingegno in campo tecnologico non dà diritto ad una tutela
automatica, l’invenzione ha infatti bisogno di un brevetto, ossia ciò che attribuisce i particolari
diritti di cui parleremo, dovremo quindi capire:
- Chi è legittimato a richiedere il brevetto;
- Che cosa si può brevettare;
- Che diritti attribuisce questo brevetto.
Chi è legittimato a richiedere il brevetto è ovviamente l’inventore, però in questo ambito sono state
previste regole particolari.
Per il caso in cui l’attività inventiva sia stata effettuata da un lavoratore dipendente, potremo
riconoscere diversi casi:
- L’attività inventiva potrebbe essere l’oggetto del contratto di lavoro del lavoratore, in questo
caso quindi il diritto a richiedere il brevetto spetta al datore di lavoro che ha già remunerato con il
compenso l’attività inventiva.
- L’attività inventiva viene realizzata durante lo svolgimento del rapporto di lavoro ma non è
affatto l’oggetto del contratto, in questo caso per tutelare entrambe le parti la legge prevede che
il brevetto debba essere richiesto dal datore di lavoro, il quale però dovrà corrispondere un’equa
remunerazione al lavoratore.
Diritto Commerciale 19
L’attività potrebbe essere realizzata al di fuori dello svolgimento del rapporto di lavoro. In
questo caso l’inventore stesso avrà il diritto a richiedere il brevetto ma il suo datore di lavoro avrà
una prelazione da esercitare entro 3 mesi in caso di cessione dei diritti di sfruttamento
dell’invenzione.
C’è da sottolineare che le università e gli istituti di ricerca sottostanno a delle regole più particolari.
Cerchiamo ora di capire cosa possiamo brevettare e cosa no, quindi da una parte i requisiti
che sono richiesti dalla legge per poter richiedere il brevetto, e inoltre se ci siano delle
invenzioni brevettabili e delle invenzioni non brevettabili.
Per quanto riguarda i requisiti:
- Liceità: non si deve aver realizzato un’attività inventiva che possa risultare nociva o illecita.
- Originalità: cioè si deve aver realizzato una sorta di progresso tecnico, ovvero qualcosa che
innova e che di conseguenza costituisce un passo avanti nella tecnica.
- Novità: banalmente si potrebbe riassumere in un qualcosa che non sia ancora stato
brevettato/inventato/conosciuto, noto e utilizzato.
- Industrialità: che viene intesa come l’attitudine ad avere applicazione nella produzione di beni e
servizi.
Il passo avanti nella tecnica può effettuarsi in molteplici modi, cioè le invenzioni potrebbero essere
banalmente di prodotto oppure potrebbero anche essere invenzioni di procedimento, cioè si
inventa una nuova parte di processo, o ancora possono essere invenzioni derivate, cioè partendo
da un qualcosa che è già stato inventato, lo si può andare a perfezionare o a combinare con altri,
oppure ancora invenzioni di traslazione, cioè si prende un bene già inventato e lo si applica ad un
altro settore (applicando le modifiche necessarie).
Ci sono poi una serie di cose che non si possono brevettare, in particolare non si possono
brevettare:
- Le teorie scientifiche e i giochi matematici,
- I software informatici, ma questo non significa che essi non abbiano una tutela giuridica, infatti
sono tutelati dal diritto d’autore.
- Razze animali,
- Trattamenti chirurgici o terapeutici,
- Parti del corpo umano.
È stato lasciato fuori il diritto d’autore che viene disciplinato dal codice civile.
Diritto Commerciale 20
Dove sono presenti i segni distintivi dell’autore. Sono 3 tipici e 2 non tipici, disciplinati anche e
principalmente dal codice civile, oltre che dal codice delle proprietà industriali:
Le opere d’ingegno in ambito culturale attribuiscono il diritto d’autore, in questo caso i diritti
sorgono con la creazione dell’opera e possono essere di due tipi:
1- Diritti Morali;
2- Diritti Patrimoniali.
Al contrario i Diritti patrimoniali sono diritti disponibili e trasmissibili, essi consistono nel diritto di
sfruttamento economico esclusivo dell’opera, cioè impedendo che altri la sfruttino.
Possiamo dedurre che questi hanno durata limitata anche dal fatto che si esauriscono dopo 70
anni dalla morte dell’autore. E’ anche disponibile, tramite specifici contratti che ovviamente
dipendono dal tipo di opera che è stata creata.
Qualche problema potrebbe sorgere nel caso di opere create da più soggetti, in questo caso
possiamo in realtà distinguere:
- Opere realizzate da più soggetti i cui i contenuti sono indivisibili, in questo caso la
regolamentazione dei loro rapporti andrà a seguire le regole della “comunione”.
- Opere in cui il contributo dei co-autori il cui contenuto dei singoli è perfettamente individuabile, in
questo caso sarà una scelta delle parti come regolarsi per l’attribuzione dei diritti dell’opera.
- Opere che vedono la partecipazione di più autori coordinati da un unico soggetto, in questo caso
vedremo un diritto d’autore legato all’opera nel suo complesso (del coordinatore) mentre ognuno
dei soggetti che hanno partecipato alla redazione delle singole voci rimarrà autore riguardo la
parte a cui ha partecipato.
Diritto Commerciale 21
due anni a questa parte alcune tipologie societarie potrebbero essere realizzate anche da un solo
soggetto, parleremo infatti di società unipersonali.
Anche qui dobbiamo andare a richiamare alcuni elementi/fattispecie che si sono presentati per
capire meglio come le società si siano evolute fino ad arrivare a quelle dei tempi moderni.
Il primissimo embrione di quella che possiamo definire come società è quella che nasce nel diritto
romano, nel quale si parla delle società civili, queste però avevano soltanto il nome di quelle che
noi oggi conosciamo come società in quanto si trattava solamente di una comproprietà di beni che
venivano utilizzati per svolgere un’attività.
Un po’ più vicina a quelle che sono le moderne società è avvenuto con le compagnie medievali le
quali erano caratterizzate da una sorta di destinazione esclusiva del capitale.
Possiamo individuare come l’embrione che ha poi portato alla costituzione delle moderne società
in accomandita si ha con la creazione della commenda, tramite quest’ultima si riuscivano a mettere
insieme soggetti che disponevano di risorse finanziarie (nobiltà o clero) ma che non avevano
intenzione di svolgere alcuna attività e soggetti che pur essendo privi di queste disponibilità
avevano lo spirito d’iniziativa per poterle svolgere. Tramite queste quindi si andavano a distribuire i
ruoli in modo diverso.
Mentre quello che è il nucleo delle moderne società di capitali lo abbiamo con le compagnie delle
indie, queste sorgevano per raccogliere ingente capitale per andare a finanziarie le spedizioni
oltreoceano, qui abbiamo il primo caso di principio di responsabilità limitata, in quanto i finanziatori
rischiavano solamente limitatamente al capitale conferito.
La responsabilità limitata in origine era una concessione della Monarchia ma ben presto per
l’espansione di queste forme organizzative diventò ben presto una caratteristica automatica.
Altra caratteristica che ritroviamo soprattutto nelle moderne società è la possibilità di poter
smobilizzare molto velocemente il proprio investimento, il quale è incorporato in un titolo che è
facilmente vendibile.
Andiamo ad analizzare l’Art 2247 del Codice Civile il quale dà la definizione di contratto di
società:
“Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per lo svolgimento in
comune di una attività economica con lo scopo di dividerne gli utili”.
Fino al 1993 questa definizione andava a sovrapporsi perfettamente con la nozione di società,
questo perché una società poteva essere creata solo e soltanto con il contratto di società.
Nel 1993 si è introdotta per una tipologia societaria specifica, la possibilità di essere creata anche
attraverso un atto unilaterale, cioè da parte di un solo soggetto. Questa possibilità è stata estesa
nel 2004 anche alle Spa.
Il contratto di società è un contratto “associativo” che però ha delle caratteristiche particolari infatti
si caratterizza per il numero, potenzialmente illimitato delle parti, inoltre questo numero può variare
durante la vita della società.
Altra caratteristica è che le prestazioni delle parti possono essere non solo di diversa natura ma
anche di diverso ammontare, in un contratto infatti due o più soggetti si impegnano reciprocamente
a fare qualcosa, l’impegno che si prendono i partecipanti ad un contratto di società è quello di
apportare qualcosa. Normalmente nei contratti le prestazioni delle parti tendono ad equivalersi, nel
contratto di società invece le parti si possono impegnare a prestazioni completamente diverse,
inoltre tipicamente in un contratto quando tutte le parti hanno svolto la prestazione a cui si erano
obbligate il contratto si risolve, qui invece le prestazioni delle parti sono solo il momento iniziale
Diritto Commerciale 22
della vita di questo contratto perché quest’ultimo va a disciplinare un’attività futura che potrà
essere fatta grazie a queste prestazioni.
Altra caratteristica un po’ particolare di questo contratto sta nel fatto che eventuali cause di nullità/
annullabilità/invalidità della singola partecipazione di un individuo non si riflettono sull’intero
contratto. Nel caso in cui uno dei partecipanti si riveli ad essere incapace o vittima di vizi del
consenso, questo va ad annullare solamente la sua partecipazione e non l’intero contratto.
Il 2247 individua quelli che sono i tre elementi caratterizzanti del contratto di società:
Nel caso però, ci siano più soggetti che insieme esercitano una operazione singola e isolata
sicuramente non avremo attività d’impresa, ma non avremo nemmeno società.
Diritto Commerciale 23
Se invece avremo più persone che svolgeranno insieme un affare complesso che richiede una
serie di operazioni concatenate fra loro, allora avremo sicuramente attività d’impresa e potrebbe
anche esserci società.
Per quanto riguarda le attività che possono non ritrovarsi comprese nell’attività d’impresa
dobbiamo segnalare una evoluzione piuttosto radicale e recente.
Non si tratta di società tra professionisti, quella realizzata tra professionisti che ha il compito di
acquisire/gestire/conservare i beni strumentali che poi questi professionisti andranno ad utilizzare,
questa è quella che viene chiamata “società di mezzi tra professionisti”. (Ad esempio
professionisti che si occupano di vendita di macchinari ospedalieri, medici. Essi gestiscono quei
beni che verranno poi affittati, venduti).
Non è neanche da considerarsi società tra professionisti, una semplice assunzione congiunta dei
carichi (ad esempio per una suddivisione di un accusa tra più avvocati). L’unica società tra
professionisti è quella che ha nello scopo sociale la professione intellettuale.
Per lungo tempo le società tra professionisti erano ritenute incompatibili con quella che è la
caratteristica di “personalità della prestazione”, nel 1997 era stato abrogato il divieto assoluto di
esercitare le attività personali in maniera societaria ed era stata subordinata la possibilità di creare
delle società tra professionisti a decreti ministeriali che andassero a dettare regole e principi per
questa attività, l’unico decreto che ha visto la luce è stato quello relativo alle società tra avvocati.
Recentemente (2013) però è stata approvata una normativa relativa alla possibilità di creare
Società tra Professionisti, concedendo a questi ultimi di utilizzare una qualunque tipologia
societaria per esercitare attività professionale, ovviamente con tutta una serie di paletti, infatti la
maggior parte delle società verranno prodotte tra professioni protette.
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Diritto Commerciale 24
La stessa cosa potrebbe farla un’associazione o una fondazione, oppure una comunione, che
hanno le stesse possibilità di realizzare ciò che una società compie.
• Responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali. In relazioni a degli impegni presi dalla
società, quanto rispondono i soci?
Nelle società di capitali in generale, la responsabilità dei soci è limitata. ((Ci possono perdere
al massimo quello che hanno messo all’inizio)), poiché il limite massimo in cui sono chiamati a
rispondere è al massimo quello che hanno conferito.
Ci sono 2 eccezioni:
La SAPA, società in accomanda, dove esistono due tipologie di soci, uno a responsabilità limitata
(accomandanti), e l’altro a responsabilità illimitata (accomandatari).
L’altra eccezione è quella delle società unipersonali, dove l’unico socio, se non rispetta alcuni
vincoli, diventa illimitatamente responsabile (risponde illimitatamente con tutto il suo patrimonio
personale alle obbligazioni), perché non ha rispettato regole imposte, e quindi inadempiendo agli
obblighi sarà illimitatamente responsabile.
Responsabilità sussidiaria: il primo obbligato è la società, ma se il patrimonio sociale non è
abbastanza, si ci può rivolgere in seconda battuta ai soci i quali hanno responsabilità sussidiaria,
cioè la loro responsabilità viene dopo la responsabilità della società.
• Amministrazione: in via generale nelle società di persone la qualifica di socio indica la qualifica
di amministratore, tutti i soci illimitatamente responsabili sono anche amministratori. Nell’atto
Diritto Commerciale 25
costitutivo si ha la possibilità di affidare l’amministrazione ad alcuni soci ma si deve specificare
altrimenti si ritengono tutti amministratori.
Nelle società di capitali invece l’amministrazione è affidata ad un organo amministrativo, possono
far parte di questo ordine sia soggetti che sono soci sia soggetti che non lo sono.
Nelle Srl la regola base attribuisce l’amministrazione ai soci, ma nulla vieta di attribuirla ai non soci.
Un'altra eccezione è per la SAPA, dove chi è accomandatario è sicuramente amministratore. Nelle
Sas l’amministrazione può essere affidata anche a solo alcuni accomandatari (tutti o pochi).
• Trasferimento della quota di socio: quindi la cessione del titolo di socio, nelle società di
persone il trasferimento è molto più limitato, in quanto è subordinato al consenso di tutti i soci.
In una SNC se è socio Mario Rossi o Giuseppe Bianchi è ben diverso, nelle società di capitali
invece sono importanti i capitali e non il socio.
Questo è il cosiddetto “intuitu personae” cioè il fatto che la persona che ha qualifica di socio è
importantissimo che sia uno piuttosto che un altro, quindi sostituire un socio con un altro è
qualcosa di grosso, ed è per questo che richiede che tutti i partecipanti siano d’accordo.
Nelle società di capitali tendenzialmente il trasferimento della quota di un socio è molto libera, ciò
che è rilevante non è tanto chi è il socio ma il pezzo di capitale che va ad apportare alla società,
tendenzialmente il trasferimento della qualità di socio è libera.
Infatti ad esempio nelle Spa le azioni sono dei titoli di credito hanno una facilità di circolazione
elevatissima, se l’azione la possiede uno o altro è indifferente.
Personalità giuridica —> Autonomia patrimoniale —> Risponde prima il patrimonio sociale
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Diritto Commerciale 26
Nona Lezione: 04/10/2019
LA SOCIETÀ SEMPLICE E LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO (OBBLIGHI DEI SOCI;
PARTECIPAZIONE A UTILI/PERDITE, RESPONSABILITÀ)
Le società di persone
La società semplice è molto più regolata a differenza delle SNC e delle SAS. Questo potrebbe far
pensare che la SS sia la più utilizzata , in realtà non è proprio cosi.
La SS infatti ha la caratteristica di svolgere solo ed esclusivamente attività non commerciali.
Le regole delle società semplici sono uno standard, ovvero a carattere generale, valido per tutte le
società di persone, che poi si andranno a differenziare per le SNC e le SAS.
Costituzione
La costituzione dovrà avvenire attraverso un contratto.
Per le società semplici non sono previste particolari regole ne di forma e ne di contenuto, il suo
contratto non è fortemente regolamentato. Però banalmente dovranno essere presenti tutti gli
elementi fondamentali che contraddistinguono quella società (nome, attività, dove andrà ad
operare). Non ci sono nemmeno regole di forma, però in quell’atto costitutivo, i soci si impegnano
ad apportare qualcosa, tramite conferimenti di diversa natura (beni, servizi, denaro, etc). Per ogni
tipo di bene mobile/immobile dovrà essere presente un atto costitutivo particolare a seconda della
situazione specifica (ad esempio per un conferimento immobile sarà necessario un atto scritto da
parte de notaio). In caso di conferimenti in denaro invece, consegue che la società nonostante sia
semplice debba iscriversi al registro delle imprese, come pubblicità legale. Quindi come minimo
una forma scritta per la costituzione dell’impresa sarà necessaria, nonostante non ci siano regole
rigide.
Per la Snc sono previste alcune regole specifiche per la costituzione sia di forma che di contenuto,
in particolare la forma richiesta, è in alternativa, una scrittura privata autenticata, o atto pubblico.
Inoltre vengono segnalati alcuni elementi che devono essere presenti all’interno dell’atto
costitutivo.
Questo viene detto dall’Art.2295, che chiede la denominazione sociale, la ragione sociale (in
questo caso “Snc”), generalità dei soci, quanti soci hanno la rappresentanza(*), la sede,
l’attività quindi l’oggetto sociale, i conferimenti(*), le prestazioni dei soci d’opera cioè quei
soci che anziché conferire denaro conferiscono una loro attività, i criteri di ripartizioni degli
utili (*) e la durata (*). Gli elementi (*) se non ci fossero non è un grosso problema, esse possono
essere colmate per legge.
Es. Se non dico a quali soci è attribuita la rappresentanza, di default presumo che tutti i soci la
abbiano, se non indico la durata, presumo che non abbia un termine. Se mancano gli altri elementi
come il nome della società, la società non può iscriversi al registro dell’impresa quindi sarà una
società irregolare quindi questo comporta che si applicano norme diverse.
Le società irregolari sono società non iscritte al registro delle imprese e ciò può avvenire perché
manca un requisito per essere iscritta tra gli elementi obbligatori o per decisione dei soci, questo
vuol dire che le società irregolari non possono pretendere l’efficacia dichiarativa.
Le Snc oltre a non far valere l’efficacia dichiarativa, non potranno applicare del tutto la disciplina
delle Snc, quindi applicheranno la disciplina delle società semplici, ma con delle eccezioni (che
vedremo più avanti).
Mentre la Sas se irregolari mantengono comunque al loro interno la differenza di responsabilità.
Diritto Commerciale 27
Nel caso d’invalidità dell’atto costitutivo, dovremmo rifarci alla disciplina generale dei contratti
con alcune particolarità. Non si applica alle società di persone la disciplina di nullità (specifica per
le società di capitali), che tuttavia si ritengono troppo rigide da essere applicate alle società di
persone. Si applica invece la disciplina di annullabilità, questo porterà allo scioglimento della
società (-> liquidazione). Inoltre in questo caso le parti non rimangono esonerate dalle loro
prestazioni, i conferimenti dovranno essere portati a termine, inoltre per prevenire ulteriori
problemi, gli atti della società sono comunque validi (durante la liquidazione).
Il caso delle società di fatto: esse si hanno quando i soci si comportano sia tra di loro che con i
terzi come se la società esistesse, eppure non c’è un atto costitutivo.
Leggermente diversa, la società apparente, che si ha quando i soggetti si comportano con i terzi
come se la società esistesse, ma non internamente (viene vista dai terzi come società esistente).
La società occulta, agli occhi dei terzi la società sembra non esistere.
L’obbligo principale dei soci e che li rende “soci” è quello di effettuare un conferimento di
beni o servizi i quali verranno poi utilizzati per svolgere una certa attività.
Nell’atto costitutivo può non esserci scritto nulla sui conferimenti in questo caso i conferimenti si
intendono in denaro e si intende una somma sufficiente per lo svolgimento dell’oggetto sociale
dell'attività. Nelle società di persone i conferimenti generalmente sono in denaro, oppure di beni e
servizi etc, può essere qualsiasi cosa purché sia suscettibile di valutazione economica. (Nelle
società di persone non ci sono tetti minimi di conferimenti a livello di denaro come garanzia
minima).
Diritto Commerciale 28
Se conferisco altro, posso decidere di conferire beni, che saranno suscettibili di una valutazione
economica e conferiti in 2 modalità diverse:
- in proprietà > la titolarità del bene passa da me alla società, in questo caso il rischio di
conferimento del bene grava solo nel momento di trasferimento, ovvero fino a quando il bene
non è di proprietà della società.
- In godimento > la titolarità del bene rimane formalmente al socio, la società però ha il diritto di
utilizzarlo. In questo caso il rischio di perimento del bene rimane al socio sempre, quindi se
dovesse perire il socio PUO’ essere escluso.
Possono essere conferite prestazioni d’opera, il socio che viene detto socio d’opera, è quindi
colui che si impegna a svolgere una certa attività, il socio d’opera può essere escluso se si
interrompe l’attività o l’attività non può più essere realizzata.
Il socio d’opera è colui che conferisce la prestazione ma non è un dipendente, è un socio, quindi il
suo conferimento è apportare queste prestazioni. Quando lui è impossibilitato ad adempiere, esso
POTRÀ essere escluso. A fronte di questa prestazione il socio riceve una partecipazione all’utile.
Ovviamente essendo diverso dal denaro, questo conferimento, sarà messo per iscritto tramite
l’atto costitutivo come anche la partecipazione all’utile di quel socio, in caso di mancanza dell’atto
costitutivo sarà il giudice a decifrare la partecipazione all’utile del socio d’opera sul capitale della
società.
Il capitale della società è il valore in denaro dei conferimenti (traduco i beni in un numero).
Nelle società di persone la disciplina legata al patrimonio sociale e al capitale sociale è molto
blanda perché non c’è netta distinzione tra il capitale dei soci e quello della società, nelle SS non
c’è quasi nessuna norma del capitale e non è neppure richiesto che siano valutati altri conferimenti
se non quelli in denaro, nelle società di capitali le regole sono molto rigide perché il capitale è
importantissimo, i creditori possono soltanto richiedere per il soddisfacimento dei loro crediti il
capitale sociale e non quello dei soci, nelle SNC bisogna indicare i valori dei conferimenti nell’atto
costitutivo. Per la società semplice non si ha l’obbligo di bilancio perché può svolgere solo
un’attività non commerciale.
Gli Art.2303-2306, parlano del divieto di ripartizione di utili fittizi, in particolare nel 2303 si dice
che non possono essere distribuiti utili se non realmente conseguiti e mi dice anche che in caso di
perdite, la ripartizione di utili pregressi non può avere luogo finché il capitale non può essere ridotto
o reintegrato.
Il 2306 mi impedisce di di restituire i conferimenti ai soci perché impone che qualunque rimborso
dei conferimenti avvenga tramite una apposita decisione delibera di riduzione del capitale, io non
posso restituire ai soci i conferimenti che hanno dato per quanto voglio, ma bisogna richiedere
formalmente una riduzione del capitale in un determinato modo, per restituire parte dei
conferimenti fatti ai soci.
Diritto Commerciale 29
Modalità di partecipazioni agli utili e alle perdite
Si tratta di un elemento che posso inserire nell’atto costitutivo ma se per caso non ci fosse scritto
nulla, può essere applicata la regola standard secondo la quale “I soci nel determinare la
ripartizione di utile o perdite di ognuno, hanno una libertà quasi assoluta di decidere qualunque
cosa”.
I soci hanno un unico limite cioè il divieto di patto leonino, questa regola mi dice che è nullo
ogni patto volto ad escludere totalmente uno o più soci dalla partecipazione agli utili o alle
perdite.
Quindi i soci potrebbero attribuire la partecipazione agli utili in modo libero, ma non possono
escludere totalmente un socio da tale partecipazione, se lo facessero l’atto sarebbe nullo, non ha
efficacia. Formalmente è difficile incontrare questo patto ma nella pratica può essere aggirato
molto semplice ad esempio attribuendo il 0.0001% o attraverso accordi tra i soci.
A B C
Conferimento 50 30 20
Utile 20 10 10
Perdite 10 50 40
Se non dico nulla sulle perdite, si presume che sia uguale per tutti i soci, la partecipazione verrà
considerata proporzionalmente ai conferimenti.
Se non dico nulla sui conferimenti presumo che i soci abbiano apportato il capitale in parti uguali.
diritto ad ottenere gli utili lo si matura con l’approvazione del rendiconto (situazione che si presenta
al termine dell’esercizio), cioè il riassunto al termine dell’esercizio, non proprio il bilancio ma si può
definire anche così.
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Diritto Commerciale 30
A questo proposito, si sottolinea una piccola eccezione per quanto avevamo detto per il registro
delle imprese, e delle imprese regolari. Per le Snc non è obbligatorio segnalare la limitazione di
responsabilità di un socio nel registro delle imprese. Questo non significa che essa non sia
regolare, questa infatti è considerata una delle eccezioni.
Molto diversa è la situazione del creditore personale di un socio. Esso non può in alcun modo
chiedere al patrimonio sociale di soddisfare il proprio credito, oppure può compensare il suo
credito, tramite un debito nei confronti della società. Può aggredire solo e soltanto il patrimonio del
Diritto Commerciale 31
socio. Fra le cose che fanno parte del patrimonio del socio c’è anche la quota di partecipazione
societaria. Allora a quel punto il creditore personale, ha alcuni margini per ottenere il
soddisfacimento del suo credito tramite la società.
Ci sono altri strumenti per farlo.
Si dice che può compiere azioni conservative sulla quota del socio. Finché esso è socio della
società, nel suo patrimonio quella quota è presente, e potrebbe arricchire il suo patrimonio
personale. Il creditore quindi può aspettare il momento in cui il socio debitore avrà accumulato la
ricchezza tale da poter soddisfare il suo credito.
Infine potrebbe chiedere la liquidazione della quota, che significa il tradurre in moneta il valore
della quota del socio, che comporta però l’esclusione del socio dall’organigramma (non esiste più
la sua quota).
N.B: Invece la quota di liquidazione è quanto spetta al socio nel procedimento di liquidazione della
società.
Nella società semplice in qualunque momento il creditore personale del socio può riscuotere il suo
credito, di conseguenza questo determina l’esclusione del socio dalla società.
Nelle società in nome collettivo, il creditore può riscuotere il credito nel momento in cui si ha la fine
della vita della società.
Amministrazione e rappresentanza
La disciplina standard prevede che nelle società di persone l’amministrazione venga attribuita a
tutti i soci, cosi come la rappresentanza, salvo clausole.
Mentre nelle SDC esiste un organo che si occupa della dell’amministrazione.
Nell’atto costitutivo ad ogni modo posso prevedere qualcosa di diverso, cosi che nell’ambito della
nostra società possiamo prevedere dei soci amministratori, affianco a soci non amministratori,
oppure anche amministratori non soci.
I soci amministratori > devono capire come organizzarsi per svolgere l’attività di gestione. Ci
sono 2 modalità di gestione, sono due metodi tipici che possono anche essere combinati tra di
loro:
1. Amministrazione disgiuntiva _ prevede che ogni amministratore può agire autonomamente,
senza consenso degli altri;
2. Amministrazione congiunta _ ogni decisione di gestione deve essere resa nota a tutti o alla
maggioranza dei soci amministratori.
Ognuna di questi ha vantaggi e svantaggi:
- L’amministrazione disgiuntiva ha come vantaggio ma allo stesso tempo svantaggio la sua
velocità, c’è infatti il rischio che le decisioni prese non abbiano l’avvallo di tutti i soci, e quindi
essere più rischiosi, poco opportuni.
Diritto Commerciale 32
- Al contrario il sistema congiuntivo, è molto più sicuro, poiché le decisioni sono condivise,
ponderate, dove intervengono più persone, ma ovviamente questo richiede una maggiore
lentezza delle operazioni.
Diritto Commerciale 33
Undicesima Lezione: 10.10.2019
LA SOCIETÀ SEMPLICE E LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO (SCIOGLIMENTO SINGOLO VINCOLO
SOCIALE).
1) Quando muore un socio, i soci superstiti sono di fronte ad una triplice possibilità. La prima è
quella di continuare l’attività sociale senza il socio defunto. Però potrebbero anche scegliere di
sostituire il socio defunto con un suo erede. L’ultima alternativa è quella di sciogliere l’intera
società, ma questo non è automatico alla morte di un socio, è una scelta della società, ma
ovviamente è una soluzione un po’ forte poiché significa che quel socio era fondamentale per
mantenere in ieri la società. Questa scelta può essere fatta immediatamente dopo la morte del
socio, oppure fatta in precedenza, ovvero all’atto costitutivo (clausola su come com portarsi in caso
di morte di un socio).
Se questo avviene, i soci superstiti non possono scegliere una delle strada non previste dall’atto
costitutivo, a meno che non sia modificato l’atto costitutivo. A volte però scegliere degli eredi non è
così semplice, poiché deve esserci l’avvallo degli eredi, fondamentale perché si tratta di nuovi soci,
e quindi diventano mediatamente responsabile insieme agli altri soci di tutte le obbligazioni sociali
anche pregresse alla sua integrazione.
Questa scelta ha portato ad un enorme dibattito sulle clausole di successione. Questa deve essere
intesa come una clausola che obbliga i soci di prendere quella strada ma con la possibilità agli
eredi di poter scegliere o meno di incaricarsi. Se gli eredi non acconsentono, si passa alla
soluzione di default, la società continuerà con un uomo in meno. Gli eredi che non entrano a far
parte della società avranno diritto dei ottenere la quota di partecipazione del defunto.
2) Il recesso invece è l’espressione della volontà del socio di uscire dalla compagine sociale.
Bisogna distinguere in questo caso le società a tempo determinato e quelle a tempo
indeterminato.
Diritto Commerciale 35
Nel caso di società costituita a tempo indeterminato, dobbiamo considerare in questa categoria
quelle società che hanno una data di scadenza palesemente superiore alla vita di un qualsiasi
socio e quelle che hanno una data di scadenza che non è possibile determinare con certezza (Es.
società che dura fino a morte socio x).
In questo caso ogni socio può recedere ad nutum (quando vuole) dando un preavviso di 3 mesi,
per questo recesso non è richiesta una forma specifica però è comunque richiesto che il socio
manifesti la sua intenzione a tutti i soci (non solo quelli amministratori) e dal momento in cui questa
viene completata inizieranno a decorrere i 3 mesi al termine dei quali il socio uscirà dalla
compagine societaria.
Se invece la società è a tempo determinato, il socio potrà uscire quando vuole e con effetto
immediato a patto che vi sia una giusta causa.
Oltre che queste cause di recesso, l’atto costitutivo potrebbe contenere tutta una serie di cause
che autorizzano i soci a recedere, contrariamente quello che non può fare l’atto costitutivo è
limitare il diritto di recesso.
3) L’ultima modalità è l’esclusione che può essere di 2 tipi, automatica o di diritto e una
detta facoltatività.
1. Di diritto, automatica, quando il creditore personale di un socio ha chiesto e ottenuto la
liquidazione della sua quota tramite il patrimonio della società (...). Oppure nel caso in cui il
socio detenga un’altra attività oltre a quella che svolge da socio, come imprenditore
commerciale che eccede alcuni limiti posti dalla legge fallimentare a causa della sua
autonoma attività. In questa situazione il socio viene spossessato del suo patrimonio, sarà
gestito da un soggetto terzo, detto curatore per poter soddisfare quanti più creditori
possibili. Il curatore vorrà un valore per questa quota.
2. Esclusivo facoltativa, ovvero decisa dagli altri soci. Le ragioni per questo tipo di esclusione
possono essere quando quest’ultimo viene considerato interdetto o inabilitato, oppure che
abbia violato una norma posta dalla legge o dall’atto costitutivo. L’esclusione avviene
tramite una maggioranza per teste.
La prima cosa da fare quando si decide l’esclusione di un socio sarà la comunicazione al
socio escluso tramite raccomandata con notifica di ricevuta, in modo da potergli dare la
possibilità nei 30 giorni successivi alla comunicazione, di opporsi, davanti ad un tribunale,
all’esclusione. Il tribunale potrebbe quindi decidere di dare ragione la socio escluso o no,
purtroppo normalmente ci mette un po’ di tempo e, nel caso il socio venisse reintegrato
nella società questo dovrà essere fatto con effetto retroattivo, consentendogli di partecipare
a tutti i risultati ottenuti durante l’attesa di giudizio. Il socio escluso anziché il reintegro, per
tutelarsi, però potrebbe preventivamente chiedere un risarcimento del danno. Ciò che
accomuna queste tre situazioni è il fatto che, gli eredi, il receduto e l’escluso hanno diritto al
risarcimento della quota, per capire quanto gli spetta, il metodo è quello di redigere una
situazione patrimoniale al momento dello scioglimento del vincolo. Nel redigere la
situazione patrimoniale bisognerà però tenere conto anche di quelle operazioni in corso
che ancora non hanno avuto una manifestazione finanziaria, dal momento dell’esclusione.
Ciò che spetta all’erede/receduto/escluso è la parte del patrimonio della società che
corrisponde alla sua quota di partecipazione agli utili. Questo pagamento devo avvenire
entro 6 mesi, l’unica strada per evitare questo pagamento è lo scioglimento della società.
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Diritto Commerciale 36
Dodicesima Lezione: 11.10.2019
LA SOCIETÀ SEMPLICE E LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO (SCIOGLIMENTO SOCIETÀ) LA SAS
(RESPONSABILITÀ E RAGIONE SOCIALE)
Diritto Commerciale 37
La fase di liquidazione essenzialmente serve per coprire tutte le passività, quindi soddisfare tutti i
creditori, e poi se avanzasse qualcosa distribuire il residuo ai soci.
Lo schema base sopracitato, prevede la nomina di uno o più liquidatori, che si andranno ad
occupare di portare avanti la fase di liquidazione.
Essi dovranno essere nominati dalla pluralità dei soci all’unanimità e in mancanza di accordo la
nomina verrà svolta da un tribunale.
Coloro che hanno l’amministrazione possono compiere solo e soltanto tutte quelle operazioni
propedeutiche alla liquidazione e ultimare tutte operazioni urgenti. Dovranno preparare il terreno ai
liquidatori.
Vengono consegnati ai liquidatori tutti i beni sociali e i documenti sociali, e sulla base di questi i
liquidatori dovranno redigere una sorta di rendiconto (per evidenziare la situazione patrimoniale
della società).
Al fine di andare a pagare tutti i creditori, i liquidatori dovranno andare a monetizzare l’attivo o
affittare l’azienda, nell’ottica di andare a ricavare il più possibile per andare a saldare i creditori.
Per fare questo però, essi hanno l’assoluto divieto svolgere nuove operazioni, che nel caso
venissero svolte, non andranno a vincolare la società, ma saranno di singola responsabilità del
liquidatore.
Hanno comunque molta libertà di comportamento, l’importante è che non diano nulla ai soci prima
di aver soddisfatto i creditori o quantomeno aver accantonato le somme per farlo.
Situazione pessimistica:
Il patrimonio sociale non è sufficiente per liquidare i creditori. Prima di tutto verranno chiesti
eventuali conferimenti che erano stati promessi. In questo caso non fossero presenti e comunque
non ci fosse denaro a sufficienza per il soddisfacimento dei creditori, i liquidatori allora si
rivolgeranno ai soci per un apporto sufficiente a soddisfare i creditori, in relazione alle loro quote di
partecipazione alle perdite, questo perché in questo tipo di società i soci sono illimitatamente
responsabili.
Situazione ottimistica:
Se rimanesse ancora del capitale sociale residuo, esso andrà utilizzato prima per il rimborso dei
conferimenti, se questo invece è inferiore alla quota di capitale sociale apportato da ogni socio, la
parte residua verrà distribuita in proporzione.
Nelle SNC la cancellazione dal registro delle imprese deve essere preceduta da un vero e proprio
bilancio finale di liquidazione, nel quale sono contenute tutte le operazioni compiute nella fase di
liquidazione e gli eventuali residui distribuiti ai soci. Questo bilancio dovrà essere comunicato ai
soci e, dal momento in cui avranno ricevuto la comunicazione, inizieranno a decorrere 2 mesi entro
i quali potranno opporsi. Nel caso in cui entro i 2 mesi nessun socio presentasse alcuna
opposizione, il bilancio allora si potrà ritenere come approvato e di conseguenza si potrà richiedere
la cancellazione dal registro delle imprese.
Questo sarà il momento che rappresenterà la fine dell’attività d’impresa e che vedranno i liquidatori
liberati nei confronti dei soci. In questo istante, avviene l’estinzione della società, ovvero la
cancellazione della società dal registro delle imprese.
Diritto Commerciale 38
Se per caso dopo la cancellazione ci fosse ancora un creditore ancora insoddisfatto, e il creditore
emerso dopo la cancellazione ha 3 strade percorribili:
1- rivolgersi ai liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso dalla loro colpa;
2- rivolgersi ai soci aventi responsabilità illimitata (ovvero amministratori);
3- chiedere la dichiarazione di fallimento della società (o procedura giudiziaria), che deve avvenire
però entro un anno dalla cancellazione del registro delle imprese. Questa situazione non si
realizza spesso in quanto è difficile che il tribunale fallimentare valuti l’opportunità pratica della
dichiarazione di fallimento, si tratterebbe infatti di mettere in piedi una struttura organizzativa
abbastanza complessa. Lo si farebbe solo ed esclusivamente se ne varrebbe la pena farlo, e che il
caso del creditore insoddisfatto sia particolarmente grave.
Vediamo ora la Società in Accomandita Semplice (SAS), abbiamo capito che la sua caratteristica
fondamentale è la compresenza di 2 categorie di soci che si comportano in modo molto diverso.
Le società in accomandita semplice erano nate con l’esigenza di mettere insieme i soggetti che
avevano capitali ma non spirito d’iniziativa (accomandanti) e soggetti che avevano intenzione di
svolgere attività, ma si trovavano in carenza di capitali (accomandatari).
Nelle Sas queste due categorie di persone si incontrano dividendosi in due categorie:
- Accomandanti: coloro che apportano il capitale ma non si intromettono nella gestione della
società;
- Accomandatari: coloro che di fatto agiranno e amministreranno la società. Anche essi per
diventare soci dovranno fare un conferimento, ma questo potrebbe essere limitato dal
punto di vista quantitativo, oppure consistere in una prestazione d’opera.
Ciò che distingue i due soci quindi è effettivamente l’operatività nella società, questa è collegata e
conseguente di una responsabilità delle obbligazioni sociali completamente diversa, infatti:
- Accomandanti: risponderanno limitatamente alla quota conferita;
- Accomandatari: risponderanno illimitatamente/solidalmente/sussidiariamente di tutte le
obbligazioni sociali.
Da questa prima descrizione è facile capire che tutte quelle differenze di cui abbiamo parlato, sono
dovute alla presenza dei soci accomandanti, di fatto i soci accomandatari si comporteranno e
avranno regole esattamente identiche a quelle che abbiamo visto per i soci di società semplice e
società in nome collettivo.
Agli accomandanti non si attribuisce il fallimento personale, rimangono al di fuori di questa
procedura, a patto che si comportino da veri accomandanti.
Diritto Commerciale 39
Si può dire che in quel caso l’accomandante stia facendo qualcosa che potrebbe innestare una
causa giusta per la quale gli altri soci potrebbero decidere di escluderlo, poiché ha violato una
regola posta dalla legge. Dal punto di vista pratico però non converrà ai soci escluderlo, perché
sarà lui illimitatamente responsabile in caso di situazione critiche.
C’è differenza tra soci accomandanti che compiono un misero atto di gestione oppure chi
quotidianamente ne compie moltissime? No. Però potrebbe essere più o meno rilevante in caso in
cui si andasse davanti ad un giudice.
L’ultima scappatoia per evitare questa pesante responsabilità, è quella che da la possibilità
all’accomandante di compiere un atto, solo se agisce come mero esecutore dell’accomandatario,
oppure munendosi di una procura speciale, cioè con un autorizzazione di un certo tipo, circoscritta.
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Le caratteristiche della SAS (viste in precedenza come la divisione dei soci in accomandanti e in
accomandatari, il comportamento dei soci, l’amministrazione etc). Parliamo dunque di:
Controlli
Gli accomandanti nonostante non prendano decisioni riguardanti l’amministrazione, possono
svolgere dei controlli molto forti nei confronti dell’attività societaria. Essi sono a duplice valenza,
oltre ai soci accomandatari amministratori che si controlleranno a vicenda, quelli non
amministratori potranno chiedere informazioni, documenti, scritti contabili, ma non solo. Questa
possibilità spetta anche agli accomandanti, che possono essere informati ogni volta che vogliono,
chiedendo informazioni sulla gestione, e se non dovessero essere soddisfatti dell’operato oppure
ravvisare di illeciti o operazioni non conformi alla legge, possono anche giudizialmente, chiedere
una revoca della qualifica di amministratore di un socio accomandatario, che significa far
perdere la possibilità di amministrazione. Infine possono anche richiedere periodicamente
(annualmente) il rendiconto della gestione (riassunto numerico delle operazioni fatte).
Secondo alcuni gli accomandanti non possono e non devono controllare e soprattutto approvare o
meno il rendiconto societario, poiché quest’azione viene considerata come un atto di gestione, e
come tale preclusa agli accomandanti, mentre per altri non si tratta di un’operazione di gestione e
quindi può essere svolta anche da parte degli accomandanti.
La prima impostazione è per chi si affida all’Art. 2221, secondo cui “Gli accomandanti non sono
tenuti a restituire gli utili riscossi in buona fede”. Sappiamo infatti che si può dare luogo alla
distribuzione di utili solo se realmente conseguiti, se ci fosse una ripartizione di utili fittizi, i soci
sarebbero obbligati a restituirli ma, nelle società in accomandita se gli accomandanti gli utili li
hanno riscossi in buona fede (ignorando che siano stati effettivamente conseguiti) non sono
obbligati a restituirli, perché non hanno modo di verificarne la consistenza o non sono in grado di
verificare se quell’utile è realmente conseguito oppure no.
Gli accomandanti controllano e partecipano alla gestione della società perché votano in relazione
alla cessione delle quote degli accomandanti stessi, e anche in relazione alla nomina o alla revoca
degli amministratori tramite atto separato (successivi all’atto costitutivo), da approvare con
l’unanimità degli accomandatari e la maggioranza per quote degli accomandanti (siccome non
sono direttamente coinvolti nelle operazioni di gestione è sufficiente l’approvazione di questo tipo).
Diritto Commerciale 40
Tra la partecipazione degli accomandanti non figura la partecipazione relativa al veto. Nella sas
questa si limita alla categoria degli accomandatari. Su questo diritto, decidono tutti i soci
accomandatari a maggioranza.
Se la SAS non si iscrivesse al registro delle imprese (SAS irregolare), applicherà la disciplina delle
SS, mantenendo per quanto possibile, in modo indipendente e coerente la divisione tra i soci.
Questo dipende anche dalle attitudine che i soci tengono. Se soci compiono attività di gestione
allora verranno considerati come accomandatari, altrimenti in caso contrario come accomandanti,
questo perché nessun socio è iscritto come accomandante o come accomandatario sul registro
delle imprese. Di conseguenza se un socio è qualificato come accomandante, (ma non è iscritto
come tale a registro delle imprese), continuerà ad essere considerato come tale a patto che non
compia operazioni di gestione.
Viceversa se un socio agisce, lo considererò come illimitatamente responsabile, o perché è
accomandatario o perché è accomandante che ha compiuto atti di gestione, in questo caso infatti
Diritto Commerciale 41
non può essere fatta valere la procura speciale, in quanto non essendo la Sas iscritta a registro
delle imprese non sarà possibile per i terzi verificare la legittimità della procura.
*l’imprenditore occulto viene sottoposto a liquidazione giudiziaria? Non lascerà nessuna traccia di
lui, a meno che non sia palese la sua identità. Il suo nome non apparirà comunque da nessuna
parte.
__________________ fine programma prova intermedia
Diritto Commerciale 42
Quattordicesima Lezione: 17.10.2019
LA SPA (NOZIONE, CARATTERI ESSENZIALI);
DISTINZIONE SOCIETÀ APERTE/CHIUSE;
ULTERIORE RIDUZIONE RESPONSABILITÀ (SOCIETÀ UNIPERSONALI E PATRIMONI DESTINATI)
Società di capitale
La differenza sostanziale con la società di persone è che l’elemento principale e centrale della
società non è la persona ma cosa la persona apporta, ovvero i propri conferimenti.
Questo categoria comprende la SPA, la SAPA e le SRL, a queste si aggiungono le Società
Cooperative, che possono assumere la forma di Spa o Srl a seconda delle loro dimensioni.
Anche per i creditori della società cambia la situazione. Qui la loro unica garanzia è il patrimonio
sociale. Risponde solo la società con il suo patrimonio.
Questo significa che agli occhi dei creditori, tutte le informazioni relative al patrimonio personale
dei soci e le loro caratteristiche sono irrilevanti. Ci saranno quindi molte più norme e regole che
tutelino l’integrità del patrimonio della società.
Un’altra categoria di soggetti è rappresentata dai potenziali soci. Ovvero chi ha intenzione di
investire nella società, entrando a farne parte.
Per la società ci sarà una serie di obblighi informativi aggiuntivi da pubblicizzare all’esterno per
chiunque volesse diventare socio, in modo che anche i terzi possano fare una valutazione di
convenienza all’investimento in quella società.
Diritto Commerciale 43
Per ovviare questo rischio, sono state disposte alcune regole che non si conoscevano prima:
È stato stabilito un livello minimo di capitale da apportare per poter costituire le società, diverso a
seconda della tipologie:
- per le SPA e le SAPA un tetto minimo di 50.000€,
- per le SRL 10.000€, anche se per loro sarà possibile costituire la società anche con un capitale
minore, seguendo alcuni accorgimenti (vedremo dopo).
Inoltre è previsto e richiesto che questo capitale dovrà essere integralmente sottoscritto, mentre
potrà essere versato al momento della costituzione soltanto una parte (25%).
“Sottoscrivere” capitale significa impegnarsi in modo rigoroso ad apportare capitale in qualità di
conferimento. Come anticipato, quando questo conferimento avviene sotto forma di denaro, dovrà
essere integralmente sottoscritto, ma non sarà necessario il versamento integrale dell’importo
promesso, infatti per dimostrare l’impegno del socio, al momento della sottoscrizione, si chiede di
versare appunto il 25% di quanto promesso. La restante parte verrà versata su richiesta degli
amministratori.
Se gli amministratori dovessero richiedere un finanziamento, per ottenere quella somma che il
socio dovrebbe ancora versare, sarebbe un’operazione di cattiva amministrazione.
Gli amministratori dovrebbero in primis sollecitare i soci che non hanno ancora conferito l’intera
quota a versarla, al fine di completare le operazioni in essere.
Inoltre sia durante che alla fine della vita della società, la restituzione di capitale ai soci, incontra
alcuni vincoli:
Innanzitutto possiamo dire che durante la vita della società non è precluso ridurre o aumentare il
capitale, però tramite uno specifico procedimento.
Durante la liquidazione la restituzione sarà possibile solo dopo aver soddisfatto tutti i creditori.
Durante la vita della società, si cerca di mantenere un equilibrio tra patrimonio sociale e capitale
sociale. Il patrimonio sociale si spera sia sempre maggiore del capitale sociale, ma può anche
darsi che sia inferiore, e questo andrà ad intaccare il capitale sociale in caso di copiose perdite. Se
questa perdita supera un terzo del capitale sociale si deve intervenire con soluzione da applicare
per risanare la situazione.
Si possono individuare potenziali conflitti anche tra soci gestori e soci risparmiatori, perché esiste
una più netta separazione tra chi apporta e chi compie le operazioni di gestione.
Esiste infatti un apposito organo amministrativo, che è staccato dai soci, nominato da loro stessi
che ha compiti di controllo e gestione della società. I soci infatti non sono coinvolti direttamente
nella gestione. Inoltre le loro decisioni, sono prese tutte con metodo maggioritario (la metà più uno,
i ⅔ etc), alcune decisioni possono essere prese anche se qualche socio non è d’accordo.
In linea teorica la maggioranza dovrebbe dipendere dalla decisione che deve essere presa. In
realtà spesso accade che un singolo socio detiene la maggioranza dei voti, oppure ci sono
situazioni in cui alcuni soci di comune accordo, detengono come gruppo la maggioranza dei voti.
Quindi potrà capitare che spesso un socio che ha una partecipazione piccola della società e non è
d’accordo con altri soci, sarà costantemente in minoranza. Quindi si è cercato di introdurre alcune
regole per tutelare questa minoranza che servono a garantire a tutti i soci di partecipare alle
decisioni e alla gestione della società tramite l’organizzazione dell’organo di controllo.
Diritto Commerciale 44
La SPA
La sua disciplina è la più importante e ricca su cui si modellano le altre.
C’è da sottolineare che però ante riforma la disciplina delle Srl era molto scarna. La riforma del
2004 ha reso le Srl autonome dal punto di vista della disciplina, creando proprio una disciplina
dedicata. La riforma ha reso le Srl la tipologia di società di capitale più elastica perché le ha
consentito di derogare spesso alle regole standard che richiamano le Spa, dando la possibilità di
scegliere se costruire una Srl più elastica simile alla società di persone oppure un pò più rigida
vicina alla Spa.
Infatti nell’atto costitutivo dovrà essere necessario indicare la presenza di un’organo di
amministrazione oppure no e quindi apparire più simile ad una società di persone.
Prima della riforma, fino agli anni ’90, la sua disciplina era unica e rigida per tutte le Spa, che erano
sottoposte a tutte le stesse regole. In realtà però a seconda del loro utilizzo c’erano diversi tipi di
Spa, per cui si è cercato di differenziare la disciplina a seconda della sua struttura, creando una
distinzione.
- Spa che non fanno ricorso al mercato di capitale di rischio: chiuse, non si mettono sul mercato
dei risparmiatori, per chiedere di conferire capitale;
- Spa che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio: aperte. Tra queste possiamo individuare
quelle quotate in mercati regolamentati (la borsa), e quelle che non sono quotate in mercati
regolamentati, ma diffuse in modo rilevante, ovvero quando hanno un numero soci azionisti non
inferiori a 200, la loro dimensione non consente la possibilità di redigere il bilancio abbreviato, o
le loro azioni sono emesse o sottoscritte presso banche. Hanno un grado di diffusione sul
mercato molto elevato.
Già a metà degli anni ‘70 si è cercato di dare una divisione, e nel ‘74 si è creata la CONSOB
(convenzione nazionale società e borsa), la quale ha come obiettivo la vigilanza e il controllo sulle
società quotate. La sua funzione è quella di tutelare gli investitori.
L’ultima riforma è stata quella del 2004. Riscrivendo tantissimi articoli si è andata ad integrare una
disciplina standard per le Spa e accanto anche semplificazioni, esoneri, etc.
Spesso alle società aperte viene limitata l’autonomia statutaria, ovvero la possibilità di decidere
qualcosa di diverso dalla norma standard, o ciò che viene scritto nello statuto, che invece è
concesso alle società chiuse.
Diritto Commerciale 45
La Spa per le sue caratteristiche è una tipologia che avuto un discreto successo.
Il legislatore con la riforma del 2004 ha ulteriormente incentivato questo “appeal” per le Spa tramite
2 nuovi strumenti che hanno diminuito ancora di più la responsabilità dei soci:
1. Spa uni-personali (dal 93 anche le Srl)
2. I patrimoni separati.
La Spa uni-personale, è ovviamente caratterizzata da un solo socio, poteva esistere anche prima
ma con una disciplina completamente diversa;
- L’uni-personalità può essere originaria, quando si costituisce con un solo socio, oppure
- L’uni-personalità successiva, quando una società nata con più soci ad un certo punto si trova
con un solo socio.
Fino al 1993 l’uni-personalità originaria, era assolutamente vietata.
Mentre nel caso di uni-personalità successiva poteva esistere ma quello che sarebbe diventato
l’unico socio sarebbe andato a rispondere illimitatamente delle obbligazioni sociali.
Dal ‘93 è stata introdotta anche la Srl uni-personale, il motivo per cui è nata è abbastanza banale,
si tratta del recepimento di una direttiva europea per tutelare e incentivare le piccole medie
imprese, limitando solo questa tipologia a queste due denominazioni sociali.
>> Dal 2004 è possibile costituire una società con singolo socio e soprattutto nel caso in cui
rimanesse un unico socio ad esso non incomberà l’intera responsabilità, rispettando però
alcuni obblighi, alcuni di carattere patrimoniale a altri di carattere pubblicitario.
• Gli adempimenti di carattere informativo, dicono che questa uni-personalità sia conosciuta dai
terzi. C’è bisogno che le generalità dell’unico socio siano iscritte nel registro delle imprese, ma
non solo, infatti in tutti gli atti degli società questa uni-personalità deve essere indicata.
A questo proposito qualcuno dice che il modo più semplice è quello di inserire oltre al nome della
Spa l’appellativo “a socio unico”, ma c’è anche chi dice che non è obbligatorio farlo, poiché se in
un futuro la società torna ad essere pluripersonale, tocca cambiare di nuovo la denominazione
sociale.
Se il socio non adempie a questi obblighi, la società continuerà ad esistere, ma diventerà
illimitatamente responsabile in modo sussidiario rispetto alla società delle obbligazioni che sono
sorte, fino al momento in cui non avrà completato le azioni per adempiere ai suoi obblighi.
Diritto Commerciale 46
La Spa viene riconosciuta come tale nel momento in cui viene iscritta al registro delle imprese, ma
prima che questo accada la società si sarà fatta capo di altre obbligazioni, svolte al fine della
creazione della società. Dunque possono nascere delle obbligazioni che fanno a capo alla società
prima che essa sia effettivamente riconosciuta.
Il legislatore quindi ha pensato ad attribuire la responsabilità di queste operazioni non direttamente
alla società, poiché mai nata per legge, ma bensì ai soci che hanno dato il consenso a queste
operazioni, ma in caso di società unipersonale, l’unico socio ovviamente sarà responsabile
illimitatamente di queste obbligazioni.
Cosa ha incentivato ancora di più sull’utilizzo delle Spa, è la questione sui patrimoni destinati/
separati
Di questi vi sono 2 tipologie che dipendono da 2 situazioni:
1. La società vuole realizzare un’operazione altamente rischiosa. Per farla gradirebbe non
rischiare il suo intero patrimonio. La risposta prima dell’introduzione dei patrimoni destinati era
quella di creare un’altra società, con oggetto sociale quello di svolgere quell’operazione. Tutti i
soci interessati all’affare conferiscono un po’ del proprio patrimonio a quella società. La nuova
società realizzerà quell’operazione, ma essendo una società di capitale, i soci che hanno
conferito alla nuova società per svolgere l’attività rischiosa, rischieranno ovviamente solo
quello che hanno conferito. Dunque se l’affare dovesse andare male, al massimo essi non
riceveranno indietro quello che hanno conferito, però essere soci di due società significa avere
doppia responsabilità, e quindi significa avere un grosso appesantimento della gestione e dei
costi oltre che delle formalità. La riforma ha quindi istituito i patrimoni destinati operativi, al fine
di permettere a ciascuna Spa di destinare una parte del proprio capitale per permettersi
quell’operazione. Si tratta di un patrimonio completamente diviso dal patrimonio della società
(una sorta di accantonamento).
2. Finanziamento separato, riguardano situazioni che vedono investimenti molto onerosi, quindi
chiede un finanziamento ad un terzo, che la società andrà a destinare solo alla gestione di
quell’affare mantenendolo sperato dal patrimonio.
______________________________________________________________________________
Abbiamo detto che lo strumento della Spa è molto appetibile, in quanto la caratteristica
fondamentale delle società di capitali è che i soci rispondono unicamente delle obbligazioni sociali
limitatamente alla quota di capitale che hanno conferito.
Ci troviamo infatti di fronte ad un tipo di società che ha personalità giuridica, quindi è un soggetto
completamente separato e distinto dai soci, sia dal punto di vista patrimoniale (autonomia
patrimoniale perfetta), che dal punto di vista di essere soggetto di diritti e di obblighi. Sarà la sola
società a rispondere delle obbligazioni contratte.
I soci quindi vanno a rischiare solo e soltanto quello che loro decidono di apportare.
Diritto Commerciale 47
La riforma del 2004 ha spinto all’utilizzo di questo tipo di società, tramite i due strumenti analizzati
la scorsa lezione (creazione di società unipersonali e la possibilità di possedere patrimoni
destinati), poiché limitano ancora di più la responsabilità dei soci.
1) Spa unipersonali, dove se vi è un singolo soggetto che può creare la SPA ecco che il suo
patrimonio personale è al sicuro perché andrà a rispondere delle obbligazioni sociali solo e
soltanto il capitale sociale.
2) Il patrimonio destinato, è utile ad una società quando essa vuole realizzare un’operazione
caratterizzata da un’elevato livello di rischio, ma senza mettere in pericolo l’intero patrimonio
sociale. Prima l’unica possibilità era quella di costituire un’altra società con l’obiettivo di
svolgere quella determinata operazione (ma con poca convenienza nel farlo). Con il patrimonio
distinto si può raggiungere questo risultato in modo molto più semplice. Esso funziona tramite
una delibera dell’organo amministrativo della società che individua un parte del patrimonio
della società che viene formalmente destinato allo svolgimento di quella specifica operazione.
In questo modo si opera tramite una separazione di quel pezzo di patrimonio da tutto il resto.
Questo vuol dire che per le obbligazione che affiorano da quell’affare risponderà solo e
soltanto il patrimonio a lui destinato, e al contrario tute le altre obbligazioni che fanno capo alla
società ma che non riguardano quell’affare andranno ad essere soddisfatte con la parte
restante del patrimonio sociale. La delibera dell’organo amministrativo deve essere seguita a 4
mani con un notaio che svolge anche un ruolo di controllo di tutta l’attività. Non solo, questa
decisione viene pubblicata nel registro delle imprese. Da quel momento i creditori anteriori
(quelli che si sono creati fino a quel momento) hanno 60 giorni di tempo per opporsi
all’operazione. Un’altra cautela sostiene che si possono istituire uno o più patrimoni destinati
ma separando, ovvero togliendo dal patrimonio sociale al massimo il 10% del patrimonio da
dedicare alle operazioni. Dal punto di vista operativo tutti gli atti finalizzati tramite il capitale
separato devono essere svolti menzionando il patrimonio separato. Questo fa si che questo
vincolo di destinazione sia noto, conosciuto. Per quell’operazione inoltre bisognerà tenere una
contabilità separata, perché i creditori che derivano da quell’operazione possono soddisfarsi
solo sul patrimonio separato. La cosa importante è che deve esserci una perfetta conoscenza
dell’esistenza di questo patrimonio tramite il registro delle imprese. Nel momento in cui
l’operazione viene conclusa, oppure diventa irrealizzabile, si dovrà stilare un rendiconto
finanziario finale, da apporre al registro delle imprese, e qualora ci siano dei creditori
insoddisfatti essi potranno chiedere la liquidazione del patrimonio, tramite un procedimento
analogo a quello della liquidazione. (La società potrà emettere strumenti finanziari ulteriori
legati a questo patrimonio destinato.)
L’altro tipo di patrimonio destinato, detto anche finanziamento destinato, risponde ad una
esigenza un po’ diversa, realizzare operazioni tramite investimenti ingenti.
Prima dell’introduzione di questo strumento si chiedeva un finanziamento dall’esterno, che però
dato l’ammontare della richiesta, normalmente richiedeva delle fonti di garanzia. La società quindi
si trovava costretta ad impegnare dei beni sociali, andando così a rischiare di perderli, o altrimenti
se non era in grado di disporre di elementi da dare in garanzia, i finanziatori potevano chiedere
garanzie direttamente ai soci, mettendo quindi a rischio il loro patrimonio personale.
Questo finanziamento prevede una stipula di un contratto tra società e un terzo, dove la società si
impegna a destinare quel finanziamento solo e soltanto per portare a termine quell’operazione.
Questo finanziamento verrà rimborsato con i proventi di quell’affare. Il finanziatore avrà come sorta
Diritto Commerciale 48
di garanzia che tutti i proventi che deriveranno da quell’affare per soddisfare le sue ragioni di
credito.
Anche in questo caso non si potrà aggredire il resto del patrimonio sociale, ma si potrà soddisfare
solo sul patrimonio che si formerà da quell’operazione.
La stipula
Contratto o atto unilaterale a seconda della società. Può avvenire in 2 modalità diverse:
Costituzione simultanea > (veloce) I soci stipulano l’atto e sottoscrivono l’intero capitale. Prima
era più semplice, esisteva un tetto minimo di capitale d’apporto molto più basso. Questi
soci stipulano l’atto, e si impegnano formalmente ad apportare il capitale della società.
Questa modalità è molto semplice e veloce, poiché dopo quel momento avremo già l’atto
costitutivo.
Costituzione per pubblica sottoscrizione > (lenta) E’ più lunga perché si articola in più fasi:
a. L’idea di costituire una società con una certa linea, pensata da soggetti detti promotori
che redigono un programma nel quale si indicano i tratti essenziali di una società, l’oggetto
sociale, il capitale di indicativo, una bozza degli elementi minimi per la Spa e indicano un
termine entro cui si vuole arrivare a stipulare l’atto costitutivo. Questo progetto, con firme
autenticate, viene depositato presso un notaio e reso pubblico.
b. Fase delle sottoscrizioni, chiunque può sottoscrivere un pezzo di capitale, apportando
quello che ritiene. Deve avvenire con atto pubblico, è un impegno formale,
quindi avviene con atto pubblico, e il soggetto effettuerà il suo conferimento (denaro subito
o 25%).
c. Assemblea dei sottoscrittori, tutti i soggetti che hanno sottoscritto si riuniranno in
un’assemblea, che sarà valida se i presenti rappresentano almeno la metà del capitale
sociale, dove le delibere verrano prese con maggioranza per teste (ovvero dei presenti).
Qui domina il principio maggioritario, a parte per quelle modifiche di elementi del
programma, che richiedono l’unanimità.
Questa modalità si articola in un periodo molto più lungo, e ci potrebbero essere dei dubbi su tutte
le operazioni che vengono svolte durante il periodo di formazione, ovvero prima che l’atto
costitutivo venga iscritto nel registro. Ecco che emerge l’importanza dei promotori che potrebbero
anche non diventare sottoscrittori, ma avranno oltre che ad un importante responsabilità anche
tanti benefici.
• Le responsabilità consistono in essere responsabili verso i terzi, per la veridicità sul progetto;
verso i possibili investitori, e anche dell’esistenza e del valore dei conferimenti. Inoltre saranno,
anche se non gli unici, responsabili di tutte le obbligazioni che si formano prima della sottoscrizione
al registro delle imprese. Accanto a loro, saranno responsabili anche coloro che avranno realizzato
quelle operazioni, e anche tutti i soci che abbiano autorizzato o avallato quelle operazioni. Un
esempio di obbligazioni che sorgono prima dell’atto costitutivo può essere la parcella da versare al
notaio. La sua prestazione avviene prima dell’iscrizione al registro dell’impresa.
Diritto Commerciale 49
• Di fronte a queste responsabilità dei promotori, essi come beneficio avranno quello di partecipare
agli utili a prescindere dalla loro posizione di eventuali di soci sottoscrittori. Se il promotore fosse
anche socio, riceverebbe quella parte di utili come promotore, e il residuo ripartito tra tutti i soci, lui
compreso.
Nella prassi si parla di atto costitutivo o anche di statuto, in realtà c’è un lieve differenza, poiché lo
statuto è parte integrante dell’atto costitutivo. Esso infatti richiede una serie di alcuni elementi
essenziali e caratterizzanti che però non vanno ad analizzare la disciplina dell’organizzazione
interna della società. Non è nient’altro che una descrizione più dettagliata, che deve essere
eseguita nel rapporto tra i soci e nell’organizzazione di quest’ultima. E’ una sorta di allegato della
parte dettagliata che andrà a governare il rapporto tra i soci e il suo funzionamento.
L’atto costitutivo deve essere redatto nella forma di atto pubblico pena nullità.
Diritto Commerciale 50
- Numero dei componenti dell’organo di controllo o il sistema di organizzazione adottato:
3 organi: decisionale, amministrativo, e di controllo. Oltre al sistema tradizionale, la riforma
del 2004 ha introdotto altri 2 sistemi integrativi: monistico e dualistico nei quali vi saranno
sempre i 3 tipi di organi organizzativi ma con regole un po’ diverse uno dall’altro. Ognuno di
questi 3 sistemi (trad/mon/dual) avrà delle caratteristiche diverse. Si individueranno di
conseguenza il numero, i poteri e la rappresentanza degli amministratori, ma non
necessariamente indicheremo il nome degli amministratori (è un informazione da esplicitare
all’interno dello statuto) ma potrei anche non dirlo, per poterli sostituire senza andare a
modificare ogni volta l’atto costitutivo.
- Durata della società, nel caso non sia indicato nulla si darà per scontato che la società sia
costituita a tempo indeterminato, in quest’ultimo caso potremo però individuare un arco
temporale all’interno del quale i soci non potranno esercitare diritto di recesso
Tutti questi elementi devono essere necessariamente inseriti nell’atto costitutivo, all’interno di
questi potremo individuare una parte di elementi che potremmo chiamare “storica”, ovvero di
elementi che rimarranno tali per sempre (ad esempio chi sono i soci fondatori).
Ci sono elementi che banalmente sono fissi e non cambieranno, ed altri elementi che sono
soggetti a modifiche, incorrono in modifiche nell’atto costitutivo, con dei procedimenti specifici di
amministrazione e assemblea straordinaria.
Prima di iscrivere la società nel registro dobbiamo fare una serie di controlli
Innanzitutto che il capitale sia stato integralmente sottoscritto, ovvero che sia rispettato il tetto
minimo di capitale richiesto, che i conferimenti in natura siano stati correttamente effettuati, e che i
conferimenti in denaro siano stati effettuati per almeno il 25%. Infine controllare che ci siano tutte
le autorizzazioni necessarie per svolgere l’attività d’impresa, al fine di raggiungere l’effetto sociale.
Un tempo questo controllo lo faceva il tribunale, mettendo il giudizio di omologa della società. Ora
invece è stato velocizzato il processo, perché viene attribuito direttamente al notaio, che compie
anche questo controllo nel mentre iscrive l’atto costitutivo.
Se tutto è corretto il notaio entro 20 giorni dalla stipula dell’atto costituivo ne chiede l’iscrizione sul
registro delle imprese. Se invece il notaio dovesse riscontrare qualche vizio, si rivolgerà ai soci o
agli amministratori affinché provvedano a modificare l’errore in maniera celere. Se entro 90 giorni
dalla stipula, questo non viene iscritto nel registro delle imprese, esso perde efficacia.
Se va tutto bene, l’iscrizione prevede che le obbligazioni necessarie per costituire la società,
contratte prima dell’atto costitutivo, vedono il subentro automatico della responsabilità della
società, questo però non va a cancellare la responsabilità dei soci, promotori, che hanno avviato la
società, infatti si parla di responsabilità sussidiaria.
Per le obbligazioni non fondamentali per la costituzione della società saranno a discrezione della
società, se accollarsele oppure lasciare la responsabilità ai promotori, coloro che hanno agito, i
soci iniziali etc.
Diritto Commerciale 51
Patti parasociali
A volte accanto all’atto costitutivo vengono stipulati ulteriori accordi che possono comprendere tutti
o alcuni soci; e sono i patti parasociali.
Hanno l’obbiettivo di trovare un accordo tra i partecipanti su come disciplinare il loro
comportamento; si tratta di regole che possono essere contenute nell’atto costitutivo.
Caratteristica dei patti parasociali è che questi sono efficaci solo e soltanto tra i partecipanti e
quindi tra coloro che aderiscono a questo accordo. Ciò che è contenuto nell’atto costitutivo è
invece efficace nei confronti di tutti.
I patti parasociali si sono molto evoluti, fino alla riforma del 2004 non erano disciplinati nei codici e
potevano essere trattati come qualsiasi atto tra privati, esistevano e venivano utilizzati, ma non
erano regolamentati in modo specifico. La riforma ha istituito alcune regole dedicate ai patti sociali
e ora sono disciplinati dal codice; per farlo li ha leggermente modificati.
Quando NON erano regolamentati questi accordi potevano avere qualunque contenuto, erano
molto elastici (caratteristica che incentivava maggiormente il loro utilizzo).
Ora andandoli a regolamentare si dice che i patti parasociali sono quegli accordi che hanno come
obiettivo la stabilizzazione degli assetti proprietari o del governo della società.
Cercano di mantenere la compagine sociale il più ferma possibile con meno variazioni possibili,
andare a creare un gruppo compatto di soci che si comportino in modo uniforme.
Se uno dei partecipanti di questo accordo si comporta in modo scorretto e quindi questi patti
vengono violati, le conseguenze sono a carico solo ai partecipanti del patto e non si estendono al
di fuori di questo raggio. Agli occhi della società una violazione degli atti parasociali non comporta
sanzioni.
Tutte le conseguenze della violazione del patto rimangono all’interno del patto.
(Il patto parasociale che impone una prelazione in caso di vendita delle azioni, se uno di noi vuole
vendere un’azione, deve prima offrirla agli altri partecipanti del patto; questa stessa regola
potrebbe anche essere inserita nell’atto costitutivo prevedendo che ci sia una prelazione in caso di
vendita di azioni. C’è una stessa regola inserita sia nell’atto costitutivo che nel patto parasociale. In
questo caso con la violazione).
I patti parasociali prima potevano avere qualunque contenuto, un’ulteriore caratteristica era la loro
riservatezza, potevano quindi essere tenuti segreti ed essere conosciuti solo dai loro partecipanti.
A seguito di essere divenuta disciplina nel codice questa riservatezza è diminuita se non sparita,
c’è obbligo di pubblicità e conoscenza.
I patti devono essere comunicati agli amministratori e presentati prima di un’assemblea.
Diritto Commerciale 52
Se queste regole non vengono rispettate la sanzione consiste nella sospensione del diritto di voto
legato alle azioni coinvolte. I partecipanti dei patti parasociali che NON lo hanno comunicato hanno
il divieto di voto in assemblea.
Se comunque votassero la decisione potrebbe essere impugnata in caso questi voti siano stati
determinanti per il risultato su quella decisione. Se invece quel voto è ininfluente è inutile
impugnarla.
Per le società quotate, questi patti parasociali devono essere comunicati alla CONSOB, iscritti su
gazzetta ufficiale e anche nel registro delle imprese.
Se gli obblighi informativi e pubblicitari non vengono rispettati si ha il divieto del diritto di voto, in
caso di voto sono impugnabili e i patti vengono dichiarati nulli.
Un’altra innovazione data con la disciplina è quello di individuare una loro durata massima che è
stabilita in 5 anni (per le società non quotate) e 3 anni (per le società quotate). Possono però
essere rinnovati.
Per le società quotate ci sono ulteriori regole per gli atti parasociali contenuti nel testo unico degli
intermediari finanziari (TUIF).
______________________________________________________________________________
Per quanto riguarda i vizi dell’atto costitutivo, abbiamo visto che se questi emergono prima
dell’iscrizione al registro imprese, non dovrebbero sorgere grossi problemi, e nel caso ci fossero
verrebbero evidenziati dal notaio e potrebbero essere corretti dai soci fondatori/amministratori già
nominati/ecc.
I problemi si pongono quando i vizi vengono scoperti dopo l’iscrizione a registro imprese, quindi
quando la società è già stata creata e magari ha già iniziato a operare, in questo caso il legislatore
ha previsto una disciplina un po’ particolare, ha infatti previsto che l’atto costitutivo, qualora
presenti vizi o errori, può essere considerato nullo in 3 specifici casi:
1. L’atto costitutivo non sia redatto sotto forma di atto pubblico;
2. Illiceità dell’oggetto sociale;
3. Mancanza di qualsiasi indicazione relativa a quegli elementi che non possono essere sostituiti
(denominazione/capitale/oggetto sociale).
Al di fuori di questi, tutti gli altri errori sono in automatico corretti con l’iscrizione nel registro delle
imprese, nel senso che qualsiasi cosa ci sia nell’atto costitutivo difforme dalla disciplina legale,
viene da quest’ultima sostituito.
Nei casi di nullità dell’atto costitutivo dobbiamo sottolineare un paio di differenze importanti rispetto
alla generale disciplina della nullità dei contratti, se ci basassimo sulla regolare disciplina dei
contratti allora la nullità travolgerebbe anche i diritti dei terzi.
Nel caso venisse applicata quest’ultima regola si avrebbero molti problemi, in quanto nel frattempo
la società avrà sicuramente compiuto qualche operazione, in questo caso infatti emerge la prima
differenza per cui anche la nullità dell’atto costitutivo non compromette le operazioni/affari
che la società ha già compiuto, essi infatti rimangono validi nonostante l’atto costitutivo sia
dichiarato nullo.
Un’altra grande differenza la troviamo nelle differenze relative ai partecipanti a questo contratto/
patto unilaterale, infatti quando un contratto viene dichiarato nullo le parti sono liberate dalle loro
Diritto Commerciale 53
prestazioni e addirittura avrebbero diritto alla restituzione delle prestazioni che hanno già eseguito
(effetto retroattivo), in questo caso invece questo non accade, infatti in caso di nullità i soci non
sono liberati dalle loro prestazioni (conferimenti) e non avranno neppure diritto alla
restituzione di quanto già conferito.
Questo fino alla fine della vita della società, perché quando l’atto costitutivo viene dichiarato
nullo la società entra nello stato di liquidazione, infatti la sentenza che dichiara la nullità
dell’atto costitutivo contiene anche la nomina dei liquidatori.
In sostanza fra le posizioni dei soci e la posizione dei creditori, il legislatore privilegia quella dei
creditori, infatti con la liquidazione prima saranno soddisfatti tutti i creditori e in via residuale i soci.
Vediamo adesso nel dettaglio i conferimenti dei soci, questi infatti ottengono tale qualifica nel
momento in cui apportano qualcosa e questo apporto viene chiamato “conferimento”.
Nelle Spa i conferimenti sono un po’ diversi da quelli visti per le società di persone infatti, in questo
caso, essi sono molto più limitati dal punto di vista della tipologia, saranno infatti limitati a:
- denaro
- crediti o beni in natura
I conferimenti fatti dai soci diventano il capitale sociale, essendo questo l’elemento base per le
imminenti attività della società, di conseguenza ci saranno delle regole che lo vanno a tutelare e
garantire nella sua consistenza.
Questo perché il capitale ha si una funzione produttiva (è ciò che viene utilizzato dalla società
per svolgere l’attività sociale) ma anche una funzione di garanzia (è quella parte che non può
essere distratta dall’attività sociale e che se si volesse modificare dovrà essere utilizzato un
procedimento specifico).
Abbiamo detto che per essere sicuri dell’effettività del valore del Capitale Sociale dobbiamo
sottostare ad alcune regole, una prima regola che si traduce nel fatto che possono essere conferiti
solo denaro/crediti/beni, si traduce nel fatto che non possono essere conferite prestazioni
d’opera, questo in funzione del fatto che si vuole essere sicuri dell’effettività del valore del
capitale.
In realtà vedremo che nelle Spa a volte le prestazioni d’opera i soci le apportano, ma si tratta di
apporti diversi da un conferimento, infatti queste non possono essere qualificate come
conferimento.
Potremmo avere degli apporti sotto forma di prestazioni in relazione a strumenti finanziari
diversi dalle azioni, la società infatti potrà emettere degli strumenti finanziari che possono essere
dati in cambio di una prestazione, ma chi fornisce la prestazione d’opera non diventa socio.
Le prestazioni possono essere quindi legate all’emissione di strumenti finanziari diversi dalle
azioni, cioè un qualcosa che rappresenta non un pezzo di capitale ma un diverso rapporto che la
società ha con chi fornisce la prestazione (obbligazione).
Un altro caso è quello delle azioni con prestazioni accessorie, queste le ritroveremo quando
andremo ad affrontare nel dettaglio le azioni e vedremo che potrebbero esserci delle categorie
speciali di azioni, in questo caso in particolare si tratta di azioni, le quali però impongono anche
lo svolgimento di una prestazione, ma questa non è comunque un conferimento in quanto è un
obbligo discendente dalla titolarità di una particolare forma di azione.
Diritto Commerciale 54
Quindi è vero che a volte anche nelle Spa troviamo delle prestazioni, ma queste non sono mai
conferimento infatti queste:
- o vengono date per avere in cambio uno strumento finanziario che non è un’azione;
- o sono funzionali a delle azioni che obbligano a prestazioni accessorie.
Ovviamente la presenza di queste azioni con prestazioni accessorie deve essere individuata
nell’atto costitutivo, se si vogliono delle categorie speciali di azioni le loro caratteristiche infatti
andranno dettagliate all’interno dell’atto costitutivo.
E’ importantissimo che la prestazione accessoria sia conosciuta e quindi andrà riportata sul titolo
per far si che chiunque volesse acquisire il titolo sarà cosciente di andare ad acquisire anche il
particolare obbligo.
Abbiamo detto che i conferimenti diventano capitale sociale e la loro somma potrebbe essere
uguale al capitale oppure potrebbe anche essere maggiore del capitale, ovviamente non potrà
essere inferiore in quanto si potrà apportare solamente di più, in alcuni casi potremmo trovarci
dinnanzi al caso delle Azioni con Sovrapprezzo.
Questo significa che nel caso si voglia sottoscrivere un’azione bisognerà andare ad apportare una
maggior quota di capitale e, la maggiorazione andrà inserita in una apposita riserva detta “Riserva
Sovrapprezzo Azioni” la quale dal punto di vista contabile/fiscale avrà dei trattamenti specifici.
Vediamo nel dettaglio le due tipologie di conferimenti che possono essere fatti:
- Denaro >> si tratta di quello standard, ovvero quello utilizzato in caso non venga previsto
diversamente nell’atto costitutivo. Come abbiamo visto parlando del procedimento di costituzione
se non si conferisce integralmente il denaro al momento della sottoscrizione si è obbligati a
versare comunque almeno il 25%, se non viene effettuato questo versamento, i promotori potranno
scegliere se obbligare il soggetto oppure liberarlo dell’obbligo.
La restante parte non ha un termine stabilito per essere versata, infatti essa dovrà essere versata
su richiesta degli amministratori, sono infatti questi che sanno quanto e quando sia necessario il
versamento della restante parte.
Diciamo quindi che è anche teoricamente possibile che passino anni senza il versamento di questo
restante 75%, normalmente però capita spesso che poco dopo la costituzione della società esso
venga richiesto. Questo perché se gli amministratori dovessero reperire le risorse di cui hanno
bisogno in un altro modo (chiedendo un finanziamento) prima di chiedere ai soci di versare quanto
promesso, questo comportamento sarebbe negligente da parte degli amministratori.
Di fronte alla richiesta dell’amministratore di effettuare questi conferimenti il socio è obbligato a
farlo. Nel caso non adempisse a questo obbligo otterrebbe la qualifica di “Socio Moroso”, ovvero
colui che a fronte della richiesta degli amministratori non ha completato il conferimento che aveva
promesso.
Egli di conseguenza si vedrà sospendere il diritto di voto, non potrà quindi votare in assemblea ed
inoltre si innesca un procedimento di disciplina del socio moroso e questo comporta in primo luogo
una pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale da parte dell’amministratore di una “diffida ad adempiere
entro 15 giorni”, se scaduto il termine il socio non adempie allora si potranno scegliere 2 strade:
1. Agire giudizialmente contro il socio per ottenere un adempimento forzato;
2. Offrire agli altri soci e poi eventualmente anche all’esterno le azioni del socio moroso,
vendendole. Se la vendita non può avere luogo, il socio decade e la società si trattiene le
somme già versate dal socio stesso (il 25%).
Diritto Commerciale 55
(I soggetti disposti a coprire la lacuna lasciata dal socio moroso dovranno dare come minimo il
75% mancante, nel caso si arrivasse a chiedere ai soggetti esterni alla società, si dirà che viene
effettuata una “vendita in danno tramite un intermediario qualificato” questo perché i costi della
vendita saranno in carico al socio moroso.)
>> Se non si andranno a trovare soggetti terzi disponibili a sottoscrivere le azioni, allora queste
rimangono nella società, il socio viene dichiarato come decaduto (non avrà diritto alla
restituzione del 25% conferito) e la società potrà cercare di rimettere in circolazione queste
azioni entro la fine dell’esercizio.
Se non riuscirà a collocare le azioni entro la fine dell’esercizio allora sarà necessario annullare le
azioni e ridurre, in modo corrispondente il capitale.
Fino a quando non è stato versato integralmente il conferimento, le azioni si dicono non
interamente liberate, infatti un’azione si dice liberata nel momento in cui viene effettuato tutto il
conferimento promesso.
- Diversi dal denaro >> in questo caso i conferimenti possono essere fatti solamente con crediti
oppure beni.
La prima cosa da fare in questo caso è andare a capire quanto vale economicamente questo
conferimento, dovremo quindi andare a tradurre in forma numerica il conferimento effettuato.
Questo viene fatto attraverso un processo ben specifico e soprattutto demandato all’esterno (non
si lascia al socio la discrezionalità di poterlo valutare).
Questo avviene attraverso quella che viene chiamata la “relazione giurata di stima”.
Il conferente esegue un’istanza al tribunale affinché il presidente del tribunale nomini un esperto
che rediga questa relazione giurata di stima.
Nella relazione giurata di stima non viene richiesto espressamente il valore del bene, ma viene
espressamente richiesta una descrizione accurata del bene ma anche una descrizione dei criteri
utilizzati per valutare quel bene, inoltre viene richiesto che l’esperto attesti sotto la propria
responsabilità che quel bene non valga meno della quota di capitale che va a liberare.
E’ ovvio poi che dal punto di vista pratico l’esperto andrà ad attribuire un effettivo valore al bene.
In realtà il legislatore ha anche previsto uno strumento in più, perché in caso di conferimenti diversi
dal denaro entro 180 giorni dalla costituzione, gli amministratori devono controllare le relazioni
giurate di stima, questo significa che in un tempo abbastanza breve gli amministratori dovranno
confrontare il valore effettivo del bene e il valore di perizia della relazione giurata di stima.
Da questo controllo potrebbe emergere una delle seguenti situazioni:
- Gli amministratori potrebbero verificare che il valore effettivo del bene è addirittura superiore a
quello indicato nella relazione giurata di stima, in questo caso non sorgono problemi.
- Gli amministratori potrebbero verificare una perfetta corrispondenza tra il valore effettivo del bene
e il valore di perizia, anche in questo caso nessun problema.
- Qualche problema potrebbe sorgere nel caso in cui verificando il valore effettivo del bene gli
amministratori si accorgessero che questo sia inferiore a quanto indicato nella
relazione giurata di stima.
A questo punto facciamo una piccola distinzione:
- Nel caso in cui ci sia una differenza lieve gli amministratori possono soprassedere e non fare
nulla.
- Nel caso la discrepanza sia notevole non potranno far finta di niente.
Diritto Commerciale 56
La differenza di valore è tollerabile se questo non supera l’ ⅕ del valore del bene.
Nel caso sia necessario intervenire, il socio avrà 3 possibilità riguardo il comportamento da tenere,
egli infatti potrà:
1. Versare la differenza in denaro, andando a riallineare il valore effettivo a quello indicato in
relazione giurata di stima.
2. Recedere dalla società, in questo caso, se possibile, gli può essere restituito il bene, ma se
quest’ultimo è già entrato in funzionamento nell’esercizio dell’attività sociale allora gli andrà
restituito il valore effettivo del bene.
3. Decidere di non fare nulla, per cui in sostanza si porrà una via di mezzo, egli rimarrà quindi
socio ma solamente per un’apporto inferiore cioè quello del valore effettivo del bene
Il primo caso è ovviamente il caso migliore per la società mentre nel secondo e nel terzo caso a
questa viene a mancare una parte del suo capitale.
Questa mancanza potrà essere sopperita tramite la richiesta a qualche altro socio ma nel caso non
si riuscisse, la società si troverà costretta ad annullare le azioni scoperte che corrispondono ai
conferimenti che sono venuti meno e ridurre il capitale.
Ci sono poi alcuni casi in cui la relazione giurata di stima può essere omessa, questi riguardano il
conferimento di determinati elementi diversi dal denaro, come ad esempio il conferimento di valore
mobiliare, strumenti finanziari/del mercato monetario a cui viene attribuito in sede di conferimento
un valore che non è superiore al prezzo medio degli ultimi sei mesi.
Alcuni casi possono essere:
- Conferisco azioni di altre società, io queste azioni so quanto valgono, faccio una media degli
ultimi sei mesi e trovi un valore medio. Se il valore conferito non è superiore al prezzo medio
posso essere quasi certo che quel valore sia effettivo e quindi non serve la relazione giurata di
stima.
- Più banalmente io sono una società che conferisce dei beni o dei crediti i quali sono
rappresentati nel mio bilancio, l’immobile quindi l’ho già valutato in relazione alla redazione di
bilancio che è stato approvato dai soci e ha avuto un giudizio positivo da parte del mio revisore
portatile sono ancora più certa e non serve la relazione giurata di stima.
- Un altro caso in cui si può evitare la relazione giurata di stima è il caso in cui conferisco un bene
per il quale c’era già una perizia non più vecchia di 6 mesi.
In questi casi gli amministratori entro 30 giorni dal conferimento dovranno controllare se si siano
verificati dei fatti eccezionali che avrebbero potuto influire sul valore dei beni.
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Diritto Commerciale 57
Diciassettesima Lezione: 24.10.2019
S.P.A.: LE AZIONI (AZIONI E CAPITALE SOCIALE), ORDINARIE E SPECIALI
Le azioni
Nelle Spa il capitale è suddiviso in azioni.
Con il termine azione si indica sia la parte di capitale sia il documento che incorpora questa
partecipazione.
Le azioni possono essere considerate da 3 punti di vista:
• in quanto rappresentative del capitale;
• in quanto attributive di diritti;
• qualificandole come titoli di credito (questo influisce sulle modalità di circolazione delle azioni).
Diritto Commerciale 58
2. LE AZIONI IN QUANTO ATTRIBUTIVE DI DIRITTI
Possono attribuire diritto amministrativo (partecipazione all’assemblea, diritto di voto) o
patrimoniali (partecipazione agli utili, ottenere una quota al termine della liquidazione).
Le azioni attribuiscono uguali diritti. In realtà questa uguaglianza non è assoluta e totale, viene
detta oggettiva (perché l’azione attribuisce identici diritti a chiunque la possieda) e relativa (io
potrei creare, iscrivendole nell’atto costitutivo, delle categorie speciali di azioni che vanno ad
attribuire diritti un po’ diversi dalle altre, quindi non è vero che tutte le azioni attribuiscono identici
diritti senza possibilità di variazione. Questo perché possono esserci categorie diverse, ma tutte le
azioni della stessa categoria attribuiscono gli stessi diritti).
I diritti attribuiti dalle azioni possono essere:
- Indipendenti dal numero delle azioni posseduti: banalmente diritto di intervenire in assemblea
che spetta sia se ho un’azione sia se ne ho mille;
- Direttamente proporzionali al numero delle azioni, al crescere delle azioni accresce il diritto di
voto, possiedo un’azione e esprime un voto, ne possiedo mille e esprimo mille voti;
- Esistono invece dei diritti speciali che spettano, specialmente nelle società quotate, nel caso di
detenzione per un certo periodo di azioni, nel senso che si prediliga un diritto particolare solo a
quei soci che abbiano detenuto un certo numero di azioni per un certo periodo di tempo, come
se fosse un tipo di “premio fedeltà”.
- Alcuni diritti competono solo al superamento di determinati livelli di partecipazione al capitale, e
vengono chiamati diritti della minoranza e sono delle facoltà che vengono attribuite a chi non ha
partecipato alle decisioni. Si dà la possibilità alla minoranza di reagire a decisioni prese in modo
non conforme alla legge, possono ad esempio impugnare le delibere assembleari.
Per evitare che questi diritti si trasformino in uno strumento di abuso, per mettere il bastone tra le
ruote alla società e quindi diventino qualcosa di negativo; questa possibilità viene assegnata a
soggetti che quantomeno presentino un certo investimento nella società, che hanno una certa
quota di partecipazione. C’è quindi una soglia al di sotto della quale non compete questo diritto ma
l’eventuale risarcimento del danno subito. Questo si fa per evitare che questo strumento di tutela si
trasformi in qualcosa che si ritorca contro la società. Queste soglie potrebbero essere derogate
dall’atto costitutivo (mi basta 1% di partecipazione del capitale), per rendere ad esempio la
partecipazione più appetibile.
Queste regole minoritarie spettano ai soci che hanno almeno il 5% nelle società chiuse, e l’1%
nelle società aperte.
Posso scegliere io quali diritti posso associare alla stessa categoria di azioni.
((Fino al 2014 l’unico limite era il divieto di emissione di atto plurimo, cioè il diritto di attribuire più
voti ad una singola azione ma questo divieto è stato poi abrogato. Ora invece le azioni con voto
plurimo possono essere accettate per le non quotate.))
Ogni volta che c’è una categoria speciale di azioni ci dovrà essere necessariamente
un’assemblea speciale di categoria, che avrà il compito di approvare quelle delibere prese
dall’assemblea ordinaria che potrebbero pregiudicare la posizione, diritti di quella categoria
speciale di azionisti. Per riuscire a funzionare questa assemblea avrà un rappresentante comune,
quindi gli azionisti della categoria speciale, andranno a nominare un rappresentante comune che
parteciperà all’assemblea ordinaria per individuare quei problemi che andrebbero ad intaccare la
categoria speciale degli azionisti, per analizzarli nel caso nell’assemblea speciale.
Diritto Commerciale 59
Cominciamo ad individuare quelle che sono le più frequenti e caratteristiche; e poi altre che
vengono regolamentate dal legislatore.
E’ frequente istituire una categoria di azioni a voto limitato che attribuisce il diritto di voto solo a
determinati argomenti; oppure possono esserci azioni a voto condizionato che attribuiscono il
diritto di voto subordinato solo a verificarsi di certe condizioni; oppure azioni totalmente prive del
diritto di voto.
Ogni volta che c’è una categoria speciale di azione che comprime o elimina il diritto di voto,
bisogna verificare che l’insieme delle azioni non superi metà del capitale sociale.
Sempre legato al diritto di voto, nelle società non quotate c’è la possibilità di proporre ad esempio
un voto limitato ad una certa percentuale. Ogni azione da un voto fino al raggiungimento del 20%.
Oppure il cosiddetto voto a scalare, ad esempio: un voto ogni azione fino a che copro il 10%, poi il
voto ogni 2 azioni fino a raggiungere il 20%.
• Azioni di risparmio, sono azioni particolari perché sono azioni prive del diritto di voto ma al
tempo stesso privilegiate nella ripartizione degli utili. Le azioni di risparmio sono tra le poche che
vengono disciplinate dal codice, sono state introdotte tra le prime, per differenziare gli azionisti
risparmiatori (miravano solo a ottenere dividendi) dagli azionisti imprenditori (vogliono
partecipare alla vita sociale). Se la società aveva prevalentemente azionisti risparmiatori la
società poteva essere paralizzata. Si è fatto in modo che gli azionisti risparmiatori acquistino
azioni di risparmio e si tolga ad essi il diritto di voto (perché tanto a loro non interessa) ma
offrono una maggiore partecipazione agli utili (è ciò che gli interessa). Così facendo si è
delimitato il gruppo degli azionisti che non intendevano partecipare alla vita sociale limitandolo
alle azioni di risparmio. Inizialmente questo privilegio dal punto di vista patrimoniale era ben
definito, ci doveva essere una percentuale di ripartizione agli utili di un certo livello. Ad oggi
questa percentuale non c’è quindi si può decidere liberamente la percentuale di ripartizione agli
utili, decisa dalle parti (tutti i soci), nell’atto costitutivo (ad esempio aver diritto al 2% in più
rispetto agli altri). Queste azioni comunque non potranno superare la metà del capitale sociale.
Se questa soglia dovesse essere superata, bisognerà riequilibrare entro 2 anni la situazione,
tipicamente emettendo delle azioni ordinarie che ricostituiscano una maggioranza di azioni
ordinaria rispetto a quelle voto menomato.
• Azioni di godimento, vengono attribuite a seguito di una riduzione di capitale volontaria. Siamo
nella situazione in cui la società per diversi motivi, decide di restituire dei conferimenti, dunque
riducendo il capitale e annullando le azioni corrispondenti a quel capitale da restituire.
Ovviamente però essa andrà a restituire ai possessori di quell’azione il valore nominale, cioè il
Diritto Commerciale 60
pezzo di capitale che quell’azione rappresenta. Ma se il valore effettivo (di mercato) dell’azione
fosse superiore, il socio che riceve indietro il valore nominale ci perderebbe. Allora per
compensare questa perdita, si attribuiscono ai soci queste azioni di godimento che non
attribuiscono diritti amministrativi, ma dei diritti patrimoniali residuali. Ciò significa che egli non
avrà diritto di partecipazione alla vita sociale né di voto, ma avrà diritto a partecipare agli utili, con
particolari modalità di ripartizione: ovvero di ricevere una parte di utili, ma solo dopo che a tutti gli
altri soci possessori di azioni ordinarie sia già stato restituito una certo valore minimo (ovvero che
il dividendo sia pari all’interesse legale). Potranno accedere anche alla ripartizione del residuo in
sede di scioglimento e liquidazione della società. Quindi riassumendo: prima andremo a
distribuire una certa percentuale a tutte le azioni ordinarie e un eventuale avanzo lo potremo
andare a distribuire alle azioni di godimento. Parteciperanno anche alla liquidazione, infatti nel
caso di presenti del residuo attivo, nonostante la restituzione di tutti i conferimenti fatti, allora
quello lo andremo a ripartire ance con gli azionisti che possiedono azioni di godimento di modo
da ricevere il surplus che gli aspettava in passato.
• Azioni riservate alle prestazioni di lavoro, queste possono avere una configurazione molto
diversa, possono essere attribuite in modo gratuito o in modo oneroso. Quando sono gratuite, lo
si fa in un certo senso per farle indirettamente partecipare agli utili della società. Chiedo altri
conferimenti rispetto a quelli che avevo già, oppure aumento il capitale senza chiedere a
nessuno, perché sono già in possesso ciò che mi serve: ho degli utili che ho accantonato, non
distribuiti, e anziché distribuirli li vado a immobilizzare in un aumento di capitale. Una volta
effettuato questo aumento di capitale gratuito sono in grado di attribuire nuove azioni ai prestatori
di lavoro, facendo finta che i prestatori di lavoro mi abbiano conferito qualcosa che in realtà
avevo già. Quindi rendo azionisti i soci senza fargli sborsare nulla. Oppure sempre con l’obiettivo
di incentivare la partecipazione al lavoro di questi soggetti, per una produttività maggiore, posso
chiedere loro un conferimento, facendo un aumento a pagamento, per far aumentare il capitale
di un tot. Riservo una parte dell’aumento ai prestatori di lavoro. Se vogliono avranno un canale
preferenziale per diventare soci, partecipando agli utili espressi con il loro lavoro. La parte di
aumento di capitale in questo caso è limitata ad ¼ del capitale che voglio aumentare. Questo
limite può essere aumentato solo se viene deciso da una maggioranza rafforzata (50+1) dei soci.
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Diritto Commerciale 61
Questo cambia la modalità di circolazione:
Quelle al portatore circolano tramite la consegna (chi possiede l’azione è l’azionista = possesso
vale titolo).
Quelle nominative sono un po’ diverse, individuano il nome del socio in 2 posti. E’ indicato sul titolo
e sul libro sociale, tenuto dalla società, che il libro dei soci. Dovrò verificare quindi 2 intestazioni.
Sulle azioni possono esistere dei vincoli (con le regole previste per i titoli di credito)
Essendo titoli di credito, su di essi possiamo porre dei vincoli: pegno, usufrutto e sequestro.
Quando questo succede è importante capire che fine fanno i diritti connessi alle azioni.
In questo caso sorgono infatti tutta una serie di particolarità, ad esempio il diritto di voto viene
passato al creditore pignoratizio (nel caso del pegno) o all’usufruttuario (nel caso di usufrutto),
questo però dovrà esercitare tale diritto in modo da non ledere gli interessi del socio, non ci si sta
privando quindi della qualifica di socio ma si sta dando ad un terzo la possibilità di beneficiare di
alcuni aspetti dell’azione.
Gli altri diritti di carattere amministrativo spettano congiuntamente a socio e creditore pignoratizio o
usufruttuario salvo diverso accordo. Deve esserci annotazione dell’esistenza del vincolo, sul titolo
e sul libro societario, ma con alcune particolarità, specialmente sui diritti legati a quest’azione. In
generale i diritti amministrativi spettano al socio (titolare dell’azione) e l’altra parte. Il diritto
di voto lo esercita l’altra parte (creditore pignoratizio del pegno, l’usufruttuario, il curatore) ma in
modo da non ledere gli interessi del socio. E’ obbligato a non creare pregiudizio alla posizione del
socio, in modo da non ledere i suoi interessi. Gli altri diritti di carattere amministrativo vengono
esercitati dal custode del sequestro, mentre nel pegno e usufrutto possono essere esercitati
disgiuntamente dalle 2 parti. Il diritto di opzione ovvero ad essere il primo a sottoscrivere azioni,
spetta al socio, quindi le nuove azioni vengono attribuite a lui però lo dovrà esercitare attraverso
l’altra parte. Dovrà mettere a disposizione dell’altra parte la somma necessaria per compiere
quell’azione almeno 3 giorni prima della scadenza. Il diritto di recesso, sia quello di impugnare
decisioni assembleali annullabili, spetta al socio che però deve esercitarli in modo coerente con il
comportamento dell’altra parte (lo capiremo più avanti). Il diritto di recesso di solito spetta ai soci
che non hanno partecipato ad una certa delibera. Visto che il voto viene esercitato dall’altra parte,
Diritto Commerciale 62
se quest’ultima ha votato a favore della delibera il socio non ha più diritto di recedere a quella
delibera. I diritti patrimoniali spettano all’altra parte, in modo da garantire all’altro del godimento
dei frutti. Il dovere di completare i versamenti dei conferimenti, spetta nel pegno al socio, mentre
nell’usufrutto, spetta all’usufruttuario, che però alla scadenza avrà diritti alla restituzione di quanto
versato.
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Diritto Commerciale 63
Nelle azioni con prestazioni accessorie, le quali sono liberate da normali conferimenti, che però
attribuiscono oltre ai classici diritti obbligano il socio di svolgere una specifica prestazione. Queste
ultime possono essere trasferite ma solo con il consenso dell’organo amministrativo. Esso deve
controllare che chi acquista queste prestazioni sia in grado di fornirle.
Le azioni invece non interamente liberate, dove il socio ha versato al momento solo una parte
(ad esempio l’iniziale 25%), possono circolare, ma l’alienante rimane coobbligato in via sussidiaria
per 3 anni. Se il socio non adempie rimane ancora responsabile colui che l’ha ceduta.
Azioni proprie > quali operazioni si potrebbero operare sulle proprie azioni:
1. Sottoscrizione delle proprie azioni: si tratta di un’operazione pericolosissima, questo significa
che la società conferirebbe a se stessa del proprio capitale (rischio di annacquamento di
capitale, assolutamente vietata).
1. Può avvenire in modo diretto, quando è la società stessa a sottoscrivere proprie azioni.
2. In modo indiretto invece, quando la società A incarica la società B di sottoscrivere le azioni
di A (usando il proprio nome: B). Questa operazione è assolutamente vietata, ma se
dovesse avvenire, la sottoscrizione non è nulla, ma la reazione è quella di imputarle,
attribuirle, al socio che l’ha sottoscritte (se in modo indiretto in questo caso alla società B),
in modo diretto invece le azioni sono attribuite ai promotori (se alla costituzione della
società) oppure ai soci amministratori.
2. Acquisto delle proprie azioni: è vero che si tratta comunque di un’azione pericolosa ma a volte
potrebbe essere un ottimo autofinanziamento per la società o per dare una certa stabilità alla
fluttuazione del valore delle azioni. È un operazione vista con un po’ di sospetto ma non è
vietata. È comunque subordinata ad alcune limitazioni. Innanzitutto posso acquistare azioni
proprie utilizzando delle somme che non possono eccedere gli utili distribuiti e le riserve
disponibili dell’ultimo bilancio approvato, posso farlo solo utilizzando al massimo l’importo degli
utili distribuiti. Inoltre si deve trattare di azioni interamente liberate, in modo che non gravi sulla
società stessa l’obbligo di effettuare un conferimento.
La decisione d’acquisto verrà realizzata con alla base un’autorizzazione dell’assemblea.
L’autorizzazione non è generica, ma deve indicare l’ammontare massimo delle azioni acquistabili,
indicare l’ammontare massimo delle azioni acquistabili, la durata di quest’autorizzazione (non può
eccedere i 18 mesi), la modalità di acquisto e il corrispettivo a cui queste azioni possono essere
acquistate. Deve dare in modo dettagliato le caratteristiche di quest’operazione.
Fino a poco tempo fa c’era un limite quantitativo di acquisto delle azioni (non più di 1/10 del
capitale), ma dal 2008 la disciplina è stata differenziata per società chiuse o aperte, per quelle
chiuse non c’è alcuno limite esplicito, mentre per le società aperte il limite è di ⅕ del capitale
sociale.
Esistono questi limiti perché essi avranno conseguenze sui diritti di voto riguardo a quelle azioni. I
diritti di voto su queste azioni infatti rimane in un certo senso sospeso. Di conseguenza l’insieme di
tutte queste azioni non può superare il capitale sociale.
Se vengono violate queste condizioni, succede che tutte le azioni acquistate eccedendo questi
limiti devono essere alienate entro un anno. Se questo non avviene sarà obbligatorio annullarle.
Inoltre se da questo acquisto è derivato un danno ne saranno responsabili gli amministratori,
personalmente responsabili dei danni conseguiti dall’operazione. Se non ci sono danni, potrà
Diritto Commerciale 64
essere comunque presa in considerazione come una giusta causa per revocare gli amministratori .
Il loro comportamento può essere fonte per una revoca dalla qualifica di amministratore anche se
l’operazione non ha causato danno a nessuno.
Ci sono situazioni in cui non è obbligatorio rispettare le limitazioni. Ad esempio quando l’acquisto
dell’azione avviene a titolo gratuito (fusa con un altra società che già possedeva sue azioni).
Oppure quando l’acquisto di azioni viene effettuato in esecuzione ad una delibera di riduzione del
capitale. Potrebbe annullare delle azioni liberando i conferimenti ai soci corrispondenti, senza dare
azioni di godimento al socio. Quindi acquisterà a valore di mercato le proprie azioni per poi
rivenderle, al fine di restituire il valore di mercato al socio che ne esce. Questo è soltanto un
passaggio volto proprio a ridurre il capitale, in questo caso non è necessario seguire quelle
condizioni.
Cosa succede ai diritti connessi a quest’azione: il diritto di voto riguardo a quest’azione è
congelato, poiché quando quelle azioni ritorneranno ad essere acquistate da altri nuovi soci esse
attribuiranno diritti al nuovo acquirente. Nelle società non quotate vengono computate in entrambi i
quorum, in quelle quotate sono nel quorum costitutivo.
Partecipazioni reciproche > possono portare pericoli a livello amministrativo e anche relativi al
capitale sociale, come l’annacquamento del capitale. La sottoscrizione è vietata con la stessa
disciplina delle azioni proprie. L’acquisto è lecito ma bisogna controllare 2 aspetti:
1. Se fra le 2 società esiste un rapporto di controllo
2. Se almeno una delle 2 società coinvolte sia quotata
Diritto Commerciale 65
Se verifichiamo che non sussiste il rapporto di controllo e nessuna delle 2 è quotata, non ci sono
particolari limiti, questo viene meno solo quando una società compra tante azioni dell’altra da
controllarla.
Se non sussiste il rapporto di controllo ma una è quotata, possono essere acquistate azioni per un
massimo del 2% della non quotata e del 10% della quotata.
Qualora i limiti non venissero rispettati, la società che ha acquistato per ultima, che ha quindi
decretato il superamento dei limiti, ha il divieto del diritto di voto per le azioni che eccedono il limite
e ha l’obbligo di alienare le azioni che eccedono il limite entro 1 anno. Se non lo facesse, il divieto
del diritto di voto si estenderà a tutta la partecipazione.
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- Organo deliberativo
- Organo amministrativo
- Organo di controllo
La riforma del 2003 ha ampliato il ventaglio di alternative che era stato dato per l’organizzazione
interna delle Spa, ha infatti introdotto due sistemi alternativi di organizzazione interna oltre a quello
tradizionale, ovvero:
- Sistema Monistico
- Sistema Dualistico
Diritto Commerciale 66
Cominciamo a vedere l’organo decisionale ovvero l’Assemblea.
Viene chiamato nello stesso modo in tutte e tre le alternative organizzative.
Non si tratta di un organo elettivo ma è formato semplicemente e principalmente dai soci, cioè
coloro che hanno apportato capitale alla Spa.
Dovremo andare ad analizzare diversi elementi:
1. la competenza, ossia le operazioni che le vengono attribuite;
2. le modalità di convocazione, ossia come deve essere riunita;
3. le modalità di costituzione, ossia la parte di capitale che sarà necessaria per la sua validità e
per l’approvazione di una mozione.
4. funzionamento specifico, ossia cosa si può fare e cosa non si può fare all’interno
dell’assemblea;
5. invalidità della delibera assembleare, dovremo capire se ci sono dei casi in cui le decisioni
prese dall’assemblea non sono valide.
1) Per quanto riguarda le competenze, ossia di che cosa si occupa l’assemblea e qual è l’oggetto
delle deliberazioni dell’assemblea. In base alle decisioni che vengono prese all’interno
dell’assemblea possiamo distinguere assemblea ordinaria e assemblea straordinaria, non si tratta
di due assemblee diverse, l’assemblea è sempre la stessa ma cambia la sede sulla base del tipo
di decisioni che si andranno a prendere.
Per quanto riguarda l’assemblea ordinaria dobbiamo fare una netta distinzione tra l’assemblea
del sistema tradizionale e monistico e quella del sistema dualistico, infatti il codice ci parla di
“Assemblea della società (ordinaria) in cui non è presente il consiglio di sorveglianza”, il quale però
è presente nel sistema dualistico.
Nel sistema dualistico invece, le competenze sono diverse e leggermente inferiori, ci sono due
competenze infatti che vengono passate dall’assemblea al consiglio di sorveglianza, ossia:
1. Approvazione del bilancio, in realtà avremo anche dei casi in cui tale competenza ritorna
all’assemblea.
2. Nomina dell’organo amministrativo, ovvero del consiglio di gestione.
Queste due modalità di svolgere l’assemblea hanno poi differenze in merito al vero e proprio
funzionamento, vedremo infatti quando parleremo dei “quorum” che queste avranno regole diverse
Diritto Commerciale 67
per le modalità di costituzione. Avranno anche piccole differenze per quanto riguarda il vero e
proprio funzionamento (i verbali dell’assemblea straordinaria devono essere redatti da un notaio).
Per quanto riguarda invece il rapporto di competenze fra i diversi organi, sottolineiamo che con la
riforma c’è stato un forte irrigidimento di questa suddivisione di competenze, prima infatti era
possibile nell’atto costitutivo andare a modulare le competenze dell’organo amministrativo e
deliberativo a proprio piacere a seconda delle esigenze, escluso per alcuni limiti (come
l’approvazione del bilancio).
La riforma ha imposto invece una rigida separazione delle competenze, per cui l’assemblea ha una
competenza tassativa mentre all’organo amministrativo è attribuita una competenza di carattere
generale ma anche esclusiva sulle decisioni di amministrazione.
Quindi abbiamo una più netta separazione tra i due organi per quanto riguarda le decisioni di
amministrazione, per questo motivo l’assemblea lo chiamiamo organo deliberativo in quanto va a
prendere le decisioni di base di indirizzo sostanziale e non di indirizzo operativo di gestione,
queste infatti sono riservate in esclusiva all’organo amministrativo.
Quello che può accadere è che nell’atto costitutivo sia scritto che per certe decisioni di gestione gli
amministratori siano costretti a dover consultare l’assemblea o che debbano ottenere
un’autorizzazione dell’assemblea ma questo non vuole assolutamente dire che la competenza
della decisione passi dagli amministratori all’assemblea, rimane infatti di competenza dell’organo
amministrativo e non va neppure ad eliminare la responsabilità degli amministratori per questa
decisione.
La disciplina standard mi dice che l’avviso di convocazione deve essere portato ai soci almeno
15gg prima della data di convocazione dell’assemblea, attraverso la pubblicazione su un
quotidiano (indicato a statuto) o su Gazzetta Ufficiale.
Per quanto riguarda le modifiche nelle società quotate è previsto che questa convocazione sia
effettuata almeno 30gg prima della data di assemblea qualora sia necessario effettuare la raccolta
delle deleghe o la sollecitazione delle deleghe.
Sempre per le quotate questo preavviso deve essere ridotto a 20gg qualora la convocazione sia
stata fatta:
- Su richiesta di minoranza;
- Per decisione di scioglimento della società.
Al contrario per le società chiuse (non quotate) è possibile che l’atto costitutivo preveda metodi
alternativi a quelli tradizionali, purché siano metodi che garantiscano la prova del ricevimento della
convocazione almeno 8 giorni prima della data di convocazione (normalmente viene utilizzata una
raccomandata A/R).
Diritto Commerciale 68
- Il luogo in cui si svolge l’assemblea, nel caso non sia detto nulla in merito si riterrà che
l’assemblea si vada a svolgere presso la sede della società;
- Il giorno e l’ora in cui va a svolgersi l’assemblea;
- Una eventuale seconda convocazione, questo perché se l’assemblea non raggiunge il
quorum necessario alla sua validità, allora non potrà essere considerata valida e di
conseguenza sarà necessaria una seconda convocazione. Spesso questo viene anche fatto per
poter avere dei quorum decisionali più favorevoli.
- Ordine del Giorno (ODG), ovvero tutti gli argomenti che andranno discussi e poi votati.
((Nelle società quotate, soci che rappresentino almeno 1/40 del capitale possono chiedere
l’integrazione dell’ordine del giorno. Questo è molto importante perché va a delimitare le libertà di
azione dell’assemblea, infatti essa potrà deliberare solo e soltanto riguardo gli argomenti in esso
contenuti.))
Qualora deliberasse riguardo qualcosa che non è indicato ad ODG, tale delibera non sarà
considerata valida con alcune eccezioni, in particolare:
• Se l’assemblea è totalitaria, può deliberare riguardo qualsiasi argomento;
• L’assemblea che ha ad ordine del giorno: l’approvazione del bilancio, può deliberare anche sulla
responsabilità degli amministratori relativa ad operazioni compiute nell’esercizio riguardante il
bilancio che si va ad approvare.
L’assemblea totalitaria è quella in cui sono presenti tutti i soci che rappresentano l’intero capitale
sociale e la maggioranza degli organi amministrativi e di controllo.
Questa assemblea può essere considerata valida addirittura in assenza di convocazione, l’unica
differenza sta nella possibilità, in questo caso, di chiedere il rinvio della trattazione di alcuni
argomenti (in quanto questo potrebbe non sentirsi sufficientemente informato a riguardo).
Nel caso l’assemblea non sia totalitaria il rinvio può comunque essere richiesto da almeno 1/5
dei soci che rappresentano il capitale sociale.
Il rinvio non può essere richiesto più volte per lo stesso argomento e non può eccedere i 5 giorni.
Tutto ciò a condizione che questa estensione sia prevista nell’atto costitutivo, ovviamente ogni
volta che si decide questo rinvio (differimento), gli amministratori devono segnalare e indicare i
Diritto Commerciale 69
motivi di questo differimento, dovranno dare conto delle necessità che sono intervenute e hanno
portato ad operare questo differimento.
L’altro caso in cui gli amministratori sono obbligati a convocare l’assemblea è il caso in cui è
venuta a mancare la maggioranza degli amministratori o dei sindaci, cioè la maggioranza
dell’organo amministrativo o dell’organo di controllo, in questo caso i superstiti saranno
obbligati alla convocazione dell’assemblea.
Altro caso di convocazione obbligatoria lo si ha quando il capitale si riduce al di sotto di 1/3 a
causa di perdite.
L’altro caso è qualora si verifichi una causa di scioglimento, infatti nel caso in cui si verifichino,
gli amministratori saranno obbligati alla convocazione dell’assemblea.
Un altro caso lo si ha quando si sono acquistate delle azioni proprie in eccedenza ai limiti
consentiti e quindi queste azioni eccedenti devono essere prima alienate e poi annullate. Gli
amministratori dovranno convocare necessariamente l’assemblea.
Nel caso in cui si verifichino una delle sopracitate ipotesi, ma l’organo amministrativo non convochi
l’assemblea, dovremo avere un altro organo che possa convocare l’assemblea.
In modo abbastanza intuitivo il primo soggetto che può sostituirsi agli amministratori per la
convocazione dell’assemblea è l’organo di controllo, che può convocare l’assemblea in caso di:
- Omissione da parte degli amministratori;
- Venir a mancare della totalità degli amministratori;
- Autonoma legittimazione, per sua spontanea volontà quando va a verificare fatti gravi e
censurabili.
Qualora ci troviamo in un caso di convocazione obbligatoria e sia gli amministratori che i sindaci
vadano ad omettere la convocazione dell’assemblea, allora questa potrebbe essere convocata
direttamente dal tribunale. Questo inoltre avrà competenza di convocazione dell’assemblea anche
in un altro caso, cioè nel momento in cui si vada ad individuare una grave irregolarità e venga
adottato un procedimento di controllo giudiziario (Ex Art. 2409 – Riguarda responsabilità
amministratori e controlli esterni che può subire una Spa).
La riforma ha introdotto anche una possibilità di convocazione dell’assemblea anche da parte
dei soci, essa consente infatti a soci che hanno la minoranza di intervenire nella vita privata della
società mettendo però un certo tetto, e consentendo di competere a questi diritti solo con il
superamento di determinate soglie.
In particolare i soci che possono convocare l’assemblea devono rappresentare almeno una certa
quantità di capitale (1/10 per le società chiuse – 1/20 per le società aperte), questi limiti potrebbero
essere abbassati da un’apposita previsione di statuto che permette nelle società chiuse maggiori
diritti di intervento.
I soci che richiedono la convocazione devono indicare in dettaglio le materie da trattare (Stabilire
l’Odg), inoltre non sono direttamente loro a convocare l’assemblea ma si potranno rivolgere agli
amministratori i quali provvederanno alla convocazione con le modalità standard o quelle previste
da atto costitutivo. Qualora gli amministratori non provvedessero allora i soci si potranno rivolgere
ai sindaci e se anche questi si dovessero rifiutare alla convocazione dell’assemblea allora si
potranno rivolgere al tribunale il quale prima andrà a sentire gli organi di competenza e ne
valuterà le giustificazioni, nel caso queste non dovessero essere sufficienti provvederà
direttamente il tribunale ad effettuare la convocazione.
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Diritto Commerciale 70
Ventunesima Lezione: 7.11.2019
ASSEMBLEA (MODALITÀ COSTITUZIONE E FUNZIONAMENTO)
Per quanto riguarda le modalità di costituzione cioè i “quorum”, in questo caso stiamo parlando
di come l’assemblea si va a formare, potremo individuare:
- Quorum Costitutivo, si tratta semplicemente della parte di capitale che deve essere presente
affinché l’assemblea sia valida (per andare a deliberare), devono quindi essere presenti a
quella assemblea abbastanza soci da poter rappresentare una certa quantità di capitale.
- Quorum Deliberativo, si tratta della parte di capitale che deve votare a favore di una delibera
affinché questa sia approvata, mentre nelle società di persone era normale la necessità di
una unanimità, in questo caso questo concetto è impraticabile per cui le decisioni
seguiranno un principio maggioritario.
Per quanto riguarda l’assemblea STRAORDINARIA, il concetto è che questa derivi da argomenti
più importanti rispetto all’ordinaria, di conseguenza richiederà delle maggioranze più elevate.
Bisogna distinguere da società chiuse a società aperte:
- Nelle società chiuse in prima convocazione l’assemblea ordinaria non presenta quorum
costitutivo ma ha un quorum deliberativo di almeno metà del capitale sociale.
- Nelle società aperte viene invece previsto anche un quorum costitutivo di metà del
capitale sociale e il quorum deliberativo è composto dai 2/3 del capitale presente in
assemblea.
In seconda convocazione abbiamo una certa riduzione, ma non drastica come quella
dell’assemblea ordinaria, perdiamo inoltre la differenza tra società aperte e chiuse.
Avremo quindi un quorum costitutivo di 1/3 del capitale sociale e un quorum deliberativo dei
2/3 del capitale presente in assemblea.
Diritto Commerciale 71
Tipicamente vengono disciplinate la prima e la seconda convocazione ma qualora non si riuscisse
ad arrivare al quorum costitutivo anche nella seconda convocazione, allora possono essere fatte
delle convocazioni successive alla seconda.
Per l’assemblea ordinaria sarà lo statuto a prevedere e disciplinare convocazioni successive alla
seconda mentre.
Per l’assemblea straordinaria sono previste per le società aperte regole fisse di quorum costitutivo
e deliberativo che prevedono, per le convocazioni successive alla seconda, un quorum costitutivo
di 1/5 del capitale e un quorum deliberativo dei 2/3 del capitale presente in assemblea.
Il presidente è coadiuvato dal segretario. Nelle assemblee straordinarie il ruolo di segretario deve
essere ricoperto da un notaio, diversamente sarà l’assemblea stessa ad indicarlo.
Il segretario ha un compito molto importante, ovvero redigere il verbale. Ogni assemblea deve
essere riassunta e certificata in un verbale.
Ci devono essere degli elementi fondamentali:
- Data;
- Luogo;
- Chi sono i partecipanti (presenti/assenti);
- Odg (argomenti che sono da discutere, sui quali bisogna votare);
- Le modalità di voto e il risultato delle votazioni: su queste ci sono grandi libertà, decise in
assemblea o decise nello statuto. L’unica modalità che non può essere utilizzata è il voto
segreto. Perché dal verbale deve risultare, quali siano i soci favorevoli, i dissenzienti e gli
astenuti.
Oltre a questi elementi potrebbero anche risultare gli eventuali patti parasociali.
I non soci con diritto di voto, sono di 2 tipologie. Essi possono essere:
Diritto Commerciale 72
A. Rappresentanti, (i delegati). Si può attribuire l’incarico per partecipare e di votare
all’assemblea ad un altro soggetto. Si parla di partecipazione indiretta.
A.1 Esiste una delega “occasionale”, ovvero che viene attribuita per la singola assemblea
o una serie di assemblee. Questa deve essere scritta, piena (ovvero con il nome del
soggetto delegante e delegato) e che in ogni momento è revocabile. Per le società aperte,
questo tipo di rappresentanza può essere concessa solo e soltanto per una singola
assemblea. Per le società chiuse invece la delega può essere affidata a tutte le assemblee.
Vengono individuati dei limiti sia quantitativi che qualitativi alla delega e sono validi per
le società aperte:
- Per esse la delega non può essere affidata agli amministratori, ai sindaci o ai revisori e
autorità dipendenti della società stessa o di società correlate (per evitare conflitti di
interesse).
- Dal punto di vista quantitativo la delega vale al massimo per 20 soci nelle società chiuse,
mentre nelle società aperte sarà di 50-100-200 a seconda che il capitale della società sia
inferiore a 5M (50) - fino a 25M (100) - superiori a 25M (200). Questi limiti non valgono per
le società quotate.
A.2 Esiste anche la delega “gestoria”, normalmente rilasciata al gestore del portafoglio di
investimento.
Un investitore spesso diventa tale, non per sua volontà ma per spinta di intermediari. Ad
esempio quando un correntista della banca è titolare di un grande capitale pronto per
essere investito, verrà affiancato da un consulente, per farlo.
Però la volontà di questo soggetto non è di immettersi nelle varie assemblee societarie, ma
lascia la gestione allo stesso consulente (intermediario) che avrà tantissimi obblighi da
rispettare.
Nelle società quotate, una delega può essere data anche ad un soggetto individuato dalla società,
soprattutto per rendere più agevole lo svolgimento dell’assemblea. Questa modalità è stata inserita
soprattutto per agevolare i piccolissimi soci, quelli che possiedono una piccolissima percentuale, e
per minimizzare i costi del procedimento di affidamento della delega. Infatti quest’ultima viene fatta
tramite compilazione di un modulo (a costo zero) per affidare a questo soggetto, scelto con
accuratezza, la delega.
Per le società quotate esistono altre due modalità:
1. La sollecitazione alla delega, quando un soggetto “promotore” che può essere socio, oppure
no, sollecita il rilascio di deleghe da parte dei soci in suo favore. Questa viene rivolta a società
con un collettivo di soci superiore a 200, e la richiesta deve contenere indicazioni riguardanti il
voto.
2. La raccolta deleghe, ha un obiettivo molto simile, e va a creare delle associazioni di azioni, che
chiedono il rilascio delle deleghe a loro favore.
I non soci senza diritto di voto, sono rappresentanti comuni, i sindaci, gli obbligazionisti, etc., che
parteciperanno all’assemblea per tutelarsi dalle scelte, ma ascolteranno e basta.
Diritto Commerciale 73
La legittimazione del diritto di assemblea deve essere accordata con la presentazione dal titolo,
(o titolo + delega).
Per le società che hanno aderito alla dematerializzazione è stato previsto la nomina di un
intermediario che gestisca i conti e rilasci una certificazione agli azionisti che certifica la loro
partecipazione, prima dell’assemblea in modo che essi la possano presentare con le giuste
tempistiche.
Per raccogliere le certificazione bisogna individuare un momento per farlo:
Il periodo prima dell’assemblea (circa 2 giorni) serve per inoltrare la propria certificazione per la
partecipazione all’assemblea. Sarebbe troppo scomodo farlo al momento.
Il diritto di voto
Il voto è l’espressione della volontà del socio. Tutti i soci, concorrono alle decisioni della società.
Viene espresso in modo palese. Non è contemplato il voto segreto.
Inoltre possono esserci dei cosiddetti “sindacati di voto”.
Per scegliere come votare, ogni socio, ha la possibilità di esprimere il proprio voto in maniera
libera.
La limitazione all’espressione del diritto di voto è prevista solo nel caso di conflitto di interesse.
L’Art.2363 dice che “Il socio può votare come vuole, ma non in funzione di interessi extrasociali”.
Se l’interesse di un socio è in conflitto con quello della società, esso dovrebbe astenersi a votare.
Ad esempio quando il socio è proprietario di un bene che la società è intenzionata ad acquistare,
ed è in corso la votazione sulla decisione di acquisizione o meno di quel bene. Il socio vuole
venderlo ad un prezzo elevato che per la società appare troppo elevato. Essa appunto vorrebbe
acquistarlo a basso costo. A quel punto il socio si trova dinnanzi alla scelta di voler privilegiare il
proprio interesse oppure privilegiare l’interesse della società di cui è socio. Se decidesse di far
prevalere il proprio interesse allora in quel caso dovrebbe astenersi dal voto. Ad ogni modo non c’è
un divieto totale. Qualora votasse, la delibera potrà ritenersi impugnabile (ovvero contrastabile),
solo se si verificano 2 condizioni:
1. Se il voto del socio è stato determinante per la decisione (prova di resistenza);
2. Se il voto del socio è stato fatto sacrificando l’interesse della società, privilegiando il suo
l’interesse.
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Diritto Commerciale 74
Ventiduesima Lezione: 8.11.2019
ASSEMBLEA: INVALIDITÀ DELIBERE.
ORGANO AMMINISTRATIVO (ASPETTI GENERALI, NOMINA, COMPENSO)
Distinguiamo tra:
Diritto Commerciale 75
L’organo amministrativo
Nel sistema tradizionale si chiama Consiglio di amministrazione anche detto Cda.
Esso è l’organo a cui compete la gestione, e questa è una competenza molto generale e ampia.
Prima della riforma attraverso l’atto costitutivo si poteva andare ad attribuire competenze all’organo
amministrativo e a quello deliberativo secondo le proprie esigenze.
La riforma ha impostato un sistema un po’ più rigido, imponendo all’assemblea delle competenze
specifiche mentre, all’organo amministrativo la completa totalità della gestione, di
conseguenza “tutte le operazioni, anche di tipo amministrativo-gestorio sono di esclusiva
competenza dell’organo amministrativo”, il quale potrà compiere tutte le operazioni necessarie per
il raggiungimento dell’oggetto sociale e sarà solamente lui a poterlo fare.
Ovviamente questa esclusività di competenza comporta anche un’esclusività di responsabilità,
dobbiamo sottolineare che finora quando abbiamo parlato di responsabilità, in realtà abbiamo
parlato della responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali, ossia una responsabilità per le
operazioni concluse nella società.
Quando parliamo di responsabilità degli amministratori non stiamo parlando di responsabilità
per le obbligazioni sociali, ma di responsabilità relativa al comportamento che loro mantengono
andando a rappresentare la società, si tratta quindi di un tipo di responsabilità differente da quella
sulle obbligazioni.
Infatti essi non vengono chiamati a soddisfare i creditori sociali, ma semplicemente dovranno
rispondere per il loro operato (diligenza con cui operano).
Il rapporto che è presente tra l’assemblea, i soci e gli amministratori potrebbe sembrare una
sorta di mandato con il quale i soci incaricano gli amministratori di andare a compiere la gestione
ma, in realtà così non è infatti il rapporto soci-amministratori non è inquadrabile in un rapporto di
mandato in quanto il diritto privato ci dice che nel mandato:
- Il mandatario deve attenersi esattamente alle istruzioni del mandante
- In ogni momento il mandante può riappropriarsi della legittimità a compiere l’operazione
Queste sono due condizioni nel rapporto assemblea-amministratori non avvengono, infatti anche
se l’assemblea fosse consultata in un’operazione, questo non obbliga gli amministratori ad agire
secondo le indicazioni dell’assemblea, inoltre l’assemblea e i soci non possono mai sostituirsi
agli amministratori nel compimento degli atti di gestione.
Diritto Commerciale 76
interne che esterne e di conseguenza doversi rapportare con terzi, per farlo bisogna essere in
grado di poter rappresentare la società.
Normalmente questa viene attribuita parallelamente al potere di amministrazione ma, l’atto
costitutivo potrebbe prevedere di attribuirla solamente ad alcuni amministratori, tipicamente ad
esempio al presidente del consiglio di amministrazione.
Per quanto riguarda la rappresentanza nelle Spa sono adottate alcune regole che derogano da
quella che è la normale disciplina di diritto privato e anche da quella che è la disciplina di
rappresentanza commerciale vista nella parte relativa all’imprenditore.
Questo serve per conciliare da una parte la certezza delle posizioni dei rapporti giuridici e dall’altra
a tutelare tutti i terzi che entrano in contatto con la società.
Queste regole dicono che:
- È previsto, anche se limitatamente agli amministratori riconosciuti come tali nell’atto costitutivo,
che la mancanza al potere dell’amministratore derivante da un’invalidità della nomina è
inopponibile ai terzi (ovvero che ha effetti solo per le parti che ne hanno dato vita), purché questi
siano in buonafede.
- Nel caso un amministratore vada a compiere un’operazione oltre i limiti che gli sono stati posti,
la società rimane comunque vincolata a quell’operazione, salvo che non dimostri il dolo ovvero
la conoscenza dei terzi del fatto che l’amministratore stava eccedendo un limite.
Queste regole valgono nei rapporti con l’esterno e questo perché si sta cercando di dare una
maggiore affidabilità al terzo in buona fede.
Diritto Commerciale 77
L’atto costitutivo potrebbe anche richiedere dei requisiti specifici al fine di poter essere eletto
amministratore.
Si sta sempre più diffondendo la convinzione che in qualità di amministratore possa essere anche
nominata una persona giuridica, ovviamente questo soggetto compierà le operazioni attraverso la
persona fisica che andrà a rappresentarla.
Dobbiamo tenere conto che al contrario di quello che succede nelle società di persone, nelle
società di capitali non c’è alcuna correlazione tra la posizione di socio e quella di amministratore,
infatti a questa carica può essere eletto chiunque a prescindere che questo sia socio o no.
Coloro che vengono eletti devono accettare la nomina entro i 30 giorni, questo perché la carica di
amministratore da tutta una serie di legittimazioni ad agire ma anche determinate responsabilità,
quindi è fondamentale che chi è nominato alla carica di amministratore sia consapevole di
accettare l’incarico. Accettando la carica si sta dichiarando di possedere tutti i requisiti richiesti per
ricoprire la determinata carica, per certe attività determinati requisiti/caratteristiche sono richiesti
per legge.
Vengono infatti previsti dei requisiti specifici che in linea generica possono essere ricondotti ai
requisiti di professionalità, indipendenza e onorabilità.
Si vuole quindi che chi è investito della possibilità di amministrare e gestire la società abbia le
competenze per farlo e lo faccia in modo corretto, senza essere influenzato da terzi/società/
componenti.
Ci sono delle cause sia di ineleggibilità che di incompatibilità, ci sono quindi determinati
soggetti che non possono essere eletti ad amministratori.
Cause di ineleggibilità sono:
- L’interdizione
- L’inabilitazione
- Colui che è stato dichiarato fallito
- Colui che è stato condannato da una pena che comporta l’interdizione dai pubblici uffici
Se un soggetto che presenta queste caratteristiche dovesse essere nominato ad amministratore,
la nomina è nulla per illiceità dell’oggetto della delibera.
Ci sono poi invece dei casi di incompatibilità, cioè dei soggetti che se nominati, gli viene imposta
una condizione di scelta tra la posizione di amministratore e l’altra situazione ad essa
incompatibile, ovvero:
- Membri del Parlamento
- Chi svolge determinate professioni (Es. Notaio)
Se dovessimo eleggere un soggetto che presenta queste caratteristiche, la nomina non è invalida
ma semplicemente impone al soggetto di scegliere tra le due posizioni.
Questo potrà accettare la nomina, rinunciando di conseguenza all’altra attività oppure rifiutarla per
mantenere l’altra caratteristica.
La nomina degli amministratori ha una durata limitata nelle Spa, questi infatti rimangono in
carica per 3 esercizi o più precisamente allo scadere dell’assemblea che approva il bilancio del
terzo esercizio, da quel momento l’assemblea potrà anche procedere con la nomina del nuovo
amministratore o anche andare a riconfermare gli amministratori eletti in precedenza.
Nel caso di un soggetto che compie operazioni di gestione senza nomina ricadiamo nel caso
“dell’amministratore di fatto”, in questo caso sempre per tutelare tutti coloro che entrano in contatto
Diritto Commerciale 78
con la società ed in particolare con l’amministratore, quello di fatto avrà le stesse responsabilità di
quello regolarmente nominato.
Si tratta di una situazione in cui, pur in assenza totale di nomina, i soci tollerano e autorizzano il
compimento di operazioni da parte di quel soggetto, in questo caso quindi l’amministratore di fatto
viene posto sullo stesso piano di un amministratore regolarmente nominato.
Con la nomina degli amministratori normalmente viene stabilito anche il loro compenso, questo
perché si presume che l’attività di amministrazione sia effettuata a titolo oneroso, è un diritto degli
amministratori ricevere un compenso per l’attività di amministrazione.
Potremmo quindi, per essere più dettagliati, tra:
- Compenso generico
- Remunerazioni legate a specifici incarichi
Potrebbe infatti capitare che alcuni dei membri del CDA abbia degli incarichi particolari per i quali
gli sono affidate delle operazioni specifiche, in funzione di questo incarico il CDA potrebbe
individuare una specifica remunerazione addizionale al compenso generico.
Le modalità con cui stabilire questo compenso possono essere varie, innanzitutto l’assemblea
potrebbe prevedere un compenso specifico per ogni componente dell’organo oppure potrebbe
prevedere un compenso globale generico lasciando poi allo stesso organo amministrativo la
possibilità di ripartire fra i suoi membri questo compenso.
Dal punto di vista del “che cosa” viene individuato come compenso, normalmente questi sono
emessi in denaro ma, nulla vieta che questi possano essere individuati in partecipazioni agli utili
oppure alla attribuzione di un diritto di opzione, cioè il diritto di essere i primi nell’eventuale
sottoscrizione di nuove azioni.
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Ciò non toglie che l’assemblea potrebbe però anche revocare gli amministratori anche prima della
scadenza del termine, sempre se la decisione sia emersa dall’assemblea ordinaria.
Qualora la revoca avvenga senza giusta causa, l’amministratore può richiedere un indennizzo.
Un’altra causa può essere il sopravvenire di una causa di illegittimità di cui l’amministratore è
vittima, ad esempio quando viene definitivo come interdetto o inabilitato.
Diritto Commerciale 79
Nello statuto possono essere applicate delle clausole riguardo la cessazione dell’incarico di
amministratore:
Un’esempio comune è la clausola “Simul stavunt simul cadent”, ovvero qualora si venisse a
verificare la cessazione della carica di un componente dell’organo, l’intero organo viene a cessare
e dovrà essere sostituito. Questa clausola viene inserita ove la compattezza dell’organo
amministrativo è ritenuto fondamentale.
Ci sono però altri accorgimenti particolari per mantenere l’organo completo e perfettamente
funzionante anche successivamente ad una menomazione all’interno di quest’ultimo,
specialmente nel momento in cui si verifica la cessazione dell’incarico di un amministratore, queste
possono essere distinte per due tipi di cause:
>> Grazie a questi accorgimenti stiamo riducendo al minimo il caso in cui l’organo amministrativo
sia mancante o che sia privo della maggioranza degli amministratori, facendo in modo che possa
portare avanti la gestione della società.
Diritto Commerciale 80
Dunque nella maggioranza dei casi ci troveremo di fronte ad un organo a carattere collegiale,
costituito quindi da più persone le quali costituiscono un consiglio di amministrazione.
((Nelle Srl qualora l’amministrazione sia affidata a più soggetti, questi possono strutturarsi in modo
molto simile alle Spa, dando vita ad un consiglio molto simile a quello di amministrazione delle
Spa, ma potrebbero anche configurare un modello di amministrazione molto simile a quello delle
società d persone.))
Nelle Spa se vi sono più soci questi costituiranno un consiglio di amministrazione, che si
caratterizza per avere a capo un presidente, che normalmente viene scelto dall’assemblea.
Qualora non venisse eletto dall’assemblea sarà lo stesso Cda a nominarlo al proprio interno.
Poi a seconda della complessità, della natura dell’attività sociale della società, è sicuramente
possibile individuare nel Cda alcuni organi delegati. Potranno essere individuati, comitati esecutivi
o amministratori delegati ai quali verrano affidati particolari compiti. Hanno la stessa funzione ma
uno è collettivo mentre l’altro è singolo. Comunque la presenza di questi non è obbligatoria, ma
come detto dipenderà dalla complessità e dalle dimensioni della società.
Questa delega è data direttamente dal Cda tramite una sua delibera che indicherà anche le
competenze precise, contenuto, i limiti e le modalità di esercizio della delega.
Il Cda per tutelarsi dalle azioni del delegato, può in ogni momento riappropriarsi della possibilità di
decidere in merito a quelle funzioni che aveva inizialmente delegato all’ad o al comitato. Inoltre può
indicare come deve essere esercitata la funzione.
Ci sono specifiche funzioni che non possono essere delegate. Alcune di esse devono rimanere di
competenza dell’intero Cda, come ad esempio la redazione del bilancio. Oppure nelle decisioni di
aumento di capitale o di riduzione di capitale, che possono essere delegati dall’organo
amministrativo, ma con solo in presenza di determinate caratteristiche. Inoltre anche la decisioni di
emissione di un prestito obbligazionale, o dei progetti di scissione o fusione, o distribuzione di
acconti sui dividendi, le proposte di accesso ad una procedura concorsuale etc. Tutto ciò rimane di
competenza dell’intero organo nella sua totalità.
Con queste cautele si possono affidare agli Ad e ai comitati altri compiti specifici ma con l’obbligo
che essi costantemente informino l’intero Cda almeno ogni 180 giorni tramite un aggiornamento
(rendiconto) riguardo queste azioni. Il Cda comunque potrà ovviamente richiedere informazione
ulteriori. Questo è fondamentale perché vi è l’obbligo di agire informati (su tutte le operazioni di
gestione), rilevante per la responsabilità degli amministratori.
Diritto Commerciale 81
C’è una grossa differenza rispetto la disciplina riguardanti le delibere assembleali.
Ante riforma l’unico motivo per cui era possibile impugnare una delibera del Cda era il cosiddetto
conflitto di interessi, cioè una delibera presa con il voto di amministratore che era in conflitto di
interessi con gli interessi della società.
Ora invece è possibile impugnare una delibera del Cda in presenza di una qualunque delibera
presa non in conformità della legge o dell’atto costitutivo.
Qui però non si differenzia tra delibere nulle e annullabilità, sono tutte in un certo senso annullabili.
Se un amministratore è in conflitto di interessi con la società deve astenersi dall’atto o dal voto. In
questo modo si da in un certo senso all’amministratore la possibilità di capire se un suo interesse
sia in conflitto oppure no con un’interesse della società.
La riforma ora parla in generale degli interessi degli amministratori, infatti prevede che:
Ogni amministratore o portare di un qualsiasi interesse relativo ad un’operazione sociale, deve
innanzitutto comunicarlo al Cda e a scanso di equivoci viene comunicato anche agli amministratori
e al collegio sindacale .
La seconda cosa che deve fare è astenersi dal compiere quell’operazione.
Se l’amministratore fosse unico (organo monocratico), sorgerebbero dei problemi, perché lui
sarebbe l’unico a poter compiere quell’operazione. In questo caso l’operazione potrà essere
compiuta, però deve essere comunicato ai soci, nella prima assemblea utile, il coinvolgimento di
un suo interesse.
Nel caso in cui il soggetto sia l’Ad, lui sarebbe il soggetto preposto a condurre quell’operazione, in
questo caso però non abbiamo problemi come nel caso dell’amministratore unico, perché in
questo il caso il Cda potrà tutelarsi riappropriandosi della delega fatta all’amministratore delegato.
La decisione del Cda deve essere prima motivata, quindi ci vuole una relazione che dimostri la
convenienza dell’attività, le ragione per le quali il Cda si riappropri della delega, e quindi dello
svolgimento di quell’operazione. Questa decisione ovviamente deve essere votata dall’assemblea,
e l’amministratore delegato in questione, non dovrebbe votare riguardo questa decisione.
Nonostante queste limitazioni, la delibera potrebbe essere comunque impugnabile.
La decisione infatti potrebbe essere impugnabile nel caso in cui ci fosse la mancanza della
comunicazione preventiva dell’interesse dell’amministratore da parte di quest’ultimo, oppure per la
mancata motivazione per la quale si è deciso di escludere l’amministratore dalla votazione da
parte dell’assemblea, oppure per il voto determinante di quell’amministratore che avrebbe dovuto
astenersi.
Coloro che possono impugnare la delibera del Cda sono gli amministratori assenti, dissenzienti,
astenuti. E nel caso in cui la violazione sia la mancanza di comunicazione dell’interesse anche gli
amministratori a favore possono impugnare la decisione, perché magari a conoscenza di
quell’interesse avrebbero votato in maniera differente.
Può avvenire anche l’impugnazione della decisione anche del collegio sindacale.
Ci può essere un’impugnazione speciale da parte di un unico socio se la delibera sia stata lesiva
dei suoi diritti, ovvero che ha apportato un danno, pregiudizio di un singolo socio. Il termine di
impugnazione è unitario ed è di 90 giorni dalla delibera, mentre nel caso del singolo socio esso
potrà impugnare la delibera entro 90 giorni da quando ne è venuto a conoscenza.
Diritto Commerciale 82
Responsabilità degli amministratori
È la responsabilità dei comportamenti degli amministratori, non si tratta di responsabilità sulle
obbligazioni sociali.
In capo agli amministratori ricadono alcuni obblighi, alcuni specifici, individuabili, ad esempio la
redazione del bilancio, il mantenimento delle scritture contabili etc. Gli altri obblighi che incombono
sugli amministratori sono più generali e ricadono sull’obbligo fondamentale di agire in modo
diligente, e questo significa compiere operazioni in modo consapevole, informato. Ad
esempio l’obbligo di riservatezza sui dati e le informazione della società, oppure rispettare il
cosiddetto divieto di concorrenza, incombente su tutti i soci amministratori. (No attività concorrente
a quella della società).
Tutti i questi obblighi sono a carattere generico per cui individuare una violazione di questi obblighi
diventa difficile. È difficile contestare il comportamento non diligente di un amministratore,
dovremmo dimostrare il comportamento diligente da tenere.
Per parlare di responsabilità degli amministratori bisogna individuare in realtà 3 ambiti in cui
essa si palesa. Gli amministratori saranno responsabili verso 3 diversi soggetti:
- Verso la società stessa; gli amministratori infatti si impegnano a comportarsi in modo diligente
nei confronti della società, che non significa il conseguimento di determinati risultati, ma si
obbligano a comportarsi e agire in un certo modo (= obbligazioni di mezzi e non di risultato).
Non dobbiamo valutare in base al risultati raggiunti, in quanto l’amministratore in questione
avrebbe potuto raggiungerli tramite comportamenti non conformi ad una gestione diligente.
Diritto Commerciale 83
dall’assemblea, quantomeno dalla maggioranza dei soci che li hanno nominati, per cui è prevista la
possibilità anche per qualche altro soggetto di richiedere l’azione sociale, tipicamente può spettare
sicuramente all’organo di controllo, in particolare il collegio sindacale a maggioranza dei ⅔ dei suoi
componenti.
Dopo la riforma è stata concessa la possibilità anche ai soci di minoranza, in particolare soci che
rappresentino almeno ⅕ del capitale nelle società chiuse o 1/40 delle società aperte, hanno
possibilità di dare impulso a quest’azione, anche se in modo particolare: nominando uno più
rappresentanti comuni per far esercitare l’azione.
L’esercizio dell’azione sociale ha delle alternative, come rinunciare appunto all’esercizio di
quell’azione, oppure arrivare ad una transazione. Questa scelta è però possibile solo e soltanto
qualora non ci sia un voto contrario del ⅕ del capitale. È una soluzione che conviene sia alla
società che all’amministratore, poiché evita tutti gli iter giudiziari e le tutte le spese che devono
essere sostenute dalle parti. (Al posto di darmi 100 (il danno compiuto dall’amministratore) più
interessi, mi dai 80 e chiudiamo qui la faccenda, evitando il fastidio del procedimento giudiziario).
Il risultato comunque deve andare sempre a favore della società perché deve reintegrare il valore
del patrimonio sociale decurtato dall’azione dell’amministratore.
- Nei confronti dei singoli soci o singoli terzi, il presupposto è ancora diverso, deve essere un
comportamento di un0amministratore che abbia causato un danno diretto a questo soggetto. Il
comportamento scorretto in questo caso è quello dell’amministratore direttamente nei confronti
dei terzi. Ad esempio il caso di una redazione falsa del bilancio che induce i soci ad un aumento
Diritto Commerciale 84
del capitale, magari non necessario. Può darsi che questo aumento del capitale non sia
sostenibile da almeno un socio e quindi il suo peso nella società potrebbe diminuire. Allora
esiste un diritto di opzione per i soci di essere i primi a poter partecipare ai conferimenti per
poter garantire la possibilità al socio di mantenere inalterata la sua posizione, ma questo non
toglie che il socio possa avere delle difficoltà nel farlo in quell’istante. Allo stesso modo un terzo
potrebbe essere stato indotto a concludere un contratto sulla base di informazioni false e in
questo caso provocando un danno a quel singolo terzo. Non è una conseguenza causata da un
danno alla società, ma è indipendente. I terzi possono agire in giudizio tramite un azione mirata
a risarcire il danno a colui che l’ha subito. L’unica difficolta del caso sarebbe quella di dimostrare
il comportamento dell’amministratore.
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In generale la responsabilità degli amministratori è solidale, ovvero che tutti gli amministratori
risponderanno per avere compiuto o omesso un’operazione per un comportamento negligente.
È possibile che un’azione o un comportamento sia stato però effettuata palesemente da un unico e
solo amministratore o più amministratori circoscritti. In quel caso gli altri possono escludersi?
Essendo la responsabilità solidale no, a meno che l’azione non si tratti di attribuzioni proprie di uno
specifico amministratore (quindi ad esempio l’azione specifica di un Ad).
Tuttavia tutti i membri del consiglio devono attivarsi per vigilare gli uni sugli altri, per il principio
dell’agire informati. Avrebbero dovuto quindi seguendo un ordinaria diligenza, informarsi in modo
da poter evitare i danni causati da quel comportamento.
C’è una sorta di possibilità di graduare questa responsabilità (chi più o chi meno
responsabile).
Questa graduazione è consentita dal legislatore. Ante riforma la responsabilità era legata in via
generale alla diligenza del mandatario (“diligenza del buon padre di famiglia”). La riforma ha un po’
modificato questa diligenza, che viene valutata a seconda della natura dell’incarico e dalle
competenze specifiche dell’amministratore. Ora si valutano con più severità le competenze
dell’amministratore, specialmente quando sarà incaricato di un’attività più rischiosa. Se
l’amministratore ha delle competenze specifiche, mi aspetto che non incappi in situazioni che
potrebbero mettere la società in difficoltà.
Il legislatore coinvolge non solo gli amministratori che svolgono l’attività ma anche gli
amministratori di fatto (ovvero amministratori con nomina invalida o senza essere stati nominati, o
che esercitano il ruolo di amministratore anche dopo la scadenze del suo incarico).
Diritto Commerciale 85
• La composizione > abbastanza limitata, quantomeno nelle società non quotate (3 o 5 membri
detti “effettivi” + 2 supplenti), in quelle quotate invece non è stabilito un numero preciso ma come
minimo da 3 effettivi e 2 supplenti. Quelli effettivi sono importanti perché dal punto di vista pratico
sono coloro che svolgono le attività del collegio sindacale, ma siccome si tratta di un organo
molto delicato c’è ancora maggior timore di rimanere privi di quest’ultimo oppure non completo.
In queI caso saranno i membri supplenti ad ricevere l’incarico, a subentrare (generalmente il
primo è il più anziano). Era stata introdotta la possibilità di inserire l’organo di controllo ad un
unico soggetto (un solo sindaco), per le Spa è stato eliminato, è rimasto per le Srl dove
addirittura il sindaco unico rappresenta lo standard.
• La nomina > i primi nell’atto costitutivo e i successivi nominati dall’assemblea ordinaria. Anche
qui come per l’organo amministrativo i requisiti per diventare sindaci sono molto rigidi e tassativi.
• Nelle società non quotate, almeno un membro effettivo e uno supplente, devono essere
iscritti nell’albo dei revisori legali dei conti. Gli altri invece devono essere scelti fra gli iscritti allo
stesso albo, oppure devono essere iscritti all’albo degli avvocati, commercialisti, consulenti del
lavoro, oppure possono essere docenti universitari di ruolo in materie giuridiche o economiche.
• Per le società quotate i requisiti sono fissati dal ministero della giustizia, si richiedono requisiti
di onorabilità, professionalità e indipendenza. Quest’ultima in realtà la ritroviamo anche negli
altri casi, sotto forma di cause di ineleggibilità. Per i sindaci oltre alle cause di ineleggibilità
valide anche per gli amministratori (inabilitato, interdetto, fallito, etc) ce ne sono delle altre: non
possono essere eletti parenti o affini dell’amministratore di quella società o di società vicine.
Non può essere eletto alla carica di sindaco se eletto dalla società se possiede rapporti di
lavoro o di consulenza continuativa con la società. Questo potrebbe compromettere o falsare il
giudizio di questo soggetto, non perfettamente obiettivo. L’assemblea dovrà anche fissare il
compenso che spetterà al collegio sindacale che in questo caso potrà variare a seconda delle
situazione. Il temine di scadenza del collegio è di 3 anni fino all’assemblea che approva il
bilancio del terzo esercizio. L’accettazione dell’incarico dovrà essere riportata al registro
dell’imprese ma prima si dovranno comunicare le ulteriore cariche ricoperte dal sindaco in altre
società ( = indipendenza).
• Cessazione dall’incarico > si cessa dall’incarico di sindacato in caso di decorso del termine di
scadenza dell’incarico (dopo 3 esercizi), dimissioni e la revoca che può avvenire solo e soltanto
per giusta causa, ed inoltre questa revoca che sarà decisa dall’assemblea ordinaria, dovrà
essere approvata dal tribunale; la decadenza (ovvero venir meno di un requisito di eleggibilità),
con aggiunta di ingiustificata assenza alle assemblee (2 consecutive) oppure alle riunioni del
consiglio di amministrazione. Devono controllare il corretto svolgimento di TUTTA l’attività
sociale.
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Diritto Commerciale 86
Venticinquesima Lezione: 15.11.2019
COLLEGIO SINDACALE: FUNZIONI E FUNZIONAMENTO.
CONTROLLI ESTERNI (CONTROLLO CONTABILE)
Funzioni e funzionamento pratico > compie un controllo del rispetto delle regole previste dalla
legge e dell’atto costitutivo. Compie un controllo di legittimità. Svolge anche un controllo più
approfondito anche sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. Questo è un controllo che
non può arrivare a sindacare le scelte degli amministratori, ma bensì che il processo decisionale
sia stato corretto. Se poi la scelta compiuta non si dovesse rivelarsi quella migliore, questo non fa
si che il comportamento comunque sia stato scorretto.
Il collegio sindacale deve vigilare sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo, contabile e
organizzativo della società. Nelle società quotate deve vigilare sulla correttezza e conformità delle
informazioni provenienti dalla società nei confronti dei terzi. Non vi è più attribuito il mero controllo
contabile. A metà anni ‘90 è stata introdotta la figura del revisore esterno che si sovrappose al
collegio. La riforma ha riorganizzato questa funzione affidandola unicamente ad un soggetto
esterno. In alcuni casi il controllo contabile può ritornare di competenza del collegio sindacale.
Diritto Commerciale 87
La relazione fatta dai sindaci sul bilancio è uno degli elementi su cui i soci andranno a basare la
loro valutazione, fidandosi del controllo costante e continuo dei sindaci e del revisore contabile.
L’attività di controllo è piuttosto costante, ma è possibile che il collegio non riesca a evidenziare
delle scorrettezze o errori compiuti dagli amministratori, che a loro volte avrebbe potuto effettuare
comportamenti occultamente scorretti, dunque è possibile che questo controllo, che dal punto di
vista pratico è documentale, venga riportato dai soci, che devono comunicare al collegio sindacale.
Se è un solo socio a riportare una segnalazione, il collegio la considererà solamente come tale, se
invece i soci sono di più e rappresentano il 5% capitale, o 2% in quelle aperte, allora il collegio è
obbligato ad attivarsi immediatamente per indagare.
Se il collegio non dovesse adempiere a questi obblighi, questo farebbe sorgere una pesante
responsabilità dei sindaci, si può dire persino di essere dinnanzi ad una duplice responsabilità: da
una parte saranno responsabili di loro comportamenti non diligenti, anche loro si obbligano ad
agire in modo diligente, espletando tutte le loro funzioni oppure di omissione dei loro
comportamenti. Oltre a questa ne possiamo individuare un’altra, derivante dal comportamento
altrui. Saranno responsabili anche in modo solidale dei comportamenti degli amministratori qualora
gli amministratori si sono dimostrati inadempienti, negligenti e che il loro comportamento abbia
causato un danno, e il danno non sia stato evitato a causa di un mancato controllo da parte dei
sindaci.
L’esercizio dell’azione di responsabilità in questo caso però non apporta la revoca immediata degli
amministratori.
La Spa è sottoposta anche a controlli esterni, possono essere molteplici, a volte dipendono
dall’attività societaria, dalla sua struttura etc, ad esempio le società che svolgono attività bancarie,
sono sottoposti sotto la vigilanza della banca centrale, oppure le società quotate sono sottoposte
dal controllo della CONSOB.
Ci sono controlli esterni anche generalizzati, ovvero per tutte le Spa nel dettaglio:
il controllo contabile e il controllo giudiziario (ex art. 2409).
Diritto Commerciale 88
La revoca del revisore esterno
Solo in presenza di una giusta causa e sentito il collegio sindacale. La revoca può arrivare dai soci,
ma assistita da una giusta causa e con parere del collegio sindacale, organo più vicino al revisore
esterno, in caso negligenza o inadempienza.
• Controllo giudiziario
È un controllo eseguito dal tribunale, ovvero dal giudice. Questo controllo viene stimolato da un
soggetto in particolare, il collegio sindacale, in caso di gravi inadempienze, dovrebbe convocare
l’assemblea in modo immediato. Spesso però ili comportamento è così grave da essere
sanzionato e per questo si richiama il giudice.
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Diritto Commerciale 89
Ventiseiesima Lezione: 19.11.2019
CONTROLLI ESTERNI: ART. 2409.
I SISTEMI ALTERNATIVI DI AMMINISTRAZIONE: MONISTICO E DUALISTICO.
Il controllo giudiziario
Arriva dall’esterno perché viene realizzato dal giudice. Il tribunale può espletare un controllo su
ogni Spa. Deve esserci però un impulso all’attività di controllo.
Quando ci sono gravi sospetti sulla gestione della società, relative soprattutto alle violazioni degli
amministratori che potenzialmente possono danneggiare la società.
Lo si può richiedere tramite l’organo di controllo, ovvero il collegio sindacale, ma è possibile che da
una parte il collegio sindacale non intraveda questi problemi, o altrimenti perché il collegio
sindacale sia di comune accordo con gli amministratori, chiudendo un occhio a qualche
comportamento scorretto.
Allora il legislatore ha pensato di dare la possibilità di richiamare il tribunale anche ai soci, è uno di
quei diritti di minoranza che può essere concesso alla minoranza dei soci, anche se delegata solo
al 10% del capitale nelle società chiuse, e il 5% nelle aperte. Come questo accade poi lo statuto ha
la possibilità di ridurre queste percentuali possono essere, in modo che sia più appetibile la
partecipazione anche dei soci minoritari. In alcuni casi, può essere richiamato l’intervento del
tribunale anche da un solo socio, mentre nelle società quotate anche dal pubblico ministero,
oppure dalla CONSOB, e dal tribunale sindacale.
Il sistema monistico
Ha ispirazione anglosassone, dove il soggetto controllato individua il suo controllante.
Vi sono sempre 3 organi ma in realtà nel sistema monistico vi è l’unione di 2 organi in 1 solo.
All’interno dell’organo amministrativo è presente anche quello di controllo.
Questo non porta a nessuna variazione all’assemblea, a parte il fatto che l’assemblea, di default
non nomina l’organo di controllo, ma soltanto quello amministrativo.
L’organo amministrativo ha delle caratteristiche un po’ particolari: dal punto di vista operativo
pratico il numero dei componenti del CDA non è completamente libero, di sicuro questo non potrà
mai essere unico, per la coabitazione dei 2 organi (amministrativo e di controllo).
Il numero dei componenti dell’organo amministrativo dovrà essere di almeno uno superiore al
numero dei componenti dell’organo di controllo. Questo perché quando andremo ad individuare i
soggetti (parte del Cda) che costituiranno il comitato di controllo della gestione, essi non dovranno
agire, operare.
Per il fatto che all’interno individueremo l’organo di controllo, almeno ⅓ dei componenti del Cda
dovrà possedere requisiti d’indipendenza e imparzialità previsti per i sindaci.
Nelle quotate la nomina di almeno un membro dovrà avvenire dalla minoranza tramite votazione.
Inoltre prima dell’accettazione della nomina dovranno essere comunicati tutti gli incarichi eventuali
che questi soci ricoprono presso altre società, per non sovraccaricare di incarichi i membri
dell’organo di controllo.
Il Cda normalmente individua al proprio interno i membri del comitato sul controllo della gestione. È
possibile però che lo statuto consenta la nomina di quest’organo da parte dell’assemblea, sempre
individuando quei componenti all’interno del Cda.
Diritto Commerciale 91
In qualsiasi caso dovrò individuare componenti che abbiano requisiti di: onorabilità, professionalità,
necessari per ricoprire la carica di membro dell’organo di controllo sulla gestione, così come
avevamo visto per l’organo sindacale.
Questi requisiti possono essere ampliati. Come già abbiamo detto non possono essere
amministratori delegati, quindi non devono avere mansioni non operative, non devono svolgere
attività di gestione, poiché queste attività le devono controllare ovviamente.
Nelle Spa aperte, è previsto che i membri dell’organo sulla gestione possono essere come minimo
3, quindi il Cda come minimo dovrà essere composto da 4 membri.
Esso ha tutte le competenze che abbiamo già visto dell’organo di controllo. Dovrà effettuare
controlli sulla legittimità, vigilare sull’adeguatezza dell’assetto amministrativo, organizzativo e
contabile, vigilanza sull’operato degli amministratori etc, ma non gli può essere attribuito il controllo
contabile, che viene affidato ad un organo esterno (revisore contabile o società di revisione).
La motivazione riguarda i componenti del comitato sulla gestione:
Essi infatti integrano 2 posizioni, sono contemporaneamente anche membri dell’organo di
gestione. Bisognerebbe quindi applicargli sia la disciplina dei sindaci, sia quella degli
amministratori.
In caso di revoca ad esempio, se il soggetto in questione fosse revocato dall’incarico di
amministratore, in automatico, verrebbe meno anche la sua posizione di membro del comitato di
controllo sulla gestione, poiché questo ruolo presuppone essere parte del Cda, da cui è appena
stato revocato. Potrei però revocarlo da membro del comitato sul controllo della gestione, per farlo
rimanere all’interno del Cda.
A seconda dei 2 casi valuteremo se sarà necessaria la presenza della giusta causa o meno.
Tipicamente se lo revoco da amministratore lo posso fare anche in assenza di giusta causa, o
almeno qualora non ci sia, sono obbligato ad un risarcimento, ma che comunque provoca la
revoca anche dell’incarico da membro del comitato sul controllo della gestione, mentre se dovessi
revocare la sua posizione di membro del comitato sul controllo della gestione, dovrà essere
necessaria la presenza di una giusta causa.
Il sistema dualistico
Di derivazione tedesca e in un certo senso rende l’organizzazione della società, un pò più
professionalizzata, nel senso che da maggior distacco tra proprietà e management (soci -> organo
amministrativo). Questo è per provvedere un organo amministrativo con evidente e provata
maggiore competenza.
Questo sistema in effetti, è molto più adatto a società che hanno un azionariato molto diffuso,
tantissimi soci che detengono piccolissime percentuali di partecipazione, ai quali si evita di affidare
la scelta di chi sia il soggetto che deve amministrare la società, poiché magari non hanno la
conoscenza necessarie per fare una valutazione adatta di colui che potrebbero farlo. Per cui
facciamo nominare a questa marea di soci, l’organo di controllo sulla base di requisiti precisi, e poi
demandiamo a questi l’individuazione dell’organo gestorio, in modo che la scelta venga fatta in
modo più professionale.
Abbiamo sempre 3 organi, ma all’assemblea vengono sottratte alcune competenze, come quella di
non nominare l’organo amministrativo, ma solo quello di controllo.
Ed inoltre anche l’approvazione del bilancio non è suo compito.
Entrambe queste competenze vengono attribuite al consiglio di sorveglianza (organo di controllo
che ha alcune funzioni del consiglio sindacale e alcune dell’assemblea).
Diritto Commerciale 92
Le funzioni sono ripartite più o meno come sono ripartite nel sistema tradizionale.
L’organo di controllo ha competenza generale ed esclusiva della gestione e l’organo di controllo
con azione di vigilanza.
L’assemblea invece è leggermente depotenziata, ma nonostante l’approvazione del bilancio sia
stata passata al consiglio di sorveglianza, all’assemblea rimane in via esclusiva una competenza
legata al bilancio, ovvero la decisione sulla ripartizione degli utili.
Il consiglio di gestione
Ha tutto sommato minori differenze rispetto al sistema tradizionale, è di fatto l’organo
amministrativo che compie tutte le operazioni dei gestione, amministra la società con l’esclusiva
delle scelte di gestione con annessa la responsabilità su queste scelte, mantenendo in generale un
comportamento che rispecchi la diligenza e in caso contrario la possibilità di recedere.
Le peculiarità rispetto al sistema tradizionale, come detto sono molto poche, ad esempio non ci
potrà essere un’amministratore unico. La possibilità di individuare più amministratori delegati, e più
titubanti sull’effettuare comitati esecutivi.
Nelle società quotate se sono un numero maggiore a 4, almeno uno deve avere requisiti di
indipendenza fissati per i sindaci. Questo cerca di garantire che anche all’interno dell’organo
amministrativo ci sia un equilibrio, che portino a scelte ponderate. Qualora fossimo in una società
quotata, è importante che almeno 1 dei membri abbia un indipendenza tale che il suo giudizio non
sia falsato.
Il consiglio di sorveglianza
È quello più caratteristico, si appropria di alcune competenze che nel sistema tradizionale fanno
capo all’assemblea, tra cui l’approvazione del bilancio, anche se è possibile che la sua
approvazioni torni di competenza dell’assemblea, solo se deve essere previsto dallo statuto. Può
tornare all’assemblea ad esempio quando il consiglio di sorveglianza non approvi il bilancio, in
questo caso potrà essere l’assemblea ad approvarlo; oppure quando è fatta specifica richiesta da
almeno ⅓ dei componenti del consiglio di gestione o dello stesso consiglio di sorveglianza.
C’è invece una competenza che è stata “scippata” all’assemblea dal consiglio di sorveglianza, ma
non del tutto ovvero la decisione sulla responsabilità dei membri del consiglio di gestione (organo
amministrativo). Questa compete sia all’assemblea che al consiglio di sorveglianza.
Per quanto riguarda i requisiti per poter ricoprire la carica di membro del consiglio di sorveglianza
li ritroviamo uguali a quelli per diventare sindaci. Non può essere eletto un componente dell’organo
di gestione ovviamente, né della società né di società collegate. Per le quotate invece possono
essere posti dei limiti nel numero massimo di incarichi, per garantire che quel soggetto possa
effettuare un’attività di controllo efficace.
Per quanto riguardo il compenso anche in questo caso lo statuto potrebbe prevedere che venga
rimesso a decisione dell’assemblea e quando viene stabilito rimane invariabile.
Per quanto riguarda la revoca dei membri del consiglio di sorveglianza, sono revocabili in
assemblea anche in assenza di giusta causa, ma con conseguente risarcimento.
Il funzionamento dell’organo esso si comporta più o meno l’organo del consiglio sindacale.
Non è previsto un obbligo ma solamente un diritto alla partecipazione alle riunioni dell’organo di
amministrazione.
Inoltre la maggior parte delle loro funzioni, non vengono attribuite ai singoli membri, ma all’organo
nel suo complesso, poiché agisce sempre in maniera collegiale.
Diritto Commerciale 93
Ventisettesima Lezione: 21.11.2019
LIBRI CONTABILI E BILANCIO.
PRINCIPI NELLA REDAZIONE DEL BILANCIO
I libri sociali
Sono documenti per testimoniare, raccontare e tenere traccia della vita della società.
• Libro dei soci: nel 99% dei casi le azioni nominative sono intestate al titolare e l’intestazione sul
titolo è presente sul questo libro. Sono presenti inoltre tutte le caratteristiche legate alle azioni,
quante azioni sono attribuite al socio e tutte le ulteriori eventuali caratteristiche dei quelle azioni,
ovvero se sono presenti dei vincoli (pegno, usufrutto etc). Inoltre saranno annotati tutti i
trasferimenti, e le vicende delle azioni.
• Libro delle obbligazioni: dove sono annotati gli obbligazionisti, le obbligazioni emesse, le proprie
caratteristiche, etc
• In occasione delle assemblea abbiamo detto che viene redatto il verbale dell’assemblea, ognuno
dei quali è raccolto nel libro delle assemblee, nei quali sono presenti i verbali ordinati in ordine
cronologico.
• Libro dei verbali del consiglio di amministrazione
• Libro dei verbali del consiglio sindacale
Tutti i soci hanno diritto di chiedere di visionare i libri sociali per essere informati di quello che
accade. Questi libri possono essere tenuti ovviamente anche in modalità digitale, dove si appone
una marcatura temporale di ogni 3 mesi per mantenere la validità.
I libri contabili
Esistono libri contabili obbligatori, che in realtà non sono per tutti uguali, ci sono libri contabili che
sono obbligatori per tutti, come il libro giornale e il libro inventari, ma anche tutti quelli che la natura
e la dimensione dell’attività rendono obbligatori.
• Libro giornale: sono tutte le attività, azioni effettuate dalla società redatte in ordine cronologico
• Libro inventari: dove viene descritto il bilancio, che viene disciplinato dal codice. Troviamo nel
codice i principi per la redazione del bilancio, di carattere nazionale. Nello specifico saranno poi
sviluppati dall’OIC, dove sono presenti documenti dedicati a poste specifiche. Di default nel
codice vi sono dei criteri da seguire di carattere generale e anche clausole più specifiche.
• Principio di prudenza: che tende a non esagerare/comprimere l’utile, ciò che può essere
distribuito realmente ai soci, per sottolineare l’utile realmente ottenuto e che può uscire dal
patrimonio sociale.
• Principio di chiarezza: è necessario individuare tutti i punti (del bilancio, dette poste) in modo
chiaro e che rappresentino in modo veritiero le caratteristiche della società. Bisogna far si
che il lettore del bilancio abbia facilità a leggere la situazione patrimoniale della società.
Questi criteri sono talmente importanti che addirittura si potranno derogare altre regole, al fine di
potersi concentrare proprio sulla completezza di questi principi.
Per applicare il principio di prudenza nello specifico significa che tutte le poste attive le vada a
considerare solo se sono certe. Per tutte le poste passive dovranno essere considerate anche tutte
quelle possibili/probabili, che non si sono ancora manifestate.
Bisogna rispettare anche quello che viene chiamato “Going concern”, al fine di individuare elementi
che potranno essere utilizzati per i prossimi esercizi, tutto ciò che è utile alla continuità della
società.
Diritto Commerciale 94
• Principio della competenza: dobbiamo considerare a bilancio tutto ciò che si riferisce
all’attività svolta in quell’esercizio, tutto ciò che è legato ai ratei e i risconti.
• Principio di continuità: i criteri di valutazione e di giudizio devono rimanere il più possibile
invariati nel corso degli esercizi. È possibile comunque cambiare i criteri di
valutazione nel tempo, ma giustificandolo all’interno della nota integrativa del
bilancio stesso
Ci saranno indicazioni su come valutare le immobilizzazioni come indicato da codice.
Diritto Commerciale 95
L’assemblea deve essere convocata entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio (29-30 aprile
convocazione). Nel momento in cui la convochiamo, almeno 15 giorni prima dal giorno
dell’assemblea, dobbiamo mettere a disposizione dei soci tutti i documenti necessari per farsi
un’idea di questo bilancio:
1. Il bilancio,
2. la relazione dei sindaci,
3. il giudizio sul bilancio del revisore contabile.
Di conseguenza significa che gli amministratori devono avere redatto il bilancio e averlo
comunicato ai sindaci, organo di controllo e revisore, almeno 30 giorni prima della data
dell’assemblea. Al fine di poter arrivare all’assemblea per capire ciò che è presente all’intero del
bilancio, per poterlo approvare o meno.
Diritto Commerciale 96
ll notaio inoltre garantisce il controllo, una verifica, di come vengono prese le decisioni in
conformità della legge.
Dopo il controllo, entro 30 giorni dovrà apportare le modifiche nel registro delle imprese.
Se per caso ci fosse qualche lacuna, lo dovrà far presente agli amministratori, i quali possono
scegliere 2 alternative.
1. Convocare l’assemblea per porre rimedio a quella lacuna,
2. Oppure se ritengono che il notaio non abbia rispecchiato la realtà oggettiva, ovvero che per
loro questa lacuna non esiste, potranno richiedere a loro spese le modifiche all’interno del
registro dell’impresa. Sarà poi il giudice a stabilire chi aveva ragione.
Questa iscrizione è molto importante perché la delibera potrà essere efficace, solo dopo l’iscrizione
al registro delle imprese.
In realtà però per alcune modifiche è possibile che vengano decise dall’organo amministrativo,
come la soppressione di sedi secondarie, o la decisione di incorporare all’interno della società di
un’altra, quando questa è già posseduta al 90%. Anche le decisioni di aumento o riduzione di
capitale a seguito del recesso di 1 o più soci.
Queste decisioni possono essere attribuite all’organo amministrativo, ma solo se subordinate da
una specifica delega contenuta nell’atto costitutivo, o in una sua modifica.
Con le modifiche si possono alterare delle caratteristiche fondamentali della società. Sappiamo
che le decisioni vengono prese con principio maggioritario, ciò significa che le caratteristiche della
Spa possono essere stravolte solo con la maggioranza, anche se qualche socio non è d’accordo.
Qualche socio però potrebbe dissentire e quindi di decidere di non partecipare più alla società,
per cui deve essere previsto un diritto di recesso.
Ante riforma questo diritto era lasciato in disparte, ma nelle società di persone doveva essere per
forza presente.
Nelle società di capitali, se il socio se ne vuole andare è molto più facilitato, basta vendere le
proprie azioni, ma a condizione che qualcuno le acquisti.
Ci sono delle situazioni in cui è fondamentale dare la possibilità al socio di uscire dalla società
anche quando non siano presenti acquirenti. Ecco che si è sviluppato il diritto di recesso.
Esso si è trasformato molto a partire dall’ante riforma, sopratutto iniziò ad applicarsi a 3 cause:
1. Modifica oggetto sociale
2. Trasformazione della tipologia societaria
3. Trasferimento della sede all’estero (limitava la partecipazione del socio alla vita sociale)
Inoltre ante riforma il recesso era disincentivato, per la quantificazione di quanto spettava al socio
receduto. Il socio che recede deve ottenere il valore della sua partecipazione, basandosi su una
situazione patrimoniale nel momento del recesso, prendendo il patrimonio corrispondente alla
partecipazione del socio. Ante riforma questo valore veniva prelevato dall’ultimo bilancio
approvato, che poteva essere molto più antecedente al momento di recesso.
Diritto Commerciale 97
Con la riforma invece la situazione è cambiata. Quindi il legislatore ha deciso di aumentare le
cause che arricchiscono il diritto di recesso, e diversificarle:
Statutarie: è previsto per le sole società chiuse, che lo statuto possa prevedere delle cause che
attribuiscono diritto di recesso al socio.
In generale non può esserci il recesso immediato (ad nutum). Allo stesso modo però non possono
esistere clausole che rendono difficile l’esercizio del diritto di recesso e se presenti devono venire
considerate nulle.
Diritto Commerciale 98
Come il diritto di recesso deve essere esercitato
In questi casi il diritto di recesso non spetta a tutti i soci, ma spetta soltanto ai soci che non hanno
partecipato alla delibera. Significa che i soci erano assenti, dissenzienti, o astenuti. Ecco che
ritorna l’importanza dell’impossibilità del voto segreto in assemblea, e dell’accuratezza del verbale
redatto in assemblea, il quale indica i soci presenti all’assemblea e il risultato di quest’ultima, con
elenco degli astenuti e dissenzienti.
Il diritto di recesso può essere manifestato tramite comunicazione alla società tramite ad esempio
raccomandata, inviata entro 15 giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese, o nel
libro delle adunanze dei verbali, se non è necessario che quella delibera debba essere riportata
nel registro delle imprese.
Se invece si trattasse di un’altra circostanza, questo deve essere esercitato entro 30 giorni dal
momento in cui il socio è venuto a conoscenza di questa circostanza. Nel momento in cui
manifesto il diritto di recesso, le azioni vengono depositate, congelate. Il socio che ha esercitato il
diritto ha diritto ad ottenere il valore alla propria partecipazione.
Come avviene l’attribuzione di ciò che gli spetta (dove prende la società i soldi che gli
spettano)
Esiste un procedimento a fasi successive:
1. Chiedere agli altri soci se vogliono quell’azione (offerta in opzione), insieme a loro anche i
possessori di obbligazioni convertibili in azioni, se vogliono rilevare quelle azioni. In quel caso
saranno loro a mettere a disposizione le risorse per acquistarle. Questa richiesta viene a fatta
a seconda della quantità di azioni che possiedono.
2. In caso i soci non vogliano acquistarle, queste azioni sono collocabili nel mercato
(regolamentato se la società è aperta).
3. Infine potrebbe acquistarle la società, secondo le regole dell’acquisto di azioni proprie.
4. Se tutto ciò non fosse possibile, si passerà alla riduzione di capitale, o in alternativa arrivare
allo scioglimento della società. Nello scioglimento vengono indicate le cause, e fra queste
Diritto Commerciale 99
viene indicato il recesso di 1 o più soci, ma non si tratta dell’oggetto di scioglimento, infatti esso
verrà preso in considerazione solo se quelle azioni non vengono vendite.
In generale il recesso di uno o più soci, non comporta scioglimento ma può scatenare tutta una
serie di cause concatenate che portano ad esso. Se la società arriva allo scioglimento, poiché non
riesce a soddisfare il receduto, potrà evitare il diritto di recesso, giocando d’anticipo:
Il codice mi da un via di fuga:
Il recesso non può essere esercitato, o perde di efficacia se viene richiesto, se entro 90 giorni dalla
delibera che ha portato alla richiesta di recesso la società revoca questa il diritto di recesso
decade. Oppure gioca d’anticipo deliberando lo scioglimento della società. In quel caso il socio
dovrà aspettare il termine di liquidazione per ottenere la propria parte.
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Tornando al diritto di opzione, in alcuni casi potrebbe essere limitato, o escluso. Se la delibera è
fatta dal Cda, la delega deve specificare se, in che misura, e con quali criteri, limitare il diritto di
opzione.
Il caso più banale, è quando il capitale deve essere liberato da conferimenti in natura. Ovvero una
situazione in cui un soggetto possiede un bene utile per la società, ma questo soggetto non lo
vuole vendere ma vorrebbe rimanere comunque socio di quella società. La società delibera un
aumento di capitale di importo pari al valore di quel bene. In questo caso dovremmo escludere il
diritto di opzione dei soci, poiché potrebbero essere loro a voler conferire quel valore.
Ovviamente però questa operazione potrebbe essere fatta solo se gli amministrazione riescono a
dare una dettagliata motivazione sull’opportunità e i benefici dell’operazione, che sarà giudicata dal
collegio sindacale e revisore, che dovranno essere d’accordo con la quantificazione del prezzo di
emissione (ovvero di quanto aumentiamo il capitale).
E’ stata inserita una possibilità limitata nella società quotata, dove lo statuto può prevedere
l’esclusione del diritto di opzione, riferito ad un’operazione con una valore intrinseco di al massimo
del 10% del capitale presente. Inoltre può essere fatto solo e soltanto se il prezzo di emissione
coincide con il valore del mercato. Questo valore di mercato deve essere accertato dalla società di
revisione o dal revisore legale dei conti.
La limitazione o esclusione del diritto di opzione può avvenire ogni qualvolta la società ne abbia
necessità o bisogno e addirittura è stata anche ridotta una condizione che veniva richiesta prima.
Il prezzo delle azioni durante l’aumento di capitale, lo definisco in funzione del patrimonio netto,
che generalmente è superiore rispetto al capitale, di conseguenza avrò un sovrapprezzo.
Questa relazione deve essere comunicata all’organo di controllo e al revisore entro 30 giorni
dall’assemblea per verificare la congruità del prezzo di emissione, che a loro volta redigeranno una
nuova relazione che verrà nuovamente inoltrata agli amministratori entro 15 giorni dall’assemblea.
In assemblea si avranno tutte le informazioni per approvare o non approvare questa delibera di
capitale.
Una volta finita la fase di sottoscrizioni del capitale bisogna iscrivere nel registro delle imprese una
dichiarazione che attesti le avvenute sottoscrizioni. Questo dovrà essere fatto entro 30 giorni dal
termine della sottoscrizione.
Il codice prevede poi una situazione un po’ particolare. Se la delibera di aumento di capitale sia
destinata ad essere integralmente sottoscritta da un intermediario qualificato, sarà quest’ultimo a
far valere il diritto di opzione dei soci e non direttamente la società.
In questo caso la società è sicura che l’aumento di capitale sarà integralmente sottoscritto ma
deve pagare un costo per il servizio offerto dall’intermediario, il quale sarà il soggetto che andrà a
vendere le azioni ai soci, o al mercato, etc, dopo però averle integralmente sottoscritte. In questa
situazione si parla di opzione indiretta. È un passaggio in più perché esiste un vantaggio e uno
svantaggio. Il vantaggio è che la società è certa/sicura che il conferimento avverrà integralmente.
L’aumento di capitale può anche essere nominale, o gratuito (così come per la riduzione)
All’aumento di capitale non corrisponde alcuna modifica del patrimonio.
Il patrimonio netto è composto da capitale e riserve. Le riserve vengono utilizzate per aumentare il
capitale. Non si chiede nulla a nessuno.
Si prendono quelle riserve disponibili e si immobilizzano, rendo più difficile l’utilizzo di quelle
risorse.
Questo aumento può essere fatto tramite due modalità:
1. Emettendo nuove azioni, attribuite gratuitamente ai soci in proporzione a quante ne avevano
già.
2. Aumentando il valore nominale del valore delle azioni già in circolazione. Questo si ricollega a
quello che avevamo detto sull’atto costitutivo. All’intero di esso potrei dire eventualmente qual’è
il valore nominale delle azioni, ma in questo caso sarei obbligo a emettere le azioni al valore
nominale scelto. In alternativa dovrò applicare una modifica nell’atto costitutivo, omettendo il
valore nominale.
Quando si decide di emettere un prestito obbligazionario, si deve creare una struttura a supporto a
questo strumento: l’assemblea degli obbligazionisti e il rappresentante comune di questi ultimi.
Questa assemblea nomina/revoca e decide il compenso del rappresentante comune. Dovrà essere
interpellata su qualunque modificazione del prestito. Potrebbe anche decidere di istituire un fondo
comune per far fronte alle spese per tutelare le categorie degli obbligazionisti. Infine delibera su
quelle operazioni che vanno a coinvolgere gli interessi degli obbligazionisti.
Questa viene convocata dal rappresentate comune, o dagli amministratori, ogni volta che lo
ritengano opportuno e anche quando venga fatta richiesta da almeno il 5% degli obbligazionisti.
Il rappresentante comune non può essere amministratore/sindaco o dipendente della società. Dura
in carica 3 esercizi ed è rinnovabile, deve dare impulso l’assemblea, eseguire le delibere, ed è il
punto di riferimento di obbligazionisti e amministratori.
Proseguiamo con la fine dello scioglimento della società, che come detto non disciplina solamente
le Spa ma anche per tutte le altre società di capitale.
Ante riforma le cause di scioglimento operavano in modo automatico, passando nell immediato
alla fase di liquidazione. Gli amministratori in questa fase, non possono svolgere tutte le
operazioni, ma solo quelle in ottica di risolvere, estinguere, tutti i rapporti giuridici che fanno a capo
alla società, per arrivare alla chiusura. Se non si comportano in modo adeguato, è loro
responsabilità. Le operazioni che venivano svolte come se nulla fosse, dopo l’avvenuta causa di
scioglimento, sono comunque valide.
La riforma ha colto l’occasione per risolvere questi problemi. La cause hanno effetto immediato
sugli amministratori. Ma agli occhi del resto de mondo, la causa opera nel momento in cui viene
iscritto nel registro delle imprese. Da quel momento l’impresa è in stato di liquidazione. Gli
amministratori quindi devono monitorare continuamente la società per verificare che non si avveri
alcuna causa di scioglimento.
L’amministratore in quel caso dovrà fare 2 cose:
- Iscrivere la causa di scioglimento nel registro delle imprese, o ovviare il tribunale su richiesta dei
singoli amministratori, soci, o sindaci.
- Convocare l’assemblea.
I poteri degli amministratori subiscono una forte contrazione, devono compiere solo
operazioni tese a tutelare l’integrità del patrimonio sociale.
Non più perseguire l’oggetto sociale, ma conservare il patrimonio della società.
Se realizzano operazioni diverse, ne diventano responsabili. Portare avanti la società per
evitare un depauperamento della società.
Questo fa entrare in piena funzione i liquidatori, che avranno un obiettivo completamento
diverso: definire, risolvere ed estinguere tutti i rapporti giuridici della società (= attivo
monetizzato per coprire il passivo).
Inoltre l’assemblea e il collegio sindacale continuano le loro funzioni, e a loro si applicano
tutte le limitazioni previste, quindi non più con l’obiettivo di raggiungere l’oggetto sociale,
ma di estinguere la società.
I liquidatori devono compiere tutti gli atti utili per la liquidazione. Qui la riforma ha modificato
molto il loro operato. Ante riforma si diceva che il liquidatore non avrebbe potuto svolgere
nuove operazioni, ma talvolta potrebbe essere il modo più opportuno per non perdere il
valore creato dalla società. (Esempio dei semilavorati, da portare a termine per poter
vendere e incamerare liquidità).
I primi accorgimenti che utilizzeranno, sono quelli di chiedere i versamenti ancora
incompiuti dai soci, completare i conferimenti. Successivamente incassare tutti i crediti
(anche quelli con scadenza posticipati), e vendere tutti i beni. Normalmente si cederanno in
blocco, per mantenere il valore dell’impresa, (il suo avviamento).
Per quanto riguarda invece i sistemi alternativi di amministrazione, non c’è un opinione unica e
condivisa. Per quanto riguarda la possibilità di adozione del sistema dualistico, la dottrina è divisa:
qualcuno sostiene che sia adottabile a patto però che gli accomandatari non votino in tutte quelle
decisioni che hanno a che fare con la loro posizioni, ad esempio: sulle azioni di responsabilità, la
nomina del consiglio di sorveglianza, che dovrebbe poi a suo a volta consigliare il consiglio di
gestione costituito dai soci accomandatari, etc.
Altri invece negano questa possibilità sostenendo che il sistema adottabile sia solo quello
tradizionale.
Più condivisa invece la scelta di negare la possibilità di adottare il sistema monistico perché
incompatibile con la struttura della SAPA.
Tutta la restante disciplina è quella delle SPA, tenendo conto della presenza di queste 2 categorie
di soci.
La SRL
È la tipologia più elastica, malleabile, lascia maggior libertà nel crearla.
Si caratterizza per la responsabilità limitata dei soci nelle obbligazioni sociali, anche per le SRL
unipersonali, salvo alcune piccoli eccezioni, l’unico socio deve comportarsi secondo le regole
previste, altrimenti diventerà illimitatamente responsabile.
Si distingue dalle SAPA e dalle SPA perché le partecipazioni non sono rappresentate da azioni.
Questi significa che il capitale non è suddiviso in capitali tutti uguali. Ogni socio sarà titolare di una
quota in relazione alle dimensioni, ovvero a seconda dell’apporto del socio.
Questo intaccherà anche sulla circolazione delle partecipazioni, che sarà efficiente ma non come
nelle società di capitale.
I conferimenti
Innanzitutto nelle SRL, può essere conferito tutto ciò che è suscettibile a valutazione economica,
quindi viene meno quel limite previsto nelle SPA per conferire prestazioni d’opera, attività
lavorative.
Banalmente dovranno essere denaro ma possono essere anche beni di diverso tipo, come ad
esempio crediti.
Quelli in denaro, sono quelli standard. Hanno alcuni elementi caratteristici e alcune differenze
rispetto a quelli delle SPA. Anche qui è necessario al momento della sottoscrizione, versare
almeno il 25% del conferimento, oltre all’eventuale sovrapprezzo. A differenza delle SPA, questo
versamento può essere sostituito da una garanzia. Il socio può rilasciare una fideiussione bancaria
o una polizza assicurativa dell’importo di questo versamento. Inoltre mentre nelle SPA i versamenti
dovevano essere fatti su un conto vincolato, al quale si poteva accedere solo dopo la creazione
della società, qui i versamenti saranno immediatamente disponili.
In caso di mora del socio, ovvero ritardo di integrazione dei conferimenti (quelli oltre il 25%).
Esiste una diffida che gli attribuisce ancora 30 giorni per adempiere. Nel caso in cui questo socio
non dovesse completare i versamenti, c’è la possibilità di vendere la sua quota, inizialmente agli
altri soci in proporzione alla quota di partecipazione, altrimenti all’asta o a terzi.
Per i conferimenti di beni, ci sono alcune semplificazioni. Per conferire qualcosa di diverso dal
denaro è necessario che ci sia una relazione giurata di stima, dobbiamo attribuire un valore a ciò
che si conferisce. Viene redatta da una persona esperta, che può essere nominata anche dal
socio conferente, invece che farla eleggere dal tribunale, tramite un’istanza.
Dal punto di vista pratico ci sarà una descrizione del bene, quali criteri si sono utilizzati per valutare
il bene, e una quantificazione numerica del valore del bene, l’importante è che non valga meno
della parte che deve essere conferita.
Rispetto alle SPA manca quell’ulteriore verifica, che i soci dovrebbero compiere entro 180 giorni
dall’avvenuta relazione giurata di stima, nelle SRL non è previsto questo controllo.
La vera novità sta nel conferire prestazioni d’opera. Questa possibilità viene concessa nel rispetto
di alcuni requisiti:
1. Relazione giurata di stima della prestazione, come tutte le volte che non conferisco denaro;
2. Garanzia sotto forma di polizza assicurativa o fideiussione bancaria, pari al valore della
prestazione.
L’obiettivo è quello di tutelare la presenza del capitale. Se dovesse interrompersi la prestazione,
per vari motivi, voglio che ci sia un qualcosa che lo sostituisca (polizza o fideiussione). Se nelle
società di persone dovesse mancare un pezzo di capitale, i creditori non sono cosi allarmati
(risponderanno i soci con il loro patrimonio personale), invece nelle SRL (come nelle altre società
di capitali) i creditori non possono attingere ad altre fonti, se non che al patrimonio sociale, ed è
per questo che si richiedono questi tipi di garanzie.
Per i titoli di debito, inizialmente la possibilità di emetterli era esclusiva per le SPA. Questo limite
è stato eliminato, consentendo anche alle SRL di emettere strumenti finanziari di debito. Dicendo
così non possiamo applicare in toto tutta la disciplina del prestito obbligazionario. Questi strumenti
saranno analoghi alle obbligazioni, ma la possibilità di emetterli deve essere iscritta nell’atto
costitutivo. La decisione di emettere questi titoli è data all’organo amministrativo o ai soci, ma deve
Questa discrezionalità nella scelta di come prendere le decisioni incontra dei limiti. Alcune
decisioni devono comunque spetteranno inderogabilmente ai soci, come l’approvazione del
bilancio, la nomina degli amministratori, dei sindaci, dei revisori (quando e se necessari), le
modifiche dell’atto costitutivo, ma anche tutte l e operazioni che comportano modifiche rilevanti ai
diritti dei soci. Inoltre sono attribuite di competenza dei soci tutti quegli argomenti per i quali viene
fatta richiesta dagli amministratori, o da soci che rappresentano almeno ⅓ del capitale.
Questa libertà è dettata da 2 articoli: il 2479 (decisione dei soci), 2479 Bis (assemblea)
Per quanto riguarda il metodo assembleale, questa è comunque obbligatoria per modifiche
dell’atto costitutivo, decisioni che modificano alcuni diritti dei soci, modifiche sui criteri di riduzione
del capitale per perdite. Le altre decisioni possono essere prese per consultazione scritta o il
consenso per iscritto, con il presupposto che sia scritto nell’atto costitutivo e perché sono strumenti
non disciplinati da codice.
Le regole dell’assemblea sono molto simili a quelle delle SPA ma con semplificazioni:
- La convocazione prevede che possa avvenire con qualunque metodo, purché garantisca la
prova della ricezione della comunicazione almeno 8 giorni prima dell’assemblea.
- Non ci sono quelle limitazioni di rappresentanza in assemblea viste per SPA.
- Voto espresso peserà in proporzione alla propria quota.
- Nelle SRL NON è riproposta la differenza tra assemblea ordinaria e straordinaria, o meglio il
legislatore non la menziona, ma per alcune decisioni viene richiesta una maggioranza rafforzata.
Per le decisioni prese durante le assemblee delle SRL, normalmente il quorum costitutivo è pari
alla metà del capitale sociale, mentre per quello deliberativo è rappresentato dalla maggioranza
del capitale presente in assemblea. Come detto, per alcune decisioni la richiesta è di almeno di
metà del capitale, e guarda caso sono tutte decisioni di competenza di assemblea straordinaria.
Queste decisioni dovranno essere verbalizzate da notaio come per le SPA e iscritte nel registro
delle imprese, con le stesse identiche modalità.
L’amministrazione
Può essere attribuita/derogata in modo che possa essere più simile ad una società di persone,
oppure di capitale.
L’amministrazione può essere attribuita ad uno o più soci in carica senza limiti di tempo, ma ciò
significa anche che posso decidere qualcosa di ben diverso. Posso attribuire l’amministrazione ad
un soggetto esterno, nominarlo per uno o più esercizi, etc.
Se l’amministrazione è in mano a più soggetti, essi costituiranno un CDA (se non si dice nulla
nell’atto costitutivo). Potrei anche però attribuire a questa pluralità di soggetti, un’amministrazione
che ricalca il modello congiuntivo o disgiuntivo.
Ovviamente ci saranno dei limiti. Alcune decisioni e operazioni dovranno essere prese tramite un
Cda, per esempio la redazione del progetto di bilancio (operazione che l’organo amministrativo
deve realizzare in modo congiunto), oppure decisioni di aumento/riduzione di capitale, in presenza
di una specifica delega nell’atto costitutivo.
SRL Semplificata
Introdotte a Marzo 2012, ma rivoluzionate in Agosto 2013, per incentivare l’attività imprenditoriale
dei giovani, riservate a soci che non avessero ancora compiuto a 35 anni.
Nel frattempo sono state inventate le SRL a capitale ridotto, ma a meno di 1 anno vennero estinte.
Potevano essere costituite con meno di 10.000€ e anche da soci con età superiore a 35 anni. Si è
deciso di cambiare la disciplina delle SRLs, eliminando tutti i limiti anagrafici presenti su questo
tipo di società.
Il capitale è compreso fra 1 e 9.999€ però può essere costituita solo seguendo un modello di
statuto derivante da un mandato ministeriale, quindi limitato. I soci possono essere solo persone
fisiche (non altre società) e bisogna conferire integralmente il capitale in denaro (che è l’unico
conferimento possibile). Essere una SRLs deve essere sempre dimostrato.
Gli organi sociali, non sono disciplinati in modo preciso, sono in linea con le SRL standard.
Il reale scopo di queste società è quello di convertirsi in SRL vere e proprie. Viene contestato
invece il passaggio contrario.
Le SRLs sono esenti dall’atto notarile.
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La distinzione si è fatta soprattutto per le prevalenti per beneficiarle dal punto di vista fiscale.
Questo comporta la necessità di introdurre delle clausole che limitino o escludano la distribuzioni di
utili e di riserve, questo sia durante la vita della società, che durante lo scioglimento.
La conseguenza dello scopo mutualistico è diretta sul capitale, perché il loro capitale è detto
variabile. L’ingresso e l’uscita di soci è assolutamente libero, non solo attraverso la cessione della
quota o delle azioni, ma conferendo e facendosi restituire i conferimenti, senza che questo
comporti ne una modifica dell’atto costitutivo ne delle procedure particolari di modifica del capitale.
Non possiamo parlare quindi di livello minimo di capitale per la costituzione.
Ci sarà una limitazione invece legata al numero minimo di soci che devono essere presenti: se la
forma adottata è quella delle SPA minimo di 9, invece se adottata la forma delle SRL minimo 3.
C’è abbastanza libertà nello sciogliere la forma di SPA o SRL, ma si è richiesto a società
cooperative di più grandi dimensioni (+ di 20 soci, e ricavi sopra al milione), è necessario utilizzare
la forma SPA.
Nell’atto costitutivo dovranno essere indicati inoltre requisiti specifici per diventare soci, subordinati
alla sua possibilità di far parte di questo scambio dualistico, con alcune eccezioni:
Nell’ambito delle decisioni le società cooperative si caratterizzano per il cosiddetto voto capitario
(ad ogni socio un voto) a prescindere dal suo apporto. Questa regola può subire delle deroghe sia
per indicazioni dell’atto costitutivo che possono prevedere di assegnare ad una pluralità di voti a
determinati soci (persone giuridiche) e anche in relazione alla possibile distinzione tra soci
cooperatori e soci finanziatori.
Il socio deve essere idoneo allo scambio dualistico, soprattutto per la categoria di soci cooperatori.
Nelle cooperative però possono esserci anche soci finanziatori, che ci mettono solo apporto
finanziario. Per cui a questi potranno essere riservati voti che non eccedono l’ ⅓ dei voti in
assemblea, per garantire la prevalenza dello scopo mutualistico (la loro presenza non può essere
predominante).
Le società cooperative a mutualità prevalente hanno delle forti limitazioni per la distribuzione
degli utili.
Nelle SPA gli utili vanno accantonati a riserva legale fino al quinto del capitale, oltre a tutti gli altri
tipi di accantonamento.
Lo statuto se e quando individua questa necessità di riserve disciplinerà la loro funzione. Nelle
società cooperative, gli utili da accantonare a riserva legale sono del 30%, inoltre un ulteriore 3%
deve essere assegnato a fondi mutualistici, per incentivare questo scopo. Infine per le cooperative
di maggiori dimensioni, bisogna accantonare un utile pari al 5% per i fondi di solidarietà.
L’assemblea può decidere la sorte della sola restante parte, per quelle con mutualità prevalente, la
sorte della parte restante è molto limitata. Si incentiva, la remissione di utili all’interno della
cooperativa per incentivare ancora di più lo scopo mutualistico. Questo viene fatto sia durante la
vita della società che durante lo scioglimento dovranno essere devoluti a scopi mutualistici.
Per lo scioglimento
Non avremo come causa di scioglimento la riduzione del capitale al di sotto del tetto minimo, al
contrario però ci sarà la riduzione del numero di soci al di sotto del livello minimo. In questo caso
la cooperativa potrà applicare questa causa come causa di scioglimento.
Gruppi di società
Aggregazioni di imprese societarie, che ciascuna è autonoma e distinte ma tutte assoggettate da
un’unica direzione centrale, sono influenzate di una Capo Gruppo (holding, società madre) che
farà in modo di dirigere ogni entità per il raggiungimento di uno scopo unitario.
Questa situazione era regolamentate nel Common Law già nel ‘800.
Nel nostro ordinamento per lungo tempo non ci sono state regole a riguardo. Il fenomeno si è
sviluppato più tardi.
Di fatto mi consente di aggravare i benefici della grande impresa, ma allo stesso tempo i benefici
delle piccole società. Tutte assieme formano un soggetto compatto per avere una maggior forza
contrattuale e una maggiore operatività.
Se analizziamo il codice civile, non troviamo una definizione di gruppo, nonostante questo il
“gruppo” appare in tante leggi del codice e non.
Una definizione a monte in realtà c’era. Non è stato una dimenticanza, ma voluto.
Dalle esperienze di altri emendamenti non proprio eccezionali, ha portato ad essere cauti su
questo aspetto. Si è aspettato che il tempo scorresse per individuare meglio una disciplina adatta.
Si è disciplinato il comportamento di chi esercita un attività di coordinamento su atre società.
Per capire chi esercita l’attività di coordinamento bisogna basarsi su 3 concetti:
- Collegamento > esiste quando una società esercita su un’altra un influenza notevole, quando si
possiedono voti superiori ad ⅕ o 1/10 se la società è quotata. Le decisioni di quella società sono
influenzate dal soggetto di riferimento, ma non imposte. Si terrà in considerazione sempre la
valutazione di quella società che esercita influenza notevole.
- Controllo > quando una società esercita una influenza dominante. Individuata in modo molto
preciso. 3 tipi di controllo.
- Azionario di diritto: quando si possiede un numero di azioni tale per avere la maggioranza
di diritti di voti in assemblea (ho il 51% dei voti).
- Azionario di fatto: quando non ho il 51% dei voti, ma una percentuale tale da assicurarmi
comunque sempre la maggioranza di assemblea. Si può realizzare anche ad esempio in
presenza di un sindacato di voto (patto para sociale) per il quale si andrà a votare tutti in
modo uniforme (e potrà rappresentare la maggioranza dei voti).
- Contrattuale: può derivare da situazioni di fatto. Ad esempio: non possiedo neanche un
azioni di un’età società ma sono il suo unico fornitore, di conseguenza la società dovranno
prendere decisioni comunque da me gradite, altrimenti io non svolgerò più la mia attività nei
confronti della società. Stesso caso in cui sia io l’unico cliente.
- Partecipazioni rilevanti > quando si detengono azioni di una società quotata che superano un
certo livello. Si parla di partecipazioni rilevanti innanzitutto in relazione ad una società quotata, in
particolare quando si superano determinanti livelli di partecipazioni. Se parliamo di persone
fisiche o enti e società non quotate -> 2% e 10% per le società quotate che possiedono
partecipazioni di un’altra società quotata. In questi casi vengono dai ampi poteri regolamentari
alla CONSOB alla quale sarà necessario se ha la detenzione di queste partecipazioni e ogni
Quando possiamo considerare che esiste un danno a capo delle società figlie
Il danno deve essere considerato in una visione molto più globale, devo tenere conto dei vantaggi
compensativi. Non si considerano danni quando questo pregiudizio sul danno causato sia
compensato da altri vantaggi, benefici di cui può godere questa società. Si parla di vantaggi
compensativi, come ad esempio la possibilità di approvvigionarsi su un mercato che altrimenti non
sarebbe accessibile, un vantaggio di accesso al credito a condizioni vantaggiose.
Trasformazione
La trasformazione è il passaggio da una forma societaria ad un’altra, ciò significa che non vi è la
fine di una società e la nascita di un’altra, ma si ha uno stesso soggetto che passa da una tipologia
societaria a un’altra. In tale ambito si distingue tra:
- TRASFORMAZIONE OMOGENEA trasformazione realizzata tra società lucrative, cioè senza
modificazione dello scopo;
- TRASFORMAZIONE ETEROGENEA trasformazione che prevede il passaggio da società
lucrative ad altri enti (consorzi, associazioni e fondazioni) o viceversa.
Per entrambe le tipologie è necessaria la forma dell’atto pubblico e, sempre per entrambe, gli
effetti e la validità della trasformazione si avranno dopo l’ultimo adempimento pubblicitario, ovvero
l’iscrizione nel registro delle imprese.
Più rilevante è la disciplinata della Trasformazione Omogenea la quale può essere di 3 tipi:
- Progressiva, passaggio da società di persone a società di capitali;
- Regressiva, passaggio da società di capitali a società di persone;
- All’interno dello stesso gruppo -> passaggio da società di persone a società di persone o da
società di capitali a società di capitali (SPA -> SRL; SNC -> SAS).
Fusione
Fusione e scissione sono due facce della stessa medaglia.
La fusione si realizza quando si crea una concentrazione anche giuridica tra società, si hanno
quindi più soggetti che si uniscono dando come risultante un unico soggetto.
Si distingue tra:
- FUSIONE PROPRIAMENTE DETTA o in senso stretto, società A e società B si fondono avendo
come risultante la società C. Costituzione di una società che prende il posto di tutte le società
che si fondono;
- FUSIONE PER INCORPORAZIONE, la società A e B si fondono, la società A incorpora in sé la
società B e il risultato sarà la società A accresciuta. Assorbimento in una società preesistente di
una o più altre società.
Procedure concorsuali
Nell’ultimo decennio hanno vissuto una trasformazione radicale, in relazione all’approccio alla
situazione di crisi. Siamo passati da un ottica dove nel momento in cui un imprenditore andava in
crisi, se si dimostrava insolvente, si trovava davanti all’estinzione dell’attività.
Ora l’approccio è completamente diverso, tanto è vero che le procedure sono tante e ognuna di
queste si adatta ad una situazione di crisi più o meno gravi. Ora abbiamo anche strumenti per
intervenire immediatamente, o prevenire la situazione di crisi, per intervenire in modo tempestivo e
salvarla il più possibile, altrimenti si andrà incontro alla liquidazione giudiziale.
Ora l’obiettivo è quello del risanamento. Si vuole evitare la crisi che degenera in una situazione
irrecuperabile. È una riforma partita nel 2007, ma ha subito forti modifiche, tanto è vero che non è
proprio completa e definita. Dovrebbe essere pienamente operativa nell’agosto 2020.
Le innovazioni più importanti sono:
- Introduzione di procedure di allerta della crisi: Art.2086 del codice: l’amministrazione e il
controllo devono controllare, vigilare sull’assetto organizzativo e su come l’attività viene
compiuta, al fine di individuare segnali di crisi precoci per intervenire in merito.
- Concetto di sovra-indebitamento, ovvero la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni
assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte.
Come intervenire
Possiamo intervenire in moltissimi modi. Dipenderà in particolare dall’organo amministrativo,
intervenire nel modo più corretto e preciso utilizzando la procedura più adatta. Una volta
individuato il metodo più adatto, ma la situazione è talmente grave da inviarci verso l’estinzione
della nostra attività, allora l’ultima via è quella del fallimento (liquidazione giudiziaria).
Servirà per arrivare al soddisfacimento ottimale dei creditori, seguendo il principio della
“Parcondicio Creditorium”.
Novità
In particolare sulle modifiche al codice civile sia dopo la riforma della crisi, sia per altri interventi
legislativi.
Novità su:
- La necessità di nomina di organo di controllo o revisore nelle SRL (dal 16.12.2019);
- Organismi di composizione della crisi: punti di riferimento a cui ci si rivolge nel momento in cui si
dovessero evidenziare delle situazioni di crisi, al fine di salvare il salvabile;
- Meno discrezionalità sulla divisione delle competenze degli organi;
- Finanziamenti sono postergati al soddisfacimento dei creditori. Nel caso in cui i finanziamenti
siano stati effettuati nell’anno antecedente alla procedura concorsuale dovranno essere restituiti.
Dato che ci hanno forti un sacco di strumenti per riportare l’attività di normalità, quando
eventualmente dovessimo arrivare alla liquidazione giudiziale, questo mi diventa causa di
scioglimento.
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+39 3739047774
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